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NEWSLETTER EWSLETTER EWSLETTER UIL UIL UIL P P POLITICHE OLITICHE OLITICHE C C CONTRATTAZIONE ONTRATTAZIONE ONTRATTAZIONE APRILE APRILE APRILE 2014 2014 2014 Contrattazione, Industria, Tele\Comunicazioni & Innovazione digitale Servizio Politiche Sviluppo UIL Contrattazio- ne Innovazione. Rassegna riservata a iscritti e simpatizzanti UIL. Tel. 064753410 Fax 064753336 Visita http://www.uil.it/reti. I Sindacati hanno inviato all’Autorità per la Vigilanza dei Contratti Pubblici (AVCP) la propria posizione sul recepimento delle 3 Direttive Europee sugli appalti. Occorre rivedere l’intero Codice dei Contratti Pubblici, bloccando il proliferare della decretazione che in 2 anni ha introdotto più di 150 modificazio- ni, producendo difficoltà interpretative e precarietà delle norme; abbattere il livello pletorico delle decine di migliaia di stazioni appaltanti e centri di spesa; rivedere il sistema Consip negli appalti dei servizi che autorizza gare dove il ri- basso dell'offerta supera anche il 50%, aprendo la strada ad una concorrenza tutta giocata sul costo del lavoro. Come di fatto accade, si impoverisce la qualità Quale codice appalti e subappalti delle imprese e del servizio reso. Si fa proliferare il subappalto, riducendo salari e diritti. Le deroghe con assegnazione dell'appalto a trattativa privata, rispetto alla regola della gara favorisce il processo di degenerazione del sistema degli appalti. Per trasparenza, utilizzazione dei finanziamenti pubblici, controllo degli atti e abbattimento dei costi e dei tempi la procedura d'appalto deve essere digitalizzata . I bandi di gara devono richiamare il rispetto dei CCNL e le ta- belle di costo del lavoro; le stazioni appaltanti, il contratto da applicare per evitare una concorrenza di dumping sociale e la proliferazione di imprese che per dimensione, non abbiano i requisiti necessari. Il coinvolgimento preventivo delle organizzazioni sindacali nella fase di gara può essere previsto nel recepimento delle norme sulle direttive riferite alle informazioni preliminari di mercato, a valere a partire dai grandi progetti nazionali, regionali e transazionali. Per i subappalti devono essere obbligatori come previsto dalle direttive, il pagamento diretto da parte del committente e la sua indicazione dell'elenco delle aziende subappaltanti cui si intende ricorrere già in fase di gara . UIL Tele/Comunicazioni & Innovazione Digitale. Contrattazione & Industria Segretario UIL Paolo Carcassi a cura di Giuseppe Mele Quale Codice di appalti e subappalti Rls News Nuovo Cda Telecom Aziende Tlc in crisi Pubblicità su Smartphone Via Yahoo dall’Italia Google paga 1 milione alla Privacy Top web hosting Agenda digitale sindacale Riforma OdG deformabile Fuori il Digitale dalla Commissione Trasporti Nuovo CdA Telecom Italia Telco in minoranza sotto Assogestioni. Public company prevale sul patto di sindacato. 5 donne su 13. I sindacati: ora avanti sul piano industriale sen- za scorpori del call center Giuseppe Recchi lista Telco, eletto presidente dall’- assemblea consiglieri Per lista Assogestioni: Lucia Calvosa, Davide Benel- lo, Francesca Cornelli Per lista Telco Recchi, AD Marco Patuano, Baroness Denise Kingsmill. Eletti dall’assemblea su proposta Telco: Flavio Cattaneo, Giorgina Gallo, Tarak Ben Ammar, Laura Cioli, Giorgio Valerio, Jean Paul Fi- toussi, Luca Marzotto Appuntamenti

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Newsletter Contratt@nnovazione UIL aprile 2014 www.uil.it\reti

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Contrattazione, Industria, Tele\Comunicazioni & Innovazione digitale

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I Sindacati hanno inviato all’Autorità per la Vigilanza dei Contratti Pubblici (AVCP) la propria posizione sul recepimento delle 3 Direttive Europee sugli appalti. Occorre rivedere l’intero Codice dei Contratti Pubblici, bloccando il

proliferare della decretazione che in 2 anni ha introdotto più di 150 modificazio-ni, producendo difficoltà interpretative e precarietà delle norme; abbattere il livello pletorico delle decine di migliaia di stazioni appaltanti e centri di spesa; rivedere il sistema Consip negli appalti dei servizi che autorizza gare dove il ri-basso dell'offerta supera anche il 50%, aprendo la strada ad una concorrenza tutta giocata sul costo del lavoro. Come di fatto accade, si impoverisce la qualità

Quale codice appalti e subappalti

delle imprese e del servizio reso. Si fa proliferare il subappalto, riducendo salari e diritti. Le deroghe con assegnazione dell'appalto a trattativa privata, rispetto alla regola della gara favorisce il processo di degenerazione del sistema degli appalti. Per trasparenza, utilizzazione dei finanziamenti pubblici, controllo degli atti e abbattimento dei costi e dei tempi la procedura d'appalto deve essere digitalizzata . I bandi di gara devono richiamare il rispetto dei CCNL e le ta-belle di costo del lavoro; le stazioni appaltanti, il contratto da applicare per evitare una concorrenza di dumping sociale e la proliferazione di imprese che per dimensione, non abbiano i requisiti necessari. Il coinvolgimento preventivo delle organizzazioni sindacali nella fase di gara può essere previsto nel recepimento delle norme sulle direttive riferite alle informazioni preliminari di mercato, a valere a partire dai grandi progetti nazionali, regionali e transazionali. Per i subappalti devono essere obbligatori come previsto dalle direttive, il pagamento diretto da parte del committente e la sua indicazione dell'elenco delle aziende subappaltanti cui si intende ricorrere già in fase di gara .

UIL Tele/Comunicazioni & Innovazione Digitale.

Contrattazione & Industria

Segretario UIL Paolo Carcassi

a cura di Giuseppe Mele

Quale Codice di appalti e subappalti Rls News Nuovo Cda Telecom Aziende Tlc in crisi Pubblicità su Smartphone Via Yahoo dall’Italia Google paga 1 milione alla Privacy Top web hosting Agenda digitale sindacale Riforma OdG deformabile Fuori il Digitale dalla Commissione Trasporti

Nuovo CdA Telecom Italia Telco in minoranza sotto Assogestioni. Public company prevale sul patto di sindacato. 5 donne su 13. I sindacati: ora avanti sul piano industriale sen-za scorpori del call center Giuseppe Recchi lista Telco, eletto presidente dall’-assemblea consiglieri Per lista Assogestioni: Lucia Calvosa, Davide Benel-lo, Francesca Cornelli Per lista Telco Recchi, AD Marco Patuano, Baroness Denise Kingsmill. Eletti dall’assemblea su proposta Telco: Flavio Cattaneo, Giorgina Gallo, Tarak Ben Ammar, Laura Cioli, Giorgio Valerio, Jean Paul Fi-toussi, Luca Marzotto

Appuntamenti

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Conti-

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UIL Rls News

On-line la versio-ne aggiornata (Dicembre 2013) del D. Lgs. 81-/08 in materia di tutela della Salu-te e della Sicu-rezza nei luoghi di lavoro

Contratti in scadenza su www.uil.it/

Calendario Scioperi Su http://uil.it/dir_sciopero

Mondo, 2 milioni di morti sul lavoro ogni anno

https://ww.facebook.com/uil.svilupposostenibile

Obiettivi Agenda Digitale Entro il 2015 100% Banda larga- 85% internauti -75% Internauti quotidiani 25% interazioni online PA- 50% Interazioni e- gov -33% E commerce PMI vendi-ta e acquisto- 20% Acquisti online utenti- 50% E commerce utenti

Aziende Tlc in crisi Agile, a Pregana, in amministrazione straordinaria e cessazione di attività. Cigs per 813 dipendenti fino al 30.06.14. Alcatel-Lucent 585 esuberi su 2mila addetti (1.200 dipendenti a Vimercate) per trasferimento negli Usa del settore ricerca . Alpitel a rischio licenziamento 110 lavoratori. Bames, ex Celestica, a Vimercate,fallita, 390 dipen-denti in C.I. Ciet in amministrazione controllata rischia il falli-mento; 300 lavoratori a rischio . Italtel a Castelletto di Settimo milanese, sul totale di 1.300 dipendenti in Italia, 900 in solidarietà, 140 sospesi in Cigs e 150 usciti in mobilità, è impegnata at-tualmente nella ristrutturazione del debito. Jabil di Caserta 350 lavoratori (metà dell’organico) in cassa integrazione, a rischio licenziamento. Jabil di Cassina De' Pecchi, cessata da due anni (50 dipendenti). LFoundry ha 1400 lavoratori ex Micron in solidarietà fino all'agosto 2014 ma non ha liquidità. Micron Semiconductor 300 esuberi su 700 lavoratori di Catania e Agrate . Nokia Solutions Networks (già Nokia Siemens) di Cassina De' Pecchi (480 dipendenti), 226 lavoratori mobi-lità scaduta concordate uscite volontarie incentivate e l'accesso ad ammortizzatori sociali fino a 30.06.14. Schneider di Rieti a rischio chiusura per delocalizzazione in Bulgaria Sem di Vimercate, con 160 dipendenti, fallita Sirti di Milano, con 834 dipendenti in Lombardia e 3.859 in Italia, solidarietà per circa 200 lavoratori fino a aprile 2014, e c.i.g.s. Stm vive una forte incertezza per l'ipotesi privatizzazione. Valtellina di Gorle Bergamo, con 380 dipendenti a Bergamo e 1000 in Italia, vuole ridurre i salari.

I l board Telecom Italia ha approvato la procedura da se-guire in caso di negoziazioni per la vendita di TIM Brazil o di un altro asset che abbia un valore superiore ai 2

miliardi . Nessuna decisione sulla possibile riforma della governance che sarà oggetto di discussione in occasione del-la riunione fissata per il 27 febbraio.

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L ’italiana Yahoo! Italia srl e la sua mandantaria svizzera Yahoo! Sarl, dal 21 marzo 2014 saranno sostituite nella fornitura dei servizi di posta elettronica e affini (Yahoo Mail, Yahoo Messenger, Flickr, Yahoo Answers, Yahoo Toolbar, Yahoo Mappe) rivolti al pubblico italiano ed europeo da Yahoo! Emea, società irlandese, nuovo titolare del trattamento dei dati personali . Analoga sorte per la spagnola Yahoo Iberia S.L.U. Yahoo! Italia srl (di proprietà di Yahoo! Netherlands B.V.) vende i suoi

servizi per conto della mandante e coordinatrice svizzera Yahoo! Sarl, in cambio di una congrua commissione determinata da criteri di mercato. Yahoo! Italia a dicembre 2012 aveva ricavi per 10,8 milioni e un risultato netto di €457mila, imposte sul reddito di 209-mila di Irap e zero Ires per le perdite dei primi tre esercizi. Yahoo! Sarl, sede in Svizzera, a Rolle, nel canton Vaud ha fatturato nel 2011 621 milioni di franchi, 8,2 milioni di imposte e 8 milioni di utile. La società guidata da Marissa Meyer dichiara che "L'Irlanda ha una vasta rete infrastrutturale di data center che ci aiuta a servire i nostri utenti europei nel modo più efficiente. Dublino è già la

sede europea di molti dei marchi tecnologici leader nel mondo ed è già dimora di Yahoo da oltre un decennio". Sono previsti 200 nuovi assunti in Irlanda e nessun licenziamento in Europa.

via Yahoo! dall’Italia (non solo per il fisco)

3 8enne Marissa Mayer è l'amministratore delega-to di Yahoo. E’ stata l’unica donna del team ini-ziale dei 20 impiegati di Google, dove ha lavora-

to dal 1999. Ha chiuso il telelavoro, licenziato 2000 dipendenti e l’ex collega, nr. 2 dell’azienda, Henrique De Castro, già direttore operativo Vuole fare di Yahoo! una media company. Yahoo! è in partnership con Goo-gle ma usa il motore Bing di Microsoft . E’ accusata di ospitare banner con malware che avrebbero infettato più di 2 milioni di computer

7 colossi tecnologici ameri-cani, tra cui Apple e eBay, pagano £54 milioni ( €65.09 mln.) di imposte sui redditi d’impresa nel 2-012 in UK a fronte di $15 miliardi ( €11 mld)di ricavi.

Google sotto i i controlli Antitrust . E paga 1 milione al Garante per la Privacy per Street View

Google ha accettato di garantire alla Commissione europea che ogni volta che promuove i propri servizi di ricerca specializzati sulla sua pagina web (ad esempio per prodotti, alberghi, ristoranti, ecc), saranno visua-lizzati e paragonabili anche i servizi dei migliori tre concorrenti. Il principio vale per i servizi di ricerca spe-cializzati esistenti, ma anche per i cambiamenti nella presentazione di tali servizi e per i servizi futuri. Goo-gle darà ai fornitori di contenuti se lo desiderano e senza penalizzazioni, visione dell’uso del loro contenuto nei servizi di ricerca specializzati di Google, Eliminerà le restrizioni che impediscano la presenza delle pro-prie campagne pubblicitarie su piattaforme concorrenti e non ricorrerà ad accordi di esclusività con gli edi-tori per la fornitura di pubblicità di ricerca. Gli impegni valgono 5 anni nello Spazio economico europeo

Pubblicità su smartphone 37 milioni di smartphone 27 milioni di Mobile Surfer 75 minuti di connessione Internet giornaliera da Mobile (nel 2013 +25% rispetto al 2012) 2 miliardi il valore della pubblicità su Internet 204 milioni su smartphone (dal 5% del 2012 al 10%) 510 milioni il valore del Mobile Commerce (+225% sul 2012 Mobile Commerce è il 4,5% delle vendite complessive)

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2013 Top web hosting Il 31 gennaio si è

tenuto un incon-tro tra AgiD e

Sindacati sui temi del-la domanda e offerta

del mercato Ict, alla luce del piano generale di cultura e cittadinanza digitali. L’anno scorso in occasione del dibattito sulla legge di stabilità per crescita e occupazione, i Sindacati, di comune accordo con Confin-dustria, hanno proposto alla Politica, soluzioni di carattere fiscale, industriale e istituzionale; tra queste “la rapida adozione dell’Agenda Digitale Italiana”, richiesta il 2 settembre 2013 da sindacati e imprese. Rapporti . A breve verrà diffuso il Rapporto sullo stato dell'infra-struttura di banda larga in Italia di Francesco Caio, consegnato al go-verno il 22 gennaio u.s, dopo tre mesi di lavoro condotti da Mister Di-gitale con esperti francesi e americani. Si tratta del secondo rapporto redatto da Caio per un governo italiano, dopo quello del 2009 che pre-vedeva 10-12 miliardi di investimenti per la realizzazione della banda larga. Gli investimenti pubblici non ci sono stati, almeno nella misura allora richiesta. Il Rapporto, però, ammette oggi che l’obiettivo di al-lora (disponibilità per tutti della rete fino a 2 M\b) nei fatti è stato raggiunto. I dati infrastrutturali erano già noti dai rapporti pubblicati dal Cisis, e da Telecom Italia; e ricavabili anche dall’apertura degli Open Data istituzionali, a cominciare da OpenCoesione. I tre obiettivi prioritari (Fatturazione elettronica, Anagrafe nazionale e Identità di-gitale) su cui si sono concentrati AgiD e Caio, hanno condotto que-

st’ultimo ad introdurre una si-gnificativa nuova tematica, quella della Sovranità Digitale dello Stato. Cittadinanza digitale La cittadinanza digitale, già da questo anno, con l’avvio della piattaforma centralizzata dei dati anagrafici oggi gestiti dai Comuni e del progetto pilota della carta d’identità elettronica in sostituzione delle numerose carte dei servizi locali, diventa scelta strutturale della pubblica amministrazione. Qualcosa che va oltre la mera semplificazione della macchina pubblica; qualcosa che impegnerà a fondo il pubblico im-piego, l’informatica pubblica e quella privata fornitrice della PA. L’elenco degli obblighi digitali già oggi posti a carico delle imprese (tra cui appunto anche la fattura elettronica) e la normativa del Codice dell’Amministrazione Digitale preparano il momento in cui anche le persone fisiche dovranno diventare cittadini digitali, assumendo nuovi diritti e nuovi doveri. Sovranità digitale secondo Caio La costruzione della cittadinanza digitale impone, secondo Caio, la necessità di normare la Sovranità Digitale dello Stato, vale a dire di chiari-re limiti e funzioni dello Stato digitale, e dello spazio statuale internazionale dove si collo-ca il mercato digitale. Un concetto che per i sindacati italiani, come per quelli europei, si traduce in confronto e misura di cloud e delocalizzazione; di fiscalità virtuale e materiale; di peso di competenze e redditi, di mercato unico e competizione territoriale. Un concetto che secondo Caio dovrebbe portare alla revisione dei dettati costituzionali nazionali ed europei. L’approccio, che può apparire temerario, è invece quanto mai realistico, poiché affronta la tendenza al superamento del significato di ogni confine, del mercato digitale internazionale; e quindi valuta la congruenza dell’Agenda digitale con gli obiettivi di Ue 2020. Sindacato europeo. Il sindacato europeo Ces, che sostenne la strategia di Lisbo-na, ha contestato, per esempio a marzo dell’anno scorso, UE 2020, perché le politiche ef-fettive smentiscono le strategie adottate. Per la Ces, "la priorità immediata non è il 2020, ma l’occupazione, i disoccupati, i giovani.”; tanto più che per la maggioranza degli 85 sin-dacati CES, il coinvolgimento nelle politiche digitali è stato solo vuota formalità. La conte-stazione ha raggiunto l’acme nel dicembre 2013 in occasione della lettera di Sharan Bur-row, segretario Ituc; Bernadette Segol, segretaria Etuc; e Richard Trumka, presidente Afl-Cio contro il Transatlantic Trade and Investment Partnership, accordo di libero scambio euroamericano (che rappresenta ca. il 50% del Pil mondo).

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Agenda Sindacale Digitale

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Agenda Digitale Europea

L’Agenda Digitale europea, programma faro di Europa 2020, si fonda su 7 pila-stri: 1. Mercato digitale unico, 2. Internet veloce e superveloce, 3. Interoperabi-lità e standard, 4. Fiducia e sicurezza informatica, 5. Ricerca e innovazione 6.Alfabetizzazione digitale (Enhancing digital lite-racy, skills and inclusion) 7. ICT per la società. L’Agenda Digitale italiana ha invece 6 assi: 1.e-commerce, 2. e-government e open data, 3. alfabetizzazione informatica, 4. ricerca, 5. smart communites, 6. infrastrutture e sicurezza. L’Agenda europea si concen-tra più sul mercato privato; quella italiana alla PA ed alla spesa pubblica informatica relativa di ca. 5 miliardi l’anno. Open data Nondimeno il mercato digitale ed il relativo lavoro sono sia pubblici che privati. Coinvolgono quasi il 75% dell’intera economia, tramite le filiere della comunicazione, dell’industria elettronica e dell’Ict, del commercio Ict, della finanza Ict, della conoscenza digitale e della amministrazione digitale. Risultano presenti nel lavoro dipendente ed autonomo e nei contratti pubblico, dei servizi e di parte dell’industria. In linea con le aspettative dei lavoratori, i Sindacati si attendono che l’economia digitale contri-buisca alla crescita dell’occupazione ed alla diffusione di lavoro di qualità, che valorizzi le capacità e lo sviluppo professionale dei lavoratori. I pregi dell’Agenda Digitale sono spesso misurati per risparmio di spesa pubblica. A 16 anni dall’avvio della socie-tà dell’informazione europea, 4 dall’agenda digitale europea e 2 dall’agenda italiana, è lecito dunque chiedere dati precisi sul rapporto tra digitalizzazione e lavoro, oltre quanto non siano riusciti i teorici obblighi di comunicazione definiti in Europa dagli istituti dei Cae e della “spa europea”. In particolare dati sull’occupazione ed economici: 1) quale e quanto sia il lavoro coinvolto; 2) quanto sia cresciuto o diminuito; 3) quanto siano cambiate per effetto del-la digitalizzazione, le competenze, conoscenze e abilità; 4) quali sano gli effetti salariali e stipendiali; 5) quali siano i cambiamenti contrattuali di profili e mansioni; 6) se siano ricono-scibili tendenze costanti di cambia-mento. Infoproviding Le statistiche posso-no risultare fuorvianti: l’Italia risulta-va nel 2009 leader per i servizi e-gov mentre negli anni successivi è passata al 17° posto, ma questa differenza non è dovuta a effettivi cambiamenti da parte dell’offerta comunicazionale o dell’utenza quanto alle comunicazioni fatte pervenire in Europa. Risulta so-spetta nel mare magnum delle diverse fonti dei continui sondaggi e statistiche sul mercato digitale, la sottovalutazione del pun-to di vista del lavoro, assolutamente sommerso dai dati rilevanti per le esigenze dell’analisi finanziaria, dei consumatori, dei vendor e degli indirizzi pubblici. Le indagini dell’infoproviding non sono neutra accademia ma una parte del mercato digitale pagato da enti privati e pubblici. Come sulla rappresentanza e sulla contrattualistica le parti sociali hanno fatto uno sforzo di trasparenza sui dati, così nel contesto dell’innovazione, ci sono istituzioni cui spetta di il ruolo di committente di indagini pun-tuali sul frameset di dati del lavoro digitale, grazie all’apertura e trasparenza degli Open Data. Occupazione Alcune tendenze macroeconomiche sono note. Per esempio l’aumento della disoccupazione mondiale nel prossimo lustro. Op-pure il calo dei redditi e delle tariffe dei lavoratori specialistici Ict, che si riscontra negli Usa come in Europa. Il miglioramento delle competenze attraverso la formazione è auspicabile per la tenuta del sistema produttivo, ma non determina l’occupazione ed il lavoro di qualità. L’adozione e la coniugazione di diversi standard delle competenze (dalle 40 macrocompetenze precompe-titive e 8 livelli di classificazione dell’e-CF, standard Uni, divenuto norma con la leg. 13\13, all’ESCO, sistema di classificazione europeo dei profili professionali, gestito in Italia dall’Isfol, alle classificazioni economo-funzionali dell’Istat ) sono necessarie

Agenda Sindacale Digitale

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Agenda Sindacale

Digitale

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per un dataset condiviso sia dal mercato del lavoro che dagli analisti. Non han-no riflessi però sui contratti di lavoro in assenza di politiche industriali. Classificazione delle competenze Non si vorrebbe che i mansionari, rigidi e ostativi dell’efficienza, già abbandonati dai sindacati, assumessero troppa importan-za, magari nel quadro dei rapporti di fornitura dei servizi professionali alla PA. La Uil, nel settore del commercio, nell’ambito delle attività del Sindacato networkers, rivolto soprattutto al lavoro autonomo, e del portale di ricerca lavoro Jobict.it, ha utiliz-zato l’e-CF per la rilevazione delle competenze, come anche la classificazione delle attività sul web dell’Iwa. Ugualmente ha par-tecipato alla stesura del catalogo formativo dell’ente di formazione bilaterale Tlc. D’altro lato non può non chiedersi perché non vengano maggiormente valorizzate le competenze del pubblico impiego sul quale, nel complesso pesa un sistema di 456.565 consulenti che costano 2 miliardi. Punto di vista del lavoro e delle imprese, indicato rispettivamente in 35 miliardi e 25 miliar-di, calcolato anche con la riduzione del lavoro pubblico attuale del 10% e di quello privato per 7 miliardi di h\lavoro. E’ evidente che promuovere un obiettivo di depressione dell’occupazione non trova consenso, tanto più se, per aumentare il lavoro dello 0,8%, c’è bisogno di un 10% di incremento della banda larga. Al netto della crisi che ha fatto perdere 1,5 milioni di posti di lavo-ro, le diverse filiere produttive sopra elencate sono in forte crisi, alla quale non poco ha contribuito il sostegno europeo alla competizione interna, che ha indebolito fino allo stremo i comparti produttivi sotto la concorrenza di grandi società extraeuro-pee monopoliste. All riduzione dei costi, deve corrispondere in una prospettiva di lavoro, il sostegno all’offerta per aumentare la quota di copertura europea del mercato mondiale. Senza produzione, si perde via via anche il know how del lavoro digitale; e successivamente anche la capacità di controllo normativo e democratico poiché l’e-democracy viene gestita e ospitata da infra-strutture e servizi né nazionali, né europei. Più che soffermarsi sul rilancio della produzione digitale, il dibattito in genere enfa-tizza l’insufficienza su cultura e cittadinanza digitale espressi dal digital divide, che non meraviglia dato il dualismo economico nazionale. L’espansione del settore privato e la modernizzazione della PA in realtà vanno di pari passo; senza l’una o l’altra il processo della demateriazzazione è destinato a fermarsi, come già avvenuto negli ultimi dieci anni. Per il sindacato si prospetta-no due sfide: 1) riuscire ad avere una visione d’insieme dei diversi mercati digitali e dei relativi lavori senza restare prigioniero delle politiche pubbliche e datoriali spesso di corto respiro; costruire, con il proprio network e quello istituzionale un’informa-zione chiara, accurata ed accessibile sul mercato del lavoro digitale; 2) rendere a partire dalla PA, ma non solo, massivo il lavoro mobile, con un rapporto più umano con il territorio, recuperando spazi pubblici comuni, oltre l’esperienza residuale del telelavo-ro. Solo migliore reddito però ottenuto dai risparmi della deconcentrazione fisica può far esplodere una modalità lavorativa per

la quale ci sono tutte le conduzioni tecnologiche. L’Europa cerca e-leader protagonisti dell’innovazone quotidiana. I lavoratori che sostituiscono i tornelli con gli smartphone possono diventarlo, attraverso l’esempio quotidiano per minore ore lavoro con-sumate e per riduzione occupazionale. L’uso massivo di strumenti tecnologici di per sé dimostra familiarità con il digitale. La letteratura digitale riguarda sia lo sviluppo tecnologico che sottostà al digitale sia le questioni relative all’uso ed all’influenza che il digitale ha nei consumi e sul lavoro. E’ più presente la letteratura digitale legata al secondo aspetto, data la storica minore presenza della cultura scentifica rispetto all’umanistico-giuridica. Il digital divide è stato molto enfatizzato spesso per enfatiz-zare problemi più generali di gruppi sociali e di genere. In particolare l’economia duale italiana porta con sé una conseguente differenza di uso digitale dovuta al diverso numero di imprese per terrritorio. Le preoccupazioni sull’insufficiente appeal del lavoro digitale sembrano rivolgersi all’obiettivo sbagliato. Esiste un trend mondiale, che parte dagli Usa ed include l’Europa di calo dei redditi delle attività It. Non si tratta dunque di una specificità italiana. Questo calo è dovuto alla crescente standardiz-zazione degli strumenti e dei prodotti, a sua volta conseguenza del predominio di pochi monopoli nelle diverse parti della filiera del settore e della delocalizzazione di molte attività nei nuovi paesi in sviluppo. Viene sottolineato il livello precompetitivo se-condo un’impostazione di alcuni anni fa. Ormai le attività dei grandi vendor e dei grandi Ott portano avanti i propri brand com-merciali direttamente anche sui siti istituzionali. Non è con l’incoraggiamento e la pubblicità che si possa sviluppare l’interesse per le professioni digitali, aumentarne i redditi, accrescere il consenso per il telelavoro che viene pensato solo per i gruppi sociali più svantaggiati. Più che di telelavoro bisognerebbe parlare di lavoro mobile, che oggi è largamente impiegato da impiegati, quadri e dirigenti. Se ne evita la contrattualizzazione sia per la difficoltà di dargli regole sia per i maggiori costi che ne derivereb-bero alle imprese. Continuando a sostenere solo il lato del consumo, non solo cala l’interesse ed il reddito delle professioni digi-tali, ma si perde anche capacità di ricerca e di know how, che sono strettamente connessi alla produzione; E’ poi vero che il calo riguarda il settore informatico tradizionale mentre è meno chiara la situazione per le professioni digitali che sono oggi sempre più diversificate e numerose poiché ambiti molto diversi tra di loro (settore pubblico, commercio, servizi, bancario, metalmecca-nico, cinetelesiviso, pubblicitario) utilizzano direttamente e indirettamente il digitale. Un censimento preciso di queste attività non è stato ancotra condotto. L’ e-leadership, concetto sostenuto in ambito europeo, sottolinea l’importanza dei manager pub-blici e privati ma cozza contro la tendenza del lavoro digitale e su Internet, fondata sull’eguaglianza delle persone e sul lavoro collaborativo nei network. Probabilmente è più importante coinvolgere i livelli intermedi e bassi che i manager. Le certificazioni delle professionalità sia flessibili come e-CF che rigide come Esco sono rilevanti quando vengano correttamente utilizzate nei contratti; altrimenti rischiano di essere utili alle imprese solo per giustificare prezzi più alti per i loro servizi. Tradizionalmente è stato un ente terzo a definire il quadro delle professionalità. Ben venga che siano i soggetti produttivi a definirli utilizzando uno strumento generale opportuno come è l’e-CF. In quest’ultimo caso però è fondamentale che datori e sindacati abbiano pari peso nel meccanismo della costruzione della qualifica. Le certificazioni potrebbero essere allegate ai contratti se dalle prime discen-dessero criteri oggettivi per collegare livelli e mansioni. Nel quadro attuale della crisi, l’obiettivo sembra molto difficile.

Agenda Sindacale Digitale

L’intranet dello Stato ( SPC) costa 90 mln l’anno, lo stesso importo dei fondi europei destinati alla banda larga (630 mln in 7 anni)

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Requiescat Fiat

Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti ha partorito l’autoriforma della Legge 69 del 1963 istitutiva del-l’OdG. Ad ottobre la popolata assemblea del Consiglio, forte dei suoi 150 membri (o meglio 144 cui si aggiungo-no 12 consiglieri di disciplina, cui la legge ha assegnato il ruolo di tribunale d'appello per le violazioni deontolo-

giche, un tempo affidato al Consiglio) aveva demandato all'unanimità ad una commissione il compito di redarre una proposta condivisa tra i diversi gruppi. L’idea era di presentarla al Parlamento; a novembre era già pronta la bozza da discutere per l’approvazione finale a gennaio. Se la tempistica è stata rispettata, e la segreteria dell’Ordine sta prepa-rando per la diffusione il testo approvato, sono già partite polemiche brucianti. Infatti al momento del voto, il 21 gen-naio, oltre la proposta della commissione incaricata della riforma, è spuntato fuori il testo alternativo del gruppo

"Liberiamo l'informazione" che pure era presente anche nell’altra commisione con 3 membri (Verna, Vitucci e Ricci). La commissione voleva mantenere la divisione degli attuali elenchi di professionisti e pubblicisti, mentre il testo alternativo ne chiedeva la fusione in un unico elenco, appoggiato anche da gruppi quali Albo Unico e Senza bavaglio. A voto segreto, è prevalsa la divisione, appoggiata anche

dalla segreteria OdG: 74 voti su 108 votanti, 3 nulle, 2 bianche vs i 49 favorevoli a LI del coordinatore Giancarlo Ghir-ra. Come raccontano i consiglieri, il dibattito del parlamentino giornalistico ha caratteristiche abbastanza frustranti. Tutto si concentra per motivi di risparmio nel poco tempo dei giorni di convocazione e senza pause. Ciascuno può prendere la parola su un argomento, ma, per sentire tutti, non sono permesse discussioni tra due o pochi di più, co-me non ci sono riunioni dei diversi gruppi per decidere modalità di presentazione delle idee comuni. “Si perdono ore ed ore a parlare singolarmente senza una reale discussione perchè non si può parlare fra di noi, non si può ribattere o controbattere o parlare due volte. Si fanno delle semplici dichiarazioni di pensiero che alla fine lasciano il tempo che trovano. Si può solo esprimere il proprio pensiero. E poi tutti velocemente al voto.” In queste condizioni, più il tempo assembleare passa, più scattano i nervi. Tra i magnifici 150 non corre peraltro buon sangue, e non solo magari per le opinioni politiche e professionali diverse se non opposte. C’è sempre contrapposizione tra pubblicisti e professioni-sti, che qualche volta assomiglia alle polemiche tra ragionieri e dottori commercialisti; c’è quella tra i pubblicisti pen-sionati nemici delle innovazioni proposte dai colleghi giovani, contro i quali si muovono anche i pubblicisti che accu-sano i modernisti:"ci volete far perdere il lavoro". Strisciante, largheggia la reciproca disistima. “L'Ordine professio-nale dei giornalisti si è di fatto consegnato, forse definitivamente, ai 50mila e passa pubblicisti che di regola non fan-no i giornalisti di professione ma altri mestieri, coltivando nel tempo libero la passione per la scrittura; oppure, come purtroppo sempre più spesso accade, iscritti ad altri ordini professionali che solo perchè sono riusciti ad avere il tes-serino da pubblicista vengono a dettare le regole in casa nostra, a chi il giornalista lo fa di mestiere. “ Ci si guarda in cagnesco, ci si fanno i conti in tasca. Quello è un funzionario pubblico ipergarantito che sulla scorta della lg. 150 vuole pure i privilegi del giornalista. Quell’altro, un pensionato che lavora ancora bene e paga pure la metà dell’iscrizione annua quando un precario o un disoccupato deve pagarla intera. Quell’altro non scrive un pezzo da vent’anni ma è sempre affaccendato attorno alle casse previdenziali e di assistenza sanitaria, oppure alle corti del sindacato, dell’Or-dine, della Federazione della stampa. Si ostinano a rimarcare ogni due righe la propria professionalità, dentologia, etica, ma i primi pronti all’autodelegittimazione sono gli stessi giornalisti. Il secondo giorno di dibattito, mercoledì 22, dopo tante stentoree declamazioni oratorie che spaziano dallo stile dannunziano al postmoderno freaketton-cinico, i nervi crollano sulla proposta di revisione della composizione del Consiglio Nazionale, presente all'articolo 5. L’hanno detto tutti che 150 eletti sono troppi, ricordando che per esempio l’esercito dei 200mila avvocati ha un parla-mentino del proprio Albo di soli 24 consiglieri. La legge del '63 fissa il rapporto di presenza tra professionisti e pubbli-cisti a 2 a 1: cento eletti tra i primi e 50 tra i secondi. La nuova proposta, rapporto di 3 a 2 tra professionisti e pubblici-sti (90 e 60), fa gridare allo scandalo. Per qualcuno, i pubblicisti hanno preso il potere. Per tanti pubblicisti, sconfitti sull’albo unico senza distinzione, è vero il contrario, tanto che alcuni di loro di Milano, Torino e Napoli emendano, cancellando qualunque riferimento alle proporzioni categoriali, demandato a futuri regolamenti. Eiminare però il riferimento dal testo rischia di autorizzare il legislatore a pensare che gli stessi giornalisti non intendano voler cam-biare le quote attuali. Si alzano i toni, le urla, le offese, le dissociazioni, anche nella stessa Commissione che finisce per andare sotto sul punto 7 -voto per l'elezione degli Organi regionali e nazionali.

Riforma OdG

Irriformabile ma Deformabile

Le società ICT "in house", dellr Regioni e/o enti locali sono presenti in 13 Regioni su 21; i dipendenti sono 5.000, l’indotto di 1.500 consulenti analisti e sviluppatori "di fascia bassa", pagati al massimo ribasso; fatturano 750 milioni su un mercato complessivo da 3 miliardi (PA locale e Sanità). Sono società pubbliche che di mestiere scrivono software e/o gestisco-no data center. Si sono associate in Assinter. A parte i casi di Csi Piemonte e Lombardia Informatica, hanno mantenuto la struttura ed aumentato l’occupazione delle società regio-nali dell’informatica pubblica, che al momento della vendita raggruppava nell’insieme di tutte le attività circa 11mila dipendenti

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S i vorrebbe tutelare le liste minoritarie, limitando le preferenze esprimibili. In 48.dicono però no. Astensione dopo astensione, abbandono dopo abbandono, tra delusi e contrariati, il testo di riforma viene via via mutilato in un elenco di rinvii a future decisioni. Alla sera lo scrutinio segreto salva il testo ormai senza padri dichiarati, con 59 voti favorevoli e 57 contrari sui 121 votanti e 10 astenuti. Il testo finale, approvato di un soffio, piace

poco anche al regista dell’operazione, il capo OdG Enzo Iacopino: “Volevo essere il Presidente che portava l'Ordine ad una Riforma (ma) non è quella che ho voluto. Il clima che si respira non mi piace”. In cauda venenum: LI di Ghirra, dopo la sconfitta, annuncia la raccolta di firme presso Ordini regionali e le re-dazioni per rovescia-re l’esito del voto; ed accusa, con Visa-ni di Voltapagina e l’immancabile Arti-colo 21, l’OdG di Ia-copino, vittorioso alle elezioni interne del 2013, con ben 8 sostenitori eletti sui 8 dell’esecutivo, di essere “controllato da una maggioranza sostanziamente di centrodestra monopolizzata dai pubblicisti”. Con buona pace della lista di destra L’Alternativa (Non siamo un “altro” sin-dacato; non ci riconosciamo nell’attuale gestione del sindacato unico e unitario dei giornalisti italiani) che non ha eletti nel CN. Da par suo il Presidente dei giornalisti ha alluso ai “professionisti dei multi-incarichi negli enti di categoria” parlando della “sinistra” giornalistica, “un’”area “politica (che) ha gestito per anni gli organismi, preoccupandosi di tutelare un’élite di garantiti”; “che ha osteggiato la legge sull’equo compenso, (che) anche recentemente si è tentato di vanificare”. I due campi non se la mandano a dire ed entrambi accusano l’altro di distruggere l’OdG. All’offensiva “di sinistra”dei professionisti, a febbraio risponderà l’ottuagenario Falleri, leader incontrastato del voto pubblicistico nella Capitale con gli Stati generali dei Pubblicisti. Si dirà che gli Stati sono “per chi questo mestiere lo fa per davvero e non certo per chi scrive un pezzo ogni tanto per un giornaletto, o per le schiere di avvocati, commercialisti e geometri che affollano Albo e Consiglio nazionale”?. Perché non chiamarli allora Stati dei professionisti? Alla fine del dibattito, c’è chi fa notare che la lg. 69/63 non autorizza l’OdG ad au-toriformarsi, dato che dipende da MinGiustizia, unica istituzione abilitata a pro-porne cambiamenti al Parlamento. La corsa alle autonomie però potrebbe supera-re la lettera della legge, già tante volte non tenuta troppo in conto dalla politica. Il panorama è il Corrierone che vende la sua sede storica, il crollo della stampa, la minaccia al fondo per l’editoria, il diritto d’autore normato dall’Agcom nella pas-sività parlamentare, i confini sbiaditi tra blogger e professionista come tra copyright e creative common o tra finte Iva e free lance, il dribbling Siae tra copia privata ed equo compenso. Giornalisti e poligrafici licenziati insieme all’Adn Kro-nos, Espresso, Rcs e Messaggero, non riescono a fidarsi gli uni degli altri; insieme, timorosi e distratti dalle vicende dell’orda montante della marea di autori e gior-nalisti sfruttati da ogni forma di media, come da quelle dei non autori che invece incassano milioni dai diritti d’autore. I rappresentanti dei giornalisti si sbranano

OdG Deformabile

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s ull’idea che ciascuno ha dell’Ordine; un organismo che ormai ha poteri solo sulla formazione, ovvero sul busi-ness (da condividere con le Università) del percorso formativo da imporre ai neogiornalisti. Da quest'anno, pe-raltro, è obbligatoria la famosa formazione continua anche per pubblicisti e professionisti. Formati o no, non è

chiaro quanto i giornalisti eletti ed elettori siano consapevoli del percorso cui li obbliga la trasformazione tecnologica dei media. O forse si attaccano a formazione e deontologia, come si farebbe con il bicchiere di vino, per dimenticare. Dimenticare la tecnologia, questo orco che distrugge le belle cose della vita d’antan: burocrazia, politica, giornalismo.

OdG Deformabile

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Fuori il Digitale dalla Commissione Trasporti L’infrastruttura virtuale e materiale della comunicazione deve staccarsi dalle reti in-frastrutturali fisiche e riunirsi a media, con-tenuti , terziario,amministrazione digitali. A cominciare dalle commissioni parlamen-tari. E’ l’appello dell’intergruppo digitale parla-mentare al primo Bar Camp della Came-ra.