Notizie su due cappelle perdute nella basilica di Santa Croce a Firenze

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giore dolcezza di disegno e un turgore plastico che fa pen-sare a certe figure di Spinello Aretino, attivo nei primi an-ni novanta nella sacrestia di Santa Croce accanto a Niccolòdi Pietro Gerini. Nel complesso però è con quest’ultimo cheil pittore dell’Assunta appare indebitato: i piani squadratidel viso, il chiaroscuro netto, la robusta linea di contorno,la lineare impostazione della scena, lo stesso tipo fisico delSan Pietro officiante nella Dormitio (fig. 5), affondano le ra-dici nell’alveo del neogiottismo geriniano. Il background cul-turale dell’autore è comune a quello di Tommaso del Maz-za, che ebbe modo di lavorare affianco al Gerini in più oc-casioni, ma la condotta pittorica si differenzia in modo de-ciso: le figure di Tommaso appaiono più massicce, collo-

quiali, dai tratti più ‘campa-gnoli’; i personaggi della lu-netta sono caricati invece dimaggiore severità e compo-stezza, il loro aspetto risultapiù raffinato, specie nei deli-cati profili degli angeli in vo-lo, ma anche solenne, mentreil panneggio non è caratte-rizzato da quella «fitta seriedi pieghe falcate» 12 care aTommaso.

L’attribuzione di Bosko-vits a Lorenzo di Niccolò ri-sulta del tutto calzante e al-cuni accostamenti permetto-no di definire il frangentecronologico in cui l’opera fueseguita. Tra i dipinti certidel pittore fiorentino 13 si ve-da il San Bartolomeo e storiedella sua vita datato 1401 del-la Pinacoteca dei Musei Ci-vici di San Gimignano (fig.6) 14, dove il volto del santoassiso in trono è praticamen-te sovrapponibile a quellodella nostra Vergine (figg. 7-8): l’ovale perfetto, le arcatesopraccigliari simmetricheche creano una profonda om-bra, le occhiaie evidenti, il

Un affresco di Lorenzo di Niccolò e la cappella Machiavelli

Nella chiesa fiorentina di Santa Croce, nella sesta cam-pata settentrionale, tra il monumentale organo Zeffirini e ilpeduccio pensile della quinta arcata, si conserva una lunet-ta frammentaria con la Morte e l’Assunzione di Maria men-tre dà la cintola a San Tommaso (figg. 1, 2) 1. L’affresco furinvenuto – insieme a quello poco più a sinistra con un la-certo delle Stimmate di San Francesco, di recente attribuitoa Taddeo Gaddi da Andrea De Marchi 2 – nell’ambito deilavori condotti tra il 1911 e il 1912 3, quando fu rimossa ladecorazione neoclassica che copriva le pareti laterali fino al-l’altezza dei timpani degli altari cinquecenteschi. BernardBerenson lo attribuì ad Agno-lo Gaddi 4, seguito da Rober-to Salvini, che lo riteneva del-l’ottavo decennio del Trecen-to 5, mentre poco più tardi iPaatz proposero di collegar-lo all’ambito orcagnesco 6. Ri-chard Offner lo attribuiva alMaestro dell’Incoronazionedel Louvre 7 (aliasMaestro diSanta Verdiana, ovvero Tom-maso del Mazza), mentre inseguito aggiungeva un indi-cativo «questionable» 8. Que-sta proposta era condivisa daBruce Cole 9 e Luciano Bel-losi 10, mentre più di recenteMiklós Boskovits ha avanza-to il nome di Lorenzo di Nic-colò 11. Il volto della Vergine,illuminato da sinistra e in-guainato in un ampio soggo-lo, è di una geometria irreale(fig. 3); lo sguardo iconico, lacanna nasale dritta, la boccaleggermente contrita, con itendini che solcano la partebassa del viso per conferirecarattere senile al personag-gio, accentuano la rigiditàdella figura. I volti degli an-geli (fig. 4) mostrano mag-

Notizie su due cappelle perdute nella basilica di Santa Croce a FirenzeGiovanni Giura

1. Firenze, Santa Croce, sesta campata settentrionale.

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COMMENTARI D’ARTE

2. LORENZO DI NICCOLÒ, Morte e Assunzione della Vergine, Firenze, Santa Croce.

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SAGGI DI STORIA DELL’ARTE

3. Particolare figura 2.

5. Particolare figura 2.

4. Particolare figura 2.

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COMMENTARI D’ARTE

naso illuminato e squadrato, losguardo inespressivo con lo stes-so leggero scarto laterale; e an-cora molto simili sono il chiaro-scuro non particolarmente mo-dulato, le pieghe della veste chesi aggrinziscono sul ventre e an-che quelle del mantello lungo lagamba sinistra.

All’anno successivo risale iltrittico firmato e datato già nellachiesa di San Martino a Teren-zano (Fiesole) con la Madonnacol Bambino tra i Santi Martino eLorenzo (fig. 9) 15, oggi al MuseoDiocesano di Santo Stefano alPonte a Firenze, in cui Lorenzoripropone la composizione dellaMadonna col Bambino di Maso diBanco di Berlino con ogni pro-babilità nata per la cappella diSant’Antonio di Santa Croce 16.Nonostante l’opera sia notevol-mente risarcita 17, il turgore del-le guance del Bambino e il voltodi tre quarti della Madre riman-dano agli angeli della nostra lu-netta. Il confronto tra il SanMar-tino del pannello di sinistra e ilSan Pietro della Dormitio, purnell’evidente disparità dello sta-to conservativo, mostra tratti co-muni nel tipo fisico, nella co-struzione del viso e nella nettez-za dei contrasti chiaroscurali.

Sono anni intensi per la car-riera di Lorenzo che ottiene lacommissione per la grandiosamacchina dell’altare maggioredella chiesa di San Marco a Fi-renze, anch’essa firmata, oggi nel-la chiesa di San Domenico a Cor-tona 18, in cui mutua la composi-zione dalla pala per l’altar mag-giore di Santa Felicita eseguita daSpinello Aretino, Niccolò di Pie-tro Gerini e da lui stesso (in par-te marginale), tra il 1399 e il1401 19. Gli angeli musicanti in-ginocchiati ai piedi del trono del-l’Incoronazione di Maria per at-teggiamenti e plasticismo sonoavvicinabili a quelli dell’Assuntadi Santa Croce; simile è anche ilmodo di acconciare le capigliatu-

re, con rotondi boccoli che scen-dono ordinati sulle spalle, modoriscontrabile anche nell’apostologiovane che sta davanti a San Pie-tro nella Dormitio. Caratteri si-mili mostra anche la tavola con ilRedentore benedicente un temponell’Arcivescovado fiorentino eattualmente al Museo Diocesanodi Santo Stefano al Ponte (fig.10) 20. L’inespressività iconica, ilrigore geometrico nella costru-zione del volto, il disegno dellepieghe della veste sul ventre, so-no però in questo caso stempe-rati da una condotta pittorica piùsciolta ed elegante che fa pro-pendere per collocare la tavolagià nel secondo lustro del Quat-trocento. Infatti già a partire daltrittico di Terenzano si nota undeciso cambiamento nello stile diLorenzo: il grandioso politticocon la Madonna col Bambino eSanti ora nella cappella Medicisempre in Santa Croce (forse pa-la d’altare della cappella Bardi diVernio dedicata a San Ludovico,che occupa il posto d’onore alladestra del trono), l’Incoronazio-ne della Vergine datata 1410 nelMuseo dell’Opera di Santa Cro-ce (ma proveniente dal monaste-ro di San Salvi 21), o ancora il po-littico con la Madonna col Bam-bino e quattro santi datato 1412del Museo Diocesano di SantoStefano al Ponte (provenientedalla chiesa di San Lorenzo aColline, appena fuori Firenze),mostrano un notevole aggiorna-mento in senso tardogotico, inparallelo con l’attività di pittoricome Mariotto di Nardo o Gio-vanni di Tano Fei, con un occhiomolto attento al lavoro di Lo-renzo Monaco.

Tornando al trittico di SanGimignano è utile ricordare cheAngelo Tartuferi aveva messo inluce la derivazione compositivadella scena del Martirio di SanBartolomeo da un affresco di cuirimane solo parte della sinopianella cappella Cortigiani in San

6. LORENZO DI NICCOLÒ, San Bartolomeo e storie della sua vita,San Gimignano, Pinacoteca dei Musei Civici.

7. Particolare della figura 6.

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SAGGI DI STORIA DELL’ARTE

Michele Visdomini a Firenze, per laquale Lorenzo aveva eseguito la ta-vola d’altare mentre Spinello Areti-no si era occupato della decorazio-ne parietale tra il 1398 e il 1401 22.Il polittico (fig. 11), oggi conserva-to alla Galleria dell’Accademia, pre-senta al centro l’Incoronazione del-la Vergine, mentre nei laterali i San-ti Zanobi e Bartolomeo intestataridella cappella: ponendo a confron-to gli angeli musicanti ai piedi deltrono del pannello centrale conquelli che sorreggono la mandorlacon l’Assunta di Santa Croce notia-mo un modo simile di costruire i vo-lumi delle teste, grazie a un’ombrascura sotto il mento che mette in ri-salto il plasticismo del collo e delviso, anche se l’effetto della tavolaè maggiore, forse anche in virtù diun migliore stato di conservazione.I due santi anziani e barbati deipannelli laterali accostati al San Pie-tro dellaDormitio tradiscono l’ado-zione di modello simile, con gli oc-chi grandi, l’arcata sopraccigliaresottile e ampia, le occhiaie ben mar-cate, la canna nasale regolare e il-luminata, le rughe orizzontali sullafronte, caratteri propri anche deiquattro santi dipinti da Lorenzonella predella del laterale sinistrodella pala di Santa Felicita.

L’Assunta di Santa Croce sembra appartenere a questafase specifica della carriera di Lorenzo di Niccolò, intornoall’anno 1400. Si potrebbe aggiungere che si colloca a mon-te delle opere qui brevemente indicate, a causa dei caratte-ri di ieraticità e fissità iconica della Vergine, dei panneggisemplificati, del neogiottismo classicheggiante e greve, do-vuti in buona sostanza alla formazione geriniana. D’altrocanto, se è vero che nell’opera non c’è ancora traccia deglisviluppi più propriamente tardogotici ai quali Lorenzo siaprirà dal corso del primo decennio del nuovo secolo, è in-dubbio un più moderno interesse per i volumi e per la qua-lità cromatica di Spinello 23.

La zona del coro della basilica fu decorata secondo unprogramma unitario da Giotto, Taddeo Gaddi e Maso diBanco negli anni trenta del Trecento 24; la lunetta con l’As-sunzione della Vergine e la Dormitio dunque è un interven-to molto successivo, ricavato in una porzione di muro ri-masta libera. Per sfruttare al massimo il poco spazio a di-sposizione la cornice è dipinta intorno al capitello pensiledella quinta arcata, dando l’impressione che questo le si so-

vrapponga; il capitello presentainoltre uno scasso al centro (fig.12), dove le due serie di foglie so-no bruscamente interrotte: qui sidoveva ammorsare un setto mura-rio di sostegno per un archivoltoogivale entro il quale si iscriveval’affresco, come dimostra anche illeggero rialzo dell’intonaco nellaparte sommitale. È probabile che iltutto fosse coronato da uno svet-tante timpano con pinnacoli, sul-l’esempio della cappella Baroncellidi San Martino che si trovava sullafronte del tramezzo, ricostruibilegrazie al prezioso disegno dell’Ar-chivio di Stato di Firenze che nemostra il prospetto, ma anche suquello dei numerosi casi trecente-schi di lunette affrescate iscritte en-tro archi e timpani lapidei nei mo-numenti funerari ad arcosolio.

Una struttura in pietra, anche senon invasiva nella campata, potevaservire a evidenziare lo spazio del-la cappella sottostante, quella dedi-cata ai Santi Giacomo e Filippo dipatronato Machiavelli, che è possi-bile collocare in questo punto pervia documentaria. Nella lista dellecappelle che apre il sepoltuario diSanta Croce del 1439 si legge infatti:«La cappella ch’è in sulla regi di so-

pra allato alla porta de’ Guardi e de’ Machiavelli è intito-lata nei Sancti Jacopo e Filippo» 25.

La «porta de’ Guardi e de’ Machiavelli», che conduce-va in origine al cimitero a nord della chiesa, è tuttora aper-ta al centro della sesta campata sinistra 26, mentre con il ter-mine «regi» è indicato il tramezzo, che occupava la metàorientale della quinta campata 27; «di sopra» andrà intesocome «verso l’altar maggiore»: infatti la cappella seguente,quella degli Asini, che era la prima a sinistra della frontedel tramezzo, aperta verso la chiesa dei laici, viene definita«accanto alla detta [ovvero la Machiavelli] di sotto», in-tendendo evidentemente «verso la controfacciata» 28. Di con-seguenza la cappella dei Santi Jacopo e Filippo doveva tro-varsi nella parte occidentale della sesta campata, a ridossodel muro posteriore del tramezzo corrispondente al retrodella cappella Asini 29. La posizione è confermata dalla listadelle sepolture dello stesso documento: «Appresso alla por-ta fu de’ Guardi […], 2 sepolture entro alla cappella de Ma-chiavelli, di tutta la famiglia, ammattonate, con esportelli diconcio» 30. In questo paragrafo del testo l’estensore comin-cia dall’incrocio tra il transetto sinistro e la navata e proce-de verso ovest chiudendo proprio con le tombeMachiavelli;

8. Particolare figura 2.

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COMMENTARI D’ARTE

l’Archivio di Stato fiorentinocome i proprietari della cap-pella nel 1439 38.

La fondazione della cap-pella di famiglia in SantaCroce potrebbe essere statavoluta da Guido di Giovan-ni, forse grazie a un lascitotestamentario redatto nel1390 o poco prima. In se-guito i nipoti, ovvero i figlidel fratello Filippo – ma nonè da escludere che la volon-tà dell’edificazione della cap-pella fosse stata in origineanche la sua – avrebberoprovveduto ad eseguire lesue volontà, per poi mante-nere il patronato e provve-dere agli obblighi economi-ci che questo comportava,tramandandolo a loro voltaai propri figli. La cappella fusostituita nel 1575 dall’alta-re della Concezione, che erastato eretto nel tardo Quat-trocento da Alfonso dellaCasa nella sesta campata me-ridionale, accanto al monu-mento funebre di LeonardoBruni; furono necessari l’in-tervento granducale e una ri-soluzione papale per supera-re le proteste dei Machiavel-li che vennero a perdere l’an-tico privilegio 39.

Nella seconda edizionedelle Vite, Giorgio Vasari sidilungòmolto di più di quan-to avesse fatto nel 1550 sullavita e l’opera di Spinello Are-tino, citando anche dei lavo-ri per la cappella Machiavel-li: «Se ne ritornò a Fiorenza,dove, in un anno che vi stet-te e non più, fece in SantaCroce alla cappella de’ Ma-chiavelli, intitolata a S. Filip-po e Iacopo, molte storie diessi santi e della vita e morteloro; e la tavola della dettacappella, perché era deside-roso di tornarsene in Arezzosua patria o per dir meglio da

dunque «appresso alla porta»non può che significare aovest di questa 31.

Si tratta di uno spazio disacrificio, esattamente en pen-dant con la cappella della Ver-gine Annunziata di patronatoCavalcanti sul lato meridiona-le 32; la decorazione ad affre-sco con la Dormitio Virginis el’Assunzione, andrà pertantomessa in relazione con la per-duta cappella Machiavelli 33.

Del sepoltuario del 1439conosciamo almeno cinquecopie, redatte a partire dal1596, in cui si trovano infor-mazioni supplementari chenel testo d’origine non com-parivano, e che presumibil-mente erano contenute in al-tri documenti che non ci so-no arrivati. In queste versio-ni, che riportano sia la situa-zione relativa al 1439 sia quel-la del 1596, la cappella Ma-chiavelli viene ricordata comeappartenente ai «discendentidi Messer Guido Machiavel-li» 34; inoltre in un caso si spe-cifica che la cappella «ènnehoggi: Guido di Boninsegna,Totto di Bonisegna, Giovannidi Lorenzo e i figli di Agnolodi Lorenzo» 35. Guido Ma-chiavelli, figlio di Giovanni diBoninsegna, fu esponente diprimo piano nella Firenze del-la seconda metà Trecento, apartire dalla cacciata del Du-ca d’Atene Gualtieri di Brien-ne nel 1343, ricoprendo piùvolte la carica di Priore e diGonfaloniere di Giustizia fi-no alla morte avvenuta nel1390 36. Il fratello Filippo, an-ch’egli attivo ai vertici della vi-ta politica cittadina dal 1343alla morte nel 1363 37, era pa-dre di Bonagiunta, priore nel1385 e nel 1396, morto entroil 1399, padre a sua volta diGuido e Totto, e di Lorenzo,padre di Agnolo e Giovanni,citati nella copia 92/363 del-

9. LORENZO DI NICCOLÒ, Madonna col Bambino tra i santi Martino e Lo-renzo, Firenze, Museo Diocesano di Santo Stefano al Ponte.

10. LORENZO DI NICCOLÒ, Redentore benedicente, Firenze, Museo Dioce-sano di Santo Stefano al Ponte.

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SAGGI DI STORIA DELL’ARTE

che sarebbe giustificata dallapresenza delle «molte storiedi essi santi e della vita e mor-te loro» che Spinello avreb-be affrescato sulle paretiadiacenti; infine la data 1393che si concilierebbe perfetta-mente con l’eventuale lascitodi Guido di Giovanni Ma-chiavelli morto nel 1390. Tut-tavia, come ha notato StefanWeppelmann, la precisa in-dicazione cronologica di Va-sari (1400), che potrebbe es-sere frutto della visione di-retta di un’iscrizione, si di-scosta dalla data nel listelloinferiore della cornice delpannello centrale (1393) 42.Inoltre il nome del commit-tente, Filippo di Bonizo (o diBonifazio, seguendo lo scio-glimento di Weppelmann),

non si riscontra nell’albero genealogico della famiglia Ma-chiavelli.

È possibile naturalmente che l’attribuzione vasariana siaerrata e che la tavola fosse opera di un altro pittore, maga-ri proprio Lorenzo di Niccolò, autore dell’affresco sopra-stante. In effetti – come già accennato – lo stile di Lorenzo

esso tenuta per patria, lavoròin Arezzo, e di là la mandò fi-nita l’anno 1400» 40.

All’interno del corpus diSpinello l’opera maggiormen-te indiziata per l’identifica-zione con il passo vasariano èil trittico della chiesa di San-ta Maria a Quinto presso Ca-stello (Firenze), con la Ma-donna col Bambino tra i santiPietro, Filippo, Giacomo e Lo-renzo, datata 1393 41. La ta-vola (fig. 13) non è citata inuna visita pastorale del 1608,il che fa pensare che vi sia ar-rivata solo più tardi, tesi cor-roborata dalla grande qualitàdell’opera che indica una de-stinazione originaria più im-portante della piccola chiesadi Quinto. Elementi sedu-centi non mancano: la sceltadei santi Giacomo e Filippo, collocati a chiasmo ai lati del-la Vergine in trono, alternati a Pietro e Lorenzo; le dimen-sioni contenute, circa 175 cm di lunghezza, che bene si adat-terebbero allo spazio relativamente costretto della cappellaMachiavelli; la mancanza forse fin dall’origine della predel-la con storie narrative legate ai santi del registro principale,

11. LORENZO DI NICCOLÒ, Incoronazione della Vergine tra i santi Zanobi eBartolomeo, Firenze, Galleria dell’Accademia.

12. Firenze, Santa Croce, Capitello pensile della quintaarcata settentrionale.

13. SPINELLO ARETINO, Madonna col Bambino tra i santi Pietro, Filippo, Giacomo e Lorenzo,Firenze, Santa Maria a Quinto (Firenze).

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COMMENTARI D’ARTE

di Lorenzo Monaco, giunti nel complesso francescano ri-spettivamente dal convento di Santa Maria degli Angeli e

da Santo Spirito alla Costa 45. La tavola cen-trale, che era completata da una predella conle scene dei Martiri di San Giacomo e di SanFilippo tagliata in due e rimontata nello stes-so pastiche ottocentesco, era arrivata agli Uf-fizi nel 1782 dalla Camera di Commercio, do-ve erano confluite tutte le tavole delle Arti fio-rentine destinate in origine a decorare i pila-stri interni di Orsanmichele 46: il formato de-cisamente verticale, che mal si adatta a unapala d’altare, risponde perfettamente a que-sto tipo di destinazione, escludendo che pos-sa provenire ab antiquo da una cappella diSanta Croce.

si avvicina molto a quello di Spinello soprattutto verso il1400 e nel primo lustro del secolo nuovo, tanto che in pas-sato alcune opere sono state attribuite ora al-l’uno ora all’altro 43. Una seconda proposta diidentificazione, avanzata con cautela dallostesso Weppelmann, riguarda la Madonna colBambino tra i santi Giacomo e Filippo attribuitaa Niccolò di Pietro Gerini, attualmente al cen-tro del polittico dell’altar maggiore della stes-sa Santa Croce, assemblato arbitrariamente nel1870 all’interno della cornice neogotica dise-gnata da Niccolò Matas 44. I pezzi furono man-dati per l’occasione dalle Regie Gallerie, ad ec-cezione dei quattro Dottori della Chiesa diGiovanni del Biondo e della tavoletta di pre-della con il Trionfo della Morte, opera tarda

14. Ricostruzione della perduta cappella Machiavelli utilizzando il disegno della cappella Baroncelli sulla fronte del tramezzo e il po-littico di Quinto di Spinello Aretino come esemplificazione.

15. MARIOTTO DI NARDO, Ma-donna col Bambino, Firenze, De-positi della Soprintendenza fio-rentina presso San Salvi.

Polittico sullʼaltare

Storie dei Santi Giacomo e Filippo

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SAGGI DI STORIA DELL’ARTE

ti fatti dal Vasari; era già cappella dellacasa Machiavelli, che vi aveva davanti lesepolture gentilizie, e dicevasi di S. Ia-copo e Filippo. Ai pilastri sono statue ebassorilievi dell’architetto Filippo Ba-glioni, e in un ovale vi si conserva unaVergine col Figlio, dipinta da Giotto,fortunatamente ritrovata sotto un into-naco dal Veneziani. Questo tabernaco-lo sarà fra poco rimosso e collocato nonlunge per dar posto al monumento daerigersi al consiglier Vittorio Fossom-broni, al quale farà riscontro quello diLeopoldo Nobili, ora nella navata infaccia» 48. Il monumento a Vittorio Fos-sombroni di Lorenzo Bartolini, tuttoraoccupante il vano della ex cappella Ma-chiavelli, fu effettivamente inauguratopoco dopo, nel 1850 49. La descrizionedella Madonna ritrovata sotto l’intona-co qualche anno addietro fa pensareche si tratti di un pezzo erratico, forsefrutto di uno stacco antico effettuato dalmuro del coro o del tramezzo al mo-mento del loro smantellamento nel1566. Per una tradizione invalsa è iden-tificata con laMadonna del latte in Umil-tà e donatore attribuita a Pietro Nelli,esposta presso il Museo dell’Opera 50,ma le dimensioni notevoli di quest’ope-ra, 185 per 94 centimetri, alle quali van-no aggiunte le parti perdute, male si ac-cordano con la descrizione del Moisè,dalla quale sembra che fosse un’operadi piccole dimensioni soltanto con laMadonna e il Bambino ritagliati entro

una cornice ovale certamente moderna; nel catalogo dellaPrima mostra di affreschi staccati del Forte Belvedere del 1957inoltre si riportava che l’affresco del Nelli, staccato a mas-sello e applicato su un nuovo supporto da Dino Dini nel1954, fosse pervenuto a Santa Croce solo dopo le distru-zioni ottocentesche del vecchio centro fiorentino 51.

Nell’inventario della sacrestia di Santa Croce redatto nel1912 si parla di una «Madonna che ha nelle braccia il Bam-bino il quale tiene nella sua sinistra una colomba, segno del-lo Spirito santo, pitturata a olio su tavola [sic.] Tela di for-ma quadra 1.00 x 0.95 a fondo oro, lavoro d’ignoto fior[en-tino]. Questo affresco è stato di recente scoperto e restau-rato» 52. L’opera è identificabile con un affresco trasporta-to su tela e dotato di una cornice ottocentesca, con la Ma-donna a mezzo busto e il Bambino, vivacemente scompo-sto, che tiene con la mano sinistra un uccellino, oggi nel de-posito della Soprintendenza fiorentina presso l’ex monasterodi San Salvi; un cartellino sul retro riporta con grafia otto-centesca che l’opera era stata staccata in occasione del col-

Quanto agli affreschi di Spinello ri-cordo che la cappella era delimitata asettentrione naturalmente dal murod’ambito della basilica, a occidente dal-la parete posteriore del tramezzo, men-tre gli altri lati potevano essere liberi otutt’al più chiusi da cancellate. Dunquelo spazio per un ciclo pittorico non eramolto, anche in ragione della presenzadel polittico sull’altare (fig. 14). Pensoche le scene si dispiegassero sulla pare-te occidentale, ovvero sul muro poste-riore della cappella Asini, nella stessa po-sizione del famoso affresco di Domeni-co Veneziano con i Santi Francesco e Gio-vanni Battista – salvato da Vasari – rea-lizzato per la cappella Cavalcanti sul la-to opposto, ovvero sul muro posterioredella cappella di San Sebastiano di pa-tronato Della Foresta che affacciava ver-so l’ecclesia laicorum. Anche in quel ca-so l’altare, con l’Annunciazione di Do-natello, tuttora nella sua collocazioneoriginaria, si trovava addossato al murod’ambito e l’affresco era stato realizza-to nell’unico punto disponibile 47.

La chiarezza del programma icono-grafico originario che informava la zo-na del coro di Santa Croce fu alteratacon inserimenti di nuove cappelle di pa-tronato privato che andavano ad occu-pare gli spazi ancora disponibili ovun-que fosse possibile. La cappella Ma-chiavelli era una di queste alterazioni,così come quella dei Cavalcanti sulla pa-rete di fronte, e lo erano anche i monu-menti funerari di Leonardo Bruni e Carlo Marsuppini. Lospazio ottenuto dai Machiavelli era nascosto alla vista dal-la mole del tramezzo, in particolare dalla cappella Asini: losviluppo verticale della decorazione della cappella, a fron-te di uno spazio in pianta molto ridotto, può spiegarsi conla volontà dei committenti di ottenere una maggiore visibi-lità, giacché la lunetta con l’Assunta, evidenziata da un’ar-cata lapidea, doveva essere visibile anche dall’area in cui ifedeli assistevano alla funzione; inoltre veniva incontro an-che al desiderio di omogeneizzare questo intervento tardocon quanto già esisteva accanto, in particolare la lunetta conle Stimmate di San Francesco di Taddeo Gaddi, di cui la no-stra riprende l’altezza e le proporzioni.

Osta al tentativo di ricostruzione della cappella Ma-chiavelli una Madonna col Bambino citata da Filippo Moisènel 1845: «Dopo questa porta [quella della sesta campatasettentrionale] è un tabernacolo d’antica foggia, ma di mo-derno restauro; fu trasportato qui nell’epoca dei mutamen-

16. Pianta di Santa Croce con l’indicazione del-le aree del tramezzo, del coro, e della facciataprovvisoria. 1: Cappella dei Santi Giacomo e Fi-lippo (Machiavelli); 2: Cappella dell’Annuncia-zione (Cavalcanti); 3: Cappella del Beato Ghe-rardo da Villamagna (Baroncelli); ipotetica po-sizione della Cappella del Volto Santo (Ciglia-mochi) prima del 1383.

e vi si fa esplicito riferimento a Dino di Geri Tigliamochi(secondo una variazione del cognome che emerge anche daidocumenti) che «aveva fatto fare quello Volto Santo» 58.

La mancanza di indizi materiali rende incerta l’esatta ubi-cazione della cappella. Stando al Sacchetti, il Volto Santodoveva essere già in opera nel secondo lustro dell’ottavo de-cennio; a questa data non erano ancora utilizzabili le primetre campate occidentali, completate solo intorno al 1383,data iscritta sulla capriata centrale della terza campata. Peressere accessibile al culto tra il 1341 (quando si concluse laprima campagna di lavori) e appunto il 1383, la chiesa eraprobabilmente chiusa da una facciata lignea provvisoria al-l’altezza del valico tra la terza e la quarta campata o pocopiù a occidente 59. L’affresco dell’Orcagna con il Trionfo del-la Morte, ilGiudizio Finale e l’Inferno (1344-1345 c.) si esten-deva a partire dall’intersezione con il corpo del tramezzo ametà della quinta campata, fino a quasi tutta la quarta, la-sciando poco spazio per una cappella. Questa poteva forsein un primo momento essere addossata alla facciata prov-visoria (fig. 16), in previsione di essere trasferita lungo laparete meridionale – dove si trovava al momento della re-dazione del sepoltuario nel 1439 («più giù lungho el mu-ro») – al momento della conclusione dei lavori nel 1383 60.

Al pari della cappella del Beato Gherardo, che si trova-va nella navata opposta 61, quella dei Cigliamochi doveva es-sere una cappella-altare non invasiva nello spazio della na-vata; nel sepoltuario la tomba di Dino viene descritta «apié»della cappella, ovvero davanti all’altare, forse semplice-mente sollevato rispetto al piano del pavimento grazie a de-gli scalini; al contrario nel caso delle cappelle che si apri-vano sulla fronte del tramezzo o nel transetto, che avevanouno spazio effettivo riservato alle sepolture di famiglia, letombe vengono descritte come «nella cappella», come ab-biamo visto nel caso dei Machiavelli. Di padre in figlio i Ci-gliamochi mantennero il patronato almeno per gran partedel Quattrocento, mentre non se ne trova traccia al momentodella risistemazione vasariana che riassegnò gli spazi e glialtari delle navate laterali, e che verosimilmente comportòl’eliminazione della cappella del Volto Santo che nulla ave-va a che vedere con la nuova organizzazione degli spazi econ il programma iconografico post-tridentino.

La novella del Sacchetti induce anche ad un’altra rifles-sione. Nel Trecento altari, cappelle o intere chiese dedicateal Volto Santo hanno sempre una chiara matrice lucchese,come nei casi di Napoli, Venezia, Roma o Parigi. A Firenzela comunità lucchese aveva una sua cappella nella chiesa diSan Marco, a cui vanno ricondotti alcuni dipinti raffiguran-ti il Volto Santo tra la fine del Quattrocento e l’inizio delCinquecento 62. Dal momento che non sono emersi rappor-ti tra la famiglia Cigliamochi e la cittadina toscana, i motividi tale specifica scelta andranno forse ricondotti alle vicen-de politiche degli anni sessanta e settanta del Trecento. Ilculto del Volto Santo subì un notevole incremento e rivalo-rizzazione con la discesa in Italia dell’Imperatore Carlo IVche soggiornò diversi mesi a Lucca tra il 1368 e il 1369, li-

locamento del monumento Fossombroni 53. L’affresco è unlavoro tardo e non eccelso di Mariotto di Nardo, realizza-to verso la fine della sua carriera intorno al 1420 (fig. 15) 54,il che non combacia con gli indizi riferibili all’allestimentoe alla decorazione della cappella Machiavelli, mentre pareallora plausibile la tesi del Moisè per cui l’intero taberna-colo, con al suo interno la Madonna col Bambino, sarebbestato spostato qui solo al momento del riassetto vasariano.

La cappella del Volto Santo

Nel sepoltuario del 1439 è citata un’altra cappella di cuioggi non rimane traccia, quella di patronato Cigliamochidedicata al Volto Santo.

«La cappella [che] è più giù lungho el muro e intitolatanel Volto Santo, è di Francesco di Lorenzo Cigliamochi» 55.

L’estensore procede dalla cappella Bardi alla destra del-la maggiore verso la testata del transetto meridionale; do-po le cappelle Baroncelli (dell’Annunziata) e Castellani, de-scrive le due sulla fronte del tramezzo, quella della famigliadella Foresta dedicata a San Sebastiano e la seconda dei Ba-roncelli, dedicata a San Martino. Quindi cita la cappella Ci-gliamochi, che è l’unica della navata destra al di qua del tra-mezzo (nella chiesa dei laici), en pendant con quella dedi-cata al Beato Gherardo nella navata sinistra.

Nel paragrafo del sepoltuario relativo alle tombe dellanavata destra compare quella di «Dino Cigliamochi, apiédella cappella del Volto Santo» 56. Dino di Geri (Ruggeri)era nato prima del 1315 57, abitava nel quartiere di SantaCroce e fu eletto numerose volte nelle diverse cariche pub-bliche fiorentine tra il 1352 e il 1377, anche se risulta chefosse frequentemente fuori città per la sua attività mercan-tile. Il figlio, Bernardo di Dino, viene menzionato una solavolta nel 1395, anno in cui risultava già morto, mentre mol-to più presente nella vita pubblica della città fu il nipoteLorenzo di Bernardo, nato nel 1377 e morto nel 1417, re-sidente nel quartiere di Santo Spirito e poi in Santa MariaNovella, padre a sua volta di Francesco indicato come pro-prietario della cappella nel 1439. Quest’ultimo nella porta-ta del Catasto del 1427 dichiarava di avere diciannove an-ni e di essere residente nel quartiere di Santa Maria Novel-la; assunse il primo incarico pubblico nel 1438, quando fueletto Priore della Repubblica, e in seguito fu più volte Buo-nuomo e Gonfaloniere di Compagnia, fino ad ricoprire ilruolo di Gonfaloniere di Giustizia nel 1460.

Se la presenza della tomba di Dino di Geri ai piedi del-la cappella del Volto Santo di per sé sarebbe sufficiente adesignarlo come probabile fondatore, la conferma viene dauna novella di Franco Sacchetti in cui si narra del celebrepredicatore francescano Niccolò di Sicilia, che in Santa Cro-ce si scagliava contro l’immagine del Volto Santo che ave-va di fronte, rea di non rispecchiare i veri tratti di Cristo.La novella è ambientata al tempo della «guerra co’ pastoridella Chiesa», ovvero la guerra degli Otto Santi (1375-1378),

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COMMENTARI D’ARTE

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SAGGI DI STORIA DELL’ARTE

13 Lorenzo di Niccolò di Martino si immatricolò all’Arte dei Medici e Spe-ziali nel 1392 ed è documentato come pittore, in compagnia con Niccolòdi Pietro Gerini già dall’anno precedente; probabilmente morì non mol-to dopo il 1412, data della ultima opera attribuitagli concordemente, e cer-to prima del 1422 (cfr. Dominic E. COLNAGHI, A dictionary of florentinepainters. From the 13th to the 17th centuries, London 1928, pp. 162-163).Sul pittore si vedano in particolare, gli articoli di Bruce COLE, A new workby the young Lorenzo di Niccolò, “The art quarterly”, XXXIII, 1970, 2,pp. 114-119, e di Everett FAHY, On Lorenzo di Niccolò, “Apollo”, CVIII,1978, 202, pp. 374-381, la tesi monografica di Adelheid Maria MEDICUS

GEALT, Lorenzo di Niccolò, tesi di Ph.D. dell’Indiana University, 1979, epiù recentemente la voce nel D.B.I. (S. PIERGUIDI 2006, pp. 87-89), maanche gli agili resoconti di Angelo TARTUFERI, Spinello Aretino in San Mi-chele Visdomini a Firenze (e alcune osservazioni su Lorenzo di Niccolò), in“Paragone”, XXXIV, 1983, 395, p. 16 nota 28, e di Isabella TRONCONI, inDipinti, II: Il Tardo Trecento (Cataloghi Galleria dell’Accademia), a curadi M. Boskovits e D. Parenti, Firenze 2010, p. 74.14 L’opera è firmata LAURENTIUS NICHOLAI DE FIORENTIA PIN-SIT e datata 1401. Fu fatta eseguire da Niccolò di Bindo Casucci, fonda-tore nel 1399 della cappella di San Bartolomeo nella Collegiata di San Gi-mignano (cfr. COLNAGHI 1928, p. 163 e MEDICUS GEALT 1979, p. 126).15 Recita l’iscrizione: QUESTA TAVOLA [H]A FATTA FARE DOME-NICO DELL’AVEDUTO PER RIMEDIO DELL’ANIMA SUA E DEISUOI DISCENDENTI ANNI DOMINI MCCCCII DELMESE DI GIU-GNO AL TEMPO DI SER PIERO. LORENZO PINSIT.16 Cfr. Miklós BOSKOVITS, Fruhe Italienische Malerei. Katalogue der Ge-mäldegalerie, Berlin 1988, pp. 109-112, e Enrica NERI LUSANNA, Maso diBanco e la cappella di San Silvestro, in Maso di Banco e la cappella di SanSilvestro, a cura di C. Acidini Luchinat e E. Neri Lusanna, Milano 1998,pp. 37-38. L’accostamento con la Madonna col Bambino di Maso di Ban-co è di David WILKINS, Maso di Banco e Cenni di Francesco: a case of lateTrecento revival, in “The Burlington Magazine”, CXI, 1969, 791, p. 853.17 Come già notato da MEDICUS GEALT 1979, p. 120.18 L’iscrizione LAURENTIUS NICHOLAI ME PINSIT corre sulla peda-na dell’edicola della Vergine nell’Adorazione dei Magi al centro della pre-della. Fu Gaetano MILANESI (Nuovi documenti per la storia dell’arte tosca-na dal XII al XV secolo, Firenze 1901, p. 70) a riportare la notizia del con-tratto di allogagione del 25 gennaio 1402. Il polittico venne sostituito po-chi decenni dopo per volontà di Cosimo e Lorenzo de’ Medici con la Ma-donna col Bambino in trono e santi del Beato Angelico, e trasferito in SanDomenico a Cortona, come testimonia l’iscrizione aggiunta nell’occasio-ne. Sull’opera cfr. soprattutto Il polittico di Lorenzo di Niccolò della Chie-sa di San Domenico in Cortona dopo il restauro, a cura di A.M. Maetzke,

Questo lavoro deve molto alla guida di Andrea De Marchi. I miei ringra-ziamenti vanno anche a Sonia Chiodo, Claudia Timossi, Guido Tigler, mons.Timothy Verdon, Antonello Mennucci, Giacomo Guazzini.Elenco delle abbreviazioni nelle note: AOPD: Archivio dell’Opificio delle Pie-tre Dure; AOSC: Archivio dell’Opera di Santa Croce; ASF: Archivio di Sta-to di Firenze; D.B.I: Dizionario Biografico degli Italiani; Ms: Manoscritto.1 Il frammento è largo circa 3,84 metri e alto 4,96 metri. Tra il 1979 e il1983 l’Opificio delle Pietre Dure eseguì la pulitura e il consolidamento delfilm pittorico «compromesso dalla scopritura meccanica»; la malta fu as-sicurata al muro di fondo e le lacune, sia della parte pittorica, sia della si-nopia che emerge nella parte inferiore, furono integrate con selezione cro-matica. Siccome l’affresco continua dietro l’organo si decise di non stac-carlo, onde evitare di tagliarlo (cfr. AOPD, scheda di restauro GR 8206).2 Andrea DE MARCHI, Relitti di un naufragio: affreschi di Giotto, TaddeoGaddi e Maso di Banco nelle navate di Santa Croce, in Santa Croce. Oltrele apparenze (Quaderni di Santa Croce, IV), a cura di A. De Marchi e G.Pirazzoli, Pistoia 2011, pp. 32-71.3 Cfr. Walter BOMBE 1912, Neue entdeckungen in Santa Croce, “Der Cice-rone”, IV, 1912, p. 130.4 Bernard BERENSON, Italian Pictures of the Renaissance. A list of the prin-cipal artists and their works with an index of places, Oxford 1932, p. 213.5 Roberto SALVINI, L’arte di Agnolo Gaddi, Firenze 1936, pp. 25-26, 183.6 Walter e Elizabeth PAATZ, Die kirchen von Florenz, I, Frankfurt am Mai-ne 1940, p. 580. Nella scheda della Soprintendenza fiorentina la lunetta èavvicinata alla cerchia di Jacopo di Cione (cfr. http://www.polomuseale.fi-renze.it/catalogo, scheda n. 00282921, ultimo aggiornamento A. Rensi 2006).7 Richard OFFNER, A critical and historical corpus of Florentine painting,III/VII: The Biadaiolo Illuminator; Master of Domenican Effigies, Firenze1957, p. 49 nota 2.8 Idem, A critical and historical corpus of Florentine painting. Supplement:a legacy of attributions, a cura di H.B.J. Maginnis, Firenze 1981, p. 44.9 Bruce Cole, Agnolo Gaddi, Oxford 1977, p. 72.10 Com. or.11 Opinione riportata in Barbara DEIMLING e Simona PASQUINUCCI, A cri-tical and historical corpus of Florentine painting, IV/VIII: Tradition and in-novation in Florentine Trecento painting: Giovanni Bonsi - Tommaso delMazza, a cura di M. Boskovits, Firenze 2000, p. 367.Una visione ravvicinata dell’affresco in occasione dei ponteggi per il re-stauro dell’organo Zeffirini ha permesso una valutazione qualitativa chedal basso risultava difficile: ringrazio il geometra Marco Pancani per la pa-ziente disponibilità.12 Miklós BOSKOVITS, Pittura fiorentina alla vigilia del Rinascimento. 1370-1400, Firenze 1975, p. 106.

berandola dalla pluridecennale dominazione dei pisani edeleggendola a modello di città imperiale. La particolare pre-dilezione di Carlo per il Volto Santo derivava dalla conno-tazione del simulacro come simbolo del potere imperiale sul-la terra derivatogli direttamente da Dio. In questo senso valetto il gesto altamente simbolico dell’incoronazione della sta-tua lignea nel Duomo di San Martino da parte dell’impera-tore con la sua stessa corona. Con questo più compiuto si-gnificato politico, che comportò un rinnovamento anche ico-nografico nell’attributo della corona, l’effige sacra conobbeuna diffusione anche oltre i confini del territorio di Lucca 63.

Mi domando se la dedicazione di un altare del Volto San-to a Firenze durante il tempo della guerra degli Otto San-ti contro i legati pontifici – momento in cui Sacchetti am-bienta la novella, che potrebbe rappresentare una registra-zione (polemica) a caldo dell’erezione della cappella – nonsia stata conseguenza del particolare clima antipapale chela città viveva in quegli anni. La connessione cultuale tra ilVolto Santo e la Santa Croce, espressamente specificata giàdal Duecento nel più antico statuto lucchese giunto fino anoi, avrà favorito la scelta della basilica francescana comesede per la cappella 64.

NOTE

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COMMENTARI D’ARTE

Cortona 1986. Sempre al 1402 risale la commissione per il dossale opisto-grafo della Pinacoteca dei Musei Civici di San Gimignano con San Grego-rio, Santa Fina e storie della sua vita, opera tra le migliori di Lorenzo, so-prattutto nella figura della protagonista che reca in grembo il modello del-la città.19 Sulla pala di Santa Felicita cfr. BOSKOVITS - PARENTI, in Dipinti, II cit.,pp. 163-168, e Stefan WEPPELMANN, Spinello Aretino. Und die toskanischeMalerei des 14. Jahrhunderts, Firenze 2003, pp. 276-279, di cui non faccioin tempo a vedere l’aggiornamento del 2011 in uscita.20 La tavola è esposta come opera di Agnolo Gaddi. Con l’attribuzione aLorenzo di Niccolò si trova schedata presso la fototeca Zeri di Bologna(www.fototecazeri.unibo.it) e presso la fototeca della biblioteca di Storiadell’Arte dell’Università di Firenze, curata da Miklós Boskovits.21 Lo sappiamo grazie ad un prezioso inventario – inedito a mia conoscen-za – della sacrestia della metà dell’Ottocento conservato nell’Archivio del-l’Opera di Santa Croce, dove sono indicate le provenienze di alcune ope-re giunte nel complesso francescano dopo gli stravolgimenti delle sop-pressioni napoleoniche: AOSC, Delle pitture e sculture esistenti nella Sa-grestia e Cappella del Noviziato in S. Croce di Firenze, s.d. ma: 1846-1855.22 TARTUFERI 1983. Lo studioso aggiungeva sulla scorta di Werner COHN(Notizie storiche intorno ad alcune tavole fiorentine del ’300 e ’400, “Rivi-sta d’Arte”, S. III, XXXI, 1956, 6, p. 43) che nel testamento del 1402 diBonifacio d’Ormanno Cortigiani, patrono della cappella, non si trova men-zione di un lascito per la decorazione e l’arredo della stessa, segno evi-dente che era già stata dotata di tutto il necessario. Di recente Anneke DE

VRIES (Mariotto di Nardo and Guido di Tommaso del Palagio: the chapel ofSt. Jeromeat San Michele Visdomini in Florence and the triptych in Pesaro,“Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz”, L, 2006, I, pp.14 e 21 nota 45) ha portato alla luce un primo testamento di Bonifacio del1398 in cui si descrivono esattamente i lavori che si sarebbero dovuti ese-guire per la cappella, il che porta a stabilire che il trittico di Lorenzo diNiccolò e gli affreschi di Spinello Aretino furono realizzati tra il 1398 e il1402 (data del secondo testamento), e con tutta probabilità anche primadel trittico di San Gimignano datato 1401. Sugli affreschi di Spinello cfr.anche WEPPELMANN 2003, pp. 281-284. Sul trittico Cortigiani cfr. Ange-lo TARTUFERI in Capolavori sconosciuti a Palazzo Pitti. Restauri di dipintidal XIV al XVIII secolo, catalogo della mostra di Firenze a cura di M. Chia-rini e A. Tartuferi, Milano 1995, pp. 18-19, e più di recente l’esaurientescheda di Isabella TRONCONI in Dipinti, II cit., pp. 74-80.23 I rapporti tra Lorenzo di Niccolò e il pittore aretino dovettero duratu-ri se ancora nel 1407 Spinello nominò il collega procuratore dei suoi be-ni a Firenze (cfr. WEPPELMANN 2003, p. 374, doc. 52). Non è da esclude-re che la commissione a Lorenzo fosse dovuta alla frequentazione con Spi-nello, che aveva lavorato in sacrestia, nonché con il Gerini, che, oltre adaver affiancato il pittore aretino in sacrestia si apprestava a realizzare conGiovanni di Tano Fei un grande ciclo con Storie di Cristo sulla parete del-la navata settentrionale (su questo argomento cfr. Giovanni GIURA, SantaCroce ecclesia laicorum: 1383-1400, “Ricerche di Storia dell’Arte”, in c.d.s.).24 Cfr. DE MARCHI 2011.25 ASF, Ms. 619, c. 1r.26 La denominazione viene dalla posizione nei pressi delle tombe Machia-velli e di Bartolomeo Guardi.27 Le ricerche di Marcia HALL (The Tramezzo in Santa Croce, Florence, re-constructed, “The art bulletin”, LVI, 1974, 3, pp. 325-342) e le sue ipotesiper la ricostruzione del tramezzo di Santa Croce, pionieristiche e illumi-nanti, sono state recentemente riviste sulla base di nuovi rilievi e ragiona-menti da Luca GIORGI e Pietro MATRACCHI, La chiesa di Santa Croce e i pre-cedenti insediamenti francescani. Architettura e resti archeologici, in SantaCroce. Oltre cit., pp. 12-31, e da Andrea DE MARCHI, nello stesso volume.28 Quest’uso dei termini sopra e sotto è frequente anche in Vasari (cfr. Gior-gio VASARI, Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori et scultori italiani daCimabue insino a’ tempi nostri, Firenze 1568, ed. a cura di G. Milanesi,Firenze 1906, I, p. 573 nota 5).29 Dai recenti rilievi nel sottochiesa (MATRACCHI - GIORGI 2011, DE MAR-CHI 2011) è emerso che il muro posteriore della cappella Asini, così comequelli delle altre cappelle sulla fronte del tramezzo, non era all’altezza del-

la quinta coppia di pilastri ma leggermente più a occidente. In corrispon-denza dell’intercolumnio, sotto la navata sinistra è stata trovata una fossamortuaria più tarda, probabilmente da mettere in relazione proprio conle sepolture della cappella Machiavelli (DE MARCHI 2011, pp. 36-37).30 ASF, Ms. 619, c. 15r.31 Alessandro CONTI (Frammenti pittorici in Santa Croce, “Paragone”, XIX,1968, 225, p. 12), pubblicando i resti della Crocifissione giottesca ritrova-ta dietro la Pentecoste di Vasari nella settima campata, ipotizzava che al-cuni frammenti nel vano dello stesso altare potessero essere i resti dellestorie dei Santi Giacomo e Filippo di Spinello Aretino citate da Vasari (perle quali cfr. più avanti), e che dunque la cappella Machiavelli si trovassenella settima campata, a est della porta.32 Sulla cappella Cavalcanti cfr. Diane FINIELLO ZERVAS e Brenda PREYER,Donatello’s ‘Nunziata del Sasso’: the Cavalcanti chapel at S. Croce and itspatrons, “The Burlington magazine”, CL, 2008, 1260, pp. 152-165.33 In Santa Croce, a differenza che in Santa Maria Novella (cfr. MarciaHALL, The ponte in S. Maria Novella: the problem of the rood screen in Ita-ly, “Journal of the Warburg and Courtauld Institutes”, XXXVII, 1974,pp. 157-173), non sono documentati cappelle o altari sul ballatoio del tra-mezzo, che del resto non era continuo.34 Per l’analisi comparativa delle sei versioni cfr. Marcia HALL, Renovationand Counter-Reformation. Vasari and Duke Cosimo in S.ta Maria Novellaand S.ta Croce, 1565-1577, Oxford 1979, pp. 157-158.35 AFS, Corporazioni religiose soppresse dal governo francese, 92/363, c.1r. I dati seguenti, quando non diversamente indicato, sono dedotti dal-l’Archivio delle Tratte, e dal Catasto del 1427, fondi dell’Archivio di Sta-to di Firenze digitalizzati dalla Brown University di Providence (R.I.), ereperibili online agli indirizzi www.stg.brown.edu/projects/tratte/main.phpe www.stg.brown.edu/projects/catasto/main.php.36 Su Guido Machiavelli cfr. R. ZACCARIA, s.v., in D.B.I., vol. 67, pp. 75-77.Dei suoi tre figli maschi, Andrea, Paolo e Amadio non ho trovato notizie.37 Su Filippo Machiavelli cfr. Idem, s.v. Machiavelli, Lorenzo, in D.B.I.,vol. 67, pp. 77-79.38 Guido di Bonagiunta, nato nel 1382, fu attivo in politica dal 1419 finoalla morte avvenuta poco prima del 1450, mentre il fratello Totto, nato nel1389, era certamente ancora in vita nel 1429. Il cugino Giovanni di Lo-renzo, nato nel 1375, priore nel 1442, morì poco prima del 1452; suo fra-tello Agnolo invece era morto prima del 1438, motivo per cui alla data1439 (almeno nella copia) sono citati i figli, uno dei quali, Girolamo, ri-sulta sepolto in Santa Croce ancora nel 1460 (cfr. Idem, s.v. Machiavelli,Girolamo, in D.B.I. vol. 67, p. 74). Fu sepolto nella cappella di famigliaanche Bernardo Machiavelli, nipote di Guido e Totto di Buoninsegna, epadre del celebre Niccolò.Altri tre figli Lorenzo di Filippo – Antonio, Filippo e Francesco – sembra-no esclusi dal patronato della cappella. Nel 1438 uno dei figli di Filippo(già deceduto), Alessandro, riceveva in dono il patronato della cappella diSan Gregorio in Santa Felicita direttamente dalla badessa Margherita diSchiatta Macci. Qui nel 1462 fece apporre una lapide per commemorare illuogo di sepoltura del padre, e nel 1469 vi si fece a sua volta seppellire (cfr.Idem, s.v. Machiavelli, Alessandro, in D.B.I., vol. 67, pp. 61-62).39 Per una puntuale disamina della questione cfr. HALL 1979, pp. 140-142.40 VASARI 1568 (1906, I, p. 691).41 L’opera, conservata per breve tempo presso il Museo Diocesano di San-to Stefano al Ponte a Firenze, è attualmente in attesa di restauro pressol’Università Internazionale per l’Arte della stessa città. Su di essa cfr. WEP-PELMANN 2003, pp. 216-217 con bibliografia precedente. Fu Georg GRO-NAU a ipotizzare che potesse trattarsi della tavola citata da Vasari (cfr. PA-ATZ 1940, pp. 605-606 e 695 nota 625), seguito da Miklós BOSKOVITS (1975,p. 436) e Frank DABELL (in The dictionary of art, a cura di J. Turner, Lon-don - New York 1996, s.v. Spinello Aretino, p. 405).42 L’iscrizione recita: MCCCLXXXXIII A DI VII DI SETTEMBRE FI-LIPO DI BONIZO FECE FARE QUESTA TAVOLA PER REMEDIODELL’ANIMA SUA E SUORO.43 Tra queste proprio la pala di Quinto, che GOMBOSI attribuiva a Loren-zo (1926, p. 132), mentre BERENSON vi vedeva una collaborazione tra i due(1932, p. 548), seguito da DABELL (1996, p. 405).

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SAGGI DI STORIA DELL’ARTE

44 Sul polittico dell’altar maggiore di Santa Croce i principali contributi sidevono a Luisa MARCUCCI, Dipinti toscani del secolo XIV (Gallerie Na-zionali di Firenze), Roma 1965, pp. 112-113, e Angelo TARTUFERI, Rifles-sioni in margine ad alcuni restauri di fine millennio su dipinti trecenteschinella chiesa di Santa Croce a Firenze, “Arte cristiana”, LXXXIX, 2001, 803,pp. 110-112.45 AOSC, Inventario Sacrestia s.d. ma: 1846-1855: «Incognito fiorentinocolla data del MCCCLXXIII. I Quattro Dottori della Chiesa. Opera pre-gevolissima (nota: esisteva nel convento degli Angeli di Firenze) […] Ano-nimo del secolo XV. Una bellissima figura di S. Giacomo seduto con alcu-ne teste di angeli nella parte superiore e nella inferiore il Trionfo della Mor-te di piccole figure (Idem nel convento dello Spirito Santo sulla Costa)».46 Cfr. COHN 1956, e Diane FINIELLO ZERVAS, Orsanmichele dalle originial Settecento, in Orsanmichele a Firenze (Mirabilia Italiae), a cura di D. Fi-niello Zervas, Modena, pp. 148-152.47 Pur non sapendo quali fossero le storie dei Santi Giacomo e Filippo rap-presentate in Santa Croce, un indizio interessante può essere dato dall’af-fresco di Spinello in San Domenico ad Arezzo, dei primi anni del Quat-trocento, dove gli stessi santi a figura intera sono affiancati da due storieciascuno, un miracolo taumaturgico sopra e la scena del martirio sotto. Èpossibile che Spinello, sempre dando credito alla notizia vasariana, aves-se replicato per le singole scene composizioni già utilizzate nei perduti af-freschi di Santa Croce.48 Filippo MOISÈ, Santa Croce di Firenze. Illustrazione storico-artistica, Fi-renze 1845, p. 186.49 Cfr. Ettore SPALLETTI, La scultura dell’Ottocento a Santa Croce, in San-ta Croce nell’Ottocento, catalogo della mostra di Firenze a cura di A. Cal-vani e M.G. Ciardi Dupré dal Poggetto, Firenze 1986, p. 102.50 Cfr. Alessandra GHETTI, in I Musei di Santa Croce e di Santo Spirito aFirenze, a cura di L. Becherucci, Milano 1983, p. 171, e Federica BALDI-NI, in L’Oratorio di Santa Caterina all’Antella e i suoi pittori, catalogo del-la mostra dell’Antella (Bagno a Ripoli) a cura di A. Tartuferi, Firenze 2009,pp. 178-180.51 Mostra di affreschi staccati, catalogo della mostra di Firenze a cura di U.Baldini e L. Berti, Firenze 1957, pp. 52-53. Gli autori ipotizzavano che po-tesse trattarsi di un tabernacolo stradale, secondo la tipologia di opere qua-li il Tabernacolo di Lippi e Macia (attualmente nella chiesa di Santa MariaMater Dei a Novoli) sempre di Pietro Nelli o del cosiddetto Tabernacolodel Madonnone (ora in San Michele a San Salvi) di Bicci di Lorenzo.52 AOSC, Inventario 1912, p. 5.53 Non ho potuto vedere l’affresco di persona: l’informazione mi è statariferita da Claudia Timossi, che ringrazio.54 BERENSON 1932, p. 331; Boskovits 1975, p. 391, con indicazione cro-nologica al 1415 e il 1420; Federico Zeri la attribuiva alla cerchia dellostesso pittore, in un appunto manoscritto sul retro della fotografia, conuna cronologia simile (cfr. www.fototecazeri.unibo.it).55 ASF, Ms 619, c. 1v.56 Ivi, c. 17v.57 Lo si deduce dal fatto che fu eletto Gonfaloniere di Giustizia nel 1355,

carica per la quale era necessario aver compiuto quarant’anni. Per le in-formazioni successive si rimanda a www.stg.brown.edu/projects/cata-sto/main.php e www.stg.brown.edu/projects/tratte/main.php; cfr. ancheASF, Raccolta Sebregondi, nn. 1648-1649.58 Franco SACCHETTI, Trecentonovelle, LXXIV, 1394-1400 (ed. cons. a cu-ra di D. Puccini, Torino 2008, pp. 220-222). Dino compare anche in unaseconda novella (la LXXXVII, pp. 257-264) in cui, al tempo del suo Gon-falonierato di Giustizia (1355), è fatto bersaglio degli scherzi del medicoDino da Olena. Del Cigliamochi Sacchetti racconta che fosse un perso-naggio bizzarro, la cui parlata era infarcita di parole straniere per esserestato «uso molto ne’ paesi di Fiandra e d’Inghilterra». Irascibile e perma-loso viene paragonato in un momento di ira al Volto Santo, certo per as-sociazione a posteriori alla sua commissione per Santa Croce.59 Due monconi di muratura della terza campata dovevano essere già sta-ti costruiti con la prima fase dei lavori, ma non furono coperti, come te-stimoniano le cesure orizzontali nella muratura esterna (cfr. DE MARCHI

2011, pp. 70-71, nota 46).60 La tomba di Francesco di Lorenzo Cigliamochi, morto nel 1469, si tro-va tutt’oggi nella quarta campata meridionale, nei pressi del terzo pilastro(cfr. Doralynn SCHLOSSMAN PINES, The tomb slabs of Santa Croce: a new ‘se-poltuario’, tesi di Ph.D della Columbia University, 1985, pp. 128-132. L’au-trice sbaglia però nel considerare la cappella del Volto Santo sulla frontedel tramezzo). Il pavimento di Santa Croce ha subito molteplici interventidi ripristino, ma le sepolture sono state spesso ricollocate nei pressi del luo-go in cui si trovavano originariamente, in modo da tutelarne il valore sa-crale e sociale (si veda ad esempio il caso delle trecentesche tombe Tedal-di nei pressi del quarto pilastro settentrionale, sulla cui area la famiglia de-teneva il patronato). Forse la cappella fu spostata di poco, ovvero nell’areaorientale della terza campata, o addirittura al’altezza del terzo pilastro; inquesto modo si spiegherebbe la posizione della tomba di Francesco Ciglia-mochi, che manterrebbe un rapporto di stretta vicinanza con quella del suoavo Dino di Geri che era lungo il muro d’ambito della chiesa.61 Cfr. Giovanni GIURA, Il Crocifisso di Donatello e la cappella del BeatoGherardo da Villamagna in Santa Croce: indagini per una ricostruzione, inSanta Croce. Oltre cit., pp. 72-111.62 Cfr. Anna PADOA RIZZO, L’altare della Compagnia dei Tessitori in SanMarco a Firenze: dalla cerchia di Cosimo Rosselli al Cigoli, “Antichità Vi-va”, XXVIII, 1989, 4, pp. 17-24.63 Per una discussione ampia ed articolata sul tema Volto Santo – CarloIV rimando a Max SEIDEL e Romano SILVA, Potere delle immagini, imma-gini del potere. Lucca città imperiale: iconografia politica, Venezia 2007.64 A Lucca la processione del Volto Santo si svolgeva la sera del 13 set-tembre, nelle ore che precedevano la festa dell’Esaltazione della Croce.Nel parlato il Volto Santo era chiamato spesso «la Santa Croce di Lucca»,mentre la confraternita laicale che si occupava del mantenimento e del-l’incremento del suo culto era chiamata «Opera et fraternitas Sancte Cru-cis». Lo stesso imperatore Carlo IV si rivolgeva al Volto Santo chiaman-dolo «La Santa Croce», a cui per altro dedicò la cappella del suo palazzodi Karlstein (cfr. ancora SEIDEL - SILVA 2007).

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