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Rivista di Scienze Preistoriche - LVII - 2007, 167-184 LAURA MANISCALCO* Considerazioni sull’età del rame nella media valle del Platani (Sicilia) SUMMARY - REFLECTIONS ON THE COPPER AGE IN THE MIDDLE REGION OF THE PLATANI RIVER VALLEY (SICILY) - This article focuses on ceramic production at several sites in the territory around Milena (CL) in the middle region of the Plat- ani river valley. The sites include habitation settlements (Rocca Aquilia, Serra del Palco) and caves (Fontanazza). The range of ceramic typologies under discussion for the Early Copper Age, or early Eneolithic Period, include the incised San Cono-Piano Notaro ceramic style, ceramics painted with bands of ochre, and ceramics with other painted decoration, and they are presented in their contexts with regard to other data, including funerary uses and a possible cult function in caves. Parole chiave: Eneolitico, Sicilia, ceramica, insediamenti, sepolture. Key words: Copper Age, Sicily, pottery, settlements, burials. 1. DISTRIBUZIONE DEI SITI Nella Sicilia centrale la media valle del Pla- tani costituisce un insieme peculiare dal punto di vista geograco, geologico e archeologico. L’alto dettaglio di conoscenza del territorio acquisito grazie alle esplorazioni e agli scavi compiuti dal- l’Università di Catania ha permesso di disporre di una vasta gamma di dati che vanno dal Neolitico all’età medievale (La Rosa 1980-81). Le ben note tombe a tholos di Monte Campanella (Id. 1979) ed il villaggio neolitico di Serra del Palco (Id. 1987) testimoniano l’importanza rivestita da quest’area per lo studio delle fasi relative al Bronzo Medio e all’età neolitica. Particolarmente signicativi sia per le problematiche insediative che per la ricchez- za e qualità dei materiali rinvenuti sono anche i siti attribuibili all’età del rame (Maniscalco 1994; La Rosa 1994). I numerosi insediamenti eneolitici sono di- stribuiti in un’area che copre un’estensione di 204 kmq (g. 1), in gran parte compresa all’interno del territorio comunale di Milena, caratterizzata da alcune modeste alture prevalentemente di for- mazione gessosa. Le alture sono separate da una serie di valloni e piccoli umi a carattere torrenti- zio conuenti nel Gallo d’Oro e quindi nel Platani, che doveva costituire in antico la più importante via di comunicazione con la costa (Caputo 1957; De Miro 1962). A partire dagli anni ’70 l’Università di Cata- nia ha effettuato alcune brevi indagini di scavo presso l’insediamento all’aperto di Rocca Aquila, un’altura di 390 m a S del paese di Milena, e nelle grotte I e IV di Fontanazza che si aprono ai an- chi del Montegrande, mettendo in luce sequenze stratigrache complete dal tardo Neolitico alla ne dell’età del rame. Indagini più esaustive sono state intraprese presso il villaggio neolitico di Serra del Palco dove, al di sopra dei livelli neolitici, sono stati identicati alcuni strati databili alla prima e alla tarda età del rame. La maggior parte dei siti identicati databili all’Eneolitico è stata però interessata solo da ricognizioni sul terreno che, comunque, hanno permesso di identicare una quindicina di insediamenti. Quasi tutte le stazioni si trovano nelle im- mediate vicinanze di una sorgente e sorgono su alture di modesta entità. Alcune costeggiano il corso del fiume Platani e dei suoi affluenti Gallo d’Oro e Salito, altre, più all’interno, sono collegate a questo sistema uviale da torrenti e valloni. Solo la scelta della Rocca Ferro sembra rispondere a criteri strategici: l’altura domina, infatti, il Passo Funnuto, punto in cui il Platani si restringe dopo avere descritto un’ansa. Per gli altri insediamenti non si scorgono altri interes- * Soprintendenza BB.CC.AA. di Catania - Servizio Archeologico, Via L. Sturzo 62 , Catania 95131; tel 095/7472262; e-mail: [email protected].

Considerazioni sull'età del rame nella media valle del Platani, RSP, 2007

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Rivista di Scienze Preistoriche - LVII - 2007, 167-184

LAURA MANISCALCO*

Considerazioni sull’età del ramenella media valle del Platani (Sicilia)

SUMMARY - REFLECTIONS ON THE COPPER AGE IN THE MIDDLE REGION OF THE PLATANI RIVER VALLEY (SICILY) - This article focuses on ceramic production at several sites in the territory around Milena (CL) in the middle region of the Plat-ani river valley. The sites include habitation settlements (Rocca Aquilia, Serra del Palco) and caves (Fontanazza). The range of ceramic typologies under discussion for the Early Copper Age, or early Eneolithic Period, include the incised San Cono-Piano Notaro ceramic style, ceramics painted with bands of ochre, and ceramics with other painted decoration, and they are presented in their contexts with regard to other data, including funerary uses and a possible cult function in caves.

Parole chiave: Eneolitico, Sicilia, ceramica, insediamenti, sepolture.Key words: Copper Age, Sicily, pottery, settlements, burials.

1. DISTRIBUZIONE DEI SITI

Nella Sicilia centrale la media valle del Pla-tani costituisce un insieme peculiare dal punto di vista geografi co, geologico e archeologico. L’alto dettaglio di conoscenza del territorio acquisito grazie alle esplorazioni e agli scavi compiuti dal-l’Università di Catania ha permesso di disporre di una vasta gamma di dati che vanno dal Neolitico all’età medievale (La Rosa 1980-81). Le ben note tombe a tholos di Monte Campanella (Id. 1979) ed il villaggio neolitico di Serra del Palco (Id. 1987) testimoniano l’importanza rivestita da quest’area per lo studio delle fasi relative al Bronzo Medio e all’età neolitica. Particolarmente signifi cativi sia per le problematiche insediative che per la ricchez-za e qualità dei materiali rinvenuti sono anche i siti attribuibili all’età del rame (Maniscalco 1994; La Rosa 1994).

I numerosi insediamenti eneolitici sono di-stribuiti in un’area che copre un’estensione di 204 kmq (fi g. 1), in gran parte compresa all’interno del territorio comunale di Milena, caratterizzata da alcune modeste alture prevalentemente di for-mazione gessosa. Le alture sono separate da una

serie di valloni e piccoli fi umi a carattere torrenti-zio confl uenti nel Gallo d’Oro e quindi nel Platani, che doveva costituire in antico la più importante via di comunicazione con la costa (Caputo 1957; De Miro 1962).

A partire dagli anni ’70 l’Università di Cata-nia ha effettuato alcune brevi indagini di scavo presso l’insediamento all’aperto di Rocca Aquila, un’altura di 390 m a S del paese di Milena, e nelle grotte I e IV di Fontanazza che si aprono ai fi an-chi del Montegrande, mettendo in luce sequenze stratigrafi che complete dal tardo Neolitico alla fi ne dell’età del rame. Indagini più esaustive sono state intraprese presso il villaggio neolitico di Serra del Palco dove, al di sopra dei livelli neolitici, sono stati identifi cati alcuni strati databili alla prima e alla tarda età del rame. La maggior parte dei siti identifi cati databili all’Eneolitico è stata però interessata solo da ricognizioni sul terreno che, comunque, hanno permesso di identifi care una quindicina di insediamenti.

Quasi tutte le stazioni si trovano nelle im-mediate vicinanze di una sorgente e sorgono su alture di modesta entità. Alcune costeggiano il corso del fiume Platani e dei suoi affluenti Gallo d’Oro e Salito, altre, più all’interno, sono collegate a questo sistema fl uviale da torrenti e valloni. Solo la scelta della Rocca Ferro sembra rispondere a criteri strategici: l’altura domina, infatti, il Passo Funnuto, punto in cui il Platani si restringe dopo avere descritto un’ansa. Per gli altri insediamenti non si scorgono altri interes-

* Soprintendenza BB.CC.AA. di Catania - Servizio Archeologico, Via L. Sturzo 62 , Catania 95131; tel 095/7472262; e-mail: [email protected].

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Fig. 1 - Schizzo topografi co del territorio fra il Platani e il Gallo d’Oro (da Panzica Manna 1994).

Topographic map of the territory between the Platani and the Gallo d’Oro rivers (from Panzica Manna 1994).

si se non una generica necessità di sfruttamento agricolo.

La zona è oggi coltivata prevalentemente a grano, ma nell’antichità la probabile esistenza di una vegetazione più fi tta poteva permettere una maggiore attività di caccia e di sfruttamento delle risorse boschive. Per l’Eneolitico una ripresa del-le attività di caccia è stata ipotizzata in base allo studio dell’industria litica (Nicoletti 1997, p. 121), anche se l’analisi delle faune sembra dimostrare che questa attività non è stata in nessun momento la principale risorsa economica delle popolazioni del territorio di Milena (Wilkens 1997, p. 131).

Una tendenza verso la pastorizia è stata riscon-trata dall’analisi dei resti faunistici di alcuni siti e in particolare di Rocca Aquilia che ha rilevato un’alta percentuale di ovocaprini (71,55% del totale) rispetto ai bovini (17,67%) e una limitata presenza di faune selvatiche. Dal momento che gli ovicaprini venivano macellati in età adulta e avanzata appare probabile un loro sfruttamento per il latte e/o la lana (Ibid.). Da Rocca Aquilia provengono frammenti di un vaso a crivo, che potrebbe essere stato usato per la lavorazione di prodotti caseari, e una fuseruola, indizio della pratica della tessitura.

169CONSIDERAZIONI SULL’ETÀ DEL RAME NELLA MEDIA VALLE DEL PLATANI (SICILIA)

È stata a suo tempo avanzata l’ipotesi che nell’area agrigentina, e in particolare nei terri-tori lungo il corso del Platani, il sale e lo zolfo potrebbero essere stati elementi determinanti dell’economia fi n dai tempi protostorici (Caputo 1957). Questa ipotesi trova adesso conferma dalla scoperta di una fornace per la lavorazione dello zolfo all’interno del santuario di Monte Grande, presso Palma di Montechiaro, databile al Bronzo Antico, scoperta che getta anche nuova luce sulle motivazioni ai traffi ci commerciali egeo-orientali documentati nell’area agrigentina1. Anche in alcu-ne delle stazioni preistoriche dell’area di Milena sale e zolfo sono presenti2; una conoscenza e un reale sfruttamento di queste sostanze già nell’età del rame è, però, prospettabile soprattutto per lo zolfo, ipotesi ancora tutta da dimostrare.

Insieme al Platani ed al Gallo d’Oro il territo-rio è caratterizzato da una serie di piccoli fi umi e valloni che possono avere costituito nell’antichità una rete di comunicazioni con le aree limitrofe. Limitandoci ai soli siti eneolitici, vediamo che risalendo il Platani verso N si arriva alla Grotta dell’Acqua Fitusa, seguendo lo stesso fi ume verso la foce si giunge alle stazioni eneolitiche gravitanti attorno S. Angelo Muxaro (Capreria e M’ pisu) e alle grotte della bassa valle del Platani: Pipistrelli e Palombara, dalle foci del Platani; risalendo la costa, troviamo la necropoli di contrada Tranchina. Verso S il vallone di Aragona, attraverso le ramifi -cazioni del fi ume S. Anna, conduce agevolmente alla cresta rocciosa di Serraferlicchio, in direzione NE invece il torrente Belici, affl uente del fi ume Salito, porta verso Marianopoli e più a N verso Vallelunga. Da tutti questi siti provengono mate-riali ceramici tipologicamente molto simili a quelli del territorio di Milena.

La geomorfologia della media valle del Plata-ni è caratterizzata da estese fenomenologie carsi-che o, per meglio dire, paracarsiche dal momento che si tratta di carsismo di rocce gessose (Panzica La Manna 1997). Da questo punto di vista di gran-de rilievo sono i sistemi carsici di monte Conca, caratterizzato dall’Inghiottitoio e dalla Grotta del Carlazzo che adesso costituiscono una riserva naturale protetta, e quello di Montegrande.

Per l’aspetto archeologico particolare impor-tanza rivestono le grotte di Fontanazza che si apro-no sulle pendici SW del Montegrande, un’altura di

542 m s.l.m. ad W del paese di Milena3. Le cavità di Fontanazza hanno restituito un gran numero di materiali ceramici, litici e ossa databili ad un periodo compreso tra il Neolitico tardo e l’età del bronzo. L’area adiacente alle grotte è interessata da una fi tta serie di cunicoli non ancora comple-tamente esplorati che sembrerebbero collegare tra loro le diverse cavità (Panzica La Manna 1997, p. 34). Le grotte Fontanazza II e III presentavano all’interno un gran numero di vasi ricoperti da incrostazioni calcaree dovute alla presenza di co-spicui fenomeni di stillicidio, materiali che sono stati in parte manomessi e asportati in epoche recenti. Particolare interesse geologico riveste la Grotta II detta Grotta della Milocchite, caratteriz-zata da curiose forme di concrezionamento come le “orecchie” o rims di gesso dovuti alla risalita di aerosol di solfato di calcio.

Al di sotto delle cavità, proprio alla base del Montegrande, si apre una tomba a grotticella violata da tempo, mentre dalla gola sottostan-te provengono frammenti ceramici di tutte le epoche, in prevalenza preistorici. La sommità del Montegrande è occupata da un ampio e ben esposto altipiano che domina le vallate circostanti e, essendo naturalmente fortifi cato, appare un luogo ideale per un insediamento. Anche sull’altipiano sono stati raccolti parec-chi frammenti ceramici in prevalenza databili al Neolitico e all’età del rame.

Analoghe peculiarità insediative si riscon-trano a Mustanziello, una modesta altura gessosa sui cui fi anchi si aprono tre cavità, che presentano tracce di frequentazione dal secondo Eneolitico all’età del bronzo a Monte Conca e a Rocca Ferro. Anche in questi tre siti gli abitati occupavano la sommità delle alture mentre sui fi anchi si aprono le grotte che costituivano quindi un elemento importante degli insediamenti ed erano, come si vedrà, probabilmente utilizzate come luogo di culto e/o sepoltura.

2. SEQUENZE STRATIGRAFICHE E CONTESTI

Nella Grotta Fontanazza I è stato effettuato nel 1978 un breve saggio di scavo che, pur avendo interessato solo un limitatissimo settore della cavità, ha permesso di recuperare un’ingente quantità di

1 V. Castellana 1998, p. 72 ss., in cui si ipotizza oltre al commercio dello zolfo anche quello del bitume. Nella Grotta Ticchiara di Favara all’interno di una ciotola facente parte di un corredo sepolcrale fu rin-venuto un pezzo di zolfo fuso che era forse usato per pratiche lustrali (Id. 1997 p. 71).2 Per lo zolfo a Rocca Ferro v. La Rosa 1988; sulla attività di estrazione

dello zolfo nel territorio di Milena e Racalmuto in età romana v. Salmeri 1992, pp. 29-43. È presente sale affi orante a Cozzo Rejna, mentre presso Rocca Aquilia sono le odierne miniere di sale di Milena. Sulle minera-lizzazioni nel territorio di Milena v. Saia 1997, p. 24.3 Foglio I.G.M. 267 III N.E. UB 857472.

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materiale ceramico di pregevole qualità rinvenuto in successione stratigrafi ca (La Rosa 1980-81, p. 646).

La stratigrafi a è senz’altro affi dabile per gli strati più profondi, mentre i livelli superiori sono stati soggetti a rimescolamenti anche di età recen-te. Dai primi tre strati del deposito archeologico provengono ceramiche degli stili di Thapsos e di Malpasso; alla media età del bronzo si può datare un battuto di argilla rinvenuto a quota -90 la cui realizzazione ha comportato il rimaneggiamento dei livelli più alti databili alla tarda età del rame. Al di sotto del livello di argilla il deposito appare intatto: non era più presente materiale dell’età del bronzo nel liv. V che ha invece restituito ceramiche degli stili di Malpasso e di Serraferlicchio. Dagli strati più profondi (VI e VII) provengono cerami-che dello stile di San Cono-Piano Notaro mescolate solo nei tagli superiori ancora a ceramiche dello stile di Serraferlicchio.

Nella Grotta Fontanazza IV, che attraverso un cunicolo sembra collegarsi alla II, un breve sag-gio di scavo effettuato nel 1991 ha messo in luce una sequenza di quattro strati archeologici tutti riferibili alla prima età del rame. Nel secondo di tali strati era una sepoltura con corredo costituito, fra altro, da uno scodellone, una tazza-attingitoio, un’olletta e da una punta di freccia4. Al di sotto di tali livelli recenti sconvolgimenti clandestini han-no messo in luce uno strato databile alla tarda età neolitica che conteneva, fra l’altro, quattro idoletti schematici immersi in piani di argilla ocrati5.

Paragonabili a quella di Fontanazza I sono le sequenze stratigrafi che dei saggi, eseguiti nel 1980, in una valletta alla sommità della Rocca Aquilia un’altura di 390 m delimitata dai torrenti Culia e Nadura a S del paese di Milena6.

Dei tre eseguiti il saggio che ha fornito la sequenza stratigrafi ca più attendibile è il II, dove lo strato più profondo (V) ha restituito nei livelli inferiori (tgl. 11-9) frammenti in parte attribuibili allo stile di Diana, mentre i livelli superiori (tgl. 8-5) presentano ceramiche a superfi cie rosa associate a ceramiche dello stile di San Cono-Piano Notaro e a quelle monocrome grigie. Negli strr. IV e III alle ceramiche monocrome grigie si aggiungono ceramiche dello stile di Serraferlicchio. Nei livelli alti (strr. III-I), soggetti a rimaneggiamenti in età

storica, ai frammenti di Serraferlicchio e di cera-mica monocroma grigia si aggiungono ceramiche dello stile di Malpasso.

A questi livelli alti del saggio II è facile ag-ganciare lo strato più profondo (str. IV, tgl. 11-7) del saggio I che ripropone la stessa associazione fra ceramica dello stile di Serraferlicchio, ceramica grigia e ceramica dello stile di Malpasso. Quest’ul-tima domina incontrastata nella parte superiore del deposito (strr. III-I).

Nel complesso, quindi, le sequenze stratigra-fi che riscontrate alla Fontanazza I e a Rocca Aqui-la confermano la successione delle diverse facies ceramiche dell’Eneolitico acquisita da tempo per il Siracusano in base alle stratigrafi e delle grotte della Chiusazza e della Palombara e per la Sicilia centrale grazie agli scavi della Grotta Zubbia di Palma di Montechiaro (AG) (Tinè 1960, 1965).

Nel settore N del villaggio di Serra del Palco (fi g. 2), parzialmente in relazione ad un tratto di capanna attribuibile al tardo Eneolitico, una sequenza stratigrafi ca riporta al livello superiore (str. V) ceramiche dello stile di Malpasso e ai livelli più profondi (str. IV) ceramiche di San Cono-Piano Notaro e con bugne, la stessa associazione riscon-trata alla Fontanazza I.

Alla prima età del rame appartengono una tomba a pozzetto scavata nel terreno nelle vici-nanze del recinto neolitico settentrionale (La Rosa 1994) e tre buche contenenti ceramiche scavate nel banco roccioso vicino il recinto neolitico meridio-nale (Maniscalco 1989). La tomba è una grotticella scavata nella terra e presenta il fondo rivestito da una insolita pavimentazione a lastre gessose. All’interno non erano conservate tracce di ossa umane, ma solo un’olletta a superfi cie grigia.

Delle buche una è posta all’estremità W del recinto neolitico meridionale, ha forma irrego-larmente circolare (86x81 cm) ed è intagliata nel banco roccioso: conteneva all’interno due ollette (fi g. 4.2-3) più frammenti di almeno altri tre vasi. Evidentemente i vasi collocati dentro la fossa dovevano essere stati riempiti con ocra, di cui si rinvennero abbondanti tracce sulle pareti interne dei frammenti, e forse anche con semi, di cui si trovarono tracce su una delle pareti della buca.

Una seconda buca (76x67 cm), rinvenuta 3 m a S della prima e conservatasi fortunosamente benché attraversata da una larga spaccatura del banco roccioso, conteneva due vasetti miniaturi-stici (fi g. 4.4) posti su un letto di ocra e a loro volta colmi di ocra rossa. In una terza buca di forma ovoidale (43x70 cm), posta ad E delle precedenti, tre frammenti dello stile di San Cono-Piano Notaro erano associati con un orletto a superfi cie rossa e alcune schegge di selce e ossidiana, mentre sul fondo erano tracce di combustione. È possibile

4 Guzzone 2002 p. 27-29; Nicoletti 1997, p. 121, fi g. 2.15; La Rosa 1994, p. 290. Alcuni frammenti dello stile di San Cono-Piano Notaro ivi rinvenuti sono stati sottoposti ad analisi mineralogiche e petrografi che e a data-zioni con il metodo della termoluminescenza: Troja et alii 1994.5 Comunicazione di Carla Guzzone alla XLI Riun Scient IIPP novembre 2006.6 Lo studio della fauna proveniente dal saggio ha mostrato una elevata presenza di ovicaprini macellati in età adulta, probabile rifl esso di una economia pastorale: Wilkens 1997 p. 128.

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Fig. 2 - Serra del Palco-Mandria: planimetria dell’area di scavo (da La Rosa 1987).

Serra del Palco-Mandria: plan of the excavation area (from La Rosa 1987).

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che anche altri vasi e frammenti dello stile di San Cono-Piano Notaro con abbondanti tracce di ocra rossa sulle pareti, sporadici o provenienti da strati superfi ciali, anche nelle vicinanze del grande recinto neolitico settentrionale, possano in realtà provenire da buche simili a quelle descritte ma non più conservate.

Le buche potrebbero avere avuto la funzione di fosse per offerte all’interno di un’area sepolcrale come attestato da evidenze simili identifi cate nelle necropoli di Piano Vento (Castellana 1995), di Ca-maro (Bacci e Martinelli 2001) e di Cozzo Busonè (Bianchini 1967). Le testimonianze di Piano Vento sono particolarmente simili a quelle di Serra del Palco. Infatti in almeno due casi (fossa n. 28 e la fossa in E/10-1) anche i vasi di Piano Vento sembrano es-sere stati posti su un letto di ocra e, inoltre, tombe e fosse votive di età eneolitica si sovrappongono anche qui ad un abitato neolitico. La tomba e le buche di Serra del Palco sembrano, comunque, testimoniare nell’età eneolitica un uso rituale-fu-nerario dell’area occupata dall’abitato neolitico di cui erano ancora visibili alcune strutture.

Non solo a Serra del Palco ma anche nelle grotte di Fontanazza e di Monte Conca molte ceramiche dello stile di San Cono-Piano Notaro presentano tracce di ocra sia all’interno delle incisioni decorative, dove peraltro le ocre gialle, arancione e il colore bianco sono a volte armonio-samente alternati, che sparsa sulle pareti esterne ed interne del vaso e in qualche caso anche sul fondo. È evidente che molti vasi avevano contenuto ocra o erano stati posti su un letto di ocra. Sia a Serra del Palco che nella necropoli di Uditore7, sono le ollette i contenitori utilizzati per contenere que-sto minerale. Una funzione differente può essere assegnata ad altre tipologie vascolari attestate nel territorio di Milena, come le pissidi-orciolo, vasetti dal profi lo biconico con prese forate e fori in corrispondenza sull’orlo che dovevano essere quindi ermeticamente chiuse e possono essere interpretate come contenitori di sostanze evapo-rabili. È signifi cativo che questi vasetti, presenti esclusivamente nella Sicilia centro-occidentale8 (fi g. 6.2) - due sono gli esemplari provenienti dal territorio di Milena (fi gg. 3.3; 6.3 ) - siano attestati solo in sepolture proprio come l’altro tipo di pis-side, quello con profondo coperchio e prese cana-liculate, di chiara derivazione esotica (Cassano e Manfredini 1975, fi g. 27.11).

3. LE CERAMICHE

3.1. Stile di San Cono-Piano NotaroIl corredo della sepoltura entro la Grotta Fon-

tanazza IV (scodellone, olletta e tazza-attingitoio) e quello della tomba di Serra del Palco (olletta) forniscono indicazioni sulla tipologia vascolare funeraria. Completamente diverso appare il re-pertorio tipologico che costituiva il corredo di una sepoltura rinvenuta un anfratto sul fi anco meridionale del Pizzo della Menta (fi asco mo-noansato, bicchiere biconico, tazza-attingitoio fondo di vaso aperto: La Rosa 1994), le cui forme a prevalenza biconiche hanno qualche affi nità con alcune produzioni ceramiche di Piano Vento; analogia probabilmente spiegabile con una ante-riorità della sepoltura di Menta rispetto a quelle di Fontanazza e Serra del Palco.

Grandissima è la ricchezza e la varietà dei decori della ceramica dello stile di San Cono-Pia-no Notaro del territorio di Milena, evidente anche negli esempi di decorazione fi gurata: citiamo in particolare una tazza-attingitoio dallo str. VII della Grotta Fontanazza I che presenta un serpente in parte inciso e in parte applicato posto a decorare l’ansa sormontante (fi g. 3.1) e una protome rico-perta di polvere d’ocra su un orlo da contrada S. Paolino (fi g. 3.2). Due quadrupedi stilizzati, uno inciso su una scodella dal territorio di Licata (Mc-Connell 1985, fi g. 30) e l’altro dipinto su un fram-mento dalla Grotta del Vecchiuzzo presso Petralia nelle Madonie (Bovio Marconi 1979, tav. XVI.3), insieme ad una fi gurina applicata sull’orlo di un pithos dalla Grotta Zubbia (Tinè 1960, tav. III.4) costituiscono i pochi paralleli noti di decorazione fi gurata dell’Eneolitico siciliano.

L’esame delle forme e dei motivi decorati-vi incontrati evidenzia i legami tipologici fra le ceramiche del territorio esaminato e l’area cen-tro-occidentale della Sicilia: innanzitutto con la Grotta Zubbia presso Palma di Montechiaro e poi con M’pisu presso S. Angelo Muxaro, ma anche con la necropoli di contrada Tranchina presso Sciacca e con le tombe di Giacaria nella valle del Belice.

Quasi tutte le forme più diffuse nell’area di Milena, cioè la olletta (fi gg. 3.7; 4.1-2), la scodella carenata (fi g. 3.5), la tazza-attingitoio con ansa sormontante (fi g. 3.1) e la pisside-orciolo (fi g. 3.3), sono presenti nella Sicilia centro-occidenta-le, Conca d’Oro compresa, e sono invece ignote nella Sicilia orientale. Con le stesse aree centro-occidentali i siti esaminati hanno in comune anche i motivi decorativi più diffusi: l’occhio isolato o accompagnato da linea (fi gg. 3.7; 4.2), il sole, la rosetta di punti (fi g. 4.3) e l’uso di ripartire quasi

7 Cassano e Manfredini 1975, fi gg. 19.2; 21.3; per contenere ocra sono anche usate tazze ansate: fi g. 16.1-2.8 La pisside-orciolo è documentata nelle necropoli di M’pisu e Tranchina (McConnell 1985, fi g. 25), Uditore (Cassano e Manfredini 1975, fi g. 19.5) e, nella variante dipinta, nella necropoli di Piano Vento (Castellana 1995, fi gg. 66, 75, 77).

173CONSIDERAZIONI SULL’ETÀ DEL RAME NELLA MEDIA VALLE DEL PLATANI (SICILIA)

Fig. 3 - Ceramiche dello stile di San Cono-Piano Notaro. 1, 4-7: Grotta Fontanazza I; 3: Contrada Fontanazza (da McConnell 1985); 2: Monte S. Paolino (1-3, 1:3; 4-7, 1:4).

Ceramics in the San Cono-Piano Notaro style. 1, 4-7: Grotta Fontanazza I; 3: Contrada Fontanazza (from McConnell 1985); 2: Monte S. Paolino (1-3 1:3; 4-7, 1:4).

geometricamente la superfi cie del vaso (fi g. 3.4)9.Gli aspetti comuni tra l’area agrigentina e

quella orientale (e assenti nella Conca d’Oro) sono nel complesso pochi: la scodella con piccole appendici sull’orlo e, fra i motivi decorativi, il triangolo graffi to ed il sole. È importante ricorda-re che in tutti e tre i casi si tratta di elementi fra i

più antichi dello stile di San Cono-Piano Notaro ricorrenti, infatti, anche alle Eolie nello stile della Spatarella.

Dagli strr. V, VI e VII della Grotta Fontanazza I e dalle grotte Fontanazza III e Rocca Ferro pro-vengono delle ceramiche per impasto, superfi ci e tipologia delle forme molto simili a quelle incise dello stile di San Cono-Piano Notaro, caratterizza-te però da una particolare decorazione consistente in larghe fasce, excise dopo l’essiccazione del vaso, lasciate ruvide per accogliere incrostazioni di ocra rossa (fi g. 4.6-7). A volte l’ocra invece di essere inserita nelle excisioni è applicata sulla superfi cie resa ruvida dalla presenza di una sostanza bianca-

9 Per il motivo dell’occhio v.: McConnell 1985, fi g. 7 (Tranchina); Ca-stellana 1995, fi g. 106 (Piano Vento proveniente da una fossa votiva cfr. supra); Tinè 1960, tav. VI.1 in alto a sin. (Tranchina). Per il motivo del sole v.: McConnell 1985, ph. 9 (M’pisu); Cavalier 1979, p. 79; Cassano e Manfredini 1975, fi g. 16.1,4-5 (Uditore). Per la rosetta di punti v.: McConnell 1985, fi g. 21 (Tranchina); Castellana 1995, fi gg. 69-70 tav. LX (Piano Vento); Bovio Marconi 1944, tav. II.3 (Piazza Giachery); Tinè 1965, tav. VI.3 (Chiusazza).

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stra: questa è la soluzione adottata nel caso di mo-tivi curvilinei. In qualche caso l’ocra ha l’aspetto di una pasta colorante ed evidentemente ha subito un particolare trattamento: più spesso è in polve-re. I frammenti decorati con ocra appartengono in prevalenza a vasi di grandi dimensioni come il pithos n. 98 di Fontanazza I (fi g. 4.7), ma sono anche pertinenti a scodelle carenate (fi g. 4.6) e olle (fi g. 4.5). Le ceramiche decorate con fasce excise sono esclusive della Sicilia centrale: sono infatti presenti, oltre che nel territorio di Milena, nella necropoli di Piano Vento e a S. Angelo Muxaro (Fatta 1983, tav. 5.33,35). A Piano Vento alcuni orcioli e scodelle costituiscono in particolare un parallelo per il pithos n. 98 in quanto a superfi cie, tettonica e disposizione delle excisioni che però a Piano Vento non sempre sono riempite con ocra rossa (Castellana 1995, p. 81 fi g. 65, tav. LI). L’au-tore data questi corredi per motivi sia stilistici che stratigrafi ci ad una fase di passaggio tra Neolitico ed Eneolitico corrispondente alla facies eoliana di Spatarella.

Sono relativamente pochi, rispetto alla vastità della documentazione, i siti in cui le ceramiche del-lo stile di San Cono-Piano Notaro sono state trova-te in condizioni tali da fornire indicazioni utili per la cronologia. Le uniche stratigrafi e sono, infatti, come è noto, quelle della Grotta della Chiusazza e della Grotta Palombara per la Sicilia orientale, e della Grotta Zubbia e della Grotta di S. Calogero presso Sciacca per l’area centro-occidentale. Nella Grotta della Chiusazza la ceramica dello stile di San Cono-Piano Notaro è stata parzialmente tro-vata in associazione con quella di Serraferlicchio (Tinè 1965, p. 175), alla Zubbia, invece, i due stili appaiono nettamente separati (Tinè 1960, p. 127), mentre poco chiara è la successione stratigrafi ca dell’Eneolitico nella Grotta di S. Calogero (Tinè 1971, p. 80; Maggi 1976-77, p. 514).

I dati desunti dai materiali dell’area presa in esame sono in questo caso concordi: sia a Fonta-nazza che a Rocca Aquilia, infatti, le ceramiche tipo San Cono-Piano Notaro si trovano nei livelli più profondi insieme con le ceramiche grigie, con quelle con fasce di ocra e, in minore quantità, con quelle monocrome a superfi cie rossa o arancio; nei livelli superiori a questi tipi si aggiunge la cera-mica dello stile di Serraferlicchio. Si ripete quindi la stessa situazione della Chiusazza.

Si può pertanto ipotizzare una generale successione da un momento, più antico, in cui lo stile di San Cono-Piano Notaro è associato con altre classi a superfi cie grigia ad esso strettamente legate - ed è il caso della Grotta Zubbia - ad uno, più avanzato, in cui si inserisce anche lo stile di Serraferlicchio.

3.2. Ceramiche a decorazione dipintaLe grotte Fontanazza I, Fontanazza III e Grotta

Ferro hanno anche restituito una ricca varietà di ceramiche a decorazione dipinta, fra cui particola-re interesse rivestono le produzioni caratterizzate da motivi in rosso scuro su fondo grigio o rosa (fi gg. 5-6). Le forme attestate sono: olletta ansata (fi g. 5.5), orcio biconico (fi g. 5.2-3), pithos (fi g. 6.1), scodella carenata (fi g. 5.1) e pisside-orciolo (fi g. 6.3). I motivi decorativi sono costituiti gene-ralmente da linee o bande, queste ultime ottenute accostando linee più sottili. In qualche caso sono presenti insoliti motivi curvilinei formati da ellissi agganciate a riquadri più ampi. A volte il motivo decorativo, posto a racchiudere l’ansa, è marginato in nero proprio come nella ceramica dello stile del Conzo (fi g. 5.6).

Diversi siti della Sicilia soprattutto centro-occidentale hanno restituito ceramiche dipinte con le stesse caratteristiche che completano le informazioni su questa classe per quanto riguar-da sia le forme vascolari sia i motivi decorativi, a volte conservati nelle nostre grotte in modo fram-mentario. Fra gli esemplari più simili si possono richiamare un’olletta biansata della Grotta Zubbia, proveniente dallo stesso strato delle ceramiche del-lo stile di San Cono-Piano Notaro, una ciotola da una tomba databile al primo Eneolitico rinvenuta presso Ribera e un bacile con appendici sull’orlo dalla stazione di S. Ippolito10.

Particolarmente complessa appare la de-corazione del pithos n. 4 della Grotta Ferro di cui si presenta il disegno che, pur riportando i diversi frammenti semplicemente accostati (fi g. 6.1), appare ugualmente abbastanza eloquente e caratterizzato da un cerchio agganciato a tratti sbarrati. Questo rarissimo motivo si ripete, per quanto di mia conoscenza, solo poche altre volte: su alcune pissidi-orciolo della necropoli di Piano Vento (fi g. 6.2) (Castellana 1995, tavv. LII; LXVII.12; LXXI), su un frammento dalla Grotta Zubbia dove si trova associato al motivo del pettine (Tinè 1960, tav. III.7) e, inciso, su due frammenti di una tomba di Zebbug (Baldacchino e Evans, 1954, fi g. 6.4-5). La particolarità del decoro unita alla tipologia del grande pithos nel caso della Grotta Ferro e della pisside nel caso di Piano Vento induce a ritenere che siamo in presenza di elementi a carattere simbolico.

Quasi tutte le forme vascolari e molti dei motivi decorativi delle ceramiche dipinte ripeto-

10 Vaso inedito al Museo Archeologico Regionale di Agrigento; per la ceramica dipinta rinvenuta alla Zubbia v. Tinè 1960, p. 125; McConnell 1989, fi gg. 13-14. Il frammento da S. Ippolito, inedito, è al Museo Re-gionale Archeologico di Siracusa

175CONSIDERAZIONI SULL’ETÀ DEL RAME NELLA MEDIA VALLE DEL PLATANI (SICILIA)

Fig. 4 - Ceramiche dello stile di San Cono-Piano Notaro. 1-4: Serra del Palco. Ceramiche decorate con ocra. 5, 7: Grotta Fontanazza I; 6: Rocca Ferro (1-5, 1:4, 6-7, 1:10).

Ceramics in the San Cono-Piano Notaro style. 1-4: Serra del Palco. Ceramics decorated with ochre. 5, 7: Grotta Fontanazza I; 6: Rocca Ferro (1-5, 1:4, 6-7, 1:10).

no forme e decori dello stile di San Cono-Piano Notaro11 come, ad es., la divisione della superfi cie in riquadri dulla pisside-orciolo n. 18 da Rocca Ferro (fi g. 6.3) o della scodella n. 3 da Fontanazza III con decorazione sia incisa che dipinta (fi g. 5.1) o anche l’orciolo n. 1-19 della Grotta Fontanazza III con bugna plastica all’attacco dell’ansa (fi g. 5.2). La Grotta Zubbia ha restituito un orciolo biconico (Tinè 1960 tav. III.2) che ripete le stesse caratteristi-che tecniche e stilistiche del vaso di Fontanazza.

Le ceramiche dipinte della Grotta Fontanazza I assegnabili a questo gruppo provengono dalla porzione inferiore del deposito archeologico dove erano associate a ceramica dello stile di San Cono-Piano Notaro. La pertinenza di questo gruppo al primo Eneolitico non sembra quindi dubbia ed è anche confermata dai confronti forniti dalla Grotta Zubbia, dal corredo di Ribera, da Piano Vento e dalla tipologia del bacino di S. Ippolito.

Dalla Grotta Fontanazza I e da Rocca Aquilia provengono anche ceramiche a fondo giallino con motivi in nero. Si tratta di una classe a suo tempo descritta da Arias e che si ritrova oltre che a Serra-

11 Per il bacino con le appendici sull’orlo v. McConnell 1985, p. 16 elemento M 1; Castellana 1995.

176 L. MANISCALCO

ferlicchio anche in parecchie stazioni eneolitiche: Grotta Zubbia, Marina di Palma nell’Agrigentino, Grotta del Vecchiuzzo presso Petralia Sottana nelle Madonie, Grotta Geraci presso Termini Imerese e S. Ippolito di Caltagirone12. Alla Zubbia questo tipo era associato con ceramica di San Cono-Piano Notaro (Tinè 1960, p. 125), a Serraferlicchio, invece, proveniva dall’unica capanna scavata insieme a ceramica dello stile di Serraferlicchio (Arias 1938, col. 697).

Fig. 5 - Ceramiche a decorazione dipinta. 1-3: Grotta Fontanazza III; 4-6: Grotta Fontanazza I (1:5).

Ceramics with painted decoration. 1-3: Grotta Fontanazza III; 4-6: Grotta Fontanazza I (1:5).

Anche per questa classe ceramica alcune forme vascolari come la scodella e il pithos sono uguali a quelle di San Cono-Piano Notaro, ma il motivo delle linee verticali che scendono da una orizzontale sotto l’orlo del frammento n. 11 di Fon-tanazza (fi g. 5.4) è anche uno dei motivi più tipici dello stile di S. Ippolito (Bernabò Brea 1953-54, fi g. 12.b). Il frammento di Fontanazza è di provenienza sporadica ma le indicazioni desunte dagli altri siti fanno attribuire questa classe ceramica ad un mo-mento compreso tra il primo e il medio Eneolitico. Si tratta quindi di un tipo ceramico probabilmente più tardo rispetto al primo e al secondo gruppo e che sembra essere durato più a lungo fi no ad accogliere motivi tipo S. Ippolito come nel caso del frammento di Fontanazza.

12 Arias 1938, col. 746 (Serraferlicchio gruppi I e II); i frammenti della Grotta Zubbia e di Marina di Palma sono inediti al Museo Regionale Archeologico di Agrigento; Bovio Marconi 1979, p. 50 (ceramica “dicro-ma” del Vecchiuzzo) e tav. XIII; Ead. 1944, col. 106 (Geraci); Bernabò Brea 1953-54, pp. 166-167, fi g. 14 (S. Ippolito); alcuni decori come triangoli e pettini sovrapposti anticipano motivi castellucciani.

177CONSIDERAZIONI SULL’ETÀ DEL RAME NELLA MEDIA VALLE DEL PLATANI (SICILIA)

La gamma di queste ceramiche dipinte, che presentano soluzioni tecniche diverse, permette di individuare uno sviluppo nella realizzazione della pittura. Si passa, infatti, dall’inserimento dell’ocra in polvere o in pasta all’interno di in-cisioni (San Cono-Piano Notaro, ceramica con fasce di ocra) a volte con alternanza di diversi colori, all’applicazione dell’ocra liquida, realiz-zando in tal modo un motivo dipinto e quindi più duraturo. La scodella 112 di Rocca Ferro (fi g. 4.6) dimostra un’eccezionale compresenza delle due tecniche. In alcuni casi la variabilità del fondo è dovuta probabilmente al fatto che questo non è dipinto ma solo ingobbiato o lustra-to; non era stata infatti raggiunta quella perizia che permette il fondo omogeneo rosso lucente dello stile di Serraferlicchio. Nelle ceramiche a fondo giallino si riscontra un tentativo di realiz-zare un fondo dipinto sull’ingobbio che appare generalmente, però, poco compatto come nello stile siracusano del Conzo.

Le varie tappe che abbiamo illustrato dimo-strano chiaramente che la tradizione artigianale della ceramica dipinta viene “reinventata” durante il primo Eneolitico sia sotto l’aspetto tecnico che sotto il profi lo stilistico. Queste sperimentazioni hanno determinato uno sviluppo della tecnica il cui risultato è ben visibile nelle produzioni cerami-che di alta qualità dello stile di Serraferlicchio.

Fig. 6 - Ceramiche a decorazione dipinta. 1, 3: Grotta Rocca Ferro; 2: Piano Vento (da Castellana 1995) (1:5).

Ceramics with painted decoration. 1, 3: Grotta Rocca Ferro; 2: Piano Vento (from Castellana 1995) (1:5).

3.3. Stile di SerraferlicchioQuasi tutti i siti esplorati hanno restituito

ceramiche dello stile di Serraferlicchio (fi g. 7). Purtroppo dalle stratigrafi e di Rocca Aquilia e Fontanazza proviene il materiale più frammen-tario, a Rocca Aquilia in dimensioni addirittura minutissime, ed è quindi diffi cile ricostruire del-le forme vascolari attestate invece da esemplari sporadici. Sono riconoscibili ollette globulari (fi g. 7.6,8), boccali monoansati (fi g. 7.12) anforette (fi g. 7.13, 14), un bacino quadrilobato, ansette a nastro anche sormontanti e ad anello (fi g. 7.10), forma che ritroveremo nello stile di Malpasso (fi g. 7.11). I motivi decorativi sono abbastanza vari: linee, bande parallele o che si incrociano, reticoli anche dentro triangoli e bande a zig-zag, tremoli, denti di lupo, bolli. Tipico e assai diffuso è il motivo della serpentina generalmente inserita dentro un riquadro metopale o in un triangolo.

Quasi tutte le forme e i motivi decorativi si ritrovano nella stazione di Serraferlicchio, alcune forme e pochi motivi decorativi sono presenti al Vecchiuzzo ma non nella varietà Petralia caratte-ristica del sito. Due motivi (la serie di triangoli e bolli e le linee che scendono dall’orlo) hanno un riscontro più puntuale con materiali da Settefarine a da S. Ippolito e potrebbero forse appartenere ad un momento più tardo, mentre solo in un caso sia la forma che la decorazione fanno decisamente

178 L. MANISCALCO

Fig. 7 - Ceramiche dello stile di Serraferlicchio. 1-12: Rocca Aquila; 13: Grotta Fontanazza II; 14: Iannico (1-12, 1:2, 13-14, 1:4).

Ceramics in the Serraferlicchio style. 1-12: Rocca Aquila; 13: Grotta Fontanazza II; 14: Iannico (1-12, 1:2, 13-14, 1:4).

attribuire il reperto allo stile di S. Ippolito (fi g. 8.8).

La ceramica dello stile di Serraferlicchio, dif-fusa in quasi tutta la Sicilia, presenta una maggiore concentrazione nell’area agrigentina identifi cata come centro originario della produzione (Bernabò

Brea 1988, p. 477). In essa sono, infatti, concentrati tutti i siti che hanno restituito in quantità cerami-che di questa classe, e cioè lo stesso sito eponimo di Serraferlicchio, quello di Durrueli presso Real-monte, la Grotta di Colonne presso Licata, località tutte che si trovano in prossimità della costa, a W

179CONSIDERAZIONI SULL’ETÀ DEL RAME NELLA MEDIA VALLE DEL PLATANI (SICILIA)

la Grotta di Montelupo vicino la foce del Platani, risalendo il quale abbiamo M’pisu presso S. Ange-lo Muxaro e Rocca Aquilia, e infi ne, nelle Madonie, la Grotta del Vecchiuzzo dove è anche presente una varietà locale13. Nei siti della Conca d’Oro la ceramica di Serraferlicchio è invece rarissima: si tratta in genere di siti con uno o due vasi proba-bilmente importati dalle Madonie. Anche nell’area siracusana la ceramica di Serraferlicchio è molto rara tranne che alla Chiusazza.

Nelle aree indicate lo stile di Serraferlicchio non sembra caratterizzare mai da solo una fase cro-nologica a sé stante. Si trova, infatti, quasi sempre associato con ceramica tipo San Cono-Piano No-taro o con ceramica di Malpasso ma è soprattutto accompagnato da una ceramica grigia a volte di tipo “buccheroide”. La stessa situazione si ripete nei siti dell’area che abbiamo preso in esame. Nemmeno a Rocca Aquilia, che pure ha restituito la quantità maggiore di ceramica di Serraferlicchio, questo stile caratterizza in qualche modo una fase ma è sempre associato con altre classi ceramiche. Solo nella Grotta Zubbia sembra verifi carsi una presenza esclusiva della ceramica dello stile di Serraferlicchio almeno limitatamente ai livelli più profondi della seconda fase (Tinè 1960, p. 125).

A parte la varietà detta di Petralia, che d’al-tra parte si distingue solo nei motivi decorativi, lo stile di Serraferlicchio a differenza delle altre facies ceramiche eneolitiche appare nel complesso piuttosto omogeneo nelle forme e nei motivi de-corativi. Probabilmente ciò è dovuto al fatto che si è trattato di una produzione dalle caratteristiche tecniche particolarmente pregiate per impasto e decorazioni limitata non solo nello spazio ma anche nel tempo.

3.4. Stile di MalpassoLa facies di Malpasso è documentata in

quasi tutti i siti esplorati. Le uniche strutture abi-tative databili al tardo Eneolitico sono due tratti di capanne a pianta circolare e una struttura di diffi cile interpretazione ai margini del villaggio neolitico di Serra del Palco. Assegnabili alla facies di Malpasso sono probabilmente alcune tombe a grotticella di Rocca Aquilia, Rocca Amorella e C. da Rejna mentre una datazione tra tardo Eneolitico e Bronzo Antico è da attribuire anche alle tombe a grotticella di Mustanziello, Fontanazza, Monte Conca e Rocca Grande (La Rosa 1979).

Le caratteristiche tecniche del materiale cera-mico sono simili: l’impasto appare quasi sempre

grossolano, mentre le superfi ci sono il più delle volte appena lisciate, raramente levigate. Costitui-scono una minoranza e provengono quasi tutte da Rocca Aquila le ceramiche a pareti sottili con su-perfi cie dipinta in rosso le cui minute dimensioni rendono diffi cile individuare la forma. Fra Nella classe grossolana sono attestate olle globulari (fi g. 8.2) bicchieri a parete diritta, tazze ansate (fi g. 8.3-5), piatti costolati (fi g. 8.7), scodelle, un bicchiere a piastra e un pithos (fi g. 8.1). L’ansa più comune è quella a gomito, più o meno accentuato, e poi quelle a nastro, anche sormontante, a nastro insel-lato, a bastoncello, a maniglia, quella triangolare, le prese disposte obliquamente. Si è anche riscontrata quella tendenza alla ovalizzazione delle bocche probabilmente dovuta al tentativo di creare un beccuccio di versamento.

Costituiscono un gruppo omogeneo le cera-miche di Malpasso della Grotta della Milocchite (Fontanazza II), alcune purtroppo asportate pri-ma delle indagini archeologiche, che comprende, fra l’altro, due tazze con ansa sormontante (fi g. 8.3-4), un anforone, un orlo di pithos (fi g. 8.1) e una olla con presa ad archetto (fi g. 8.2). Fra i tanti confronti strettissimi che collegano questi mate-riali a numerosi siti dell’area centro-meridionale, citiamo in particolare la presenza presso la Grotta Palombara di Raffadali di una tazza identica, per-sino nell’incrostazione calcarea, a quella di fi g. 8.4 (Gullì 2000 tav. XLV.3), e di una tazza, un pithos, e un’olla con presa ad archetto provenienti dalla Grotta dell’Infame Diavolo (De Miro 1961, fi g. 8). Infi ne il pithos con ansa aguzza e cordoni della Milocchite è identico ai pithoi abbandonati nella parte più profonda della Grotta di S. Calogero. (Maggi 1976 tav. LXXII.b).

Una tazza molto simile alla n. 80 di Fontanaz-za è stata ritrovata nell’area di una tomba a grotti-cella semidistrutta a Pirìto presso Rocca Amorella (fi g. 8.5), un’altura posta a N del Montegrande. La tomba conteneva una singola inumazione14 e la tazza potrebbe avere fatto parte del corredo.

I contesti funerari del Pirìto e delle grotte dell’Infame Diavolo e della Palombara inducono a chiedersi se simile non fosse anche la funzione della Grotta della Milocchite che, è il caso di ricor-dare, è probabilmente un settore separato della Grotta IV utilizzata come luogo di sepoltura già nella prima età del rame.

Per passare alle tipologie attestate negli

13 I materiali di Durrueli, Montelupo e M’pisu, inediti, sono al Museo Archeologico Regionale di Agrigento; Colonne: McConnell 1997, fi g. 5. Analisi non distruttive sui colori delle ceramiche di Serraferlicchio da

Colonna hanno evidenziato la presenza di ferro e manganese: McCon-nell e Pappalardo 2000.14 Mallegni et alii 1997, p. 80. Si tratta del calvario di un individuo adulto.

180 L. MANISCALCO

abitati citiamo il bicchiere semiovoide a piastra dalla Contrada Fontanazza, probabilmente la for-ma considerata più tipica dello stile di Malpasso, ampiamente diffuso sia nella Sicilia centrale che in quella orientale (Albanese 1992 p. 191). Non è chiaro se gli orli costolati di Rocca Aquilia (fi g. 8.7) e Serra del Palco (Maniscalco 1994 fi g.13) ap-partengano a vasi su piede, come alla Chiusazza, a Serraferlicchio, ad Ulina, contrada Diana e alla Sperlinga15 oppure a piatti, come sembrerebbe nel caso degli esemplari delle grotte di Montelupo, dell’Acqua Fitusa e di S. Calogero16. Le capanne di Serra del Palco documentano un uso domestico di questo oggetto probabilmente da intendersi come un fornello per blande cotture.

A Serra del Palco lo strato d’uso della capanna N conteneva l’ansa a gomito n. 195 (Maniscalco 1994 fi g. 14c), un orlo costolato, un’ansa a presa forata e un bicchiere a parete diritta. Del corredo della capanna facevano inoltre probabilmente

parte anche una tazza con ansa ad anello e un altro orlo costolato provenienti dallo str. V della sequenza riscontrata presso questa capanna. Dal-l’area della capanna S proviene l’ansa a manubrio n. 197 (Maniscalco 1994 fi g. 14d). Le due capanne, che presentano identici caratteri strutturali e fanno evidentemente parte dello stesso complesso abita-tivo, dovrebbero essere tra loro contemporanee e, in base alla presenza dell’ansa a gomito, dell’orlo costolato e dell’ansa a maniglia, si possono porre in parallelo con gli strr. III-V della stratigrafi a della Grotta Fontanazza I e con gli strr. II e III del saggio I di Rocca Aquilia17.

Dal punto di vista tipologico i siti più vicini a quelli della nostra zona sono Serraferlicchio e la Grotta dell’Infame Diavolo. Scendendo più nel dettaglio è possibile individuare alcune forme caratteristiche dell’area centro-occidentale: tazza emisferica con peducci, ansa triangolare, ansa con

15 Tinè 1965, tav. XXII.1 (Chiusazza); Arias 1938, fi gg. 32, 41, 134 (Serraferlicchio); Cavalier 1971, fi g. 12.c (Sperlinga); Bernabò Brea e Cavalier 1960, p. 70 (Diana); Bovio Marconi 1944, tav. XII.12 (Segesta, Capaci e Moarda); Falsone e Leonard 1976, p. 56 (Ulina); l’esemplare di Capreria, inedito, è al Museo Archeologico Regionale

Fig. 8 - Ceramiche dello stile di Malpasso. 1-4: Grotta Fontanazza II; 5: Rocca Amorella; 6, 8: Grotta Fontanazza I; 7: Rocca Aquila (1:5).

Ceramics in the Malpasso style. 1-4: Grotta Fontanazza II; 5: Rocca Amorella; 6, 8: Grotta Fontanazza I; 7: Rocca Aquila (1:

di Agrigento. Costolature simili appaiono su frammenti da Naxos: Procelli, 1983, pp. 15-82.16 Esemplari inediti al Museo Regionale Archeologico di Agrigento.17 L’associazione tra orlo costolato e ansa a gomito si ritrova nello str. IV superiore della Chiusazza: Tinè 1965, nn. 220 e 265 del catalogo.

181CONSIDERAZIONI SULL’ETÀ DEL RAME NELLA MEDIA VALLE DEL PLATANI (SICILIA)

i bordi crestati (presente però anche a S. Ippolito), tazza con ansa che dal fondo va al bordo del vaso, presa ad archetto (anche a S. Ippolito). La caratte-rizzazione locale appare nel complesso meno forte di quella riscontrata durante il primo Eneolitico (Albanese 1992, p. 210). I siti del territorio di Mi-lena, infatti, tipologicamente rientrano in un’area più vasta che comprende la Sicilia centro-occiden-tale ma che arriva a S. Ippolito, mentre permane una certa differenziazione nella zona siracusana.

4. CONSIDERAZIONI SUI CONTESTI E SULLE PRODUZIONI CERAMICHE

Lo studio delle produzioni ceramiche permet-te di includere la media valle del Platani durante l’Eneolitico antico all’interno di un’area cultural-mente omogenea compresa tra i fi umi Gela e Belice che arriva a N fi no alle Madonie. I contatti esterni appaiono più forti con la Conca d’Oro che con il Siracusano. Durante l’Eneolitico tardo quest’area si amplia fi no a comprendere la zona di Caltagi-rone, mentre i confronti esterni sembrano adesso più forti con il Siracusano piuttosto che con la Conca d’Oro. Nel complesso però nella tarda età del rame in tutta l’Isola non è possibile enucleare caratteristiche locali come è facile fare per l’Eneo-litico antico: lo stile di Malpasso infatti presenta caratteri piuttosto unitari.

Le classi ceramiche a decorazione dipinta del territorio di Milena, e in genere della Sicilia centrale, attestate nel corso di tutta la prima età del rame indicano con chiarezza la tradizione artigianale che è alla base delle produzioni cera-miche di Serraferlicchio non a caso concentrate nello stesso aerale.

Le sequenze stratigrafi che messe in luce nel-l’area di Milena seguono nel complesso quelle già note per il Siracusano e questa circostanza fa pen-sare ad uno sviluppo unitario e contemporaneo in tutta l’isola delle difese facies culturali.

L’unica datazione assoluta dell’Eneolitico del territorio esaminato, effettuata con il metodo della termoluminescenza su frammenti ceramici dello stile di San Cono-Piano Notaro provenienti dal deposito funerario della dalla Grotta IV di Fon-tanazza, indirizza verso gli inizi del IV millennio a.C.: 4759±447 BP e 4773±615 BP (Troja et alii 1994, tab. 1) e converge con quelle conosciute della Grotta del Cavallo: 4925±80 BP, 3950-3526 BC 2 s; 4755±75 BP, 3700-3360 BC 2 s (Tusa 1994).

Se passiamo ad esaminare il contesto di pro-venienza delle produzioni vascolari del territorio di Milena vediamo che durante il primo Eneolitico le ceramiche più riccamente ornate provengono dai siti in grotta. Questa particolarità si riscontra

per la ceramica tipo San Cono-Piano Notaro ma anche per le classi a decorazione dipinta e per quelle a fasce di ocra, queste ultime attestate quasi esclusivamente nelle grotte anche da esemplari si direbbe “da cerimonia” che non ritroviamo invece negli abitati come Serra del Palco e Rocca Aqui-lia. Lo stesso fenomeno si riscontra nel Siracusano con i grandi pithoi dello stile del Conzo attestato esclusivamente in grotta18. Lo scavo effettuato all’interno della Grotta I di Fontanazza, anche a causa della sua stessa limitatezza, non permette di stabilire con certezza la funzione che ebbe la cavità durante la prima età del rame, ma la tipologia dei materiali ceramici rinvenuti e la stessa grandiosità del complesso carsico di Fontanazza suggerireb-bero un uso cultuale almeno per la prima età del rame. Nel caso della tazza n. 1 da Fontanazza farebbe pensare ad un uso rituale dell’oggetto la presenza sull’ansa di un serpente, animale cui generalmente è attribuito un signifi cato ctonio19, ricoperto, inoltre, di ocra rossa minerale le cui connotazioni rituali e persino terapeutiche sono ben note. Il rinvenimento di una sepoltura nel cunicolo della Grotta IV documenta un utilizzo funerario per questa cavità che è probabilmente in collegamento con la Grotta II. Come è ora ben documentato anche dal recente ritrovamento di quattro idoletti databili al Neolitico fi nale effet-tuato in questa stessa grotta, il contesto funerario può ben associarsi ad un utilizzo di tipo cultuale. Le cavità, infatti, potevano anche ospitare opera-zioni successive al seppellimento ivi comprese offerte rituali del genere di quelle ipotizzate per la tarda età del rame e il Bronzo Antico nelle grotte di scorrimento lavico etnee (Privitera 1994) e in diversi siti dell’Eneolitico peninsulare (Cocchi Genick 2001). In questa ottica sarebbe importante potere distinguere tra il corredo personale e le of-ferte successive. Nel caso della deposizione della Grotta Fontanazza IV potrebbero avere fatto parte del corredo individuale la punta di freccia e forse le ceramiche, mentre i grandi pithoi presenti nel-la stessa grotta rientrerebbero nel secondo caso. Per l’Eneolitico antico l’evidenza del territorio di Milena, pur nella limitatezza dei dati attualmente disponibili, appare però ugualmente quanto mai indicativa. Se consideriamo i diversi momenti che possono essere riconosciuti in alcuni casi nel

18 Per le grotte dell’età del rame siciliane con probabile utilizzo cultuale v. McConnell 1997, p. 284. Per un uso cultuale della Grotta Zubbia v. Castellana 1995, p. 69.19 Un serpente è applicato al polso della fi gura ”acroteriale”, ritenuta dall’autore una vera e propria immagine di culto, rinvenuta all’interno della stipe votiva della necropoli di Piano Vento (Castellana 1995, p. 75 ss.). Per un’interpretazione religiosa del serpente nel mondo preistorico v. Gimbutas 1991, p. 236 ss.

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rituale funerario eneolitico: seppellimento, scarni-fi cazione, deposizione secondaria, selezione delle ossa e cremazione (Barfi eld et alii 1995), vediamo che alcuni di questi momenti sembrano essere documentati nel nostro territorio. Infatti la depo-sizione di Menta sembra documentare il momento della cremazione, mentre il seppellimento della Grotta Fontanazza IV potrebbe costituire l’ultimo momento con il collocamento in grotta.

Sempre in contesto funerario-rituale si pos-sono porre le tre buche di Serra del Palco adesso bene inquadrabili in una serie di fosse-pozzetti con offerte votive attestate a Cozzo Busonè, a Piano Vento e a Camaro, che documentano una serie di attività connesse a pratiche funerarie tendenti ad annullare l’individualità dei defunti.

Se consideriamo poi le particolarità geomor-fologiche del territorio della valle del Platani si possono richiamare anche altri aspetti come quelli legati all’acqua. Secondo le suggestive interpreta-zioni avanzate da Ruth Whitehouse a proposito di un eventuale uso cultuale delle grotte nella preistoria italiana, particolare rilievo vengono date alle acque di carattere “abnorme” che si ma-nifestano cioè non in forma liquida ma in forma vaporosa o gassosa (Whitehouse 1992, p. 132). Le peculiarità geomorfologiche delle cavità del Montegrande con i suoi pozzi, gallerie, fenomeni vaporosi e cavità arricchite da stalattiti rientrano perfettamente in queste categorie. La presenza di estese concrezioni calcaree su numerosi vasi delle grotte di Fontanazza, in particolare su alcuni reci-pienti della facies di Malpasso purtroppo rimossi dalla Grotta Fontanazza II alcuni anni prima del-le indagini archeologiche, farebbe inoltre pensare alla possibilità che questi vasi fossero stati posti per raccogliere le acque di stillicidio, come ben documentato nella vicina Grotta Palombara di Raffadali (Gullì 2001) oltre che nel caso classico della Grotta Scaloria.

Tutto induce a ritenere che i complessi pseu-docarsici della valle del Platani (grotte di Fonta-nazza, Monte Conca, Grotta Ferro, ma anche le grotte di Palombara e dei Pipistrelli) costituissero proprio per le loro peculiarità geomorfologiche, quali fenomeni vaporosi nella Grotta Fontanaz-za II e presenza di fi umi sotterranei nelle grotte Palombara e Pipistrelli, dei luoghi ideali per ce-rimonie con tutta probabilità connesse alle prati-che funerarie, nelle quali la presenza di acqua “in forma anomala” doveva costituire un elemento fondamentale, cerimonie che forse potevano coin-volgere la comunità nel suo complesso e costituire un legante di tipo sociale.

Esaminando la distribuzione degli inse-

diamenti vediamo come durante l’Eneolitico la

media valle del Platani appare interessata da una fi tta rete di abitati numericamente notevole se consideriamo la scarsità di siti attestati nella stessa zona durate il Neolitico tardo20. Per tutta la durata dell’età del rame il numero dei siti occupati rimane costante e la maggior parte di questi con-tinuerà ad essere frequentato nel Bronzo Antico: sono una decina i siti noti per l’Eneolitico antico, altrettanti per l’Eneolitico recente, leggermente più numerosi per il Bronzo Antico. La tendenza a creare insediamenti più grandi può spiegare la diminuzione dei siti noti per il Bronzo Medio, contrazione che appare sempre più netta con il Bronzo Recente21.

Questi dati evidenziano la presenza di due momenti di differenziazione demografi ca: uno, maggiore, è costituito dal forte incremento dei siti con il passaggio tra Neolitico tardo ed Eneo-litico antico, e l’altro, meno avvertibile, con una contrazione della documentazione tra Bronzo Antico e Medio.

Una analoga discontinuità tra la fi ne del Neo-litico e l’inizio dell’Eneolitico si riscontra anche in altri ambiti territoriali abbastanza noti come quel-lo di Palma di Montechiaro (Castellana 1982) e la stessa area della Conca d’Oro (Bovio Marconi 1944; Cassano e Manfredini 1975). Una discontinuità tra Neolitico fi nale ed Eneolitico, anche se con carat-teri generali differenti, è stata riscontrata nell’area etnea meridionale dove il primo Eneolitico è però scarsamente attestato in confronto alla grande dif-fusione degli insediamenti dell’Eneolitico medio e fi nale (Cultraro 1988). La situazione è invece piuttosto diversa nella costa occidentale della Si-cilia dove il rinvenimento di necropoli di notevoli dimensioni nella zona compresa tra Ribera e Ma-zara22 fa presagire l’esistenza di aree intensamente abitate già durante il primo Eneolitico come nella Conca d’Oro. Uno sguardo anche solo superfi ciale alle aree attorno Licata, Gela (Fiorentini 1984) e al territorio ibleo (Di Stefano1984) evidenzia la scarsa presenza di testimonianze relative alle facies eneo-litiche mentre le stesse aree diventano fi ttissime di insediamenti durante il Bronzo Antico.

Il carattere provvisorio dei dati in nostro pos-sesso e l’esistenza di moltissima documentazione ancora inedita, o nota solo attraverso rapporti pre-liminari, non consentono di approfondire questo

20 Ceramica dello stile di Diana è infatti conosciuta solo in tre siti: Contrada Fontanazza, Rocca Aquilia e Rocca S. Paolino, siti la cui frequentazione, come si è visto, continua durante l’Eneolitico (v. Guzzone 1994).21 Sono circa otto i siti noti per il Bronzo Medio e Recente.22 Tinè 1960, p. 128 (necropoli di Contrada Tranchina); McConnell 1988 (necropoli di Castello presso Ribera); Tusa 1994, p. 95 ss.

183CONSIDERAZIONI SULL’ETÀ DEL RAME NELLA MEDIA VALLE DEL PLATANI (SICILIA)

quadro o di ampliarne i confi ni. È però ugualmente possibile trarre alcune considerazioni.

Innanzitutto l’età del rame costituisce in molte aree una cesura con un notevole aumento degli insediamenti rispetto al Neolitico fi nale. Durante l’Eneolitico sembra esistere una differenziazione tra aree costiere orientali e aree costiere occiden-tali: queste ultime in qualche caso fi n dall’inizio del periodo presentano centri abitati di “notevoli” dimensioni. Per il numero delle stazioni individua-te la zona di Milena può essere accostata all’area centro-occidentale, ma la mancanza di suffi cienti dati relativi alle necropoli non permette di verifi -care le dimensioni di questo fenomeno.

Il momento di passaggio tra Eneolitico e Bron-zo Antico offre un quadro ancora diverso: nelle coste sia orientali che occidentali si riscontra una discontinuità nella frequentazione dei siti che in-vece non cogliamo nei territori dell’interno come quello di Milena. Evidentemente i cambiamenti demografi ci ed insediamentali riscontrabili tra Eneolitico e Bronzo Antico appaiono più evidenti lungo le coste che non nell’entroterra.

I dati qui presentati sono desunti dagli scavi e dalle ricerche sul terreno effettuate negli anni 1978-1985 dal Prof. Vincenzo La Rosa della cattedra di Civiltà Indigene della Sicilia Antica dell’Università degli Studi di Catania in collaborazione con la Sovrintendenza Archeologica per la Sicilia centro-meri-dionale. Gran parte dei materiali sono adesso esposti presso l’Antiquarium “Arturo Petix” di Milena. Con l’eccezione delle fi gg. 3.2,5-6 (di Orazio Pulvirenti) e 4.6 (di Mariella Puglisi), i disegni sono di Calogero Catanzaro. Si ringraziano: le Dott.sse Rosalba Panvini, Soprintendente, e Carla Guz-zone, Dirigente Servizio, della Soprintendenza BB.CC.AA. di Caltanissetta, il Prof. Vincenzo La Rosa il Sig. Giuseppe Palumbo per l’aiuto ricevuto durante i miei soggiorni a Mi-lena e per le preziose indicazioni sulla topografi a della zona; la prof.ssa Daniela Cocchi Genick per i preziosi consigli.

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