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Fondo patrimoniale: l’alienazione dell’unico bene costituito, l’estinzione per esaurimento, lo scioglimento (volontario), il Lar familiaris ed il mito di Calipso (Parte Prima)

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FONDO PATRIMONIALE:L’ALIENAZIONE DELL’UNICO BENE COSTITUITO,L’ESTINZIONE PER ESAURIMENTO,LO SCIOGLIMENTO (VOLONTARIO),IL LAR FAMILIARIS ED IL MITO DI CALIPSOSOMMARIO: 1. Introduzione. Oggetto dello studio. — 2. Gli interessi tutelati con ladisciplina del fondo patrimoniale. I bisogni della famiglia in senso soggettivo edoggettivo ed il Lar familiaris. — 3. Il fondo patrimoniale quale convenzionematrimoniale. — 4. La portata dell’art. 169 c.c. e la disciplina ivi contenuta. —4.1. La ratio e gli atti interessati. — 4.2. I requisiti di necessita ed utilita evidente.— 4.3. La disciplina naturale in assenza di figli. — 4.4. La disciplina naturale inpresenza di figli. — 4.5. La c.d. clausola di libera alienabilita dei beni. — 4.6. Ilreimpiego. — 5. L’alienazione ex art. 169 c.c. come ipotesi di svincolo immediatodel bene e di estinzione per esaurimento del fondo patrimoniale. — 6. Differenzetra l’estinzione del fondo per esaurimento conseguente ad un atto di alienazioneed il suo scioglimento (volontario). — 7. Lo scioglimento (volontario) del fondo.Analisi degli orientamenti profilatisi in ordine alla sua ammissibilita. — 7.1. La tesidell’esclusione sia della modificazione, sia dello scioglimento (volontario). Critica.— 7.2. La tesi che ammette la modificazione, ma nega lo scioglimento (volonta-rio). Critica. — 7.3. La tesi che ammette lo scioglimento (volontario). Sviluppo. —8. Gli artt. 163 c.c. e 2 l. 10 aprile 1981 n. 142. — 8.1. Loro portata edapplicabilita all’estinzione per esaurimento del fondo. Spunti sulla forma, sullarappresentanza volontaria e sulla pubblicita in ordine agli atti di alienazione. —8.2. (segue) Analisi della problematica con riguardo agli atti di scioglimento(volontario) del fondo. — 9. Abstract riepilogativo.

1. Sin dall’indomani della riforma del diritto di famiglia la dot-trina si era cimentata nel chiarire la portata applicativa degli artt. 167ss. c.c. (1), con particolare attenzione ai loro effetti dal punto di vistagenetico e patologico. Sono trascorsi oltre quattro lustri ed anche isuccessivi contributi dedicati al fondo patrimoniale (2), spesso, hanno(1) Da qui innanzi, per maggior speditezza, gli articoli del codice civile siindicheranno con il solo numero.(2) Contributi cui si fa rinvio per un’analisi sistematica degli artt. 169 e 171, ilcui tenore letterale, polisenso e proteiforme ha consentito il sorgere delle opinioni piuvariegate. Tra essi, v.: T. AULETTA, Il fondo patrimoniale, in Il codice civile. Commen-

lasciato in ombra le caratteristiche peculiari dell’atto di alienazionetario, diretto da P. SCHLESINGER, Artt. 167-171, Milano, 1992, 285 ss. e 347 ss.; C.M.BIANCA, Diritto civile, 2, La famiglia - Le successioni, Milano, 1989, 106; F. CARRESI,Commento agli artt. 167-176 c.c., in Commentario al diritto italiano della famiglia, a curadi G. CIAN, G. OPPO e A. TRABUCCHI, vol. terzo, Padova, 1992, 43 ss.; S. CARRUBBA, Ilfondo patrimoniale, in Rolandino, 1975, 559 ss.; P. CARUSI, Il negozio giuridico notarile,I, Soggetti - Famiglia - Successioni - Diritti reali - Casi e questioni, Milano, 1993; G.CIAN-G. CASAROTTO, voce Fondo patrimoniale della famiglia, in Novissimo Dig. it.,Appendice, vol. III, Torino, 1982, 834 ss.; F. CORSI, Il regime patrimoniale della famiglia.Le convenzioni matrimoniali. Famiglia e impresa, in Trattato di diritto civile e commer-ciale, gia diretto da A. CICU e F. MESSINEO e continuato da L. MENGONI, vol. VI, tomoII, sez. 2, Milano, 1984, 96 ss; V. DE PAOLA-A. MACRIv, Il nuovo regime patrimoniale dellafamiglia, Milano, 1978, 242 ss. (scritto che, relativamente al fondo patrimoniale,riproduce, pressoche integralmente, il contributo di A. MACRı, Fondo patrimoniale, inIl nuovo diritto di famiglia. Contributi notarili, Milano, 1975, 71 ss.); V. DE PAOLA, Ildiritto patrimoniale della famiglia coniugale, tomo terzo, Il regime patrimoniale dellafamiglia. Separazione dei beni - Fondo patrimoniale - L’impresa familiare, Milano, 1996,119 ss.; DI CAGNO-PERCHINUNNO-SCAGLIESE-TATARANO-PACE-SPANO, Il fondo patrimoniale,in Nuovi contributi del notariato allo studio della riforma del diritto di famiglia, inNotaro, 1975, 116 ss.; M. DODDE, Il fondo patrimoniale, in Riv. cancellerie, 1986, 248 ss.;M. FRAGALI, La comunione. Appendice al tomo I, in Trattato di diritto civile e commer-ciale, gia diretto da A. CICU e F. MESSINEO e continuato da L. MENGONI, vol. XIII, tomoI, Appendice, Milano, 1977, 29 ss.; F. GALLETTA, I regolamenti patrimoniali tra coniugi,Napoli, 1990, 119 ss.; A. FINOCCHIARO-M. FINOCCHIARO, Diritto di famiglia. Commentosistematico della legge 19 maggio 1975 n. 151, volume primo, Art. 1-89, Milano, 1984,824 ss.; A. FUSARO, Il regime patrimoniale della famiglia, in I grandi orientamenti dellagiurisprudenza civile e commerciale, collana diretta da F. GALGANO, Padova, 1990, 118ss.; G. GABRIELLI, voce Patrimonio familiare e fondo patrimoniale, in Enc. dir., vol.XXXII, Milano, 1982, 298 ss.; B. GRASSO, Il regime in generale e il fondo patrimoniale,in Trattato di diritto privato, diretto da P. RESCIGNO, 3, Persone e famiglia, tomosecondo, 1982, 394 ss.; A. JANNUZZI, Manuale della volontaria giurisdizione, Milano,1990, 529 ss.; R. LENZI, Struttura e funzione del fondo patrimoniale, in Riv. not., 1991,53 ss.; P. LOREFICE, Brevi considerazioni sugli artt. 169 c.c. e 171 c.c., in La volontariagiurisdizione. Casi e materiali, a cura della Scuola di notariato A. Anselmi di Roma -Consiglio notarile di Roma, Milano, 1997, 330 ss.; E. MANDES, Il fondo patrimoniale.Rassegna di dottrina e giurisprudenza, in Riv. not., 1990, 678 ss. e 695 ss.; F. MAZZACANE,La giurisdizione volontaria nell’attivita notarile, Roma, 1986, 121 ss.; A. MAZZOCCA, Irapporti patrimoniali tra coniugi. Sintesi teorico-pratica, Milano, 1977, 47 ss.; L. MILONE,Appunti per uno studio sul fondo patrimoniale, in questa Rivista, 1976, 1765 ss.; M.R.MORELLI, Il nuovo regime patrimoniale della famiglia, Padova, 1996, 151 ss.; L.PENTANGELO, Fondo patrimoniale, in Il nuovo diritto di famiglia. Contributi notarili, cit.,573 ss.; A. PINO, Il diritto di famiglia, Padova, 1977, 127 ss.; E. RUSSO, Il fondopatrimoniale, in Studi sulla riforma del diritto di famiglia, Ricerca a cura dell’Istituto didiritto privato dell’Universita di Messina diretto dal medesimo A., Milano, 1973, 549ss.; G. SANTARCANGELO, La volontaria giurisdizione nell’attivita negoziale, vol. IV,Regime patrimoniale della famiglia, Milano, 1989, 646 ss.; F. SANTOSUOSSO, Delle persone

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dell’unico bene costituito (3) e le differenze di natura e disciplina tral’estinzione per esaurimento e lo scioglimento (volontario) del fondo,sicche emerge viva l’esigenza di una loro specifica trattazione.Al fine di orientare chi legge, ritengo utile tracciare immediata-mente, a mo’ di indice, una specie di « mappa » del presente studio, nelquale l’analisi degli argomenti sopra indicati, che ne costituisconol’oggetto precipuo, verra preceduta dallo svolgimento di alcuni temiper cosı dire prodromici.In primo luogo, si cerchera di evidenziare due aspetti generali delfondo patrimoniale: gli interessi su cui si e concentrata l’attenzione dellegislatore allorche ha modellato le relative disposizioni e la sua naturadi convenzione matrimoniale.Di poi, si tentera di delineare la portata dell’art. 169 e la disciplinaivi contenuta.Successivamente, si analizzeranno i negozi di alienazione sotto laprospettiva dei loro effetti sui beni (che ne costituiscono l’oggetto) e sulfondo, il quale, a seguito di tali atti, potra estinguersi per esaurimento.In quarto luogo, si cerchera di delineare le differenze tra l’estin-zione del fondo per esaurimento dei beni ed il suo scioglimento(volontario), del quale ultimo si valutera l’ammissibilita.Di seguito, ci si occupera della disciplina di tali atti e, segnata-mente, dell’applicabilita degli artt. 163 c.c. e 2 l. 10 aprile 1981 n. 142,della loro forma, dell’ammissibilita della rappresentanza volontaria edella pubblicita nei registri immobiliari e in quelli dello stato civile.Da ultimo, si cerchera di riepilogare, sotto forma di abstract, irisultati raggiunti nel corso di questo lavoro,2. Il fondo patrimoniale puo essere definito come un patrimonio

e della famiglia. Il regime patrimoniale della famiglia, in Commentario al codice civile,redatto a cura di magistrati e docenti, Libro I, titolo VI, capo 6o, tomo primo (parteterza), Torino, 1983, 117 ss.; M.C. SERMANNI, Il fondo patrimoniale, in Stato civ. it., I,1979, 460 ss.; A. SOLIDORO-A. RAVO, Il fondo patrimoniale: profili civilistici, fiscali,fallimentari, in Dir. fall., I, 1990, 93 ss.; G. TAMBURRINO, Lineamenti del nuovo diritto difamiglia, Torino, 1978, 219 ss.Per un’analisi del sistema anteriormente alla riforma, v., per tutti, G. TEDESCHI, Ilregime patrimoniale della famiglia, in Trattato di diritto civile italiano, diretto da F.VASSALLI, vol. terzo, tomo primo, fasc. 2o, Torino, 1952.(3) Analogo discorso vale, naturalmente, nel caso di alienazione di tutti i benicostituenti il fondo.

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volto a far fronte ai bisogni della famiglia (4), pur essendo controversala sua natura: alcuni parlano di patrimonio separato, altri di patrimonioautonomo (5), altri ancora, preferibilmente, di patrimonio di destina-zione o anche di « patrimonio allo scopo » (6). Certamente da esclu-dere e che esso possa essere configurato come una persona giuridica ocome un centro autonomo di imputazione di interessi giuridici (7).La costituzione del fondo patrimoniale si compone di due seg-menti, funzionalmente e sistematicamente, distinti: l’atto di costitu-zione del vincolo, che ha funzione di destinazione, e l’atto con il quale(4) V., sul punto, T. AULETTA, op. cit., 3 ss., il quale, in modo puntuale, evidenziacome il fondo patrimoniale sia uno dei pochi istituti rimasti in vita diretti al soddisfa-cimento dei bisogni della famiglia, in uno all’usufrutto legale e alle doti costituiteanteriormente al 1975.(5) Nel senso del patrimonio separato, v., in dottrina: F. CORSI, op. cit., 88; B.DEL VECCHIO, Contributo all’analisi del fondo patrimoniale costituito dal terzo, in Riv.

not., 1980, 325; V. DE PAOLA, op. cit., 24 ss.; M. FRAGALI, op. cit., 35; G. FULCHERIS,Regimi pairimoniali fra coniugi nel codice civile e la legge n. 151, in La riforma del dirittodi famiglia, Atti del seminario di studi svolto a Bologna nei giorni 5-6-7 settembre 1975,Roma, s.d., vol. I, 197 (indicazione bibliografica cui si fara riferimento in prosieguo,studio apparso anche in Il nuovo diritto di famiglia. Contributi notarili, cit., 113 ss.); L.RAGAZZINI, La revocatoria delle convenzioni matrimoniali, in Riv. not., 1990, 967; ingiurisprudenza, sebbene solo incidentalmente, App. Brescia 13 febbraio 1981, in Riv.not., 1982, 73.Nel senso del patrimonio autonomo. v. R. LENZI, op. cit., 54 testo e nota 3.V’e poi chi, basando la distinzione tra patrimonio autonomo e patrimonioseparato sulla titolarita dei beni (nel primo spetta a piu soggetti; nel secondo eindividuale), discerne a seconda che la proprieta dei beni spetti ad entrambi i coniugi(patrimonio autonomo) o meno (patrimonio separato): cosı P. ZATTI-V. COLUSSI,Lineamenti di diritto privato, Padova, 1991, 320. Il criterium distintionis sunteggiato,pur condiviso da autorevole dottrina (F. SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali deldiritto civile, Napoli, 1966, 85 e 86), non e, tuttavia, pacifico; secondo altri, infatti, ilpatrimonio autonomo sarebbe caratterizzato dall’appartenenza dei beni ad un entecollettivo, sul quale vengono a far capo autonomi diritti ed obblighi: cosı, per tutti, F.MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, I, Milano, 1957, 386.(6) Nel senso del patrimonio di destinazione, v. T. AULETTA, op. cit., 20; M.DODDE, op. cit., 247; A. FINOCCHIARO-M. FINOCCHIARO, op. cit., 801; A. JANNUZZI, op. cit.,525; A. MAZZOCCA, op. cit., 52; L. MILONE, op. cit., 1760; P. PERLINGERI, Sulla costituzionedel fondo patrimoniale su « beni futuri », in questa Rivista, 1977, 281; G. SANTARCAN-GELO, op. cit., 607; G. TAMBURRINO, op. cit., 216.Nel senso del « patrimonio allo scopo », v., in dottrina: P. CARUSI, op. cit., 310 eE. SANTOSUOSSO, op. cit., 120; in giurisprudenza: Trib. Catania 2 giugno 1986, in Dir.fall., 1986, 11, 743, con nota di R. ABRAMO, Fondo patrimoniale e fallimento.(7) In quest’ultimo senso v., invece, V. DE PAOLA-A. MACRIv, op. cit., 230; per unapuntuale ed assorbente critica a tale ultimo indirizzo, v. T. AULETTA, op. cit., 23 ss.

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si dispone la titolarita dei beni, che ha funzione attributiva e relativa-mente al quale e sorta piu d’una controversia, specie con riguardo allapossibilita che il terzo (costituente) si riservi la (nuda) proprieta deibeni destinati al fondo, alla possibilita che il terzo attribuisca ad unosolo dei coniugi la piena ed esclusiva proprieta (o che un coniugecostituisca il fondo senza mutamento di titolarita e godimento) e allapossibilita, infine, che il costituente attribuisca la proprieta dei beni apersona diversa dai coniugi (8).(8) I punti di contrasto sunteggiati meritano di essere considerati partitamente.Con riguardo al primo punto, se, cioe, il terzo costituente possa riservarsi la (nuda)

proprieta dei beni destinati al fondo, si esprimono in senso negativo: V. DE PAOLA, op.cit., 42 ss.; V. DE PAOLA-A. MACRIv, op. cit., 232, A. MAZZOCCA, op. cit., 56 e L. RAGAZZINI,op. cit., 965, 966 e 971, traendo spunto, tra l’altro, dalla mancata riproduzione dell’art.168 abrogato, che cio espressamente consentiva. Tra chi, invece, ammette tale possi-bilita, non vi e unanimita di vedute circa la natura del diritto di godimento attribuitoai coniugi.Per un primo orientamento, esso dovrebbe qualificarsi di natura reale e, piuprecisamente, tale diritto sarebbe, secondo alcuni, un diritto di usufrutto (T. AULETTA,op. cit., 178 ss. e 226 ss.; F. CARRESI, Commento agli artt. 167-176 c.c., cit., 58 ss.; ID.,Responsum (alla quaestio: Se il costituente il fondo patrimoniale possa, in caso di abusodei coniugi, invocare la tutela di cui all’art. 1015 c.c.), in Questioni di diritto patrimo-niale della famiglia, discusse da vari giuristi e dedicate ad A. Trabucchi, Padova, 1989,107 ss.; G. FULCHERIS, op. cit., 201; B. GRASSO, op. cit., 393; M. IEVA, La pubblicita deiregimi patrimonali della famiglia, in Riv. not., 1996, 439; G. TAMBURRINO, op. cit., 219testo e nota 68; L. MILONE, op. cit., 1766, il quale ultimo fa, tuttavia, rinvio all’usufruttosolo per analogia), usufrutto talvolta definito di scopo (R. PACIA DEPINGUENTE, Auto-nomia dei coniugi e mutamento, del regime patrimoniale, in Riv. dir. civ., 1980, II, 561),talvolta ritenuto coniato ex novo dal legislatore sul modello dell’usufrutto legale (G.GABRIELLI, op. cit., 296 ss., il quale, dopo aver fatto riferimento alla comunione ingesamter Hand ed aver conseguentemente escluso la configurabilita di quote, ritieneche il diritto in parola, similmente all’usufrutto legale (art. 324 cpv.), e un usufrutto discopo, volto, cioe, a far fronte ai bisogni della famiglia, ma se ne distingue, non essendoattributo della potesta). Altri, invece, hanno assimilato tale diritto reale all’uso,precisando che esso non conosce le limitazioni previste dall’art. 1021, comma primorelativamente ai frutti (G. CIAN-G. CASAROTTO, op. cit., 833).Un secondo orientamento (A. FINOCCHIARO-M. FINOCCHIARO, op. cit., 818 e 819)inquadra la fattispecie nella « proprieta divisa », ove sarebbero ugualmente tutelati idue concomitanti interessi, del costituente e dei coniugi, i quali vanterebbero sulmedesimo bene diritti diversi, ma collegati e non indipendenti, di guisa che « il nudoproprietario e pur sempre ‘ titolare ’ dei beni, ma non puo dare agli stessi altradestinazione, non puo godere i frutti, che sono vincolati ai bisogni della famiglia, nonpuo alienarli se non con il ‘ consenso ’ di entrambi i coniugi beneficiari ».Tra gli autori che aderiscono ai due orientamenti da ultimo riportati e inoltrediscusso se il diritto in esame sia o meno trasferibile (volontariamente o coattivamente).

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Il fondo, come gia da altri (a lume degli artt. 168 cpv. e 170)rilevato, « assume la duplice veste di peculium per un verso e diIn senso negativo, v. G. GABRIELLI, op. cit., 302 (il quale, dopo aver dedotto laconclusione dai principi vigenti in tema di usufrutto legale, afferma la rinunciabilita ditale diritto in favore del nudo proprietario o di un terzo nel caso di alienazione del benefatta d’accordo tra il proprietario ed entrambi coniugi; tale rinuncia sarebbe soggettaalla disciplina dettata dall’art. 169 e potrebbe avvenire anche verso corrispettivo) e A.FINOCCHIARO-M. FINOCCHIARO, op. cit., 818 nota 3 (ma v. quanto dagli stessi affermato apg. 829 nota 6). Nel senso della trasferibilita v., invece, T. AULETTA, op. cit., 226 ss. eF. CARRESI, Commento agli arti. 167-176 c.c., cit., 59 e 60 (il quale precisa chel’alienabilita di detto diritto e condizionata al rispetto dell’art. 169).Con riguardo al secondo punto, se, cioe, il terzo possa attribuire ad uno solo deiconiugi la (piena ed esclusiva) proprieta (o il coniuge costituente possa costituire un fondopatrimoniale senza mutamento della titolarita e del godimento dei beni, facendo sorgeresolamente i vincoli di cui agli artt. 167 ss.), alcuni si esprimono in senso negativo,adducendo che l’ipotesi contrasterebbe con il divieto di costituzione di dote postodall’art. 166 (V. DE PAOLA-A. MACRIv, op. cit., 232) e richiamando, tra l’altro, l’art. 2647,comma primo (V. DE PAOLA, op. cit., 42 ss.) Altri cosı distinguono: mentre la pienaproprieta potrebbe sempre spettare ad uno solo dei coniugi, il terzo costituente, innessun caso, potrebbe riservarsi la titolarita (piena) dei beni costituiti (M.R. MORELLI,op. cit., 155 e 156). L’opinione piu diffusa e, invece, nel senso dell’ammissibilita di unatale riserva (cosı: U. APICE, I rapporti personali e patrimoniali nella famiglia, Roma, 1989,78 e 79; L. BARCHIESI, Il sistema della pubblicita nel regime patrimoniale della famiglia,Milano, 1995, 230; G. CIAN-G. CASAROTTO, op. cit., 833 e 834; G. FULCHERIS, op. cit., 201;F. GALLETTA, op. cit., 134; B. GRASSO, op. cit., 394; A. JANNUZZI, op. cit., 527; E. RUSSO,op. cit., 562 ss., il quale finisce con l’operare una sostanziale svalutazione della riservadella proprieta (svalutazione criticata dalla dottrina prevalente: a tal proposito v., pertutti, i rilievi di F. CARRESI, Commento agli artt. 167-176 c.c., cit., 57 ss.; A. SOLIDORO-A.RAVO, op. cit., 975).La querelle merita una succinta riflessione. Ammettendo la possibilita che manchila contitolarita dei beni costituiti in fondo patrimoniale, si verrebbe a creare unasingolare situazione giuridica. Infatti, in tal caso, uno dei coniugi sarebbe (pieno edesclusivo) proprietario e coamministratore dei beni, mentre l’altro sarebbe solo coam-ministratore. Senonche, si finirebbe, cosı, col determinare una discrasia tra titolarita deibeni e poteri di amministrazione. Tale scissione di diritti e poteri, come rilevato da T.AULETTA, op. cit., 172 ss. e 212, e contraria al principio generale, vigente nel nostroordinamento, per cui l’esercizio del potere di amministrazione spetta, personalmente,al titolare dei beni o ad altro soggetto scelto da lui o designato dalla legge. Che lacostituzione del fondo comporti sempre un acquisto a vantaggio del/dei coniuge/i noncostituente/i, secondo l’A. ult. cit., discenderebbe, inoltre, dal piu generale principioper cui l’intera amministrazione del fondo sarebbe modellata sui principi della comu-nione coniugale (che, come e noto, presuppone una situazione di contitolarita) erisulterebbe confermato dall’art. 2647 (per il quale il fondo va trascritto controentrambi i coniugi). Questi rilievi, in parte, non sono sfuggiti alla dottrina prevalente,la quale si e domandata, pur non dandone una risposta, a che titolo il coniuge nontitolare della proprieta (co)amministra, dal momento che « i poteri attribuiti al soggetto

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garanzia patrimoniale riservata ad una determinata categoria di credi-tori [v. art. 170], dall’altro (9). Questa osservazione e utile per l’intel-ligenza degli interessi tutelati con la disciplina del fondo patrimoniale.Secondo una parte della dottrina, gli interessi che assumono rilievo,sono esclusivamente quelli della famiglia, sicche il « vincolo appare ormainetto e inderogabile soltanto per i creditori » (10). Come si avra agio diverificare in prosieguo, la funzione di destinazione dei beni alla finalitaesclusiva di soddisfare i bisogni della famiglia non e, tuttavia, rimessaall’arbitrio dei coniugi. Essa, infatti, come osservato da un attento autore,puo astrattamente attuarsi solo in presenza di due condizioni (parimentiessenziali): « che ad uno dei membri della famiglia venga attribuito undiritto sui beni... e che... tale diritto venga circondato da limiti, i qualivalgano ad imporre che le diverse facolta di cui consta, siano esercitatesecondo un apprezzamento discrezionale, e non libero, dei fini » (11).Cio esposto, si rendono ora necessarie alcune precisazioni inordine al concetto di « bisogni della famiglia » (art. 167), sia nella suaportata soggettiva, sia in quella oggettiva. Cominciamo con la prima.Deve dirsi che, generalmente, si tende a ricomprendere nell’ambitodella famiglia i coniugi ed i figli (anche sopravvenuti alla coppia (12)),con esclusione degli ascendenti e dei figli dei figli, restringendosi, cosı,la normativa a favore della sola famiglia c.d. nucleare (13). A vividalle norme sulla amministrazione della comunione non sono poteri di amministra-zione in nome altrui, ma sono poteri che presuppongono una contitolarita » (cosı E.RUSSO, op. cit., 562).Con riguardo al terzo ed ultimo punto, relativo alla possibilita che il terzocostituente attribuisca la proprieta a persona diversa dai coniugi (e cosı anche ad uno deiloro figli), v., per tutti, in senso positivo, F. CARRESI, Commento agli artt. 167-176 c.c.,cit., 56 e G. GABRIELLI, op. cit., 295; in senso negativo, V. DE PAOLA-A. MACRIv, op. cit.,232 e A. MAZZOCCA, op. cit., 56.(9) In tal senso, F. CORSI, op. cit., 88, seguito da V. DE PAOLA, op. cit., 30.(10) Cosı F. CORSI, op. cit., 84 (ed anche 97).(11) Sic G. GABRIELLI, op. cit., 295.(12) Per indicazioni bibliografiche, v. nota 91.(13) Cfr. T. AULETTA, op. cit., 185; C.M. BIANCA, op. cit., 104; G. CIAN-G.CASAROTTO, op. cit., 830; V. DE PAOLA, op. cit., 36; G. GABRIELLI, op. cit., 299; G.SANTARCANGELO, op. cit., 607; F. Santosuosso, op. cit., 134 e 135. Diversamente, v., insenso restrittivo, A. PINO, op. cit., 128, per il quale il legislatore avrebbe fattoriferimento, piuttosto che ai bisogni della famiglia, al bisogni della comunita coniugale,con esclusivo riferimento agli interessi dei coniugi; in senso ampio, M. FRAGALI, op. cit.,30, il quale sostiene che tra i bisogni della famiglia vanno ricompresi anche quelli deiparenti al cui mantenimento i coniugi sono tenuti o si sono impegnati.

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contrasti ha dato luogo la definizione dei figli i cui bisogni sono presiin considerazione: mentre non v’e dubbio che tra essi vadano ricom-presi i figli legittimi e legittimati, gli adottati con adozione ordinaria ospeciale (14) e gli affiliati, e invece controverso se possano trarregiovamento dal fondo i figli naturali (15), i nascituri (16) ed i maggio-renni (17). In relazione ai figli maggiorenni sono state profilate diversetesi, che si distinguono tra loro con riguardo al dato di riferimento cuibisognerebbe far capo: alcuni autori hanno fatto rinvio al diritto almantenimento (18); altri all’obbligo alla contribuzione (19); altri an-cora, traendo spunto dall’art. 315, alla convivenza (20); non e mancato,infine, chi ha ricompreso tra i beneficiari tutti figli maggiorenni, senzadistinzione alcuna (21) e chi li ha esclusi in toto (22),Ancor piu delicata e l’analisi dei bisogni della famiglia nella loroportata oggettiva. L’argomento e estremamente ampio ed e, rispetto a

(14) Nel senso che l’adozione ordinaria dovrebbe esser stata effettuata daentrambi i coniugi, v. G. GABRIELLI, op. cit., 299. Per V. DE PAOLA, op. cit., 38, sarebberoaltresı compresi « i minori che si siano aggregati alla famiglia ed al cui mantenimentoi coniugi si sono espressamente obbligati, come i minori in affidamento familiare opreadottivo (art. 5 e 22 l. 4 maggio 1983 n. 184) ».(15) V. le opposte opinioni di G. GABRIELLI, op. cit., 299, da un lato, e di T.AULETTA, op. cit., 187 ss. e F. SANTOSUOSSO, op. cit., 135, dall’altro.(16) Nel senso affermativo: A. FINOCCHIARO-M. FINOCCHIARO, op. cit., 801; G.GABRIELLI, Patrimonio familiare e fondo patrimoniale, cit., 299 e 304; G. FULCHERIS, op.cit., 201; A. SOLIDORO-A. RAVO, op. cit., 976. Sul punto si avra modo di ritornare neltesto (paragrafi 4.4. e 7.3.).(17) Occorre sgombrare il campo da un possibile equivoco, chiarendosi, sind’ora, che il riferimento ai bisogni dei figli maggiorenni ha rilievo solo nella fase« fisiologica » del rapporto e non anche nel caso di scioglimento dello stesso, limitandol’art. 171, comma secondo il permanere del fondo, nonostante il verificarsi di una causadi cessazione, al solo caso dei figli minori: cfr., per tutti, T. AULETTA, op. cit., 376 ss.(18) G. CIAN-G. CASAROTTO, op. cit., 830.(19) T. AULETTA, op. cit., 189 ss. e 291 ss., per il quale sarebbero ricompresi i figlimaggiorenni nella misura in cui il fondo costituisce adempimento dell’obbligo dicontribuzione e, cosı, sia i figli che hanno diritto al mantenimento, sia quelli che, purdivenuti autonomi patrimonialmente, vengano successivamente a trovarsi in unasituazione di bisogno, sia, infine, quelli che, seppur autonomi patrimonialmente, sianoancora conviventi con la propria famiglia. Opinione, questa, seguita da V. DE PAOLA,op. cit., 38.(20) G. GABRIELLI, op. cit, 299, per il quale sarebbero compresi tutti i figlimaggiorenni conviventi (abbiano o meno essi diritto al mantenimento).(21) M. FRAGALI, op. cit, 31, 32.(22) A. PINO, op. cit., 23, 24, 129.

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quello precedente (23), maggiormente espressivo del piu generaledibattito relativo al concetto di famiglia, nel cui contesto le contrap-poste soluzioni (24) dipendono, spesso, da principi ed idee pregiuridi-che. Nei limiti dell’indagine qui condotta si puo solo dire che, anche adaccedere (come mi sembra preferibile) alla tesi piu moderna, i bisognie gli interessi della famiglia in tanto sono garantiti, in quanto corri-spondono alle esigenze dei componenti la famiglia, affinche con essa etramite essa i singoli possano accrescere la propria personalita e sod-disfare i propri interessi individuali, ma non le esigenze meramenteindividualistiche ed egoistiche (25).Tentando di evitare il sopravvento delle specifiche ed immediate

(23) Infatti, il termine « famiglia », etimologicamente, deriva dal latino familia,la quale, per i romani, non indicava propriamente i legami consanguinei (per i quali essiutilizzarono il vocabolo gens), ma era una parola intrinsecamente connessa all’idea diinsediamento territoriale, di casa in senso fisico ed anche di patrimonio, ed il culto dellafamiglia era volto alle utilita pratiche ed alla lotta contro quelli che erano consideratipericoli.(24) Soluzioni che vanno da quella che configura la famiglia come portatrice diun interesse superindividuale, superiore, cui soggiacerebbero gli interessi dei singolimembri (c.d. tesi istituzionalistica della famiglia, con riguardo alla quale v., per tutti, G.TEDESCHI, op. cit., 3 ss.), a quella che esclude la configurabilita della famiglia comeorganismo espressivo di un superiore interesse collettivo (organismo il quale si por-rebbe come autonomo centro di imputazione di rapporti giuridici) e che identifica isuoi interessi con quelli dei singoli membri (c.d. teoria individualistica della famiglia,con riguardo alla quale v., per tutti, C.M. BIANCA, op. cit., 10 ss.; ID., Famiglia (diritti di),in Novissimo Dig. it., vol. VII, Torino, 1961, 68 ss., ed anche A. FINOCCHIARO-M.FINOCCHIARO, op. cit., 12 e 13). Estesissima, poi, e la gamma delle tesi intermedie, tra cui,per rimanere nell’ambito degli AA. sin qui citati, possono essere segnalate quelle di V.DE PAOLA-A. MACRIv, op. cit., 8 ss. e di G. TAMBURRINO, op. cit., 31 ss.(25) Esigenze, queste ultime, che ognuno ha il diritto di soddisfare, ma senzachiamare in soccorso la famiglia. « Una rosa rossa non e egoista perche vuole esseretale, ma sarebbe intollerabilmente egoista se esigesse che tutti gli altri fiori del giardinofossero rose e fossero rosse », ammonisce O. WILDE, (1891) in L’anima dell’uomo sottoil socialismo, traduzione di L. ARTABANO, Tea, Milano, 1989, 84, la cui memoria vienea taglio in questo argomento.La dottrina e generalmente propensa a ricomprendere nei bisogni della famiglia,dal punto di vista oggettivo, quelli afferenti alla contribuzione, al mantenimento eall’assistenza, al sostentamento, all’istruzione ed educazione dei figli, all’armonicosviluppo della famiglia e al potenziamento delle sue capacita lavorative, con esclusionedelle esigenze voluttuarie o mosse da intenti meramente speculativi e, conseguente-mente, dei bisogni sorgenti dall’attivita imprenditoriale, o professionale, o dall’eserciziodell’impresa familiare. Per un’analisi sintetica della problematica , v. E. MANDES, op. cit.,673 e A. PEPE, ll fondo patrimoniale, in Nuova giur. civ. comm., 1989, II, 208 e 219 (cheevidenzia come l’accoglimento di un’ampia nozione possa svalorizzare l’inespropriabi-

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figure personali che ognuno (interprete e/o membro di una famiglia) hain se e cercando di allontanarci da una struttura di pensiero monisticao dualistica verso una struttura polare, non mi pare cosı azzardatoaffermare che i bisogni della famiglia devono pur sempre esserericonosciuti anche dal (lo archetipo del) Lar familiaris.3. Ci si deve ora chiedere se il fondo patrimoniale costituito peratto inter vivos rientri o meno nelle convenzioni matrimoniali e se,pertanto, sia soggetto alla relativa disciplina. L’interrogativo e intrin-secamente connesso alla definizione delle convenzioni matrimonialielaborata in dottrina e giurisprudenza. Tre, essenzialmente, sono gliorientamenti delineatisi.Un primo indirizzo, partendo dall’art. 159, ritiene che debbadefinirsi come convenzione matrimoniale ogni atto che, a prescinderedalla sua struttura, abbia come effetto quello di impedire il sorgere del« regime » di comunione coniugale (26), con conseguente esclusione

lita dei beni del fondo), cui adde, per un’analisi approfondita, T. AULETTA, op. cit., 192ss. e G. GABRIELLI, op. cit., 299 ss.Non e certo questa la sede in cui rechi giovamento entrare nell’analisi delle ideecui si e accennato, ma, considerato che esse porteranno, nel prosieguo del presentelavoro, a cogliere o meno talune sfumature, ritengo di qualche utilita dare alcuneindicazioni bibliografiche. Gli archetipi, paradigmi filosofici risalenti a Platone ePlotino, sono qui richiamati a livello immaginale, in un senso che si avvicina a quellodescritto da C.G. JUNG — di cui v., nella vastissima produzione, (1934-1954), Gliarchetipi dell’inconscio collettivo, in Opere, v. 9/1, Boringhieri, Torino, 1980, 1 ss. — lecui idee sono state successivamente ampiamente sviluppate e approfondite anche dasuoi allievi e non. Nel mondo del diritto, che mi risulti, non si e ancora accennato alleimmagini archetipiche; in esso, per altro verso, non mancano profondi rilievi relativialla costruzione del pensiero o, a dirla con ARISTOTELE, Metafisica, Bekker, 1074 b, 1 ss.,al « pensiero di pensiero » (e v., tra i piu recenti, quelli contenuti in AA.VV., Diritto,giustizia e interpretazione, a cura di J. DERRIDA e G. VATTIMO, Laterza, Bari-Roma, 1998).Rilievi che, ove condotti con onesta intellettuale, manifestano il tipo di struttura dipensiero da cui sono generati. Per interessanti spunti sulla struttura del pensieromonistica, dualistica e polare, v. P. PHILIPPSON, (1944), Untersuchungen uber dengriechischen Mythos, pubblicato in Italia, in uno a Thessalische Mythologie, sotto iltitolo Origini e forme del mito greco (con traduzione), a cura di A. BRELICH, Einaudi,Torino, 1949, 79 ss. e G. REALE, Per una nuova interpretazione di Platone. Rilettura dellametafisica dei grandi dialoghi alla luce delle « Dottrine non scritte », Vita e Pensiero,Milano, decima ed., 1991, 273 ss.(26) Cosı Trib. Udine 22 maggio 1986, in Riv. not., 1987, 135 ss. Notevoli sonoi punti di contatto della definizione riportata nel testo con quella proposta da F.D.BUSNELLI, voce Convenzione matrimoniale, in Enc. dir., vol. X, Milano, 1962, 512 ss. (esegn. 514), il quale ritiene che un atto, per essere inquadrabile tra le convenzioni

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del fondo, il quale si limita ad imprimere un vincolo di destinazione suibeni (27). Su questa scia, un autore ha affermato che il fondo potrebbeessere considerato una convenzione matrimoniale solo ove si costitui-scano in esso beni appartenenti ai coniugi in regime di comunione deibeni, incidendosi, solo in tal caso, sul regime legale. Negli altri casi, nonsi darebbe vita ad un regime patrimoniale sostitutivo di quello legale,ma ci si limiterebbe a porre taluni determinati beni in una condizionegiuridica particolare (28). In senso contrario si e rilevato, tra l’altro,come « questa concezione restrittiva... imprime all’istituto natura giu-ridica diversa, a seconda dell’oggetto cui si riferisce e nonostante lasostanziale identita degli interessi tutelati dalle norme che lo prevedonoin ogni sua applicazione » (29).Un secondo orientamento restringe la nozione di convenzionimatrimoniali agli atti attinenti al solo regolamento del momento distri-butivo, « il regolamento pattizio del regime patrimoniale del matrimo-nio, inteso fondamentalmente, anche se non esclusivamente, come ilcriterio di distribuzione della ricchezza prodotta fra i coniugi ». Siosserva che « oggi non solo l’onere » contributivo, « ma anche leproporzioni in cui viene distribuito, sono fissati inderogabilmente dallamatrimoniali, « deve: a) essere contenuto in un contratto di matrimonio; b) essere inconnessione diretta con la situazione patrimoniale di un determinato matrimonio; c)non essere altrimenti disciplinato dalla legge, appunto in considerazione di taleconnessione ». Come noto, questa definizione si contrappone a quella tradizionale (perla quale v., per tutti, G. TEDESCHI, op. cit., 32 e 33), che convoglia nelle convenzionimatrimoniali sia gli accordi con i quali i coniugi, da soli o con il concorso di terzi,stabiliscono il regime patrimoniale, sia qualsiasi altro negozio stipulato dagli sposi o daun terzo (con entrambi o con uno solo di essi), in contemplazione del matrimonio.Definizione, quest’ultima, che, discutibilmente, finisce col ricomprendere nelle con-venzioni matrimoniali anche le donazioni obnuziali.(27) A medesime conseguenze (esclusione del fondo patrimoniale dalle conven-zioni matrimoniali) giunge M. PALMA, Fondo patrimoniale e azione revocatoria, nota aTrib. Perugia 12 febbraio 1987, in Vita not., 1988, 608 e 609, in base ai seguenti diversirilievi: a) le convenzioni matrimoniali sarebbero solo quei negozi volti a disciplinare ilregime generale della famiglia (e non solo ad istituire una disciplina particolare inrelazione a beni determinati; b) posto che il fondo patrimoniale puo essere costituitoanche per testamento (caso in cui il fondo non e naturalmente una convenzione), nederiverebbe che la natura giuridica del fondo muta a seconda che esso sia statocostituito per atto tra vivi o a causa di morte.(28) Cosı, GABRIELLI, op. cit., 310 e 311.(29) Cass. 27 novembre 1984 n. 8824, in questa Rivista, 1988, 854 ss. (e segn.859), con nota di P. MOROZZO DELLA ROCCA, Pubblicita ed opponibilita del fondopatrimoniale.

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legge, cosicche nessuna convenzione potrebbe in alcun modo derogarese non nel senso di stabilire eventuali contributi aggiuntivi, tramite »,appunto, « la costituzione di un fondo patrimoniale, che resta l’unicopunto di contatto tra convenzioni e momento contributivo, ma siatteggia a regime particolare a determinati beni, da adottare quindisempre in aggiunta ad uno dei regimi fondamentali » generali (ouniversali). Partendo da tali premesse, si opina che « il fondo patrimo-niale si puo considerare come convenzione soltanto nel senso che essoe soggetto, ma non sempre [cosı come, in thesi, accade, ad es., in casodi pubblicita e di modificazioni], alla disciplina prevista per le conven-zioni matrimoniali », a prescindere da considerazione per la quale l’attodi destinazione (ma non quello di attribuzione della proprieta) sarebbesempre un negozio unilaterale. Tipici elementi distintivi del fondorispetto alle convenzioni sarebbero, per un verso, la sua attinenza piual momento contributivo, che a quello distributivo e, per altro verso,l’essere un regime patrimoniale particolare e non generale. Il fondo,pertanto, secondo questo indirizzo, « puo ormai essere » consideratocome « una pseudo-convenzione e vive sempre ai margini della nuovadisciplina (30).Un terzo orientamento, largamente prevalente in dottrina e accre-ditato anche dalla Suprema Corte, comprende nel concetto di conven-zione matrimoniale ogni atto che si riflette sulla disciplina della pro-prieta o dell’acquisto dei beni e dei redditi tra coniugi, e, quindi, ancheil fondo patrimoniale, il quale, a fronte del vincolo impresso, incidesulla libera disponibilita da parte di ciascuno dei coniugi (31). La(30) Sic F. CORSI, op. cit., 3, 5 (testo e nota 10), 12, 46, 89, 90 e 96, il quale,proprio partendo dalle illazioni riportate nel testo, trae la conclusione (pg. 46 ss) chela pubblicita del fondo deve realizzarsi a mezzo della trascrizione (art. 2647), mentrel’annotazione a margine dell’atto di matrimonio di cui all’art. 162, comma quarto, adifferenza della separazione e della comunione convenzionale (regimi universali), hamera funzione di pubblicita notizia.(31) In dottrina: T. AULETTA, op. cit., 4 e 14; G. BARTOLINI-L. GREGORI, Donazione

e acquisti a titolo gratuito in regime di comunione legale, in Il nuovo diritto di famiglia.Contributi notarili, cit, 150, C.M. BIANCA, La famiglia - Le successioni, cit., 105 e 61; P.CARUSI, op. cit., 308; G. CIAN-G. CASAROTTO, op. cit., 831; B. DELVECCHIO, op. cit., 317;V. DE PAOLA, op. cit., 34 ss. e 57 ss.; V. DE PAOLA-A. MACRIv, op. cit., 235; A.FINOCCHIARO-M. FINOCCHIARO, op. cit., 802 e 815; F. GALLETTA, op. cit., 126; A. JANNUZZI,op. cit., 526; R. LENZI, op. cit., 56 ss.; E. MANDES, op. cit., 673; G. OBERTO, Pubblicita deiregimi patrimoniali della famiglia (1991-1995), in Riv. dir. civ., 1996, 256; R. PACIADEPINGUENTE, op. cit., 564 ss. (e segn. 566); A. PEPE, op. cit., 210; R. SACCO, Commentoall’art. 162, Commentario al diritto italiano della famiglia, a cura di G. CIAN, G. OPPO

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ricomprensione del fondo tra le convenzioni matrimoniali e inoltreconfermata, tra l’altro, dalla collocazione degli artt. 167 ss. (posti dopola disciplina delle convenzioni matrimoniali) e dal disposto degli artt.162, ultimo comma (il quale prevede che debbano esser annotate amargine dell’atto di matrimonio « le generalita dei contraenti ») e 163,comma primo (che richiede per la modificazione delle convenzionimatrimoniali « il consenso di tutte le persone che sono state parti nelleconvenzioni medesime »), disposizioni che presuppongono l’eventua-lita di convenzioni (matrimoniali) plurilaterali (come il fondo costituitoda un terzo), mentre le convenzioni meramente derogatorie al « regi-me » di comunione coniugale sono bilaterali, ossia stipulate tra i soliconiugi.Tra gli orientamenti richiamati, ritengo preferibile quest’ultimo,con la precisazione che il fondo patrimoniale costituisce un regimepatrimoniale (per cosi dire) parziale, ristretto, il quale, necessariamente,concorre con un qualsiasi regime generale (32). Pertanto, in essoe A. TRABUCCHI, cit., 21; G, SANTARCANGELO, op. cit., 603, 604 e 619; M. SEGNI,Responsum (alla quaestio: Se la costituzione del fondo patrimoniale richieda, ai finidell’opponibilita ai terzi, tanto l’atto di annotazione al margine dell’atto di matrimonio,quanto la trascrizione), in Questioni di diritto patrimoniale della famiglia, cit., 100 ss.;G. TAMBURRINO, op. cit., 218. In giurisprudenza: Cass. 27 novembre 1984 n. 8824, cit.,859; App. Roma 28 novembre 1983, Giust. civ., 1984, 1, 1612; Trib. Milano 5novembre 1990, in Giur. it., 1993, 1, 2, 470; Trib. Vicenza 10 giugno 1985, in Riv. not.,1985, 1200 ss. (indicazione bibliografica cui si fara riferimento in prosieguo), in Notaro,1985, 117 ed in A. FUSARO, op. cit., 118 ss.; Trib. Napoli 17 febbraio 1982, in Dir. giur.,1982, 514; Trib. Bergamo 16 novembre 1981, in Giur. merito, 1982, 516. La proble-matica, in genere, e affrontata dalla giurisprudenza in relazione alla pubblicita delfondo e alla necessita, oltre che della trascrizione, anche della annotazione (nel sensodella non incostituzionalita della duplice forma di pubblicita, v. Corte cost. 6 aprile1995 n. 111, in questa Rivista, 1995, 897 ss.).(32) Analogamente, gli autori citati nella nota seguente.Diversamente, G. CIAN-G. CASAROTTO, op. cit., 831, 832 e 833, per i quali il fondopatrimoniale non potrebbe mai coesistere con il regime della comunione coniugale, aquesta sovrapponendosi, per le considerazioni che esporro. Anzitutto — si e osservato— l’ipotesi sarebbe difficilmente conciliabile col disposto dell’art. 170, « nel senso,cioe, che il bene costituito in fondo patrimoniale diverrebbe inespropriabile per i debitiche il creditore sapeva non contratti per i bisogni della famiglia, anche nei casi in cuiad assumerli, per esempio, fossero stati entrambi i coniugi e si trattasse pertanto di undebito della comunione ex art. 186, lett. d) ». In secondo luogo, si e rilevato che laprospettiva seguita nel testo finirebbe per tessere una « disciplina complessiva dallelinee quasi inestricabili »: basti pensare ai problemi dell’applicabilita o meno dell’art.184 alle diverse discipline dello scioglimento della comunione e della cessazione delfondo, del diverso regime di responsabilita in ordine alle varie categorie dei debiti e

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possono essere costituiti anche beni oggetto della comunione coniuga-le (33); perplessita sono, invece, sorte relativamente ad alcuni benipersonali (34).infine alla particolare previsione del 2o e 3o comma dell’art. 171. Sicche, si conclude,ove i coniugi in comunione dei beni intendano costituire un fondo patrimoniale, essidovrebbero mutare il loro regime patrimoniale (inevitabilmente in un regime diseparazione), o dare luogo ad uno scioglimento parziale della comunione stessa, oprocedere all’estromissione dei singoli beni dalla comunione coniugale, sempre che,beninteso, questi ultimi due negozi si ritengano ammissibili nel nostro ordinamento (v.,per tutti: in senso positivo, G. LO SARDO,Ma la comunione legale non e una prigione!, nota(contraria) a Trib. Piacenza 9 aprile 1991, in Riv. not., 1993, 124 ss. (ove ampia biblio-grafia), e, naturalmente, G. CIAN-A. VILLANI, voce Comunione dei beni tra coniugi (Legalee convenzionale), in Novissimo Dig. it., Appendice, vol. II, Torino, 1981, 189; in sensonegativo, G. LAURINI, L’esclusione parziale dalla comunione, in Riv. not., 1985, 1070 ss.).L’illustrata proposta, seppur autorevolmente forgiata (e nonostante abbia riscossoqualche successo in dottrina: v. F. CARRESI, Responsum, cit., 106 nota 2), non mipersuade, poiche viene ad incidere sulla stessa liberta dei privati di scegliere e dimantenere un regime patrimoniale. Ora, a prescindere dal principio per cui adducereinconveniens non est solvere argomentum, l’inesperibilita dell’azione esecutiva sui benioggetto della comunione per debiti contratti ex art. 186, lett. d) discende dalla maggioreattenzione che il legislatore presta agli interessi della famiglia, rispetto a quelli deiconiugi; inoltre, non ritengo che vi sia incompatibilita tra gli art. 170 e 190, e sareipropenso ad ipotizzare che i creditori « del fondo » prevalgono su quelli « dellacomunione coniugale », i quali ultimi potranno soddisfarsi sui beni soggetti alladisciplina della comunione coniugale, ma non su quelli del fondo, ove essi conoscevanoche l’obbligazione, pur contratta congiuntamente da entrambi i coniugi, non rispon-deva ai bisogni della famiglia. Quanto, infine, alla disciplina complessiva scaturentedalla sovrapposizione dei regimi della comunione coniugale e del fondo patrimoniale,l’economia del presente studio impone un rinvio alla nitida analisi di T. AULETTA, op.cit., 114 ss. e 130.(33) Cfr. T. AULETTA, op. cit., 114 ss. e 130 (il quale osserva come siano proprioi beni in comunione i piu adatti ad esser conferiti, non comportando cio alcunospostamento di ricchezza); L. BARCHIESI, op. cit., 297; C.M. BIANCA, op. ult. cit., 105 testoe nota 150 (per il quale, in tal caso, la disciplina della comunione rimane assorbita, manon esclusa da quella del fondo, che, a sua volta, richiama quella della comunione); V.DE PAOLA, op. cit., 30, 56 e 92; G. GABRIELLI, op. cit., 303; F. GALLETTA, op. cit., 138; F.GAZZONI, La trascrizione immobiliare, in Il codice civile. Commentario, diretto da P.SCHLESINGER, tomo secondo, Artt. 2646-2651, Milano, 1993, 50; R. PACIA DEPINGUENTE,op. cit., 566; F. PADOVINI, voce Trascrizione, in Novissimo Dig. it., Appendice, vol. VII,Torino, 1987, 808.(34) Nel senso che i beni di cui all’art. 179, lett. c), d), e) non potrebbero esserecostituiti in fondo « perche su di essi non si puo costituire un rapporto di comunionecon caratteristiche analoghe a quelle del regime legale..., come e proprio dei beni delfondo » e perche « tra destinazione ad uso strettamente personale o all’eserciziodell’attivita separata di un coniuge e destinazione ai bisogni della famiglia esiste

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4.1. Possiamo passare all’analisi dell’art. 169, il quale, rubricando« Alienazione dei beni del fondo », dispone che « se non e diversa-mente consentito nell’atto di costituzione, non si possono alienare,ipotecare, dare in pegno o comunque vincolare beni del fondo patri-moniale se non con il consenso di entrambi i coniugi e, se vi sono figliminori, con l’autorizzazione concessa dal giudice, con provvedimentoemesso in camera di consiglio, nei soli casi di necessita od utilitaevidente ». L’ampiezza del dibattito sviluppatosi intorno alla normariportata suggerisce di addentrarci tra le sue folte siepi, trattandopartitamente: della ratio; degli atti interessati; dei requisiti di necessitaod utilita evidente; della disciplina naturale (distinguendo a secondache vi siano o meno figli); della clausola di libera alienabilita dei beni;del reimpiego.La ratio dell’art. 169 contempera due esigenze diverse: quelladiretta a garantire la destinazione dei beni a far fronte ai bisogni dellafamiglia e quella diretta a rendere possibile, di tali beni, la circolazione,il traffico giuridico (35).Tra gli atti interessati dalla disciplina, quelli di alienazione e quellicon i quali si vincolano i beni del fondo, meritano alcune riflessioni (36).Quanto ai primi, deve dirsi che il concetto di « alienazione » (37),come non si e mancato di rilevare in dottrina, abbraccia tutti gli atti ditrasferimento volontario che, a qualsiasi titolo, « importano disposi-zione a favore di altri di parziali utilita dei beni con carattere dipermanenza e definitivita ». La norma, pertanto, si riferisce, oltre chealla vendita, anche alla permuta, alla costituzione di rendita e di dirittireali di godimento (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, servitu), alladivisione, alla datio in solutum, alla transazione, al compromesso ed alun’evidente incompatibilita », v. T. AULETTA, op. cit., 113 e 114. Nel senso che qualsiasibene personale potrebbe costituire oggetto del fondo, v., invece, L. BARCHIESI, op. cit.,297 e V. DE PAOLA, op. cit., 56 e 82.(35) Cfr. G. GABRIELLI, op. cit., 295 e 304; ID., Le autorizzazioni giudiziali nelladisciplina dei rapporti tra coniugi, in Riv. dir. civ., 1981, 1, 48; L. MILONE, op. cit., 1767.(36) Tali atti, si badi, devono avere ad oggetto i beni capitali, non i frutti.Analogamente, v., per tutti, T. AULETTA, op. cit., 286 ss.(37) E discusso il rapporto tra tale concetto e quello di « atto eccedentel’ordinaria amministrazione »: nel preferibile senso che la disciplina posta dall’art. 169prescinde dalla qualificazione degli atti ivi contemplati come atti di ordinaria ostraordinaria amministrazione, v. T. AULETTA, op. cit., 286; in senso diverso, v. ladottrina citata alla nota seguente e A. JANNUZZI, op. cit., 529 ss., il quale configura gli attidi cui all’art. 169 come « categoria particolare » nell’ambito degli atti di straordinariaamministrazione.

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conferimento in societa (38). Non mi pare consentita, invece, la dona-zione, risultando difficile immaginare quale possa esserne l’utilita evi-dente o la necessita (39).Gli atti con i quali si vincolano i beni del fondo, sono quelli chepongono i presupposti di un successivo trasferimento, anche indipen-dentemente dalla (o contro la) volonta dei coniugi, rientrandovi cosı, ades., la cessione dei beni ai creditori, il contratto preliminare, l’opzionee la proposta irrevocabile (40).(38) Cosı, oltre a A. JANNUZZI, op. cit., 530, da cui e tratto il passo citato, v. anche,con sfumature diverse, T. AULETTA, op. cit., 285 ss.; C.M. BIANCA, op. ult. cit., 107; M.DODDE, op. cit., 249; F. MAZZACANE, op. cit., 122; G. CIAN-G. CASAROTTO, op. cit., 827 e834; V. DE PAOLA, op. cit., 115 (che esattamente ricomprende anche la rinuncia aldiritto di proprieta); V. DE PAOLA-A. MACRIv, op. cit., 251 (i quali, dopo aver osservatoche la clausola che permette le alienazioni, puo essere (specificamente ed espressa-mente) ristretta nell’atto costitutivo (cosı, ad es., ai soli atti a titolo oneroso), rilevano,per un lato, che il patto generico di libera alienabilita comprende anche la costituzionedi diritti reali di garanzia (pegno ed ipoteca) e, per altro lato, che se e consentita la solavendita, non possono esser compresi gli altri atti di alienazione).Ritengo, pertanto, che esulino dall’ipotesi disciplinata dall’art. 169 tutti gli altri attidi straordinaria amministrazione (ivi compresi quelli con cui si concedono diritti per-sonali di godimento, i quali saranno soggetti all’agire ex art. 180, senza necessita diautorizzazione alcuna in presenza di figli minori). In senso contrario, v. U. APICE, op. cit.,82; F. CARRESI, Commento agli arti. 167-176 c.c., cit., 62; L. RAGAZZINI, op. cit., 969 e G.SANTARCANGELO, op. cit., 647, i quali, ricomprendendo nell’art. 169 tutti gli atti di straor-dinaria amministrazione (e non richiedendo neppure necessario, ai fini dell’alienazione,la necessita o l’utilita evidente), finiscono col far coincidere (in mancanza di minori)l’ipotesi de qua con quella di cui all’art. 180. Senonche, cosı ragionando, il richiamonormativo operato dall’art. 168, u.c. mi pare che verrebbe ad assume le fattezze di una« superfetazione » del legislatore. Certamente deve essere autorizzata, in caso di alie-nazione (in presenza di figli minori), la rinuncia all’ipoteca legale, ove sorgente.(39) L’affermazione, evidentemente, da per risolto il problema relativo allaricorrenza dei requisiti di necessita o utilita evidente anche in assenza di figli minori, dicui si discutera nel paragrafo seguente.La soluzione proposta vale, a maggior ragione, nel caso in cui vi siano figli minori,il cui interesse ad una corretta amministrazione pare difficilmente conciliabile con l’atto

de quo. Non mi pare, invece, invocabile a tal riguardo l’art. 320, che esclude ogniliberalita nel presupposto che siano alienati diritti degli incapaci, diritti che, come siavra modo di appurare funditus nel testo, non sono qui affatto configurabili.Nel senso dell’ammissibilita di una donazione e, invece, assestata la dottrinaprevalente: U. APICE, op. cit., 82; V. DE PAOLA-A. MACRIv, op. cit., 251; F. SANTOSUOSSO,op. cit., 135.(40) Cosı v. anche, in vario senso, T. AULETTA, op. cit., 285 ss.; V. DE PAOLA, op.cit., 115; G. GABRIELLI, Patrimonio familiare e fondo patrimoniale, cit., 306; ID., Leautorizzazioni giudiziali, cit., 49.

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4.2. Con riferimento ai requisiti della necessita o utilita evidente,si e brillantemente affermato che la prima concreta uno « scopo diSi ricorda inoltre che G. CIAN-G. CASAROTTO, op. loc. ult. cit., ricomprendonoanche i « vincoli di carattere pubblicistico, come la cosiddetta ‘ cessione di cubatura ’a vantaggio di un’area confinante ». Per B. GRASSO, op. cit., 396, sarebbero altresıcompresi i « contratti di locazione di immobili urbani che sono per legge vincolati »;ma nel senso che il concetto di vincolare « non ha nulla da vedere » con « i vincoli postidalla legge per esigenze di pubblico interesse, come sono quelli che derivano dallalegislazione vincolistica in materia di locazione o di contratti agrari », v. M. FRAGALI, op.

cit., 40.Qualche precisazione si impone con riguardo al contratto preliminare di aliena-zione dei beni del fondo, anche alla luce del d. l. 31 dicembre 1996 n. 669 (convertitocon modificazioni dalla legge 28 febbraio 1997 n. 30), che ha introdotto l’art. 2645 bis(il quale ne consente la trascrizione). In primo luogo, deve dirsi che il vincolo verrameno conformemente ai principi generali, solo nel momento in cui si produrra l’effettotraslativo (contratto definitivo o sentenza ai sensi dell’art. 2932). In secondo luogo, cisi potrebbe domandare se per il negozio de quo occorra o meno l’autorizzazione delTribunale e se essa sia di per se sufficiente per la stipula del contratto definitivo. Laquestione, come e noto, non e nuova, essendosi gia proposta in sede di autorizzazionia tutela degli incapaci, ove sono state proposte diverse soluzioni. Per un primoorientamento occorrerebbe domandare l’autorizzazione solo per la stipula del contrattodefinitivo e non per il preliminare, dal quale in nessun caso discenderebbero effettitraslativi (cosı Cass. 15 giugno 1982 n. 3630, in Giust. civ., 1982, I, 2319 ss., in cui, sibadi, l’affermazione, relativa ad un atto di acquisto e non di vendita, appare come unobiter dictum; analogamente, in tema di dote, A. JANNUZZI, op. cit., 503 ss., ove ampiriferimenti in giurisprudenza). Un secondo orientamento richiede, invece, il provvedi-mento per la conclusione del preliminare (cosı, per tutti, G. SANTARCANGELO, Lavolontaria giurisdizione nell’attivita negoziate, vol. I, Procedimenti e uffici in generale,Milano, 1985, 595 ss., pur non prendendo partito sulla questione di cui in appresso),assistendosi poi ad uno scisma tra chi reputa il decreto di per se idoneo alla stipula deldefinitivo e chi, a tal fine, ritiene necessaria la proposizione di un nuovo ricorso ad hoc(cosı L. FERRI, Della potesta dei genitori, in Commentario del codice civile SCIALOJA-BRANCA, Art. 315-342, Bologna, 1988, 83 — il quale cita nello stesso senso Cass. 10marzo 1980 — e G. GABRIELLI, Contratto preliminare, in Riv. dir. civ., 1987, II, 425; ingiurisprudenza: Giudice tutelare (presso la Pretura) di Roma 9 giugno 1997, in Riv.not., 1997, 848 ss.). A mio parere, la soluzione deve essere ricercata nella definizione deirapporti tra preliminare e definitivo. Infatti, ove si acceda all’impostazione propostadalla piu recente dottrina, secondo la quale dal preliminare nascerebbe un vero eproprio obbligo di dare (per cui il preliminare costituirebbe un’ipotesi di pagamentotraslativo, mentre il definitivo sarebbe un atto non negoziale a causa esterna: cosı, pertutti, F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 1992, 827 ss.), non vi sarannodubbi di sorta sulla sufficienza della (sola) autorizzazione alla stipula del preliminare(nel senso dell’obbligo di dare e stata talvolta citata Cass. 18 novembre 1987 n. 8486,in Foro it., 1988, I, 1606 ss., ma lo specifico caso preso in considerazione raccomandauna maggiore ponderatezza). Soluzione diametralmente opposta si raggiungera ove,viceversa, si aderisca o alla tesi tradizionale per la quale dal preliminare nascerebbe

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consumazione », di guisa che « in un profondo, irreparabile disagioeconomico della famiglia, unica ancora di salvezza sia quella di realiz-zare in moneta contante » i beni del fondo; la seconda, viceversa,concreta uno « scopo di trasformazione del bene per una possibilita diun investimento piu proficuo di quello attuale ». Quest’ultima deveessere certa, sicura, palese, indiscutibile e non solo probabile odeventuale (41).esclusivamente un obbligo di facere (ossia l’obbligo di prestare il consenso ed ildefinitivo andrebbe necessariamente ricostruito come una fattispecie negoziale: cosı,per tutti, F. MESSINEO, Il contratto in genere, in Trattato di diritto civile e commerciale,diretto da A. CICU e F.. MESSINEO, vol. XXI, t. 1, Milano, 1973, 526 ss.) o alla piuraffinata tesi per cui all’adempimento delle obbligazioni non e possibile attribuirenatura rigida, poiche, considerata la varieta della prestazione del debitore, l’attuazionedell’obbligo (c.d. causa solvendi) puo consistere in un’attivita meramente materiale,ovvero in un negozio giuridico unilaterale o bilaterale, quale, appunto, e il contrattodefinitivo (cosı M. GIORGIANNI, voce Pagamento, in Novissimo Dig. It., vol. XII, Torino,1965, 321 ss. e segn. 329 e 330, il quale limita l’applicabilita dell’art. 1191 sulle capacitadel solvens ai soli casi in cui l’adempimento e un atto dovuto non negoziale; e proprioda quest’ultima tesi che, come e noto, Gazzoni ha preso l’avvio per dipartirsi verso lameta sopra segnalata).La definizione dei rapporti tra preliminare e definitivo si pone come pregiudizialeanche in relazione alla (mera) opportunita che in caso di alienazione, in presenza di figlimaggiorenni, essi esprimano una dichiarazione di aver positivamente esperito il propriocontrollo sull’amministrazione (della quale si avra modo di occuparci in prosieguo neltesto e nella nota 95) e sull’eventuale ripetizione della medesima in sede di definitivo(in tal ultimo senso, potrebbe osservarsi, altresı, che detti figli hanno pur sempre uninteresse a vedere esattamente ultimata/e la/e operazione/i di amministrazione inparola e cosı, ad es., ad appurare che l’intero prezzo sia effettivamente riscosso.(41) Cosı, per tutti, V. DE PAOLA-A. MACRIv, op. cit., 254 (da cui e tratto il passoriportato nel testo) e T. AULETTA, op. cit., 292, il quale opportunamente precisa, quantoall’utilita, che essa puo manifestarsi « sotto il profilo della consistenza del fondo (comenel caso di accrescimento del valore o della produttivita del patrimonio, o anche nelcaso in cui i nuovi beni garantiscano un reddito piu sicuro), o della facilita della suagestione (ad es., i beni originari che si trovano in luogo lontano, rispetto alla residenzadella famiglia, vengono sostituiti con beni ubicati in luogo piu vicino, ovvero beni cherichiedono maggiore cura ed impegno per renderli produttivi, vengono sostituiti conbeni che richiedono un impegno piu modesto) ».Dal punto di vista redazionale, l’indicazione delle specifiche cause che determi-nano la necessita o l’utilita evidente, mentre si rende necessaria nel ricorso volto adottenere l’autorizzazione del Tribunale — cio ancorche l’A.g. possa, poi, assumereinformazioni al riguardo (art. 738 c.p.c.) — ritengo che sia meramente opportunanell’atto dispositivo o vincolativo. Reputo, pertanto, sufficiente la clausola contenutanella narrativa del contratto con cui ci si limita a dare atto della necessita o dell’utilitaevidente (senza null’altro aggiungere): le cause addotte a fondamento della necessita (outilita evidente) o esistono (ed in tal caso l’atto potra esser stipulato), o non esistono (ed

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Pur essendovi al riguardo incertezza, ritengo che gli atti di dispo-sizione possano essere determinati anche da cause contingenti, cioe adire circoscritte ad una determinata situazione o ad un particolaremomento (42). L’interesse in funzione del quale debbono essere valu-tati tali requisiti, e quello della famiglia nel suo complesso (43).Cio esposto, possiamo addentrarci nella vexata quaestio relativa alse ed al quando la necessita o l’utilita evidente siano richieste.Alcuni autori ritengono che la loro manifestazione sia prescritta intutti i casi (vi siano o meno figli), evidenziando, cosı, la maggior fiduciaaccordata dal legislatore della riforma ai coniugi, ai quali spetterebbel’accertamento della sussistenza dei medesimi (44). Altri, invece, deli-mitano l’ipotesi al solo caso in cui vi siano figli minori, sicche in loroassenza i beni del fondo potrebbero essere alienati ad libitum (45).in tal caso l’atto non potra essere rogato). La dichiarazione, infine, e resa daiconiugi-amministratori, e non mi sembra che il notaio rogante possa esser ritenutoresponsabile della falsita della medesima.(42) Cfr. T. AULETTA, op. cit., 292, per il quale « un’alienazione si presentanecessaria qualora non si possa in altro modo fare fronte ai bisogni della famiglia,perche non vi sono piu somme disponibili, ne puo procedersi all’alienazione di altribeni dei coniugi (ma anche se l’alienazione risultasse rovinosa, od efficace solo persuperare il bisogno relativo ad un breve spazio di tempo, ovvero ancora se il pesoeconomico dell’operazione dovesse gravare sul patrimonio personale di un solo coniu-ge), ne, d’altra parte, puo esser differito il soddisfacimento dei bisogni, attendendo lamaturazione dei frutti », Contra: P. LOREFICE, op. cit., 332.(43) Cfr. G. CIAN-F. CASAROTTO, op. cit., 835; M. DODDE, op. cit., 249; F.MAZZACANE, op. cit., 123. V. anche T. AULETTA, op. cit., 292 nota 11. Nell’isolato sensoche si dovrebbe aver riguardo, invece, agli interessi esclusivi dei coniugi, v. A. PINO, op.cit., 23 e 24, il quale, come visto alla nota 13, ritiene che il concetto di famiglia di cuiall’art. 167 debba essere ristretto alla comunita coniugale.(44) T. AULETTA, op. cit., 18, 22, 215 (testo e nota 10), 292, 353 e 354 (il qualeevidenzia come il fondo in tal caso ha carattere dinamico (dipendendo le sue variazionidalla sola iniziativa dei coniugi), dinamicita che si attenua nel caso in cui vi siano figliminori (rendendosi necessaria l’autorizzazione del giudice, salva diversa previsionedell’atto costitutivo)); F. CARRESI, Commento agli artt. 167-176 c.c., cit., 63; F. GALLETTA,op. cit., 139 (sebbene trattando della clausola di amministrazione disgiuntiva); R. LENZI,op. cit., 55 e 56; G. OPPO, op. cit., 120 nota 2; L. RAGAZZINI, op. cit., 969. F. CORSI, op.cit., 101 testo e nota 57, pur affermando che, in ogni caso, l’atto deve essere utile onecessario, ritiene che, in mancanza di minori, la sussistenza di tali estremi e rimessaall’arbitrio dei coniugi, ma, come efficacemente obiettato da T. AULETTA, op. cit., 215nota 10, « la mancanza di un preventivo controllo non puo giustificare un esercizioarbitrario dei poteri di amministrazione da parte dei coniugi ».(45) S. CARRUBBA, op. cit., 562; V. DE PAOLA-A. MACRIv, op. cit., 253; DI CAGNO-PERCHINUNNO-SAGGESE-TATARANO-PACE-SPANO, op. cit., 117; A. FINOCCHIARO-M. FINOC-

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Quest’ultima opinione non mi convince, poiche essa pare nontener nel debito conto che i beni sono, sempre, destinati ad sustinendaonera matrimonii (46), ed oblitera che proprio la valutazione partico-larmente benevola dei bisogni della famiglia (nella cui chiave vannoletti i requisiti di necessita o utilita evidente) ha indotto il legislatore aderogare a due principi cardine del nostro ordinamento: quello postodall’art. 2740 e quello posto dall’art. 1379 (47). Aderendo alla tesioggetto di revisione critica si finirebbe, infatti, col tradire la giustifica-zione sottesa alla disciplina dettata dagli artt. 168 ss. e, in buonasostanza, col dare al fondo la veste di un monstrum a servigio esclusivodegli interessi individualistici dei coniugi, anche contro gli interessidegli altri componenti la famiglia, dei creditori della medesima e delterzo costituente (48). Ritengo, quindi, preferibile la prima opinione, laquale si pone in perfetta sintonia con la definizione del fondo comepatrimonio con destinazione all’interesse della famiglia, sul quale pos-CHARO, op. cit., 749 e 828; A. JANNUZZI, op. cit. 531; M.R. MORELLI, op. cit., 157; G.SANTARCANGELO, Regime patrimoniale della famiglia, cit., 647 e 648; F. SANTOSUOSSO, op.cit., 136; M.C. SERMANNI, op. cit., 460.Nel senso che le limitazioni contenute nell’art. 169 « operano soltanto qualoranell’atto costitutivo non sia stato stabilito diversamente. Ove, infatti, nell’atto costitu-tivo i coniugi si riservino la facolta di alienare o ipotecare i beni, e evidente che i coniugipotranno alienare o ipotecare ad libitum i beni stessi »: v. COMMISSIONE STUDI DELCONSIGLIO NAZIONALE DEL NOTARIATO, 21 luglio 1997, studio n. 1695 (AR/dc 16 luglio1997), est. RUOTOLO, Ipotecabilita di beni del fondo patrimoniale per scopi estranei aibisogni della famiglia, in CNN strumenti, 1-15 luglio 1997, 0570, 2.2, e, a quanto pare,G. TAMBURRINO, op. cit., 219.Nel senso che i coniugi potrebbero sempre alienare ad libitum i beni in assenza difigli minori e che anche il (terzo) costituente puo riservarsi la possibilita di revocare adlibitum la destinazione dei beni, v. E. RUSSO, op. cit., 565, seguito, relativamente allafacolta accordata al costituente, da L. MILONE, op. cit., 1768. Sulla clausola di liberaalienabilita, v. paragrafo 4.5.(46) Destinazione, nella cui ottica devono esser letti i limiti al potere diamministrazione.(47) Sulle caratteristiche derogatorie menzionate, v., tra gli altri, T. AULETTA, op.cit., 11; R. LENZI, op. cit., 62 e 90; A. PINO, op. cit., 128; E. RUSSO, op. cit., 555 ss. Ingiurisprudenza, v., sebbene con riferimento esclusivo all’art. 2740, Cass. 27 novembre1984 n. 8824, cit., 862.(48) Dell’obiezione, tuttavia, sono ben consci taluni aderenti all’orientamentoche ammette l’alienazione dei beni ad libitum, i quali, pero, rinunciano a superarla. PerF. CORSI, op. ult. cit., 105 nota 66, chi propende per quest’ultima tesi, finisce conl’ammettere « implicitamente che, in tal caso, la destinazione dei beni sia tradita efinisce per configurare un’ulteriore ipotesi... di cessazione del fondo », la quale ultimadovrebbe considerarsi come arbitraria.

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sono soddisfarsi solo taluni creditori (ossia quelli che possono agire perl’esecuzione ai sensi dell’art. 170). Inoltre, si puo osservare che, comegia da altri rilevato, « non rispondono a criteri di buona amministra-zione gli atti di disposizione che non siano almeno utili [rectius: almenoevidentemente utili] per la famiglia » (49).La problematica relativa alle conseguenze che discendono dalcompimento di un atto che si riveli non necessario, ne evidentementeutile (50), si collega a quella relativa alla valenza reale od obbligatoriadella destinazione dei beni (51): se cioe, quest’ultima non sia violabileo, piuttosto, lo sia, salva l’eventuale reazione da parte dell’ordinamento.In uno alla prevalente dottrina che si e occupata dell’argomento,propendo per la seconda soluzione (52), a cio inducendomi la ratio

(49) Cosı T. AULETTA, op. cit., 22. Per rilievi, talvolta, affini, seppure non identici,v. G. GABRIELLI, Patrimonio familiare e fondo patrimoniale, cit., 295, 304 e 305; R. PACIADEPINGUENTE, op. cit., 559 ss. e, piu in generale, R. LENZI, op. loc. ult. cit..(50) Dal punto di vista empirico potrebbe rilevarsi che difficilmente potra esserecompiuto un atto dichiaratamente ispirato ad esigenze meramente egoistiche deiconiugi, poiche il Tribunale neghera l’autorizzazione.Non credo, tuttavia, che si possa andare oltre, ritenendo che, nei casi in cui nonsia necessario alcun provvedimento di volontaria giurisdizione, il notaio rogante debbarifiutarsi di compiere l’atto, come viceversa potrebbe lasciar intendere L. GIACOBBE,L’attivita notarile di fronte alla nuova legge sul diritto di famiglia 19 maggio n. 151, inRiv. not., 1975, 849, per il quale « nel caso di cui all’art. 51/169, ossia di quegli atti inuscita relativi a beni del fondo patrimoniale, che la legge espressamente vieta dicompiere », il notaio violerebbe l’art. 28 della legge notarile (l. 16 febbraio 1913 n. 89)per « mancanza di corrispondenza sostanziale tra l’atto rogato e il modello normativo ».Come si tentera di chiarire nel testo, qui si e sempre in presenza di un atto valido,ancorche possa poi essere successivamente dichiarato inefficace a seguito del fruttuosoesperimento dell’azione revocatoria. Ora, come chiarito dalla dottrina e dalla giuri-sprudenza oggi largamente prevalente (v., per tutti, P. BOERO, La legge notarilecommentata con la dottrina e la giurisprudenza, Torino, 1993, vol. 1, 182 e G.L.LASAGNA, Il notaio e le sue funzioni, Milano, 1977, v. 2, 919 ss., ove ampi riferimentibibliografici, cui adde Cass. 11 novembre 1997 n. 11128, in Notariato, 1998, 7 ss., conCommento favorevole di E. BRIGANTI), difficilmente puo essere assoggettato a respon-sabilita disciplinare il notaio che riceva atti inefficaci. D’altronde, altrimenti ragio-nando, si verrebbe a trasformare i limiti obbligatori in limiti reali ed a premiare l’astuziadi chi amministra i beni del fondo, che ben potrebbe sempre dichiarare, artatamente,l’esistenza di una necessita non reale, attestazione relativamente alla quale non avreidubbi ad affermare che il notaio non ha alcun potere di controllo.(51) Rientra in questa (ampia) problematica, a mio modo di vedere, anche quella(specifica) relativa al reimpiego dei beni a soddisfacimento dei bisogni familiari, per laquale v. infra nel testo.(52) Cosı, tra gli altri, T. AULETTA, op. cit., 291 e 292; V. DE PAOLA, op. cit., 39ss.; G. GABRIELLI, Patrimonio familiare e fondo patrimoniale, cit., 308, e A. SOLIDORO-A.

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sottesa all’art. 169, che, come esposto nel paragrafo precedente, con-tempera sia l’esigenza di garanzia della destinazione dei beni a farfronte ai bisogni della famiglia, sia quella diretta a rendere possibile lacircolazione, il traffico giuridico dei beni (53). Mi pare che potrebbe,inoltre, addursi in tal senso l’art. 170, per il quale l’esecuzione sui benie sui frutti del fondo e consentita anche ove il debito sia stato contrattoper esigenze estranee a quelle familiari, a condizione, naturalmente,che la loro estraneita fosse ignota al creditore. Per questi motiviescluderei che il mancato perseguimento dell’interesse dalla famiglia(nel minimo concepibile dell’utilita evidente dell’atto per la medesima)incida sulla validita dell’atto (come accade, invece, per i c.d. limitireali), fatta salva l’eventuale responsabilita dei coniugi per il dannoconseguente dalla consumata distrazione (54). Non credo che sia deltutto azzardato osservare che, se, per un verso, le esigenze del trafficogiuridico impediscono che il negozio, non evidentemente utile onecessario, possa essere considerato invalido, per altro verso, le aspet-tative dei creditori « del fondo » non possono essere totalmente deluse.Ad essi, pertanto, sarei propenso ad attribuire l’esperibilita dell’actiopauliana, sempre che ricorrano i presupposti di cui all’art. 2901 (55).RAVO, op. cit., 976. Posizione piu liberale e assunta da F. CARRESI, Commento agli artt.167-176 c.c., cit., 52 e 60, che, nei limiti di cui alla successiva nota 56 (ove mieosservazioni), afferma: « all’alienazione di frutti e dei beni... per scopi estranei aibisogni della famiglia, che pur si configura come un abuso di potere, la legge nonricollega alcuna sanzione ».(53) Infatti, asserendo che l’atto compiuto sarebbe toto coelo invalido, si ver-rebbe, sempre, a pregiudicare, oltre i limiti consentiti, la posizione del terzo, il qualedifficilmente potra accertarsi, con sicurezza, se l’atto e necessario o di utilita evidente.(54) Cfr. T. AULETTA, op. cit., 19, 291, 292 e 354, e G. GABRIELLI, Patrimoniofamiliare e fondo patrimoniale, cit., 299 e 305. Per spunti sulla responsabilita civile incaso di « cattiva » amministrazione, v., per tutti, V. LOJACONO, voce Amministrazione(dir. civ.), I, Atti di amministrazione, in Enc. dir., v. II, Milano, 1958, 154 e 158, ed A.TRABUCCHI, voce Amministrazione (Atti di), in Novissimo Dig. it., v. I, Torino, 1957, 545e 547.(55) Nel caso, invece, di costituzione di un’ipoteca per un credito estraneo aibisogni della famiglia, ritengo che, ove l’estraneita sia conosciuta dal creditore,l’iscrizione, in ogni caso, deve ritenersi inefficace relativamente ai creditori di cui all’art.170 e che i coniugi sono responsabili della distrazione e rimovibili dall’amministra-zione. Nel senso che, in assenza di figli minori, i coniugi potrebbero validamente edefficacemente iscrivere ipoteca a garanzia di detto credito, v., invece, COMMISSIONE STUDIDEL CONSIGLIO NAZIONALE DEL NOTARIATO, op. cit., 2,3, che, secondo il mio avviso, contale interpretazione, finisce, oltre tutto, con l’abrogare parzialmente l’art. 170.

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Puo infine rilevarsi che detta alienazione integra, anche, gli estremi perla rimozione dei coniugi dall’amministrazione (56).I rilievi profilati non escludono che il terzo costituente che si siariservato la titolarita dei beni (rectius: nuda proprieta dei beni), possa,in ogni momento e liberamente, alienare i suoi diritti, i quali sono erimangono privi di qualsivoglia vincolo di destinazione (57). Le mede-sime considerazioni valgono in ordine all’alienazione da parte di en-trambi i coniugi comproprietari (58) (o del coniuge riservatario della(56) Cfr. T. AULETTA, op. cit., 216, 254 e 354; V. DE PAOLA, op. cit., 40 ss.; G.GABRIELLI, Patrimonio familiare e fondo patrimoniale, cit., 299; R. PACIA DEPINGUENTE,

op. cit., 559 ss. Si badi, tuttavia, che, mentre i primi due A. parlano di esclusionedall’amministrazione ai sensi dell’art. 183, gli ultimi due fanno riferimento, peranalogia, alla rimozione ex art. 334. Il distinguo e gravido di conseguenze e mi parepreferibile il riferimento all’ultima delle norme citate, in quanto e l’unico che consentela privazione di entrambi i coniugi dell’amministrazione (ad. es., su istanza del P.M.),a prescindere, poi, dalle considerazioni svolte in prosieguo sulla legittimazione aproporre il ricorso per l’autorizzazione nel caso di minori.Contra: F. CARRESI, Commento agli artt. 167-176 c.c., cit., 60, per il quale laviolazione dei limiti in parola sarebbe priva di qualsivoglia sanzione ove ricorra ilconsenso di entrambi i coniugi, mentre, nel caso in cui essa sia opera di uno solo deiconiugi, sarebbe ammissibile la rimessione in pristino ex art. 184 cpv. e la richiesta diesclusione dall’amministrazione ai sensi dell’art. 183, comma primo. In senso contrariosi possono richiamare qui gli spunti sulla famiglia piu sopra profilati e si puo ribadireche un conto e affermare che l’interesse della famiglia si identifica con quello dei singolicomponenti individualmente (ivi compresi quello dei figli, ove vi siano), altro conto enegare lo stesso concetto di interesse della famiglia, identificandolo con le pretese egoi-stiche dei coniugi. Rifiutano l’idea di Carresi anche V. DE PAOLA, op. cit, 40 ss. e G.GABRIELLI, Patrimonio familiare e fondo patrimoniale, cit., 298 e 299, il quale, a differenzadi De Paola, condivisibilmente afferma che potranno avvalersi contro l’inadempimento,da un lato, i figli stessi (sia immediatamente — a mezzo della nomina di un curatorespeciale ex art. 320, u.c.—, sia col raggiungimento della maggiore eta) e, d’altro lato, ovemanchino i figli, chiunque vi abbia interesse (e segnatamente il terzo costituente). Suquest’ultimo punto si avra modo di ritornare nel paragrafo 4.4. ed alla nota 56.(57) Cfr. T. AULETTA, op. cit., 179; G. CIAN-G. CASAROTTO, op. cit., 835; M.C.SERMANNI, op. cit., 460; A. PINO, op. cit., 133.(58) Nel senso che, nel caso di comproprieta del bene di entrambi i coniugi,fermo restando il loro necessario agire congiunto, sarebbe possibile ad uno solo di essialienare la propria quota, v. G. CIAN-G. CASAROTTO, op. cit., 826 testo e nota 4, sulpresupposto che il regime di contitolarita a mani riunite (tipico della comunioneconiugale) non sarebbe estensibile in forza del solo art. 168 al fondo patrimoniale e cheun sistema di coamministrazione sarebbe concepibile anche al di fuori di una situazionedi comunione di tipo germanico.L’opinione, per quanto autorevole, genera in me alcune perplessita: al fine di farchiarezza sul punto, ritengo di dover distinguere a seconda che i coniugi titolari deibeni siano in regime di comunione coniugale o di separazione.

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nuda proprieta): anche in tal caso l’atto di disposizione sara rimesso alloro mero arbitrio (59).4.3. La disciplina naturale degli atti in parola impone di distin-guere a seconda che vi siano o meno dei figli minori,In mancanza di figli, e profusa, in dottrina, l’opinione per cui eNel primo caso, la tesi riportata mi pare in contrasto con i principi sottesi al dettoregime di contitolarita. Nella comunione coniugale, infatti, come osservato dalladottrina prevalente (v., per tutti, M. BASILE-G. SILVESTRI, Eguaglianza dei coniugi e

divisione del lavoro nella famiglia, in Eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, Napoli,1975, 233, cui aderisce anche uno degli A. la cui opinione e qui oggetto di revisionecritica: G. Cian-A. Villani, op. cit., 173) ed anche dalla Corte Costituzionale (10-17marzo 1988 n. 311, in Gazz. Uff., 1a serie speciale, n. 12, 23 marzo 1988, 32 ss.), nonsono configurabili delle quote. Medesimi rilievi possono prospettarsi circa la comu-nione convenzionale (la quale, come osservato da uno di questi stessi autori, G. CIAN-A.VILLANI, op. cit., 188 ss., « appare concepita dal legislatore, fondamentalmente, comeuna comunione legale, modificata, quanto all’oggetto, in virtu di una convenzionematrimoniale stipulata a norma dell’art. 162 », e appare pertanto « come sottospeciedella comunione legale »). Indicativo e inoltre che, come si e detto alla nota 32, dettiA. tentino (isolatamente) di escludere che possano costituirsi nel fondo beni soggetti alregime di comunione coniugale e che il fondo patrimoniale possa coesistere con dettoregime generale.Piu delicata e l’ipotesi in cui il regime patrimoniale sia quello della separazione,occorrendo accertare previamente la portata dell’art. 168. Due, in sintesi, gli orienta-menti registrabili: quello per cui il rinvio operato dalla citata disposizione andrebbeesteso ai principi previsti in tema di comunione coniugale (cosı, tra gli altri, T. AULETTA,op. cit., 24 e 212 ss.) e quello per cui il riferimento e limitato ed andrebbe interpretatoletteralmente, con esclusivo riguardo all’amministrazione (cosı, tra gli altri, v., indottrina: F. GALLETTA, op. cit., 136; G. OPPO, Responsum (alla quaestio: Tizio e Mevia,che hanno costituito, all’atto del loro matrimonio, un fondo patrimoniale in « com-proprieta », attendono un figlio quando Tizio fallisce nell’esercizio dell’impresa com-merciale iniziata dopo il matrimonio: Quale la sorte del fondo?), in Questioni di dirittopatrimoniale della famiglia, cit., 120 e 121 nota 4; in giurisprudenza: Trib. Catania 2giugno 1986, cit, 745). Chi aderisce al primo indirizzo, afferma che avrebbe vigore, inmateria, la stessa tipologia di contitolarita dei beni (senza quote) tipica del regime legale(cosı M. FRAGALI, op. cit., 36 e T. AULETTA, op. cit., 24 e 212 ss.), concludendo che, innessun caso, sarebbe ammissibile l’alienazione della quota (Auletta giustifica l’indispo-nibilita, oltre che per il tramite di detto principio di uguaglianza, anche evidenziandol’impossibilita che i beni del fondo appartengano a persone diverse dai coniugi:l’alienazione della quota, infatti, comporterebbe uno scioglimento parziale del fondo,che non puo avvenire per volonta unilaterale di uno dei coniugi, obbligando cosı l’altroa trovarsi in comunione (ordinaria) con un estraneo).In senso diametralmente opposto si esprime, invece, chi aderisce al secondoorientamento sopra enunciato.(59) Cfr. M.C. SERMANNI, op. cit., 460.

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(necessario, ma) sufficiente il solo consenso dei coniugi all’alienazione,senza necessita di autorizzazione alcuna ed a prescindere dalla titolaritadei beni (60). L’affermazione merita piena adesione, con due precisa-zioni. In primo luogo, pur riservandomi di trattare l’argomento fundi-tus nel paragrafo ottavo, si puo anticipare che, ove ricorrano i presup-posti richiesti dall’art. 169, in nessun caso potra esser invocata ladisciplina dettata dagli artt. 163 c.c. e 2, comma secondo della legge 10aprile 1981 n. 142. In secondo luogo, sembra opportuno un chiari-mento circa il termine « consenso », non sempre usato propriamente:occorre distinguere due ipotesi.Nel caso in cui i coniugi siano comproprietari (o « cousufruttua-ri ») dei beni, la loro volonta si pone sul duplice piano della titolaritadel bene e dell’amministrazione dello stesso, sicche il termine consensonon appare dei piu corretti.Ad opposta conclusione si potrebbe, invece, pervenire nel diversocaso in cui la piena ed esclusiva proprieta spetti a uno solo dei coniugio ad un terzo: in tali ipotesi, infatti, il (semplice) consenso del/iconiuge/i (coamministratore/i) non proprietario/i all’alienazione po-trebbe essere ritenuto come espressione (positiva) del suo/loro poteredi amministrazione (61). Il che produce non pochi riverberi, anche

(60) L’opinione non ritengo possa essere revocata in dubbio deducendo lapossibilita della nascita, in futuro, di figli (non ancora concepiti), o l’adozione, poichetale obiezione presuppone l’attribuzione a tali ultimi soggetti di diritti che noncompetono loro (v. infra nel testo e alle note 88 ed 89).La dottrina si e ampiamente impegnata nella ricerca della sanzione cui soggiacel’atto stipulato senza il consenso di uno dei coniugi: nel senso della nullita, v. B. GRASSO,op. cit., 395; E. MANDES, op. cit., 682; R. PACIA DEPINGUENTE, op. cit., 559 ss.; nel sensodell’annullabilita ex art. 184, v. T. AULETTA, op. cit., 260 ss.; C.M. BIANCA, op. ult. cit.,107 nota 155; F. SANTOSUOSSO, op. cit., 141; nel senso dell’inefficacia, v. A. FINOCCHIA-RO-M. FINOCCHIARO, op. cit., 827 nota 3 e F. CORSI, op. cit., 98.(61) Cosı A. FINOCCHIARO-M. FINOCCHIARO, op. cit., 827; G. CIAN-G. CASAROTTO,op. cit., 827, 830 e 834; L. MILONE, op. cit., 1768 nota 33; A. PINO, op. cit., 132: tutti sulleorme di E. RUSSO, op. cit., 565 e 566, il quale, per primo, ha notato come le due volonta(del titolare dei beni e quella di chi amministra — o coamministra — chiamato adesprimere piu precisamente un consenso) non sono paritetiche, non si pongono, cioe,sul medesimo piano: determinante e sempre e solo la volonta del proprietario; ilconsenso dell’altro coniuge, secondo detto A., costituirebbe invece un requisito divalidita ed efficacia della prima.E palese la differenza rispetto al patrimonio familiare, per il quale l’art. 173(abrogato), nei primi due commi, cosı disponeva: « L’amministrazione dei beni checostituiscono il patrimonio familiare, spetta al coniuge che ne ha la proprieta. Se laproprieta appartiene ad entrambi i coniugi ovvero a persona diversa da questi,

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sulla puntuale redazione dell’atto di disposizione (62). Il condizionale,tuttavia, mi sembra d’obbligo. Infatti, come sagacemente notato daaltra parte della dottrina, l’ipotesi in se solleva delle ombre poiche, intal modo, si viene ad assistere ad un singolare scollamento tra proprietaed amministrazione (63).4.4. La disciplina naturale muta allorche vi siano dei figli.Ove essi siano minori, oltre al « consenso » di entrambi i coniugi,la legge richiede che l’atto di alienazione sia autorizzato dal Tribunale,il quale, sentito il Pubblico ministero (artt. 32 e 38 disp. att. c.c.),provvede, in camera di consiglio, con decreto. Diversi i punti su cui sie esercitata la dialettica degli autori (64).

l’amministrazione spetta al coniuge designato dal costituente, o, in mancanza didesignazione, al marito ».(62) Seguendo tale interpretazione, in caso di atto dispositivo o vincolativo di unbene di proprieta di un terzo, i coniugi verrebbero costituititi ai soli fini di cui all’art.169. Pertanto, e stata ritenuta, in thesi, corretta una clausola negoziale di tal fatta: « Ilsignor A., con il consenso dei coniugi signori B. e C., vende e trasferisce al signor D.D.,che accetta ed acquista, la piena ed esclusiva proprieta della seguente porzioneimmobiliare... »; clausola preferibile rispetto alla seguente: « I signori A., B. e Cvendono e trasferiscono al signor D., che accetta ed acquista... ».Medesimi rilievi varranno nel caso di titolarita esclusiva di uno solo dei coniugi.Cosı L. PENTANGELO, op. cit., 575; contra: DI CAGNO-PERCHINUNNO-SAGGESE-TATARANO-PACE-SPANO, op. cit., 117, per i quali, nel caso di riserva della proprieta da parte delterzo nell’atto di vendita, dovrebbero essere costituiti esclusivamente i coniugi.(63) V., infatti, quanto esposto alla nota 8, ove sono riportate anche le acuteosservazioni di T. Auletta.(64) Pur essendo il presente scritto volto all’analisi delle problematiche relativeal fondo patrimoniale dal punto di vista dinamico e non patologico, puo dirsi che,anche in tal caso, si registra in dottrina una mancanza di sintonia circa la sanzione incui incorre l’atto stipulato senza autorizzazione. V., nel senso della nullita, V. DEPAOLA-A. MACRIv, op. cit., 255; B. GRASSO, op. cit., 395; E. MANDES, op. cit., 682; F.SANTOSUOSSO, op. cit., 143; nel senso dell’annullabilita, T. AULETTA, op. cit., 280; C.M.BIANCA, op. ult. cit., 107 nota 155; M.R. MORELLI, op. cit., 158; nel senso dell’inefficacia,P. CARUSI, op. cit., 310; G. CIAN-G. CASAROTTO, op. cit., 835. Ritengo che la questionedebba trovare la propria soluzione alla stregua dei principi generali, appurando qualesia la sanzione da applicarsi nei casi in cui nulla sia stato comminato per l’atto compiutoin assenza di un’autorizzazione di volontaria giurisdizione (a tal riguardo, v., per tutti,A. JANNUZZI, op. cit., 221 ss. (che si esprime nel senso dell’inefficacia, sanabile ex post),e F. MAZZACANE, op. cit., 68 (che si esprime nel senso dell’inefficacia, insuscettibile disanatoria). Ad ogni modo, deve certamente escludersi l’ammissibilita di un’autorizza-zione successiva, che si atteggerebbe ad omologazione dell’atto compiuto (cfr., pertutti, T. AULETTA, op. cit., 280, 281 e 290). Ammissibilita piu teorica, che pratica,poiche, come gia evidenziato da G. GABRIELLI, Le autorizzazioni giudiziali, cit., 34, il

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In primo luogo, ci si e domandato quale sia la ratio dell’autorizza-zione e a tutela di quale interesse essa sia diretta (65).Per un primo orientamento il provvedimento sarebbe diretto avalutare « l’interesse, superiore della ‘ famiglia ’ in relazione alle aspet-tative, soprattutto [quindi, non esclusivamente], dei figli minori » (66).L’opinione non mi convince: a prescindere dall’annoso problemarelativo alla natura giuridica della famiglia (67), deve dirsi, in primoluogo, che, se quanto esposto fosse esatto, sarebbe difficilmente com-prensibile perche tale autorizzazione non e richiesta anche nel caso dimancanza di figli minori. In secondo luogo, ritengo utile spenderequalche parola sull’aspettativa (concetto gia di per se discusso (68)) deifigli. Il punto centrale della questione, a mio avviso, e non perdere dinotaio rogante, ai sensi dell’art. 54 reg. not. (R.D. 10 settembre 1914 n. 1326), deverifiutarsi di stipulare l’atto in mancanza di autorizzazione. Anche in tal caso ilcompimento di un simile negozio costituisce causa di rimozione dall’amministrazione(nel senso dell’esclusione, v., invece, T. AULETTA, op. cit., 281.(65) Indicativo, a tal riguardo, lo sconcerto manifestato da G. GABRIELLI, Leautorizzazioni giudiziali, cit, 31, in relazione all’assenza negli artt. 162 e 163 diindicazioni, anche implicite, circa gli interessi a tutela dei quali il provvedimento ediretto, poiche, in questa materia, « il fondamento assegnato dall’ordinamento alcontrollo giudiziale non e costituito, in nessun caso, da un generico interesse pubblico,per modo che alla lacuna l’organo giudiziale non puo sopperire — com’e dato, invece,alla pubblica Amministrazione, quando l’autorizzazione rientra nella sua sfera dicompetenza — attraverso un’attivita di specificazione in concreto dei propri fini ».(66) Sic A. FINOCCHIARO-M. FINOCCHLARO, op. cit., 832. Nello stesso senso, ancheG. CIAN-G. CASAROTTO, op. cit., 834 e 835, traendo argomento dall’art. 171.(67) In relazione al quale v. paragrafo secondo e nota 24.(68) Il concetto giuridico di aspettativa — definita da R. SCOGNAMIGLIO, voceAspettativa, I., Aspettativa di diritto, in Enc. dir, v. III, Milano, 1958, 226 e 228, comela « situazione psicologica di chi attende il verificarsi di un evento (favorevole), piu omeno probabile... ma pur sempre incerto e per ragioni estranee alla volonta di chiattende » — vede, infatti, la dottrina scissa in due orientamenti.L’indirizzo interpretativo prevalente distingue l’aspettativa di fatto da quella didiritto: mentre la seconda assume un preciso significato giuridico, la prima si risolve inuna mera speranza. All’interno di questo primo orientamento e poi discusso sel’aspettativa di diritto costituisca il segmento iniziale, il germe del futuro diritto,ponendosi cosı in una posizione intermedia tra l’aspettativa di fatto ed il diritto perfetto(per spunti in tal senso, v., F. MESSINEO, Il contratto in genere, cit., 179, nota 40 e 180),o costituisca, piuttosto, un diritto soggettivo e precisamente un « diritto al diritto »(cosı L. CARIOTA FERRARA, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli, s.d.,675 e 676; P. PERLINGIERI, I negozi sui beni futuri, I, La compravendita di « cosa futura »,Napoli, 1962, 27 ss., e, piu recentemente, A. LUMINOSO, I contratti tipici e atipici,Contratti di alienazione, di godimento, di credito, in Trattato di diritto privato, a cura diG. JUDICA e P. ZATTI, Milano, 1995, 47).

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vista la funzione del fondo patrimoniale, la quale impone di distingueretra la titolarita e la destinazione dei beni costituiti e dei loro frutti. Latitolarita spetta ai soggetti cui e stata attribuita ai sensi dell’art. 168,comma primo; la destinazione, invece, implica che i beni ed i loro fruttidevono essere impiegati ad un preciso scopo: la soddisfazione deibisogni della famiglia, ovvero dei coniugi e dei loro figli (artt. 167 e 168,comma secondo). Pertanto, questi ultimi, una volta costituito il fondo,pur non essendo parte del relativo rapporto giuridico (69), vantano undiritto attuale (non sulla titolarita dei beni e dei relativi frutti, ma) a chei beni ed i relativi frutti siano destinati ed impiegati alla soddisfazionedei loro bisogni, in quanto familiari (70). A tal fine, i figli hanno unIl secondo indirizzo, isolato ma attento, esclude che si possa concepire in astrattol’aspettativa come diritto; essa, si osserva, e una situazione di attesa ed inerzia (laquale, per definizione, non puo risolversi in un diritto), situazione alla quale potraconseguire « una tutela giuridica e qualche rilevanza per il diritto, soltanto in viaindiretta e mediata » (attraverso effetti, insomma, che non si risolvono mai in unpotere autonomo del soggetto di far valere l’aspettativa medesima): cosı R. SCOGNA-

MIGLIO, op. cit., 227 ss.(69) Cfr. App. Milano 8 aprile 1986, cit., 337 e App. Brescia 13 febbraio 1981,cit., 72. Non essendo i figli parti del rapporto (ne nel suo momento costitutivo, ne inquello modificativo o estintivo), escluderei, in una prospettiva « patologica », il liti-sconsorzio necessario, salvo che essi siano titolari della proprieta (o comproprieta) o delgodimento dei beni costituiti; cio non preclude, naturalmente, che i figli possanointervenire adesivamente.Analogamente, v. in dottrina: T. AULETTA, op. cit., 171 nota 1; F. GALLETTA, op. cit.,146; M. PALMA, op. cit., 617; in giurisprudenza: App. Milano 8 aprile 1986, cit., 337 eApp. Brescia 13 febbraio 1981, cit., 72; v. anche Cass. 31 maggio 1988 n. 3703, cit., 876ss., seppur relativamente ad un patrimonio familiare.(70) L’assunto trova supporto, oltre che nei gia menzionati artt. 167 e 168,anche negli artt. 169 (che, appunto, prevede l’autorizzazione in caso di figli minori) e171 (ai sensi del quale ultimo il giudice, in taluni casi, puo e non deve attribuire ai figliuna quota dei beni del fondo). Esso, tuttavia, non e pacifico, essendosi manifestateopinioni diverse.Nel senso che i figli non sarebbero titolari di alcun interesse (e cosı di dirittisoggettivi), ma solo di un’aspettativa di fatto, si esprimono V. DE PAOLA, op. cit., 40 e41 (per il quale v. anche qui nota 169) e, in definitiva, M.C. PINTO BOREA, Patrimoniofamiliare e fondo patrimoniale: caratteri comuni e note differenziali, nota a Cass. 31maggio 1988 n. 3703, in Giur. it., 1989, I, 1, 876 (autrice la quale, dopo aver rilevatoche la sentenza — relativa ad un patrimonio familiare — dalla medesima commentata« sottolinea l’inesistenza di qualsivoglia posizione giuridica corrispondente ad undiritto soggettivo in capo ai figli, i quali si ritengono portatori di un mero interesse (algodimento dei beni), come tale non giuridicamente rilevante », afferma che « lasituazione giuridica dei figli non e mutata con la nuova disciplina del fondo, in quantoad essi non e riconosciuta alcuna titolarita di diritti soggettivi; sui beni, anzi, non si

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interesse giuridicamente rilevante (71) a che detti beni e frutti sianocorrettamente amministrati, interesse che permette loro di agire neiconfronti dei coniugi-amministratori (72).Per questi motivi ritengo che la valutazione del Tribunale e con-centrata esclusivamente sulla tutela dei minori, nella prospettiva del-l’eventuale pregiudizio che potrebbe essere arrecato dal compimentodel negozio di cui all’art. 169 (73).riconosce nemmeno » (?) « l’esistenza di una vera e propria aspettativa in lorofavore »). L’interpretazione mi pare contraddetta dall’art. 169: se essa fosse fondata,infatti, la norma citata finirebbe col prescrivere l’intervento dell’Autorita giudiziaria atutela di interessi giuridicamente non meritevoli di tutela (per spunti non dissimili, v.anche T. AULETTA, op. cit., 223 e 390).Nel senso che, quanto ai beni del fondo, i figli non sarebbero titolari di alcundiritto soggettivo e, quanto ai frutti, se e vero che essi sono impegnati a far fronte aibisogni della famiglia, « e anche vero che i componenti della stessa sono solo beneficiaridei frutti cosı impiegati e non gia titolari di un diritto soggettivo ad una quota dei fruttimedesimi », v. App. Milano 8 aprile 1986, in Riv. not., 1987, 335 ss. (e segn. 337).Nel senso che i figli non sono titolari dei beni, ma hanno un interesse giuridica-mente tutelato al godimento dei loro frutti, in quanto destinati ai bisogni della famiglia,v. T. AULETTA, op. cit., 171 (il quale, a pg. 290, afferma che in caso d’amministrazionein presenza di figli minori sono in gioco i loro interessi « al rispetto della destinazione,a beneficio dell’intera famiglia (quindi anche loro), del patrimonio appartenente aiconiugi, ma funzionalizzato al soddisfacimento dei bisogni di vita di tutto il gruppo(coniugi, figli minori e maggiori d’eta) »), e, mi pare, M. PALMA, op. cit., 616 e 617.Nel senso, infine, che i figli hanno un interesse giuridicamente tutelato relativa-mente sia ai beni, sia alle loro utilita, v. G. GABRIELLI, Patrimonio familiare e fondopatrimoniale, cit., 299 e R. PACIA DEPINGUENTE, op. cit., 560, i quali, attentamente,diversificano tale interesse da quello dei contitolari dei beni.(71) Non quindi un interesse semplice (il quale, utilizzando il linguaggio e laconcettuologia prevalente, da vita ad una mera aspettativa di fatto), ne, naturalmente,un interesse legittimo, ma un interesse qualificato, nel senso di componente il dirittosoggettivo. Come e noto, mentre v’e generalmente consenso sull’affermazione per cuiil diritto soggettivo e costituito dal potere individuale di soddisfare il proprio interesse,e discusso, invece, se il diritto soggettivo si componga, oltre che del predetto interesse,della facolta d’agire (cosı, per tutti, tra gli autori piu moderni, F.D. BUSNELLI, L’obbli-gazione soggettivamente complessa. Profili sistematici, Milano, 1974, 187 ss.), o dellavolonta (in tal senso v., per tutti, W. CESARINI SFORZA, voce Diritto soggettivo, in Enc.dir., v. XII, Milano, 1964, 688 ss.), tema che coinvolge i rapporti tra ordinamento esoggetto e che non puo essere qui neppure sfiorato.(72) Analogamente, v., per tutti, T. AULETTA, op. cit., 256, 280, 291, 308; G.GABRIELLI, Patrimono familiare e fondo patrimoniale, cit., 299 e R. PACIA DEPINGUENTE,op. cit., 560; in senso diverso: V. DE PAOLA, op. cit., 40 e 41.(73) Nel senso che l’Autorita giudiziaria deve tenere conto dei soli interessi delminore e dell’eventuale pregiudizio che al medesimo possa essere causato, v. anche V.

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Pertanto, mentre il compimento dell’atto deve essere improntato anecessita o utilita evidente per la famiglia, l’autorizzazione e volta adaccertare gli effetti che scaturiscono dal negozio relativamente (edesclusivamente) alla posizione di alcuni componenti la famiglia: i figliminori.Il punto d’approdo consente di risolvere il problema della compe-tenza del Tribunale. Se, a memoria d’uomo, risulta pacifico che com-petente, per materia, e il Tribunale ordinario (art. 38 disp. att. c.c.) (74),notevoli perplessita sono sorte relativamente alla competenza per terri-torio.Dal cantomio, in sintonia conquanto sopra ritenuto, sonodell’ideache dovra esser adıto il Tribunale della circoscrizione del domicilio delminore (soggetto nel cui interesse il provvedimento e richiesto) (75).DE PAOLA-A. MACRIv, op. cit., 254; E. MANDES, op. cit., 682; G. SANTARCANGELO, op. ult.cit., 647; F. SANTOSUOSSO, op. cit., 139, ed altresı T. AULETTA, op. cit., 290 ss. (del qualev., pero, pg. 22). Non mi pare osservabile, in senso contrario, che l’atto costitutivopotrebbe escludere la necessita dell’autorizzazione. Infatti, cosı operando, i privati nonfanno che modificare il soggetto tenuto al controllo delle finalita dell’atto, senzaincidere, in alcun modo, sulla portata per cosı dire « oggettiva » dell’interesse deiminori.(74) Analogamente, T. AULETTA, op. cit., 297; G. CAPOZZI, I misteri della giuri-sdizione volontaria, in Vita not., 1989, 354; G. CIAN-G. CASAROTTO, op. cit., 835; V. DEPAOLA, op. cit., 118; DI CAGNO-PERCHINUNNO-SAGGESE-TATARANO-PACE-SPANO, op. cit.,117; A. FINOCCHIARO-M. FINOCCHIARO, op. cit., 828; G. GABRIELLI, Patrimonio familiare efondo patrimoniale, cit., 304; ID., Le autorizzazioni giudiziali, cit., 40; M. GADDI,Argomenti sulla capacita giuridica dei nascituri, in La riforma del diritto di famiglia, cit.,118; A. JANNUZZI, op. cit., 530; F. MAZZACANE, op. cit., 123; G. SANTARCANGELO, op. ult.cit., 648.(75) Cfr. T. AULETTA, op. cit., 298; G. CAPOZZI, op. cit., 353 ss.; G. GABRIELLI, Leautorizzazioni giudiziali, cit., 42. I singoli passaggi logici che mi fanno giungere a taleconclusione, sono i seguenti. In primis, deve constatarsi che non e dettata nessunanorma specifica sul punto e, pertanto, deve farsi riferimento ad un criterio generale. Maqual e il criterio generale? Certamente da escludersi e che, nell’ipotesi sub specie (e piuampiamente in sede di volontaria giurisdizione), possa trovar luogo il criterio dellalibera scelta delle parti (come ritenuto, invece, da G. TEDESCHI, op. cit., 183 e 184,relativamente all’alienazione dei beni dotali). Parimenti, deve negarsi che si possainvocare l’art. 41 disp. att. (che presuppone un conflitto tra coniugi, mentre qui, adifferenza di quanto accade nell’ipotesi di cui all’art. 181, l’autorizzazione presupponel’accordo tra gli stessi). Merita adesione, invece, l’opinione, oggi largamente prevalentein dottrina (accreditata, almeno in sede di rapporti di diritto civile, dalla giurispruden-za), per cui nel caso in cui nulla sia stato disposto, occorre adire il giudice del forumdomicilii (o, successivamente, della residenza) della parte nel cui interesse il provvedi-mento e richiesto (per un ampia e puntuale trattazione dell’argomento in terminigenerali, v. F. VERDE, La volontaria giurisdizione, in Trattato della volontaria giurisdi-zione, l, diretto dal medesimo A., Padova, 1989, 23 ss., ove ampia bibliografia). Ergo,

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Si afferma generalmente in dottrina che legittimati esclusivi al-l’istanza sono entrambi i coniugi (congiuntamente) (76), o, eventual-competente sara il Tribunale del luogo del domicilio dei minori, essendo l’autorizza-zione diretta esclusivamente a tutela dei loro interessi.

Contra, nel senso che competente sarebbe, tout court, il Tribunale della circoscri-zione della residenza della famiglia: V. DE PAOLA, op. loc. ult. cit.; M. DODDE, op. cit.,249; F. MAZZACANE, op. cit., 123; G. SANTARCANGELO, op. ult. cit., 649.Coincidendo il forum domicilii del minore (art. 45) con quello della famiglia (ossiatrattandosi in entrambi i casi di far riferimento al Tribunale del luogo ove e fissata laresidenza della famiglia), la questione appare comunque piu scientifica che empirica,salvo a condividere l’affermazione per cui « detta coincidenza viene meno ove manchiuna residenza della famiglia ed il minore non conviva con i genitori », o « con almenouno di essi » (sic T. AULETTA, op. cit., 298, e, analogamente, G. GABRIELLI, Le autoriz-zazioni giudiziali, loc. cit.). Affermazione che deve esser fatta discendere dalla soluzionedel piu ampio (e discusso) problema se, a fronte del chiaro disposto dell’art. 45, abbiarilevanza il domicilio reale del minore, il quale, ove non convivente con nessuno deigenitori, avrebbe un proprio domicilio ai sensi dell’art. 43, non potendosi parlare a talproposito di domicilio legale (in senso negativo, v. G. SANTARCANGELO, La volontariagiurisdizione nell’attivita negoziale, vol. II, Istituti a protezione degli incapaci, Milano,1986, 257; in senso positivo, v.: A. GATTI, Qual e l’incidenza del domicilio realedell’incapace nella determinazione del giudice competente ad emettere i provvedimenti divolontaria giurisdizione?, in Vita not., 1988, CXXVI ss., che cita in senso analogo undecreto s.d. e n. del Trib. Parma; A. FINOCCHIARO-M. FINOCCHIARO, op. cit., 14; A.TRABUCCHI, Commento all’art. 45 c.c., in Commentario al diritto italiano della famiglia,a cura di G. CIAN, G. OPPO e A. TRABUCCHI, vol. primo, cit., 353 e 354; analogamente,potrebbe forse esser interpretata anche la massima della sentenza Cass. 16 dicembre1977, n. 5487, in Giust. civ. Mass., 1977, 2556). Pur nella consapevolezza che, come giasi ebbe a dire, adducere inconveniens non est solvere argumentum, la soluzione positivapotrebbe portare, nel caso di pluralita di figli minori, aventi, ognuno, un domicilio« reale » proprio, ad una divergenza tra i diversi provvedimenti emanati. In sensocontrario al domicilio reale potrebbe forse essere richiamato l’art. 169, che richiede ununico « provvedimento », nel caso di piu « figli », (che e l’unico caso su cui, peraltro,la norma si pronuncia); ma anche questo argomento, come tutti quelli letterali, non mipare cosı decisivo.(76) Cosı, senza porre distinzione alcuna: P. CARUSI, op. cit., 310; V. DE PAOLA,op. loc. ult. cit.; V. DE PAOLA-A. MACRIv, op. cit., 254; M. DODDE, op. cit., 249; A.FINOCCHIARO-M. FINOCCHIARO, op. cit., 831 e 832; A. JANNUZZI, op. cit., 531; E. MANDES,op. cit., 682; F. MAZZACANE, op. cit., 123; G. SANTARCANGELO, Regime patrimoniale dellafamiglia, cit., 648 e 649.Nel senso, invece, che (anche in questa ipotesi generale) l’istanza potrebbe esserepresentata da uno solo dei coniugi, v. G. GABRIELLI, Le autorizzazioni giudiziali, cit., 47ss. (e segn. 49), sul rilievo che, se, per un verso, deve ritenersi che ciascuno dei coniugiresti libero di non prestare il proprio consenso pur dopo (essendosi espresso positiva-mente in sede giudiziale ed) aver ottenuto l’autorizzazione, per altro verso, dovrebbeconseguentemente ritenersi che l’ottenimento del provvedimento di volontaria giuri-sdizione non pare vincolato alla decisione definitiva di entrambi i coniugi di procedere

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mente, un curatore speciale (77) e, ove ricorra concretamente uncollegamento oggettivo con l’atto da rogare, il notaio (78).E discusso, tuttavia, se questa soluzione solitamente accolta in viagenerale, valga anche nel caso in cui la proprieta sia stata attribuita dalcostituente ad uno solo dei coniugi o ad un terzo (o nel caso in cui ilconiuge costituente si sia limitato a creare il vincolo, senza operarealcun trasferimento della proprieta), sempre che cio si ritenga ammis-sibile). Mi pare preferibile la soluzione positiva (79); pertanto, il ricorsoall’alienazione. L’indirizzo e criticato da A. FINOCCHIARO-M. FINOCCHIARO, op. cit., 831e 832, facendo leva sulla considerazione che occorre uno specifico interesse al fine diadire l’Autorita giudiziaria e che « l’attivita giurisdizionale... non puo essere direttaall’emanazione di pronunzie che siano prive di qualsiasi rilevanza pratica, ed insuscet-tibili, pertanto, di esprimere una volonta di legge idonea ad essere attuata nel casoconcreto, o che si limitino ad interpretare la legge ». Detti Autori ritengono, pertanto,che l’istanza presentata da uno solo dei coniugi andrebbe rigettata e che, ove l’auto-rizzazione fosse eventualmente concessa, essa sarebbe « inutiliter data, in quantoinsuscettibile di essere, in pratica, attuata ». Nel medesimo senso pare anche P.LOREFICE, op. cit., 331 e 332, per il quale l’autorizzazione sarebbe volta all’accertamentooltre che della necessita o utilita evidente, anche « dell’esistenza dell’accordo deiconiugi ».Singolare e, poi, la posizione di T. AULETTA, op. cit., 295 ss., che dopo avererifiutato gli argomenti di economia processuale addotti dai Finocchiaro (osservando,correttamente, che l’ottenimento di un provvedimento di volontaria giurisdizione nonfa, mai, sorgere alcun obbligo a carico del ricorrente), rileva come possono sorgeredubbi sull’ammissibilita di un ricorso sottoscritto da uno solo dei coniugi, quandotrattasi di atti utili. « Un accordo gia intervenuto fra i coniugi potrebbe, allora, forsefornire maggiori garanzie al giudice per valutare compiutamente l’utilita dell’opera-zione economica, in quanto costituisce gia la risultante dei diversi punti di vista deiconiugi medesimi. Ma c’e da chiedersi se l’interesse del minore non risulti giasufficientemente tutelato dalla possibilita — certamente non negabile — che il giudicepretenda, per concedere l’autorizzazione, la concorde richiesta dei coniugi, piuttostoche escludere in radice l’ammissibilita di una richiesta proveniente da uno di essi ». Nelcaso, invece, in cui la presentazione da parte di uno solo dei coniugi non derivasse dallariserva di pronunciarsi da parte dell’altro, ma da una sua opposizione, si applicherebbe,secondo tale A., l’art. 181.(77) Cosı P. CARUSI, op. cit., 310.(78) Cfr. G. SANTARCANGELO, op. ult cit., 649.(79) Potrebbe, invero, sostenersi anche la sufficienza di un semplice « consen-so » del coniuge non titolare di alcun diritto (proprio) sui beni costituiti nel fondo(« consenso » eventualmente da allegarsi al ricorso), come sostenuto da taluni in sededi analisi della disciplina prevista dagli artt. 155 e 317 (per i quali l’assenso all’opera-zione avrebbe rilevanza meramente interna e atterrebbe al momento decisionale e nona quello operativo: cosı, per tutti, in dottrina: A. JANNUZZI, op. cit., 62, ed in giurispru-denza: Pret. Faenza 11 dicembre 1996, in Notariato, 1997, 440 ss., con Commento

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andra proposto da entrambi i coniugi, i quali, come gia da altri rileva-favorevole di C. SCAZZOLI; in senso contrario, v. A. DI SAPIO, L’esercizio della potesta in

caso di separazione e divorzio e le decisioni di maggiore interesse per i figli: dell’accordo

tra Arianna e Barbablu, in questa Rivista 1997, 787 ss.).La soluzione non mi convince, poiche sia che si ancori la legittimazione apresentare il ricorso non alla titolarita dei beni (come accadeva, viceversa, sotto l’egidadell’abrogato art. 173), ma all’amministrazione (cosı G. SANTARCANGELO, op. ult. cit.,648), sia che la si colleghi alla rappresentanza legale (cosı T. AULETTA, op. cit., 290 edimplicitamente G. GABRIELLI, Patrimonio familiare e fondo patrimoniale, cit., 305, ilquale fa riferimento alla potesta), mi pare difficile disconoscere che il ricorso vadapresentato e sottoscritto da parte di entrambi i coniugi. Talune considerazioni in ordineai proposti criteri per la determinazione della legittimazione si impongono.In via generale deve osservarsi, quanto al criterio per cui sarebbe ravvisabile unasinapsi tra legittimazione e amministrazione, che esso, se, per un verso, potrebbetrovare suggello negli artt. 168 e 169, per altro verso, parrebbe porsi in contrasto conil principio generale desumibile dal sistema per cui la legittimazione a proporre i ricorsia tutela degli incapaci spetta ai loro rappresentanti legali. Quanto al criterio chericonduce la legittimazione alla rappresentanza legale, puo rilevarsi che esso da perpresupposto che l’autorizzazione in parola sia riconducibile a quelle tutorie (in talsenso, v. T. AULETTA, op. cit., 290 e 293, il quale giunge a tale qualificazione purevidenziando le differenze rispetto al provvedimento previsto dall’art. 320, il qualeultimo e volto a valutare gli interessi dei minori ad una corretta amministrazione delloro patrimonio).Piu in particolare, poi, deve constatarsi che se l’amministrazione, nella maggiorparte dei casi, sara esercitata dai coniugi, genitori dei minori (sicche, i due criteriporteranno a risultati analoghi), non mancano, peraltro, ipotesi diverse, in cui l’ammi-nistrazione dei beni del fondo e la rappresentanza dei minori spettano a personediverse. Mi riferisco, precisamente, al caso in cui i coniugi siano esclusi dall’ammini-strazione dei beni del fondo. Diviene chiaro, in tale eventualita, il riverbero dell’ado-zione dell’una o dell’altra tesi sopra delienate. Adottando la prima ricostruzione, nonsi avranno dubbi che legittimato alla proposizione del ricorso sara il soggetto cui l’A.g.ha affidato l’amministrazione (sia egli o meno rappresentante legale dei minori).Aderendo al secondo orientamento, si potrebbe, talvolta, correre il rischio di addive-nire a conclusioni un po’ paradossali. Come visto alla nota 56, non e, infatti, pacificose l’eventuale privazione dei coniugi dell’amministrazione dei beni del fondo debbaessere ricondotta all’esclusione di cui all’art. 183 (come proposto, tra gli altri, daAuletta e Carresi), o, invece, piu esattamente, alla rimozione prevista dall’art. 334(come proposto, tra gli altri, da Gabrielli). Ora, e evidente che ove si seguisse l’opinioneche fa richiamo all’art. 183, si consentirebbe che i coniugi, pur esclusi dall’ammini-strazione dei beni del fondo, possano, di fatto, ingerirsi (seppur indirettamente) nellagestione dei medesimi.Diverso e il caso dell’applicabilita degli artt. 181, 182 e 183 (casi in cui l’istanzasara presentata da uno solo dei coniugi), la quale e ammessa dalla dottrina assoluta-mente prevalente: cosı, per tutti, T. AULETTA, op. cit., 238 ss. (che si esprime nel sensodell’applicabilita diretta) e A. FINOCCHIARO-M. FINOCCHIARO, op. cit., 827 e 828 (che,

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to (80), ottenuto il provvedimento del Tribunale, dovranno, inoltre,partecipare all’atto, e cio anche ove non siano ne comproprietari, ne« cousufruttuari ».E certamente da escludersi la possibilita di configurare un conflittod’interessi tra i coniugi amministratori ed il minore (81). V’e di piu: nonmi pare che si possa parlare di interessi convergenti (almeno nell’ac-cezione tradizionale in cui e usato detto termine (82)), ma, tutt’al piu,di interessi « centripeti ».Sin qui dei figli minori. Ci si deve domandare, adesso, se quantoprospettato valga anche in caso di figli nascituri o maggiorenni.Con riferimento ai primi, deve operarsi un distinguo tra concepitie non concepiti al momento in cui l’atto viene posto in essere: cercherodi svincolare il discorso da quello, di piu ampio respiro, relativo allaconfigurabilita di una loro capacita, limitandomi ad accertare se ed inquali limiti l’ordinamento accordi una tutela anticipata agli interessi deimedesimi.In relazione ai figli nascituri concepiti, reputo preferibile l’opinioneche richiede l’autorizzazione del giudice (83), poiche, come osservatopreferibilmente, si pronunciano per l’applicabilita analogica); contra, isolatamente erigidamente, v. G. GABRIELLI, Patrimonio familiare e fondo patrimoniale, cit., 305.(80) G. CIAN-G. CASAROTTO, op. cit., 835, i quali ammettono, tuttavia, che le partipossano derogare alla necessita del consenso dei coniugi.(81) Cfr., anteriormente alla riforma del diritto di famiglia, G. TEDESCHI, op. cit.,176 e 177, il quale, partendo da una prospettiva istituzionalistica della famiglia, in sededi trattazione della dote cosı si esprime: « essendo la funzione della dote, sul cuiadempimento il Tribunale deve vigilare, di servire agli interessi della famiglia, ilconflitto d’interesse non puo neppure, in senso proprio, manifestarsi; non si tratta inquesto caso, infatti, di constatare se il marito possa aver indotto la moglie a disporre deisuoi beni nel proprio, anziche nel suo interesse, ma di vedere se l’interesse cui rispondela proposta alienazione, puo ritenersi che assurga a interesse familiare ».(82) V., per tutti, A. JANNUZZI, op. cit., 176 e 177, per il quale si ha convergenza« in genere quando, pur avendo i due soggetti interessi propri e distinti al compimentodell’atto, questo corrisponda all’interesse comune di entrambe le parti, sicche i dueinteressi siano compatibili », come nel caso di obbligazioni in solido e di diritti parzialisullo stesso bene. Ora, anche a tacere della variabile posizione dei coniugi (i quali, ovesi ammettesse la riserva della proprieta da parte del terzo, interverrebbero all’atto nellaloro qualita di amministratori non titolari dei beni), i minori non sono parte del negoziodi alienazione ed anzi, come si e tentato di chiarire piu sopra nel testo, i loro diritti (o,se si preferisce, interessi) riguardano esclusivamente la destinazione dei beni del fondo(e dei relativi frutti) e non la loro titolarita.(83) T. AULETTA op. cit., 290 e 291 nota 9; M. GADDI, op. cit., 118; G. OPPO, op.cit., 126 ss.

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da autorevole dottrina, deve ammettersi che « la tutela anticipata... delconcepito non e limitata ai ‘ diritti ’ che sono espressamente ‘ ricono-sciuti dalla legge ’ (art. 1, comma 2 c.c), ma si estende a ogni interessetutelato (del nato) gia identificabile con sufficiente certezza » (84).Esigenze di carattere sostanziale, tuttavia, hanno indotto la dottrina adun temperamento: il terzo, si e asserito, se di buona fede, non potrain nessun caso vedere pregiudicato il proprio acquisto operato inassenza del provvedimento del Tribunale (85). In senso inverso sipotrebbe rilevare che la tutela dell’affidamento dei terzi in tantoassume rilevanza, in quanto non sia sovrastata da piu forte principio,quale, appunto, quello della tutela degli incapaci (86). Quest’obiezionepotrebbe, forse, essere temperata dall’assunto per cui, se, da un lato,la tutela dei minori, come appurato, deve essere estesa anche aiconcepiti, per altro lato, nel caso de quo potrebbe mancare quellaobiettiva certezza (giuridica) di esistenza dello stato d’incapacita chegiustifica la soluzione del conflitto di interessi in favore dell’inca-pace (87).(84) Sic G. OPPO, op. cit., 126 e 127, il quale, cosı, modifica parzialmentel’opinione espressa in L’inizio dell’attivita umana, in Riv. dir. civ., 1982, I, 504 ss., ovefondava l’assunto sul rilievo che l’attesa di un figlio crea gia un bisogno qualificato dellafamiglia, assunto ritenuto, oggi, non piu sufficiente a fondare l’accolta affermazionesopra riportata. Infatti, come lo stesso A. rileva, « se non si vuol ricadere nell’antici-pazione della personalita (e non solo della tutela), questo e ancora un bisogno dellafamiglia come attualmente costituita, dunque dei coniugi ».(85) T. AULETTA, op. cit., 291 nota 9.(86) Nel senso dell’estraneita del principio dell’affidamento al settore dell’inca-pacita legale, v. C.M. BIANCA, Diritto civile, 3, Il contratto, Milano, 1987, 25; A. DI SAPIO,

op. cit., 791; F. GAZZONI, op. cit., 934; A. JANNUZZI, op. cit., 452 e 453; R. SACCO, voceAffidamento, in Enc. dir., vol. I, Milano, 1958, 666; P. TRIMARCHI, Istituzioni di dirittoprivato, Milano, 1979, 73 e 74.(87) In questo caso nessun elemento obiettivo puo, infatti, esser addotto: non unesame dei documenti di identita, ne un’ispezione negli uffici dello stato civile. Ora,chiunque s’avvede che nel caso in cui il terzo si sia comportato con la dovuta diligenza(e cosı, ad es., abbia sinanche richiesto ed ottenuto un certificato medico dal quale nonrisulta lo stato interessante), su di lui verrebbe fatta ricadere ogni responsabilita (dallaquale e, pur tuttavia, totalmente esente) e si verrebbe a considerare il negozio comecompiuto sempre a « rischio e pericolo » dell’acquirente, attribuendo, a quest’ultimo,una connotazione oltremodo « aleatoria ». Il che mi appare eccessivo e difficilmenteconciliabile con i principi generali della tutela dell’affidamento senza colpa e dellasolidarieta (in ordine ai quali v., per qualche spunto, F. SANTORO PASSARELLI, op. cit., 145ss. e segn. 148).

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Diversamente deve dirsi con riguardo ai i figli nascituri non conce-piti: in tal caso ritengo che nessuna autorizzazione sia richiesta (88), inforza dei seguenti argomenti. Anzitutto, manca l’interesse giuridica-mente tutelato: l’ordinamento, infatti, non tutela interessi meramenteeventuali ed ipotetici (89). In buona sostanza, un conto e la tutelaattuale di soggetti futuri, altro conto e la tutela futura di soggetti attuali(o, meglio, considerati tali dall’ordinamento). In secondo luogo, se, perun lato, i beni ed i loro frutti possono essere destinati (immediatamen-te) a far fronte alle necessita dei concepiti (90), per altro lato, risultadifficilmente configurabile una necessita che possa far capo ai nonconcepiti (la cui sopravvenienza potra non esserci mai). Infine, ragio-nando diversamente, verrebbe fatta, per cosı dire, rientrare dalla portal’autorizzazione (in assenza di figli minori) che il riformatore ha espulsodalla finestra: si opererebbe, cioe, una limitazione dell’autonomia pri-vata dei coniugi che la voluntas legis ha, espressamente ed inequivoca-bilmente, voluto evitare con la riforma.Questi rilievi conducono ad escludere, piu in generale, che nelconcetto soggettivo di famiglia rientrino i figli nascituri non concepiti,occorrendo sempre verificare se l’esistenza dei figli sia attuale, in rebushumanis (almeno embrionalmente).Con riferimento ai figli maggiorenni il discorso e diverso. Nellaconsapevolezza di quanto sia viva la problematica afferente la possibili-ta che i beni siano destinati a sopperire ai bisogni dei figli maggiorid’eta (91), e data qui, in astratto, per accolta la soluzione positiva, devedirsi che la loro tutela, in nessun caso, puo esser assicurata dall’inter-vento dell’Autorita giudiziaria. Cio, tuttavia, non mi pare porti adescludere che i figli entrati nella maggiore eta possano esercitare uncontrollo sul compimento degli atti da parte degli amministratori dei

(88) Analogamente; T. AULETTA, op. cit., 290 e 291 nota 9 e G. OPPO, op. cit., 127.Contra: M. GADDI, op. cit., 118, il quale scrive: ove « tale disposizione non si intendaapplicabile anche nei confronti dei nascituri, grave sarebbe la lacuna della legge,soprattutto con riguardo ai gia concepiti, ma anche riguardo ai concepturi. Comunque,ove non sia pienamente esclusa la possibilita dei coniugi di avere figli, il compimentodei predetti atti senza l’autorizzazione giudiziaria sarebbe certamente incauta e fonte diresponsabilita, in astratto e soprattutto in caso di sopravvenienza dei figli ».(89) Cfr. T. AULETTA, op. loc. ult. cit., e G. OPPO, op. loc. ult. cit.(90) Si pensi, ad es., alle spese mediche da sostenersi durante la gravidanza.Risulta, viceversa, pacifico che i beni e i frutti del fondo possono (in futuro) esserdestinati a far fronte ai bisogni di figli sopravvenuti. Cosı, per tutti, T. AULETTA, op. cit.,188; F. CORSI, op. cit., 89; M. FRAGALI, op. cit., 30.(91) Per una sintesi degli indirizzi profilatisi, v. paragrafo secondo.

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beni, controllo avente ad oggetto il rispetto del vincolo obbligatorio didestinazione degli stessi a soddisfacimento dei bisogni familiari, ecomunque, gia da altri ritenuto, « la rispondenza dell’atto ai criteri dibuona amministrazione » (92).In relazione al controllo de quo sono state operate due considera-zioni.Anzitutto, si e detto che tale esame da parte dei maggiorenni emeramente interno: esso, in altri termini, incide solo sul concretoesercizio dei poteri di amministrazione e giammai sulla validita oefficacia dell’atto, di guisa che, almeno per quanto ci occupa, nessunnocumento potra prodursi al terzo contraente (93). Di poi, e statoasserito che detto controllo, a differenza di quello operato in caso diminori, e successivo al compimento dell’atto (94). Nulla esclude, a mioavviso, che esso possa, eventualmente, essere espresso coevamente allastipula dell’atto e risultare dallo stesso (95).4.5. Terminato l’esame della disciplina naturale, possiamo occu-parci, fugacemente, del significato del « se non e diversamente consen-tito nell’atto di costituzione », con cui esordisce l’art. 169.L’economia del presente lavoro consente solo un accenno all’ipo-tesi di disciplina convenzionale in cui ci si puo imbattere con maggiorfrequenza nella « fase dinamica » del fondo, la c.d. libera alienabilitadei beni (96), di cui e controversa la portata.Alcuni ritengono che essa avrebbe un duplice effetto: quello diconsentire l’alienabilita dei beni ad libitum, in assenza di figli mino-(92) T. AULETTA, op. cit., 291.(93) Nuovamente T. AULETTA, op. cit., 291 e 292.(94) Ancora T. AULETTA, op. loc. ult. cit.(95) Pertanto nulla esclude che, pro bono pacis, i figli maggiorenni intervenganonell’atto notarile di alienazione (e lo sottoscrivano) al solo fine di rendere la dichiara-zione di aver esperito (positivamente) tale controllo. Essi, evidentemente, non sarannoparti del negozio; la loro dichiarazione (che solo impropriamente potrebbe qualificarsicome dichiarazione di consenso) non ha alcun rilievo in relazione agli effetti traslativi,limitandosi, esclusivamente, a precludere l’eventuale esercizio di un’azione nei con-fronti dei coniugi amministratori. Tale formalita, si badi, e solo meramente eventuale,in quanto nessuna norma prevede che detta dichiarazione rivesta una particolare forma.(96) V., ad es., la clausola proposta da A. LOVATO-A. AVANZINI, Formulario degli

atti notarili, Torino, 1992, 86: « I beni costituenti il fondo patrimoniale... potrannoessere alienati, ipotecati, dati in pegno o comunque vincolati con il solo consenso dientrambi i coniugi, senz’uopo di autorizzazione giudiziale ».

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ri (97), e quello di escludere, in loro presenza, la necessita dell’auto-rizzazione del Tribunale.Ritengo opportuno analizzare partitamente le due proposizioni. Irilievi esposti nel paragrafo 4.3. mi inducono a non condividere laprima ipotesi: se essa fosse esatta, infatti, si verrebbe ad incidere su unelemento che colora causalmente il fondo patrimoniale: la destinazionedei beni a far fronte alle esigenze della famiglia, che e per sua naturainderogabile ed indefettibile (98). In uno alla dottrina pressoche mo-nocorde, seguita dalla costante (ma poco copiosa) giurisprudenza (99),(97) Cosı la COMMISSIONE STUDI DEL CONSIGLIO NAZIONALE DEL NOTARIATO, op. cit.,2.2 e 2.3, e parrebbe anche G. TAMBURRINO, op. cit., 219. Si pronunciano a favore di unasimile clausola, relativamente al terzo costituente, L. MILONE, op. cit., 1768 ed E. RUSSO,

op. cit., 565. Nel senso che l’alienabilita ad libitum rientrerebbe nella disciplina« naturale » del fondo, v. gli Autori citati alla nota 45.(98) Cfr. G. CIAN-G. CASAROTTO, op. cit., 835.(99) T. AULETTA, op. cit., 307 e 308; C.M. BIANCA, La famiglia - Le successioni, cit.,107; F. CARRESI, Commento agli artt. 167-176 c.c., cit., 62; F. CORSI, op. cit., 103; V. DEPAOLA, op. cit., 29, 76, 102 ss. e 121; V. DE PAOLA-A. MACRIv, op. cit., 251; G. GABRIELLI,Patrimonio familiare e fondo patrimoniale, cit., 303; A. FINOCCHIARO-M. FINOCCHIARO,op. cit., 831; F. GALLETTA, op. cit., 139, 140 e 157; G. INTERSIMONE-G. PARMEGIANI, Latutela dei terzi, in La riforma del diritto di famiglia, cit., 442; A. JANNUZZI, op. cit., 530;F. MAZZACANE, op. cit., 122 e 123; L. MILONE, op. cit., 1768; M.R. MORELLI, op. cit., 157;P. LOREFICE, op. cit., 331 ss.; L. PENTANGELO, op. cit., 575; M.C. PINTO BOREA, op. cit.,875; E. RUSSO, op. cit., 566; F. SANTOSUOSSO, op. cit., 139 e 143. In giurisprudenza: Pret.Barra 8 febbraio 1978, in Foro it., 1978, I, 1033; Trib. Roma 27 giugno 1979, in Riv.not., 1979, 952 ss. (indicazione bibliografica cui si fara riferimento in prosieguo) ed inA. FUSARO, op. cit., 124 ss. (Tribunale che, chiamato a pronunciarsi su un ricorso diautorizzazione alla vendita di un bene costituito in fondo patrimoniale in relazione alquale ultimo i coniugi (aventi un figlio adottivo minore) avevano previsto la liberaalienabilita dei beni senza necessita di autorizzazione alcuna, ha rilevato che « laformulazione letterale dell’art. 169 c.c., dalla quale si evince chiaramente che ladisciplina legale, ivi sancita, va applicata nei soli casi in cui nulla sia stato dispostonell’atto di costituzione del fondo patrimoniale (la posizione iniziale della locuzione ‘ senon e stato espressamente disposto... ’, seguita dalla virgola, la fa indiscutibilmenteriferire ad entrambe le ipotesi successivamente previste, per cui si rende necessario oil consenso di entrambi i coniugi, o l’autorizzazione del Tribunale), nonche la ratio delsistema introdotto dalla legge di riforma ispirato a concedere prevalenza all’autonomiaprivata, pur con la persistenza della destinazione dei beni, da usare per il soddisfaci-mento dei bisogni della famiglia, inducono a ritenere la non necessita, anche inpresenza di figli minori, di un provvedimento giurisdizionale, nell’ipotesi in cui sia stataespressamente prevista la liberta di disposizione del bene conferito »; ed ha dichiaratonon luogo a procedersi sull’istanza di alienazione proposta dai coniugi, pur avendo glistessi un figlio adottivo minore); Trib. Trapani 26 maggio 1994, in Vita not., 1994, 1559ss., con nota favorevole di V. BUTTITTA.

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ritengo pienamente condivisibile la seconda proposizione, e, pertanto,perfettamente lecita l’esclusione dell’autorizzazione giudiziale: il con-trollo sull’utilita evidente o sulla necessita risulta deferito, cosı, ai soliconiugi (100).La possibilita di prevedere convenzionalmente (nei limiti predetti)la libera disponibilita, esclusa per il patrimonio familiare dall’abrogatoart. 170, e stata correttamente affermata in base ai seguenti diversirilievi: in primo luogo, il dato della norma; in secondo luogo, la ratio

Flatus vocis, com’era prevedibile, e rimasta la tesi di G. CIAN-G. CASAROTTO, op.cit., 834 e 835, per i quali sarebbe « ben anomalo che la necessita o meno di unintervento autorizzativo da parte di un organo giurisdizionale sia rimessa alla volontaproprio dei soggetti che a quell’autorizzazione sono sottoposti. Ma e poi la ragionestessa della previsione dell’intervento del giudice a dimostrare come se ne debbaritenere esclusa la derogabilita. Tale intervento, infatti, e chiaramente rivolto a garantirela destinazione del fondo al soddisfacimento dei bisogni della famiglia — bisogni che,quando vi sono figli minori, sono in primo luogo i bisogni di costoro (lo dimostraincontrovertibilmente l’art. 171) — contro un agire, pur concorde, ma egoisticamentemotivato, o comunque inopportuno dei coniugi. Ammettere l’eliminabilita del con-trollo per libera scelta di questi ultimi equivarrebbe a riconoscere la possibilita di unosvuotamento della stessa funzione del fondo patrimoniale ».L’opinione non mi convince, in quanto, a prescindere dalla pretesa ratio dell’au-torizzazione, escludendo nell’atto costitutivo l’autorizzazione ci si limita a rendereoperanti le regole vigenti nel caso in cui manchino figli minori. In tale ipotesi, comeesposto nel testo, i coniugi non sono liberi di disporre dei beni per fini egoistici, madevono rispettare le finalita del fondo. Vero e che, in concreto, puo accadere che essiagiscano « egoisticamente », ma e altrettanto vero che, come si e mostrato al paragrafo4.2, essi saranno responsabili personalmente e che l’atto potra soggiacere all’azionerevocatoria dei creditori (per spunti non dissimili, v. anche T. AULETTA, op. cit., 307; F.SANTOSUOSSO, op. cit., 137 e, sebbene sotto un angolo visuale diverso, G. GABRIELLI,Patrimonio familiare e fondo patrimoniale, cit., 305; v. altresı nota seguente). In buonasostanza, un conto e la fase dinamica, altro conto quella, per cosı dire, patologica. Nonpare corretto, pertanto, desumere da aspetti patologici limiti all’autonomia privata. Inultimo, potrebbe (marginalmente) rilevarsi che la tesi in oggetto contrasta con il tenoredell’art. 169, il quale inequivocabilmente ha posto il « se non e stato espressamenteconsentito... »in esordio.(100) Analogamente, v. F. CORSI, op. cit., 102 nota 57 e 103 e T. AULETTA, op. loc.ult. cit., Le opinioni dei due A., tuttavia, non coincidono con riferimento alla prote-zione degli interessi dei figli minori: per il primo, ove tale patto sussista, i coniugidovrebbero considerarsi « unici arbitri della sussistenza dei requisiti della necessita odell’utilita evidente ». Partecipando ai rilievi avanzati in senso contrario da Auletta,osservo che, se il controllo dei coniugi dipendesse dal loro esclusivo arbitrio (sı dapermettere loro il compimento di un atto utile o necessario per soddisfare esigenzemeramente individuali e voluttuarie dei medesimi), allora riprenderebbe vigore ilrilievo di Cian e Casarotto di cui alla nota precedente.

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dell’art. 169, identificata nell’esigenza di favorire la commercializza-zione dei beni costituenti il fondo e (cosı) l’autonomia dei privati; interzo luogo, l’attenuazione del vincolo di inespropriabilita tipico delpatrimonio familiare (essendo oggi possibile agire per debiti contrattinell’interesse della famiglia non solo sui frutti, ma anche sui beni delfondo). Di conseguenza, esattamente si e esclusa ogni possibilita diestensione al fondo dei risultati raggiunti in tema di patrimonio fami-liare, a prescindere dalla sua pretesa matrice « ancestrale »(continua)

ANGELO DI SAPIO

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DOTT. A. GIUFFRÈ EDITORE

RIVISTA TRIMESTRALE

Vol. XXX - Novembre-Dicembre 1998

DIRETTA DA

VINCENZO LOJACONO

Si segnalano all’attenzione del lettore

IL DIRITTO DI FAMIGLIAE DELLE PERSONE

ANNO XXVIII

1999