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Cerca nel sito... Cerca Il camaleonte nel salento: una realtà tra storia e leggenda da Lorenzo Rossi (di Sandro D'Alessandro) Alcune note sulle condizioni ecologiche attuali e passate del territorio salentino - le importazioni volontarie e involontarie di esseri viventi. Il Salento, estremo lembo meridionale della Puglia, è notoriamente una terra di confine, in senso sia geografico, che storico, che ecologico. Si tratta infatti di un territorio situato all'estrema propaggine orientale dello Stivale e separato da poche decine di chilometri di mare dalle coste albanesi e greche; un territorio in cui avviene una commistione fra la fauna e la flora tipiche dell'Italia e quelle tipiche delle coste orientali dell'Adriatico e dell'intero Mediterraneo. Un territorio irto di contraddizioni anche a livello ecologico, in cui è possibile veder vegetare fianco a fianco la Sughera, all'estremo limite orientale del proprio areale, e la Vallonea, questa al suo estremo limite occidentale. Un territorio in cui l'azione dell'uomo è di talmente vecchia data e di così radicale impatto che è spesso impossibile distinguere con assoluta certezza quelli che sono l'espressione di processi naturali da ciò che è dovuto, in toto o in parte, all'azione umana. Un territorio la cui particolare collocazione e le cui peculiari caratteristiche avevano determinato delle situazioni idonee per lo sviluppo, nel passato, di forme di esseri viventi che mai ci si aspetterebbe di trovare, oggi, in un Salento fortemente antropizzato e radicalmente trasformato dall'azione dell'uomo. 25.07.06 - Criptidi Terrestri Print E-mail bufala calamaro gigante cetologia conferenza criptidi acquatici criptozoologia dna erpetologia estinzione flores folklore heuvelmans homo floresiensis libri mostra mostri lacustri nessie nuova specie ominidi relitti ominologia ornitologia paleocriptozoologia La medusa gigante della Kuranda 26 Feb 2016 by LeonidasJoker Qualche informazione in più che rende poco probabile l'ipotesi di "meduse giganti": clicca qui. Splendido articolo, come sempre. E mi sono... Tilacino , ennesima spedizione 26 Feb 2016 by C.M. Wild Sarà la volta buona ? No. Lapidario Mauro! Più chiaro di così si muore! Darren Naish-Hunting Monsters 24 Feb 2016 by Mauro Ti giuro che mi sono impegnato parecchio a vederci un cigno, ma non ci riesco proprio. Allora non sono il solo. Criptozoologia: Scienza o Pseudoscienza? Questa è una domanda che mi sono posto spesso durante i tanti anni che ho dedicato a questa... Criptozoologia: Scienza o Pseudoscienza? Monday, 21 December 2015 17:41 Conferenza a Trento Wednesday, 28 October 2015 15:19 Lo "yeti" del Myanmar Sunday, 04 October 2015 13:45 ultime notizie alla ricerca degli animali misteriosi documenti vari la biblioteca criptozoo eventi e divulgazione approfondimenti

Il Camaleonte nel Salento - una realtà fra storia e leggenda

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Il camaleonte nel salento: una realtàtra storia e leggenda

da Lorenzo Rossi

(di Sandro D'Alessandro)

Alcune note sulle condizioni ecologiche attuali e passate del territorio salentino - le importazioni

volontarie e involontarie di esseri viventi.

Il Salento, estremo lembo meridionale della Puglia, è notoriamente una terra di confine, in senso sia

geografico, che storico, che ecologico.

Si tratta infatti di un territorio situato all'estrema propaggine orientale dello Stivale e separato da poche

decine di chilometri di mare dalle coste albanesi e greche; un territorio in cui avviene una commistione fra la

fauna e la flora tipiche dell'Italia e quelle tipiche delle coste orientali dell'Adriatico e dell'intero Mediterraneo.

Un territorio irto di contraddizioni anche a livello ecologico, in cui è possibile veder vegetare fianco a fianco la

Sughera, all'estremo limite orientale del proprio areale, e la Vallonea, questa al suo estremo limite

occidentale. Un territorio in cui l'azione dell'uomo è di talmente vecchia data e di così radicale impatto che è

spesso impossibile distinguere con assoluta certezza quelli che sono l'espressione di processi naturali da ciò

che è dovuto, in toto o in parte, all'azione umana. Un territorio la cui particolare collocazione e le cui peculiari

caratteristiche avevano determinato delle situazioni idonee per lo sviluppo, nel passato, di forme di esseri

viventi che mai ci si aspetterebbe di trovare, oggi, in un Salento fortemente antropizzato e radicalmente

trasformato dall'azione dell'uomo.

25.07.06 - Criptidi Terrestri Print E-mail

bufala calamaro gigantecetologia

conferenza criptidi acquatici

criptozoologia dna

erpetologia estinzioneflores folklore heuvelmans

homo floresiensis

libri mostra mostri lacustrinessie

nuova specieominidi relitti ominologiaornitologia paleocriptozoologia

La medusa gigante della Kuranda26 Feb 2016 by LeonidasJoker

Qualche informazione in più che rende

poco probabile l'ipotesi di "meduse

giganti": clicca qui.

Splendido articolo, come sempre. E mi

sono...

Tilacino , ennesima spedizione26 Feb 2016 by C.M. Wild

Sarà la volta buona ?

No.

Lapidario Mauro! Più chiaro di così si

muore!

Darren Naish-Hunting Monsters24 Feb 2016 by Mauro

Ti giuro che mi sono impegnato

parecchio a vederci un cigno, ma non ci

riesco proprio.

Allora non sono il solo.

Criptozoologia: Scienza oPseudoscienza?

Questa è una domanda che mi sono posto spesso durante i tanti

anni che ho dedicato a questa...

Criptozoologia: Scienza oPseudoscienza?Monday, 21 December 2015 17:41

Conferenza a TrentoWednesday, 28 October 2015 15:19

Lo "yeti" del MyanmarSunday, 04 October 2015 13:45

ultime notizie

alla ricerca degli animali misteriosi

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approfondimenti

Non mancano, ancor oggi, le specie di sicura introduzione umana, come ad esempio la Vallonea (Quercus

macrolepis) o il Fragno (Quercus trojana), ma anche il Cipresso (Cupressus sempervirens), così ben

naturalizzato, per quanto riguarda gli alberi. Si tratta, in questi casi, di introduzioni dovute all'importazione

attiva da parte dell'uomo, ma non mancano casi in cui, al contrario, le introduzioni sono avvenute per

trasporto passivo operato dallo stesso uomo. Gli esempi non si contano davvero, e vanno dal Surmolotto

(Rattus norvegicus), oramai abbondante praticamente in tutto il mondo, al Topo domestico (Mus musculus),

l'onnipresente topolino delle case, entrambi, pare, di origine asiatica.

Per contro, molti degli animali un tempo presenti sono scomparsi, forse per sempre, e fra questi tutti quelli

espressione di una vasta copertura forestale, dai più piccoli (Ghiro, Moscardino, Quercino, Topo selvatico dal

collo giallo, ecc.) ai più grandi (Martora, Gatto selvatico, ecc.).

Lo strano rapporto fra gli antichi Salentini ed i Rettili.

Fra le ultime categorie di animali a venire meno vanno elencati sicuramente i Rettili, la cui ampia diffusione e

la cui non minore diversità hanno contraddistinto l'estremo lembo orientale d'Italia fino a non troppo tempo

addietro. Molti Famiglie, molti Generi e molte specie, sia Sauri che Ofidi che Testudinati, hanno prosperato in

questa propaggine d'Italia.

Al punto da determinare in passato la presenza di un vero culto legato ai serpenti, come risulta dalle frasi che

seguono:

<< Il culto dei serpenti è rapportato a San Paolo e le ultime manifestazioni pubbliche rettiliane risalirebbero al

1945 ca. In Molise (per esempio a Venafro) la devozione è connessa a San Giovanni, in Sicilia (per esempio

a Butera) forse a San Rocco ed a San Foca nell'omonimo paese pugliese.>>

(da S. Bruno, op. cit.)

San Foca è una piccola frazione ubicata a pochi chilometri di distanza da Galatina, cittadina che, secondo la

tradizione, sarebbe stata resa da San Paolo [1] un luogo in cui i morsicati da animali velenosi avrebbero

trovato conforto. Il culto di San Paolo è ben presente nella Puglia salentina del passato, legato a tutte le

manifestazioni connesse agli individui colpiti dal morso di animali velenosi, in primo luogo la "Taranta", un

Aracnide sicuramente non corrispondente al Ragno che si indica oggi con il nome di Tarantola (Lycosa

tarentula), ma più probabilmente correlato alla Malmignatta (Latrodectus tredecimguttatus) ed alle

manifestazioni conseguenti al suo morso. [2]. Ciò che certo non lascia indifferenti è la strana corrispondenza

fra il nome del ragno e quello scientifico del Geco (Tarentula mauritanica), al quale una fantasia popolare

certo facilitata dall'analogia del nome attribuì caratteristiche venefiche. [3]

In questo panorama di tradizioni a metà fra il sacro ed il profano, fra il naturale e l'umano, fra la verità e la

leggenda, va inserita la vicenda di un altro essere, anch'esso a sangue freddo, troppo sbrigativamente

liquidato come un semplice parto della fervida fantasia popolare del passato. In modo più o meno

strettamente legato alla concezione di San Paolo presso i Salentini appare infatti il Basilisco, essere

fantastico spesso associato alla tarantola e di cui è possibile trovare traccia qua e là negli antichi scritti. Il

Basilisco, oggi considerato un essere fantastico, era ieri ben presente e vivo nei racconti di chi lo aveva visto

con i propri occhi:

<< Mostrando al volgo attonito la lucertola con due code, segno di buona fortuna, si attorcigliano [4] la

svariata collezione di serpi attorno al collo, si fanno lambire le mani e le guance, mostrano il "basilisco".

Questi è un animale che percuote molto la fantasia popolare. Ha la cresta di gallo, il corpo di serpente, le

mani ed i piedi di una rana ed un piccolo corno sulla fronte. E' nato da un uovo di gallo vecchio di cento anni

ed è stato covato con gli occhi per nove mesi.>>

(da "Superstizioni, medicamenti popolari, tarantolismo", op. cit.)

L'autore in una nota così si esprime a proposito del Basilisco e della sua strana genia:

<< La superstizione che un gallo vecchio possa produrre un uovo, l'unico uovo di tutta la sua vita, e da cui

nasce il "basilisco" è comunissima e ritenuta vera, malgrado che nessuno abbia mai visto quest'uovo. >>

Leggende del passato individuavano nel Basilisco un animale apportatore di sventure, al quale andava

tagliata prontamente la testa non appena si fosse avuta la ventura di incontrarlo nel proprio cammino, pena

l'imperversare di sciagure sul malcapitato ritrovatore e sulla sua famiglia.

Eppure, malgrado ciò, il Salento ha lasciato una memoria per certi versi imperitura del Basilisco, al punto che

esso è stato scelto come emblema di un paese, quello di Sternatia.

Il Basilisco nella cultura delle genti del passato.

paleontologia piovra primatipubblicazioni

Roosmalen serpenti

serpenti di mare

yeti

La leggenda che vorrebbe il Basilisco nato da un uovo di gallo non viene dalla Puglia, ma stranamente da

Santa Ildegarda di Bingen. Allo stesso modo, la tradizione legata al Basilisco non nasce nel Salento, ma

sembra essere patrimonio comune delle popolazioni europee in genere, non escluse quelle del Nord Europa.

[5]

Di seguito viene riportata un'efficace descrizione del Basilisco così come esso era visto nell'immaginario

popolare:

Il basilisco e il cockatrice.

Il basilisco (o amphysian cockatrice) anche detto basalisco, basilischio e basalischio, è rappresentato come

un serpente alato, che ha testa e zampe di gallo e occhi dallo sguardo che uccide. Il suo nome deriva

dall'ellenico antico e, secondo Gaio Plinio Secondo (detto "il Vecchio"), ha probabilmente a che fare con il

nome attribuito al velenoso serpente coronato, detto "basiliskos", o anche "regulus" (piccolo re) per via delle

macchie chiare che ha sulla testa che danno l'idea di una coroncina. Il primo basilisco nasce quando un

vecchio gallo nero depone un uovo che viene covato nel letame da un serpente o da un rospo. Il basilisco

dimora in grotte, sotterranei e pozzi, dove si dice custodisca tesori. Il suo soffio è velenoso e il suo sguardo

mortale, ma lo si può sconfiggere mettendogli davanti uno specchio e facendolo così morire del suo stesso

sguardo. Può anche essere ucciso dalle donnole.

Come la maggior parte di questi leggendari esseri misti, la figura del basilisco ha origini orientali. Secondo

Plinio il Vecchio, vive in Libia, ma è molto diffuso anche in Egitto. Nella "Bibbia" il basilisco compare come un

serpente velenoso, mentre Isidoro di Siviglia lo definisce "regulus volans" e Ugo di San Vittore, nel suo libro

dei salmi, lo chiama "rex serpentium" (re dei serpenti). In Occidente è Santa Ildegarda di Bingen che, nel suo

"Fisica", descrive per la prima volta il basilisco come un essere che nasce dall'uovo di gallo o di serpente

covato da un rospo. Anche Pierre de Beauvais sostiene che il basilisco nasce dall'uovo di un gallo e che per

difendersi da lui basta mettersi sotto una campana di cristallo che non lasci passare il suo soffio avvelenato.

Questa immagine è rappresentata su un capitello della chiesa di Vézelay. Nel 1474 il Consiglio di Basilea

condannò a morte un gallo di undici anni che, a quanto si diceva, aveva deposto un uovo. La bestia fu

decapitata il 4 agosto, il suo corpo fu bruciato e anche il suo presunto uovo fu dato alle fiamme.

Questi processi a carico di animali sono documentati più volte nella storia: essi venivano intentati soprattutto

con la motivazione che il comportamento della bestia (in questo caso il deporre uova) era contro natura e

quindi opera di Satana. Una leggenda locale viennese parla di un basilisco che viveva in un pozzo della

Schonlaterngesse, dove ancora oggi si può vedere la sua riproduzione. Una statua nella cattedrale di

Amiens, in Francia, raffigura Gesù nell'atto di calpestare un basilisco, in riferimento a un salmo: "Tu

camminerai sull'aspide e sul basilisco, e calpesterai il leone ed il drago." Nel linguaggio allegorico degli

alchimisti, il basilisco indica la pietra filosofale. Una razza affine al basilisco è il cockatrice, che ha corpo e ali

di drago, e testa di gallo. Inoltre, non è presente la seconda testa sulla punta della coda, che a volte

contraddistingue i basilischi veri e propri.

(da "La natura mitica degli animali" op. cit.)

Le similitudini che permettono di associare il Camaleonte al Basilisco sono, a parere dello scrivente,

incontrovertibili.

In primo luogo, la denominazione di "regio" attribuita al Basilisco deriverebbe dalla presenza, sul capo del

Camaleonte, di una protuberanza che può, con fantasia, ricordare la corona di un sovrano. [6]

In secondo luogo, l'abbinamento del Basilisco con il serpente fa capire che sicuramente di un animale a

sangue freddo si doveva trattare: quale altro essere, se non un animale a sangue freddo, si poteva prestare

ad essere rappresentato dal più malvagio di tutti, ossia il serpente ? Tanto più che compare, chiara traccia

del serpente visto come animale infido, la similitudine che fa anche del Basilisco un animale, secondo alcuni,

velenoso.

A ciò si aggiunge il fatto che la distinzione fra animali di specie diverse, quando non si trattava di animali utili

all'uomo, non era ben chiara agli occhi degli antichi, e pertanto anche un rettile con le zampe poteva essere

paragonato al serpente con la massima naturalezza. [7]

Il "soffio velenoso" [8] (alcuni ritenevano addirittura che, al pari del ben più grande drago, anche il Basilisco

eruttasse fuoco) è molto probabilmente da ricondurre all'estrema rapidità con cui il Camaleonte cattura gli

insetti estroflettendo rapidissimamente la lingua, che può anche non essere vista e che pertanto potrebbe

aver ingenerato l'idea che il fiato dell'animale fosse da solo sufficiente ad eliminare gli insetti.

Infine, la "testimonianza" di Santa Ildegarda, la quale asserisce che il Basilisco deriverebbe da un uovo di

gallo fecondato da un rospo, permette di rendere conto del fatto che sicuramente fu visto, in passato, che il

"Basilisco" (cioè il Camaleonte) nasceva da uova. Ora, l'uovo più familiare doveva essere senza alcun

dubbio, per tutti, l'uovo di gallina; però il Basilisco non poteva nascere da un uovo di gallina, dal quale ben si

sapeva che nascevano i pulcini: doveva nascere quindi... da un uovo di gallo. Ma come spiegare, a questo

punto, che da tale uovo nasceva un essere molto più simile ad un Rospo, con tutti quei bitorzoli ? Semplice:

bisognava ammettere la possibilità che fosse stato covato da un Rospo ! (si riteneva forse, all'epoca, che gli

animali potessero acquisire le caratteristiche della specie che ne aveva covato le uova, così come,

probabilmente, non era molto noto il fatto che gli animali a sangue freddo nascono da uova non covate).

Il Camaleonte in Salento: breve cronologia dei rinvenimenti.

La storia del Camaleonte in Salento non è storia recente, in quanto i primi rinvenimenti, ancorché non

documentati, sono innegabilmente avvenuti molto tempo fa, come dimostrano le credenze a proposito del

Basilisco, e come sta ad indicare, d'altra parte, lo stesso stemma di Sternatia.

Va detto che, al pari di altri esseri a sangue freddo, anche il Camaleonte non poteva che essere guardato

con sospetto dai Salentini che lavoravano in campagna e per i quali qualsiasi creatura non ben conosciuta

poteva essere, al pari della Taranta, una minaccia immediata o quanto meno un segno di sventura.

Peraltro, la poco nota tradizione dei serpari salentini aveva fra i suoi scopi quello di mostrare i "Basilischi" nel

tentativo di esorcizzare il timore che di questi la gente aveva. Come ben si conveniva, d'altra parte, ad una

popolazione che, dovendo lavorare in campagna per molte ore al giorno, aveva ripetutamente l'occasione di

trovarsi a contatto con questi esseri sconosciuti, con i quali doveva senz'altro abituarsi a convivere,

sfrondandoli, quando occorreva, da quell'aura di superstizioni e di paure irrazionali che li accompagnava.

Alla cronologia dei rinvenimenti avvenuti nel corso degli ultimi decenni andrebbe pertanto aggiunta una serie

di rinvenimenti che, sebbene - a causa della scarsità di comunicazioni dell'epoca, oltre che delle credenze e

delle paure tipiche della stessa - non abbiano lasciato alcuna traccia, sono sicuramente avvenuti in gran

numero.

In epoca più recente, il primo rinvenimento di Camaleonte documentato nel Salento risale al 1987 ed è stato,

seguito da numerosi altri, avvenuti tutti in una circoscritta area in agro di Nardò (LE).

Notizie avute in via confidenziale da una persona bene informata in merito mi hanno permesso di conoscere

che prima del rinvenimento "ufficiale" del 1987 ne era avvenuto almeno un altro, prontamente seguito -

neanche a dirlo - dall'uccisione dell'animale, di cui il ritrovatore non aveva la minima cognizione.

A distanza di tempo, e dopo essersi informato della specie di appartenenza e dell'assoluta innocuità

dell'animale, lo stesso scopritore ne rinvenne un altro, stavolta prontamente consegnato al Museo di Storia

Naturale di Calimera. Il secondo ritrovamento permise di appurare che nella zona esisteva una popolazione

vitale di Camaleonti, e che pertanto il rinvenimento di animali di quella specie non poteva essere

riconducibile ad una fuga da qualche terrario. Avvenne così che diverse persone presero a percorrere in

lungo e in largo al zona di Nardò alla ricerca dei Camaleonti, i quali furono trovati in gran numero, sia vivi che

morti (per la precisione, i ritrovamenti sarebbero stati in numero di 21, ma non appare improbabile che il

numero reale sia maggiore del dato ufficiale).

Il Camaleonte: caratteristiche, abitudini, diffusione

Il Camaleonte è un Rettile dell'ordine dei Sauri, famiglia Chamaleontidae, che comprende circa 85 specie

diffuse principalmente in Africa e nel Madagascar, ma anche in alcune isole dell'Oceano Indiano e dell'Asia

sud-occidentale. Viene riportata di seguito una sommaria descrizione della specie.

Chamaleo chamaleon: Camaleonte.

Distribuzione: Penisola iberica meridionale, Creta, Sicilia nordoccidentale (introdotto), forse introdotto altrove.

Anche Canarie, Asia sudoccidentale. Africa settentrionale. Cartina 55.

Identificazione: Adulti fino a circa 30 cm, inclusa la coda, ma di solito più piccoli. Assolutamente

inconfondibile. Movimenti lenti, corpo compresso lateralmente, coda prensile e occhi prominenti che possono

venir mossi indipendentemente l'uno dall'altro; tutto questo ne fa una specie unica in Europa. Colore molto

variabile e capace di un rapido cambiamento: tipica mente verde ma può essere nerastro, marrone o

biancastro. Può avere due bande chiare lungo ciascun fianco, e alcune macchie scure. Spesso chiaro di

notte.

Abitudini: Quasi sempre rinvenibile mentre sta sui cespugli, spesso in ambienti completamente aridi. Di solito

si muove con lentezza e cattura le prede con la lingua vischiosa ed estensibile. Solo raramente scende sul

terreno, per esempio per la deposizione delle uova. Quando è disturbato si gonfia inspi rando aria, apre la

bocca e spesso diventa molto scuro.

Variabilità: Non sono conosciute sottospecie in Europa.

Specie simili: Nessuna.

da "Guida dei Rettili e degli Anfibi d'Europa" (op. cit.)

Come si vede, non c'è, a differenza di quanto è stato scritto per la popolazione vivente in Sicilia, alcun

riferimento alla presenza della specie in territorio salentino: [9] La descrizione degli occhi, grado di muoversi

indipendentemente l'uno dall'altro, dà ragione al fatto che in passato si ritenesse il "Basilisco" in grado di

uccidere al solo sguardo ("il suo sguardo mortale, ma lo si può sconfiggere mettendogli davanti uno specchio

e facendolo così morire del suo stesso sguardo" - da "Il basilisco e il cockatrice").

Un'ipotesi di importazione.

Assodata la presenza della specie nel Salento, resta da accertarne l'eventuale autoctonia o le cause

dell'eventuale importazione da parte dell'uomo.

Per quanto riguarda la prima ipotesi, stante il ristretto areale di rinvenimento in Salento, indicato come avente

"un'estensione rettangolare di circa 50 x 20 km" [10], essa mal si accorda con una superficie così ristretta. E'

vero che si tratta di una specie poco mobile, come peraltro testimonia proprio la vicinanza dei luoghi in cui

sono avvenuti i vari rinvenimenti, ma a deporre a sfavore di un suo indigenato in zona è la sua presenza

esclusivamente in un areale puntiforme, ubicato a centinaia di km di distanza dalle più vicine popolazioni

della specie. [11]

L'ambiente della zona circostante Nardò non differisce infatti sensibilmente dalle zone limitrofe e pertanto

non giustifica una presenza esclusiva del Camaleonte solo nella zona anzidetta. Inoltre, una popolazione

spontaneamente presente solo in un areale così ridotto sarebbe estremamente fragile proprio a causa della

sua limitata estensione, e quindi difficilmente in grado di assicurarsi una continuità nel tempo.

Tale distribuzione si potrebbe accordare solo con un regresso della specie, che peraltro non renderebbe

conto della sua relativa abbondanza nella zona, così come è stato testimoniato dai numerosi ritrovamenti.

Ben diversa è l'ipotesi che la specie sia stata invece introdotta dall'uomo: in questo caso le motivazioni del

ridotto areale sarebbero unicamente, in assenza di confini invalicabili quale è il territorio di Nardò, da

ascrivere alla scarsa mobilità della popolazione, che sarebbe pertanto rimasta nei pressi del luogo di

introduzione, in cui sarebbe poi stata volta per volta rinsanguata con altri individui provenienti da introduzioni

successive.

Come pure potrebbe essersi verificato il caso che, per una concomitanza di eventi, il territorio di Nardò si sia

dimostrato più favorevole alla sopravvivenza dei Camaleonti importati, i quali potrebbero per qualsiasi motivo

essere scomparsi da altre zone del Salento in cui pure erano presenti in passato. [12]

L'importazione della specie da parte dell'uomo è stata sicuramente involontaria. Un'importazione volontaria è

infatti del tutto da scartare, poiché nella zona le testimonianze della presenza dell'animale (non già come

Camaleonte, ma come Basilisco) si perdono nella notte dei tempi, risalendo ad un'epoca in cui non solo non

era diffusa l'attuale deplorevole moda di importare animali esotici più o meno rari da tenere in cattività, ma

nemmeno si aveva una pur lontana cognizione della specie (si leggano a tale proposito le confuse notizie,

risalenti al Medio Evo, riportate a proposito del Basilisco).

Resta pertanto, unica ipotesi, quella dell'introduzione involontaria al seguito del legname importato per la

costruzione di navi. A tale proposito si è già parlato della limitata mobilità del Camaleonte, la quale, insieme

alla sua spiccata capacità nel mimetizzarsi, avrebbe permesso all'animale di "prendere posto" nella cavità di

un albero abbattuto senza essere scorto dagli addetti ai lavori. La teoria comune vuole che i legnami che

avrebbero permesso l'introduzione del Camaleonte provenissero dall'Africa, ma a parere dello scrivente è

molto più probabile, per una serie di riscontri storici, geografici e naturali che saranno di seguito enumerati,

che il legname in argomento provenisse dall'isola di Creta, in cui esiste a tutt'oggi una popolazione di

Camaleonte.

In primo luogo è da considerare il fatto che la zona in cui sono stati effettuati i ritrovamenti del Camaleonte è

a poca distanza dalla città di Taranto, il porto principale della Magna Grecia, in cui avvenivano sicuramente

molti scambi commerciali con le altre colonie greche.Ancora, il fatto che l'Isola di Creta era considerata in

antichità un vero e proprio bosco da adibire alla produzione di legname per rifornire di legname le proprie

flotte; a ciò si aggiunge il fatto che, nell'epoca, nelle zone della Magna Grecia (i dintorni di Taranto, ed in

generale l'attuale Salento) la produzione di legname doveva essere per forza di cose necessariamente

integrata con apporti dall'esterno, per far fronte alle necessità marinare di una civiltà che vantava una fra le

più importanti flotte dell'epoca.

Quando, nel XV Sec. a.C., gli Achei sbarcarono a Creta e ne distrussero la potenza navale, facendo dell'isola

una loro base navale e marittima, essi non lasciarono certo inosservata la ricca dotazione di legname che

nelle foreste dell'isola era presente (....) Circa un millennio dopo, attorno al 500 a.C., il porto del Pireo era

ancora luogo di fiorenti traffici di legame proveniente dall'isola di Creta, la quale doveva perciò essere

considerata un'immensa foresta da utilizzare.

(da "La Vallonea Quercia di Chaonia", op. cit.)

Infine, la caratteristica distribuzione di un altro Rettile, per il quale si potrebbe ipotizzare un'altra importazione

di tipo analogo a quella supposta per il Camaleonte: il Geco di Kotschy o Cyrtodactylus kotschyi. Anch'esso

presente per l'Italia nel solo Salento, in una circoscritta zona che comprende nel suo interno l'areale del

Camaleonte, è inoltre diffuso nella Grecia continentale, oltre che nell'Isola di Creta.

tav. 1 - Areale del Geco di Kotschy (Cyrtodactylus kotschyi) - da Arnold & Burton, op.cit.

tav. 2 - Areale del Camaleonte (Chamaeleon chamaeleon) - da Arnold & Burton, op.cit. Come si vede, il

Salento non compare fra le zone interessate dalla presenza del Camaleonte (ved. nota n° 8).

Si potrebbe pertanto ipotizzare, per i due Sauri, un'importazione avvenuta nello stesso modo e nella stessa

epoca. In territorio pugliese la maggiore diffusione del Geco di Kotschy rispetto al Camaleonte sarebbe

avvenuta grazie alla sua maggiore mobilità, alla sua maggiore rapidità ed alle minori dimensioni, oltre che

alla sua somiglianza con altre specie già presenti nel territorio regionale, tutti fattori che avrebbero limitato al

minimo le interferenze negative da parte della popolazione umana.

Da un punto di vista tecnico, la scelta da parte del Camaleonte (ed eventualmente del Geco di Kotschy) di

rifugiarsi nei nascondigli offerti dal legname è spiegabile con il fatto che, secondo i dettami della selvicoltura,

i lavori di utilizzazioni boschive seguono delle fasi ben precise, che prevedono, dopo l'abbattimento che dà

inizio all'intero processo, tutta una serie di operazioni, fra cui il concentramento del legname a poca distanza

dalla zona di caduta dell'albero e l'esbosco vero e proprio.

In entrambi i casi i tronchi vengono lasciati sul terreno per un certo periodo di tempo: breve nel caso del

concentramento, in cui i tronchi vengono preparati per essere accumulati lungo le linee di esbosco, e più

lungo nella fase successiva, che precede l'esbosco vero e proprio, in cui ha luogo il prelievo dei tronchi dal

bosco ed il loro concentramento per un tempo più o meno lungo nei pressi delle vie di comunicazione più

importanti.

Non c'è motivo per ritenere che questa procedura, che è quella attualmente impiegata, debba essere stata

sostanzialmente diversa nel passato. Con una importante differenza: se oggi si ricorre a mezzi altamente

tecnologici ed in grado di trasportare con grande velocità grandi quantitativi di legname, in passato tutto il

processo doveva essere senza alcun dubbio molto più lento, a tutto vantaggio degli "intrusi" che sceglievano

di dimorare fra le fessure dei tronchi o di nascondervisi alla ricerca di qualche Insetto di passaggio.

E così il Camaleonte, importato nei territori salentini da tempi probabilmente anteriori alla nostra era

cristiana, vi è sopravvissuto fino ai giorni nostri, sopravvivendo agli incendi che sistematicamente mettono a

rischio la macchia mediterranea in cui ama trovare rifugio, ai fitofarmaci ed al loro accumulo nel suo

organismo di animale insettivoro, all'irrazionale paura dell'ignoto degli antichi Salentini e, da ultimo ma non

per ultimo, al collezionismo di animali rari, che negli ultimi tempi sta mettendo in serio pericolo molte specie.

NOTE

[1] - San Paolo, morso (forse) da una Vipera a Malta senza subire alcuna conseguenza (cfr. gli Atti degli

Apostoli, 28 3-6), è considerato il Patrono di coloro che sono stati morsi da animali velenosi e come tale ha

avuto in passato un notevole culto in Salento come protettore dei "tarantati".

[2] - Non si comprende appieno, forse, la lotta senza quartiere delle popolazioni salentine del passato contro

gli animali a sangue freddo, se non la si riconduce alla percezione che gli antichi Salentini avevano di questi

esseri poco conosciuti (sempre velenosi nell'immaginario popolare) che nel passato erano diffusi in gran

numero nelle campagne. In ciò si inserisce in prima fila il ruolo prorompente che il fenomeno del "tarantismo"

ha avuto nelle tradizioni locali. Al tarantismo salentino, che è stato forse troppo sbrigativamente liquidato

come la semplice espressione di un'isteria collettiva in conseguenza del fatto che il "morso" della Lycosa

tarentula non produce effetti compatibili con le manifestazioni descritte per i "tarantati" (ma quello del

Latrodectus sì....), si deve fra l'altro la ben nota tradizione musicale della "tarantella".

[3] - esisteva in realtà una certa confusione, almeno a livello terminologico, fra i Ragni ed i Rettili, al punto

che popolarmente anche i Gechi venivano chiamati "tarantole", come testimonia tuttora il nome comune del

Phyllodactylus europaeus, Geco chiamato comunemente "Tarantolino".

[4] - si riferisce agli antichi "serpari" del Salento.

[5] - a tale proposito, non appare del tutto improbabile che anche in altri Paesi il Camaleonte sia stato

involontariamente importato, seguendo i canali qui proposti , ossia quelli connessi all'importazione del

legname; e questo malgrado il fatto che in Centro Europa il legname, certo più abbondante che in Salento,

non dovesse essere uno dei principali articoli di importazione, tanto più che le dimensioni ed il peso dei

tronchi da opera dovevano renderne in passato sconsigliabile il trasporto su lunghe distanze, se questo non

poteva essere effettuato via mare.

[6] - ciò era una cosa più frequente di quanto non si possa pensare: basti considerare che uno dei più piccoli

uccelli europei, il Regolo (Regulus regulus) deve il suo nome di "piccolo re" al fatto di possedere sul capo

una minuscola cresta gialla che è stata assimilata ad una corona.

[7] - per contro, non erano assenti Rettili di incerta classificazione, che, come la Luscengola (Chalcides

chalcides) o l'Orbettino (Anguis fragilis), sono Sauri a tutti gli effetti, pur avendo degli arti minuscoli o non

avendone affatto: nessuna meraviglia, quindi, a vedere un Camaleonte paragonato ad un Serpente, tanto più

che il primo, che probabilmente non è stato mai frequente in Salento, non era ben conosciuto, e si prestava

pertanto ad essere assimilato al serpente, Rettile che nella fantasia popolare del passato (e purtroppo anche

del presente) incarna l'animale malvagio per eccellenza.

[8] - ricompare l'analogia con il Serpente: era diffusa in passato l'idea che questo con il suo "sfiato" (il sibilo)

fosse in grado di dare la morte o arrecare perenne sfortuna a chi avesse avuto la ventura di incrociarlo. Nel

caso del Camaleonte, nessuno ne ha probabilmente avvertito lo "sfiato", ma l'abilità nel catturare Insetti con

movimenti della lingua talmente rapidi da risultare invisibili sì, e ciò è bastato ad assimilare l'animale al

Serpente...

[9] - mentre in Sicilia, evidentemente, i rinvenimenti di Camaleonti in natura sono datati e pertanto ben

assimilati dalla cultura scientifica, per il Salento i dati sono probabilmente ritenuti ancora da verificare e da

sottoporre al vaglio di ulteriori ricerche, per quanto essi siano ben documentati ed acclarati.

[10] - da R. Basso - C. Calasso, op. cit.

[11] - d'altra parte, il fatto che nello stemma della città di Sternatia (che rientra fra i comuni che fanno parte

della Grecìa salentina) sia presente il Basilisco, dimostra come tale tradizione fosse ben conosciuta in

passato anche dagli abitanti delle zone limitrofe, fatto questo che sembrerebbe deporre per una più ampia

distribuzione del Camaleonte, in passato, nel Salento.

[12] - da rilevare, a tale proposito, la presenza nei dintorni di Nardò dei bacini cosiddetti dell'Arneo, un

territorio umido in cui sarebbero vissute fino a non troppo tempo fa delle specie animali oggi quasi

sicuramente scomparse del territorio salentino, come ad es. la Lontra (sicuramente scomparsa) e la Puzzola

(forse ancora presente con pochissimi individui estremamente schivi ed elusivi).

Bibliografia.

"La natura mitica degli animali" - Libro I - Animali fantastici (http://dammo.altervista.org/best_libro_I.htm)

E. N. ARNOLD, J. A. BURTON - Guida dei Rettili e degli Anfibi d'Europa - Franco Muzzio Editore, Padova

1986

Silvio BRUNO - "Serpenti" - ed. Giunti, Firenze 1998

Criptidi d'Australia, tre casi esemplari. L'orso Nandi

Roberto BASSO, Claudio CALASSO - I rettili della Penisola Salentina - Edizioni del Grifo, Lecce 1991

Sandro D'ALESSANDRO - La Vallonea, Quercia di Chaonia - Editrice Salentina, Galatina 2002

Michele GRECO - Superstizioni, medicamenti popolari, tarantolismo - Filo Editore, Manduria 2001

Giovanni HIPPOLITI - Appunti di meccanizzazione forestale - ed. CUSL, Firenze

Ernesto DE MARTINO - "La terra del rimorso" - Edizioni EST, Farigliano (CN) 1996

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