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La partecipazione dei Musei delle Catacombe Romane 1 al PRIN 2 promosso dall’Università degli Studi di Roma Tre e dall’Associazione Giovanni Secco Suardo 3 , riguardante l’inserimento dei dati all’interno del database dei Res- tauratori Italiani (Res.I.) 4 , ha coinvolto la Pontificia Commissione di Arche- ologia Sacra (PCAS) e i suoi Archivi (Storico e Fotografico) contenenti numerose informazioni concernenti i restauri dei materiali conservati nelle catacombe. I reperti rinvenuti negli scavi delle catacombe romane e in esse contenuti sono i più diversi e spaziano dai materiali fittili (lucerne, piatti, brocche, anfore, ecc.), a quelli vitrei (lucerne, tessere musive, ecc.), metallici (monete, chiodi, grappe, ecc.), lapidei (sarcofagi, epigrafi, crustae, sectilia, elementi architettonici, ecc.). Ma ciò che da sempre ha maggiormente attratto la curiosità dei fruitori dei Musei delle Catacombe Romane sono i sarcofagi, che rappresentano, in scultura, l’evoluzione della primitiva arte cristiana. Pur esistendo numerosi Musei che conservano un cospicuo quantitativo di frammenti marmorei attribuibili ai sarcofagi provenienti dalle catacombe 5 , per la partecipazione al PRIN la PCAS ha puntato sullo studio dei materiali conservati esclusivamente nei Musei Classico e Cristiano delle Catacombe di Pretestato. 1 Musei Classico e Cristiano delle Catacombe di Pretestato, Tricora Occidentale e Tricora Orientale delle Catacombe di S. Callisto, Museo delle sculture delle Catacombe di S. Sebas- tiano, Museo Paleocristiano delle Catacombe di Priscilla. 2 Programmi di ricerca di Rilevante Interesse Nazionale che prevedono il coinvolgimento delle Università italiane, al fine di promuovere ricerche che integrino competenze diverse, promossi dal MIUR (Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca). 3 http://www.associazionegiovanniseccosuardo.it (consultato il 25/11/2012). 4 Ibidem. 5 Cfr. nota 1. Il contributo dell’archivio fotografico della PCAS per la storia del restauro dei materiali delle catacombe romane Agnese Pergola

IL CONTRIBUTO DELL’ARCHIVIO FOTOGRAFICO PER LA STORIA DEL RESTAURO DEI MATERIALI DELLE CATACOMBE ROMANE, in Il restauro archeologico in Italia dal 1860 al 1970, Sala dei Convegni

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La partecipazione dei Musei delle Catacombe Romane1 al PRIN2 promossodall’Università degli Studi di Roma Tre e dall’Associazione Giovanni SeccoSuardo3, riguardante l’inserimento dei dati all’interno del database dei Res-tauratori Italiani (Res.I.)4, ha coinvolto la Pontificia Commissione di Arche-ologia Sacra (PCAS) e i suoi Archivi (Storico e Fotografico) contenentinumerose informazioni concernenti i restauri dei materiali conservati nellecatacombe.I reperti rinvenuti negli scavi delle catacombe romane e in esse contenutisono i più diversi e spaziano dai materiali fittili (lucerne, piatti, brocche,anfore, ecc.), a quelli vitrei (lucerne, tessere musive, ecc.), metallici(monete, chiodi, grappe, ecc.), lapidei (sarcofagi, epigrafi, crustae, sectilia,elementi architettonici, ecc.). Ma ciò che da sempre ha maggiormenteattratto la curiosità dei fruitori dei Musei delle Catacombe Romane sono isarcofagi, che rappresentano, in scultura, l’evoluzione della primitiva artecristiana.Pur esistendo numerosi Musei che conservano un cospicuo quantitativo diframmenti marmorei attribuibili ai sarcofagi provenienti dalle catacombe5,per la partecipazione al PRIN la PCAS ha puntato sullo studio dei materialiconservati esclusivamente nei Musei Classico e Cristiano delle Catacombedi Pretestato.

1 Musei Classico e Cristiano delle Catacombe di Pretestato, Tricora Occidentale e TricoraOrientale delle Catacombe di S. Callisto, Museo delle sculture delle Catacombe di S. Sebas-tiano, Museo Paleocristiano delle Catacombe di Priscilla.2 Programmi di ricerca di Rilevante Interesse Nazionale che prevedono il coinvolgimentodelle Università italiane, al fine di promuovere ricerche che integrino competenze diverse,promossi dal MIUR (Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca).3 http://www.associazionegiovanniseccosuardo.it (consultato il 25/11/2012).4 Ibidem.5 Cfr. nota 1.

Il contributo dell’archivio fotografico della PCAS per la storiadel restauro dei materiali delle catacombe romaneagnese pergola

I materiali scultorei delle catacombe di pretestato

I materiali scultorei provenienti dalle catacombe di Pretestato vennero sis-temati all’interno di una struttura idonea, avente le fattezze di una domusromana organizzata attorno ad un peristilio coperto, realizzata negli anniVenti del secolo scorso6.Fino ad allora i pezzi provenienti dagli scavi in catacomba, per la maggiorparte frammenti di sarcofago, ma anche iscrizioni e materiale architettonico,erano stati lasciati accatastati all’interno della catacomba, nei cubicoli e nellacosiddetta Spelunca magna. Del loro rinvenimento, purtroppo, non sihanno notizie, se non per qualche pezzo di grandi dimensioni, poiché nellerelazioni di scavo dei primi decenni del XX secolo questo genere di infor-mazioni non veniva riportato, ad eccezione di quelle concernenti il materia-le epigrafico7. Tuttavia, la decontestualizzazione dei materiali deriva nonsolo dalla mancanza di informazioni sul luogo del rinvenimento, ma anchedalle precedenti manomissioni e devastazioni subite nel corso dei secolidalla catacomba8, che portarono alla frammentazione, nonché alla dispersio-ne, di gran parte dei sarcofagi che ancora negli scavi odierni, sono stati rin-venuti fuori dal proprio contesto di origine9. Alla dispersione si aggiungaanche il trasferimento di alcuni manufatti rinvenuti nella seconda metàdell’Ottocento, di grandi dimensioni e buono stato conservativo, nelle rac-colte Pontificie, poiché ancora inesistente la struttura museale di Pretestato10.L’allestimento del Museo vide impegnato in prima persona l’ingegner Forna-ri11 che, durante gli scavi dello Josi all’interno del cimitero, iniziò a classificareed organizzare i materiali per l’allestimento museale12. Egli si avvalse dell’aiu-to del dott. O. Thulin13, del dott. von Schoenebeck14 e della dott.ssa M. Güts-

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6 Sulla formazione del Museo di Pretestato v. il contributo di B. MAZZEI in questi Atti.7 Cfr., per esempio, i Giornali di Scavo dell’Archivio PCAS.8 Sulle vicende relative alla catacomba cfr. L. SPERA, Il complesso di Pretestato sulla via Appia.Storia topografica e monumentale di un insediamento funerario paleocristiano nel suburbiodi Roma, Città del Vaticano 2004, ivi bibliografia di riferimento.9 Cfr. L. DE MARIA, ‘Riflessioni sulla produzione dei cosiddetti sarcofagi “architettonici”’, inSarcofagi tardoantichi, paleocristiani e altomedievali, a cura di F. Bisconti e H. Brandenburg,Città del Vaticano, 2004, pp. 131-148.10 Questi materiali furono trasferiti inizialmente nel Museo Lateranense, confluito, in unsecondo momento, nelle raccolte dei Musei Vaticani. Cfr., sull’argomento, G. SPINOLA, ‘I sar-cofagi paleocristiani del Museo Pio Cristiano ex Lateranense nei Musei Vaticani’, in RACrist77, 2001, pp. 545-569.11 A. M. NIEDDU, s.v. ‘Francesco Fornari (II)’, in Personenlexikon zur christlichen Archäologie.Forscher und Persönlichkeiten vom 16. bis zum 21. Jahrhundert, a cura di S. HEID, M. DEN-NERT, Regensburg 2012 (cit. come Personenlexikon), p. 517.12 E. JOSI, ‘Note sul cimitero di Pretestato’, in RACrist 4, 1927, pp. 191-225; 12, 1935, pp. 7-48, 227-245; 13, 1936, pp. 7-24, 207-219.13 S. HEID, s.v. ‘Oskar Thulin’, in Personenlexikon, cit. a nota 11, pp. 1233-1234.

chow15, la quale, più di tutti, prese a cuore il lavoro di organizzazione e con-servazione dei manufatti. Da questo scaturì anche una importante pubblica-zione, corredata da un cospicuo apparato fotografico, nella quale ella trattòdei pezzi più importanti e degli interventi conservativi che li interessarono16.La dott.ssa Gütschow, coadiuvata dai fossori delle catacombe, ricomposenumerosi frammenti marmorei e si occupò della conservazione dei materialiattraverso una prima campagna di restauro che interessò tutti i marmi espostinel peristilio del Museo Classico e nell’ambiente adiacente deputato a MuseoCristiano17. A partire da questo momento la collezione lapidea di Pretestatopuò definirsi tale, strutturata secondo un criterio tematico e cronologico. Dalla fine del secolo scorso, giungendo sino al 2006, sono stati condottinuovi interventi di restauro che hanno interessato, in campagne successive,i materiali conservati nel Museo delle Catacombe di Pretestato, sotto la dire-zione di F. Bisconti, allora Segretario della PCAS, e realizzati, sotto la super-visione di B. Mazzei, da G. Mangia Bonella, M. G. Patrizi, S. Cascioli ed E.Vinciguerra18. I restauri hanno permesso di riprendere in mano il patrimo-

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14 M. DENNERT, s.v. ‘Han(n)s-Ulrich von Schoenebeck’, in Personenlexikon, cit. a nota 11, pp.1142-1143.15 Note storiche dei Musei Pagano e Cristiano della catacomba di Pretestato, Archivio PCAS,s.d., p. 3.16 Cfr. lo studio di R. BUCOLO in questi Atti e il volume citato: M. GÜTSCHOW, ‘Das Museumder Prätextat-Katakombe’, in MemPontAcc, 3, 4, 1934-1938, pp. 29-268.17 Ibidem.18 Sui restauri dei reperti scultorei provenienti dalla catacomba di Pretestato sono stati pub-blicati numerosi articoli, in seguito alle successive campagne di restauro condotte dalla PCAS:R. GIULIANI, ‘Alzata frammentaria del sarcofago di Aelia Afanacia’, in Via Appia. Sulle ruinedella magnificenza antica, a cura di I. Insolera e D. Morandi, Roma 1997, pp. 84-85; EAD.,‘Alzata frammentaria del sarcofago di Aelia Afanacia’, in Aurea Roma. Dalla città pagana allacittà cristiana, a cura di S. ENSOLI ed E. LA ROCCA, Roma 2000, pp. 593-595; C. SALVETTI, B. MAZ-ZEI, ‘Il sarcofago attico degli amorini a Pretestato. Restauro e nuove considerazioni iconogra-fiche’, in RACrist 76, 2000, pp. 217-242; B. MAZZEI, ‘Rilievo con faro e due navi onerarie’, inAurea Roma. Dalla città pagana alla città cristiana, a cura di S. ENSOLI ed E. LA ROCCA, Roma2000, pp. 100-101; EAD., ‘A proposito del sarcofago di Bethesdà delle catacombe di Pretestato’,in Sarcofagi tardoantichi, paleocristiani e altomedievali, a cura di F. Bisconti e H. Branden-burg, Città del Vaticano, 2004, pp. 111-130; EAD., ‘Frammento di sarcofago con busto di figuravirile’; ‘Frammento di sarcofago con personaggio con rotolo’; ‘Frammento di sarcofago acolonne’; ‘Frammento di sarcofago con busto di figura virile barbata’, in 387 d.C. Ambrogio eAgostino. Le sorgenti dell’Europa, a cura di P. PASINI, Milano 2004, pp. 400-401; EAD., ‘Alzataframmentaria di coperchio di sarcofago’; ‘Alzata frammentaria di coperchio di sarcofago constorie di Giona e scena di banchetto’; ‘Alzata frammentaria di coperchio di sarcofago con storiedi Giona’, in Costantino il grande. La civiltà antica al bivio tra Oriente e Occidente, a cura diA. DONATI, G. GENTILI, Milano 2005, pp. 294-295; EAD, ‘Frammenti di sarcofago dal Museo diPretestato. Ipotesi ricostruttiva di un sarcofago a colonne’, in RACrist 82, 2006, pp. 35-54; EAD.,‘Alzata di coperchio di sarcofago con scene di Giona e di banchetto’, in La rivoluzione dell’im-magine. Arte paleocristiana tra Roma e Bisanzio, a cura di F. BISCONTI e G. GENTILI, Milano2007, pp. 132-133; EAD., ‘Il sarcofago ad alberi del Museo delle catacombe di Pretestato. Res-

nio scultoreo conservato nel Museo e di aggiungervi i nuovi pezzi prove-nienti dagli scavi più recenti19. Le campagne di restauro e lo studio deimateriali hanno messo in evidenza gli interventi conservativi compiuti all’i-nizio del Novecento sotto la guida della dott.ssa Gütschow, permettendo,così alle ricercatrici del PRIN di definire più facilmente i processi che inte-ressarono i reperti archeologici negli anni Trenta del secolo scorso20.A corredo dei lavori compiuti nei primi decenni del Novecento esistonouna serie di riproduzioni fotografiche, conservate nell’Archivio Storico dellaPCAS, che hanno consentito di avvalersi di un ulteriore documento per lostudio dei pezzi e degli interventi conservativi ad essi riferibili.

l’archivio fotografico delle pontificia commissione di archeologia sacra

L’Archivio StoricoIn relazione all’istituzione della Commissione di Archeologia Sacra (CAS)21 eai primi interventi effettuati nelle catacombe22 ci si dotò fin da subito deglistrumenti in grado di fornire la migliore documentazione fotografica possi-bile. All’epoca, per ottenere tali risultati, venne impiegata la tecnica dellariproduzione su lastre di vetro, attraverso l’utilizzo di un’emulsione di gela-tina distesa sul vetro stesso, affinché questo divenisse fotosensibile. Le lastre,dunque, erano il negativo delle immagini fotografate, che venivano stampa-

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tauro e spunti di riflessione’, in RACrist 84, 2008, pp. 33-48; DE MARIA 2004, cit. a nota 9; F.BISCONTI, ‘Sancta imago. Frammenti di un sarcofago dal museo cristiano di Pretestato’, inRACrist 82, 2006, pp. 13-34; ID., ‘Achille a Pretestato. Frammenti di sarcofagi con le storie diAchille nel Museo Classico del complesso di Pretestato sulla via Appia Pignatelli’, in RACrist83, 2007, pp. 7-22; ID., ‘Nuovi paralipomeni di Giona. Il profeta e il re di Ninive in un coper-chio di sarcofago del Museo Cristiano di Pretestato’, in RACrist 84, 2008, pp. 15-32; A. PERGOLA,‘Frammento di sarcofago con scene di guarigione dal Museo di Pretestato’, in RACrist 84, 2008,pp. 69-80; C. PROVERBIO, ‘Due coperchi di sarcofago del Museo di Pretestato come spunto pernuove osservazioni sulle scene di viaggio’, in RACrist 84, 2008, pp. 49-68.19 Cfr. SPERA 2004, cit. a nota 8.20 Cfr. le schede della banca dati Res.I. compilate da R. Bucolo, A. Pergola, C. Proverbio.21 La Commissione di Archeologia Sacra, istituita dal papa Pio IX, su suggerimento di Gio-vanni Battista de Rossi, fu dichiarata Pontificia nel 1925 dal papa Pio XI e ne vennero definitele competenze (cfr. F. MARCHISANO, La Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, in Cen-tocinquanta anni di tutela delle catacombe cristiane d’Italia, Città del Vaticano 2002, schedan. 1). Tali competenze furono sottolineate anche nella successiva convenzione tra la SantaSede e lo Stato Italiano secondo cui «La Santa Sede conserva la disponibilità delle catacombecristiane di Roma e delle altre parti del territorio italiano con l’onere conseguente della cus-todia, della manutenzione, della conservazione» (Motu Proprio di Pio XI. Della PontificiaCommissione di Archeologia Sacra e del nuovo Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana,Città del Vaticano 1925 = Acta Apostolicae Sedis. Inter Sanctam Sedem et Italiam Conventio-nes initae diebus 18 febr. et 15 nov. 1984, Città del Vaticano 1985).22 Cfr. Note storiche, cit. a nota 15.

te su carta albuminata la quale, per la fine dell’Ottocento, rappresentava ilmiglior supporto per la stampa23. Tale tecnica ha permesso di produrre unanotevole quantità di documenti, conservati oggi nell’Archivio Fotografico,rimanendo, per lungo tempo, la più semplice ed economica rispetto allealtre pratiche fotografiche. Questo sistema facilitò l’acquisizione delle imma-gini che, nella maggior parte dei casi, furono realizzate in condizioni estre-me, in ambienti ipogei contenenti un elevatissimo tasso di umidità e unaluce molto scarsa, trattandosi di gallerie o cubicoli catacombali. Nel corso del XX secolo, grazie all’avvento della celluloide e al migliora-mento delle tecniche fotografiche, la Commissione si dotò di strumenti chepermisero di sviluppare le fotografie su supporti di vario genere: dai foto-color, passando per le diapositive e giungendo alle stampe in bianco e neroe a colori, capaci di documentare gli interventi nelle catacombe sino ai det-tagli più minuziosi. Solo negli ultimi anni la tecnica principalmente utiliz-zata è quella digitale, con la quale le immagini vengono raccolte in supportidigitali e stampate in bianco e nero e a colori su carta politenata.Ben presto, si comprese l’importanza della riproduzione fotografica per lostudio dei monumenti antichi, come riconosciuto dal Wilpert24, iconografocristiano, che si servì della fotografia per realizzare “foto acquerellate” dellepitture delle catacombe25 e per la ricostruzione grafica dei sarcofagi paleo-cristiani26. Con la consapevolezza del fondamentale apporto fornito dalmateriale fotografico, negli anni Trenta del Novecento, l’Archivio Fotogra-fico prende forma, grazie alla documentazione acquisita nel corso degliscavi condotti dalla PCAS. Infatti, in concomitanza con i restauri condottidalla Gütschow a Pretestato, Mons. G. Belvederi27 raccolse e riordinò l’in-gente quantità di fotografie prodotte nei primi ottanta anni di vita dellaCommissione28. Nel 1932 egli redasse una prima edizione dell’Elenco dellefotografie della Fototeca, comprendente circa 6000 unità documentariedelle quali, la maggior parte, riferibili alle principali catacombe cristiane diRoma29. Si trattava, allora, di materiale sporadico, testimonianza di eventiparticolari o selezionate campagne di scavo condotte nelle catacombe

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23 Per la storia delle tecniche fotografiche cfr. I. ZANNIER Storia e tecnica della fotografia, Bari1984.24 J. WILPERT, ‘Sul modo di servirsi della fotografia per la pubblicazione delle opere di arteantica’, in RACrist 2, 1925, pp. 156-165.25 J. WILPERT, Le pitture delle catacombe romane, Roma 1903.26 J. WILPERT, I sarcofagi cristiani antichi, Roma 1929-1936.27 S. HEID, s.v. ‘Giulio Belvederi’, in Personenlexikon, cit. a nota 11, pp. 154-156.28 Cfr. B. MAZZEI, ‘L’Archivio Fotografico della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra’,in Centocinquanta anni di tutela delle catacombe cristiane d’Italia, Città del Vaticano 2002,scheda n.17.29 G. BELVEDERI, Elenco delle fotografie di antichità cristiana eseguite per cura dei due pon-tifici istituti, Roma 1932.

romane, non corrispondenti ad una sistematica documentazione degli inter-venti archeologici intrapresi nel sottosuolo30. Mons. Belvederi, sistemandomateriale sino ad allora prodotto, creò un Archivio “aperto”, nel quale erapossibile incrementare la quantità dei documenti, perché ordinati secondouna numerazione progressiva. I positivi delle fotografie furono affidati allacura e gestione delle suore Benedettine delle catacombe di Priscilla, lequali provvidero all’aggiornamento dell’Archivio Fotografico attraverso l’in-serimento delle immagini realizzate nei successivi sessant’anni dalla PCAS31. L’esponenziale incremento del materiale raccolto nella Fototeca presso lecatacombe di Priscilla32 richiese, a partire dagli anni Settanta del secoloscorso, una nuova organizzazione che permettesse un riordino rispondentealle nuove esigenze conservative e che prevedesse, come già era avvenutoin precedenza, una sistemazione di ordine topografico delle immagini. Diquesto si occupò prevalentemente il padre U. M. Fasola che riordinò l’Ar-chivio Fotografico secondo più moderni criteri e realizzò il nuovo Catalogodelle fotografie33. Le immagini furono incollate su fogli di cartoncino riunitiin faldoni cartacei, divisi per catacombe o gruppi di catacombe ordinatetopograficamente. All’interno della suddivisione topografica le fotografiefurono raggruppate per categorie (generali, piante, esterni, scale, gallerie,regioni catacombali, cubicoli, sculture e iscrizioni) variabili – in quanto nontutti i monumenti presentano le medesime caratteristiche – a loro voltanumerate progressivamente garantendo, anche in questo caso, un archivio“aperto” all’inserimento di nuove immagini. Questa nuova catalogazione accolse non solo le foto delle catacombe diRoma e le basiliche ad esse pertinenti, ma anche quelle dei cimiteri ipogeiriscoperti nell’ambito della penisola italiana34, degli edifici sacri paleocristia-ni della città di Roma, dei complessi monumentali del Vaticano, del Latera-no, di S. Paolo f.l.m. e di alcuni materiali provenienti da collezioni privatee Musei romani35.

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30 Ibidem.31 Cfr. l’Introduzione in U. M. FASOLA, Catalogo delle fotografie di antichità cristiana, Cittàdel Vaticano 1973.32 Roma, Archivio Storico della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, Fototeca diPriscilla, armadio 3 ASD/295, fascicolo 9.33 Le indicazioni in merito al criterio utilizzato per la nuova numerazione sono contenute inFASOLA 1973, cit. a nota 32.34 Sono documentate le seguenti catacombe italiane: ad Decimum, S. Teodora a Rignano Fla-minio, la catacomba di Albano, S. Vittorino presso l’Aquila, le catacombe di Napoli (S. Gau-dioso e S. Gennaro), S. Antioco in Sardegna, le catacombe della Sicilia (S. Giovanni di Sira-cusa, Vigna Cassia, S. Lucia, Manomozza, Porta di Ossuna, Intagliatella a Palazzolo, Intagliataa Palazzolo, Molinello, ipogeo di Cozzo-Guardiole, Naro, Vigna Spalla a Marsala, S. MicheleArcangelo, Cava delle porcherie, Riuzzo I, Riuzzo II, Carini, necropoli di Agrigento, ipogeoFragapane), gli ipogei paleocristiani di Tarragona.35 Museo Pio Lateranense, Museo Nazionale alle Terme di Diocleziano, Musei Capitolini, Anti-

Il numero delle fotografie che la PCAS acquisì durante le campagne arche-ologiche e di restauro, compiute nelle catacombe negli anni successivi allariorganizzazione del Fasola, rese necessari successivi aggiornamenti delCatalogo. Pertanto, nel 197536, nel 198037 e nel 199338 furono date alle stam-pe tre successive Appendici contenenti l’elenco delle foto aggiunte all’Ar-chivio. Ciò che emerge sfogliando i cataloghi è la prevalenza delle imma-gini fotografiche in bianco e nero, che si evidenzia sino all’Appendice del1980, che furono realizzate sui più diversi supporti: dalle lastre fotografichein vetro alle più moderne pellicole Leica (24x36 mm).

L’Archivio ModernoA partire dagli anni Novanta del secolo scorso, con il restauro sistematicodei materiali archeologici e delle pitture ipogee, si resero necessarie para-llele campagne fotografiche dei reperti e delle pitture. Per ogni pezzo oimmagine da restaurare era, infatti, richiesta una documentazione, che per-mettesse di osservare lo stato dei materiali prima, durante e dopo l’inter-vento di restauro e la stampa delle immagini avveniva in quattro formatidiversi: stampe in bianco e nero e a colori, fotocolor e diapositive. Una cosìingente produzione di materiale fotografico richiese una nuova collocazio-ne e una catalogazione diversa rispetto a quella utilizzata fino agli anniOttanta. Pertanto, a partire dall’ultimo decennio del secolo scorso, sotto laresponsabilità della dott.ssa Barbara Mazzei, l’Archivio Fotografico vennespostato nella sede della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, invia Napoleone III n. 1, e organizzato secondo nuovi criteri39. Le fotografieconservate nei faldoni cartacei provenienti dall’Archivio delle Suore Bene-dettine di Priscilla venne “chiuso” e denominato Archivio Storico. Parallela-mente, le immagini acquisite nell’ultimo ventennio furono riorganizzatenell’Archivio Fotografico presso la PCAS e sistemate, sempre secondo l’or-dine topografico, in raccoglitori ad anelli capaci di contenere immagini di

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quarium del Celio, Villa Albani, Palazzo Barberini, Villa Borghese, Studio Canova, PalazzoColonna, Palazzo Corsetti, Palazzo Corsini, Villa Carpegna, Villa Doria Pamphilj, Palazzo Lance-llotti, Vigna Grandi, Villa Medici, Studio Nogara, Palazzetto Poli, Palazzo Sanseverino al Corso,Palazzo Spada, Istituto Svedese, Istituto Svizzero, Museo Torlonia, Giardini di Colle Oppio, Mer-cati di Traiano, Porta Metronia, Torre de’ Conti, via del Corso n. 509, Via Reno n. 2, via del Tri-tone n. 46, PCAS, Ospedale della Consolazione, Ospedale di S. Giovanni in Laterano, Ospiziodi S. Maria dell’Anima, Convento di S. Onofrio, Cappella del Collegio di Propaganda Fide, Palaz-zo di Propaganda Fide a Piazza di Spagna, Giardino del Protettorato “S. Giuseppe”.36 U. M. FASOLA, Catalogo delle fotografie di antichità cristiana. I appendice. Nuove acquisi-zioni fino al settembre 1975, Città del Vaticano 1975.37 U. M. FASOLA, Catalogo delle fotografie di antichità cristiana. II appendice. Nuove acqui-sizioni fino al settembre 1980, Città del Vaticano 1980.38 U. M. FASOLA, P. BARBINI, Catalogo delle fotografie di antichità cristiana. III appendice.Nuove acquisizioni fino al marzo 1993, Città del Vaticano 1993.39 MAZZEI 2002, cit. a nota 28.

tutti i formati e di facilitare l’acquisizione delle immagini in caso di neces-sità. Anche questa nuova sistemazione previde la numerazione delle foto,affinché si presentasse come archivio “aperto”, che avvenne seguendo l’or-dine topografico e numerico contenuto nel Repertorio delle pitture dellecatacombe romane di A. Nestori40.La nuova collocazione e sistemazione delle fotografie consentì di risponde-re alle esigenze prodotte dal continuo aggiornamento della documentazio-ne di scavi e restauri. Infatti, la presenza dell’Archivio all’interno degli ufficidella PCAS e l’organizzazione in agili raccoglitori favorì la fruibilità deidocumenti fotografici. Inoltre, la collocazione dei materiali stessi in suppor-ti plastificati e facilmente rimovibili ne permise la conservazione pur garan-tendone la consultazione. L’organizzazione dell’Archivio Moderno secondo questi nuovi criteri con-servativi e archivistici, fece emergere l’esigenza di salvaguardare anche leimmagini dell’Archivio Storico conservate, oramai, in supporti inidonei. Siprocedette, quindi, al trasferimento delle fotografie conservate nei grandifaldoni cartacei all’interno dei medesimi raccoglitori utilizzati per l’archiviomoderno, mantenendone, tuttavia, inalterata la catalogazione. Si ebbe cosìriunito l’intero Archivio Fotografico all’interno di un unico fondo archivis-tico, con il fine di agevolare ulteriormente la fruizione e la conservazionedei materiali stessi.

L’Archivio digitaleAlle soglie del nuovo millennio, con l’esponenziale sviluppo della tecnologiadigitale, i Responsabili della PCAS, e in particolare la dott.ssa Mazzei, riten-nero opportuno il trasferimento su supporto digitale delle immagini dell’Ar-chivio Storico che versavano, nonostante le migliorie conservative, in unostato evidente di usura e degrado. L’archiviazione digitale non era un’espe-rienza nuova per la PCAS, poiché già da qualche anno era stata elaboratauna banca dati informatica per la schedatura dei materiali archeologici pro-venienti dalle catacombe, il Sistema di Catalogazione dei Reperti di Archeo-logia Sacra (SICRAS). L’informatizzazione di questi documenti aveva permes-so di constatare come lo studio e la ricerca dei materiali si presentasse piùagevole e veloce, sia per gli addetti ai lavori che per i fruitori esterni. Unasimile constatazione portò alla consapevolezza della necessità di renderecompletamente accessibile, attraverso il sistema informatico, l’intero ArchivioFotografico, Storico e Moderno, affinché le immagini delle catacombe dive-nissero strumenti concreti per lo studio e la ricerca archeologica.A partire dal 2009, attraverso la collaborazione con gli informatici e gli archi-visti di Regesta.exe41, è stato avviato un progetto di informatizzazione di tutti

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40 A. NESTORI, Repertorio topografico delle pitture delle catacombe romane, Città del Vaticano 1993.41 http://www.regesta.com (consultato il 21 /11/2012).

i documenti contenuti negli Archivi della PCAS con lo scopo di creare undatabase facilmente consultabile, contenente i documenti raccolti dal 1852ad oggi, sia cartacei che fotografici. Per quanto concerne l’Archivio Fotogra-fico, alle immagini storiche già digitalizzate, si sono aggiunte le fotografiedell’Archivio Moderno e della banca dati SICRAS, superando, così, le 35.000unità fotografiche. Mentre questa ingente mole di documenti sta prendendoforma all’interno dell’Archivio digitale della PCAS attraverso la piattaformaxDams42, si sta provvedendo a riordinare le immagini acquisite.Presto sarà consultabile online l’Archivio Fotografico Storico, del quale sista ultimando l’inserimento dei dati. Esso si presenterà ordinato secondo icriteri stabiliti dal padre U. M. Fasola43, mentre il Moderno seguirà l’impos-tazione del Nestori44. In entrambi i casi la ricerca delle immagini potrà avve-nire sia secondo un criterio topografico che attraverso l’utilizzo di parolechiave.

Il contributo dell’Archivio Storico per la storia del restauro

Per il lavoro condotto dalle ricercatrici che hanno partecipato al PRIN si èresa necessaria la consultazione delle immagini storiche dei materiali mar-morei delle catacombe di Pretestato. Quelle relative alle sculture sono circa320 e rendono chiara testimonianza degli interventi conservativi eseguiti suipezzi allestiti nel Museo Classico. I restauri condotti sui sarcofagi negli anniNovanta e Duemila, hanno richiesto, essi stessi, analisi specifiche che evi-denziassero lo stato conservativo dei frammenti marmorei, nonché gli inter-venti che li interessarono nel primo trentennio del secolo scorso. Fontediretta, nonché fermo immagine dello stato dei materiali ottant’anni fa, èproprio la fotografia che li ritrae e che ha permesso agli archeologi e ai res-tauratori di ripercorrere la storia dei pezzi e del loro allestimento.Un esempio esplicativo, in questo senso, è la storia del sarcofago attico degliAmorini (fig. 1)45, del quale, lo studio delle fonti fotografiche e cartacee hapermesso di ricostruirne le vicende conservative e di riassemblarne i fram-menti secondo un nuovo e più corretto criterio46. Il restauro del sarcofagoha preso avvio proprio dallo studio dei pezzi, per comprendere le cause deldegrado che ne interessavano le superfici47. Le analisi chimiche accertarono

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42 http://www.xdams.org (consultato il 21/11/2012).43 Cfr. nota 36.44 Cfr. nota 40.45 Archivio PCAS, PRE S 129-148.46 SALVETTI, MAZZEI 2000, cit. a nota 18.47 Cfr. le schede di restauro del sarcofago detto degli Amorini conservate presso l’Archiviodella PCAS.

la presenza di interventi compiuti in epoca contemporanea che avevanocontribuito al deterioramento dei materiali. Uno di questi interventi è stori-camente documentato dalle fotografie d’archivio che ritraggono il sarcofagoriassemblato, in maniera non del tutto corretta, su una struttura portante inmattoni, coperta da una stuccatura che, per il coperchio, tentava di ricos-truirne la forma (fig. 1a). Tale struttura, realizzata come supporto anche peraltri manufatti marmorei, come dimostrano diverse immagini dell’epoca48, èstata ritenuta dalle restauratrici49 oggetto anch’esso di intervento conservati-vo, in base al criterio dell’istanza storica50. Le immagini realizzate nel corsodei restauri permettono di osservare la colorazione alterata delle superficimarmoree, le quali erano state trattate con una sostanza di natura organicacon funzione di lucidante o protettivo. Tale sostanza aveva subito negli anniun evidente degrado trasformandosi in una patina di colore bruno-rossiccioche è stata successivamente rimossa dalle restauratrici. Interessante osserva-re come le fotografie conservate nell’Archivio Storico presentino il sarcofa-go, appena restaurato, perfettamente pulito e senza alcuna alterazione delcolore dei frammenti marmorei. Tale condizione lascia supporre che leimmagini siano state scattate nel momento in cui il manufatto era stato dapoco ripristinato e trattato con la sostanza organica che, nell’immediato, pro-duceva un notevole effetto estetico. Questa condizione è evidente per tuttii materiali fotografati in occasione dell’allestimento del Museo Classico diPretestato che forniscono un importante indizio per comprendere gli intenticonservativi dei restauratori del primo Novecento.Un secondo aspetto di interesse per la storia della conservazione del manu-fatto è la constatazione, emersa dal confronto di alcune fotografie storiche,di come il sarcofago degli Amorini abbia subito un nuovo intervento di res-tauro poco tempo dopo il riassemblaggio dei pezzi. Si tratta dell’inserimen-to di un frammento angolare, successivo all’intervento della Gütschow, edovuto al rinvenimento del pezzo durante una campagna di scavo effettua-ta nelle gallerie della catacomba. Infatti, nel 1935, lo Josi rinvenne, «in unaremota galleria del secondo piano (…) l’angolo sinistro con ancora benconservate e perfettamente combacianti con le inferiori le parti superioridel putto d’angolo»51. In occasione di questo ritrovamento si provvide, evi-dentemente, alla ricollocazione del pezzo e alla eliminazione della stucca-tura del coperchio. Si rinunciò, quindi, all’intento ricostruttivo proposto inun primo momento dalla Gütschow e si realizzò la struttura che fino al 1994

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48 Cfr. Foto Archivio PCAS PRE S 015, 115, 188.49 I restauri furono eseguiti sotto la direzione scientifica dell’allora Segretario della PCAS, F.Bisconti, da S. Cascioli e M. G. Patrizi nel 1994 (cfr. SALVETTI, MAZZEI 2000, cit. a nota 18, p.232).50 Cfr. C. BRANDI, Teoria del restauro, Torino 1983, pp. 21-38.51 Cfr. JOSI 1935, cit. a nota 12, p. 14.

rimase inalterata, a sostegno deiframmenti marmorei del sarco-fago degli Amorini (fig. 1b).Un’ulteriore considerazionesull’importanza delle fotografiecontenute nell’Archivio Storicodella PCAS deve essere condot-ta in merito alla documentazio-ne dello stato dei frammentimarmorei al momento del rin-venimento, nonché alle fasi che

precedettero l’allestimento del Museo Classico delle catacombe di Pretesta-to. Le informazioni che riceviamo da queste immagini sono di non pocaimportanza, se consideriamo che l’attuale percezione dei materiali marmo-rei è il risultato di un lungo processo di interventi conservativi e ricostrut-tivi. L’originale stato dei frammenti lapidei lo si può cogliere solamenteattraverso l’osservazione diretta delle immagini fotografiche d’epoca. Comesi riscontra in alcune fotografie di particolare impatto visivo, lo stato deiframmenti prima dell’allestimento museale versava in pessime condizioni.Ciò che si vede è un caotico insieme di pezzi ammucchiati lungo le paretie nello spazio centrale del quadriportico, senza alcun accorgimento chegarantisse la salvaguardia delle superfici dal deterioramento causato daagenti esterni (fig. 2).In seguito a queste considerazioni, emerge l’importanza della conoscenzadello stato dei materiali sin dal momento del rinvenimento e della docu-mentazione degli interventi che questi hanno subito nel tempo e che lihanno condotti all’attuale stato conservativo. Non si tratta, solo dell’apportoofferto dalle immagini di archivio, ma da tutti quei documenti in grado difornire indicazioni sui processi che hanno interessato i materiali archeolo-gici, al fine di progettarne la conservazione.Com’è noto, il punto di partenza per una ricerca è lo studio delle fonti e lastoria delle indagini condotte sino ad oggi. Il database dell’Archivio Foto-grafico della PCAS permetterà di consultare e mettere a confronto i monu-menti e i materiali documentati nel momento del loro rinvenimento, duran-te i restauri e allo stato attuale, al fine di comprenderne meglio il percorsoevolutivo. Per coloro che si sono occupati del restauro dei sarcofagi dellecatacombe di Pretestato è stato possibile risalire all’origine degli interventi

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1. Sarcofago degli Amorini, Roma, Museoclassico delle Catacombe di Pretestato(foto Archivio PCAS)

conservativi e di metterli a confronto coni risultati ottenuti dai restauri più recenti.Inoltre, la conoscenza dei pezzi nonavviene soltanto constatando gli effettiche il tempo produce sulla materia, maanche osservando il processo conosciti-vo che ha portato gli studiosi del passatoa compiere determinate azioni nei con-fronti dei materiali stessi. Gli esempi piùesplicativi in questo senso sono le ricos-

truzioni applicate a frammenti marmorei o pittorici che, a volte, hanno per-messo di osservare, come gli studiosi dell’epoca non avessero compresopienamente l’unità potenziale dell’oggetto in esame. È il caso, in scultura, di un’alzata di coperchio di sarcofago, conservato pro-prio nel Museo delle Catacombe di Pretestato, con scene di Giona e di ban-chetto (fig. 3)52. Nella ricostruzione degli anni Trenta del secolo scorso siosservano quattro frammenti attribuiti a questa alzata di coperchio, di cuitre combacianti (fig. 3a). Un frammento con l’immagine di una nave e diun mostro marino è separato dagli altri che, nel complesso, raffigurano(partendo da sinistra) le scene di Giona rigettato dal pistrice e Giona chedorme sotto la pergola di zucche; la tabella anepigrafe; una singolare scenadi banchetto53. Senza volersi occupare in questa sede dell’analisi iconogra-fica dei frammenti, si vuole, tuttavia, sottolineare, come il pezzo a sé stante,impropriamente attribuito all’alzata di coperchio, negli studi più recenti nonsia stato considerato pertinente ad essa (fig. 3b)54. Allo stesso modo, per quanto concerne le pitture delle catacombe, ancoranel complesso di Pretestato, troviamo una singolare scena all’interno di unnoto cubicolo: il cosiddetto cubicolo della Coronatio55. Si tratta dell’immaginecon la coronazione di spine inflitta al Cristo da due soldati raffigurata sullaparete sinistra (fig. 4). L’affresco fu rinvenuto parzialmente conservato e alcu-

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52 Cfr., da ultimo, MAZZEI 2007, cit. a nota 18, ivi bibliografia di riferimento.53 Foto Archivio PCAS PRE S 61-62.54 MAZZEI 2007, cit. a nota 18.55 F. BISCONTI, ‘La Coronatio di Pretestato. Storia delle manomissioni del passato e riflessionisui recenti restauri’, in RACrist 73, 1997, pp. 749 = in F. BISCONTI, Le pitture delle catacomberomane. Restauri e interpretazioni, Todi 2011, pp. 85-105, ivi bibliografia di riferimento.

2. Roma, Museo Classico delle Catacombe di Pretesta-to durante i lavori di allestimento (foto ArchivioPCAS)

ni frammenti furonoritrovati sul piano pavi-mentale dell’ambienteipogeo. Nel momentodella risistemazione delcubicolo i frammentinon in stiu, furono rico-

llocati nel settore della scena della Coronatio in maniera ragionata, tuttavia- come si vedrà - errata (fig. 4a). Di questa risistemazione si possiedonodiverse fotografie che documentano “manomissioni” successive degli stessiframmenti56. Si tratta di un susseguirsi di interventi, dovuti alle diverse inter-pretazioni, che si sono avvicendati sull’affresco, dei quali si ha un riscontronei contributi degli studiosi che se ne occuparono dal momento della sco-perta fino agli anni Novanta del secolo scorso57. Con il restauro promossodalla PCAS nel 1996, si rimise mano alla pittura della coronazione di spinee, partendo da uno studio degli interventi antichi, si programmò una nuovae definitiva disposizione dei frammenti pittorici58. Infatti, mettendo a confron-to le fotografie d’archivio si poté constatare come i restauri del passato aves-sero reso la scena meno leggibile e più confusa59. Le restauratrici rinvennero,dispersi nel cubicolo, alcuni frammenti di intonaco dipinto pertinenti alle

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56 Foto Archivio PCAS, PRE B 17 e PRE_03_028_004.57 O. MARUCCHI, ‘Osservazioni sopra una pittura biblica del cimitero di Pretestato (la cosiddettaCoronazione di spine) a proposito di una recente controversia’, in Nuovo Bullettino di Arche-ologia Cristiana 14, 1908, pp. 131-142; A. BACCI, ‘Osservazioni sull’affresco della “Coronazionedi spine” in Pretestato’, in RQA 22, 1908, pp. 30-41; J. WILPERT, ‘Die Bilder der Dornonkrönungund des Papstes Liberius in der Prätextatkatakombe’, in RQA 22, 1908, pp. 165-172; G. BONA-VENIA, ‘Appendix’, in, Notiones archeologiae christianae disciplinis theologicis coordinatae, II,2, a cura di P. Systus o.c.r., Roma 1910, pp. 373-379; A. DE WAAL, ‘In der Praetextat-Katakombe,wenn nicht Taufe Christi, nicht Dornenkrönung, was denn?’ in RQA 25, 1911, pp. 3-18; F.GROSSI GONDI, I monumenti cristiani iconografici ed architettonici dei sei primi secoli. Pittura,scultura, cimiteri, basiliche, Roma 1923, pp. 248-251; J. WILPERT, La fede della chiesa nascentesecondo i monumenti dell’arte funeraria antica, Città del Vaticano 1938, pp. 49-52; Adunanzadel 1 marzo 1945 della Società dei Cultori di Archeologia Cristiana, Archivio PCAS.58 S. CASCIOLI, B. MAZZEI, M. G. PATRIZI, ‘Il restauro del cubicolo della “Coronatio” nel cimiterodi Pretestato. Resoconto degli interventi conservativi’, in RACrist 73, 1997, pp. 51-63 = in F. BIS-CONTI, Le pitture delle catacombe romane. Restauri e interpretazioni, Todi 2011, pp. 107-112.59 Cfr. nota 53.

3. Alzata frammentaria di coper-chio con scene di Giona e dibanchetto. Roma, Museo Classi-co delle Catacombe di Pretesta-to (foto Archivio PCAS)

scene contenute sulle paretidella stanza, tra le quali quelladella Coronatio. Dopo uno stu-dio attento dei pezzi si proce-dette a staccare l’affresco perricomporlo secondo una nuovae più coerente interpretazioneche distribuì la scena su unquadro di più ampio respiro efacile lettura (fig. 4b)60.I documenti fotografici, comesi è visto, rappresentano oggi

una fonte imprescindibile per lo studio dei manufatti antichi. La storia deimonumenti e dei materiali archeologici passa anche attraverso la documen-tazione fotografica che, con il fermo immagine, ne documenta lo stato e laconservazione. Per gli studiosi di archeologia e per chi lavora nel campodel restauro dei materiali e monumenti antichi, le foto d’archivio sono unostrumento indispensabile.A fronte di quanto sin qui è stato detto emerge come, attraverso i mezzi dicui oggi disponiamo, è possibile aumentare in maniera esponenziale lepossibilità di conoscenza e studio dei materiali, grazie ad un nuovo tipo diapproccio alla materia. L’opportunità di disporre contemporaneamente didiversi tipi di documenti, attraverso l’utilizzo di specifici programmi, rap-presenta un passo in avanti per lo studio dei monumenti. La fotografia,quindi, applicata a software capaci di far interagire tra loro più tipi di fontidiviene un mezzo necessario per l’indagine archeologica. Così, l’ArchivioFotografico della PCAS inserito, oggi, all’interno di un database in grado difar dialogare tra loro documenti ed immagini, è il primo passo verso unanuova metodologia di ricerca applicata all’archeologia cristiana.

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60 Cfr. BISCONTI 2011, cit. a nota 55, figg. 25-29, pp. 98-99.

4. Cubicolo della Conoratio; scena dellacoronazione di spine. Roma, Museo Clas-sico delle Catacombe di Pretestato duran-te i lavori di allestimento (foto ArchivioPCAS)