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Fondazione Ambrosiana Paolo VI STORIA RELIGIOSA EURO-MEDITERRANEA 4 Popoli, Religioni e Chiese lungo il corso del Nilo dal Faraone cristiano al Leone di Giuda

L’UNIVERSALIZZAZIONE ELLENISTICA DELLA RELIGIOSITÀ EGIZIA. IL CULTO DI ISIDE NEL MEDITERRANEO E NELLA CAPITALE DELL’IMPERO

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Fondazione Ambrosiana Paolo VI€ 35,00

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SREM4

LIBRERIAEDITRICE VATICANA

FondazioneAmbrosiana

Paolo VI9 788820 995911

ISBN 978-88-209-9591-1

Accostare le molteplici esperienze religiose sviluppatesi nel corso dei secoli lungo la Valle del Nilo significa intraprendere un itinerario d’in-dagine straordinariamente affascinante per densità di contenuti, esten-sione cronologica, vastità di orizzonti antropologici. Gli studi qui raccolti analizzano, in una prospettiva di lunga durata, i culti e le tradizioni religiose presenti anzitutto nella grande megalopoli dell’Egitto ellenistico, Alessandria. Di tali realtà si delineano gli aspet-ti essenziali e le interazioni determinatesi con altre aree dello spazio mediterraneo; pertanto, dopo il culto di Iside, che in età ellenistico-romana conobbe una vastissima irradiazione, vengono considerate le grandi creazioni intellettuali e religiose del Giudeo-ellenismo egiziano, per giungere alla fondamentale vicenda della Chiesa d’Alessandria (con le sue peculiari caratteristiche istituzionali e forme cultuali, le sue ela-borazioni dottrinali, i suoi modelli di vita monastica); a questo segue il profilo storico dell’imponente presenza religiosa e culturale islamica, avviatasi nel 640 con la conquista araba del Paese, e sviluppatasi attra-verso diverse fasi fino al lungo periodo ottomano e post-ottomano, al cui interno si situa pure l’ininterrotta testimonianza della Chiesa copta e delle altre comunità cristiane.Successivamente, travalicando i confini geografici dell’Egitto, l’atten-zione del volume abbraccia le realtà sviluppatesi nei territori dell’alto corso del Nilo: la Chiesa della Nubia (oggi ridotta a dato puramente archeologico), nonché l’Impero cristiano d’Etiopia e la sua Chiesa. Spe-cifici studi sono dedicati al ricco patrimonio rituale e agiografico di quest’ultima, ma altresì alla sua configurazione istituzionale, fino agli attuali ordinamenti, indelebilmente legati all’opera dell’ultimo impera-tore cristiano, Hailé Selassié.Questo volume – come del resto la Collana di cui è parte – si propone, dunque, quale articolato dialogo con l’uomo e con i patrimoni interiori, che ne hanno accompagnato il complesso cammino nella storia. Si tratta di patrimoni in cui si condensano secoli di affinamento intellettuale e che la dimensione religiosa ha trasfigurato, rendendone partecipi intere società. Prenderne consapevolezza appare condizione importante anche al fine di decifrare correttamente le vicende, spesso altamente dramma-tiche, dei nostri giorni.

Storia religioSa euro-Mediterranea

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Popoli, Religioni e Chiese lungo il corso del Nilo

dal Faraone cristiano al Leone di Giuda

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Collana promossa dalla Fondazione Ambrosiana Paolo VI

Storia religioSa euro-Mediterranea

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Popoli, Religioni e Chiese lungo il corso del Nilo

Dal Faraone cristiano al Leone di Giuda

Sotto la direzione diCesare Alzati

A cura di Luciano Vaccaro

Fondazione Ambrosiana Paolo VI

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Si ringraziano la Regione Lombardia,il Ministero per i Beni e le Attività Culturali,

la Fondazione Comunitaria del Varesotto Onlusper il sostegno dato alla realizzazione della

XXXV Settimana europea / SREM 4di cui questo volume è frutto.

I contributi di Ernst Christoph Suttner e Heinzgerd Brakmann sono stati tradotti da Daria Rescaldani.

I contributi di Ugo Zanetti, Yordan Peev ed Emilio Giuseppe Platti, OP, sono stati tradotti da Sandro Chierici.

Il contributo di Christian Hannick è stato tradotto da Marcello Garzaniti.

Il contributo di Emmanuel Fritsch è stato tradotto da Paola Vallerga.

Proprietà letteraria riservata - Printed in Italy

Finito di stampare nel mese di novembre 2015da Arti Grafiche Tibiletti s.n.c. - Azzate (Varese)

Copyright © 2015 - Libreria Editrice Vaticana00120 Città del Vaticanowww.libreriaeditricevaticana.com - [email protected]

Copyright © 2015 - Fondazione Ambrosiana Paolo VIVilla Cagnola - 21045 Gazzada (Varese) - ItalyTel. 0039.0332.46.21.04 - Fax 0039.0332.46.34.63 [email protected]

Foto di copertina: Tempio di Iside nell’Isola di File (ora ad Agilika), Foto di copertina: con antico insediamento cultuale cristiano.

La Fondazione Ambrosiana Paolo VI resta a disposizione di tutti gli eventuali detentori di diritti d’immagine non individuati o che non sia stato possibileraggiungere per l’assolvimento degli obblighi di legge.

ISBN 978-88-209-9591-1

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I N D I C E

Presentazione, Mons. Eros Monti ................................................ 9

Messaggio dell’Arcivescovo di Milano Card. Angelo Scola(3 settembre 2013) ........................................................................ 11

Cesare Alzati, Religioni e culture tra il Mediterraneo e la Valle del Nilo ......................................................................... 13

Serenella Ensoli, L’universalizzazione ellenisticadella religiosità egizia. Il culto di Iside nel Mediterraneo e nella capitale dell’Impero .......................................................... 17

Roberto Radice, Origine e sviluppi del Giudaismo alessandrino 73

Philippe Luisier, SJ, L’evangelista Marco nella tradizione alessandrina: agiografia e luoghi di culto ........ 93

Ernst Christoph Suttner, Prima teologia alessandrina e temi dell’antica religiosità egizia .............................................. 107

Andrea Milano, Alle origini della tradizione cristiana di Alessandria. Il “caso” Origene e la questione dell’agápe ....... 115

Michel-Yves Perrin, Linguaggio teologico e comunione ecclesiale: Ario e oltre ............................................ 143

Ugo Zanetti, Il monachesimo egiziano e la varietà di modelli proposti nel mondo cristiano antico ........ 167

Giorgio Fedalto, La cattedra arcivescovile di Alessandria e le sedi da essa dipendenti. I rapporti con Roma fino al 451 ..... 203

Antonio Carile, I riflessi ecclesiastici ad Alessandriadelle dispute sul monofisismo ...................................................... 227

Heinzgerd Brakmann, Le forme cultuali dell’antica Chiesa di Alessandria e la successiva tradizione rituale della Chiesa copta ......................................................................... 247

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Yordan Peev, La conquista araba dell’Egitto .............................. 265

Adrien Candiard, OP, L’Egitto sciita: la dinastia fatimide ........... 289

Emilio Giuseppe Platti, OP, Dal Saladino agli Ottomani: l’Egitto, le sue scuole islamiche e l’ortodossia sunnita ............... 301

Philippe Luisier, SJ, La testimonianza cristiana della Chiesa copta e le sue dinamiche storiche sotto il potere islamico ........... 323

Enrico Morini, Le titolature, le insegne e le prerogative del patriarca di Alessandria nella comunione ortodossa ............ 339

Christian Hannick, Il ruolo del papa d’Alessandria quale«giudice dell’ecumene» nella comunione ortodossa e segnatamente nei rapporti con la Chiesa russa ........................ 361

Samir Khalil Samir, SJ, Nell’Egitto delle riforme: società e religioni tra Otto e Novecento ...................................... 375

Paolo Branca, Tematiche religiose nella letteratura egiziana moderna e contemporanea ................. 403

Ugo Zanetti, La vita monastica nell’Egitto di oggi ...................... 423

Andrea Manzo, Un mondo cancellato? Il Cristianesimo nubiano 453

Emmanuel Fritsch, Alcune caratteristiche del cristianesimo etiopico ............................................................. 481

Antonella Brita, Agiografia e liturgia nella tradizione della Chiesa etiopica .......................................... 515

Emanuela Trevisan Semi, Ebrei d’Etiopia/Beta Israel: modalità interpretative del testo e pratiche distintive ................. 541

Cesare Alzati, Ripensando ad Hailé Sellasié nel contesto dell’Anno Costantiniano (2013) ................................ 549

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Hanno collaborato al presente volume:

Mons. Eros MontiFondazione Ambrosiana Paolo VI, Gazzada

S.Em. Card. Angelo ScolaArcivescovo di Milano

Cesare Alzati già Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano

Serenella EnsoliSeconda Università degli Studi di Napoli

Roberto RadiceUniversità Cattolica del Sacro Cuore, Milano

Philippe Luisier, SJPontificio Istituto Orientale, Roma

Ernst Christoph SuttnerUniversität Wien

Andrea MilanoUniversità degli Studi di Napoli Federico II

Michel-Yves PerrinÉcole Pratique des Hautes Études, Section des Sciences Religieuses, Paris

Ugo ZanettiMonastère bénédictin, Chevetogne

Giorgio FedaltoUniversità degli Studi di Padova

Antonio CarileAlma Mater Studiorum, Università di Bologna

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Heinzgerd BrakmannUniversität Bonn

Yordan PeevSofia University «St. Kliment Ohridski»

Adrien Candiard, OPInstitut Dominicain d’Études Orientales, Le Caire

Emilio Giuseppe Platti, OPInstitut Dominicain d’Études Orientales, Le Caire

Enrico MoriniAlma Mater Studiorum, Università di Bologna

Christian Hannick Julius-Maximilians-Universität Würzburg

Samir Khalil Samir, SJPontificio Istituto Orientale, Roma

Paolo BrancaUniversità Cattolica del Sacro Cuore, Milano

Andrea ManzoUniversità degli Studi di Napoli «L’Orientale»

Emmanuel FritschCentre Français des Études Éthiopiennes, Addis Abeba

Antonella BritaUniversität Hamburg

Emanuela Trevisan SemiUniversità Ca’ Foscari, Venezia

Luciano VaccaroFondazione Ambrosiana Paolo VI, Gazzada

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Serenella enSoli

L’UNIVERSALIZZAZIONE ELLENISTICADELLA RELIGIOSITÀ EGIZIA.

IL CULTO DI ISIDE NEL MEDITERRANEOE NELLA CAPITALE DELL’IMPERO

L’argomento che mi è stato proposto è per sua natura assai vasto sia in merito alle problematiche storico-religiose ad esso connesse sia in riferimento all’area geografica interessata. Condurrò il tema, pertanto, usufruendo di tre exempla “territoriali”, per così dire, che consenta-no di seguire lo sviluppo della religiosità egizia in età ellenistica e di qui alla ricezione, ampia e duratura, del culto isiaco nell’Urbe, dall’età imperiale a quella tardoantica. I tre exempla sono costituiti da Cirene, dalla Campania e da Roma, ossia da regioni e città che hanno il pregio di documentare con eccellenza, anche a livello monumentale, la grande diffusione dei culti egizi nel Mediterraneo*.

* Tornando ad occuparmi del culto isiaco, constato che in questi ultimi anni sono assai pochi i contributi innovativi piuttosto che quelli compilativi, anche se da parte di alcuni studiosi estremamente dotti. Si tratta forse di un problema derivante anche dal fatto che è sempre più scarsa l’attività “on field”. Restano comunque di importanza fondamentale alcuni convegni, tra cui in particolare Religions orientales dans le mond grec et romain 2009.

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1. Cirene

Partiamo quindi da Cirene, che ebbe due santuari delicati alla dea, uno, il più antico, sorto sulle pendici dell’Acropoli sin dalla fine del VII - inizi del VI secolo a.C., extraurbano almeno per tutta l’età arcaica, e l’altro eretto nel Santuario di Apollo sulla Myrtousa, cuore religioso della polis, nell’ultimo decennio del IV secolo a.C.1 ( fig. 1).

Il santuario acropolitano rappresenta una delle più antiche testimo-nianze della diaspora del culto isiaco nel bacino del Mediterraneo, una precoce apoikia che, testimoniata già da Erodoto, era stata preparata in età precoloniale dalla vicinanza geografica e culturale delle popolazio-ni «libye» con l’antico Egitto2. In età saitica (672-525 a.C.), con l’aper-tura dell’Egitto al mondo ellenico, mentre i Greci venivano a contatto con la civiltà e la religione egizie, la comunità dei coloni di Thera, madrepatria di Cirene, o alcune componenti di essa, identificarono probabilmente con Afrodite Urania di tradizione cretese e cipriota la dea epicoria libyo-egizia in cui le fonti letterarie riconoscevano Luna: un legame religioso indissolubile tra i coloni e la popolazione indige-na, di valore pari alla stipulazione di accordi e preliminare rispetto al processo di osmosi che andava avviandosi. Nell’età di Amasis, che rappresentò dopo la battaglia di Irasa un periodo di grande apertura e di comunanza d’intenti tra l’Egitto e il mondo greco, i rapporti tra la Valle del Nilo e la Cirenaica furono resi più saldi dai traffici con la nuova città del Delta, Naukratis, dove peraltro esisteva un celebre Santuario di Afrodite.

1 Sul culto di Iside a Cirene, anche in relazione alle fonti letterarie e alle problema-tiche storico-religiose, sociali e politiche della polis in età greca, romana e tardoantica, vedi in particolare Ensoli 1992; Ensoli 2003a; Ensoli 2004; Ensoli 2004-2005; Ensoli 2005; Ensoli 2007a.

2 Sul Santuario di Iside e Serapide eretto sull’Acropoli di Cirene e sulle sue otto fasi costruttive a partire dall’età arcaica sino al V secolo d.C., anche a confronto con i luoghi di culto isiaci del Mediterraneo che verranno richiamati nel testo: Ensoli 1992, pp. 195-217, 228-238, 242-248, tavv. VI-IX, XV-XXVI, con completa bibliografia precedente; Ensoli 2000a, pp. 55-57; Ensoli 2003a, pp. 246-257, figg. 1-3; Ensoli 2004, pp. 193-219; Ensoli 2004-2005, pp. 137-162, figg. 1-25; Ensoli 2005, pp. 181-196, figg. 1-16; Ensoli 2006, pp. 26-28, fig. 15, tav. II, 16; Del Moro 2006; Ensoli 2007a; Ensoli 2007b; Ensoli 2010b, p. 116, con bibliografia a p. 123; Ensoli 2012, p. 135, tav. XIV, 1-2.

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L’universalizzazione ellenistica della religiosità egizia 19

Questi i presupposti che resero possibile la successiva e definitiva identificazione della dea libyo-greca con Iside. Il culto della divinità è parallelo per molti versi a quello del dio ariete, divinità solare, genio dell’acqua e mediatore di fertilità, venerato dalle popolazioni libye da tempo immemorabile e solo in un secondo tempo assimilato al faraoni-co Amon (in seguito Zeus Ammon).

La dea epicoria libyo-egizia, probabilmente la precoloniale Luna improntata alla cultura egizio-faraonica, testimone Erodoto3, fu quindi identificata con l’Afrodite di natura catactonia che a Creta sin da tem-pi antichissimi era venerata come Ouranìa4. È questa la divinità che, divenuta nel santuario acropolitano libyo-greca, presenta i requisiti ideali per la successiva assimilazione a Iside, quando, come racconta Erodoto, in onore della dea, parallelamente al culto praticato nel San-tuario extraurbano di Demetra, le donne di Cirene rispettavano digiu-ni, si astenevano secondo le regole egizie dal mangiare carne di mucca e celebravano feste5. Il culto, legato sia alla popolazione libya sia ai coloni greci, fu promosso probabilmente dai Cretesi e dai Tessali, ossia da quelle componenti della comunità cirenea che solo più tardi ebbero nella polis una piena riconoscenza del proprio status politico-sociale, con evidenti ricadute sul piano religioso6.

L’identificazione tra Afrodite e Iside, a lungo preparata dall’assimi-lazione, nella bassa epoca egiziana, di Iside con Hathor, ha un’ampia diffusione in età greca e in età romana: Atene, Epidauro, Larissa in Tessaglia, Dion, Thessalonica, le Cicladi (in particolare Delo e Thera), Cipro, Kyme e Myrina, senza dimenticare, da una parte, Roma e la Campania e, dall’altra, soprattutto la Siria7.

3 Herod., Storie, IV, 188. Vedi in particolare Ensoli 1992, pp. 170-171, con ampia bibliografia.

4 Si tratta del Santuario di Afrodite e Hermes a Kato Simi: Pugliese Carratelli 1979.5 Herod., Storie, II, 41; IV, 186, 188. Vedi specialmente Ensoli 1992, pp. 168-170,

note 2-12, con ampia bibliografia; Ensoli 2003a, pp. 250-251, note 21-24; Ensoli 2004-2005, p. 141, nota 8.

6 Vedi Ensoli 2003a, p. 251, nota 31, con bibl.; Ensoli 2004-2005, pp. 141, 144, 149, note 22-23, con bibl., anche in relazione alla riforma di Demonatte di Mantinea, conseguente all’arrivo a Cirene a partire dal secondo quarto del VI secolo a.C. di nuovi contingenti di coloni, in particolare provenienti da Creta e dalle coste dell’Asia Minore.

7 Sull’identificazione tra Afrodite e Iside cfr. in particolare Ensoli 2004-2005, pp.

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20 Serenella enSoli

Se per la seconda fase costruttiva del santuario acropolitano, data-bile intorno alla metà del VI secolo a.C., la testimonianza di Erodoto8 sulla dedica nell’area sacra cirenea da parte di Ladiké di Cirene, una delle mogli del faraone Amasis, di una statua di Afrodite – probabil-mente di forme egizie – conferma l’importanza e i caratteri del culto, anche in riferimento al celebre Santuario di Afrodite a Naukratis, è con la terza fase del sacro temenos, databile in età classica, che avviene un importante cambiamento nella gestione del culto, senza dubbio connes-so con le componenti sociali della polis9. In questa epoca Afrodite, che nel frattempo entra ufficialmente nel Santuario di Apollo, lascia defini-tivamente a Iside la preminenza nell’area sacra dell’Acropoli, secondo un processo che si riscontra anche in altri santuari isiaci di età greca, tra cui ricordo, proprio per lo scambio Afrodite-Iside, quelli di Atene, Dion e Kyme nell’Eolide10. In particolare per Atene, il culto di Iside,

144-145, nota 16, con ampia bibl. Vedi inoltre Malaise 2005, pp. 123-125, 181-186, con esaustive note bibliografiche; Malaise 2014, pp. 249-259. Sui luoghi di culto menzionati: Ensoli 2004-2005, nota 17, con bibl. analitica.

8 Herod., Storie, II, 181, 2 ss. Cfr. Ensoli 1992, p. 173 e nota 25, con bibliografia; Ensoli 2003a, p. 252, note 32-34. Sulla seconda fase costruttiva del santuario: Ensoli 2003a, p. 249, nota 15, con confronti per le murature; Ensoli 2004-2005, pp. 147-149, figg. 11-13.

9 Sulla terza fase costruttiva del santuario, anche in relazione al nuovo status dei coloni cretesi e tessali e soprattutto dei figli di donne libye, che ebbero la piena cittadinanza e pertanto maggior peso politico, vedi in particolare Ensoli 2003a, p. 249; Ensoli 2004-2005, pp. 149, 152, nota 26, figg. 14-15.

10 Sugli esempi citati: Ensoli 2003a, p. 253, nota 39, con bibl. Cfr. anche Ensoli 2004-2005, pp. 151-152, note 27 (in relazione alla complessità del processo di assimilazione), 28 (esempio di Atene), 30 (Kyme), 31-32 (Dion). Per Kyme eolica vedi anche Lagona 2000; per Dion: Christodoulou 2011. Quanto al culto di Afrodite nel Santuario cireneo di Apollo, cfr., in particolare sul tempio della dea, Stucchi 1975, pp. 53-54, 241-242; En-soli 1994, pp. 61, 75-76, nota 1, figg. 2, 11,1-2, con bibliografia anteriore; Ensoli 1996a, pp. 96, 100, note 41, 54, fig. 21; Ensoli 2000a, pp. 128-129; Ensoli 2003a, p. 251, nota 30; Ensoli 2006, p. 19, nota 9. Sul Giardino di Afrodite, ricordato sulla Myrtousa già da Pindaro (Pind., Pitiche, IV, 294 ss.; V, 24): Stucchi 1975, pp. 593-596, figg. 599-600; Ensoli 1996a, pp. 95-98, note 39-43, figg. 2, 10-11, 18, con bibl.; Ensoli 2000a, p. 127, con altra bibl. a p. 218; Ensoli 2002a, pp. 186-193, 199 ss., note 76-85; Ensoli 2003a, p. 251, note 25-29; Ensoli 2006, p. 19, nota 11 (tutti con bibl.). Sui monumenti del Santuario di Apollo collegati con il Giardino di Afrodite in età classica ed ellenistica, ossia la Fon-tana di Hermesandros, il Sedile di Elaiitas e i Propilei Greci, cfr. l’ampia bibliografia in Ensoli 2010b, p. 122.

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L’universalizzazione ellenistica della religiosità egizia 21

fondato al Pireo prima del 333 a.C. e già ben documentato in età classi-ca, potrebbe dipendere, come si è supposto per quello di Zeus Ammon – attestato ad Atene prima del 363 a.C. – dagli stretti rapporti con la Cirenaica, storicamente documentati11.

Tornando al santuario dell’Acropoli cirenea, è con la sua quarta fase costruttiva, di età ellenistica – il momento di maggiore monu-mentalità dell’area sacra – che di nuovo la polis offre un cambiamen-to storico-religioso di portata, potremmo dire, “internazionale”12. Il nuovo impianto del santuario isiaco viene dedicato questa volta anche a Serapide e probabilmente sin da quest’epoca diviene sede di riti ini-ziatici13. Inoltre, l’area sacra viene collegata da un percorso viario con il Tempio di Iside sulla Myrtousa: i due santuari costituiscono ora i poli delle processioni sacre in onore della dea, esattamente come è at-testato a Cirene per il culto di Demetra extraurbano (Uadi Bel Gadir) e urbano (Agorà)14.

Queste modifiche sostanziali vanno attribuite probabilmente a un intervento diretto dei Lagidi e in particolare al periodo tra il 164-163 e il 146 a.C., quando Cirene, divenuta la capitale del Regno di Tole-meo il Giovane, cambiò per molti versi il suo volto monumentale15. La

11 Sul culto di Iside ad Atene, con particolare riguardo all’Iseo ricostruito nel II secolo d.C. sulla Terrazza dell’Asklepieion, lì dove in origine Iside si stanziò nel recinto di Afro-dite costruito sulla Tomba di Ippolito: Walker 1979; Wild 1984, pp. 1839-1841, n. 1, note 6-12, con bibl., fig. 51; Ensoli 1992, p. 174, note 30-31, con bibl.; Bricault 2001, pp. 2, 4. In merito alle donne ateniesi fedeli ad Iside, come indicano le stele funerarie: Walters 1988; Walters 2000. Cfr. infine Martazavou 2014. Sul culto di Zeus Ammon, anche in relazione all’influenza cirenaica: Ensoli 1992, p. 174, nota 31. In particolare sul suo culto in Libia: Laronde 1994; Montanari 2011.

12 Su questa fase costruttiva: Ensoli 2003a, p. 249; Ensoli 2004-2005, pp. 152-153, 155, 157-159, figg. 5, 16-21; Ensoli 2007b, figg. 8-9, 11-12.

13 Sul culto misterico nel santuario acropolitano: infra, nota 17.14 Sulla presenza in questa fase del santuario dell’ingresso ad est, eretto in posizio-

ne scenografica e collegato con un percorso viario diretto al Santuario di Apollo: Ensoli 2004-2005, pp. 153, 155. I dati di scavo confermano quanto già proposi prima dell’inizio dei sondaggi stratigrafici, realizzati a partire dal 2000, in merito alle processioni sacre tra i due Isei, urbano ed extraurbano: Ensoli 1992, pp. 226-228, note 196-205.

15 Ensoli 1992, pp. 203-204, nota 123, con bibl.; Ensoli 2003a, pp. 249-250, nota 17 (sulla costruzione nella stessa epoca del Ptolemaion e di altri edifici); Ensoli 2004-2005, pp. 155, 157, nota 38, con bibl. Su Tolemeo il Giovane cfr. Laronde 2002 e, ancora in rife-rimento al santuario acropolitano, Ensoli 2015.

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22 Serenella enSoli

presenza per la prima volta nella città del culto di Serapide ( fig. 2.A) in unione con quello di Iside, che è innegabilmente legata al culto del so-vrano e pertanto all’ideologia dinastica, corrisponde a una logica storica che trova ampi riscontri nella stessa epoca soprattutto a Thera, a Creta e a Cipro, Paesi in stretto contatto tra loro e con Cirene16.

La mistica Iside già a partire da questa epoca, quindi in tempi assai precoci rispetto agli altri siti greco-romani, ebbe un culto mi-sterico, come dimostrano le attestazioni epigrafiche e scultoree17. Questa realtà, che non dipende dall’influenza eleusina, necessita di una breve spiegazione. L’equazione Isis = Demeter è testimoniata per l’Egitto ripetutamente da Erodoto e, nella stessa Cirene, la dea era venerata anche nel Santuario extraurbano di Demetra ( fig. 2.B)18. Sin dall’ultimo decennio del IV secolo a.C., inoltre, Iside era assimilata a Demeter-Kore nel culto praticato nel tempio della dea sulla Myrtousa ( fig. 3.A), nel quale spiccano caratteri salutiferi e medici secondo la

16 Vedi in particolare Ensoli 1992, p. 204, note 126-127 (con riferimenti ai luoghi menzionati); Ensoli 2003a, p. 250, nota 18; Ensoli 2004-2005, pp. 157, 159, note 39 (anche in relazione alla possibilità che il culto isiaco sia pervenuto a Gortina tramite Cirene, non diversamente dal culto di Asclepio: ivi disamina e bibl.), 40-41 (iscrizioni di Cipro in cui Iside e Serapide sono associati nelle dediche al culto dinastico lagide; vedi inoltre ibidem, pp. 158 s., note 43-44, figg. 22-23, in cui il tempio acropolitano viene confrontato con quello di Soli a Cipro). Su Serapide, Iside e il potere lagide cfr. Legras 2014.

17 Sul culto misterico di Iside nel santuario acropolitano: Ensoli 1992, pp. 207-211, 215-217, con ampia bibl; Ensoli 2004, pp. 211-216, con altra bibl. Oltre alla statua policro-ma di Iside, che esamineremo tra poco, di grande importanza è l’iscrizione frammentaria rinvenuta nel 1916 nel santuario acropolitano, che Oliverio considerò un secondo Inno ad Iside (sul primo Inno: infra, nota 23) e che viene datato nel I secolo a.C.: Ensoli 1992, pp. 200-201, 207-209, note 114, 138-141, con bibl., fig. 7, tav. VIII, 2. Sul busto di Serapide presentato alla fig. 2.A, che proviene dal santuario acropolitano di Cirene (1935) e che poi è andato disperso: Paribeni 1959, p. 164, n. 479, tav. 208; Ensoli 1992, p. 235, nota 227, con bibl., tav. XXIII, 2; Ensoli 2003a, fig. 2 a p. 257 (ripresa fotografica del 10 settembre 1935); Ensoli 2007a, p. 20, nota 16 (ivi anche sul sacello di Serapide dedicato nell’Iseo in questa età o poco dopo: cfr. ibidem, fig. 10).

18 Herod., Storie, II, 59, 123, 156, 171. Vedi in particolare Ensoli 1992, pp. 172-173, con ampia bibliografia. Sul busto marmoreo di Iside-Demetra con melagrana e corona di urei, presentato alla fig. 2.B, che proviene dalla necropoli di Cirene ed è datato da Beschi nella seconda metà del V secolo a.C.: Paribeni 1959, p. 25, n. 30, tav. 36; Beschi 1969-1970, p. 213 s., n. 6, fig. 62; Ensoli 1992, p. 176, nota 27, tav. I, 1 (con bibl.).

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più pura tradizione alessandrina, ben attestata anche nelle Cicladi, nel Peloponneso e ad Atene19.

Il carattere misterico del culto acropolitano, tuttavia, dipende dalla preponderante connotazione ctonia della dea nella religiosità indigena libya in relazione alla concezione egizia della osirificazione: lo dimo-stra la statua policroma di Iside ( fig. 3.B) rinvenuta accanto al bothros dell’ambiente semisotterraneo che faceva parte dell’edificio tardoantico eretto nell’area sacra dell’Acropoli20. Databile in età ellenistica, benché la testa, attribuita al I secolo d.C., sia di reimpiego, la scultura, sempre ritinteggiata, fu in uso sino alla distruzione del santuario. Il confronto migliore per questa figura, che ricorda in molti dettagli l’Iside iniziatica di Apuleio, è rappresentato senza dubbio dai sudari funerari egiziani,

19 Di interesse a tal proposito alcune note di Sfameni Gasparro 2002, pp. 327-342. Sul Tempio di Iside nel Santuario cireneo di Apollo e sulle sue fasi costruttive, sempre in relazione alle problematiche storico-religiose, sociali e politiche della polis nonché a confronto con i luoghi di culto isiaco del Mediterraneo in cui la dea è assimilata a Demeter-Kore, secondo la tradizione alessandrina: Ensoli 1992, pp. 178-194, 219-228, 239-241, figg. 5-6, 9, tavv. II-IV, XII-XIV, XXV, 1, con esaustiva bibliografia prece-dente; Ensoli 2000a, p. 131, con altra bibl. a p. 218; Ensoli 2006, pp. 23-25, note 26-40, figg. 7, 9-11, tav. II, 9-11; Ensoli 2008, pp. 2373-2374, con bibl. a p. 2382, fig. 11; Ensoli 2010b, p. 115, fig. 4. Sulla statua di Iside con Arpocrate presentata alla fig. 3.A, che fu rinvenuta nell’Iseo negli anni ’20 del XX secolo, vedi Paribeni 1959, pp. 144 s., n. 418, tav. 182; Ensoli 1992, pp. 191, 222, note 85, 182-183, con bibl., tav. IV, 2; Ensoli 2000a, p. 131. Nel corso della sua storia il Tempio di Iside fu strettamente connesso, ad est, con la Fontana di Philothales, che garantiva l’approvvigionamento dell’acqua da impiegare nei rituali sacri (sul monumento: Stucchi 1975, pp. 105-107, figg. 94-95 [erroneamente interpretato come «Loggia dell’Alloro»]; Ensoli 1996a, pp. 79-86, 102, 108-110, note 59-63, figg. 5-9, con bibl. [Fontana di Philothales]; Ensoli 2000a, p. 130, con altra bibl. a p. 218; Ensoli 2006, pp. 21, 22, note 20, 25, figg. 6-7; Ensoli 2008, p. 2373, con bibl. a p. 2382, figg. 4, 11), e, ad ovest, con il Donario dei Carneadi, che in età tardoantica venne utilizzato come una sorta di dependance del culto praticato nel tempio (Ensoli 1992, p. 277, nota 200, tav. XVI; Valentini 1996, pp. 293-306; Valentini 2002, pp. 59-74). Sul Santuario di Apollo: Ensoli 2000, pp. 104-135, con ampia bibl. prec. a p. 218; vedi inoltre i seguenti studi posteriori al 2000: Ensoli 2002, pp. 165-260, figg. 1-91 (passim); Parisi Presicce 2002, pp. 19-44; Ensoli 2006, pp. 17-25, figg. 1-11, tav. II, 5, 8-9, 10-11; Del Moro 2008; Ensoli 2008; Ensoli 2010a, ancora con ampia bibl. prec. a p. 144; Ensoli 2010b, p. 115, con bibl. a p. 122, figg. 2-11; Ensoli 2012, pp. 111-127, con bibl. a p. 137, figg. 1-18, tavv. IX-XII.

20 Ensoli 1992, pp. 205-207, note 129-130, 133-136, con ampia bibl., tavv. IX. 2, XXVI; Ensoli 2000a, pp. 193-194, fig. a p. 57; Ensoli 2004, pp. 211-215, fig. 10; Ensoli 2010b, fig. 13; Ensoli 2012, p. 135, note 2-3, tav. XIV, 1; Ensoli 2013, p. 284, nota 3, fig. 27.

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tra cui quello conservato a Mosca, in cui Iside, e non Osiride, affianca il defunto insieme al dio Anubis21.

Mentre nell’area sacra ad Apollo, pertanto, Iside era la dea dei pic-coli destini, seppure misticamente intesi, nel santuario acropolitano la divinità rappresentava l’Iside misterica del grande destino, quello della morte.

È ancora grazie alla documentazione epigrafica e figurativa – dall’arredo scultoreo del santuario alle cretule del Nomophylakeion di Cirene – che conosciamo anche l’epiteto cultuale della dea venerata sull’Acropoli, tenendo conto che la pluralità dei poteri di Iside, tesa a rivestire una sovranità universale e ad interferire sulle prerogative di Osiride, facilitava le differenti forme del sincretismo religioso gre-co-egizio: si tratta di un frammento di legge sacra in onore di Iside myrionymos ( fig. 4.A)22. La polinomia della dea rappresenta uno sta-dio evolutivo del culto isiaco, attestato almeno a partire dal I secolo a.C., che va molto oltre la semplice identificazione biunivoca. Essa rinvia alla totalità indifferenziata di funzioni, potenzialmente illimi-tate, attribuite a Iside.

Mi si consenta, infine, un’ultima nota sul culto isiaco a Cirene, che tanto ci insegna sia rispetto ai rapporti tra l’Egitto e la Libia sia, soprattutto, in riferimento alla più antica diaspora del culto isiaco nel bacino del Mediterraneo. I due santuari della polis erano officiati, l’uno, quello dell’Acropoli, da neokoroi, come attesta l’Inno ad Iside del 103 d.C. ( fig. 4.B); l’altro, quello nel Santuario di Apollo, dai sa-cerdoti del dio23.

Questa differenza sostanziale in età ellenistica e poi in epoca

21 Borg 2009, pp. 310-311, n. VI. 19, fig. a p. 260 (con erronea interpretazione della figura alla destra del defunto); cfr. Ensoli 2012, p. 135, nota 3, tav. XIV, 2.

22 La legge sacra, datata nel I-II secolo d.C., può essere attribuita al santuario acropoli-tano: Ensoli 1992, p. 214, note 159-161, con bibl., tav. XI, 4. Sull’arredo scultoreo del luogo di culto: Ensoli 1992, pp. 205-209, 230-238, 242, tavv. IX, XV-XVI, XVIII-XXIV (con ampia bibl. prec.); Ensoli 2000a, p. 57, con figg. a pp. 56-57; Ensoli 2012, p. 135, note 2-3, con bibl. a p. 138. Sulle cretule di Cirene raffiguranti Iside: Ensoli 1992, pp. 212-213, note 151-156, con ampia bibl., tavv. V, 2-3; X, 2; XI, 1-3. Su Iside Myrionyma vedi Bricault 1994 (cfr. anche Bricault 1996); sul suo carattere cosmico: Sfameni Gasparro 2002, pp. 303-325; Sfameni Gasparro 2007.

23 Per quanto riguarda la documentazione sulla presenza di neokoroi nel santuario

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romana non indica soltanto il rif lesso delle esigenze religiose di una reale stratificazione sociale ma anche di una gestione politicizzata del culto all’interno della polis: l’area sacra acropolitana rappresen-tava un portato tolemaico in senso stretto, che prese spunto da un culto indigeno greco-libyo ma che, di stampo prettamente misterico, libyo e dinastico ad un tempo, si configurò in un certo senso come un culto parallelo a quello praticato sulla Myrtousa. Il Tempio di Isi-de nell’area sacra ad Apollo, invece, costituì un luogo di culto curato dai Cirenei, in particolare dall’oligarchia aristocratica, in connessio-ne diretta con la religione apollinea. Pur seguendo l’ideologia ales-sandrina, esso appare come un prodotto greco, politicamente auto-nomo dalla consueta gestione egizia che a partire dall’età tolemaica si riscontra, oltre che a Cirene, in numerosi altri santuari isiaci del Mediterraneo24.

Grazie all’exemplum di Cirene siamo dunque giunti nel pieno dell’età ellenistica e in particolare all’opera dei Lagidi nella diffusione dei culti egizi. La politica religiosa dei Tolemei in Egitto, infatti, dopo una prima fase tesa a stabilire un modus vivendi tra Greci ed Egizia-ni, appare fusionista ed ellenizzatrice almeno a partire dal regno del Philadelphos, benché l’istituzione del culto di Serapide, risalente al capostipite, non mirasse tanto a conciliare la tradizione nilotica con la pietà ellenica quanto, secondo un preciso progetto di carattere politico, ad offrire una divinità protettrice di Alessandria, la nuova capitale. Si tratta di un’accorta e intelligente operazione che ebbe molta fortuna nel mondo greco-romano e che seguì da vicino l’egemonia lagide nel bacino del Mediterraneo25.

dell’Acropoli, si confronti l’Inno ad Iside del 103 d.C. proveniente dall’area sacra, presen-tato alla fig. 4.B: Ensoli 1992, pp. 196, 201, note 104, 116, con bibl., tav. IX, 1.

24 Vedi in particolare Ensoli 1992, pp. 186-188, con bibl., anche in riferimento al ruolo dell’aristocrazia cittadina (a tal riguardo cfr. anche Ensoli 1996a, pp. 107-110, note 77-95, con bibl.).

25 Vedi in particolare Sfameni Gasparro 2003, spec. pp. 135-136, note 11-17, con ampia bibl.

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1. Cirene, planimetria parziale della città con l’Acropoli(in basso: ai nn. 73-74 il Santuario di Iside e Serapide) e il Santuario di Apollo

(in alto: al n. 13 il Tempio di Iside). (Da Ensoli 2003a, fig. 10 a p. 256)

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2.A. Cirene, Santuario di Iside e Serapide sull’Acropoli; busto marmoreo di Serapide rinvenuto nel 1935, disperso. (Da Paribeni 1959, tav. 208, n. 479)

2.B. Cirene, Museo; busto marmoreo di Demetra-Iside

proveniente dalla necropoli. (Foto MAIC)

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3.B. Cirene, Museo; statua policroma di Iside

proveniente dal Santuario di Iside e Serapide sull’Acropoli.

(Foto MAIC)

3.A. Cirene, Museo; statua di Iside con Arpocrate proveniente dal tempio della dea nel Santuario di Apollo. (Foto MAIC)

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4.A. Cirene, Magazzini del Museo; lastra marmorea mutila con legge sacrain onore di Iside myrionyma, proveniente probabilmente dall’Iseo acropolitano.

(Da «Quaderni di Archeologia della Libia», IV, 1961, fig. 20 a p. 30)

4.B. Cirene, Magazzini del Museo; lastra marmorea mutila con Inno ad Isidedel 103 d.C., rinvenuta nel santuario dell’Acropoli nel 1916. (Da Ensoli 1992, tav. IX, 1)

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2. Campania

Nell’ambito del contesto storico-politico e religioso appena delinea-to, possiamo passare al secondo exemplum, quello della Campania. È noto, infatti, che i culti orientali sono giunti prima in Italia meridionale e poi nell’Urbe.

A parte gli antecedenti campani, dagli aegyptiaca delle tombe capua-ne dell’VIII secolo a.C. alla moneta di Tolemeo III Evergete rinvenuta in una tomba dipinta di Nola26, il Tempio di Serapide a Pozzuoli e l’Iseo di Pompei, costruiti nel II secolo a.C., rappresentano le più antiche testimo-nianze della religione isiaca in Italia. Esse indicano un culto “strutturato” con la presenza di un sacerdozio e di una scuola di adepti27.

L’introduzione del culto isiaco in Campania avvenne probabilmen-te nella prima metà del secolo, perché alla fine del III a.C. gli artisti campani ancora ignoravano il significato dei motivi iconografici isia-ci. Quando Annibale, giunto nell’antica Capua (215 a.C.), fece coniare dall’atelier della città monete imitanti i tipi cartaginesi, gli incisori non riconobbero, sul rovescio del conio, il disco solare fiancheggiato da urei che sormontava il cavallo e copiarono malamente il modello eseguendo un segno che somigliava ad un granchio28.

26 Numerosi aegyptiaca sono attestati soprattutto a Pithecusa, Cuma, Capua, Calatia, Suessula e altrove. Per la disamina più esaustiva: De Salvia 2006, pp. 21-30 (con catalogo delle opere a pp. 31-55). Sulla moneta di Tolemeo III Evergete (221-216 a.C.) rinvenuta nello scavo della tomba dipinta sannitica di Casamarciano a Nola: De Caro 1984, pp. 71-95 (citata anche in De Caro 2006, p. 15).

27 Sul Serapeo di Pozzuoli fondamentali sono le note di Fausto Zevi, anche in rife-rimento alla probabile collocazione del santuario nell’emporio, presso la riva del mare: Zevi 2006, pp. 73, 75. Vedi anche De Caro 1997b, pp. 349-350, note 10-13. In particolare sul culto di Iside Pelagia nella città, anche in riferimento al Serapeo: Adamo Muscettola 1998. Sull’Iseo di Pompei: Zevi 1994, pp. 37-56; De Caro 1997a, pp. 338-343, con ampia bibliografia precedente a p. 710; Pirelli 1998; Blanc, Eristov, Fincker 2000, pp. 227-309; Coarelli 2005a, pp. 89-90; Coarelli 2006, pp. 59-67; De Caro 2006a; Sampaolo 2006, pp. 87-97 (con catalogo delle opere a pp. 98-118); Moormann 2007; Gasparini 2008a, p. 67; Brenk 2009. Se Pompei si colloca dopo Pozzuoli con il suo precoce Iseo, anche le altre città del golfo, tra cui Cuma e Napoli, furono ben presto partecipi del “fenomeno isiaco”. Vedi De Caro 1997b, p. 348, nota 2 e infra, anche in riferimento alla stessa Cuma e alle città dell’entroterra campano. Di grande interesse anche il caso di Ercolano, su cui tornerò in altra sede. Cfr. Gasparini 2008a, pp. 81-82, note 7-10, fig. 4.

28 Malaise 1972, p. 255 e nota 5.

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Se l’arrivo precoce in Campania dei culti orientali si deve indiretta-mente proprio alla guerra annibalica29, un ruolo determinante per l’intro-duzione del culto isiaco in Italia e in Campania lo ebbe molto probabil-mente Delo30. Questa fiorente isola delle Cicladi, già sotto l’influenza dei Lagidi, che possedeva tre Serapei tra il III e la prima metà del II secolo a.C., nel 166 a.C. fu destinata dai Romani a porto franco sotto il controllo di Atene: qui giungevano le merci dell’Oriente che, grazie ai negotiatores campani, arrivavano a Pozzuoli e di qui, via mare, a Roma. È molto pro-babile, inoltre, che a Puteoli fosse stato costituito un emporio con caratte-ristiche analoghe a quelle di Delo, ossia un luogo di mercato liberamente aperto alle comunità straniere in rapporto diretto con l’isola, il quale rap-presentò verosimilmente una vera e propria impresa “di Stato”31.

Quanto indicato potrebbe costituire la chiave per comprendere appie-no, da una parte, il nuovo impulso che ebbe la comunità romano-italica a Delo intorno al 120 a.C., con la costruzione dell’imponente «Agorà degli Italiani», concreto riflesso di un sistema organizzato Delo-Pozzuoli fina-lizzato al mercato italiano, e, dall’altra, il motivo per cui Puteoli registri un vero e proprio boom economico tra il 120 e l’88 a.C.32.

Ma Delo non smerciava soltanto prodotti e manufatti: il commercio più redditizio, infatti, era quello degli schiavi “orientali” provenienti dalle regioni che Roma aveva sottomesso e che, forse più di ogni al-tra circostanza socio-economica, contribuì prima del 100 a.C. all’arrivo nella Capitale dei culti egizi33.

Grazie al porto franco di Delo, da Pozzuoli passarono per secoli, di-rette a Roma, immense quantità di merci necessarie alla vita e al lusso dell’Urbe. La città campana costituì anche dopo la costruzione del Porto di Claudio ad Ostia, e poi sino a quella del porto di Traiano, il mag-gior approdo in Italia e uno dei più importanti porti del Mediterraneo

29 De Caro 1997b, pp. 348-351, con bibl. a p. 710.30 Da ultimo: Zevi 2006, pp. 69-76, con bibl. prec. (per il catalogo delle opere: Nuzzo

2006, pp. 77-85).31 Zevi 2006, pp. 74-75. Di qui la denominazione per Pozzuoli, da parte del poeta Lu-

cilio (Lucil., Satire, III, 123), di «Delo Minore» (Zevi 2006, p. 74).32 Zevi 2006, loc. cit. supra, alla nota 31. Sull’«Agorà degli Italiani» come grande mer-

cato degli schiavi: Coarelli 2005b.33 Coarelli 1984. Vedi anche Coarelli 2005a, pp. 87-88.

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rispetto alle rotte dall’Oriente34. Come in tutti i grandi centri portuali anche a Pozzuoli si stabilirono piccole “colonie” di mercanti stranieri: Greci, Alessandrini, Siriaci, Arabi, Ebrei, che impiantarono qui, con le proprie compagnie commerciali, le loro dimore e i loro templi. La comu-nità degli Alessandrini d’Egitto all’epoca era certamente la più cospicua.

È proprio a Pozzuoli che trapela la precocità e l’importanza dei rap-porti con la religione egiziana, com’è documentato da un’eccezionale testimonianza epigrafica, la così detta lex parieti faciendo, in cui già nel 105 a.C. è menzionato un Tempio di Serapide, certamente più anti-co, ancora non individuato ma di cui le fonti scritte attestano l’esistenza sino al IV secolo d.C.35. Quanto a Pompei, la costruzione del celebre Tempio di Iside risale alla fine del II secolo a.C. ( fig. 5.A), all’epoca in cui la città osca, membro della lega dei Nucerini, in rapporti di societas con Roma, conosceva il suo periodo di maggior fioritura proprio grazie ai prosperosi commerci avviati con gli empori dell’Oriente.

In Campania, dove la ricchezza e la cultura delle aristocrazie locali impegnate in questi commerci con Delo traspare evidente dalle grandi domus ellenistiche di questo periodo36, fu fondamentale per la diffu-sione del culto egizio un’altra circostanza: l’assenza di persecuzioni nei confronti di tale culto, a differenza di quanto accadde a Roma nel I secolo a.C. e anche oltre37. Tale circostanza fu determinata dallo stretto controllo da parte delle autorità locali sui sacerdoti isiaci, così come in Grecia, grazie al quale fu impedita la strumentalizzazione politica del culto, che invece fu perseguita a Roma da parte di gruppi antago-nisti nella gestione del potere38. In tal modo possono spiegarsi sia la

34 Sull’importanza del porto di Pozzuoli anche dopo la costruzione di quello di Traiano ad Ostia, con specifico riguardo alle importazioni dall’Egitto, vedi Adamo Muscettola 2003, spec. p. 331, note 53-65, con bibl.

35 Sul Serapeo: supra, nota 27; sulla lex (CIL X, 1781) vedi in particolare Bricault 2005, II, pp. 611-612, n. 504/0405; Nuzzo 2006, p. 77, n. II.1; Zevi 2006, p. 73.

36 Si pensi alla più celebre delle domus, quella del Fauno, con il mosaico di Alessandro Magno contro Dario e le raffigurazioni musive di ambientazione nilotica. Per un appro-fondito commento storico: Zevi 1998. Quanto, più in generale, all’influenza alessandrina nell’artigianato artistico di Pompei, con precipuo riferimento alle relazioni commerciali con l’Oriente ellenistico, cfr. Conticello 1995; Statozza Höricht 1995.

37 De Salvia 1997, p. 382.38 Vedi infra.

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costruzione in età repubblicana, nel pieno centro cittadino, dell’Iseo di Pompei sia l’ostentazione della fede isiaca da parte di magistrati muni-cipali esponenti dei ceti egemoni nelle città della regione, tra cui, per esempio, Pozzuoli, Pompei, Sessa Aurunca e Acerra39.

In Campania la diffusione dei culti egizi è attestata in molti luoghi e con innumerevoli e splendidi rinvenimenti già a partire dall’età tardo-repubblicana e poi in epoca imperiale. A tal riguardo, tuttavia, circa la destinazione dei manufatti, è necessaria una fondamentale distinzione tra culti pubblico e privato e, in merito a quest’ultimo, tra culto privato e fenomeno di una moda, definita dalla critica «egittomania»40.

Volendo fermare l’attenzione sul fenomeno della propagazione della religione isiaca nella regione, esso è tanto più interessante in quanto riguarda anche i centri minori, sia quelli dell’area costiera flegrea e del Golfo di Napoli sia quelli dell’entroterra campano, già a partire dalla fine del II secolo a.C.41. A parte le straordinarie scoperte di Cuma, dove un edificio, attribuito nella sua fase costruttiva originaria alla prima metà del I secolo a.C., è legato ai praedia di una villa di proprietà se-natoria ( fig. 6.A)42, le attestazioni della media età imperiale ad Acerra, Carinola, Sessa Aurunca e Teano dimostrano indiscutibilmente l’esi-stenza di santuari isiaci43, probabilmente eretti a somiglianza dell’Iseo

39 Sirano 2006.40 Tale distinzione non è sempre agevole, tanto più tra il culto privato e gli aegyptiaca.

Essa è seguita tuttavia nelle sue linee essenziali sia per le città vesuviane (Guzzo 1997a; Guzzo 1997b; vedi anche Bragantini 2006, pp. 159-167) sia per Roma (Ensoli 1997a). Di-verso naturalmente è il caso dei luoghi di culto privato di età tardoantica: infra, nota 90. Sugli aegyptiaca in Italia cfr. anche Swetnam-Buland 2007, con bibl. prec.

41 De Caro 1997b, pp. 348-351. Vedi in particolare Sirano 2006, pp. 151-155, che, par-tendo dalla critica precedente (ibidem, p. 51, note 1-8, con bibl.), propone un quadro ag-giornato dei rinvenimenti. A tal proposito De Caro 2006, p. 16, sottolinea giustamente l’importanza di questa documentazione, grazie alla quale si colgono, già alla fine del I secolo d.C., somiglianze e differenze nelle varie città in rapporto alle rispettive diversità nell’assetto economico e nella stratificazione sociale.

42 De Caro 1994, pp. 11-14; De Caro 1997b, pp. 350-351, note 28-35, con bibl.; Caputo 2003, pp. 209-220; Caputo 2009. Per l’Iseo cumano in riferimento alle problematiche ine-renti Delo vedi anche le considerazioni di Zevi 2006, pp. 72, 73. La statua di Anubis presen-tata alla fig. 6.A, datata nella prima età imperiale, viene da Cuma (e non da Pozzuoli) ed è conservata nel Museo Archeologico di Napoli: Iside 1997, p. 449, n. V. 80, con bibl.; Ensoli 2003c, p. 403, n. 204, fig. a p. 304, con bibl.; Nuzzo 2006, p. 83, n. II.1.1, con ulteriore bibl.

43 Vedi Sirano 2006, pp. 152-153, con esaustive note bibliografiche.

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pompeiano e dei templi isiaci raffigurati nelle pitture campane, tra cui alcune celebri da Ercolano ( fig. 5.B)44.

Anche nell’antica Capua è attestato il culto isiaco: il senatore Arrius Balbinus, esponente di una delle più importanti famiglie capuane attive sin dall’epoca preromana45, pose una dedica a Iside, variamente datata tra il I-II e il III secolo d.C., il cui celebre testo (te tibi una quae es omnia), inciso su una lastra marmorea, sottolinea la molteplicità dei nomi della dea e il suo carattere panteo46: è questa Iside myrionyma, dai mille nomi, secondo un’accezione della dea derivante direttamente dalla cultura elle-nistica dei Paesi del Mediterraneo, con particolare riguardo a Delo47.

Questo dato, non sufficientemente considerato dalla critica, riaffer-ma con forza i più antichi legami tra Delo e la Campania, in questo caso con particolare riguardo a Capua, nel senso indicato precedentemente. Considerata poi la casata del personaggio che pose la dedica, si rileva ancora una volta l’importanza nel Paese del culto isiaco in seno alle aristocrazie locali che avevano forti interessi agricoli e commerciali: un altro aspetto che riconduce nuovamente ai più antichi rapporti con Delo.

La lastra marmorea dell’antica Capua, che poi fu reimpiegata nella chiesa di S. Benedetto e che oggi è conservata nel Museo Archeologi-co Nazionale di Napoli, aveva certamente una funzione architettonica, come indicano la sua monumentalità, le dimensioni e le caratteristiche tecniche, elementi che suggeriscono di attribuirla ad un edificio sacro non ancora individuato48.

44 L’affresco, conservato nel Museo Archeologico di Napoli, è datato intorno alla metà del I secolo d.C.: Iside 1997, p. 447, n. V. 77, con bibl.; Gasparini 2006, p. 124, fig. 1; p. 127, n. II.87, con bibl. Si confronti un secondo dipinto da Ercolano con scena rituale isiaca presso il tempio della dea (ibidem, p. 123 s., fig. 7). Sull’identificazione di un possibile complesso santuariale isiaco ad Ercolano cfr. supra, nota 27.

45 D’Insanto 1993, pp. 68-69.46 CIL X, 3800; Vidman 1969, p. 239, n. 502; Malaise 1972a, p. 249, n. 1; Mora 1990,

p. 394, n. 44; D’Insanto 1993, p. 69, n. 6; Sirano 2006, p. 155, n. II.108; Ensoli 2010c, p. 13, fig. 19. Le lettere dell’iscrizione, capitali apicate separate da interpunzione, suggeriscono a mio avviso una datazione tra la fine del II e il III secolo d.C.

47 Può commentare quanto indicato, tra le numerose altre attestazioni, la statuetta bronzea da Ercolano del I secolo d.C. conservata nel Museo Archeologico di Napoli: Iside 1997, p. 445, n. V. 74, con bibl.; Egittomania 2006, p. 176, n. III.27.

48 Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. n. 3953. La lastra, integra, è di marmo italico. Essa reca una cornice doppia ed è alta cm 88, larga cm 79 e spessa cm 7,5. Le

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A Capua, d’altra parte, la popolarità del culto della dea è attesta-ta, oltre che da rinvenimenti “minori”49, anche nell’onomastica, come documenta un’iscrizione funeraria ancora di età augustea, pertinente ad un mausoleo, legata alla liberta Isia e a un lascito di oltre 100.000 sesterzi50. Infine, un’ultima testimonianza di notevole rilievo è rappre-sentata dalla monumentale chiave di arco dell’Anfiteatro Campano di età adrianea, conservata a Napoli, con il busto della dea Iside51.

Se le testimonianze sin qui menzionate attestano l’esistenza nell’anti-ca Capua di un santuario isiaco anteriore all’età di Arrio Balbino, come indica anche l’epiclesi di carattere panteo della dea, di sicura tradizione tardoellenistica e legata strettamente ai rapporti commerciali delle ari-stocrazie locali con Delo52, certo è che nella ricca città campana i culti orientali fervevano con grande vigore. Lo attesta, tra l’altro, il celebre Mitreo, probabilmente il più antico in Italia, che fu strettamente connes-so con i gladiatori dell’Anfiteatro, come si è avuto modo di proporre e dimostrare in altra sede53.

Per concludere, va sottolineato che il culto di Iside rappresentava per i fedeli campani (e i simpatizzanti) un legame nuovo con la divinità, personalizzato e interiorizzato, offrendo protezione nella vita quotidiana e continuità in quella ultraterrena. Inoltre alla dea, come ricordano gli Inni ad Iside, potevano essere assimilate numerose divinità del pantheon greco e poi romano grazie a un sincretismo religioso che accompagnò l’apoikia di Iside nel Mediterraneo sin dall’età arcaica, come si è visto anche in precedenza in merito al culto della dea a Cirene.

dimensioni e l’incasso presente in prossimità dell’asse verticale ne indicano la funzione architettonica.

49 Malaise 1972a, p. 249, n. 4; Malaise 1978, p. 717, nota 359; Malaise 2004, p. 32, n. 3. 50 CIL X, 3888; D’Insanto 1993, pp. 284, 292; Chioffi 2005, p. 105, n. 104, fig. 101;

Sirano 2006, p. 155, n. II.110.51 De Franciscis 1950, pp. 153-154, figg. 3-4; Foresta 2013, spec. p. 107. Sullo stretto

collegamento di tali maschere divine con i culti dell’antica Capua: Ensoli 2014, p. 62, nota 21, con particolare riguardo al busto di Mitra.

52 Non è improbabile che il senatore Balbino abbia ricostruito il tempio in vesti monu-mentali nell’inoltrata età imperiale.

53 Ensoli 2014 (vedi anche Ensoli 2010c, pp. 15-17, figg. 49-68). Di notevole inte-resse a tal proposito è la testa di Traiano-Mitra pertinente ad una statua dedicata pro-babilmente dai gladiatori dell’Urbe nell’Iseo Capitolino: Ensoli 2000d; Ensoli 2010c, pp. 14-15, figg. 46-48.

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Iside, d’altra parte, giungeva in Campania da Alessandria d’Egitto tramite Delo e la sua figura era priva di connotazioni esotiche in vir-tù della sua identità ellenizzata, che ne attenuava le diversità culturali e ne enfatizzava, invece, i caratteri universalistici di divinità panthea, madre di tutte le genti, secondo la tradizione riflessa alla fine del pe-riodo tolemaico negli Inni di Isidoro iscritti sui pilatri del Tempio di Isis Thermutis a Meninet Madi nel Fayyum: più di due secoli prima di Apuleio, essi esprimono l’onnipotenza di Iside «regina degli dei» e la sua polivalenza. Ella è Demetra, Afrodite, Rea, Hestia presso i Greci; Cibele presso i Traci; Lato presso i Licii; Artemide o Astarte presso i Siriani: la dea è già l’«unica», è la «myrionyma» e sarà il «numen uni-cum multiforme specie» di Lucio presso Apuleio54.

Questi sono certamente i tratti salienti dal punto di vista storico-reli-gioso che spiegano l’ampio accoglimento del suo culto e, successivamen-te, il notevole proselitismo in Italia, con particolare riguardo alla Capitale dell’Impero. Sarà in seguito la Campania ad accogliere motivi, anche iconografici, provenienti dall’Urbe, come indica tra l’altro la dipendenza di una serie di raffigurazioni scultoree di Iside, rinvenute nella regione, dalla statua di culto dell’Iseo Campense ( fig. 6.B; cfr. fig. 9)55.

54 Apul., Metamorfosi, XI, 5, 1. Sulla “mirionimia” di Iside: supra, nota 22. Sulla “elle-nizzazione” della dea, anche a livello iconografico: Malaise 2000, con bibl.

55 La statua del Museo Archeologico di Napoli presentata alla fig. 6.B proviene da Napoli ed è datata nella seconda metà del II secolo d.C.: Iside 1997, p. 518, n. V. 213, con bibl.; Ensoli 2003c, pp. 355-356, n. 21, fig. a p. 250, con bibl.; Longobardo 2006, p. 148, n. II.196, con altra bibl. La scultura, in bigio morato e con parti nude in marmo bianco (di restauro), può senz’altro dipendere dalla figura di Iside, anch’essa di marmo bigio morato ma di dimensioni leggermente inferiori, che proviene da Napoli, è datata nella prima metà del II secolo d. C. ed è conservata al Kunsthistorisches Museum di Vienna (Longobardo 2006, pp. 146, 149, n. II.107, con bibl.). Sulla derivazione di queste e di altre statue da quel-la di culto dell’Iseo Campense (cfr. fig. 9) vedi infra. Per concludere con la problematica inerente la trasmissione del culto isiaco a Roma, di particolare interesse è il contributo di Sfameni Gasparro 1998, spec. pp. 669-672, in merito al ruolo svolto dai centri sicilioti nella conoscenza e propagazione dei culti egizi verso l’Italia in genere e a Roma in par-ticolare, anche e non solo attraverso la Campania (sui culti isiaci in Sicilia, ai contributi “storici” della Sfameni Gasparro si aggiunga, tra gli altri, Sfameni Gasparro 2000). Si veda a tal proposito Ensoli 2015, sia in riferimento al ruolo svolto dalla Sicilia punica sia in merito ai sacerdoti menfiti che fin dal III secolo a.C. svolgevano vere e proprie “missioni” nel Mediterraneo per fondare il culto delle divinità egizie e istituire quello dei Sovrani Evergeti.

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5.A. Pompei, il Tempio di Iside in un’incisione di Francesco Piranesi.(Da Alla ricerca di Iside 1992, fig. a p. 76)

5.B. Napoli, Museo Archeologico Nazionale; affresco da Ercolano con raffigurazionedi una cerimonia sacra presso un Tempio di Iside. (Da Iside 1997, fig. a p. 447)

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6.B. Napoli, Museo Archeologico Nazionale;

statua di Iside in bigio morato da Napoli.(Da Iside 1997, fig. a p. 518)

6.A. Napoli, Museo Archeologico Nazionale; statua marmorea di Anubis da Cuma.(Da Iside 1997, fig. a p. 449)

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3. Roma

Veniamo a Roma, il terzo exemplum. Il cospicuo numero e l’importanza dei santuari dedicati alle divinità

egizie nell’Urbe rappresentano, dall’età repubblicana all’età tardoantica, l’espressione della diversificata stratificazione etnica e sociale della Capi-tale dell’Impero. A Roma, il definitivo passaggio della religione isiaca da un culto di carattere fondamentalmente privato e di stampo aristocratico ad uno pubblico, promosso dal favore imperiale, avviene soltanto nella seconda metà del I secolo d.C., dopo alterne vicende determinate da situa-zioni politiche piuttosto che da reali avversioni religiose56.

Non è questa la sede per ripercorrere le vicende del culto isiaco nell’Ur-be in età repubblicana, che in primo luogo si sostanzia nella devozione a Iside Capitolina, ossia alla dea giunta a Roma grazie alle rotte commerciali tra le coste del bacino del Mediterraneo, l’isola di Delo e la Campania.

Quanto all’età imperiale, è necessaria in primo luogo una considera-zione preliminare: la crescente devozione di Domiziano, di Adriano e dei Severi nei riguardi delle divinità egizie è innegabilmente sostenuta da un’accorta valutazione dell’assetto economico e politico dell’Impero, soprattutto in vista dell’importanza sempre maggiore dell’Egitto sia per l’approvvigionamento del grano sia per l’importazione di porfidi e di altre merci: una situazione che ha i suoi esiti estremi, e storicamente più signifi-cativi, nel tardo Impero. Ma è necessario fare un passo indietro.

A Roma i provvedimenti emanati da Augusto e da Agrippa, che vieta-vano la costruzione dei santuari isiaci nell’area del pomerio, confine sacra-le e amministrativo della città definita come urbs Roma, furono rispettati sino all’età di Vespasiano e probabilmente ancora nel II secolo d.C. A causa di tali decreti la distribuzione topografica dei luoghi di culto riflette prin-cipalmente una duplice disposizione: presso le Mura Serviane, che a lungo

56 La bibliografia sul culto isiaco nell’Urbe è molto vasta. Si vedano in particolare Malai-se 1972a, pp. 357-455; Roullet 1972; Coarelli 1982, pp. 33-34, 53-65; Coarelli 1984; Smelik, Hemerlijk 1984; Mora 1990, pp. 72-112; Ensoli 1990, pp. 21-22, note 1-34; Lembke 1994, pp. 84-103; Takács 1995, pp. 27-129; De Vos 1997; Ensoli 1997a; Ensoli 1997b; Ensoli 1998; En-soli 2000b; Ensoli 2003b; Parlasca 2004; Coarelli 2005a, pp. 85-89; Coarelli 2006, pp. 59-62; Gasparini 2008 (cfr. anche Gasparini 2008a); Malaise 2011; Power, politics and the Cult of Isis 2014, spec. pp. 237 ss., 260 ss., 300 ss., 326 ss. (tutti con ampia bibl. prec.).

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coincisero con la linea del pomerio, oppure al di fuori di esse ( fig. 7.A)57. Al primo gruppo appartengono i santuari, inizialmente di carattere pri-

vato, che soltanto in seguito assunsero un ruolo ufficiale o semiufficiale: l’Iseo e Serapeo della III Regione ( fig. 7.A, n. 2), ossia un ampio santuario ristrutturato in età flavia e in parte ampliato da Adriano, che presentava uno sviluppo scenografico a terrazze e che può essere identificato con l’Iseum Metellinum; di esso faceva parte molto probabilmente il più antico sacrario di Isis Patricia, legato alla dea dei Metelli e al Tempio di Minerva Medi-ca58; l’Iseo Capitolino ( fig. 7.A, n. 3), che fu costruito o “ricostruito” con ogni probabilità nel I secolo d.C. sulle pendici del colle verso l’area sacra di S. Omobono, come portano a credere i ritrovamenti, attestati a più riprese, di elementi architettonici, di sculture e in genere di materiali inerenti il culto delle divinità alessandrine, nonché il legame del santuario con quello di Fortuna e con la porticus Triumphalis59; l’Iseo di S. Sabina sull’Aventino ( fig. 7.A, n. 4), occupato da una comunità isiaca già nel I secolo d.C., e il sacello degli horti Sallustiani ( fig. 7.A, n. 9), ritenuto un santuario privato dell’imperatore Caligola, ma forse originariamente connesso, come l’Iseo Capitolino, con un Tempio di Fortuna elevato presso le mura60.

57 Vedi Ensoli 1997a, pp. 301; Ensoli 2000b, pp. 267-268, fig. 1; Ensoli 2003b, pp. 143-144, fig. 2.

58 Sull’Iseo e Serapeo, sull’Isium Metellinum, sull’identificazione di quest’ultimo con il santuario della III Regione, su Isis Patricia e sul legame di questo primo sacrario con il Tempio di Minerva, vedi in particolare la sintesi in Ensoli 2000b, pp. 268-269, figg. 2-3, con ampia bibliografia ragionata a p. 284. Ad essa si aggiungano i seguenti contributi: Spinola 2001 (Iseo Metellino); Versluys 2002, p. 346 (Isis Patricia); Pavolini 2006 (Celio). Torna alla vecchia interpretazione sulla dislocazione del sacello di Isis Patricia Gasparini 2008, p. 107, nota 44 (cfr. anche Gasparini 2008a, pp. 69, 74). Sulla testa di regina tolemaica identificata con Iside, probabile preda di guerra dei Metelli dedicata nell’Iseo: Ensoli 1997c, pp. 396-397, n. V.15, con nuove proposte e ampia bibl.

59 Sul santuario vedi specialmente Coarelli 1984; Mora 1990, pp. 72-87; Coarelli 1996, pp. 112-113; Ensoli 1997a, pp. 312-314, note 11-26, figg. a pp. 310-312, con bibl. a p. 321 (nuova proposta di dislocazione; cfr. anche ibid., pp. 400-402, n. V.19, con bibl. e figg., a proposito del rilievo di Iside Frugifera; su quest’ultimo vedi anche Bricault 2006, pp. 98-99); Ensoli 2000d, pp. 131-133, note 40, 42 (sul collegamento con il Santuario di Fortuna); Versluys 2002, pp. 350-352; Versluys 2004, con altra bibl. a pp. 423-424, note 5-16; Gasparini 2008, pp. 100-102; Gasparini 2008a, pp. 69-72. Vedi inoltre Sandberg 2009. Escluse ulteriori proposte di collocazione del santuario sul colle capitolino (cfr. per esempio Arata 1997), perché prive di testimonianze concrete, proprio quanto discute Versluys 2004 è, indirettamente, a favore della mia ipotesi di dislocazione, della quale ancora oggi sono profondamente convinta.

60 Sull’Iseo di S. Sabina: Andreussi 1996, con bibl. prec.; Ensoli 1997a, p. 314, con bibl.

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Al secondo gruppo vanno attribuiti luoghi fondati sin dall’origine come santuari pubblici: l’Iseum et Serapeum del Campo Marzio ( fig. 7.A, n. 1), eretto con ogni probabilità nel 43 a.C., su cui ci soffermeremo più am-piamente in seguito, e il Serapeo del Quirinale ( fig. 7.A, n. 5), la cui fase originaria è da assegnare verosimilmente a Domiziano e che fu ampia-mente ristrutturato in età severiana; la nuova proposta di collocare il tem-pio nell’area di proprietà della gens Flavia a discapito delle tradizionali in-dividuazioni (presso piazza del Quirinale oppure piazza S. Silvestro), che riguardano tra l’altro anche il riconoscimento, da una parte, del templum Solis e, dall’altra, del Tempio severiano di Ercole e Dioniso, rappresenta un’ipotesi molto più convincente. Quest’ultima spiega anche il motivo per cui al Serapeo possano essere attribuite sia le due statue frontonali del Nilo e del Tevere reimpiegate da Massenzio in un ninfeo delle Terme del Quiri-nale – agli inizi del XVI secolo trasferite sul colle capitolino – sia l’obelisco di Domiziano, oggi a Piazza Navona, che Massenzio riutilizzò nel Circo della sua villa sulla via Appia61. A quest’ultima categoria di santuari isiaci dell’Urbe, infine, potrebbe appartenere il Tempio di Isis Athenodoria che si ergeva nei pressi delle Terme di Caracalla ( fig. 7.A, n. 6), probabilmente da datare prima dell’età dei Severi e da collegare con il Tempio di Iside Pelagia: la sua denominazione potrebbe alludere, come già pensò Visconti più verosimilmente di altre proposte, alla colossale statua di culto di Iside scolpita dal rodio Athenodoros, di cui resta il frammento anteriore del pie-de calzato con lo zoccolo decorato da motivi marini62.

a p. 321; Ensoli 2000b, p. 268, con bibl. a p. 284; sul sacello degli horti Sallustiani: Grenier 1989, pp. 21-40; Ensoli 1997a, p. 316 s., con bibl. a p. 321; Ensoli 2000b, p. 268, con bibl. a p. 284; Versluys 2002, pp. 349-350.

61 Sul santuario del Campo Marzio vedi infra, nota 65, con ampia bibl. Sul Serapeo del Quirinale e sulle sue “tradizionali” identificazioni, sulla nuova proposta di collocazione e sui ritrovamenti di opere pertinenti al culto isiaco effettuati sul Quirinale, vedi in particolare la sintesi in Ensoli 2000b, pp. 269-271, figg. 4-8, con ampia bibliografia ragionata a pp. 284-285: ivi anche sulle statue dei due Fiumi (su cui cfr. specialmente Ensoli 1994c, pp. 104-118, con bibl.; Ensoli 1995, con altra bibl.) e sull’obelisco di Domiziano (sul quale vedi anche Ensoli 1990, pp. 48-49, nota 94 [con un nuovo frammento dell’obelisco presentato in Ensoli 2000b, fig. 8]; Lembke 1994, pp. 37-41, 210-212, n. 55, tavv. 15-17; Grenier 1999, pp. 223-231, con bibl. prec., tavv. XLV-XLVII). Alla bibliografia citata sul santuario si aggiungano Versluys 2002, pp. 348-349; Taylor 2004, pp. 223-266. È in corso di preparazione da parte di chi scrive un contributo esaustivo sul Serapeo del Quirinale e sulla problematica inerente.

62 Sul Tempio di Isis Athenodoria e sulla relativa documentazione, anche in riferimento

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Secondo i Cataloghi Regionari, la Notitia (334-357 d.C.) e il Curiosum (357-403 d.C.), che, tuttavia, stando ad alcuni studi recenti, potrebbero rap-presentare una sorta di panegirico di Roma piuttosto che un elenco di tipo amministrativo63, nel IV secolo d.C. erano attivi a Roma soltanto i quattro santuari dell’Esquilino, del Quirinale, del Campo Marzio e dell’area pres-so le Terme di Caracalla. La sopravvivenza di questi luoghi sacri, dipesa probabilmente dalla rispettiva ubicazione nell’Urbe, è connessa, piuttosto che con il carattere etnico della popolazione che risiedeva in queste aree, con quello socio-economico e culturale, legato alla tipologia elitaria del culto. Tale sopravvivenza, inoltre, è in relazione all’originaria pertinenza dei santuari alle proprietà imperiali (Serapeo del Quirinale, Tempio di Isis Athenodoria), alle proprietà della classe aristocratica (Iseo Metellino/Iseo della III Regione) e a quelle dello Stato (Iseo Campense)64.

Rimando per questi santuari, di cui ho già ampiamente trattato in altre sedi, alla bibliografia di riferimento precedentemente citata, per concen-trarmi, seppur brevemente, sul santuario delle divinità egizie più celebre dell’Urbe, ossia l’Iseo e Serapeo del Campo Marzio ( figg. 7.A, n. 1; 7.B)65.

Il santuario rappresentò il luogo pubblico del culto isiaco più an-tico e più sfarzoso di Roma e fu profondamente legato, attraverso

alla sua identificazione con quello di Iside Pelagia, nonché sul frammento di piede colossale rinvenuto presso la chiesa di S. Nereo, conservato ai Musei Capitolini, e su tutte le proble-matiche connesse con l’argomento, vedi la sintesi in Ensoli 2000b, pp. 272-273, figg. 9-10, con ampia bibliografia ragionata a p. 285. Ad essa si aggiungano Ensoli 1997a, pp. 315-316, note 32-33, fig. a p. 318, con bibl. a p. 321 (citazione non inserita in Ensoli 2000b, p. 285, per errore di redazione); Versluys 2002, pp. 363-365; Gasparini 2008a, p. 74, note 5-6 (non conosce l’identificazione che ho proposto). Attribuiscono il piede colossale ad una statua di Iside Pelagia anche Chioffi 1996, p. 114 e Bricault 2006, pp. 105, 113, 120. Sulla statua di Athenodoros e sulla problematica delle sculture di ambiente rodio esistenti nell’Urbe, con particolare riguardo all’area delle Terme di Caracalla, torneremo in altra sede.

63 Arce 1999, pp. 15-22.64 Ensoli 2000b, pp. 272-273.65 Sul santuario campense vedi in particolare la sintesi in Ensoli 2000b, pp. 273-282,

figg. 11-21 (in questa sede solo in parte riportata), e pp. 285-286, con ampia bibliografia ra-gionata in merito a tutte le problematiche richiamate nel testo (tra i contributi ivi citati, resta di particolare rilevanza per lo studio dell’Iseo Campense e dell’area ad esso collegata, con speciale riguardo all’età domizianea, adrianea e severiana, quello di Ensoli 1998). Vedi inol-tre Versluys 2002, pp. 353-358; Brenk 2003; Ensoli 2003b, pp. 144-147; Scheid 2004; Brenk 2007; Gasparini 2008, pp. 102, 104, 106, nota 30; Gasparini 2008a, pp. 72-73 (nessuna nuova acquisizione scientifica tranne che a p. 73, nota 11).

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l’esperienza alessandrina, alla concezione divina del principe in fun-zione della legittimazione dinastica.

Il termine cronologico post quem per datare l’assetto monumentale che appare nella Forma Urbis Severiana è rappresentato, rispetto alla prece-dente sistemazione attestata in età vespasianea ( fig. 8.A), dalla ricostru-zione di Domiziano dopo l’incendio dell’80 d.C., della quale resta docu-mentazione nei denarii che commemorano l’erezione del nuovo Tempio di Iside: come in epoca anteriore, l’edificio era sormontato da una raffigura-zione scultorea di Isis-Sothis e provvisto all’interno della statua cultuale di Iside con situla nella sinistra abbassata ( fig. 8.B)66.

Di quest’ultima figura resta una sorprendente testimonianza nella statua conservata nei Musei Capitolini, già ritenuta erroneamente proveniente da Villa Adriana a Tivoli ma rinvenuta invece nell’Urbe. Essa rappresenta una copia fedele, di eccellente livello stilistico, dell’originale bronzeo custodito all’interno del Tempio di Iside Campense. Da questa iconografia dipendono molte altre statue isiache, tra cui alcuni esemplari campani di marmo nero (bigio morato?) con parti nude di marmo bianco ( fig. 9; cfr. fig. 6.B)67.

Tornando al complesso monumentale dell’Iseo Campese, l’imperatore Adriano definì e ampliò gli spazi architettonici del santuario a imitazione dei Fori Imperiali, isolando il temenos dal Divorum e dal Tempio di Mi-nerva Chalcidica, già strettamente legati all’Iseo nel progetto di Domizia-no68. Egli ne fece il punto di riferimento della ristrutturazione monumen-tale dell’area centrale del Campo Marzio e il luogo in cui il culto nilotico,

66 Sulle monete di Vespasiano con la raffigurazione del Tempio di Iside Campense: En-soli 1990, p. 66, note 45-46, fig. 43; Lemke 1994, pp. 179-181, nn. 1-8, tav. 4, 1; Ensoli 1998, p. 411, nota 4, con altra bibl., fig. 4; Ensoli 2000b, p. 276, con bibl. a p. 285, fig. 17; Del Moro 2007, pp. 442-443, n. 342, fig. a p. 336, con bibl.; Gasparini 2008a, p. 73, note 10-11, con altra bibl. Sui denarii di Domiziano, che, datati nel 94-96 d.C., ricordano la ricostruzione del tempio avvenuta probabilmente entro l’85-86 d.C., vedi Lembke 1994, pp. 181-183, tav. 4, 3; Ensoli 1998, p. 413, nota 7 (con bibl. e ulteriore disamina); Ensoli 2000b, p. 285, con bibl. Sugli interventi domizianei nell’Iseo Campense, collegati con le sistemazioni del Divorum e del Tempio di Minerva: Ensoli 1998, spec. pp. 427-429, con bibl. (anche in riferimento alle tesi di Lembke 1994); Ensoli 2000b, p. 274, con bibl. a p. 285.

67 Sulla statua marmorea dei Musei Capitolini, che potei restaurare in occasione della mostra milanese del 1997: Ensoli 1997c, pp. 422-423, n. V.41, con bibl.; Ensoli 1998, pp. 411-413, fig. 19; Ensoli 2000b, p. 273, con bibl. a p. 285, fig. 11.

68 Sugli interventi adrianei: Ensoli 1998, pp. 424-425, 429 s., spec. note 46, 63, con bibl.; Ensoli 2000b, p. 274, con bibl. a p. 285.

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connesso con quello di Antinoo, ebbe la sua più significativa espressione urbana, trovando immediati paralleli nelle realizzazioni tiburtine69.

La ricostruzione severiana riflessa nella Forma Urbis, causata pro-babilmente da un evento distruttivo rilevante, probabilmente l’incendio scoppiato durante il regno di Commodo nel 191 d.C.70, è attestata dai resti archeologici ed epigrafici. Tali documenti indicano che soltanto in que-st’epoca il Santuario di Iside accolse ufficialmente il culto di Serapide71, che in precedenza, in quanto culto dinastico flavio, in associazione con quello di altre divinità mediche era praticato con ogni verosimiglianza nell’area del Divorum (cfr. fig. 7.B), quest’ultimo rappresentato probabil-mente nel celebre rilievo di Ariccia ( fig. 8.C)72.

La sistemazione monumentale di età severiana, articolata su più piani, ricca di marmi pregiati e profusa di sculture decorative egizie, egittizzanti e di arte greco-romana ( figg. 10-11), tra cui le colonne caelatae del Tempio di Iside e del portico del Ninfeo73 ( figg. 12. A-B), ricorda per molti aspetti

69 Sul Canopo di Villa Adriana, anche in relazione al culto di Antinoo, e sull’obelisco funerario del Pincio, proveniente probabilmente dalla villa, vedi rispettivamente Grenier 2008a, pp. 112-117; Grenier 2008b, pp. 118-121, entrambi con bibl. prec. Quanto al cosid-detto «Antinoeion» della residenza adrianea, vedi Mari 2007, con bibl. prec.; Mari 2008, pp. 122-128, nota 1. Sull’«Antinoeion» e sull’obelisco cfr. inoltre Renberg 2010. Quanto alla cosiddetta «Palestra» di Villa Adriana (Mari 2008, pp. 128-131, nota 2), gli studi che per primi, grazie ai contributi in merito alle «tre mezze figure» di Pirro Ligorio (Ensoli 1997c, pp. 418-420, n. V.39, con bibl. e figg.; Ensoli 1999: anche sul reperimento del quarto busto, sulla conformazione originaria delle statue e sui loro rifacimenti moderni), hanno potuto accertare nell’area la presenza di un Iseo, fornendo anche un’ampia ipotesi ricostruttiva sul suo arredo scultoreo, si debbono a Ensoli 2002b, pp. 94-114, figg. 1-31.

70 Tac., Annali, 15, 41; Herodian., Storia dell’Impero Romano, 2, 14, 3.71 L’introduzione ufficiale da parte dei Severi del culto di Serapide nel più antico San-

tuario di Iside, tesa a celebrare l’origine divina del capostipite, che aveva assunto anche le sembianze classiche del dio, è documentata da alcune fonti epigrafiche, tra cui in primo luogo il toponimo Serapeum inciso nella Forma Urbis Severiana all’interno del piazzale (cfr. fig. 7.B), la cui posizione centrale sta ad indicare tanto il temenos settentrionale quanto quello meridionale, ossia l’intero complesso sacro da poco riedificato (Ensoli 1998, pp. 425 ss.; Ensoli 2000b, p. 274, con bibl. a pp. 285-286).

72 Ensoli 1998, pp. 414 ss., 430-431, con bibl., fig. 20 (cfr. figg. 6-9); Ensoli 2000b, p. 274, con bibl. a p. 285. Per il rilievo di Ariccia (sul quale cfr. anche Lembke 1994a, con bibl. prec. e con diversa interpretazione) vedi Ensoli 2003c, pp. 401-402, n. 200, fig. a p. 303, con bibl.

73 Sull’arredo scultoreo dell’Iseo-Serapeo Campense: Ensoli 1990, pp. 30-31, 35, 36-38, 42-43, 52, nn. 2-5, 8, 11, figg. 11-20, 25-26, 32 (cfr. anche p. 39, n. 6, figg. 21-22: Cinocefalo di KEPDON, su cui vedi anche Lembke 1994, pp. 214-253, tavv. 19-48). In particolare

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realizzazioni architettoniche di ambiente microasiatico e in particolare le esperienze confluite, da una parte, nel Foro Severiano di Leptis Magna, tra le quali rientrano certamente quelle pergamene, e, dall’altra, proprio a Pergamo, il grandioso edificio denominato «Rote Halle», sito nella città bassa, che, sorto in età adrianea, è certamente connesso sia con il culto egizio sia con quello imperiale74.

Quest’ultima fase costruttiva del santuario campense è ancora una volta strettamente legata al culto nilotico e per questo, in aggiunta al Ninfeo meridionale, il recinto settentrionale fu provvisto di condutture sotterranee, di euripi e di file regolari di pozzi circolari ricavati nel pavimento, come indica la Forma Urbis Severiana75. Il rifacimento del Tempio di Iside contemplò probabilmente una statua colossale di Isis-Sothis, in linea con la tradizione flavia (cfr. figg. 8.A-B)76: lo testimonia

sulla sfinge del faraone Amasis ( fig. 10.A): Ensoli 1990, pp. 30-31, n. 2, figg. 11-15; Lem-bke 1994, pp. 225-226, n. 16, tav. 34, 2; Ensoli 1997c, p. 391, n. V.8; Ensoli 2003b, pp. 407-408, fig. a p. 308 (tutti con bibl.). Sulla sfinge in granito rosa presentata alla fig. 10.B: En-soli 1990, p. 35, n. 3, figg. 16-18; Lembke 1994, pp. 241-242, n. 44, tav. 45, 1; Ensoli 2003b, p. 408, n. 215, fig. a p. 308 (tutti con bibl.). Sui Cinocefali di Nectanebo II, dei quali uno è richiamato alla fig. 11.A: Ensoli 1990, pp. 36-38, nn. 4-5, figg. 19-20; Lembke 1994, pp. 228-229, nn. 20-21, tav. 37, 2-3; Ensoli 1997c, p. 293, n. V.11; Ensoli 2003b, p. 409, n. 218, fig. a p. 309 (tutti con bibl.). Sui due leoni collocati da Giacomo della Porta ai piedi della rampa di accesso al colle capitolino, uno dei quali presentato alla fig. 11.B: Ensoli 1990, pp. 71-81, figg. 45-48 (cfr. anche figg. 49-53), note a pp. 82-85; Lembke 1994, pp. 221-223, nn. 10-11, tavv. 29-30. Sulle tre «Colonne caelatae» dei Musei Capitolini ( fig. 12.A-B) e sul frammento di Firenze, anche in merito alla loro storia antica e moderna: Ensoli 1990, pp. 59-70, note a pp. 69-70, con bibl., figg. 33-41 (cfr. figg. 42-44). Vedi anche Bongrani 1992; Lembke 1994, pp. 186-188, nn. 3-6, tavv. 5-8; Curto 1998; Ensoli 1998, pp. 419-420, note 27-32; Ensoli 2000b, p. 276, con bibl. a p. 286, figg. 13-14.

74 Sul Foro Severiano di Leptis Magna e sulla nuova ricostruzione dell’Atrium porticato: Ensoli 1994a, con bibl. prec. Quanto alla «Rote Halle», si vedano i contributi in Ägyptische Kulte 2005, pp. 3-94, 227-245. Più in particolare cfr. Hoffmann 2005; Lembke 2005 e Rieger 2005, sia in riferimento al culto egizio, con precipuo legame a quello di Antinoo e con i relativi confronti monumentali nell’Urbe, sia rispetto al culto imperiale e all’assetto architet-tonico dei Fora di Roma. Vedi infine Mania 2011.

75 Ensoli 1998, pp. 418-419, note 22-25; Ensoli 2000b, p. 276, fig. 16, con la pianta rico-struttiva dell’Iseo-Serapeo del Campo Marzio: i “tondini” incisi nella Forma Urbis Severia-na non indicano obelischi, come sempre si è ritenuto, ma vere di pozzi collegati con i canali sotterranei, che a loro volta erano simbolicamente connessi con le manifestazioni cultuali legate alle periodiche piene del Nilo.

76 Vedi supra, nota 66. In entrambe le monete di Vespasiano e di Domiziano (cfr. figg. 8.A-B) è Isis-Sothis che sormonta il tempio: in età vespasianea come scultura frontonale,

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indirettamente Dione Cassio in riferimento ai prodigi che si verificaro-no in occasione dell’avvento dell’imperatore Elagabalo, quando la sta-tua di Iside cavalcante Sirio «[…] che sormonta la fronte del suo tempio, gira la testa verso l’interno dell’edificio»77. È verosimile che di que-sta scultura rimanga la porzione superiore nella cosiddetta «Madama Lucrezia», conservata a Piazza San Marco ( figg. 13.A-B)78.

Il culto della dea, connesso con profonde concezioni astrali in relazio-ne alle piene del Nilo e al potere rigeneratore dell’acqua, rappresentò in età imperiale un importante elemento di propaganda politico-religiosa, soprattutto a partire dal II secolo d.C. ed in particolare dall’età dei Severi sino al IV secolo, registrando un forte legame con l’annona79.

A quest’ultimo proposito è necessario ricordare l’esistenza nella For-ma Urbis Severiana di horrea a sud del santuario isiaco, lungo tutto il lato occidentale del Divorum (cfr. fig. 7.B), da collegare probabilmente, come ho già proposto in altra sede, con lo stoccaggio delle merci tra-sportate dalle flotte dell’annona sotto l’auspicio e la protezione di Iside e Serapide80, ossia il frumento e gli altri prodotti egiziani (papiro, vetro, lino, stoppa ecc.), che, grazie all’imposta dell’anabolicum, definitiva-mente stabilita dai Severi e resa aeterna da Aureliano come imposta fis-sa, erano condotti a Roma dalla classis Alexandrina per essere venduti in parte al libero mercato81.

Il santuario pubblico del Campo Marzio, con la sua disponibilità di spazi annessi e di infrastrutture e con la sua relativa vicinanza al Tevere,

benché il timpano fosse di forma semicircolare, alla moda “orientale”, e in età domizianea come acroterio centrale a tutto tondo, sebbene l’edificio presentasse una copertura in piano.

77 Dione Cassio, Storia romana, 80, 10, 1; Hopfer 1923, p. 378. Vedi Ensoli 1998, pp. 422-423, note 37 ss.

78 Sulla statua, generalmente datata nel II-III secolo d.C., vedi Lembke 1994, pp. 220-221, n. 9, tav. 28, 3; Ensoli 1998, pp. 421-423, note 40-43, con bibl., figg. 16-17; Ensoli 2000b, p. 276, con bibl. a p. 286, figg. 18-19; Ensoli 2003b, p. 150, fig. 4 a p. 147.

79 Ensoli 2000b, p. 276, con bibl. a p. 286, figg. 20-21 (monete di Faustina II e di Giovia-no con Isis-Sothis sul rovescio: Arslan 1997a, p. 181, n. IV.48; p. 207, n. IV.170). Su queste te-matiche è tornata Adamo Muscettola 2003 in relazione a Pozzuoli. Vedi inoltre Podvin 2014.

80 Ensoli 1998, p. 429, nota 60; Ensoli 2000b, p. 276, con bibl. a p. 286. L’edificio, con la sua tipica conformazione degli horrea, come indicano la planimetria e la mole (vedi anche Coarelli 1996a, p. 191, nota 6), non può essere identificato con la dimora dei sacerdoti, come proposto da Alfano 1991, p. 13.

81 De Salvo 1998, pp. 98-101, e spec. Ensoli 2000b, p. 277, con bibl. a p. 286.

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che facilitava l’immagazzinaggio delle merci, probabilmente era con-sacrato ad una funzione anche più complessa di quella che, secondo l’Historia Augusta82, era svolta nei portici del Tempio del Sole, dedicato dall’imperatore Aureliano nella Regio VI: in essi venivano immagaz-zinati i fiscalia vina sbarcati in un porto del Tevere (ad Ciconias?) e destinati alle distribuzioni gratuite o, piuttosto, venduti agli accipientes a un prezzo ridotto83.

Tralasciando la storia dell’Iseo-Serapeo in età tardoromana, per la quale disponiamo solo di scarsi elementi84, per quanto riguarda l’età tardoantica è possibile credere che il santuario non registrasse alcun de-clino durante il IV secolo, né in età costantiniana né successivamente85, ma che, invece, grazie al profondo legame tra le divinità egizie e l’an-nona, ma soprattutto tra quest’ultima e l’aristocratica classe sacerdotale da tempo preposta al culto di Iside e Serapide, rappresentò a lungo un importante centro religioso: nel calendario filocaliano del 354 l’Inventio Osiridis, che si celebrava a Roma dal 28 ottobre al 3 novembre, era an-cora registrata come una tra le più importanti feste pagane86.

In questa epoca la vitalità del culto isiaco nell’Urbe è suggerita anche dal restauro, avvenuto nel 376 per ordine degli imperatori cristiani Valente, Graziano e Valentiniano II, del Tempio di Iside a Porto, polo dell’approv-vigionamento delle merci egiziane destinate all’Iseo-Serapeo del Campo Marzio, ed è confermata sia dalla presenza a Roma, nel 394, di sacerdoti

82 Historia Augustea, Aureliano, 48, 1-4.83 Ensoli 2000b, loc. cit. supra (ulteriore disamina a p. 286, con bibl.; ivi anche sul Tem-

pio del Sole). Attraverso il complesso sistema di controllo dell’autorità pubblica, lo Stato ge-stiva l’annona e nel contempo, come notano Lo Cascio e Vera, garantiva l’afflusso regolare e sufficiente dei generi alimentari sul libero mercato (Lo Cascio 1999; Lo Cascio 2000, con bibl.; Vera 2000, con bibl.). Il santuario campense probabilmente rappresentò un mecca-nismo attivo di questo congegno, non diversamente dal ruolo svolto dal Tempio del Sole, garantendo la legittimità e la sacralità delle transazioni e delle distribuzioni.

84 Non sono documentate a livello archeologico altre ricostruzioni dopo quella di Setti-mio Severo e Caracalla. Severo Alessandro donò soltanto statue e oggetti preziosi (Historia Augustea, Alessandro Severo, 26, 8). Vedi Lembke 1994, p. 71 s., nota 296; Ensoli 1998, p. 420, nota 34; Ensoli 2000b, p. 277, con bibl. a p. 286. Su un possibile restauro del santuario nell’età di Diocleziano e Massimiano vedi Lemke 1994, p. 72; Ensoli 2000b, p. 278.

85 Sulle motivazioni in rapporto al contesto storico: Ensoli 2000b, pp. 278-279, con bibl. a pp. 286-287.

86 Ensoli 2000b, p. 279, con bibl. a p. 286.

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isiaci appartenenti a famiglie aristocratiche sia dai medaglioni contorniati emessi dalla zecca dell’Urbe nel 379-395, legati ai vota publica per la sa-lute dell’imperatore: in essi compaiono immagini isiache connesse con la festa del navigium Isidis che si celebrava a Roma il 25 marzo per propizia-re la riapertura della navigazione87.

Entro questo quadro in cui l’aristocrazia di Roma, custode dei pro-pri privilegi politici, istituzionali, sociali ed economici, restava fedele alla religione pagana, storicamente garante dei benefici acquisiti, le nostre ricerche hanno consentito di stabilire che l’Iseo-Serapeo del Campo Marzio visse più a lungo rispetto agli altri luoghi di culto isia-co della Capitale ricordati nei Cataloghi Regionari88. È assai probabile, infatti, che, dopo la chiusura dei templi pagani decretata da Teodosio e poi nuovamente da Arcadio e Onorio, il santuario del Campo Mar-zio, sopravvissuto all’invasione di Alarico nel 410, non venisse chiuso prima del 415. La testimonianza di Lanciani, che scavò a più riprese il monumento e che ritenne di datarne l’interro dopo il VI secolo, ci spinge anche oltre. È possibile, infatti, che l’eventuale interdizione del santuario non provocò la sua distruzione, da datare probabilmente molto più tardi, e che almeno alcune sue parti rimasero ancora legate alle funzioni annonarie, forse perché destinate da tempo ad un uso di tipo secolare89.

87 Ensoli 2000b, p. 279, con bibl. a p. 287 (ivi anche sul restauro dell’Iseo di Porto, sul quale vedi inoltre Zevi 1997; Candilio 2005, p. 31, nota 115). Sulle monete della zecca di Roma datate nella seconda metà del IV secolo d.C., recanti raffigurazioni isiache e legate ai vota publica, cfr. anche Arslan 1997, p. 139; Arslan 1997a, pp. 206-211, nn. V.166, 170-186, 188-192; Arslan 2003; Del Moro 2003.

88 Ensoli 2000b, p. 279, con ampia disamina e con bibliografia a p. 286.89 Lanciani 1883, p. 58. Vedi Ensoli 2000b, pp. 280-281, con bibl. a p. 287. Alla metà del

V secolo il calendario di Polemio Silvio (449) registrava le più importanti feste del pagane-simo romano e intorno al 500 papa Gelasio si opponeva alla celebrazione dei Lupercalia (Fraschetti 1999, pp. 294-311; Fraschetti 2000, pp. 263-266, con bibl.; cfr. Salzman 1999, pp. 124-127); statue e monumenti pagani di Roma furono visti da Cassiodoro e da Procopio (Krautheimer 1981, p. 51; Aronen 1989). È possibile, pertanto, che le cospicue tracce di ico-noclastia documentate ai danni dell’arredo scultoreo del santuario campense e quelle di un incendio devastante, che indicano una violenta distruzione del monumento, possano essere collegate con la dura reazione all’idolatria pagana promossa da Gregorio Magno alla fine del VI secolo, tanto più dopo il definitivo colpo inferto all’aristocrazia romana durante la ricon-quista bizantina (Ensoli 2000b, p. 281 s., con bibl. a p. 287). Non sorprende che proprio papa

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Quale esempio migliore, se non il santuario campense, ultimo balu-ardo della religione isiaca nell’Urbe, per documentare l’importanza e la forza dei culti egizi a Roma, quando le devozioni multiple erano raffor-zate dalla reciproca unione fornendo un solido sostegno all’identità e alla resistenza pagana della vecchia nobiltà90?

Gregorio possa aver decretato la distruzione del santuario campense: colà probabilmente ancora si conservavano gli ultimi e tenaci focolai della religiosità pagana, come potrebbero confermare sia l’età assai avanzata delle spoliazioni perpetrate nel santuario, posteriori al VII e all’VIII secolo (Lembke 1994, pp. 72-73, con bibl.; Ensoli 2000b, p. 282), sia il fatto che la definitiva cristianizzazione dell’area avvenne addirittura più tardi rispetto a quella dei quartieri dell’Urbe tradizionalmente legati al potere e ai simboli pagani: il Palatino e il Foro Romano (vedi Augenti 1999; Augenti 2000, pp. 91-96, con bibl.). Soltanto tra l’VIII e il IX secolo, con l’erezione delle chiese di S. Maria sopra Minerva e di S. Stefano del Cacco, l’Iseo e Serapeo del Campo Marzio cessò definitivamente di esistere, benché la denominazione delle due chiese ne conservasse il ricordo.

90 Quando gli editti imperiali sancirono la definitiva chiusura dei templi pagani, i culti orientali furono costretti a rifugiarsi in sedi private o semiufficiali (Ensoli 2000b, pp. 279-280, con bibliografia a p. 287). Ricordo, tra gli altri, il caso del Mitreo di S. Cle-mente, frequentato da privati sino agli inizi del V secolo, sebbene l’editto del 392 avesse vietato anche i riti domestici incruenti (Guidobaldi 1978, pp. 73, 78 s.; vedi anche Ensoli 2000b, p. 279, con bibl. a p. 287). Un ulteriore esempio, assai significativo, può essere rappresentato dall’Iseo e dal Mitreo del palazzo tardoantico di via Giovanni Lanza (En-soli 1993; Calzini Gysens 1996; Ensoli 1996b, pp. 194-202, nn. 33-45; Ensoli 1997a, pp. 576-583; Ensoli 1997c, pp. 584-589, nn. VI.47-55; Ensoli 2000b, pp. 280-281, figg. 22-25, con altra bibl. a p. 287; Ensoli 2000c, pp. 524-525, nn. 161-163; Versluys 2002, pp. 345-346; Ensoli 2003c, p. 405, n. 210, fig. a p. 307; p. 407, n. 213, fig. a p. 307; pp. 410-414, nn. 220-234, figg. a pp. 310-312; Ensoli 2010c, pp. 13-14, figg. 25-48). Per un contesto urbano molto simile a quello di via Giovanni Lanza vedi in particolare Candilio 2005 (Domus degli Aradii).

Riguardo ai larari e ai sacelli isiaci nelle domus, nei palazzi, nelle sedi di confra-ternite ecc. presenti nell’Urbe, privati, semiufficali e ufficiali, di cui per esempio il Celio offre ampi confronti, per evitare di confondere tali apprestamenti con santuari veri e propri e viceversa, ossia disconoscere l’esistenza di luoghi di culto “strutturati” e di pubblica frequenza, è necessario tenere conto della fase tardoantica di questi siti, quando opere di reimpiego sostanziarono il culto “eclettico” e multiculturale dell’ultima religiosità pagana (cfr. Ensoli 2000b, pp. 278-279, con bibl. a p. 287, a cui si aggiungano Hillner 2003; Sfameni 2012; Bricault 2014). In mancanza di una documentazione chiara e attendibile, storica, archeologica, letteraria ed epigrafica, il rischio è quello di offrire un’immagine erronea della storia dei culti egizi a Roma (cfr. per esempio Gasparini 2008, p. 107, fig. a p. 103), che, invece, così come più in generale per quella dei culti orientali nell’Urbe, deve essere indagata discernendo tra dimensione pubblica e privata, e, in entrambi i casi, sulla base di una rigorosa impostazione cronologica del contesto storico-politico e religioso, sociale ed economico della Capitale dell’Impero.

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7.A. Roma, planimetria della città con indicazione della dislocazione dei santuari di Iside e Serapide. (Da Iside 1997, p. 300: nel volume la fig. con la sua legenda, consegnata da S. Ensoli, è stata erroneamente inserita dalla Redazione nel contributo di L. Sist)

7.B. Roma, planimetria dell’area centrale del Campo Marzio con

la sovrapposizione dei frammenti della Forma Urbis Severiana.

(Da Ensoli 2000b, fig. 12 a p. 274)

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8.C. Roma, Museo Nazionale Romano; rilievo da Ariccia raffigurante probabilmenteil Divorum in Campo Marzio. (Da Ensoli 1998, fig. 20 a p. 426)

8.A. Denario di Vespasiano del 71 d.C.; sul rovescio il Tempio

di Iside Campense: nella cella la statua di culto, sul timpano

Isis-Sothis sul cane Sirio.(Da Ensoli 2000b, fig. 17 a p. 276)

8.B. Moneta di Domiziano del 94-95 d.C.; sul rovescio il Tempio

di Iside Campense ricostruito dopo l’80 d.C.: la statua cultuale

e l’acroterio di Isis-Sothis riprendonola tradizione iconografica precedente.

(Da Ensoli 1998, fig. 5 a p. 412)

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52 Serenella enSoli

9. Roma, Musei Capitolini; statua marmorea di Iside proveniente da Roma derivata dalla statua di culto dell’Iseo Campense. (Da Ensoli 2000b, fig. 11 a p. 273)

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L’universalizzazione ellenistica della religiosità egizia 53

10.A. Roma, Musei Capitolini; sfinge del faraone Amasisproveniente dall’Iseo Campense. (Da Ensoli 1990, fig. 11 a p. 28)

10.B. Roma, Musei Capitolini; sfinge di granito rosarinvenuta nell’Iseo del Campo Marzio. (Da Ensoli 1990, fig. 17 a p. 33)

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54 Serenella enSoli

11.A. Roma, Musei Capitolini; uno dei due cinocefali di Nectanebo IIprovenienti dall’Iseo Campense. (Da Ensoli 1990, fig. 20 a p. 37)

11.B. Roma, Cordonata della rampa capitolina; uno dei due leoni in basanite,già dell’Iseo del Campo Marzio, ivi collocati in età rinascimentale.

(Da Ensoli 1990, fig. 45 a p. 74)

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L’universalizzazione ellenistica della religiosità egizia 55

12.A-B. Roma, Musei Capitolini; colonne caelatae provenienti dall’Iseo Campense: particolari dei rilievi. (Da Ensoli 1990, figg. 36-37 a pp. 63-64)

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56 Serenella enSoli

13.A. Roma, Piazza S. Marco; busto colossale di «Madama Lucrezia», da identificare probabilmente con la parte superiore della figura marmorea di Isis-Sothis decorante in età severiana l’Iseo del Campo Marzio. (Da Ensoli 2000b, fig. 18 a p. 277)

13.B. Disegno ricostruttivo della statua.

(Da Ensoli 2000b, fig. 19 a p. 277;dis. A. Pagnini)

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L’universalizzazione ellenistica della religiosità egizia 57

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