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Marcello Maneri, Il panico morale come dispositivo di trasformazione dell'insicurezza. Rassegna Italiana di Sociologia, 1, 2001
Il panico morale come dispositivo di trasformazione dell'insicurezza1
Marcello Maneri
"Buongiorno, vorremmo parlare con lei del problema della criminalità che aumenta sempre di più" - "Veramente mi sembra un aumento fasullo, sono più che altro i mass media che ne parlano" […] - "Ha ragione. Purtroppo molta gente non vuole parlare con noi per pregiudizio, allora cerchiamo di iniziare con un argomento di attualità che conoscono tutti…". (Conversazione avuta con due testimoni di Geova il 10/2/01 sulla porta di casa).
1. Quale insicurezza?
Gli anni novanta potrebbero a buon diritto definirsi come il decennio dell'insicurezza. In Italia come
in Europa questo sentimento è al centro di un numero crescente di riflessioni e gli indicatori della
sua diffusione abbondano - dalla reazione sociale all'immigrazione all'affermazione generalizzata
delle polizze assicurative2, dalla crescente presenza di sistemi di allarme e apparati di vigilanza
privata ai continui crolli nelle vendite degli alimenti di volta in volta "a rischio". Tutto ciò non
dovrebbe sorprendere. Nelle società contemporanee, afferma Beck, "la produzione sociale di
ricchezza va di pari passo con la produzione sociale di rischi" (2000:25). In altre parole, lo sviluppo
economico si fa sempre più riflessivo: alla nozione di pericolo, proveniente dall'esterno, da cui
difendersi, va sostituita quella di rischio, come esito dello stesso manifestarsi della modernità.
Anche secondo Bauman (1999) la crescita dell'insicurezza risponde a logiche comprensibili e non
troppo dissimili da quelle evidenziate da Beck. Egli distingue tra la mancanza di sicurezza
esistenziale (security) - legata al liberismo economico che fa di tutti noi dei potenziali 'esuberati' e
comunque dei precari -, la mancanza di sicurezza cognitiva o incertezza (certainty) - connessa alla
crescente perdita di intelligibilità del sistema sociale, nel quale è sempre più difficile interpretare
sintomi e cause, prevedere esiti favorevoli o sfavorevoli - e la mancanza di sicurezza personale o
incolumità (safety), che riguarda "il corpo e le sue estensioni", come i familiari e i beni personali.
Queste tre facce dell'insicurezza appaiono inestricabilmente legate, con una tendenza degli attori
sociali a riversare sulla terza le ansie dovute alle prime due, impossibili da affrontare sia per gli
individui che per istituzioni politiche sempre più limitate nelle sfere di competenza.
Nell'ambito di queste riflessioni l'oggetto da spiegare, l'insicurezza, appare così diffuso da non
meritare una valutazione della sua reale consistenza empirica, anche perché quanto sia presente
l'insicurezza nelle sue varie accezioni, e quale ruolo giochi nell'agire sociale, non è cosa semplice da
, (Panico morale RIS.doc), bat: 81585, 22/01/2007 13.35.00, ver. 28 1
1 Una precedente versione dell'analisi riportata nel terzo paragrafo, qui rielaborata, è apparsa sui Quaderni di Cittàsicure, 14b, 1998.
Marcello Maneri, Il panico morale come dispositivo di trasformazione dell'insicurezza. Rassegna Italiana di Sociologia, 1, 2001
determinare. Stimolare gli individui ad esprimersi su un fenomeno sociale comporta sempre il
rischio di produrre e rilevare atteggiamenti e sentimenti volatili e scarsamente radicati. Per questo,
nelle indagini di opinione, le risposte che individuano nella criminalità uno dei problemi più sentiti
vanno considerate con cautela. Più istruttivi possono essere gli andamenti registrati dai vari item nel
tempo. Ma le rilevazioni disponibili in Italia in serie storica vanno raramente abbastanza indietro
negli anni. Quando è però possibile allargare i riferimenti temporali, si possono trovare interessanti
sorprese. Ad esempio, stando alle rilevazioni di un istituto privato di ricerca (GPF) la cui serie inizia
nel 1980, l'insicurezza, in un senso generale, rimane sostanzialmente costante, mentre nell'accezione
che fa riferimento alla criminalità (e quindi all'incolumità), dopo un leggero aumento al principio
degli anni novanta, addirittura diminuisce.3 Anche le rilevazioni del Censis, della Doxa e dell'Istat,
che però si limitano a questo decennio, forniscono risultati pressoché analoghi.4 Dai dati del Censis
si dedurrebbe però che la preoccupazione per la delinquenza comune, insieme a quella per
l'immigrazione, aumenti leggermente in questi ultimi tre anni.5
Se è estremamente difficile scandagliare empiricamente in modo non superficiale il fenomeno
dell'insicurezza, con i suoi dati insufficienti o contraddittori6, più facile è rilevare la sua centralità
nel discorso pubblico. L'insicurezza è diventata il tema dominante nelle campagne elettorali degli
, (Panico morale RIS.doc), bat: 81585, 22/01/2007 13.35.00, ver. 28 2
2 I premi assicurativi pagati dagli italiani sono passati da 56.505 miliardi nel 1991 a 131.693 nel 1999 (fonte: Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici; ho ricalcolato i valori in denaro corrente). 3 Si è confrontata la media delle risposte date nel primo quinquennio degli anni ottanta con quella data nel secondo quinquennio degli anni novanta, sui seguenti item: "Ho l'impressione di essere circondato dai pericoli, di dover stare costantemente sul chi vive"; "Spesso ho paura"; "Di questi tempi uscire la sera diventa sempre più pericoloso"; "Siamo un po' tutti bersagli della malavita". Su questa media non si registrano spostamenti di rilievo. Soffermandosi sulla sola risposta "molto d'accordo", tra l'altro, gli anni novanta appaiono ancor meno insicuri rispetto al decennio precedente. Si passa infatti, per il primo item, da una media del 10% di persone che rispondono "molto d'accordo" nelle rilevazioni che si sono succedute tra il 1980 e il 1985 a una media del 8% tra il 1995 e il 2000; da una media del 11% a una media del 9% per il secondo item (entrambi indicatori di un'insicurezza generica); da una media del 40% a una del 27% per il terzo; da una del 29% a una del 17% per il quarto (questi ultimi due indicatori di insicurezza nel senso di incolumità). 4 Il Censis rende disponibili confronti tra il 1994, il 1997 e il 2000. Le persone che ritengono che la pericolosità della propria zona sia aumentata diminuiscono nell'arco di questi 6 anni (dal 48% al 36%). Con una formulazione leggermente diversa, la Doxa rileva che le persone che avrebbero paura di camminare in qualche luogo pubblico nella propria zona aumentano leggermente dal 1992 al 1999 (dal 33 al 37%), però quelle che affermano che non vi è alcun luogo insicuro rimangono costanti (dal 61 al 60%). Aumenta invece la percentuale di coloro che non si sentono sicuri a casa propria (dall'8 al 15%), pur rimanendo largamente minoritaria. Riguardo alla diffusione della delinquenza, per la Doxa la percezione dell'entità della sua diffusione nella propria zona rimane praticamente invariata dal '92 al '99. Tuttavia se si domanda la percezione della tendenza ("Sempre pensando solo alla zona in cui Lei vive, Lei ritiene che si commettano reati penali e vi sia delinquenza piccola o grande di più o meno di quanta ce ne fosse tre anni fa?") diminuiscono coloro che ritengono che sia aumentata negli ultimi 3 anni (dal 52 al 44%) e aumentano quelli che ritengono che la delinquenza sia diminuita nella propria zona (dal 6 a 9%). Dai dati Istat (rielaborazione in Barbagli, 1999) si deduce che le persone che dichiarano che la zona in cui vivono è "molto" o "abbastanza" a rischio di criminalità rimane costante dal 1993 (31%) al 1998 (31%). 5 La preoccupazione per la delinquenza comune è scelta tra le preoccupazioni principali dal 25% degli intervistati nel 1997 e dal 30% nel 2000 (vedi anche la fine della nota successiva). La preoccupazione per l'immigrazione passa invece dal 27 al 31%. Nel considerare queste percentuali bisogna tenere presente che gli intervistati potevano indicare più risposte. 6 Una ulteriore distinzione andrebbe per esempio operata tra insicurezza in astratto (come, nel caso dell'incolumità, la "paura della criminalità") e in concreto (come il timore di subire personalmente in futuro determinati reati) che risultano, da un'indagine condotta per 5 anni in Emilia-Romagna, differentemente distribuite nella popolazione. Il dato più rilevante è che la paura della criminalità in astratto è sempre molto più diffusa di quella in concreto. Secondo questa indagine entrambe sarebbero comunque aumentate (la prima più della seconda) a partire dal 1998 (cfr. Mosconi, 1999).
Marcello Maneri, Il panico morale come dispositivo di trasformazione dell'insicurezza. Rassegna Italiana di Sociologia, 1, 2001
ultimi anni7 e più in generale il frame entro il quale svariati fenomeni sociali sono affrontati nel
dibattito politico (non solo la criminalità e l'immigrazione, ma anche, in molti casi, le politiche
sociali). Anche nel discorso mediatico il riferimento ai concetti di sicurezza e insicurezza è sempre
più insistente. Può essere utile a questo proposito considerare alcuni indicatori. Sul più diffuso
quotidiano nazionale, il Corriere della Sera, il termine "sicurezza" appare, nella titolazione, una
media di 131 volte all'anno tra il 1992 e il 1995, una media di 252 volte tra il 1996 e il 1997 e una
media di 362 volte all'anno tra il 1998 e il 2000. Un andamento simile, anche se un po' meno
accentuato, si riscontra analizzando la sua presenza nel quotidiano "La Stampa".8
Anche la parola "insicurezza" e i suoi derivati ("insicuri/o/a/e") compaiono, nella titolazione, solo 6
volte all'anno, in media, tra il 1992 e il 1996, e invece mediamente 16 volte all'anno tra il 1997 e il
20009. La frequenza d'uso del concetto è dunque fortemente aumentata tra la prima metà e la fine
degli anni novanta. Simili proporzioni si riscontrano nelle titolazioni degli articoli dedicati alla
criminalità, e quindi limitatamente al significato di incolumità, in 15 edizioni locali di testate
pubblicate in Emilia-Romagna. Anche in questo caso il 1998 appare come l'anno di svolta.10
E' soprattutto il mutamento semantico ad essere interessante: mentre dalla metà degli anni ottanta
fino al 199711, sul Corriere della Sera "insicurezza" è sinonimo di pericolosità di strade, edifici,
impianti, oppure di inefficienza di determinate istituzioni, o, ancora, di problemi della sessualità, a
partire dal 1998 l'accezione che fa riferimento all'incolumità personale o dei propri beni, prima
praticamente assente (in tutto 9 occorrenze in 14 anni), diventa improvvisamente la più importante
(è il significato attribuito in un terzo dei casi nel 1998, nella metà nel 1999 - l'anno dell'"emergenza
criminalità" a Milano - e in un quarto nel 2000). Nel caso della Stampa, anche se attraverso una
rilevazione più limitata, la tendenza è la medesima: una sola occorrenza in 6 anni tra il 1992 e il
1997, 4 articoli su 10 invece nel 1998). Su entrambe le testate è quindi proprio alla diffusione di
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7 Anche nella campagna per le elezioni di questa primavera la sicurezza promette di essere il tema più battuto. I manifesti di inaugurazione della campagna elettorale dei candidati dei due principali schieramenti recitano "Più sicurezza per tutti" (Berlusconi) e "La sicurezza è un diritto di tutti. E' mio dovere garantirlo. Certezza della pena; Stop al racket dei clandestini; Giustizia più rapida" (Rutelli). Pur con differenti sfumature (Berlusconi che dispensa un bene prezioso, Rutelli che si impegna personalmente a difendere questo diritto dei cittadini - tra l'altro collegando esplicitamente alla sicurezza il fenomeno dell'immigrazione clandestina) entrambi i leader si propongono, in primo luogo, come fiduciari della sicurezza. 8 Dove "Sicurezza" appare nella titolazione una media di 131 volte tra il 1992 e il 1995, 179 volte nel 1996 e una media di 207 volte tra il 1997 e il 1998. Traggo questi dati dagli archivi elettronici delle due testate. Nel caso della Stampa ho potuto effettuare il computo solo fino al 1998. 9 In questo caso nella Stampa si registra un aumento solo con il 1998, anno in cui si passa da una media di 6 occorrenze ad una di 10). 10 Faccio riferimento ai dati dell'Osservatorio sulla stampa locale del Progetto Cittàsicure della regione Emilia-Romagna, con cui è stata analizzata l'informazione sulla criminalità per tre anni, dal 1 maggio 1996 al 30 aprile 1999. Nelle titolazioni dei 43.086 articoli pubblicati nelle pagine locali dalle 15 testate presenti nelle varie province della regione, i termini "sicurezza", "insicurezza", "sicuri/e", dal primo al terzo anno dell'indagine, terminata a metà del 1999, triplicano quasi la loro presenza percentuale (passando dal 1,1% al 2,8%; il numero non è altissimo - una media di circa 240 all'anno - ma il mutamento di proporzioni è molto significativo, a maggior ragione trattandosi di dati rilevati sull'universo della popolazione esaminata e non su un campione).
Marcello Maneri, Il panico morale come dispositivo di trasformazione dell'insicurezza. Rassegna Italiana di Sociologia, 1, 2001
questa accezione che si deve l'aumento della presenza del concetto di insicurezza, di cui si diceva
prima.
Un simile slittamento semantico si è registrato pochi anni prima nell'uso del termine "degrado"
(anch'esso di utilizzo sempre più frequente12). Inteso quasi sempre come "abbandono" di stabili,
luoghi pubblici, parchi e beni artistici, il termine assume, a partire dal 1995-96 e più decisamente
dal 1997 il significato di deterioramento del paesaggio urbano dovuto alla presenza di immigrati,
senza-casa, tossicodipendenti, piccoli criminali, con i disagi e l'insicurezza che questa presenza
comporta (questo è, sul Corriere, il significato del 1% delle occorrenze del termine tra il 1984 e il
1987, del 16% tra il 1988 e il 1991, del 18% tra il 1992 e il 1994, del 29% tra il 1995 e il 1996 e del
53% tra il 1997 e il 2000; sulla Stampa si passa addirittura, con un andamento anticipato di un anno,
dal 5% delle occorrenze del 1992-93, al 22% del 1994-95 fino al 56% nel 1996-98). Anche in
questo caso, è esclusivamente alla diffusione di questa accezione che dobbiamo l'aumento della
frequenza del termine in cifre assolute registrato nel corso degli anni novanta..
Il concetto di "degrado", normalmente associato a quello di sicurezza, comporta un più ampio
significato di disordine sociale: minaccia alla sicurezza ma anche offesa al decoro e al vivere civile,
per la presenza di categorie di persone poco gradite (cfr. Palidda, 1999). In realtà, offesa al decoro e
minaccia alla sicurezza sono visti come sinonimi e gli inviti impliciti o espliciti all'intervento su
questi fenomeni li confondono continuamente, consegnando all'azione di polizia una classe di
comportamenti teoricamente ad essa estranea e ridefinendo in questo modo il confine tra legalità e
illegalità (cfr. Dal Lago, 1999b e Maneri, 1998a).
In sostanza, il quadro della situazione presenta questi elementi: una forte accelerazione, negli ultimi
4-5 anni e soprattutto dal 1998, del discorso pubblico sull’insicurezza (intesa però in un'unica
accezione, quella complementare alla categoria di criminalità); un presunto aumento del senso
generico di insicurezza, peraltro non determinabile empiricamente; un leggero aumento della
preoccupazione per la criminalità, soprattutto comune, nell’ultimo triennio.
A questo punto due linee interpretative sono possibili, anche se non necessariamente alternative. Si
potrebbe affermare, da un lato, che un aumento dell'insicurezza, nei suoi vari significati e
soprattutto nell'ultimo (quello legato alla criminalità), si è comunque verificato, malgrado gli
indicatori empirici, peraltro scarsi, non sembrino registrarlo nel medio e nel lungo periodo. In
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11 Per il Corriere in questo caso ho considerato anche le annate comprese tra il 1984 e il 1991. Non è possibile fare confronti con le annate più recenti sulla frequenza d'uso di un termine (a causa della diversa organizzazione dell'archivio) ma si può analizzare, come in questo caso, l'accezione con la quale è impiegato. 12 Per quanto riguarda l'andamento quantitativo complessivo, "degrado" compare sul Corriere una media di 38 volte all'anno nel 1992-93, solo 17 volte all'anno nel 1994-95, poi di nuovo 38 volte in media nel 1996-97 fino a una media di 53 articoli all'anno tra il 1998 e il 2000.Sulla Stampa si passa da una media di 27 occorrenze all'anno tra il 1992 e il 1995 a una media di 48 tra il 1996 e il 1998. Nei quotidiani pubblicati in Emilia-Romagna prima citati, la parola triplica la propria presenza in tre anni (dallo 0,4% dei titoli
Marcello Maneri, Il panico morale come dispositivo di trasformazione dell'insicurezza. Rassegna Italiana di Sociologia, 1, 2001
questa chiave, il discorso pubblico non farebbe altro che riprendere una sensazione diffusa,
manifestatasi in vari modi e legata alle grandi trasformazioni sociali dell'ultimo decennio,
riportando osservazioni, diagnosi, soluzioni al problema della criminalità e del disordine sociale.
Dall'altro lato si può ritenere che l'insicurezza, per gli attori sociali, sia un fenomeno
tendenzialmente sfumato e impalpabile, legato a trasformazioni profonde ma difficile da esprimere
e quindi da rilevare empiricamente, che si manifesta generalmente con le categorie concettuali e
discorsive disponibili sul mercato delle parole. In quest'ottica, la decisa emergenza di un discorso
pubblico sulla criminalità e l'insicurezza non sarebbe il riflesso delle insicurezze della popolazione,
ma semmai la sorgente che fornisce le parole e le categorie per esprimere l'ansia.13
Questa seconda ipotesi sembrerebbe più coerente con gli indicatori empirici sinora considerati:
l'insicurezza rilevata nella popolazione sembra crescere solo leggermente, nel significato di
"incolumità insicura", solo negli ultimi due o tre anni e limitatamente ad alcuni indicatori (per
esempio quelli che fanno riferimento alla criminalità comune e all'immigrazione); inoltre questa
crescita si registra nelle indagini temporalmente prossime all'esplosione del discorso
sull'insicurezza (nel quale gli indicatori analizzati, limitatamente ai significati affini a quello di
incolumità, aumentano invece la loro presenza in modo esponenziale) del quale apparirebbe dunque
un fenomeno derivato. In altre parole, sembra plausibile che l'affermarsi del discorso sicuritario
(certo anche attraverso la raccolta di umori, disagi, problemi espressi da settori della società civile
attivi nella scena pubblica14) possa avere influenzato, propagato, legittimato le categorie attraverso
le quali la sicurezza si esprime, in connessione con l'inevitabile accompagnamento di pratiche
sistematiche di esclusione con cui le istituzioni trasformano il discorso sulla sicurezza nella realtà
della prevenzione dell'insicurezza.15
In questa linea interpretativa le affermazioni di Bauman e Beck non perdono alcuna rilevanza,
aiutandoci invece a comprendere in un senso più generale il discorso sull'insicurezza. La prima
funzione di questo discorso appare così di tipo trasformativo: il "rischio" che caratterizza la
modernità, la perdita di sicurezza esistenziale ("security") e di certezza cognitiva ("certainty")
vengono ritradotte nel discorso pubblico in incolumità ("safety") a rischio (lo abbiamo visto prima
sul solo terreno lessicale), ovvero nell'unico genere di insicurezza, quella minacciata dalla
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tra la metà del 1996 e la metà del 1997 al 1,2% nelle due annate successive - per una media, in queste ultime due annate, di 152 titoli all'anno). 13 Di fatto oggi i media, pensiamo soprattutto alla televisione, sono diventati sempre più l’unico dizionario di cui dispongono molte persone. Cambiando in parte pubblico di riferimento, i mezzi di informazione si sono attrezzati a esercitare una nuova funzione, che per assicurarsi il legame coi lettori mette continuamente in gioco elementi di paura e rassicurazione. Questi elementi provengono spesso dalla dimensione del privato e del locale, tematizzabile soprattutto a partire da spunti di cronaca, mentre si è ridotto un po’ alla volta l’interesse per la dimensione istituzionale, politica e nazionale. 14 Per un'analisi delle attività dei comitati di cittadini vedi Petrillo, 1995. 15 Non mi riferisco qui soltanto ai provvedimenti legislativi e amministrativi, ma anche al funzionamento standard degli apparati del controllo sociale (per alcune analisi vedi Palidda, 1995 e 2000; Quassoli, 1999; Quassoli e Chiodi, 2001; Maneri, 1998).
Marcello Maneri, Il panico morale come dispositivo di trasformazione dell'insicurezza. Rassegna Italiana di Sociologia, 1, 2001
criminalità, che un sistema politico con una capacità d'azione precaria e una sfera di competenza
sempre più limitata da centri di decisione sovranazionali può legittimamente pretendere di
affrontare. E' evidente qui anche la seconda funzione: l'impegno di restituire ai cittadini la sicurezza
minacciata dalla criminalità può apparire in questa congiuntura come il terreno privilegiato sul
quale un legame fiduciario in crisi tra rappresentanti e rappresentati può essere rimesso in gioco. Il
discorso sull'insicurezza, del quale il mondo politico è ormai il locutore dominante, si pone come il
tramite, il canale, dell'unione simbolica tra politici e cittadini. Attraverso rimedi altamente
emblematici (di volta in volta il braccialetto elettronico, i freni all'immigrazione, l'aumento degli
organici delle polizie) i primi si prendono cura, come da mandato, dei secondi.
Non è nemmeno necessario che i cittadini presentino realmente i sintomi per i quali si propone la
cura. In questo senso non ha alcuna importanza che aumenti realmente la vittimizzazione, oppure
che ne cresca semplicemente il timore. La "gente" ha già trovato il suo simulacro nei mass media, i
quali dopo aver coltivato per anni una vicinanza simbolica con essa16 ne possono rappresentare la
paura, raccogliendone i messaggi e gli umori (perlomeno nel caso di certe minoranze attive),
riprendendone il linguaggio e le categorie di senso comune.17
Individuare le funzioni di un discorso non significa comunque averne spiegate le cause o, almeno,
le condizioni di manifestazione. Per evitare qualsiasi interpretazione cospirativa di queste
dinamiche è il caso di soffermarsi quindi su alcune delle modalità con le quali, in Italia, nel corso
dell'ultimo decennio il discorso sull'insicurezza si è affermato.
2. Rapsodici panici morali
Il frame dell'insicurezza condensa in Italia due temi così legati tra loro discorsivamente da essere
spesso utilizzati in modo intercambiabile. L'allarme per la criminalità e quello per l'immigrazione
emergono progressivamente nel corso del decennio, hanno una configurazione simile -
identificando un 'loro', portatore di minaccia - e presentano un diverso grado di focalizzazione: il
primo ha come bersaglio una categoria situazionale o contestuale - i devianti -, il secondo una
categoria allo stesso tempo sociale, etnica e giuridica - gli "immigrati extracomunitari". I tre temi,
immigrazione, criminalità, insicurezza (o forse sarebbe più corretto parlare di frame, per la loro
capacità di incorniciare diversamente gli stessi concetti), si pongono per certi versi su uno stesso
continuum che va da un minimo a un massimo di astrazione. L'allarme per l'immigrazione, e in
particolare per i reati che questa comporterebbe, identifica un nemico pubblico definito, visibile,
suscettibile di interventi preventivi o repressivi ad hoc. L'allarme per la criminalità si rivolge ancora
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16 Cfr. Sorrentino (1993). 17 Cfr. Maneri (1998a).
Marcello Maneri, Il panico morale come dispositivo di trasformazione dell'insicurezza. Rassegna Italiana di Sociologia, 1, 2001
a un nemico, ma definito situazionalmente o contestualmente e dunque sfuggente e meno
personificabile. L'allarme sull'insicurezza sottintende gli altri due temi, ma perde il riferimento al
nemico e si rivolge, in positivo, al 'noi' da difendere.
E' chiaro che i tre temi si prestano a differenti scopi retorici. Di fatto essi vengono tra loro sostituiti
a seconda della situazione comunicativa e dell'orientamento - più o meno democratico, 'buonista',
'tollerante' - dei locutori. Più indefinito è il nemico, più presentabile il discorso. Il frame
dell'insicurezza appare quindi come un'opzione subordinata, presentandosi più tardi e prestandosi a
usi più 'democratici', privo com'è della figura del nemico.
Se è possibile sostituire senza particolari accorgimenti discorsivi tre temi che in realtà fanno
riferimento a fenomeni per molti aspetti diversi tra loro, è perché il loro continuo accostamento nel
discorso li ha resi intercambiabili.18 "Immigrazione e criminalità" è uno dei tag19 con cui sono
presentati più frequentemente gli articoli nelle cronache locali a partire dai primi anni novanta;
"insicurezza", o "sicurezza", è il frame che sempre più spesso incornicia il discorso sulla criminalità
e sull'immigrazione. Questa serie di accostamenti è facilmente rintracciabile nelle cronache
quotidiane di quasi tutti i giornali e i telegiornali, ma raggiunge un particolare livello di efficacia
quando il sistema mediatico si attiva su eventi che sembrano possedere un carattere di eccezionalità.
Le cronache di questo decennio sono punteggiate da cicliche ondate di allarme mediatico, alcune a
carattere locale e altre, sempre più frequenti, a carattere nazionale: dalla violenza sessuale subita a
Milano da una donna ad opera di tre cittadini rumeni (autunno 1995), agli sbarchi di cittadini
albanesi dopo la crisi delle società finanziarie e i disordini che seguirono nel loro paese (primavera
1997), all'allarme sulle violenze sessuali prima a Bologna e poi a Rimini (primavera e estate 1997),
fino all'"emergenza omicidi" di Milano (inizio 1999) e all'allarme per i pirati della strada stranieri
(inverno 2000-01). Di questo sommario e incompleto elenco colpisce la crescente autonomia del
processo di attivazione degli allarmi dalla realtà. Allarmi in grado di suscitare un'ampia
preoccupazione e sostanziali interventi di prevenzione della criminalità degli immigrati in un caso
in cui nemmeno uno straniero era stato individuato come autore dei delitti (quello degli omicidi di
Milano), oppure di far apparire come una dilagante emergenza nazionale un caso assolutamente
ordinario di omicidio colposo.20
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18 Per una documentazione e una riflessione su questi accostamenti cfr. Maneri, 1998b. Anche Dal Lago (1999a) sottolinea come l'immigrazione appaia nel discorso come una "metafora della devianza sociale". 19 Si intendono per tag quei termini o locuzioni che appaiono 'a bandiera', a fianco di un articolo o di una serie, anche di più giorni, di articoli, con la funzione di rubricarli sotto il tema del momento. 20 Nel caso del cittadino albanese la polemica si concentrò sul lassismo delle istituzioni, evidenziato dalla restituzione della patente all'automobilista incriminato - avvenuta peraltro dopo il regolare periodo di sospensione. Nei giorni seguenti nelle prime notizie dei telegiornali e nelle prime pagine dei giornali apparivano continuamente notizie su persone investite da cittadini stranieri.
Marcello Maneri, Il panico morale come dispositivo di trasformazione dell'insicurezza. Rassegna Italiana di Sociologia, 1, 2001
Queste continue attivazioni mediatiche assumono il carattere di panico morale, ovvero di ondate
emotive nelle quali un episodio o un gruppo di persone viene definito come minaccia per i valori di
una società; i mass media ne presentano la natura in modo stereotipico, commentatori, politici e
altre autorità erigono barricate morali e si pronunciano in diagnosi e rimedi finché l'episodio
scompare o ritorna ad occupare la posizione precedentemente ricoperta nelle preoccupazioni
collettive (Cohen, 1972). I panici morali costituiscono un efficace teatro per la rappresentazione del
legame che unisce politici, agenti del controllo sociale e media da una parte e "gente" dall'altra. In
particolare, i politici vengono legittimati come rappresentanti e - insieme alle istituzioni addette al
controllo sociale - come protettori; i media come portavoce. Le istituzioni della rappresentanza
politica beneficiano più delle altre della costruzione di un "noi" omogeneo, opaco e consensuale.
Trovano così lo strumento ideale per la definizione pragmatica, operativa, della comunità del "noi"
nelle rare occasioni offerte da una società sempre più interdipendente di individuare un folk devil
(come Cohen chiama il nemico pubblico del panico morale), un "loro" speculare, fantasmatico ma
allo stesso tempo tangibile. Perché la costruzione identitaria sia simbolicamente efficace, il "loro"
non deve infatti corrispondere a entità astratte - come potrebbero essere la crescente turbolenza dei
mercati, le minacce alla salute comportate dalle sofisticazioni alimentari ecc. -, ma deve costituire
una minaccia personificata, perlomeno potenzialmente bersaglio di atti di ostilità.
Si comprende qui il ruolo giocato dall'immigrazione, oggetto privilegiato dei panici morali degli
anni novanta. "Sicurezza" diventa il bene comunitario promesso da una ferma vigilanza nei
confronti di un altro tanto più concreto quanto più identificabile in una precisa categoria di persone.
Si potrebbe obiettare che non esiste una figura o un sistema in grado di indirizzare il sistema
mediatico e le istituzioni del controllo sociale per i propri fini. Oppure, similmente, che l'apparato
mediatico non è in grado di creare emergenze e indirizzare i comportamenti delle altre istituzioni in
modo così diretto. Tuttavia i panici morali sono fenomeni complessi, che vedono la
compartecipazione di vari attori, non sempre nella stessa misura. Di volta in volta gruppi di
interesse, i mass media, il potere politico, l'opinione pubblica possono fungere da catalizzatore,21
ma in quasi tutti i casi anche altri attori svolgono un ruolo importante. Nei panici morali di cui
stiamo parlando, come ci si può aspettare nell'epoca delle comunicazioni di massa, un contributo
centrale, anche se non esclusivo, è stato fornito dai mezzi di informazione. Certamente all'inizio del
decennio questi si sono limitati a riprendere, amplificare, legittimare le mobilitazioni che sorgevano
spontaneamente (peraltro con il contributo sempre più determinante di frange del ceto politico
locale) in alcune città del centro-nord (Firenze, 1988; Genova, 1993; Torino, 1993-96; Milano,
1991-5), facendo in modo che esse ottenessero ascolto e si traducessero in provvedimenti
, (Panico morale RIS.doc), bat: 81585, 22/01/2007 13.35.00, ver. 28 8
Marcello Maneri, Il panico morale come dispositivo di trasformazione dell'insicurezza. Rassegna Italiana di Sociologia, 1, 2001
amministrativi e di polizia. Negli ultimi anni però il ruolo dei mass media si è velocemente
autonomizzato. Non si tratta più - o non solo - di prendere un comitato di alcune decine di persone e
chiamarlo "quartiere", e nemmeno di riprendere manifestazioni di centinaia di persone e parlare di
"città che si ribella" o, ancora, di assemblare rumour e descrizioni colorite e sensazionalistiche dei
mercati illegali per dipingere quadri a tinte fosche di "cittadini assediati in casa" da accompagnare
alla narrazione della loro "rivolta"22. Dalla seconda metà di questo decennio i "cittadini" vengono
soltanto rappresentati e sono i mezzi di informazione, in un'interazione sempre più stretta con il
sistema politico, a produrre questi allarmi secondo meccanismi largamente impersonali. In altre
parole, come vedremo, l'"emergenza" diventa sempre più una pura creazione mediatica, un copione
nel quale una parte è riservata alla scena dei cittadini che protestano.23
Nelle pagine che seguono analizzerò due fenomeni di panico morale avvenuti a pochi mesi di
distanza uno dall'altro, entrambi concentrati su apparenti ondate di violenze sessuali che, pur
presentando analoghi processi di attivazione mediatica, conosceranno esiti diversi. Si potranno in
questo modo evidenziare le logiche di funzionamento del panico morale contemporaneo,
sostanzialmente invarianti rispetto ai dispositivi di costruzione dell'emergenza, ma divergenti in
merito alle conseguenze sull'ordine sociale.
3. "Ma l'emergenza c'è" 24
3.1. Gli avvenimenti25
Bologna. Maggio-Luglio 1997
Il 7 maggio compare con grande evidenza su tutti i quotidiani bolognesi la notizia di una violenza
sessuale commessa da un gruppo di giovani ai danni di una studentessa. Il giorno seguente un’altra
violenza, ancora su una studentessa, ancora da parte di un gruppo di giovani. Si teme che operi in
città una banda di giovani violentatori. Nei giorni precedenti, altri episodi di violenza erano stati
trattati dai giornali, ma con minore enfasi. Dopo l’8 maggio le cronache cittadine sono pervase di
, (Panico morale RIS.doc), bat: 81585, 22/01/2007 13.35.00, ver. 28 9
21 Si veda, per una ragionamento che presenta un'ampia casistica su questo punto, Goode e Ben-Yehuda, 1994. 22 Per un'analisi delle narrazioni delle mobilitazioni di quartiere che appaiono sulla stampa si veda Maneri, 1995. 23 Nell'"emergenza omicidi" di Milano le telecamere si tennero in collegamento diretto per ore con "La città [che] si ribella" (Corriere, 10-1-1999) radunata per protestare contro l'immigrazione (gli autori dell'omicidio erano in realtà italiani) davanti alla tabaccheria in cui lavorava la vittima di uno degli omicidi. Tra i 100-200 partecipanti alla protesta vi era un numero di assessori, consiglieri regionali e comunali, attivisti di forze politiche cittadine perlomeno pari a quello dei "normali cittadini", chiamati ad essere protagonisti dell'informazione per giorni e continuamente sollecitati e stuzzicati dalle domande dei giornalisti. 24 Da un titolo apparso ad agosto a Rimini. 25 L'analisi che segue si basa sugli articoli pubblicati da Repubblica, Mattina (edizione locale de L'Unità) e il Resto del Carlino, tra il 1 Aprile '97 e il 31 Luglio '97, nelle edizioni bolognesi, e gli articoli pubblicati da Corriere, Mattina e Resto del Carlino dal 1
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notizie sulle indagini e su altri episodi di molestie o di violenze, tentate o commesse. Per alcune
settimane il tema della città violenta monopolizza l’attenzione dei giornali (nei momenti di
maggiore intensità, il numero di articoli pubblicati sul tema si aggira intorno alla ventina al giorno
per le tre testate bolognesi), i quali continuano a pubblicare notizie su nuove violenze, ospitando
dibattiti, commenti di “esperti”, interventi di politici e forze locali. La “reazione della città” culmina
con una manifestazione indetta per il 31 maggio dai collettivi femministi e un incontro promosso
per il 3 giugno dal sindaco, allo scopo di fondare un’associazione di maschi contro le violenze.
Accanto a queste iniziative, si accumulano le proposte che cercano di porre rimedio alla situazione:
l’istituzione della figura del vigile di quartiere, la creazione di uno spazio protetto in cui le donne
possano denunciare le violenze subite, il pattugliamento dei parchi cittadini da parte di uomini
volontari. Il 13 giugno un altro caso di violenza “di gruppo” catalizza l’attenzione dei giornali.
Dopo una settimana di ampia copertura, questa volta l’attenzione scema più velocemente per
ritornare improvvisamente con notizie, approfondimenti e polemiche il 22 luglio, quando dalla
Procura arriva la notizia dell’archiviazione dei 4 episodi più eclatanti. Vi sono contraddizioni e
lacune nelle testimonianze e un caso di ritrattazione.26
Rimini. Agosto 1997
Il 9 agosto è riportata, con grande evidenza e richiami nelle pagine nazionali, la notizie della
violenza subita di notte sulla spiaggia da due ragazze svizzere ad opera di sei individui, “forse
albanesi”. Per una settimana le prime pagine dei giornali locali, ma anche quelle dei giornali
nazionali, riportano una sorta di bollettino di guerra dalla Riviera. Il ritmo delle notizie è serrato, il
loro numero eccezionale, sfiorando i 30 articoli al giorno per le tre testate nel momento di picco.
L’11 agosto si denuncia un tentativo di violenza sul lungomare di Torre Pedrera da parte di un
cittadino marocchino, il 12 un altro tentativo a Misano Adriatico, il 17 un’ultima denuncia di
violenza, questa volta nei confronti di un bagnino che conosceva la vittima.
Nel frattempo, già il 12 agosto, si diffonde la notizia dell'arrivo di 1000 agenti con il compito di
controllare le spiagge della Riviera. Ad affiancarli i “City Angels”, un gruppo di volontari già attivi
a Milano. Il 15 si svolge un vertice tra il Presidente del Consiglio e il Ministro degli Interni. La
polemica sulle proposte avanzate per far fronte all’emergenza è accesa: a dividere le opinioni sono
soprattutto le idee - proposte dal Sindaco ma già discusse in passato - di illuminare le spiagge di
notte e di istituire permessi di soggiorno regionali per gli immigrati non comunitari.
, (Panico morale RIS.doc), bat: 81585, 22/01/2007 13.35.00, ver. 28 10
Luglio '97 al 31 Agosto '97, nelle edizioni riminesi (edizione "Romagna", nel caso di Mattina). I materiali utilizzati nell'analisi sono stati forniti dal Progetto Cittàsicure con la collaborazione della Cisl e del Siulp.
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3.2 La struttura del panico morale
Gli allarmi per le violenze a Bologna e Rimini presentano una serie di analogie che vale la pena di
sottolineare. In entrambi i casi, prima dell’episodio scatenante, si può individuare una fase di
‘avvertimento’ in cui fatti analoghi raggiungono una certa evidenza nell’informazione. A Bologna,
nei primi 15 giorni di aprile, una serie di casi di molestie e violenze fa la sua comparsa nelle
cronache, ma senza ottenere una posizione di particolare rilievo. Anche a Rimini, prima del 9
agosto, vi erano stati due casi di violenze su prostitute e due su turiste. Ma quali ingredienti
determinano la risonanza ottenuta dalle violenze che hanno fanno scattare l’allarme? A Bologna una
circostanza gioca un ruolo importante: il fatto che la prima violenza venga a conoscenza della
stampa con quasi tre mesi di ritardo, esattamente il giorno precedente della seconda, crea un effetto
di “emergenza” che è più apparente che reale. A Rimini invece sembrerebbe che a destare
sensazione sia il fatto che la violenza si sia consumata in spiaggia e in Agosto, nel luogo e nel
momento simbolo delle vacanze delle famiglie italiane. Ma quali che siano le ragioni dell’impatto
iniziale, sia a Bologna che a Rimini l’andamento della copertura mediatica segue per molti versi lo
stesso schema,27 che possiamo ricostruire partendo dalla natura degli articoli pubblicati oltre che
dal loro andamento quantitativo (in termini di numero di notizie pubblicate, riportato nel Grafico 1,
e di evidenza28 loro assegnata):
• una fase di avvertimento, in cui episodi anche molto gravi ottengono un’attenzione che sembra
rientrare più o meno nella norma (la parte della curva che precede il primo picco);
• una fase di impatto, caratterizzata da un rilievo sproporzionato rispetto alla consueta prassi
giornalistica (il picco principale, sia a Bologna che a Rimini);
• una fase di propagazione, dove una serie di episodi - minori, secondo i criteri di selezione
normalmente in uso e spesso anche secondo i principi di salienza stabilitisi durante l’impatto -
riceve una forte enfatizzazione. Questi episodi sono considerati ulteriori esempi dell'emergenza
in corso e la loro trattazione giornalistica prolunga la mobilitazione emotiva (la parte
, (Panico morale RIS.doc), bat: 81585, 22/01/2007 13.35.00, ver. 28 11
26 L'archiviazione dei casi suscitò molte polemiche. La Procura la motivò con la ritrattazione di una delle vittime, ottenuta dopo intercettazioni telefoniche durante le quali confessava di aver mentito, una perizia scientifica che contraddiceva la versione di una seconda ragazza, le lacune e la vaghezza delle altre denunce. 27 Cohen distingue quattro fasi nel panico morale che chiama "avvertimento", "impatto", "inventario", "reazione". Ne propongo una diversa formulazione che mi sembra più aderente ai processi di attivazione mediatica e più adeguata al loro andamento cronologico. 28 Si è calcolata l’evidenza attraverso un indice additivo, standardizzato e ponderato, che tiene conto, in ordine di importanza, del tipo di pagina, del numero di colonne occupate dal titolo, della posizione nella pagina e della eventuale presenza di una fotografia o un disegno. Si riporta solo il grafico costruito a partire dal numero di notizie, ma quello che si basa sull'evidenza data agli articoli ha lo stesso andamento.
Marcello Maneri, Il panico morale come dispositivo di trasformazione dell'insicurezza. Rassegna Italiana di Sociologia, 1, 2001
discendente della curva, a destra del picco). A questa si accompagna, in parte
sovrapponendosi:
• una fase di reazione, in cui la maggior parte dello spazio è guadagnata dalle iniziative messe in
atto dagli agenti del controllo sociale per far fronte all’emergenza e dalle proposte che vengono
avanzate per affrontare il problema alla radice, attraverso iniziative di prevenzione;
• una fase di latenza, in cui l’attenzione cala riportando l’informazione sul tema ai livelli consueti,
fino a un eventuale nuovo impatto.
Da questo punto di vista, i fenomeni mediatici registrati a Bologna e Rimini sono perfettamente
coincidenti, con la differenza che a Bologna lo schema si ripete due volte, per il presentarsi di un
episodio analogo a quello dell’impatto, ed è seguito da un ultimo picco, non a caso di forma diversa
dagli altri (vedi Grafico 1), che potremmo definire di chiusura, a causa dell’effetto di disinnesco
provocato dall’archiviazione dei 4 casi.
, (Panico morale RIS.doc), bat: 81585, 22/01/2007 13.35.00, ver. 28 12
Marcello Maneri, Il panico morale come dispositivo di trasformazione dell'insicurezza. Rassegna Italiana di Sociologia, 1, 2001
Numero di notizie, grado di enfatizzazione e numero di articoli di proseguimento (quelli nei quali
non è presentato un nuovo fatto-notizia, ma in cui vengono riportati gli sviluppi o i commenti a un
fatto-notizia precedente) seguono un identico andamento, segnalando in modi diversi lo stesso ciclo
di attenzione.
Vediamo ora più a fondo i tratti specifici di queste fasi, i meccanismi che le producono e le loro
conseguenze.29
3.3 Avvertimento
Considerata in se stessa, la fase di avvertimento non mostra caratteristiche particolari: una serie di
episodi, abitualmente trattati dai giornali, fa la sua comparsa nelle pagine della cronaca, ricevendo il
trattamento (selezione, enfatizzazione, scrittura) che viene normalmente riservato a quel genere di
notizie. Ciò che distingue questi episodi dalla norma è il fatto di presentarsi con una particolare
concentrazione nel tempo, oppure con una loro singolare caratterizzazione, in grado di suscitare un
interesse leggermente superiore alla media. A Bologna questo ruolo è giocato in primo luogo da un
episodio di violenza ad opera di “uno sciamano”, il quale avrebbe addormentato la cliente con
l'ausilio di uno speciale veleno e, in secondo luogo, dalla condanna a due anni inflitta a un
ginecologo per atti di libidine commessi sulle sue pazienti. A Rimini spiccano invece 4 casi di
violenza all’inizio della stagione estiva, quando gli occhi sono puntati sulla Riviera.
Ciò che è più interessante della fase di avvertimento è che essa crea, negli addetti dell’informazione
e tra l’opinione pubblica, una sensibilità particolare nei confronti dell’argomento, spingendo le
redazioni a dare spazio alle notizie che possono aggiungere elementi nuovi o esempi ulteriori di
quello che si ritiene essere un tema che interessa i lettori. Si prepara in questo modo un ambiente
favorevole alla fase di impatto.
3.4 Impatto
Si è detto che, sia a Bologna che a Rimini, è possibile individuare un punto preciso, un momento,
nel quale l’allarme mediatico sull’"emergenza stupri” esplode, attraverso l’attenzione improvvisa e
sproporzionata (rispetto ai criteri normalmente in uso) dedicata a un singolo (nel caso di Bologna
duplice) episodio. Si sono elencate delle circostanze favorevoli, in particolare l’accoppiamento
fittizio delle due violenze bolognesi e il teatro dell'accadimento - la spiaggia nel periodo delle
vacanze - nel caso di Rimini. Possiamo aggiungere a queste circostanze ulteriori fattori che hanno
verosimilmente facilitato l’allarme.
, (Panico morale RIS.doc), bat: 81585, 22/01/2007 13.35.00, ver. 28 13
29 Si trascurerà in questa sede l'analisi della fase di latenza, priva di interesse in merito all'argomento di questo lavoro.
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Innanzitutto, nel caso di Rimini, sono all'opera altri fattori di tipo situazionale. La primavera del ’97
è stata segnata dalla cosiddetta “emergenza albanesi”, durante la quale gli arrivi di profughi
dall’Albania erano stati trattati dai media nazionali e locali come un’“invasione” che poneva seri
problemi di ordine pubblico, creando tra gli operatori dell’informazione una particolare sensibilità
rispetto ai reati e ai problemi connessi con la presenza albanese. Il “forse albanesi” (ma in alcune
cronache verranno riportati come "slavi") con cui i giornali riminesi hanno definito gli ignoti autori
della violenza che ha scatenato la fase di impatto, è probabilmente uno dei fattori che hanno
facilitato l’enfasi data all’allarme (appunto per la particolare sensibilità rispetto alla criminalità
degli albanesi). Si tratta anche di un interessante processo inferenziale: a far definire i violentatori
come "albanesi” è il loro presunto "leggero accento straniero" nonché, a quanto si dice, il fatto che
abbiano dichiarato alle ragazze la loro provenienza. La singolarità del fatto che autori di un reato
grave e premeditato (come dicono le cronache) declinino le proprie generalità alle loro vittime, e
che esse vengano immediatamente considerate attendibili dagli inquirenti – i quali, stando sempre
alle cronache, orientano le indagini verso il mondo dell’immigrazione albanese –, sembra suggerire
una struttura di aspettative condivisa da tutti gli attori coinvolti.30 E' in effetti nei confronti del
mondo dell'immigrazione nel suo complesso che si concentra un misto di preoccupazione e fastidio
in quei giorni: i venditori ambulanti "abusivi" sono il bersaglio delle proteste degli altri ambulanti,
dei commercianti e di alcuni attivisti leghisti che effettuano "ronde" a Cesenatico (3 agosto) e nella
stessa Rimini (8 agosto).
Ma vi è un altro ingrediente circostanziale dell’episodio riminese che lo rende così appetibile per il
mondo dell’informazione, anche se solo in un primo momento: il fatto che si tratti di una violenza
di gruppo, esattamente come di gruppo sono le violenze più eclatanti di Bologna. Si verifica dunque
in questo caso la coincidenza con quello che era stato il tema dominante delle violenze riminesi solo
due mesi prima: quello del “branco”, come venne chiamato anche a Rimini. Più fattori di allarme
particolarmente attivi in quel momento si condensano dunque in questo episodio: una aumentata
sensibilità nei confronti delle violenze sessuali favorita dalla ‘fase di avvertimento’; la criminalità
degli albanesi divenuta tema di primo piano nelle cronache di quella primavera e l'insofferenza di
alcuni rispetto alla presenza di immigrati; le violenze del “branco”.31
, (Panico morale RIS.doc), bat: 81585, 22/01/2007 13.35.00, ver. 28 14
30 Episodi analoghi supportano questo ragionamento. Vari episodi di violenza sessuale commessa da albanesi, poi risultati inventati dalla presunta vittima, vennero riportati dai giornali nella primavera e nell'estate del '97. Il più noto fu quello avvenuto nella provincia di Brescia, in cui una donna raccontò una violenza subita da due "stranieri" - in altre cronache "extracomunitari" - i quali accoltellarono anche il marito. Si seppe poi che l'episodio era stato inventato per coprire un adulterio scoperto dal coniuge, poi accoltellato dall'amante della moglie. Anche in quei giorni i giornali parlarono, come in questo caso, di "albanesi" o di "slavi". 31 Concorrono a far precipitare la situazione anche altri fattori, presenti negli episodi di impatto, che favoriscono sempre una maggiore attenzione dei media. A Rimini l'impatto avviene nel mese di agosto - quando vengono a mancare le notizie, soprattutto di politica, che normalmente riempiono le pagine dei giornali e i notiziari delle televisioni. In generale, gli episodi di Bologna e Rimini presentano degli elementi adatti in qualunque momento a suscitare un’attenzione particolare. Il fatto che gli autori agiscano in gruppo è normalmente un fattore che aumenta lo scalpore suscitato, e dunque la ‘notiziabilità’. E poi tutti quegli aspetti che possono far
Marcello Maneri, Il panico morale come dispositivo di trasformazione dell'insicurezza. Rassegna Italiana di Sociologia, 1, 2001
Vediamo dunque come, nei due giorni che costituiscono il momento di impatto, la notizia è stata
presentata, a Bologna, nei titoli principali dei quotidiani.
Tabella 1. Titoli di apertura della fase di "impatto". Bologna
Carlino Mattina Repubblica 7-5 Nazionale: “Stuprata per strada a
Bologna” Locale: “Stupro di gruppo in zona stadio”
“Stupro di gruppo in via Guidotti” “Va a telefonare, la violentano”
8-5 Nazionale: “Bologna si scopre violenta” Locale: “Donne in balia del branco”
“Tre stupratori bussano alla porta” “Stupro di gruppo a domicilio”
Dopo quanto detto non stupiscono le scelte intraprese dalle tre testate circa i temi a cui dare
maggiore risalto: al di là dell'evento principale – le violenze sessuali – e della sua collocazione –
Bologna – i temi preminenti nelle titolazioni sono la città violenta (“per strada”, “va a telefonare”,
“bussano alla porta”, “a domicilio”, che sottolineano l’irruzione della violenza nella normalità
cittadina e “Bologna si scopre violenta”, assai più esplicito) e il branco (tre volte “di gruppo” e poi
“il branco” e “tre stupratori”). Appare anche, per il momento in secondo piano, un tema che
riceverà maggiore spazio nei giorni successivi: le donne vittimizzate (“donne in balìa” da una parte
e “stuprata” dall'altra, che come forma passiva declinata al femminile prevede la donna quale
soggetto sottinteso e la pone quindi in posizione tematica implicita).32
A Rimini il 9 agosto, nel giorno di impatto, prevalgono quegli elementi che mostrano un'assonanza
con l'emergenza, appena esauritasi, di Bologna. Non è casuale che siano proprio Mattina e il
Carlino, le due testate vendute in diverse edizioni anche a Bologna, a usare subito la parola
"branco", a parlare di vittime, soprattutto in posizioni tematiche implicite ("violentate", "stuprate",
"aggredite") e a sottolineare la collocazione degli episodi in un luogo altamente simbolico, la
spiaggia (che riceve in questa stagione un'attenzione particolare).
apparire la violenza come un evento esterno, che può interrompere la quotidianità e la ‘normalità’ della vita di qualunque donna: il fatto che avvenga per strada e non in famiglia - dove comunque la violenza è socialmente meno condannata e simbolicamente relegata a fasce sociali che non coincidono con il lettore di riferimento del giornale cittadino; il fatto che avvenga nelle strade, nei giardini, negli androni del centro – o nella spiaggia – e non in un casolare, in un viale di periferia, in un campo, in quei luoghi insomma che sono considerati al contempo più pericolosi e di pertinenza di quel mondo marginale rispetto al quale le violenze sono considerate moneta corrente e poco interessante per il giornale e i suoi lettori; infine il fatto che a subirla siano delle giovani ragazze ‘normali’ (turiste e studentesse) e non delle prostitute o senza-casa (che infatti erano state tra le vittime delle violenze della fase di ‘avvertimento’ in entrambe le città, in particolare di quelle violenze che riceveranno l’attenzione più scarsa).
, (Panico morale RIS.doc), bat: 81585, 22/01/2007 13.35.00, ver. 28 15
32 Detto in altre parole, attraverso l'uso della forma passiva si parla della donna anche quando non è nominata. Faccio riferimento al concetto di tema quale è proposto da Halliday, 1967.
Marcello Maneri, Il panico morale come dispositivo di trasformazione dell'insicurezza. Rassegna Italiana di Sociologia, 1, 2001
Tabella 2. Titoli di apertura della fase di "impatto". Rimini
Carlino Mattina Corriere 9-8 Nazionale: “Due ragazze stuprate
dal 'Branco'"” Locale: “Violentate in spiaggia dal branco”
Nazionale: "Stuprate dal branco sulla spiaggia. Due svizzere aggredite a Rimini" Locale: "Il 'branco' si scatena sulla spiaggia. In sei violentano due turiste svizzere
“Violentate in spiaggia”
I temi selezionati lasciano un'impronta che può caratterizzare tutto l'andamento dell'allarme
mediatico (sarà il caso di Bologna) oppure fungere da elemento di innesco di un processo che nel
suo svolgersi si declina attraverso temi diversi, dei quali spesso uno solo è quello dominante (sarà il
caso di Rimini). Quali sono stati questi temi e quali le conseguenze della fase di impatto?
3.5 Propagazione
L’effetto principale di un evento di impatto è quello di avviare un processo di tematizzazione -
ovvero di messa in evidenza di alcuni elementi più o meno direttamente connessi con gli episodi
'notiziati' - che fornisce la chiave di lettura (e interpretazione) del fenomeno nel suo complesso.
Adottando i giornalisti delle varie testate sostanzialmente gli stessi criteri di selezione delle notizie
da pubblicare, è probabile che tutti i giornali diano approssimativamente lo stesso risalto all’evento
di impatto. Nei casi di Bologna e Rimini tutte le testate studiate hanno pubblicato la notizia in prima
pagina nazionale o locale. La percezione da parte delle redazioni della salienza del tema – costruita
spesso sulla base dell’ampiezza della copertura datane dalla concorrenza – della sua attualità e del
grado d’interesse presso il pubblico, viene così ulteriormente rafforzata. A questo punto le consuete
regole di ricerca, selezione e inquadramento delle notizie subiscono un brusco spostamento: faranno
notizia soprattutto quegli episodi che si presentano come ulteriori esempi di un fenomeno che
preoccupa l’opinione pubblica.. Da quel momento: 1) le redazioni ricercheranno attivamente casi di
violenze - commesse o tentate - e molestie; 2) questo genere di casi verrà selezionato più facilmente
per la pubblicazione (di qui la parte alta della curva subito dopo il picco nel Grafico 1) e otterrà
maggiore evidenza rispetto alla norma; 3) infine, tenderanno a essere sottolineati nelle notizie
quegli elementi più consonanti col tema, così come esso è stato definito nella fase di impatto o nei
giorni immediatamente successivi (lo vedremo in seguito). Diventa allora importante, per
comprendere il modo in cui si è sviluppata l’emergenza mediatica sulle violenze sessuali, capire
quali siano i temi principali utilizzati, dal momento che essi orientano in maniera precisa il
successivo lavoro giornalistico e il comportamento degli altri attori coinvolti.
A Bologna, i temi emersi nei giorni di impatto rimarranno sostanzialmente dominanti per l'intero
andamento dell'allarme sulle violenze sessuali. Nella Tabella 3 sono riportate tutte le locuzioni , (Panico morale RIS.doc), bat: 81585, 22/01/2007 13.35.00, ver. 28 16
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tematizzanti - cioè quegli spezzoni di frase che si concentrano, con funzioni generalizzanti, su un
elemento attribuibile agli episodi - comparse nella titolazione a partire dal momento di impatto fino
alla fine del periodo considerato.
Tabella 3. Locuzioni tematizzanti e tag. Bologna (titolazione)33
Locuzioni La paura Processo a Bologna La città insicura Il "branco" L'emergenza Il maschilismo
La paura 6 / La grande paura / Di notte scatta la grande paura / Tra paura e rabbia / Paura a Bologna / Cinque mesi di paura / Terrore / Dilaga la paura / Contro la paura / Città sotto choc Degrado 3 / Processo a Bologna / Non viviamo in una città incivile / Non è più un Eden / Non siamo l'Eden ma siamo diversi / Ombre nell'isola che non c'è / Bologna è cambiata / Addio città civile / Bologna & degrado / Etica da supermercato La città non è insicura 3 / Bologna violenta 2 / Non siamo a New York ma poco ci manca / Riprendiamoci la notte / Off-limits / Per una città più sicura / Arancia Meccanica 5 / Per tre volte in gruppo / "Accuso la società" [per la logica del branco] Emergenza 3 / Allarme violenza / Allarme In ogni uomo un potenziale stupratore / Cultura maschilista / Pretesa di riaffermare una falsa mascolinità / Idea della donna oggetto
Tag Allarme violenza 41 / Violenza30 / Violenza alle donne 13 / Il branco non esiste 8 / La città
brutale 5 / Il fatto 2 / Il terrore di notte 2 / Il terrore di giorno 2 / Sfida al degrado 2 / Donne contro la violenza 2 / La polemica / Caccia al branco / Donne / Incubo violenza
Al contrario di Bologna, a Rimini (vedi Tabella 4) i tre temi individuati nei titoli del primo giorno
(l'impatto) non risultano confermati allargando l'analisi a tutto il periodo considerato. Il tema del
"branco" sparisce quasi subito. Le successive tentate violenze verranno commesse da singoli o da
coppie di uomini, rendendo impropri i primi commenti di routine dedicati alla logica dello stupro di
gruppo. Delle donne vittimizzate non c'è più traccia dal punto di vista tematico. La spiaggia di notte
avrà invece maggiore fortuna, cosa comprensibile riflettendo sulla sua collocazione simbolica (a
Rimini, d'Agosto).
, (Panico morale RIS.doc), bat: 81585, 22/01/2007 13.35.00, ver. 28 17
33 In questa tabella e in tutte quelle seguenti è considerata la titolazione completa a partire dal momento di "impatto" fino al termine della rilevazione. Le locuzioni apparse più di una volta sono seguite da un numero che ne precisa la frequenza.
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Tabella 4. Locuzioni tematizzanti e tag. Rimini (titolazione)
Locuzioni L'emergenza Gli immigrati Il modello Rimini I problemi per il turismo La "caccia al nero" La spiaggia di notte "La rivolta dei sindaci"
La sesta in pochi giorni 3 / "A Rimini non c'è allarme rosso" 3 / Rimini violenta 2 / Allarme sicurezza 2 / Città allo sbando / Rimini, i giorni della violenza / Emergenza / Emergenza secolare / Ma l'emergenza c'è / Allarme violenza / "Rimini violenta senza esagerare" / Escalation del crimine / Ancora uno stupro / Ennesimo caso / Amplificati dai media / SOS riviera Il problema degli immigrati / "Legge urgente" / Nordafricani e albanesi un problema concreto / Emergenza immigrati / Anche le altre aggressioni sono state fatte da extracomunitari / "La stagione del buonismo è finita" / "Immigrati, sì alla solidarietà no al parassitismo" / Prodi smonta il caso immigrati / "Non sono riminesi, arrivano da fuori" / Immigrati, occorre un controllo / Società multietnica? "Vogliamo più ordine" / Basta extracomunitari / "10.000 sono brave persone, ma quando diventano 10.000.000 sono un cataclisma" Trasgressione: la riviera paga per questa fama 2 / Rimini vetrina dei suoi guai 2 / "Stop al divertimentificio" / Basta con la cultura della rendita / Critico con il "sistema" / Rimini è solo un inganno e gli esclusi si arrabbiano / Orfani di cultura / Il sesso dei poveri Bild attaccco a rimini 3 / A difesa dell'immagine della riviera 3 / Turismo pulcino nero 2 / Agosto blindato / Proteggere le vacanze 2 La rabbia della gente / Monta un clima anti immigrati / La gente vuole giustizia sommaria / Clima incandescente e toni pesanti / Tra i bagnini adesso monta un'ondata di rabbia razzista / Rischia di far scoppiare la caccia al nero / La Riviera si solleva Di notte l'arenile è più che mai insicuro / Finiti i tempi della spiaggia romantica / La lunga striscia di sabbia e paura / Rimini è una trincea / Panico / Di notte pericolo mortale La rivolta dei sindaci
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Riviera violenta 2 / Ferragosto in Riviera 2 / Sempre peggio / Stupro / Incubo in riviera / Rimini / Immigrati
Se si eccettua il tema-contenitore dell'emergenza, analogo a quello bolognese, a Rimini il tema che
avrà maggior fortuna nell'insieme degli articoli considerati, e che produrrà al contempo le
conseguenze più rilevanti, è quello degli immigrati. Si è già detto come vi fossero alcune condizioni
facilitanti; ma per capire come esso si affermi è necessario ripercorrere i primi giorni, cruciali,
dell'allarme.
Innanzitutto gli episodi di cronaca: il giorno precedente a quello d'impatto (la notizia della violenza
in spiaggia sulle due ragazze svizzere, del 9 agosto) era apparsa sui giornali la notizia della violenza
sessuale commessa da "due russi" ai danni di due prostitute. L'11 agosto, due giorni dopo il caso
della violenza in spiaggia, viene riportata la notizia di un tentativo di violenza ancora sulla spiaggia,
a Torre Pedrera, a pochi chilometri da Rimini e ad opera, dicono le cronache, di due "marocchini".
Il giorno seguente un altro tentativo, a Misano Adriatico, questa volta però lontano dalla spiaggia,
sempre da parte di un cittadino marocchino, riconosciuto dalla vittima e arrestato. In realtà, ne
parleremo in seguito, questi non sono gli unici episodi di violenza commessi in quei giorni.
, (Panico morale RIS.doc), bat: 81585, 22/01/2007 13.35.00, ver. 28 18
Marcello Maneri, Il panico morale come dispositivo di trasformazione dell'insicurezza. Rassegna Italiana di Sociologia, 1, 2001
Tuttavia, opportunamente selezionati e inquadrati, forniscono materiale sufficiente perché si affermi
il tema della "bomba immigrazione".
A fornire indicazioni e spunti per questo inquadramento selettivo non sono però solo le logiche del
lavoro giornalistico. L'11 agosto, quando ancora non si era affacciato il tema dell'immigrazione,
compariva sulla maggior parte delle testate la dichiarazione del sindaco di Rimini, secondo il quale
albanesi e nordafricani "sono un problema concreto", che intende risolvere. Lo stesso giorno in cui
si ha notizia del secondo episodio di tentata violenza, riconducibile alla fase di impatto, una seconda
fonte indica dunque un elemento degno di attenzione - quello degli "extracomunitari" - che verrà
non a caso utilizzato dalla maggior parte delle testate per il titolo dell'intervista stessa. Ma è il 12
Agosto il giorno cruciale. Viene diffusa la notizia di un terzo episodio di violenza ad opera di un
cittadino non comunitario e, parallelamente, si tiene un vertice in Prefettura durante il quale il
Sindaco avanza due vecchie proposte: l'illuminazione notturna delle spiagge e l'istituzione di
permessi di soggiorno regionali, che dovrebbero rendere più facile il controllo dei cittadini non
comunitari. Da Riccione, il sindaco chiede a sua volta espulsioni più facili. Il segretario provinciale
del Pds esprime la stessa richiesta.
Sono quindi le massime autorità politiche e amministrative locali, mentre insistono a scartare
l'ipotesi di una situazione emergenziale, a confermarla con richieste ad hoc e a selezionare
l'obiettivo primario dell'allarme. Dei tre elementi tematici individuati, la spiaggia/Riviera, le
violenze, il mondo dell'immigrazione, è a questo punto l'ultimo a diventare quello dominante, grazie
al ruolo determinante del mondo politico. Con una differenza importante: mentre i primi due temi
sono costitutivi dell'allarme ("le violenze sessuali a Rimini"), definito nella fase di impatto, l'ultimo
è un elemento tematico aggiunto, nel modo appena descritto, a partire da alcuni spunti certamente
concreti ma solo in un secondo tempo.
L'"emergenza" è dunque, in senso stretto, qualificata dagli elementi delle violenze sessuali e della
spiaggia. Questi elementi fungono allo stesso tempo da categorie di descrizione degli episodi
accaduti e da strumenti di catalogazione di nuovi 'eventi' che possono essere inclusi o non inclusi
nell'emergenza. Giocano infatti in queste circostanze due esigenze: quella di definire l'emergenza
stessa, rintracciando elementi che accomunino i vari episodi (di qui la spiaggia, le violenze), e
quella di catalogare le nuove occorrenze, selezionando ed evidenziando in esse ciò che consente di
rubricarle come nuovi esempi dell'emergenza in corso ("di nuovo in spiaggia" ecc.). In generale, in
ogni catalogazione è possibile, anzi probabile, che siano all’opera due meccanismi, alternativi o
complementari: la nuova occorrenza può subire parziali 'accomodamenti', necessari a farla rientrare
nelle categorie esistenti - nel nostro caso, la spiaggia, le violenze – ("effetto di distorsione"); le
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Marcello Maneri, Il panico morale come dispositivo di trasformazione dell'insicurezza. Rassegna Italiana di Sociologia, 1, 2001
categorie selezionate possono essere modificate ("ridefinizione delle categorie"), soprattutto quando
non può funzionare il primo meccanismo.
Nell'emergenza riminese sono all'opera entrambi i processi descritti. Le violenze, che sono spesso
solo tentate, come negli ultimi due episodi citati, vengono quasi sempre presentate nella titolazione
come se fossero state effettivamente commesse (distorsione dell'occorrenza). A sua volta la spiaggia
diventa presto, nelle cronache, "Rimini" - in modo da includere anche l'episodio dei due russi - e poi
la "Riviera" (ridefinizione delle categorie): si possono così a questo punto ricondurre alla stessa
emergenza episodi accaduti in luoghi diversi - la spiaggia, un casolare - e in località diverse -
Misano si trova quasi nelle Marche.
La categoria degli "extracomunitari", entro la quale si possono riunire violentatori o aspiranti tali di
varie nazionalità, come abbiamo visto entra in gioco molto presto, ma è di natura sostanzialmente
diversa dalle due precedenti (la spiaggia/Rimini/la Riviera e le violenze sessuali). Si è detto che
essa non appartiene in senso stretto all'emergenza – che è definita come "allarme violenze a Rimini"
ed è dunque, in teoria, costitutivamente indifferente alla provenienza dell'autore del reato. Tuttavia
questa categoria raggiunge una salienza tematica così forte da entrare a far parte, in maniera a
questo punto intrinseca, dell'emergenza stessa, svolgendo in definitiva la stessa funzione delle altre
due categorie: quella di mettere a fuoco ciò che 'appartiene' all'emergenza e ciò che non vi
appartiene. Le violenze commesse da italiani o da stranieri comunitari vengono in quei giorni
ignorate o non conteggiate nei bilanci più volte forniti dagli organi di informazione. Il 12 agosto,
quando tutta l'attenzione è puntata sull'episodio di Misano ad opera di un cittadino marocchino,
vengono riportati solo da Mattina (nelle pagine nazionali e con risalto decisamente minore) altri tre
reati sessuali commessi da italiani: uno stupro a Lignano Sabbiadoro, un tentativo di violenza a
Ferrara ai danni di un minore, un altro tentativo a Lido di Pomposa. La stessa Mattina il medesimo
giorno parla nelle pagine nazionali di "sesto episodio in cinque giorni, sempre con degli
extracomunitari come protagonisti", includendo dunque nella conta riminese la tentata violenza di
Misano ed escludendo quelle commesse nello stesso giorno nelle altre tre località. Il 13 agosto il
Carlino, come si fa spesso in questi casi, fa il punto dell'emergenza con uno specchietto intitolato
"L'escalation della violenza", collocato nelle pagine nazionali ma anch'esso dedicato alle sole
violenze commesse da "extracomunitari". Lo stesso giorno il Corriere pubblica una mappa
intitolata "Gli stupri in Riviera", accompagnata da un disegno che ritrae due violentatori, dagli
inconfondibili tratti vestimentari e somatici arabi, in azione. Questa mappa riporta gli stessi episodi
degli altri due elenchi, risalendo però così indietro nei giorni da arrivare a una violenza commessa
un mese prima, il 9 luglio, da tre senegalesi (un episodio che "resta misterioso" secondo la stessa
testata), tralasciando al contrario due violenze assai più certe e recenti (avvenute rispettivamente il
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26 luglio e l'1 agosto) e altrettanto gravi, ma commesse da un italiano l'una e da un cittadino belga
l'altra.
Nel caso di Bologna appaiono analoghi processi di distorsione delle occorrenze (le tentate violenze
sono ad esempio riportate in qualche caso nella titolazione come violenze effettive) e di
ridefinizione delle categorie (il "branco" che sparisce momentaneamente dalle cronache a seguito di
episodi commessi da singoli; la natura dell'allarme, che viene a un certo punto ridefinito in termini
più generici, come "violenza", in mancanza di episodi di vere e proprie violenze carnali). Tuttavia
non si ha un allargamento tematico analogo a quello di Rimini, dove sono gli stessi termini
dell'emergenza ad essere ridefiniti (tanto che saranno gli stessi tag a chiamarla, negli ultimi giorni,
"Emergenza immigrati" o "Immigrati", vedi Tabella 4).
Due rappresentazioni della realtà Prima di passare alla descrizione della fase di reazione abbandoniamo per un momento l'analisi
delle logiche della costruzione dell'emergenza e proviamo a vedere quali rappresentazioni emergano
da questa struttura di attivazione mediatica. Facendo una fotografia del modo in cui sono state
rappresentate le due "emergenze" sulle violenze sessuali di Bologna e Rimini si avrebbero due
immagini composte dagli stessi elementi - il luogo del delitto, l'autore, la vittima, l'atto - ma scattate
secondo differenti prospettive. Consideriamo le volte in cui, in tutti gli articoli analizzati a partire
dall'inizio della fase di "impatto", viene nominato un elemento della violenza all'interno dell'intera
titolazione (Tabella 5).
Tabella 5. Elementi della violenza nominati nella titolazione. Bologna e Rimini (percentuali; tra parentesi i valori assoluti)34
Autori Vittime Reato Luogo Orario Totale Bologna 26,5
(167) 27,1 (171)
31,4 (198)
13,3 (84)
1,7 (11)
100 (631)
Rimini 36,7 (127)
17,9 (62)
21,4 (74)
20,8 (72)
3,2 (11)
100 (346)
Gli autori delle violenze sono, a Rimini, di gran lunga i più citati (rappresentano più di un terzo
degli elementi considerati). Non sono tra l'altro conteggiati in queste tabelle tutti gli articoli non
riferiti alle violenze sessuali, che, soprattutto nei primi giorni della fase di 'propagazione', sono
dedicati in grande quantità al "problema immigrazione" (statistiche sulla criminalità degli
, (Panico morale RIS.doc), bat: 81585, 22/01/2007 13.35.00, ver. 28 2134 Le percentuali sono calcolate sul totale delle parole incluse nella tabella.
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immigrati, reati commessi da immigrati, discussioni sulla legge sull'immigrazione ecc.). Questi
articoli, per il solo fatto di essere accostati a quelli sulle violenze, contribuiscono in misura
determinante alla tematizzazione delle stesse come effetto dell'immigrazione e alla più generale
sovrapposizione semantica tra quest'ultima e la criminalità. In alcuni casi questa tematizzazione 'per
accostamento' è anche più esplicita. E' il caso, per esempio, di notizie prive di importanza,
pubblicate per il solo fatto di presentare immigrati nel ruolo di autori di reati e di aggiungere quindi
esempi a quello che si ritiene essere 'l'argomento del mese' ("Albanesi rubano frutta", pubblicata sul
Corriere il 19 agosto, con la precisazione, nel testo, "probabilmente albanesi"); oppure di notizie
'sfiziose' del genere fait divèrs, pubblicate o titolate in un certo modo perché comportano un
capovolgimento dei ruoli considerati canonici, confermando però implicitamente e in maniera
automatica i ruoli stessi ("Extracomunitari. Colpo 'alla napoletana'. E Ciro rapinò Mohamed" con
commento finale nel testo che recita "I 'cattivi', almeno questa volta, non sono stati loro", pubblicata
sul Carlino del 15 agosto e, appena sotto, "Principe e Immigrato" che titola così un'intervista fatta al
presidente di un'associazione di "extracomunitari").
Dunque a Rimini, a differenza di Bologna, l'attenzione è concentrata sugli autori delle violenze,
anche negli articoli di puro resoconto dei fatti di cronaca.35 Gli altri elementi visibilmente più
presenti che a Bologna sono il luogo (non casuale, vista la tematizzazione incentrata sulla spiaggia)
e l'orario, che qualificava quella tematizzazione ("la spiaggia di notte"). Le vittime hanno a Rimini
sin dall'inizio solo una funzione di testimonianza: forniscono quei resoconti e quelle impressioni
che servono a movimentare e a rendere più vivida la storia.36 Rispetto a Rimini, a Bologna
l'attenzione è concentrata più spesso sul reato (31,4% contro 21,4%) e sulle vittime (27,1% contro
17,9%).
Sempre al livello del semplice resoconto dei fatti di cronaca, esiste comunque un altro modo di
guardare la realtà privilegiando una visuale oppure l'altra. Nella Tabella 6 sono conteggiate le
diverse forme grammaticali utilizzate per nominare il reato37. Nel caso dei sostantivi ("stupro",
"violenza") l'azione diventa "l'atto del violentare". L'accento è dunque posto sul fenomeno, isolato
da chi l'ha commesso o subìto. La nominalizzazione (la trasformazione appunto di un processo -
un'azione - in uno stato - un sostantivo) è una pratica linguistica molto utilizzata dai giornali,
soprattutto quando questi fanno riferimento a un episodio già raccontato nei giorni precedenti, ma
, (Panico morale RIS.doc), bat: 81585, 22/01/2007 13.35.00, ver. 28 22
35 Se si considerano solo i titoli principali e si calcola la percentuale sul totale del lessico impiegato e non sulle sole parole riportate in tabella, a Rimini gli autori sono nominati quasi il doppio delle volte che a Bologna. 36 Il problema della violenza sulle donne non viene mai considerato in un'ottica di genere, ad esempio come frutto dell'inferiorizzazione femminile, del monopolio maschile della violenza o della cultura maschilista. 37 Anche per il concetto di transitività sottostante a questa analisi faccio riferimento a Halliday, 1967.
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spesso anche nei casi in cui viene riportata una notizia 'fresca' (ad esempio "Stupro di gruppo in via
Guidotti", riportato nella Tabella 1). Sia a Bologna che a Rimini questa è di gran lunga la forma
linguistica più utilizzata per riportare la notizia. Scegliendo di utilizzare un verbo, al contrario, si
orienta l'attenzione sul processo, lasciando inoltre aperta la possibilità di nominare anche la vittima
o l'autore, collegandoli all'azione. A Bologna, tra i verbi utilizzati, è stata fortemente preferita la
forma passiva (stuprate, violentata ecc.), che anche quando non nomina né la vittima né l'autore (ad
es. "Stuprata in pieno centro") pone la donna in posizione tematica implicita.38 Al contrario, quando
viene usato il passivo il riferimento all'autore della violenza è più labile, essendo l'agente (stuprata
da) meno direttamente chiamato in causa oppure omesso.
Opposto è il caso di Rimini. Qui, coerentemente con quanto detto sinora, è stata più spesso preferita
la forma attiva (violentano, stupravano ecc.), che pone l'autore della violenza in posizione di
soggetto grammaticale (eventualmente sottinteso, quando non è esplicitamente nominato). In questi
casi è evidente che è sull'autore che si concentra l'attenzione, anche quando è la vittima ad apparire
attraverso un vocabolo apposito (come "sequestravano e stupravano prostitute", in cui anche se è la
parola "prostitute" ad essere presente, è dell'uomo che si sta parlando). 39
Tabella 6. Forme grammaticali usate nella titolazione per indicare il reato. Bologna e Rimini (percentuali; tra parentesi i valori assoluti)40
Bologna Rimini Sostantivi, nominalizzazioni (stupro, violenza, aggressione ecc.)
Verbi attivi (violentano, seviziano, stupravano, tenta di … ecc.)
Verbi passivi (stuprate, violentata, aggredita ecc.)
Altro (attivi con la vittima in posizione di soggetto, passivi con la vittima in posizione di agente ecc.)
58,1 (115) 13,1 (26)
28,8 (57)
0 0
54,1 (40)
25,7 (19)
12,2 (9) 8,1 (6)
Totale 100 (198)
100 (74)
38 Proprio perché riferisce chiaramente il verbo al suo soggetto (la donna) anche grazie alla declinazione di genere (stuprata). 39 Un'annotazione merita la voce "altro" della Tabella 6. Tutti i casi che ricadono in questa categoria riguardano la notizia dell'ultima violenza riconducibile all'allarme, quella commessa da un bagnino (il quale sostiene che la ragazza fosse consenziente), presentata dai giornali con assai meno enfasi e articoli delle altre e con forme verbali atipiche per le cronache di quei giorni (il passivo riferito all'autore "Denunciato da una quindicenne", "Accusato di violenza" e l'attivo riferito alla vittima "Quindicenne accusa un amico", "Una quindicenne denuncia stupro"). Il motivo di questa anomalia va cercato nella scelta del verbo: denunciare e accusare richiedono un capovolgimento tra vittima e autore (è la vittima che compie l'azione) che, senza voler trarre troppe conclusioni dall'effetto di senso comportato del capovolgimento di per sé (la vittima che apparirebbe, in un certo senso, come autore), segnala un'accortezza nel precisare la possibile differenza tra ciò che è successo e ciò che è stato denunciato. Accortezza non osservata quando i denunciati erano immigrati, e dunque confermavano un tema e una struttura di aspettative su cui lavoravano tutti gli attori in gioco (anche i due arrestati di cittadinanza marocchina respingevano le accuse).
, (Panico morale RIS.doc), bat: 81585, 22/01/2007 13.35.00, ver. 28 2340 E' considerata la titolazione completa a partire dal momento di "impatto" fino al termine della rilevazione.
Marcello Maneri, Il panico morale come dispositivo di trasformazione dell'insicurezza. Rassegna Italiana di Sociologia, 1, 2001
Nelle Tabelle 7 e 8 sono riportati gli appellativi e gli aggettivi impiegati a Bologna e Rimini per
indicare gli autori delle violenze. Come ci si può aspettare per un reato che suscita una forte
riprovazione morale, a Bologna sono molto frequenti i termini che stigmatizzano questi soggetti
("bruto", "maniaco" ecc.), accompagnati da altri (contestuali e generici) che non vi aggiungono
particolari connotazioni.41 Sempre a Bologna, i termini che fanno riferimento al gruppo sono
abbastanza frequenti (gli stessi reati sono stati spesso definiti "di gruppo"), con un abbondante
ricorso a una metafora, quella del "branco", che indica il livello di elaborazione simbolica cui è
stato sottoposto il tema. 42
Tabella 7. Termini impiegati nella titolazione per qualificare gli autori delle violenze. Bologna (valori assoluti) 43
Appellativi N Demonizzato Di ruolo Generico Di gruppo Etnicizzato Relazionale Marginalizzato Occupazionale
Bruto 19 (4) / Maniaco 7 / Aguzzini 3 / Violenti (2) / "no-mostro" / "no-bruto" Stupratori / Violentatore 6 / Aggressore 11 (2) / Molestatore/ Seviziatori / Carnefici / Responsabile 2 / (Presunti responsabili) / Feritore / Accusato / Indagato / Colpevoli Uomini 9 (6) / Giovane 7 / Persone / Ragazzo / Età Branco 8 (3) / In due-tre 3 / Banda 4/ Gang / Gruppo 4 (1) Provenienza 17 / Cittadino-provenienza 1 / Italiani / Connazionale 2 / Extracomunitario / Napoletano Padrone di casa / Amico / Sconosciuto / Collega / Patrigno Tossico / Sbandati 2 / Clochard 2 / Balordo / Tossicodipendente / Ubriaco Operai / Portinaio 2 / Studenti
37
30 25 24
23
5 8 4
Aggettivi
Ubriaco 2 / Dominati dal gruppo / Esseri inqualificabili (1) / "Perbene" (1) / Impuniti / Età / Italiani 2
9
41 Il fatto che la parola "uomini" sia usata 6 volte in senso collettivo potrebbe far pensare a una tematizzazione di genere che si era in parte negata in precedenza. In effetti, sia le donne che gli uomini sono spesso nominati in senso collettivo. Le donne vengono abbondantemente citate per due ragioni: da una parte sono le vittime delle violenze; dall'altra, attraverso i loro collettivi e associazioni, esse esprimono le loro opinioni sui fatti. Gli uomini, al contrario, oltre che essere assai meno nominati, soprattutto in senso collettivo, lo sono solo per il progetto di costituire un'associazione di uomini contro le violenze, di cui i giornali parlano molto, e quindi solo indirettamente, in virtù della decisione di alcuni di loro di occuparsi del problema delle violenze alle donne. Come autori delle violenze gli uomini non esistono (in senso collettivo, e dunque tematizzato), come difensori delle donne sì. 42 Molto utilizzati – malgrado la scarsa importanza che ha avuto il fattore 'etnico' a Bologna - anche gli appellativi che 'etnicizzano' i soggetti. Quella di nominare il soggetto attraverso la propria provenienza, quando questa non coincide col luogo di diffusione del giornale (si dice solo una volta "italiani" e mai "bolognesi") è una prassi giornalistica consolidata, non priva di conseguenze nelle rappresentazioni sociali della devianza. Molto scarse sono invece le parole che insistono sui rapporti intercorrenti tra l'autore e la vittima (relazionali, come "amico" e "patrigno"): malgrado nelle violenze giornalisticamente più 'coperte' si sia indagato nel giro di conoscenze delle vittime, l'elemento della familiarità non è stato assolutamente tematizzato: la violenza che fa notizia sembrerebbe ancora una volta quella commessa da sconosciuti.
, (Panico morale RIS.doc), bat: 81585, 22/01/2007 13.35.00, ver. 28 24
43 Le locuzioni apparse più di una volta sono seguite da un numero che ne precisa la frequenza. Il numero è riportato tra parentesi nei casi in cui la parola sia impiegata per indicare l'intera categoria di soggetti, e non un individuo o gruppo concreto (ad esempio "cosa fare contro i bruti?" e non "Il bruto del Fossolo"). In corsivo classi di termini equivalenti (ad esempio: provenienza comprende i vocaboli "un marocchino", "due albanesi" ecc.; Età "una quindicenne" ecc.). Singolari e plurali sono stati accorpati.
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Tabella 8. Termini impiegati nella titolazione per qualificare gli autori delle violenze. Rimini (valori assoluti)
Appellativi N Etnicizzato Di ruolo Generico Demonizzato Di gruppo Relazionale Marginalizzato Occupazionale
Provenienza 21 / Immigrati (16) / Extracomunitari 2 (9) / Immigrazione (8) / Clandestini (5) / Abusivi (1) / Nero (1) / Nordafricani / Stranieri (1) / Irregolari (1) Aggressore 5 / Violentatori 3 / Imputato 3 / Stupratori 2 / Accusati / Presunto violentatore Giovani 6 / Nome 3 / Uomo / Età Violenti 1 (2) / Criminali (2) / Delinquenti (2) / Bruti / Belve / "No-mostri" / Aguzzini Branco 7 / Gruppo / Gruppetto / In sei Amici 2 / Sconosciuto (1) Balordi (1) / Esclusi (1) Bagnino 2
66 15 11 11 10
3 2 2
Aggettivi
Provenienza 3 / Timidi / Clandestino / Riottosi / Giovane 7
A Rimini dominano naturalmente i termini etnicizzati. Mentre la provenienza ("sei albanesi") è
usata per riferirsi a soggetti precisi, gli altri termini compaiono soprattutto in senso collettivo,
appunto per la forte tematizzazione che ha caratterizzato questo elemento. Potrebbe stupire la
relativa scarsità di termini stigmatizzanti ("violenti", "delinquenti", "belve") rispetto a Bologna. In
un certo senso sono però gli appellativi etnicizzati a svolgere questa funzione: l'individuazione del
"bruto" nella figura dell'extracomunitario ha provocato uno spostamento semantico dal primo al
secondo. La semplice parola "clandestino" suscita a questo punto, attraverso le connotazioni
assunte, gli stessi effetti di altre esplicitamente stigmatizzanti. Non avrebbe senso, altrimenti, un
titolo come quello che segue, in cui gli "ignari studenti" rischiano, per la vicinanza alle "tane dei
clandestini", di finire nelle fauci del lupo cattivo:
Occhiello: Riviera violenta/ Ostelli per giovani accanto alle colonie occupate da sbandati di colore44
Titolo: Camera con vista sull'inferno dei "neri" Catenaccio: Viaggio nelle tane dei clandestini vicini di casa di ignari studenti. Intanto gli extracomunitari temono ritorsioni
3.6 Reazione
Si diceva dunque che nel capoluogo emiliano l'allarme si è affermato come emergenza violenze a
Bologna; ha subito inglobato i temi del "branco" e della "città violenta" e, in un secondo momento,
quello delle "donne vittimizzate", declinato in modi diversi.
A Rimini l'allarme, qualificato come emergenza violenze in spiaggia, si è dapprima allargato
all'intera città - Rimini - (già presente però nella fase di avvertimento) e poi alla Riviera. Il tema
, (Panico morale RIS.doc), bat: 81585, 22/01/2007 13.35.00, ver. 28 2544 Resto del Carlino, 12 Agosto 1997.
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dell'immigrazione si è sviluppato molto presto e ha caratterizzato profondamente la natura di questa
emergenza.
Si comprenderà da quanto detto sinora come le routine del lavoro giornalistico, in relazione con il
procedere degli eventi e con i comportamenti degli altri attori significativi, siano per molti versi
all'origine di queste tematizzazioni. Tuttavia nel caso di Rimini il tema dell'immigrazione si afferma
con il concorso determinante degli attori politici. Quello giocato dalla "reazione" delle istituzioni,
dei leader politici, di quei settori della società civile che sono più direttamente coinvolti è
effettivamente un ruolo molto importante. Possiamo distinguere, nella fase di "reazione", tre
componenti diverse.
a) Le spiegazioni che cercano di dare un senso a ciò che è accaduto, di rintracciarne cause e implicazioni
b) Le iniziative messe in atto per fronteggiare, 'a caldo', la situazione
c) Le soluzioni proposte per risolvere il problema 'alla radice'
a) Quale che sia il tipo di reazione, una tendenza a conformarsi con il tema, così come esso si è
affermato nelle cronache dei mezzi di informazione, accomuna tutti gli attori. I soggetti chiamati a
dare la propria opinione su quanto sta accadendo - 'esperti della materia', intellettuali, leader politici
e membri delle istituzioni - normalmente devono attenersi al tema fornito dai mezzi di informazione
e difficilmente lo metteranno radicalmente in discussione. Da una parte sono anch'essi influenzati
dalla rappresentazione che del fenomeno hanno fornito i mass media; dall'altra corrono il rischio,
oltre che di trovarsi 'fuori tema', di essere percepiti come impegnati a minimizzare un problema
grave, che suscita ansia nell'opinione pubblica. Ad esempio, nessuno dei soggetti chiamati a
esprimersi mette in discussione la natura emergenziale di quanto accade nelle due città; così come
nessuno si domanda se quello delle violenze sessuali sia davvero un problema della sola città di
Rimini o, al più, della Riviera. Pochissimi, infine, mettono in questione, sempre a Rimini, il nesso
causale tra immigrazione e violenze. Al contrario, tra le diagnosi e le riflessioni pubblicate dai
giornali, spiccano per la loro abbondanza quelle che traggono spunto – riproponendoli - dai temi
imposti dalla trattazione mediatica che abbiamo analizzato. Tanto per citare ancora i due temi della
Riviera e dell'immigrazione, opinionisti di professione o improvvisati, come spesso succede in
questi casi, propongono quel repertorio di luoghi comuni, di idee convenute, che garantisce di
trovare tra i lettori un terreno già dissodato dalla comune immersione mediatica. Rimini che "paga
per la sua fama di luogo della trasgressione"; le violenze come "sesso dei poveri", o "rivolta degli
esclusi", o ancora frutto della "distanza culturale": le idee pre-digerite hanno il dono di superare
qualsiasi problema di decodifica. , (Panico morale RIS.doc), bat: 81585, 22/01/2007 13.35.00, ver. 28 26
Marcello Maneri, Il panico morale come dispositivo di trasformazione dell'insicurezza. Rassegna Italiana di Sociologia, 1, 2001
Ma i membri delle istituzioni, oltre ad essere influenzati o chiamati a rispondere al tema, agiscono
anche da "definitori primari" (Hall et al., 1978): con le loro azioni e dichiarazioni definiscono gli
aspetti salienti della questione strutturando il campo del dibattito a venire. A Rimini, chiamando in
causa l'immigrazione, si è offerta l'occasione di dare forma al problema in termini tali da poterlo
trattare tecnocraticamente, con provvedimenti di controllo dal sicuro effetto consensuale: una volta
dichiarata come esterna la categoria dei portatori dell'offesa morale - gli immigrati in quanto tali -
se ne è potuta richiedere l'esclusione dalla comunità - provvedimenti come i permessi di soggiorno
regionali, le espulsioni ecc. A Bologna, al contrario, dove si è ritenuto che i sospetti violentatori
fossero italiani e appartenessero al giro di conoscenze delle vittime, l'individuazione di un nemico
pubblico avrebbe comportato l'esclusione simbolica di una frangia di appartenenti alla comunità,
magari figli degli stessi lettori/elettori cui questa esclusione è offerta in dono.
b) Un discorso per molti versi analogo può essere fatto a proposito delle iniziative messe in atto per
fronteggiare la situazione, veri e propri gesti simbolici che rispondono e allo stesso tempo creano il
mito. Anche in questo caso è a Rimini che si hanno i maggiori effetti di alimentazione dell'allarme
proprio a seguito dei provvedimenti che vorrebbero rispondervi. I mille agenti a "proteggere le
vacanze", le decine di jeep della polizia a pattugliare le spiagge, le perquisizioni a tappeto degli
immigrati presenti nella zona, fanno di chi le dispone o le richiede a gran voce l'eroe popolare della
situazione, rassicurando il pubblico sul fatto che c'è un'autorità forte in grado di rispondere alla
crisi. La principale conseguenza di questo genere di "reazione" è l'effetto di conferma
dell'emergenza, il feedback sulla fase di "propagazione", oltre, ovviamente, all'indurimento delle
condizioni di vita di chi si trova dall'altra parte. Ma l'altra conseguenza è tutta politica, o
istituzionale, come sanno bene i Sindaci che in molte città d'Italia guadagnano autonomia dai
rispettivi schieramenti proprio attraverso la costruzione simbolica di un legame diretto con la
"gente".
c) Coerentemente con quanto emerso sinora, il repertorio delle 'soluzioni' offerte ai cittadini è stato
molto diverso a Rimini e a Bologna. A Bologna l'obiettivo delle 'soluzioni' è stato quello di favorire
la possibilità della denuncia di una violenza – con l'idea dell'assessore alle politiche sociali di una
"zona protetta perché le donne possano raccontare uno stupro" – oppure quello di garantire
maggiore sicurezza alle donne nelle loro uscite serali - su cui puntava la proposta (criticata da
molte) di un cittadino bolognese di istituire un servizio di volontari che accompagnassero le donne
che uscivano da sole. In entrambi i casi le destinatarie delle proposte erano le donne (coerentemente
con una tematizzazione che, se anche non è risultata dominante, è comunque stata più volte
proposta), e il loro bersaglio la violenza nella sua ordinarietà.
, (Panico morale RIS.doc), bat: 81585, 22/01/2007 13.35.00, ver. 28 27
Marcello Maneri, Il panico morale come dispositivo di trasformazione dell'insicurezza. Rassegna Italiana di Sociologia, 1, 2001
A Rimini i vari uomini politici intervenuti si sono invece proposti come imprenditori morali che si
incaricano di segnalare e isolare la devianza attraverso provvedimenti altamente simbolici - rispetto
ai temi con i quali sono state costruite e ‘lette’ le emergenze – ma del tutto slegati dal fenomeno
delle violenze sessuali in quanto tale (che non era evidentemente l'obiettivo dei provvedimenti).
L'"illuminazione" notturna delle spiagge, l'istituzione dei "permessi di soggiorno regionali", le
"espulsioni più facili" rispondevano ai temi della spiaggia di notte e del pericolo immigrazione,
promettendo sicurezza laddove questa, più che essere assente, era rappresentata nella sua
assenza.45 La distanza di questi provvedimenti dalla realtà del problema ha potuto passare perlopiù
inosservata grazie all'abituale accostamento, proposto con particolare frequenza nel corso del 1997,
tra criminalità e immigrazione. Una simile operazione di spostamento della devianza - dagli
interventi sul reato, a quelli, di 'prevenzione', sui suoi autori, per finire con tutti coloro che ne
portano i segni - sarebbe apparsa nell'allarme bolognese decisamente più grottesca (si provi a
immaginare la proposta, che avrebbe potuto scaturire dal tema del "branco", di impedire gli
assembramenti di più di tre persone).46
Vale la pena ripetere che le "soluzioni" proposte dagli attori politici per il panico morale - soluzioni
che coerentemente al suo funzionamento si propongono di cancellare il nemico pubblico, in quanto
portatore della minaccia e archetipicamente fonte di tutti i mali - nello stesso momento in cui
rispondono ai temi mediaticamente stabilitisi, li producono, contribuendo alla loro affermazione,
diffusione, legittimazione. E' a questo proposito impressionante la progressione che si sviluppa a
due soli giorni dall'episodio di impatto e ne sancisce la direzione:
11/8 "Albanesi e nordafricani sono un problema concreto" Sindaco di Rimini
12/8 Galera per gli immigrati che sbagliano Sindaco di Riccione
12/8 "Alt ai pendolari extracee" / "Permesso di soggiorno regionalizzato per gli immigrati"
Sindaco di Rimini
12/8 Espulsioni più facili: "Serve una legge" Segretario provinciale PDS e Sindaco di Riccione
13/8 "Fuori clandestini e violenti" / "Niente indulgenze, approviamo subito la legge che agevola le espulsioni"
Ministro degli Interni
13/8 "Niente più buonismo. Per i clandestini leggi più severe" Sindaco di Riccione
14/8 "La stagione del buonismo è finita" / "Immigrazione regolamentata"
Segretario provinciale PDS
14/8 "Va cambiata la Legge Martelli" Presidente della Regione
, (Panico morale RIS.doc), bat: 81585, 22/01/2007 13.35.00, ver. 28 28
45 In queste situazioni tipicamente i mezzi di informazione mettono in scena tutta una retorica della paura. Ma la rappresentazione è, in molti casi, letterale. Nel caso di Rimini vari quotidiani nazionali mandarono i loro reporter a 'girare' scene di insicurezza: il reportage di una giornalista di Repubblica ad esempio era basato su una sua passeggiata lungo la spiaggia di notte e sulla descrizione delle sue sensazioni di paura di fronte agli immigrati che la popolavano. 46 La trasposizione simbolica della devianza è tipica del panico morale (cfr. Cohen, 1972 e Turner e Surace, 1956).
Marcello Maneri, Il panico morale come dispositivo di trasformazione dell'insicurezza. Rassegna Italiana di Sociologia, 1, 2001
14/8 "I clandestini nei campi di lavoro" / "Diecimila sono brave persone, ma quando diventano dieci milioni sono un cataclisma"
Segretario Lega Nord
15/8 "Legge urgente" Ministro degli Interni e Guardasigilli
15/8 "Mettiamoli sul Monte Bianco, così possiamo contarli bene e farci le granatine alla menta"
Esponente Lega Nord
Queste ripetute richieste di modifica della legge Martelli hanno trovato una risposta con l'immediata
approvazione, già il 14 agosto, in piena crisi, del decreto-legge che prevede nuove regole più
stringenti sulle espulsioni, poi convertito in legge il 19 febbraio dell'anno seguente. E' stridente il
contrasto con gli effetti dell'allarme bolognese, dove l'unica conseguenza registrata è stata, a quanto
dicono le testimonianze di alcuni operatori di polizia, un improvviso aumento delle iscrizioni di
donne a corsi di autodifesa.
4. Conclusioni
Sia la città di Rimini sia quella di Bologna, si è cercato di illustrarlo in queste pagine, sono state al
centro di due episodi di panico morale intorno alle violenze sessuali fortemente mediatizzati e che
presentano una serie di analogie. I meccanismi che hanno portato alla loro affermazione,
l'andamento che hanno seguìto, l'articolazione tra le varie fasi, le modalità del coinvolgimento di
altri attori esterni al sistema informativo presentano somiglianze tali da farli considerare come due
esempi dello stesso fenomeno. Ma le analogie finiscono qui. Mentre a Bologna la violenza sessuale
è stata rappresentata come un fenomeno in cui sono coinvolti una vittima, un'azione, un carnefice,
ed è stata soprattutto considerata come un reato da affrontare per le sue caratteristiche specifiche, a
Rimini gli attori dell'allarme hanno principalmente individuato e messo a tema una categoria di
colpevoli simbolicamente esterna e portatrice di una minaccia per la società: l'immigrazione,
soprattutto clandestina. Questa categoria è stata controllata, esclusa simbolicamente e poi
giuridicamente.
Sul piano del discorso l'allarme riminese ha aggiunto un altro tassello nella riduzione
dell'immigrazione a potenziale devianza. E' un esempio paradigmatico di quel lavoro di
condensazione dei significati dell'insicurezza intorno alla paura della criminalità degli immigrati
svolto dal discorso pubblico, soprattutto nella sua forma di panico morale, negli anni novanta.
Questa attività ideologica si fa però più stringente, profonda, insidiosa, quanto più può nutrirsi di
azioni da parte delle istituzioni. Senza queste azioni non solo l'allarme non raggiungerebbe le
dimensioni che conosciamo (Rimini, e non Bologna, ha occupato le prime pagine dei media
nazionali per diversi giorni) ma il suo vocabolario non avrebbe il potere di presentarsi come verità
pratica, che definisce e spiega i fenomeni sociali nel momento in cui li sottopone a procedure di
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Marcello Maneri, Il panico morale come dispositivo di trasformazione dell'insicurezza. Rassegna Italiana di Sociologia, 1, 2001
esclusione. Dal punto di vista della condensazione dell'insicurezza intorno all'immigrazione gli
imprenditori politici hanno fatto superare al discorso anche la prova di realtà: nel panico morale lo
stato fa qualcosa per la sicurezza perché interviene sulla devianza, interviene sulla devianza perché
limita l'immigrazione e la sua mobilità.
Tra gli ingredienti originari, l'unico elemento che differenzia l'allarme di Rimini da quello di
Bologna è dato dallo statuto sociologico e giuridico dei portatori della minaccia.47Due studiose che
hanno cercato di aggiornare il concetto di panico morale alla realtà della società polifonica
contemporanea, in cui molti attori si organizzano per diffondere il proprio punto di vista con propri
media di nicchia o anche attraverso i media ufficiali, affermano che "non possiamo ignorare le
molte voci che contribuiscono ora al dibattito durante i panici morali. Negli anni novanta gruppi di
interesse e di pressione, lobby, esperti in campagne si mobilitano per intervenire nei panici morali.
[…] Uno degli scopi principali dei gruppi di pressione è l'intervento tempestivo nei più rilevanti
panici morali - in modo da essere in grado di rispondere istantaneamente alla demonizzazione
mediatica dei gruppi che rappresentano, e per fornire informazioni e analisi concepite per
contrastare questa rappresentazione" (Mc Robbie e Thornton, 1995:566).48 Per questo motivo le
due autrici ritengono che non si possa più parlare di una reazione indifferenziata da parte di una
monolitica società. Ma se a disinnescare gli effetti più deleteri di un panico morale sui pedofili, che
finisce per confonderli con gli omosessuali, intervengono a più riprese i vari rappresentanti delle
associazioni omosessuali; se l'associazione degli allevatori provvede a fornire dati, analisi e
rassicurazioni che evitano ai suoi iscritti di essere trattati come untori durante l'ennesimo allarme
"mucca-pazza", gli immigrati, tanto più se "clandestini", non hanno alcun "esperto in campagne"
che parli per loro o, quando anche esiste, questo non viene nemmeno interpellato. A Rimini il punto
di vista degli immigrati, opportunamente selezionato, svolge semmai il compito di legittimare la
rappresentazione del panico morale ("I violenti che sono tra noi vanno allontanati", Mattina, 13/8,
titolo apparso in pieno dibattito sulle espulsioni), rappresentazione che guadagna, da una distinzione
tra immigrato buono (e sottomesso, come in questo caso) e cattivo (dunque clandestino) una sua
ulteriore legittimità.49
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47 Naturalmente non è indifferente anche la collocazione del primo allarme ad agosto, ma sarebbe del tutto insufficiente a spiegare le differenze tra i casi di Rimini e Bologna. 48 Mia traduzione. 49 Anche se in un ruolo diverso, questo uso del punto di vista dell'immigrato non è dissimile dal modo in cui i media utilizzano normalmente le "opinioni della gente", chiamata nelle interviste volanti in strada o davanti all'edicola a recitare un copione già scritto (non perché dettato dall'intervistatore, ma dal contenuto sostanzialmente determinato dal carattere della domanda, dall'allarme sociale del momento, dalla selezione operata in seguito dalle redazioni). In una recente trasmissione televisiva di carattere satirico un finto giornalista chiedeva a persone intervistate in strada di dichiarare che avrebbero votato per il candidato che in realtà avevano escluso in una prima dichiarazione, motivando la richiesta con esigenze di "par-condicio": gli intervistati trasmessi accettavano l'invito, scegliendo il candidato non gradito, pur di apparire in televisione.
Marcello Maneri, Il panico morale come dispositivo di trasformazione dell'insicurezza. Rassegna Italiana di Sociologia, 1, 2001
Segnalo un secondo elemento che seleziona l'immigrazione come oggetto privilegiato del panico
morale contemporaneo: il suo enorme potenziale di amplificazione ritorna sotto forma di consenso
agli imprenditori morali che lo alimentano.50 Partecipare a questo coro della sicurezza è infatti
possibile, privo di rischi (e costoso è contrastarlo) solo se il nemico pubblico è escluso o escludibile
- giuridicamente, socialmente, simbolicamente - dalla comunità morale. Diventa poi politicamente
redditizio quando il suo essere esterno, ma allo stesso tempo troppo vicino, ne costituisce per
definizione lo stesso statuto sociologico (è il caso, da sempre, dello straniero51). In questo modo si
può rinsaldare il legame morale, comunitario, tra l'imprenditore politico e il suo elettorato,
producendo una forma di coesione ideologica che usa le parole della nostalgia ("Ragazze, finiti i
tempi della spiaggia romantica", Resto del Carlino, 10 Agosto).
Si può dunque tracciare una linea di demarcazione tra quei panici morali - che scaturiscono attorno
ad alcune manifestazioni della criminalità - in cui la fonte della minaccia, troppo impersonale, o
contestuale, oppure troppo integrata nel tessuto sociale, non si presta alla costruzione di un legame
comunitario (Bologna, i sassi dai cavalcavia ecc.) e quelle situazioni - gli allarmi sull'immigrazione
- in cui è disponibile un nemico pubblico funzionale alla costituzione contrappositiva del "noi". Nei
casi del primo tipo, il sistema politico ha avuto un ruolo secondario e le conseguenze del panico
morale sono state trascurabili, sia da un punto di vista culturale che in senso più concreto. Nei casi
del secondo tipo, questo attore ha giocato una parte di co-protagonista e le conseguenze sono state
sia di tipo culturale, con la stabile sovrapposizione tra i concetti di criminalità, immigrazione
clandestina, sicurezza, sia di tipo politico, fissandosi in provvedimenti di polizia, disposizioni
amministrative, atti legislativi.
Il panico morale appare così come una delle occasioni privilegiate con le quali il ceto politico, o
certi suoi settori, rientra in gioco, governando le fonti oscure della nostra incertezza. E' con questa
"democrazia della sicurezza"52 che la "società del rischio" può tornare ad essere la "società del
pericolo", rinserrando le fila di fronte al nemico.
Bibliografia Barbagli, M. 1999 (a cura di) Egregio Signor Sindaco. Lettere dei cittadini e risposta dell'istituzione sui
problemi della sicurezza, Bologna, Il Mulino.
, (Panico morale RIS.doc), bat: 81585, 22/01/2007 13.35.00, ver. 28 31
50 Il concetto di "imprenditore morale" (Becker, 1963) non faceva riferimento ai panici morali (il lavoro di Cohen è posteriore) ma indicava la medesima razionalità degli attori in gioco nei processi di etichettamento. 51 Simmel (1908) ha affrontato in un noto saggio questo tema. 52 Così Palidda (1999) descrive la situazione della polizia, che fa ciò che l'opinione pubblica richiede ottenendo in questo modo la collaborazione dei cittadini. La metafora vale pienamente anche per il potere politico.
Marcello Maneri, Il panico morale come dispositivo di trasformazione dell'insicurezza. Rassegna Italiana di Sociologia, 1, 2001
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