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57 Studio morfologico e mineralogico di dettaglio del concrezionamento del sistema carsico di Santa Barbara (Miniera di San Giovanni, Iglesias) PAOLO FORTI 1,2 , ANTONIO PAGLIARA 3 , ERMANNO GALLI 4 , ANTONIO ROSSI 4 , JO DE WAELE 5 , ANGELO NASEDDU 6 , SILVESTRO PAPINUTO 7 Riassunto Il sistema carsico di Santa Barbara è costituito da due grandi vuoti subverticali (Santa Barbara 1 e Santa Barbara 2) che si aprono al contatto con un filone mineralizzato a solfuri nella Miniera di San Giovanni (Iglesias). Mentre Santa Barbara 1 viene considerata una delle grotte di miniera più famose al mondo per i bei cristalli euedrali di barite che tappezzano le sue pareti, l’intero siste- ma può essere considerato uno dei più antichi in assoluto avendo iniziato a svilupparsi nel Cambriano. Entrambe le grotte ospitano grandi concrezioni attive di calcite e/o aragonite che in alcuni casi coprono parzialmente i cristalli di barite. Lungo il fornello che collega la galleria mineraria alla cavità superiore (Grotta di Santa Barbara 1), è stata intercettata una sequenza deposizionale di circa sei metri, costituita, dalla base alla sommità, da : a) una concrezione subacquea (cave clouds) di calcite e/o aragonite; b) un sedi- mento terroso-argilloso suddiviso in varie bande con nette variazioni di colore dal nero al rosso mattone; c) una drusa di cristalli tabulari di barite bruno rosati lunghi sino a 7 cm e d) una cro- stone stalagmitico di calcite/aragonite che costituisce il pavimento della grotta, tuttora in fase di concrezionamento. Nel 2002, nell’ambito di una ricerca multidisciplinare finalizzata a definire l’evoluzione speleo- genetica dell’intero sistema carsico, è stato intrapreso uno studio di dettaglio sugli speleotemi in esso presenti. A tale scopo sono state prelevate 4 carote, due dalla grotta superiore (Santa Barbara 1) e due da quella inferiore (Santa Barbara 2), su cui sono stati successivamente condot- ti studi morfologici, mineralogici, petrografici, chimici e tessiturali. La parte superiore di una delle carote di Santa Barbara 2 è stata utilizzata anche per datazioni U/Th, per la determinazio- ne degli isotopi stabili dell’ossigeno e del carbonio e per analisi di luminescenza al fine di rico- struire le variazioni climatiche e/o ambientali che hanno interessato l’area del sistema carsico nell’ultimo milione di anni: questi studi sono al momento ancora in corso. I principali risultati sino ad ora conseguiti sono i seguenti: 1) le grotte di Santa Barbara 1 e Santa Barbara 2 fanno parte dello stesso karst ed hanno avuto un’identica evoluzione dei loro speleo- temi; 2) le mineralizzazioni a solfuri si sono messe in posto all’interno del sistema carsico quan- do il concrezionamento era già iniziato; 3) la deposizione di baritina non è stato un evento iso- lato, ma si è ripetuto almeno una seconda volta, anche se con caratteristiche diverse; 4) gli ossi- dati che nel meccanismo di concrezionamento precedono l’evento principale di formazione della baritina si sono rivelati di notevole interesse mineralogico comprendendo ossidi-idrossidi piut- tosto rari come eterolite, idroeterolite, calcofanite, cesarolite e coronadite (?) riconosciuti per la prima volta nell’ambiente di grotta; 5) la successione temporale e di dettaglio dei vari eventi spe- leogenetici avvenuti all’interno del sistema carsico è stata meglio definita. Parole chiave: speleotemi, minerali di grotta, evoluzione speleogenetica, grotte di miniera, Sardegna 1 Ricerca effettuata nell’ambito del Progetto MIUR 2002 “Studio morfologico e mineralogico di speleotemi per ricostruire particolari ambienti carsici” Resp. Prof. Paolo Forti 2 Istituto Italiano di Speleologia, Via Zamboni 67, 40126 BOLOGNA. [email protected] 3 Dipartimento di Scienze della Terra e Geologico-Ambientali, Università di Bologna, Via Zamboni 67, 40127 BOLOGNA 4 Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Modena e Reggio Emilia, Largo S. Eufemia 19, 41100 MODENA 5 Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Cagliari, Via Trentino 51, 09127 CAGLIARI 6 IGEA SpA, Loc. Campo Pisano, 09016 IGLESIAS 7 Speleo Club Domusnovas LE GROTTE DI MINIERA Tra economia mineraria ed economia turistica Istituto Italiano di Speleologia - Memoria XVII, s.II, pp. 57-68

Studio morfologico e mineralogico di dettaglio del concrezionamento del sistema carsico di Santa Barbara (Miniera di San Giovanni, Iglesias)

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Studio morfologico e mineralogico di dettagliodel concrezionamento del sistema carsico

di Santa Barbara (Miniera di San Giovanni, Iglesias)

PAOLO FORTI1,2, ANTONIO PAGLIARA3, ERMANNO GALLI4, ANTONIO ROSSI4, JO DE WAELE5, ANGELO

NASEDDU6, SILVESTRO PAPINUTO7

RiassuntoIl sistema carsico di Santa Barbara è costituito da due grandi vuoti subverticali (Santa Barbara 1e Santa Barbara 2) che si aprono al contatto con un filone mineralizzato a solfuri nella Miniera diSan Giovanni (Iglesias). Mentre Santa Barbara 1 viene considerata una delle grotte di miniera piùfamose al mondo per i bei cristalli euedrali di barite che tappezzano le sue pareti, l’intero siste-ma può essere considerato uno dei più antichi in assoluto avendo iniziato a svilupparsi nelCambriano. Entrambe le grotte ospitano grandi concrezioni attive di calcite e/o aragonite che inalcuni casi coprono parzialmente i cristalli di barite. Lungo il fornello che collega la galleria mineraria alla cavità superiore (Grotta di Santa Barbara1), è stata intercettata una sequenza deposizionale di circa sei metri, costituita, dalla base allasommità, da : a) una concrezione subacquea (cave clouds) di calcite e/o aragonite; b) un sedi-mento terroso-argilloso suddiviso in varie bande con nette variazioni di colore dal nero al rossomattone; c) una drusa di cristalli tabulari di barite bruno rosati lunghi sino a 7 cm e d) una cro-stone stalagmitico di calcite/aragonite che costituisce il pavimento della grotta, tuttora in fasedi concrezionamento. Nel 2002, nell’ambito di una ricerca multidisciplinare finalizzata a definire l’evoluzione speleo-genetica dell’intero sistema carsico, è stato intrapreso uno studio di dettaglio sugli speleotemiin esso presenti. A tale scopo sono state prelevate 4 carote, due dalla grotta superiore (SantaBarbara 1) e due da quella inferiore (Santa Barbara 2), su cui sono stati successivamente condot-ti studi morfologici, mineralogici, petrografici, chimici e tessiturali. La parte superiore di unadelle carote di Santa Barbara 2 è stata utilizzata anche per datazioni U/Th, per la determinazio-ne degli isotopi stabili dell’ossigeno e del carbonio e per analisi di luminescenza al fine di rico-struire le variazioni climatiche e/o ambientali che hanno interessato l’area del sistema carsiconell’ultimo milione di anni: questi studi sono al momento ancora in corso. I principali risultati sino ad ora conseguiti sono i seguenti: 1) le grotte di Santa Barbara 1 e SantaBarbara 2 fanno parte dello stesso karst ed hanno avuto un’identica evoluzione dei loro speleo-temi; 2) le mineralizzazioni a solfuri si sono messe in posto all’interno del sistema carsico quan-do il concrezionamento era già iniziato; 3) la deposizione di baritina non è stato un evento iso-lato, ma si è ripetuto almeno una seconda volta, anche se con caratteristiche diverse; 4) gli ossi-dati che nel meccanismo di concrezionamento precedono l’evento principale di formazione dellabaritina si sono rivelati di notevole interesse mineralogico comprendendo ossidi-idrossidi piut-tosto rari come eterolite, idroeterolite, calcofanite, cesarolite e coronadite (?) riconosciuti per laprima volta nell’ambiente di grotta; 5) la successione temporale e di dettaglio dei vari eventi spe-leogenetici avvenuti all’interno del sistema carsico è stata meglio definita.Parole chiave: speleotemi, minerali di grotta, evoluzione speleogenetica, grotte di miniera,Sardegna

1Ricerca effettuata nell’ambito del Progetto MIUR 2002 “Studio morfologico e mineralogico di speleotemi per ricostruire particolariambienti carsici” Resp. Prof. Paolo Forti2 Istituto Italiano di Speleologia, Via Zamboni 67, 40126 BOLOGNA. [email protected] Dipartimento di Scienze della Terra e Geologico-Ambientali, Università di Bologna, Via Zamboni 67, 40127 BOLOGNA4 Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Modena e Reggio Emilia, Largo S. Eufemia 19, 41100 MODENA5 Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Cagliari, Via Trentino 51, 09127 CAGLIARI6 IGEA SpA, Loc. Campo Pisano, 09016 IGLESIAS7 Speleo Club Domusnovas

LE GROTTE DI MINIERATra economia mineraria ed economia turisticaIstituto Italiano di Speleologia - Memoria XVII, s.II, pp. 57-68

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IntroduzioneSanta Barbara 1 (Iglesias, Sardegna) è unagrotta di miniera tra le più conosciute al mon-do anche perchè sulle sue pareti si trovanoforse i più bei cristalli di barite (Fig.1) forma-tisi all’interno di una cavità naturale (Forti &Perna, 1981, 1983; Hill & Forti, 1997). Il siste-ma carsico consiste in due cavità pressochèsovrapposte (Fig. 2) sviluppatesi esattamenteal contatto di un giacimento di polisolfuri (inprevalenza galena) nella miniera di San Gio-vanni. Le grotte ospitano grandi concreziona-menti ancora attivi di calcite e/o aragoniteche ricoprono parzialmente le druse di barite.Sulle pareti del fornello che collega la galleriamineraria alla grotta superiore (Santa Barbara1) è possibile osservare una sequenza di de-positi chimici di circa 7 metri di spessore chea grandi linee può essere suddivisa in quattroparti ed esattamente, dal basso verso l’alto: a)uno speleotema subacqueo tipo cave-cloudscomposto essenzialmente di calcite; b) un se-dimento di aspetto terroso, stratificato, conperiodiche brusche variazioni cromatiche dalgiallo arancio al nero; c) uno strato di cristallieuedrali di barite di lunghezza fino a 7 centi-

metri, di colore dal giallo mielato al nocciola;d) una concrezione vadosa di calcite e/o ara-gonite ancora attiva (crostone stalagmitico)che costituisce il pavimento attuale della grot-ta. Pochi anni dopo la scoperta di questa pri-ma cavità avvenuta nel 1952, è stato effettua-to uno studio mineralogico sulle bariti cherappresentano l’elemento più caratterizzantedella grotta di Santa Barbara 1 (Rossetti &Zucchini, 1957). Nei primi anni ‘80 i lavori di scavo per una di-scenderia portarono ad intersecare a livello +50 m s.l.m. un altro grande vuoto naturale par-zialmente riempito da sedimenti siltoso–argil-losi: questa nuova cavità, vicina alla grotta diSanta Barbara 1, ma ubicata ad una quota infe-riore, presentava morfologie e speleotemi as-sai simili, come ad esempio la presenza diffu-sa di druse di barite. Per tali analogie i primiesploratori la chiamarono Santa Barbara 2,ipotizzando che facesse parte dello stesso si-stema carsico, anche se allora non fu possibi-le effettuarne l’esplorazione completa che siarrestò alla base di un grande pozzo verticale(Fabbri & Forti, 1986). Questa, conclusa solonel 2004 (Badino & Messina, 2005), ha confer-

Abstract Santa Barbara (Iglesias, Sardinia) is a world renown mine cave system, because it hosts perhapsthe best display of barite crystals developed within natural cavities. The karst system consists oftwo large subvertical voids (presently not interconnected) developed just in contact with a poly-sulphide vein in the San Giovanni mine (Iglesias, Sardinia) and it is supposed to be one of the old-est in the world because its development started in the Cambrian age. The caves host huge stillactive calcite and/or aragonite speleothems partially covering the euhedral barite crystals. Alongthe vertical shaft connecting the mine gallery with the upper cave a six meters thick deposition-al sequence has been exposed. It consist from bottom (bedrock) to top of: (a) a calcite-aragonitesubaqueous speleothem (cave clouds); (b) an earthy layered sediment with sudden colourchanges ranging from black to orange; (c) a layer consisting of honey to hazel-brown barite tab-ular crystals up to 7 cm high and (d) a calcite-aragonite vadose speleothem (flowstone) whichrepresents the still active cave floor. In 2002 a multidisciplinary research started with the aim to define the speleogenetic history ofthe karst system by studying in detail the hosted speleothems: 4 different drillings were done (2in the upper and 2 in the lower cave) and the obtained cores were used for different purposes(detailed morphological, mineralogical, petrographical, textural analyses). The upper part of aspeleothem (corresponding to the last and still developing calcite-aragonite deposit) was alsoused for luminescence, stable isotope and U/Th analyses to reconstruct the climate and the envi-ronmental changes occurred in the cave area in the last 1,000,000 years: all these studies arestill in progress. At the moment the main achieved result may be summarized as: 1) Santa Barbara 1 & 2 cavesbelong to the same karst system, because their speleothems underwent exactly the same evolu-tion; 2) the sulphide minerals were deposited within the karst system when the carbonate depo-sition had already started; 3) the barite deposition was not a single event but occurred at leastonce earlier although with different characteritstics; 4) the oxides-hydroxides deposits just inbetween the two barite events have a noticeable importance from the mineralogical point of view,with the deposition of some very rare minerals, some of which new for the cave environment (het-aerolite, hydrohetaerolite, chalcophanite, cesarolite, coronadite(?)); 5) the chronology of the dif-ferent speleogenetic mechanisms active time by time in the karst system are now better under-stood and detailed. Keywords: speleothems, cave minerals, speleogenetic evolution, mine caves, Sardinia

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mato l’ipotesi iniziale che riteneva le due cavi-tà appartenenti ad un unico sistema, anche seancora non è stato possibile individuarne ilcollegamento diretto, forse nascosto dai gran-di spessori di concrezioni e di sedimenti in es-se presenti. Vari autori (Forti & Perna, 1982;Perna, 1983; Bini et al., 1988) hanno discussol’evoluzione speleogenetica di questa struttu-ra carsica sulla base delle evidenze morfologi-che mettendola in relazione ai principali even-ti che hanno caratterizzato il distretto minera-rio di Iglesias dal Cambriano in poi. Gli stessiautori concordano nell’ipotizzare che l’interosistema abbia iniziato a svilupparsi prima del-la messa in posto dei principali corpi minera-lizzati. Pertanto il complesso carsico di SantaBarbara può essere considerato uno dei piùantichi al mondo e si ipotizza abbia subito al-meno cinque cicli carsici successivi.Nel 2002 è iniziata una ricerca multidiscipli-nare per definire l’evoluzione speleogeneticadi questo sistema carsico attraverso lo studiodi dettaglio degli speleotemi ospitati. Sulleconcrezioni campionate sono state condotteanalisi morfologiche, petrografiche, mineralo-giche, chimiche e tessiturali. La parte sommi-tale di una delle carote di Santa Barbara 2(corrispondente alle concrezioni di calcite e/oaragonite più recenti e ancora attualmente inaccrescimento) è stata utilizzata per le analisidi luminescenza, la determinazione degli iso-

topi stabili dell’ossigeno e del carbonio ed ilrapporto U/Th al fine ricostruire le variazioniclimatiche e ambientali che hanno interessatoil sistema carsico nell’ultimo milione di anni.Tutti questi studi sono ancora in corso, ma al-cuni interessanti risultati sono già stati otte-nuti (De Waele et al., 2004a,b; Pagliara 2004).Nel presente studio, dopo aver brevementeriassunto il lavoro sperimentale effettuato al-l’interno delle cavità e successivamente in la-boratorio, vengono descritti i minerali deglispeleotemi che tappezzano le due grotte edinfine viene proposto uno schema evolutivodell’intero complesso in funzione delle nuoveconoscenze acquisite.

Parte SperimentaleNell’ottobre 2003 è stata eseguita una primacampionatura della successione deposiziona-le affiorante sulle pareti del fornello di colle-gamento tra la galleria mineraria e la grotta diSanta Barbara 1; successivamente sono stateprelevate 4 carote: due da Santa Barbara 1 edue da Santa Barbara 2 (Figg. 3, 4). Le ultimedue hanno rilevato, quasi alla base della con-crezione, la presenza di mineralizzazioni agalena con blenda accessoria che in una geodesi associano a bei cristalli euedrali di calcite,dolomite e cerussite (Fig. 5). Le due carote prelevate in Santa Barbara 1, nonavendo raggiunto la base del concrezionamen-

Fig. 1 - La barite della grotta di Santa Barbara.

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to, non hanno incontrato mineralizzazioni asolfuri, ma hanno permesso di mettere in evi-denza la grande variabilità di spessore dellediverse bande che costituiscono gli speleotemi.E’ tuttavia importante sottolineare che, purnella diversità dei loro caratteri scalari (spesso-re delle bande), le quattro carote mostrano unasostanziale analogia dal punto di vista compo-sizionale, morfologico e tessiturale, caratteriquesti che confortano l’ipotesi di una loroappartenenza ad un unico sistema carsico.Mentre dalla parte sommitale di una dellecarote di Santa Barbara 2 sono stati preparatiprovini per le datazioni assolute tramite ilmetodo U/Th e per le determinazioni degliisotopi stabili di ossigeno e carbonio, da unadi quelle di Santa Barbara 1 sono state prepa-rate sezioni di 6 mm di spessore per la deter-minazione presso l’Università di Sofia(Bulgaria) degli effetti di luminescenza: que-ste analisi sono attualmente in fase di svolgi-mento ed i risultati saranno disponibili per lastampa in un prossimo futuro.Dalle due carote rimanenti (una di SantaBarbara 1 e l’altra di Santa Barbara 2) sonostate ricavate sezioni sottili per uno studio didettaglio al microscopio polarizzante: ladescrizione morfologica, paragenetica e tessi-turale è stata corredata anche da una docu-mentazione fotografica dei caratteri collega-bili a variazioni di chimismo delle acque con-crezionanti. I risultati incrociati delle osserva-zioni fatte sulle due carote hanno evidenziatouna perfetta analogia degli strati fra loro cor-relabili, anche se di spessore diverso.Dalle stesse carote sono stati prelevati ancheil materiale per le analisi chimiche mediantemicrosonda elettronica e per gli esami röntge-nografici sia diffrattometrici che con camereGandolfi. Tutti i dati ottenuti hanno messo inevidenza la complessa e peculiare composi-zione dei livelli di materiale terroso presentiin tutte le carote e, in modo particolare, nellasuccessione deposizionale del fornello diaccesso a Santa Barbara 1 dove raggiungonospessori anche metrici.

I minerali delle concrezioni di SantaBarbara 1 e Santa Barbara 2Le analisi di dettaglio degli speleotemi pre-senti nel sistema carsico di Santa Barbarahanno messo in evidenza il notevole interessecomposizionale della sequenza sedimentariarivelatasi ricca di differenti specie mineralogi-che, anche rare (Tab.1). Gran parte della con-crezione è costituita da carbonato di calcio(essenzialmente calcite ma anche aragonite inparticolare nella sua parte sommitale); l’im-portanza di queste presenze al fine della rico-

struzione delle condizioni paleoambientali epaleoclimatiche che hanno influito sulla loroformazione non verrà trattata in questo lavo-ro, in quanto la loro analisi dettagliata è incorso di approfondimento.Va tuttavia sottolineato che mentre la basedelle concrezioni appare costituita da calcitedepositatasi da acque termali, in quanto pre-senta un’intensa e caratteristica fluorescenzadi colore rosso vivo se irradiata con raggi UV,quella sommitale presenta una debole fluore-scenza di color giallo pallido tipica di un con-crezionamento a bassa temperatura da partedi acque meteoriche di percolazione. Gliaspetti mineralogicamente più rilevanti nellasequenza deposizionale del sistema carsico diSanta Barbara risultano essere tre e riferibili: 1- alla parte basale dove la messa in posto dei

giacimenti ha portato solfuri metallici adepositarsi all’interno di vuoti naturali giàparzialmente concrezionati;

2- ai due episodi che nella sequenza hannofavorito la formazione di barite;

3- alla deposizione di ossidi ed idrossidimetallici avvenuta nell’intervallo tra i dueeventi di formazione della barite (Figg. 6, 7).

La presenza di galena all’interno della concre-zione e la scarsa alterazione della calcite sucui i solfuri di Pb e Zn si sono depositatidimostrano che tali mineralizzazioni si sonomesse in posto quando il sistema carsico eragià formato e che la loro genesi è avvenuta aduna termalità tale da non modificare in modorilevabile i caratteri chimici e fisici della con-crezione carbonatica ospite. In sezione sotti-le, infatti, attorno ai cristalli di solfuro, preva-lente galena e sfalerite accessoria, sono pre-senti bande molto sottili di cerussite, la cui

Fig. 2 - Sezione delsistema carsico di

Santa Barbara.

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genesi sembra attribuibile più a reazioni chi-miche che a cause termiche. Nelle stessesezioni sono ben riconoscibili perfetti indivi-dui rombici di dolomite con colori di interfe-renza brunacei.In una geode intercettata da una delle carote

di Santa Barbara 2, associati a bei romboedridi calcite ed a cubetti di galena si possonoosservare cristalli anche millimetrici di cerus-site, vitrei, semitrasparenti, con perfetto abitoprismatico e terminazione bipiramidale (Fig. 8a, b). La presenza contemporanea di individuiben cristallizzati di questi minerali ne testi-monia una genesi in un ambiente di acque ter-mali. Per quanto riguarda la barite, già ogget-

to di uno studio precedente (Rossetti &Zucchini, 1957), è qui sufficiente ricordareche in base ai nuovi risultati la sua deposizio-ne non è stato un evento isolato, ma si è ripe-tuta almeno una seconda volta, anche se in unambiente con caratteristiche diverse.Dal punto di vista mineralogico i risultati piùinteressanti sono quelli relativi agli ossidati pre-senti o come sottili intercalazioni nelle caroteoppure in accumuli di spessore nettamentemaggiore nella “tasca” attraversata dal fornello,ora studiati in dettaglio per la prima volta.La maggior parte dei campioni presi in esameè costituita da concrezioni di calcite in fittelaminazioni sovrapposte di diverso spessore

Fig. 4 - Particolare di una carota estratta da Santa Barbara 1 con evidente lo stratodi cristalli di barite.

Fig. 3 - Il campionamento delle carote in Santa Barbara 2.

Fig. 5 - Particolare della geode con galena di neoformazione alla base della carotadi Santa Barbara 2 illuminato con una luce ultravioletta.

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e colore variabile dal bianco latte al rosato,dal giallo pallido al nocciola. costituite da cri-stalli allungati secondo la direzione di accre-scimento dello speleotema e di dimensionivariabili da submillimetriche a centimetriche.La loro differenza di colore è imputabile amicroinclusioni di natura diversa, come evi-denziato dalle numerose analisi chimicheeffettuate con microsonda elettronica.Rilevante la presenza di barite (Fig. 8c) siacome un fitto intreccio di bei cristalli tabulari,vitrei, semitrasparenti, associati ad individuidi calcite in un livello di spessore centimetri-co intercettato dal fornello, sia come minutied allungati individui euedrali, orientati paral-lelamente o con debole inclinazione rispettoalle salbande di un sottile livello di una dellecarote di Santa Barbara 1. A loro volta gli ossidati, concentrati in tascheirregolari nel fornello e in livelli centimetricinelle carote, si presentano sia cementati chein masse incoerenti, da granulari a terrosopolverulenti, di colore variabile dal giallo ocraal rosso bruno, sino al nero intenso. Le nume-rose diffrattometrie e le analisi SEM hannoevidenziato trattarsi di ossidi ed idrossidi diFe, in prevalenza amorfi, con barite, calcite,cerussite, dolomite, galena, goethite, quarzo,e la presenza in subordine di fillosilicati.Particolarmente interessanti sono risultati gliossidati terrosi di colore nero intenso neiquali le analisi röntgenografiche con cameraGandolfi, con pose superiori alle 36 ore, asso-ciate ai dati chimici EDS hanno evidenziato lapresenza di minerali di Mn, Zn e Pb del tuttonuovi per l’ambiente di grotta. Tra questivanno ricordati la cesarolite (Burkart-Baumann, 1967; Anthony et al., 1997a), che sipresenta sotto forma di granuli subsfericipicei, con esfoliazione cipollare (Fig. 8d), l’edi-fane (Rouse et al., 1984 Anthony et al., 2000),sotto forma di minuti individui prismaticiesagonali, singoli o geminati, cavi al lorointerno e di colore grigio chiaro oppure inframmenti relitti delle stesse impalcature(Figg. 9a, b), l’eterolite (Frondel & Heinrich,1942; Anthony et al., 1997d) e/o idroeterolite(Frondel & Heinrich, 1942; Mc Andrew, 1956;Anthony et al., 1997e) in aggregati coralloididi minute sferulette di colore grigio metallico(Fig. 9c) e la calcofanite (Ostwald, 1985;Anthony et al., 1997b) in frammenti compatti,terrosi, di colore giallo arancio, dispersi nelmateriale nero (Fig. 9d). Per la sovrapposizio-ne di alcuni riflessi negli spettri di polveredella cesarolite e della coronadite (Frondel &Heinrich, 1942; Anthony et al., 1997c), cosìcome per l’analogia della loro composizionechimica, non si è potuto accertare con sicu-

rezza la presenza del secondo minerale, la cuiidentificazione potrà essere confermata solocon ulteriori e più approfondite analisi sinoad ora impossibili da effettuare per la estre-ma scarsità del materiale a disposizione. L’elenco dei minerali identificati in SantaBarbara 1 è riportato in Tab. I.

Evoluzione geologica del sistema carsicoL’attività carsica nell’Iglesiente è iniziata nelCambriano durante la deposizione dellaFormazione di Santa Barbara (dolomia rigata)ed all’inizio di quella di San Giovanni (calcareceroide), quando diverse aree, tra le qualianche Monte San Giovanni emersero anchesolo per pochi metri, ma per un intervallo ditempo sufficiente per poter essere carsificate(Bechstadt & Boni, 1996). La dissoluzione, lad-dove è ancora riconoscibile, è rappresentatada piccole tasche carsiche, in seguito riempitedi dolomia gialla, recentemente riconosciuteanche nel nucleo di alcune concrezioni mam-mellonari intercettate dal fornello di accessoalla Grotta di Santa Barbara 1. E’ plausibileche i primi vuoti da cui ha avuto origine tuttoil sistema carsico abbiano incominciato a for-marsi durante questo primo ciclo, anche sesarebbe opportuno trovare ulteriori riscontria questa ipotesi in quanto depositi analoghi sisono formati anche in epoche successive(Carbonifero medio).

Fig. 6 - Tasca di materiale terroso lungo il fornello diaccesso a Santa Barbara 1.

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La seconda fase carsica risale probabilmenteal Cambriano superiore/Ordoviciano inferiorequando buona parte delle formazioni carbo-natiche sono emerse dando luogo a fenomenicarsici piuttosto evidenti. Anche il sistemacarsico di Santa Barbara si potrebbe far risali-re a quel periodo, quando i giacimenti solfu-rei di origine singenetica, o post-geneticamolto precoce, ossidandosi diedero origine afluidi fortemente aggressivi per la presenza diacido solforico (ipercarsismo) (De Waele et al.,2001). Anche se dai dati in nostro possessonon è possibile valutare quale fosse la suaampiezza, si può tuttavia affermare che ilsistema di Santa Barbara, durante questociclo, o non ebbe modo di concrezionarsi,ovvero il suo concrezionamento è andatototalmente perduto. Nell’Ordoviciano medio-superiore il mare tornò ad invadere le terreemerse per un lunghissimo intervallo ditempo. Solo nel Carbonifero medio si reimpo-sta una nuova fase continentale, legata ancheall’orogenesi ercinica, durante la quale moltezone dell’isola vengono peneplanate(Carmignani et al., 2001). E’ di questo periodoil terzo ciclo speleogenetico che crea grandivuoti, in alcuni casi poi riempiti da brecce dicollasso, da adunamenti di barite e galenaricca in argento e da dolomia gialla. Durantequesto ciclo il sistema carsico di Santa

Barbara potrebbe aver raggiunto lo sviluppoattuale come testimoniato, alla base del con-crezionamento, da tasche di alterazione riem-pite di dolomia gialla e di solfuri vari.Nel Trias medio-superiore il mare tornò ad in-vadere parte delle aree emerse fino a lambirela zona del Monte San Giovanni (Campumari)e si chiuse il terzo ciclo carsico (Forti & Perna1982; Civita et al., 1983). In quest’area il Ter-ziario risulta caratterizzato da condizioni dicontinentalità con ambienti fluviali e/o lagu-nari (carbone eocenico del bacino di Carbonia)e da fasi tettoniche Oligo-Mioceniche legatesia all’orogenesi pirenaica e nord-appennini-ca, sia alla successiva apertura dei bacini ba-learico e tirrenico accompagnata da attivitàvulcanica. In questo periodo il carsismo ritor-na di nuovo attivo in particolare lungo le zo-ne di faglia; tuttavia i prodotti di questa azio-ne vengono spesso cancellati dalla tettonica.Nel sistema di Santa Barbara è possibile che ilconcrezionamento abbia avuto origine adopera di acque termali in ambiente freatico eche al suo interno sia avvenuto anche un epi-sodio di rimobilizzazione dei giacimenti a sol-furi con rideposizione di galena e di altri mi-nerali di neoformazione all’interno delle con-crezioni, senza che queste ultime venisseroalterate in maniera evidente. E’ questo il pri-mo caso in cui una rimobilizzazione parziale

Fig. 7 - Sequenza strati-grafica del deposito ter-roso.

Fig. 8 – Foto allo stereomicroscopio di: a) cristallo bipiramidale, vitreo, trasparente dicerussite nella geode di fig. 5; ed immagini SEM di: b) cristalli bipiramidali di cerussite; c)cristalli tabulari di barite immersi in una matrice goethitica; d) particolare di un granulosubsferico di cesarolite.

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Fig. 10 - Rapporti stratigrafici tra le differenti carote del sistema di S. Barbara e conseguente ipotesi evolutiva.

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dei giacimenti minerari dell’Iglesiente vieneaffermata con sicurezza.In questa fase il sistema carsico di SantaBarbara raggiunge le dimensioni e le suepeculiarità attuali: grandi cavità con pareticompletamente ricoperte da speleotemi.Il quinto ed ultimo ciclo carsico inizia nelPliocene-Quaternario ed tuttora attivo: duran-te questo intervallo di tempo all’interno delsistema si sono impostate condizioni chimi-co-fisiche favorevoli alla deposizione dellabarite parietale, degli ossidi-idrossidi metalli-ci ed alla formazione del potente concrezio-namento in prevalenza calcitico.Il meccanismo di deposizione del carbonatodi calcio ad opera delle acque termali si inter-ruppe in concomitanza del primo evento diprecipitazione della barite, avvenuto conmodalità leggermente differenti assai primadi quello noto e già descritto. Ha quindi fattoseguito una deposizione alternata di stratiterrosi neri, rossi e gialli, particolarmente ric-chi di ossidi e idrossidi metallici, sia amorfiche cristallini, che testimoniano fasi di forteossidazione delle masse mineralizzate. Lapresenza di alcuni minerali rari e assoluta-mente nuovi per l’ambiente di grotta (eteroli-te, idroeterolite, calcofanite, cesarolite, coro-nadite (?), edifane) confermano la complessitàdel chimismo delle acque di percolazione cosìcome la varietà dei meccanismi minerogeneti-ci attivi. Va sottolineato che durante questoperiodo, per la prima volta, la parte superioredel sistema carsico (la zona sommitale dellagrotta di Santa Barbara 1) è venuta a trovarsiper un breve lasso di tempo in condizioniareate, come testimoniano le concrezioni dicalcite (boxworks) che sigillano alcune frattu-re di essiccamento presenti all’interno di unodei livelli di materiale nero. Le condizionifreatiche si sono comunque rapidamenteripristinate, tanto che tutti i livelli terrosisovrastanti sono privi di queste presenze car-bonatiche.Al termine dell’accumulo degli “ossidati” si èavuto un altro breve periodo di tempo in cuile acque, ancora in condizioni freatiche,hanno di nuovo ripreso a depositare carbona-to di calcio che ha impregnato e cementato laparte sommitale dei depositi terrosi. Ha quin-di fatto seguito il secondo e maggiore eventodi deposizione della barite che si è conclusocon un marcato e definitivo passaggio da con-dizioni ambientali freatiche a vadose. La quasitotalità del sistema carsico viene così a trovar-si areata permettendo lo sviluppo di concre-zioni gravitative; solo la parte inferiore diSanta Barbara 2 ha continuato ad essere alla-gata, come testimoniato dalla continua forma-

zione di tipici concrezionamenti subacquei(cave clouds). La sequenza deposizionale successiva allaformazione dei grandi cristalli di barite ècostituita da alternanze di calcite e di arago-nite ed è al momento ancora attiva.Nonostante brevi e rari episodi di ridissolu-zione, l’accrescimento delle concrezioni èstato regolare per un milione di anni o più,come testimonia la regolare successione delleloro perfette laminazioni. Durante questointervallo di tempo il livello base della grottasi è mantenuto a +70 m s.l.m., come indicatodal passaggio da concrezioni gravitazionali

Fig. 9 – Immagini SEM di: a) cristallo relitto di edifane; b)cristalli esagonali internamente cavi di edifane; c) cristal-li prismatici tetragonali con terminazione piramidale dieterolite o idroeterolite; d) fitto intreccio di minuti cri-stalli lamellari di calcofanite.

Tab. I – Minerali di grotta delle concrezioni del sistemacarsico di Santa BarbaraMinerale Formula SistemaAragonite CaCO3 Rombico

Barite BaSO4 Rombico

Calcite CaCO3 Trigonale

Calcofanite ZnMn3O7·3H2O Trigonale

Caolinite Al2Si2O5(OH)4 Triclino

Cerussite PbCO3 Rombico

Cesarolite PbMn3O7·H2O Esagonale ?

Clorite (Mg,Al)6(Si,Al)4O10(OH)8 Monoclino

Coronadite(?) PbMn8O16 Monocl.pseudotetragonale

Dolomite CaMg(CO3)2 Trigonale

Edifane Ca2Pb3(AsO4)3Cl Esagonale

Eterolite ZnMn2O4 Tetragonale

Galena PbS Cubico

Goethite α-FeO(OH) Rombico

Idroeterolite Zn2Mn4O8·H2O Tetragonale

Illite K0.65Al2.0?0.65Si3.35O10(OH)2 Monoclino

Quarzo SiO2 Trigonale

Sfalerite ZnS Cubico

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(stalattiti, vele) a quelle epifreatiche (caveclouds).Più di recente (poche centinaia di migliaia dianni fa) in un periodo di intensa degradazio-ne meteorica delle rocce esterne, il sistemacarsico è stato invaso da materiali argilloso-siltosi che hanno completamente occluso laparte più profonda della grotta di SantaBarbara 2. Si è così interrotto lo sviluppo nonsolo delle concrezioni gluteiformi ma anchedi parte di quelle subaeree fino ad un’altezzadi 30-40 metri al di sopra della galleria dellaminiera che ha intersecato questo tratto delsistema carsico, come indicano le tracce dicorrosione sulle pareti e le tasche di sedimen-ti ancora presenti.L’eduzione forzata delle acque dai livelli piùbassi della miniera, iniziata poco più di unsecolo addietro, ha poi definitivamente pro-sciugato l’intero sistema, dando luogo ad unprogressivo processo di compattazione e diparziale asporto dei depositi di fango presen-ti in Santa Barbara 2.Infine nei primi anni ‘80 un’altra galleria haintersecato la stessa grotta a +50 m s.l.m.: ivuoti carsici al di sotto di questa quota furo-no subito riempiti dai minatori con materialedi risulta prima ancora che si potesse proce-dere al loro studio. Il fango semiliquido pre-sente nella parte superiore della cavità iniziòa colare nella galleria artificiale dalla quale inseguito fu parzialmente rimosso. Quello rima-sto in loco continuò ad essere asportato dalflusso delle acque di stillicidio. Attualmentequesti depositi sono in fase di lento essicca-mento a causa della circolazione d’aria indot-ta dallo stesso scavo della galleria. I principali stadi dell’evoluzione del sistemacarsico di Santa Barbara sono schematizzatiin Fig. 10.

ConclusioniLo studio multidisciplinare del sistema carsi-co di Santa Barbara, seppure lungi dall’esserecompletato, ha permesso di evidenziarne lacomplessa evoluzione caratterizzata da unosviluppo speleogenetico che si è protratto peralcune centinaia di milioni di anni ed è statocontraddistinto da cinque differenti cicli car-sici, confermando l’ipotesi che riteneva que-sta cavità tra le più antiche sino ad ora cono-sciute.Uno dei motivi che aveva resa famosa nelmondo la grotta di Santa Barbara, a prescinde-re dalla sua età, era l’interesse mineralogicosuscitato dalla eccezionale presenza dei per-fetti cristalli euedrali di barite che ne tappez-zano le pareti. Questo studio ha permesso diverificare, da un lato che, la formazione di

questo minerale non è legata ad un unicoevento, e, dall’altro, di accertare la presenzadi rare fasi cristalline, senza dubbio meno ap-pariscenti dal punto di vista estetico, ma nonmeno importanti da quello scientifico. Gli os-sidati depositatisi tra i due eventi di forma-zione delle bariti, infatti sono caratterizzati alloro interno dalla presenza di alcuni mineraliassolutamente sconosciuti per l’ambiente digrotta. Il complesso di Santa Barbara rivestepertanto una importanza fondamentale nonsolo dal punto di vista dell’evoluzione carsica,ma anche da quello prettamente mineralogi-co, in quanto sono molto poche le grotte sinoad ora conosciute con caratteristiche simile aquesta cavità dell’Iglesiente. Questo studio ha permesso anche di migliora-re le conoscenze sui processi evolutivi chehanno interessato i giacimenti minerari all’in-terno della Miniera di San Giovanni. Per laprima volta infatti è stata dimostrata unamobilizzazione parziale dei solfuri sinsedi-mentari con deposizione di galena e mineralidi neoformazione entro le concrezioni carbo-natiche che già avevano iniziato a depositar-si nel complesso di Santa Barbara.Infine è stato possibile ricostruire, a grandilinee per il passato più remoto, ma con note-vole precisione per il quaternario recente, leoscillazioni della falda freatica all’internodella formazione carbonatica di Monte SanGiovanni. Gli studi ancora in corso sicuramen-te potranno migliorare le conoscenze attualisui meccanismi dell’evoluzione dell’interosistema carsico, dei fenomeni minerogeneticiche l’hanno interessato e delle loro interrela-zioni temporali.Pertanto quello di Santa Barbara si è rivelatoessere un complesso ipogeo con importantispecificità scientifiche che si sommano aquelle estetiche e costituirà in futuro unambiente di riferimento per tutti gli studirelativi alle grotte di miniera non solo delParco Geominerario della Sardegna.

RingraziamentiSi ringrazia l’IGEA s.p.a. per la collaborazionefornita durante i campionamenti all’internodelle grotte di Santa Barbara 1 e Santa Barbara2. ed i dott. P.L. Fabbri e M.Tonelli del CentroInterdipartimentale Grandi Strumenti (CIGS)dell’Università degli Studi di Modena e ReggioEmilia per l’aiuto fornito al microscopio elet-tronico.

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