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Tempio Armonico / Teatro Armonico: musica come forma di eloquenza sacra nella ritualità liturgico-devozionale tra Cinque e Seicento

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Istituto per i Beni Musicali in Piemonte

Le Chevalier ErrantStudi sulla musica degli Antichi Stati Sabaudi

e del Piemonte5

Con il patrocinio della Società Italiana di Musicologia e della Procura Generale della Confederazione

dell’Oratorio di San Filippo Neri

Elaborato e preparato per la stampa con OpenOffice.org 1.1.5

© 2006 Libreria Musicale ItalianaLim srl, via di Arsina 296 / f,I-55100 Lucca, P.O.Box [email protected] www.lim.itISBN 88-7096-466-3

IL TEMPIO ARMONICO

GIOVANNI GIOVENALE ANCINA E LE

MUSICHE DEVOZIONALI NEL CONTESTO

INTERNAZIONALE DEL SUO TEMPO

CONVEGNO INTERNAZIONALE DI STUDI

ORGANIZZATO DALL’ISTITUTO PER I BENI MUSICALI IN PIEMONTE

SALUZZO – SCUOLA DI ALTO PERFEZIONAMENTO MUSICALE 8-10 OTTOBRE 2004

A CURA DI

CARLA BIANCO

Libreria Musicale Italiana

Le Chevalier ErrantStudi sulla musica degli Antichi Stati Sabaudi

e del Piemonte

La collana prende nome da un vasto roman a carattere parzialmente autobio-grafico, opera di Tommaso III (ca. 1356-1416), ottavo marchese di Saluzzo (dal1396) e scritto forse fra il 1401 (ma taluni ne anticipano la data d’inizio al 1394–98) e il 1405. Suddiviso in 311 capitoli, parte in versi (in numero di 10.355) eparte in prosa (791 paragrafi), il roman ha ispirato il ciclo di affreschi della SalaBaronale del Castello della Manta (nei pressi di Saluzzo) — oggi proprietà delFAI (Fondo Ambiente Italiano) — commissionato da Valerano di Saluzzo, fi-glio naturale di Tommaso III, ad un pittore non ancora identificato (Maestrodella Manta). L’illustrazione in copertina presenta un particolare dell’affrescodella Fontana della Giovinezza.

Sommario

SOMMARIO

XI PROGRAMMA DEL CONVEGNO

XV PRESENTAZIONE

XVII ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE

PARTE PRIMA

– IL «TEMPIO ARMONICO»

3 MARCO GIULIANI

Il Tempio Armonico. Storia di un ciclopico progetto edificante edel relativo apparato celebrativo: fonti, collazioni e contenuti

49 AGOSTINO ZIINO

Alta armonia gentile: spigolature e divagazioni sulla tradizionelaudistica «filippina»

67 ELISABETTA CREMA

La poesia del Tempio Armonico: imitazione, travestimento,riscrittura

91 PIERO GARGIULO

«Usque adeo suaves et amoenos reperias […] cantus». Ilpensiero teorico di Ancina per l’«angelico concento»

107 FRANCESCO LUISI

Giovanni Giovenale Ancina e il vescovo Romolo Cesi: unrapporto fruttuoso in territorio narnese

VIII SOMMARIO

137 PAOLA BESUTTI

Lamentationes Hieremiae Prophetae: attribuzioni e contesti

PARTE SECONDA

– IL CONTESTO NAZIONALE

155 DANIELE V. FILIPPI

La musica spirituale a Roma dalla lauda al Teatro Armonico

181 STEFANO LORENZETTI

Tempio Armonico / Teatro Armonico: musica come forma dieloquenza sacra nella ritualità liturgico-devozionale tra Cinquee Seicento

209 DANIELE TORELLI

Ancina in Piemonte: la diffusione della lauda nelle stampe traCinque e Seicento

249 ELEONORA SIMI BONINI

Il compositore spagnolo Cristoforo Montemayor

265 KIMBERLYN MONTFORD

Gli Affetti amorosi spirituali (Roma, 1617). Devozione neiMonasteri femminili della Roma post-tridentina

283 FRANCESCO ZIMEI

Vanità di vanità. Fenomenologia musicale della Visita delle SetteChiese

319 CRISTINA SANTARELLI

La musica celeste nella pittura devozionale della Controriforma

PARTE TERZA

– IL CONTESTO INTERNAZIONALE

331 FRANCESC BONASTRE

Il villancico come origine dello sviluppo dei primi oratori nellaSpagna del XVII secolo

347 ANNIBALE ENRICO CETRANGOLO

Committenze musicali delle confraternite nelle Americhedurante il periodo coloniale

SOMMARIO IX

389 SALVATORE MAUGERI

Il contesto musicale devozionale in Francia nel XVII secolo:parafrasi di salmi, parodie di airs de cour e cantiques spirituels

421 ALINA KÓRAWSKA-WITKOWSKA

Canti natalizi in Polonia nel Seicento

TAVOLE

431 INDICE DEI NOMI

Programma del convegno

PROGRAMMA DEL CONVEGNO

Venerdì 8 ottobre 2004 - ore 15.00Saluto delle autorità, del Presidente della Società Italiana di Musicologia(Bianca Maria Antolini) e del Presidente dell’Istituto per i Beni Musicali inPiemonte (Alberto Basso)

Presidenza: Paolo Gallarati

ELISABETTA CREMA, Università di MilanoLa poesia del Tempio Armonico: imitazione, travestimento, riscrittura

PIERO GARGIULO, Conservatorio di Parma«Usque adeo suaves et amoenus reperias […] cantus»: il pensiero teorico diAncina per l’«angelico concento»

MARCO GIULIANI, Conservatorio di FoggiaIl Tempio Armonico. Storia di un ciclopico progetto edificante e del relativoapparato celebrativo: fonti, collazioni e contenuti

FRANCESCO LUISI, Università di ParmaGiovanni Giovenale Ancina e il cardinale Romolo Cesi: un rapporto fruttuosoin territorio narnese

XII PROGRAMMA DEL CONVEGNO

Sabato 9 ottobre – ore 9.30

Presidenza: Francesco Luisi

PAOLA BESUTTI, Università di LecceLamentationes Hieremiae prophetae: attribuzioni e contesti

DANIELE V. FILIPPI, Università di Pavia, sede di CremonaLa musica spirituale a Roma dalla lauda al Teatro Armonico

STEFANO LORENZETTI, Conservatorio di VicenzaTempio Armonico / Teatro Armonico: musica come forma di eloquenza sacranella ritualità liturgico-devozionale tra Cinque e Seicento

AGOSTINO ZIINO, Università Tor Vergata, RomaLe fonti musicali delle laudi di Ancina

Sabato 9 ottobre - ore 15

Presidenza: Bianca Maria Antolini

DANIELE TORELLI, Università di ParmaAncina in Piemonte: la diffusione della lauda nelle stampe tra Cinque e Sei-cento

FRANCESC BONASTRE, Università Autonoma di BarcellonaIl villancico come origine dello sviluppo dei primi oratori nella Spagna delXVII secolo

ANNIBALE CETRANGOLO, Università Ca’ Foscari, VeneziaCommittenze musicali delle confraternite nelle Americhe durante il periodo co-loniale

SALVATORE MAUGERI, Pont-Saint-MartinIl contesto musicale devozionale in Francia nel XVII secolo: parafrasi di salmi,parodie di airs de cour e cantiques spirituels

FRANCESCO ZIMEI, Istituto Abruzzese di Storia Musicale, L’AquilaVanità di vanità. Fenomenologia musicale della visita delle Sette Chiese

PROGRAMMA DEL CONVEGNO XIII

Domenica 10 ottobre - ore 9.30

Presidenza: Agostino Ziino

CRISTINA SANTARELLI, Istituto per i Beni Musicali in Piemonte, TorinoLa musica celeste nella pittura devozionale della Controriforma

ELEONORA SIMI BONINI, Istituto di Bibliografia Musicale, RomaIl compositore spagnolo Cristoforo Montemayor

KIMBERLYN MONTFORD, Trinity University, San Antonio, TexasThe «Affetti amorosi spirituali» (Rome, 1617). Devotion in the female Mona-steries of Post-Tridentine Rome

ALINA KÓRAWSKA-WITKOWSKA, Università di VarsaviaCanti natalizi in Polonia nel XVII secolo

Concerto di chiusura con musiche di Giovanni Giovenale AncinaAccademia Corale Città di Saluzzo diretta da Ivano Scavino

Abbreviazioni bibliografiche

ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE

DBI Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Ita-liana, dal 1960 (sino ad ora 65 voll.).

DEUMM Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti diretto daALBERTO BASSO, Torino, UTET; parte I: Il Lessico, 4 voll., 1983-1984,parte II: Le Biografie, 8 voll., 1985-1988 + 2 voll. di Appendice (1990 e2004).

Grove V Grove’s Dictionary of Music and Musicians, a c. di Eric Blom, London-New York, Macmillan Co., 1954 (9 voll.) e 1961 (1 suppl. a c. di DenisStevens).

Grove VI The New Grove Dictionary of Music and Musicians, a c. di Stanley Sadie,London-New York, Macmillan Co., 1980, 20 voll.

Grove VI2 The New Grove Dictionary of Music and Musicians, second edition, a c. diStanley Sadie, executive editor JOHN TYRREL, London-New York, Mac-millan Co., 2001, 29 voll.

MGG Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Allgemeine Enzyklopädie derMusik diretta da FRIEDRICH BLUME, Kassel-Basel, Bärenreiter Verlag,1949-1968, 14 voll.

MGG2 Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Allgemeine Enzyklopädie derMusik diretta da LUDWIG FINSCHER, Kassel-Basel-Stuttgart, Bärenreiter eJ.B. Metzler Verlag; parte I: Sachteil, 9 voll. + Register, 1994-1999, parteII; Personenteil, 1999- , 16 voll. (fine 2006).

Vogel Bibliothek der gedruckten weltlichen Vokalmusik Italiens aus den Jahren 1500-1700. Enthaltend die Litteratur der Frottole, Madrigale, Canzonette, Arien,Opern etc., 2 voll., Berlin, Haack, 1892.

VOGEL2 Bibliografia della musica italiana vocale profana pubblicata dal 1500 al 1700, a

c. di François Lesure e Claudio Sartori, Pomezia, Staderini-Minkoff,1977.

Stefano Lorenzetti

TEMPIO ARMONICO / TEATRO ARMONICO: MUSICA COME FORMA DI ELOQUENZA SACRA NELLA RITUALITÀ LITURGICO-DEVOZIONALE

TRA CINQUE E SEICENTO

Eloquenza e saggezza

La matrice generativa di questo saggio è costituita da immagini.Sono i frontespizi di tre libri che si vorrebbero predisporre in una sortadi ideale trittico dell’immaginazione e della memoria: al centro, collo-cheremo l’incisione che orna la stampa del Tempio Armonico (1599) (cfr.TAVOLA 10), di Giovenale Ancina, mentre, a farle da corona, si elegge-ranno le icone del Trattato della natura et cognitione di tutti gli tuoni dicanto figurato (1525) (cfr. TAVOLA 22), di Pietro Aaron, e dell’Orator chri-stianus (1612) (cfr. TAVOLA 23), di Carlo Reggio. Così disposte, paratatti-camente organizzate in un’arbitraria narratio, vorremmo lasciarle libera-mente colloquiare, vicendevolmente parlare.

Il frontespizio è, al contempo, initium e finis, soglia e sinopsi, exordiume peroratio. Esso prepara e connota ritualmente quell’atto misterioso cheera, allora, il leggere. Segno egualmente disvelato, diretto, nudo dellamuta eloquentia dell’immagine, e pure prezioso, riservato, obliquo, è or-gano rivelatore di un progetto, di un auspicio: è vox interna dell’autore,delle suggestioni e delle speranze che lo animano, che non è lecito al-trove esplicitare, ma soltanto adombrare qui, nel silenzio.

A questo gioco dell’intelletto è opportuno accordare lo spirito,prima di accedere al testo, conformandolo a quell’oscillare sinesteticodella figura che cela la parola e della parola che occulta la figura, del-

182 STEFANO LORENZETTI

l’immagine che si libera nel suono, e del suono che si ipostatizza in im-magine.

Costruito per esaltare i sensi nobili, vista ed udito, il frontespizio or-nato quegli stessi sensi fonde e confonde, sacrificandone l’identità innome di una finalità superiore, in nome di quel binomio di Eloquenzae Saggezza che rappresenta forse meglio di ogni altro la temperie del-l’epoca, e lungo il quale vorremmo scandire la nostra storia.1

Mentre, a tale connubio, le arti particolari che possono costituirsi astrumento del linguaggio volentieri si pongono al servizio, riceven-done dignità ed onore, l’Eloquentia cum Sapientia conjuncta rivendica lasua priorità, teorizza la sua universalità, dispiegando il suo organo tec-nico, la retorica, quale legame di ogni sapere, quale tessuto connettivodi ogni virtù. Nutrito dall’utopia di un atto generativo unico, che co-struisce la conoscenza e la invera nel mondo, che indaga la realtà edimmediatamente la traduce in norma sociale, in valore condiviso, que-st’ideale, calatosi nella conflittuale congiuntura degli umani negozi, pursenza essere da nessuno rinnegato, sarà teatro di retoriche antitetiche,drammaticamente scisse sulle modalità di preservare quel nesso epocaledi eloquenza e saggezza: da un lato, nell’inseguire l’ossessione dell’or-natus, della meraviglia e dell’efficacia comunicativa, sarà la filosofia adassimilarsi alla retorica; dall’altro, nel rifiutare ogni orpello che possacorrompere l’idea, sarà la retorica ad essere considerata nient’altro chevana sofistica.

Asianesimo e Atticismo, termini con i quali, secondo il lessico coevo,possiamo denominare tali polarità ideali, sono le parole d’ordine di undibattito, assai fluido e magmatico, che investe tutto il Cinquecento ebuona parte del secolo successivo, idealmente incarnato da due opere-simbolo quali l’Adone del Marino e i Poemata di Urbano VIII.

Archetipo fondante dell’eloquenza, del suo significato sociale e dellasua capacità di operare nel mondo è la vicenda d’Orfeo, mito indisso-lubilmente, inestricabilmente letterario-musicale, che celebra la struttu-rale, ancestrale unione dei due mondi, che solo la corruzione dei tempimoderni ha potuto separare e degradare.

1 Della fecondità di tale connubio, eletto a duttile paradigma interpretativo diun’epoca, siamo naturalmente debitori agli scritti di MARC FUMAROLI, ed in particolarea quello straordinario libro ‘giovanile’ che è L’età dell’eloquenza: retorica «et res literaria»dal Rinascimento alle soglie dell’epoca classica, pubblicato nel 1980 e recentementetradotto in italiano (Milano, Adelphi, 2002).

TEMPIO ARMONICO / TEATRO ARMONICO: MUSICA COME FORMA DI ELOQUENZA SACRA 183

Non è, forse, un caso che Famiano Strada, professore di retorica alCollegio Romano, nelle Prolusiones academicae, capolavoro letterario diun’eloquenza profana posta al servizio dell’eloquenza sacra, da cui laprima analogicamente deriva, reinterpretando implicitamente la co-mune discendenza orfica che da quell’atto generativo scaturisce, acco-muni musica e poesia ad un analogo destino di decadenza: un canto‘diminuito’ ed ‘ornato’ ha snervato di forza e potestà quella «vox plenaet sonora» che si richiede nel trattare soggetti alti. Inseguendo unica-mente il plauso delle folle, la musica ha compromesso la sua funzioneretorica, spezzando il legame con la virtù, recidendo il rapporto traeloquenza e saggezza. Ma il medesimo può dirsi della poesia: «An nonhaec eadem in Poësi perversitas?»,2 non ha anch’essa voltato le spallealle Muse per inseguire l’allettamento del senso? Quelle Muse chesembrano avere abbandonato il palcoscenico del mondo, come ribadiràl’allievo Giovan Battista Doni qualche anno più tardi.3

Eppure, lo Strada non era certo un estremista: al pari dei suoi con-fratelli Gesuiti, non condivideva l’anticiceronianesimo estremo di unGiordano Bruno, o il severo atticismo di una élite intellettuale poco in-cline a confrontarsi con le moltitudini degli indotti. Al contrario, impe-gnato lui stesso, come il suo Ordine tutto, in una formidabile opera-zione di evangelizzazione, veniva elaborando una concezione retoricaestremamente duttile, pragmatica, la quale, innestatasi sul verbo cicero-niano, accoglieva, secondo l’utilità, apporti da ogni dove, cogliendo fiorda fiore nella vasta mèsse degli autori antichi e moderni. Più vicini, neifatti, alla corrente dell’Asianesimo, più inclini, nella realtà, ad utilizzareogni sorta di ornatus per persuadere e meravigliare, i Gesuiti, non pote-vano, però, tradire completamente, almeno a livello di elaborazioneteorica, il rapporto tra verità e sua comunicazione, che costituiva lamoralità intrinseca dell’eloquenza, il suo etico dover essere.

A riprova della fragilità ‘ontologica’ di quel nesso, anche nelle paginedi questo capolavoro di erudizione, coerentemente con una spregiudi-catezza intellettuale estrema, che tutto muta e metabolizza, anomalia econtraddizione sono in agguato: dopo aver rimproverato alla musica la-scivia e effeminatezza, l’autore celebra nell’exemplo di «Claudiani

2 FAMIANO STRADA, Prolusiones academicae, Romae, apud Iacobum Mascardum, 1617, pp.287-8.3 Cfr. M. FUMAROLI, La scuola del silenzio: il senso delle immagini nel XVII secolo, Mi-lano, Adelphi, 1995, p. 180.

184 STEFANO LORENZETTI

stylus», tutta la sensualità della nostra disciplina, rievocando il mito diFilomela musicista, di Filomela usignolo e di Procne rondine.

Iam Sol à medio pronus deflexerat orbeMitiùs è radiis vibrans crinalibus ignem.Cùm Fidicen propter Tiberia fluenta, sonantiLenibat plectro curas, astumque levabatIlico defensus nigra scenàque virenti…4

Optimus orator est vir canorus

Organo della Riforma cattolica, la costruzione di un’eloquenza uni-versale è strumento per ribadire una centralità culturale perduta, perinverare le verità conciliari, per sottomettere il mondo alla centralità diRoma in forza di una conoscenza che, in fin dei conti, finisce per esi-stere solo nell’atto di comunicare se stessa, come sembrano candida-mente confessarci i convittori del Collegio Clementino nell’affermareche «una gran parte del Sapere» consisterebbe, «nel saper far comparirela nostra Virtù».5

All’interno di questo formidabile sforzo della Chiesa, di cui letruppe gesuitiche rappresentano l’avanguardia militante, la vexata quae-stio della liceità etica e della funzionalità rituale della musica sacra nonpuò forse concepirsi come aspetto particolare di quell’argomento pla-netario? Come nodo significativo, che solo all’interno di quel contestopuò rivelare le sue specificità, che solo all’interno di quel paradigmapuò decifrare il senso della riattualizzazione di tòpoi millenari, che altri-menti verrebbero colti unicamente come stanca ripetizione di una tra-dizione svuotata di senso, inerte?

Porre la musica sotto l’egida dell’eloquenza, significa riconoscerle unruolo nella cristianizzazione del mondo, un compito nel trionfo dellafede che pervade ogni campo, che investe di sé tanto il sacro, quanto ilprofano. Nel frontespizio a pala d’altare dell’Orator christianus di Carlo

4 F. STRADA, Prolusiones cit., p. 308.5 La Vittoria del tempo, cantate a quattro voci composte dall’accademico fra gli Stravaganti l’Ac-cigliato, fatte cantare nella Sala del Collegio Clementino in occasione di celebrarsi l’anno seco-lare dello stesso Collegio e poste in musica da Francesco Gasparini, s.l., s.e., 1696, p. 31.

TEMPIO ARMONICO / TEATRO ARMONICO: MUSICA COME FORMA DI ELOQUENZA SACRA 185

Reggio,6 opera che potremmo idealmente intendere come corrispet-tivo, sul piano dell’oratoria sacra, delle Prolusiones di Famiano Strada,

nella fascia centrale, da ambo i lati del titolo e lungo le due coppie di colonne,pendono delle imprese. Le due del registro superiore sottolineano nettamentel’originalità dell’opera, la sua insistenza sull’arte del decorum, di cui l’oratoresacro deve avere una perfetta padronanza: un organo con il motto Consonet utsonet, assimila l’eloquenza religiosa alla musica sacra: un orologio con il mottoHoc sonus hoc index la assimila a uno svegliarino delle coscienze regolato conesattezza.7

Acutamente, Marc Fumaroli, dalla polisemia segnica di quell’imma-gine musicale, elegge la simbologia più significativa ed illuminante: nonha forse bisogno l’oratore cristiano della musica per divulgare il suoverbo?

Matthias Schrick, biografo di Michael Lauretano – rettore del Col-legio Germanico di Roma dal 1573 al 1587, impegnatosi in una formi-dabile opera di promozione musicale nell’ambito del suo istituto – ciricorda che il canto figurato è ornamento tra gli ornamenti: al paridelle pitture, delle tappezzerie e degli altri manufatti artistici che ador-nano le chiese è fonte di bellezza e di decoro, fonte di un sottile fa-scino persuasivo-pervasivo di seduzioni mentali e fascinazioni sonoreche sazia gli ascoltatori cólti, educati a riconoscere in esso lo specchiodell’armonia divina. È proprio in virtù di tale particolare forza chequesta polifonia dell’intelletto e del senso è stata ammessa a far partedell’ufficio ecclesiastico:

Figuralis denique cantus ita dictus est, quod quemadmodum, picturae textilia,peristromata, aliaeve res artificiosae plus dignitatis, operae, et amoenitatis prae seferrent, quos figurarum varietate illusae sint.Ita haec etiam caenedi ratio, dumper varios numerososque flexus, nativam vocum discordiam, iucundo sanè atquegratissimo, probis auribus sono ad concordiam reducit diviniorem quandamprae se fert harmoniam, quare suo quondam vire haec canendi ratio obtinuit, utad Ecclesiastica quoque officia admittatur.8

6 La prima edizione dell’Orator christianus fu pubblicata a Roma, da Bartolomeo Zan-netti nel 1612. Il frontespizio qui riprodotto, che differisce da quello della princeps ro-mana per alcuni ininfluenti dettagli, proviene dall’edizione di Colonia del 1643.7 M. FUMAROLI, La scuola del silenzio cit., pp. 466-7.8 ARSJ, Vitae 6, cit. in THOMAS CULLEY, Jesuits and Music: I. A Study of the MusiciansConnected with the German College in Rome during the 17th Century and of their Activitiesin Northern Europe, Rome, Jesuit Historical Institute, 1970, p. 277.

186 STEFANO LORENZETTI

La musica come le immagini, la perfezione del rito come lo sfarzodella celebrazione non sono altro che strumenti vicarii dell’eloquenzasacra concessi all’uomo per concretare quel Logos che sulla terra puòesistere solo degradandosi, solo rivestendosi di forme sensibili.

Quasi innescando una specularità inversa, se nell’Orator christianus è lamusica ad essere evocata in un trattato di retorica, nel Trattato della naturaet cognitione di tutti gli tuoni di canto figurato, di Pietro Aaron (cfr. TAVOLA

22), è l’eloquenza a costituirsi a nume tutelare della musica: a conferiredignità e decoro al tentativo di entrare nei meandri della modalità, «ma-teria difficilissima subblime et alta»,9 a suggellarne l’importanza non al-trimenti esplicitata, ma anzi abilmente occultata dai meccanismi retoricidella narratio testuale, interviene il frontespizio, anch’esso organizzato se-condo la più consueta tipologia iconografica rinascimentale, secondo lalogica ordinatrice della pala d’altare.10 Elemento architettonico qui piùvirtuale che reale, stilizzato, quasi depurato da ogni fisica contingenza, èdiscreto ornamento del titolo, che occupa il centro e domina lo spazio.Ad abbracciare idealmente l’iscrizione, due colonne, ciascuna delle qualicostituita dalla sovrapposizione di cinque edicole, quasi tabernacolo del-l’eloquenza, abitate dalle auctoritates della classicità: Virgilio e Cicerone,Orazio e Sallustio, Ovidio e Tito Livio, Lucrezio e Valerio Massimo, Te-renzio e Plinio, sembrano assisi sugli stalli di un coro, di un coro ideale,ideale corona all’agire musicale delle Muse, che occupano fisicamente ilbasamento della pala, a sottolineare simbolicamente la loro funzione ge-nerativa di ogni arte umana.

Quei personaggi che animano questa affascinante figura di memoria,sinopsi dell’orizzonte culturale di un’epoca, exemplo di come la classi-cità possa invadere la modernità, non sono forse gli stessi che anime-ranno il dibattito letterario cinquecentesco? Non sono forse gli stessi

9 PIETRO AARON, Trattato della natura et cognitione di tutti gli tuoni di canto figurato non daaltrui più scritti, Venezia, Bernardino de’ Vitali, 1525 (ripr. facs. Joachimsthal, Musica re-vindicata, 1966), p. 7.10 I novant’anni che separano la pubblicazione del trattato di Pietro Aaron da quellodi Osvaldo Reggio, facilitano la ricognizione delle permanenze e dei mutamenti cui èsottoposto il topos iconografico del frontespizio-pala. Mentre l’impianto rimane pres-soché inalterato sino ai primi decenni del Seicento, si può notare la tendenza ad unpiù marcato realismo della raffigurazione, e la progressiva perdita di centralità del ti-tolo, fenomeni che, accentuatisi dopo il 1630, finiranno per modificare profondamenteil carattere originario di un’architettura che abbraccia un’iscrizione. Tale motivo ico-nografico si evolverà, nel prosieguo del secolo, nella direzione di una ‘pittura auto-noma’, di una vera e propria illustrazione che rivendica a sé la pienezza dello spazio.

TEMPIO ARMONICO / TEATRO ARMONICO: MUSICA COME FORMA DI ELOQUENZA SACRA 187

sulla cui lectio si costruiranno nel corso del secolo le due retoriche cuiabbiamo precedentemente alluso: quei libri che tengono ostentata-mente tra le mani non sono forse gli strumenti della riscrittura classici-stica dell’esistente?

Perché Pietro Aaron ha qui convocato questi letterati illustri? Per ungenerico desiderio di nobilitare sé stesso e la propria disciplina? Operché tra l’operazione che mediante questi ultimi va compiendosi e lanovità dell’approccio critico proposto dal teorico, a suo dire non daaltri sinora tentato, è possibile instaurare un collegamento analogico, unsottile reticolo di corrispondenze tanto procedurali quanto simboliche?

Il canonico fiorentino cerca di fondare la valenza euristica della ca-tegoria di modo nella composizione polifonica, utilizzando un’ampiacollezione di exempla desunti da quelle composizioni a stampa cui po-teva facilmente accedere.11 Impiegato per la prima volta in maniera si-stematica, lo strumento delle citazioni, al tempo stesso, concepisce e le-gittima un ordo linguistico-musicale che è frutto dell’elezione di mo-delli tratti dal repertorio, di soluzioni distillate dall’esperienza: mediantela rilettura critica delle opere di Josquin, Compère, Mouton, CostanzoFesta, Pierre de La Rue ed altri, mediante il loro riuso in chiave teo-rico-didattica, si viene elaborando una strategia retorica che costruiscel’eloquenza della musica così come, sul versante letterario, l’eloquenzadella parola si organizza sulle istanze modellizzanti degli auctores, ed en-trambe le eloquenze particolari partecipano dell’eloquenza universale,signora di tutte le scienze.12

Nel Toscanello in musica, chiamando direttamente in causa l’autorità diQuintiliano, il nostro teorico connette strutturalmente la rivendica-zione dell’eccellenza della musica alla sua funzionalità retorica.13 La le-

11 Per una trattazione dettagliata delle raccolte a stampa utilizzate da Aaron, dei com-positori e delle opere citate cfr. CRISTLE COLLINS JUDD, Reading Renaissance MusicTheory. Hearing with the Eyes, Cambridge (Mass.), Cambridge University Press, 2000,in particolare le pp. 37-68.12 Nella rete analogica che abbiamo intessuto, l’unica differenza, più congiunturaleche concettuale, è costituita dal diverso ambito cronologico degli autori che corrobo-rano l’inventio delle rispettive discipline: appartenente alla contemporaneità per quelriguarda la musica, ed alla classicità per quel che attiene alla lingua latina. In ogni caso,anche nei confronti della nostra disciplina, il fascino e le suggestioni dell’antichitàclassica interverranno in modo decisivo ad orientare il dibattito sulla natura e la fun-zione della musica.13 «Quintiliano afferma che la musica dà perfettione a tutte le altre sue sorelle dottis-sime, e niuno può essere perfetto in qualsivoglia delle arti senza musica, & Isidoro

188 STEFANO LORENZETTI

zione dell’Institutio oratoria, che, riscoperta nella sua integrità da PoggioBracciolini, diviene uno dei testi chiave della cultura umanistica rina-scimentale, è destinata a produrre grande impressione anche nel mondomusicale.14 Quale reazione poteva suscitare il leggere dalle parole delgrande retore romano l’indispensabilità della musica nella formazionedell’oratore, la sua capacità ad organizzane tanto la vox, quanto il gestus,la sua attitudine a suscitare sentimenti nell’uditorio, a provocare statid’animo anche senza l’ausilio della parola, con la sola forza del suonodegli strumenti?15

Rivitalizzando un concetto di musica che, in ossequio alla mentalitàdell’epoca, fonde in un unicum percettivo dimensione fisica e metafisica,sensibile e sovrasensibile, la verità ribadita da Quintiliano che filtra eriscrive il contributo dei retori precedenti, primo fra tutti Cicerone, ècome una scia che percorre tutto il Cinquecento, e che non accenna adissolversi neppure nel secolo successivo, come testimonia la metaforamillenaria dell’oratore-musico che dispiega le mille fascinazioni dellapersuasio retorica e ne fa il vanto della propria arte:

Hora il moderno compositore, per porgere diletto alla maggior parte (essendo ilsuo proprio fine) meglio considerando, cerca imitare un perfetto Oratore chespiegar voglia dotta e ben istessa oratione; Et si come scrive Celio Rodigino lib.3 cap. 23 detto prima da Cicerone parlando di un perfetto oratore «Optimusorator est vir canorus, qui in dicendo animus audientium delectat et permovet».Così ricercasi al moderno compositore di Musiche nell’esprimere un Madri-gale, Mottetto ò quali sieno altre parole, deve operare imitando con l’armoniagl’affetti dell’Oratione, accio che nel cantare habbino diletto non solo il propriocompositore, ma parimente gli Cantori et Audienti.16

conferma che niuno può essere senza musica, ne anche cosa alcuna». P. AARON, Tosca-nello in musica, Venezia, Sessa 1539 (1° ed. 1523, ripr. facs. Bologna, Forni, 1969), libro I,cap. I.14 «There is hardly an author on music in the last half of the sixteenth century whonot dip into Quintilian’s Institutio oratoria. It was one of the first printed books contai-ning a discussion of music (Rome 1470). It spread the idea that music is closely alliedto oratory and that, like oratory, it has the function of moving listeners to various pas-sions». CLAUDE V. PALISCA, «Ut oratoria musica»: The Rhetorical Basis of Musical Mannerismin the Sixteenth Century (1972), in ID., Studies in the History of Italian Music and MusicTheory, Oxford, Clarendon Press, 1994, pp. 282-309.15 MARCO FABIO QUINTILIANO, Institutio oratoria, I, 10, 24-6.16 ADRIANO BANCHIERI, Moderna pratica musicale, in Cartella musicale nel canto figurato,fermo e contrapunto, Venezia, Giacomo Vincenti, 1614 (ripr. facs. Bologna, Forni, 1968),pp. 165-6.

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Se da sempre la musica è stata instrumentum dell’eloquenza, compitodel compositore moderno sarà quello di assumere la piena consapevo-lezza di quel nesso, eleggendolo a nucleo sensoriale della propria in-ventio musicale, a paradigma mentale di riferimento che alimenta l’im-maginazione e nutre di senso il proprio operare.

Non è sicuramente un caso che l’elaborazione teorica più compiutadel trittico musica-eloquenza-retorica giunga a metà Seicento, peropera di un gesuita tedesco, ma romano di adozione, Atanasio Kircher:

Musica Pathetica nihil aliud est, quam armonica melothesia, sive compositio eaarte et ingenium à perito Musurgo instituta, ut ad datum quaecumque animiaffectum uditorem concitet. Requiruntur autem ad eam ritè instituendam qua-tuor conditiones: quarum prima est, ut Symphoneta peritus seligat thema af-fectui concitandum aptum [inventio]; secundo, ut assuptum thema congruo tonoadaptet [dispositio]. Tertio ut Rhytmum, sive mensuram verborum harmonicorhytmo mensuraeque exacte coaptet [elocutio]. Quarto, ut compositamiuxta dictas conditiones melothesiam à peritissimis phonascis pronunciandam,cantadamque loco congruo, et tempore exhibeat [pronunciatio].17

Compito della musica è quello di muovere gli affetti, di rendere glianimi pronti ad accogliere ogni sollecitazione emotiva abilmente pórtaagli ascoltatori. L’itinerario compositivo da cui scaturisce la musica pathe-tica si articola secondo i classici dettami della dottrina dell’elaborazione:l’inventio è elezione (seligat) di un’idea melodica atta a concitare gli af-fetti: questa operazione dell’intelletto è concepita come una sorta dicreatività della memoria, rappresentata come totalità spaziale organizzatain loci nei quali vengono ordinatamente immagazzinate le idee, che de-vono essere portate in superficie, arrivare al livello della coscienza.18 La

17 ATHANASIUS KIRCHER, Musurgia Universalis, Roma, Lodovico Grignani, 1650 (ripr.facs., Hildesheim, G. Olms, 1970), parte I, p. 578.18 È l’essenziale dispositivo delle tecniche mnemoniche di ascendenza classica che sicompone di loci, ordo e figurae. Sul rapporto tra musica e memoria cfr. in part.GREGORY G. BUTLER, The Fantasia as Musical Image, «The Musical Quarterly», LX(1974), pp. 602-15; ID., Music and Memory in Johannes Romberch’s Congestorium, «Mu-sica Disciplina», XXXII (1978), pp. 73-85; JACQUES CHAILLEY, Tabulae compositoriae, «Actamusicologica», LI (1979), pp. 51-4; CAROL BERGER, The Hand and the Art of Memory,«Musica Disciplina», XXXV (1981), pp. 87-120; ANNA MARIA BUSSE BERGER, Mnemo-technics and Notre Dame Polyphony, «Journal of Musicology», XIV (1996), pp. 263-98;FRANCESCO RIZZOLI, L’arte della memoria e l’alfabeto per la chitarra spagnola, «Il Fronimo»,XXV (1997), pp. 15-9; STEFANO LORENZETTI, «La sventurata musica … sì veloce nel mo-rire». Per uno studio dei rapporti tra musica e arte della memoria tra Cinque e Seicento, «Re-cercare» XIV (2002), pp. 3-30; A.M. BUSSE BERGER, Medieval Music and the Art of Me-mory, Berkeley, The University of California Press, 2005.

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dispositio prevede l’organizzazione di tali idee musicali all’interno di unimpianto di base, di un modo (congruo tono) che sia coerente con la tipo-logia di emozioni da rappresentare. L’elocutio consiste nel far combaciareil ritmo della melodia con il ritmo della parola, affinché vi sia completoaccordo: le idee trovate nella inventio, vengono così espresse ‘linguistica-mente’, ricevendo una concreta veste musicale:

Elocutio denique est ipsa Melothesiae omnibus numeris absolutae, tropis figuri-sque exornatae per cantum exhibitio.19

L’esplicito riferimento ad una melodia che viene espressa tramite ilricorso a tropi e figure, si ricollega alla volontà di stimolare la dimen-sione emotiva, latente in ogni comunicazione linguistica, attraverso unprocesso di straniamento assicurato dalla presenza dell’ornatus (verborumexornatio). Se la retorica è arte rivolta a tutti, e lo è in quanto teoretica-mente opposta al discorso specialistico, essa deve adoperare strumentiche favoriscano l’immediato stabilirsi di un contatto con l’ascoltatore:l’impiego dell’ornamentazione che «colora» l’elocutio, favorisce il coin-volgimento emotivo del pubblico, che diviene duttile e pronto ad ac-cogliere le sollecitazioni della musica.20

Ma, affinché la composizione acquisti completa efficacia, vi è ancoraun ultimo passo da compiere: essa deve essere eseguita da un espertocantore nel luogo ed al momento giusto: si tratta dell’ultima fase dellateoria della elaborazione retorica, la pronunciatio, nella sua duplice va-lenza di vox e di gestus.21

Nell’adozione di ordines comuni, tutto un sistema altamente forma-lizzato e collaudato veniva trasferito ed adattato al linguaggio musicale:

19 A. KIRCHER, Musurgia Universalis cit., p. 143.20 La comunicazione retorica si attua ad un livello diverso rispetto alla comunicazionelinguistica: se per quest’ultima l’ascoltatore deve conoscere e riconoscere, seppur em-piricamente, le forme grammaticali e lessicali impiegate, la comunicazione retoricanon presuppone la conoscenza, né empirica, né scolastica, dei meccanismi impiegati,anzi essa è tanto più efficace quanto più l’ascoltatore rimane all’oscuro degli artificiusati.21 «L’interesse dell’Umanesimo per la retorica antica rese largamente note anche le re-gole della pronunciatio e in un ambiente culturale incline a considerare la musica comeun elegante spettacolo sia per l’udito che per la vista e favorevole ad instituire ana-logie tra la formazione del musico e quella dell’oratore, i precetti della pronunciatioretorica circa un efficace ed appropriato uso della voce e del gesto furono senz’altroassunti tra le regole fondamentali della pratica musicale». F. ALBERTO GALLO, Pronuncia-tio. Ricerche sulla storia di un termine retorico-musicale, «Acta musicologica», XXXV(1963), pp. 38-46: 44.

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le leggi che regolano l’organizzazione del discorso sono le stesse cheattendono alla narratio musicale. Identiche le finalità cui tendono i duelinguaggi: movere, docere, delectare, in una parola, persuadere. L’unione dimusica e parola diviene quindi metafora stessa del procedimento com-positivo: essa non è da ricercarsi soltanto quando vi sia un testo da mu-sicare, bensì è presente a livello di suggestione ideale e di strutturazioneformale anche nella musica strumentale, la quale ha bisogno di imma-ginarsi un testo per poter esistere:

Hinc quia tactus debet comprimis dare essentiam Cantilenae Harmonicae, siactu ille non pronunciatur verbis ut sit in Musica Instrumentali et interdum vo-cali, tum Rebus subintelligendus est tamquam oratio mentalis, quam variaquoque illa sit et vaga qualis esse consuevit in vulgaribus Phantasiis uti nomi-nant.22

Anche non volendo prendere alla lettera tale rivelatrice affermazionedi Johannes Lippius, nondimeno, essa è preziosa testimonianza di sug-gestioni che indubbiamente erano operanti persino nella composizionedi musica strumentale: perseguire i medesimi fini della sua più nobilesorella, rincorrere la sua intrinseca ‘eticità’ significa consegnarsi ad uncomune destino.

Non è dato sapere se l’affascinante theatrum analogiae assemblato daJohannes Lippius e da Padre Kircher possa aver realmente scandito ilpercorso compositivo dei musici suoi contemporanei, anche solo di al-cuni, ma, in ogni caso, l’insondabilità parziale di quel percorso, cuianche lo storico è sovente costretto ad arrendersi, non vanifica l’altis-simo significato simbolico, formativo delle coscienze, di tale accosta-

22 JOHANNES LIPPIUS, Disputatio musica tertia, Wittenberg 1610, in BENITO V. RIVERA,German Music Theory in the Early 17th Century: the Treatises of Johannes Lippius, AnnArbor (Mich.), UMI Research Press, 1980, p. 170. Sebbene Rivera faccia notare come«this idea is remarkably unusual and avanced for his time since the current and preva-lent theory implicity viewed instrumental music as inferior to vocal music becausethe former lacked a textural reference», cita, di seguito, un passo di Thomas Moore(Utopia, Lovain 1516) che, un secolo prima, si muoveva nella medesima direzione:«Verum una in re haud dubie longo nos intervallo praecellunt, quod omnis eorummusica, sive quae personatur organis, sive quam voce modulantur humana, ita natu-rales adfectus imitatur et exprimit, ita sonus accomodatur ad rem seu deprecantisoratio sit, seu laeta, placabilis, turbida, lugubris, irata, ita rei sensus quendam melodiaeforma repraesentat, ut animus auditorum mirum in modum adficiat, penetret,incedat». (p. 170). Chi scrive ritiene che la matrice generativa di una consimile pro-spettiva sia da ricercarsi nell’incipit della Poetica di Aristotele, che conferisce dignitàetica e mimetica anche alla musica strumentale (1, 1447a, 14).

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mento analogico, né lo relega nell’ambito delle molte bizzarrie cui ilGesuita ha abituato i suoi lettori. Al contrario, esso ci appare come ilculmine di un processo di stratificazione culturale sviluppatosi nel lassodi oltre un secolo di vita: tale paradigma orienterà profondamente il di-battito musicale, consentendo di sottoporre oggetti musicali variegati,diversissimi, appartenenti a contesti antitetici, alle infinite rifrazioni diuna medesima lente, cui, del resto, ogni espressione artistica, di qualsi-voglia natura, avrebbe finito per essere ricondotta.

Di questa reciproca conversatio, si è qui solo velocemente abbozzatal’arcata ideale che connota presupposti ed esiti: se in Aaron il rapportoè scandito secondo l’ordo sfumato, evanescente ed ambiguo della meta-fora che annoda tanto suggestivi, quanto mediati legami funzionali eprocedurali, in Kircher, le due arti, musica e retorica, sono ormai con-nesse da uno stesso processo strutturale di costruzione, una simbiosi ge-nerativa che finisce per orientare la riflessione estetica, consegnando lanostra disciplina ad un destino analogo a quello già da tempo toccatoin sorte alla sorella pittura.23

Il governo dell’anima

Analogo destino, che può cogliersi pure nel tentativo, operato dalConcilio di Trento, di arruolare le due arti al servizio della Riforma. Lavolontà di regolare, il desiderio di sottomettere funzionalmente sono ilsegno della piena legittimazione teologica conseguita, che consenteloro di partecipare al governo dell’anima, purché pronte ad abbracciareun’eteronomia totale, a farsi organo di un fine per il quale tutto è stru-mento.

Probabilmente, gli esiti concreti di quel tentativo di normalizzazionesaranno assai diversi per la pittura24 e per la musica, essendo quest’ul-tima particolarmente refrattaria ad un’adesione generalizzata a queiprincipii: troppo effimera la ritualità musicale, troppo frammentatanegli infiniti eventi celebrativi, troppo legata agli interessi di un poterelaico, che, soprattutto nelle chiese cattedrali, spesso finiva per primeg-giare sull’autorità religiosa.

23 Cfr. CARLO OSSOLA, Autunno del Rinascimento. «Idea del Tempio» dell’arte nell’ultimoCinquecento, Firenze, Olschki, 1971, in part. le pp. 33-118.24 Sul rapporto tra pittura e pratiche devozionali si veda il volume miscellaneo La re-gola e la fama. San Filippo Neri e l’arte, Milano, Electa, 1995, al quale si rimanda ancheper la copiosa bibliografia sull’argomento.

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Ma la fedeltà alle raccomandazioni dei Padri Conciliari non si esau-risce certo nella loro pedissequa applicazione alla prassi compositivacontemporanea.25 Sotteso all’invito convenzionale a servirsi di una mu-sica semplice, che restituisca il testo sacro, depurato di qualsivoglia sen-suale lascivia, nella sua piena intelligibilità, traspare la convinzione chela musica, per contribuire all’evangelizzazione del gregge, debba esserecomunicativamente efficace. Ed è proprio sulle modalità della comuni-cazione che si gioca una partita ambigua, intrinsecamente sospesa trachi, interpretando alla lettera il rigore controriformistico della propa-ganda ufficiale, prescrive alla musica di limitarsi a «muovere», e chi, ade-rendo ad una consuetudine tanto inconfessata quanto generalizzata,non si astiene dal «far meravigliare», se ciò serve ad alimentare il po-polo di Dio.26

Provando a schematizzare, potremmo avanzare l’ipotesi che il primopolo di questo rapporto dialettico, assai fluido e vitale, corrisponda a

25 Sebbene manchi uno studio complessivo che valuti l’effettiva influenza delle racco-mandazioni conciliari sulla «politica musicale» della liturgia post-tridentina, ciò nonha impedito al ‘fantasma di Trento’ di aleggiare in ogni dove. Sul ruolo del Conciliocfr. in part. FIORENZO ROMITA, Ius musicae liturgicae. Dissertatio historico-giuridica, Torino,Marietti, 1936; KARL GUSTAV FELLERER, Church Music and the Council of Trent, in «TheMusical Quarterly», XXXIX (1953), pp. 579-94; GIUSEPPE ALBERIGO, Studi e problemi re-lativi all’applicazione del concilio di Trento in Italia, in «Rivista storica italiana» LXX(1958), pp. 239-98; EDITH WEBER, Le Concile de Trente et la musique. De la Réforme a laContre-réforme, Parigi, Libraire Honoré Champion, 1982; AGOSTINO BORROMEO, Lastoria delle cappelle musicali vista nella prospettiva della storia della Chiesa, in La Cappellamusicale nell’Italia della Controriforma, Atti del Convegno Internazionale di Studi(Cento, 13-15 ottobre 1989), a c. di Oscar Mischiati e Paolo Russo, Firenze, Olschki,1993, pp. 229-37; IAN FENLON, Music and Reform in Sixteenth-Century Italy: Florence,Rome and the Savonarolian Tradition, in Bellarmino e la Controriforma, Atti del ConvegnoInternazionale di Studi (Sora 15-18 ottobre 1986), a c. di Romeo De Maio, AgostinoBorromeo, Luigi Gulia, Georg Lutz, Aldo Mazzacane, Centro di Studi Sorani «Vin-cenzo Patriarca», 1986, pp. 853-89: 861-2, al quale si rinvia anche per l’approfonditaesegesi delle pratiche devozionali connesse al repertorio laudistico.26 L’espressione «il muovere e non il far meravigliare» è contenuta in una lettera del-l’ottobre del 1590 di Giovan Battista Strozzi il giovane, in quel periodo ospite alla Val-licella, a Baccio Valori, pubblicata da SILVIO ADRASTO BARBI, Un accademico mecenate epoeta. Giovan Battista Strozzi il giovane, Firenze, Sansoni, 1900, pp. 41-2. Cfr. al propo-sito ARNALDO MORELLI, «Il Tempio Armonico». Musica nell’oratorio dei Filippini in Roma(1575-1705), Laaber, Labeer-Verlag, 1991 («Analecta Musicologica», 27), p. 20, studio diriferimento per la ricostruzione della vicenda musicale alla Chiesa Nuova, e ID., «Ilmuovere e non il far meravigliare». Relationships between Artistic and Musical Patronage in theRoman Oratory, in Histories of music in Renaissance and Early Modern Italy, edited by Ste-fano Lorenzetti, in «Italian History and Culture», V (1999), pp. 13-28: 16-7.

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quelle pratiche musicali devozionali e paraliturgiche, umili e private,che caratterizzavano la vita di tante confraternite, mentre il secondo siinveri nelle artificiose architetture del canto figurato, ornamento tra gliornamenti di una chiesa-teatro.27 Ma tale associazione può mantenereil suo valore euristico a patto di non interrogarsi su chi veramente in-carni un’ortodossia che non è fatta solo di proclami, ma anche dieventi, ed a patto di riconoscere che le due anime finiscono per convi-vere, seppur con modalità diverse e diverse intensità, anche in ordiniche la storiografia ha sovente caratterizzato come antagonisti, qualiquelli dei Gesuiti e dei Filippini.

I primi, nonostante l’avversione nei confronti dell’utilizzazione dellamusica nell’ufficio divino mostrata dal fondatore, nonostante i reiterati,continui appelli che si susseguono da tutte le provincie a mantenerel’originario spirito di simplicitas, faranno della prassi musicale un ele-mento centrale nella costruzione dell’élite laica e religiosa: musica nellaformazione degli scholastici, musica nei seminaria nobilium, musica neidrammi, musica nelle accademie, musica durante la discussione delletesi di laurea, musica nelle congregazioni annesse agli istituti educativi,musica nelle chiese della Compagnia, musica nell’insegnamento del ca-techismo.28 Strutturalmente legata all’assolvimento di funzioni diverse,

27 In questa sede, si è scelto di non articolare in categorie rigide i concetti di musicaliturgica e musica devozionale, cercando di considerarli come polarità di un continuumche non è sempre facile, né opportuno, organizzare in entità discrete.28 Sui rapporti tra musica e mondo gesuitico cfr.: RENATO CASIMIRI, «Disciplina Mu-sicae» e «Maestri di cappella» dopo il Concilio di Trento nei maggiori istituti ecclesiastici diRoma; Seminario Romano, Collegio Germanico, Collegio Inglese, in «Note d’Archivio», XII(1935) 73-81; XV (1938) 97-112; XVI (1939), pp. 1-13; RICARDO GARCIA VILLOSLADA,Algunos documentos sobre la musica en el antiguo Seminario Romano, «Archivum Histo-ricum Societatis Jesu», XXXI (1962), pp. 107-38; T.D. CULLEY, Jesuits and Music cit.;THOMAS D. CULLEY, CLEMENT J. MC NASPY, Music and the Early Jesuits (1540-1565), «Ar-chivum historicum societatis Jesu» XL (1971), pp. 213-45; T.D. CULLEY, Musical Activityin some Sixteenth Century Jesuit Colleges, with Special Reference to the Venerable EnglishCollege in Rome from 1579 to 1589, «Analecta Musicologica», XIX (1980), pp. 1-29;GRAHAM DIXON, Musical Activity in the Church of the Gesù in Rome during the Early Ba-roque, «Archivum Historicum Societatis Jesu», XLIX (1980), pp. 323-37; THOMAS

FRANK KENNEDY, Jesuits and Music. The European Tradition 1547-1622, Ph.D. Thesis, Uni-versity of California, Santa Barbara, 1982; ID., Jesuits and Music: Reconsidering the EarlyYears, «Studi Musicali», XVII (1988), pp. 71-95; ID., The Musical Tradition at the RomanSeminary during the First Sixty Years 1621 in Bellarmino e la Controriforma cit., pp. 631-60. I. FENLON, Music and Reform in Sixteenth-Century Italy cit.; S. LORENZETTI, «Per ri-creazione et diletto». Accademie e opere in musica nel collegio Tolomei di Siena (1676-1774), inIl melodramma italiano in Italia e in Germania nell’età barocca, Atti del Convegno Interna-

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e a diversi contesti, strutturalmente indirizzata a pubblici diversi e a di-verse esigenze cerimoniali, la musica assume, di necessità, caratteristicheantitetiche, divergenti dalla norma presunta, incuranti delle raccoman-dazioni più zelanti, che invocavano una uniformità di atteggiamenti edi maniere irrimediabilmente contraddetta dalla realtà.

Sebbene il controllo dell’instrumentum musicae sia particolarmentedelicato, non si rinuncia certo al suo impiego, poiché gli ufficii divini«non accompagnati dalla musica presto se n’andrebbero à niente»:

Però chi sa per prattica quanto gran fastidio, et peso sia lo stare tutte le dome-niche, et feste dell’anno in choro alle messe et Vesperi, et altri […], può ben sapereche non si è introdotta per spasso nel Germanico la Musica (cosa di tanta spesa,disturbo, et aggravio alli Superiori che vi stanno) ma per pura necessità, cioè perfare stare più volentieri, et con maggior patienza li Alunni sì lungamente in choro;et per allettarvi la gente, non per dargli trattenimento ne anche tanto perché convedere quelle solennità nelli offitij divini riceva il mondo qualche appagamentodelle grandi spese che sa et dice ognuno farsi nel mantenere tanti gioveni nelGermanico perché pochi penetrano più oltre; quanto perché, come nelle altrecose avviene, il concorso delli Uditori, o, spettatori, ecciti li Alunni à esercitare ledette ceremonie con maggior diligenza et edificatione: sapendo non solo d’essereveduti ma notati ancora dalli secolari, et questo concorso certo è che non ci sa-rebbe, se non fusse la gente tirata da questa benedetta musica. Che pure questa èla ragione che si apporta perché nella chiesa del Gesù, dove per il passato quellioffitij divini che si usavano, si solevano fare con molta semplicità conforme allinostri ordini, vi sia introdotta con l’organo sì solenne musica; cioè per avviarcimaggior frequenza, che Dio voglia con accrescimento di maggior devotione, laquale corrisponda al molto fastidio che spesso si causa per volere li musici anchedel Germanico in molte feste che si sono introdotte.29

È per la necessità quasi fisica, elementare, di rendere umanamentepiù sopportabile il rito col farlo percettivamente più accattivante, af-fettivamente più pervasivo delle coscienze, che la musica viene intro-dotta. Financo la politica cultuale della casa professa, deve adattare ilrigore dottrinale all’esigenze dell’«allettamento», se non del tratteni-

zionale (Loveno di Menaggio, giugno 1993), Como, AMIS, 1995, pp. 219-41; ID., «Peranimare agli esercizi nobili». Esperienza musicale e identità nobiliare nei collegi d’educazione,in Storia e Musica, a c. di Arnaldo Morelli, «Quaderni Storici», XCV (1997), pp. 435-60; ID., Natura e funzioni dell’oratorio di collegio: il caso del S. Ermenegildo, da tragedia latinaa «sacra tragedia musicale», in L’oratorio musicale italiano e i suoi contesti (secc. XVII-XVIII),Atti del Convegno Internazionale di Studi, (Perugia, 18-20 settembre 1997), a c. diPaola Besutti, Firenze, Olschki, 2003, pp. 289-308.29 ARSJ, Circa il levare o lasciare la musica come hora è nel Collegio Germanico, cit. in T.CULLEY, Jesuits and Music cit., p. 344.

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mento: un allettamento che, retoricamente, attraverso il delectare, rag-giunge il docere.

L’apporto del diletto nell’infiammare alla pietas cristiana è argomentocentrale nella disputa sull’eloquenza sacra. Consapevole della criticache il De Doctrina christiana di Agostino muoveva alla delectatio, MarcoAntonio Natta tenta di riabilitarne la funzione in ragione della sua ine-vitabilità, causata dall’intrinseca debolezza della natura umana: parlaresenza eleganza, in maniera disordinata e volgare, non catalizza l’atten-zione dell’uditorio. Aborrire programmaticamente splendore ed orna-mento significa negare l’esistenza dell’arte oratoria e delle arti tutte,che sono, invece, doni di Dio, da lui concessi al mondo.30

Ma la legittimazione del piacere può avvenire solo a condizione che,ciceronianamente, l’ornatus sia adeguato al decorum, e che l’instrumentumnon divenga fine: è equilibrio fragile, questo, continuamente sul puntodi perdersi…

Anche i Filippini, pur muovendo da un contesto assai differente daiGesuiti, non potranno non confrontarsi con questo critico binomio:originariamente portati a sacrificare l’ornatus al decorum, programmati-camente rivolti ad un’aristocrazia dello spirito fatta di humilitas, do-vranno, anch’essi, nel corso degli anni, piegarsi al meraviglioso dellamusica, sottomettersi allo splendore della celebrazione, rimpiazzando lasimplicitas propugnata da San Filippo Neri con la ricerca di una raffina-tezza simbolica accecante, estrema, che ancor oggi, per chi visiti laChiesa Nuova, ci parla con intatto, efficacissimo coinvolgimento senso-riale.

Sospesa tra trascendenza ed immanenza, tra utopica dedizione aduna virtus deprivata da qualsivoglia compromissione con il senso, ed unsenso che è ineludibile chiave di accesso alle verità della fede, la vi-cenda della musica al servizio della cristianità segue le tortuose stradedel connubio di eloquenza e saggezza, sempre pronto a rimodellarsi suicontraddittorii percorsi delle vicende umane. Come il predicatore, chesi rivolge ad un pubblico eterogeneo, deve usare le arti della retoricaper colpire il cuore degli indotti, ornando la sua orazione per stupire,così la musica, quando parla a tutti, deve usare le stesse armi per ‘sog-giogare’ gli cantori et audienti: la nuda forza della verità può essere riser-vata unicamente ad un’aristocrazia dell’intelletto e dell’animo, che di-sdegni ogni orpello, ogni contaminazione di filosofia e retorica.

30 Il De christianorum eloquentia di Natta, pubblicato a Venezia nel 1562, è discusso inM. FUMAROLI, L’età dell’eloquenza cit., pp. 125-8.

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A questa schiera di eletti dello spirito, magari semplici, ma puri,sembra rivolgersi il progetto di riforma della musica sacra abbracciatoda Giovenale Ancina.31 Il suo ascetismo estremo lo rende una figura unpo’ eccentrica rispetto alla congregazione dei Padri Filippini di cui eramembro,32 quasi idealmente più vicino al rigorismo borromaico, con lasua ossessione per la separazione, tanto fisica quanto ideale, tra lo‘spazio’ del sacro e lo ‘spazio’ del profano.33

Al tentativo di articolare una nuova musica, che conceda al dilettoun ruolo rigidamente controllato e non prevaricatore, si affidano lesorti di una vera e propria metamorfosi, illustrata da una similitudinerivelatrice:

Tal volta meco ripensando, parmi potervisi questa bella metamorfose adattare,cioè che ne’ luoghi più deliciosi, & celebri de gli antichi Romani, profanati dagl’Idoli, & dalla feconda eloquenza di Cicerone per le Questioni sue Tusculanetanto nobilitati, in quegli stessi dal chiarissimo lume, & vivo splendore della lucedi Christo cacciate via le folte tenebre degli errori, mirabilmente illustrati, &santificati in vece d’amari, & velenosi frutti di morte nascono dolci, & gustosifrutti di vita, mentre da diversi sottili, & pellegrini ingegni vi si compongonodivote laudi spirituali, che per l’industria, & l’opra di valenti Musici poi si sen-tono rimbombar d’ogn’intorno con gratiosa, & soave armonia di Paradiso.34

Il triplice accostamento tra l’eloquenza di Cicerone (primo stadiopreparatorio di una sorta di cristianizzazione del mondo ante litteram),la luce del verbo, e le «divote laudi spirituali», che quel verbo illustranoal mondo, ribadiscono l’esistenza, nei meandri della mentalità collettiva,di corrispondenze simboliche che sono il presupposto teorico del con-creto operare: dall’unione di queste forze scaturisce, infatti, la renovatiodel mondo.

31 Punto di partenza obbligato per una riconsiderazione critica della figura e delruolo di Ancina è la monografia di PIERO DAMILANO, Giovenale Ancina musicista filippino(1545-1604), Firenze, Olschki, 1956.32 Cfr. A. MORELLI, «Il Tempio Armonico» cit., p. 14.33 Cfr. la recente monografia di WIETSE DE BOER, La conquista dell’anima. Fede, disciplinae ordine pubblico nella Milano della Controriforma, Torino, Einaudi, 2004, alla quale si ri-manda anche per gli aggiornati rimandi bibliografici sull’argomento. Sugli effetti delleriforme di Carlo Borromeo sulla vita musicale cfr. in part. ROBERT L. KENDRICK, TheSounds of Milan, 1585-1650, New York, Oxford University Press, 2002 e ID., Musica e ri-forma nella Milano di Carlo Borromeo, in Carlo Borromeo e l’opera della «grande riforma».Cultura, religione e arti del governo nella Milano del pieno Cinquecento, a c. di Franco Buzzie Danilo Zardin, Milano, Silvana Editoriale, 1977, pp. 177-84.34 GIOVANNI GIOVENALE ANCINA, Tempio Armonico della Beatissima Vergine N.S. Prima partea tre voci, Roma, Nicolò Mutij, 1599, parte di Basso, p. [xv].

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Ma l’unione di eloquenza e musica al servizio del Logos come puòtradursi in programma operativo? Ancina, nonostante la tensione idealeche lo anima, sa bene di non poter sconfiggere il profano se non tra-sformandolo:

Attese grandemente a stroncare tutti li lacci del Demonio, e principalmentequelli, che sono tessuti con diletti e piaceri, perciò prese fatica indicibile a volersviare gli uomini dal canto della musica profana. E perché non aveva facoltà diproibirla […], fece una estraordinaria diligenza di haver quelli Madrigali, etCanzoni, che più gradite et usate erano alli Musici, e levandone via le parole la-scive, lasciò l’aria nel modo che prima stava inserendoci parole devote, et moralicon le quali si potesse havere il diletto della musica, come prima, et si fugissenon solo il pericolo delle venenate parole, ma potesse cavarsene frutto però l’a-nime.35

Non avendo potestà di impedire l’esistenza del canto profano, egline sfrutta la potenza comunicativa, scegliendo proprio «quelle compo-sitioni particolarmente che erano riuscite vaghe e dilettevoli».36 Adot-tando, con consapevolezza retorica estrema, la tecnica del travestimentospirituale, promuove il compiersi di una metànoia che metabolizza ildiletto, quel medesimo diletto che alimenta «i lacci del Demonio»,cambiandolo di segno: quei brani che maggiormente hanno provocatola più intensa delectatio immorale, uniti a testi licenziosi, saranno desti-nati a provocare la più intensa morale delectatio se si sposeranno alla pa-rola del Verbo.

L’ufficio del riformatore della musica di Chiesa non è quello delcompositore, bensì, più pragmaticamente, del «collettore»: con «moltafatica, studio, & diligenza», sceglie le opere più «vaghe ed ariose» deimigliori autori e «toltene via le parole vane, & profane sopra l’istessalor Musica di prima, poco o niente alterata», vi stende «altre parole,buone, honeste, divote, & pie, accioché in tal guisa accommodate puo-tesse ogn’uno etiamdio Religioso […] sicuramente senza scrupolo, &fuor di scandalo goder della sudetta armonia, & honestamente trastul-landosi ricrearsi in quella».37

Coerentemente con i dettami dell’arte controriformistica, il com-pito del «collettore», gravita essenzialmente nell’ambito della dispositio,ormai l’unica fase della dottrina dell’elaborazione a potersi compiuta-

35 Brevi punti considerabili intorno alla estirpazione del canto profano proposti dal P. Gio. Gio-venale Ancina, Biblioteca Vallicelliana, ms. O.27, cc. 112r-112v.36 Ibid.37 G. ANCINA, Tempio Armonico cit., parte di Basso, p. [XXVIII].

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mente padroneggiare anche dall’artista autentico: data la musica, laquale, spogliata dal testo profano acquisice nuova verginità, dato iltesto poiché, anche se di nuova redazione, strettamente dipendentedai tòpoi dell’inventio ortodossa, non rimane che far combaciare dueoggetti distanti, inerti, tenuti artificialmente uniti solo dalla compati-bilità di verso e melos.

L’operazione di moralizzazione della musica si compie attraverso unaspregiudicata teorizzazione della sua indifferenza etica: il piacere pro-dotto da essa è neutro, potenzialmente aperto ad esiti di segno opposto.Nessuna considerazione sul carattere della melodia, o dell’impiantomodale che potrebbero influenzare i costumi dell’animo, traspare dalleparole di Ancina: la musica sembra quasi essere depositaria di unenorme, non connotato potere affettivo, una forza autonoma priva disegno, che detiene un misterioso potere di coinvolgimento, senza ag-gettivi, né qualità.

Per opporsi a questa concezione, dovremo ascoltare la voce di unmusicista. Agostino Agazzari, già maestro di cappella al Collegio Ger-manico, nel suo breve trattatello sulla Musica ecclesiastica (1638), rifacen-dosi all’autorità platonica mediata da Marsilio Ficino, rivendicherà lacomune genitura di parola e musica: quasi sgorgando dal testo, l’aria èirrimediabilmente con quello interconnessa, irrimediabilmente, diquello, enfatizza e distilla il carattere: nessuna separazione è possibile,nessuna veste nuova è consentita, poiché essendo «l’oratione parteprincipale della Musica, à quella si hà da obbedire, e da quella si devecavare la qualità dell’armonia».38

Ma, almeno in questo contesto, le parole del compositore senese nonsembrano riflettere un comune orientamento, poiché anche coloro checriticano l’operazione del travestimento spirituale ne contestano la le-gittimità sostanzialmente per la compromissione della memoria:

Né possonsi escusare coloro, i quali dicono, potersi usare le compositioni vane,solamente quanto all’harmonia, ò come si dice, quanto all’aria, con levarne leparole profane; & accommodarvi le divine e sacre. Posciache se bene cotale ac-comodamento non è di sua natura peccato, essendo quell’harmonia indifferente,ad esprimer e le Sacre, e le profane cose; & ell’une & all’altre potendosi riferire& applicare; nulla di meno la pratica dimostra che sempre và con somigliantiCompositioni congiunto alcuno effetto ò circostanza, che guasta l’attione, e lacorrompe. Sono sovente quest’arie provocatrici al male; quanto massimamenteda alcuno sono riconosciute; e credisi, essere usate da’ Musici à questo fine, diprovocar gli uditori a’ vani, & a’ profani affetti: però che questa circonstanza,

38 AGOSTINO AGAZZARI, Della musica ecclesiastica, Siena, Bonetti, 1638, p. 6.

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sempre il peccato v’interverrà ò morale, ò veniale, secondo la qualità del provo-camento.39

Se la qualità dell’harmonia è sostanzialmente indifferente «adesprimer e le Sacre, e le profane cose», sarà solo il riconoscimento della‘aria’, che può riattivare il ricordo dell’originaria provenienza delbrano, a costituire un potenziale pericolo per la morale, innescando laspirale del peccato dalla reminiscenza del passato. A questa obiezioneAncina risponde instaurando un sottile distinguo tra le «cose visibili» ele «cose udibili»: la memoria può attivarsi molto più facilmente tramitela vista, per eccellenza senso esterno, compromesso col mondo. Sensointerno, di quella molto più astratto e labile, l’udito riconnetterà piùdifficilmente il profano al sacro, più difficilmente, senza un’adeguataconsuetudine percettiva, riuscirà a rendere consapevole l’intelletto del-l’antica presenza del peccato sulla superficie di santità costruita tramiteun discorso che assume su di sé l’intera responsabilità etica dell’opera-zione.

Tanto per Giovenale Ancina, quanto per Anacleto Secchi – a di-spetto di tutte le dispute erudite sulla teoria dell’ethos di ascendenzagreca, che in quel periodo animavano il dibattito musicale – la musicasembra possedere una sua eloquenza muta, a patto di spogliarsi da ognieloquenza, a patto di costituirsi a neutrale strumento della parola.40

39 ANACLETO SECCHI, Della hinnodia ecclesiastica libri tre, ne’ quali della nobiltà, de gli effetti,e del modo, di bene e regolatamente cantare i Salmi in Choro, copiosamente si tratta: compostidal già R.P.D. Anacleto Secchi della Congregatione de’ Chierici regolari di S. Paolo et hora re-cati fedelmente di Latino in Volgare dal P.D. Donato Benzoni, Sacerdote della stessa congrega-tione. Dedicati all’Illustriss. e Reverendiss. Signore Monsignior Honorato Visconte Arcivesc. diLarissa, Abate di Gratasolo, Conte di Saliceto e Signore di Rhò, Casaluzzo e Castelpino &c.,Milano, Giovanni Pietro Cardi, 1643, p. 433.40 È così profondamente vero che la verbalità associata alla musica ne fagociti ogni in-dipendenza etica, che solo quanto la musica si disgiunge da essa può ritrovare un suohabitus che influenzi la moralità dei comportamenti: «Quando, postosi il venerabilhuomo ginochione [si tratta del vescovo di Perugia], cominciò a fare oratione, co-minciò l’organista una certa ricercata allegra e gratiosa; stimando forse, di recare agliastanti diletto, e a sé applauso e molta lode: ma il Santo Vescovo, il qual conobbe, es-sere la qualità di quel concetto anzi comica che sacra; fatto venire il Rettore di quellaChiesa, con viso grave e severo gli disse: inviatemi voi alla Oratione, ò alle danze? Fateche taccia l’Organo, ò che si muti la sonata: alla Chiesa di Dio cotali concenti nonconvengono». A. SECCHI, Della hinnodia ecclesiastica libri tre cit., pp. 438-9.

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Tempio Armonico

Coerentemente inserita nel padroneggiamento dei sensi, da sempre,finestre dell’anima,41 nella vicenda di Ancina, come pure nella sua tra-sfigurazione agiografica, la musica è elemento fondante, chiave che ali-menta la metànoia cristiana. Tanto il suo rivelarsi – poiché il desideriodi consacrare la vita a Dio si manifesta imperioso all’ascolto del respon-sorio della messa dei defunti42 – quanto il suo preservarsi, poiché ilmantenimento del fiore più prezioso di quella nuova vita, la castità, è alei affidato:

Propongo io tanto più voluntieri questo rimedio assai più facile, & prattica-bile di molti altri, per resistere alle più gravi, moleste, & importune tentationinotturne, con felice successo da me più, & più volte esperimentato, e provatocom’arma difensiva, & offensiva insieme: difensiva per conto delle parole spi-rituali, che tutte sono vivi affetti, & varie sorti d’Oratione giaculatoria, ementale: & offensiva poi per rispetto del canto vocale, che à guisa di Salmodiaquasi come acuto, & infuocato dardo punge, trafigge, tien discosto, pone infuga, & caccia lontano il tenebroso nemico Infernale, à cui è tal l’Angelico

41 «Mors intravit per fenestras in domos nostras: disse già il Profeta: che sono princi-palmente gli occhi, & l’orecchie de’ sensi esteriori, & massime quando s’odono cantardolcemente l’empie e vezzose Sirene del Mare ch’è questo nostro Mondo immondo& corrottissimo». G. ANCINA, Tempio Armonico cit., parte di Basso, p. [XVIII]. Si osserviche nell’atto del cantare, soprattutto quando è la donna ad attivarlo, la fascinazionedella vista e dell’udito si uniscono in una performance dal potente impatto seduttivo.Cfr. al proposito S. LORENZETTI, Musica e identità nobiliare nell’Italia del Rinascimento.Educazione, mentalità, immaginario, Firenze, Olschki, 2003, pp. 119-53. Sui sensi comefinestre cfr. HANS JÜRGEN HORN, «Respiciens per fenestras, prospiciens per cancellos». Zur ty-pologie des Fensters in der Antike, «Jahrbuch für Antike und Christentum», X (1967), pp.30-60.42 «Morta la madre, e ogni giorno più avviciandosi l’adempimento de’ disegni, cheDio havea premeditati in quest’anima, avenne che si convocò in Savigliano il Capi-tolo Provinciale de’ PP. Agostiniani […]; e in frequentare quelle sacre adunanze assistèin particolare una mattina ad una Messa solenne di Requie; e quando conforme àsacri Riti si cantava il Responsorio, nell’udire quelle parole, Dies illa, dies irae, fù inte-riormente illuminato, e intimorito intorno all’horrore, e spavento, che porterà secoquel tremendo giorno; e in considerare quel Coeli movendo sunt, e terra, che sentì suc-cessivamente cantare; redarguiva se medesimo d’un intollerabile stupidità di spirito,mentre sentiva intimarsi l’alterationi, e lo sconvolgimento de’ Cieli […]; e ingranditol’animo con questo nuovo lume dello Spirito Santo, conobbe intimamente la vanitàdelle cose humane; e si disaffettionò agli studij profani, restando senza altra stima, chedella virtù Christiana, senz’alto affetto, che delle cose del Cielo». PIETRO GIACOMO

BACCI, Vita del v[enerabile] servo di Dio Gio[venale] Ancina della congregazione dell’oratorio,e poi vescouo di Saluzzo raccolta da processi fatti per la sua beatificatione, e da altre scrittureautentiche, Roma, Filippo M. Mancini, 1671, pp. 9-10.

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esercitio del cantar divine laudi, e del salmeggiar dolcemente, odiosissimo, efuor di modo intollerabile.43

Se l’orazione recitata («giaculatoria, e mentale») ha funzione difensiva,l’orazione cantata ha ben altro potere, un potere decisivo per scacciare ildemonio e con lui il vecchio ordo corrotto del mondo. L’unione dellamusica con le «parole spirituali», del suo cieco pathos con i «vivi affetti»del testo, costituisce una formidabile arma offensiva che persuade mu-tando le coscienze, che «castifica i sensi» ed inibisce l’azione del maligno.

La ‘castificazione dei sensi’ procede dall’azione congiunta di quellearti che, votatesi al bene, divengono strumenti dell’eloquenza cristiana:la pittura afferisce alla vista, attraverso cui il mondo raggiunge l’animodirettamente, senza mediazioni, la musica e la parola all’udito, mezzoprincipe di seduzione dello spirito. La fusione sinestetica delle due di-mensioni nella concretezza del rito gli conferisce un’efficacia retoricache consente di acquistare «grata udienza» presso il popolo. Giovenale,per metterlo sulla «strada del Paradiso», e deviarlo «da quella dell’in-ferno […] quando s’avvicinò ‘l tempo del Carnevale […] espose l’ora-tione delle quarant’hore con molto più bello apparato, e molto piùsoavi musiche, e con sermoni fatti da diversi Religiosi, conforme si co-stuma di fare in Roma».44

«Per ritrarre il popolo dalle vanità» non si esita a far le musiche «piùpiene e più vaghe», con il concorso «tanto di voci, comed’instrumenti»:45 la vaghezza della musica devota sconfigge la vanitàtrasformando lo spazio ‘profano’ in spazio ‘sacro’, il diletto che da leipromana, è chiave d’accesso all’anima, strumento privilegiato per insi-nuarsi docilmente in essa e renderla «infiammata» al bene:

Sopravvenute poi l’hore del dopo pranzo, gelosi di non contristare il Santohuomo [gli abitanti di Praveglia] vennero a chiedergli licenza di poter usare isoliti balli, che si costumavano in quei Paesi, ne’ giorni festivi. Si contentò ilprudente prelato, e fecero quell’attione modestissimamente: alla quale per santi-ficarla, volle egli medesimo, dopo alquanto spatio di tempo intervenire, e conun santo inganno s’adoperò di deviare le genti da quella vanità, con suoni, econ musiche spirituali, composte in dialogo, e con altre inventioni: così acqui-stata grata udienza, fè con grandissimo frutto de’ terrazzani nell’istesso luogo delballo l’esercitio della dottrina Christiana, e con diversi altri trattenimenti spiri-

43 G. ANCINA, Tempio Armonico cit., parte di Basso, p. [XXXVIII].44 P.G. BACCI, Vita del v[enerabile] servo di Dio Gio[venale] Ancina cit., p. 141.45 Ibid.

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tuali de’ Vespri con musica, e di altre sacre, e dilettevol attioni, chiuse non menofelicemente, che santamente la giornata.46

Ma, inversamente, la vanità della musica profana può deturpareogni vaghezza: come il bene si dispiega con retorica inconsapevolezzache rende l’anima duttile e pronta ad accogliere le suggestioni dellasantità, così, tale è la potenza dell’azione congiunta di suono e testo,che la dinamica del peccato può innescarsi quasi indipendentementedall’intenzione del soggetto, artificialmente deprivato del suo poterediscrezionale.

Per evitare ogni suggestione peccaminosa, la musica degli uominideve svilupparsi in completa aderenza analogica con la musica celeste,con i cori degli angeli che circondano la Vergine, con i canti dei giustiche, come recita l’Apocalisse, saranno i soli ad essere ammessi al tronodi Cristo:

Può l’huomo quantunque posto in terra, viver però vita celeste, spirituale &Angelica: il che principalmente conseguisce fuggendo & aborrendo ogni brut-tezza & peccato carnale, & vivendo puro & mondo non solo di corpo, ma ancodi cuore.Et allora così facendo, può venir in ferma speranza d’haver un giorno a cantarin cielo quella dolce & soave melodia di quel cantico che a gli casti & Verginsolo sarà concesso di cantare attorno a quel santo & beato & immacolatoAgnello che levò gli peccati del mondo, che di questi tali Santi Cantori è scrittonelle rivelationi altissime di San Giovanni, che questi sono quelli che condonne non furono macchiati, o imbrattati, ma sono vergini, & seguitano l’A-gnello per tutto.47

Culmine dell’escatologia cristiana, la lectio immaginosa, scandalosa edevastante dell’Apocalisse è suggestione ampiamente condivisa, evocatasovente ad alimentare la similitudine fondante tra musica di Dio e mu-sica degli uomini, tra musica celeste e musica terrestre. La vittoria delbene è suggellata dal canto, prima intonato dal cielo e subito seguitodal coro dei Santi della Chiesa universale, invitata alle nozze dell’A-gnello: da quel grido, Alleluia!, in uso nel culto ebraico, ed impiegatonel Nuovo testamento, soltanto qui.48

46 Ibid., p. 135.47 GIOVAN BATTISTA POSSEVINO, Hinni sacri del breviario romano tradotti in lingua volgare.Dichiarati, et arricchiti di devote Meditazioni, Venezia, Pietro Ricciardi, 1601, p. 7. L’autoreè nipote del famoso gesuita Antonio Possevino.48 Il testo dell’Apocalisse è ben presente come sotteso ‘ostinato’ anche alle argomenta-zioni di Ancina, un sottofondo che indirizza la riflessione sul peccato e guida la spe-ranza della redenzione. Talora, esso si palesa, raggiungendo la superficie scrittoria me-

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All’indifferenza etica che preserva l’armonia musicale dalla nefan-dezza della parola, si aggiunge, così, una sua sostanziale bontà simbolica,una sua profonda funzionalità teologica, in ultima analisi fons et origo diquell’indifferenza che la rende intrinsecamente «giusta», intrinseca-mente «esatta» nel riprodurre le architetture del divino, disvelate agliuomini poiché adornate di vestigia sensibili.49

La peculiare natura della musica congiunta alla sua potenzialità co-municativa costruiscono un inestricabile binomio che parla al cuorecome all’intelletto:

Sappi dunque, e tenga per certo ch’il lodar la B. Vergine Madre di Dio, quaggiùin terra, sia un preludio, & segno molto probabile, & quasi infallibile d’haverla àlodar poi colà su in Cielo, & come sicura caparra del Paradiso. E però al com-parir di quest’Opra, & all’aprirsi di questo Tempio, facci pensiero d’esser invi-tata lei giunta con l’illustrissima sua famiglia insieme dalla Vergine istessa à lo-darla, benedirla, & magnificarla allegramente. Et per metter in prattica si nobile,fruttuoso, e dilettevol esercitio, se vuol gustar nettare, od ambrosia (per dir così)e sentir melodia soavissima di Paradiso, per mio consiglio facci chiamar à se trevoci limpide, et chiare delle più esquisite, e scelte di Napoli, con altrettanti stro-menti Musicali ben accordati insieme, cioè Gravecimbalo, Tiorba, & Liuto, ag-giuntovi per base il Basso d’una Vivuola d’Arco co ’l Sopranino: & così provaràesser vero ciò ch’io le dico. In tal maniera rimbombando chiaramente il dolcesuono con le parole spiccate, & ben intese, oltra ’l piacer e diletto sensibile dellepiù delicate, & purgate orecchie de gli ascoltanti […] s’accenderanno i cuori didivotione, & si rapiranno d’amore à contemplar la suprema immensa bellezzadella Beatissima Vergine, & à godersi pura, e castamente in quella.50

diante lo strumento delle citazioni dirette o indirette. Così, due versi del cap. 3 sonousati come motto a suggello della dedica a Geronima Colonna, contessa di Monte-leone: «Qui habet aurem, audiat quid Spiritus dicat Ecclesiis. Qui vicerit, faciam illumcolumnam in templo Dei mei, et foras non egredietur amplius [Apocal., 3, 12]» (G.ANCINA, Tempio Armonico cit., parte di Soprano I, p. [V]); mentre il processo di mo-struosa conversione antropomorfa della «humana Sensualità deliciosa» è innescato tra-mite il ricorso alla «horrenda visione di quella gran Meretrice sfacciata sedente soprala bestia di sette capi, & dieci corna, ornata di porpora, di grana, d’oro, di gemme, &di perle, con coppa d’oro in mano colma di nefanda abominatione, e di sporchezzadella sua fornicatione [Apocal., 17, 3-4]» (Ivi, parte di Basso, p. [XVII]), a sua volta perso-nificazione di «Babilonia la grande»; ed, infine, come già per il Possevino, luogo predi-letto è il cap. 19, che si apre con i canti di giubilo per la caduta della città maledetta:«Et vox de throno exivit dicens, Laudem dicite Deo nostro omnes servi eius, et qui ti-metis eum pusilli et magni [Apocal., 19, 5]» (Ivi, parte di Soprano II, p. [XIX]).49 In ultima analisi, per Ancina, come si è visto, è sufficiente emendare il testo perpoter «sicuramente senza scrupolo, & fuor di scandalo goder della suddetta armonia,& honestamente trastullandosi ricrearsi in quella». G. ANCINA, Tempio Armonico cit.,parte di Basso, p. [XXVIII].50 G. ANCINA, Tempio Armonico cit., parte di Soprano, pp. [VII-VIII].

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Articolando un’archetipica bidimensionalità, che alimenta un’infinitamultidimensionalità, la musica degli uomini riesce veramente a rendereudibile la «melodia soavissima di Paradiso», riscattando dal silenzio laterra: la limpidezza e la chiarezza delle voci sono parimenti categorieestetiche e categorie simboliche; l’accordo degli strumenti nobili che leaccompagnano è parimenti accordo funzionale e accordo metaforico;l’efficacia comunicativa che scaturisce dal sapiente colloquiare delle«parole spiccate» con «il dolce suono» è parimenti efficacia sensoriale esovrasensoriale, che diletta le orecchie e accende i cuori.

Questo virtuoso «oscillare», questo trapassare dal senso alla sua nega-zione, che rende il canto devoto «preludio, & segno» del cielo, «sicuracaparra del Paradiso», è reso possibile dalla particolare natura della mu-sica, dalla sua soggiacente capacità performativa e rappresentativa in-sieme, motivazione prima della sua legittimazione teologica.

Interprete di una mentalità adusa a rivelare le medesime costella-zioni di significato nei diversi organi della percezione, ciò che Ancinaesprime con parole traduce in immagine: il frontespizio del Tempio Ar-monico è amplificazione di questa tensione riformatrice, sua ipostasiiconica (cfr. TAVOLA 10).

Costruito su una dialettica binaria, accoglie lo spettatore sul sagratodi una chiesa dalla facciata essenziale, ma elegante, che ricorda, con stu-diata analogia, le classicheggianti architetture degli oratorii romani del-l’epoca: nelle due nicchie ai lati del portale due statue di probabile na-tura allegorica. In quella alla nostra destra, che racchiude una fanciulladalla mano destra alzata, è ipotizzabile riconoscere la rivelatrice icono-grafia della retorica, principio ordinatore al servizio della musica rifor-mata dall’altissimo significato simbolico e operativo insieme.51

51 L’identificazione della fanciulla nella nicchia destra con l’allegoria della retorica ècongetturale per le possibili ambiguità nella lettura di un immagine di piccole pro-porzioni e dal segno non nitidissimo. Che, come recita il Ripa, la mano destra sia al-zata non vi è dubbio, ma che sia anche «aperta e stesa» («percioche la Rettorica di-scorre per vie larghe, & dimostrationi aperte, onde Zenone per le dita di qua, & làsparse, & per le mani allargate per tal gesto la Rettorica interpretava») è impossibilestabilirlo con certezza (cfr. CESARE RIPA, Iconologia, a c. di Piero Buscaroli, introduzionedi Mario Praz, Milano, TEA, 1992, pp. 381-2). La posizione della mano potrebbe ancheindicare il cielo, e in quel caso, la figura verosimilmente sarebbe icona della teologia,secondo una tradizione iconografica non menzionata dal Ripa, ma immortalata, adesempio, da Filippino Lippi nella raffigurazione del Trionfo di Tommaso d’Aquino nellaCappella Carafa della Basilica di Santa Maria sopra Minerva, a pochi passi dallaChiesa Nuova.

206 STEFANO LORENZETTI

Se l’occhio del senso è ancora fuori dalla chiesa, l’occhio dellamente ha già operato la trasfigurazione: ciò che è visibile diviene invi-sibile e ciò che normalmente è invisibile si rivela. Attivando un pro-cesso d’estrapolazione, nel senso più proprio del termine, si nascon-dono i musicisti, che siedono dentro la chiesa, per rivelarci lo scartoanalogico che quella musica promuove: il concerto umano, che nonvediamo, produce il concerto angelico che grazie a quello si rivela, chegrazie a quello diviene non solo concepibile, ma anche immaginabile,concretamente riproducibile con fattezze umane.

Il tempio è, così, teatro di una trasmigrazione, luogo in cui si celebrauno spettacolo ‘fisico’ che ne produce, per diffrazione sensoriale, unaltro metafisico. Quanto tale dialettica sia centrale nell’immaginario re-ligioso, quanto giustifichi teoreticamente il proliferare di pratiche litur-gico-devozionali tanto umili e private quanto pubbliche e sontuose,esercizio di vita che contrappunta l’esistenza, può testimoniarlo l’osses-siva iterazione di questo topos dell’intelletto nelle dediche della coevaproduzione laudistica a stampa,52 nei manuali di catechismo e nelle dis-sertazioni sulla musica sacra riservate ai chierici, come il summenzio-nato testo di Anacleto Secchi, che, nella versione italiana approntata dalBenzoni quarant’anni dopo la silloge di Ancina, si orna di un fronte-spizio imperniato sulla medesima alterità simbolica, di quest’ultima va-riatio e riscrittura (cfr. TAVOLA 24).

Opera strutturalmente assai complessa ed artificiosa, in cui una densapolifonia testuale, fatta di discorsi e dediche, di dichiarazioni di poeticae indicazioni d’uso, fa da corona alla polifonia musicale, come se iltutto fosse una sorta di duplice incarnazione di una medesima elo-quenza sacra, il Tempio Armonico è interamente percorso da una soggia-cente allegoria visiva: ogni composizione è dedicata ad un santuariomariano ed ogni testo intonato contiene più o meno estrinseci riferi-menti ad esso.53 La performance musicale attiva una sorta di teatro dellamemoria, di topografia dei luoghi, che si dipana parallelamente allascansione dei brani. Infiniti percorsi, infinite traiettorie, infiniti viaggi

52 Si veda, ad esempio, l’ampia silloge di dediche raccolte da GIANCARLO ROSTIROLLA,La musica sacra al tempo del Baronio, in La lauda spirituale tra Cinque e Seicento. Poesie ecanti devozionali nell’Italia della Controriforma, Roma, IBIMUS, 2001, pp. 1-210: 85-100.53 Sui testi del Tempio Armonico cfr. MARIA LUISA DOGLIO, Il «Tempio Armonico» di Giove-nale Ancina: dal Petrarca alla lauda spirituale alla «canzonetta ariosa», in Literatur ohneGrenzen, Festschrift für Erika Kanduth, Unter Mitarbeit von Monika Pauer, a c. di SiegfriedLoewe, Alberto Martino, Alfred Noe, Frankfurt am Main - Berlin - Bern - New York- Paris - Wien, Peter Lang, 1993, pp. 99-112.

TEMPIO ARMONICO / TEATRO ARMONICO: MUSICA COME FORMA DI ELOQUENZA SACRA 207

nella geografia del sacro sono possibili variando a propria discrezionel’ordine di esecuzione, magari scegliendo fior da fiore.

Ricordàti se conosciuti, oppure, se sconosciuti, immaginati, i luoghidella devozione alla madre di Dio costituiscono il vero tempio custo-dito nell’interiorità di ciascuno. Un vero tempio che non è altro cheun serbatoio di templi virtuali in cui far scattare lo iato, in cui artico-lare la circolazione tra mondi, in cui convertire il concerto degli uo-mini nel concerto angelico cui solo i giusti si uniranno nell’ultimogiorno.

Come la Controriforma non è soltanto riforma della Chiesa, ma ri-forma del creato, sua renovatio alla luce del Cristo, così la riforma dellamusica propugnata da Giovenale Ancina, nella sua utopica tensione adinstaurare il sacro tramite la classicistica riscrittura del profano, non ètanto riforma della musica di chiesa, bensì rinnovamento delle moda-lità di partecipazione al mondo dell’intera esperienza musicale. Essatraccia una strada suggestiva e feconda, per la consapevolezza umani-stica che la ispira, per l’artificiosa trama che è possibile leggere sotto laveste di humilitas che tutta l’avvolge, ma pur sempre solo una tra lemolte possibili. Nell’universo delle pratiche devozionali cinque-secen-tesche non vi è spazio per l’uniformità. Forse, l’unico aspetto generaliz-zabile, di un’espressione volutamente generica ed ambigua comequesta, è la tendenza a costruire spazi di sacralità ovunque: in ogniluogo e momento della vita, in ogni angolo di solitudine come in ogniforma di ritualità sociale.

Rifuggendo da una consuetudine storiografica che, talora, continuaad interrogarsi sull’oggetto musicale cui conferire la palma di campionedell’ortodossia cattolica, si vuole qui sottolineare il profondo valore eu-ristico della molteplicità: laudi e travestimenti, contrappunto figurato,più o meno purgato dalla lectio palestriniana, e financo l’aborrita musicateatrale: nessun genere appare rigidamente confinato ad uno spazio,nessun genere viene esclusivamente legato ad un’unica funzione,nessun genere viene totalmente espunto dal governo dell’anima. Cia-scuno dotato di una diversa eloquenza, di un connubio diverso di ve-rità e ornamento, potrà partecipare al disciplinamento del corpo comedello spirito a patto che l’intentio profonda che lo anima non sia deltutto fallace, né del tutto sovvertito il rapporto tra strumento e fine. Mapure nel caso di quest’ultima congiuntura, tanto estrema teoricamentequanto frequente nelle pratiche rituali dell’epoca, la legittimazione alsuo impiego potrà arrivare sul versante misterioso, ma cruciale, per il

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successo dell’evangelizzazione, delle modalità percettive: anche al piùcorrotto dei generi, lascivo dispensatore di pathos, sarà meglio chiuderedefinitivamente le porte della Chiesa: o trasformare la chiesa in teatro emagari occultare il discrimine che separa l’amore infelice di una donnaper un uomo, con l’infelice amore della Madre di ogni uomo per il Fi-glio dell’uomo?