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25 SHOCK Tradizionalmente, lo shock è stato identificato con un quadro di ipotensione grave e di collasso cardiocircolatorio: tale interpretazione trovava giustificazione nelle limitate conoscenze, nella scarsità dei metodi di rilevazione e monitoraggio, nella inadeguatezza della terapia. In realtà, rappresentano, in maniera incostante, solo la fase terminale di complesse alterazioni fisiopatologiche che si realizzano ben più precocemente. Nel corso degli anni, gli sviluppi nel campo della fisiologia, della biochimica, della immunologia, insieme ai più perfezionati metodi di monitoraggio e alle più sofisticate tecniche di terapia intensiva e rianimazione, hanno fornito gli strumenti per un nuovo approccio metodologico al fenomeno shock; di conseguenza oggi si parla di shock indipendentemente dalla presenza di ipotensione se sulla base di rilevazioni dirette o indirette venga riconosciuta un’alterazione del trasporto e/o utilizzazione dell’ossigeno e dei substrati da parte dei tessuti. Quindi, lo shock può essere definito come una sindrome pluridisfunzionale dovuta all’alterazione dei processi di produzione energetica cellulare da diminuzione della disponibilità o della utilizzazione dell’ossigeno e ai meccanismi fisiopatologici di compenso che ne derivano. Questa definizione, a nostro avviso, meglio di altre dà l’idea dell’evento fisiopatologico principale e costante, e al contempo della potenziale gravità clinica, dello shock: qualunque ne sia la causa, infatti, l’alterazione del metabolismo cellulare appare essere un momento patogenetico fondamentale il quale si automantiene e a sua volta, interessando tutti gli organi e tessuti, ne può provocare la loro alterazione sino alla insufficienza e allo scompenso. Ricapitolando lo shock è una sindrome polidisfunzionale( più distretti) da alterazione dei processi di produzione energetica cellulare: Per ridotto o mancato trasporto di ossigeno (1) Per mancata utilizzazione cellulare di ossigeno (2) All’interno della cellula si ha alterazione metabolica in cui si ha un difetto di produzione energetica , la quale per essere prodotta ha bisogno di ossigeno. Il problema è la produzione energetica. Questo ossigeno può mancare per due modi o perché arriva alla cellula ed è la cellula che non è capace di utilizzarlo(2), oppure perché l’ossigeno non arriva proprio alla cellula(1). Lo shock, quindi, è una patologia metabolica cellulare in cui l’ossigeno non viene utilizzato o non ci arriva alla cellula. La forma dove l’ossigeno c’è ma non viene utilizzato è la forma che si ha nello shock settico.

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SHOCK Tradizionalmente, lo shock è stato identificato con un quadro di ipotensione grave e di collasso cardiocircolatorio: tale interpretazione trovava giustificazione nelle limitate conoscenze, nella scarsità dei metodi di rilevazione e monitoraggio, nella inadeguatezza della terapia. In realtà, rappresentano, in maniera incostante, solo la fase terminale di complesse alterazioni fisiopatologiche che si realizzano ben più precocemente. Nel corso degli anni, gli sviluppi nel campo della fisiologia, della biochimica, della immunologia, insieme ai più perfezionati metodi di monitoraggio e alle più sofisticate tecniche di terapia intensiva e rianimazione, hanno fornito gli strumenti per un nuovo approccio metodologico al fenomeno shock; di conseguenza oggi si parla di shock indipendentemente dalla presenza di ipotensione se sulla base di rilevazioni dirette o indirette venga riconosciuta un’alterazione del trasporto e/o utilizzazione dell’ossigeno e dei substrati da parte dei tessuti.

Quindi, lo shock può essere definito come una sindrome pluridisfunzionale dovuta all’alterazione dei processi di produzione energetica cellulare da diminuzione della disponibilità o della utilizzazione dell’ossigeno e ai meccanismi fisiopatologici di compenso che ne derivano.

Questa definizione, a nostro avviso, meglio di altre dà l’idea dell’evento fisiopatologico principale e costante, e al contempo della potenziale gravità clinica, dello shock: qualunque ne sia la causa, infatti, l’alterazione del metabolismo cellulare appare essere un momento patogenetico fondamentale il quale si automantiene e a sua volta, interessando tutti gli organi e tessuti, ne può provocare la loro alterazione sino alla insufficienza e allo scompenso. Ricapitolando lo shock è una sindrome polidisfunzionale( più distretti) da alterazione dei processi di produzione energetica cellulare: • Per ridotto o mancato trasporto di ossigeno (1) • Per mancata utilizzazione cellulare di ossigeno (2) All’interno della cellula si ha alterazione metabolica in cui si ha un difetto di produzione energetica, la quale per essere prodotta ha bisogno di ossigeno. Il problema è la produzione energetica. Questo ossigeno può mancare per due modi o perché arriva alla cellula ed è la cellula che non è capace di utilizzarlo(2), oppure perché l’ossigeno non arriva proprio alla cellula(1). Lo shock, quindi, è una patologia metabolica cellulare in cui l’ossigeno non viene utilizzato o non ci arriva alla cellula. La forma dove l’ossigeno c’è ma non viene utilizzato è la forma che si ha nello shock settico.

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Le altre forme, dove viceversa l’ossigeno non arriva alle cellule sono tutte le altre: ipovolemico, cardiogeno, neurogeno e anafilattico.

1. settico 2. ipovolemico 3. cardiogeno 4. neurogeno 5. anafilattico

Nello shock settico si riscontrano delle infezioni che hanno germinato uno stato settico generalizzato che poi provocano lo shock. Shock ipovolemico vuol dire che la causa è la riduzione della volemia circolante, cioè del volume di sangue che sta circolando. Shock cardiogeno vuol dire che la causa è in una patologia cardiaca che all’improvviso mette il cuore fuori funzione. Shock neurogeno, vuol dire che sono malattie neurologiche dove per l’attività di regolazione del sistema nervoso, soprattutto autonomo, sulla vascolarizzazione in queste malattie nervose talvolta si ha improvvisamente il malfunzionamento dei vasi. Shock anafilattico dove si realizza una reazione antigene-anticorpo molto particolare che determina in una reazione di allergia immediata e da qui un evoluzione in shock. Per esempio la puntura del calabrone.. La forma dove non arriva l’ossigeno di solito dal punto emodinamico vi è un basso flusso circolatorio. Mentre nella forma primitiva,dove vi è l’ossigeno disponibile ma non è utilizzato, la modificazione emodinamica prevede che il circolo sia molto più veloce del normale e che sia a cosiddetto alto flusso circolatorio. Lo shock settico è ad alto flusso e tutti gli altri sono a basso flusso. L’emodinamica è determinante per capire ciò che si verifica in qualsiasi tipo di shock. Infatti ci sono tre parametri da tenere sempre presenti:

1. gittata cardiaca 2. volemia 3. resistenza periferica

Questi tre parametri sono in relazione nel senso che l’alterazione di uno comporta una situazione compensatoria da parte degli altri due. Quindi nello shock, quando si ha l’alterazione di uno dei tre parametri, automaticamente le altre due funzioni aumentano per compensare quella alterata.

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Se nello shock ipovolemico si ha l’abbattimento della volemia, che ci riduce il sangue circolante, la risposta positiva arriverà grazie alla resistenza periferica e alla gittata cardiaca. Ciò vuol dire che aumentano le resistenze periferiche e la gittata. Se viceversa le resistenze periferiche si aprono, come per esempio nello shock neurologico(lesione traversa del midollo in traumatizzato stradale), avrete che non funzionando più le resistenze periferiche, l’emodinamica è mantenuta dalla gittata cardiaca e dalla volemia. Se lo shock viene ad essere cardiogeno, quindi dove viene ad essere alterata la gittata cardiaca, i meccanismi di compenso agiscono sulla volemia e sulle resistenze periferiche. Ciò vuol dire che, per esempio, se io ho il volume della massa circolante che si abbassa ( normalmente 5 litri al minuto) per poter mantenere la circolazione di quel poco che rimane (perché invece di 5 litri ne avete 4 litri), prima di mettere in moto altri meccanismi di compenso, per sostenere questa volemia ci sono 2 possibilità: ossia che il cuore pompi di più e viceversa che il sangue che avete non vada a finire in alcuni distretti dove non è necessario che passi. La cute quando la volemia è bassa non è necessario che sia irrorata, eppure la milza. La cosa fondamentale è che siano irrorati il cuore e il cervello, che sono gli organi nobili. Quindi le modificazioni delle resistenze periferiche saranno tali che impediranno al sangue di andare in alcuni distretti e viceversa faciliterà l’irrorazione agli organi nobili. Perché lo shock è una reazione da fuga, nel senso che madre natura l’ha creata solo perché noi siamo inizialmente stati degli animali, con la legge della giungla. Del più debole che per sopravvivere al più forte deve scappare con una reazione da fuga dove le resistenze periferiche fanno in modo di impedire al sangue di irrorare la cute a favore del cuore e del cervello. Ma quando per esempio si veniva feriti, durante il combattimento, la gazzella una volta giunta in salvo va a bere per cercare di ripristinare la volemia. La volemia quando si riduce prevede l’aumento della gittata cardiaca o viceversa un’aumento delle resistenze periferiche. Un incremento delle resistenze periferiche che sono date dal tono delle arteriole, ed è espresso dalla pressione diastolica. Ciò vuol dire che se noi andiamo a misurare la pressione circolante abbiamo per esempio 120/70 dove 70 che viene registrato è espressione del tono periferico delle arteriole e poi anche in minima parte della quantità di sangue che rimane. Questa pressione è data dal fatto che questo torrente circolatorio va a sbattere contro qualcosa di chiuso,le arteriole, e dall’altro c’è una colonna di sangue da spostare. Queste resistenze periferiche sono date dal tono delle arteriole che possono essere aperte o chiuse. Se chiuse si dirà che il distretto è poco irrorato viceversa se sono aperte si dirrano irrorate. Detto questo dal momento che a noi si è ridotta la volemia e abbiamo già il cuore che pompa di più per evitare che la pressione diastolica cada ecco che si ha un incremento delle resistenze periferiche sigillando quei distretti dove l’irrorazione non è necessaria e quindi in primis tutto l’apparato viscerale addominale e in secundis la cute. Mettiamo il caso che un paziente abbia avuto un infarto. Infarto che porta alla possibilità che la pompa cardiaca non pompi più nel modo dovuto.

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Se avviene questo voi intervenite sull’emodinamica, perché ovviamente alterate uno dei meccanismi sui quali si regge tutto l’individuo. Si dovrà intervenire non tanto sull’aumento della volemia sennò andiamo a sovraccaricare il cuore che già non funziona. Ma soprattutto modificando le resistenze periferiche. Ultima considerazione cosa provoca lo shock anafilattico? Lo shock anafilattico è caratterizzato da una reazione antigene-anticorpo con tutta una serie di fattori a cascata che vanno ad agire sulla cosa peggio regolabile: cioè le resistenze periferiche, quelle dove noi anche con i nostri medicinali riusciamo a fare ben poco. C’è una vasodilatazione improvvisa generalizzata periferica e ciò fa si che il sangue non torni più al cuore. Le caratteristiche dello shock anafilattico sono liberazione di istamina e sostanze istamino-simili (edema della glottide, broncospasmi) con intensa vasodilatazione periferica, permeabilizzazione capillare e ipotensione.

TERAPIA D'EMERGENZA NELLO SHOCK ANAFILATTICO Interrompere immediatamente la somministrazione dell'antigene Assicurare la pervietà delle vie aeree Somministrare ossigeno al 100% Infusione rapida di soluzioni idroelettrolitiche (2-4 l) o colloidali (500-1500 ml) Adrenalina e.v (0,3-0,5 mg); ripetere la somministrazione ad intervalli di 5-10 minuti in base alla risposta

Riassumendo il sangue circola in virtù di questi tre grandi lavoratori che sono la gittata cardiaca, la volemia e le resistenze periferiche. Ciò che non è fatto da uno deve essere fatto dagli altri, con azione compensatoria. Se è compensato si parla di shock compensato altrimenti avremo uno shock scompensato. Tutti gli shock da una fase di compenso, se non vengono corretti nelle loro cause deviano progressivamente in una fase di scompenso. Quindi quando si altera uno di questi fattori si innesca lo shock che è in una fase compensata, se non si corregge la causa si passa allo shock scompensato e quindi alla morte.

GITTATA CARDIACA

VOLEMIA RESISTENZE PERIFERICHE

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Shock ipovolemico Sono situazioni in cui il sangue circolante si riduce per qualche motivo. Uno di questi motivi è l’emorragia, ma ci sono altre situazioni in cui si ha una riduzione della volemia, come le ustioni. Le ustioni perché comportano una flogosi in cui si hanno diversi gradi di flogosi. L’ustione di I°, II°,III° grado dove in ogni caso la flogosi comporta la essudazione (le modificazioni della pressione idrostatica/oncotica dà origine a trasudati, le modificazioni della permeabilità danno origine a essudati) in cui oltre alla componente corpuscolare c’è anche liquido, quindi se l’ustione è di una certa entità si hanno grandi quantità di liquido che vengono perdute dalla superficie. Questo liquido ovviamente viene estratto dal plasma che è una frazione del sangue (definizione plasma e siero) e quindi si riduce la volemia circolante. Nel vomito e nella diarrea è chiaro che qui non parliamo del singolo episodio di vomito ma parliamo di malattie serie come per esempio il colera (malattia infettiva acuta caratterizzata da diarrea profusa con estrema perdita di liquidi e elettroliti ) che ha tutte e due i sintomi, per esempio le feci sono di colore verdastro (a purè di piselli, purè perché la consistenza è simile a quello del purè) perché il tempo di permanenza nel tratto intestinale è così breve che la bile non riesce ad essere riassorbita. Le scariche di diarrea sono molto numerose si parla di 20-30 scariche in cui vengono perse grandi quantità di liquido. Liquido proveniente dal passaggio del plasma alle anse intestinale e successivamente perso con le feci. Quindi perdendo tutti questi liquidi, anche se si cerca di reintegrarli si riperdono, si ha l’origine di uno shock ipolemico. Nei neonati la situazione si fa più grave rispetto a quello che avviene negli adulti, infatti basta la perdita di 400 cc per causare uno shock ipovolemico. Per esempio la gastroenterite infantile è pericolosa per questo motivo e non tanto per l’acidosi metabolica. Il vomito comporta una situazione più grave perché con il vomito si perde anche l’acido cloridrico che c’è nello stomaco e ciò significa perdere idrogenioni (ioni idrogeno) che vengono sostituiti nella loro attività dagli ioni potassio. Sottrarre gli ioni potassio significa sottrarre ione potassio responsabile della contrazione cardiaca e quindi una serie di meccanismi che peggiorano la situazione. Anche l’occlusione intestinale è importante infatti il transito intestinale viene interrotto a livello delle anse intestinale si ha un ulteriore richiamo di liquido . Tutto questo accumulo di liquido non partecipa alla circolazione del sangue e quando questa quantità è notevole si parla di litri, si può verificare una ipovolemia. I traumi possono causare una ipovolemia per molte cause : emorragie, perforazioni delle viscere, provocare vomito…. L’evoluzione dello shock ipovolemico è quella anche per le altre condizioni. La fase preclinica è quella che prevede il danno nel momento in cui si verifichi l’emorragia per esempio la rottura dell’aorta, nel momento in cui si sta rompendo. Quando compare lo shock vuol dire che si sono già messi in azione i fattori di compenso che cercano di ridurre gli effetti negativi della ipovolemia. La fase di compenso permette a sua volta di recuperare, e mantenere e dipende dai fattori di compenso e dal fattore lesivo.

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Se il fattore lesivo supera i fattori di compenso si va progressivamente verso la fase di scompenso ma di per se c’ è anche da sottolineare che uno shock non può perdurare all’infinito perché vi ricordo che voi avete in ischemia tutta quella zona che non ci arriva normalmente il sangue (cute e distretti viscerali). L’ischemia di queste zone alla fine determinerà che quelle che erano le resistenze periferiche, cioè un aumento del tono arteriolare diffuso su tutte queste zone che impediva al sangue di andarci, ad un certo punto questa zona degli sfinteri, non essendo ossigenati, mollano determinando una vasodilatazione generalizzata. A questo punto il sangue che già era poco va a finire alla periferia e quindi si passa a una fase di scompenso, dove compaiono dei deficit in più organi e quindi la morte. Qualsiasi fattore emorragico che riduca la volemia è percepito in primo luogo dai recettori localizzati nell’atrio destro perché il ritorno venoso è minore. Infatti il cuore percepisce per primo il ridotto apporto venoso. Alcune frazioni di secondo dopo si attivano alcuni sistemi che sono prettamente arteriori e sono dei sistemi che sono un pochino più lenti localizzati nei distretti arteriosi, quali i pressocettori localizzati nell’arco dell’aorta, chemocettori e pressocettori localizzati a livello del bulbo carotideo (dove la carotide comune si divide in carotide interna e esterna). Questi sono tutti e due distretti arteriosi ma i pressocettori localizzati nell’arco dell’aorta vengono stimolati soltanto quando non gli arriva il sangue non quando il sangue è già passato e lo avete perduto, quindi è necessario che ritorni al cuore. Ciò vale anche per gli altri due perché il sangue che cada, per esempio, da una lesione arteriosa di un arto inferiore non viene percepito come caduta arteriosa dal gloma carotideo ma è solo quando il sangue tornando e venendo reiettato di nuovo passa di là in minor quantità. Ecco perché sono posticipati rispetto ai recettori dell’atrio cardiaco. Qualunque sia il tipo di recettore che viene ad essere attivato le vie nervose che conducono lo stimolo di questi recettori che sono stati attivati passa attraverso 2 nervi che sono il nervo vago e il nervo glosso-faringeo. Il nervo glosso-faringeo (nervo misto, sensitivo e motorio) che come attività motoria fa solo muovere la lingua e contrarre la faringe qua riveste un ruolo importantissimo nella sua afferenza perché è quello che porta gli stimoli dalla carotide. Il nervo vago è quello che porta gli stimoli dalla zona dell’aorta. Tutti e due vanno a finire in una zona abbastanza codificata nel midollo allungato che viene denominato il nucleo del tratto solitario da dove le efferenze partono per andare sul centro vaso-motore. Nucleo del tratto solitario. Gli stimoli che arrivano all’atrio, all’aorta, al glomo carotideo attraverso i due nervi vanno a finire al nucleo del tratto solitario che sono nel bulbo o midollo allungato. Da qui vengono trasmesse al centro vaso-motore bulbare. Nel centro vaso-motore bulbare da dove si regola tutta l’attività cardiaca e vascolare dell’organismo. Ciò vuol dire che le efferenze che partono da questo nucleo, attraverso il simpatico e il parasimpatico, vengono ad essere regolate le attività del cuore e delle resistenze periferiche oltre che di altri organi. Per esempio nell’impiccagione la morte non avviene per soffocamento ma si ha la rottura della vertebra cervicale così il dente dell’epistrofeo va ad infilarsi nel bulbo andando a lesionare questi centri, bloccando immediatamente il cuore.

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Il centro vaso motore ha le sue efferenze, inizialmente, questo è uno stimolo immediato, per il cuore tramite i nervi cardiaci. Si ha una stimolazione del tono simpatico (con liberazione di noradrenalina) e quindi sul cuore si hanno gli stimoli che gli fanno aumentare la frequenza cardiaca e la forza di contrazione del cuore. Tutto questo è dovuto al tentativo di ripristino della gittata cardiaca 1 dei 3 elementi nel gioco della compensazione. Se prendiamo il polso del pz possiamo riscontrare un polso accelerato. I nervi vaso motori, fanno parte del simpatico, quindi liberano noradrenalina e in piccola parte adrenalina, ma a seconda dei distretti dove vanno ad agire rispondono in maniera diversa: in alcuni distretti sarà una risposta eccitatoria e in altri inibitoria. Molto importante è la componente eccitatoria, perché va ad aumentare il tono delle arteriole la dove i vasi si devono chiudere per dare compenso, cioè i distretti viscerali e la cute.

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Nei distretti viscerali e cutanei la risposta è di tipo eccitatorio e quindi si ha la chiusura dei vasi e il passaggio del sangue in altri distretti. Quindi si ha un aumento del tono vascolare e un aumento delle resistenze periferiche. Contemporaneamente la stimolazione di questi nervi avviene anche sulle ghiandole sudoripare, ciò significa che il pz sarà sudato e, a causa della reazione cutanea, pallido e più fredda del normale. Questi sono i caratteri di un pz con uno shock in fase iniziale. La pressione arteriosa non cade perché siamo sempre in una fase di compenso in cui si ha la contrazione dell’ arteriole. Semmai si modifica in un secondo tempo,dopo poche ore. Sempre contemporaneamente innervazione della midollare del surrene permette il rilascio di altra adrenalina e noradrenalina in circolo, perché l’adrenalina e la noradrenalina immagazzinata nelle sinapsi adrenergiche non è molta. Ma di per se nella surrene si innesca un altro meccanismo di compenso: il sistema della renina-angiotensina-aldosterone. Non tanto nella surrene ma nel rene; il surrene serve perché a sua volta nella fase posticipata libera il cortisolo e altri enzimi che serviranno anche per risparmiare acqua e sodio. Il sistema renina-angiotensina-aldosterone è immediatamente in azione, dopo pochi secondi dall’inizio. Se il rene ha il sangue che gli arriva sul versante anteriore automaticamente gli e n’arriva di meno perché nel sangue c’è una riduzione della volemia. C’è una ipoperfusione renale. Il rene ha in corrispondenza dell’apparato glomerulare la presenza del cosiddetto app. juxta glomerulare che ha la funzione di percepire questa riduzione di perfusione e di mettere in azione un meccanismo: produzione di renina. Renina che è un enzima che agisce sull’angiotensinogeno, che è una molecola inerte, trasformandola in angiotensina I. L’angiotensina I grazie all’enzima convertente si trasforma in angiotensina II. L’angiotensina II ha un duplice effetto:

1. (effetto immediato) potente vasocostrizione; immesso nel circolo arterioso e quindi poi anche in quello venoso e viceversa, ha una caratteristica di andare a rafforzare la vasocostrizione, perché agisce su recettori diversi dagli adrenergici, quindi quei vasi che, magari, avevano risposto poco e male alla vasocostrizione periferica, vengono ulteriormente stimolati e mantenuti dall’angiotensina II nella vasocostrizione

2. (effetto tardivo) l’angiotensina II favorisce la liberazione di un’altra sostanza: l’aldosterone, che è un ormone e viene secreto dalla corteccia surrenale che agisce sul tubulo renale favorendo il riassorbimento di acqua e sodio e l’escrezione di potassio.

In questo modo si incide ulteriormente sulla volemia, perché riassorbire sodio e contemporaneamente acqua significa contrarre la diuresi, vuol dire che non è più liquido che viene eliminato con le urine, di conseguenza avete una contrazione della diuresi con oliguria o francamente anuria. Ma l’oliguria e l’anuria vengono anche attivate da un altro meccanismo ipotalamico-ipofisario, cioè mentre lo stimolo aveva portato lo stimolo al tratto del nucleo solitario contemporaneamente gli osmocettori attivano l’ipotalamo e di conseguenza l’ipofisi si ha la liberazione di:

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1. ACTH da parte dell’ipofisi anteriore ed agisce sulla corteccia del surrene e quindi di nuovo secrezione di cortisolo e altri ormoni di questo tipo.

2. Ormone antidiuretico(ADH) da parte dell’ipofisi posteriore ed agisce sul tubulo contorto distale favorendo il riassorbimeto di acqua.

Quindi l’acqua che era sfuggita all’azione nel tubulo contorto prossimale viene riassorbita nel tubulo contorto distale per azione dell’ADH. Vi è un altro fenomeno importante a livello arteriolare : esistono sfinteri precapillari e post capillari. Quello che succede è che normalmente gli sfinteri precapillari hanno un certo tono e una certa pressione all’interno del lume dei capillari per favorire poi gli scambi tra lume capillare e esterno. Pressione idrostatica e pressione osmotica regolano il flusso di liquido dall’interstizio al capillare e viceversa. Normalmente dovendo nutrire i tessuti nel versante arteriolare, si ha un flusso netto dall’interno verso l’esterno, perché la pressione idrostatica all’interno del lume del capillare è maggiore rispetto all’esterno mentre la pressione oncotica è minore all’interno ed è maggiore all’esterno. Nella porzione arteriosa del capillare, quindi c’è un flusso netto dall’interno verso l’esterno. Se voi andate a chiudere la componente arteriolare vuol dire che nella porzione a valle la pressione idrostatica cade immediatamente. Cadendo rispetto al normale si ha l’inversione di quello che succede normalmente, liquido entra dall’interstizio nei capillari e poi va attraverso la componente venulare. Tutto ciò per compensare la volemia. Per cui il meccanismo di compenso è su tutti e 3 i fattori: inizialmente sulla gittata cardiaca, mantenuta dalle resitenze periferiche, le quali a loro volta contribuiscono un po’ nel ripristino della volemia. Nello shock ipovolemico si ha una diminuzione della volemia che per prima è recepita nel sistema venoso dall’atrio di destra poi successivamente avvertita dagli altri recettori, dando luogo ad azioni di compenso. Tra cui il passaggio di liquido dall’interstizio al torrente ematico a causa della caduta della pressione idrostatica. Se la pressione idrostatica cade all’interno del capillare è ovvio che la pressione idrostatica è maggiore negli interstizi e quindi i liquidi vanno dagli interstizi al capillare. Si parla di refriling (riempimento) proprio per esprimere il riempimento del compartimento vascolare a spese del compartimento interstiziale.

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Caratteristiche cliniche Persona perfettamente cosciente, se non è in coma perché ha avuto un politrauma o qualcosa del genere, perché lo shock è essenzialmente una reazione di fuga. Quindi la coscienza di questa persona rimane intatta, quindi è in grado di collaborare e di riferirci dati. Oltre a questo è sufficiente mettere una mano sulla fronte per evidenziare il segno tipico dello shock: fronte sudata fredda. La fronte sudata fredda la possiamo riscontrare in una crisi ipoglicemica. Quando si ha la caduta della glicemia avete la caratteristica che vengono messi in moto i meccanismi affinché la glicemia si rialzi. E quindi ciò è dovuto alla stimolazione del simpatico ed ecco spiegata la fronte sudata e fredda. Dopo una crisi vagale si ha la stimolazione simpatica e quindi ritroviamo i soliti sintomi. La fronte sudata e fredda non è di per se significativa ma ad essa vanno aggiunti altri valori. Apprezzando il polso radiale o carotideo si riscontra un polso piccolo e frequente cioè si percepisce l’onda sfigmica più bassa del normale; il picco è più bassa perché è aumentata la frequenza cardiaca. Invece in un ipertermia si ha la fronte sudata e calda. La riduzione della volemia non comporta come segno imminente la caduta della pressione arteriosa ma questo è un segno tardivo e quindi non ci si può basare (segno di non compenso).

Però rimangono segni che risultano aspecifici perché la stimolazione del simpatico non vi è solo qui, per esempio dopo uno svenimento(lipotimia, , comunemente nota come svenimento, è una sensazione di improvvisa debolezza che non comporta la completa perdita della coscienza, ed è una sensazione di debolezza generale, obnubilamento visivo e ottundimento sensoriale, cui fa seguito una temporanea perdita di tono muscolare e di coscienza, causata da una riduzione del flusso sanguigno a livello cerebrale. Spesso si accompagna a fenomeni di tipo neurovegetativo, come pallore e sudorazione fredda. Si distingue clinicamente dalla sincope, a insorgenza più brusca e sviluppo repentino, che è causata da una riduzione del flusso sanguigno cerebrale più marcata. Entrambe sono, almeno in parte, espressione di situazioni caratterizzate da ipotensione arteriosa acuta. Nel bambino tra 1 e 4 anni può presentarsi dopo un forte

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spavento o in un accesso di collera con arresto del respiro e convulsioni di origine isterica.) al momento del risveglio.

Man mano che si va avanti si innescano altri meccanismi e di conseguenza se per esempio voi mettete un catetere vescicole per misurare la quantità di urine, noterete oligo-anuria, cioè una contrazione della diuresi per risparmiare liquidi, grazie al sistema renina-angiotensinaI-angiotensinaII-aldosterone e all’ACTH e ADH. Analogamente se voi andate anche a verificare l’attività funzionale di altri organi vedrete che c’è una netta polidisfunzione di certi organi che di per sé può essere pericolosa. Però fondamentalmente siamo ancora in una fase più o meno di stabilità. E’ chiaro che questa è una condizione dove di per sé dovete immaginare che già a livello locale dove ci sono i capillari il sangue che è all’interno subisce delle modificazioni. Perché tutto l’ossigeno che c’è viene ad essere praticamente estratto, perché viene utilizzato completamente: immaginate quel poco che arriva alla cute, la quale sottrae tutto ciò che c’è da sottrarre. Ovviamente succede che di per sé il metabolismo locale di queste zone, dove è stato ridimensionato il flusso ematico per fare questo refriling, viene ad essere in una situazione di progressiva ischemia. Se noi manteniamo contratti gli sfinteri precapillari il sangue che arriva ai sistemi capillari è si ossigenato ma l’ossigeno viene portato via completamente e non ce ne arriva tanto successivamente da poter compensare quello portato via e quindi si va verso una situazione di ischemia locale ciò fa si che le cellule siano in una situazione di sofferenza in particolare le cellule degli sfinteri capillari. Se di punto in bianco l’ischemia è tale da mettere fuori funzione i miociti (cellule della muscolatura liscia) delle arteriole allora molleranno: da contratti si aprono di colpo. Quindi si ha che il sangue, che non andava a quei distretti perché c’erano gli sfinteri chiusi, arriverà e tornerà ad irrorare quei distretti che grazie alla vasocostrizione non erano irrorati per esempio la cute. Per cui si sottrae altro sangue ad una volemia che già era insufficiente di per sé. Non si ha più la situazione di compenso con vasocostrizione ma vasodilatazione e caduta della volemia senza possibilità di essere compensata. Si ha quindi uno shock scompensato dove tutti quei meccanismi che erano messi in atto per ovviare ad una ipovolemia cessano, e quindi il sangue non torna più al cuore e di conseguenza morte (emorragia). Riassumendo: La continua contrazione degli sfinteri precapillari porta inevitabilmente ad uno stato di ridotta tensione parziale di ossigeno, responsabile del rilascio di questi sfinteri in seguito all'accumulo dei mediatori locali, ADP., adenosina, gli ioni potassio e acido lattico. Tale condizione favorisce un ristagno di sangue nei capillari tissutali, perché gli sfinteri venulari, adattati anche in condizioni fisiologiche a tollerare valori di Ph relativamente più bassi, rimangono contratti più a lungo. A questo punto, i tessuti coinvolti nei meccanismi di compenso si liberano in modo definitivo dall'attività ormonale (catecolamine) indotta dalla riduzione acuta della volemia. In questo momento anche di interventi terapeutici non riescono più a modificare il decorso dello shock( shock scompensato)

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Il rilascio degli sfinteri precapillari indotto dall'acidosi metabolica, legata al perdurare dello stato di contrazione, porta a un rallentamento della velocità di flusso che favorisce un maggior trasferimento di ossigeno ai tessuti. Purtroppo, essendo la disponibilità di ossigeno nel sangue già ridotta, la sua continua cessione ai tessuti porta inevitabilmente a una condizione di ipossia, che induce la produzione di fattore tissutale responsabile dell'innesco della coagulazione del sangue e della formazione di trombi. In questo modo, ai danni provocati dall'ipossia possono aggiungersi quelli legati ai fenomeni ischemici. Il rilascio degli sfinteri precapillari comporta una vasodilatazione locale responsabile di un passaggio di liquidi dal settore intravascolare a quello interstiziale, una situazione opposta a quanto descritto nella fase reversibile e parte dei meccanismi di compenso. Presto si assiste alla morte cellulare, che attraverso una serie di effettori (fattori della coagulazione-fibrinolisi, fattori del complemento, proteinasi lisosomiali) promuove lo sviluppo del processo infiammatorio con le sue tipiche manifestazioni, vasodilatazione e aumento della permeabilità cellulare. Questo fenomeno favorisce un intrappolamento della massa di sangue nei vasi degli organi coinvolti nei meccanismi di compenso e la perdita di fluidi negli interstizi. In questo modo la massa circolante efficace inizia a ridursi e il ritorno venoso non è più sufficiente a mantenere un'appropriata gittata cardiaca. Si parla di insufficienza multiorgano MOFS.

Multiple Organ Failure Syndrome (MOFS)

Polmone Insufficienza respiratoria (ARDS) Rene Insufficienza renale (oligo-anuria) Cuore Insufficienza cardiaca (scompenso cardiaco) Fegato Insufficienza epatica (ittero colostatico)

Nella MOFS in cui si muore dopo qualche giorno.

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Sembra che il paziente abbia superato la fase di shock conclamato perché è uscito dai parametri tipici ma muore dopo qualche giorno per le complicazioni dovute agli organi che sono stati ipoperfusi. I polmoni, il rene ed il fegato sono colpiti da MOFS e si può avere anche insufficienza cardiaca ma questo è un aspetto particolare. Per il polmone si verifica una insufficienza respiratoria che viene chiamata sindrome da alterazione respiratoria acuta (ARDS) ed è dovuta dal fatto che i polmoni non riescono più a sintetizzare più il surfactante. Il surfactante è quella sostanza che fa sì che gli alveoli rimangono aperti e non collabiscono. Se c’è una alterazione nella sintesi di questa sostanza tensioattiva è ovvio vanno a collabirsi. E se gli alveoli si collabiscono si ha una respirazione in difetto ecco perché insufficienza respiratoria. L’insufficienza renale è data da un danno ai tubuli renali causata dall’ischemia. E si ha una vera e propria tubulopatia che danneggia in modo irreversibile il rene. Quando vi è una tubulopatia cioè una patologia a carico dei tubuli, responsabili della ritenzione ed escrezione dell’urina, con addirittura la formazione dei cilindriche sono delle strutture che sono impilati nel lume. L’insufficienza renale è responsabile della oligo-anuria dal punto di vista clinico. L’insufficienza epatica si sviluppa perché il fegato ha una doppia irrorazione quella che deriva dalla vena porta e quella che deriva dall’arteria epatica che si fondono fra di loro. Il fegato è uno dei primi organi che viene ad essere utilizzato per risparmiare sangue nel senso che il sangue non passa più attraverso il fegato ma va via cercando di irrorare gli organi nobili: il nobile e il cuore. E allora succede che di per se anche gli epatociti dopo un certo periodo di tempo vanno incontro a ischemia, c’è la necrosi anche ischemica di questi epatociti e di conseguenza la possibilità che si abbia un cattivo funzionamento del fegato. E di ciò ce ne accorgiamo vedendo le transaminasi che in questo caso aumentano. Questi pz iniziano a diventare itterici (cute gialla). Ed infine insufficienza cardiaca. Qui il meccanismo è molto più complesso perché viene sintetizzata una sostanza che agisce come inibitore del battito cardiaco (myocardial depressant factor) ed ha le caratteristiche di essere tale da ridurre progressivamente la forza di contrazione e di conseguenza di portare a una riduzione della gittata cardiaca ed in ultima analisi di provocare uno scompenso cardiaco. Mettendo insieme tutti questi fattori si ottiene l’insufficienza multiorgano che fa si che inevitabilmente arrivi la morte.

Attività infermieristica Prendiamo in esempio un pz politraumatizzato che arriva al pronto soccorso con codice rosso. Di solito vi arriva già intubato, ma nel caso in cui non lo sia voi dovete controllare che la respirazione volontaria sia efficace e l’eventualità di una pulizia del cavo orale da ciò che ci può essere. Mettiamo il caso sia già stato intubato. Di sicuro il medico del 118 avrà provveduto ad assicurarsi più di una via: venosa ed arteriosa. Venosa per fare le infusioni e arteriosa per gli emogas-analisi. Perché la valutazione della stabilità o meno del paziente si delinea dalla relazione acido-basica.

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In maniera diretta viene anche notata l’emoglobina (normalmente intorno a 14). Se il valore è molto al di sotto di 14 vuol dire che il paziente ha perso molto sangue. Un grado in meno di Hb corrisponde a 200-250 cc di sangue perso. Per mantenere la volemia (per ripristinarla occorrono circa 20 giorni) dovremmo diffondere sangue e derivati del sangue e contemporaneamente per cercare di correggere l’acidosi metabolica. Deve essere perfuso sangue intero (0 Rh negativo, che è universale) che contiene anche i fattori della coagulazione che servono per fermare l’emorragia. Se non abbiamo sangue a disposizione si infondono i plasma expander che sono macromolecole che espandono il volume plasmatico cioè hanno la caratteristica, a causa delle loro dimensioni, di non oltrepassare le membrana (endoteliale e basale) pertanto rimangono in circolo. Quindi si perfondono i plasma expander ad alta velocità per mantenere la volemia. Tutti i capillari sono formati da cellule endoteliali che poggiano su una membrana basale. Mentre le cellule endoteliali fungono da rivestimento, la membrana basale è un qualcosa di solido come se fosse una rete con delle maglie che hanno certe dimensioni e visto che i plasma expander sono più grandi non riescono ad oltrepassarla. L’altra sostanza è quella che mi corregge o mi impedisce di evolvere verso l’acidosi metabolica: il ringer acetato (si pronuncia ringher). Anche questa sostanza si per fonde ad alte velocità. Oltre a queste sostanze si deve anche somministrare il cortisone perché stabilizza le membrane cellulari cioè impedisce che si abbia l’effetto dell’acidosi, infatti quando si verifica una acidosi la prima struttura che ne risente sono le membrane e se le membrane vengono danneggiate si ha la morte cellulare. Si somministra un tipo particolare di cortisone il SOLUMEDROL (metilprednisolone sodio succinato). E' un corticosteroide di sintesi dotato di una intensa attivita'antinfiammatoria ed antireattiva. Oltre a ciò, visto che sanguina, si da il plasma perchè contiene tutti i fattori della coagulazione. Le vene di questo paziente sono molto piccole a causa del vasospasmo, se non si riesce a prendere le vene sul braccio si va sulla giugulare esterna. Le giugulari con il fatto di trattenere il respiro non si svuotano e di conseguenza diventano più turgide. Per vederle basta mettere un dito alla base di esse per far si che non si possano svuotare. Queste sono vene dove inseriamo l’agocanula quando non riusciamo a reperire le vene periferiche. Oltre alla giugulare ci sono altre vene che possiamo reperire e sono quelle a livello del malleolo o la vene femorale o introducendo un catetere venoso centrale. Questo accesso ci permetterà di eseguire il prelievo di sangue per valutare il valore dell’emocromo e in seconda istanza anche la glicemia e le transaminasi. L’importante è l’emocromo perché siamo in una situazione di vita o di morte, dove sapere il valore dell’emoglobina è importantissimo. Prima del prelievo si fa l’emogasanalisi. Altre cose da fare sono l’introduzione del SNG e del catetere vescicale. Il SNG per evitare magari se non è incubato che ci sia del rigurgito e di conseguenza materiale dello stomaco che va a finire nelle vie aeree (broncopolmonite abingestis).

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Il catetere vescicale per verificare la gittata vescicole in un ora. Normalmente il volume di urina prodotta in un ora è intorno a 120 cc. La misurazione viene fatta con l’urometro, che serve per valutare l’urina escreta nelle 24 ore, ma in questo caso la valutazione viene fatta in un ora. A questo punto si ha un monitoraggio completo di quelle che sono le funzioni che possiamo mantenere li per li. Ma ce ne sono altre più complicate, dove vediamo il respiratore automatico perché il pz è intubato, la centralina di monitoraggio per ECG e frequenza respiratoria, il pulsiossimetro (che serve per misurare la freq. cardiaca e la saturazione parziale dell’ossigeno) . In terapia intensiva e in rianimazione si usa la dopamina. La dopamina agisce sul cuore e sul rene. Da un lato migliora l’attività cardiaca, dall’altro la perfusione renale. Però il suo dosaggio va monitorizzato.

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INTERVENTI NECESSARI SU UNA PERSONA IN SHOCK IPOVOLEMICO

1) PLASMA ESPANDEX (emagel), sono macromolecole che non passano nell’interstizio ma rimangono nel circolo sanguigno. La macromolecola non attraversa la membrana basale. 2) RINGER ACETATO e non il lattato altrimenti si aumenta ancora di più la concentrazione di acido lattico nei tessuti. 3) CORTISONE per stabilizzare le membrane cellulari, altrimenti se non funzionano gonfiano e vanno in contro a lisi. Il cortisone utilizzato è il SOLUMEDROL 1g. 4) PLASMA perchè contiene tutti i fattori della coagulazione. 5) DOP M N l

Si somministra

Serve per fare subito al paziente l’EMOGAS ANALISI e per rilevare l’EMOGLOBINA. L’emoglobina deve essere intorno a 14, ricorda 1° di emoglobina equivale a 250cc di sangue perduto.

Successivamente si posiziona: 1) S.N.G 2) CATETERE VESCICALE per verificare la gittata urinaria all’ora. Una persona idratata la normalità all’ora è sui 120cc di urina. 3) PULSOSSIMETRO misura la tensione parziale di ossigeno a livello capillare.

Codice rosso persona in shock ipovolemico

già intubato si recapita un via arteriosa

e venosa

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DIAGNOSI E TRATTAMENTO DEI PAZIENTI AFFETTI DA SHOCK EMORRAGICO

VALUTAZIONE E TRATTAMENTO INIZIALE

1. valutazione pervietà vie aeree e respiro spontaneo 2. O2 terapia con maschera di Venturi per mantenere la pO2 tra 80 e 100 mm/Hg 3. valutazione emorragia in atto: se c'è una ferita aperta terapia compressiva 4. rapida valutazione neurologica (coscienza, riflesso pupillare, sensibilità) 5. esame obiettivo 6. sondino naso-gastrico

1. se non c'è emoraggia gastroenterica, serve per decompressione gastrica 2. se c'è emorragia gastroenterica, serve per valutare il contenuto gastrico ed

effettuare il lavaggio 3. è controindicato se si sospetta un sanguinamento da varici esofagee

7. valutazione del flusso urinario: se il paziente è neurologicamente molto compromesso, usare il catetere vescicale.

8. reperire 2 grossi accessi venosi periferici, ed in mancanza di essi un accesso venoso centrale

9. prelievo per emocromo, azotemia, creatinina, Na+ , K+ , PT, PTT, EGA arterioso, prove crociate

10. iniziare la somministrazione di liquidi (bolo di 2000 ml di Ringer Acetato e/o soluzione fisiologica in 15 minuti)