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BIMESTRALE DELL'AZIONE CATTOLICA DI BRESCIA ANNO XXIII 4.5 | 09 REG. TRIB. DI BRESCIA N. 40/1984 DEL 22.12.1984 SPED. IN A.P. - D.L. 353/2003 (CONV. L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 2 DCB BRESCIA CONTIENE I.R. Anno associativo 2009 | 2010 Cercatori di Dio

ACI Notizie 4-5-2009

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Bimestrale dell'Azione Cattolica di Brescia

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Bimestrale dell'azioneCattoliCa di BresCia

anno XXiii

4.5|09

reg. triB. di BresCian. 40/1984 del 22.12.1984

sped. in a.p. - d.l. 353/2003(Conv. l. 27/02/2004 n. 46)

art. 1, Comma 2 dCB BresCia

Contiene i.r. Anno associativo 2009|2010Cercatori

di Dio

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semina

Editoriale

BIMESTRALE DELL'AZIONECATTOLICA DI BRESCIA

anno XXiiin° 04|05 maggio-giugno 2009

direttore responsabile:

graziano Biondi

redazione:

sarah albertini, michele Busi,giovanni Falsina, mariangela Ferrari,

paolo Ferrari, Beppe mattei,massimo orizio, luciano zanardini

direzione e redazione:

via tosio 1 - 25121 Bresciatel. 030.40102

fax [email protected]

foto:

alessandro Chiarini, luisa Colosiogiorgio Baioni, pierangelo traversi

editrice:

azione Cattolica italianaConsiglio diocesano di Brescia

progetto grafico:

maurizio Castrezzati

realizzazione:

Cidiemme - Brescia

stampa:

tipografia Camuna s.p.a.

www.acbrescia.it

gli indirizzi dell’associazione

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eTempo di semina...

la “lunga estate calda” è finita.non sembra finito lo spettacolo di questo paese che pare in guerra con se stesso, con pessimi esempi a vari livelli, da indurre i vescovi a richiamare i rappresentanti delle istituzioni non tanto agli insegnamenti del magistero (e basterebbe il richiamo al bene comune così ben sviluppato nella recente Caritas in veritate),ma alla stessa Costituzione della repubblica!la tentazione, della fuga o dell’adattamento,che comunque convergono nel disimpegno, rischiadi essere più contagiosa dell’influenza.e invece può essere anche tempo della semina,del paziente lavoro di tessitura di legami che affondanole radici su strati un po’ più profondi delle apparenze.abbiamo scelto quale filo conduttore di quest’anno l’episodiodi zaccheo, che racconta di un incontro fortemente volutoe che ha cambiato la vita di una persona che aveva tutto,meno l’essenziale. la risposta concreta di zaccheo,“Lo accolse con gioia” (lc 19,6), sintetizza l’atteggiamentodi apertura che siamo chiamati a coltivare.C’è uno spazio e c’è un tempo da cui non possiamo fuggire:spazi e tempi che vanno vivificati dalla qualità delle relazioniche instauriamo nella quotidianità dei luoghi che abitiamo.la cura delle relazioni è perciò l’impegno che come associazioni, come gruppi, come singoli ci impegniamo a concretizzare.un insieme di legami costruito come una rete che si rafforza perché intessuta nella profondità di chi entra in contatto con i bisogni dell’altro, si lascia toccare, ferire, stimolare, mettere in gioco. Ci sono molte persone in carne ed ossa di fatto invisibilinelle nostre comunità: costruire nella quotidianità relazioni significative, che partono dalla coerenza tra la vita e le sceltedi fede è tutt’altro che facile. ma è indispensabile.le opportunità non mancano: “il nostro lavoro, l’amore e gli affetti che danno calore e senso alla vita, i molti impegni che riempiono l’esistenza quotidiana possono essere trasfigurati, e assumono un significato nuovo, se vissuti come luogo in cui rendere visibile l’amore con cui siamo amati da dio” (Lettera ai cercatori di Dio).anche la lettera del vescovo luciano sull’eucaristia (Un solo pane, un unico corpo) ci stimola in questo cammino: “la vita che nasce dall’eucaristia è quella che si presenta come vita ‘spezzata’per diventare dono nell’amore che genera e fa vivere”.la complessità delle nostre comunità e della nostra diocesirichiede impegno e creatività per intessere dialoghiche aiutino a costruire “da cristiani, la città dell’uomo”.il riferimento d’obbligo è all’insegnamento di giuseppe lazzati,che abbiamo ricordato durante l’assemblea. da qui il nostro impegno nelle nostre comunità, che rischiano di essere popolate sempre più da individui e sempre meno da persone.le iniziative e i cammini che l’aC promuove (l’accompagnamentodelle associazioni parrocchiali, i cammini ordinari, le proposteper la formazione e la spiritualità promosse a villa pace,l’iniziativa di solidarietà che lanceremo nei prossimi mesi)vanno perciò letti alla luce di questo obiettivo.strade diverse, commisurate con le diverse età, sfaccettaturedi una proposta di vita che vorremmo significativaper i luoghi che abitiamo, per le persone che incontriamo.Michele Busi

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Abbiamo scelto comefilo conduttore delprossimo anno associativo la frase con cui l’evangelista Luca descrive Zaccheo: «Lo accolse con gioia» (Lc 19, 6).Si tratta di un’espressione che sinte-tizza l’atteggiamento che desideriamo coltivare con maggiore intensità: l’ac-coglienza. L’accoglienza, nella nostra vita, di Gesù in primo luogo, e, in Lui, delle persone con cui viviamo quoti-dianamente. Quest’anno sarà infatti dedicato in modo particolare alla cura delle relazioni, dell’incontro, del dialogo. E per questo la casa sarà il simbolo dell’anno associativo.Il brano ci offre alcune provocazioni.

…per poterlo vedereSe ci mettiamo dal punto di vista del-la gente comune, che per le strade di Gerico vede passare Gesù, potremmo dire che Zaccheo non ha proprio nulla a che vedere con lui: Gesù ama i po-veri, mentre Zaccheo è ricco e per di più è un pubblicano, dunque una per-sona non tanto raccomandabile e con cui certamente Gesù non vorrà avere

a che fare. Inoltre c’è troppa gente per strada e Zaccheo è piccolo di statura: Gesù non lo prenderà di certo in con-siderazione.Eppure Zaccheo insiste per vedere Ge-sù. Vuole vedere chi sia, a costo di af-fannarsi, correre avanti e arrampicar-si su un albero. Lo vuole incontrare. Chissà cosa passa per la testa di Zac-cheo! Chissà perché, pur conducendo un’esistenza tranquilla, sicura, sazia, vuole vedere Gesù.Forse questa sua esistenza non è sod-disfacente. Le voci su Gesù, il racconto dei suoi miracoli e della sua predica-zione, saranno arrivati fino a Gerico e devono aver incuriosito Zaccheo, for-se addirittura inquietato: al punto da salire su un albero, per non farsi scap-pare l’occasione.Una prima provocazione, per noi, viene dal fatto che Zaccheo non fa par-te “del giro”, eppure cerca Gesù e Gesù non ha paura di cercarlo a sua volta, non ha paura del giudizio della gente. È come dire che la comunione si co-struisce con tutti e non solo con chi ci è già familiare.Come associazione possiamo allora chiederci: cerchiamo la relazione, l’in-contro, la comunione, solo con chi è “del giro” o sappiamo farci interpella-re veramente dalle persone che incon-triamo ogni giorno, da chi è più lontano

dal nostro ambiente? In maniera an-cora più profonda: sappiamo ascolta-re la vita di quanti ci passano accanto, scorgere i significati sottesi ai compor-tamenti, imparare a rintracciare oltre l’apparire, che spesso ci indispettisce o ci sconcerta, la dimensione del cuore? Il comportamento di Gesù con Zaccheo è l’invito a leggere in profondità le si-tuazioni, le relazioni di ogni giorno, per intercettare le parole del cuore, anche quando non sono dette o sono appena accennate.Una seconda provocazione viene dal fatto che Zaccheo è ricco. Gesù de-sidera provocare anche l’esistenza sa-zia che finora lo ha tenuto a distanza. Può accadere, talvolta, che anche noi, personalmente e come associazione, siamo nella stessa posizione del ricco Zaccheo. La nostra condizione di vita occidentale può essere per noi di im-paccio, un ostacolo nel mettere a fuoco l’essenziale, ovvero la comunione con Gesù e con i fratelli. L’invito è allora chiederci che cosa veramente conta nella nostra vita, per che cosa siamo disposti a metterci in movimento.Una terza provocazione deriva dal desiderio forte e ostinato di Zaccheo di incontrare Gesù: la possibilità della co-munione ha in sé questo desiderio che apre al riconoscimento di Gesù. Perso-nalmente e come associazione siamo

L'accoglienza sia di casa

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il tema

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invitati a riscoprire la forza e la bellezza del desiderio, dei desideri grandi del cuore che aprono la nostra vita, ci strappano alle nostre sicurezze e ci spingono in alto: riscoprire e aiutare chi ci sta accanto e quanti sono affidati alla nostra cura educativa, riscoprire la forza del desiderio di Dio. «Il tuo volto Signore io cerco».

…oggi devo fermarmi a casa tuaGesù continua a sbalordirci. Tratta familiarmente una persona che non ha mai incontrato, chiamandola per nome. Addirittura si auto-invita a pranzo a casa sua. Ma in realtà Gesù si è accorto dell’urgenza che anima Zaccheo e gli ha prestato attenzione, ha cercato il suo sguardo e si è “consegnato” a Zaccheo: ha “offerto” la sua persona, il suo tempo, la sua parola, la sua amicizia. Pro-prio come un amico si accorge che tu hai bisogno di lui e ti dice: stasera passo a trovarti.Potremmo dire anche noi che Gesù è sempre “a nostra disposizio-ne”. Nella nostra vita personale, nella nostra famiglia, nella nostra associazione, nella nostra chiesa parrocchiale e diocesana, si offre a noi attraverso la sua Parola. La Parola ci consegna in ogni mo-mento l’amicizia e la vicinanza affettuosa di Gesù e la comunione con Gesù inizia proprio attraverso la frequentazione della sua Pa-rola. Possiamo chiederci allora se l’ascolto della Parola è davvero al centro della nostra vita, della nostra relazione al Signore e delle relazioni di ogni giorno, se ci accorgiamo di questa vicinanza af-fettuosa che ci è offerta e se lasciamo che essa entri nella nostra “casa”, nelle situazioni e negli incontri, nel nostro modo di esse-re al mondo e di viverne le tensioni, se lasciamo che essa illumini tutto questo.Ma dall’atteggiamento di Gesù nei confronti di Zaccheo viene a noi un’ulteriore indicazione di stile che riguarda il nostro rapporto con gli altri e la stessa vita associativa: la comunione passa attraver-so l’attenzione all’altro, alla sua condizione concreta, attraverso il riconoscimento della sua persona – con i suoi bisogni, progetti, sconfitte – passa attraverso la presenza concreta nella vita dell’al-tro. Potremmo chiederci: cosa significa concretamente “abbattere i muri” nella nostra vita, accorciare le distanze? E che cosa vuol dire questo per la nostra associazione a tutti livelli?C’è qui un richiamo evidente alla cura del legame associativo cui ci ha invitati la XIII Assemblea nazionale. Un legame che se adeguata-mente custodito e alimentato genera legami sempre più ampi, lascia gustare la bellezza e il valore dell’essere insieme. La vita associativa ci educa a non alzare muri di difesa per salvaguardare il nostro spa-zio vitale, ci aiuta a capire che solo se abitato dall’incondizionatezza dell’amore questo spazio può diventare veramente vivo.

…e lo accolse pieno di gioiaZaccheo accoglie con gioia Gesù in casa sua, nel luogo più intimo dove una persona vive: dove mangia, dorme, dove svolge le azioni più necessarie all’esistenza umana. Dove si ride e si piange, dove si fanno progetti, dove ci si rifugia quando questi progetti crollano.Possiamo chiederci: la presenza di Gesù è accolta con gioia da noi? Dalla nostra famiglia? Dalla nostra associazione? Dal nostro modo di essere, di pensare e di agire traspare la gioia di chi ha accolto il Signore e da Lui si sente continuamente accolto? Quanta speranza, quanta gioia di vivere riusciamo a trasmettere a chi ci sta accanto? E prima ancora: qual è l’atteggiamento di fondo, la tonalità essen-ziale, con la quale viviamo la nostra esperienza di fede, l’impegno associativo, l’assunzione delle responsabilità che ne derivano?E le altre persone sono accolte con gioia da noi? E dalla nostra as-sociazione? Lasciamo che l’esistenza dei nostri fratelli “invada” la nostra? Sperimentiamo la comunione con «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono» (Gs n.1)?

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Forse a molti è sfuggita, perché non ne è stata fatta gran pubblici-tà. È stata pubblicata nella pasqua di quest’anno a cura della Com-missione Cei per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi. de-stinatari della lettera: i “cercatori di dio”. i loro indirizzi?probabilmente nell’elenco c’è an-che il nostro, e c’è quello di tan-ti credenti «che hanno il coraggio di cercare incessantemente dio, che non hanno rinunciato alla lotta con lui, che non si accontentano dell’orizzonte penultimo»; creden-ti che «hanno detto no a una fede indolente, statica e abitudinaria, no a ogni visione ideologica di dio, a ogni intolleranza comoda, che si difende evadendo le domande più vere». anche perché - si afferma - il credente «è un ateo che ogni giorno si sforza di cominciare a credere». nell’elenco sono però evidenziati gli indirizzi di coloro che si pongo-

no domande sulla propria esisten-za, sul proprio destino, sul senso di ciò che siamo e facciamo, e sul senso di tutto ciò che ci circonda, e non hanno ancora trovato una risposta soddisfacente, si ritengo-no non credenti e percepiscono il dolore inconsapevole dell’assen-za di dio.e ci sono gli indirizzi di chi forse sente l’inquietudine, ma ha ceduto alla rassegnazione del vivere alla giornata, perché ha spento o in-sabbiato queste domande. proprio dalle domande che ac-comunano tutti inizia la lettera: quelle sulla ricerca della felicità, sull’esperienza della sofferenza e sul senso del dolore, sulla morte, sul desiderio di amare e di essere amati, sul lavoro, sulla giustizia e sulla pace, sul creato e sulla sua salvaguardia.sono domande che attraversano la vita di ciascuno, che si fanno più evidenti in alcuni momenti, den-

il tema

Ma Zaccheo, alzatosi, disseL’incontro con Gesù cambia Zaccheo: egli non è più l’uomo che si arrampica e che scende, ma un uomo che si alza e prende la parola. È avvenuto un cambia-mento nella persona di Zaccheo.Stare con Gesù trasforma la vita. La-sciarlo agire nella propria esistenza tra-sforma radicalmente la prospettiva da cui si guarda il mondo.La casa di Zaccheo, apertasi a Gesù, si apre al mondo all’insegna della giustizia e dell’amore. I farisei non siedono a ta-vola con Gesù e si perdono questa stra-ordinaria occasione. Non vale un’esi-stenza rinchiusa come un forziere su se stessa, avida e gelosa. La vita, con Gesù, si apre al mondo e si accorge dei poveri e condivide con loro. Solo chi osa aprire la sua esistenza a Gesù conosce la sal-vezza. Solo chi riconosce che la propria esistenza senza Gesù è bisognosa, può conoscere la salvezza dell’amore, della comunione.Avere il respiro del mondo. A questo conduce la relazione con Gesù. Allar-gare gli orizzonti, lasciare che il mondo entri nella nostra vita di ogni giorno, è la costante tensione che deve attraver-sare la nostra vita personale, familiare, associativa. Aiutarci insieme a vincere il rischio del ripiegamento su se stessi o sul proprio piccolo mondo.Lo stile alternativo di cui i cristiani devo-no essere capaci è uno stile di apertura il-limitata del cuore e della mente contro le spinte insistenti a rimanere blindati nelle paure, aggrappati alla difesa dei propri interessi, appiattiti sulla superficialità di sentimenti ed emozioni a buon mercato, garantiti nel fondamentalismo delle cer-tezze, il Signore ci chiede di far entrare il mondo, la vita del mondo, il desiderio del cuore dell’uomo e di ogni uomo nella nostra vita, per imparare ad amare come lui ci ama, senza riserve.Nell’anno associativo 2009-2010 siamo invitati a sperimentare, dun-que, come persone e come associazione, l’apertura del cuore e l’accoglienza, l’ac-coglienza del Signore Gesù e l’apertura all’altro, alla comunità – e ai poveri in particolare – che viene sollecitata dal-la Sua Parola. Alla luce della comunio-ne sarà declinato anche l’impegno per la promozione del bene comune, che ha di per sé bisogno di una rete di relazioni autentiche, nutrite dal dialogo e dilata-te dalla tensione alla giustizia, e che nei luoghi della vita comune, negli spazi della reciproca accoglienza, trova il suo ambito di fondamentale realizzazione.

Franco Miano

CercatoriCercatori di DioEcco gli indirizziUna lettera molto speciale può stimolarcia nuovi percorsi sulla strada del Vangelo

mariangela Ferrari

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giovani

tro situazioni particolari che diventano provocazione a ricercare un senso più profondo, a radicarlo su qualcosa di sicuro, ad aprirsi alla possibilità del-la fede. È la sfida di dio che si apre, non tanto come dimostrazione del-la sua esistenza, ma come apertura a un mistero che ci è venuto incon-tro; non come garanzia e sicurezza umane, ma come accoglienza di una relazione con colui che per primo ci cerca e si dona.

La Lettera dischiude allora la pro-posta del Dio di Gesù Cristo, come possibilità di dare un nome e un volto a un dio che si è fatto vicino alle atte-se di ogni essere umano. È un annun-cio che si offre come condivisione di un’esperienza, di un incontro con lui. a chi cerca dio non servono le dottrine, le teorie: dio va riconosciuto e accolto, perché è una persona. e chi meglio di gesù ce ne ha parlato? Chi meglio di lui ce lo ha fatto sentire vicino? e chi è gesù per fare questo?

all’appello per il 2009/2010 il settore giovani risponde “presente”. interro-gato sulle linee programmatiche pro-pone percorsi di qualifica dell’azione educativa con il cammino di quattro incontri dal titolo “3/4, + ritmo alla formazione”. si tratta di un percorso di affiancamento dedicato agli educa-tori di gruppi giovani e giovanissimi per pensare insieme la formazione,

il percorso parte dal presentare la sua vicenda storica, narrata dai van-geli, culminata nella morte in croce e dalla testimonianza appassionata dei suoi discepoli sulla sua resurrezione. alla luce della resurrezione si illumi-na per loro la convinzione che lui è il Cristo, il signore, il Figlio di dio che rivela il volto del padre, che garanti-sce la realizzazione del suo progetto di salvezza per tutta l’umanità, che offre vita piena e felice nel tempo e per l’eternità a ogni essere umano.dalla sua morte e resurrezione essi comprendono più chiaramente la sua vita, il suo messaggio, i suoi gesti: diventano la Chiesa, la comunità dei credenti in gesù Cristo, inviata a tut-to il mondo per annunciarlo.per questa testimonianza dei primi di-scepoli, fatta di parole e pagata con la vita, e per quella di quanti l’hanno ac-colta nei secoli, oggi è ancora possibile credere in gesù, e anche incontrarlo, perché egli è risorto, è vivente. la let-tera suggerisce come può avvenire nel

presente e per ciascuno questo incon-tro: sono i modi da lui stesso offerti alla Chiesa, innestata e sostenuta nel suo spirito.vengono così declinate l’esperienza della preghiera, dell’ascolto della sua parola, dei sacramenti, del fare noi stessi quanto lui ha fatto: servire e amare, lasciandosi guidare dallo spi-rito delle beatitudini. A che cosa può servire la “Lette-ra ai cercatori di Dio”? può essere posta direttamente nelle mani di chi espressamente si pone domande, per avviare un successivo cammino di ap-profondimento; oppure semplicemen-te per suscitare interesse, o almeno curiosità, verso la figura e il messag-gio di gesù. il linguaggio infatti è im-mediato e divulgativo. potrebbe esse-re anche un’agile proposta, essenziale e sintetica, dell’esperienza cristiana per i giovani.però è anche, forse soprattutto, una traccia - non tanto metodologica e

il tema

Settore giovani, presentemiriam martini e alessandro Chiarini

nel solco di quanto proposto dal no-stro progetto Formativo.il primo incontro (il 4 ottobre a villa pace) prevede una giornata di pro-grammazione degli itinerari formati-vi con l’utilizzo di Sentieri di speran-za e dei sussidi annuali, il secondo incontro (il 25 ottobre a villa pace) lo sviluppo del tema dell’identità as-sociativa, il terzo (il 15 novembre

a villa pace) la costruzione del mo-dulo della pace. il percorso formati-vo si chiude il 18 aprile 2010 con il convegno educatori in collaborazio-ne con l’acr.gli itinerari formativi dell’azione Cat-tolica si soffermano con particolare attenzione sul valore educativo del servizio per i giovani e i giovanissi-mi, come impegno concreto nel quale si assumono compiti e responsabilità vissuti in spirito di gratuità (Ingresso Libero, pag. 128).il settore giovani di Brescia in quest’ot-tica formativa/missionaria promuove, integrando e interagendo con le at-tenzioni missionarie esplicitate nel sussidio annuale:• a livello dei giovanissimi, il Movi-mento Studenti. nel corso dell’anno, anche grazie all’affiancamento par-rocchiale, si creeranno opportunità di incontro tra studenti e collegamenti con il mondo scolastico, per porre le basi di un impegno missionario a mi-sura di giovanissimo.• nuovi ambienti di azione e nuovi per-corsi di collaborazione con altre realtà presenti nel mondo giovanile, come per esempio il Csi.

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pratica come un sussidio pastorale, quanto evocativa - sulle attenzioni contenutistiche che possono avviare e accompagnare l’evangelizzazione. Questo compito è responsabilità di tutti i cristiani, e dei laici per primi, perché i cercatori di dio, consapevo-li o inconsapevoli, si incontrano nella quotidianità, si scoprono vivendo go-mito a gomito, si “contagiano” attra-verso relazioni significative che per-mettono di aprire la confidenza delle inquietudini del cuore.la lettera è inoltre un utile guida per progettare percorsi di primo annun-cio, urgenza ormai imprescindibile nei contesti odierni, su cui l’azione Catto-lica ha scelto di giocare la sua scelta missionaria.infatti «come avviene per ogni espe-rienza veramente bella e positiva, sentiamo il bisogno di comunicar-la agli altri in nome della fratellanza umana, perché la possibilità di incon-trare dio per mezzo di gesù Cristo sia una speranza per tutti».

Percorsi di formazionee nuove collaborazioni

• con i giovani, il sostegno al grup-po liberamente, attento a un per-corso per la crescita della persona in un ambiente sociale frammentato e mobile.

il protagonismo dei giovani è quindi al centro dell’attenzione, anche nelle iniziative di incontro e riflessione pro-poste nell’anno come la festa dioce-sana della pace (il 7 febbraio 2010) punto di arrivo del percorso, che in-sieme avremo elaborato, del modulo della pace.Fondamentale nell’associazione per questa fascia di età è un avvicina-mento alle dinamiche spirituali attraverso il training, le giornate di spiritualità biblica e la proposta del-la regola di vita spirituale, ma anche un’attenzione per una cura quotidia-na dello spirito e la promozione della lectio divina per i giovani.non ultimo il settore giovani crede nell’ac come famiglia e invita a vi-verla nella fraternità dei campi scuo-la - estivo e invernale -. si propone di farla sentire vicina alle parrocchie e alle macrozone nell’accompagna-mento dei loro percorsi.

Paolo VI, un papaoltre gli stereotipiUn percorso in quattro tappe voluto da Ac,

Fuci e Meic per riscoprire papa Montini

nell’anno 2009-2010 l’azione Cattolica, il meic e la Fuci di Brescia promuovono una serie di incontri per riflettere sul-la figura di paolo vi che Benedetto Xvi, con la sua visita dell’8 novembre, intende omaggiare.gli incontri affrontano alcuni aspetti significativi della vi-ta e del magistero del papa bresciano e verranno condot-ti da esperti.

ecco il calendario:- lunedì 12 ottobre 2009: Paolo VI e i giovani, mons. Do-menico Sigalini, assistente generale dell’azione Cattolica italiana e vescovo di palestrina;- lunedì 21 dicembre 2009: Il dialogo per la missione della Chiesa: l’ecclesiam suam, mons. Piero Coda, do-cente di teologia sistematica presso la pontificia univer-sità lateranense di roma e presidente dell’associazione teologica italiana;- lunedì 8 febbraio 2010: L’attualità della riforma litur-gica di Paolo VI, prof. Andrea Grillo, docente di teologia sacramentaria presso la Facoltà teologica del pontificio ateneo s. anselmo di roma.

gli incontri si terranno a palazzo san paolo alle ore 18. Chiuderà il percorso, nel mese di marzo 2010, un incon-tro su Giovanni Battista Montini e la realtà bresciana (data e luogo da definire).

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Acr

il tema

eccoci giunti all’inizio di un nuovo an-no associativo carichi d’entusiasmo per le vacanze appena trascorse, ma probabilmente ormai distanti, e di aspettative per questo 2009/2010 ormai alle porte! proprio come im-maginiamo succeda in un’emittente radio prima che vada in onda una trasmissione. i dj e i tecnici trepida-no d’ansia e di incertezza anche se, in realtà, non vedono l’ora di inizia-re e poter comunicare ciò che, pri-ma, hanno definito sulla loro scalet-ta. musica, idee, parole, pubblicità, notizie, interviste e molti altri sono i modi attraverso cui la radio si espri-me e arriva ai suoi interlocutori. la bellezza di questo mezzo di comu-nicazione, poi, sta nell’opportunità

Va in onda l’Acr,ecco il messaggioComunicare la bellezza dell’amore donatoci.È questo il programma da vivere con i ragazzi

simona Florio e maurizio perotti

di accedervi tramite le proprie tele-fonate e di esprimere, così, le pro-prie opinioni. Questo fa della radio un mezzo di comunicazione unico. È probabile che una telefonata pro-vocatoria, in diretta, di un qualche ascoltatore sia simile alle domande difficili che i ragazzi, spesso, ci pon-gono nei nostri gruppi. ed è in par-ticolare in quei momenti che emerge la bravura del dj. se si tenta di in-terrompere la telefonata saremo si-curi di aver perso un ascoltatore. se si evita di rispondere non si fa una gran bella figura e probabilmente più persone chiameranno per avere del-le spiegazioni. se si sa ascoltare e dare delle risposte sensate, ovvero che diano senso alla domanda e che

la completino, allora sì che avremo fatto del nostro meglio per comuni-care il nostro messaggio. ma noi siamo pronti ad andare in onda? Qual è il nostro messaggio? «Siamo in onda per comunicare la Bellezza dell’Amore che vive in noi»… questo è l’inno di quest’an-no che ci suggerisce il messaggio evangelico dell’amore da portare ai ragazzi. abbiamo ben presente chi sono i nostri interlocutori? sono dav-vero loro i protagonisti del gruppo aCr? proviamo a pensarci e a creare davvero degli spazi in cui i ragazzi possano entrare in gioco e far sen-tire la loro voce!e il regista lo conosciamo? trascorria-mo con lui del tempo prezioso in cui ci fermiamo a riflettere e a discernere sulla nostra vita? siamo in grado di presentarlo agli altri o l’amicizia con lui è scomoda e preferiamo tenerla solo per noi? «Prova ad ascoltare un po’, nel silenzio scoprirai, la Sua vo-ce parla proprio a te…». a che punto è la nostra scaletta? abbiamo preso in mano le guide? Ci siamo confron-tati nel gruppo educatori su come iniziare l’anno? abbiamo iniziato a progettare il cammino dei ragazzi? Questo è proprio il tempo giusto per raccogliere le idee, sintonizzarsi sulla frequenza giusta ed andare in onda! «…Come un’onda l’Amore ti circon-da, sintonizza il cuore sulla Felicità!». Buon Cammino!!!

Date da segnare in agenda• Laboratorio “Educatori si diventa” - I e II livellodomenica 18 e 25 ottobre, 15 e 22 novembredalle 9 alle 12 presso Palazzo S. Paolo

• Laboratorio di approfondimento su “ACR e ICFR”17-19-24 e 26 novembrevilla pace dalle 20.30 alle 22.30

• Momenti di spiritualità per i ragazzidai 9 ai 14 anniavvento: sabato 28 novembreore 15.30-18.30, a villa paceQuaresima: sabato 20 febbraioore 15.30-18.30, a villa pace

• Ritiro per giovani e adultiavvento: domenica 29 novembrea villa paceQuaresima: domenica 21 febbraioa villa pace

• Convegno/Festa Educatori e Giovani AC:sabato 18 Aprile

• Festa Regionale ACR(in sostituzione del meeting):domenica 16 maggio a Crema!

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Adulti

Quando pensiamo alla realtà degli adulti, in associazione come nelle parrocchie, troppo spesso ci trovia-mo di fronte a condizioni che dico-no un servizio sicuramente prezioso che resta talvolta l’unico elemento a caratterizzare la loro presenza. nelle nostre comunità, dove gli adulti do-vrebbero essere testimoni credibili e significativi per le nuove generazioni di una fede incarnata in una vita vis-suta nei gesti quotidiani della fami-glia, del lavoro, dell’impegno sociale e politico, troviamo molto “fare” ma poco “essere”. Questo si ripercuote anche sul tipo di proposte e sulla ri-sposta che queste proposte ricevono in termini di adesione. per provare a dare una svolta a que-sta situazione, come settore adulti, abbiamo voluto dare inizio a un cam-mino di ripensamento non tanto dei contenuti della proposta associativa, ma piuttosto allo stile con il quale portiamo avanti questa proposta.l’atteggiamento di discernimento - cioè la «comprensione profonda e “spirituale” delle situazioni concre-te, l’approfondimento delle ragioni di quello che accade, il confronto con il vangelo, la possibilità di arrivare a

Adulti, tra fare ed essereIl discernimento deve diventare sempre più lo stile di ogni associato

giuliana sberna e piero traversi

il tema

delle valutazioni ispirate al vangelo, a dei giudizi su quello che accade» (paola Bignardi), di ascolto e di pro-posta di una fede adulta e pensata nelle relazioni della vita quotidiana – mentre consente una “declinazione missionaria” della propria fede, per-mette anche di dare concretezza alla “scelta missionaria”dell’associazione (Sentieri di Speranza, pag. 228). Questa frase bene sintetizza l’obietti-vo che ci siamo posti e che ha avuto come prima tappa il laboratorio del discernimento comunitario svolto lo scorso anno. ora dobbiamo pro-seguire in questo cammino cercando di far ricadere sui gruppi parrocchia-li quanto sperimentato in quell’oc-casione. si tratta, ce ne rendiamo conto, di un cammino i cui tempi sono i tempi della formazione e ma-turazione delle coscienze, ma a cui non possiamo sottrarci, relegandolo semplicemente alla sperimentazione in alcune realtà e scelte particolari. le condizioni nelle quali viviamo ci obbligano a fare questo salto, che è un salto di qualità per la nostra vita umana e di fede. per questo crediamo che il lavoro che ci aspetta in questo nuovo anno as-

sociativo deve essere caratterizzato dall’attenzione e dall’impegno affin-ché lo stile del discernimento diven-ti sempre più lo stile con il quale gli adulti di aC si pongono nei confronti del sempre difficile ma affascinan-te compito di annunciare la gioia di Cristo risorto, fonte di speranza e di futuro per l’umanità. di questo il mondo ha bisogno, questo siamo chiamati a fare in famiglia, sul lavo-ro, tra i giovani, nella politica, nel volontariato. Questa è la scelta missionaria che abbiamo voluto come scelta qualifi-cante il nostro essere di aC ribaden-dola nel documento finale dell'as-semblea diocesana. le fatiche, le difficoltà e le ansie che ci sono, per le quali non abbiamo la bacchetta magica, possono trovare nell’esse-re associazione non la soluzione, ma certamente la condizione per poter condividere con altri il fardello, per provare a renderlo più leggero e tra-sportabile. dal Centro diocesano la disponibilità a fare pezzi di strada insieme e a mantenere una rete di relazioni per mettere a disposizione di tutti quanto andremo mano a ma-no costruendo.

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unico

spiritualita'

Un solo pane,un unico corpo

L'Eucarestia e la vita spiritualeUn dono che apre all'accoglienza

don massimo orizio

il cammino associativo di quest’anno ci invita a por-re l’attenzione sul vangelo di luca e, tra le sue pagine, alla vicenda di zaccheo (lc 19,1-10).tale vangelo rilegge la vi-cenda di gesù come un viaggio, un cammino com-piuto dalla galilea, la regio-ne d’israele socialmente ed economicamente più pove-ra (dal cap 3 fino al 9,50), verso gerusalemme, la cit-tà dove si deve compiere il destino di ogni profeta (9,51-19,27).in questo itinerario l’evan-gelista luca sviluppa in tre parti l’insegnamento sul si-gnificato della via (è questo il nome adottato per indica-re la religione cristiana). la pericope di zaccheo si col-loca nell’ultima parte, come attualizzazione ed esem-plificazione del ministero di gesù verso gli esclusi. l’elezione del popolo ebrai-co a “stirpe sacerdotale” con un compito unico e par-ticolare nella storia umana (vedi in modo particolare il deuteronomio) aveva ac-ceso infuocati dibattiti, in seno a questa confessio-ne religiosa, sul misterioso rapporto, nel piano di dio, tra israele e le “genti” (in ebraico goim, ovvero tut-ti gli altri popoli e nazioni, presenti nella storia della salvezza come interlocuto-ri, ma su un piano diverso rispetto al popolo eletto). gesù denota un’attenzione e una disponibilità partico-lari a rivolgersi verso colo-ro che non appartenevano propriamente alla religione ebraica o, quanto meno,

non adottavano un com-portamento consono alle esigenze religiose. egli, in forza della fede e del suo rapporto unico con il pa-dre, rivela una sensibilità spiccata verso chi viveva ai margini di un’appartenenza religiosa consolidata.accanto a questa icona biblica, quest’anno non possiamo dimenticare sia la scelta pastorale del ve-scovo luciano, incentrata sull’eucaristia, che l’indi-zione dell’anno sacerdotale voluto da papa Benedetto in occasione del 150° an-niversario della morte del santo Curato d’ars. «il ri-ferimento spirituale all’av-venimento normativo che è gesù di nazareth - sostie-ne, a mio parere giusta-mente, il vescovo Franco giulio Brambilla - è realiz-zato in una comunità con-creta di credenti, la comu-nità ecclesiale. appartiene all’esperienza cristiana che la coscienza ecclesiale sia vissuta non come aspetto secondario, ma come di-mensione dell’essere cre-dente. l’esperienza del cristiano vive il proprio essere memoria spirituale dentro la relazione con la fede ecclesiale, sia in sen-so diacronico (la Chiesa nel tempo) sia sincronico (la Chiesa di oggi in comunio-ne con tutte le Chiese). la dimensione ecclesiale non sopraggiunge dopo, ma è originaria e il credente in-tegra questo riferimento in una sintesi spirituale vissu-ta» (F. g. Brambilla, Que-stione di Spirito, in dialo-go 2009).

la scelta associativa dell’icona biblica di zaccheo,

sintetizza il desiderio e la volontà di accogliere

la cura dell’incontro, lo sforzo di configurare i rapporti interpersonali

secondo la logica di Cristo, trasformando l’ambiente

in cui viviamo in una “casa”.l’atteggiamento spiritualeda assumere è il dialogo.

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La vita spiritualeè relazione

la vita secondo lo spirito non è cosa diversa, non è costituita da un “materia-le” diverso da ciò che ap-partiene all’esistenza quo-tidiana. dice il vescovo lu-ciano: «del pane e del vino la preghiera sottolinea che sono frutto della terra e del lavoro dell’uomo. gesù non ha scelto dei prodotti na-turali che escono così dalla terra, ma artificiali, trasfor-mati dall’attività dell’uomo. sono questi prodotti che l’azione dello spirito tra-sformerà nella presenza del Cristo donato per noi. È bello allora pensare che in quel pane e in quel vi-no che vengono presenta-ti all’altare ci siamo noi, la nostra vita, il nostro lavoro, la fatica, le paure e le gio-ie; tutto quel complesso di sentimenti e di esperienze che costituiscono il nostro vissuto» (Un solo pane, un unico corpo, pp. 27-28).il miracolo dell’amore di dio che è l’eucaristia si re-alizza grazie all’azione dello spirito, coinvolgendo la di-mensione naturale e l’azio-ne trasformatrice del creato insita nel lavoro dell’uomo. tutta la celebrazione euca-ristica, fonte e culmine del-la vita cristiana, dice l’ope-ra per cui dobbiamo ringra-ziare il padre, che è gesù Cristo (p. 11), allude alla dimensione trascendente (che rimanda a qualcosa di più grande) della natu-ra, creata per ricevere la bellezza di dio (p.13), ma-nifesta l’azione dello spiri-to grazie al Quale il mondo prende la forma di Cristo (p.15). il primo atteggiamento in-teriore da coltivare è l’ac-coglienza di questo dono con stupore e gioia, con ri-conoscenza e lode. «rice-vere un dono fa di noi dei debitori; non dal punto di vista giuridico, s’intende, ma secondo la dinamica dei rapporti umani… solo se rispondiamo al dono di dio con un dono nostro, che dica e sigilli il nostro amo-re, la comunione di dio con

noi diventa autentica ed ef-ficace» (pp. 20-21). l’euca-ristia è incontro, relazione con dio, comunione che ri-manda al mistero di legami tra dio e l’uomo e, contem-poraneamente, richiamo ai legami fondamentali che costituiscono l’uomo stes-so e la sua storia; proprio lo sguardo di fede, dettato dalla presenza dello spirito dentro di noi, aiuta a dare significato, prospettiva e angolatura spirituale alla nostra esistenza.la scelta associativa dell’ico-na biblica di zaccheo, lo slo-gan che campeggia sui ma-nifesti: “lo accolse con gio-ia” sintetizzano il desiderio e la volontà di accoglienza (primo e necessario passo per ogni relazione), la cu-ra dell’incontro, lo sforzo di configurare i rapporti inter-personali secondo la logi-ca di Cristo, trasformando l’ambiente in cui viviamo in una “casa”.

La relazione si nutredi dialogo

uno degli atteggiamenti spirituali da assumere per una vita credente è il dialo-go. in primo luogo la paro-la dialogo richiama il signi-ficato di “attraverso la pa-rola”; l’espressione rievoca l’ascolto e la frequentazione assidua della parola di dio. il Cristo, vivente nella scrit-tura, diventa il criterio di ri-ferimento delle scelte e dei giudizi quotidiani, l’orizzon-te dei valori e delle norme con cui organizziamo la vita. perché l’esistenza personale possa assumere sempre più la forma di Cristo occorre scorgere i segni e i rimandi della sua presenza dentro le pieghe della nostra persona e delle vicende che ci acca-dono, imparando a discer-nere con l’aiuto della paro-la. si tratta di un esercizio di riconoscimento, di ricer-ca: se «tutto è stato fatto per mezzo di lui» (vangelo di giovanni), l’ascolto e la lettura della Bibbia diven-tano criteri di verifica e di svelamento della sua pre-senza dentro l’ordinarietà del quotidiano.

un secondo modo per al-lenarsi al dialogo come at-teggiamento spirituale è il ricorso alla coscienza. si tratta dello spazio e della consuetudine a ricentrarsi continuamente senza smar-rire i frammenti del nostro vissuto; esercitarsi all’esa-me di coscienza quotidiano costituisce l’occasione fon-damentale per ricondur-re all’unità i segmenti del-la nostra esistenza, spesso

ni profonde. Questo mo-do sintetico di interpretare l’essere cristiani si traduce in uno stile di vita, cioè si rende visibile, si esprime-re in atteggiamenti, gesti, modi concreti di vivere e in questo senso diventa paro-la – pur nel silenzio – che dice il vangelo e la sua fe-condità storica. se la re-gola è parola che raccoglie in sintesi una vita e le sue intenzioni, il suo progetto

dispersi o confusi nella con-traddizione dell’incoerenza. imparare a dialogare con se stessi, a ricompattarsi di fronte alla vorticosità e alla velocità dei giorni, ad accettare i limiti e gli erro-ri riconoscendoli come tali, centrarsi sul santuario inte-riore della coscienza diven-tano momenti decisivi per un progresso spirituale. in questo sforzo si colloca il richiamo a costruirsi una “regola di vita” che il Pro-getto Formativo sottolinea: «eppure darsi una regola non significa altro che as-sumere un progetto di vita cristiana che ne costituisca la sintesi, ne indichi lo sti-le, ne esprima le intenzio-

spiritualita'

e il suo senso, è chiaro che essa assume caratteristi-che tipiche dalla vita laica-le: quella dell’essenzialità, per poter dire l’essenziale della fede nella molteplicità delle situazioni della vita; quella della flessibilità, cioè dell’adattamento possibile alle situazioni diverse, nel permanere di alcune co-stanti di fondo; quella della personalizzazione, per cui ogni persona, e più volte nel corso della vita, riadatta la regola con le sue esigen-ze concrete all’evolvere e al crescere della propria espe-rienza di vita cristiana» (PF pp. 162-163).

un terzo modo per assume-

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re il dialogo come atteggiamento spirituale è l’attenzione alla natura, coniugando compor-tamenti virtuosi per la salvaguardia del creato, valorizzando le iniziative promosse dagli orga-nismi laici e religiosi per sensibilizzare al con-sumo critico. la fede che s’incarna nella storia e nella condizione umana non può prescindere dalla ricerca di equilibri intesi a favorire l’uma-nizzazione e il rispetto dell’ambiente, seguendo le indicazioni dei primi capitoli della genesi. in questo contesto assume un rilievo particola-re l’impegno per una rinnovata comprensione del significato del lavoro: non si può esclude-re questa fondamentale esperienza di realizza-zione umana dalla vita spirituale e sarà com-pito urgente per ciascuno recuperare il senso vocazionale e la chiamata divina che si iscrivo-no dentro il proprio impegno lavorativo.Dialogare, poi, significa partecipare alla vi-ta parrocchiale e associativa con uno spiri-to di conciliazione e di disponibilità. scrive Benedetto Xvi indicendo l’anno sacerdotale: «il suo esempio (si parla del santo Curato d’ars) mi induce a evidenziare gli spazi di collaborazione che è doveroso estendere sempre più di fedeli laici, con i quali i presbiteri formano l’unico po-polo sacerdotale e in mezzo ai quali, in virtù del sacerdozio ministeriale, si trovano per condurre tutti all’unità nella carità, amandosi l’un l’altro con la carità fraterna (rom 12,10)». la ricerca dell’unità e della comunione dovrebbe diventa-re la caratteristica essenziale dell’impegno dei laici di aC, insieme alla preghiera per i sacer-doti, nello sforzo di aiutare la Chiesa a cammi-nare verso il rinnovamento voluto dal Concilio. l’atteggiamento spirituale del dialogo porta la comunità cristiana a essere luogo e spazio di confronto, serrato a volte, ma sempre orienta-to all’accoglienza, al rispetto per le diverse opi-nioni, alla simpatia personale.infine dialogare invita ad aprirsi a chi non è “del giro”. Commentando il brano di zaccheo, il presidente nazionale Franco miano afferma: «la comunione si costruisce con tutti e non solo con chi ci è familiare. Come associazio-ne possiamo chiederci se sappiamo ascoltare la vita di quanti ci passano accanto, scorgere i significati sottesi ai comportamenti, impara-re a rintracciare oltre l’apparire, che spesso ci sconcerta o ci indispettisce, la dimensione del cuore…siamo invitati a riscoprire la forza e la bellezza del desiderio, dei desideri grandi del cuore che aprano la nostra vita, ci strappano dalle nostre sicurezze e ci spingono in alto: ri-scoprire e aiutare chi ci sta accanto e quanti sono affidati alla nostra cura educativa, risco-prire la forza del desiderio di dio. Il tuo volto Signore io cerco».

in conclusione due consigli per la lettura per-sonale, che ci possono aiutare per crescere nell’atteggiamento spirituale del dialogo: Per un’etica condivisa di enzo Bianchi e l’encicli-ca di paolo vi Ecclesiam Suam, da cui questa felice espressione: «la Chiesa deve venire a dialogo col mondo in cui si trova a vivere. la Chiesa si fa parola; la Chiesa si fa messaggio; la Chiesa si fa colloquio».

Quando papa giovanni an-nunciò un Concilio ecumeni-co, il 25 febbraio 1959, io non avevo ancora 15 anni; quan-do si aprì, l’11 ottobre 1962 ne avevo 18. seguii dunque quegli anni giovannei della preparazione con grande pas-sione e attenzione, soprattut-to frequentando i padri della pace (l’oratorio filippino di Brescia) dove spiccavano due personalità come padre Car-lo Manziana, uomo limpido e rigoroso che era stato atti-vo nella resistenza e depor-tato a dachau e animava ora il mondo culturale bresciano attraverso la Fuci, la pre-fuci e i “laureati cattolici”; e padre Giulio Bevilacqua, anch’egli protagonista del mondo cul-turale bresciano e non solo, liturgista, uomo del dialogo con tutti. incontravo il primo in Fuci e pre-fuci, il secondo alla sua singolare cateche-si per gli studenti che tene-va ogni settimana alla pace. ricordo bene la passione con cui si parlava del dialogo fra Cristo e il mondo contempo-raneo (dialogo con i suoi equi-voci, drammi e speranze) co-me di una ragione di vita non solo per preti e vescovi, ma come missione di ogni laico consapevole. Questo, e non il proselitismo, era l’impegno di ogni laico che volesse fare “apostolato”! Citavano sartre, gide, Camus, teilhard assie-me alla Bibbia, ai “nuovi te-ologi” come Congar, Chenu, danielou e de lubac, Balduc-ci e turoldo (vennero tutti a Brescia, li conoscevamo per-sonalmente) accanto ai testi-moni della resistenza umana e cristiana contro i totalitari-

smi… il gesto di papa giovan-ni forse li sorprese; ma subito entrambi se ne innamorarono senza riserve. e noi con loro. il Concilio apriva le finestre della Chiesa sul mondo. Certo c’erano dei rischi, ma soprat-tutto una straordinaria occa-sione di novità e di dialogo, di verità e di amore. e così, fin dai primissimi giorni della preparazione del Concilio, ci parlavano del loro grande di-scepolo e amico, il cardinale di milano. Ci spiegavano che montini era una punta avanza-ta della Chiesa italiana e non solo, consapevole tuttavia dei problemi pastorali ed eccle-siastici. dunque era pruden-te; ma anche lucido e deter-minato, e soprattutto viveva nella sua coscienza e nel suo cuore un amore pieno e uni-co per Cristo, per la Chiesa e per gli uomini contemporanei. io credo davvero, anche og-gi, che la vita di uomini come manziana, Bevilacqua, mon-tini e tanti altri protagonisti del Concilio sia stata segna-ta, nella passione, nella gioia e nella fatica, da questa for-tissima, essenziale unità, da questo amore indiviso.

Vorrei ricordare in propo-sito un appunto, un fogliet-to (che ho pubblicato anni fa su “Famiglia Cristiana”) sul quale il giovane montini ave-va scritto:«amore/ non si può andare a dio senza passare attraverso i fratelli. / l’idea centrale del vangelo - storia dell’incarnaz. e redenz. - è l’unione dell’um. in Cristo. / ora questa unione diventa religione. / Chi rom-pe i vincoli della carità, rom-

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spiritualita'

MontiniPapa Montini,nuovo Ulisse?Fu coraggioso timoniere del Concilioaltro che pontefice timoroso e deluso

angelo Bertani

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(che risultava interrotto dalla breccia di porta pia): completare la dottrina del primato, definire i compi-ti dei vescovi, confermare la struttura ecclesiastica e soprattutto rilanciare le condanne contro le dottrine moderne a cominciare dal marxismo. insomma qual-che condanna dottrinale, qualche canone del Codice canonico e una riorganizza-zione più efficiente.montini invece, già con-siderato da molti, anche all’estero come un leader, pensava ad un rinnovamen-to complessivo della vita ecclesiale che coinvolgesse tutti: più comunità, più vi-ta liturgica, più spiritualità e meno devozionismo, più missione e meno proseliti-smo, più dialogo con le altre chiese cristiane e religioni, più parola di dio e meno tattica politica, più dialogo e amore con gli uomini e le culture e meno moralismi.

Per preparare il Conci-lio Papa Giovanni aveva istituito una Commissione centrale preparatoria della quale, vinte le resistenze curiali, montini fu chiama-to a far parte da roncalli che lo stimava moltissimo (e nominò subito cardina-le l’arcivescovo di milano, per primo, dopo anni che la curia pacelliana lo aveva escluso). nella Commissio-ne c’erano i più importanti arcivescovi e cardinali e si

può ben dire che lì nacque davvero il disegno e l’itine-rario del Concilio. montini (come documentano tanti documenti e studi, fra i qua-li quello dell’indimenticabile matteo perrini) vi svolse un ruolo decisivo, di punta. Fu apprezzato da tutto l’epi-scopato mondiale più colto e aperto al nuovo proprio perché montini proponeva una “riforma” della Chiesa lontana dallo spirito mon-dano e dai cedimenti alla mentalità mondana di un modernismo superficiale. la Chiesa doveva rinnovar-si diventando sempre più se stessa, sempre più fedele al signore e agli uomini.montini dunque cominciò davvero a diventare il “ti-moniere” del Concilio du-rante i lavori preparatori e continuò a dimostrarsi tale durante la prima sessione, durante la quale non man-carono momenti difficilis-simi, nei quali si ricordano suoi interventi molto im-portanti a fianco, ad esem-pio, del grande cardinale suenens (ed anche Koenig, leger…). e dopo la prima sessione, la morte di papa giovanni, ecco la elezione di paolo vi e la sua decisione di con-tinuare il Concilio e di gui-darlo come papa, cioè come capo del collegio universa-le dei vescovi (dunque né un’autorità singola e stac-cata o contrapposta al col-legio episcopale, né sempli-

cemente un membro di es-so), ecco il “timoniere” nel pieno del suo compito.

Per rileggere e capire quella stagione non basta certo un articolo, ma credo neppure un libro e neppu-re molti libri. Bisognerebbe leggerli tutti almeno alcu-ni di orientamento e stile differente e dunque com-plementare (ad esempio la Storia del Concilio coordi-nata da alberigo e mello-ni, edita da il mulino; molti testi di dossetti presso lo stesso editore; ma anche i vari volumi editi dall’istituto internazionale paolo vi di Brescia e quelli della Civil-tà cattolica curati da padre Caprile, e tanti studi e sag-gi). e soprattutto bisogne-rebbe leggere e rileggere i testi del Concilio (magari con l’aiuto di qualche com-mento come quelli appar-si a suo tempo dalla ldc o da piemme o da vallecchi). e ancora: leggere bene i grandi discorsi di giovanni XXiii e di paolo vi in aper-tura e chiusura di ciascuna sessione conciliare. e infine le riflessioni di tante gran-di coscienze cristiane che hanno letto e meditato il Concilio nel suo svolgimen-to e nei suoi frutti e nei suoi protagonisti, a cominciare, appunto, da montini.

Vorrei dire solo una pa-rola di conclusione per-sonale, che nasce dalla mia

chiesa

pe perciò quelli della reli-gione, discerpe Cristo, uno nell’umanità… / - molte vol-te non sappiamo se sia cari-tà il rimprovero, il silenzio, la lode, la rivendicaz. della giustizia, il perdono o il ca-stigo: ci sia principio di con-siglio l’interesse di Cristo, il maggior interesse suo».e un altro frammento illu-minante: «nella Chiesa è ormai molto pronunciato il movimento spirituale che interpreta ed attua il cri-stianesimo come carità. lo sviluppo della tradizione, guidato dallo spirito santo e favorito dalla gerarchia, conduce a questa mani-festazione del cristianesi-mo. in essa vi è forse la sua esplicazione definitiva e fors’anche estrema (la fi-ne del mondo è preceduta da una fiammata generale di carità)».

Con questo spirito e que-sti ricordi ripenso al cam-mino di papa montini come “timoniere” di un Concilio che non aveva convocato lui. arcivescovo di milano dal 1954 (quando pio Xii, anche su pressione della Curia e degli ambienti poli-tici conservatori prevalen-ti in vaticano, lo aveva al-lontanato dalla segreteria di stato) accolse la notizia del Concilio scrivendo tra l’altro alla sua diocesi per la quaresima del 1962 una bella lettera pastorale Pen-siamo al Concilio che trovai alla libreria cattolica di pa-lazzo san paolo in via tosio 1, e che lessi con entusia-smo. ricordo che spiegava bene i temi che il Concilio avrebbe dovuto affrontare e lo spirito con il quale tutti i credenti, a cominciare dai laici e dai giovani, potevano prepararvisi. già quella let-tera conteneva un indirizzo preciso: il Concilio doveva essere un fatto di Chiesa, di comunione, di spiritua-lità, di slancio pastorale e missionario…non era affatto ovvio per-ché molti, anche in alto, speravano di ridurre l’ini-ziativa di papa giovanni ad alcune brevi riunioni per “completare il vaticano i”

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Caritasmodestissima riflessione ed esperien-za. paolo vi ha guidato il Concilio con una preoccupazione (che non è di “de-stra” e di “sinistra” come molti mediocri esegeti si esercitano a dibattere): l’idea che la Chiesa si rinnovi in Cristo e che Cristo sia inteso come amore. il che è facile a dire, ma assai arduo a realizzar-si in modo autentico e profondo.più di tanti commenti vorrei riprende-re tre parole di paolo vi. la prima, da poco eletto papa, per offrire un’idea-guida alla seconda sessione concilia-re: «Cristo, nostro principio! Cristo nostra via e nostra guida! Cristo no-stra speranza e nostro termine! abbia questo Concilio la piena avvertenza di questo molteplice ed unico, stringente e beatificante rapporto tra noi e ge-sù benedetto, fra questa santa e viva Chiesa che noi siamo e Cristo, da cui veniamo, per cui viviamo e a cui an-diamo. nessun’altra luce sia librata su quest’adunanza che non sia Cristo lu-ce del mondo; nessun’altra verità inte-ressi gli animi nostri che non siano le parole del signore, unico nostro mae-stro; nessun’altra aspirazione ci gui-di che non sia il desiderio di essere a lui assolutamente fedeli; nessun’altra fiducia ci sostenga se non quella che fiancheggia, mediante la parola di lui, la nostra desolata debolezza....».

la seconda, all’apertura della quarta e ultima sessione, nel 1965, quando il papa si chiese: «Quando gli studio-si cercheranno di definire il compor-tamento della Chiesa del tempo del Concilio, in questo momento culmi-nante e critico della sua esistenza: che cosa faceva in quel momento la Chie-sa cattolica? amava! sarà la risposta. amava con cuore pastorale, anche se tutti sanno che è difficile penetrare la ricchezza e la profondità di que-sto amore. Questo Concilio lo dice: la Chiesa è una società fondata sull’amo-re e dall’amore governata!». «mentre altre correnti di pensiero e di azione proclamano ben diversi principi per costruire la civiltà degli uomini, la po-tenza, la ricchezza, la scienza, la lotta, l’interesse, o altro, la Chiesa proclama l’amore. il Concilio è un atto solenne di amore per l’umanità».la terza, a conclusione del Concilio, il 7 dicembre 1965, quando esclamò, a modo di bilancio: «Questo Concilio è stato vivamente interessato allo stu-dio del mondo moderno. non mai for-se come in questa occasione la Chiesa ha sentito il bisogno di conoscere, di avvicinare e di comprendere, di pe-netrare, di servire, di evangelizzare la società circostante e di coglierla, quasi di rincorrerla nel suo rapido e continuo mutamento. vogliamo notare come la

religione del nostro Concilio sia stata principalmente la carità...tutta questa ricchezza dottrinale è rivolta unica-mente in una direzione. servire l’uo-mo. l’uomo, diciamo, in ogni sua con-dizione, in ogni sua infermità, in ogni sua necessità. la Chiesa si è quasi di-chiarata l’ancella dell’umanità...».e infine, ormai in tempo di postconci-lio, nel luglio 1969, guardando al fu-turo della Chiesa, volle esprimere il suo progetto pieno di speranza: «noi avremo un periodo di più grande liber-tà nella vita della Chiesa e di conse-guenza di ciascuno dei suoi figli. Que-sta libertà significherà meno obblighi legali e meno inibizioni interiori. la di-sciplina formale sarà ridotta, ogni ar-bitrio sarà abolito, così come ogni in-tolleranza, ogni assolutismo. la legge positiva sarà semplificata, l’esercizio dell’autorità temperato, il senso della libertà promosso...».Questo è il vero Montini! non sem-pre conosciuto e rispettato. non mi meraviglio che anche oggi spiriti pau-rosi e interessati cerchino di divulga-re la leggenda di un montini timoroso, sconsolato, deluso, nostalgico. Questo era l’atteggiamento descritto anche da taluni sconsiderati critici “da sinistra”, impazienti e superficiali; ma è anche e soprattutto, in maniera simmetrica, la posizione di taluni che gli erano vi-cini ed è l’atteggiamento di alcuni che anche oggi si dicono suoi eredi.non è una novità. io ricordo che già nel 1969, quando la Fuci organizzò un congresso nazionale per approfondire e rilanciare la realizzazione del Con-cilio in italia ci venne dal vaticano un altolà, facendo intendere che il papa lo vietasse come una forma di insu-bordinazione inaccettabile da parte di laici cattolici.allora gli scrissi spiegando le ragioni e lo spirito dell’iniziativa e lui rispose con una toccante lettera autografa e confi-denziale esprimendo il suo consenso, i suoi suggerimenti e il suo augurio.e tante altre circostanze, anche perso-nali, potrei citare per confermare che il paolo vi del postconcilio era molto più preoccupato e amareggiato per la timidezza, la pigrizia, la nostalgia e il conservatorismo, il formalismo e il de-vozionismo di tanta parte della Chie-sa e soprattutto del “mondo cattoli-co” conservatore piuttosto che per il coraggio, la speranza e l’entusiasmo – talvolta pur eccessivo e superficiale – dei “novatori”.Concludo ricordando un pensiero di Cesare trebeschi che riassume be-nissimo gli equivoci che talvolta sono stati creati intorno a paolo vi: «molti lo giudicavano incerto come amleto, e invece era coraggioso come ulisse».

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la pubblicazione dell’enci-clica “Caritas in veritate” da parte di Benedetto Xvi lo scorso 29 giugno ha pro-vocato reazioni e commenti da parte di numerosi espo-nenti del mondo politico ed economico sia di estrazione cattolica che laica. una mo-le consistente di riflessioni motivate dall’attualità dei temi trattati e dai riflessi concreti delle linee enun-ciate dal pontefice sulla progettazione di un nuovo sistema economico in que-sto momento di crisi. non vogliamo pertanto offri-re qui un’analisi dell’intero contenuto dell’enciclica ma piuttosto una riflessione a partire dalle provocazioni che il testo lancia rispetto ai problemi affrontati dal gruppo LiberaMente nel percorso dell’anno 2008-2009. Ci concentreremo quindi sui capitoli secondo e terzo dell’enciclica, che riguardano lo sviluppo del-la persona e le tematiche economiche.

La centralità dell’uomo. l’aspetto che più ci colpi-sce nel capitolo secondo è l’osservazione che il papa offre riguardo alla centra-lità dell’uomo rispetto al-le strutture economiche e sociali. scrive Benedetto Xvi: «Desidererei ricorda-re a tutti, soprattutto ai go-vernanti impegnati a dare un profilo rinnovato agli as-setti economici e sociali del mondo, che il primo capita-le da salvaguardare e va-

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Caritaslorizzare è l’uomo, la per-sona, nella sua integrità: “L’uomo infatti è l’autore, il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale”». Ci sembra di ritrovare qui l’idea iniziale da cui è par-tita la riflessione del grup-po LiberaMente: la dignità della persona e la priori-tà del suo bene rispetto a ogni risultato di progres-so tecnico o economico deve tornare a essere il principio su cui si fonda lo sviluppo. per noi in parti-colare questa riflessione si è concretizzata attor-no al tema del lavoro, nel quale troppo spesso assi-stiamo non tanto alla va-lorizzazione delle qualità dell’uomo quanto piutto-sto a uno sfruttamento di tutte le risorse, umane e naturali, senza curarsi de-gli effetti dannosi che rit-mi e produzioni insosteni-bili producono nel tempo sull’umanità.

Non solo profitto. È chia-ro dunque che il profitto non può essere l’unico cri-terio di guida dell’azione economica. prosegue in-fatti il pontefice: «Il pro-fitto è utile se, in quanto mezzo, è orientato a un fi-ne che gli fornisca un sen-so tanto sul come produrlo quanto sul come utilizzar-lo. L’esclusivo obiettivo del profitto, se mal prodotto e senza il bene comune come fine ultimo, rischia di distruggere ricchezza e creare povertà». Quest’ul-timo aspetto, ovvero l’esi-stenza di un profitto che può impoverire, genera una riflessione profonda che va oltre il semplice piano della povertà mate-riale, ma coinvolge diversi ambiti di impoverimento: le relazioni interpersona-li, spesso sacrificate o ri-condotte a una logica di prevaricazione; il degrado ambientale generato da uno sfruttamento delle ri-sorse nell’immediato sen-za considerare la necessità di uno sguardo lungimiran-te verso il futuro proprio e delle generazioni che se-guiranno.in risposta a questi com-portamenti negativi e pur-troppo diffusi nel mondo è interessante la prospet-tiva che Benedetto Xvi apre riguardo alle possibili esperienze imprenditoriali che abbiano il coraggio di sganciarsi dalla sola logi-ca del profitto, senza ri-nunciare alla possibilità di reggere il confronto sul mercato con altre impre-

battuta all’imprenditore si ripercuote su tutti i lavo-ratori, poiché la qualità del loro lavoro si possa tradur-re in vitalità dell’impresa e in beneficio per l’intera collettività.

Il tema del lavoro. un ul-timo aspetto che colpisce per l’attualità e la perti-nenza è legato alla difficile situazione dell’occupazio-ne e alla qualità del lavo-ro, tema su cui l’incontro “Quale lavoro per quale vita?”, a conclusione del percorso annuale del grup-po liberamente, ha offer-to concreti spunti di rifles-sione (si veda l’articolo a p. 22 in questo numero di aci notizie). «Che cosa si-gnifica la parola “decente” applicata al lavoro? Signi-fica un lavoro che, in ogni società, sia l’espressione della dignità essenziale di ogni uomo e di ogni don-na». È un lavoro, quindi, che viene scelto libera-mente, che non discrimi-na, che garantisce a una coppia il diritto ai figli e alla loro formazione, in parti-colare per quanto riguarda la figura della donna all’in-terno della società, che pa-re costretta a una scelta ir-reversibile tra professione e vita familiare; un lavoro che lascia spazio «per ri-trovare le proprie radici a livello personale, familiare e spirituale».

Motivi di speranza. i principi enunciati dall’en-ciclica “Caritas in veri-tate”, in particolare per quanto riguarda il mondo del lavoro e dell’economia, tracciano un profilo di spe-ranza a cui ci piacerebbe tendere prima possibile. È chiaro tuttavia che questi principi rischiano di rima-nere lettera morta se non lavoriamo tutti assieme allo sviluppo di un conte-sto socio-culturale rinno-vato, che sappia mettere al centro l’uomo. Questo potrà accadere solo at-traverso un cambiamento profondo di ciascuna per-sona, innanzitutto di ogni cristiano.

Caritas in veritateNo al solo profitto

Il gruppo LiberaMente e l’enciclica sull’economia La chiave è la dignità della persona prima di tutto

gruppo liberamente

chiesa

se dello stesso settore. È una sfida non solo di ca-rattere ideale, ma piutto-sto di forte concretezza. in questo senso, infatti, è interessante indagare gli effetti negativi della logi-ca esclusiva del profitto nell’ambito dell’impresa, della sua solidità e della sua capacità di vivere e creare benessere grazie al salario che genera per i la-voratori e per i servizi che offre alla collettività. spre-mere un’azienda con il so-lo fine di produrre profitto finisce inevitabilmente con limitarne la progettualità, ottenendo nella migliore delle ipotesi guadagni im-mediati ma rinunciando al pieno sviluppo del suo po-tenziale, il quale è innan-zitutto ancora una volta fondato sulle persone che costituiscono l’impresa.

La responsabilità socia-le dell’impresa. È allo-ra importante che innan-zitutto la figura dell’im-prenditore sia consapevo-le del proprio ruolo e della propria responsabilità nei confronti della comunità. «L’imprenditorialità, prima di avere un significato pro-fessionale, ne ha uno uma-no – scrive ancora il papa - . Essa è inscritta in ogni lavoro, visto come “actus personae”, per cui è bene che a ogni lavoratore sia offerta la possibilità di dare il proprio apporto in modo che egli stesso “sappia di lavorare in proprio”». Que-sta presa di coscienza che viene richiesta in prima

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emerge negli ultimi mesi una linea forte nello scenario della cultura cattolica, sia nelle sue espressioni ufficiali, che nelle tendenze di stu-dio di teologi, filosofi e personalità di ricerca in genere; un tema tan-to ricorrente e convergente da far pensare non siano casuali i segnali che lo additano come nodo priori-tario del pensiero cattolico: è il pro-blema di dio e, per converso, della sua negazione. in altri termini, è la sfida dell’ateismo e la risposta che si ritiene di mettere in campo.

Due indizi

per un verso, non può non sorpren-dere l’affollarsi in libreria di testi sull’ateismo. negli ultimissimi mesi, tanto per fare alcuni esempi, sono usciti La diceria immortale di ro-bert spaemann, Non di sola mate-ria di thomas Crean, Dio e il nuovo ateismo di John F. Haught e Perché non possiamo essere atei di Fran-cesco agnoli; all’elenco si aggiunge di recente L'illusio ne dell'ateismo. Perché la scienza non nega Dio di roberto timossi, con autorevole presentazione del cardinale ange-lo Bagnasco.per altro, una notizia che non ha su-scitato particolare clamore, ma di indiscutibile rilievo: dall’ultima as-semblea generale della conferenza episcopale italiana è uscito l’annun-cio di un evento che non ha prece-denti, nella storia della Cei. si tratta di un convegno il cui titolo è: “dio oggi”. sottotitolo: “Con lui o senza di lui cambia tutto”. si terrà a roma dal 10 al 12 dicembre, per iniziativa del comitato per il progetto cultura-le presieduto dal cardinale Camillo ruini. Basta scorrerne il programma per capirne l’assoluta novità. non sarà un convegno strettamente “di Chiesa”. spazierà dalla filosofia alla teologia, dall’arte alla musica, dalla letteratura alla scienza. e gli oratori saranno di grande rilievo nei rispet-tivi campi: siano essi cattolici o no, credenti o agnostici.

Un libro su tutti

prendiamo in particolare il testo di spaemann, La diceria immortale, che pare più di altri emblematico di un clima, di un sentire importante. il libro, edito in italia da Cantagal-li, è il primo di una collana che si intitola, non a caso: “Come se dio fosse”. vivere “come se dio fosse” – si creda o no in lui – è la proposta paradossale lanciata da Benedetto Xvi alla cultura e agli uomini d’oggi. Questa proposta Joseph ratzinger la formulò per la prima volta, da fi-losofo oltre che da teologo, nel me-morabile discorso da lui pronuncia-to a subiaco il 1 aprile 2005, ultima sua conferenza pubblica prima d’es-sere eletto papa. la provocazione fu tanto chiara e incisiva che merita una citazione non breve; ratzinger la espose così: «nell’epoca dell’illu-minismo si è tentato di intendere e definire le norme morali essenziali dicendo che esse sarebbero valide “etsi deus non daretur”, anche nel caso che dio non esistesse. nella contrapposizione delle confessio-ni e nella crisi incombente dell’im-magine di dio, si tentò di tenere i valori essenziali della morale fuori dalle contraddizioni e di cercare per loro un’evidenza che li rendesse in-dipendenti dalle molteplici divisio-ni e incertezze delle varie filosofie e confessioni. Così si vollero assi-curare le basi della convivenza e, più in generale, le basi dell’umani-tà. a quell’epoca sembrò possibile, in quanto le grandi convinzioni di fondo create dal cristianesimo in gran parte resistevano e sembra-vano innegabili. ma non è più così. la ricerca di una tale rassicurante certezza, che potesse rimanere in-contestata al di là di tutte le diffe-renze, è fallita. neppure lo sforzo, davvero grandioso, di Kant è stato in grado di creare la necessaria cer-tezza condivisa. Kant aveva nega-to che dio possa essere conoscibile nell’ambito della pura ragione, ma nello stesso tempo aveva rappre-

sentato dio, la libertà e l’immortali-tà come postulati della ragione pra-tica, senza la quale, coerentemen-te, per lui non era possibile alcun agire morale. la situazione odierna del mondo non ci fa forse pensare di nuovo che egli possa aver ra-gione? vorrei dirlo con altre paro-le: il tentativo, portato all’estremo, di plasmare le cose umane facen-do completamente a meno di dio ci conduce sempre di più sull’orlo dell’abisso, verso l’accantonamento totale dell’uomo. dovremmo allora capovolgere l’assioma degli illumi-nisti e dire: anche chi non riesce a trovare la via dell’accettazione di dio dovrebbe comunque cercare di vivere e indirizzare la sua vita “ve-luti si deus daretur”, come se dio ci fosse. Questo è il consiglio che già pascal dava agli amici non cre-denti; è il consiglio che vorremmo dare anche oggi ai nostri amici che non credono. Così nessuno viene limitato nella sua libertà, ma tutte le nostre cose trovano un sostegno e un criterio di cui hanno urgente-mente bisogno». assumere tale paradosso rende ancor più avvincente la ricerca di spaemann, che muove con onestà e umiltà nella sua ricerca, origina-ta appunto, da una diceria immor-tale e ineliminabile: che esista un essere che nella nostra lingua si chiama “dio” è una vecchia diceria che non si riesce a mettere a tace-re. Questo essere non fa parte di ciò che esiste nel mondo. dovrebbe essere piuttosto la causa e l’origine dell’universo. Fa parte della diceria, però, che nel mondo stesso ci siano tracce di quest’origine e riferimen-ti a essa. e questa è la sola ragio-ne per cui su dio si possono fare affermazioni tanto diverse e tutte meritano almeno di essere prese in considerazione.

Molto più che un convegno

ma torniamo all’iniziativa della Cei. di cosa si tratta esattamente? non

La crisi dell’ateismo non corrispondead un bisogno di religione,

ma più spesso a un vuoto disperatoe per questo ci riguarda

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vuoto

a cura di ennio pasinetti

sarà una sfilata di opinioni giustap-poste, tanto meno una sorta di “cattedra dei non credenti”. il dise-gno è assolutamente mirato. pun-ta deciso a quella “priorità” che per Benedetto Xvi «sta al di sopra di tutte», in un tempo «in cui in vaste zone della terra la fede è nel peri-colo di spegnersi come una fiamma che non trova più nutrimento». la priorità cioè – come ha scritto papa Joseph ratzinger nella sua lettera ai vescovi del 10 marzo scorso – «di rendere dio presente in questo mondo e di aprire agli uomini l’ac-cesso a dio. non a un qualsiasi dio, ma a quel dio che ha parlato sul si-nai; a quel dio il cui volto ricono-sciamo nell’amore spinto sino alla fine (cfr. giovanni 13, 1), in gesù Cristo crocifisso e risorto». ad aprire il convegno saranno il car-dinale ruini (titolo della relazione: “Colui che fa la differenza”) e il fi-losofo tedesco robert spaemann (”una nuova via razionale verso dio”). e poi di seguito, si discuterà su dio nel cinema e nella televisio-ne (con mariarosa mancuso e aldo grasso), su dio nella letteratura e nella poesia (con aharon appel-feld), su dio e l’anima (con giacomo Canobbio e giorgio israel), su dio nella musica ieri e oggi (pierangelo sequeri, pierpaolo Bellini), su dio e la violenza (emanuele severino, angelo panebianco), su creazione ed evoluzione (denis alexander, Fiorenzo Facchini); seguiranno il cardinale angelo scola (”Fine della modernità: eclissi e ritorno di dio”) e il filosofo inglese roger scruton (”l’illusione scientista”), massimo Cacciari (”parlare di dio oggi”) e remi Brague (”i tre monoteismi”), e ancora “conversazioni su dio”, l’una tra il cardinale Carlo Caffarra, giuliano Ferrara e aldo schiavone, l’altra tra monsignor Bruno Forte, ernesto galli della loggia, salva-tore natoli; la sessione finale sa-rà dedicata a dio e le scienze e ne tratteranno martin nowak (”dio e la biologia”), george Coyne (”narrano

i cieli la gloria di dio”) e peter van inwagen (”dio e l’ontologia”).

Crisi dell’ateismo:un problema

insomma, la cultura cattolica pren-de assolutamente sul serio quel pro-blema - e, come detto, la sua nega-zione - che, ancorché brillantemen-te trainante in una certa pubblicisti-ca di successo, svela una crisi. la debolezza dell’ateismo non fa gioire i più intelligenti osservatori cattolici, anzi riflette nel nostro campo mo-tivi di preoccupazione. perché oggi è fuor di dubbio che l’ateismo è in crisi: quello drammatico, coerente e cosciente, di chi vive sapendo che i cieli sono del tutto spogli e tuttavia si deve avere lo stesso una norma di vita per poter coesistere con gli al-tri. ai nostri giorni, abbiamo invece un ateismo che è fatto di superficia-lità, di banalità: è quasi una sorta di “gioco di società” il negare dio; una indifferenza o incredulità che mette in questione sia la fede autentica e operosa, sia l’ateismo severo e im-pegnato, simile a una nebbia difficile da diradare, non conosce ansietà o domande, si nutre di stereotipi ed effimero, accontentandosi di vivere in superficie, sfiorando i problemi fondamentali. Con grande efficacia fotografa tale scenario mons. rava-si, quando ammette che altra cosa è questo ateismo vuoto in confron-to alla pensosa notte dello spirito in cui dio non c’è eppure se ne sente la mancanza: «già il filosofo martin Heidegger notava che “la vera po-vertà del mondo è quando non si sente più la mancanza di dio come mancanza”. Chi avverte e soffre per il vuoto intimo, anela alla verità, alla bellezza e all’amore, pur non posse-dendoli; chi obbedisce alle ingiun-zioni della propria coscienza, pur avendo sopra di sé cieli apparente-mente vuoti o al massimo affollati soltanto dai satelliti della tecnica, è come se accettasse già l’essere assoluto di dio, pur affermando il

suo agnosticismo». insomma, per il cattolicesimo oggi l’ateismo non è opposizione e sfida, che merita tutto il rispetto proprio per l’ango-scia esistenziale che comporta, ma problema e precisamente è la que-stione dell’“assenza del problema dell’assenza”.

Tre conseguenze pratiche

parrebbe un disquisire accademi-co, che interessa una cerchia di te-ologi. invece questa attenzione ha almeno tre conseguenze nell’agire quotidiano del credente: lo stru-mento, gli alleati e le modalità del confronto.lo strumento: se è vero che il pro-blema di dio è affrontato oggi più attraverso luoghi comuni che serio interesse alle domande fondamen-tali, il piano su cui rilanciare la sfida non può essere quello dello slogan o dell’affermazione dogmatica, né basta il richiamo catechetico; serve studio, preparazione, affinato con-fronto razionale.gli alleati: il fronte è la negazione di una dimensione religiosa, dunque la ricerca sincera, un credo e una vi-ta di fede quale che sia - posto che per noi dio resta il dio della Bibbia incarnato in Cristo - sono compa-gni di strada in questa battaglia, perché concorrono ad affermare un bisogno spirituale autentico. ne di-scende che il dialogo tra religioni è anche alleanza di intenti, comune lievito del mondo.le modalità: nessun atteggiamento presuntuoso, ma la consapevolez-za che la sete di cui l’umanità sof-fre dispone di una sorgente che noi conosciamo e proponiamo. non c’è nostro merito personale, ma sareb-be colpevole imporre anziché offrire ciò che gli uomini, spesso inconsa-pevolmente, stanno cercando.tre conseguenze che sono anche tre condizioni di testimonianza difficile, davvero esigente, che esclude per definizione ogni tentazione di fon-damentalismo o di clericalismo.

Un vuoto… ingombranteTorna il problema di Dio

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feroce

societa'

Quelli che fannola faccia feroce

Immigrazione: in scena la spiraledell’intolleranza e della violenza

angelo onger

vale la pena prendere il via con una chiara provocazio-ne: molti cattolici si sono giustamente scandalizzati per certi episodi che han-no messo a nudo il livello morale di certi personag-gi (meglio tardi che mai), dimostrando ancora una volta l’ipersensibilità sul-le devianze che toccano la sfera sessuale. un numero ben maggiore di cattolici (diciamo la maggioranza?) ha condiviso e condivide la politica, a dir poco discri-minatoria, dell’alleanza che governa, in nome dell’enfa-si ossessiva sul tema della sicurezza, dimostrando an-cora una volta che il primo comandamento raccoglie meno tifosi del sesto.la conferma viene anche dall’indifferenza che l’opi-nione pubblica dimostra di fronte a episodi dramma-tici come la morte in mare di decine di persone abban-donate a se stesse da tut-ti quelli che non potevano non vedere quello che stava succedendo. È questa com-plicità che permette ai go-vernanti di respingere ogni responsabilità e addirittu-ra di mettere sotto accusa i disperati che non hanno paura della morte perché sono cresciuti in un mondo dove si muore con estrema facilità. nell’occasione mi è toccato di leggere anche le dichiarazioni di un vescovo (su “la stampa” del 24 ago-sto) secondo cui bisogna affrontare i problemi sen-za “buonismi terzomondi-sti”, ventilando interessi islamici dietro la pressio-ne migratoria. un modo di

pensare mutuato dai cultori dei complotti e dalla politica leghista dei respingimenti. alla faccia di tutti quelli che muoiono di fame.

Questo naturalmente non significa cancellare il problema della sicurez-za dall’ordine del giorno, bensì prendere coscienza dello stato reale delle co-se, contestando una poli-tica fondata sulla menzo-gna. prima, durante e dopo il varo delle nuove norme, il centro-destra ha ripetuto in varie salse un ritornello che riassumo con le testuali parole di Berlusconi (aprile sharm el sheik): «la ve-rità è questa: la sinistra vuole che le porte del no-stro paese siano spalanca-te a tutti, quindi anche ai clandestini, mentre noi in-vece riteniamo che le por-te debbano essere chiuse o socchiuse soltanto per chi viene in italia per lavorare e integrarsi». sull’ultimo numero della ri-vista “Appunti di cultura e politica”, alberto guariso, dati alla mano, ha descrit-to una realtà radicalmen-te diversa, così: «i dati dell’istat (rilevazione an-nuale della popolazione straniera residente) dico-no che nel gennaio 2003 gli stranieri residenti era-no 1.550.000, di cui circa 650.000 “regolarizzati” in forza della più grande sa-natoria della storia d’italia, che – come si ricorderà (ma davvero qualcuno la ricor-da?) – ha accompagnato il varo della mitica Bossi-Fini (30 luglio 2002). ergo l’an-

una parte della politica cavalca l’onda

delle paure ancestrali per raccogliere voti. le ronde serviranno

a moltiplicare la voglia di “fare la faccia feroce” con gli immigrati prima, con i “terroni” dopo e poicon chi disturba solo per

il fatto di esistere. una catena di sant’antonio dei musi duri.

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no prima gli stranieri rego-lari erano 900.000. Cinque anni dopo, al gennaio 2008, l’istat contava 3.500.000 stranieri residenti e al gen-naio 2009, 3.950.000; ma secondo il rapporto Cariras-migrantes 2008 eravamo già a 3.987.000 nel gen-naio 2008 e quindi sarem-mo adesso ben oltre i 4 milioni. dettagli a parte, l’incremento è comunque di oltre il 400 per cento in sette anni, cioè di quasi il 60 per cento l’anno. nel medesimo periodo (gen-naio 2002-gennaio 2009) le redini del governo sono rimaste per ben cinque an-ni in mano alla destra-por-te-chiuse e solo due (mag-gio 2006-maggio 2008) in mano alla sinistra-porte-aperte. Con una doverosa precisazione: nei due anni di governo il centro sinistra – lodevolmente impegna-to in consultazioni, studi e approfondimenti sul pro-blema – ha pensato bene di non cambiare una vir-gola della legislazione vi-gente (del centro destra). Quindi se invasione c’è stata, si è compiuta quasi interamente sotto il regno di Berlusconi e comunque esclusivamente sulla ba-se dell’impianto costruito dal centro destra». ma c’è di più: al luglio 2002 (data della citata sanatoria Bossi-Fini) gli extra-comunitari irregolari presenti sul ter-ritorio erano certamente almeno 650.000. i dati di oggi li fissano in 700.000. «Quindi 7 anni di legislazio-ne berlusconiana non han-no ridotto di una briciola il numero di presenze irre-golari sul nostro territorio: tanti erano e tanti sono ri-masti, ovviamente ruotan-do, essendo ormai pacifico che il percorso ad ostaco-li per il soggiorno regolare passa per la quasi totalità degli stranieri da un perio-do di irregolarità».possiamo aggiungere, a corollario, l’esempio di uno dei più grossi centri della nostra provincia, dove nel 2004 vinse la lega con un sindaco che prometteva di liberare la città dagli stra-

nieri e che dopo cinque anni di provvedimenti restrittivi ha consegnato a se stes-so (trionfalmente confer-mato nel 2009) un numero doppio degli stessi. Questo cosa significa? Che nono-stante i ripetuti proclami e la propaganda dei barconi respinti (una percentuale minima degli “invasori”), il movimento migratorio è dif-ficile da controllare e che la presenza dei clandestini è legata spesso alla doman-da di alcuni servizi specifici. non a caso la maggioranza di centro destra ha approva-to una legge restrittiva e il giorno dopo, con alto sprez-zo del ridicolo, ha varato un decreto contenente una sa-natoria per le badanti.

Come al solito, tra il di-re e il fare c’è di mezzo il mare e anche la monta-gna. invece abbiamo una parte cospicua della classe politica che cavalca l’onda delle paure ancestrali per raccogliere consensi e vo-ti, senza preoccuparsi delle ripercussioni non soltanto sugli immigrati, ma anche sullo spirito di convivenza che dovrebbe caratterizzare la vita comunitaria. mentre scrivo prende il via l’attività delle ronde. a parte la mor-tificazione (o la denuncia di un’impotenza) delle for-ze pubbliche dell’ordine, si può scommettere a occhi chiusi che la presenza delle ronde servirà soprattutto a moltiplicare la voglia di “fa-re la faccia feroce”, con gli immigrati prima, con i “ter-roni” dopo e infine con tut-ti quelli che disturbano so-lo per il fatto che esistono. una catena di sant’antonio dei musi duri. È chiaro che in queste condizioni la vi-cinanza fisica diventa diffi-cile da sopportare quando è segnata dalla lontananza spirituale.e la lontananza spirituale non è determinata dal co-lore della pelle, dalla pro-venienza territoriale, dalla cultura d’origine, dalle tra-dizioni: si è formata e con-tinua a formarsi grazie alla (o per colpa della) fram-mentazione che caratteriz-

za la nostra società, con o senza immigrati. anche in recenti polemiche, come quelle sugli insegnanti me-ridionali al nord e sulla ne-cessità di un test sulla cul-tura locale per la loro sele-zione, continua ad affiorare il tema della identità come un punto di riferimento ne-cessario per salvaguardare se stessi e la società del fu-turo. il fatto è che, nella re-altà che ci circonda, «… l’ap-partenenza e l’identità non sono scolpite nella roccia, non sono assicurate da una garanzia a vita, ma sono in larga misura negoziabili e revocabili; che i fattori cru-ciali per entrambe sono le proprie decisioni, i passi che si intraprendono, il modo in cui si agisce e la determi-nazione a tener fede a tut-to ciò» (Bauman, Intervista sull’identità, laterza, pag. 6).

La mancanza di punti di riferimento solidi, la mi-suriamo ogni giorno anche nell’ambito della testimo-nianza cristiana. Ci sono in circolazione non pochi poli-tici che, in sintonia con mol-ti cattolici che li votano, si proclamano difensori della identità cristiana e la coniu-gano con idee e comporta-menti che sono lontani mil-le miglia, non dico da una lettura radicale del vangelo (che pure va fatta), ma pu-re dai timidi insegnamenti del più accomodante dei

precettori cristiani. in una pacata riflessione, intitolata “lo straniero”, monsignor giacomo Canobbio, dopo aver proposto una lettura del problema in chiave bi-blica (e storica), conclude: «a fronte di questa visione si pone il problema “politi-co” e quindi viene in causa il rapporto tra l’etica che ha modellato la nostra società e la politica. si deve, al ri-guardo, rilevare una specie di contraddizione: da una parte si vogliono difendere i valori tipici della nostra cultura; dall’altra si dimen-ticano i valori ispiratori del-la stessa. pur con la consa-pevolezza di una certa ap-prossimazione, si potrebbe dire che, paradossalmente, si vorrebbe difendere la tra-dizione cristiana mediante un ritorno al paganesimo. (…) Ciò che è in gioco è la vera identità della nostra cultura, che non può essere tuttavia difesa a partire da una concezione di identità a muro; si dovrebbe piutto-sto, anche sulla scorta della nostra storia, aprirsi a un effettivo dialogo dal quale potrà sorgere una nuova identità “cattolica” secon-do il significato etimologico del termine. Certo, in tale visione le cose si complica-no. ma è solo chi ha la con-sapevolezza e l’intelligenza della complessità odierna che potrà trovare strade che costruiscano un futuro di pace per tutti».

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moraleci cattolici pensano solo a galleggiare e a salvarsi dalla tempesta».6

e noi? Come usciamo dal personale esame di co-scienza, siamo promossi oppure ci ritroviamo fra i cristiani che si sono distrat-ti nonostante l’osservanza dei precetti e la recita del padre nostro?7 Come citta-dini ma ancor prima come cristiani abbiamo il dovere di non abdicare alle nostre specificità. Come adulti di azione Cattolica, abbiamo la potenzialità e l’onere di costituire all’interno delle parrocchie, delle associa-zioni, dei luoghi preposti al dibattito e alla vita attiva pubblici quelle “assemblee di credenti che assieme ascoltano, cercano, riflet-tono, fanno discernimen-to, discutono e giungono a una convergenza non solo sulle risposte immediate da dare alla città… ma anche sulle esigenze che il van-gelo detta in un determi-nato luogo e tempo della storia”8, delle quali viene indicata la mancanza per-ché i cattolici non riesco-no ad avere una presenza chiaramente differente in forza alla specifica ispira-zione al vangelo.padre david maria turol-do considerava che ormai siamo uomini senza rimor-si e rifletteva: «Quando un popolo è indifferente, allora sorgono le dittatu-re e l’umanità diventa un gregge solo, appena una turba senza volto; allora il bene è uguale al male, il sacro uguale al profano e l’amore è unicamente piacere, un male il sacrifi-cio, un peso la libertà e la ricerca».

1 C Borghi, Alla ricerca dell’etica perduta, Celloni editori, 2006.2 ivi, p. 4.3 ivi, p. 42, intervista all’on. gio-vanardi sul tema “Riflessioni su etica, economia e politica”.4 ivi, p. 42.5 ivi, pp. 33-38.6 Se si accorciano anche le ombre dei campanili, “Famiglia Cristiana”, n. 32, agosto 2009.7 ivi.8 don Fabio Corazzina, in “Bat-taglie sociali” n. 6, luglio-agosto 2009, p. 8.

L’agire etico: imperativo pubblico e privato

la recente legge sulla sicu-rezza pone forti interrogativi etici e morali. da più parti della società pervengono richiami e sollecitazioni al-la riflessione e a un serio esame di coscienza. sem-bra lontano il 2006 quan-do, sull’onda degli scandali finanziari in america con ri-percussioni anche in italia e in europa, si è evidenziato un rapporto malato fra eti-ca, economia e politica, og-getto di analisi e discussioni come quelle contenute nel libro Alla ricerca dell’etica perduta1.tramite interviste a politi-ci, professionisti e referen-ti della Chiesa Cattolica, il libro evidenzia sia la que-stione che riguarda “gravi violazioni dell’etica pub-blica”2, che i richiami e gli inviti ad un agire etico che promuova il bene comune. più volte nelle interviste ci sono riferimenti ai va-lori cristiani e al magiste-ro della Chiesa, come per la Centesimus annus rite-nuta «tappa fondamenta-le nella storia della Chiesa e dell’impegno sociale dei cattolici»3.sul versante della politica, nel libro, è citata un’affer-mazione dell’allora presi-dente della Camera, pier Ferdinando Casini: «il pro-blema sta nell’impoveri-mento della politica e nel-la sua riduzione a tecnica di gestione degli interes-si… una deriva in cui si è smarrito il filo che collega

le decisioni politiche alla volontà dei cittadini e in cui sono stati anche of-fuscati, purtroppo, i valo-ri di riferimento dell’agire politico»4.Quali siano questi valori lo dice mons. rino Fisichel-la nell’intervista dal titolo “La politica per vocazione etica”5. mons. Fisichella è, fra i vari incarichi, retto-re della Chiesa di s. gre-gorio nazianzeno presso la Camera dei deputati, dove ogni mattina celebra di buon ora la messa per i parlamentari. richiesto di quali domande devono porsi i politici per perse-guire e raggiungere il bene collettivo, compito specifi-co della politica, risponde: «Qualsiasi domanda de-ve essere accomunata da una caratteristica: porre di nuovo al centro dell’in-teresse della vita politica il tema dell’etica… la politica se non ha un riferimento nell’etica viene meno nella sua essenza perché non ha punti di riferimento verso i quali dirigere la propria azione legislativa… è giu-sto sottolineare che il po-litico, a qualunque schie-ramento appartenga, ab-bia come suo riferimento l’etica, prima ancora che la morale».

La questione morale

nell’intervista viene toc-cato anche il tema della “questione morale” fra af-fari e politica, della dife-sa degli interessi di parte, della lottizzazione e del

baratto sempre più fre-quenti. Questo è un tema che ci tocca da vicino. sul-la questione morale non possiamo esimerci dalle nostre responsabilità per-ché sovente deleghiamo oltre il lecito e rinunciamo ad attuare quelle forme di partecipazione, di control-lo e di verifica dell’azione politica che ci competono. nella trattazione della que-stione morale, mons. Fisi-chella dice che «quando si parla di politica, il pensiero cattolico, in primo luogo, non fa riferimento a inte-ressi privati ed è ancora le-gato a certe idealità. i no-stri principi nell’agire po-litico, infatti, sono dettati da due valori fondamen-tali: il primo è il rispetto della dignità della propria e di ogni altra persona, e il secondo è il raggiungimen-to del bene comune. per il cattolico inserito nella vita politica deve valere allora il principio della vocazio-ne: qualora un politico non sentisse questo suo esse-re inserito nella politica come una missione, anzi, come una vocazione, cre-do che la sua azione poli-tica avrebbe davvero poca efficacia, perché diverreb-be solo la gestione del po-tere e dell’interesse di un gruppo ristretto». gli epi-sodi e l’attività di governo sono sotto gli occhi di tut-ti e indicano che i “cattoli-ci” che sentono la politica come vocazione sono po-chi e senza importanza, altrimenti non verrebbe denunciato che «i politi-

Questione moralee differenza cristiana

Come cittadini, ma prima ancor come credenti, abbiamo il dovere di una testimonianza evangelica

mario Bertuzzi

societa'

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Aquilan

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In volo su alid’Aquilandia

La testimonianza dei volontarinelle tendopoli dei terremotati

sara Bonardi e sara Florio

Franco, Beshmir, giusy, ila-ria, pierpaolo, angelo, ri-ta, giorgia, marco, davide … sono solo alcuni dei no-mi dei numerosi bambini e bambine abruzzesi che fre-quentano l’asilo nido e la scuola dell’infanzia estivi di Aquilandia. dopo il terribile sisma dello scorso 6 aprile, l’aC e l’università Cattoli-ca di Brescia hanno pensa-to di proporre ad associa-ti e studenti un’esperienza estiva di volontariato presso le popolazioni terremotate, con l’obiettivo da una parte di sensibilizzare i ragazzi, dall’altra di fare qualcosa di concreto, coinvolgendoli di-rettamente “sul campo”. la risposta ha avuto un suc-cesso che è andato ben al di là delle aspettative: più di 60 giovani hanno aderito con entusiasmo, seguendo un percorso formativo arti-colato in incontri con esper-ti di pedagogia e psicologia, dando la propria disponibili-tà per un turno settimanale ed elaborando un progetto educativo e proposte di atti-vità da svolgere nei campi.d’intesa con la protezione Civile di Brescia sono stati individuati come sedi dove alloggiare, condividendo la vita della popolazione, la tendopoli di paganica 5, allestita a inizio giugno e, quindi, senza un forte sen-so di appartenenza comuni-tario, e quella di monticchio 1, problematica a causa dei conflitti legati alla scarsa in-tegrazione tra gli abruzzesi e la comunità macedone, che rappresenta circa la metà della popolazione.il progetto ha avuto inizio sabato 11 luglio e si è con-cluso sabato 12 settem-

bre, anche per consentire ai bambini e alle bambine che animano il mondo di aquilandia di riprendere la scuola. ogni settimana si caratterizza per un tema, che viene svolto attraver-so laboratori e attività de-dicate: una particolarmen-te riuscita è stata quella sull’intercultura, nella quale i bambini hanno disegnato le bandiere italiana e ma-cedone, cantato i rispetti-vi inni nazionali, cucinato semplici dolci tradizionali. il pomeriggio è tempo per il bagnetto, la merenda e i giochi, cui si aggiungono in-contri speciali con vigili del fuoco, unità di soccorso ci-nofile piuttosto che clown, scout, etc… la settimana si conclude, infine, con l’im-mancabile festa del venerdì sera, nel corso della quale si salutano i volontari in par-tenza l’indomani e vengo-no presentati i lavori svolti nei giorni precedenti, attra-verso scenette, canti, balli, bans, in un clima di festa e di gioia autentiche.«La casetta, la casetta … col lucchetto …»: questa è la richiesta più frequente da parte di Franco e dei bam-bini e delle bambine delle tendopoli, che amano gio-care costruendo casette di legno; mentre gli adulti ci hanno chiesto fin dall’ini-zio: «Regalate un sorriso ai nostri bambini più picco-li». nonostante l’incertezza sul futuro e nonostante le difficoltà incontrate, legate principalmente al livello so-cio-culturale e alla “vivacità” dei bambini, è viva la fiducia nel futuro e si nota.«È stata un’esperienza mol-to impegnativa e coinvol-

dopo il terribile sisma dello scorso 6 aprile,

aC e università Cattolica hanno proposto

ad associati e studenti un’esperienza estiva

di volontariato nelle zone terremotate. la risposta ha superato

tutte le aspettative: hanno aderito

più di 60 giovani.

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È possibile oggi trovare un equilibrio tra vita pri-vata e aspirazioni di car-riera? dobbiamo rasse-gnarci alla contraddizio-ne tra lavoro in eccesso e precariato o disoccupa-zione? È possibile valo-rizzare le risorse umane, oppure l’unica via possi-bile è la “fuga dei cervel-li” all’estero?Queste e altre doman-de sono state al centro dell’incontro dal titolo “Quale lavoro per qua-le vita?”, organizzato il 19 giugno scorso a villa pace dal “Progetto Libe-raMente – Giovani per la costruzione di una co-scienza critica”. l’appun-tamento si è collocato a conclusione del percorso annuale che il gruppo ha sviluppato intorno al te-ma del lavoro e della sua relazione con l’esistenza

delle persone, in partico-lare dei giovani.in linea con lo spirito del gruppo, improntato sull’apertura, il coinvol-gimento e il confronto di idee e punti di vista differenti, la serata si poneva tre obiettivi: fa-re sintesi del cammino dell’anno al quale hanno preso parte, pur con al-terne fortune di parteci-pazione, una quindicina di giovani provenienti da diversi percorsi perso-nali; creare un’occasio-ne di confronto concreto del gruppo con l’esterno, con chi sta quotidiana-mente dentro il mondo del lavoro; e infine pro-vare a delineare insieme possibili risposte ai pro-blemi emersi anche du-rante tutto il percorso.nella serata c’è stato spazio per l’ascolto di

quattro ospiti: nora an-tonini, dirigente del Co-mune di Brescia; miché-le pezzagno, ricercatrice in tecnica e pianificazio-ne urbanistica presso l’università degli studi di Brescia; massimo pionel-li, capo-reparto presso la Forgiatura mamÈ di Ci-vidate Camuno; Werner manzillo, avvocato libero professionista.

il confronto si è articola-to attorno ad alcune te-matiche principali.prima fra queste è la questione delle relazioni all’interno dell’ambiente di lavoro, della gestio-ne della responsabilità e della valorizzazione delle qualità dei lavoratori. su questo aspetto è par-sa particolarmente signi-ficativa la testimonianza di Massimo Pionelli,

gente – spiega Chiara, stu-dentessa dell’università Cattolica – visto che l’atti-vità di Aquilandia occupava quasi tutta la giornata ma, vivendo nel campo, i bam-bini stavano con noi anche in altri momenti». vivere in una tenda non è semplice, ma «la settimana vissuta in Abruzzo è stata veramente ricca di emozioni: prendersi cura dei bambini – racconta annalisa, educatrice acr – è bellissimo e commovente, l’affetto che sanno offrire è fortissimo». «Siamo sta-ti travolti dall’entusiasmo di voler fare di più e siamo fieri di esserci resi utili per qualsiasi persona cercasse un appoggio», le fa eco ele-na, studentessa ed educa-trice acr.soddisfazione emerge an-che dalle parole di chi ha la responsabilità del campo. «Grazie ragazzi, siete stati fantastici, da quando ci sie-te voi si vede che in questa tendopoli c’è una marcia in più»: queste le parole di Fausto, responsabile della protezione Civile di Brescia presente a paganica 5, al termine di una delle feste del venerdì sera. parole che ci sentiamo di estendere a tutti coloro che hanno con-tribuito alla realizzazione di questo progetto e, soprat-tutto, alle persone speciali che abbiamo avuto la possi-bilità di conoscere, in parti-colare i bambini, a cui forse abbiamo trasmesso qualco-sa, ma dalle quali abbiamo certamente ricevuto molto di più!«Siamo tabellatissimi!»: questo il motto indiscusso dei diversi gruppi che si so-no succeduti nel corso delle diverse settimane, certa-mente ricche di emozioni, che hanno saputo trasfor-mare la vita ordinaria del-le tendopoli in esperienze straordinarie, attraverso la costruzione di relazioni per-sonali profonde e la condi-visione lieta e coraggiosa della quotidianità. per con-cludere permetteteci di sa-lutare tutti coloro che con noi hanno condiviso questi momenti e nell’impossibilità di citarli uno per uno pren-diamo spunto dai nostri col-leghi dell’università Cattoli-ca di milano e gridiamo for-te “Ciao Bbbrescia!!!!!”.

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lavoroDare vita al lavoroLa voce dei giovaniNel tempo del precariato, la sfida per le nuove generazioni: non perdere mai di vista la dignità

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Villa Pace, nuovaforma di ospitalità

che ha raccontato in mo-do molto concreto come la costruzione di rapporti di fiducia, rispetto e stima reciproci sia la condizio-ne essenziale per dar mo-do a ciascun lavoratore di esprimere le proprie quali-tà e per costruire una vera “squadra” di lavoro, nella quale ognuno si senta cor-responsabile, con maggiore attenzione ai risultati posi-tivi che agli errori. i van-taggi di questo approccio si misurano concretamente anche nella qualità e quan-tità della produzione e non solo nella soddisfazione dei lavoratori.di non minore rilevanza so-no alcune delle questioni che coinvolgono il rappor-to tra vita e lavoro per gio-vani, donne e famiglia, su cui gli interventi delle due voci femminili sono stati al contempo originali e com-plementari: come affronta-re la precarietà? Come con-ciliare lavoro e famiglia, in particolare per una donna? può una donna raggiunge-re la propria piena realizza-zione professionale? Quale ruolo hanno le istituzioni pubbliche nella costruzio-ne di una risposta a queste domande? dalla testimonianza di Mi-chéle Pezzagno è emersa un’interessante visione del-la concezione della vita da parte delle donne, secondo cui le relazioni, non essen-do improntate su criteri ge-rarchici, favoriscono la na-scita di rapporti di stima e rispetto tali da consentire il superamento di barriere culturali ancora presenti in un mondo del lavoro che spesso ragiona solo secon-do logiche maschili. a partire dalla propria espe-rienza, Nora Antonini ha delineato in tratti chiari e sintetici come la risposta ai bisogni delle persone, anche quando coinvolge le istituzioni, non possa esse-re univoca ma sia necessa-riamente dialettica. C’è bi-sogno di mettersi in gioco tutti, privati e enti pubbli-ci, in un confronto costrut-tivo per cercare soluzioni il più possibile condivise e

quindi vicine alle moltepli-ci esigenze dei cittadini. in questo senso la dimensio-ne dell’istituzione pubblica rimane fondamentale poi-ché è il luogo in cui per de-finizione si esprime il bene comune. rispetto al tema della pre-carietà da entrambe le te-stimonianze è emerso uno stimolo forte a non sedersi, a non rinunciare a crescere, a non temere di compiere esperienze diverse nel pro-prio percorso professionale, per costruire un quadro di competenze e una visione del mondo più ampi.nell’ultimo intervento Wer-ner Manzillo ha infine de-lineato come in una dimen-sione lavorativa da libero professionista, in cui il ri-schio di predominio del la-voro sulle altre dimensioni di vita è talvolta elevato, la salvaguardia dell’equilibrio personale e familiare pas-sino attraversi alcuni criteri fondamentali: la consape-volezza dei punti critici del-la professione che si affron-ta, la condivisione di questi con la persona con cui si co-struisce un progetto di vita e l’attenzione alla definizio-ne e al rispetto di alcune “buone pratiche quotidia-ne” che sappiano riservare tempo in quantità e qualità dignitose per la famiglia, gli affetti, gli interessi perso-nali, l’interiorità.

in conclusione, il bilancio dell’incontro è stato certa-mente positivo, innanzitut-to per la ricchezza dei con-tributi emersi in un clima di familiarità e di parteci-pazione calda e appassio-nata da parte degli ospiti, ma anche perché la buo-na riuscita dell’iniziativa è un esempio concreto della possibilità di costruire occa-sioni di dialogo e confronto sui temi che toccano l’esi-stenza di tutti, per cerca-re insieme idee e proposte per immaginare la società di domani. l’augurio è che sia solo una prima tappa di un percorso che si possa snodare con respiro più ampio anche nei prossimi anni.

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l’ associazione maria Freschi e l’azione Cattolica di Brescia promuovono a villa pace di gussago un servizio di ospitalità temporanea a colo-ro che necessitano di un alloggio per sostenere la propria attività di studio o lavorativa in città, o nelle adiacenze del capoluogo.destinatari di questa proposta, limitata ad un gruppo di 11 persone, sono studenti universi-tari, dottorandi, assegnisti e borsisti in univer-sità, lavoratori universitari. oltre all’alloggio si offriranno anche occasioni formative (tra quel-le proposte dall’azione Cattolica) da scegliere liberamente e condividere dopo lo studio o il lavoro: momenti formativi, spirituali, cultura-li e religiosi.per l’ammissione alla selezione si prevede un colloquio con un responsabile nominato dal con-siglio di amministrazione dell’associazione ma-ria Freschi. di norma l’ospitalità non può essere superiore ai due anni e l’eventuale proroga potrà essere concessa per un altro anno fino ad un massimo di tre anni. È possibile scegliere tra soggiorno con cucina in autogestione e soggiorno che comprende prima colazione e cena, che sarà attivato se si raggiun-gerà l’adesione minima di otto persone. la retta per la prima soluzione è di 250 euro; per la se-conda soluzione la retta è di 450 euro.l’ ambiente è visibile sul web all’indirizzo www.villapace.org .per maggiori informazioni contattare Massimo Pionelli ([email protected] 335 331627) oppure direttamente il direttore di vil-la pace: Paolo Venturelli ([email protected], 030 2772399).

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Campo scuola ACR 9-13(aprica 30agosto - 5 settembre)

Campo scuola ACR 6-8(Villa pace 27-30 agosto)

Cartoline daiCampiscuola AC

Campo scuola ACR 6-8(Villa pace 27-30 agosto)

Campo scuola ACR 9-13(aprica 30agosto - 5 settembre)

Campo famiglie(ponte di legno 28-30 agosto)

Campo scuola ACR 6-8(Villa pace 27-30 agosto)

Campo educatori(aprica 28-30 agosto)

Campo famiglie(ponte di legno 28-30 agosto)

Campo famiglie(ponte di legno 28-30 agosto)