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Algebre di Banach e C*-algebre
Appunti di alcune lezioni di Analisi superiore,tenute da C. Trapani e raccolte da Fabrizio Pennino
Anno accademico 2010-2011
Versione riveduta Aprile 2016
Indice
1 Algebre di Banach, C*-algebre 1
1.1 Denizioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11.2 Lo spettro e il risolvente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61.3 Algebre senza unità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
2 Algebre commutative 20
2.1 Denizioni e teoremi di base . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 202.2 Omomorsmi e caratteri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 232.3 La trasformata di Gelfand . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
2.3.1 Topologia di Gelfand . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 282.4 Algebre simmetriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 322.5 Il teorema spettrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
3 Il Teorema di Gelfand - Naimark 44
3.1 Rappresentazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 443.2 Il teorema G.N.S. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50
i
Capitolo 1
Algebre di Banach, C*-algebre
In questo capitolo e nei seguenti utilizzeremo il termine algebra per in-tendere un'algebra lineare e associativa sul campo scalare C dei numericomplessi.
1.1 Denizioni
Denizione 1.1.1. Un'algebra A è detta algebra normata se è dotata diuna norma che la rende spazio lineare normato e che soddisfa le seguenti:(i) ‖ab‖ ≤ ‖a‖ · ‖b‖ ∀ a, b ∈ ASe A possiede un'unità e tale che(ii) ‖e‖ = 1si dirà che A è un' algebra normata con unità.
Osservazione 1.1.2. In genere, nella denizione di algebra di Banach conunità non è richiesto che ‖e‖ = 1. Si può provare che in ogni caso ci si puòriportare a questo caso denendo una norma equivalente a quella iniziale diA.
Denizione 1.1.3. Un'algebra normata A è detta algebra di Banach se Aè spazio di Banach, ossia se è completa rispetto alla sua norma.
Denizione 1.1.4. Un'involuzione in A è un'applicazione ∗ : A → A (a 7→a∗) tale che, per ogni a, b ∈ A e λ, µ ∈ C,(i) a∗∗ = a,(ii) (λa+ µb)∗ = λa∗ + µb∗,(iii) (ab)∗ = b∗a∗.
1
1.1 Denizioni 2
Denizione 1.1.5. Un'algebra di Banach A, dotata di un'involuzione ∗,continua rispetto alla norma ‖ · ‖, è detta *-algebra di Banach
Denizione 1.1.6. Se A è un'algebra di Banach con involuzione e tale che
‖a∗a‖ = ‖a‖2, ∀a ∈ A (condizioneC∗)
allora si dice che A è una C∗-algebra.
Osservazione 1.1.7. In una C∗-algebra A l'involuzione è isometrica, infattiutilizzando la C∗-condition si ha:
‖a‖2 = ‖a∗a‖ ≤ ‖a∗‖ · ‖a‖ ∀a ∈ A ⇒ ‖a‖ ≤ ‖a∗‖.La stessa implicazione applicata a a∗ fornisce la disuguaglianza opposta equindi ‖a‖ = ‖a∗‖.
Osservazione 1.1.8. Se una C∗-algebra A possiede unità e allora e = e∗.Infatti, poichè in qualsiasi algebra l'unità è unica si ha:
ae∗ = (ea∗)∗ = (a∗)∗ = a ∀a ∈ A
Analogamente si mostra che a = e∗a e pertanto e = e∗.
Diamo alcuni esempi.
Esempio 1.1.9. Sia X uno spazio compatto e sia C(X) lo spazio di Banachdi tutte le funzioni complesse e continue su X. Tale spazio, infatti, dotatodella norma ‖f‖ = supx∈X |f(x)| è completo.Deniamo la moltiplicazione in tale spazio come:
(f · g)(x) = f(x) · g(x) ∀f, g ∈ C(X)
e l'involuzione: f ∗(x) = f(x) (coniugazione complessa). Mostriamo che sitratta eettivamente di un'involuzione:
(i) f ∗∗(x) = f ∗(x) = f(x) = f(x);
(ii) (λf + µg)∗(x) = λf ∗(x) + µg∗(x), infatti:
λf(x) + µg(x) = λf(x) + µg(x) = λf ∗(x) + µg∗(x).
(iii) (f(x)g(x))∗ = g(x)∗f(x)∗, infatti:
(fg)∗(x) = f(x)g(x) = f(x) · g(x)
= g(x) · f(x) = g∗(x)f ∗(x).
1.1 Denizioni 3
Ciò posto è facile vedere che C(X) è C∗-algebra commutativa con unità e.Infatti:
‖ff ∗‖ = supx∈X|f(x)f(x)| = sup
x∈X|f(x)|2 = ‖f‖2.
Chiaramente, e(x) = 1, ∀x ∈ X.
Esempio 1.1.10. Sia X uno spazio localmente compatto e sia C0(X) lospazio di Banach di tutte le funzioni complesse e continue che svaniscono al-l'innito. Tale spazio, analogamente all'esempio precedente, è una C∗-algebracommutativa ma stavolta priva di unità, infatti la funzione identicamente 1(unico candidato possibile) non svanisce all'innito.
Esempio 1.1.11. Sia H uno spazio di Hilbert e sia B(H) l'algebra di tuttigli operatori lineari limitati in H. Per ogni operatore A ∈ B(H), sia A∗
l'operatore aggiunto. A questo punto facciamo vedere che l'applicazione ∗ :A→ A∗ è un'involuzione: ∀A,B ∈ B(H)(i) A∗∗ = A è immediata conseguenza della denizione di aggiunto di unoperatore limitato;(ii) (λA+ µB)∗ = λA∗ + µB∗, infatti:
((λA+ µB)x, y) = (λAx, y) + (µBx, y) = λ(Ax, y) + µ(Bx, y)
= λ(x,A∗y) + µ(x,B∗y) = (x, λA∗y) + (x, µB∗y)
= (x, λA∗y + µB∗y) = (x, (λA∗ + µB∗)y).
(iii) (AB)∗ = B∗A∗, infatti:
((AB)x, y) = (Bx,A∗y) = (x,B∗A∗y).
L'involuzione è isometrica, infatti, ∀A ∈ B(H) si ha:
‖A∗x‖2 = (A∗x,A∗x) = (AA∗x, x) ≤ ‖A‖ · ‖A∗‖ · ‖x‖2 ⇒ ‖A∗‖ ≤ ‖A‖.
D'altro canto se nell'espressione precedente (che vale ∀A ∈ B(H)) si sostitui-sce ad A l'aggiunto A∗ di A, utilizzando la proprietà (i) dell'involuzione, siottiene:
‖(A∗)∗‖ ≤ ‖A∗‖ ⇒ ‖A‖ ≤ ‖A∗‖,
e quindi ‖A‖ = ‖A∗‖, ovvero l'involuzione è isometrica. Inoltre tale spazio èuna C∗-algebra non commutativa, infatti:
‖AB‖ ≤ ‖A‖ · ‖B‖ ,∀A,B ∈ B(H),
1.1 Denizioni 4
quindi in particolare
‖A∗A‖ ≤ ‖A∗‖ · ‖A‖ = ‖A‖2 ,∀A ∈ B(H).
Viceversa:
‖Ax‖2 = (Ax,Ax) = (A∗Ax, x) ≤ ‖A∗Ax‖·‖x‖ ≤ ‖A∗A‖·‖x‖2 ⇒ ‖A‖2 ≤ ‖A∗A‖.
Quindi:‖A‖2 = ‖A∗A‖.
Esempio 1.1.12. Sia ∆ il disco aperto di centro l'origine e raggio unitarioe sia A(∆) l'insieme di tutte le funzioni analitiche in ∆ e continue nella suachiusura. Ovviamente A(∆) è sottoalgebra di C(∆).Deniamo un'involuzione ∗ come:
f ∗(x) = f(x) ∀f ∈ A(∆).
Si ha :
‖f‖ = supx∈∆|f(x)| = sup
x∈∆|f(x)| = ‖f ∗‖,
quindi l'involuzione è isometrica.
Il seguente esempio che non tutte le *-algebre di Banach sono C*-algebre.
Esempio 1.1.13. Consideriamo lo spazio di Banach L1(R) di tutte le fun-zioni integrabili secondo Lebesgue sulla retta reale (identichiamo, al solito,le funzioni quasi ovunque uguali) con la norma abituale
‖f‖L1(R) =
∞∫−∞
|f(x)|dx.
Deniamo la moltiplicazione di due funzioni f, g ∈ L1(R) con il loro prodottodi convoluzione:
(f ∗ g)(x) =
∞∫−∞
f(y)g(x− y)dy,
o, equivalentemente con il cambio di variabili z = x− y,
(f ∗ g)(x) =
∞∫−∞
f(x− z)g(z)dz.
1.1 Denizioni 5
A questo punto consideriamo un'involuzione ∗ come segue:
f ∗(x) = f(−x).
Ciò posto verichiamo che si tratta di un'involuzione:(i)
f ∗∗(x) = (f ∗(−x)) = f(x) = f(x)
(ii)
(λf + µg)∗(x) = λf(−x) + µg(−x)
= λf(−x) + µg(−x) = λf ∗(x) + µg∗(x) ;
(iii)
(f ∗ g)∗(x) =
∞∫−∞
f(y)g(−x− y)dy
=
∞∫−∞
f(−x− z)g(z)dz =
∞∫−∞
g(y)f(−x− y)dy
=
∞∫−∞
g(y) · f(−x− y)dy = (g∗ ∗ f ∗)(x).
Facciamo vedere che l'involuzione ∗ è isometrica.
‖f ∗‖L1(R) =
∞∫−∞
|f(−x)|dx =
∞∫−∞
|f(−x)|dx = ‖f‖L1(R).
Si osservi che in generale:
‖f ∗ g‖L1(R) ≤ ‖f‖L1(R) · ‖g‖L1(R).
Tale scrittura rende chiaramente L1(R) algebra normata. Tuttavia L1(R)non è C∗-algebra. Infatti, se scegliamo
f(x) =
x se x ∈ [−1, 1]0 altrove
risulta‖f ∗ ∗ f‖1 = 4
√3− 6 < 1 = ‖f‖2
1.
1.2 Lo spettro e il risolvente 6
Denizione 1.1.14. Sia A una C∗-algebra. Un elemento a ∈ A è dettoautoaggiunto se a = a∗.Se a ∈ A è tale che aa∗ = a∗a allora si dirà normale e, inne, se a ∈ A è taleche aa∗ = a∗a = e, con e unità di A, allora a si dirà unitario.
Osservazione 1.1.15. Sia A una ∗-algebra di Banach. Allora ogni elementoa ∈ A si può pensare come combinazione lineare di due elementi autoaggiunti.Infatti:
a =a+ a∗
2+ i
a− a∗
2i;(
a+ a∗
2
)∗=
(1
2
)(a+ a∗)∗ =
1
2(a∗ + a) =
a+ a∗
2;(
a− a∗
2i
)∗=
(1
2i
)(a− a∗)∗ = − 1
2i(a∗ − a) =
a− a∗
2i.
Viceversa se h = h∗, k = k∗ e a = h+ ik allora a∗ = h∗ − ik∗ = h− ik ossia:
h =a+ a∗
2, k =
a− a∗
2i.
In conclusione la decomposizione a = h + ik con h = h∗ e k = k∗ è unica inA.
1.2 Lo spettro e il risolvente
Denizione 1.2.1. Sia A un'algebra di Banach.Un elemento a ∈ A è detto invertibile in A se esiste b ∈ A tale che ab =ba = e.Denoteremo con a−1 = b l'inverso di a. L'inverso a−1 di un elemento a, seesiste, è univocamente determinato.Indichiamo con GL(A) l' insieme degli elementi invertibili di A, cioè,
GL(A) =a ∈ A : ∃ a−1 ∈ A
.
Denizione 1.2.2. Sia A un'algebra di Banach con unità e. Lo spettro diun elemento a ∈ A è l'insieme di tutti i λ ∈ C tali che λe− a non ammetteinverso in A.Denoteremo con σ(a) lo spettro di a.
Osservazione 1.2.3. In altri termini:
σ(a) = λ ∈ C : λe− a /∈ GL(A) .
1.2 Lo spettro e il risolvente 7
Denizione 1.2.4. Il complementare dello spettro di a in C è detto risolventedi a e si denota con %(a), cioè:
%(a) = C\σ(a) = λ ∈ C : λe− a ∈ GL(A) .
Lemma 1.2.5. Sia A un'algebra di Banach, con unità e, e sia a ∈ A.Se ‖a‖ < 1, allora e− a ∈ GL(A)
Dimostrazione. Poichè ‖an‖ ≤ ‖a‖n e per ipotesi ‖a‖ < 1, allora la se-rie∑∞
n=0 an è convergente nell'algebra di Banach A e quindi converge a un
elemento y di A. Sia y tale elemento. Dalle uguaglianze
e− an+1 = (e− a)
(n∑k=0
ak
)=
(n∑k=0
ak
)(e− a).
tenendo in conto che, per n→∞, an+1 → 0 si deduce che
e = (e− a)y = y(e− a).
Ovviamente y =∑∞
n=0 an è l'inverso di e− a.
Teorema 1.2.6. Sia A un'algebra di Banach.Allora :(i) GL(A) è aperto;(ii) l'applicazione a ∈ GL(A)→ a−1 ∈ GL(A) è continua.
Dimostrazione. (i) Sia a ∈ GL(A). Mostriamo che a + x ∈ GL(A) perqualche x abbastanza piccolo in norma. Si ha:
a+ x = a(e+ a−1x).
Per il Lemma precedente, se ‖a−1x‖ < 1 allora e+a−1x è invertibile e quindia+ x è invertibile. Pertanto, se ‖x‖ < 1
‖a−1‖ allora a+ x ∈ GL(A), o in altritermini a è interno a GL(A) e quindi GL(A) è aperto.(ii) Per dimostrare la continuità dobbiamo far vedere che ∀ε > 0 ∃δ > 0 taleche
‖b− a‖ < δ ⇒ ‖b−1 − a−1‖ < ε ∀a, b ∈ GL(A).
1.2 Lo spettro e il risolvente 8
Siano a, b ∈ GL(A). Supponiamo ‖a−1(a− b)‖ ≤ ‖a−1‖ · ‖a− b‖ < 12. Si ha
allora
‖b−1 − a−1‖ = ‖(e− a−1(a− b))−1a−1 − a−1‖ ≤ ‖a−1‖ · ‖(e− a−1(a− b))−1 − e‖
≤ ‖a−1‖ · ‖∞∑n=0
(a−1(a− b))n − e‖ = ‖a−1‖ · ‖∞∑n=1
(a−1(a− b))n‖
≤ ‖a−1‖ ·∞∑n=1
‖a−1(a− b)‖n.
A questo punto ricordiamo che, se |x| < 1,
∞∑n=1
xn =x
1− x
per ottenere:
‖a−1‖ ·∞∑n=1
‖a−1(a− b)‖n = ‖a−1‖ · ‖a−1(a− b)‖
1− ‖a−1(a− b)‖< 2‖a−1‖2 · ‖a− b‖.
Pertanto se ‖a− b‖ < δ = min
12‖a−1‖ ,
ε2‖a−1‖2
si ha:
‖b−1 − a−1‖ < 2‖a−1‖2‖a− b‖ < ε.
Ciò conclude la dimostrazione.
Osservazione 1.2.7. Una dimostrazione analoga alla precedente ma piùrapida è la seguente. Siano a, b ∈ GL(A), allora:
‖a−1 − b−1‖ = ‖b−1(b− a)a−1‖ = ‖(b−1 − a−1)(b− a)a−1 + a−1(b− a)a−1)‖
≤ ‖b−1 − a−1‖ · ‖b− a‖ · ‖a−1‖+ ‖b− a‖ · ‖a−1‖2.
Quindi:
‖a−1 − b−1‖(1− ‖b− a‖ · ‖a−1‖) ≤ ‖b− a‖ · ‖a−1‖2.
Se ‖b − a‖ è abbastanza piccolo da far sì che (1 − ‖b − a‖ · ‖a−1‖) > 12, è
chiaro che ‖a−1 − b−1‖ si può rendere arbitrariamente piccolo.
Teorema 1.2.8. Sia A un'algebra di Banach. Lo spettro σ(a) ⊂ C di ognielemento a ∈ A è non vuoto e compatto.
1.2 Lo spettro e il risolvente 9
Dimostrazione. Mostriamo che σ(a) è limitato. Infatti, se fosse |λ| > ‖a‖con λ ∈ σ(a) ⇒ ‖λ−1a‖ < 1 ⇒ λe − a = λ(e − λ−1a) ammette inverso⇒ λ ∈ %(a) che è assurdo visto che eravamo partiti da λ ∈ σ(a). Pertantoσ(a) ⊂ λ ∈ C : |λ| ≤ ‖a‖. Quindi σ(a) è un insieme limitato in quantocontenuto nel disco di centro l'origine e raggio ‖a‖.Mostriamo che σ(a) è chiuso, ossia che %(a) è aperto.Infatti, sia g : C→ A l'applicazione denita da g(λ) = λe−a. L'applicazioneg è ovviamente continua e inoltre si ha:
g−1(GL(A)) = λ ∈ C : λe− a ∈ GL(A) = %(a).
Poiché GL(A) è aperto, per la (i) del Teorema 1.2.6, e g è continua, %(a) èaperto in quanto controimmagine di un aperto. Dunque, σ(a) è chiuso.Mostriamo che σ(a) 6= ∅. Siano λ, µ ∈ %(a). Si ha:
(λe− a)−1 − (µe− a)−1 = (µ− λ)(λe− a)−1(µe− a)−1.
Infatti,
(λe−a)−1−(µe−a)−1 = (λe−a)−1·(µe−a)−1·(µe−a)−(µe−a)−1·(λe−a)−1·(λe−a) =
= (µ− λ)(µe− a)−1(λe− a)−1.
Tale relazione viene denominata identità del risolvente.Allora:
limλ→µ
(λe− a)−1 − (µe− a)−1
λ− µ= − lim
λ→µ(λe− a)−1(µe− a)−1 = −(µe− a)−2.
Pertanto f : µ→ (µe− a)−1 è olomorfa.Supponiamo che σ(a) = ∅. Allora f è olomorfa sull'ntero piano complessoC. Per il teorema di Hahn-Banach esiste φ funzionale lineare continuo su Atale che φ(a−1) = 1.Sia f(λ) = φ((λe− a)−1). Allora
f ′(λ) = limλ→µ
φ((λe− a)−1 − (µe− a)−1
λ− µ) = −φ((µe− a)−2).
Quindi f(λ) è olomorfa in C. Inoltre,
lim|λ|→∞
|f(λ)| = lim|λ|→∞
1
|λ|φ(e− a
λ
)−1
= 0.
Poichè lim|λ|→∞ |f(λ)| = 0 ⇒ f(λ) è limitato e visto che f(λ) è olomorfaallora per il teorema di Liouville f è costante e dunque f(λ) = 0, ∀λ ∈ C.In particolare f(0) = 0, ma
f(0) = φ(a−1) = 1
e quindi siamo giunti a una contraddizione. In conclusione σ(a) 6= ∅.
1.2 Lo spettro e il risolvente 10
Osservazione 1.2.9. Abbiamo mostrato a suo tempo che se H è uno spaziodi Hilbert allora B(H) è una C*-algebra. Allora per il teorema precedente∀A ∈ B(H) si ha:
∅ 6= σ(A) ⊆ λ ∈ C : |λ| ≤ ‖A‖ .
Una conseguenza immediata del fatto che lo spettro di un elemento diun'algebra di Banach non è mai vuoto è il seguente:
Teorema 1.2.10. (Gelfand-Mazur) Sia A un'algebra di Banach e sia GL(A) =A \ 0. Allora A è isomorfa all'algebra C dei numeri complessi.
Dimostrazione. Sia a ∈ A ⇒ σ(a) 6= ∅ ⇒ ∃λ ∈ C tale che λe−a /∈ GL(A)⇒λe− a = 0⇒ a = λe.
Esempio 1.2.11. Consideriamo l'algebra di Banach C([a, b]) delle funzionicontinue in [a, b] con la norma ‖f‖∞ = supx∈[a,b] |f(x)|. Sia f ∈ C([a, b]) ecalcoliamo σ(f):
%(f) =λ ∈ C : (f(x)− λ)−1 ∈ C([a, b])
.
Ma (f(x) − λ)−1 ∈ C([a, b]) quando λ 6= f(x) ∀x ∈ [a, b]. Poiché σ(f) =C\%(f), allora σ(f) = f([a, b]). Si osservi che la funzione manda compatti incompatti e ciò implica che σ(f) è un compatto non vuoto.
Esempio 1.2.12. Sia E misurabile, m(E) > 0. Consideriamo l'algebra diBanach L∞(E), com m(E) <∞, e sia f ∈ L∞(E). Calcoliamo σ(f):
%(f) =λ ∈ C : (f(x)− λ)−1 ∈ L∞(E)
.
Proveremo che
σ(f) = Imess(f) = λ ∈ C : ∀ε > 0,m x ∈ E : |f(x)− λ| < ε , > 0 .
Infatti, se λ ∈ %(f), allora (f − λ)−1 ∈ L∞(E). Esiste quindi M > 0 tale chemx ∈ E : |f(x)− λ|−1 > M = 0. Quindi mx ∈ E : |f(x)− λ| < 1
M = 0
e, perciò, λ 6∈ Imess(f).
Viceversa, se λ 6∈ Imess(f), esiste ε0 > 0 tale che mx ∈ E : |f(x)− λ| <ε0 = 0. Questo implivca che |f(x) − λ| ≥ ε0 per quasi ogni x ∈ E, quindila funzione reciproca esiste quasi ovunque e, poiché |f(x) − λ|−1 ≤ 1
ε0q.o.,
(f(x)− λ)−1 ∈ L∞(E).
1.2 Lo spettro e il risolvente 11
Esempio 1.2.13. Sia H spazio di Hilbert e B(H) l'algebra di Banach deglioperatori limitati su H. Indichiamo con I l'operatore identità di H. Sia Pun proiettore non nullo, cioè un operatore limitato tale che P = P ∗ = P 2.Determiniamo σ(P ). Se P = I si ha
%(I) =λ ∈ C : (I − λI)−1 ∈ B(H)
.
Ma (I − λ)−1 = (1 − λ)−1I ∈ B(H) se e soltanto se λ 6= 1. Poichè σ(I) =C\%(I), σ(I) = 1.
Se P 6= I, cerchiamo i valori di λ ∈ C tali che (λI − P )−1 esiste in B(H).Supponiamo che (λI − P )−1 abbia la forma (λI − P )−1 = αI + βP . Da(λI − P )(αI + βP ) si ricava facilmente che α = 1
λe β = 1
1−λ . Deve quindiessere λ 6∈ 0, 1. In conclusione, σ(P ) = 0, 1. Notiamo che l'ipotesi(λI − P )−1 = αI + βP non è restrittiva: l'inverso, infatti, se esiste, è unico.Noi quindi abbiamo trovato l'unica possibile soluzione.
Denizione 1.2.14. Sia a ∈ A. Il numero
r(a) = sup |λ| : λ ∈ σ(a)
è detto raggio spettrale di a.
Teorema 1.2.15. (Spectral radius formula) Sia A un'algebra di Banach esia a ∈ A. Allora
r(a) = sup |λ| : λ ∈ σ(a) = infn‖an‖
1n = lim
n→∞‖an‖
1n
Dimostrazione. Sia ν = infn ‖an‖1n ⇒ ∀ε > 0 ∃m ∈ N tale che ‖am‖ 1
m <ν + ε.Sia n > m ⇒ n = pm+ q, 0 ≤ q ≤ m− 1 ⇒ 1 = pm
n+ q
n⇒ limn→∞
pmn
= 1.
‖an‖1n = ‖apm+q‖
1n ≤ ‖am‖
pn · ‖a‖
qn < (ν + ε)
pmn · ‖a‖
qn → ν + ε.
Dunque,lim supn→∞
‖an‖1n < ν + ε
ed, inne, per l'arbitrarietà di ε,
lim supn→∞
‖an‖1n ≤ ν.
D'altra parte, ν ≤ ‖an‖ 1n , per ogni n ∈ N e dunque,
ν ≤ limn→∞
inf ‖an‖1n ≤ lim
n→∞sup ‖an‖
1n ≤ ν ⇒
1.2 Lo spettro e il risolvente 12
ν = limn→∞
‖an‖1n .
Resta da provare che ν è esattamente il raggio spettrale r(a) di a. Siaλ ∈ %(a)⇒ (a− λe)−1 ammette sviluppo in serie di Laurent.
(a− λe)−1 = −∞∑n=0
an
λn+1(Serie di Neumann).
Quindi il raggio di convergenza è:
R = lim supn→∞
‖an‖1n = ν
La serie non converge per |λ| < R e converge per |λ| > R. Quindi r(a) ≤ R.Ciò posto dimostriamo l'uguaglianza mostrando che r(a) < R implica unassurdo. Se fosse r(a) < R allora ∃η ∈ C tale che
r(a) < |η| < R.
Questo implica che η ∈ %(a). Allora si può scrivere:
(a− ηe)−1 = −∞∑n=0
an
ηn+1.
Quindi la serie di Neumann converge in un punto il cui modulo è più piccolodel raggio di convergenza R e ciò è un assurdo. Pertanto r(a) = R = ν.
Osservazione 1.2.16. Dalla formula del raggio spettrale e dalla sottomolti-plicatività della norma dell'algebra di Banach A segue immediatamente che,se a ∈ A,
r(a) = limn→∞
‖an‖1n ≤ lim
n→∞(‖a‖n)
1n = ‖a‖.
Teorema 1.2.17. Sia A una C∗-algebra con unità e sia a ∈ A. Allora:
(i) σ(a) = σ(a∗);
(ii) se a è normale, cioè se a∗a = aa∗, allora r(a) = ‖a‖;
(iii) se a è unitario, cioè se a∗a = aa∗ = e, allora |λ| = 1 ∀λ ∈ σ(a).
Dimostrazione. (i):Poiché e = e∗ allora xy = yx = e ⇔ y∗x∗ = x∗y∗ = e.Quindi (λe − a) è invertibile ⇔ (λe − a)∗ = (λe − a∗) è invertibile e quindiσ(a) = σ(a∗).
1.2 Lo spettro e il risolvente 13
(ii): Se x = x∗ allora per la C∗-condition si ha ‖x2‖ = ‖x‖2. Iterando siha ‖x2m‖ = ‖x‖2m . Quindi
‖x‖ = limm→∞
‖x2m‖1
2m = r(x).
Sia a normale, allora applicando l'uguaglianza precedente (con x = a∗a) siha:
‖a‖2 = ‖a∗a‖ = r(a∗a) = limn→∞
‖(a∗a)n‖1n
≤ limn→∞
‖(a∗)n‖1n · ‖an‖
1n = (r(a))2 ≤ ‖a‖2.
(iii): Per la C∗-condition si ha: ‖a‖2 = ‖aa∗‖ = ‖e‖ = 1. Sia λ ∈ σ(a),allora |λ| ≤ ‖a‖ = 1. Ma anche a∗ è unitario allora |λ−1| ∈ σ(a∗) quindi|λ−1| ≤ 1. Pertanto |λ| = 1.
Osservazione 1.2.18. Sia H è uno spazio di Hilbert e B(H) l'insieme deglioperatori limitati in H. E' noto che B(H), ossia lo spazio degli operatorilimitati in uno spazio di Hilbert H, è una C∗-algebra. Allora per il teoremaprecedente ∀A ∈ B(H) si ha:
σ(A) = sup |λ| : λ ∈ σ(A) = limn→∞
‖An‖1n .
Dalla dimostrazione del corollario precedente si ottiene facilmente che seA ∈ B(H) è un operatore simmetrico, ossia A = A∗, allora: r(A) = ‖A‖.
Esempio 1.2.19. Nello spazio di Banach C([0, 1])[‖ · ‖∞] consideriamol'operatore lineare denito da
(Tf)(x) =
x∫0
f(y)dy ∈ C([0, 1]).
È facile vericare che T è limitato. Vogliamo calcolare il raggio spettrale diT , come elemento dell'algebra di Banach B(C([0, 1])) degli operatori limitatiin C([0, 1]). Per denizione
r(T ) = limn→∞
‖T nf‖1n .
Dimostriamo che
(T n+1f)(x) =1
n!
x∫0
(x− y)nf(y)dy , ∀n ∈ N.
1.2 Lo spettro e il risolvente 14
La dimostrazione è per induzione su n. Per n = 0 è ovvio. Facciamo vedereche se vale per n allora vale per n+ 1:
(T n+1f)(x) = (T (T nf))(x) =
x∫0
(T nf)(y)dy =1
(n− 1)!
x∫0
y∫0
(y−z)n−1f(z)dzdy.
Si ha 0 ≤ z ≤ y ≤ x e quindi cambiando l'ordine di integrazione otteniamo:
1
(n− 1)!
x∫0
f(z)
x∫z
(y − z)n−1dy
dz =1
(n− 1)!· 1
n
x∫0
(x− z)nf(z)dz.
Ciò posto, osserviamo:
|(T nf)(x)| = 1
n− 1!
∣∣∣∣∣∣x∫
0
(x− y)n−1f(y)dy
∣∣∣∣∣∣ ≤ 1
n− 1!
x∫0
(x− y)n−1|f(y)|dy ≤
≤ 1
n− 1!‖f‖∞
x∫0
(x− y)n−1dy =1
n!‖f‖∞ · xn.
Quindi:
‖(T nf)(x)‖∞ ≤1
n!‖f‖∞ · 1⇒ ‖T n‖ ≤
1
n!.
Mar(T ) = lim
n→∞‖T n‖
1n ≤
≤ limn→∞
(1
n!)
1n = 0.
Quindi r(T ) = 0 (in questo caso, si dice che T è nilpotente generalizzato)e dunque σ(T ) = 0. È immediato vericare che 0 non è un autovalore diT . Come applicazione lineare T ammette inverso, che però non è ovunquedenito, nè limitato: in altre parole T−1 6∈ B(C([0, 1])).
Consideriamo lo spettro rispetto a sottoalgebre di un'algebra di Banach.Sia A un'algebra di Banach. Perché una sottoalgebra B di A sia un'algebradi Banach essa deve essere completa. Dato che A è completa, questo èequivalente richiedere che B sia chiusa.Denotiamo con ∂X = X ∩Xc la frontiera di un insieme X.
Teorema 1.2.20. Sia B una sottoalgebra chiusa di A contenente l'unità diA. Allora
∂σB(b) ⊆ σA(b) ⊆ σB(b), ∀b ∈ B
1.2 Lo spettro e il risolvente 15
Dimostrazione. Se b ∈ B e λe − b non ammette inverso in A allora nonammette inverso in B. Pertanto σA(b) ⊆ σB(b).Sia λ ∈ ∂σB(b) = σB(b)∩%B(b) = σB(b)∩%B(b). Allora esiste una successioneλn ⊂ ρB(b) tale che λn → λ ∈ σB(b).Se λ /∈ σA(b)⇒ (λe− b)−1 esiste in A ⇒ per la continuità dell'inversione siha che la successione (λne− b)−1 → (λe − b)−1 ∈ A. Ma (λne− b)−1 èsuccessione di Cauchy in B e quindi converge in B allo stesso limite,(λe− b)−1, contraddicendo l'ipotesi che λ ∈ σB(b).
Corollario 1.2.21. Se b ∈ B e σB(b) ha parte interna vuota allora
σA(b) = σB(b).
Dimostrazione. Se σB(b) ha parte interna vuota allora ∂σB(b) = σB(b).
Teorema 1.2.22. Sia A un'algebra di Banach con unità e. Allora:
σ(αe+ βa) = α + βλ : λ ∈ σ(a) ∀α, β ∈ C,
er(αe+ βa) = sup|α + βλ|;λ ∈ σ(a).
Dimostrazione. Se β = 0 non c'è nulla da provare. Supponiamo quindi β 6= 0.z ∈ σ(αe + βa) ⇔ αe + βa − ze non è invertibil e⇔ βa − (z − α)e non èinvertibile ⇔ z − α ∈ σ(βa), ossia:
z − αβ
= λ ∈ σ(a).
Allora z = α + βλ con λ ∈ σ(a).
Corollario 1.2.23. Sia A una C∗-algebra con unità e. Se a ∈ A è autoag-giunto allora σ(a) ⊂ R.
Dimostrazione. Per ipotesi a = a∗. Mostriamo che se λ = α + iβ , α, β ∈ Rcon β 6= 0 allora λ ∈ %(a) o in altri termini λe− a ammette inverso in A. Siha:
(α + iβ)e− a = β
(αe− aβ
+ ie
).
Poichè a = a∗ allora l'elemento x = αe−aβ
è autoaggiunto. Mostriamo quindiche x+ ie ammette inverso per ogni x autoaggiunto. Se così non fosse allora−i ∈ σ(x) e quindi, per ogni η ∈ R, si ha:
η + 1 ∈ η + ih : h ∈ σ(x) = σ(ηe+ ix).
1.2 Lo spettro e il risolvente 16
Per il Teorema 1.2.15 (Spectral radius formula) si ha |η + 1| ≤ ‖ηe + ix‖.D'altro canto:
(η + 1)2 ≤ ‖ηe+ ix‖2 = ‖(ηe+ ix)∗(ηe+ ix)‖ = ‖η2e+ x2‖ ≤ η2 + ‖x‖2.
Quindi (η + 1)2 = η2 + 1 + 2η ≤ η2 + ‖x‖2 implica che 1 + 2η ≤ ‖x‖2, perogni η ∈ R e ciò è assurdo. Pertanto −i /∈ σ(x). In conclusione lo spettro diogni elemento autoaggiunto è reale.
Il seguente risultato stabilisce, in una C*-algebra, l'invarianza dello spet-tro rispetto a C*-sottoalgebre.
Teorema 1.2.24. Sia A una C*-algebra con unità e B una sua C*-sottoalgebracon la stessa unità. Per ogni b ∈ B, σA(b) = σB(b)
Dimostrazione. Mostreremo che se a ∈ A è un elemento invertibile di A,allora a−1 ∈M(e, a, a∗), la C*-sottoalgebra generata da a.
Proviamo, prima di tutto, che se λ ∈ ρ(a) allora
σA((a− λe)−1) =
1
µ− λ; µ ∈ σA(a)
.
Sia z ∈ σ((a− λe)−1), quindi z 6= 0, perché (a− λe)−1 è invertibile. Si ha:
z ∈ σ((a− λe)−1)⇔ ze− (a− λe)−1) 6∈ GL(A)
⇔ z(a− λe)(a− λe)−1)− (a− λe)−1) 6∈ GL(A)
⇔ z(a− λe)− e 6∈ GL(A).
Questo accade se e solo se zλ+1z∈ σ(a) cioè se e solo se z = 1
µ−λ con µ ∈ σ(a).
Sia λ ∈ ρ(a) \ 0. Allora (a− λe)−1 =∑∞
n=0an
λn+1 se |λ| > ‖a‖. Quindi,per questi valori di λ, (a− λe)−1 ∈M(e, a, a∗).
Se a = a∗, per ogni ε > 0, iε ∈ ρ(a). In particolare, supponiamo ε > ‖a‖,cosicché (a− iε)−1 ∈M(e, a, a∗). Sviluppiamo la funzione λ→ (a−λe)−1 inserie di Taylor intorno a iε.
(a− λe)−1 =∞∑n=0
(λ− iε)n(a− iεe)−(n+1). (1.1)
Determiniamo il raggio di convergenza
1
R= lim sup
n→∞
n
√‖(a− iεe)−(n+1)‖ ≤ ‖(a− iεe)−1‖.
1.3 Algebre senza unità 17
‖(a− iεe)−1‖ = r((a− iεe)−1)
= sup
∣∣∣∣ 1
µ− iε
∣∣∣∣ , µ ∈ σ(a)
= sup
1√
µ2 + ε2, µ ∈ σ(a)
<
1
ε.
(il < stretto è dovuto al fatto che 0 6∈ σ(a)). In conclusione, R > ε. Quindila serie (1.1) converge anche in λ = 0. Dunque, se a = a∗, a−1 ∈M(e, a)
Se a 6= a∗, per il risultato precedente (a∗a)−1 ∈ M(e, a∗a) ⊂M(e, a, a∗).L'elemento x = (a∗a)−1a∗ = a−1 ∈M(e, a, a∗).
1.3 Algebre senza unità
Sia A un'algebra senza unità, allora è possibile costruire un algebra Aecon unità e tale che A ne sia un ideale. La costruzione dal punto di vistaalgebrico è semplice. Infatti Ae si costruisce come somma diretta di A e C,ossia:
Ae = A⊕ C.
La moltiplicazione in Ae è denita come:
(a, λ) · (b, µ) = (ab+ λb+ µa, λµ),
mentre l'addizione come:
(a, λ) + (b, µ) = (a+ b, λ+ µ).
Ovviamente A coincide con l'insieme (a, 0) : a ∈ A. L'elemento (0, 1) =e ∈ Ae è l'unità di Ae, infatti,
(a, λ) · (0, 1) = (0, 1) · (a, λ) = (a, λ).
Deniamo la norma in Ae:
‖(a, λ)‖ = ‖a‖+ |λ|.
Mostriamo che eettivamente si tratta di una norma:(i) ‖(a, λ)‖ = ‖a‖+ |λ| ≥ 0 ,∀(a, λ) ∈ Ae;(ii) ‖(a, λ)‖ = ‖a‖+ |λ| = 0⇔ a = 0 e λ = 0, ossia (a, λ) = (0, 0);(iii)
‖α(a, λ)‖ = ‖(αa, αλ)‖ = ‖αa‖+ |αλ| =
1.3 Algebre senza unità 18
|α| · ‖a‖+ |α| · |λ| = |α| · (‖a‖+ |λ|) = |α| · ‖(a, λ)‖ ,∀α ∈ C ,∀(a, λ) ∈ Ae;
(iv)‖(a, λ) + (b, µ)‖ = ‖(a+ b, λ+ µ)‖ = ‖a+ b‖+ |λ+ µ| ≤
≤ ‖a‖+ |λ|+ ‖b‖+ |µ| = ‖(a, λ)‖+ ‖(b, µ)‖ ,∀(a, λ), (b, µ) ∈ Ae.
Facciamo vedere che con questa norma Ae è algebra normata.Siano (a, λ), (b, µ) ∈ Ae allora si ha:
‖(a, λ)(b, µ)‖ = ‖(ab+ aµ+ bλ, λµ)‖ = ‖ab+ aµ+ bλ‖+ |λµ| ≤
≤ ‖ab‖+ ‖aµ‖+ ‖bλ‖+ |λµ| = ‖a‖ · ‖b‖+ |µ| · ‖a‖+ |λ| · ‖b‖+ |λ| · |µ| =
= (‖a‖+ |λ|)(‖b‖+ |µ|) = ‖(a, λ)‖ · ‖(b, µ)‖.
Il modo di denire una norma ovviamente non è unico e come abbiamo vistocon questa norma Ae diventa algebra di Banach. Tuttavia tale norma nonrende Ae una C∗ -algebra. Per rendere Ae una C∗-algebra bisogna denirela norma nel modo seguente:
‖(a, λ)‖e = sup‖x‖≤1
‖ax+ λx‖.
Proviamo che si tratta eettivamente di una norma:(i) ‖(a, λ)‖e = sup‖x‖≤1 ‖ax+ λx‖ ≥ 0 ,∀(a, λ) ∈ Ae;(ii) ‖(a, λ)‖e = sup‖x‖≤1 ‖ax+λx‖ = 0⇔ a = 0 e λ = 0, ossia (a, λ) = (0, 0);(iii)
‖α(a, λ)‖e = ‖(αa, αλ)‖e = sup‖x‖≤1
‖α(ax+ λx)‖
= |α| sup‖x‖≤1
‖ax+ λx‖ = |α| · ‖(a, λ)‖e ,∀α ∈ C ,∀(a, λ) ∈ Ae;
(iv)
‖(a, λ) + (b, µ)‖e = ‖(a+ b, λ+ µ)‖e = sup‖x‖≤1
‖(a+ b)x+ (λ+ µ)x‖
≤ sup‖x‖≤1
(‖ax+ λx‖ · ‖bx+ µx‖) ≤ sup‖x‖≤1
‖ax+ λx‖ · sup‖x‖≤1
‖bx+ µx‖
= ‖(a, λ)‖e · ‖(b, µ)‖e ,∀(a, λ), (b, µ) ∈ Ae.
1.3 Algebre senza unità 19
Proviamo la C∗-condition per ogni (a, λ) ∈ Ae:
‖(a, λ)‖2 = sup‖x‖≤1
‖ax+ λx‖2 = sup‖x‖≤1
‖(x∗a∗ + λx∗)(ax+ λx)‖
= sup‖x‖≤1
‖x∗(a∗ax+ λa∗x+ λax+ |λ|2x)‖
≤ sup‖x‖≤1
‖a∗ax+ λa∗x+ λax+ |λ|2x‖
= ‖(a∗a+ λa∗ + λa, |λ|2)‖e= ‖(a, λ)∗(a, λ)‖e.
Esempio 1.3.1. Sia H spazio di Hilbert e sia K(H) lo spazio degli operatoricompatti in H. K(H) in quanto ∗-ideale chiuso di B(H) è algebra di Banach.In particolare K(H) è algebra di Banach senza unità poichè se dimH =∞,allora l'operatore I, identità di H, non è un operatore compatto.
Esempio 1.3.2. Sia C0(R) =f continua in R : lim|x|→∞ |f(x)| = 0
, ovve-
ro lo spazio di Banach di tutte le funzioni complesse e continue che svanisconoall'innito. Come già osservato tale spazio è privo di unità, infatti la funzioneidenticamente uguale a 1 non svanisce all'innito.
Capitolo 2
Algebre commutative
2.1 Denizioni e teoremi di base
Sia X uno spazio lineare e sia Y un sottospazio di X. Deniamo in X larelazione di equivalenza ∼ nel modo seguente:
x1 ∼ x2 ⇔ x1 − x2 ∈ Y.
Denotiamo con [x] la classe di equivalenza di x. Dotiamo lo spazio quozienteX/Y delle operazioni di addizione e moltiplicazione denite nel modo usuale,ossia ∀ [x1], [x2] ∈ X/Y :
[x1] + [x2] = [x1 + x2]
e[x1] · [x2] = [x1 · x2].
Se in particolare X è spazio di Banach e Y ⊂ X è chiuso allora
‖[x]‖ = infy∈Y‖x+ y‖
rende X/Y spazio di Banach.
Osservazione 2.1.1.
‖[x]‖ = infy∈Y‖x+ y‖
è una norma, infatti:(i) ‖[x]‖ = infy∈Y ‖x+ y‖ ≥ 0 ∀[x] ∈ X/Y.
20
2.1 Denizioni e teoremi di base 21
(ii) ‖[x]‖ = infy∈Y ‖x+ y‖ = 0⇒ ∀ε > 0∃ y ∈ Y tale che ‖x+ y‖ < ε⇒ x ∈Y (chiuso)⇒ [x] = 0.
(iii) Sia λ ∈ C. Allora:
‖[λx]‖ = infy∈Y‖λx+ y‖ = inf
y∈Y|λ| · ‖x+ y‖ =
|λ| infy∈Y‖x+ y‖ = λ[x].
(iv)
‖[x1] · [x2]‖ = infy∈Y‖x1x2 + y‖ ≤ inf
y1,y2∈Y‖x1x2 + x1y2 + x2y1 + y1y2‖ ≤
infy1,y2∈Y
(‖x1 + y1‖ · ‖x2 + y2‖) ≤ ( infy1∈Y‖x1 + y1‖)( inf
y2∈Y‖x2 + y2‖) =
= ‖[x1]‖ · ‖[x2]‖.
Un'algebra in cui ci siano elementi non invertibili possiede delle notevolisottoalgebre: gli ideali.
Denizione 2.1.2. Un ideale sinistro di un'algebra di Banach A è unsottospazio vettoriale I di A tale che
ax ∈ I ∀x ∈ I,∀a ∈ A.
Un ideale destro di un'algebra di Banach A è un sottospazio vettoriale I diA tale che
xa ∈ I ∀x ∈ I,∀a ∈ A.
Un ideale è detto bilatero o semplicemente ideale se è ideale destro e sinistro.
Osservazione 2.1.3. Ogni ideale è una sottoalgebra ma il viceversa è falso,in generale.
Esempio 2.1.4. Sia H spazio di Hilbert e sia F (H) ⊂ B(H) l'insieme deglioperatori limitati di rango nito di H (un operatore A ∈ B(H) è detto dirango finito se dim(A(H)) <∞). Ciò posto si ha:
A ∈ F (H)⇒ A∗ ∈ F (H) ,∀A ∈ F (H);
∀B ∈ B(H), ∀A ∈ F (H)⇒ AB e BA ∈ F (H).
Pertanto F (H) è ∗-ideale di B(H).
2.1 Denizioni e teoremi di base 22
Esempio 2.1.5. Sia H spazio di Hilbert separabile con en base ortonor-male e sia A ∈ B(H). Poniamo:
‖A‖2 = (∞∑n=1
‖Aen‖)12 .
A questo punto consideriamo:
τ2 = A ∈ B(H) : ‖A‖2 <∞ .
Si dimostra che τ2 è ∗-ideale di B(H).
Se un'algebra di Banach A ha unità e ovviamente nessun ideale (nonbanale, cioè non uguale a A) può contenerla e, viceversa, un ideale nonbanale ha intersezione vuota con l'insieme GL(A) degli elementi invertibilidi A.
Denizione 2.1.6. Un'algebra di Banach A priva di ideali bilateri nonbanali si dice semplice.
Esempio 2.1.7. C è semplice.
Esempio 2.1.8. Le algebre (di dimensione nita) Mn(C) sono algebre sem-plici.
Esempio 2.1.9. Il teorema di Gelfand-Mazur implica che un'algebra sem-plice commutativa (con unità) è isomorfa a C.
Denizione 2.1.10. Un ideale di un'algebra di BanachA è dettomassimalese è un ideale proprio che non è contenuto in nessun altro ideale proprio.
Proposizione 2.1.11. Valgono le seguenti aermazioni.
(1) Un elemento a ∈ A appartiene ad un ideale proprio se, e soltanto se,non è invertibile.
(2) La chiusura di un ideale proprio è un ideale proprio.
(3) Ogni ideale massimale è chiuso.
(4) Ogni ideale proprio è contenuto in un ideale massimale.
(5) Ogni ideale massimale ha codimensione 1 in A.
2.2 Omomorsmi e caratteri 23
Dimostrazione. Proveremo solo la (2) e la (5).
(2): Sia I ideale proprio di A. La continuità delle operazioni algebrichemostra che la chiusura dell'ideale, I, è un ideale. Infatti, se xn ⊂ Iconverge a y ∈ I allora, per ogni a ∈ A la axn ⊂ I converge (per continuitàdel prodotto) a ay ∈ I. Poichè un ideale proprio non contiene elementiinvertibili, I ⊂ A \GL(A). Quindi, tenuto conto del fatto che A \GL(A) èchiuso, si ha I ⊂ A \GL(A), di conseguenza, I è un ideale proprio.
(5): Ogni elemento non nullo di A/I è invertibile. Infatti, se un elementoa+ I 6= 0 non fosse invertibile, esisterebbe un ideale proprio J di A tale cheJ /I è un ideale proprio di A/I contenente a+I. Ma allora J ⊃ I, violandola massimalità di I. A/I è dunque un'algebra di Banach in cui ogni elementonon nullo è invertibile. Per il teorema di Gelfand-Mazur A/I ' C.
Esempio 2.1.12. Sia H spazio di Hilbert. E' noto che l'insieme degli ope-ratori compatti K(H) ∈ B(H) è ∗-ideale di B(H). In particolare osserviamoche lo spazio degli operatori limitati e compatti è dato dalla chiusura dellospazio degli operatori di rango nito F (H). Poichè F (H) è ∗-ideale propriodi B(H), per la proposizione precedente K(H) è ∗-ideale proprio di B(H).
Se A è un'algebra e I ⊂ A allora
[a] · [b] = [a · b]
è ben denita se e solo se I è un ideale. Nal caso in cui A è algebra diBanach e I è un ideale chiuso di A, allora A/I è un'algebra di Banach. Inparticolare se A è una C∗-algebra allora si dimostra che A/I è C∗-algebra.
2.2 Omomorsmi e caratteri
Denizione 2.2.1. Se A e B sono algebre, un omomorsmo φ : A →B è un'applicazione che preserva la struttura algebrica, in particolare deveaccadere che
φ(ab) = φ(a)φ(b) ∀a ∈ A ∀b ∈ B.
Se A e B sono ∗-algebre e φ è un omomorsmo che preserva l'involuzione(cioè φ(a∗) = φ(a)∗, per ogni a ∈ A, allora φ è detto uno ∗-omomorsmo.
Il nucleo ker φ di un omomorsmo φ è l'insieme degli elementi di A lacui immagine mediante φ è zero e l'immagine o range di A è l'insieme degli
2.2 Omomorsmi e caratteri 24
elementi di B che siano immagine, mediante φ di un elemento di A. Unomomorsmo si dice isomorsmo se è biunivoco.
Gli omomorsmi di A in C sono i funzionali lineari moltiplicativi su A.Proposizione 2.2.2. Sia A un'algebra di Banach con unità e e sia φ : A →C un funzionale moltiplicativo non nullo. Allora φ(e) = 1 .
Dimostrazione. Basta osservare che:
∀a ∈ A, φ(a) = φ(ea) = φ(e)φ(a)⇒ φ(e) = 1.
E' semplice notare che se A ha unità e allora φ(e) agisce come unitànell'immagine di A rispetto a φ, ma non coincide necessariamente con l'unitàe′ di B.
Denizione 2.2.3. Un omomorfismo φ : A → B è detto continuo se ∃c > 0tale che ‖φ(a)‖B ≤ c‖a‖A.Teorema 2.2.4. Siano A e B C∗-algebre con unità e sia φ : A → B uno∗-omomorsmo. Allora
‖φ(a)‖B ≤ ‖a‖A ∀a ∈ A.
In particolare, φ è continuo.
Dimostrazione. Cominciamo con il supporre che l'immagine φ(e) dell'unità edi A sia l'unità e′ di B. Se a ammette inverso in A, allora φ(a−1) è l'inversodi φ(a) in B. Quindi, se λe− a ammette inverso in A, φ(λe− a) ammetteràinverso in B e, pertanto, %A(a) ⊆ %B(φ(a)) ∀a ∈ A. Quindi:
rB(φ(a)) ≤ rA(a) ≤ ‖a‖. (2.1)
Ma B è C∗-algebra e quindi:
‖φ(a)‖2 = ‖φ(a∗)φ(a)‖ = ‖φ(a∗a)‖.
Poichè φ(a∗a) è autoaggiunto in B, allora
‖φ(a)‖2 = rB(φ(a∗a)).
Ciò posto, sostituendo nella (2.1) a con a∗a si ha:
‖φ(a)‖2 = rB(φ(a∗a)) ≤ ‖a∗a‖ = ‖a‖2.
Se, inne, φ(e) 6= e′ si pu'ò applicare il caso precedente sostiuendo a B laC*-algebra pBp con p = φ(e), in cui p è l'unità. Si lascia al lettore la vericadei dettagli. (Notiamo che p = p∗ = p2: si tratta cioè di un proiettore).
2.2 Omomorsmi e caratteri 25
Osservazione 2.2.5. Se φ è un omomorsmo, kerφ è un ideale di A, infatti∀a ∈ A e ∀x ∈ kerφ si ha:
φ(ax) = φ(a)φ(x) = 0⇒ ax ∈ kerφ.
Osservazione 2.2.6. Se φ è continuo, allora kerφ è chiuso.Infatti sia xn ∈ kerφ tale che xn → x.
‖φ(xn)− φ(x)‖ = ‖φ(xn − x)‖ ≤ c‖xn − x‖ ⇒ φ(x) = limnφ(xn) = 0.
Denizione 2.2.7. Sia A un'algebra di Banach commutativa. Un caratteredi A è un funzionale lineare moltiplicativo non nullo su A, ossia un omomor-smo non nullo φ : A→ C.
Denizione 2.2.8. Indichiamo con ∆(A) (o, semplicemente, con ∆, se nonci sarà pericolo di confusione) l'insieme dei caratteri di A
Esempio 2.2.9. Sia A = C([0, 1]) , x0 ∈ [0, 1] allora φ(f) = f(x0) è uncarattere. Infatti:
φ(fg) = (fg)(x0) = f(x0)g(x0) = φ(f)φ(g).
Lemma 2.2.10. Sia A un'algebra di Banach commutativa con unità e. Al-lora:(i) Ogni ideale massimale di A è il nucleo di un carattere;(ii) Se φ ∈ ∆ ⇒ kerφ è ideale massimale;(iii) x ∈ GL(A)⇔ φ(x) 6= 0 ∀φ ∈ ∆;(iv) λ ∈ σ(x)⇔ ∃φ ∈ ∆ tale che φ(x) = λ.
Dimostrazione. (i) SiaM un ideale massimale. Allora,M è chiuso e A/Mè un'algebra di Banach in cui ogni elemento non nullo è invertibile (infatti,se x ∈ A, x /∈M, poniamo J = ax+ y : a ∈ A, y ∈M; J è un ideale diA contenente M; quindi J = A e perciò esistono a ∈ A, y ∈ M tali cheax + y = e; allora, ax +M = (a +M)(x +M) = e − y +M = e +Me, di conseguenza, a +M è invertibile). Per il teorema di Gelfand-MazurA/M ∼= C. Indichiamo con f : A/M → C quest'isomorsmo. Allora,l'applicazione φ : A→ C, con φ = f π, è un carattere e kerφ = M .
(ii) Se φ 6= 0, esiste x 6∈ kerφ. Sia a ∈ A. Allora a− φ(a)φ(x)
x ∈ kerφ, infatti,
φ
(a− φ(a)
φ(x)x
)= φ(a)− φ(a) = 0.
Quindi, ogni a ∈ A è della forma a = λx+ y, y ∈ kerφ. Questo implica checodim kerφ = 1 e, dunque, kerφ è massimale.
2.2 Omomorsmi e caratteri 26
(iii)(⇒) Sia e = xx−1 ⇒ 1 = φ(e) = φ(xx−1) = φ(x)φ(x−1) ∀φ ∈ ∆.(⇐) Supponiamo che x non sia invertibile⇒ xA è ideale proprio di A conte-nente x e non contenente e. Allora esiste un ideale massimaleM contenentexA ⇒M = kerφ per qualche φ ∈ ∆ ⇒ φ(x) = 0 che è assurdo.
(iv) λ ∈ σ(x)⇔ x− λe non è invertibile ⇔ φ(x− λe) = 0⇔φ(x)− λ = 0⇔ φ(x) = λ.
Osservazione 2.2.11. Sia φ ∈ ∆ allora per la (iv)
|φ(x)| ≤ r(x).
In particolare,sup‖x‖≤1
|φ(x)| ≤ r(x) ≤ ‖x‖ ⇒ ‖φ‖ ≤ 1.
Poiché ‖e‖ = 1 e φ(e) = 1 concludiamo che ‖φ‖ = 1.
Esempio 2.2.12. Sia X uno spazio compatto di Hausdor e sia A = C(X)algebra di Banach. Se x ∈ X poniamo:
δx(f) = f(x).
L'Esempio 17. ha mostrato che δx è un carattere. A questo punto sia:
i : x ∈ X → δx ∈ ∆.
L'applicazione i è iniettiva, infatti, per il lemma di Urysohn,
δx = δy ⇒ δx(f) = δy(f)⇒ f(x) = f(y) ,∀f ∈ C(X)⇒ x = y.
Dimostriamo che ∆(C(X)) = ∆ = i(X).Se così non fosse, esisterebbe φ ∈ ∆− i(X), cioè φ 6= δx ,∀x ∈ X. Mostriamoche, per ogni x ∈ X esiste f ∈ C(X) tale che
φ(f) = 0 , δx(f) = f(x) 6= 0.
Per far questo, osserviamo che, poiché φ 6= δx, per ogni x ∈ X, esiste g ∈C(X) tale che φ(g) 6= δx(g). Poniamo:
f = g − φ(g)u.
Allora si ha:φ(f) = φ(g)− φ(g) = 0
2.2 Omomorsmi e caratteri 27
eδx(f) = δx(g − φ(g)u) = δxg − φ(g) 6= 0.
Quindi, per ogni x ∈ X, esiste una funzione f tale φ(f) = 0 , δx(f) =f(x) 6= 0. La continuità di f implica che essa non si annulla in un intornoaperto U di x. Questi intorni costituiscono un ricoprimento aperto di XMa per ipotesi X è compatto e pertanto esiste un numero nito di funzionif1, f2, . . . , fn ∈ C(X) tali che φ(fi) = 0, per ogni i = 1, 2, . . . , n e tali che, inogni punto x ∈ X, una almeno di esse non è nulla.
Sia h = |f1|2 + |f2|2 + ...|fn|2 > 0 e osserviamo che h−1 esiste e cheh ∈ kerφ. Siamo giunti ad un assurdo in quanto kerφ è ideale massimale(proprio) e quindi non può contenere elementi invertibili.
Esempio 2.2.13. Sia X uno spazio di Hausdor compatto. Gli ideali mas-simali dell'algebra di Banach C(X) delle funzioni continue su X sono tuttidella forma
Mx = f ∈ C(X) : f(x) = 0 .In eetti, se φ : C(X) → C allora φ(1) = 1 e φ ha lo stesso nucleo delfunzionale δx : X → C che vale 1 su x e zero altrove (misura di Diracconcentrata in x), quindi φ = δx. Ma il nucleo di δx è esattamente Mx. Sinoti che la corrispondenza x→Mx è biunivoca fra X e l'insieme degli idealimassimali, dato che se x 6= y per il lemma di Urysohn esiste una funzione fcon f(x) 6= f(y) e quindi δx 6= δy.
Osservazione 2.2.14. Sia A algebra di Banach commutativa con e, x, y ∈A, allora
σ(x+ y) ⊆ σ(x) + σ(y);
σ(xy) ⊆ σ(x)σ(y).
In generale le inclusioni sono proprie. Sappiamo, infatti, che risulta
σ(x+ y) = φ(x+ y) : φ ∈ ∆
ma φ è lineare, dunque φ(x+y) = φ(x)+φ(y) con φ(x) ∈ σ(x) e φ(y) ∈ σ(y);quindi
σ(x+ y) ⊆ σ(x) + σ(y) = φ(x) + δ(x) : φ, δ ∈ ∆che è quanto volevamo dimostrare. Per l'altra aermazione si procede inmodo analogo
σ(xy) = φ(xy) = φ(x)φ(y) : φ ∈ ∆ ⊆ σ(x)σ(y) = φ(x)δ(y) : φδ ∈ ∆
sfruttando sempre il fatto che φ è un omomorsmo.
2.3 La trasformata di Gelfand 28
2.3 La trasformata di Gelfand
Sia A un'algebra di Banach commutativa con unità e. Deniamo per ognia ∈ A la funzione a : ∆→ C come
a(φ) = φ(a), φ ∈ ∆.
La funzione a : A→ C viene detta "trasformata di Gelfand" di a.
Teorema 2.3.1. Sia A un'algebra di Banach commutativa con e. Allora:(i) e è la funzione unitaria (e(φ) = 1 ∀φ) ;(ii) a = 0⇔ a ∈ ∩φ−1(0) : φ ∈ ∆ = ∩ideali massimali di A;(iii) Se φ1 6= φ2 ⇒ ∃a ∈ A : a(φ1) 6= a(φ2).
Dimostrazione. (i) ∀φ ∈ ∆ si ha:
e(φ) = φ(e) = 1.
(ii)
a = 0⇔ a(φ) = 0 ∀φ ∈ ∆⇔ φ(a) = 0 ∀φ ∈ ∆⇔ a ∈ φ−1(0) ∀φ ∈ ∆.
(iii)Se φ1 6= φ2 ⇒ le funzioni dieriscono per qualche a ∈ A ⇒ φ1(a) 6= φ2(a)⇒a(φ1) 6= a(φ2).
2.3.1 Topologia di Gelfand
Sia A algebra di Banach commutativa con unità e. Lo spazio ∆ è dotato,abitualmente, della topologia di Gelfand: essa è la più debole topologia cherende continue tutte le funzioni a; a ∈ A.
Una base di intorni di φ nella topologia di Gelfand è data da tutti gliinsiemi del tipo:
ψ ∈ ∆ : |φ(ai)− ψ(ai)| < ε, i = 1, 2, ..., n
con a1, a2, ..., an ∈ A e ε > 0. Tale topologia rende ∆ spazio di Hausdorpoichè se φ1 6= φ2 ⇒ ∃a ∈ A : a(φ1) 6= a(φ2) quindi se δ = 1
2|φ1(a) − φ2(a)|
alloraN1 = φ ∈ ∆ : |φ1(a)− φ(a)| < δ
eN2 = φ ∈ ∆ : |φ2(a)− φ(a)| < δ
sono intorni di φ1 e φ2 rispettivamente e sono disgiunti.
2.3 La trasformata di Gelfand 29
Teorema 2.3.2. Sia A un'algebra di Banach commutativa con e. Valgonole seguenti aermazioni.
(i) ∆, dotato della topologia di Gelfand, è uno spazio di Hausdor com-patto.
(ii) Per ogni a ∈ A, la funzione φ ∈ ∆→ a(φ) ∈ C è continua.
(iii) L'applicazione a → a è un omomorsmo di A in C(∆) che separa ipunti di ∆ (cioè ∀φ1 , φ2 ∈ ∆, φ1 6= φ2 ⇒ ∃a ∈ A : a(φ1) 6= a(φ2)).
(iv) per ogni a ∈ A, ‖a‖∞ ≤ ‖a‖ e a(∆) = σ(a) e ‖a‖∞ = r(a).
Dimostrazione. (i): Per provare la compattezza di ∆, occorre ricordare che,per il teorema di Banach-Alaglou, la boccia unitaria del duale A′ di A, cioèf ∈ A′ : ‖f‖ ≤ 1 è compatta nella topologia w* denita dalla famiglia diseminorme pa(f) = |f(a)|. È facile vedere che questa topologia induce su ∆la topologia di Gelfand. Inoltre, come si è visto, ∆ è contenuto nella bocciaunitaria di A′. Se si prova che ∆ è chiuso, la compattezza sarà provata.
Sia φα un net di caratteri convergente rispetto alla topologia w* ad unelemento φ di A′. Si ha, allora
limαφα(ab) = φ(ab)
Ma
limαφα(ab) = lim
α(φα(a)φα(b)) = lim
αφα(a) · lim
αφα(b) = φ(a)φ(b).
Dunque, φ è moltiplicativo. Per vericare che non è nullo, è sucienteosservare che
φ(e) = limαφα(e) = 1.
(ii): Per denizione stessa della topologia di Gelfand, per ogni a ∈ A latrasformata di Gelfand a è una funzione continua su ∆.
(iii): Proviamo che l'applicazione a→ a è un omomorsmo di A in C(∆).Si ha, infatti, per ogni a, b ∈ A,
ab(φ) = φ(ab) = φ(a)φ(b) = a(φ)b(φ), ∀φ ∈ ∆.
Per provare la (iv) osserviamo che
‖a‖∞ = supφ∈∆|a(φ)| = sup
φ∈∆|φ(a)| ≤ sup
φ∈∆‖φ‖ · ‖a‖ = ‖a‖.
2.3 La trasformata di Gelfand 30
Inne, poiché λ ∈ σ(a)⇔ ∃φ ∈ ∆ tale che φ(a) = λ si ha:
‖a‖∞ = supφ∈∆|a(φ)| = sup
φ∈∆|φ(a)| = sup |λ| : λ ∈ σ(a) = r(a).
Denizione 2.3.3. Sia A un'algebra di Banach con unità e. L'elementoa ∈ A è detto nilpotente generalizzato o quasinilpotente se a 6= 0 e σ(a) = 0.
Lemma 2.3.4. Sia A un'algebra di Banach commutativa con unità e e siaa ∈ A. Sono equivalenti le seguenti:(i) σ(a) = 0;(ii) a è contenuto in ogni ideale massimale di A;(iii) a = 0;
(iv) limn→∞ ‖an‖1n = 0.
Dimostrazione. (i)⇒ (ii) Per ipotesi:
σ(a) = φ(a) : φ ∈ ∆ = 0 .
Quindi ∀φ ∈ ∆ , a ∈ kerφ e pertanto a è contenuto in ogni ideale massimaledi A.(ii)⇒ (iii) Sia J ideale massimale di A allora J è il nucleo di un carattere,cioè, esiste φ ∈ ∆ tale che J = kerφ. Se a è contenuto in ogni idealemassimale di A allora
a ∈ kerφ , ∀φ ∈ ∆⇒ φ(a) = 0 ,∀φ ∈ ∆⇒
a(φ) = φ(a) = 0 ,∀φ ∈ ∆⇒ a = 0.
(iii)⇒ (iv) Per ipotesi a = 0 e pertanto φ(a) = 0 ,∀φ ∈ ∆. Ciò posto si ha:
σ(a) = φ(a) : φ ∈ ∆ = 0 ⇒
⇒ sup |λ| : λ ∈ σ(a) = 0⇒ limn→∞
‖an‖1n = 0.
(iv)⇒ (i) Ovvio.
Osservazione 2.3.5. Se un elemento a ∈ A, con a 6= 0, soddisfa una delleproprietà elencate nel lemma precedente allora a è nilpotente generalizzato.
Osservazione 2.3.6. Il lemma precedente mostra che la trasformata diGelfand di un elemento a ∈ A è la funzione nulla se e solo se l'elemento a ènilpotente generalizzato.
2.3 La trasformata di Gelfand 31
Denizione 2.3.7. Un'algebra di Banach è detta semisemplice se noncontiene elementi nilpotenti generalizzati.
Esempio 2.3.8. Sia E misurabile, m(E) > 0. Consideriamo l'algebra diBanach L∞(E) e sia f ∈ L∞(E). Abbiamo osservato a suo tempo che:
σ(f) = Imess(f) = λ ∈ C : m x ∈ E : |f(x)− λ| < ε ,∀ε > 0 > 0 .
Ciò posto cerchiamo i possibili canditati a essere nilpotenti generalizzati.Per l'Osservazione 15. dobbiamo ricercare tali elementi tra quelli che hannospettro nullo. Ma:
σ(f) = Imess(f) = 0 ⇒ f = 0 q.o.
Quindi L∞(E) è priva di elementi nilpotenti generalizzati e pertanto L∞(E)è semisemplice.
Denizione 2.3.9. Il "radicale di Jacobson", di un'algebra di Banach conunità è l'intersezione di tutti gli ideali massimali dell'algebra.
Osservazione 2.3.10.
a = 0⇔ a(φ) = 0 ∀φ ∈ ∆⇔ φ(a) = 0 ∀φ ∈ ∆⇔ a ∈ kerφ ∀φ ∈ ∆
mostra che il kernel della trasformata di Gelfand è proprio il radicale diJacobson (si ricordi a tal proposito la corrispondenza biunivoca esistente traideali massimali e nuclei di caratteri).
Osservazione 2.3.11. Sia A un'algebra di Banach commutativa con unitàe. Se il radicale di Jacobson, R(A), si riduce al solo elemento nullo, ossia:
R(A) = 0 ,
allora l'algebra A è semisemplice. Infatti, se
R(A) = a ∈ A : a = 0 = 0
allora nessun elemento diA è nilpotente generalizzato e quindi per denizioneA è semisemplice.
Per quanto riguarda la norma ‖ · ‖∞ della trasformata di Gelfand ricor-diamo che ‖a‖∞ ≤ ‖a‖. Vediamo quando si ha l'uguaglianza:
Teorema 2.3.12. Sia A un'algebra di Banach commutativa con unità e esia a ∈ A. Allora:a→ a è un'isometria ⇔ ‖a2‖ = ‖a‖2 ∀a ∈ A.
2.4 Algebre simmetriche 32
Dimostrazione. (⇒) Ovvio.(⇐)
‖a2‖ = ‖a‖2 ∀a ∈ A ⇒ ‖a2k‖ = ‖a‖2k ∀a ∈ A ⇒ ‖a2k‖1
2k = ‖a‖ ⇒ r(a) = ‖a‖.
Ma r(a) = ‖a‖∞ = ‖a‖.
2.4 Algebra simmetriche
Denizione 2.4.1. Sia A una ∗-algebra di Banach commutativa con e. Asi dice simmetrica se per ogni ideale massimale J vale:
J = J ∗ (∀x ∈ J ⇒ x∗ ∈ J ).
Lemma 2.4.2. Sia A una ∗-algebra di Banach commutativa con e e siaa ∈ A. Allora sono equivalenti le seguenti:(i) A è simmetrica,(ii) φ(a∗) = φ(a), ∀φ ∈ ∆,(iii) a∗ = a, ∀a ∈ A,(iv) se a ∈ A è tale che a = a∗ ⇒ a è a valori reali.
Dimostrazione. (i)⇒ (ii) Sia a ∈ A, kerφ è un ideale massimale. Si ha cheφ(a)e− a ∈ kerφ, infatti φ(φ(a)e− a) = φ(a)− φ(a) = 0.Quindi φ(a)e − a ∈ kerφ ⇒ φ(a)e − a∗ ∈ kerφ ⇒ φ(φ(a)e − a∗) = 0 ⇒φ(a)− φ(a∗) = 0⇒ φ(a∗) = φ(a).(ii)⇒ (iii) ∀φ ∈ ∆ si ha:
a∗(φ) = φ(a∗) = φ(a) = a(φ).
(iii) ⇒ (i) Sia J un ideale massimale ⇒ J = kerφ con φ ∈ ∆. Allora∀a ∈ J si ha:
a∗(φ) = a(φ)⇒ φ(a∗) = φ(a) = 0⇒ φ(a∗) = 0⇒ a∗ ∈ J .
(iii)⇒ (iv) Per la (iii) si ha: a∗ = a. Ma l'ipotesi a = a∗ implica che a = ae quindi a(φ) ∈ R, ∀φ ∈ ∆.(iv) ⇒ (iii) Sia a ∈ A, a = x + iy con x = x∗ e y = y∗. Tale scrittura siottiene considerando:
x =a+ a∗
2, y =
a− a∗
2i.
2.4 Algebre simmetriche 33
Ciò posto, si ha: a∗ = x− iy. Quindi,
φ(a∗) = φ(x− iy) = φ(x)− iφ(y) = φ(x) + iφ(y) = φ(a)⇒ a∗ = a.
Proposizione 2.4.3. Ogni C∗-algebra commutativa con unità e è simmetri-ca.
Dimostrazione. Dimostreremo la proposizione facendo vedere che una C∗-algebra commutativa con unità e soddisfa la (iv) del lemma precedente.Dimostriamo quindi che:
a = a∗ ⇒ φ(a) ∈ R ,∀φ ∈ ∆.
Sia φ(a) = x+ iy con x, y ∈ R. Consideriamo b = a+ ite con t ∈ R. Si ha:
φ(b) = φ(a) + itφ(e) = x+ iy + it = x+ i(y + t).
Ciò posto si ha:bb∗ = a2 + t2e
e quindi:‖bb∗‖ = ‖a2 + t2e‖ ≤ ‖a‖2 + t2.
|φ(b)|2 = x2 + (y + t)2 = x2 + y2 + t2 + 2ty ≤ ‖b‖2 = ‖bb∗‖ ≤ ‖a‖2 + t2.
Quindi:x2 + y2 + 2ty ≤ ‖a‖2 ⇒ y = 0.
May = 0⇒ φ(a) = x+ iy = x ∈ R⇒ φ(a) ∈ R.
Teorema 2.4.4. (Stone-Weierstrass) Se X è uno spazio compatto di Hau-sdor e A ⊂ C(X) tale che(1) f ∈ A ⇒ f ∈ A;(2) A separa i punti di X (cioè se p1, p2 ∈ X con p1 6= p2 ⇒ ∃f ∈ A tale chef(p1) 6= f(p2));(3) ∀p ∈ X, ∃f ∈ A : f(p) 6= 0.Allora A è denso in C(X). In particolare se A è chiuso allora A = C(X).
Proposizione 2.4.5. Se A è un'algebra simmetrica con unità e⇒ A è densain C(∆).
2.5 Il teorema spettrale 34
Dimostrazione. (1) A per simmetria è chiusa per involuzione.(2) φ1 6= φ2 ⇒ ∃a ∈ A : a(φ1) 6= a(φ2)(3) Sia φ ∈ ∆, e(φ) = φ(e) = 1.Per Stone-Weierstrass A è denso in C(X).
Teorema 2.4.6. (Gelfand) Sia A una C∗-algebra commutativa con unità.Allora a→ a (A → C(∆)) è uno *-isomorsmo isometrico di A in C(∆).
Dimostrazione. Per la Proposizione 2.3. l'algebra A è simmetrica e, quindi,per la (iii) del Lemma 2.3. si ha a∗ = a, ∀a ∈ A. Pertanto:
‖a‖2 = ‖a∗a‖ = r(a∗a) = ‖a∗a‖∞ = ‖a∗ a‖∞ = ‖a a‖∞ = ‖|a|2‖∞ = ‖a‖2∞.
Quindi, la trasformata di Gelfand è un'isometria e, dunque, a : a ∈ A è unsottospazio completo di C(∆) e quindi è chiuso. Ciò posto osserviamo cheA è una C∗-algebra commutativa con unità e quindi (Proposizione 2.3.) èsimmetrica; dunque, (Proposizione 2.4.) A è densa in C(∆). In conclusioneA = a : a ∈ A è un sottoinsieme chiuso e denso in C(∆) e pertanto A ∼=C(∆).
2.5 Il teorema spettrale
Sia H uno spazio di Hilbert e sia A una sottoalgebra di B(H) chiusaper involuzione, commutativa e contenente l'identità I. A è quindi una C∗-algebra con unità e la trasformata di Gelfand è uno ∗-isomorsmo isometricodi A in C(∆). Se f ∈ C(∆), esiste un operatore a ∈ A tale che a = f .Pertanto siano x, y ∈ H e poniamo:
Tf = a , φx,y(f) = (Tfx, y).
Il funzionale lineare φx,y su C(∆) è continuo, infatti:
|φx,y(f)| = |(Tfx, y)| ≤ ‖Tfx‖ · ‖y‖ ≤
≤ ‖Tf‖ · ‖x‖ · ‖y‖ = ‖f‖∞ · ‖x‖ · ‖y‖.
Denizione 2.5.1. Una misura di Borel positiva µ è detta regolare se ∀ Yboreliano:
µ(Y ) = sup µ(K) : K ⊂ Y ,K compatto
µ(Y ) = inf µ(A) : Y ⊂ A ,A aperto .
2.5 Il teorema spettrale 35
In quel che segue considereremo anche misure di Borel su X a valoricomplessi. Ogni misura complessa può essere decomposta ne modo seguente
µ = (µ1 − µ2) + i(µ3 − µ4)
dove tutte le µi sono misure positive. La misura µ è detta regolare se lo sonotutte le µi.
Teorema 2.5.2. (di rappresentazione di Riesz) Sia X uno spazio compattoe di Hausdor e F funzionale limitato su C(X). Allora ∃! misura di Borelregolare µ tale che
F (f) =
∫X
fdµ.
Per il teorema precedente ∃µx,y misura di Borel regolare, ossia:
φx,y(f) = (Tfx, y) =
∫∆
fdµx,y.
Ciò posto vediamo cosa accade al variare di x e y in H:
Lemma 2.5.3. L'applicazione (x, y) → µx,y da H × H nello spazio dellemisure regolari di Borel soddisfa le seguenti:(1) µαx+βx′,y = αµx,y + βµx′,y ∀x, x′, y ∈ H , ∀α, β ∈ C;(2) µx,y = µy,x ∀x, y ∈ H ;(3) µx,x ≥ 0 ∀x ∈ H .
Dimostrazione. (1)∫∆
fdµαx+βx′,y = (Tf (αx+ βx′), y) = (Tf (αx) + Tf (βx′), y)
= (Tf (αx), y) + (Tf (βx′), y) = α(Tf (x), y) + β(Tf (x
′), y)
= α
∫∆
fdµx,y + β
∫∆
fdµx′,y.
Poichè vale per ogni f allora µαx+βx′,y = αµx,y + βµx′,y.
(2) Prima di dimostrare la (2) mostriamo che (Tf )∗ = Tf . Infatti, per
denizione Tf = f . Dalle proprietà della trasformata di Gelfand si ha allora,T ∗f = f = Tf . Quindi, Tf
∗ = Tf .
2.5 Il teorema spettrale 36
Ciò posto si ha: ∫∆
fdµx,y = (Tfx, y) = (x, T ∗f y)
= (x, Tf y) = (Tf y, x)
=
∫∆
fdµy,x =
∫∆
fdµy,x
Questo implica che µx,y = µy,x.
(3) Sia f ≥ 0 e consideriamo g =√f . Allora:∫
∆
fdµx,x = (Tfx, x) = (Tg2x, x)
= (Tg · Tgx, x) = (Tgx, Tgx) = ‖Tgx‖2 ≥ 0
Questo implica che µx,x ≥ 0.
Osservazione 2.5.4. Il teorema precedente aerma che l'applicazione
(x, y)→ µx,y
è sesquilineare, hermitiana e positiva.
Osservazione 2.5.5. Si osservi che∫
∆fdµx,y è ben denito anche se f è
solo boreliana e limitata su ∆. Quindi per f boreliana e limitata deniamo
(Tfx, y) =
∫∆
fdµx,y, f boreliana, limitata.
Indichiamo con B(∆) l'insieme delle funzioni misurabili e limitate in ∆.
Utilizzando alcune proprietà delle misure a valori complessi (in partico-lare, il fatto che ogni misura complessa è a variazione limitata) si perviene aprovare che
|(Tfx, y) ≤ ‖f‖∞‖x‖ ‖y‖, ∀f ∈ B(∆).
Quindi, anche per f ∈ B(∆), Tf è limitato e ‖Tf‖ ≤ ‖f‖∞.
2.5 Il teorema spettrale 37
Teorema 2.5.6. Sia Φ : f → Tf da B(∆) in B(H). Allora Φ è uno ∗-omomorsmo continuo di ∗-algebre. Inoltre se fn è successione equilimitatadi B(∆) convergente puntualmente a f , allora Tfn converge a Tf nel sensoforte.
Dimostrazione. La linearità di Φ è evidente. L'uguaglianza Φ(f) = Φ(f)∗,ossia T ∗f = Tf può essere dimostrata come nel lemma precedente (Lemma 2.4.).Verichiamo che Tfg = Tf · Tg. Se f, g ∈ C(∆):∫
∆
gdµTfx,y = (Tg · Tfx, y) = (Tfgx, y) =
∫∆
fgdµx,y,
da cui µTfx,y = fµx,y. Si osservi che nel passaggio precedente Tg · Tf = Tfgin quanto la trasformata di Gelfand è un omomorsmo e quindi anche l'anti-trasformata di Gelfand lo è. La catena di uguaglianze non cambia se g ∈B(∆) e quindi Tg · Tf = Tfg se f ∈ C(∆) e g ∈ B(∆). Inoltre:
TfTg = (TgTf )∗ = T ∗
gf= Tfg
e quindi ∫∆
fdµTgx,y =
∫∆
fgdµx,y (∗)
da cui µTgx,y = gµx,y e la (∗) vale per f ∈ B(∆).Per l'osservazione precedente (Osservazione 20.) ‖Tf‖ ≤ ‖f‖∞ e quindi Tfè continuo.Per provare l'ultima aermazione sia fn è successione tale che |fn| ≤ C efn → 0. Allora per ogni x ∈ H si ha:
‖Tfnx‖2 = (T ∗fnTfnx, x) = (T|fn|2x, x) =
∫∆
|fn|2dµx,x.
Per il teorema della convergenza dominata si ha:
‖Tfnx‖2 → 0.
Consideriamo a questo punto ω ⊂ ∆ boreliano e sia χω la funzionecaratteristica di ω. Si ha:
χω = χω = χ2ω.
2.5 Il teorema spettrale 38
Consideriamo:Tχω = T ∗χω = T 2
χω .
Indichiamo con:E(ω) = Tχω .
E' evidente che E(ω) è un proiettore.
Lemma 2.5.7. Valgono le seguenti:(1) E(∅) = 0 , E(∆) = I;(2) E(ω ∩ ω′) = E(ω)E(ω′) , ∀ω, ω′ boreliani;(3) se ωi è una famiglia nita o numerabile di boreliani a due a due di-sgiunti allora E(∪iωi) =
∑iE(ωi);
(4) se ω è boreliano allora:
E(ω) = sup E(ω′) : ω′ ⊂ ω , ω′ compatto
E(ω) = inf E(ω′′) : ω ⊂ ω′′ , ω′′ aperto .(5) E(ω) 6= 0 se ω è aperto non vuoto.
Dimostrazione. (1) Ovvio.(2) Basta osservare che:
E(ω ∩ ω′) = Tχω∩ω′ = TχωTχω′ .
(3) Se la famiglia è nita allora sia ∪ni ωi e si ha:
E(∪ni ωi) = Tχ∪niωi
= T∑ni χωi
=∑i
E(ωi).
Se la famiglia non è nita allora indicando con Ωn = ∪i≤nωi e con Ω = ∪i∈Nωisi ha che χΩn converge puntualmente a χΩ per cui:
E(Ωn) =∑i≤n
E(ωi)
converge fortemente a E(Ω).(4) Sia ω boreliano e sia T = T ∗ ∈ B(H) tale che E(ω′) ≤ T ≤ E(ω) perogni ω′ compatto contenuto in ω. Facciamo vedere che T = E(ω).
∀x ∈ H ⇒ (E(ω′)x, x) ≤ (Tx, x) ≤ (E(ω)x, x)⇒∫∆
χω′dµx,x ≤ (Tx, x) ≤∫∆
χωdµx,x ⇒
2.5 Il teorema spettrale 39
µx,x(ω′) ≤ (Tx, x) ≤ µx,x(ω).
Poichè µx,x è regolare allora supµx,x(ω′) ≤ (Tx, x) ≤ µx,x(ω).
Allora (Tx, x) = (E(ω)x, x) e (Tx, y) = (E(ω)x, y) per polarizzazione. Ana-logamente si verica la proprietà per l'inf.(5) Sia f funzione continua con supporto in ω e tale che |f | ≤ 1. Se x ∈ Hsi ha:
‖Tfx‖2 = T|f |2x,x =
∫∆
|f |2dµx,x ≤∫ω
dµx,x = (E(ω)x, x).
Se f non è identicamente nulla allora esiste x ∈ H tale che Tfx 6= 0 e quindiE(ω) 6= 0.
Denizione 2.5.8. Sia ∆ uno spazio topologico (localmente) compatto e siaH uno spazio di Hilbert. Una funzione E denita sulla σ-algebra dei borelianidi ∆ a valori nei proiettori ortogonali su H è detta risoluzione dell'identitàdi H relativa a ∆ se soddisfa le proprietà (1)-(4) del Lemma precedente.
Denizione 2.5.9. Se E è risoluzione dell'identità di H relativa a ∆, dataf ∈ B(∆), allora si denisce
Tf =
∫∆
fdE
l'operatore lineare tale che
(Tfx, y) =
∫∆
fdµx,y ∀x, y ∈ H.
Valgono le seguenti proprietà:(1) Tf è limitato e ‖Tf‖ ≤ ‖f‖∞;(2) TfTg = Tfg;(3) se K = f ∈ B(∆) : Tf = 0 allora
f ∈ K ⇔ f = 0 µx,x q.o. ,
inoltre K è ideale bilatero di B(∆) chiuso e invariante per coniugazione.Dimostriamo la (3): ∀x ∈ H si ha:∫
∆
|f |2dµx,x = (T ∗f Tfx, x) = ‖Tfx‖2
e quindi vale la caratterizzazione di K.Se f ∈ K e g ∈ B(Ω) allora fg è µx,x q.o nulla e quindi fg ∈ K. Analoga-mente si dimostra che f ∈ K se f ∈ K. Per concludere si osservi che K è il
2.5 Il teorema spettrale 40
nucleo dell'operatore continuo f → Tf e quindi K è chiuso.
Ciò posto consideriamo la C∗-algebra B(∆)/K con la norma dell'algebraquoziente:
Denizione 2.5.10. Posto
L∞(∆, E) := B(∆)/K,
la norma di un elemento f +K di B(∆)/K l'estremo superiore essenziale di|f | rispetto alla misura E, ossia:
‖f‖∞,E = ess sup |f(x)| = infM > 0 : E(λ ∈ ∆, |f(λ)| > M) = 0)
Teorema 2.5.11. Sia E risoluzione dell'identità di H su ∆.Allora Φ : f → Tf denito su L
∞(∆, E) a valori in B(H) è uno ∗-isomorsmoisometrico di L∞(∆, E) nella sua immagine in B(H) . Viceversa, se A è unaC∗-algebra contenuta in B(H) commutativa e con unità allora ∃! risoluzionedell'identità di H su ∆ = ∆(A) (spazio dei caratteri), tale che E(ω) 6= 0 se
ω è aperto non vuoto e U =∫
∆UdE ∀U ∈ A.
Inoltre se S ∈ B(H) allora sono equivalenti le seguenti:(1) S commuta con ogni elemento di A;(2) S commuta con ogni E(ω) con ω boreliano;
(3) S commuta con Φ(L∞(∆, E)).
Dimostrazione. Proviamo, per la prima aermazione, che Φ è isometrico.Proviamo la disuguaglianza ‖Tf‖ ≥ ‖f‖∞,E. È suciente considerare il casof ≥ 0 perché ‖Tf‖2 = ‖T ∗f Tf‖ = ‖T|f |2‖. Sia ε > 0. Consideriamo l'insiemeωε = λ ∈ ∆ : |f(λ)| > ‖f‖∞,E − ε. Per denizione di sup essenziale,quest'insieme ha misura non nulla, cioè E(ωε) > 0. Esiste dunque un vettorex ∈ H, ‖x‖ = 1 tale che E(ωε)x = x Questo implica che µx,x(ωε) = ‖x‖2 = 1.Quindi,
(Tfx, x) =
∫∆
fdµx,x ≥∫ωε
fdµx,x ≥ (‖f‖∞,E)µx,x(ωε) = ‖f‖∞,E.
L'arbitrarietà di ε implica l'asserto.
Il teorema precedente è particolarmente interessante quando la C∗-algebraè generata da un operatore normale T e dal suo aggiunto T ∗ e dall'identità.
2.5 Il teorema spettrale 41
Sia A questa C*-algebra. Lo spazio dei caratteri di A, ∆(A) coincide con lospettro di T . Infatti, l'applicazione T : φ ∈ ∆(A)→ φ(T ) ∈ σ(T ) è iniettiva:se φ(T ) = ψ(T ) con φ, ψ ∈ ∆(A), allora φ e ψ coinciderebbero su tutti ipolinomi in T che costituiscono un insieme denso un A; il che implica cheφ = ψ. Inoltre, se λ ∈ σ(T ) esiste φ ∈ ∆(A) tale che λ = φ(T ). QuindiT è biunivoca e continua. Inoltre essendo ∆(A) e σ(T ) compatti, essa è unomeomorsmo.
Denizione 2.5.12. La misura E su σ(T ) è detta misura spettrale di T .
Teorema 2.5.13. Sia T ∈ B(H) un operatore normale, sia A la C∗-algebracon unità generata da T e dal suo aggiunto T ∗ e sia E la misura spettrale diT . Allora per ogni U ∈ A ∃! f ∈ C(σ(T )) tale che U = f(T ) nel senso che
U =
∫σ(T )
f(λ)dE(λ).
In particolare:
T =
∫σ(T )
λdE(λ),
T ∗ =
∫σ(T )
λdE(λ),
p(T, T ∗) =
∫σ(T )
p(λ, λ)dE(λ)
per ogni polinomio p. Inoltre ogni S ∈ B(H) commuta con T , con T ∗, conogni proiettore E(ω) e con ogni operatore f(T ) con f ∈ L∞(σ(T ), E).
Esempio 2.5.14. Nel Capitolo 3 si è visto che seA è un operatore simmetricocompatto, lo spazio di Hilbert H si decompone nella somma diretta
H = H0 ⊕H1 ⊕ · · · ⊕Hk ⊕ · · ·
dove Hk è l'autospazio relativo all'autovalore λk (e λ0 = 0, se 0 è un auto-valore. Indicando con Qk il proiettore sul sottospazio Hk si è pervenuti allarappresentazione spettrale di A nella forma
Ax =∞∑k=1
λkQkx, ∀x ∈ H.
2.5 Il teorema spettrale 42
Il teorema 2.5.13 non è altro che una generalizzazione di questo risultato.Infatti, se indichiamo con Gλ il sottospazio generato da tutti gli autovettoridi A corrispondenti agli autovalori λk con λk ≤ λ e con E(λ) il proiettore suGλ, si ha:
se λ < µ, E(λ) ≤ E(µ), perché Gλ ⊆ Gµ;
per ogni λ ∈ R esistono i limiti (in senso forte)
limε↓0
E(λ+ ε), limε↓0
E(λ− ε)
ed in particolare
limε↓0
E(λ+ ε) = E(λ), λ ∈ R. (2.2)
L'esistenza dei due limiti è conseguenza della monotonia e della li-mitatezza della famiglia E(λ) di proiettori. Per provare la (2.2),calcoliamo per ε > 0 la dierenza E(λ+ ε)− E(λ). Si ha
E(λ+ ε)− E(λ) =∑
k:λk≤λ+ε
Qk −∑k:λk≤λ
Qk =∑
k:λ<λk≤λ+ε
Qk.
Chiaramente per ε → 0, questa somma tende a 0 non essendovi auto-valori λk tali che λ < λk ≤ λ+ ε con ε arbitrariaramente piccolo.
Diversa è la situazione se consideriamo il limite da sinistra. In questocaso
E(λ)− E(λ− ε) =∑k:λk≤λ
Qk −∑
k:λk≤λ−ε
Qk =∑
k:λ−ε<λk≤λ
Qk.
Se λ è un autovalore λ = λh, allora λh stesso soddisfa la condizione chefornisce gli indice della somma, per ogni valore di ε > 0. Dunque, perogni autovalore λh, E(λk)− E(λ−k ) = Qk. Se λ non è autovalore,
E(λ)− E(λ−) = 0.
Ne segue che
x =
∫σ(A)
dE(λ)x =∞∑k=0
Qkx
e
Ax =
∫σ(A)
λdE(λ)x =∞∑k=1
λkQkx.
2.5 Il teorema spettrale 43
Le proprietà di monotonia e di continuità a destra che abbiamo ricavatoin quest'esempio sono soddisfatte dalle famiglie spettrali associate adun operatore autoggiunto (limitato o non limitato) come vedremo piùavanti.
Capitolo 3
Il Teorema di Gelfand - Naimark
3.1 Rappresentazioni
Denizione 3.1.1. Sia A una *-algebra. Una ∗ − rappresentazione % diA è uno ∗-omomorsmo di A nella C∗-algebra B(H) di tutti gli operatorilimitati e lineari nello spazio di Hilbert H. Una rappresentazione (dettaanche ∗-rappresentazione) è quindi un'applicazione % : A→ B(H) tale che:
%(λa+ µb) = λ%(a) + µ%(b)
%(ab) = %(a)%(b)
%(a∗) = %(a)∗
%(e) = I.
Osservazione 3.1.2. Se A è una ∗-algebra allora non è detto che esistauna rappresentazione di A. Se invece A è una C∗-algebra allora esiste unarappresentazione di A.
Denizione 3.1.3. Una rappresentazione % di A è detta fedele se è iniet-tiva.
Denizione 3.1.4. Un funzionale lineare f : A → C è detto funzionalelineare positivo se f(a∗a) ≥ 0 ∀a ∈ A.
Lemma 3.1.5. Sia A una ∗-algebra e sia f un funzionale lineare positivo inA. Allora valgono le seguenti:(i) f(b∗a) = f(a∗b) ∀a, b ∈ A;(ii) |f(b∗a)|2 ≤ f(a∗a)f(b∗b) ∀a, b ∈ A (Disuguaglianza di Cauchy-Schwarz).
44
3.1 Rappresentazioni 45
Dimostrazione. (i) Per polarizzazione ∀a, b ∈ A si ha:
4b∗a = (a+ b)∗(a+ b)− (a− b)∗(a− b) + i(a+ ib)∗(a+ ib)− i(a− ib)∗(a− ib),
4a∗b = (a+ b)∗(a+ b)− (a− b)∗(a− b)− i(a+ ib)∗(a+ ib) + i(a− ib)∗(a− ib).Per ipotesi F è un funzionale positivo e linerare quindi:
4f(a∗b) = f((a+ b)∗(a+ b))− f((a− b)∗(a− b))+
+if((a+ ib)∗(a+ ib))− if((a− ib)∗(a− ib)) = 4f(b∗a).
(ii) Si dimostra in modo simile alla disuguaglianza di Cauchy-Schwarz pergli operatori.
Osservazione 3.1.6. In particolare se b = e, con e unità di A, allora siottiene:(i) f(a) = f(a∗);(ii) |f(a)|2 ≤ f(a∗a)f(e).
Esempio 3.1.7. Sia A una ∗-algebra di Banach simmetrica e commutati-va (per esempio, una C*-algebra). Allora ogni carattere φ ∈ ∆(A) è unfunzionale positivo, infatti:
φ(x∗x) = φ(x∗)φ(x) = φ(x)φ(x) = |φ(x)|2 ≥ 0.
Il viceversa non vale, infatti se in C([0, 1]) consideriamo φ(f) =∫ 1
0f(x)dx si
ha:
φ(f ∗f) =
1∫0
f(x)f(x)dx =
1∫0
|f(x)|2dx ≥ 0.
Tuttavia l'integrale non è moltiplicativo e quindi non può essere un carattere.
Denizione 3.1.8. Sia A una C∗-algebra. Un elemento a ∈ A è dettopositivo se a = a∗ e σ(a) ⊂ [0,+∞[. Indichiamo con A+ l'insieme di tutti glielementi positivi dell'algebra A.
Proprietà di A+ = a ∈ A : a ≥ 0:
(i) ∀a, b ∈ A+ ⇒ a+ b ∈ A+;
(ii) ∀λ ≥ 0 ,∀a ∈ A+ ⇒ λa ∈ A+;
(iii) A+ ∩ −A+ = 0.
3.1 Rappresentazioni 46
Osservazione 3.1.9. Le suddette proprietà deniscono un cono.
Dimostriamo la (iii):x ∈ A+ ∩ −A+ ⇒ x ∈ A+ ,−x ∈ A+ , σ(x) ⊂ [0,+∞[ e σ(−x) ⊂ [0,+∞[.Si ha che:
λ ∈ σ(x)⇔ −λ ∈ σ(−x).
Infatti x− λe non è invertibile ⇔ −x+ λe non è invertibile. Quindi:
σ(−x) = −σ(x).
In conclusione σ(x) = 0⇒ r(x) = 0. Ma per un elemento x = x∗ è noto cher(x) = ‖x‖.Pertanto ‖x‖ = 0⇒ x = 0.
Prima di procedere con il teorema successivo, sia A una C∗-algebra eindichiamo con
As = a ∈ A : a = a∗ .Ciò posto introduciamo un ordine: siano a, b ∈ As,
a ≤ b⇔ b− a ≥ 0.
Consideriamo a questo punto la C∗-algebra generata da x = x∗ ∈ A e dall'u-nità e di A. Indichiamo con Mx tale C∗-algebra. Una ovvia proprietà dellefunzioni continue aerma che se f(t) è continua allora
−‖f‖∞ ≤ f(t) ≤ ‖f‖∞ , ∀t.
Applichiamo tale proprietà alla trasformata di Gelfand dell'elemento x ∈Mx:
−‖x‖∞ ≤ x ≤ ‖x‖∞.
Ciò posto mostriamo che in ogni C∗-algebra commutativa si ha:
x ≥ y ⇔ x ≥ y.
Infatti,x ≥ y ⇔ x− y ≥ 0⇔ σ(x− y) ⊂ R+ ⇔
⇔ φ(x− y) ≥ 0 ∀φ ∈ ∆⇔ φ(x)− φ(y) ≥ 0 ∀ ⇔⇔ φ(x) ≥ φ(y) ∀φ ∈ ∆⇔ x ≥ y.
Tenuto conto del fatto che la trasformata di Gelfand è un'isometria, si con-clude che, se x = x∗,
−‖x‖e ≤ x ≤ ‖x‖e.
3.1 Rappresentazioni 47
Lemma 3.1.10. Sia A una C*-algebra e a un elemento di A con a = a∗. aè positivo se e soltanto se a = b∗b con b ∈ Ma (la C*-sottoalgebra generatada a).
Dimostrazione. Se a = b∗b con b ∈Ma per ogni carattere φ ∈ ∆(Ma) risulta
φ(a) = φ(b∗b) = φ(b∗)φ(b) = |φ(b)|2 ≥ 0.
Dato che σ(a) = φ(a);φ ∈ ∆(Ma) concludiamo che σ(a) ⊆ [0,+∞[. Vice-versa, a ≥ 0 ⇔ a ≥ 0. Sia b un elemento di Ma tale che b = a1/2. È allorachiaro che a = b2.
Lemma 3.1.11. Sia φ un funzionale lineare su A. φ è positivo se, e soltantose, φ(a) ≥ 0 per ogni a ∈ A+.
La dimostrazione segue immediatamente dal Lemma precedente.
Teorema 3.1.12. Sia A una C∗-algebra con unità e e sia φ un funzionalelineare su A. Allora si ha: φ è positivo ⇔ φ è continuo e ‖φ‖ = φ(e).
Dimostrazione. Supponiamo che φ sia un funzionale lineare positivo. Ado-perando la disuguaglianza di Cauchy - Schwarz (Osservazione 22. (ii) suifunzionali lineari positivi nel caso in cui b = e), si ha
|φ(x)| = |φ(ex)| ≤ φ(e)1/2φ(x∗x)1/2.
Poichè x∗x ≤ ‖x∗x‖e ⇒ ‖x∗x‖e − x∗x ≥ 0 ⇒ φ(x∗x) ≤ ‖x∗x‖φ(e). Sosti-tuendo si ha:
|φ(x)| ≤ φ(e)1/2φ(x∗x)1/2 ≤ φ(e)1/2‖x‖φ(e)1/2 = φ(e)‖x‖.
Quindi:‖φ‖ ≤ φ(e).
D'altro canto ‖φ‖ = sup‖x‖≤1 |φ(x)| ⇒ φ(e) ≤ ‖φ‖. Quindi:
‖φ‖ = φ(e).
Viceversa, mostriamo che φ(h) ⊂ R, per ogni h ∈ A, h = h∗. Sia φ = φ1+iφ2
con φ1, φ2 hermitiani (ossia φ(x∗) = φ(x)). Tale decomposizione si ottieneponendo
φ1(x) =φ(x) + φ(x∗)
2, φ2(x) =
φ(x)− φ(x∗)
2i.
3.1 Rappresentazioni 48
Si può supporre che φ(e) = 1 (se così non fosse, basterebbe sostituire φ conil funzionale ψ = φ
φ(e)). Si ha:
φ(e) = φ1(e) + iφ2(e)⇒ φ2(e) = 0, φ1(e) = 1.
Sia, dunque, h = h∗ ∈ A e x = αe− ih, α ∈ R. Si ha:‖x‖2 = ‖x∗x‖ = ‖(αe+ ih)(αe− ih)‖ = ‖α2e+ h2‖ ≤ α2 + ‖h‖2. Ma
|φ(x)|2 = |φ(αe− ih)|2 = |αφ(e)− iφ(h)|2 =
= |αφ1(e)− iφ1(h) + φ2(h)|2 = (αφ1(e) + φ2(h))2 + φ1(h)2 =
α2 + 2αφ2(h) + φ2(h)2 + φ1(h)2.
Quindi:α2 ≤ |φ(x)|2 − 2αφ2(h).
Pertanto: ‖x‖2 ≤ |φ(x)|2− 2αφ2(h) + ‖h‖2 ≤ ‖x‖2− 2αφ2(h) + ‖h‖2 (poichè|φ(x)| ≤ φ(e)‖x‖ con φ(e) = 1 per ipotesi). Quindi,
2αφ2(h) ≤ ‖h‖2, ∀α ∈ R
Questo implica che φ2(h) = 0 ed, in conclusione, che φ(h) è reale.Proviamo adesso la positività di φ. Supponiamo, per assurdo, che esista xtale che ‖x∗x‖ < 1 e φ(x∗x) < 0.Allora,
1 = φ(e) = φ(e−x∗x+x∗x) = φ(e−x∗x)+φ(x∗x) < φ(e−x∗x) ≤ ‖e−x∗x‖ ≤ 1
che è assurdo. In conclusione, φ è positivo.
Corollario 3.1.13. Sia A una C∗-algebra con unità e ed f un funzionalelineare positivo su A.Allora, ∀x, y ∈ A si ha:
|f(y∗xy)| ≤ ‖x‖f(y∗y), ∀x, y ∈ A.
Dimostrazione. Sia g(a) = f(y∗ay). Poichè per ipotesi f è un funzionalelineare positivo, si ha:
g(a∗a) = f(y∗a∗ay) ≥ 0.
Quindi anche g è un funzionale lineare positivo e per il teorema precedente(Teorema 3.1.1.) si ha:
‖g‖ = g(e) = f(y∗ey) = f(y∗y).
Pertanto,
|f(y∗xy)| = |g(x)| ≤ ‖g‖ · ‖x‖ = ‖x‖ · f(y∗y) ∀x, y ∈ A.
3.1 Rappresentazioni 49
Lemma 3.1.14. Sia % una rappresentazione di A in H e sia ξ un vettoreunitario di H. Allora la funzione f : A→ C denita come :
f(a) = (%(a)ξ, ξ)
soddisfa le seguenti:(i) f è un funzionale lineare,(ii) f(a∗a) ≥ 0 ∀a ∈ A;(iii) f(e) = 1;(iv) f è continua;(v) ‖f‖ = 1.
Dimostrazione. (i) f è evidentemente un funzionale. Proviamo che f èlineare: ∀a1, a2 ∈ A, ∀λ, µ ∈ C si ha
f(λa1 + µa2) = (%(λa1 + µa2)ξ, ξ) =
= (λ%(a1)ξ + µ%(a2)ξ, ξ) = (λ%(a1)ξ, ξ) + (µ%(a2)ξ, ξ) =
= λf(a1) + µf(a2).
(ii)f(a∗a) = (%(a∗a)ξ, ξ) = (%(a∗)%(a)ξ, ξ) = ‖%(a)ξ‖2 ≥ 0.
(iii)f(e) = (%(e)ξ, ξ) = (ξ, ξ) = ‖ξ‖2 = 1.
(iv) f è continua in virtù del Teorema 2.1.1..(v) E' una semplice applicazione del teorema precedente (Teorema 3.1.1.)tenendo presente che f(e) = 1 ovvero la (iii).
Denizione 3.1.15. Se f soddisfa le proprietà (i) − (v) del Lemma prece-dente allora f è detto stato di A.
Osservazione 3.1.16. In virtù della (ii) del Lemma precedente, uno statof è in particolare un funzionale lineare positivo.
Osservazione 3.1.17. Per il lemma precedente (Lemma 3.2.) è chiaro cheda ogni rappresentazione è possibile costruire almeno uno stato. L'obiettivodella costruzione G.N.S. è proprio il processo inverso.
3.2 Il teorema G.N.S. 50
3.2 Il teorema G.N.S.
Lemma 3.2.1. Sia A una C∗-algebra con unità e e sia f un funzionalelineare positivo. Indichiamo con
N = x ∈ A : f(x∗x) = 0 .
Allora N è un ideale sinistro di A e se indichiamo con [a] la classe diequivalenza di a nello spazio quoziente A/N allora:
([a], [b]) = f(b∗a)
denisce un prodotto interno in A/N .
Dimostrazione. Se x ∈ N ⇒ per la proprietà (ii) dei funzionali lineari posi-tivi|f(a∗x)|2 ≤ f(x∗x)f(a∗a) = 0 ∀a ∈ A. Quindi si ha:
N = x : f(a∗x) = 0 ∀a ∈ A .
Con questa caratterizzazione di N è chiaro che N è un ideale sinistro, infattise z ∈ A e x ∈ N allora:
f(a∗(zx)) = f((a∗z)x) = 0⇒ zx ∈ N.
Consideriamo pertanto A/N lo spazio quoziente e osserviamo che i suoi ele-menti sono classi di equivalenza [a] = a+N . Ciò posto mostriamo che f(b∗a)dipende solo dalle classi di a e b. Usando la proprietà (i) dei funzionali linearipositivi ∀x, y ∈ N si ha:
f((b+ y)∗(a+ x)) = f(b∗a) + f(b∗x) + f(y∗(a+ x)) =
= f(b∗a) + f(b∗x) + f((a+ x)∗y) = f(b∗a).
Quindi la relazione ([a], [b]) = f(b∗a) è ben denita. Proviamo che essadenisce un prodotto interno:(1)
(λ[a] + µ[b], [c]) = f(c∗(λa+ µb)) = f(c∗λa+ c∗µb) =
= f(c∗λa) + f(c∗µb) = λf(c∗a) + µf(c∗b) = λ([a], [c]) + µ([b], [c]);
(2) ([a], [b]) = f(b∗a) = f(a∗b) = ([b], [a]);(3) ([a], [a]) = f(a∗a) ≥ 0 ∀a ∈ A;(4) ([a], [a]) = 0⇒ f(a∗a) = 0⇒ a ∈ N ⇒ [a] = 0.
3.2 Il teorema G.N.S. 51
Il Lemma precedente mostra che A/N è uno spazio pre-hilbertiano ri-spetto alla norma ‖ · ‖ denita dal suddetto prodotto interno, ossia:
‖[x]‖A/N = ([x], [x])12 = f(x∗x)
12 .
Ciò posto è possibile completare A/N a spazio di Hilbert e indichiamo conHf il suo completamento.
Teorema 3.2.2. (Gelfand-Naimark-Segal) Dato uno stato f di una C∗-algebra con unità allora esistono una rappresentazione %f in uno spazio diHilbert Hf ed un vettore ξf ∈ Hf , tali che
f(a) = (%f (a)ξf , ξf ).
Il vettore ξf è ciclico per %f , nel senso che il sottospazio %f (a)ξf , a ∈ A èdenso in Hf .
Dimostrazione. Per ogni [x] ∈ A/N e a ∈ A deniamo:
%f (a)[x] = [ax].
Poichè N è un ideale sinistro allora %f (a) : A/N → A/N è un'applicazioneben denita, infatti:
[x] = [y]⇔ x− y ∈ N ⇒ a(x− y) ∈ N ⇔ [ax] = [ay].
Ovviamente %f (a) è lineare, infatti:
%f (a)[λx+ µy] = [a(λx+ µy)] =
= [aλx] + [aµy] = λ[ax] + µ[ay] = λ%f (a)[x] + µ%f (a)[y].
Mostriamo che ‖%(a)‖ ≤ ‖a‖ (non è possibile utilizzare il Teorema 2.1.1.poichèA/N non è, in generale, completo e quindi B(A/N) non è C∗-algebra):
‖%f (a)[x]‖2 = ‖[ax]‖2 = f(x∗a∗ax) ≤
≤ ‖a∗a‖f(x∗x) ≤ ‖a‖2([x], [x]) = ‖a‖2A · ‖[x]‖2
A/N .
Si osservi che f(x∗a∗ax) ≤ ‖a∗a‖f(x∗x) in virtù del Corollario 3.1. Quindi%f (a) è un operatore lineare e limitato su A/N . Ma A/N è denso in Hf equindi %f (a) si estende per continuità ad un operatore limitato su Hf . Ciòposto, osserviamo che l'applicazione a → %f (a) è un omomorsmo. Infatti,omessa la facile verica dell'uguaglianza %(λa+µb) = λ%(a)+µ%(b), per ogni
3.2 Il teorema G.N.S. 52
a, b ∈ A e λ, µ ∈ C, proviamo che %(a∗) = %(a)∗, per ogni a ∈ A. Si ha,infatti,
(%f (a)[x], [y]) = ([ax], [y]) = f(y∗ax)
= f((a∗y)∗x) = ([x], [a∗y]) = ([x], %f (a∗)[y]).
Quindi %f (a)∗ = %f (a∗) nel sottospazio denso A/N di Hf e, dunque, poichè
essi sono operatori limitati, sono uguali.Inoltre,
(%f (ab)[x], [y]) = f(y∗(ab)x) = f((y∗a)(bx))
= ([bx], ][a∗y]) = (%f (b)[x], %f (a∗)[y])
= (%f (b)[x], %f (a)∗[y]) = (%f (a)%f (b)[x], [y]).
Dunque %f (ab) = %f (a)%f (b), per ogni a, b ∈ A. Si vede facilmente, inoltre,che %f (e) è l'operatore identità su A/N .
Pertanto %f è una rappresentazione di A in Hf . Poniamo ξf := [e]. Siha, allora,
(%f (a)ξf , ξf ) = (%f (a)[e], [e]) = ([a], [e]) = f(a)
e poichè f è uno stato allora ‖ξf‖2Hf
= f(e∗e) = f(e) = 1.
Inne, risulta, evidentemente, %f (a)ξf , a ∈ A = [a], a ∈ A e que-st'ultimo sottospazio è denso in Hf per costruzione.
Teorema 3.2.3. La rappresentazione %f è unica a meno di equivalenze uni-tarie: cioè, se H ′f, %′f , ξ′f è una seconda terna costituita, nell'ordine, dauno spazio di Hilbert, una *-rappresentazione di A, un vettore ξ′f ∈ Hf ,ciclico, per i quali si verica che
f(a) = (%′f (a)ξ′f , ξ′f ), ∀a ∈ A,
allora usiste un operatore unitario U : Hf → H ′f tale che %′f (a) = U%f (a)U−1,
per ogni a ∈ A.
Dimostrazione. Supponiamo che esistano H ′f , %′f , ξ′f ∈ H ′f soddisfacenti le
condizioni dell'enunciato.Sia
U : %f (a)ξ → %′f (a)ξ′.
Proviamo che U è ben posta. Infatti,
%f (a)ξ = %f (b)ξf ⇒ %f (a− b)ξf = 0.
3.2 Il teorema G.N.S. 53
Dunque,
0 = ‖%(a− b)ξf‖2 = f((a− b)∗(a− b)) = ‖%′f (a− b)ξ′f‖2,
che implica %′f (a)ξ′f = %′f (b)ξ′f .
Inoltre,
‖%f (a)ξf‖2 = (%f (a)ξf , %f (a)ξf ) = (%f (a∗a)ξf , ξf )
= f(a∗a) = (%f (a∗a)′ξ′f , ξ
′f ) = (%′f (a
∗)%′f (a)ξ′f , ξ′f )
= ‖%′f (a)ξ′f‖2.
Quindi U è ben denita e conserva prodotto scalare e norma. U è, dunque,isometrico e invertibile e, quindi, è unitario.
Teorema 3.2.4. Sia A una C∗-algebra con unità e e sia a ∈ A. Allora esisteun funzionale lineare positivo f tale che f(e) = 1 e f(a∗a) = ‖a‖2.
Dimostrazione. Sia B = αe+ βa∗a : α, β ∈ C il sottospazio vettoriale diA generato da e e da a∗a. Sia g il funzionale lineare su B denito da
g(αe+ βa∗a) = α + β‖a‖2.
Mostriamo che g che è limitato. Si ha,
|g(αe+ βa∗a)| = |α + β‖a‖2|≤ sup |α + βλ| : λ ∈ σ(a∗a)= r(α + βa∗a) = ‖α + βa∗a‖.
Dalla disuguaglianza segue anche che ‖g‖ ≤ 1. Ma g(e) = 1 e, dunque, ‖g‖ =1. Il teorema di Hahn-Banach assicura allora l'esistenza di un funzionalelineare continuo f su A che estende g e tale che ‖f‖ = ‖g‖ = g(e) = 1. Peril Teorema 3.1.1., f è positivo e f(a∗a) = g(a∗a) = ‖a‖2.
Denizione 3.2.5. Siano Hα, α ∈ I, spazi di Hilbert. Posto
⊕α
Hα :=
(ξα) : α ∈ I, ξα ∈ Hα,
∑α
‖ξα‖2 <∞
,
⊕αHα è spazio di Hilbert, detto spazio somma diretta degli Hα, rispetto al
prodotto interno:((ξα), (ηα)) =
∑α
(ξα, ηα).
3.2 Il teorema G.N.S. 54
Lemma 3.2.6. Sia Hα, α ∈ I una famiglia di spazi di Hilbert. Per ogniα ∈ I, sia %α : A→ B(Hα) una *-rappresentazione di A in Hα.
Posto%(a)(ξα) = (%α(a)ξα), a ∈ A,
% è una *-rappresentazione di A in⊕
αHα.
La rappresentazione % così costruita è detta somma diretta delle %α edindicata anche con % := ⊕α%α.
Dimostrazione. Ci limitiamo a provare che, per ogni a ∈ A, (⊕α%α)(a) è unoperatore limitato in
⊕αHα. Si ha, per a ∈ A,
‖(⊕α%α)(a)(ξα)‖2 =∑α
‖%α(a)ξα‖2 ≤ ‖a‖2∑α
‖ξα‖2,
dove si è tenuto conto che, per il teorema 2.2.4, risulta ‖%(α)(a)‖ ≤ ‖a‖.
Teorema 3.2.7. (Gelfand-Naimark) Ogni C∗-algebra con unità e è isome-tricamente isomorfa ad una sotto-C∗-algebra di B(H).
Dimostrazione. Sia F la famiglia di tutti i funzionali lineari positivi f conf(e) = 1, cioè degli stati su A. Per ogni f ∈ F , costruiamo la rap-presentazione GNS %f nello spazio di Hilbert Hf con vettore ciclico ξf .Deniamo
H =⊕f∈F
Hf ,
e% =
⊕f∈F
%f .
Per il Teorema 3.2.3., per ogni a ∈ A esiste fa ∈ F tale che fa(a∗a) =‖a‖2. Si ha
‖%fa(a)‖2 ≥ ‖%fa(a)ξfa‖2 = fa(a∗a) = ‖a‖2.
Inoltre,‖%fa(a)‖ ≤ ‖%(a)‖ ≤ ‖a‖.
Dunque ‖%(a)‖ = ‖a‖, per ogni a ∈ A.Quindi % ha nucleo nullo ed è ∗isomorsmo nella sua immagine %(A) che èC∗-algebra.
Osservazione 3.2.8. Il Teorema 3.2.4. può essere enunciato equivalente-mente nel seguente modo:Ogni C∗-algebra ammette una rappresentazione fedele.