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APPUNTI DI CHIMICA GENERALE La spontaneità delle reazioni chimiche Si chiamano reazioni spontanee quelle che, nelle condizioni date, formano i prodotti indicati dalla relativa equazione, senza aiuti provenienti dall’esterno. Quando si immerge, per esempio, una lamina di zinco, di colore grigio, in una soluzione di solfato di rame, caratterizzata da una colorazione azzurra, si nota che il metallo si ricopre di un deposito bruno, mentre l’azzurro della fase liquida diviene sempre meno intenso. Questo perché si verifica la reazione: Zn (s) + CuSO 4(aq) Cu (s) + ZnSO 4(aq) Al contrario, l’equazione: Cu (s) + ZnSO 4(aq) Zn (s) + CuSO 4(aq) è quella di una reazione che non avviene, se non in determinate condizioni operative, ossia con l’apporto esterno di energia. In altre parole esistono delle reazioni che non si verificano, pur potendone scrivere e bilanciare la relativa equazione: si tratta di reazioni non spontanee. La valutazione della spontaneità o non spontaneità di un processo chimico è il fine che si propone la termodinamica, attraverso lo studio degli scambi di energia, sotto forma di calore e di lavoro, che accompagnano le trasformazioni chimiche, e dei fattori, come la temperatura, che le possono influenzare. Entalpia: il contenuto termico delle sostanze Ogni sostanza, a seconda dei legami chimici che uniscono i suoi atomi e del suo stato fisico, è caratterizzata da una certa quantità di energia. Nel corso di una reazione chimica, il tipo e il numero di legami presenti nel sistema cambiano, poiché si rompono quelli che costituiscono le specie reagenti e se ne formano di nuovi nelle specie prodotte. Inoltre può cambiare anche lo stato fisico delle sostanze presenti prima e dopo la reazione. Ogni reazione è pertanto accompagnata da una variazione di energia del sistema, ΔE, che si manifesta sotto forma di calore, Q, e/o di lavoro,L. Queste tre variabili sono collegate dalla legge: ΔE = Q – L che esprime il primo principio della termodinamica, noto anche come principio di conservazione dell’energia: ”in una trasformazione, la somma delle energie del sistema e dell’ambiente è uguale prima e dopo la trasformazione stessa”. Esso indica che la variazione di energia ΔE di un sistema è uguale alla somma algebrica del calore Q e del lavoro prodotto – L. 1

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APPUNTI DI CHIMICA GENERALE

La spontaneità delle reazioni chimiche Si chiamano reazioni spontanee quelle che, nelle condizioni date, formano i prodotti indicati dalla relativa equazione, senza aiuti provenienti dall’esterno. Quando si immerge, per esempio, una lamina di zinco, di colore grigio, in una soluzione di solfato di rame, caratterizzata da una colorazione azzurra, si nota che il metallo si ricopre di un deposito bruno, mentre l’azzurro della fase liquida diviene sempre meno intenso. Questo perché si verifica la reazione: Zn(s) + CuSO4(aq) Cu(s) + ZnSO4(aq) Al contrario, l’equazione: Cu(s) + ZnSO4(aq) Zn(s) + CuSO4(aq) è quella di una reazione che non avviene, se non in determinate condizioni operative, ossia con l’apporto esterno di energia. In altre parole esistono delle reazioni che non si verificano, pur potendone scrivere e bilanciare la relativa equazione: si tratta di reazioni non spontanee. La valutazione della spontaneità o non spontaneità di un processo chimico è il fine che si propone la termodinamica, attraverso lo studio degli scambi di energia, sotto forma di calore e di lavoro, che accompagnano le trasformazioni chimiche, e dei fattori, come la temperatura, che le possono influenzare. • Entalpia: il contenuto termico delle sostanze Ogni sostanza, a seconda dei legami chimici che uniscono i suoi atomi e del suo stato fisico, è caratterizzata da una certa quantità di energia. Nel corso di una reazione chimica, il tipo e il numero di legami presenti nel sistema cambiano, poiché si rompono quelli che costituiscono le specie reagenti e se ne formano di nuovi nelle specie prodotte. Inoltre può cambiare anche lo stato fisico delle sostanze presenti prima e dopo la reazione. Ogni reazione è pertanto accompagnata da una variazione di energia del sistema, ΔE, che si manifesta sotto forma di calore, Q, e/o di lavoro,L. Queste tre variabili sono collegate dalla legge: ΔE = Q – L che esprime il primo principio della termodinamica, noto anche come principio di conservazione dell’energia: ”in una trasformazione, la somma delle energie del sistema e dell’ambiente è uguale prima e dopo la trasformazione stessa”. Esso indica che la variazione di energia ΔE di un sistema è uguale alla somma algebrica del calore Q e del lavoro prodotto – L.

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In un sistema chimico il lavoro L diventa significativo soltanto quando si formano sostanze gassose, perché il gas che si sviluppa compie un lavoro di espansione causato dalla variazione di volume ΔV. Poiché a pressione costante P, il lavoro del gas è espresso dalla relazione L = P · ΔV, il primo principio della termodinamica si può scrivere nella forma: ΔE = Q – P · ΔV Il calore scambiato a pressione costante (Qp) detto calore di reazione, è pertanto: Qp = ΔE + P · ΔV Per rappresentare E + P · V è stata introdotta una funzione termodinamica chiamata entalpia, che si indica con H, il cui valore dipende dall’energia del sistema, dalla pressione e dal volume: H = E + P · V Sebbene l’entalpia di una sostanza o di un sistema non possa essere valutata, si può invece misurare la variazione di entalpia che subisce un sistema in un processo o in una reazione. Nel caso di una reazione a pressione costante, la variazione di entalpia, ΔH, vale: ΔH = ΔE + P · ΔV Dalle formule scritte si vede che ΔH = Qp ossia: la variazione di energia di un sistema, ΔH, in una reazione che avviene a pressione costante, corrisponde al calore di reazione , Qp, assorbito o sviluppato dal sistema; convenzionalmente ΔH > 0 se il calore è assorbito e ΔH < 0 se il calore è ceduto. Poiché normalmente le reazioni chimiche avvengono a pressione atmosferica e quindi costante, il calore Qp che il sistema scambia con l’esterno può essere misurato, consentendo così di calcolare la variazione di entalpia del sistema. Per rispettare la convenzione adottata per i segni, la relazione tra calore scambiato dall’ambiente esterno nel corso di una reazione (Qamb) e la variazione di entalpia del sistema (ΔH) è: Qamb = - ΔH dove: ΔH = Σ Hprodotti – Σ Hreagenti Calori di reazione importanti sono il calore o entalpia di formazione di un composto. L’entalpia di formazione di un composto, ΔHf, è misurata dal calore scambiato (sviluppato o assorbito) quando si forma una mole di composto a partire dai suoi elementi. Dal momento che il valore del ΔH dipende dalla temperatura e dalla pressione alla quale si verifica una reazione, sia essa di formazione o qualsiasi altra, per rendere confrontabili fra loro i valori dei ΔHf sono state stabilite certe condizioni sperimentali standard (c.s.) per la loro determinazione. Si definisce come stato standard di un elemento o di un composto la sua forma molecolare, o di aggregato, più stabile e più diffusa in natura, alla temperatura T di 298 K (25 °C) e alla pressione P di 1 atmosfera.

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Le entalpie determinate in condizioni standard vengono indicate come ΔHf° nel caso delle entalpie di formazione di un composto dagli elementi, e come ΔH° se entalpie di reazione. Le entalpie molari standard degli elementi sono convenzionalmente nulle. Esempi: reazione ΔHf° (kJ · mol-1) 1) 1/2 H2(g) + 1/2 Cl2(g) HCl(g) -92,3 2) H2(g) + 1/2 O2(g) H2O(g) -242 3) H2(g) + 1/2 O2(g) H2O(l) -286 4) 1/2 N2(g) + 1/2 O2(g) NO(g) 90,4 5) 1/2 N2(g) + O2(g) NO2(g) 33,1 Le equazioni debbono sempre riportare lo stato delle sostanze in gioco. Come si vede dalle equazioni 2 e 3 il ΔHf° è diverso a seconda che venga prodotta acqua liquida o vapore acqueo. Nelle equazioni, inoltre, si utilizzano coefficienti frazionari poiché ci si riferisce sempre alla formazione di un’unica mole di composto. • Reazioni esotermiche ed endotermiche: gli scambi di calore Quando in una reazione si passa da reagenti caratterizzati da un alto contenuto di energia a prodotti con un più basso contenuto, la differenza tra l’energia dello stato iniziale del sistema, quello dei reagenti, e l’energia dello stato finale rappresentato dai prodotti viene liberata sotto forma di calore ceduto all’ambiente. Poiché nelle normali condizioni di pressione e temperatura a cui avvengono le reazioni chimiche, la variazione di energia di un sistema è rappresentata dalla variazione della sua entalpia (ΔH), si può dire che: le reazioni esotermiche, che avvengono cioè con liberazione di calore nell’ambiente, hanno ΔH < 0. Esempi: reazione Qamb ΔH° (kJ) 1) C3H8(g) + 5 O2(g) 3 CO2(g) + 4 H2O(l) 2506 -2506 2) Mg(s) + 1/2 O2(g) MgO(s) 602 -602 3) H2(g) + 1/2 O2(g) H2O(l) 286 -286 4) CH4(g) + 2 O2(g) CO2(g) + 2 H2O(l) 890 -890 Per una particolare reazione il ΔH° è riferito alle moli di reagenti e di prodotti indicate dai coefficienti nell’equazione bilanciata. Anche in questo caso nelle equazioni deve essere sempre specificato lo stato fisico delle sostanze in gioco.

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La situazione contraria a quella appena considerata si realizza quando in una reazione reagenti a basso contenuto energetico formano prodotti ad alta energia: in tal caso è necessario un assorbimento di calore dall’ambiente. Pertanto: le reazioni endotermiche, che avvengono cioè con assorbimento di calore nell’ambiente, hanno ΔH > 0. Esempi: reazione Qamb ΔH° (kJ) 1) C(s) + H2O(g) CO(g) + H2(g) -131 131 2) CaCO3(s) CaO(s) + CO2(g) -176 176 3) H2O(l) H2(g) + 1/2 O2(g) -286 286 4) Cu(s) + H2O(g) CuO(s) + H2(g) -86,6 86,6 Come si può notare, la reazione di dissociazione dell’acqua liquida in idrogeno e ossigeno gassosi richiede la stessa quantità di calore liberata nella sintesi di acqua liquida a partire dagli elementi. Infatti: la variazione di entalpia di una reazione ha lo stesso valore, con segno cambiato, di quella della reazione che avviene in senso opposto. Reazione esotermica ΔH < 0 Reazione endotermica ΔH > 0 H H reagenti prodotti calore ceduto calore assorbito prodotti reagenti tempo tempo • La legge di Hess: calcolo teorico del ΔH di una reazione Quando non è possibile determinare il calore di reazione (ΔH) per via sperimentale, si ricorre al fatto che l’entalpia è una funzione di stato, cioè che le sue variazioni dipendono solo dallo stato del sistema. Quindi la variazione di entalpia, associata a una data reazione, può essere calcolata considerando solo lo stato iniziale e quello finale del sistema, indipendentemente dagli stati intermedi attraverso cui esso passa. Da tale proprietà discende la legge di Hess, secondo la quale: il ΔH di una reazione, che può essere espressa come somma algebrica di più reazioni, è dato dalla somma algebrica dei ΔH di queste reazioni.

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In pratica, quando il ΔH di una reazione non è misurabile, si deve ricercare un gruppo di altre reazioni di cui sia noto o sia misurabile il ΔH, le quali, opportunamente combinate, diano un’equazione che parte dagli stessi reagenti e arriva agli stessi prodotti della reazione voluta. Se si vuole per esempio calcolare il ΔH della reazione:

C(s) + 1/2 O2(g) CO(g) e sono noti i valori dei ΔH° delle seguenti reazioni: 1) C(s) + O2(g) CO2(g) ΔH°1 = -393,5 kJ · mol-1 2) CO(g) + 1/2 O2(g) CO2(g) ΔH°2 = -283,0 kJ · mol-1 Sottraendo membro a membro le due equazioni si ricava:

C(s) + O2(g) - CO(g) - 1/2 O2(g) CO2(g) - CO2(g)

che, semplificata, dà

C(s) + 1/2 O2(g) CO(g) Ossia la reazione di cui si vuole calcolare il ΔH. Pertanto, combinando nello stesso modo i relativi ΔH°, quello della reazione in questione è dato da:

ΔH = ΔH°1 - ΔH°2 Ovvero in termini numerici:

ΔH = -393,5 kJ · mol-1 – (-283,0 kJ · mol-1) = -110,5 kJ · mol-1 Che rappresenta il ΔH°f dell’ossido di carbonio CO. Più generalmente, la legge di Hess afferma che: il ΔH di una reazione si ottiene sommando al ΔH°f dei prodotti il ΔH°f dei reagenti, ciascuno moltiplicato per il proprio coefficiente stechiometrico:

ΔH = Σ ΔH°f prodotti – Σ ΔH°f reagenti Proviamo a calcolare, utilizzando la legge di Hess, il ΔH della reazione:

Cl2(g) + 2 HBr(g) 2 HCl(g) + Br2(l) Sapendo che i ΔH°f di HCl e di HBr sono rispettivamente –92,0 kJ · mol-1 e –36,4 kJ · mol-1. Ricordando che i ΔH°f degli elementi presenti nella reazione sono nulli, poiché si fa riferimento al cloro gassoso e al bromo liquido, cioè al loro stato nelle condizioni standard, si può scrivere:

ΔH = 2 · (-92,0) + 0 - [0 + 2 · (-36,4)] = -111,2 kJ 5

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• Entalpia e spontaneità L’esperienza quotidiana suggerisce che qualsiasi sistema tende spontaneamente ad andare da situazioni con elevato contenuto di energia potenziale (capacità di compiere lavoro associata alla posizione di un corpo) a situazioni più stabili, cioè con minore energia potenziale. Poiché l’energia potenziale di un composto chimico può essere identificata con il suo contenuto di entalpia, si potrebbe pensare che solo le reazioni esotermiche siano spontanee, dato che procedono da reagenti ad alto contenuto energetico verso prodotti con basso contenuto, come testimonia il calore liberato. In realtà si riscontrano molte eccezioni. La reazione: Hg(l) + 1/2 O2(g) HgO(s) ΔH = -90,8 kJ/mol Pur essendo esotermica, avviene spontaneamente solo a temperature elevate, mentre a temperatura ambiente non procede. Al contrario, alcune reazioni o processi endotermici avvengono spontaneamente. L’assorbimento di calore che si verifica quando alcune sostanze passano in soluzione è sfruttato per la preparazione di impacchi freddi istantanei (confezioni che contengono acqua e, separatamente, NH4NO3 solido). L’esistenza di reazioni endotermiche spontanee e di reazioni esotermiche che non procedono spontaneamente indica che lo sviluppo di calore non è una condizione sufficiente a determinare la spontaneità di una reazione. È necessario tener conto anche di un’altra grandezza: l’entropia. • L’entropia: la misura del disordine Quando si mescola un mazzo di carte è altamente improbabile che esse si dispongano secondo una sequenza prestabilita. È normale invece trovarle distribuite nel mazzo in modo del tutto casuale. Analogamente, è altamente probabile che un sistema formato da oggetti diversi si presenti in forma disordinata; inoltre tale probabilità aumenta con l’aumentare del numero di oggetti presenti. Gli stati di aggregazione della materia sono contraddistinti dall’ordine-disordine delle particelle. Si passa dallo stato altamente ordinato, tipico dei solidi, allo stato totalmente disordinato degli aeriformi.

S

solido liquido gas

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La solubilizzazione di un composto comporta anch’essa un aumento del disordine del sistema (solvente + soluto) dato che le particelle del soluto, molecole o ioni che siano, passano dallo stato di ordine e immobilità rappresentato dal reticolo, al movimento e alla loro dispersione tra le molecole del solvente. La funzione termodinamica che misura il grado di disordine di un sistema, e quindi la probabilità della sua esistenza, è chiamata entropia, ed è indicata con S. L’entropia, che si esprime in J · K-1, venne introdotta da R. Clausius (1850) secondo un approccio diverso da quello probabilistico proposto successivamente da L. Boltzmann. La variazione di entropia di una reazione chimica dipende dalle trasformazioni che le molecole subiscono, oltre che dal grado di disordine relativo allo stato di aggregazione dei prodotti e dei reagenti. In una reazione chimica un aumento di entropia si verifica quando: - reagenti solidi o liquidi formano prodotti gassosi; - il numero delle molecole dei prodotti è maggiore di quello dei reagenti.

S La variazione di entropia di un sistema in una reazione è indicata con ΔS ed è uguale alla differenza tra la somma delle entropie dei prodotti e quella delle entropie dei reagenti:

ΔS = Σ Sprodotti - Σ Sreagenti In base a tale definizione si può dire che: nelle reazioni o nei processi in cui l’entropia dei prodotti è maggiore di quella dei reagenti, si verifica un aumento di disordine del sistema e ΔS > 0, mentre quando l’entropia dei prodotti è minore di quella dei reagenti lo stato finale del sistema è meno disordinato di quello iniziale: ΔS < 0. Esempi: reazione ΔS (J · K-1) 1) 2 SO2(g) + O2(g) 2 SO3(g) -189,6 2) 2 H2(g) + O2(g) 2 H2O(g) -377,4 3) CaCO3(s) CaO(s) + CO2(g) 160,8 4) 2 NaHCO3(s) Na2CO3(s) + H2O(g) + CO2(g) 334;1

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Come si può vedere dai dati riportati, le prime due reazioni presentano ΔS < 0 e quindi una diminuzione del disordine. Infatti in entrambi i casi si produce una situazione più ordinata perché dalle tre molecole di reagenti di specie diversa si passa a due molecole uguali di prodotto. Le ultime due reazioni sono invece caratterizzate da ΔS > 0 perché avvengono con un aumento del disordine. Infatti da reagenti allo stato solido si passa a più prodotti, alcuni dei quali gassosi. Queste due reazioni, pertanto, dal punto di vista entropico, dovrebbero essere spontanee. In realtà a temperatura ambiente non sono spontanee, mentre lo divengono a temperature elevate. Dunque, né il solo fattore entalpico, né il solo fattore entropico consentono di prevedere se una reazione è spontanea. È necessario tener conto di entrambi, oltre che della temperatura a cui avviene la reazione. • Energia libera La spontaneità di una reazione o di un processo è misurata dalla variazione di una funzione termodinamica G, introdotta verso il 1880 da J. W. Gibbs, chiamata, in suo onore, energia libera di Gibbs. Il ΔG tiene conto contemporaneamente delle tre variabili ΔH, ΔS e T (espressa in K) secondo la relazione:

ΔG = ΔH – T · ΔS Nei processi spontanei ΔG < 0, nei processi non spontanei ΔG > 0. Una situazione particolare si verifica quando ΔG = 0. Il sistema si trova in queste condizioni in uno stato di equilibrio in cui minime variazioni delle grandezze chimiche o fisiche possono rendere spontanee la formazione dei prodotti oppure la ricostituzione dei reagenti. Vediamo ora come influiscono sul segno e sul valore del ΔG i contributi del ΔH e del ΔS di una reazione, e della T alla quale si opera. 1) Reazione esotermica con aumento di disordine: ΔH < 0 e ΔS > 0 Poiché le temperature assolute sono sempre positive, i segni di ΔH e ΔS assicurano che ΔG < 0 a qualsiasi temperatura e che quindi la reazione è sempre spontanea. Consideriamo la combustione del propano:

C3H8(g) + 5 O2(g) 3 CO2(g) + 4 H2O(g) La reazione è caratterizzata da: ΔH = -2251 kJ · mol-1; ΔS = 98,2 J · K-1 · mol-1. Nella reazione si libera calore (ΔH < 0) ed essa comporta un aumento del disordine (ΔS > 0), dato che il numero di molecole dei prodotti è maggiore di quello dei reattivi. Entrambi i fattori favoriscono la reazione, per cui a qualsiasi temperatura si avrà ΔG < 0: la reazione sarà sempre spontanea. 2) Reazione endotermica con diminuzione del disordine: ΔH > 0 e ΔS < 0 È il caso esattamente opposto a quello precedentemente descritto. Una reazione che assorba calore (ΔH > 0) e proceda verso uno stato più ordinato di quello iniziale (ΔS < 0) presenterà ΔG > 0 a qualsiasi temperatura: la reazione non avviene mai spontaneamente. Consideriamo la reazione opposta a quella di combustione del metano, cioè la produzione di metano e ossigeno a partire da acqua e anidride carbonica:

CO2(g) + 2 H2O(g) CH4(g) + 2 O2(g) 8

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Per essa si può calcolare: ΔH = 890 kJ · mol-1; ΔS = -243 J · K-1 · mol-1. Nella reazione si ha assorbimento di calore (ΔH > 0) ed essa comporta una diminuzione del disordine (ΔS < 0). Tutti e due i fattori non sono favorevoli alla spontaneità, per cui a qualsiasi temperatura si avrà ΔG > 0. La reazione non è mai spontanea. Infatti se ciò accadesse, cioè se si potesse produrre spontaneamente metano partendo da anidride carbonica e acqua, avremmo risolto il problema delle risorse energetiche! 3) Reazione esotermica con diminuzione del disordine: ΔH < 0 e ΔS < 0 È una possibilità che si verifica frequentemente nelle reazioni chimiche. Poiché il fattore entalpico (ΔH < 0) è favorevole al procedere spontaneo della reazione e quello entropico (ΔS < 0) vi si oppone, acquista importanza il valore della temperatura. Essa moltiplica il fattore entropico sfavorevole, pertanto alle basse temperature la reazione è spontanea e non lo è alle alte temperature. Ovviamente il significato di temperatura alta o bassa è relativo a ogni specifico processo in quanto è collegato ai valori del ΔH e del ΔS. C’è infatti un valore di temperatura: T = ΔH / ΔS al quale il senso della spontaneità del processo si inverte in funzione del valore dei contributi entalpici ed entropici. Se si considera, per esempio, la reazione di formazione del triossido di zolfo:

SO2(g) + 1/2 O2(g) SO3(g)

Essa presenta: ΔH = -98,3 kJ · mol-1; ΔS = -9,48 · 10-2 kJ · K-1 · mol-1. Pertanto la temperatura alla quale si verifica l’inversione del senso spontaneo della reazione è:

T = -98,3 kJ · mol-1 / -9,48 · 10-2 kJ · K-1 · mol-1 = 1037 K

Al di sotto di questa temperatura ΔG < 0, pertanto la reazione indicata avviene spontaneamente, mentre al di sopra è spontanea la reazione opposta. 4) Reazione endotermica con aumento di disordine: ΔH > 0 e ΔS > 0 Anche questo è un caso di reazione chimica che si presenta molto spesso. Poiché il fattore entalpico (ΔH > 0) è sfavorevole alla spontaneità della reazione e quello entropico (ΔS > 0) la favorisce, ancora una volta la temperatura è determinante: alle alte temperature la reazione è spontanea, mentre alle basse temperature non avviene. Anche in questo caso si può determinare la temperatura alla quale si ha l’inversione del comportamento del sistema con la formula: T = ΔH / ΔS. Si consideri la reazione:

CaCO3(s) CaO(s) + CO2(g) che presenta: ΔH = 179,3 kJ · mol-1; ΔS = 1,608 · 10-1 kJ · K-1 · mol-1. La temperatura che indica inversione del comportamento è:

T = 179,3 kJ · mol-1 / 1,608 · 10-1 kJ · K-1 · mol-1 = 1115 K

Pertanto solo al di sopra dei 1115 K, ΔG < 0 e la decomposizione del carbonato di calcio è spontanea, mentre al di sotto di tale temperatura è spontanea la sua formazione a partire da CaO e CO2.

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DISSOLUZIONE IN ACQUA Dissociazione ionica La dissociazione è il meccanismo di dissoluzione che riguarda i composti ionici (solidi ionici con reticoli cristallini). Le molecole fortemente polari di H2O disgregano il reticolo, vincendo le forze di attrazione elettrostatica tra gli ioni di segno opposto che lo formano. Si producono ioni idratati (solvatazione) che conservano la carica del rispettivo ione. H2O Es: Na+Cl-

(s) Na+(aq) + Cl-

(aq) Ionizzazione Coinvolge composti formati da molecole polari, l’H2O rompe i legami covalenti polari posti all’interno di ogni molecola, generando ioni che non esistevano come tali. δ+ δ- Es: HCl(g) + H2O(l) H3O+

(aq) + Cl-(aq)

ione ossonio Solubilizzazione Coinvolge i composti molecolari, l’H2O rompe i deboli legami che esistono fra le molecole (legami intermolecolari), liberando molecole intere, elettricamente neutre, che si disperdono in seno all’acqua. H2O Es: C12H22O11(s) C12H22O11(aq) (molecola idratata) Elettroliti Sono elettroliti tutte le sostanze che, disciolte in acqua, producono ioni positivi e ioni negativi, sia mediante ionizzazione, sia mediante dissociazione. Tutte le soluzioni elettrolitiche sono in grado di condurre la corrente elettrica. molecole dissociate Grado di dissociazione (α) = molecole totali pertanto sono: - elettroliti forti le sostanze completamente dissociate (α = 1) - elettroliti deboli le sostanze poco dissociate (α < 1) Sono elettroliti gli acidi, le basi e i sali.

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Secondo la teoria di Arrhenius, sono: acidi le sostanze che, sciolte in acqua liberano ioni H+ (protoni) es: HNO3(s) + H2O(l) H3O+

(aq) + NO3-(aq)

basi le sostanze che, sciolte in acqua, liberano ioni ossidrili OH- H2O es: KOH(s) K+

(aq) + OH-(aq)

I sali, in presenza di acqua, producono ioni positivi (cationi) e ioni negativi (anioni). H2O es: KBr(s) K+

(aq) + Br-(aq)

(NH4)3PO4(s) + H2O(l) 3 NH4

+(aq) + PO4

3-(aq)

COSTANTE DI EQUILIBRIO Quando l’intera massa dei reagenti si è trasformata nei prodotti, la reazione è completa (es: tutte le combustioni). Tali reazioni si dicono anche irreversibili. La maggior parte delle reazioni invece non vanno a compimento, sono incomplete, in uno stato di apparente equilibrio (accanto ai prodotti si trovano reagenti residui), sono reversibili. Una reazione reversibile può avvenire in entrambe le direzioni: sintesi H2(g) + I2(g) 2 HI(g) (1) decomposizione sintesi = reazione diretta; decomposizione = reazione inversa V = velocità di reazione T = tempo V reazione diretta reazione inversa T Lo stato di equilibrio del sistema è di tipo dinamico perché a livello microscopico le reazioni continuano alla stessa velocità.

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LEGGE DELL’EQUILIBRIO CHIMICO O DELL’AZIONE DI MASSA (GULDBERG e WAAGE, Norvegia 1865)

A una data temperatura costante, il rapporto tra il prodotto delle concentrazioni molari (moli/litro) dei prodotti della reazione, elevate ciascuna al proprio coefficiente stechiometrico, e il prodotto delle concentrazioni molari dei reagenti, elevate anch’esse al proprio coefficiente stechiometrico, è costante. Es: a 425 °C per la reazione (1) [HI]2 Keq = = 54,40 [H2] ⋅ [I2] • Una costante di equilibrio piccola (Keq < 1) significa che la reazione è spostata a sinistra. • Una costante di equilibrio grande (Keq > 1) significa che la reazione è spostata a destra. Principio di Le Chatelier Se un sistema all’equilibrio viene perturbato, esso reagisce in un modo da controbilanciare la causa della perturbazione. a) Effetto della variazione di concentrazione di una delle specie chimiche del sistema reattivo,

senza variare la temperatura (reazione1): - sottraendo HI l’equilibrio si sposta a destra - aggiungendo H2 oppure I2 l’equilibrio si sposta a destra non cambia la Keq - aggiungendo HI l’equilibrio si sposta a sinistra b) Effetto della variazione di pressione o di volume nell’ambiente di reazione. Es: N2(g) + 3 H2(g) 2 NH3(g) ………..1 v. M. + 3 v. M 2 v.M. [NH3]2 v. M. = volume molare Keq = [N2] ⋅ [H2]3 la reazione avviene spontaneamente con diminuzione di volume: - comprimendo l’equilibrio si sposta verso destra non cambia la Keq - decomprimendo l’equilibrio si sposta verso sinistra

Se in una reazione non si ha variazione del volume, un cambiamento della pressione non influisce sull’equilibrio.

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c) Effetto della variazione di temperatura. endotermica [NO2]2

Es: N2O4 2 NO2 ……… Keq = esotermica [N2O4] • reazione endotermica - l’aumento della temperatura sposta l’equilibrio a destra - la diminuzione della temperatura sposta l’equilibrio a sinistra cambia la Keq • reazione esotermica - l’aumento della temperatura sposta l’equilibrio a sinistra - la diminuzione della temperatura sposta l’equilibrio a destra

PRODOTTO DI SOLUBILITÀ (Kps) L’equilibrio a cui si giunge quando si pone in un solvente una quantità di sostanza maggiore di quella che vi si può disciogliere è detto equilibrio di solubilità. L’equilibrio di solubilità del AgCl (sale poco solubile in acqua) viene così rappresentato: H2O AgCl(s) Ag+

(aq) + Cl-(aq) per cui,

[Ag+

(aq)] ⋅ [Cl-(aq)]

Keq = dalla quale si ricava, [AgCl(s)] Keq ⋅ [AgCl(s)] = [Ag+

(aq)] ⋅ [Cl-(aq)]

Poiché la concentrazione del solido è costante, anche il termine Keq ⋅ [AgCl(s)] sarà costante, esso viene denominato prodotto di solubilità (Kps), pertanto: Kps = [Ag+

(aq)] ⋅ [Cl-(aq)]

Tutti i conposti ionici solidi hanno un proprio Kps che varia solo con la temperatura. Il prodoto di solubilità è un numero che rappresenta il prodotto delle concentrazioni degli ioni del composto in una soluzione satura, elevate ciascuna con il proprio coefficiente stechiometrico. Esempio: a 25 °C - Kps CaSO4 = 2,5 ⋅ 10-5 - Kps BaSO4 = 1,1 ⋅ 10-10 quindi, il CaSO4 è più solubile del BaSO4.

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Esercizi: 1) Il carbonato di stronzio (SrCO3), alla temperatura di 25 °C, ha Kps = 1,6 · 10-9. Determinare le

moli di SrCO3 che si trovano disciolte in un litro di soluzione. Soluzione: Kps = [Sr2+] · [CO3

2-] = 1,6 · 10-9 mol = 1,6 · 10-9 = 16 · 10-10 = 4 · 10-5 2) Uno studente cerca di preparare alcune soluzioni con le seguenti concentrazioni ioniche: [Ca2+] = 10-3 M [Ag+] = 10-9 M [Cu2+] = 10-9 M [Cl-] = 10-3 M [OH-] = 10-2 M [SO4

2-] = 10-4 M Riferendoti alla tabella, prevedi se si formerà o no un precipitato di: a) CaSO4 b) Cu(OH)2 c) AgCl d) Ca(OH)2 a 25 °C

sostanza Kps CaSO4 2,5 · 10-5

BaSO4 1,1 · 10-10 CaCO3 4,8 · 10-9 AgCl 1,8 · 10-10

Ca(OH)2 1,3 · 10-6 Cu(OH)2 1,6 · 10-19

Soluzione:

a) CaSO4 = [Ca2+] · [SO42-] = [10-3] · [10-4] = 10-7 ………..NON si formerà un precipitato

b) Cu(OH)2 = [Cu2+] · [OH-]2= [10-9] · [10-2]2 = 10-13 ..........SI formerà un precipitato

c) AgCl = [Ag+] · [Cl-] = [10-9] · [10-3] = 10-12 ……………NON si formerà un precipitato d) Ca(OH)2 = [Ca2+] · [OH-]2= [10-3] · [10-2]2 = 10-7 ...........NON si formerà un precipitato

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TEORIA DI BRÖNSTED-LOWRY (1923) Indipendentemente l’uno dall’altro, diedero una definizione più ampia di acido e di base: - è un acido una sostanza capace di cedere protoni (H+); - è una base una sostanza capace di acquistare protoni (H+). Pertanto con questa teoria il termine base non indica più soltanto le sostanze che contengono nella propria formula lo ione idrossido OH-. coppia conuigata Es: NH3 + H2O NH4

+ + OH- base acido acido base coppia coniugata coppia coniugata HCl + H2O Cl- + H3O+ acido base base acido coppia coniugata Non è possibile definire in assoluto una sostanza come acido o come base, ma questa deve essere definita solo relativamente ad un’altra sostanza, con la quale reagisce (vedi l’acqua nelle reazioni sopra rappresentate).

PRODOTTO IONICO DELL’ACQUA (Kw) Se si misura la conducibilità elettrica dell’acqua pura con strumenti molto sensibili, si osserva che essa conduce la corrente elettrica, anche se in minima quantità. In effetti, secondo la teoria di Brönsted-Lowry, esiste un equilibrio tra le molecole: H2O + H2O H3O+ + OH- che a 25 °C presenta il seguente valore, base acido acido base

[H3O+] · [OH-] Keq = = 3,25 · 10-18 [H2O]2 La reazione è fortemente spostata a sinistra tanto da poter considerare la concentrazione dell’acqua costante. Essendo 18 la massa molare dell’acqua, la sua concentrazione molare è: 1000g/L = 55,5 mol/L pertanto, 18g/mol Keq · [H2O]2 = [H3O+] · [OH-] da cui Kw = Keq · [H2O]2 = 3,25 · 10-18 · (55,5)2 = 1,0 · 10-14 quindi, Kw = [H3O+] · [OH-] = 1,0 · 10-14 oppure,

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Page 16: Appunti Di Chimica Generale

Kw = [H+] · [OH-] = 1,0 · 10-14 = prodotto ionico dell’acqua pertanto, nell’acqua pura: [H+] = [OH-] = 1,0 · 10-14 = 1,0 · 10-7 mol/L Il valore del prodotto ionico dell’acqua è costante a temperatura costante e resta tale in tutte le soluzioni acquose. Es: se la [H+] è 1,0 · 10-2 mol/L, quale sarà la concentrazione degli ioni OH-? [1.0 · 10-2] · [OH-] = 1,0 · 10-14 1,0 · 10-14 [OH-] = = 1,0 · 10-12 mol/L 1,0 · 10-2

LE COSTANTI DI ACIDITÀ E DI BASICITÀ L’acido acetico in acqua ionizza in questo modo: CH3COOH + H2O CH3COO- + H3O+ per cui, [CH3COO-] · [H3O+] Keq = [CH3COOH] · [H2O] La concentrazione dell’acqua è costante, anche in questo caso può essere incorporata nella costante di equilibrio: Keq · [H2O] = Ka costante di dissociazione acida a 25 °C, [CH3COO-] · [H3O+] Ka = = 1,8 · 10-5 l’acido acetico è poco dissociato, la reazione è [CH3COOH] spostata a sinistra. L’acido cloridrico in acqua ionizza in questo modo: HCl + H2O H3O+ + Cl- per cui, [H3O+] · [Cl-] Ka = = 1,0 · 107 l’acido cloridrico è molto dissociato, la reazione è [HCl] spostata nettamente a destra.

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Page 17: Appunti Di Chimica Generale

L’ammoniaca in acqua ionizza in questo modo: NH3 + H2O NH4

+ + OH- per cui, [NH4

+] · [OH-] Keq = [NH3] · [H2O] La concentrazione dell’acqua è costante, anche in questo caso può essere incorporata nella costante di equilibrio: Keq · [H2O] = Kb costante di dissociazione basica a 25 °C, [NH4

+] · [OH-] Kb = = 1,8 · 10-5 la base è poco dissociata, la reazione è spostata [NH3] a sinistra. L’idrossido di sodio in acqua ionizza in questo modo: NaOH + H2O OH- + Na (H2O)+ per cui, [OH-] · [Na (H2O)+] Kb = = 5,0 · 100 la base è molto dissociata, la reazione è spostata [NaOH] destra. Il prodotto tra la costante acida e la costante basica di una coppia coniugata è uguale al prodotto ionico dell’acqua: Ka · Kb = Kw Esercizi: Calcola la Ka di NH4

+, acido coniugato della base debole NH3, la cui Kb è uguale a 1,8 · 10-5. Ka · 1,8 · 10-5 = 1,0 · 10-14 1,0 · 10-14 Ka = = 5,5 · 10-10

1,8 · 10-5 La Ka dell’HCN è 6,2 · 10-10. Calcola la Kb della base CN-. 6,2 · 10-10 · Kb = 1,0 · 10-14 1,0 · 10-14 Kb = = 1,6 · 10-5 6,2 · 10-10

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Quanto più elevata è la costante di un acido o di una base, tanto maggiore sarà la loro dissociazione: un acido o una base, sono tanto più forti quanto più elevate sono le loro Ka o Kb. Per determinare la forza delle basi e degli acidi si può applicare alla costante di equilibrio K la scala logaritmica definendo: pK = - log K es: H2CO3 + H2O H3O+ + HCO3

- La costante acida di prima ionizzazione dell’acido carbonico è: Ka = 4,5 · 10-7 pertanto, pKa = - log 4,5 – log 10-7 = - 0,65 + 7 = 6,35 (acido piuttosto debole) es: HNO2 + H2O H3O+ + NO2

- La costante acida dell’acido nitroso è: Ka = 5,1 · 10-4 pertanto, pKa = - log 5,1 – log 10-4 = 0,71 + 4 = 3,29 ( acido medio forte) Il valore del pKa è tanto più elevato quanto più l’acido è debole (poco dissociato), come si può rilevare dal confronto tra H2CO3 e HNO2 . Le stesse considerazioni valgono per pKb.

Il pH Premessa In ogni soluzione acquosa sono sempre presenti ioni H+ e ioni OH- in concentrazioni tali da verificare il prodotto ionico dell’acqua [H3O+] · [OH-] = 1,0 · 10-14 : - quando [H3O+] = [OH-] = 1,0 · 10-7 mol/L la soluzione è neutra; - quando [H3O+] > [OH-] la soluzione è acida; - quando [H3O+] < [OH-] la soluzione è basica. Una concentrazione degli ioni H3O+ espressa mediante le potenze negative di 10 è scomoda da usare, si preferisce ricorrere a una grandezza, il pH, che è definita come logaritmo negativo della concentrazione degli ioni H3O+:

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pH = - log [H3O+] pH 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 [H3O+] 1 10-1 10-2 10-3 10-4 10-5 10-6 10-7 10-8 10-9 10-10 10-11 10-12 10-13 10-14 [OH-] 10-14 10-13 10-12 10-11 10-10 10-9 10-8 10-7 10-6 10-5 10-4 10-3 10-2 10-1 1 pOH 14 13 12 11 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 pOH = - log [OH-] acidità crescente neutralità basicità crescente Pertanto, ne deriva che: pH + pOH = 14 Determinazione del pH • di acidi forti Esercizio: Determina il pH di una soluzione 0,001 M di HCl. [H3O+] = 10-3 mol/L ……………..pH = -log 10-3 = 3 [OH-] = 10-11 mol/L ……………pOH = -log 10-11= 11 • di basi forti Esercizio: Determina il pH di una soluzione 0,001 M di KOH. [OH-] = 10-3 mol/L……………. pOH = -log 10-3 = 3 [H3O+] = 10-11 mol/L ……………..pH = -log 10-11 = 11 • di acidi deboli [H3O+] = Ka · Ca dove per Ca s’intende la concentrazione molare dell’acido Esercizio: Determina il pH di una soluzione 0,85 M di acido acetico (Ka = 1,8 · 10-5).

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[H3O+] = Ka · Ca = 1,8 · 10-5 · 0,85 = 1,53 · 10-5 = 15,3 · 10-6 = 3,91 · 10-3 pH = - log [H3O+] = - log [3,91 · 10-3] = - log 3,91 – log 10-3 = -0,59 + 3 = 2,41 • di basi deboli [OH-] = Kb · Cb dove per Cb s’intende la concentrazione molare della base Esercizio: Determina il pH di una soluzione 0,55 M di ammoniaca (Kb = 1,8 · 10-5). [OH-] = Kb · Cb = 1,8 · 10-5 · 0,55 = 0,99 · 10-5 = 9,9 · 10-6 = 3,15 · 10-3 pOH = - log [OH-] = - log [3,15 · 10-3] = - log 3,15 – log 10-3 = -0,5 + 3 = 2,5 pH = 14 – pOH = 14 – 2,5 = 11,5

COMPOSTI ANFOTERI Esistono alcuni composti che, in soluzione acquosa, si dimostrano capaci di comportarsi sia da acidi (neutralizzando una base), sia da basi (neutralizzando un acido). Questi composti vengono detti anfoteri. Esempio: se si fa reagire Al2(SO4)3 + 6 KOH 2 Al (OH)3 + 3 K2SO4 precipitato bianco …..aggiungendo un eccesso di KOH, Al (OH)3 + OH- Al (OH)-

4 acido …..aggiungendo invece un acido (H+) Al (OH)3 + 3 H3O+ Al3+ + 6 H2O base …………..pertanto, Al (OH)3 può neutralizzare sia le basi, sia gli acidi.

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SOLUZIONI TAMPONE Nel sangue umano, il pH è 7,4 e tale valore non deve variare di ± 0,4; una variazione più ampia non permette la sopravvivenza. La stabilità del pH è dovuta a sistemi che si oppongono alle variazioni del pH, tali sistemi sono detti tamponi. Nel sangue, il sistema tampone è costituito principalmente dalla coppia acido carbonico, H2CO3, e ione idrogenocarbonato, HCO3

-, cioè dall’associazione di un acido debole con il suo sale di una base forte. Un’altra soluzione tampone molto comune è quella formata dall’acido acetico, CH3COOH, e da un suo sale, l’acetato di sodio, CH3COONa. CH3COOH + H2O CH3COO- + H3O+ (1) [CH3COO-] · [H3O+] [CH3COOH] Ka = dalla quale si ricava, [H3O+] = Ka [CH3COOH] [CH3COO-] Da questa relazione risulta che la concentrazione molare di H3O+ è proporzionale al rapporto tra la concentrazione molare dell’acido acetico indissociato e del suo ione acetato (apportato anche dall’acetato di sodio). Il pH di tale soluzione sarà: [CH3COOH] [CH3COOH] pH = - log Ka – log ovvero pH = pKa - log (2) [CH3COO-] [CH3COO-] • a una aggiunta di H3O+, l’equilibrio della (1) si sposta verso sinistra, cioè il sistema reagisce

formando l’acido poco dissociato e il pH non varia: CH3COO- + H3O+ CH3COOH + H2O • a una aggiunta di OH-, l’equilibrio della (1) si sposta verso destra, con formazione di CH3COO-

e H3O+ che reagisce con OH-, neutralizzandolo: CH3COOH + H2O CH3COO- + H3O+ H3O+ + OH- 2 H2O [acido] Un sistema è un buon tampone se il rapporto ≅ 1 [base coniugata] Il pH di una soluzione tampone non varia al variare della concentrazione della soluzione stessa e dipende soltanto dal rapporto tra la concentrazione molare dell’acido debole e della sua base coniugata oppure della base debole e del suo acido coniugato. Nel nostro caso cioè dal rapporto [CH3COOH]/[CH3COO-]. Quando il valore di tale rapporto è uguale all’unità, dalla (2) risulta che pH = pKa . Il pH di soluzioni tampone formate da un acido debole e dal suo sale è dato da: [acido] pH = pKa – log [sale]

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IDROLISI L’interazione fra sali e acqua viene detta idrolisi. • Idrolisi di sali provenienti da acidi forti e basi deboli: idrolisi acida, pH < 7. Esempio: cloruro d’ammonio NH4Cl(s) + H2O(l) NH4

+(aq) + Cl-

(aq) Lo ione NH4

+ reagisce con l’acqua secondo la reazione d’equilibrio NH4

+ + H2O NH3 + H3O+ la cui costante è Ka = 5,68 ⋅ 10-10 Per quanto riguarda invece la reazione di equilibrio Cl- + H2O HCl + OH- la costante di basicità è Kb = 1⋅ 10-21 Ka > Kb pertanto la soluzione di cloruro d’ammonio risulta acida. • Idrolisi di sali provenienti da acidi deboli e basi forti: idrolisi basica, pH > 7 Es: acetato di sodio CH3COONa(s) + H2O CH3COO-

(aq) + Na+(aq)

Lo ione CH3COO- reagisce con l’acqua: CH3COO- + H2O CH3COOH + OH- la cui costante di basicità Kb = 5,68 ⋅ 10-10 Per quanto riguarda la reazione di equilibrio Na+ + 2 H2O NaOH + H3O+ la costante di acidità è Ka = 2 ⋅ 10-15 Kb > di Ka pertanto la soluzione di acetato di sodio sarà basica. • Nelle soluzioni di sali da acido forte/base forte (es: NaCl) oppure da acido debole/base debole

non si verificano equilibri capaci di alterare l’equilibrio di ionizzazione dell’acqua: le soluzioni hanno pH neutro.

NEUTRALIZZAZIONE

Secondo la teoria di Arrhenius, si può definire neutralizzazione la reazione tra un acido e una base, nella quale gli ioni H3O+ dell’acido reagiscono con gli ioni OH- della base dando H2O: H3O+ + OH- 2 H2O Quando un acido e una base reagiscono in quantità equivalenti*, si possono verificare situazioni differenti:

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Page 23: Appunti Di Chimica Generale

• se un acido e una base sono di uguale forza, la soluzione sarà neutra;

• se l’acido è forte e la base debole, la soluzione sarà acida;

• se l’acido è debole e la base è forte, la soluzione sarà basica. * massa equivalente (meq) 1) di un sale dissociato in ioni è data dal rapporto tra la massa molare (M) del sale e il numero di

cariche unitarie positive che esso genera dissociandosi (valenza ionica); es: Na2SO4 2 Na+ + SO4

2- meq Na2SO4 = M/2 = 142,05/2 = 71,02 g 2) di un acido è data dal rapporto tra la massa molare (M) dell’acido e il numero di ioni H+ che la

sua molecola libera, dissociandosi in soluzione; es: HCl H+ + Cl- meq HCl = M/1 = 36,46 g H2SO4 2 H+ + SO4

2- meq H2SO4 = M/2 = 98,08/2 = 49,04 g 3) di un idrossido è pari al rapporto tra la sua massa molare (M) e il numero di ioni OH- che esso

libera, dissociandosi in soluzione; Ca(OH)2 Ca2+ + 2 OH- meq Ca(OH)2 = M/2 = 74,01/2 = 37,005 g

NORMALITÀ O SOLUZIONE NORMALE

La normalità (N) di una soluzione, è il numero di equivalenti contenuti in un litro di soluzione. Es: - soluzione N di H2SO4 = 49,04 g in un litro; - soluzione N di HCl = 36,46 g in un litro; - soluzione N di NaOH = 40 g in un litro; - soluzione 2N di NaOH = 80 g in un litro.

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Page 24: Appunti Di Chimica Generale

LE REAZIONI DI OSSIDORIDUZIONE Nella moderna nomenclatura , al posto della valenza, si preferisce utilizzare il numero di ossidazione (n.o.) per indicare la carica che ogni atomo in una molecola o in uno ione poliatomico assumerebbe se gli elettroni di legame fossero assegnati all’atomo più elettronegativo. Esistono sei regole per assegnare il numero di ossidazione: 1. Allo stato elementare, tutti gli atomi hanno numero di ossidazione zero.

Es: Zn H2 N2 P4 Cu O2 Fe S8

2. La somma dei numeri di ossidazione di tutti gli atomi di un composto deve essere uguale a zero (per le molecole neutre), uguale alla carica complessiva dello ione (nel caso di ioni poliatomici).

+1 -2 +1 +6 -2 +6 –2 +5 -2 Es: H2O H2SO4 SO4

2- NO3-

3. Gli ioni monoatomici hanno n.o. uguale alla loro carica.

-1 +1 +2 +3 +2 +3 Es: Cl- Na+ Ca2+ Al3+ Fe2+ Fe3+

4. In un legame covalente, si attribuiscono formalmente i due elettroni di legame all’atomo più elettronegativo. +1 -1 +1 -1 -3 +1 Es: HCl HF NH3

5. In tutti i composti (tranne gli idruri metallici) l’H ha sempre n.o. +1. +1 -1 +2 -1

Es: NaH CaH2

6. In tutti i composti (tranne i perossidi e OF2) l’ossigeno ha sempre numero di ossidazione –2. +1 -1 +2 -1

Es: H2O2 OF2 Nelle reazioni di ossidazione il numero di ossidazione aumenta; nelle reazioni di riduzione il numero di ossidazione diminuisce. La reazione di ossidazione avviene quasi sempre con la perdita di uno o più elettroni, mentre la reazione di riduzione si verifica con l’acquisto di uno o più elettroni.

ossidazione

-5, -4, -3, -2, -1, 0, +1, +2, +3, +4, +5, +6, +7

riduzione es: 0 0 +2 -2 2 Mg + O2 2 MgO - due atomi di Mg perdono 2 e- ciascuno e si ossidano: - 4 e- - due atomi di O acquistano 2 e- ciascuno e si riducono: + 4 e- +3 -2 +2 -2 0 +4 -2 Fe2O3 + 3 CO 2 Fe + 3 CO2 - 3 atomi di C perdono 2 e- ciascuno e si ossidano: - 6 e- - 2 atomi di Fe acquistano 3 e- ciascuno e si riducono: + 6 e-

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Page 25: Appunti Di Chimica Generale

BILANCIAMENTO DELLE REAZIONI REDOX - Scrivi la reazione bilanciata tra acido triossonitrico (V), HNO3, e solfuro di idrogeno, che

produce S, monossido di azoto e H2O. a) reazione non bilanciata: +1 +5 -2 +1 -2 +2 -2 0 +1 -2 HNO3 + H2S NO + S + H2O Gli elementi che variano il numero di ossidazione sono: +5 +2 0 -2 N + 3 e- N, riducendosi (red) e S - 2 e- S, ossidandosi (ox). b) poiché il numero di elettroni acquistati e perduti deve essere uguale…. HNO3 + H2S NO + S + H2O +5 +2 +5 +2 X2 N + 3 e- N red ………………………che diviene: 2 N + 6 e- 2 N -2 0 -2 0 X3 S -2 e- S ox …………….che diviene: 3 S -6 e- 3 S c) riporta i coefficienti così calcolati nella reazione data.

2 HNO3 + 3 H2S 2 NO + 3 S + H2O d) completa il bilanciamento per l’H2O.

2 HNO3 + 3 H2S 2 NO + 3 S + 4 H2O

ELETTROCHIMICA Poniamo in becher separati una lamina di zinco, in: a) soluzione di HCl si nota che lo zinco passa in soluzione e si sviluppano bollicine di gas e calore… Zn - 2 e- Zn2+ (ossidazione) 2 H+ + 2 e- H2 (riduzione) reazione complessiva: Zn + 2 H+ Zn2+ + H2 b) soluzione di CuSO4

si nota un deposito di rame metallico sullo zinco, mentre questo si consuma passando in soluzione; la soluzione originariamente azzurra si scolora e si osserva un lieve sviluppo di calore.

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Page 26: Appunti Di Chimica Generale

Zn - 2 e- Zn2+ (ox) Cu2+ + 2 e- Cu (red)

reazione complessiva: Zn + Cu2+ Zn2+ + Cu In questi due casi lo zinco ha dimostrato di possedere una maggiore capacità sia dell’idrogeno, sia del rame di perdere elettroni, cioè di ossidarsi. Questi esempi evidenziano che: - le rezioni redox sono spontanee, infatti sono sempre accompagnate da uno sviluppo più o meno

evidente di calore. - alcuni ioni sono più abili di altri a catturare elettroni (tendenza alla riduzione).

CELLE ELETTROLITICHE: le pile Lo spostamento di elettroni nelle reazioni di ossido-riduzione, è utilizzato per ottenere energia elettrica. Abbiamo visto che, se si immerge una lamina di zinco in una soluzione contenente ioni Cu2+, si verifica un trasferimento diretto di elettroni dallo zinco metallico agli ioni Cu2+, attraverso una reazione che si può considerare come la somma di due semireazioni, una di riduzione e una di ossidazione. Facendo svolgere le due semireazioni in due recipienti distinti, ma opportunamente collegati, gli elettroni liberati nel recipiente in cui avviene l’ossidazione, tenderanno a trasferirsi nel recipiente ove avviene la riduzione, generando un flusso di elettroni, cioè una corrente elettrica. I due sistemi metallo-soluzione, che corrispondono alle due semireazioni, sono chiamati semipile; il dispositivo complessivo è definito cella elettrochimica o pila. La pila Daniell Si basa sulla reazione tra zinco metallico e ioni Cu2+. Una semipila è formata da una soluzione M di ZnSO4 in cui è immersa una lamina di Zn, l’altra semipila è formata da una soluzione M di CuSO4 in cui è immersa una lamina di rame. Le due lamine metalliche (elettrodi) sono collegate da un filo conduttore. Galvanometro (amperometro) e- e- ZINCO – + RAME ANODO CATODO 2 e- ponte salino di KCl (aq) che chiude il circuito 2 e- + Zn2+ Cu2+ Zn2+ Cu2+ Zn Cu ZnSO4 M CuSO4 M In tutte le pile l’elettrodo su cui avviene la reazione di ossidazione viene denominato anodo ed è considerato l’elettrodo negativo, in quanto fornisce elettroni al circuito esterno; l’elettrodo su cui avviene la reazione di riduzione viene denominato catodo ed è considerato l’elettrodo positivo in quanto attira gli elettroni del circuito esterno.

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I POTENZIALI STANDARD DI RIDUZIONE L’intensità del flusso di elettroni, è tanto maggiore quanto più forte è la tendenza di una delle due semipile a catturare elettroni rispetto all’altra. Purtroppo, il valore assoluto di tale tendenza, definita potenziale di una singola pila, non è misurabile, mentre con un particolare strumento, detto potenziometro, è possibile misurare il valore relativo, cioè la differenza dei potenziali (d.d.p.) di due semipile. Come semipila di confronto, chiamata elettrodo di riferimento, è stato scelto l’elettrodo di idrogeno, al cui potenziale è stato assegnato per convenzione il valore zero. La semireazione è: 2 H+ + 2 e- H2 Il confronto di vari elettrodi con quello dell’idrogeno, viene effettuato in condizioni standard (es: 25 °C, [] M), si determina così per ogni semireazione, il potenziale di riduzione standard (E°). L’elemento che ha potenziale maggiore si riduce; l’elemento che ha potenziale minore si ossida.

DETERMINAZIONE DEL POTENZIALE DI RIDUZIONE: EQUAZIONE DI

NERNST A 25 °C è: E’ = E + 60 log [ox]/[R] E’ = potenziale di riduzione E = potenziale di riduzione standard [ox] = concentrazione dell’ossidante [R] = concentrazione del riducente L’equazione di Nernst consente di calcolare il potenziale di riduzione E’ di una coppia redox in funzione del rapporto fra le concentrazioni dell’ossidante ox e del riducente R, essendo noto E. FORZA ELETTROMOTRICE DI UNA PILA O POTENZIALE DI UNA PILA

E° semireazione di riduzione + E° semireazione di ossidazione es: riduzione: 2 Ag+ + 2 e- Ag E° = + 0,80 V ossidazione: Cu - 2 e- Cu2+ E° = - 0,34 V pertanto il potenziale standard della pila è: E° pila = 0,80 + (-0,34) = 0.46 V …..la f. e. m. si misura in volt (V).

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ELETTROLISI Le pile sono dispositivi in cui si produce energia elettrica mediante reazioni redox spontanee. Le celle elettrolitiche sono invece dispositivi in cui si svolge il processo inverso, cioè dispositivi in cui si spende energia elettrica per far avvenire reazioni redox non spontanee (elettrolisi). Una cella elettrolitica è costituita da un recipiente contenente l’elettrolita allo stato fuso, o in soluzione, in cui sono immersi due elettrodi. Questi vengono collegati ad un generatore di corrente continua. Nella cella elettrolitica l’elettrodo collegato al polo negativo del generatore viene denominato catodo, quello collegato al polo positivo viene denominato anodo. Quando i due elettrodi, collegati ai poli del generatore, vengono immersi nella soluzione, in questa si verifica una doppia migrazione degli ioni presenti nell’elettrolita. Gli ioni positivi, i cationi, vengono attratti dall’elettrodo negativo, il catodo, dove catturano elettroni e si riducono, contemporaneamente, gli ioni negativi, gli anioni, vengono attratti dall’elettrodo positivo, l’anodo, dove cedono elettroni e si ossidano. e- e- anodo + - catodo Se si confrontano gli schemi di funzionamento di una pila e di una cella elettrolitica, si nota che in entrambi i casi, l’anodo è l’elettrodo in cui avviene la reazione di ossidazione e il catodo è l’elettrodo in cui avviene la reazione di riduzione. Invece, il segno dei due elettrodi è opposto. Infatti l’anodo è negativo nella pila, positivo nella cella elettrolitica; il catodo è positivo nella pila, negativo nella cella elettrolitica. Alcuni processi elettrolitici - elettrolisi dello ioduro di potassio: se si fonde lo KI, si rompono i legami tra gli ioni che costituiscono il solido, K+ e I-, che sono liberi di muoversi. Se si immergono nella massa fusa due elettrodi di grafite e li si collega ai poli di una batteria da 10 V, si ha l’elettrolisi del sale. Al catodo avviene la reazione di riduzione K+ + e- K mentre all’anodo avviene la reazione di ossidazione 2 I- - 2 e- I2 …. reazione globale 2 K+ + 2 I- 2 K + I2 . In definitiva, si ottengono potassio al catodo e iodio all’anodo. - elettrodeposizione: cromatura, zincatura, argentatura, doratura.

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LE LEGGI QUANTITATIVE DELL’ELETTROLISI • Prima legge di Faraday La massa delle sostanze che si trasformano agli elettrodi è direttamente proporzionale alle quantità di carica elettrica che fluisce nella cella elettrolitica. • Seconda legge di Faraday In una cella elettrolitica, al passaggio di 96500 C (coulomb) di carica elettrica, ad entrambi gli elettrodi, si scarica una quantità di sostanza pari alla sua massa equivalente. 1 F (faraday) = 96500 C La seconda legge si può interpretare così: ogni semireazione redox che avviene in una cella elettrolitica, coinvolge un numero di elettroni diverso nei diversi casi. Per esempio nell’elettrolisi di KCl, CuCl2, FeCl3 allo stato fuso, il numero di elettroni richiesti per la scarica dei cationi cambia. KCl K+ + Cl- al catodo: K+ + 1 e- K CuCl2 Cu2+ + 2 Cl- Cu2+ + 2 e- Cu FeCl3 Fe3+ + 3 Cl- Fe3+ + 3 e- Fe La stessa quantità di carica (1 F) necessaria perché al catodo si depositi una mole di K, consentirà il deposito di ½ mole di Cu, e di 1/3 di mole di Fe. M Massa equivalente = ……..1 F scarica una massa equivalente. numero di e- scambiati

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APPUNTI DI CHIMICA ORGANICA

ISOMERIA

Sono isomeri i composti con stessa formula molecolare o grezza, ma diversa formula di struttura. | | | | | | | | - isomeri di posizione: C – C – C – C – OH C – C – C – C | | | | | | | | OH 1 – butanolo 2 – butanolo | C | | | | | | | - isomeri di catena: C – C – C – C – OH C – C – C | | | | | | | OH 1- butanolo 2 – metil – 2 - propanolo o alcool terz – butilico - isomeri di gruppo | | | | | | | | funzionale: C – C – C – C – OH C – C – O – C – C | | | | | | | | 1- butanolo etere dietilico - stereoisomeri geometrici: sono composti che differiscono soltanto per il diverso orientamento spaziale di alcuni atomi o gruppi di atomi. HOOC COOH HOOC H C = C C = C H H H COOH acido maleico (tossico) acido fumarico ( intermedio del ciclo di Krebs) cis – butendioico trans – butendioico L’isomeria geometrica si verifica solo nel caso in cui i due atomi di carbonio impegnati nel doppio legame siano entrambi legati ad atomi o a gruppi atomici diversi.

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ISOMERIA OTTICA O ENANTIOMERIA Osserva le tue due mani accostate. Apparentemente ti sembrano uguali, in realtà esse godono di una proprietà particolarissima. Quando provi a sovrapporle a palmi entrambi volti verso il basso o entrambi volti verso l’alto, le dita non coincidono. Prova ora a porre davanti a uno specchio la tua mano destra, col palmo rivolto allo specchio: quest’ultimo riflette esattamente l’immagine del palmo della tua mano sinistra. Ne puoi dedurre: che ogni mano non è sovrapponibile alla sua immagine speculare. Tutte le strutture che godono di questa proprietà si dicono chirali. In chimica sono chirali le molecole che presentano un carbonio chinale* . Un carbonio è chirale quando è legato a quattro atomi o gruppi atomici diversi. La presenza in una molecola di un carbonio chirale le conferisce una proprietà del tutto particolare: quella di esistere in due isomeri diversi, pur avendo la stessa formula di struttura, differiscono per la disposizione nello spazio degli atomi o dei gruppi atomici legati all’atomo di carbonio chirale. I due isomeri, in tal caso, risultano uno l’immagine speculare dell’altro. Si definiscono enantiomeri o antipodi ottici gli isomeri a immagine speculare, tali che le loro strutture spaziali non sono comunque sovrapponibili. Es: X X | | C* C* H Y Y H Z Z H O H O C C H C* OH HO C* H H C H H C H OH OH d (+) gliceraldeide l (-) gliceraldeide Gli enantiomeri sono sostanze otticamente attive perché hanno comportamento opposto nei confronti della luce polarizzata, vengono chiamati pertanto isomeri ottici o antipodi ottici. L’isomero d (+) della gliceraldeide fa ruotare il piano di vibrazione della luce polarizzata verso destra. Esso ha potere rotatorio destrogiro, indicato col segno (+) o con la lettera d. L’isomero l (-), invece, fa ruotare il piano di vibrazione della luce polarizzata dello stesso angolo, ma verso sinistra. Esso ha quindi potere rotatorio levogiro, indicato col segno (-) o con la lettera l. Una miscela in parti uguali di due enantiomeri è otticamente inattiva e si definisce racemo. Gli enantiomeri hanno le stesse proprietà chimiche, salvo che nei confronti dei reagenti otticamente attivi, rispetto ai quali manifestano velocità di reazione diverse.

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REAZIONI DI ALOGENAZIONE luce Sostituzione: CH4 + Cl2 CH3Cl + HCl calore Addizione: CH2 = CH2 + Br2 CH2Br – CH2Br CH3 – CH = CH2 + HCl CH3 – CHCl – CH3 H | …….H+ C = C C – C+ elettrofilo | carbocatione Addizione elettrofila H H | | | C – C+ + Cl- C – C nucleofilo | | Cl - elettrofilo = reattivo in cerca di elettroni - nucleofilo = reattivo capace di fornire elettroni Sostituzione elettrofila aromatica

+ δ+ δ- Cl + Cl – Cl ……….FeCl3 + FeCl4

-

catalizzatore H ione benzenonio + Cl Cl + H+ H Reazione complessiva H | Cl + Cl + Cl2 + FeCl3 + FeCl4

- + HCl + FeCl3

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FATTORI CHE INFLUENZANO LA VELOCITÀ DELLE REAZIONI ENZIMATICHE

- concentrazione dell’enzima - concentrazione del substrato - concentrazione degli inibitori - concentrazione degli idrogenioni (pH) - temperatura • velocità di reazione e concentrazione dell’enzima Per la maggior parte degli enzimi la velocità della reazione catalizzata è direttamente proporzionale alla concentrazione dell’enzima [E] se gli altri parametri rimangono costanti e non sono presenti inibitori. Questa è la prima legge della catalisi enzimatica. • Velocità di reazione e concentrazione del substrato. Teoria di Michaelis e Menten. Se la concentrazione dell’enzima [E] è costante, a piccole concentrazioni del substrato la velocità di reazione (v) è direttamente proporzionale alla concentrazione del substrato: v = K [S] dove v = velocità della reazione, K = costante, S = concentrazione del substrato. Ad elevata concentrazione del substrato, la velocità della reazione enzimatica è, invece, indipendente dalla concentrazione del substrato ed è costante, la reazione è quindi di ordine zero e vale per essa la relazione: v = K [E] dove v = velocità della reazione, K = costante, E = concentrazione dell’enzima. A concentrazioni intermedie (comprese tra le piccole e le elevate, di cui si è detto), variando la concentrazione iniziale del substrato, muta la velocità iniziale della reazione. L’interpretazione del fenomeno è basata sulla reazione tra l’enzima (E) e il substrato (S), che porta alla formazione del complesso enzima-substrato (ES): K1 E + S ES (a) K-1 A basse concentrazioni del substrato, solo alcune molecole dell’enzima si combinano con il substrato, formando il composto enzima-substrato. Aumentando il substrato (entro certi limiti), un numero maggiore di molecole di enzima si lega al substrato stesso e ciò determina la proporzionalità fra velocità di reazione e concentrazione del substrato. Quando tutte le molecole dell'enzima sono combinate con il substrato, è raggiunta la massima attività catalitica dell’enzima e un ulteriore aumento della concentrazione del substrato è senza effetto sulla velocità della reazione. Nella grande maggioranza dei casi, però, l’enzima è presente in quantità limitata (cioè né molto piccola né molto grande); in queste condizioni, cioè entro determinati limiti, l’aumento della velocità di reazione non è direttamente proporzionale al crescere della concentrazione del substrato perché la formazione del complesso ES non è direttamente proporzionale all’aumento del substrato. Il fenomeno è interpretato dalla teoria di Michaelis e Menten, che è in accordo coi risultati sperimentali.

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Applicando la legge di massa alla reazione (a), dopo il raggiungimento dell’equilibrio, abbiamo: [E] · [S] /[ES] = K (c) In base al postulato fondamentale della “catalisi del complesso intermedio” (ES), secondo cui la reazione enzimatica vera e propria si svolge a carico di quest’ultimo, che dà origine ai prodotti della reazione P1, P2, ecc. e contemporaneamente libera l’enzima (E), possiamo scrivere: K2 ES E + P1 + P2 (b) (qui è supposto che la reazione sia esoergonica e che l’equilibrio sia spostato completamente a destra). Michaelis e Menten hanno postulato che la reazione (b) decorra più lentamente di quella di formazione del complesso enzima-substrato (a) per cui la (b) è la reazione limitante e determina la velocità dell’intero processo. Pertanto la velocità di tutta la reazione, che è facilmente misurabile, è proporzionale alla concentrazione del complesso ES il che equivale anche a dire che detta velocità di reazione può essere presa come misura della concentrazione del complesso ES. L’equazione (c) dimostra l’affermazione già fatta e cioè che aumentando gradualmente la concentrazione del substrato, una sempre maggiore quantità d’enzima si lega nel complesso ES e la velocità di reazione cresce finchè praticamente tutto l’enzima è legato nel complesso ES (cioè finchè l’enzima è saturato completamente): a questo punto la velocità di reazione è massima. L’andamento del fenomeno è espresso graficamente dalla figura (iperbole rettangolare). Vmax ½ Vmax

Ks [S] Curva della velocità di reazione in funzione della concentrazione del substrato (a concentrazione costante dell’enzima). Costante di Michaelis (Km) La concentrazione di saturazione è diversa da un enzima all’altro e per un medesimo enzima da un substrato all’altro. Essa è difficilmente calcolabile in base alla curva riportata, mentre è abbastanza facile prendendo come punto di riferimento la velocità semimassimale (1/2 v).

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In base al presupposto che la velocità della reazione è proporzionale alla concentrazione del complesso ES, è chiaro che alla velocità semimassimale metà dell’enzima si trova soto forma di ES, mentre l’altra metà è libero (E). In questa particolare condizione le grandezze [E] e [ES] sono uguali e si elidono nella espressione (c), per cui essa diventa: [S] alla velocità semimassimale = Km Quest’ultima espressione significa che la concentrazione del substrato alla quale si raggiunge la velocità semimassimale della reazione è uguale alla costante di dissociazione del complesso enzima-substrato (Km), che è stata chiamata “costante di Michaelis” in onore dell’ideatore della teoria. La Km è dunque numericamente uguale alla concentrazione del substrato (espressa in moli/L): inoltre a questa concentrazione metà dell’enzima è saturato. Le costanti di Michaelis hanno per lo più valori compresi tra le 10-2 e le 10-5 moli/L. Da quanto esposto è anche facile dedurre che una elevata costante di Michaelis indica che è necessaria una elevata concentrazione di substrato per ottenere la semi-saturazione dell’enzima, ossia l’enzima non ha una grande affinità per il substrato considerato. Se nel sistema è presente un altro substrato, per il quale l’enzima abbia una Km minore, il biocatalizzatore tenderà a legarsi e a trasformare il secondo substrato. Numero di turnover Negli ultimi anni, molti enzimi sono stati isolati allo stato puro e cristallino e si è determinato il relativo peso molecolare. Sperimentando con enzimi puri è stato possibile determinare la “attività molecolare”, cioè stabilire il numero di molecole del substrato che sono trasformate in un minuto da una molecola di enzima, o meglio, il numero di micromoli di substrato trasformate da una micromole di enzima. Questa grandezza è stata denominata numero di turnover. Un numero di turnover elevato significa che la reazione catalizzata decorre molto rapidamente. Numeri di turnover molto elevati sono presentati dalla catalasi (5 · 106) e dalla acetilcolina esterasi (3 · 106); i valori degli altri enzimi generalmente non superano le 10000 molecole di substrato per molecola di enzima per minuto (si tratta pur sempre di cifre considerevoli). Condizioni che influenzano l’attività enzimatica Gli enzimi per poter esplicare la massima attività e per raggiungere il massimo numero di turnover, devono trovarsi in “condizioni ottimali”. Tra queste ricordiamo innanzitutto la saturazione col substrato ed eventualmente anche con il coenzima, il mezzo ionico ottimale e, in alcuni casi, le presenza di determinati “attivatori”. • pH ottimale Poiché gli enzimi sono proteine, le loro proprietà sono fortemente influenzate dal pH. La maggior parte degli enzimi esplica la propria attività specifica solo in un determinato intervallo di pH; la concentrazione più favorevole di H+ viene chiamata pH ottimale. Si ritiene che questa proprietà dipenda dal grado di dissociazione del “sito attivo”; per esempio, l’attività della chimotripsina è legata al fatto che resti di istidina siano in parte protonizzati e in parte privi di cariche elettriche. Ciò si verifica a valori di pH vicini a quelli del pK del sistema imidazolico. La dipendenza dell’attività enzimatica dal pH può essere più o meno spiccata. La correlazione tra attività enzimatica (espressa in µM di substrato trasformato nell’unità di tempo) e pH può essere tradotta graficamente (vedi grafico).

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Il pH della maggior parte degli enzimi si trova nella zona neutra o debolmente acida. I valori di pH più lontani dalla neutralità sono presentati da alcuni enzimi digestivi: il pH ottimale della pepsina è1,5 – 2,5; quello della tripsina 7,5 – 10; quello della lipasi pancreatica 8,0. attività relativa 1,0 – - saccarasi 0,8 – - tripsina 0,6 – - 0,4 – - 0,2 – - 0 | | | | | | | | | | | | 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 pH - curva dell’attività enzimatica in funzione del pH . • Inibizione competitiva L’inibizione competitiva si ha quando una certa sostanza organica compete col substrato a legarsi al sito attivo dell’enzima. Il fenomeno avviene in generale quando la struttura della sostanza e quella del substrato sono simili. Se la concentrazione dell’inibitore, è sufficientemente elevata, l’inibitore può saturare completamente il sito attivo, impedendo al substrato di legarsi: in questo caso si ha il blocco totale della reazione; aumentando la concentrazione del substrato, questo sposta l’inibitore e la reazione torna a decorrere. • Inibizione allosterica L’inibizione allosterica si ha quando l’inibitore si lega all’enzima in un punto diverso da quello del substrato. In questo caso l’inibizione non cessa aumentando la concentrazione del substrato perché l’inibitore, legandosi all’enzima, altera la conformazione della proteina in modo tale che il legame dell’enzima col substrato è reso difficile o addirittura impossibile. L’inibizione allosterica ha un particolare significato fisiologico perché causa la “inibizione retroattiva” (ingl. Feedback inhibition). Il fenomeno è dovuto al fatto che il metabolita terminale agisce sulla reazione enzimatica come inibitore allosterico. Se il metabolita terminale si accumula, la reazione viene prima rallentata e infine arrestata; qualora il prodotto terminale venga in qualche modo utilizzato, la reazione riprende il suo corso normale. • Attivatori Molti enzimi hanno bisogno di determinati ioni per esplicare la loro attività. Le amilasi richiedono ioni Cl-; gli enzimi che agiscono sull’ATP necessitano quasi sempre di Mg2+; numerose peptidasi sono attivate da Mn2+, Zn2+, Co2+. • Avvelenamento degli enzimi Molti enzimi possono essere avvelenati (bloccati) da cianuro (CN-). Gli enzimi, la cui attività dipende dai gruppi SH liberi, vengono inibiti da Cu2+ o Hg2+.

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APPUNTI DI CHIMICA ORGANICA

Premessa La chimica dei composti del carbonio viene chiamata chimica organica e le relative sostanze vengono chiamate composti organici. Ancora all’inizio del 1800 si riteneva che le sostanze proprie degli organismi viventi non potessero essere sintetizzate in laboratorio perché , per la loro formazione, si pensava fosse necessaria una misteriosa “forza vitale” che solo gli organismi possedevano. La corrente di pensiero che sosteneva questa concezione si chiamava vitalismo e uno dei suoi massimi rappresentanti, il chimico svedese Jöns Jacob Berzelius, coniò nel 1807 il termine “composti organici” per i composti del mondo vivente, mentre definì “composti inorganici “ quelli del mondo minerale, considerato privo di forza vitale. Il superamento della teoria del vitalismo e la nascita della chimica organica moderna risale al 1828. In quell’anno, il chimico tedesco Friedrich Wöhler, allievo di Berzelius, sintetizzò in laboratorio, riscaldando una soluzione di cianato d’ammonio, l’urea, una sostanza sintetizzata dal fegato negli organismi ureotelici, che comprendono anche l’uomo, ed eliminata con l’urina. NH2 NH4

+ OCN- O = C NH2 Modellino molecolare dell’urea

Dopo la scoperta di Wöhler, i chimici sintetizzarono, in laboratorio, altri composti costituenti degli organismi viventi. Tutti questi composti avevano come caratteristica comune la presenza del carbonio nella loro composizione elementare. Pertanto, il termine “chimica organica” si riferisce alla chimica dei composti del carbonio. Oggi, la chimica organica comprende sia i composti naturali del carbonio che fanno parte del mondo vivente, sia sostanze completamente nuove, sintetizzate in laboratorio, tanto che, si conoscono circa 5 milioni di sostanze pure che contengono carbonio.

Ibridazione del carbonio: teoria di Pauling Struttura elettronica del C:

6C = 1s2 2s2 2p2 Con quattro e-, il guscio di valenza del C è pieno a metà. Gli atomi di C non hanno una forte tendenza ne a perdere tutti i loro e- di valenza e diventare C4+ ne una forte tendenza ad acquistare 4

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1 e- e diventare C4-, preferiscono formare 4 legami covalenti condividendo con altri atomi gli e- necessari per raggiungere la stabilità rappresentata dall’ottetto di Lewis. Esempi:

1) legami semplici C — C e legami sostanzialmente omopolari C — H H H | | H — C — C — H etano | | H H

2) legami semplici polarizzati ᵟ-

Cl ᵟ- |ᵟ+ ᵟ- Cl — C — Cl tetracloruro di carbonio |ᵟ- Cl

3) legami covalenti multipli ᵟ- ᵟ+ ᵟ- O = C = O anidride carbonica o diossido di carbonio ᵟ+ ᵟ- H — C ≡ N acido cianidrico

Ibridazione sp3 del C (tetraedrica)

2p2 ● ● 2s2 ● ● 1s2 ● ●

● ● ● ● un e- 2s è promosso su un orbitale 2p ● ●

● ● ● ● sp3 l’orbitale 2s e i 3 orbitali 2p si mescolano per formare 4 orbitali ibridi sp3 equivalenti ● ●

Energia

Esempio: metano CH4

H | C H H H C tetraedrico = 4 orbitali ibridi orientati ai vertici di un tetraedro con angoli di 109,5°. Nel metano ci sono 4 legami semplici C — H (sp3 — s) di tipo σ. L’ibridazione sp3 del C è tipica degli alcani.

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2 Ibridazione sp2 del C (trigonale)

2p2 ● ● 2s2 ● ● 1s2 ● ●

● ● ● ● un e- 2s è promosso su un orbitale 2p ● ●

● p ● ● ● sp2 l’orbitale 2s e i 2 orbitali 2p si mescolano per formare 3 orbitali ibridi sp2 equivalenti, rimane un orbitale p ● ●

Energia

Esempio: etilene o etene C2H4 H H C = C H H C trigonale = 3 orbitali ibridi orientati ai vertici di un triangolo equilatero con angoli di 120° e sullo stesso piano. Nell’etene ci sono 4 legami semplici C — H (sp2 — s) di tipo σ e un doppio legame C = C (sp2 — sp2 e p — p) σ + π. La molecola dell’etene è planare. L’ibridazione sp2 del C è tipica degli alcheni. Ibridazione sp del C (lineare)

2p2 ● ● 2s2 ● ● 1s2 ● ●

● ● ● ● un e- 2s è promosso su un orbitale 2p ● ●

● ● p ● ● sp l’orbitale 2s e i 1 orbitale 2p si mescolano per formare 2 orbitali ibridi sp equivalenti, rimangono 2 orbitali p ● ●

Energia

Esempio: acetilene o etino C2H2 H — C ≡ C — H C lineare = 2 orbitali ibridi sulla stessa linea con angolo di 180°. Nell’etino ci sono 2 legami semplici C — H (sp — s) di tipo σ e un triplo legame C ≡ C (sp2 — sp2, p — p e p — p) σ + 2π. La molecola dell’etino è lineare. L’ibridazione sp del C è tipica degli alchini.

Page 40: Appunti Di Chimica Generale

3 Reazioni di chimica organica

Reattività degli alcani • Alogenazione o sostituzione

luce o calore CH4 + Cl2 CH3Cl + HCl

L’alogenazione del metano non si arresta con la formazione di CH3Cl, ma procede dando luogo a una miscela che contiene anche composti ulteriormente alogenati (CH2Cl2, CHCl3, CCl4). • Combustione

CH4 + 2 O2 CO2 + 2 H2O

Reattività degli alcheni • Addizione elettrofila

La reazione caratteristica degli alcheni è l’addizione elettrofila. In essa la coppia elettronica π del doppio legame viene attratta da un elettrofilo, dando luogo alla formazione di un carbocatione: H | …….H+ + C = C C – C+ elettrofilo | carbocatione al quale si attacca un nucleofilo, completando la reazione. H H | | | C – C+ + Cl- C – C nucleofilo | | Cl elettrofilo = reattivo in cerca di elettroni nucleofilo = reattivo capace di fornire elettroni Con questo meccanismo procedono le addizioni di: alogeni CH2 = CH2 + Br2 CH2Br – CH2Br acqua, in catalisi acida CH2 = CH2 + H2O CH3 – CH2OH acidi alogenidrici CH2 = CH2 + HCl CH3 – CH2Cl

Page 41: Appunti Di Chimica Generale

17 Nelle addizioni sopra rappresentate, si ottiene lo stesso prodotto qualunque sia l’orientamento del reagente nei confronti del doppio legame. Quando, invece, un alchene è asimmetrico, come il propene, e anche il reagente è asimmetrico, come per esempio HCl, vale la regola di Markovnikov secondo la quale la parte elettrofila del reagente si attacca al carbonio più ricco di idrogeni. CH3 – CH = CH2 + HCl CH3 – CHCl – CH3 • Ossidazione del propene: sintesi del propanone (dimetil chetone o acetone) 2 CH2 = CHCH3 + O2 2 CH3COCH3 Reattività degli areni La reazione più comune dei composti aromatici è quella di sostituzione di uno o più idrogeni con altri atomi o gruppi (sostituzione elettrofila aromatica). Clorurazione + δ+ δ- Cl + Cl – Cl ……….FeCl3 + FeCl4

-

catalizzatore H ione benzenonio + Cl Cl + H+ H reazione complessiva H | Cl + Cl + Cl2 + FeCl3 + FeCl4

- + HCl + FeCl3

Reattività degli alcoli • Disidratazione Formazione di alcheni o eteri per disidratazione con H2SO4: H2SO4 CH3CH2OH CH2 = CH2 + H2O H2SO4

2 CH3CH2OH CH3CH2OCH2CH3 + H2O 18

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• Ossidazione Gli alcoli primari per ossidazione blanda danno aldeidi e per ossidazione più energica danno acidi. Ox Ox R – CH2 – OH R – CHO R - COOH Gli alcoli secondari producono chetoni. Ox R – CH – OH R – C = O | | R R • Sintesi della trinitroglicerina CH2 – OH CH2 – O – NO2 | H2SO4 | CH – OH + 3 HNO3 CH – O – NO2 + 3 H2O | ac. nitrico | CH2 – OH CH2 – O – NO2 glicerina trinitroglicerina Questo potente esplosivo, scoperto da Ascanio Sobrero (Casale Monferrato1812 – Torino 1888), è talmente instabile da esplodere per effetto di un semplice urto. Ad Alfred Bernhard Nobel (Stoccolma 1833 – Sanremo 1896) si deve l’invenzione della dinamite che può essere usata con maggior sicurezza perché costituita da nitroglicerina mescolata a farina fossile (terra di diatomee), materiale inerte che rende l’esplosivo più stabile. • Esterificazione del glicerolo con tre molecole di acidi grassi: i trigliceridi CH2 – OH + HOOC(CH2)14CH3 CH2 – O – OC(CH2)14CH3 | | CH – OH + HOOC(CH2)14CH3 CH – O – OC(CH2)14CH3 + 3 H2O | | CH2 – OH + HOOC(CH2)14CH3 CH2 – O – OC(CH2)14CH3 glicerolo acido palmitico trigliceride tripalmitina Reazione di saponificazione CH2 – O – CO – (CH2)16 – CH3 CH2 – OH | | CH – O – CO – (CH2)16 – CH3 + 3 NaOH CH – OH + 3 CH3 – (CH2)16 – COONa | idrossido di sodio | stearato di sodio (sapone) CH2 – O – CO – (CH2)16 – CH3 CH2 – OH tristearato di glicerile (tristearina) glicerina Se si usa KOH si ottiene sapone “molle” da barba.

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19 • Sostituzione elettrofila nei fenoli Cl OH + 3 Cl2 Cl OH + 3 HCl Cl La clorurazione del fenolo avviene velocemente e senza la presenza di un catalizzatore. La clorurazione del benzene avviene invece con la presenza di un catalizzatore. Reattività degli eteri Gli eteri vengono impiegati come solventi perché presentano modesta reattività. La reazione più significativa è quella con l’acido iodidrico. calore CH3CH2 – O – CH2CH3 + HI CH3CH2OH + CH3CH2I dietil etere etanolo ioduro di etile Reattività di aldeidi e chetoni La reazione caratteristica del carbonile è quella di addizione nucleofila al doppio legame, in seguito al quale il carbonio assume ibridazione sp3 formando composti a struttura tetraedrica. • Addizione di acqua con formazione di dioli geminali O OH || H+ | R – C – R + H2O R – C – R | OH • Addizione di alcoli con formazione di emiacetali e acetali O OH OR’ || H+ | R’OH, H+ | R – C – H + R’OH R – C – OR’ R – C – OR’ + H2O | | H H emiacetale acetale

• Addizione di ammoniaca con formazione di immine O NH || || R – C – H + NH3 R – C – H + H2O immina

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20 Reazioni di polimerizzazione La polimerizzazione si verifica mediante reazioni di addizione o di condensazione tra le molecole semplici chiamate monomeri. • Polimeri di addizione: si ottengono per addizione di monomeri insaturi in seguito all’apertura

dei loro doppi legami. L’etilene polimerizza a caldo e a pressioni elevate, in presenza di un catalizzatore, in genere costituito da un perossido organico. Dalla reazione si ottiene il polietilene, costituito da lunghissime catene risultanti dall’unione di decine di migliaia di molecole di etilene. n CH2 = CH2 ( - CH2 – CH2 - )n Polipropilene: si ricava dal propilene per poliaddizione. Una fibra commerciale che si ottiene filando per estrusione il polimero fuso è il meraklon.

............CH2 = CH + CH2 = CH……… | | CH3 CH3

…….CH2 – CH – CH2 – CH – CH2 – CH – CH2 – CH – CH2 – CH......... | | | | | CH3 CH3 CH3 CH3 CH3 Poliacrilonitrile: le fibre acriliche sono ottenute dalla polimerizzazione del nitrile acrilico o acrilonitrile (prodotto di addizione dell’acido cianidrico all’acetilene). I nomi commerciali delle fibre acriliche sono : orlon, leacril, dralon.

............CH2 = CH + CH2 = CH……… | | CN CN

…….CH2 – CH – CH2 – CH – CH2 – CH – CH2 – CH – CH2 – CH......... | | | | | CN CN CN CN CN Polivinilcloruro: è un polimero del cloruro di vinile. Una tipica fibra in PVC è il movil.

............CH2 = CH + CH2 = CH……… | | Cl Cl

…….CH2 – CH – CH2 – CH – CH2 – CH – CH2 – CH – CH2 – CH......... | | | | | Cl Cl Cl Cl Cl

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21 • Polimeri di condensazione: derivano dalla reazione di due diverse funzioni portate da un

unico monomero o da due diversi reagenti; in entrambi i casi vengono eliminate come sottoprodotto molecole di piccole dimensioni (HCl, H2O ecc.).

Poliammidi: sono fibre sintetiche di condensazione, di cui la prima assai nota è il nylon 6,6, costituito dall’acido adipico e dall’esametilendiammina. Le poliammidi sono polimeri lineari caratterizzati dalla presenza del gruppo ammidico –NH–CO– . L’applicazione più studiata è la fibra. La produzione industriale di nylon 6,6 iniziò nel 1939 negli Stati Uniti, in un impianto della Du Pont (calze e derivati). Successivamente, il nylon 6,6 venne utilizzato anche come materiale plastico e resina. Durante la seconda guerra mondiale fu impiegato per la produzione di paracaduti, pneumatici da aeroplani e altri manufatti. n H2N – (CH2)6 – NH2 + n Cl – CO – (CH2)4 – CO – Cl + 2n NaOH esametilendiammina cloruro di adipoile

----- (NH – (CH2)6 – NH – CO – (CH2)4 – CO)n ----- + 2n NaCl + 2n H2O

nylon 6,6 Questa reazione è caratterizzata dalla formazione di polimero all’interfaccia, cioè alla superficie di separazione di due fasi liquide immiscibili di cui generalmente una acquosa e l’altra organica. Poliestere: è una fibra sintetica di condensazione. La più importante è il polietilentereftalato (PET), polimero del glicole etilenico con l’acido tereftalico. I nomi commerciali delle fibre poliesteri sono numerosi: terital, dacron, terilene, trevira. O O || || n HO – CH2 – CH2 – OH + n HO – C – – C – OH glicole etilenico acido tereftalico O O || || --------( O – CH2 – CH2 – O – C – – C – O )n--------- + n H2O polietilentereftalato (PET)

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