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------------------------------------------------------ OPsonline.it – la principale web community italiana per studenti e professionisti della Psicologia Appunti d’esame, tesi di laurea, articoli, forum di discussione, eventi, annunci di lavoro, esame di stato, ecc… E-mail: [email protected] – Web: http://www.opsonline.it Gestito da Obiettivo Psicologia srl, via Castel Colonna 34, 00179, Roma - p.iva: 07584501006 1 LA PSICOLOGIA La psicologia è lo studio scientifico del comportamento e dei processi mentali, basato sull’ipotesi e la verifica sperimentale e sulla discussione critica di teorie e modelli (rappresentazioni metaforiche di un certo sistema). I LIMITI DELLA PSICOLOGIA: La psicologia si muove tra due fronti, quello biologico (biopsicologia e neuroscienze) che esamina la base fisica dei fenomeni psicologici, e quello culturale, essenziale per distinguere i processi psicologici universali da quelli specifici di un certo contesto culturale. LE RADICI FILOSOFICHE DELLE QUESTIONI PSICOLOGICHE: Molte delle questioni affrontate dalla psicologia erano originariamente questioni filosofiche: all’inizio del 900 la filosofia è entrata in crisi mettendo in discussione la reale possibilità di indagare questioni come la moralità, la conoscenza e così via; la psicologia ha allora cominciato ad applicare alla soluzione di questi problemi i metodi delle scienze naturali per arrivare a scoprire le leggi fondamentali del comportamento, appropriandosi, in una prospettiva diversa, di quelle che erano sempre state solo questioni filosofiche. Le principali questioni tutt’oggi oggetto di dibattito della psicologia contemporanea sono: - Libero arbitrio o determinismo: l’agire umano è frutto del libero arbitrio o è guidato da leggi che sfuggono al nostro controllo? (I sostenitori del libero arbitrio fanno riferimento a Cartesio secondo il quale l’agire umano è determinato dall’umana intenzione; i deterministi invece sostengono che il comportamento umano sia determinato da forze fisiche, internamente dalla genetica ed esternamente da eventi ambientali); - Natura o cultura: in che misura i processi psicologici sono influenzati dalla componente biologica e da quella ambientale? - Razionalismo o empirismo: la conoscenza umana è il risultato dell’esperienza o della logica e del ragionamento (riflessione sul mondo)? - Ragione o emozione: in che misura il comportamento umano è guidato dall’una o dall’altra? - Continuità o discontinuità con gli altri animali: in che misura l’uomo e gli altri animali sono psicologicamente simili? E’ possibile stabilire una continuità tra la psicologia umana e quella animale? - Individualismo o attitudine alle relazioni: in che misura gli esseri umani sono interessati fondamentalmente a se stessi o a relazionarsi con le altre persone e ad aiutarle? - Coscienza o incoscienza: in che misura l’uomo è consapevole dei propri processi mentali e delle motivazioni del proprio comportamento? ORIGINI ED EVOLUZIONE DELLA PSICOLOGIA: Wundt: sul finire dell’800 W.Wundt fonda a Lipsia il primo laboratorio di psicologia sperimentale; obbiettivo di Wundt è scoprire quali sono le unità fondamentali della coscienza che si combinano, come gli atomi per formare la materia, costituendo idee complesse; adotta il metodo dell’introspezione, consistente in un resoconto verbale del processo mentale in corso, cioè dell’esperienza conscia (questo pone il problema della comunicabilità delle esperienze psichiche): arriva alla conclusione che le unità fondamentali della coscienza sono le sensazioni e i sentimenti. W. Ritiene che per studiare i processi mentali superiori non basti solo la sperimentazione, infatti si dedica anche allo studio delle religioni, dei miti e del linguaggio. Strutturalismo: alcuni discepoli di W., tra i quali Tichener, assumono un punto di vista più radicale ritenendo che l’introspezione sia l’unico metodo, il solo scientifico. adatto all’indagine psicologica il cui oggetto deve essere la struttura della coscienza; adottano il metodo dell’introspezione con l’obbiettivo di elaborare una tavola periodica degli elementi della coscienza.

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LA PSICOLOGIA La psicologia è lo studio scientifico del comportamento e dei processi mentali, basato sull’ipotesi e la verifica sperimentale e sulla discussione critica di teorie e modelli (rappresentazioni metaforiche di un certo sistema). I LIMITI DELLA PSICOLOGIA: La psicologia si muove tra due fronti, quello biologico (biopsicologia e neuroscienze) che esamina la base fisica dei fenomeni psicologici, e quello culturale, essenziale per distinguere i processi psicologici universali da quelli specifici di un certo contesto culturale. LE RADICI FILOSOFICHE DELLE QUESTIONI PSICOLOGICHE: Molte delle questioni affrontate dalla psicologia erano originariamente questioni filosofiche: all’inizio del 900 la filosofia è entrata in crisi mettendo in discussione la reale possibilità di indagare questioni come la moralità, la conoscenza e così via; la psicologia ha allora cominciato ad applicare alla soluzione di questi problemi i metodi delle scienze naturali per arrivare a scoprire le leggi fondamentali del comportamento, appropriandosi, in una prospettiva diversa, di quelle che erano sempre state solo questioni filosofiche. Le principali questioni tutt’oggi oggetto di dibattito della psicologia contemporanea sono:

- Libero arbitrio o determinismo: l’agire umano è frutto del libero arbitrio o è guidato da leggi che sfuggono al nostro controllo? (I sostenitori del libero arbitrio fanno riferimento a Cartesio secondo il quale l’agire umano è determinato dall’umana intenzione; i deterministi invece sostengono che il comportamento umano sia determinato da forze fisiche, internamente dalla genetica ed esternamente da eventi ambientali);

- Natura o cultura: in che misura i processi psicologici sono influenzati dalla componente biologica e da quella ambientale?

- Razionalismo o empirismo: la conoscenza umana è il risultato dell’esperienza o della logica e del ragionamento (riflessione sul mondo)?

- Ragione o emozione: in che misura il comportamento umano è guidato dall’una o dall’altra?

- Continuità o discontinuità con gli altri animali: in che misura l’uomo e gli altri animali sono psicologicamente simili? E’ possibile stabilire una continuità tra la psicologia umana e quella animale?

- Individualismo o attitudine alle relazioni: in che misura gli esseri umani sono interessati fondamentalmente a se stessi o a relazionarsi con le altre persone e ad aiutarle?

- Coscienza o incoscienza: in che misura l’uomo è consapevole dei propri processi mentali e delle motivazioni del proprio comportamento?

ORIGINI ED EVOLUZIONE DELLA PSICOLOGIA:

• Wundt: sul finire dell’800 W.Wundt fonda a Lipsia il primo laboratorio di psicologia sperimentale; obbiettivo di Wundt è scoprire quali sono le unità fondamentali della coscienza che si combinano, come gli atomi per formare la materia, costituendo idee complesse; adotta il metodo dell’introspezione, consistente in un resoconto verbale del processo mentale in corso, cioè dell’esperienza conscia (questo pone il problema della comunicabilità delle esperienze psichiche): arriva alla conclusione che le unità fondamentali della coscienza sono le sensazioni e i sentimenti. W. Ritiene che per studiare i processi mentali superiori non basti solo la sperimentazione, infatti si dedica anche allo studio delle religioni, dei miti e del linguaggio.

• Strutturalismo: alcuni discepoli di W., tra i quali Tichener, assumono un punto di vista più radicale ritenendo che l’introspezione sia l’unico metodo, il solo scientifico. adatto all’indagine psicologica il cui oggetto deve essere la struttura della coscienza; adottano il metodo dell’introspezione con l’obbiettivo di elaborare una tavola periodica degli elementi della coscienza.

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• Funzionalismo: contrariamente allo strutturalismo, il cui obbiettivo era quello di descrivere il contenuto della mente (la struttura), il funzionalismo (ispirato dallo psicologo statunitense W.James) vuole spiegarne la funzione, cioè capire il ruolo dei processi mentali mettendone in luce, sulla scia delle teorie evoluzionistiche di Darwin, la funzione adattiva; il metodo adottato non fu solo quello sperimentale ma si ricorse anche all’osservazione.

• Gestalt: questa scuola si dedicò in particolare allo studio della percezione (ma anche del pensiero e della memoria); per i gestaltisti la percezione non è un processo passivo ma attivo, consistente nell’imporre un ordine a ciò che si percepisce: il percetto dipende quindi dai singoli elementi percepiti e questi, a loro volta, sono interdipendenti; i gestaltisti spiegarono questa teoria con il concetto-metafora di “campo”, assimilabile a quello di campo magnetico della fisica; studiarono anche il percorso dalla percezione della realtà sensibile alla produzione del pensiero astratto; fecero massiccio ricorso alla sperimentazione.

PRINCIPALI PARADIGMI PSICOLOGICI: Un paradigma è un sistema di principi teorici che una comunità scientifica elabora per dare un senso al proprio campo di esperienza; un paradigma è costituito da:

1) Un insieme di principi teorici che forniscono un modello (un’immagine astratta) dell’oggetto di studio;

2) Un insieme di metafore condivise che paragonano l’oggetto di studio ad un altro precedentemente appreso di modo da poterne trattare in maniera più comprensibile;

3) Un insieme di metodi che secondo la comunità scientifica, se applicati correttamente, produrranno risultati validi.

A differenza delle scienze naturali, meno recenti, la psicologia non si esaurisce in un unico paradigma: essa si articola in più orientamenti teorici sviluppatisi in certa misura in modo indipendente e ognuno dei quali pone l’attenzione su determinati aspetti trascurati dagli altri; i principali sono:

• La Teoria Psicodinamica: secondo questa teoria, elaborata agli inizi del 900 da S.Freud, il comportamento è determinato in maniera spesso inconsapevole dell’interazione tra forze psichiche consce e inconsce (pensieri, sentimenti e desideri) che possono anche entrare in conflitto producendo stati patologici; di fianco ai moderni metodi sperimentali, la psicodinamica si basa essenzialmente sul colloquio (studio del singolo caso), durante il quale il paziente riporta verbalmente la propria esperienza e i propri sogni, il terapeuta ricostruisce la storia del paziente fin dalla prima infanzia e ne esamina anche la gestualità e la postura (la persona si rivela in tutto ciò che fa).

• La Teoria Comportamentista: il comportamentismo nasce con Watson e si limita allo studio delle regolarità osservabili, cioè delle relazioni esistenti tra gli eventi esterni e la risposta dell’organismo a questi eventi (comportamenti), escludendo dalla propria ricerca la coscienza (la mente viene definita una “scatola nera” in cui entra uno stimolo e da cui esce una risposta,il cui interno non è conoscibile in maniera scientifica); diventa centrale il ruolo dell’apprendimento inteso come meccanismo per l’acquisizione e il mantenimento dei comportamenti; alla base di questo meccanismo c’è il concetto di condizionamento (Pavlov) basato sull’associazione tra stimoli e risposte(determinati stimoli elicitano determinate risposte prevedibili); il metodo naturalmente è sperimentale e fa spesso ricorso a studi sugli animali (Skinner: rinforzo e punizione).

• La Teoria Cognitivista: il cognitivismo (attualmente la teoria dominante) porta una rivoluzione nel paradigma comportamentista insieme all’avvento dell’informatica e della cibernetica, spostando l’attenzione sui processi intervenienti tra lo stimolo e l’emissione della risposta, concentrandosi in particolare sullo studio di come la mente acquisisce, mantiene, elabora e recupera l’informazione (importanza dello studio della memoria e del problem solving); famoso è il paragone cognitivista tra mente e computer, dove la

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mente rappresenta il software che media tra imput e output; il metodo è sperimentale (misurazione dei tempi di reazione, degli errori, ecc…).

• La Teoria Evoluzionistica: secondo questa teoria, la mente e il comportamento umano hanno raggiunto la forma attuale attraverso un processo evolutivo di tipo adattivo; il comportamento viene definito un processo economico di massimizzazione dei benefici e minimizzazione dei costi, frutto di una selezione (analoga alla selezione naturale darwiniana) rispondente ad esigenze di sopravvivenza come:

- il successo riproduttivo: le caratteristiche utili contribuiscono ad assicurare all’individuo la possibilità di riprodursi con successo, perciò vengono mantenute e trasmesse alla prole;

- la fitness inclusiva: comportamenti altruistici e benefici verso i nostri consanguinei; il metodo è sperimentale ma anche deduttivo, basato sull’osservazione dei comportamenti (non in chiave comportamentista).

In conclusione, ognuno di questi paradigmi ha dato e continua a dare contributi alla scienza psicologica: il paradigma psicodinamico, per quanto riguarda i processi e i conflitti inconsci; quello comportamentista, riguardo i meccanismi dell’apprendimento; il paradigma cognitivista ha dato fondamentali contributi alla comprensione dei processi mentali relativi all’elaborazione dell’informazione e in generale al ruolo giocato dalla mente nel percorso stimolo/risposta; quello evoluzionistico ha fatto luce sulle ragioni ultime dei comportamenti umani.

LA RICERCA PSICOLOGICA

In psicologia, come in ogni altra scienza, perché una ricerca si possa considerare tale bisogna che risponda ad alcuni criteri generali:

- Controllabilità delle affermazioni: non deve essere basata su opinioni personali o sul “sentito dire” e non deve esporre una visione arbitraria (personale) del fenomeno oggetto di studio;

- Deve essere condotta secondo un metodo di ricerca: sperimentale, descrittivo o correlazionale.

CARATTERISTICHE DI UNA RICERCA:

• Riferimento Teorico: deve far riferimento ad una teoria; una teoria è un insieme organizzato di affermazioni che inquadra il dominio di conoscenza o di fenomeni a cui ci si riferisce e le relazioni funzionali tra di essi; la teoria si costituisce di ipotesi, cioè di affermazioni, confermabili o falsificabili da prove, sulla relazione esistente tra due o più variabili; una variabile è un qualunque fenomeno che può assumere una certa quantità di stati; si possono avere variabili categoriali (o discrete), cioè che possono assumere un numero finito di stati, e variabili continue, cioè capaci di variare tra due estremi (ranges) assumendo un numero infinito di stati.

• Standardizzazione: deve basarsi su procedure definite in modo univoco, identiche per ogni soggetto a cui vengono applicate.

• Generalizzabilità: affinché i risultati ottenuti possano essere generalizzabili (cioè estendibili all’intera popolazione), la ricerca deve essere condotta su di un campione rappresentativo di individui (la rappresentatività del campione determina la significatività della ricerca); inoltre lo studio condotto deve possedere una validità interna, cioè la procedura deve essere ben progettata e coerente, e una validità esterna, cioè le procedure applicate devono rispecchiare il più possibile la realtà esterna (le situazioni nel mondo reale).

• Obbiettività: riguarda la misurazione (registrazione delle quantità) delle variabili; una misurazione obbiettiva deve essere attendibile, cioè riproducibile: - Attendibilità test-retest: la misura deve essere riproducibile nel tempo con

variazioni minime dipendenti dal soggetto o dall’ambiente;

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- Coerenza interna: ad esempio, se la domanda posta dal ricercatore al soggetto viene rielaborata e posta in forma diversa, deve produrre gli stessi risultati;

- Attendibilità inter-rater (inter-osservatore): la misurazione, se compiuta da ricercatori diversi, deve produrre lo stesso risultato.

La misurazione deve inoltre essere valida, cioè capace di rappresentare la variabile in questione; per verificare la validità si conduce uno studio di validazione; per validazione si intende la prova che la misura fa riferimento ad un criterio oggettivo inequivocabile o che può essere riferita ad un’altra misura accettata dalla comunità scientifica; solitamente, per eliminare le possibili debolezze del tipo di misurazione effettuta, si procede a misurazioni multiple.

I METODI: • La Ricerca Sperimentale: lo scopo della ricerca sperimentale è di determinare un

rapporto di causa-effetto tra due o più fenomeni (variabili); si basa sulla manipolazione e sul controllo di variabili (dipendenti e indipendenti) in una serie di esperimenti (prove) durante i quali si realizzano situazioni che differiscono per una o più caratteristiche (variabili indipendenti) per le quali il ricercatore ha ipotizzato un ruolo nel fenomeno indagato (variabile dipendente). Le fasi di una ricerca sperimentale sono:

1) Formulazione di un’ipotesi: si fa una previsione della relazione tra due o più fenomeni;

2) Operazionalizzazione: si codificano in variabili i fenomeni da misurare; 3) Sviluppo della procedura: si definisce una procedura standard, cioè si

impostano le condizioni sperimentali e di controllo; 4) Scelta dei soggetti e assegnazione: si scelgono i soggetti dell’esperimento e li

si assegna in modo casuale a diverse condizioni; si costituisce anche il “gruppo di controllo”, cioè un gruppo di soggetti che verranno sottoposti ad una condizione neutra della variabile indipendente, di modo da verificare che valori cruciali della variabile dipendente dipendano effettivamente dalla variabile indipendente;

5) Raccolta dei dati: si svolge l’esperimento in condizioni controllate eliminando i possibili elementi di disturbo:

- variabili confondenti: le variabili che possono sovrapporsi a quelle desiderate per scarsa attenzione alla definizione delle condizioni sperimentali e alla scelta dei soggetti;

- bias: possibili vizi nel processo di raccolta dei dati concernenti le aspettative del ricercatore (asimmetrie, distorsioni) o dei soggetti (suggestioni, influenze) riguardo l’esito della ricerca; si tenta di evitare questi errori svolgendo esperimenti in “cieco” (il soggetto non viene informato sull’obbiettivo dello studio) o in “doppio cieco” (il soggetto non viene informato degli obbiettivi, inoltre il ricercatore fa svolgere l’esperimento ad un osservatore ugualmente non informato degli obbiettivi, ma solo delle procedure da seguire);

6) Analisi dei dati: si procede con tecniche statistiche all’analisi dell’andamento generale, alla produzione di inferenze e al calcolo di indici (statistica descrittiva);

7) Conclusione: si valuta se i dati confermano o meno l’ipotesi. Il vantaggio di questo tipo di ricerca è che permette di stabilire con precisione un rapporto di causa-effetto tra due fenomeni; i possibili svantaggi invece sono:

- Bias; - La difficoltà di riprodurre in laboratorio fenomeni complessi (es: il

comportamento criminale): a volte questi studi non soddisfano il criterio di validità esterna e alcuni sollevano questioni riguardanti la scarsa

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generalizzabilità di risultati ottenuti in laboratorio che trascurano componenti individuali e idiosincratiche.

• La Ricerca Descrittiva: questo tipo di ricerca si basa sull’osservazione del fenomeno senza intervenire su di esso; è utile quindi per descrivere le caratteristiche del fenomeno:

- Studio dei casi singoli: caratteristico della psicodinamica, si basa sullo studio del singolo caso o di un ristretto numero di individui; è utile quando non è possibile avere a disposizione più soggetti (ricerca clinica), ma i risultati ottenuti sono di scarsa generalizzabilità ed il rischio di bias è elevato.

- Osservazione naturalistica: consiste nell’osservare il fenomeno nell’ambiente in cui si manifesta (osservazione ecologica); consente un’alta generalizzabilità, ma non consente di inferire con sicurezza rapporti di causa-effetto; inoltre la presenza stessa dell’osservatore può interferire con il fenomeno osservato modificandolo.

- Sondaggi: si effettuano in forma di questionario (scritto) o di intervista (verbale) su campione randomizzato o stratificato; il vantaggio sta nella facilità di applicazione del metodo e nella rappresentatività, anche se un limite può essere costituito proprio dalla scelta del campione, oltre che dalla sincerità dei soggetti.

• La Ricerca Correlazionale: serve a stabilire in che misura due variabili (anche di ricerche descrittive o sperimentali) sono correlate, di modo da prevedere il valore di una conoscendo il valore dell’altra; le correlazioni possono essere rappresentate su grafici di dispersione (scatter plot) e si basano sul concetto di coefficiente di correlazione “r” che varia da -1 (correlazione negativa) a +1 (correlazione positiva); questo metodo non permette di inferire rapporti di causa-effetto.

LA SENSAZIONE

Lo studio della sensazione si colloca a metà tra la psicologia e la fisiologia, in quanto essa è il risultato dell’attività degli organi di senso che raccolgono informazioni dall’esterno per poi trasmetterle al cervello (non va confusa con la percezione che è il processo correlato): dal punto di vista psicofisico, si tratta di una rilevazione di differenze o “soglie”; la sensazione è quindi l’interfaccia tra il mondo esterno e quello interno. Ad ogni organo di senso corrisponde una modalità sensoriale, ma tutti hanno in comune:

- Il funzionamento generale: tutti ricevono energia fisica; - Il meccanismo di trasformazione dell’energia fisica in segnali nervosi: la trasduzione; - Tutti sono dotati di strutture sensoriali minime dette recettori (organi di conservazione

dell’energia) che di solito generano potenziali nei neuroni adiacenti. Le diverse modalità sensoriali (visiva, uditiva, olfattiva, tattile, gustativa e propriocettiva) hanno in comune alcune caratteristiche:

- Non sono meccanismi di registrazione passiva: non producono una copia fedele della realtà esterna (realtà fisica e prodotto dell’elaborazione mentale non coincidono esattamente);

- Sono adattate alle esigenze ambientali delle diverse specie; - Il cervello codifica una qualunque stimolazione sensoriale secondo i parametri di qualità

e intensità. -

L’ADATTAMENTO SENSORIALE: E’ quel fenomeno per cui i sistemi sensoriali tendono a rispondere meno a stimoli costanti nel tempo; ha un valore adattivo dato che, un animale che rilevasse in egual misura la moltitudine di stimoli a cui normalmente siamo sottoposti, si troverebbe in una situazione di svantaggio: è più utile rilevare stimoli nuovi che forniscono informazioni nuove sull’ambiente che ci circonda.

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LA SENSAZIONE VISIVA: Si tratta di una funzione adattiva (funzionale alla sopravvivenza) poiché permette la discriminazione dei colori e della luce e, basandosi sulla rilevazione delle onde elettromagnetiche, è anche molto attendibile: infatti la luce viaggia velocemente, permettendo quindi di rilevare rapidamente gli stimoli, e interagisce direttamente con gli oggetti (venendo riflessa o assorbita) permettendo una certa attendibilità del percetto. L’organo sensoriale del sistema visivo è l’occhio; esso percepisce la luce sottoforma di radiazioni elettromagnetiche attraverso due tipi di recettori situati sulla retina:

- I bastoncelli: più numerosi e più sensibili alla luce, si trovano maggiormente nelle zone periferiche della retina e discriminano il bianco e il nero (perciò al buio è più efficace la visione in tralice);

- I coni: meno numerosi e meno sensibili alla luce, si concentrano nella fovea (zona centrale della retina) e permettono la discriminazione di dettagli fini e la rilevazione dei colori.

Entrambi i tipi di recettori reagiscono alla luce decolorandosi: i pigmenti in essi contenuti degenerano e si rigenerano successivamente; questo produce potenziali d’azione nelle cellule bipolari che poi veicolano l’impulso elettrico alle cellule gangliari fino alla corteccia visiva. Alla decolorazione dei recettori retinici è legato il fenomeno dell’immagine postuma: a causa dell’affaticamento, dopo l’esposizione ad uno stimolo visivo, i recettori reagiscono con la permanenza dello stimolo visivo sulla retina nei suoi colori complementari. Per evitare l’adattamento sensoriale, il sistema visivo si è evoluto assicurando una visione continuativa senza black out dovuti alla costanza degli stimoli: determinati muscoli inducono continui movimenti oculari di modo da rendere gli stimoli costanti sempre nuovi (se lo stimolo non si rinnova, è l’occhio a rinnovarlo di modo da poter continuare a percepirlo).

LA PSICOFISICA

La psicofisica si occupa della misurazione dei fatti mentali. Un primo contributo è stato quello del fisiologo olandese Donders con il suo metodo di misurazione dei tempi di reazione; in seguito sono stati introdotti vari metodi per la quantificazione delle sensazioni. Fechner è considerato il padre di questa disciplina; a lui infatti sono attributi alcuni dei metodi classici della psicofisica per la quantificazione delle sensazioni e il calcolo dei valori di soglia. LE SOGLIE: esistono due tipi di valore di soglia, la soglia assoluta e quella differenziale; per valore di soglia assoluto s’intende la quantità minima di energia fisica (intensità) che un dato stimolo deve possedere per venir percepito (corrisponde alla quantità minima di energia rilevabile dal sistema sensoriale relativo alla modalità sensoriale considerata); per valore di soglia differenziale (JND, Just Noticeable Difference) invece s’intende la quantità di energia necessaria, ad un qualunque livello della stimolazione, affinché venga percepita una differenza di intensità tra due stimoli (corrisponde quindi alla quantità minima di energia necessaria al sistema sensoriale per avvertire una sensazione di cambiamento nella stimolazione). METODI DI MISURAZIONE DELLE SOGLIE: Si tratta di metodi “indiretti” poiché non misurano la sensazione in maniera diretta, ma attraverso il calcolo delle soglie e si basano sull’assunzione dei valori di soglia come unità di misura delle sensazioni.

• Metodo dell’Aggiustamento: al soggetto viene somministrato uno stimolo e gli viene chiesto di regolarne da sé l’intensità per verificare quale è il valore minimo a cui lo stimolo viene percepito; può venir richiesta una regolazione crescente o decrescente (finchè lo stimolo non viene percepito o finchè non viene più percepito); i vantaggi di questo metodo sono la facilità di applicazione, l’efficienza (velocità) e il coinvolgimento del soggetto; gli svantaggi consistono nei bias dovuti al soggetto stesso che può riportare percezioni distorte a causa delle suggestione, dell’adattamento o delle aspettative.

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• Metodo dei Limiti: elaborato da Fechner, consiste nel presentare al soggetto una serie di stimoli di intensità crescente o decrescente, intervallati da pause temporali; lo sperimentatore può decidere di partire da uno stimolo nettamente avvertibile (sovraliminare, al di sopra del valore di soglia) procedendo a passi in maniera decrescente, chiedendo al soggetto di indicare quando non avverte più lo stimolo: verrà allora registrata la media tra i valori di transizione (l’ultimo percepito e il primo non percepito); oppure lo sperimentatore può partire da uno stimolo si intensità subliminare (al di sotto della soglia) procedendo in maniera crescente e chiedere al soggetto di indicare quando comincia ad avvertire qualcosa; come prima, si registrerà la media tra i valori di transizione (l’ultimo non percepito e il primo percepito); effettuate più misurazioni, crescenti e decrescenti, si procederà al calcolo della soglia che sarà la media tra le medie (tra i valori di transizione) calcolate per ogni serie di stimoli. I limiti di questo metodo sono la laboriosità, il fatto che bisogna già possedere dei valori di soglia indicativi e la possibilità di errori di anticipazione; i vantaggi invece sono nella facilità del calcolo della soglia e nella riduzione dei bias (il soggetto non viene “affaticato” come nel precedente metodo, perché gli stimoli non sono costanti ma intervallati).

Esempio di metodo dei limiti con otto presentazioni sia discendenti che ascendenti, in cui degli stimoli di intensità diverse (colonna di sinistra, espressi in unità arbitrarie) vengono rilevati oppure no dal soggetto (S:

rilevazione, N: nessuna rilevazione). Per ogni serie si ottiene la media tra i due valori della transizione SN o NS: la media di tutti gli otto valori

rappresenta il valore di soglia. Metodo degli Stimoli Costanti: altro metodo attribuito a Fechner, consiste nel presentare al soggetto stimoli di intensità diversa in maniera casuale (non crescente o decrescente), chiedendo al soggetto di indicare se percepisce o meno lo stimolo; si definisce metodo degli stimoli costanti perché lo stimolo viene somministrato, per ogni valore di intensità, un numero uguale di volte (es: 5 volte ad intensità 1, 5 volte ad intensità 12 e così via); si registrano le risposte ottenute in un grafico e si calcola la proporzione di risposte positive per ogni intensità dello stimolo (es: se ad intensità 12 lo stimolo è stato percepito 3 volte su 5, la sua proporzione sarà 3/5); questi valori (le proporzioni) vengono messi in relazione con i valori di intensità degli stimoli presentati in un grafico che prende il nome di Funzione Psicometrica; la soglia si calcola tracciando la linea che taglia l’asse delle proporzioni sul valore 0,5 intercettando la funzione; la proiezione sull’asse delle intensità del punto in cui la linea intercetta la funzione, indicherà il valore di soglia. Questo metodo ha il vantaggio di diminuire l’affaticamento del soggetto e gli errori di anticipazione (vista la somministrazione casuale degli stimoli), avendo però lo svantaggio di richiedere tempi lunghi.

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Esempio di metodo degli stimoli costanti con otto stimoli fisici (i valori 95-102 della colonna di sinistra) ed otto ripetizioni della presentazione di

ciascun stimolo: si tenga presente che gli stimoli vengono presentati in ordine casuale. La proporzione delle risposte affermative emesse in

concomitanza di ciascun stimolo viene rappresentata nel grafico successivo.

Funzione psicometrica che mette in relazione le intensità fisiche degli stimoli e la proporzione delle risposte affermative riportate nell’esempio della figura precedente. La soglia si ottiene intercettando la funzione a partire dal valore

medio sull’asse delle risposte e andando a proiettare l’intercetta sull’asse delle intensità.

Il Metodo degli Stimoli Costanti può essere usato anche per calcolare la soglia differenziale (JND) tramite la Funzione Psicometria della Discriminazione: la JND corrisponde alla media tra il valore del 75% e quello del 25% (in proporzione, 2/4), relativi al grafico della funzione psicomentrica). Quando una determinata modalità sensoriale può essere definita da più attributi (ad esempio la modalità acustica che può essere definita dalla frequenza, dall’intensità, ecc…), tramite la Funzione Psicofisica si può mettere in relazione il valore di soglia assoluta relativo ad uno degli attributi col variare di un altro degli attributi (ad esempio, si può mettere in relazione la soglia assoluta relativa alla frequenza al variare dell’altezza del suono). LA LEGGE DI WEBER: Per calcolare l’intensità della sensazione, F. parte dalla Legge di Weber che stabilisce la relazione esistente tra l’intensità dello stimolo e la soglia differenziale: indipendentemente

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dall’intensità di due stimoli, perché venga percepita una differenza tra i due, il secondo deve differire dal primo di una proporzione costante (K, che dipende dalla modalità sensoriale); questa relazione è espressa dalla Frazione di Weber: ∆I/I = K (costante di Weber), dove:

- ∆I è la JND (soglia differenziale); - I è l’intensità iniziale dello stimolo; - I e I sono direttamente proporzionali;

quindi: - I = ∆I/K; - ∆I = I x K.

Esempio: I = 1000g. ∆I = 2g, quindi K = 2/1000 = 0.02 ∆I = ? I = 1000 x 0.02 = 20g. LEGGE DI FECHNER: Fechner deriva dalla Legge di Weber la relazione tra intensità dello stimolo (intensità fisica) e intensità della sensazione (intensità psicologica): S = K log (I), dove:

- S è l’intensità della sensazione; - K è la costante di Weber ( ∆I/I); - I è l’intensità dello stimolo.

Si tratta di una funzione logaritmica che lega incrementi costanti di S a incrementi (logaritmici) in progressione geometrica di I; infatti, se I crescesse in maniera costante, avremmo incrementi di S sempre minori poiché l’individuo percepisce solo una parte della reale stimolazione a cui è sottoposto; per ottenere incrementi costanti di S, gli incrementi di I devono essere sempre maggiori; rappresentandola in grafico otteniamo:

S I 1 1 2 3 3 6 4 10

La relazione non è valida per tutte le modalità sensoriali. LA CRITICA ALLA PSICOFISICA CLASSICA: Nell’ambito della critica alla psicofisica classica, Stevens rielabora la legge logaritmica di Fechner e propone dei metodi “diretti” per la misurazione della sensazione, nei quali al soggetto non viene più chiesto di rilevare semplicemente la presenza/assenza dello stimolo, ma di quantificarlo. I METODI PSICOFISICI DIRETTI:

• Magnitude Estimation: al soggetto vengono somministrati degli stimoli e gli viene chiesto di indicare per ognuno un valore numerico corrispondente all’interno di un modulo (due grandezze che fungono da estremi, ad esempio 1 e 100).

• Magnitude Production: al soggetto viene fornito un valore numerico e gli viene chiesto di regolare la stimolazione in base ad esso (col metodo dell’aggiustamento), oppure di scegliere lo stimolo corrispondente tra una serie di alternative.

• Crossmodal Matching: al soggetto viene somministrato uno stimolo e gli viene chiesto di regolare un altro stimolo in una modalità sensoriale diversa, in maniera

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corrispondente (es: somministrazione di una certa quantità di calore e corrispondente regolazione della luminosità di una lampadina).

LEGGE DI STEVENS: In base ai risultati ottenuti dall’applicazione dei metodi psicofisici diretti, Stevens rielabora la Legge di Fechner, inglobandola in una nuova: S = K I , dove:

- S è l’intensità della sensazione; - K è la costante di Weber (∆I/I); - L’esponente n e la costante K sono valori specifici della modalità sensoriale.

Si tratta di una funzione esponenziale cioè, ad aumenti lineari di I corrispondono aumenti sempre maggiori di S; ma a seconda del valore assunto dall’esponente “n” abbiamo vari casi; con:

- n < 1 (compreso tra 0 e 1) si ha una relazione logaritmica (Fechner); ad esempio per l’intensità luminosa: ad aumenti lineari dell’intensità luminosa corrispondono aumenti sempre minori dell’intensità della sensazione;

- n = 1 si ha una relazione lineare; - n > 1 si ha una relazione esponenziale, cioè ad aumenti lineari di I corrispondono

aumenti sempre maggiori di S; ad esempio nel caso della somministrazione di scosse elettriche: ad un aumenti costanti dell’intensità elettrica corrispondono aumenti sempre maggiori dell’intensità della sensazione (per motivi adattivi, di modo da allontanarsi il prima possibile dalla fonte di pericolo).

Inoltre Stevens distinse anche tra continuum protetico e continuum metatetico: - si definisce continuum protetico uno stimolo al cui variare si associano variazioni della

sensazione di tipo quantitativo (es: al variare della grandezza “calore” somministrata, varia la grandezza “temperatura” corrispondente);

- si definisce invece continuum metatetico uno stimolo al cui variare si associano variazioni della sensazione di tipo qualitativo (es: al variare della lunghezza d’onda della luce corrisponde il variare del colore percepito).

ALTRI METODI PSICOFISICI:

• Metodo del Confronto a Coppie: basato sulla Legge dei Giudizi Comparativi di Thurstone, prevede la definizione di un insieme di stimoli in una certa modalità sensoriale e la loro somministrazione a coppie (in tutte le possibili combinazioni); al soggetto viene chiesto di dire per ogni coppia quale dei due stimoli possiede di più dell’altro una determinata caratteristica; con i risultati ottenuti sarà possibile elaborare una classificazione degli stimoli in base alla caratteristica studiata.

• Signal Detection Theory: riguarda lo studio delle rilevanza (detection) dello stimolo (ma è utile anche allo studio dei processi decisionali); l’esperimento consiste nel chiedere al soggetto se avverte o meno un determinato stimolo, che può essere presente o assente, in un canale percettivo disturbato (ad esempio un determinato suono tra altri rumori); le risposte vengono classificate in questo modo:

- Hit: lo stimolo è presente e il soggetto lo rileva; - Omissione: lo stimolo è presente ma il soggetto non lo rileva; - Rifiuto corretto: lo stimolo è assente e il soggetto non lo rileva; - Falso allarme: lo stimolo è assente e il soggetto lo rileva.

Dai risultati è possibile elaborare due indici: - Sensibilità: data dalla differenza tra la percentuale di Hit e quella di Falsi

allarmi; - Criterio dell’operatore: dato dal rapporto tra la percentuale di Hit e Falsi

Allarmi. • Metodo Staircase: simile al metodo dei limiti ed usato per le misurazioni acustiche,

consiste nel somministrare al soggetto una serie di stimoli di intensità crescente o

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decrescente; quando il soggetto avverte la transizione (quando non avverte più lo stimolo o quando comincia ad avvertirlo) si registra la media tra i valori corrispondenti e la serie viene invertita (da crescente a decrescente o viceversa), fino ad una nuova rilevazione di un punto di transizione; si procede in questo modo più volte; il valore di soglia è dato dalla media dei valori ottenuti.

• 2 AFC (2 scelte alternative forzate).

LA PERCEZIONE

La percezione è la facoltà della mente di interpretare e organizzare le sensazioni provenienti dagli organi di senso in unità significative (percetti), posizionandole nello spazio, seguendone il movimento e preservandone il significato mentre il percepente le osserva da diversi punti strategici; la percezione non è paragonabile allo “scattare una foto” della realtà che ci circonda: il percetto è sempre qualcosa di più di una somma di stimoli e non vi è una corrispondenza esatta tra realtà fisica e realtà psicologica (fenomenica). Dato che esperire sensazioni consiste nel registrare differenze, possiamo dire che la percezione è sempre percezione di differenze; questo concetto diventa evidente in fenomeni percettivi come il Ganzfeld e la stabilizzazione dello sguardo:

- Ganzfeld: il soggetto posto davanti ad una superficie omogeneamente illuminata ed estesa oltre il suo campo visivo (stimolo non articolato), percepisce una nebbia lattiginosa, priva di riferimenti che può indurre uno stato di nausea e malessere.

- Stabilizzazione dello sguardo: il soggetto è posto davanti al monitor di un computer col compito di guardare lo stimolo che vi appare (ad esempio un cerchio rosso su sfondo bianco); attraverso una telecamera posta davanti al viso del soggetto o tramite un sistema di specchietti posizionati in modo adeguato intorno all’occhio, il computer registra i movimenti oculari del soggetto elaborandoli di modo che lo sguardo del soggetto cada sempre nello stesso punto dello stimolo (lo stimolo “insegue” lo sguardo del soggetto); il soggetto non percepirà lo stimolo, in quanto esso si manterrà costante nel tempo (non vi sono differenze da percepire).

L’ORGANIZZAZIONE DELLA PERCEZIONE: La percezione organizza le sensazioni secondo tre parametri universali:

- Organizzazione nello spazio: percezione della forma, della grandezza, della profondità, ecc…;

- Organizzazione nel tempo: percezione del movimento; - Organizzazione nelle relazioni: rapporti di causalità.

I PRINCIPI GESTALTICI: I gestaltisti hanno messo in luce come il percetto non sia solo la somma dei dati percepiti: il risultato finale della percezione dipende dalle singole parti e dalle interdipendenze tra di esse; hanno inoltre elaborato un insieme di principi secondo i quali la percezione visiva organizza le sensazioni in unità significative:

1) Principio organizzativo: il sistema visivo tende a suddividere la scena in figura e sfondo, assegnando i due ruoli in maniera esclusiva;

2) Somiglianza: stimoli simili tendono ad essere percepiti in gruppi unitari; 3) Vicinanza: stimoli contigui tendono ad essere percepiti come gruppi unitari; 4) Buona continuazione: stimoli collineari tendono ad essere percepiti in modo unitario; 5) Chiusura: stimoli che formano figure chiuse tendono ad essere percepiti in modo

unitario; 6) Semplicità.

Si tratta di meccanismi spontanei che rispecchiano le regolarità naturali e danno un ordine al mosaico informe delle sensazioni.

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LA TEORIA DEL RICONOSCIMENTO DEGLI OGGETTI IN BASE ALLE COMPONENTI: Questa teoria, più recente, afferma che il riconoscimento degli oggetti avviene attraverso la loro scomposizione in elementi geometrici semplici detti geoni: come si fa con le lettere dell’alfabeto per creare le parole, così la mente fa con i geoni, combinandoli per formare gli oggetti; questi possono venir riconosciuti fintanto che le relazioni tra i geoni restano visibili (le varie parti devono essere identificabili); l’identificazione dell’oggetto avviene tramite il confronto con le esperienze precedenti degli oggetti immagazzinate in memoria. PROBLEMI CORRELATI ALL’ORGANIZZAZIONE DELLA PERCEZIONE:

• Condizioni minimali per la percezione: come avviene e fino a che punto l’integrazione di stimoli estremamente impoveriti in unità significative.

• Costanze percettive: esse permettono insieme alla sintesi delle informazioni ridondanti di mantenere nel percetto alcune costanti relative alla misura (nonostante la distanza dell’oggetto), alla forma (nonostante il movimento dell’oggetto) e al colore (nonostante le condizioni di luce) integrando un flusso di informazioni mutevoli.

LA PERCEZIONE DELLA PROFONDITA’: La percezione della profondità avviene grazie all’integrazione di indizi binoculari e monoculari:

- Indizi binoculari: riguardano la disparità retinica (dovuta al distanziamento degli occhi che produce su ogni retina un’immagine diversa dell’oggetto e tanto maggiore quanto più vicino è l’oggetto) e la convergenza che è un indizio cinestetico dato dai movimenti dei muscoli oculari che fanno convergere gli occhi in base alla distanza dell’oggetto osservato.

- Indizi monoculari: sono l’interposizione, l’elevazione (gli oggetti più alti sul piano visivo dell’osservatore sono più lontani), il gradiente della texture (più grossolana quanto più vicino è l’oggetto osservato), l’ombreggiatura, la prospettiva lineare (le linee parallele sembrano convergere a distanza), la prospettiva aerea (gli oggetti lontani appaiono sbiaditi), la dimensione familiare (la tendenza a supporre che un oggetto abbia le sue dimensioni consuete), la dimensione relativa e la parallasse del movimento (apparente disparità di velocità degli oggetti quando siamo in movimento).

LA PERCEZIONE DEL MOVIMENTO: E’ legata ad indizi provenienti dalla mutevolezza dell’immagine proiettata dall’oggetto sulla retina e dai movimenti muscolari necessari a seguire con lo sguardo un oggetto (quando l’oggetto è in movimento rispetto all’osservatore o viceversa). LO STUDIO DELLA PERCEZIONE: Vi sono tre tipi di approccio allo studio della percezione:

- Fenomenologico (ad esempio i gestaltisti che mettono in luce l’importanza e l’interdipendenza delle parti nel determinare il tutto);

- Computazionale; - Ecologico (rappresentato da Gibson).

In tutti i casi, il problema che si pongono i ricercatori riguarda la natura della percezione: gli oggetti percepiti si caratterizzano di determinate qualità perché le posseggono nella realtà (isomorfismo)? La risposta sembra essere negativa: la realtà fisica non corrisponde a quella percettiva; ce lo dimostra la psicofisica con il concetto di soglia e la legge di Fechner e Stevens e ce lo dimostrano fenomeni come la percezione di stimoli fisicamente assenti (il triangolo di Kanitsa o trasparenza fenomenica), la mancata percezione di stimoli presenti (il mascheramento e le figure bistabili) oppure la percezione di uno stimolo diverso dallo stimolo fisicamente presente (effetto White); quindi l’esistenza di una certa proprietà fisica non è sufficiente a garantire la sua esistenza fenomenica (nel percetto), servono altre condizioni: studiare la percezione significa appunto studiare queste condizioni.

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La percezione è il risultato di una catena di mediazioni; nella percezione visiva, ad esempio, questa catena comincia con lo stimolo distale (esterno) costituito dalla luce (cioè dalle onde elettromagnetiche che sono il canale attraverso il quale l’oggetto si manifesta all’occhio); lo stimolo distale produce lo stimolo prossimale (interno), cioè l’immagine dell’oggetto sulla retina; attraverso i recettori retinici, grazie alla trasduzione, le informazioni (sottoforma di impulsi bioelettrici) raggiungono il livello corticale dove si produce una rappresentazione interna dell’oggetto; a livello corticale avviene poi la decodifica delle informazioni che porta alla formazione della rappresentazione finale dell’oggetto fenomenico; questo processo porta con sé una serie di distorsioni dovute:

- Al funzionamento stesso del sistema visivo: sulla retina le immagini sono bidimensionali; la tridimensionalità del mondo fisico deve essere ricostruita nel cervello; inoltre la percezione retinica del movimento può avvenire perché l’oggetto si muove rispetto all’osservatore o perché l’osservatore si muove rispetto all’oggetto e produrre illusioni percettive (come in treno ci sembra che il paesaggio “scorra” fuori dal finestrino ma in realtà siamo noi a muoverci non il paesaggio).

- Alle caratteristiche individuali: ad esempio, oltre che le caratteristiche geometriche degli oggetti, noi percepiamo anche le loro caratteristiche espressive e valenze emotive (terziarie); inoltre la modulazione della percezione è soggetta anche ad altre influenze soggettive come la motivazione e l’aspettativa.

IL COSTITUIRSI DEGLI OGGETTI FENOMENICI (PERCETTI):

• Articolazione figura-sfondo (segregazione): Figura e sfondo sono ruoli mutuamente esclusivi; Completamento amodale: lo sfondo viene percepito dietro alla figura; Lo sfondo non ha margini (funzione unilaterale dei margini) o contorni, ha natura di

sostanza e ha natura filmare (viene percepito come lattiginoso, sfocato, esteso, non cromatico);

La figura è dotata di margini, ha natura oggettuale e cromatica (colore compatto). Fattori che favoriscono la percezione di un oggetto come figura:

- Dimensioni relative: la figura è più piccola dello sfondo; - Inclusione (nello sfondo); - Convessità; - Allineamento degli assi delle parti con le dimensioni principali dello spazio

(orizzontale e verticale). • Leggi della Segmentazione (raggruppamento) del Campo Visivo:

Vicinanza; Somiglianza; Continuità: viene favorita la segmentazione in figure chiuse; Direzionalità: la direzione globale del tutto impone il raggruppamento delle parti; Chiusura; Pregnanza: raccoglie un insieme di proprietà quali la semplicità, l’ordine, l’unitarietà,

la simmetria, la regolarità e la coerenza; Destino comune: si tratta di una generalizzazione della somiglianza; Divisione senza resti: vi è la tendenza a raggruppare le parti di modo da non

lasciarne di isolate. Si studia l’interazione tra questi principi e quelli dell’organizzazione percettiva, come si sommano (sinergia) o si ostacolano (rivalità); per analizzare questi rapporti li si studia prima in isolamento (singolarmente) e poi in associazione. PERCEZIONE E PENSIERO: Dato che anche la percezione organizza e interpreta dei dati, verrebbe da chiedersi cosa la distingue dal pensiero: la differenza risiede nel fatto che i meccanismi che guidano il processo percettivo non sono consapevoli, cioè non dipendono dal ragionamento; alcuni cognitivisti,

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però riconducono la percezione ad una forma di logica (la Teoria dell’Inferenza Inconscia di Von Helmotz). L’INTERPRETAZIONE PERCETTIVA: I ricercatori si sono posti il problema di quale sia la rilevanza dell’esperienza o di capacità innate sull’interpretazione percettiva, cioè sull’assegnazione di un significato ad un percetto.

• La Teoria della Percezione Diretta: secondo Gibson i sensi si sono sviluppati per rispondere a stimoli ambientali rilevanti, perciò il significato degli stimoli è spesso immediato; a dimostrazione di ciò ci sono gli esperimenti condotti sul “precipizio visivo” che hanno dimostrato la tendenza di bambini piccoli a non avvicinarsi al precipizio apparente nonostante non avessero l’esperienza di quello stimolo.

Recentemente gli studiosi hanno cominciato a riconoscere l’esistenza di alcune potenzialità innate del sistema nervoso, ma queste potenzialità necessitano di imput ambientali per potersi sviluppare: il cervello si è sviluppato in modo da “aspettarsi” certe esperienze senza le quali non si sviluppa normalmente (studi sui ciechi); quindi l’esperienza può attivare meccanismi innati e addirittura influire sullo spazio cerebrale dedicato a determinate funzioni; natura e cultura interagiscono. Un altro problema riguarda l’influenza delle esperienze precedenti sulla modulazione della percezione; si contrappongono due modelli:

• L’Elaborazione Bottom-Up: che sottolinea l’importanza dei dati sensoriali grezzi e di un’analisi sequenziale di questi dati; un esempio di questo tipo di elaborazione è la percezione del movimento.

• L’Elaborazione Top-Down: secondo la quale il cervello usa le conoscenze precedenti per interpretare i dati sensoriali appena cominciano ad arrivare: il cervello sostanzialmente comincia da subito ad avanzare un’ipotesi sul percetto finale, in base alle conoscenze in memoria; un esempio di elaborazione Top-Down è la lettura.

In realtà questi due tipi di elaborazione avvengono simultaneamente dato che, senza l’elaborazione bottom-up, gli stimoli esterni non avrebbero alcun effetto sulla percezione e senza l’elaborazione top-down, l’esperienza non avrebbe alcun effetto sul processo percettivo. IL SET PERCETTIVO E LA MOTIVAZIONE: La percezione è soggetta anche ad altre influenze, le aspettative o set percettivo (contesto percettivo); esse rendono più probabili talune soluzioni interpretative:

- Il contesto immediato: la situazione immediata in cui si verifica la percezione (abbraccio di un parente o di un estraneo);

- Le conoscenze durevoli: esse sono organizzate nella mente in schemi di pensiero su un certo ambiente che ce lo rendono prevedibile; abbiamo schemi per gli oggetti, per le persone, per le situazioni, ecc…Essi rendono più efficiente e veloce l’interpretazione percettiva.

Anche la motivazione può influire sull’interpretazione percettiva: le persone tendono a percepire ciò che vorrebbero percepire; ad esempio se abbiamo fame e passiamo davanti ad un ristorante sicuramente sentiremo con chiarezza gli odori del cibo, mentre se non abbiamo fame non ci faremo neanche caso.

L’ATTENZIONE

DEFINIZIONE: L’attenzione non può essere definita come un concetto unitario, si tratta piuttosto di un insieme di fenomeni psicologici diversi che influenzano le varie attività mentali:

- Attenzione selettiva e spaziale: capacità del soggetto di focalizzare l’attenzione su uno stimolo a discapito di altri; dal punto di vista spaziale, si tratta della capacità di focalizzare l’attenzione su una particolare regione dello spazio anche non occupata da oggetti;

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- Attenzione sostenuta: capacità di mantenere un certo livello di attenzione durante l’esecuzione di un compito (o su un determinato stimolo);

- Funzioni esecutive: processi relativi al controllo e alla pianificazione dei comportamenti. Dal punto di vista anatomico, sono stati individuati tre sistemi attentivi:

- Sistema attentivo anteriore: corrisponde alla corteccia prefrontale e si occupa della focalizzazione conscia e del monitoraggio del comportamento;

- Sistema attentivo posteriore: corrisponde alla corteccia parietale e si occupa dell’orientamento dell’attenzione, dell’elaborazione dettagliata degli oggetti e della focalizzazione spaziale;

- Sistema attentivo che si occupa del mantenimento di uno stato di allerta e vigilanza, agendo anche sugli altri due sistemi e che si colloca in varie aree dell’emisfero destro.

I VINCOLI DELL’ATTENZIONE: Le prestazioni attentive sono influenzate da:

- Le strutture nervose e il loro funzionamento (limiti fisiologici); - Altri meccanismi cognitivi quali ad esempio la memoria: tanto meglio sono organizzate

in memoria le informazioni, tanto più facile sarà recuperarle e gestirne una quantità maggiore;

- L’ambiente: i cambiamenti ambientali sono continui ed è importante essere capaci di gestirli in maniera adattiva, perciò è fondamentale la capacità di gestire anche il cambiamento di stimoli ai quali non stiamo dedicando in particolare la nostra attenzione (non strettamente legati alle nostre priorità); inoltre il nostro sistema di priorità, che determina quali devono essere gli stimoli attesi, va rimodellato continuamente sui cambiamenti ambientali.

LO STUDIO DELL’ATTENZIONE: L’approccio allo studio dell’attenzione che caratterizza la ricerca moderna (sperimentale) è quello dell’Elaborazione dell’Informazione; l’assunto fondamentale di questo approccio è che è possibile studiare cosa avviene nella mente fra la presentazione dello stimolo e l’emissione della risposta, cioè i processi cognitivi: essi sono visti come un insieme di stadi che subiscono una trasformazione in seguito a processi di elaborazione dell’informazione. I METODI:

• Metodo dei Tempi di Reazione: utilizzato già a fine ‘800 dal fisiologo olandese Donders, si basa su due assunti fondamentali:

- Assunto di serialità: l’elaborazione dell’informazione avviene per stadi successivi (seriali);

- Assunto di additività: il tempo che intercorre tra lo stimolo e la risposta è direttamente proporzionale al numero di stadi che si sono succeduti (più tempo significa più stadi di elaborazione).

Esempio: consideriamo tre situazione di presentazione di stimoli: 1) Presentazione di uno stimolo: “Ka”; - Il soggetto deve rispondere “Ka” allo stimolo “Ka”; - Si ottiene il tempo di reazione T1, tempo di reazione semplice che implica 2

operazioni: registrazione dello stimolo ed l’emissione della risposta. 2) Presentazione di un insieme di stimoli: “Ka”, “Ke”, “Ki”, “Ko”, “Ku”; - Il soggetto deve rispondere “Ka”, “Ke” e così via rispettivamente agli stimoli

“Ka”, “Ke”, ecc…; - Si ottiene il tempo di reazione T2 (tempo di reazione di scelta) che implica 4

operazioni: registrazione dello stimolo, discriminazione dello stimolo, discriminazione della risposta ed emissione della risposta.

3) Presentazione di un insieme di stimoli “Ka”, “Ke”, ecc…; - Il soggetto deve rispondere solo allo stimolo “Ka”;

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- Si ottiene il tempo di risposta T3 (metodo go/no-go) che implica 3 operazioni: registrazione dello stimolo, discriminazione dello stimolo, ed emissione della risposta.

Possiamo calcolare: - Tempo di discriminazione della risposta: T2 – T3; - Tempo di discriminazione dello stimolo: T3 – T1.

Critiche: sono state mosse varie critiche al metodo sottrattivo di Donders relative alla serialità degli stadi di elaborazione (le elaborazioni non sono necessariamente seriali, ma potrebbero avvenire parallelamente) e alla loro additività (compiti complessi potrebbero richiedere operazioni diverse con tempi diversi non semplicemente più operazioni).

• Metodo dei Fattori Additivi: si basa anch’esso sull’assunto di serialità, ma tramite questo metodo può essere rilevata l’additività o l’interazione dei fattori (variabili) in un compito; facendo variare un fattore per volta e misurando il tempo di reazione corrispondente, è possibile dedurre l’influenza del singolo fattore sul tempo richiesto dal compito.

• Protocolli Verbali: - Thinking Aloud: il soggetto descrive verbalmente i processi mentali messi in

atto per lo svolgimento di un compito durante la sua esecuzione; si basa sull’assunto che la descrizione verbale non interferisce con i processi mentali messi in atto; questo metodo è stato criticato perché non è sempre possibile descrivere i processi mentali messi in atto: ad esempio, per il riconoscimento di un viso, l’elaborazione è per lo più visiva e inconscia, quindi è alquanto difficoltoso descriverla.

- Talking Aloud: il soggetto descrive verbalmente i processi mentali messi in atto per lo svolgimento di un compito, ad esecuzione conclusa; questo metodo è stato criticato perché la consapevolezza dei processi mentali è parziale e nel riportarli successivamente c’è la tendenza del soggetto a riempire i vuoti con le sue credenze.

• Questionari: si tratta di metodi retrospettivi volti a riscontrare la presenza e la frequenza di errori di attenzione.

• Test: sono spesso usati nella clinica per identificare i deficit attentivi.

L’ATTENZIONE SELETTIVA: E’ la capacità di isolare porzioni dello spazio che hanno rilevanza o una particolare informazione, ignorando le altre; la selezione può venir applicata anche a particolari caratteristiche fisiche di un oggetto, a regioni dello spazio o ai movimenti del soggetto. La ricerca ha dimostrato come l’elaborazione di un’ informazione selezionata sia più efficiente di quella di un’ informazione non selezionata; questo riflette alcuni dei vincoli dei processi attentivi:

- Le priorità di risposta dell’organismo: alcuni stimoli elicitano una risposta automatica (sono prioritari sugli altri); ad esempio un forte rumore improvviso catturerà la nostra attenzione anche se precedentemente era concentrata su altro;

- I limiti delle risorse: il sistema cognitivo ha risorse limitate in ingresso, quindi la selezione dell’informazione è necessaria al buon funzionamento del sistema (modelli dell’attenzione come filtro).

LA SELEZIONE DELL’INFORMAZIONE: I ricercatori si sono chiesti a quale livello dell’elaborazione avviene la selezione dell’informazione; si contrappongono due teorie, quella della selezione precoce e quella della selezione tardiva, corrispondenti rispettivamente al modello dell’attenzione come filtro di Broadbent e al successivo modello dell’attenzione come filtro attenuato di Treisman.

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LA TEORIA DELLA SELEZIONE PRECOCE: Secondo questa teoria, la selezione dell’informazione avviene a livello dello stimolo, dopo il la rilevazione delle sue caratteristiche fisiche; a supporto di questa teoria ci sono gli esperimenti condotti sull’ascolto dicotico: il soggetto deve ascoltare in cuffia due discorsi diversi, uno a destra e l’altro a sinistra, con il compito di prestare attenzione, ad esempio, solo a quello di destra; del messaggio non atteso verranno rilevate solo le caratteristiche fisiche (altezza, timbro, ecc…), poiché l’informazione non attesa decade e non è recuperabile. Vi sono però esperimenti di ascolto dicotico che dimostrano che determinati stimoli, come il proprio nome, vengono riconosciuti anche se non sono stati attesi. LA TEORIA DELLA SELEZIONE TARDIVA: Contrariamente alla teoria della selezione precoce, sostiene che la selezione dell’informazione avviene a livello della risposta e non dello stimolo, cioè dopo l’analisi semantica degli stimoli rilevanti e non. Questa teoria è supportata dagli esperimenti condotti da Eriksen:

Presentazione al soggetto di una stringa di 5 lettere; Il soggetto ha il compito di premere un determinato tasto in funzione della lettera

centrale alla quale deve porre attenzione (la lettera centrale è quindi un target di tipo condizionale poiché richiede una risposta specifica):

- Lettera “H” = tasto 1; - Lettera “K” = tasto 1; - Lettera “S” =tasto 2.

Nel caso di una stringa “KKHKK”, si avrà il fenomeno della facilitazione, cioè il tempo di reazione sarà minore, perché il target e i flankers (i distrattori, cioè le lettere che circondano quella attesa) richiedono la stessa risposta;

Nel caso di una stringa “SSHSS”, si avrà il fenomeno dell’interferenza, cioè il tempo di reazione sarà maggiore poiché i flankers richiedono una risposta diversa da quella del target. Ciò dimostra che sia il target (lo stimolo atteso) che i flankers (gli stimoli non attesi) superano il filtro dell’attenzione venendo elaborati; la selezione ha luogo dopo l’elaborazione semantica di tutti gli stimoli presentati; l’attenzione è quindi paragonabile ad un fascio di luce che si centra sul target, ma illumina anche i flankers (fuoco attentivo).

IL PRIMING: La teoria della selezione tardiva inoltre è supportata anche dal paradigma del Priming: gli esperimenti sul priming consistono nella presentazione al soggetto di uno stimolo (Prime) e poi di un secondo stimolo al quale ha il compito di rispondere denominandolo (Probe, lo stimolo atteso); se il prime ha un legame, ad esempio semantico, col probe, il tempo di risposta del soggetto sarà più breve che in condizioni neutre; gli esperimenti di Priming Negativo dimostrano con particolare chiarezza l’effetto del legame tra prime e probe: in questo caso il prime è costituito da due stimoli uno dei quali deve essere atteso; il prime non atteso avrà un legame semantico col probe che il soggetto dovrà denominare; si avrà un tempo di risposta più lungo; questo dimostra che anche il prime non atteso è stato elaborato (Teoria del Filtro Attenuato di Treisman: anche gli stimoli non attesi vengono elaborati, non esclusi ma solo attenuati). I MECCANISMI DELLA SELEZIONE: La selezione dell’informazione si svolge in due fasi:

1) Attivazione dell’informazione attesa (attivazione del fuoco attentivo): è un processo stabile nel tempo, indipendente dal soggetto e dal compito; ha luogo quando l’informazione relativa all’oggetto atteso viene recuperata dalla memoria;

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2) Inibizione dell’informazione non attesa: è un processo attivo, non stabile nel tempo in quanto decade rapidamente, dipendente dal soggetto e dal compito; ha luogo a livello del recupero dei codici.

L’INTEGRAZIONE DELLE CARATTERISTICHE DELL’OGGETTO ATTESO: Secondo la teoria di Treisman, le caratteristiche degli oggetti verrebbero elaborate in moduli separati (grandezza, colore, orientamento, posizione) in parallelo ad un livello preattentivo; in seguito, a livello attentivo, questi moduli vengono integrati in un Object Frame; poi, possiamo dirigere la nostra attenzione su una particolare posizione nello spazio (secondo questa teoria possediamo delle mappe nelle quali gli oggetti sono rappresentati come punti nello spazio) il che permette il recupero delle caratteristiche attivate in quella posizione e la loro integrazione in un Object File; possono verificarsi delle congiunzioni illusorie, per esempio nel caso della presentazione di uno stimolo per un tempo brevissimo, cioè attribuzioni erronee di caratteristiche ad un oggetto. Un tipico esperimento a dimostrazione di questa teoria può essere un compito di ricerca visiva: se il soggetto viene istruito a prestare attenzione ad un target che ha una caratteristica distintiva (pop-out), questo catturerà automaticamente la sua attenzione (a livello preattentivo); nel caso in cui il target sarà definito da più caratteristiche (oltre quella attesa come distintiva), il tempo di reazione aumenterà, perché esso dipende dall’elaborazione seriale di tutte le caratteristiche, comprese quelle non attese (distrattori). L’ATTENZIONE SPAZIALE: L’attenzione spaziale è la capacità di selezionare particolari posizioni nello spazio; può essere:

- Esplicita (ad esempio l’orientamento dello sguardo) o implicita (senza alcun atto motorio);

- Diffusa o focale; - Orientata automaticamente o volontariamente.

PARADIGMA DI POSNER: Esperimento: al soggetto viene presentato un cue (segnale di allarme) che può essere endogeno (ad esempio una lettera, che richiede una elaborazione consapevole e permette una distribuzione volontaria dell’attenzione) o esogeno (ad esempio un flash di luce, che orienta automaticamente la nostra attenzione); nelle prove valide, il cue segnalerà la posizione in cui comparirà lo stimolo a cui il soggetto deve rispondere: dato che l’attenzione è già orientata verso la posizione di comparsa dello stimolo, il tempo di reazione sarà basso (la soglia di percezione si abbassa); nelle prove invalide, il cue segnalerà una posizione sbagliata, diversa da quella in cui comparirà lo stimolo a cui rispondere: il tempo di reazione sarà quindi superiore perché l’attenzione sarà orientata verso una posizione diversa da quella dello stimolo a cui rispondere (la soglia di percezione dello stimolo aumenterà); nelle prove neutre, i cue segnaleranno tutte le possibili posizioni di modo da non influenzare l’orientamento dell’attenzione; con i dati ottenuti possiamo calcolare:

- Il Beneficio Attentivo: Tr(neutre) – Tr(valide), equivalente a circa 10-15 msec; - Il Costo Attentivo: Tr(neutre) – Tr(invalide), equivalente a circa 20-30 msec; esso

deriva dalle operazioni necessarie allo “spostamento dell’attenzione”: disancoraggio dal punto di fissazione (segnalato dal cue), spostamento e ancoraggio in una nuova posizione dello spazio (quella di comparsa dello stimolo).

Secondo Posner, l’attenzione viene allocata nello spazio come una fascio luminoso (focus, fuoco attentivo); secondo altri, l’intensità dell’attenzione dipende anche da un gradiente (di discriminabilità visiva) che ha il suo massimo nel centro del fuoco attentivo e diminuisce sempre più allontanandosi da esso. FENOMENI CORRELATI:

• Inibizione di Ritorno: si tratta di un costo attentivo, ovvero il tempo di reazione aumenta quando siamo costretti a riorientare l’attenzione verso una zona

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precedentemente attesa; ha un valore adattivo, poiché in termini di sopravvivenza è più utile esplorare tutte le posizioni dello spazio e non soffermarsi su una sola.

• Effetto Meridiana: si riscontrano tempi di reazione più lunghi nelle prove invalide in cui il secondo stimolo compare nell’emicampo visivo opposto a quello dove era comparso il cue, anche a parità di distanza; questo fenomeno dipende dalla trasmissione cerebrale attraverso il corpo calloso che collega i due emisferi del cervello.

• Effetto Distanza: nelle prove invalide si registrano tempi di reazione più lunghi via via che il secondo stimolo compare a distanze sempre maggiori dal cue, anche nello stesso emicampo visivo.

L’ORIENTAMENTO DELL’ATTENZIONE NELLO SPAZIO: Si contrappongono due teorie:

• Space-Based View: secondo questa teoria l’attenzione può essere orientata verso qualunque posizione dello spazio indipendentemente dalla presenza o meno di oggetti in essa (Posner).

• Object-Based View: secondo questa teoria invece l’orientamento dell’attenzione è legato alla presenza di oggetti o a loro caratteristiche (l’attenzione non può essere orientata verso “posizioni vuote” dello spazio, ma sempre verso oggetti). Questa teoria è supportata da due esempi: Effetto Stroop: al soggetto vengono presentate due coppie di parole scritte in colori

diversi: - “Verde” e “Rosso”, scritte in verde; - “Verde” e “Rosso”, scritte in rosso.

Per ogni coppia il soggetto deve nominare i colori con cui sono scritte le parole: se il colore e la parola coincidono il tempo di reazione è minore, in caso contrario c’è un’interferenza (stroop) e il tempo di reazione è maggiore perché bisogna inibire la lettura della parola e concentrarsi solo sul colore; questo dimostra il peso delle caratteristiche degli oggetti sull’orientamento dell’attenzione: è difficile ignorare le caratteristiche diverse da quelle attese.

Altra dimostrazione: l’attenzione può essere orientata su attributi diversi di una certa caratteristica per due oggetti (ad esempio due quadrati, uno con i lati rossi e l’altro con i lati verdi), ma non si può orientarla su attributi relativi a caratteristiche diverse di due oggetti (il colore della diagonale di uno dei quadrati e il colore dei lati dell’altro) (Esperimenti di Duncan).

Le due teorie, Space-Based View e Object-Based View, sono state recentemente conciliate dato che vi è somiglianza tra i meccanismi dell’orientamento implicito dell’attenzione sulle caratteristiche degli oggetti e tra gli oggetti e inoltre vi sono evidenze neurologiche che confermano la coesistenza dei due meccanismi: esistono circuiti nervosi separati per l’attenzione sullo spazio e sugli oggetti, la “via del what” e la “via del where”.

• Teoria Premotoria dell’attenzione: secondo questa teoria l’orientamento dell’attenzione sarebbe mediato esclusivamente da meccanismi responsabili del movimento (corteccia premotoria), anche nel caso dell’attenzione implicita (cioè quando l’orientamento dell’attenzione avviene senza movimenti).

LE FUNZIONI ESECUTIVE: Si tratta di sistemi di controllo che organizzano l’attività cognitiva e i comportamenti; hanno la funzione di gestire:

- La distribuzione nel tempo di risorse e strutture; - La pianificazione delle azioni (i comportamenti); - La correzione degli errori.

I metodi di studio principali sono il paradigma del doppio compito e il paradigma del cambio di compito.

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PARADIGMA DEL DOPPIO COMPITO: Prevede l’esecuzione contemporanea di due compiti; l’analisi dei tempi di reazione e degli errori commessi permette di capire la quantità di risorse impiegate nei due compiti e quando esse vengono impiegate; si basa su due assunti fondamentali:

1) Le misure utilizzate riflettono la natura dei processi di elaborazione (la sensibilità, cioè in quale misura i due compiti dipendono dagli stessi processi);

2) I due compiti richiedono entrambi un’elaborazione continuativa. Si riscontra il fenomeno dello “Stimulus Onset Asynchrony” (SOA) o Periodo Psicologico Refrattario: tra l’emissione della risposta R1 allo stimolo S1 e l’emissione della R2 allo stimolo S2, intercorre un intervallo si tempo, cioè la R2 risulta rallentata; questo riflette un limite delle risorse, in quanto si assume che, prima di poter elaborare lo S2, l’elaborazione dello S1 deve essere conclusa; si deduce che:

- Compiti concorrenti (contemporanei) sfruttano uno stesso meccanismo entrando quindi in conflitto (shadowing);

- L’accesso al meccanismo richiede un tempo d’attesa. Altre teorie sostengono che l’esecuzione di compiti concorrenti dipende dalla quantità delle risorse disponibili e dalla loro assegnazione in base al tipo di compito (task). PARADIGMA DEL CAMBIO DI COMPITO: Permette di misurare il costo dello spostamento delle risorse da un compito all’altro e il beneficio della ripetizione di uno stesso compito (i tempi di reazione diminuiscono). TEORIA DEL SISTEMA ESECUTIVO CENTRALE: Secondo Norman e Shallice, il sistema esecutivo centrale è un modulo separato della memoria di lavoro che seleziona schemi (stati comportamentali) e piani si risposta (sequenze di comportamenti) in funzione degli scopi. Il SISTEMA ATTENTIVO SUPERVISORE: è costituito dalla modalità di controllo VOLONTARIA e AUTOMATICA Automatico: attivazione in situazioni abituali (preparare il caffè) Volontario: attivato in situazioni nuove che richiedono azioni intenzionali. Hanno le seguenti proprietà: sono temporanei, modificabili, richiedono attenzione volontaria, un elaborazione sequenziale e sono limitati alle nostre capacità attentive. La nostra capacità attentava è determinata da fattori strutturali: limiti alla nostra memoria di lavoro e velocità di elaborazione; fattori energetici cioè il livello di arousal il tono energetico del sistema cognitivo. I processi di controllo volontari (funzioni esecutive) svolgono la funzione di assicurare la flessibilità dei nostri comportamenti (fare un caffè Turco). L’esistenza di queste due modalità di controllo è basata su dati empirici spesso commettiamo degli errori: GLI ERRORI ATTENTIVI:

• Errori di modo: consistono nell’esecuzione di un’azione inadatta, “a vuoto”; ad esempio, quando si sono sempre portati gli occhiali e poi si decide di passare alle lenti a contatto, capita nei primi tempi di fare ancora il gesto di togliere gli occhiali pur non avendoli;

• Errori di descrizione: consistono nell’esecuzione di un’azione correlata a quella esatta ma inadatta; ad esempio, se si deve versare del succo in un bicchiere, lo si versa invece in una tazzina da caffè (la loro funzione è simile e viene scambiata);

• Errori di cattura: consistono nell’innesco di azioni da parte del contesto; ad esempio, se devo prendere la macchina per andare in ufficio e passo dal giardino, la mia attenzione viene catturata dall’annaffiatoio e mi metto a innaffiare le piante dimentico di dover prendere la macchina per andare in ufficio.

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I PROCESSI IMPLICATI DALLE FUNZIONI ESECUTIVE Sono strutture capaci di guidare il comportamento. La struttura temporale: costituisce l’abilità richiesta da fenomeni “esecutivi”: cooridinare sequenze di azioni, passare volontariamente da un compito ad un altro, produrre sequenze di azioni apprese o nuove. E’ supportata da: memoria retrospettiva, prospettica, controllo dell’interferenza e inibizione di risposte dominanti. Memoria retrospettiva: mantenimento di rappresentazioni in memoria, necessarie all’esecuzione di un compito, contengono le sequenze per le azioni, gli scopi dei compiti, informazioni sull’ambiente, conoscenze dichiarative e procedurali. Memoria prospettica: aspettative e orientamento all’azione futura, rimane attiva fino all’esecuzione del compito. Controllo dell’interferenza: inibire le informazioni che non sono appropriate nell’esecuzione di un compito. Inibizione di risposte dominanti: evita che risposte salienti ma inappropriate ottengano il controllo della sequenza dell’azione. ATTENZIONE SOSTENUTA E LA VIGILANZA E’ difficile prestare attenzione per lunghi periodi di tempo; l’attenzione sostenuta e la vigilanza rendono conto della variabilità del tempo delle nostre prestazioni attentive. Attenzione sostenuta: capacità di mantenere l’attenzione su eventi critici per un considerevole periodo. Vigilanza: capacità di monitorare nel tempo eventi con bassa frequenza di accadimento. PARADIGMI PER IL LORO STUDIO Il tipico compito di vigilanza è monitorare una serie di stimoli per individuare un elemento critico (guardia notturna allerta per eventuale presenza di ladri) . i soggetti sono esaminati per periodi prolungati e lo stimolo appare raramente e in modo non prevedibile. Si ottiene una prestazione veloce e un buon livello all’inizio, un declinio con il passare del tempo. Peggiora già nei primi 15 minuti se i segnali sono salienti, 5 minuti se non lo sono. Un altro compito è riferito ai tempi di reazione: il compito richiede di rispondere ad uno stimolo preceduto da un segnale di allarme. I tempi di reazione sono lenti quando gli intervalli sono molto brevi o molto lunghi, più veloci per gli intervalli intermedi. L’indice di tempo è indicato come allerta fasica. MECCANISMI E PROCESSI Sono state formulate diverse ipotesi per comprendere le difficoltà dell’attenzione sostenuta e la vigilanza. Una spiegazione può riguardare un evento ripetitivo che può portare ad un meccanismo inibitorio. Un’altra è l’aspettativa, i segnali a bassa probabilità richiedono maggiori risorse di elaborazione rispetto a quelli di alta probabilità (teoria dell’aspettativa). La teoria dell’attivazione invece afferma che il livello di arousal diminuisce in condizioni dio stimolazione sensoriale debole, aumenta nel contrario. DISTINZIONE TRA LIVELLO DI VIGILANZA E DECREMENTO Il livello di vigilanza descrive la prestazione generale; il decremento descrive l’aumento del numero degli errori e del rallentamento dei tempi di reazione. ECCEZIONE ALL’AROUSAL L’arousal fisiologico tende a diminuire sebbene questa diminuzione non sia sempre associata ad un declinio di performance. Questo perché dipende dalla capacità di rivelazione del segnale

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del soggetto (sensibilità) e dal criterio adottato nella risposta in base a scopi, aspettative e a conseguenze che possono essere legate a risposte corrette o errate. Un altro meccanismo è legato alla frequenza o ritmo della stimolazione, l’accuratezza rimane stabile quando il ritmo è elevato, il decadimento è massimo quando il ritmo è sostenuto. La prestazione è meno buona ma non si deteriora se sono presenti ritmi lenti. BASI ANATOMICHE La formazione reticolare, i nuclei talamici, il sistema colinergico dei gangli della base e la corteccia prefrontale destra sono coinvolti nella vigilanza. ATTENZIONE E COSCIENZA Qual è la relazione fra attenzione e consapevolezza? Alcuni autori hanno indicato i processi attentivi con la consapevolezza. Secondo altri possiamo avere consapevolezza senza necessariamente dirigere l’attenzione su questi eventi. PARADIGMI DI STUDIO DEI PROCESSI CONSCI E INCONSCI I primi studi si sono focalizzati sulla percezione subliminale, che si riferisce a quella classe di fenomeni in cui uno stimolo è in grado di influenzare il comportamento anche se è stato presentato troppo velocemente, oppure a un livello d’intensità troppo basso perché il soggetto sia in grado di identificarlo. Praradigma dell’ascolto dicotico: due messaggi diversi nei due orecchi. Il soggetto deve prestare attenzione solo ad uno, la velocità di elaborazione dipende dal legame semantico delle parole. Questi esperimenti hanno però dimostrato che anche ai messaggi a cui non si presta attenzione si fa un’analisi di significato. Tuttavia è necessario che il messaggio non atteso non divenga consapevole altrimenti questo paradigma non fornisce i dati a sostegno dell’elaborazione non consapevole. Paradigma presentazione parafoveale: focalizzare l’attenzione su stimoli presenti in fovea e ignorare quelli presentati nella periferia del campo visivo (area parafoveale). Sono presentate due parole una con un significato ambiguo nella fovea, una a cui non si deve prestare attenzione nell’area parafoveale. In genere non si è in grado di riportare quest’ultima anche se si è visto che può influenzare la risposta bersaglio soprattutto quando possono essere legate semanticamente. CRITICA A QUESTI DUE METODI: non è sufficiente, e non si può essere sicuri che gli elementi distrattori non influenzano la consapevolezza, non ci si può basare solo sulla buona fede del soggetto di non prestare attenzione agli stimoli che si devono ignorare, perché in realtà se ne sono semplicemente dimenticati. Paradigma del mascheramento: il più adatto a dimostrare la non consapevolezza; uno stimolo visivo mascherato da una configurazione successiva, non è percepito a causa di limitazione dei dati. Es: un compito di decisone lessicale-una stringa di lettere presentata velocemente decidere se è o no una parola. In studi di priming la stringa bersaglio è preceduta da un prime di una parola non rivelante. Il tempo è piuttosto lungo quindi entrambi possono essere elaborati in modo consapevole. Un prime con un significato simile facilitano la decisione lessicale rispetto a parole non associate. Nei paradigmi di priming mascherarto il prime non è percepito in modo consapevole, spesso non si riesce neanche a stabilire se la parola si è presentata o no. Ciononostante il prime con significato simile influenza la risposta allo stimolo bersaglio successivo, quindi si dimostra che l’elaborazione non consapevole del prime mascherato influenza l’elaborazione consapevole successiva. PROBLEMI METODOLOGICI Le controversie sono state relative ai criteri utilizzati per determinare la consapevolezza del soggetto. I paradigmi tentano di dimostrare che l’elaborazione dell’informazione non consapevole dimostra due indici di dissociazione: uno evidenzia che l’informazione non è

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consapevole, l’altro che ciononostante essa influenza l’elaborazione. E’ meglio allora dimostrare la non consapevolezza sulla base di compiti a scelta forzata che richiedono di indovinare la presenza o l’assenza di uno stimolo. Secondo alcuni infatti la consapevolezza è l’abilità di operare una risposta di discriminazione, se non si ha questa capacità allora si ha inconsapevolezza. Cheeseman e Merikle hanno suggerito di distinguere la soglia soggettiva e quella oggettiva, quando gli stimoli sono sotto la soglia soggettiva i soggetti non sono capaci di vederli e formulare un giudizio; la soglia oggettiva è il punto nell’elaborazione percettiva sotto il quale i soggetti producono risposte casuali quando devono decidere se lo stimolo è presente o assente; questa procedura permette di valutare la soglia per ogni stimolo. Merikle e reingold hanno evidenziato la differenza qualitativa tra stimoli rilevanti e irrilevanti; ai soggetti vengono presentate parole, non-parole, o schermate nere, prima di tutto i soggetti devono decidere se uno stimolo è presente e poi devono eseguire il compito di riconoscimento forzato. Quando non sono capaci di rivelare una non-parola non viene fatta nessuna elaborazione, ma quando lo stimolo è una parola anche se i soggetti non sono in grado di rivelarla hanno una capacità di prestazione migliore nel test di riconoscimento successivo. Questo dimostra che la rivelazione dello stimolo è differente dalla non rilevazione perciò è un metodo usato come misura per l’elaborazione conscia. DEFICIT PER L’ELABORAZIONE CONSAPEVOLE Alcune sindromi hanno reso evidente l’importanza della consapevolezza,evidenziano delle dissociazioni tra le conoscenze inconsce che sono preservate, e quelle consce che sono danneggiate. Le conoscenze implicite (inconsce) sono caratterizzate da prestazioni di compiti senza una esperienza consapevole, al contrario esplicite(consce) si basano su esperienze consapevoli. Si valutano con esperimenti su compiti diretti o indiretti. I primi riconoscere un oggetto, richiedono una abilità esplicita; i secondi valutano questa abilità in modo incidente, mentre il compito sembra valutare un'altra cosa (esp di priming) LA CECITA’ CORTICALE Danni alla corteccia visiva primaria causano cecità per parti del campo visivo(scotomi). Alcuni pazienti hanno dimostrato di possedere conoscenze implicite nell’area dello scotoma, sono denominate blindsight ,Es: (compito diretto) inviando uno stimolo sonoro e uno stimolo visivo nel punto di scotoma i soggetti devono indicare la posizione dello stimolo, è sorprendente vedere come possono farlo in maniera accurata, anche se leggermente inferiore all’indicazione della posizione di uno stimolo se mostrato nelle parti intatte del campo visivo. Questa procedura però è stata criticata ancora perché comunque sono valutazioni soggettive rispetto alla consapevolezza. Per questo sono stati utilizzati compiti indiretti; a soggetti senza lesioni celebrali è stato chiesto di rispondere al secondo di due flash, inviati in punti diversi del campo visivo e in rapida successione, il tempo di reazione è più lungo di quando è presentato un unico flash. Nei pazienti con problemi di cecità corticale avevano un tempo di reazione più lento al flash presentato nella parte intatta del campo visivo, quando era preceduto da un flash presentato nello scotoma, rispetto ad un unico flash, effetto che si manifestava anche se il paziente non era consapevole che gli venivano presentati due flash percependo solo quello nel campo visivo intatto. LA PROSOPOAGNOSIA Lesioni bilaterali della regione occipitale temporale, si è capaci di discriminare facce da non-facce, ma di non riconoscere persone a conosciute. Ricerche hanno dimostrato che si hanno conoscenze implicite. Esp: si presentavano insieme un nome e una fotografia di un attore o politico famosi, i tempi di reazione erano più veloci per i nomi famosi quando erano preceduti

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da fotografie di una faccia semanticamente associata, il paziente aveva una conoscenza implicita ma non esplicita dell’informazione semantica di un viso. L’EMINEGLIGENZA SPAZIALE UNILATERALE Lesioni parietali posteriori destre, non si è capaci di riportare o di orientarsi verso stimoli presentati nella parte sinistra dello spazio, anche qui si è dimostrato che i pazienti non sono consapevoli degli stimoli presenti nell’emisfero affetto. Esp: al paziente veniva proposta una stringa di parole, rispondeva più velocemente ad una parola presentata nel campo visivo intatto, quando era preceduta dalla breve presentazione di un’altra parola, legata alla prima da un punto di vista semantico presentata nel campo visivo danneggiato, il paziente aveva priming semantico per parole nel campo danneggiato anche se non era capace di elaborarle in modo consapevole. L’AMNESIA A causa di lesioni celebrali nel lobo temporale mediale, i pazienti ritengono di non ricordare eventi. Difficoltà nei compiti diretti perché richiedono un recupero esplicito ad esempio il riconoscimento o il richiamo. Sono quasi normali nei compiti indiretti. Es: completamento di parole appena studiate, quindi sono prestazioni che si basano sull’esperienza e la pratica in assenza di un’esperienza soggettiva passata. Recentemente c’è stata una controversia sui compiti diretti e indiretti, infatti quanto un compito indiretto può essere influenzato da una conoscenza implicita, o viceversa? Alcuni ricercatori Jacoby,Toth e Yonelinas hanno sviluppato una procedura che cerca di distinguere i processi consapevoli da quelli inconsapevoli, si cerca di quantificare il contributo della conoscenza esplicita e implicita sull’abilità di recupero degli item studiati ad esempio. MECCANISMI E FUNZIONI DI PROCESSI CONSCI E INCONSCI Tre spiegazioni sono state formulate per render conto della dissociazione fra coscienza implicita (inconscio) ed esplicita (conscia): una è che meccanismi neurali specializzati sono disconnessi dai sistemi neurali di più alto livello che sottostanno alla consapevolezza; un’altra è che meccanismi di elaborazione danneggiati producano dati degradati e questi non sono capaci di attivare il sistema della consapevolezza; la terza ritiene che la lesione distrugge i meccanismi necessari per dimostrare conoscenze esplicite mediante compiti diretti, mentre la prestazione in compiti indiretti dipende da meccanismi diversi, che non hanno accesso alla consapevolezza, la lesione distrugge solo i meccanismi che inviano il prodotto dell’elaborazione alla coscienza. Si ritiene che conoscenza esplicita e implicita hanno meccanismi diversi. BASI ANATOMICHE DEI PROCESSI CONSAPEVOLI La coscienza secondo alcune ipotesi, è legata all’attività di una parte del cervello, oppure origini dall’interazione tra diverse strutture celebrali. Gray ha detto che la coscienza è un’area dell’ippocampo. E’ necessario distinguere fra capacità consapevoli e coscienza. La capacità di avere esperienze consapevoli dipende dalla normale attività del tronco encefalico superiore e delle aree associate al talamo, mentre la coscienza è legata all’attività corticale.

L’APPRENDIMENTO

DEFINIZIONE: Si definisce apprendimento una modificazione del comportamento di un organismo in risposta a determinate condizioni, ottenuta attraverso l’esperienza e stabile nel tempo; l’apprendimento ha un ruolo adattivo ed è un processo universale, cioè comune a tutte le specie animali. LO STUDIO SCIENTIFICO DELL’APPRENDIMENTO: Lo studio scientifico dell’apprendimento segue tre paradigmi differenti: il condizionamento classico che ha un precursore storico già nella teoria delle associazioni di Aristotele (sosteneva

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che i ricordi entrano in collegamento nella memoria in base alla loro somiglianza e contiguità temporale), il condizionamento operante, e la teoria cognitivo-sociale. IL CONDIZIONAMENTO CLASSICO: Padre di questa teoria è il fisiologo russo Pavlov; le sue scoperte avvennero inizialmente in maniera serendipica, dato che i suoi studi (condotti su dei cani) riguardavano la fisiologia dell’apparato digerente; la sua attenzione però fu catturata dalla risposta riflessa dei cani: la salivazione alla vista del cibo. Il condizionamento classico si basa sull’associazione tra due stimoli; nei suoi esperimenti Pavlov associò più volte (in varie prove) uno stimolo sonoro (suono di una campanella) alla presentazione dello stimolo “cibo”; in condizioni normali, il suono è uno stimolo neutro (SN, che non evoca la risposta di salivazione), lo stimolo “cibo” è uno stimolo incondizionato (SI) e la risposta “salivazione” ad esso è una risposta incondizionata (RI); mediante l’associazione ripetuta dello SN (suono) con lo SI (cibo), lo SN finirà per evocare, anche in assenza dello SI, la RI (poiché SN e RI verranno stabilmente associati): lo SN diventa quindi lo stimolo condizionato (SC) e la RI diventa una risposta condizionata (RC); la procedura di acquisizione del condizionamento sarà il risultato di un certo numero di prove (presentazione di SI e SC insieme); il legame (associazione) che si stabilisce tra SC e SI è di natura sostitutiva. Dopo un certo periodo di tempo il condizionamento tende a svanire (Estinzione) e lo SC evocherà RC sempre più deboli; esso però può venir recuperato (Recupero Spontaneo) ripresentando il legame tra SC e SI. IL FATTORE TEMPO: Un elemento determinante nel successo della procedura di condizionamento è la contiguità temporale (gap: distanza) tra SC e SI; il fattore tempo viene sfruttato in vario modo a seconda della procedura di condizionamento attuata (l’ISI fra i due stimoli deve comunque essere molto breve, meno di un secondo):

• Condizionamento Anterogrado (o di traccia): lo SC viene presentato subito prima dello SI; è la procedura più efficiente (richiede meno prove);

• Condizionamento Simultaneo: SC e SI vengono presentati contemporaneamente; • Condizionamento Retrogrado: lo SC viene presentato dopo lo SI; è una procedura meno

efficacie (richiede più prove).

GENERALIZZABILITA’ E DISCRIMINAZIONE: Nelle procedure di condizionamento classico sono osservabili due fenomeni:

• Generalizzabilità: se si va a sostituire allo SC stabilito un altro SC, la probabilità dell’emissione della RC dipende dalla somiglianza tra i due SC;

• Discriminazione : se si va a sostituire lo SC stabilito con un altro SC troppo diverso, la RC non si verificherà (o sarà più debole).

I due fenomeni sono spiegabili attraverso il concetto di Gradiente di Generalizzabilità: esistono dei range di somiglianza entro i quali lo SC può venir sostituito da un altro SC; l’entità della RC è direttamente proporzionale alla somiglianza tra lo SC stabilito e lo SC sostituto. BLOCKING: E’ l’impossibilità di sostituire lo SC stabilito con un altro SC, poiché il primo “blocca” il secondo. OVERSHADOWING: Si ha quando si utilizzano due potenziali SC (ad esemipio, uno stimolo luminoso e uno sonoro in associazione allo SI): uno prenderà il sopravvento sull’altro diventando SC.

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INIBIZIONE LATENTE: Si verifica quando lo SN che si vuol far diventare SC è stato presentato troppe volte in isolamento prima di venir associato nelle prove allo SI: sarà impossibile farne uno SC (non riuscirà ad evocare la RC). COSA SI PUO’ CONDIZIONARE: Tramite il condizionamento classico si possono condizionare:

• Risposte riflesse: - Condizionamento Appetitivo: relativo a comportamenti consumatori (sessuali,

alimentari, sonno-veglia, ecc…); - Condizionamento Avversivo: relativo a comportamenti di tipo difensivo (ad

esempio, l’allontanamento da stimoli nocivi); Un’eccezione alla contiguità temporale degli stimoli associati, è costituita dall’Avversione Gustativa, cioè il condizionamento ad evitare di ingerire nuovamente sostanze alimentari che sono state ingerite prima di esperire uno stato di malessere; l’ISI ottimale (distanza temporale tra ingestione della sostanza e stato di malessere) in questo caso è molto più lungo che negli altri casi i condizionamento.

• Risposte Emotive: ad esempio la paura è una reazione altamente condizionabile (un esempio evidente sono le fobie).

• Risposte Immunitarie. LA LEGGE DELL’EFFETTO E IL CONDIZIONAMENTO STRUMENTALE: La teoria del condizionamento operante nasce con gli esperimenti condotti da Thorndike: il soggetto (una gatto) viene posto in una Puzzle-Box (gabbia dalla quale può uscire abbassando una levetta), una situazione problematica che può venir risolta da un comportamento casuale dell’animale; il comportamento del soggetto cambia durante le varie prove:

• Nella prima prova il soggetto mette in atto una serie di comportamenti, in ordine di frequenza di attuazione:

- Gratta le sbarre; - Preme contro il soffitto; - Gratta il pavimento; - Miagola; - Ecc…; - Abbassa la levetta: in conseguenza di ciò esce dalla gabbia.

• Dopo molte prove: il comportamento di abbassare la levetta diventa il più frequente. Dai risultati di questi esperimenti, T. elabora la Legge dell’Effetto secondo la quale, nel momento in cui l’animale mette in atto un comportamento, la probabilità che questo si ripeta, dipende dalle sue conseguenze: se saranno piacevoli vi è la tendenza a ripetere il comportamento, in caso contrario vi sarà la tendenza a non ripeterlo. Si tratta di un apprendimento “per prove ed errori”, detto anche Condizionamento Strumentale, in quanto il comportamento attuato diventa per l’animale lo strumento per ottenere una conseguenza piacevole; esso si basa quindi sull’associazione tra una risposta e uno stimolo (lo stimolo conseguenza del comportamento). IL CONDIZIONAMENTO OPERANTE: In seguito Skinner introduce il concetto di Condizionamento Operante; per definire questa procedura occorre specificare i concetti di:

- Operante: il comportamento messo in atto; - Rinforzo e Punizione: gli eventi possibili conseguenze dell’emissione di un certo

comportamento, vissuti rispettivamente come un condizione piacevole, che aumenterà la probabilità di emissione futura del comportamento, o spiacevole, che diminuirà la probabilità di emissione futura del comportamento (fuga o evitamento).

Si possono avere due forme di rinforzo e due forme di punizione:

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- Rinforzo Positivo: consistente nella presentazione di uno stimolo piacevole; - Rinforzo Negativo: consistente nella cessazione di uno stimolo spiacevole; - Punizione Positiva: consistente nella somministrazione di uno stimolo spiacevole; - Punizione Negativa: consistente nella cessazione di uno stimolo piacevole.

Come il condizionamento classico, anche quello operante può andare incontro ad estinzione se all’operante non viene associata sempre la conseguenza (si perde il legame associativo tra comportamento e rinforzo/punizione), ma il legame può venir recuperato ripresentando l’associazione operante/rinforzo-punizione. I RISCHI DELLA PUNIZIONE: Nonostante la somministrazione di punizioni abbia un effetto condizionante, espone ad alcuni rischi di cui si deve tener conto per eliminarli:

1) Condizionamento dell’operante sbagliato: il soggetto non associa la punizione al comportamento giusto (quello a cui si voleva associare);

2) Condizionamento allo stimolo: il soggetto associa la punizione non all’operante ma ad uno stimolo presente al momento della somministrazione della punizione, mediante condizionamento classico (ad esempio un cane che viene bastonato, associa la punizione a chi glie la somministra, non al comportamento che l’ha causata);

3) Trascendenza dell’obbiettivo: si rischia di non commisurare la punizione al comportamento da eliminare, punendo con troppo severità, innescando quindi un comportamento aggressivo da parte del soggetto punito.

PROTOCOLLI DI RINFORZO (o punizione): I programmi di rinforzo si classificano in base alla regolarità statistica e cronologica di associazione del rinforzo/punizione all’operante:

• Programmi a rinforzo continuo: gli operanti sono sempre seguiti dal rinforzo/punizione; • Programmi a rinforzo variabile: gli operanti sono rinforzati/puniti in ragione della loro

frequenza cumulativa o di un intervallo temporale: a Rapporto (frequenza cumulativa):

- Rapporto Fisso: il rinforzo/punizione viene somministrato ogni tot di operanti emessi (ad esempio ogni 10 operanti);

- Rapporto Variabile: il rinforzo/punizione viene somministrato con una frequenza media (ad esempio la prima volta dopo due operanti, la seconda dopo 10 operanti, quindi in media ogni 6 operanti).

a Intervallo (secondo un intervallo temporale): - Intervallo Fisso: il rinforzo/punizione viene somministrato ad intervalli di

tempo regolari (con l’emissione di almeno un’operante; ad esempio ogni 10 minuti indipendentemente da quanti operanti sono stati emessi);

- Intervallo Variabile: il rinforzo/punizione viene somministrato con un intervallo temporale medio (con l’emissione di almeno un’operante; ad esempio viene somministrato la prima volta dopo 10 minuti e la seconda dopo 6 minuti, quindi l’intervallo temporale medio di somministrazione è di 8 minuti).

In ordine decrescente di frequenza di emissione degli operanti, i vari protocolli ottengono il seguente risultato:

1) Rapporto Fisso; 2) Rapporto Variabile; 3) Intervallo Fisso; 4) Intervallo Variabile.

LO SHAPING (modellamento): E’ una procedura usata prima del processo di condizionamento, che consiste nel rinforzare quei comportamenti del soggetto che si approssimano all’operante desiderato; è utile con gli

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animali dato che, ad esempio, il gatto degli esperimenti di Thorndike, non era certo portato spontaneamente ad abbassare la levetta della puzzle-box (in natura non compie azioni simili); rinforzando, ad esempio l’avvicinamento del gatto alla levetta, il gatto sarà portato a considerare la possibilità di attuare comportamenti relativi ad essa. FENOMENI COMUNI NEL CONDIZIONAMENTO CLASSICO E OPERANTE:

• Acquisizione: tramite l’esperienza (numerose prove); • Estinzione: per mancato rinnovo dell’associazione; • Recupero: per rinnovo dell’associazione; • L’importanza del fattore temporale tra stimolo e stimolo (condizionamento classico) e

tra risposta e stimolo (condizionamento operante); • Generalizzazione e discriminazione; • Comportamenti superstiziosi: associazioni irrazionali che comportano l’emissione di un

operante non desiderato perché ad esso è stato associato accidentalmente il rinforzo; • Tendenza all’apprendimento. •

L’INTERPRETAZIONE MODERNA DELL’APPRENDIMENTO: Al comportamentismo (teorie del condizionamento), subentra verso gli anni 70 il cognitivismo; i cognitivisti sono interessati ai meccanismi interni che guidano l’apprendimento; ad esempio, si chiedono quale è il meccanismo interno che fa si che un determinato stimolo venga considerato un rinforzo e un altro una punizione e in che modo agiscono internamente? LA TEORIA DELLA RIDUZIONE DELLE PULSIONI E L’IMPORTANZA DELLE EMOZIONI: Una delle prime teorie che tentano di rispondere a queste domande è la Teoria della Riduzione delle Pulsioni di Hull; le pulsioni sono stati di tensione indotti dal mancato soddisfacimento di bisogni e gli stimoli rinforzanti sarebbero quelli che agiscono su di esse riducendole; si tratta di una teoria intuitiva che non spiega come mai l’apprendimento di determinati comportamenti avvenga anche in situazioni non legate al soddisfacimento delle relative pulsioni. Hull inoltre classifica i rinforzatori in:

- Primari: quelli che soddisfano bisogni consumatori quali la fame, la sete, ecc…; - Secondari: che sono di natura “simbolica” e originariamente sono stimoli neutri, ma

venendo associati in maniera continuativa a stimoli consumatori, diventano rinforzatori (es: il denaro).

Anche le emozioni hanno un ruolo importante nel condizionamento operante: Gray ha dimostrato il ruolo di vie del sistema nervoso anatomicamente distinte, ognuna associata ad un comportamento emotivo che varia dall’approccio all’evitamento, attivate in corrispondenza di rinforzi o punizioni:

- Sistema dell’Approccio Comportamentale: è associato a stati emotivi piacevoli che orientano all’approccio ed è attivato dal rinforzo;

- Sistema di Inibizione Comportamentale: è legato a stati di ansia che provocano inibizione o elusione del comportamento ma anche aumento dell’eccitazione e dell’interesse, attivati rispettivamente dalla punizione e dal rinforzo negativo;

- Sistema di Lotta o Fuga: è connesso a stati emotivi di ira o terrore, orienta a fuggire o aggredire per difendersi (risposte specie-specifiche) ed è attivato dalla punizione.

- LA TEORIA COGNITIVO-SOCIALE: I cognitivisti sostengono che l’apprendimento non può essere ridotto a schemi di associazione tra stimoli e risposte; solo i comportamenti più semplici possono essere spiegati in questi termini. Un ruolo fondamentale nell’apprendimento lo giocano le rappresentazioni mentali e vari fattori sociali.

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L’APPRENDIMENTO LATENTE: A dimostrazione dell’importanza delle rappresentazioni mentali nell’apprendimento, c’è la Teoria dell’Apprendimento Latente elaborata da Tolman in seguito ad una serie di esperimenti su tre gruppi di ratti posti in un labirinto per 11 gg.:

1) Il 1° gruppo di ratti viene rinforzato ogni volta che raggiunge l’arrivo; 2) Il 2° gruppo di ratti viene rinforzato solo l’11° gg. (gruppo sperimentale); 3) Il 3° gruppo di ratti non viene mai rinforzato (gruppo di controllo).

Vengono misurati gli errori commessi dai tre gruppi giorno per giorno e, naturalmente, emerge che i ratti sempre rinforzati compiono meno errori; il risultato interessante è che il gruppo rinforzato l’11° giorno, dopo tale giorno raggiunge lo stesso livello del gruppo sempre rinforzato; si deduce che l’apprendimento è avvenuto anche in assenza di rinforzo: si definisce Apprendimento Latente, perché l’associazione stimolo/risposta non è visibile (latente), poiché il risultato dell’apprendimento è la formazione di una rappresentazione mentale del labirinto (mappa) elaborata prima del rinforzo. L’apprendimento avviene quindi sottoforma di elaborazione di “mappe cognitive”. IL LOCUS DEL CONTROLLO DEL RINFORZO E L’IMPOTENZA APPRESA: Anche le aspettative del soggetto riguardo al tipo di conseguenze che un comportamento provocherà, determinano la sua probabilità di attuazione; ci sono aspettative relative a situazioni concrete determinate e aspettative più generalizzate: il Locus del Controllo indica le aspettative generalizzate sulle conseguenze di un comportamento e la capacità di individuare le variabili che comporteranno un rinforzo; il locus può essere:

- Interno: quando il soggetto ritiene che le conseguenze del comportamento dipendano da se stesso;

- Esterno: quando il soggetto ritiene le conseguenze del comportamento non dipendenti da sé ma da forze esterne.

L’Impotenza Appresa consiste appunto in quello stato di disperazione psicologica che ci fa ritenere impossibile sfuggire agli eventi avversi, non permettendoci quindi di identificare efficacemente le variabili del comportamento che possono determinare conseguenze positive. L’APPRENDIMENTO SOCIALE: L’Apprendimento Sociale ha luogo mediante l’osservazione del comportamento di altri soggetti:

- Apprendimento per Osservazione: apprendimento di un comportamento osservato in un altro soggetto (imitazione, si studia soprattutto in psicologia dello sviluppo);

- Condizionamento Vicario: è un condizionamento che si verifica per interposta persona, cioè osservando le conseguenze di un determinato comportamento attuato da un altro soggetto su di esso;

- Tutelage: è una forma di apprendimento assistito; - Modeling: apprendimento di un comportamento tramite un dimostratore (che “modella”

il comportamento dell’osservatore). -

CONCLUSIONI: L’apprendimento non è quindi solo un meccanismo di associazione tra stimoli e risposte, ma avviene anche tramite le rappresentazioni mentali e l’osservazione.

LA MEMORIA

DEFINIZIONE: Con il termine memoria s’intende il processo di acquisizione e recupero di informazioni, nonché il loro insieme organizzato; in termini neurologici, la memorizzazione, il richiamo e l’organizzazione dell’informazione corrispondono all’attivazione di reti neuronali secondo schemi relativi all’informazione richiamata, memorizzata e così via.

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Il punto di svolta per lo studio della memoria sono stati gli esperimenti di Tolman sull’apprendimento latente: essi hanno segnato il passaggio dal comportamentismo al cognitivismo e dimostrato l’esistenza delle rappresentazioni mentali, punto cardine dei successivi studi sulla memoria. LE RAPPRESENTAZIONI MENTALI: Una rappresentazione mentale è la versione o modello mentale di un certo stimolo, cioè la “forma interna” del mondo esterno, ottenuto attraverso un processo di codifica dell’informazione che porta con sé delle distorsioni; le rappresentazioni mentali sono la forma in cui la mente recupera l’informazione in assenza dello stimolo che le ha originate; la codifica può avvenire in vari linguaggi (codici: immagini, suoni, parole, azioni, ecc…) e solitamente l’elaborazione dell’informazione avviene contemporaneamente in più linguaggi; esistono tre tipi principali di rappresentazioni mentali: sensoriali, verbali (linguistiche) e motorie:

• Rappresentazioni Sensoriali: sono, ad esempio, le immagini mentali di persone, eventi, luoghi o altro, manipolabili mentalmente ed elaborate nel codice visivo; ma ci sono anche rappresentazioni mentali tattili, olfattive, uditive e così via, ognuna memorizzata nel suo codice sensoriale (odori, suoni, ecc…);

• Rappresentazioni Verbali (linguistiche): sono costituite da parole o concetti memorizzati in codice fonologico-semantico; sono fondamentali per l’essere umano, dato che la maggior parte del tempo noi “pensiamo in parole”; formano memorie di tipo dichiarativo, enciclopedico e autobiografico;

• Rappresentazioni Motorie: sono costituite da rappresentazioni mentali di movimenti memorizzate in codice propriocettivo e costituiscono le cosiddette memorie procedurali.

IL MODELLO STANDARD DELLA MEMORIA: Nel 1890 W.James distingueva due tipi di memoria:

- Memoria Primaria: quella in cui vengono immagazzinate temporaneamente le informazioni di cui siamo consapevoli, ad esempio un numero di telefono (limitata);

- Memoria Secondaria: un enorme deposito di informazioni inconsapevoli finchè non decidiamo di richiamarle alla memoria, ad esempio tutti i 10 o 20 numeri di telefono che saremmo capaci di ricordare se ci servissero (illimitata).

La teoria di J. è inglobata nel Modello Standard o Modello di Elaborazione Seriale elaborato da Shiffrin e Atkinson nel 1976; esso si basa sulla metafora della mente come computer (elaboratore di informazioni) e prevede tre tipi di memoria: Registro Sensoriale, Memoria a Breve Termine (la memoria primaria di J.) e Memoria a Lungo Termine (la memoria secondaria di J.); questo modello si basa sull’Assunzione di Serialità secondo la quale l’informazione, per venir immagazzinata e poter quindi essere recuperata, deve attraversare necessariamente le 3 aree (magazzini) della memoria una dopo l’altra per poi poter essere recuperata all’occorrenza dalla memoria a lungo termine. IL REGISTRO SENSORIALE (RS): Esso conserva l’informazione sensoriale (caratteristiche fisiche) sullo stimolo percepito dopo la sua scomparsa, nel codice sensoriale relativo e per un tempo brevissimo, durante il quale l’informazione può essere ulteriormente elaborata; ha una grande capacità ed un’alta fedeltà (maggiore di quella della memoria a lungo termine); i registri sensoriali meglio conosciuti sono:

- la Memoria Iconica: è il registro sensoriale visivo e conserva l’immagine per un tempo compreso tra 0,3 sec e 2 sec a seconda della persona, dello stimolo e delle circostanze; lo stimolo conservato può essere cancellato da un altro stimolo o da un flash di luce (il registro iconico ci permette di “vedere” i film: la persistenza del singolo fotogramma fino al successivo provoca l’illusione del movimento e della continuità tra i fotogrammi);

- la Memoria Ecoica: è il registro sensoriale uditivo e conserva l’informazione per un tempo massimo di 2 sec; esistono due tipi di memorie ecoiche, una legata ai suoni

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relativi al linguaggio situata nell’emisfero sinistro e una relativa agli altri suoni situata nell’emisfero destro.

LA MEMORIA A BREVE TERMINE (MBT): Molti degli stimoli che percepiamo durante una giornata vanno persi, solo quelli che hanno un importanza maggiore passano alla memoria a breve termine; questa seconda area (o magazzino) ha una capacità limitata, intervallo di ritenzione breve (20-30 sec) e accessibilità rapida. LO SPAM DI MEMORIA E LA RIPETIZIONE: La MBT ha una capacità limitata: possiamo memorizzare una quantità di item alla volta che varia tra 5 e 9 (7 + o – 2, “Il Magico Numero 7”, Miller; l’intervallo è detto Spam di Memoria); il primo a intuirlo fu Ebbinghaus (1885) il quale condusse una serie di esperimenti su se stesso: inventò 2300 sillabe prive di senso (di modo da escludere l’influenza di conoscenze linguistiche precedentemente apprese) e le distribuì in liste di varia lunghezza; in varie prove si accorse che il numero massimo di sillabe che poteva ricordare dopo aver letto la lista, era 7; infatti, se ad un soggetto si fanno leggere una serie di numeri, 20 sec dopo egli ne ricorderà 7 e col passare del tempo sempre meno poiché le informazioni registrate nella MBT vanno incontro a decadimento: i numeri non più ricordati probabilmente potrebbero comunque essere recuperati con uno sforzo, a meno che al soggetto non venga mostrata un’altra serie di numeri, nel qual caso le nuove informazioni sostituiranno le vecchie che verranno eliminate dalla memoria, dato che essa ha una capacità limitata (questo dato ha anche una base neurologica). Ebbinghaus dimostrò anche che la MBT però non è un meccanismo passivo, cioè non siamo condannati a perdere le informazioni perché se ne presentano di nuove: l’informazione desiderata può venir mantenuta grazie alla Ripetizione di Mantenimento (subvocalica o vocalica) che facilita il mantenimento temporaneo dell’informazione nella MBT, come quando ripetiamo un numero telefonico per non dimenticarlo prima di arrivare all’apparecchio; tuttavia la ripetizione di mantenimento non è il meccanismo più efficiente per la conservazione di un’ informazione e per il suo trasferimento nella MLT, migliore è la Ripetizione Elaborativa, cioè una riflessione approfondita sull’informazione (è più facile ricordare una poesia se ne capiamo il significato che se la impariamo meccanicamente a memoria). La ripetizione può risultare inefficace se si presentano al soggetto due compiti concorrenti (interferenti) come memorizzare una serie di numeri contando contemporaneamente all’indietro di 3 in 3: senza ripetizione di mantenimento l’informazione decade e non può venir rievocata ma può comunque essere possibile il suo riconoscimento, perché permane ad un livello non cosciente; la rievocazione infatti è un processo attivo e volontario mentre il riconoscimento è passivo. Un’altra dimostrazione dell’accessibilità e gestibilità della MBT la danno gli esperimenti condotti da Sperling: presentando ad un soggetto una matrice di lettere per 0,05 sec (50 msec), egli ne ricorderà circa la metà; ma, associando ad ogni riga della matrice uno stimolo sonoro di intensità alta, madia o bassa a seconda della riga da riportare, presentato come cue subito dopo la scomparsa della matrice stessa (con ISI molto piccolo), il soggetto sarà in grado di ricordare con precisione le lettere corrispondenti; ciò dimostra che, dato che è possibile discriminare le lettere target, tutte le lettere sono state memorizzate. LA MEMORIA A LUNGO TERMINE (MLT): La memoria a lungo termine contiene le rappresentazioni (informazioni) che verranno stabilmente conservate; secondo il modello standard la probabilità che l’informazione venga trasferita nella MLT è direttamente proporzionale al suo tempo di permanenza nella MBT. La MLT ha durata è capacità illimitate, ma può comunque andare incontro a decadimento fisiologico (vecchiaia) o patologico (amnesie); inoltre l’accesso alle informazioni in essa contenute può richiedere tempo e prevede il loro trasferimento nella MBT (assunta come livello di coscienza).

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GLI EFFETTI DI POSIZIONE SERIALE: All’assunzione di serialità su cui si basa il modello modale, sono legati gli effetti di Primacy e Recency; in un compito di rievocazione libera (presentazione di una lista di item e loro rievocazione) si può notare che i primi e gli ultimi elementi della stessa verranno ricordati con più facilità rispetto a quelli intermedi; questo perché i primi item hanno subito più ripetizioni (Primacy) e gli ultimi sono entrati in coda più recentemente; inoltre si assume che le nuove informazioni sostituiscano le vecchie, quindi le più recenti non sono ancora state sostituite (Recency, M.Calkins). IL MODELLO RIVISITATO DELLA MEMORIA: Nell’ultimo decennio, una serie di evidenze sperimentali hanno messo in crisi il modello standard; è stato quindi elaborato un nuovo modello di memoria basato sull’esistenza di 3 sistemi (o moduli) di memoria distinti ma interdipendenti, il cui funzionamento non è seriale ma parallelo (assunzione di modularità e parallelismo): a livello neurologico questo corrisponde al modello dell’attivazione neuronale per diffusione; ad esempio, il processo di selezione delle informazioni da immagazzinare nella MBT è influenzato dalla MLT che determina i dati da conservare confrontando le informazioni in entrata con quelle che già si trovano in essa; la MLT quindi viene attivata prima della MBT; altre eccezioni alla regola di serialità sono gli esperimenti di Priming, nei quali il cue passa dal RS direttamente alla MLT (non viene elaborato coscientemente) influenzando il successivo riconoscimento del target (RS-MLT-MBT), e i compiti di riconoscimento in genere: se al soggetto viene chiesto di memorizzare una lista di item egli ne ricorderà solo una parte ma, quando verrà chiesto al soggetto se un determinato item che non ha ricordato ma che si trovava nella lista faceva parte di essa, il soggetto lo riconoscerà (come prima, RS-MLT-MBT). LA MEMORIA DI LAVORO (MdL): Nel modello rivisitato, la MBT viene sostituita dalla MdL che è un insieme di 3 moduli: il Sistema Esecutivo Centrale (o di comando), il Loop Fonoarticolatorio e il Taccuino Visuo-Spaziale; come la MBT anche la MdL è la fase cosciente dell’elaborazione dell’informazione, ha una capacità limitata, breve durata e l’accesso ad essa è rapido; non si tratta però di un semplice magazzino: la MdL ha un ruolo attivo, di mantenimento ma anche di elaborazione dell’ informazione e le ricerche dimostrano che la funzione di immagazzinamento e quella di elaborazione non sono in competizione. Nel ’74 Baddeley e Hitch dimostrarono l’esistenza dei 3 sistemi della MdL e la loro indipendenza. IL SISTEMA ESECUTIVO CENTRALE: B. e H. usarono il paradigma del doppio compito: presentarono ai soggetti un compito di memorizzazione (delle cifre da ricordare) e un compito di ragionamento (ad esempio contare all’indietro) da eseguire contemporaneamente; notarono che il tempo di soluzione dipende dal carico della MdL (quantità di cifre da memorizzare) in misura variabile (se le cifre presentate sono 3-4 non influenzano il tempo di soluzione) e che la quantità di errori compiuti è uguale indipendentemente dal carico della MdL; questo dimostra che i compiti di elaborazione dell’informazione (ripetizione, ragionamento, pianificazione, ecc…), oltre che lo smistamento degli stimoli, sono svolti da un modulo indipendente da quello che immagazzina l’informazione: il Sistema Esecutivo Centrale, che funge anche da mediatore tra l’attenzione (selezione dell’informazione) e la memorizzazione; esso mette in comunicazione il Loop e il Taccuino ed ha una capacità limitata che varia da individuo a individuo ed è probabilmente in relazione con le capacità intellettive generali.

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IL TACCUINO VISUO-SPAZIALE: In questo modulo vengono immagazzinate informazioni visive (natura e posizioni di oggetti, ecc…) sottoforma di immagini mentali che possono essere manipolate (rotazione, spostamento, ecc…); è un modulo indipendente e ha una sua capacità limitata. IL LOOP FONOARTICOLATORIO: In questo modulo vengono memorizzate le informazioni uditive e verbali; la memorizzazione nel loop è superficiale: esso memorizza l’ordine delle parole e il loro suono, non il significato; ciò è stato dimostrato in compiti di rievocazione libera: la rievocazione di parole dal suono simile (uomo, uovo, duomo) provoca interferenza e rende più difficile l’operazione, mentre la rievocazione di parole dal significato simile (enorme, grande, immenso) non provoca alcuna interferenza (contrariamente a quanto succede nella MLT); anche il loop è un sistema indipendente ed ha una sua capacità limitata. INTERAZIONI TRA MdL E MLT: Le prove più valide a sostegno dell’indipendenza tra la MdL e la MLT sono costituite da evidenze neurologiche, in particolare dai pazienti affetti da amnesia: ci sono casi in cui il paziente è capace di memorizzare delle cifre e di tenerle a mente ripetendole ma appena smette di farlo non ricorda nemmeno che stava ripetendo delle cifre, poiché la sua MdL è intatta ma la MLT è danneggiata; oppure ci sono pazienti che non riescono a ricordare 2 cifre ma possono tranquillamente rievocare ricordi d’infanzia, poiché la loro MLT è integra ma la MdL è danneggiata; inoltre ci sono casi di amnesie anterograde e retrograde. Nonostante si tratti di sistemi distinti, MdL e MLT interagiscono costantemente; un esempio della loro interazione, molto usato nella vita quotidiana, è il Chunking (raggruppamento). CHUNKING: E’ una strategia di memorizzazione consistente nel raggruppare una serie di item da memorizzare in gruppi significativi sulla base di dati della MLT, riducendo così la quantità di informazioni da ricordare; ad esempio:

- stringa di lettere da ricordare: DJIBMNYSEWSJSEC; così sarebbe impossibile memorizzarla;

- un esperto di borsa non avrebbe invece difficoltà perché la memorizzerebbe raggruppando i singoli item (lettere), in item significativi usando le sue conoscenze di titoli e indici di borsa immagazzinate nella sua MLT: DJ (Dow Jones), IBM (International Business Machine), NYSE (New York Stock Exchange) e così via;

- i 15 item da memorizzare (le singole lettere) diventano 5 (DJ, IBM, NYSE, WSJ, SEC).

TASSONOMIA DELLA MLT: Si distinguono vari tipi di MLT, tra cui quella dichiarativa e quella procedurale, ognuno dei quali può essere implicito o esplicito.

• Memoria Dichiarativa: si riferisce alla conoscenza di fatti o episodi, dei significati e della natura delle cose e si tratta di informazioni verbalizzabili (“saper cosa”); può essere:

- Semantica: relativa a conoscenze di fatti o nozioni; ad esempio: il Po è il fiume più lungo d’Italia;

- Episodica: relativa al ricordo di avvenimenti; può essere autobiografica, cioè riferirsi a fatti della propria esperienza vissuta, ad esempio: ricordare cosa si è mangiato il giorno prima o cosa si è fatto il giorno del proprio diciottesimo compleanno.

• Memoria Procedurale: si riferisce alla conoscenza di sequenze di azioni (procedure) e abilità, difficilmente verbalizzabili (“saper come”).

Di solito la dicotomia dichiarativa/procedurale è associata a quella esplicita/implicita, ma non è così perché la dicotomia dichirativa/procedurale si riferisce ai contenuti (cosa viene memorizzato), mentre la dicotomia esplicita/implicita si riferisce a come si memorizza:

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• Memoria Esplicita: implica la consapevolezza e si distingue in: - Rievocazione: è un processo consapevole volontario e consiste nel richiamare

esplicitamente un informazione; ad esempio: raccontare il giorno del proprio matrimonio;

- Riconoscimento: è un processo consapevole ma involontario e consiste nell’avere la sensazione esplicita che una certa informazione l’abbiamo già precedentemente percepita; ad esempio: quando vediamo una persona che non vedevamo da 10 anni ma la riconosciamo comunque.

• Memoria Implicita: implica la non consapevolezza ed è evidente nell’apprendimento condizionato, nelle abilità, ecc…; ad esempio quando evitiamo un cibo perché una volta ci ha dato la nausea anche se non ricordiamo l’episodio; oppure quando ci allacciamo le scarpe o guidiamo, non richiamiamo consapevolmente ogni volta tutte le informazioni necessarie a compiere le azioni che ci servono; un altro esempio è costituito dagli esperimenti di priming in cui il cue non elaborato consapevolmente viene comunque memorizzato e influenza la percezione degli stimoli successivi.

LA MEMORIA QUOTIDIANA: Fra tutte le informazioni che affidiamo ogni giorno alla nostra memoria, solo quelle che per noi sono importanti vengono conservate; questo perché la memoria è un processo funzionale, cioè legato ai nostri scopi e obbiettivi: ciò che ricordiamo, lo ricordiamo perché ci è utile; inoltre, la scelta delle informazioni da memorizzare è influenzata anche da fattori di genere (pregiudizio mentale su cosa deve ricordare un uomo e cosa una donna), motivazione e aspettative. LA MEMORIA EMOTIVA: Una caratteristica della memoria quotidiana è la sua valenza emotiva; ricerche recenti hanno dimostrato che i ricordi con valenze emotive sono qualitativamente distinti da quelli più neutrali e si basano su meccanismi neurali differenti. L’eccitazione emotiva può influenzare in maniera diversa la capacità di memorizzare e di recuperare le informazioni; solitamente i ricordi dotati di una valenza emotiva sono più vividi fino ad un certo livello di eccitazione, oltre il quale questa interferisce con la memorizzazione e quindi con la successiva possibilità di recuperare il ricordo; dal punto di vista evoluzionistico, questo si spiega col fatto che ricordi spaventosi o dolorosi possono immobilizzare la persona e la costringono a consumare maggiori quantità di energia mentale; inoltre, pare che di una ricordo con valenza emotiva si conservino con maggior precisione i dettagli dell’evento principale (quello a cui l’emozione è legata) mentre i dettagli di secondaria importanza tendono ad essere conservati con minor accuratezza. LA MEMORIA PROSPETTIVA: La memoria prospettiva è altrettanto importante nel quotidiano: si tratta della memoria di cose future; implica un intenzione, cioè la volontà di ricordare (ricordare di ricordare) e un contenuto, cioè cosa ricordare di ricordare. Studi sperimentali hanno dimostrato che l’intenzione di svolgere azioni future corrisponde ad un aumentato livello di attivazione dei contenuti in questione nella MLT: questo a fini adattivi, dato che un informazione più attivata è più facilmente recuperabile all’occorrenza. Pur non essendo un sistema di memoria a sé, la MP ha delle caratteristiche particolari concernenti il fattore temporale:

- Occorre ricordare in che momento l’azione dovrà essere svolta, cioè il ricordo deve essere attivato al momento giusto;

- Occorre inoltre ricordare di aver svolto l’azione memorizzata per poi disattivare la memoria prospettiva relativa.

LA CODIFICAZIONE: Affinché un’informazione venga memorizzata e possa essere recuperata successivamente deve essere codificata; la codifica consiste nell’immagazzinamento nella MLT di una

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rappresentazione temporanea in un codice durevole successivamente accessibile; l’immagazzinamento nella MLT avviene per ripetizione elaborativa (anche stabilendo connessioni con altre informazioni memorizzate) e non meccanica (come per la MBT). LIVELLI DI ELABORAZIONE: La codifica può avvenire ad un livello superficiale (caratteristiche fisiche dello stimolo), intermedio (regolarità di una lingua) o profondo (caratteristiche semantiche); livelli di elaborazione differenti corrispondono a circuiti neurali differenti. SPECIFICITA’ DELLA CODIFICA: Anche se in generale si ritiene che il miglior metodo per memorizzare nella MLT sia un elaborazione profonda, ricerche recenti hanno dimostrato che la successiva accessibilità dell’informazione dipende dalla corrispondenza tra l’informazione da recuperare e il codice (livello di elaborazione) utilizzato per memorizzarla; se ad esempio devo ricordare di che colore è la bandiera italiana sarà meglio memorizzarne le caratteristiche fisiche (livello di elaborazione superficiale) invece del significato patriottico (livello di elaborazione profonda). L’IMPORTANZA DEL CONTESTO E DELLO STATO EMOTIVO: La presenza dello stesso contesto al momento dell’immagazzinamento dell’informazione e al momento del suo recupero è un elemento di facilitazione al recupero stesso, poichè il contesto fornisce degli indizi per ricordare; lo stesso avviene per lo stato emotivo, fintanto che non raggiunga un livello tale da inibire la memoria in generale. DISTRIBUZIONE NEL TEMPO: Un altro elemento che influisce sulla memoria è la distribuzione nel tempo delle ripetizioni:

• Memorizzazione Concentrata: consiste nel ripetere l’informazione in un tempo breve; mette in funzione la MBT, dando l’impressione di memorizzare poiché l’informazione al momento della ripetizione risulta molto attivata;

• Memorizzazione Spaziata: ripetere a distanza di tempo consente una maggiore efficacia nella memorizzazione dell’informazione.

LE MODALITA’ RAPPRESENTATIVE E LA CODIFICA: La capacità di recuperare informazioni dipende anche dalla modalità usata per memorizzarle; più modalità rappresentative (parole, suoni, ecc…) vengono usate per memorizzare una certa informazione, maggiore sarà la sua accessibilità perché si creano più “spunti” per recuperarla. LE MNEMOTECNICHE: Si tratta di strategie sistematiche per ricordare informazioni; si basano, in generale, sul numero di spunti creati per ricordare e sulla loro vividezza. Le principali sono:

• Metodo dei Luoghi: utilizza come ausilio mnemonico le immagini mentali di luoghi; • Metodo del Gancio: utilizza immagini, spunti uditivi e rime; ad esempio, per ricordare

dei numeri si può inserirli in una filastrocca rimata; • Metodo SQ3R: è stato messo a punto per aiutare gli studenti a ricordare le informazioni

contenute nei libri di testo; la sigla sta per: Survey (dare un’occhiata all’organizzazione generale delle informazioni), Question (formulare delle domande a riguardo), Read (leggere), Recite (declamare) e Rewiev (rivedere).

LE RETI ASSOCIATIVE: Le informazioni vengono immagazzinate nella memoria in reti di associazioni costituite da nodi (contenuti) interconnessi tra loro (associazioni). Secondo la teoria della Diffusione dell’Attivazione (Collins), l’attivazione di un nodo provoca per diffusione l’attivazione dei nodi strettamente collegati (attivo il nodo “cane”, si attivano anche quelli “barboncino”, “collie”, “miglior amico dell’uomo”, e così via).

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L’ORANIZZAZIONE GERARCHICA DELLE INFORMAZIONI NELLA MLT: Le informazioni nella MLT sono organizzate in maniera gerarchica, cioè in categorie generali (“cane”) che a loro volta sono suddivise i sottocategorie più specifiche (“razze”, “habitat”, ecc…). GLI SCHEMI: Gli schemi sono insiemi organizzati di informazioni relative ad un particolare campo. Secondo la teoria degli schemi, la memoria è un processo ricostruttivo attivo che implica l’attivazione delle rappresentazioni iniziali di un certo evento e l’attivazione delle conoscenze generali (schemi) relative, al fine di colmare le lacune. La formazione di schemi facilita sia la memorizzazione, associando ad un particolare tipo di informazione un determinato canale di codifica, sia il recupero. La formazione di schemi è influenzata dalla cultura di appartenenza, infatti è dimostrato che le persone tendono a ricordare ciò che interessa; un’altra influenza culturale, relativa all’alfabetizzazione, si risconra nella costruzione di schemi verbali. DIMENTICANZA, OBLIO E FALSI RICORDI: Per dimenticanza s’intende l’incapacità di recuperare un’informazione precedentemente appresa; Ebbinghaus ha descritto la curva dell’oblio relativa alle memorie dichiarative come maggiore nella fase iniziale, ma tendente a stabilizzarsi e diminuire. Le principali teorie che spiegano la dimenticanza sono 3:

• Teoria dell’Interferenza: si può verificare un’interferenza proattiva, quando ricordi vecchi relativi ad una certa informazione ostacolano i nuovi relativi alla stessa, oppure retroattiva, quando i ricordi nuovi ostacolano i vecchi.

• Teoria del Decadimento: si basa sulla progressiva evanescenza della traccia mnemonica (tendenza al decadimento dei legami associativi tra i nodi).

• Teoria della Dimenticanza Diretta o Motivata: si tratta dell’inibizione dei ricordi collegati a stati emotivi negativi.

Dato che la memoria è un processo ricostruttivo attivo che fonde esperienze affettive e conoscenze generali, a volte si creano dei falsi ricordi, ad esempio i “ricordi lampo”; si tratta di un fenomeno interessante specialmente in ambito giudiziario per quanto riguarda le testimonianze oculari.

PENSIERO E RAGIONAMENTO

PENSARE: Pensare consiste nella creazione e nella manipolazione di rappresentazioni mentali guidate da scopi. Le persone pensano usando le parole, le immagini mentali e i modelli mentali. Sono possibili anche altri tipi di manipolazione mentale come il Mental Time Travel. LE IMMAGIN I MENTALI: Le rappresentazioni mentali sono versatili ma hanno dei vincoli qualunque sia il loro formato (sensoriale, uditivo, ecc…)e in relazione ad esso; da questi vincoli derivano delle distorsioni (esempio del viso capovolto). Le rappresentazioni visive sono elaborate in maniera analogica, cioè incorporano le caratteristiche fisiche dell’oggetto o dell’evento rappresentato; anche la loro manipolazione è analogica, cioè può avvenire nelle stesse modalità in cui è possibile nel mondo fisico e, proprio come nella realtà fisica, il tempo richiesto da una rotazione è direttamente proporzionale al grado di rotazione da ottenere e lo stesso vale per il tempo di riconoscimento di un oggetto ruotato (esempio della lettera R di Shepard). I MODELLI MENTALI: A livello superiore rispetto alle rappresentazioni mentali, ci sono i modelli mentali, cioè rappresentazioni di fenomeni che includono:

- Gli elementi del fenomeno;

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- Le relazioni tra gli elementi; - Le funzioni degli elementi e le relazioni tra le funzioni.

Un modello mentale quindi incorpora, oltre alle caratteristiche strutturali del fenomeno (caratteristiche fisiche), anche quelle funzionali (dinamiche fra le parti). CONCETTO, CATEGORIA E PROTOTIPO: Le conoscenze vengono organizzate in categorie e concetti;

• Categoria: raggruppamento naturale di oggetti o eventi aventi caratteristiche comuni (automobili, corsi universitari, mamme, ecc…). La categorizzazione è quel proceesso di pensiero che permette di riconoscere un esempio come facente parte di una categoria (Tomba è uno sciatore) attraverso la ricerca di somiglianze e differenze con le caratteristiche relative a quella categoria o al prototipo che si ha di essa. Il prototipo è una rappresentazione astratta che integra in un esemplare le caratteristiche più salienti di una categoria, cioè le caratteristiche prototipiche (altamente frequenti): ad esempio, il piccione è il prototipo di un uccello.

• Concetto: è la rappresentazione mentale di una categoria che ne incorpora le caratteristiche (il concetto di mamma, di automobile, ecc…); sviluppare un concetto vuol dire appunto ritrovare le caratteristiche salienti relative ad una categoria. Esistono concetti ben definiti, cioè che soddisfano una definizione esplicitabile in termini di possesso di caratteristiche, e concetti indistinti, cioè non definibili ma comunque esistenti (il concetto di costituzione, di amore universale, ecc…). I concetti sono organizzati in gerarchie:

- Livello sovraordinato: luogo; - Livello base: università; - Livello subordinato: quest’aula.

Solitamente la categorizzazione avviene a livello base, ma questo processo è influenzato dalla cultura di appartenenza e dall’esperienza che si ha dell’oggetto da categorizzare che eleva il livello di accesso ad esso. RAGIONARE: Ragionamento consiste nella generazione e nella valutazione di inferenze e si fonda sul calcolo della probabilità e sul calcolo proposizionale. Il ragionamento può seguire 3 strade:

• Induzione: partendo da assunzioni specifiche (osservazioni, stimoli, esempi, ecc…) si raggiungono conclusioni generali che possono essere vere (generalizzazione): si basa sul calcolo della probabilità ed è quindi fallibile, ma rapido e comodo.

• Deduzione: partendo da assunzioni generali vere (idee su qualcosa di astratto o sensibile) si raggiungono conclusioni specifiche necessariamente vere; si basa sui principi formali della logica e può essere fallibile in caso di non veridicità delle assunzioni generali. Un esempio di ragionamento deduttivo è il sillogismo: si compone di 2 premesse ed una conclusione e può essere posto in formato astratto o concreto; il tipo di formato influenza notevolmente la facilità di soluzione; esempio di formato astratto:

- Premessa 1: tutti gli A sono B; - Premessa 2: C è una A; - Conclusione: C è una B.

Esempio di formato concreto: - Premessa 1: tutti gli uoini sono mortali; - Premessa 2: Socrate èun uomo; - Conclusione: Socrate è mortale.

• Analogia: si identificano le somiglianze tra una situazione e un’altra precedentemente incontrata; questo processo è vincolato dal livello di somiglianza tra le due situazioni, dalla trasponibilità delle caratteristiche e dagli scopi.

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IL PROBLEM SOLVING: Risolvere un problema consiste nel trasformare una situazione in un’altra al fine di raggiungere uno scopo. Le strategie adottabili sono:

- Gli Algoritmi; - La Verifica delle Ipotesi; - La Simulazione Mentale; - Soluzione Creativa (soluzione alternativa).

Gli ostacoli che più frequentemente si incontrano nel processo di problem solving sono: • la Fissità Funzionale: consiste nel fissarsi sulla funzione tipica di un oggetto con la

conseguente incapacità di individuarne gli altri possibili usi; • Bias della Conferma: consiste nella tendenza a confermare ciò di cui si è convinti

attraverso la ricerca di regole logiche familiari quando esse non sono presenti.

PRENDERE DECISIONI: Si tratta della valutazione dei pro e dei contro di differenti alternative prima di operare una scelta. Secondo il modello dell’elaborazione della informazioni, questo processo si basa sul calcolo combinato del valore e delle probabilità delle diverse alternative, detto calcolo dell’utilità prevista. IL PENSIERO IMPLICITO E QUOTIDIANO: Nel quotidiano alla cognizione esplicita, cioè la manipolazione cosciente dei modelli e delle rappresentazioni, si sostituisce la cognizione implicita che si basa sull’applicazione delle euristiche, sul concetto di razionalità limitata e sull’influenza di emozioni e motivazioni.

• Le Euristiche: si tratta di scorciatoie cognitive spesso basate su presupposti irrazionali che risentono delle impressioni ignorando le reali possibilità di occorrenza; si distinguono in:

- Euristica della Rappresentatività: tendenza a categorizzare un oggetto o un evento in base alle sue somiglianze con un prototipo;

- Euristica della Disponibilità: tendenza a inferire la frequenza di una certa classe di eventi o di una caratteristica relativa d un oggetto in base alla loro disponibilità in memoria.

• Razionalità Limitata: risulta evidente che, specie nel quotidiano, le persone sono razionali entro dei limiti definiti dalle loro capacità, dal contesto e dagli scopi.

L’INTELLIGENZA

DEFINIZIONE: La definizione di intelligenza è sfuggente; essa può essere definita molto genericamente come la capacità di applicare abilità cognitive e conoscenze per imparare, risolvere problemi e raggiungere scopi apprezzati dall’individuo o dalla sua cultura di appartenenza; si tratta insomma di un insieme di molteplici abilità, conoscenze e capacità relative al saper fare e al saper dire, contestuali all’ambito culturale. Un’altra definizione, più provocatoria, è stata data dagli psicometristi che si sono occupati di misurarla: l’intelligenza sarebbe ciò che viene misurato dai test d’intelligenza. MISURARE L’INTELLIGENZA: La psicometria ha elaborato una serie di test al fine di valutare le capacità cognitive dell’individuo; bisogna tener presente però che in psicometria le misurazioni sono sempre relative: nel caso dei test d’intelligenza ciò vuol dire che i valori ottenuti vengono valutati e confrontati con quelli relativi ad una popolazione considerata come standard di riferimento. FRANCIS GALTON:

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Verso la fine dell’800, G. elaborò una teoria secondo la quale la condizione sociale (classe) dell’individuo sarebbe frutto della selezione naturale e legata all’intelligenza da un coefficiente di correlazione; G. cercò una verifica alla sua teoria elaborando una sistema di misurazione dell’intelligenza basato sulla valutazione di capacità semplici come i tempi di reazione, le soglie sensoriali, la capacità di memorizzazione, ecc…Le misurazioni da lui compiute smentirono però la sua teoria, dato che il coefficiente di correlazione tra intelligenza e stato sociale risultò nullo. BINET E SIMON: Un altro tentativo fu fatto da B. e S. che, su incarico del governo francese, elaborarono un test per valutare l’intelligenza nei bambini, al fine di indirizzarli eventualmente verso scuole specifiche per il ritardo mentale. Il test consisteva in una serie di compiti dal semplice al complesso e la valutazione si basava sulle capacità risolutive dei bambini; dai risultati ottenuti dedussero il concetto di età mentale, cioè quell’età a cui è prevedibile che il bambino acquisisca una certa abilità cognitiva (EM). IL QUOZIENTE INTELLETTIVO: Terman definì il concetto di quoziente intellettivo, un valore relativo alle abilità cognitive dell’individuo e valutato in base allo standard fornito dalla scala Binet-Simon: QI = EM/EC x 100

- QI: quoziente intellettivo; - EM: eà mentale; - EC: età cronologica.

Il punteggio varia intorno al valore 100 (la media, che si ottiene quando EM ed EC corrispondono):

- 85-115: normale; - 70-85: borderline; - 55-70: lieve ritardo; - <55: grave ritardo; - 115-130: intelligenza seriore; - >130: superdotati.

ALTRI TEST: Un altro impulso alla misurazione dell’intelligenza fu dato dalla selezione bellica; a tal fine furono elaborate le scale Army-Alpha (per alfabetizzati) e la Army-Beta (per non alfabetizzati) e si diffusero anche i test collettivi come il 3AT. WECHSLER: W. abbandona il concetto di EM e rielabora il QI come posizione di un individuo rispetto ai coetanei aventi le medesime caratteristiche, in base ad una distribuzione di frequenza (grafico a campana). W. elabora due tipi di test: il WAIS-III per gli adulti e il WISC-III per i bambini; essi si compongono di 14 subtest verbali e non, 11 dei quali servono a valutare il QI:

- 6 verbali: ragionamento, logica, conoscenze, ecc…; - 5 non verbali di adattamento: completamento, ordine temporale, figure nascoste, ecc…

PRO E CONTRO DEI TEST D’INTELLIGENZA: Pro:

- hanno buona capacità predittiva, sia dei risultati scolastici che del rendimento lavorativo.

Contro: - presentano limiti di costrutto (elaborazione), dovuti alla molteplicità di capacità da

misurare; - sono discriminanti dal punto di vista culturale, dato che ciò che si ritiene apprezzabile

dal punto di vista intellettivo varia da una cultura ad un’altra (test culture-free).

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LE TEORIE PSICOMETRICHE: L’approccio psicometrico allo studio dell’intelligenza si basa sui dati raccolti empiricamente e sulla loro distribuzione statistica relativa ad un’ampia gamma di abilità. L’approccio principale è l’analisi fattoriale:

• Teoria dei 2 Fattori: Sperman individua 2 fattori di intelligenza:

- fattore G (intelligenza generale); - fattori S (intelligenze specifiche).

• Teoria dei 7 Fattori: Thurstone individua 7 fattori:

- produzione verbale; - comprensione; - calcolo numerico; - velocità percettiva; - abilità spaziale; - memoria; - ragionamento.

• Teoria di Coltel: Individua 2 fattori generali e 7 specifici:

- Gf: intelligenza fluida, cioè la capacità di cogliere associazioni e relazioni; è dinamica e costante nel tempo;

- Gc: intelligenza cristallizzata, cioè l’insieme delle conoscenze accumulate che può variare nel tempo

- Fattori Specifici: MBT, MLT, elaborazione visiva e uditiva, calcolo, tempi di reazione, tempi di soluzione dei problemi.

LE TEORIE COGNITIVISTE: L’approccio dell’elaborazione dell’informazione cerca di comprendere i processi cognitivi specifici alla base delle abilità dell’individuo che ne definiscono l’intelligenza; le tre variabili principali sono:

- La quantità di conoscenze acquisite; - La velocità di elaborazione; - La capacità di elaborare ed applicare strategie.

LA TEORIA DELLE INTELLIGENZE MULTIPLE: Questa teoria, elaborata da Gardner, distingue 7 intelligenze relativamente indipendenti e neurologicamente distinte; si basa su delle evidenze neurologiche: i casi degli “idiots savants” e degli “enfants prodige”; le 7 intelligenze sono:

- Musicale; - Cinestetica; - Spaziale; - Verbale o linguistica; - Interpersonale; - Intrapersonale; - Logico-matematica.

EREDITARIETA’ E INTELLIGENZA: Dagli studi effettuati emerge che i fattori ambientali, quelli genetici e la loro interazione contribuiscono tutti al QI, ma comunque singoli aspetti dell’intelligenza sono ereditabili. Inoltre, gli studi hanno dimostrato che la razza o l’etnia non sono fattori influenti.

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IL LINGUAGGIO

DEFINIZIONE: Il linguaggio è l’insieme di simboli, suoni, significati e regole per la loro combinazione che costituisce la modalità primaria di comunicazione per gli esseri umani; esso è fondamentale per la trasmissione della storia e della cultura, per la coordinazione sociale e per il pensiero astratto. LE UNITA’ DI LINGUAGGIO: Le unità di suono minime sono i fonemi; essi si combinano in morfemi, unità minime di significato (parole); i morfemi si combinano in frasi; le frasi, a loro volta, si combinano in proposizioni, cioè sequenze organizzate di morfemi che esprimono un pensiero o un’intenzione. La disposizione delle parole e delle frasi è guidata dalle regole della sintassi. PRAGMATICA E COMUNICAZIONE NON VERBALE: La pragmatica studia il modo in cui linguaggio viene usato e compreso nella vita di ogni giorno; il discorso si sviluppa a più livelli interconnessi: il codice superficiale, cioè la precisa formulazione della frase e delle proposizioni, e la base testuale, cioè il nocciolo della frase. La comunicazione non verbale agisce in modo integrato o anche isolato rispetto al linguaggio verbale e si basa sul tono della voce, la gestualità, le espressioni facciali, le distanze e così via. CHOMSKY: Ciò che distingue il nostro cervello da quello di ogni altro animale e che ci permette di usare il linguaggio verbale, non è la dimensione ma l’organizzazione; secondo Chomsky, il cervello umano possiede, a livello inconscio, una Grammatica Mentale innata su base genetica, cioè un insieme di principi linguistici o schemi (relazioni tra elementi minimi del linguaggio) condivisi. La presenza di una Grammatica Mentale innata spiega:

• La quantità infinita di frasi che possiamo elaborare ed enunciare, molto superiore al numero di quelle che possiamo avere udito durante la nostra vita; questo è possibile grazie agli schemi linguistici innati che possediamo che ci permettono di ricombinare, secondo il principio di ricorsività (in maniera fattoriale), gli elementi linguistici appresi.

• Il fatto che possiamo riconoscere la correttezza grammaticale o gli errori presenti anche in frasi prive di senso, ad esempio: “il ludo pentellava la colma della misappa”.

• Perché è possibile parlare in modo grammaticalmente corretto anche senza conoscere esplicitamente le regole della grammatica.

Inoltre l’innatezza della GM è evidente anche nelle modalità di apprendimento della lingua da parte del bambino: egli la impara e la sa usare ben prima che a scuola gli vengano insegnate le regole grammaticali; il linguaggio nel bambino emerge parlando, quando viene esposto a schemi e strutture linguistiche; quindi l’apprendimento della GM è implicito e avviene a livello inconscio. Si può concludere che imparare una lingua vuol dire aggiustare le proprie strutture linguistiche innate (la GM) attraverso l’apprendimento (esposizione alla lingua). La GM ha quindi una base genetica è dà al bambino la possibilità di apprendere qualunque lingua. LO STUDIO DEL LINGUAGGIO: La produzione del linguaggio attraversa delle fasi:

1. pensiero; 2. struttura sintattica; 3. struttura fonologica; 4. istruzioni motorie; 5. esecuzione da parte dell’apparato vocale.

Anche la percezione del linguaggio segue della fasi: 1. percezione della configurazione acustica;

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2. riconoscimento della struttura fonologica; 3. riconoscimento della struttura sintattica corrispondente; 4. pensiero.

Ci sono vari approcci allo studio del linguaggio: • Approccio Funzionalista: studia dei processi linguistici (configurazioni) in totale

indipendenza dai processi neurali (dove fisicamente vengono codificate); un esperimento condotto in quest’ottica prevede la presentazione a dei parlanti nativi di frasi, richiedendo loro un giudizio di grammaticalità.

• Approccio Modulare: considera il processo linguistico come svolto da moduli specializzati ognuno nel trattamento di una caratteristica specifica dell’informazione; questi moduli potrebbero essere innati.

LA STRUTTURA FONOLOGICA: Ogni suono linguistico percepito corrisponde alla configurazione iniziale e finale che l’apparato vocale assume nel produrlo, dato che durante la fonazione i movimenti dell’apparato vocale sono continui e fluidi. Al fine di riconoscere i singoli suoni linguistici e dargli una struttura, il cervello opera una codifica delle sequenze di suoni cogliendo e riproducendo le regolarità fonetiche: si tratta della struttura fonologica che è indipendente dalle configurazioni dell’apparato vocale e di quello uditivo. Quando si parla, la struttura fonologica determina una serie di configurazioni vocaliche che producono l’emissione di una sequenza di suoni specifica; allo stesso modo, quando ascoltiamo il cervello deve riconoscere le configurazioni vocaliche corrispondenti a ciò che viene udito per ricostruire la struttura fonologica usata dal parlante al fine di comprendere ciò che viene detto. Esistono anche altri fattori che determinano la comprensione di ciò che si sta ascoltando: chi sta parlando (riconoscimento vocale), cosa sta dicendo (percezione del linguaggio) e come lo sta dicendo (stato emotivo del parlante); questi aspetti vengono analizzati da 3 zone specializzate del cervello, ognuna delle quali trova ciò che è programmata per trovare: il riconoscimento vocale analizza la miscela di frequenze che identifica la voce di chi sta parlando, il riconoscimento emozionale analizza le variazioni di frequenza che caratterizzano il tono di voce e il processore linguistico opera la segmentazione del flusso linguistico, cioè lo scompone in elementi minimi (la struttura del flusso linguistico segmentato viene rappresentata mediante diagrammi ad albero). I TRATTI DISTINTIVI: Ogni suono è caratterizzato da una combinazione di tatti distintivi, cioè una combinazione di configurazioni assunte dall’apparato vocale al fine di produrre quel particolare suono; esempio: il suono “d” richiede un significativo restringimento dell’apparato vocale, massimo alla punta della lingua, corde vocali tese, velo sollevato e flusso d’aria bloccato. COME I BAMBINI IMPARANO IL LINGUAGGIO Le prime vocalizzazioni consistono in gridi che accompagnano il pianto, comunicano stati emotivi ma non si tratta di linguaggio. Nei primi mesi i neonati sviluppano una sorta di vocalizzazione di suoni gutturali “gu gu” , progrediscono intorno ai 6 mesi dando luogo alle lallazioni o “balbettio” vasta gamma di suoni, assenti nella lingua parlata, il bambino esercita il suo apparato vocale. Ci sono però indizi protolinguistici rivolti a colui che gli parla. Dopo un po’ di tempo i balbettii sono pronunciati con intonazioni caratteristici del parlato. Tra i dieci e venti mesi il bambino può iniziare a parlare, singole parole circa 50/75 parole un arco di circa 6 mesi. Intorno ai 2 anni i bambini cominciano a formare enunciati di due parole “mamma calza” intorno a questo periodo il lessico decolla intorno ai 5 anni il bambino conosce circa 10.0000 parole; cresce anche in questo periodo la complessità grammaticale. questa è un situazione standard, ci sono situazioni in cui i bambini non parlano fino ¾ anni e poi di colpo usano tutti gli enunciati. I bambini esposti ad seconda lingua la imparano nel giro di circa un anno.

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Valutiamo ora quanto la natura inconscia della grammatica lo guidi e come si sviluppi nel corso della crescita. I bambini piccoli semplificano le parole apportando modifiche alla loro emissione vocale, in parte questo è dovuto ad un inadeguato controllo dell’apparato vocale, dall’altra essi non sentono ciò che dicono, se un adulto infatti la pronuncia a suo modo il bambino si innervosisce, questo dimostra che già da piccolo sa riconoscere il suono delle parole anche se non sa trasporre questo nel linguaggio adulto; sanno distinguere nomi comuni da propri, e reagire in modo diverso di fronte alle cose che dovrebbero avere quel nome o un altro. Come si fa a stabilire che stanno usando una regola grammaticale? Il bambino si è visto con esperimenti possiede una grammatica mentale, ma ancora arrivata allo stadio adulto, questi stadi non sono appresi per imitazione. ACQUISIZIONE DEL LINGUAGGIO IN CIRCOSTANZE INSOLITE (1) Esso è legato ad anomalie genetiche, la SLI disfasia evolutiva, non si ha consapevolezza che esistono regole riguardanti flessioni delle parole, non capiscono che c’è un modo canonico per modificare nomi e un altro i verbi. La sindrome di Turner sviluppo spesso squilibrato ma il linguaggio è normale. Sindrome di Williams ritardo mentale ma hanno una fluidità linguistica. Queste sindromi ci forniscono le prove della differenza tra l’intelligenza generale e la capacità di apprendere il linguaggio. Nella SLI la genetica produce deficit nell’apprendimento del linguaggio; nelle sindromi di Turner e Williams producono l’effetto opposto.

IPOTESI DEL PERIODO CRITICO Negli anni 60 Lenneberg avanzò l’ipotesi che nell’apprendimento del linguaggio ci fosse il “periodo critico” fino ai 12 anni il linguaggio si apprende, poi c’è una periodo in cui viene meno la capacità di imparare una lingua senza sforzo. Varie esperimenti hanno dato ragione a questa ipotesi. Si è concluso che certe componenti dell’apprendimento linguistico non sono disponibili dopo una certa età mentre altre abilità si, allora ci deve essere qualche cosa di speciale nel linguaggio. Il cervello pertanto è specializzato nel bambino per costruire una grammatica mentale, geneticamente preparato a questo, ma poi geneticamente viene “spento” per disattivarsi. AQUISIZIONE DEL LINGUAGGIO IN CIRCOSTANZE INSOLITE (2) La creazione di una lingua: i sistemi dei segni “domestici” I bambini costruiscono regole in risposta a stimoli ambientali, malgrado il fatto che gli imput ambientali non siano governati da regole sistematiche. Figli sordi di genitori udenti: i genitori cominciano a imparare il Manual English da uasre con il bambino, esso respinge istintivamente la sua struttura e la sostituiscono con qualcosa che si accorda meglio alle potenzialità naturali, inventando segni per comunicare “segni domestici”. Golden-Meadow riuscirono a classificare un certo numero di segni, i più importanti erano indicare oggetti e simulare azioni; si vide che la loro espressione era uguale alle fasi dei bambini normali che a due anni iniziano a usare coppie di parole. Anche se in seguito il loro sviluppo non si è spinto oltre questo stadio, o comunque le azioni multiple e gli enunciati, erano privi di elementi in comune quindi prive di significato: correre, dormire, indicare cavallo. Se si vuole fare una ipotesi relativa all’invenzione dei segni domestici dobbiamo supporre che i bambini cercano “qualcosa” su cui la loro grammatica universale possa costruire una grammatica mentale. Se il canale uditivo non fornisce materiale, la G.U. ricorre al canale visivo-manuale come struttura ricca. I genitori forniscono segni ma la strutturazione in conformità a regole derivano dai bambini stessi. Ma perché le madri non insegnano le struture4 grammaticali e ne loro le imparano dai figli? La risposta sta nel fatto che i segni per i genitori sono solo di accompagnamento nel linguaggio, inoltre c’è l’ipotesi che essi sono vittime del periodo critico sono troppo in là per padroneggiare una seconda lingua.

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La creazione di una lingua: il creolo hawaiano

Il caso di “pidgin”: nell’ 800 nelle piantagioni di zucchero nell’arcipelago hawaiano c’era un afflusso di braccianti provenienti da varie nazioni. Si venne a sviluppare una lingua “pidgin” mezzo di comunicazione in una situazione di multilinguismo sulle basi dell’inglese. Ha 2 caratteristiche: sintatticamente povero, e l’ordine standard delle parole in una frase era estremamente variabile dipendente dalla lingua madre. Con il passare del tempo nel 900 questa lingua diede origine ad una nuova lingua il “creolo hawaiano” avente le origini nel pidgin ma che possedeva proprietà grammaticali proprie, si suppone che questa lingua sia la creazione di bambini che erano cresciuti sentendo il pidgin. Non si può affermare con certezza come questa lingua si sia sviluppata ma nel giro di 20 anni si sviluppò una nuova lingua alle Hawai, le sue origini erano comunque inglesi. In conclusione si è visto che i bambini che erano cresciuti con il pidgin nel tempo hanno sviluppato una grammatica mentale che consentiva di formare enunciati complessi rispetto a quelli insegnati dai loro genitori, facendo sicuramente riscorso alla G.U. un’altra osservazione degli studiosi fu quella che hanno osservato somiglianze tra lingue creole esistenti nel mondo anche se si sono sviluppate indipendentemente senza che ci fossero contatti. LINGUAGGIO E CERVELLO Esistono aree del cervello distinte. Come si fa a identificarle? Attraverso la TAC (tomografia assiale computerizzata) la RM (risonanza magnetica), ETP ( tomografia a emissione di positroni) . La TAC e la RM forniscono dettagli circa l’anatomia celebrale. L’Etp quali parti del cervello sono maggiormente attive nell’esecuzioni di compiti. Molte opere hanno descritto la simmetria degli emisferi destro e sinistro. Quello destro è quello “solistico”; quello sinistro è “analitico”, ciascun emisfero è scomponibile in ulteriori aree specializzate. C’è molta strada da fare per capire come il cervello sia strutturato rispetto all’apprendimento del linguaggio. DEFICIT LINGUISTICI CAUSATI DA DANNI CELEBRALI. I primi studi furono effettuati da Broca, che osservò che pazienti con disturbi linguistici avevano lesioni nel lobo frontale sinistro. Area definita di Broca o afasia di Broca, i soggetti sembrano capire ciò che viene loro detto ma quando parlano si esprimono in modo lento, sforzato e confuso difficoltà a trovare le parole; viene colpita sia la comprensione sia la produzione, deficit che interessa una parte della grammatica mentale. Sintomi diversi li trovò Wernicke lesioni al lobo temporale sinistro area di W. o afasia di Wernicke,grande capacità di parlare, troppo in fretta ma usano spesso parole senza sens, sembra che interrompa il collegamento fra il linguaggio e il pensiero con disturbi sia di comprensione sia di produzione.. Altri deficit: afasia anomica trovare problemi nel trovare parole in misura maggiore a chiunque; afasia di conduzione commettono molti errori di pronuncia. Deficit di lettura dislessia profonda non riconoscere la parola scritta “mela” e dice qualche cosa di collegato esempio “frutto” senza controllare se la risposta è esatta. Che cosa è stato danneggiato in queste afasie? È un disturbo concettuale in generale. A volte le afasie lasciano intatte le altre capacità cognitive, talvolta risparmiano la capacità di produrre enunciati grammaticalmente corretti. Questo spiega che le capacità linguistiche siano ben distinte dall’operare cognitivo in generale. L’AFASIA NEI PARLANTI DI ASL Quelli colpiti da afasia di Broca producono segni lenti trascurano i tratti flessionali della grammatica, cioè posizione delle mani e il modo di muoverle. Quelli colpiti da afasia di W. producono segni fluidi ma confusi e hanno problemi di comprensione.

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Ci sono anche altri danni i deficit nell’emisfero destro che danneggia la comprensione che il soggetto ha dello spazio, non riescono a vedere le cose nella metà sinistra del loro campo visivo. Un altro danno è una perdita nelle espressioni facciali, non si tratta di paralisi motorie, i muscoli sono attivati lo stesso, ma ci sono danni celebrali che governano l’impiego dei muscoli e li organizza in azioni coerenti. DISLOCAZIONI E PLASTICITA’ CEREBRALE La localizzazione celebrale del linguaggio si applica in modo più sicuro al caso di adulti destrimani e nelle cui famiglie non ci sono mancini. Con altri gruppi di bambini mancini,e persone che hanno parenti mancini, la probabile gravità di un’afasia derivante da un danno alle aree del linguaggio nell’emisfero sinistro è minore e il recupero ha una maggiore probabilità di successo. In queste differenze ci deve essere qualche fattore genetico. Inoltre anche nei neonati si nota un volume più esteso dell’emisfero sinistro si pensa perché è adibito al linguaggio. In che misura il linguaggio allora si può trovare nell’emisfero destro? Con esperimenti si è visto che l’emisfero destro può sostituire quello sinistro ma non ne avrà le stesse specificità linguistiche. Il cervello del bambino è il più capace di adattamento ma non è l’ambiente a renderlo così capace di adattamento. Anzi la perdita di plasticità cerebrale (adattamento) con la crescita è un fattore naturale. In conclusione la simmetria degli emisferi è stata progettata geneticamente per ogni compito, quello sinistro per le aree che riguardano il linguaggio, quello destro viene utilizzato per funzioni specializzate dalle aree adiacenti. LA STRUTTURA SINTATTICA SINTASSI:studio delle relazioni che le parole hanno nella frase e l’insieme delle norme che regolano tali relazioni.

La Grammatica tradizionale indica l’insieme delle “parti del discorso” quali il nome,il verbo,l’aggettivo e la preposizione più certi modi di combinare queste parti tra loro. L’analisi del linguaggio si compone di una struttura fonologica e di una struttura sintattica.Questa non può collegarsi al segnale uditivo in modo diretto come la struttura fonologica,ma svolge un ruolo di identificazione di una parola in relazione alla sua funzione nella frase. LA STRUTTURA SINTATTICA E’ DISTINTA DAL SIGNIFICATO La S.S. è più vicina al significato rispetto a quella fonologica,tuttavia ci sono proprietà ,come l’organizzazione degli elementi di significato in modo lineare che contemporaneamente fissano le relazioni tra questi,che non hanno molto a che vedere col significato. Nelle frasi ci sono entità che non sempre corrispondono con una data parte del discorso,infatti possono denotarsi azioni sia con i verbi sia con i nomi o esprimere delle proprietà con aggettivi,nomi o preposizioni.Quindi le parti del discorso ,cioè le unità base della S.S., non sono definibili in termini di significato. Il significa è indipendente dalla lingua usata( traduzione da una lingua all’altra).Delle lingue straniere si impara oltre alla fonologia anche l’ordine delle parole ed è questa una proprietà sintattica.Le configurazioni dell’ordine verbale dipendono dalla conoscenza delle parti del discorso,cambiano da lingua a lingua quindi non dipendono dal significato(S.S. ha proprietà diverse dal significato). ALCUNE STRUTTURE SINTATTICHE La classificazione delle parole in parti del discorso determina il loro ruolo all’interno delle configurazioni in cui sono collocate.queste configurazioni sono immagazzinate nel nostro cervello ma allo stesso tempo le abbiamo apprese. Tra le conoscenze sintattiche che abbiamo c’è l’abilità di utilizzare desinenze per il passato e il plurale correlati alla distinzione sintattica tra verbi e nomi.

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Un enunciato o un sintagma(cioè la combinazione di 2 o più elementi espressivi uniti sintatticamente fra loro)sono composti di configurazioni e sottoconfigurazioni: Esempio: “ il pappagallo vide un topolino” si compone di 2 parti principali: 1.un sintagma nominale(il soggetto)formato da 2 parti :l’articolo “il” e il nome “pappagallo”; 2.un sintagma verbale(il predicato)formato da 2 parti: il verbo “vide” e il sintagma nominale “un topolino ke a sua volta è diviso in articolo “un” e il nome “topolino”. RICORSIVITA’ E MOVIMENTO SINTATTICO Certe configurazioni sintattiche hanno la proprietà di ricorsività la quale fa sì che una frase ricorra entro altre frasi all’infinito. Secondo la teoria della grammatica trasformazionale di Chomsky una frase ha nella mente una struttura soggiacente o profonda che differisce dalla sua struttura superficiale e vari principi della grammatica mentale possono trasformare la frase spostandone certe parti(movimento sintattico).

LA GRAMMATICA UNIVERSALE E LA STRUTTURA SINTATTICA Le strutture sintattiche fanno parte dell’organizzazione della mente. Nella fase prelinguistica i bambini possono osservare oggetti ed eventi del mondo circostante,udire suoni linguistici e associarli ad oggetti,ma non possono associare verbi e nomi tra le cose dato che questi sono classificazioni interne correlate con forme sintattiche. La GU fornisce al bambino uno scheletro di strutture sintattiche da cui il processo di acquisizione inizia. Data la conoscenza delle parole un bambino può determinare il loro ordine nelle frasi,ma le strutture ad “albero”e le categorie in esse presenti non si possono osservare:devono provenire dall’interno della mente in modo “intuitivo” o “dettato dall’istinto”…….la GU è l’organizzazione di questo istinto. LA LINGUA DEI SEGNI AMERICANA Costituisce il linguaggio della comunità dei sordi negli USA e in parte del Canada. La ASL(American Sign Language) è una vera e propria lingua e viene percepita esclusivamente tramite il sistema visivo dell’interlocutore. Le differenze con la lingua parlata sono superficiali: -il sistema periferico è differente,ma le operazioni interne sono le stesse; -l’ASL non è una ricodifica di una lingua parlata con segni tracciati con le mani. Esistono codifiche del genere ma non è il caso della ASL,tra queste ricordiamo la dattilogia e la Manual English che riproduce pari pari in segni l’ordine delle parole in inglese. Veniva utilizzato dagli educatori nell’insegnamento ai bambini sordi. Diversamente la ASL ha una propria organizzazione grammaticale,si tratta di una lingua che ha un suo lessico standardizzato. Ci sono molte lingue dei segni distinte fra loro nel mondo. La ASL risale alla metà del ‘700,in Francia dove l’abate C.M. de l’Epèe decise di educare i sordi e si accorse che essi avevano una propria lingua dei segni con la quale comunicavano. Egli la utilizzò come base per l’istruzione e sviluppò metodi per insegnare ai sordi a leggere e scrivere. Nel 1755 fondò una scuola per insegnanti che diffusero i suoi metodi e l’uso della sua lingua dei segni francese nelle scuole per sordi dell’Europa. Nel 1817 fu aperta in America la 1° scuola per sordi, la lingua adottata fu quella dei segni francese ad opera di un diplomato allievo di l’Epèe. Fu molto seguita e frequentata da studenti di varie lingue dei segni fino a divenire l’attuale Gallaudet University;vari aspetti delle loro lingue si amalgamarono fino a dare luogo all’ASL.

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Purtroppo nel 1880 la comunità della lingua dei segni venne abolita per dare spazio esclusivamente all’insegnamento orale, penalizzante per i sordi ai quali venne tolto anche il diritto di voto in quanto giudicati diversi. La rinascita della ASL è iniziata nel 1960 con Stokoe il quale mostra che i gesti della lingua presentano un’organizzazione sistematica simile alla struttura fonologica delle lingue parlate. Ripresa da diversi studiosi la ASL è tutt’oggi oggetto di vivace ricerca come altre lingue dei segni.Ciò ha legittimato la posizione pubblica di lingua vera e propria all’ ASL e ha favorito il riconoscimento dello stesso rispetto e stessi diritti accordati alle minoranze. ELEMENTI DELL’ORGANIZZAZIONE GRAMMATICALE DELL’ASL Stokoe scoprì che i segni si possono scomporre in una combinazione di fattori: 1. la configurazione assunta dalla mano; 2. il suo orientamento; 3. la posizione delle mani nello spazio; 4. il loro movimento. Questi fattori di per sé non hanno significato. In alcuni casi i segni raffigurano parzialmente ciò a cui si riferiscono,ma non è sempre così.Il lessico va imparato come in una lingua parlata anche se talvolta ha potere mnemonico superiore a quest’ultima. L’analisi di S. mette in evidenza che esistono:

- tratti distintivi dell’articolazione delle mani come per la voce; - una struttura ritmica nel gesto “ “ “ “ “ “ ; - l’unità di base del ritmo è la sillaba “ “ “ “ “; - rallentamenti, euforia e altre caratteristiche della lingua parlata sono simili nella lingua

dei segni adeguati ai diversi casi. Nella ASL si conservano aspetti significativi della struttura fonologica mentre si adattano le parti che hanno a che fare con l’articolazione motoria utilizzate dal canale di comunicazione visivo-manuale. La struttura sintattica dell’ASL suddivide i segni in parti del discorso e le connette ad esse con i loro modificatori,formando costituenti e sintagmi più estesi. Sono molti gli aspetti caratteristici dell’ASL fra questi tutte le informazioni aggiuntive sono inserite nel verbo ed espresse cambiando il movimento delle mani;inoltre è importante sapere che non tutto viene espresso con le mani,anche l’espressione facciale ha un ruolo di primaria importanza nella struttura sintattica:

- l’affermazione diretta è accompagnata da un’espressione neutra; - l’interrogativa è segnalata da un sollevamento delle sopracciglia,occhi dilatati e un lieve

inchino con la testa; - l’enunciato negativo è segnalato da uno scuotimento laterale della testa accompagnato

da un avvicinamento delle sopracciglia.

LE EMOZIONI

DEFINIZIONE: L’emozione può essere definita come una reazione valutativa (negativa o positiva) risultante da una combinazione di eccitazione fisiologica, esperienza soggettiva ed espressione comportamentale. LE COMPONENTI FISIOLOGICHE:

• Teoria Periferica dell’Emozione: fu elaborata un secolo fa, contemporaneamente in maniera molto simile da James e da Lange; secondo questa teoria, uno stimolo che sollecita un’emozione (es: un cane

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rabbioso) induce reazioni comportamentali (es: correre via) e il conseguente stato di attivazione corporea induce l’interpretazione soggettiva dell’emozione (es: “ho paura perché corro”); quindi l’emozione ha origini esterne e prende il via dal sistema nervoso periferico (quello che gestisce le risposte muscolari e autonome).

• Teoria di Cannon-Bard: C. e B. contestarono la teoria di James-Lange per due motivi:

1. Le reazione corporee sono tipicamente più lente di quelle emotive, si riscontrano 1 o 2 sec. dopo la presentazione dello stimolo mentre le risposte emotive sono immediate.

2. Lo stesso tipo di attivazione (reazioni corporee) è associato a più di un’emozione; ad esempio l’accelerazione del battito cardiaco è associata sia alla paura che alla felicità; questa obiezione è stata smentita in seguito, dato che è vero che lo stesso tipo di attivazione può manifestarsi in corrispondenza di due emozioni differenti, ma si manifesta con intensità diversa (alla paura è associata un’accelerazione del battito cardiaco maggiore che alla felicità.

La teoria elaborata da C. e B. propone la simultaneità delle risposte corporee e di quelle emotive (“ho paura e corro”).

L’ESPERIENZA SOGGETTIVA: Si riferisce al modo personale di provare un’emozione, in quanto esistono consistenti differenze individuali nell’intensità con cui si sperimentano le emozioni. Per quanto riguarda la patologia, ad un estremo troviamo i pazienti affetti da disturbi della personalità, i quali perdono con facilità il controllo delle emozioni, e all’estremo opposto troviamo i pazienti affetti da alessitimia, letteralmente incapacità di verbalizzare le emozioni; questi pazienti sono incapaci di distinguere un’emozione dall’altra infatti presentano attivazione corporea ma non ne comprendono la motivazione. IL RICONOSCIMENTO DELLE EMOZIONI: E’ stato dimostrato che riconoscere le proprie emozioni, esaminarle e rifletterci ha effetti positivi sullo stato di salute mentale e fisica; a volte, gli effetti non sono immediati e richiedono un certo lasso di tempo; ad esempio, è stato dimostrare che usare la scrittura come mezzo di verbalizzazione di sentimenti negativi o eventi traumatici potenzia il funzionamento di alcune cellule del sistema immunitario. Altre conseguenze positive dimostrate sono:

- La riduzione dello stato di allerta cronico indotto dall’emozione che progressivamente debiliterebbe la persona;

- La modificazione dei processi cognitivi a livello di pensiero e di memoria: inizialmente, le persone che raccontano eventi traumatici appaiono incoerenti e ricordano con difficoltà, ma gradualmente si riscontrano miglioramenti significativi.

- L’ESPRESSIONE DELLE EMOZIONI: Si tratta dei segni comportamentali manifesti che accompagnano un’emozione; sono l’espressione facciale, la postura, il tono della voce, ecc… L’ESPRESSIONE FACCIALE: Ad ogni emozioni corrisponde un’espressione facciale specifica comune in tutte le culture; il legame tra espressione facciale ed emozione è così forte che è stato dimostrato che, contraendo volontariamente i muscoli facciali in una certa espressione corrispondente ad esempio alla paura, pur non provando effettivamente questa emozione, il soggetto presenterà l’attivazione corporea corrispondente (ad esempio il battito cardiaco accelerato). Il contrario dell’espressione è la soppressione dell’emozione, cioè il tentativo di mascherarla apparendo impassibili: questo produce un aumento dell’attività del sistema nervoso simpatico, cioè dei fenomeni di attivazione relativi all’emozione soppressa e a lungo andare influisce negativamente sullo stato di salute mentale e fisico.

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LA CULTURA E LE REGOLE DI ESIBIZIONE DELLE EMOZIONI: Gli studi interculturali hanno identificato le 6 emozioni fondamentali corrispondenti a espressioni facciali universalmente riconosciute; ciò che sembra variare da cultura a cultura è l’intensità di espressione delle emozioni: l’individuo impara come esprimere e se esprimere una determinata emozione in conformità alle regole di esibizione proprie della cultura di appartenenza. IL GENERE E LESPRESSIONE DELLE EMOZIONI: Un altro fattore che influisce sull’espressione dell’emozioni è il genere; è stato dimostrato che le donne, rispetto agli uomini, provano emozioni più intense, le sanno riconoscere meglio nell’altro, le sanno verbalizzare ed esprimere meglio e provano più empatia. Queste differenze si spiegano probabilmente con i ruoli che storicamente sono stati assegnati all’uomo e alla donna, rispettivamente di competizione e lotta e di cura, entrati a far parte della cultura e trasmessi anche attraverso le pratiche educative ed aventi sicuramente un senso dal punto di vista evoluzionistico. LE EMOZIONI FONDAMENTALI: Vari psicologi hanno tentato una classificazione delle emozioni umane; un’emozione viene definita fondamentale quando possiede componenti fisiologiche, comportamentali e soggettive caratteristiche. Solitamente le classificazioni effettuate contano da 5 a 9 emozioni fondamentali: rabbia, tristezza, felicità, disgusto e paura, più la sorpresa, la vergogna, il disprezzo, il senso di colpa, la gioia e la fiducia. EMOZIONI POSITIVE E NEGATIVE: Le emozioni positive e quelle negative sono intercorrelate ma con un coefficiente abbastanza basso: questo vuol dire che chi prova spesso ansia è probabile che proverà spesso anche altre emozioni negative, ciò non toglie che possa provarne anche di positive. E’ stato inoltre dimostrato che, dal punto di vista neurologico, le emozioni positive e quelle negative sono distinte seppure condividono alcune vie relative all’attivazione autonoma indipendente dalla valenza dell’emozione; le emozioni positive e quelle negative possono essere collegate a due sistemi di comportamento, rispettivamente l’avvicinamento e l’evitamento: le sensazioni che rientrano nella tipologia dell’avvicinamento fanno registrare una maggiore attivazione del lobo frontale sinistro, mentre quelle relative all’evitamento attivano maggiormente il lobo frontale destro; un’eccezione è la collera che fa registrare una maggiore attivazione del lobo frontale sinistro. GERARCHIA DELLE EMOZIONI: La distinzione generale tra emozioni positive ed emozioni negative è comune a tutte le culture, ma al di sotto di questo livello, le ulteriori distinzioni sono di tipo culturale. IL CONTROLLO DELLE EMOZIONI: Per controllo delle emozioni si intende l’insieme degli sforzi compiuti al fine di regolare gli stati emotivi; le persone adottano varie strategie intraprendendo una forma di controllo precedente al verificarsi dell’emozione (evitamento di situazioni spiacevoli) o successiva (riconfigurazione dell’emozione oppure tentativi di distrarsi allontanando la consapevolezza dell’emozione). Le persone adottano strategie simili anche per il controllo degli stati di umore che, contrariamente alle emozioni, sono protratti nel tempo e non interrompono le altre attività ma le “accompagnano”. Dagli studi condotti sono emerse delle differenze tra i generi nel tipo di attività esercitata per controllare le emozioni negative: le donne preferiscono fare shopping, dedicarsi alle attività di casa, telefonare e chiacchierare, mentre gli uomini preferiscono avere rapporti sessuali, dedicasi ad un hobby o dormire.

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LE TEORIE DELL’EMOZIONE: • Teoria Psicodinamica:

Sempre maggiori sono le prove sperimentali che dimostrano che la maggior parte delle emozioni sono inconsce ed influenzano il comportamento, il pensiero e lo stato di salute. Un'altra teoria psicodinamica, quella relativa all’autoinganno, è stata confermata da dati sperimentali che hanno dimostrato come le persone tendono ad autoingannarsi per evitare la consapevolezza di emozioni spiacevoli costruendo un’immagine illusoria di sé e del proprio stato.

• Teorie Cognitiviste: secondo la teoria elaborata da Schachter e Singer, l’emozione implica l’attivazione fisiologica e l’interpretazione cognitiva (attribuzione); ciò vuol dire che quando l’individuo “si accorge” di essere fisiologicamente attivato, cerca di capirne il motivo in base alla situazione in cui si trova, cioè compie una valutazione cognitiva; lo stesso avviene quando si valutano le emozioni negli altri. Anche gli stati emotivi influenzano la cognizione: è stato dimostrato che lo stato emotivo influenza significativamente la capacità di memorizzare nella MLT e rievocare informazioni in essa conservate; inoltre, esperienze emotive stressanti possono modificare addirittura la struttura del cervello, modificando quindi le funzionalità cognitive.

• Teorie Evoluzionistiche: queste teorie prendono spunto dagli studi condotti da Darwin che mise in gran risalto la funzione adattiva delle emozioni, in particolare come mezzi di segnalazione e comprensione dello stato emotivo e quindi delle intenzioni. Gli evoluzionisti considerano le emozioni, insieme alle pulsioni, come forti motivazioni che inducono l’individuo ad attuare un comportamento adattivo (se ho paura attuerò un comportamento di fuga che risulterà adattivo assicurandomi di scampare il pericolo che ha indotto l’emozione). Un esempio di emozione adattiva è la gelosia che assume forme diverse a seconda del genere: nelle donne è maggiore riguardo all’eventuale coinvolgimento emotivo del proprio compagno in una relazione con un’altra partner, perché questo potrebbe indurlo a toglierle risorse per la prole dandole all’altra partner, cosa che non accadrebbe se il maschio avesse solo relazioni occasionali di tipo sessuale con l’altra donna; nel maschio invece la gelosia è maggiore riguardo al coinvolgimento sessuale della propria partner con un altro maschio, perché questo non gi darebbe la sicurezza della paternità; le motivazioni che determinano la gelosia nei due sessi naturalmente si spiegano in senso evoluzionistico: la donna può avere un numero limitato di figli quindi sceglie il proprio partner in base alle risorse che può offrirle per sostentare al meglio la prole, l’interesse del maschio invece è la sicurezza della paternità.

LA PSICOFISICA E’ la branca della psicologia che studia la relazione tra le caratteristiche del mondo fisico e la nostra esperienza psicologica. La sensazione: atto della conversione di energia esterna in una versione interna o rappresentazione. La percezione: processo attivo che organizza e interpreta la sensazione, è il prodotto congiunto della realtà esterna e degli sforzi creativi dell’individuo. Entrambe sono funzioni adattive. SENTIRE L’AMBIENTE Tutti i sensi hanno caratteristiche comuni: primo convertire la stimolazione fisica in segnali sensoriali, secondo hanno delle soglie al di sotto delle quali l’individuo non percepisce nulla (es, i suoni aumentano gradatamente ma solo quando raggiungono una certa intensità la persona li sente) terzo la sensazione richiede che vengano prese delle decisioni mentre l’individuo cerca di distinguere gli stimoli significativi da quelli irrilevanti (es di notte una persona che vive da sola dice: mi è sembrato di sentire un rumore la decisione che ne consegue dipende dall’intensità del suono ma anche dalla capacità di collegare piccoli cambiamenti del suono a

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qualche esperienza), quarto sentire il mondo richiede la capacità di rivelare cambiamenti nello stimolo (es. avvertire quando un sacchetto della spesa pesa di più) LA TRASDUZIONE La sensazione richiede la conversione di energia presente nel mondo in segnali interni psicologicamente significativi. La sensazione inizia sempre con uno stimolo ambientale che eccita il nostro sistema nervoso, noi registriamo solo una minuscola frazione di questa energia, quanto più il cervello elabora questi segnali tanto più diventano significativi. CODICE NEURALE Alcune cellule dette recettori trasformano l’energia dell’ambiente in impulsi neuronali , processo chiamato traduzione. Nel 1826 Muller dice: la percezione di un messaggio dipende non tanto dalla differenza di stimoli, ma dai neuroni che vengono eccitati, dottrina dell’energia nervosa specifica. CODIFICAZIONE DELL’INTENSITA’ E DELLA QUALITA’ DELLO STIMOLO Il cervello codifica la stimolazione sensoriale in relazione all’intensità e alla qualità dello stimolo. L’intensità varia a seconda della modalità sensoriale, dal numero di neuroni attivati, dalla frequenza, o da una combinazione di essi. La qualità dipende sia dai recettori coinvolti,sia dagli impulsi neurali generati (es. alcuni recettori rispondono al caldo, altri al freddo ma la combinazione di essi induce ad avvertire un estremo calore) LA SOGLIA ASSOLUTA La quantità minima di energia fisica che un individuo si accorga di uno stimolo è detta soglia assoluta. Essa varia da un soggetto ad un altro, da situazione ad un’altra; dipende anche dal “rumore” elemento distraente o irrilevante, alcuni provengono dall’esterno altri dall’interno creati dall’attivazione casuale di neuroni, aspettative, motivazioni, stress affaticamento.

La soglia differenziale: livello più basso di stimolazione, perché il soggetto si accorga che sia intervenuto un cambiamento nello stimolo. E’ quindi la differenza di intensità tra due stimoli,

necessaria per produrre una differenza appena individuabile. Individuazione di un segnale: secondo la teoria dell’individuazione di un segnale, dice che, la sensazione non è un processo passivo che si verifica solo quando l’entità dello stimolo supera una certa soglia, ma anche dal giudizio sulla presenza o assenza di uno stimolo. E’ costituito da due processi

- sensibilità uditiva, visiva ecce del soggetto, - processo decisionale che rispecchia il vizio di risposta (criterio di decisione),

capacità di riferire o negare di aver avvertito uno stimolo quando vi è un dubbio. Negli esperimenti vi sono due tipi di errore: falso allarme-riferire di aver provato uno stimolo che no era presente insuccesso- riferire di non aver provato stimolo nonostante esso fosse presente. Vi sono due tipi di risposte: successo- rivelare uno stimolo presente esclusione corretta- risposta negativa quando non era presentato nessuno stimolo. Le persone che si sbilanciano faranno registrare un numero di successi ma anche di falsi allarmi, al contrario un numero inferiore di successi ma anche di falsi allarmi. La tendenza di una persona a manifestare un vizio di risposta dipende dall’aspettativa, dalla motivazione. Gli psicologi con esperimenti di benefici o costi manipolano per distinguere la differenza tra sensibilità e vizio di risposta, pagando i partecipanti per risposte corrette o errate. Un grafico COR, permette loro di verificare la percentuale di successi in funzione delle percentuali di falsi allarmi, ciò permette di stabilire in che misura un soggetto sia iun grado di avvertire lo stimolo indipendentemente dal vizio di risposta.

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LEGGE DI WEBER Nel 1834 W. disse che : indipendentemente dall’intensità di due stimoli, il secondo deve differire dal primo in una proporzione costante. Questa proporzione è chiamata legge o frazione di Weber. Essa varia a seconda del soggetto, contesto e modalità sensoriale. Es. aumento di 1 hg in uno zaino di 5 kg. Sarà di 2 hg in uno zaino di 10 kg. LEGGE DI FECHNER F. fa un collegamento tra l’effettiva intensità di uno stimolo e la sua esperienza soggettiva. Lui afferma che: per basse intensità di uno stimolo,sono sufficienti piccoli incrementi di stimolazione per produrre effetti soggettivi, che sono paragonabili a quelli prodotti da enormi aumenti della stimolazione ad alte intensità. L’intensità soggettiva aumenta in progressione aritmetica (1-2-3) quella oggettiva in progressione geometrica (1-8-64). Conoscendo la costante di Weber, l’intensità dello stimolo, lo psicologo può predire quale sarà l’intensità della sensazione soggettiva di un individuo. LEGGE ESPONENZIALE DI STEVENS Secondo questa legge, all’aumentare in progressione aritmetica dell’intensità dello stimolo (soggettiva), la grandezza di esso cresce in maniera lineare secondo una potenza (al quadrato, al cubo)-oggettiva. L’esponente però varia a seconda dei diversi sensi. Es. esponente minore di 1-luminosità è 0.33; maggiore di 1 l’esponente è 3.5 scossa elettrica, cioè l’intensità cresce rapidamente all’aumentare della stimolazione. LO STRESS E’ una reazione intensa a stimoli interni o esterni che producono un’attivazione fisiologica e uno sforzo emotivo che mettono in moto risposte cognitive o comportamentali. Ha due aspetti uno psicobiologico uno che implica una transazione tra l’ambiente e l’individuo. Cannon nel 1932 lo descrisse come la risposta lotta-o-fuga con cui l’organismo si prepara al pericolo attivando il sistema simpatico e quello endocrino. Se il pericolo non diminuisce l’organismo rimanendo eccitato si avrebbe un deterioramento per la salute. Il corpo reagisce con la sindrome di adattamento generale che consta di tre fasi l’allarme, la resistenza e l’esaurimento : l’allarme si ha il rilascio di adrenalina e l’attivazione del sistema nervoso simpatico, aumento battito cardiaco, respirazione, aumento di glicemia perché il sangue defluisce nel tratto gastrointestinale nei muscoli, situazione di emergenza resistenza l’allarme non può durare a lungo entra in funzione il sistema nervoso parasimpatico e ripristina i livelli normali inizia la resistenza esaurimento se questa fase dura a lungo il corpo inizia a logorarsi entra quindi la fase di esaurimento e le difese fisiologiche vengono meno si è più vulnerabili a malattie. Lazarus considerò lo stress una transazione tra l’individuo e l’ambiente, esso dipende infatti dalle risorse interne dell’individuo e le situazioni esterne che lo sollecitano. E’ quindi soggettivo in base al proprio criterio di valutazione e in base alle proprie capacità di affrontarlo. Nel modello di Lazarus ci sono due stadi decisionali: valutazione primaria: la persona decise se la situazione è stressante, irrilevante o favorevole. valutazione secondaria: decisione dell’individuo di come reagire di fronte all’evento. L. distingue tre tipi di stress: danno o perdita- morte o perdita del lavoro minaccia- danno previsto sfida-situazione che porterebbe a d una crescita anche se incerta. Lo stress non è sempre negativo associato a tristezza collera ecc, ma positivo eccitazione o interesse.

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Le fonti di stress sono detti agenti stressanti il loro effetto dipende dalla vulnerabilità della persona. Possono essere: avvenimenti salienti della vita che possono portare a cambiamenti salienti nell’arco della vita; lo stress percepito indica la misura in cui un individuo considera stressanti le proprie esperienze; stress da acculturamento da adattamento ad altre culture; le catastrofi disastri causati dall’uomo o la natura; fastidi quotidiani disagi della vita quotidiana. Lo stress può avere effetti sulla salute perché riduce le difese dell’organismo, in quanto l’individuo può indebolirlo comportamenti tipo fumare, bere, dormire poco, fare meno esercizio fisico. Lo stress può influire sul sistema immunitario; in esso vi sono tre tipi di cellule: le B, le cellule T e i linfociti natural killer. Le prime producono anticorpi, le seconde combattono gli invasori, le terze combattono virus e tumori. Lo stress può influire sulla loro efficienza e disponibilità. Lo stress può indurre una persona a prendere la propria salute troppo o poco sul serio; è legato anche alla personalità dell’individuo cioè la motivazione con cui l’individuo valuta la circostanza e reagisce arrabbiandosi o rimovendo l’emozione, oppure una posizione pessimistica o ottimistica di fronte alle circostanze. COME AFFRONTARE LO STRESS Ci sono due tipi di strategie: -quelle che tendono a modificare la situazione dette focalizzate sul problema -quelle che modificano il modo di pensare o il modo di vivere l’emozioni dette focalizzate sulle emozioni diversi studi hanno rilevato che la fede religiosa aiuta a far fronte a situazioni stressanti; quando inoltre non si possono evitare situazioni stressanti le persone ricorrono a alcool, droghe espedienti per sfuggire alla situazione emotiva. Il modo in cui le persone reagiscono allo stress è determinato anche dall’ambiente culturale; una società basata sull’imprenditoria, sviluppo tecnologico ecc possono avere effetti sulla salute psicologica, a differenza di culture basate sulla famiglia, comunità possono non incidere sulla salute psicologica. Nelle società che appartengono a minoranze che sono state sottoposte a vincoli che limitavano le prospettive di miglioramento economico è stato sviluppato la sindrome del minimo sforzo ossia cessare di fare sforzi che invece migliorerebbero la vita,; oppure negli afroamericani l’henryismo (da John Henry) massimo sforzo per raggiungere il successo, ma morte precoce per ipertensione. Una risorsa importante è il sostegno sociale, la presenza di persone fidate a cui chiedere aiuto, importante per il mantenimento della salute fisica e mentale; un elevato sostegno è associato alla protezione contro diverse malattie herpes, cancro,cardiopatie ecc.

LA SENSAZIONE

Lo studio della sensazione si colloca a metà tra la psicologia e la fisiologia, in quanto essa è il risultato dell’attività degli organi di senso che raccolgono informazioni dall’esterno per poi trasmetterle al cervello (non va confusa con la percezione che è il processo correlato): dal punto di vista psicofisico, si tratta di una rilevazione di differenze o “soglie”; la sensazione è quindi l’interfaccia tra il mondo esterno e quello interno. Ad ogni organo di senso corrisponde una modalità sensoriale, ma tutti hanno in comune:

- Il funzionamento generale: tutti ricevono energia fisica; - Il meccanismo di trasformazione dell’energia fisica in segnali nervosi: la trasduzione; - Tutti sono dotati di strutture sensoriali minime dette recettori (organi di conservazione

dell’energia) che di solito generano potenziali nei neuroni adiacenti. Le diverse modalità sensoriali (visiva, uditiva, olfattiva, tattile, gustativa e propriocettiva) hanno in comune alcune caratteristiche:

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- Non sono meccanismi di registrazione passiva: non producono una copia fedele della realtà esterna (realtà fisica e prodotto dell’elaborazione mentale non coincidono esattamente);

- Sono adattate alle esigenze ambientali delle diverse specie; - Il cervello codifica una qualunque stimolazione sensoriale secondo i parametri di qualità

e intensità. -

L’ADATTAMENTO SENSORIALE: E’ quel fenomeno per cui i sistemi sensoriali tendono a rispondere meno a stimoli costanti nel tempo; ha un valore adattivo dato che, un animale che rilevasse in egual misura la moltitudine di stimoli a cui normalmente siamo sottoposti, si troverebbe in una situazione di svantaggio: è più utile rilevare stimoli nuovi che forniscono informazioni nuove sull’ambiente che ci circonda. LA VISIONE La luce è una forma di radiazione elettromagnetica, viaggia sotto forma di onde create dall’oscillazione di particelle. La lunghezza d’onda è l’oscillazione maggiore o minore delle particelle, sono misurate con il manometro. La sua dimensione fisica si traduce in colore, detta intensità connessa alla sensazione soggettiva della luminosità. L’immagine di un oggetto è proiettato sulla retina e assomiglia alla sua struttura effettiva.la luce negli oggetti viene assorbita o riflessa, nel primo caso gli oggetti sono scuri, nel secondo chiari. L’OCCHIO Nell’occhio avvengono due processi: primo-la cornea,la pupilla e il cristallino fanno si che i raggi luminosi vengono messi a fuoco sulla retina secondo-la retina trasforma l’immagine in impulsi neurali che sono trasportati al cervello e da esso interpretati. La luce entra nella cornea, tessuto trasparente che copre la parte esterna del bulbo oculare; attraversa una camera liquida umore acqueo che fornisce ossigeno alla cornea e al cristallino; poi attraversa un’apertura al centro dell’iride chiamata pupilla; per effetto della dilatazione o contrazione di fibre muscolari la luce entra nell’occhio. Attraverso il cristallino, membrana elastica, si mette a fuoco, esso si appiattisce per oggetti distanti, assume forma sferica per oggetti vicini (processo di accomodazione); infine la luce attraverso l’umore vitreo (liquido gelatinoso) viene proiettata sulla retina. Miopia: retina e cristallino focalizzano l’immagine davanti alla retina. Ipermetropia: l’occhio mette a fuoco la luce su un punto oltre la retina. LA RETINA Struttura a più strati, quello più interno contiene recettori: i fotorecettori, i bastoncelli e i coni. Quando i bastoncelli o i coni assorbono energia stimolano le cellule bipolari che inviano lo stimolo alle cellule gangliari, i lunghi assoni di queste cellule formano il nervo ottico che trasportano le informazioni al cervello. La zona centrale della retina, la fovea è sensibile a piccoli dettagli per stimoli situati di fronte all’osservatore. Il punto della retina nel quale il nervo ottico esce dall’occhio detto disco ottico non è dotato di recettori. BASTONCELLI E CONI I bastoncelli sono più sensibili alla luce producono bianco e nero e sfumature di grigio. I coni rispondono al colore ma richiedono maggiore quantità di luce per essere attivati. Entrambi contengono pigmenti fotosensibili la cui struttura cambia quando sono investiti dalla luce, processo detto decolorazione, perché quando il pigmento si decompone i fotorecettori perdono il loro colore.

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All’adattamento all’oscurità i coni si adattano subito, mentre i bastoncelli impiegano più minuti; mentre all’adattamento alla luce entrambe sono rapidi. CAMPI RECETTIVI Processo che comincia con le cellule gangliari; il campo recettivo è la regione entro la quale un neurone risponde ad uno stimolo. In esso le informazioni possono avere un effetto inibitorio o eccitatorio. Le cellule gangliari hanno una parte centrale e una circostante, se la luce colpisce la parte centrale si ha un’eccitazione; se colpisce la zona circostante avrà un effetto inibitorio. Questa organizzazione permette di percepire i bordi, cambiamenti di luminosità, dove finisce una superficie e ne comincia un’altra. LE VIE NERVOSE DALL’OCCHIO AL CERVELLO Gli impulsi provenienti dal nervo ottico attraversano il chiasma ottico dove il nervo ottico si divide, le informazioni raggiungono il cervello tramite i tratti ottici e viaggiano su due vie negli entrambi emisferi. La prima il collicolo superiore, controlla il movimento degli occhi, identifica oggetti, integra l’imput percepito dall’occhio e dall’orecchio per determinare l’orientamento. La seconda è il nucleo genicolato laterale del talamo, della corteccia visiva e dei lobi occipitali, i neuroni preservano lo spazio visivo della retina. Queste vie rientrano nel fenomeno della vista cieca, cioè l’inconsapevolezza da parte dell’individuo della sua capacità di vedere. LA CORTECCIA VISIVA L’informazione raggiunge la corteccia visiva primaria è detta striata per la sua formazione a strisce. E’ la prima fermata delle informazioni visive, i neuroni danno un senso compiuto alle informazioni e sono detti rilevatori di caratteristiche, sono cellule semplici rilevatori di linee orizzontali e verticali e cellule complesse rilevatori di posizioni, quelle ipercomplesse rivelano grandezza e lunghezza. Le informazioni visive defluiscono dalla corteccia visiva primaria lungo due vie: del “che cosa” dove le linee sono integrate con coni o quadrati,colore e texture; quella del “dove” localizzano l’oggetto nello spazio. LA PERCEZIONE DEL COLORE E’ una proprietà psicologica non una qualità dello stimolo. Esso ha tre dimensioni: la tinta cioè il colore propriamente detto; la saturazione la purezza del colore;la luminosità indica in che misura un colore è chiaro o scuro. LA TRASDUZIONE RETINICA DEL COLORE Nel 1802 Young-Helmholtz hanno avanzato l’ipotesi tricromatica: i colori che vediamo rispecchiano la mescolanza di tre colori a cui la retina è sensibile. Ogni cono risponde ad una lunghezza d’onda, quelli a onda minore percepiscono il blu; onda media il verde; onda lunga il rosso; mescolando si ottengono sfumature di colore. Nel 1878/1920 Hering propose la teoria della complementarità dell’immagine postuma, secondo la quale i colori derivano da tre sistemi cromatici antagonisti tra di loro: nero-bianco, blu-giallo, rosso-verde. La prima teoria si applica alla retina; la seconda ai centri visivi superiori del cervello. Le due teorie sono complementari. La teoria dell’immagine postuma spiega il fenomeno dell’immagine postuma, i recettori reagiscono alla luce decolorandosi: i pigmenti in essi contenuti degenerano e si rigenerano successivamente; questo produce potenziali d’azione nelle cellule bipolari che poi veicolano l’impulso elettrico alle cellule gangliari fino alla corteccia visiva. Alla decolorazione dei recettori retinici è legato il fenomeno dell’immagine postuma: a causa dell’affaticamento, dopo l’esposizione ad uno stimolo visivo, i recettori reagiscono con la permanenza dello stimolo visivo sulla retina nei suoi colori complementari. Per evitare l’adattamento sensoriale, il

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sistema visivo si è evoluto assicurando una visione continuativa senza black out dovuti alla costanza degli stimoli: determinati muscoli inducono continui movimenti oculari di modo da rendere gli stimoli costanti sempre nuovi (se lo stimolo non si rinnova, è l’occhio a rinnovarlo di modo da poter continuare a percepirlo). Le due teorie spiegano anche la cecità per i colori, il deficit cromatico a causa di anomalie genetiche le persone confondono il rosso con il verde, è più legato ai maschi. LA NATURA DEL SUONO Si irradia dall’oggetto vibrante come onda acustica; si differisce dalla luce perché si propaga più lentamente,si riflettono e producono un eco, o sono assorbite dall’oggetto il suono è più attenuato. Ha tre proprietà frequenza, complessità,ampiezza. Ogni espansione o contrazione dell’aria è detta ciclo. Il numero dei cicli determina la frequenza misurata in hertz, essa corrisponde alla proprietà psicologica dell’altezza di una nota, essa è tanto più alta quanto è maggiore la frequenza. La complessità corrisponde alla proprietà psicologica del timbro che distingue il do di un piano da un do di un flauto. L’ampiezza è l’altezza di un onda, differenza tra livello massimo di pressione e quello minimo. Essa corrisponde alla proprietà psicologica dell’intensità, maggiore è l’intensità maggiore è l’ampiezza del suono, viene misurata in decibel (dB). L’ORECCHIO, LA TRASDUZIONE Il processo uditivo inizia nella parte esterna dell’orecchio padiglione e condotto uditivo. Le onde acustiche sono incanalate in esso dal padiglione essenziale per individuare la provenienza dei suoni. All’interno del cranio c’è il condotto uditivo dove le onde risuonano e vengono amplificate. L’ORECCHIO MEDIO Alla fine del condotto uditivo c’è il timpano o membrana timpanica, esso riproduce la vibrazione dell’oggetto che ha creato il rumore, solo se la pressione dell’aria è la stessa sia nella parte esterna che in quella centrale dell’orecchio. L’equilibrio della pressione dell’aria è fornita dalla tromba di Eustachio. Il timpano mette in movimento tre ossicini: martello,incudine,staffa. Essi amplificano il suono. La staffa vibra contro una membrana detta finestra ovale che forma l’inizio dell’orecchio interno. ORECCHIO INTERNO È costituito da due cavità piene di liquido presenti nell’osso temporale del cranio: i canali semicircolari e la chiocciola. La coclea è un tubo a tre camere avente forma di lumaca. Quando la staffa vibra contro la finestra ovale provoca onde, che disturbano la membrana basilare a cui sono uniti recettori detti cellule ciliate o ciglia. Sopra di esse c’è un’altra membrana, tettoia. Le onde entrano nella coclea fanno muovere le membrane le ciglia si piegano e si innescano i neuroni che formano il nervo acustico che trasmette le informazioni al cervello RILEVAMENTO DELL’ALTEZZA DEL SUONO Teoria topica Helmholtz: le diverse aree della membrana basilare hanno una sensibilità massima a diverse frequenze. Bekesy ne scoprì il meccanismo: quando la staffa colpisce la finestra ovale, nella membrana basilare si propaga un’onda, i toni ad alta frequenza producono rapide ripercussioni sulla staffa e massimo spostamento della membrana basilare; i toni a bassa frequenza provocano un piccolo spostamento, le ciglia trasmettono le informazioni sulle diverse frequenze al cervello. La percezione dell’altezza del suono avviene tramite meccanismi neurali: codice a bassa e un altro ad alta frequenza, nelle frequenze intermedie agiscono entrambe.

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LE VIE NERVOSE Le informazioni provenienti dal nervo acustico attraversano il collicolo inferiore nel mesencefalo,il nucleo genicolato mediante il talamo, finiscono nella corteccia uditiva e nei lobi temporali. I neuroni sono anche coinvolti nella localizzazione del suono rispondono alle differenze d’intensità e tempo dei segnali convertiti dalle due orecchie. L’OLFATTO Gli stimoli ambientali per l’olfatto sono molecole invisibili di gas. La soglia del riconoscimento degli odori è molto bassa. Sebbene il naso sia l’organo dell’olfatto, i vapori penetrano nelle cavità nasali, situate all’interno dell’osso del cranio dove ci sono i recettori, attraversano il naso e la bocca. La traduzione avviene nell’epitelio olfattivo, coppia di strutture sottili per ciascun lato situato nella parte superiore delle cavità nasali. Le molecole dell’aria vengono catturate dal muco dell’epitelio dove entrano in contatto con i recettori olfattivi. Gli assoni delle cellule olfattive formano il nervo olfattivo e trasmettono le informazioni ai bulbi olfattivi strutture a più strati, raggiungono la corteccia olfattiva primaria inserita nei lobi frontali. La corteccia olfattiva ha delle proiezioni sul talamo e sul sistema libico per cui l’olfatto è connesso sia al gusto sia all’emozione. IL GUSTO E’ sensibile alle molecole solubili nella saliva. Dal punto di vista evoluzionistico svolge due funzioni. Protegge l’’organismo dall’ingestione di sostanze tossiche, regola l’assuinzione di zucchero e sale. La traduzione avviene nei calici gustativi distribuiti nella bocca,ma anche sulle papille gustative. Le sostanze entrano nella bocca penetrano nei piccoli pori delle papille e stimolano i recettori del gusto. Questi si consumano ma vengono sostituiti ogni 10/11 giorni. I recettori del gusto stimolano i neuroni che trasportano l’informazione al midollo allungato, da qui viaggiano su due vie: la prima che consente di identificare i gusti porta al talamo e alla corteccia gustativa primaria, regione situata tra i lobi temporali; la seconda porta l’informazione al sistema libico consente una reazione emotiva e comportamentale agli stimoli. Il sistema gustativo reagisce a 4 stimoli dolce, salato acre, amaro. I SENSI DELLA PELLE Il tatto è un misto di tre qualità:pressione, temperatura, dolore. I neuroni consentono di distinguere dove e per quanto tempo è avvenuta la stimolazione sulla pelle. Alcuni neuroni sinaptano su interneuroni spinali stimolano i motoneuroni che permettono le azioni riflesse. I neuroni sensoriali sinaptano su altri neuroni che risalgono il midollo spinale fino a raggiungere il midollo allungato. Da questo le informazioni raggiungono il talamo e successivamente la corteccia somatosensoriale. Tale regione contiene una mappa del corpo e i suoi neuroni hanno campi recettivi che rispondono alle diverse parti del corpo. I recettori della pressione traducono energia meccanica, quelli della temperatura l’energia elettrica, quelli del dolore rispondono ad un insieme di stati esterni ed interni del corpo. LA PRESSIONE Si ha quando la pelle viene spostata meccanicamente, le regioni più sensibili sono il volto e le dita, quelle meno sensibili la schiena e le gambe. Questa differenza dipende dalla quantità di spazio occupato dai neuroni aree nella corteccia somatosensoriale. Le mani hanno piccoli campi recettivi che consentono di effettuare fini discriminazioni. LA TEMPERATURA L’individuo quando rivela la temperatura rivela la differenza tra la temperatura della pelle e quella dell’oggetto. La sensazione della temperatura si basa su due insiemi di recettori uno per il freddo uno per il caldo; i recettori del freddo inoltre sono quelli che rivelano le temperature estreme di caldo o freddo.

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IL DOLORE Ha una funzione importante: impedire che i tessuti vengano danneggiati. Un dolore persistente può debilitare. Il dolore non è associato ad uno stimolo fisico ma anche a luce, suoni troppo intensi ecc. i recettori del dolore sono terminazioni nervose libere. Secondo una teoria quando le cellule sono danneggiate rilasciano prodotti chimici che stimolano le terminazioni nervose libere che trasmettono messaggi di dolore al cervello, una di queste sostanze è chiamata P. Il dolore è probabilmente influenzato da credenze e stati emotivi, l’ansia può far aumentare il dolore mentre la paura lo stress possono inibirlo. LA TEORIA DEL DOLORE REGOLATO A CANCELLO. Spiega il ruolo del sistema nervoso centrale e del midollo spinale. Quando i neuroni sensoriali trasmettono le informazioni al midollo spinale, non producono dolore perché le loro azioni possono essere inibite o amplificate da altri neuroni. Ci sono due tipi di fibre nervose che aprono e chiudono i “cancelli” del dolore. Fibre L trasmettono rapidamente le informazioni dolore acuto; fibre S dolore sordo e bruciore, siccome sono trasmesse lentamente i messaggi possono arrivare quando i cancelli sono chiusi, ciò può spiegare perchè sfregando attorno ad una ferita o ustione il dolore si allievi. I SENSI PROPRIOCETTIVI Registrano la posizione e il movimento del corpo. Il senso vestibolare informa sua posizione del corpo rilevando la gravità e il movimento. Gli organo si trovano nella parte interna dell’orecchio sotto la chiocciola, sono i canali semicircolari e le sacche vestibolari. I primi rivelano l’accelerazione o decelerazione mentre la testa si muove; i secondi rivelano la forza di gravità e la posizione della testa nello spazio. Le vie nervose raggiungono il cervelletto che interviene nel movimento e la corteccia temporale. L’altro senso è la cinestesia rivela la posizione reciproca degli arti e di altre parti del corpo, è essenziale per guidare ogni movimento complesso, es. camminare regolazione di due gambe. Alcuni recettori si trovano nelle articolazioni, altri nei tendini e nei muscoli.