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7/28/2019 Aristotele Studiato Dagli Oxoniensi
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ARISTOTELE STUDIATO DAGLI
OXONIENSI
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Ai miei amati genitori:
Pino e Rosa
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SOMMARIO
INTRODUZIONE ..........7
PARTE I
LA FILOSOFIA ANALITICA
CAPITOLO I
I FILOSOFI OXONIENSI
1 Lo sviluppo dei filosofi oxoniensi .........121.2 Aristotele studiato dagli oxoniensi: Ryle e Searle .........141.3 Il concetto di Natura ........171.4 Il concetto di Anima ........20
PARTE II
ROSS
CAPITOLO II
LA PSICOLOGIA DI ARISTOTELE
Premessa biografica ..........22
2.1 Lanima e le sue facolt .........23
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2.2 La forma pi alta di vita politica: la .........312.2.1 La schiavit ed il rapporto Anima-Corpo .........34
2.3
Le quattro funzioni fondamentali delluomo .........37
CAPITOLO III
AZIONE E VIRTU
3.1 Il fine della vita umana .........543.2 La bont di carattere .........573.3 Lazione volontaria e la scelta .........593.4 Le virt morali .........653.5 La giustizia .........683.6 Le virt intellettuali .........71
PARTE III
AUSTIN
CAPITOLO IV
AZIONE E RESPONSABILITA
Premessa biografica ...........76
4.1 Libert e responsabilit: Austin e Aristotele ...........774.2 Per unindagine sulle scusanti ...........814.2.1 Suggerimenti per una teoria dellazione ............85
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7.2 La filosofia dellazione ...........1317.2.1 Responsabilit e giustificazioni ...........134
7.2.2 Lidentit delle azioni ...........137
CONCLUSIONI ...........140BIBLIOGRAFIA ..........150
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INTRODUZIONE
Questa tesi analizza il percorso evolutivo ma al contempo immutabile della
filosofia aristotelica, divenuta, assieme a quella platonica, oggetto di trattazione
da parte di molti studiosi, che nel Novecento svilupparono una vera e propria
filosofia analitica. Per filosofia analitica sintende la concezione della filosofia
come analisi del linguaggio ordinario, sviluppatasi anzitutto in Inghilterra
(Oxford e Cambridge) negli anni 50 e 60 del Novecento, sulla scia
dellinsegnamento dellultimo Wittgenstein, ad opera di filosofi come Austin,
Ryle e Strawson, e proseguita poi negli Stati Uniti nei decenni successivi con
Quine, Kripke, Putnam, e nella stessa Inghilterra con Wiggins, Williams e
Dummett. Bench qualcuno oggi parli di crisi della filosofia analitica, non c
dubbio che questo orientamento continui a coinvolgere la maggioranza dei
filosofi di lingua inglese, perci nel panorama filosofico contemporaneo
costituisce, rispetto alla filosofia europea continentale, quella che si potrebbe
chiamare laltra met del cielo della filosofia contemporanea. Per la filosofia
analitica anglo-americana i filosofi antichi pi interessanti sono essenzialmente
Platone e Aristotele, i quali sono oggetto di attenzione non solo filosofica e
storica, ma anche filologica, cio sono considerati interlocutori importanti per il
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dibattito attuale e in alcuni casi sono visti addirittura come gli iniziatori della
stessa filosofia analitica e i primi che lhanno praticata sistematicamente.Ackrill, Austin e Ross sono tra i pi noti filosofi di Oxford. Sulla base dei loro
studi sulla filosofia classica e dei loro approfondimenti su Aristotele, essi
elaborarono, nella qualit di pensatori filtrati, proprie teorie e propri
commenti, alla dottrina aristotelica, della quale ripropongono la problematica
vertente su una discussione centrale: il rapporto Anima-Corpo. Essi cos
riesaminano la Natura della Realt, che incentrata sul mondo delle sostanze, il
mondo del divenire, cio questo mondo, fatto di forma e di materia, luna
informante laltra, e ci conducono alla costruzione di quella connessione tra
anima e corpo nella quale si riproduce una sorta di conversione del connotato
spirituale dellanima in unazione da parte del corpo, che materializza il
comando. Da queste considerazioni si pu chiaramente dedurre che Aristotele
sia un ilomorfista, dato il suo rigoroso sostegno allinseparabilit tra lanima e il
corpo, sia uno strumentalista, anche se in misura minore, poich lanima che
governa il corpo si serve di questultimo come suo strumento. su questa
prospettiva che i filosofi oxoniensi giungeranno ad unargomentazione
concatenata alla precedente, cio allAzione Umana, che rientra nellambito
della filosofia della pratica il cui obiettivo di fondo la riflessione sulla
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condizione umana; sul piano individuale, nelletica e, su quello della vita
associata, nella politica1
. Fra luna e laltra dimensione, c un rapporto dicontinuit, in quanto luomo non pu vivere isolato dagli altri, ma ha bisogno
sempre del rapporto con i propri simili. Ed lunico animale ad essere
politico [, vivente alla maniera di cittadino] poich tutti gli altri
non godono del privilegio della ragione e della parola. Perci la comunit
umana differisce dalle comunit animali, che si organizzano in base ad impulsi
dettati unicamente dallistinto. Lunione con gli altri uomini necessaria
allindividuo, non solo per garantirgli la sopravvivenza, ma anche perch gli
permette di organizzarsi per poter perfezionare se stesso. Il fine della
di rendere possibile, oltre al vivere, il vivere bene, determinando, grazie
allesercizio della ragione, le condizioni per unesistenza felice degli individui.
Felice sar quella capace di educare alla prudenza i suoi cittadini, che, in
una ritrovata , contribuiranno a trasmettere alla polis stessa la qualifica
di prudente2, pur sempre nella pratica delle qualit eccellenti. E sempre al giusto
mezzo conduce la dimostrazione aristotelica. La infatti quella forma
di governo che si presenta come un compromesso tra oligarchia e democrazia,
1 Cfr. G.F.LAMI, Socrate Platone Aristotele. Una filosofia della Polis da Politeia a Politika, Rubbettino,Soveria Mannelli, 2005, p. 143. Etica e Politica introducono una scienza che ordina la molteplicit, ma nonelimina le differenze, anzi nella ricerca delleudamonia trova spazio al bene della citt e di ciscun individuo.2 POLTICA, VII, 1332 a 33.
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come una mescolanza delle componenti migliori di entrambi, ed allinterno di
essa che luomo buono [], che agisce in prudenza e nella giustavalutazione delle circostanze, si colloca in una zona mediale [],
individuando il massimo di partecipazione alla vita pubblica. Ed in questa
posizione che si configura luomo libero, partecipe del , a differenza dello
schiavo che non vi potrebbe partecipare direttamente, senza il tramite del
comando del suo padrone che egli traduce in obbedienza3. Ed solo grazie ai
contenuti dellEtica che luomo prudente riuscir a perseguire il suo ideale
politico di felicit, perch solo servendosi della conoscenza delle qualit
eccellenti, delle virt dianoetiche e noetiche, potr ottenere il vero bene.
La natura umana, quindi, si realizza pienamente dentro la citt-comunit, mai
fuori di essa. Secondo Aristotele, la vita sociale costituisce una condizione e
una garanzia per lesercizio della vita teoretica, non la sua negazione. Si
conferma cos, la tradizionale dipendenza dellindividuo dalla polis.
Saranno proprio i filosofi oxoniensi4, dei quali coglieremo il pensiero, a
3 E bene, quindi, che una tale differenza esista tra il padrone e lo schiavo, e qualora ci sia vantaggioso perentrambi che luno governi laltro. La natura tende a produrre una tale distinzione tra uomini e a farne alcuniforti per il lavoro ed altri adatti alla vita politica. Perci alcuni uomini sono per natura liberi ed altri schiavi, mail loro fine lo stesso: il benessere complessivo della polis. Il padrone non deve abusare del suo servo ed ilservo pu esser amico del suo padrone, non in qualit di subordinato, ma di uomo. A rendere possibile talelegame la natura dialogica della realt cittadina, ordinata in ogni sua parte dal logos comune ed implicante unainseparabilit, uninterdipendenza tra le parti.4 Occorre evidenziare come non tutto il percorso di questa tesi supporti lindagine oxoniense, che in certi casi,ha cercato di proiettarci verso un ideale filosofico non riconducibile alla mentalit antica, ma moderna.
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proporci delle tematiche come se fossero attuali, tuttora valide, sottoforma di
guida alla filosofia di Aristotele, nello sforzo di presentarci un filosofocontemporaneo adattabile ad ogni epoca e circostanza.
Nonostante gli oxoniensi si siano formati sulla filosofia classica, il loro tentativo sembra a volte di ripensare e,quindi, modificare Aristotele, per renderlo contemporaneo.
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PARTE I
LA FILOSOFIA ANALITICA
CAPITOLOI
I FILOSOFI OXONIENSI
SOMMARIO: 1.1. Lo sviluppo dei filosofi oxoniensi. 1.2. Aristotele studiato dagli
oxoniensi: Ryle e Searle. 1.3. Il concetto di Natura. 1.4. Il concetto di Anima.
1.1 Lo sviluppo dei filosofi oxoniensi
La filosofia aristotelica, in particolare, per la validit di applicazione alla
contemporaneit delle sue teorie, rimane tuttora una dottrina aperta. Divenne
oggetto di analisi da parte di diversi studiosi a partire dai primi anni del '900,
periodo in cui si ebbe la concentrazione del primo nucleo di filosofi analitici a
Cambridge. Quando si parla di filosofia analitica, ci si riferisce a quella
concezione della filosofia, come analisi del linguaggio ordinario e del suo
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funzionamento. La seconda ondata di filosofia analitica si sviluppa negli anni
'20 da parte di un gruppo di filosofi, il cui compito l'incontro della nuovalogica con il pensiero scientifico, ossia la fusione di spirito scientifico e rigore
logico. La terza ondata inizia ad Oxford negli anni '40, in contrasto con le idee
di Ayer5, della seconda ondata, e in sintonia con l'insegnamento del secondo
Wittgenstein: il compito del filosofo sempre l'analisi del linguaggio, ma non
formale delle scienze, bens del linguaggio comune e delle espressioni
fuorvianti che esso contiene. John Austin6, Ingram Bywater7, William David
Ross8, Gilbert Ryle9, Peter Strawson10, sono tra i principali rappresentanti della
filosofia oxoniense, che trover pronta risposta sull'altra sponda dell'Atlantico
nel lavoro di Paul Grice. Nel frattempo, la seconda guerra mondiale sconvolge
il quadro della filosofia europea: si crea una filosofia americana che ha
unimpostazione fondamentalmente sociologica, cui si contrappone nel
dopoguerra una filosofia continentale che si lega alle filosofie influenzate da
Edmund Husser e Martin Heidegger. Se a fine secolo, la filosofia analitica
5
ALFRED J. AYER: Language, Truth andLogic,Victor Gollancs, 1936; ID., The Foundation of EmpiricalKnowledge, Macmillan, 1940.6 JOHN L. AUSTIN: Senso e sensibilia, Marietti, 2001, Philosophical papers, Oxford University Press, 1970,How to do things with words, Oxford University Press, 1962;7 INGRAM BYWATER: editore dellEtica Nicomachea (1894) e della Poetica (1897), fondatore e primopresidente dellAristotelian Society di Londra;8WILLIAM D. ROSS:Aristotele, Oxford University Press, 1946;9 GILBERT RYLE: The concept of mind, University Press Books, 1949;10 PETER F. STRAWSON :Individuals, Routledge, 1959, in cui propone una metafisica descrittiva, cio unametafisica capace di descrivere come fatto il mondo a cui si riferisce il nostro linguaggio, della quale egliindica i due maggiori rappresentanti in Aristotele e Kant.
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diviene, rispetto ai suoi movimenti iniziali, un campo variegato e complesso,
ci si deve almeno a due ragioni: da un lato il contrasto tra costruzione dilinguaggi ideali e analisi del linguaggio comune viene a perdere, in parte, la sua
visione polemica, dallaltro si passa da una filosofia del linguaggio, ad una
riflessione analitica sulla filosofia dell'azione.
Esamineremo ora le analisi, valutazioni ed interpretazioni che alcuni filosofi
oxoniensi, principalmente di Oxford, effettuarono sul pensiero aristotelico.
1.2 Aristotele studiato dagli oxoniensi: Ryle e Searle
Tra le diverse tematiche alle quali Aristotele dedica una particolare
analisi, va senza dubbio annoverato lo studio sulla filosofia della mente che
rappresenta oggetto di indagine ed approfondimento da parte dei filosofi
oxoniensi. Quello dei rapporti tra mente e corpo un problema sempre
ricorrente nella storia della filosofia. La tradizione filosofica l'aveva impostato
come problema della possibilit d'interazione tra oggetti di genereradicalmente differente o della possibilit di correlazione tra insiemi di eventi
totalmente differenti; attualmente esso stato riproposto in forme nuove che
gli hanno restituito vitalit. I principali punti di vista nella riflessione
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contemporanea sono due: 1) gli eventi mentali sono identificabili con eventi
fisici di tipo speciale (teoria dell'identit); 2) la psicologia non si occupa dioggetti o eventi di tipo speciale, ma piuttosto di un insieme specifico di
concetti, utili per interpretare, in un determinato modo, eventi fisici e
pscologici. Al rifiuto aristotelico delle teorie dualistiche del rapporto anima-
corpo si rifaranno importanti studiosi oxoniensi quali: Austin, il suo
continuatore Ackrill11, Ryle, Ross, Searle.
Tra i fermi oppositori del dualismo rientrano altri due studiosi oxoniensi:
Gilbert Ryle e John Searle12.
Il pensiero di Ryle si sostanzia in una conoscenza approfondita e meditata dei
grandi filosofi greci del passato, in particolare di Aristotele, che, incisero sulla
maturazione delle sue convinzioni filosofiche e metafisiche. Esso ci offre
unimpostazione teorica per leggere la storia della filosofia, la cui verit
generale indipendente dai suoi pensatori originari; quindi afferma che a
fondamento della riflessione filosofica vi la generale aspirazione delluomo,
a convincersi e a convincere gli altri, in modo da potersi avvicinare
maggiormente alla verit ed al riconoscimento dellerrore. La sua filosofia
deriva proprio dalla dottrina delle Categorie di Aristotele, infatti, vede nel
11 JOHN L. ACKILL:Aristotele, Il Mulino, 1993.12 JOHN SEARLE:La mente, Raffaello Cortina, Milano, 2005.
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Parmenide di Platone e nelle Categorie di Aristotele le prime basi per la teoria
dei tipi. Ryle sicuramente aristotelico anche per altre ragioni che riguardanoil linguaggio: anzich limitarsi alla distinzione dei non-sensi, egli ne cerca le
cause, per cui la filosofia non solo analitica, ma anche argomentativa.
Egli, come filosofo di Oxford, elabora in The concept of mind una teoria
analitica che nega la separazione tra anima e corpo, contrapponendo la propria
conoscenza ed interpretazione del pensiero aristotelico al dualismo cartesiano.
Anche John Searle, attualmente un oxoniense, per cos dire, californiano,
allievo di John Austin e formatosi ad Oxford ove insegn per brevissimo
tempo, rivolge una severa critica al dualismo di Cartesio, reo di utilizzare tutto
un vocabolario di sostanze ed essenze derivate da Aristotele, per spiegare il
problema mente-corpo, dividendo il mondo in due generi di sostanze, fisiche e
mentali (da qui si ha il dualismo delle sostanze: la sostanza detiene lessenza, e
lessenza della mente la coscienza). Perci entrambi i filosofi oxoniensi
manifestano la loro aperta attitudine a dimostrare come la filosofia della mente
sia stata distorta da un errore concettuale, ossia quello di considerare la
persona umana come se fosse composta di due compartimenti, spirito e corpo,
sottostanti a due tipi eterogenei di causalit. Infatti Ryle afferma: le menti
sono sostanze, ma di tipo diverso dai corpi, come pure i processi mentali sono
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eventi che causano la condotta intelligente, ma attraverso un tipo di causalit
sui generis; cos le menti finiscono con il dover essere, esse pure, deicongegni, delle macchine dalla natura fantomatica, nascoste dentro il corpo. E
come dice Ryle: la mente vuole e il braccio esegue, locchio vede e la mente
percepisce13.
1.3 Il concetto di Natura
Il concetto di Natura si riscontra nella sua filosofia della Natura, che ha
in Aristotele un carattere sistematico ed organico, in cui ogni aspetto si tiene
reciprocamente. La filosofia esplicativa, coglie lessenza dei fenomeni, mira
alloggettivit, rifiuta ogni prospettiva idealistica o fenomenistica. Dice
Aristotele: Noi affermiamo di conoscere un oggetto particolare, solo quando
reputiamo di conoscerne la prima causa14. Il sistema aristotelico si fonda sui
postulati filosofici generali (materia-forma, potenza-atto, causa-effetto) e
precise assunzioni logiche ed epistemologiche (realismo, senso comune,
sintesi tra induzione e deduzione). Occorre precisare su alcuni concetti.
13 RYLE GILBERT: The concept of mind, University Press Books, 1949, pp 9-10; p.14.14 Metafisica, I, 3;
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Aristotele nega qualsiasi separazione fra un mondo di forme pure ed il mondo
del divenire. Il platonico mondo delle Idee , per lui, un doppione. Reale solola sostanza, che un insieme, un sinolo di materia e diforma. Ci che reale,
dice Aristotele, contro linterpretazione di Platone data dal platonismo, la
sostanza come individuo, cio come uninsieme indivisibile di materia e
forma. Quindi la sostanza un , un qualcosa di determinato, una sintesi
di un elemento particolare ed uno universale. Configurandosi e sviluppandosi
secondo una forma, la materia si identifica con la potenza, mentre la forma
che rappresenta lessenza, ci che d ad ogni sostanza la sua identit, si
identifica con latto, che la perfezione di una sostanza, la sua realizzazione.
Proseguendo per arrivare al concetto di Natura, occorre tener presente il
movimento, caratteristica peculiare dei fenomeni naturali. Esso costituisce il
passaggio dalla potenza allatto di una sostanza finita che conserva ancora le
sue potenzialit. Perci la Natura rappresenta linsieme delle sostanze che
hanno in s stesse il principio del proprio moto, un principio e una causa
del movimento e della quiete in tutto ci che esiste di per s e non per
accidente15. Quindi lo stato naturale dei corpi la quiete, ma il movimento
circolare si identifica con essa poich il movimento in s stesso, oltre a
dividersi in rettilineo e circolare, esiste grazie ad una causa e ad un motore, ed
15 Fisica, II, 1;
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uno solo per ogni corpo. Quindi, ignorandolo, si vanifica pure la natura,
sostiene Aristotele16
. Poich differisce dalle sostanze il cui moto vien da fuori,la natura comprende, non solo i corpi propriamente detti, ma pure luomo e
lanima umana. Nella spiegazione aristotelica la natura terrena risulta come la
dimensione del divenire e della potenza: i costituenti ultimi della realt, sono
le qualit primarie (caldo-freddo, secco-umido). Una fisica della qualit, che
non comprende il concetto di quantit, di misura, di matematica. Gli elementi
(terra, acqua, aria e fuoco) sono derivati, dipendono dalla combinazione delle
qualit. Anche Aristotele, come Platone, possiede un concetto finalistico di
natura: questa non per lui realt inerte, passiva, meccanica, ma intimamente
viva, organica, animata. Tuttavia, a differenza di Platone, che aveva
personificata questa finalit in unAnima del mondo, Aristotele parla di una
finalit inconscia ed intuitiva (panpsichismo?), e chiama la natura demoniaca e
non divina. Sospinta dalla sua immanente finalit, e tendendo a svilupparsi in
forme sempre alte e perfette, la natura determina una gerarchia finalistica di
sostanze, che va da quelle inorganiche a quelle organiche e allanima umana, e
che ha al proprio vertice il motore immobile,Dio.
16 Fisica, III, 1.
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1.4 Il concetto di AnimaLessere pu avere in Aristotele due diversi significati, che si escludono
a vicenda: esso o in potenza o in atto. Negli esseri viventi il sistema dei
tessuti e degli organi, costituiti in rapporto a diverse funzioni, ha in s la vita
solo in potenza. Questa diventa effettuale, cio esistenza vera e propria, solo
grazie ad un principio interno di organizzazione e di vita, ad una forma
ordinatrice di quel sistema: lanima.
Lanima appunto la forma di un corpo naturale che ha la vita in potenza.
Di tale essere lanima , nello stesso tempo, causa formale, finale e motrice,
in quanto oltre ad essere forma del corpo, il fine che d senso ed unit al
funzionamento degli organi: il fattore determinante e originante del corpo,
dallatto del concepimento in poi. Senza quella forma, il corpo non vive, solo
materia inerte; ma anche quella forma non vive al di fuori del corpo, perch
essa non sostanza al di fuori della sua unione con la materia. Aristotele non
fa sue le ipotesi pitagorico-platoniche sullesistenza dellanima prima e dopo
lunione con un corpo. Ogni essere vivente ha quindi unanima. Ma le anime
sono disposte gerarchicamente, a seconda delle funzioni a cui presiedono. Vi
anzitutto la funzione vegetativa (generativa e nutritiva), propria di tutti gli
esseri viventi (piante o animali). Vi poi la funzione sensitiva, pi complessa,
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che propria degli animali (quindi anche delluomo), e nella quale rientrano le
funzioni sensoriali, appetitive e motorie: esse permettono agli animali dipercepire, di desiderare e muoversi nel mondo, non solo di generare e di
nutrirsi. Ed infine, la funzione intellettiva relativa al pensare ed allagire
coscientemente: la pi elevata ed attribuibile solo agli esseri umani. In ogni
essere vivente, ununica forma garantisce e coordina linsieme delle funzioni,
anche di quelle inferiori. Negli animali la funzione sensitiva comprende e
subordina a s la funzione vegetativa, che propria di tutti gli esseri viventi.
Nelluomo, invece, la funzione intellettiva sovrintende anche alle funzioni
sensitive-vegetative, rendendo la specie umana irriducibile a quelle animali e
vegetali17.
17 A mio avviso, pi che di una disposizione gerarchica delle anime, si dovrebbe parlare del giusto ordinetra le parti costitutive (o funzioni) dellanima, ottenuto dalluomo tramite la formazione e leducazione, [anchegli animali possiedono unanima, ma vi predomina la funzione sensitiva]. Alluomo spetta anche la funzioneintellettiva, che va collocata al vertice della sua anima. Inoltre nessun determinismo stabilisce che luomo debbanascere con quellanima, perch sar luomo che, in base alla scelta da lui compiuta prima di nascere,svilupper il giusto ordine della sua anima. Cfr PLATONE, La Repubblica, XIII, 614 a.
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PARTE IIROSS
CAPITOLO II
LA PSICOLOGIA DI ARISTOTELE
SOMMARIO: 2.1. Lanima e le sue facolt. 2.2. La pi alta forma di vita politica: la .
2.2.1. La schiavit ed il rapporto Anima-Corpo. 2.3. Le quattro funzioni
fondamentali delluomo.
Premessa biografica
Il pi grande studioso di Aristotele fu William David Ross (1877-1971) che insegn ad
Oxford, dove esisteva nella prima met del Novecento, una scuola storico-filologica di studi
su Platone e su Aristotele, che si collocava al pi alto livello del mondo. Lo studioso
organizz la traduzione oxoniense di tutto Aristotele e fu traduttore e commentatore di molte
opere dello Stagirita (Analitici Primi e Secondi, Topici ed Elenchi sofistici, Fisica, De anima,
Politica, Retorica, Frammenti). Divenne suo importante argomento di analisi, la psicologia,
che ha come oggetto di studio, lanima.
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2.1 Lanima e le sue facoltCome dice Aristotele, l'oggetto della psicologia "scoprire la natura e
l'essenza dell'anima e i suoi attributi18". Ma domandandosi se esista un metodo
di scoperte dell'essenze, ne conclude che i generi di anima, non sono n tanto
simili da permettere che un'unica definizione dell'anima dia un'idea sufficientedella sua variet, n cos differenti da non permetterci di riconoscere una natura
comune in tutte le sue variet. Lo studioso, dunque, comincia coll'analizzare
anche lui, come gli altri oxoniensi, le diverse facolt dell'anima, (tenendo
sempre conto delle distinzioni proprie di Aristotele): da quella minima, anima
nutritiva, poich esiste in tutti gli esseri viventi o animati, nelle piante e negli
animali; a quella sensitiva che esiste in tutti gli animali. Questo tipo di anima
non ha semplicemente la funzione di percepire, ma come necessaria
conseguenza di questo, quella di sentire piacere o dolore, e perci di desiderare,
il che si trova in tutti gli animali. Ci sono altre due facolt che sono sviluppi
dell'anima sensitiva, e sono presenti in moltissimi animali ma non in tutti: 1) c'
un solo sviluppo dal lato conoscitivo, che Aristotele chiama immaginazione, e
la memoria ne a sua volta un ulteriore sviluppo; 2) e c' un suo sviluppo dal
18 De An, 402 a 7.
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lato appetitivo: la facolt del movimento. Infine, c' una facolt peculiare
dell'uomo, quella della ragione19
.Questa trattata in genere come distinta dallapercezione, ma nella sua natura generica di percezione sono assegnate varie
funzioni, che tendono a gettare un ponte tra il senso e la ragione. Ross
sottolinea il tentativo compiuto da Aristotele di mostrare la necessit di questo
ordine nella facolt dell'anima: non nella prospettiva di una tipologia gerarchica
di anime, ma nel tentativo di identificare allinterno dellanima una disposizione
gerarchica delle sue facolt ed in base alle giuste componenti spetta alluomo
poi svilupparne il giusto ordine dellanima, perch non c un determinismo
precostituito affinch lessere vivente, o meglio luomo debba nascere e morire
con quel tipo di anima; ed egli, che dispone della funzione intellettiva, lha
posta al vertice della sua anima. Dunque la vita di tutte le cose viventi, se si
deve in genere conservare, deve conservarsi attraverso i processi della crescita e
del disfacimento, e la funzione nutritiva deve agire in tutte le cose viventi per
preservarne l'esistenza. La sensazione non ugualmente necessaria. Ma il poter
muoversi presuppone la sensazione, giacch sarebbe inutile senza di essa. Lo
studioso continua facendo notare l'indispensabilit, tra i sensi, del tatto, ed
anche del gusto che una modificazione del tatto e ne spiega il perch. Per
quanto riguarda il tatto, tenendo in considerazione un animale, non necessario
19 De An. 412 a 22 b-27,414 a 29-415 a 12.
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che esso sappia distinguere da lontano, quel che per lui buono o cattivo, ma
necessario che lo distingua quando effettivamente a contatto con l'oggetto. Perquanto riguarda il gusto, esso pure importante, perch rappresenta il
riconoscimento delle qualit grazie alle quali il cibo attrae l'animale e quel che
non cibo lo respinge. Gli altri sensi sono non tanto mezzi per esistere, quanto
mezzi per star bene. Lo studioso prosegue indagando su una questione
sollevata da Aristotele nel De Anima, che ci porta nel cuore della sua
psicologia. Linterrogativo che lo Stagirita si pone il seguente: " gli attributi
dell'anima sono tutti uguali al suo possessore, cio all'unit di anima e corpo
che chiamiamo essere vivente, o alcuni di essi sono peculiari all'anima? 20". Per
il filosofo se l'anima ha attributi peculiari sar separabile dal corpo, altrimenti
sar pensabile staccata dal corpo solo per un atto di astrazione simile a quello
con cui separiamo gli attributi matematici dei corpi dai loro caratteri fisici. E se
la maggior parte dei fenomeni fisici accompagnata da qualche affezione
corporea, allora, i fenomeni psichici sono perci "formule che implicano la
materia". La loro vera definizione non ometter n la loro forma o fine (la loro
causalit razionale), n la loro materia (le loro condizioni fisiologiche). Cos
lanima, o almeno questo genere di anima, rientra nellambito del fisico. Non
dobbiamo definire la collera, come fanno i dialettici, semplicemente come un
20 De An 403 a 3-5.
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desiderio di rappresaglia, n come fa il fisico ordinario, semplicemente come il
ribollire del sangue intorno al cuore. Le forme incorporate nella materia hannobisogno di un particolare genere di materia per la loro incorporazione, ed
altrettanto importante conoscer questa quanto lo conoscere le forme stesse.21
Anche Ross marca la problematica aristotelica: il non sostegno alla dottrina
delle due sostanze. Anima e corpo non sono due sostanze, ma elementi
inseparabili di un'unica sostanza. E' a questo punto, che lo studioso,
puntualizzando la parola "inseparabile", fa un'attenta valutazione. L'anima e il
corpo, come la forma e la materia in generale, sono in un certo senso separabili.
La materia, che ora connessa con un'anima in modo da formare una cosa
vivente, esisteva prima che l'unione cominciasse ed esister dopo la sua
cessazione. E' solo dalla forma, e non da questa forma, che questa materia
inseparabile. Ed inoltre questa forma pu esistere staccata da questa materia,
poich secondo Aristotele una sola forma incorporata in tutti i membri di una
specie, e pu esistere indipendentemente da ciascun membro, bench non da
tutti. Per la sua esistenza essa richiede perci, non questa materia, ma questo
genere di materia, cio: un corpo con un certo genere di costituzione chimica e
con una certa figura, e non pu esistere incorporata in un altro genere di corpo,
n l'anima pu esistere non incorporata. Tuttavia Aristotele qui fa una riserva a
21 De An. 403 a 5-b 19, 412 b 6-9, 413 a 4-9.
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favore dell'elemento pi alto dell'anima umana, la ragione attiva, cos come
"entra dal di fuori"22
, esiste anche dopo la morte del corpo23
.Da questa teoria generale della relazione dell'anima col corpo, Ross precisa che
Aristotele non abbia concepito la nozione dell'Io, come di un puro essere
spirituale per il quale il corpo faccia parte del mondo esterno, quanto delle altre
cose fisiche. Anzi, per lui, anima e corpo formano un'unione che completa
finch dura, ed in cui anima e corpo sono aspetti distinguibili semplicemente
dall'occhio filosofico. L'intero Io, anima e corpo, qualcosa di dato e di non
contestato. Ma tale anche il mondo fisico. Aristotele usa talvolta il linguaggio
suggestivo, ma in complesso potrebbe forse esser chiamato un ingenuo realista,
sottolinea Ross. Il linguaggio che fa pensare all'idealismo quello in cui
rappresenta il pensiero come identico con il suo oggetto24. Ma la sottostante
concezione non che l'oggetto sia costituito dal pensiero, ma che la mente sia
un "luogo di forme" o "forme di forme25", una cosa che, finch non apprende
qualche universale, una mera potenza, e che quando apprende un universale
caratterizzata interamente dall'apprensione, cos che si pu dire che sia
diventata tutt'uno col suo oggetto. Questo non idealismo ma realismo estremo,
22 G.A. 736 b 28.23 De An. 430 a 22.
24 De An. 429 b 6,430 a 3.25 De An. 429 a 27,432 a 2.
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che non ammette alcuna modificazione, ed ancor meno una costruzione
dell'oggetto da parte della mente.Lo studioso ricorda come i predecessori di Aristotele avessero riconosciuto tre
caratteristiche dell'anima, e che egli ne avesse accettate tutte e tre, respingendo
le teorie precedenti che le concernevano. Quindi l'anima una causa di
movimento ma non si muove; muove senza esser mossa. Conosce, ma non
dobbiamo per questa ragione, pensare che sia composta dagli stessi elementi di
ci ch'essa conosce; incorporea e le teorie precedenti non ne concepiscono
abbastanza distintamente l'incorporeit. L'oxoniense evidenzia un altro punto
importante nella critica del pensiero precedente, che occupa il libro I del De
Anima. Aristotele si chiede se tutta l'anima sia implicita in ciascuna delle sue
attivit; o se queste debbano essere assegnate a parti differenti. La divisione
che l'anima ammette non quella in parti qualitativamente differenti, ma in
parti ciascuna delle quali abbia una qualit del tutto. Ross sottolinea, che
l'anima di fatto, bench Aristotele non lo dica, omeomera, come un tessuto e
non come un organo. E nonostante usi spesso l'espressione tradizionale di
"parti dell'anima", la parola che preferisce "facolt". La sua una psicologia
della facolt, ma non nel senso che egli sfugga al compito della spiegazione
genuina dei fatti, riferendosi ad una mistica facolt di fare questo o quello. Egli
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tiene semplicemente conto che l'anima mostri una variet di operazioni, e che
dietro ciascuna di queste intermittenti operazioni si debba supporre un poterepermanente di operare in tal modo. Ma queste facolt hanno un ordine
definito, un ordine di valore ed un ordine inverso di sviluppo nell'individuo.
Inoltre hanno una caratteristica che si pu grossolanamente chiamare
interpretazione. Cos, per esempio, lintelletto ed il desiderio sono facolt
distinte, ma la pi alta specie di desiderio, di un genere che pu incontrarsi
solo in esseri che hanno intelletto ed essa stessa intellettuale26. La scelta o
volont pu esser chiamata ugualmente ragione desiderante e desiderio
ragionante, ed in essa lintero uomo implicato. Ross continua esponendo la
teoria aristotelica dellanima contenuta nel secondo libro. Per Aristotele i corpi
sono universalmente ritenuti sostanze; e fra i corpi, al di sopra di tutti gli altri, i
corpi naturali, giacch questi sono lorigine di tutti gli altri, in quanto i corpi
artificiali son fatti di essi. Ora fra i corpi naturali sono inclusi non solo gli
elementi ed i loro composti inanimati, ma anche i corpi animati. Ed essi sono
sostanze, non nel senso secondario in cui possano chiamarsi sostanze la
materia (o potenza) e la forma (o atto) le quali sono realmente elementi della
sostanza; sono sostanze individuali indipendenti, concezioni di materia e
forma. In questa concreta unit evidente che il corpo rappresenti, la parte
26 De An. 432 b 5, 433 a 22-25, b 28.
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della materia o del possessore di attributi, e lanima, quella della forma o
dellattributo essenziale. Lo studioso puntualizza che Aristotele qui aiutatodal fatto che lespressione naturale in greco per una cosa vivente
, corpo animato, dove animato si applica alla totalit dei corpi
viventi, perch tutto quello che esiste in natura ha unanima, e non esiste un
corpo che non sia vivente27. Anima allora la forma o attualit di un corpo
vivente. Quindi lanima la prima attualit di un corpo vivente, mentre il suo
esercizio di funzione ne la seconda o pi piena attualit. Un uomo animato
anche quando dorme, ma allora non pienamente attuale; le sue funzioni,
eccettuata quella negativa, sono dormenti. Ora un corpo vivente per
lappunto un corpo dotato di organi, cio contenente una diversit di parti
abilmente adattate a differenti attivit. Perci lanima laprima attualit di
un corpo naturale fornito di organi. Nella cosa vivente distinguiamo il corpo,
che materia, e lanima che forma; evidentemente lanima inseparabile dal
corpo, a meno che non ci sia qualche parte dellanima che non sia attualit di
alcun corpo. Aristotele rileva altrove28, che lanima non solo lattualit o la
causa formale del corpo, ma (in accordo con il principio generale dellidentit
27 Una particolare osservazione va rivolta al fatto che nella mentalit greca tutti i corpi sono viventi o animati,come ogni desiderio razionale; infatti il termine [ tutte le cose] racchiude ogni essere vivente, che siauomo, animale o pianta, spettante lassolvimento di uno specifico compito.28 De An. 415 b 7-28.
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o causa formale, finale ed efficiente del corpo), n la causa finale, ed la
causa efficiente di tutti i cambiamenti cui d origine, siano di luogo, di qualito di volume.
2.2 La pi alta forma di vita politica: la
Ross sostiene che la Politica di Aristotele si apra con una sezione il cui
oggetto sembra essere 1) rivendicare lacontro la concezione sofistica, che
lo considerava come esistente per convenzione e sfornito di qualsiasi diritto
reale alla fedelt da parte dei suoi membri, e 2) gettare una luce sulla sua natura
distinguendolo dalle altre comunit. Aristotele entra subito in medias resasserendo che, essendo ogni comunit formata per raggiungere qualche bene, la
, che la comunit suprema la quale abbraccia tutto, deve mirare al bene
supremo. Egli vide, nella citt e non nellimpero, non solo la pi alta forma di
vita politica29 del suo tempo, ma addirittura la pi alta che la vita politica fosse
capace di raggiungere. Aristotele assume che la vita umana possa esser vissuta
nel modo pi pieno in una piccola comunit in cui tutti i cittadini si conoscono
29 La vita politica come tutte le altre forme di vita, animata perch presuppone unanima. Infatti solo nellapolis, e non anche nellimpero, si pu realizzare lanima collettiva. Infatti quando il corpo muore, a perire laporzione di anima, che ritorna allanima collettiva.
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tra di loro e ciascuno ha la sua parte, non solo nello scegliere i governanti, ma
nel governareed esser governato a turno. chiaro che lo stato appartiene algenere comunit. Ross riporta i due istinti primari che, secondo Aristotele,
inducono gli esseri umani ad associarsi30: listinto della riproduzione che unisce
luomo e la donna, e listinto della conservazione che riunisce il padrone e lo
schiavo, la mente previdente ed il corpo vigoroso, per un mutuo aiuto. Cos
otteniamo una societ minima di tre persone: la famiglia, che lassociazione
stabilita dalla natura per supplire ai bisogni quotidiani; lo stadio successivo il
villaggio, che ununione di diverse famiglie per supplire a qualcosa di pi dei
bisogni quotidiani; ed il terzo stadio lunione di diversi villaggi in una
comunit completa abbastanza grande da essere sufficiente a se stessa o, quasi,
generata per le necessit della vita, ma esistente per le necessit della vita
buona. Questa la differenza specifica dello stato: sorto per la stessa ragione
del villaggio, per necessit di vita. Ma si trova che soddisfi ad un ulteriore
desiderio, al desiderio della vita buona. Questultima include per Aristotele due
cose: lattivit morale ed intellettuale. La polis offre allattivit morale un
campo pi adeguato delle forme che lo precedono, un complesso di relazioni in
cui si possono esercitare le virt. E presenta un orizzonte pi ampio per
lattivit intellettuale; una completa divisione del lavoro intellettuale
30 Et. Nic. I, 2.
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possibile, ed ogni mente stimolata in modo pi completo dallinfluenza di uno
spirito sullaltro. Aristotele rese un buon servizio al pensiero politico insistendoche la polis non esiste semplicemente per convenzione, ma radicato nella
natura umana; il naturale va ritrovato non nelle origini della natura umana, ma
nel fine verso cui essa muove. Quindi la polis non una restrizione artificiale
della libert, ma un mezzo per ottenerla. Ross ci spiega come Aristotele,
descrivendo la polis come naturale, non intende renderlo indipendente dalla
volizione umana. dalla stessa che esso fu formato ed mantenuto, e mediante
la quale pu essere modellato in una forma pi vicina al desiderio del cuore.
Nel suo zelo per lo stato egli non deprezza, come Platone, la famiglia. La polis
per lui una comunit di comunit. Ross preferisce dire, laddove lo Stagirita
chiami luomo animale politico, che luomo un animale sociale, bisognoso di
compagni in una variet di capacit, e non semplicemente come concittadini.
Ma anche se volessimo completare Aristotele dicendo che luomo un animale
sociale, resta vero che un animale politico.
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2.2.1 La schiavit e il rapporto anima-corpoInoltre, precisa Ross, che Aristotele nella Politica31, con soffermazione
sulla schiavit, approfondisce il concetto antitetico di superiorit-inferiorit
nella relazione di padrone e schiavo, che si trova ovunque nella natura,
identificandolo al rapporto anima-corpo, intelletto-appetito, uomo-animale,
maschio-femmina, e dove una tal differenza fra due cose esiste a vantaggio di
entrambe che luna governi laltra. La natura tende a produrre una tale
distinzione fra uomini e a farne alcuni forti per il lavoro ed altri adatti alla vita
politica. Perci alcuni uomini sono per natura liberi ed altri schiavi. Cos
ricollega il rapporto anima-corpo a quello del padrone col suo schiavo: lanima
governa il corpo allo stesso modo in cui il padrone domina il suo servo. Da
questa stretta connessione si deduce che Aristotele 1) ilomorfista, in quanto
lanima non pu essere separata dal corpo, e restando fedele alla sua filosofia
dellimmanenza32, privilegia il mondo della sostanza, quel sinolo di forma e
31 Et. Nic. I, 5.32 Quando si parla di immanenza, realt propria della filosofia aristotelica, si fa riferimento allessenza dellecose, che non affatto separata da esse ma insita nelle cose stesse, il cui dio , appunto, parte di esse. Questoconcetto distinto ma nientaffatto opposto a quello proprio della filosofia platonica: la trascendenza. Questotermine deriva dal verbo trascendere, che vuol dire superare, e indica un superamento senza distacco dalle cose.La trascendenza va distinta dal trascendente, che il superante, implicante proprio un distacco dalla realtdelle cose. Perci, Platone individua nell [idea, forma] quella realt intellegibile, trascendentale chesupera il mondo del divenire e dellesperienza sensibile senza mai separarsi da essa. E nella mentalit greco-classica questo distacco o separazione non era concepito. Dunque, si pu parlare di presunto dualismo di
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materia; 2) strumentalista in quanto affermare che lanima governa il corpo,
significa che questultimo traducendo il comando in obbedienza ha agito comesuo mezzo.
Ross osserva certe limitazioni nellapprovazione aristotelica della schiavit. 1)
La distinzione tra luomo libero naturale e lo schiavo naturale non sempre cos
chiara come si potrebbe desiderare. N il figlio di uno schiavo naturale
sempre uno schiavo naturale33. 2) La schiavit per puro diritto di conquista in
guerra non deve essere approvata. Potenza superiore non significa sempre
eccellenza superiore. Che cosa accadrebbe se la causa della guerra fosse
ingiusta? I Greci non dovrebbero in alcun caso asservire altri Greci34.
probabile che questo elemento della concezione aristotelica sia quello che ha
colpito i contemporanei come la sua parte pi importante. Dove a noi egli
sembra reazionario a loro pu esser sembrato rivoluzionario. 3) Gli interessi del
padrone e dello schiavo sono gli stessi. Il padrone non dovrebbe abusare perci
della sua autorit; dovrebbe essere amico del suo schiavo, e non semplicemente
comandare, ma ragionare con lui35. 4) A tutti gli schiavi si dovrebbe dare la
speranza di emancipazione.
Platone, finch non si arriva alla distinzione tra immanenza e trascendenza, essendo tale distinzione tipicamentemoderna, o meglio successiva alla rivoluzione cristiana.33 Et. Nic. 1254 b 32-39, 1255 b 1-4.34 Et. Nic. 1, 6.35 Et. Nic. 1255 b 9-14, 1260 b 5-7,1278 b 33.
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Quel che Ross non accetta nella concezione di Aristotele il taglio in due della
razza umana che egli fa come unaccetta36
. C una gradazione continuanellumanit rispetto alle qualit sia morali che intellettuali. Questa gradazione
conduce, e probabilmente condurr sempre, ad un sistema di subordinazione.
Ma in un tale sistema nessun membro pu essere considerato come uno
strumento vivente. Il modo in cui Aristotele tratta la questione contiene
implicitamente la confutazione della sua teoria. Egli ammette che lo schiavo
non sia un mero corpo, ma possiede quel genere subordinato di ragione che lo
rende capace non semplicemente di obbedire ad un comando, ma anche di
seguire un argomento. E ancora dice che quantunque lo schiavo, in quanto
schiavo non possa essere amico del suo padrone, tuttavia in quanto uomo possa
esserlo37 . Ma la sua natura non pu essere divisa in questa maniera. Il suo
essere uomo incompatibile col suo essere un semplice strumento vivente.
36 Occorre fare una precisazione: la trattazione aristotelica risulta ben pi complessa, e meno tagliata in duecome un accetta, di quanto lo studioso abbia voluto far credere. Infatti loxoniense sembra in contraddizionecon la considerazione generale greca in base alla quale tutte le cose [] sono collegate fra loro. Questotermine greco racchiude, infatti, la totalit dei corpi viventi e animati esistenti in natura. E in pi Rosscontester pi avanti ( v. p. 32) lo Stagirita sostenendo che, qualora la differenza tra le proporzioni delle qualitcontrarie di un oggetto risulti elevata, tale variazione sar incompatibile con la persistenza dellorgano, edistruggendolo, negher linterdipendenza reciproca tra le parti di cui parla Aristotele.37 Et. Nic., II 6 I b 5.
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2.3 Le quattro funzioni fondamentali delluomo
Ross prosegue inquadrandoci le quattro funzioni fondamentali riconosciute
da Aristotele: la nutrizione, la sensazione, il movimento e il pensiero.
a) La nutrizione.
In ogni complesso naturale, c un limite di proporzione, di crescita e divolume. Questo limite e questa proporzione appartengono al campo della
forma, non della materia; dellanima, non del corpo. In realt lanima agisce
sulla sostanza calda nel corpo, il quale a sua volta produce un cambiamento
qualitativo nel cibo. Lanima un motore non mosso, la sostanza calda muove
essendo mossa, il cibo solamente mosso. Aristotele rileva che il nutrimento
assimilazione, cio il far simile ci che era dissimile. Il fine ultimo della
nutrizione il mantenimento non della vita individuale, la quale in ogni caso
condannata ad una rapida estinzione, ma della specie, mediante la quale
solamente le cose viventi possono partecipare alleterno e al divino. La
facolt primaria o minima dellanima la facolt di nutrizione e
riproduzione.
b) La sensazione.
I predecessori di Aristotele ritenevano la sensazione come un processo
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essenzialmente passivo, nel quale gli organi dei sensi fossero modificati
qualitativamente dalloggetto. In opposizione a questa veduta il filosofo insiste,come fa notare Ross, affermando che, se la sensazione ha da esser chiamata
alterazione, deve farsi una distinzione tra due generi opposti di alterazione. La
sensazione non unalterazione del tipo di una semplice sostituzione di uno
stato col suo opposto, ma del tipo di una realizzazione di potenza, di un
avanzamento di qualche cosa verso se stessa e verso lattualit 38. Latto
della sensazione quello per cui esistono per lappunto, lorgano del senso e la
facolt della sensazione, che non mette in rilievo la natura distintamente
psichica, non corporea dellatto. Entrambe le vedute si accordavano nel
supporre che la percezione fosse una modificazione del corpo del percipiente da
parte di un corpo esterno. Aristotele risolve la questione come nel caso del
nutrimento, descrivendo il processo come un meccanismo in cui le cose
dissimili diventano simili, lorgano del senso assimilato alloggetto. La
percezione si distingue dalla nutrizione per il fatto che, mentre in questa la
materia del cibo assorbita, la prima ricettiva di forma senza materia39 . Solo
ricezione della forma significa aver coscienza della forma, ed essa una vera
descrizione della percezione, e che la descrizione dellorgano, come tale,
38 De An. 417 b 6,16.39 De An. 425 b 22.
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diventi qualificatio della forma del suo oggetto irrilevante. La frase ricettivo
di forma copre una radicale ambiguit. Ross matura la seguente concezionenellesposizione aristotelica della percezione: ogni organo del senso sensitivo
verso una o pi serie di qualit; lorgano stesso deve essere caratterizzato da
una mistione di qualit, formando un medio o una proporzione. Affinch
lorgano possa essere influenzato da un oggetto esterno, tre condizioni debbono
essere soddisfatte: 1) il cambiamento creato dalloggetto nel medio deve avere
una certa intensit, altrimenti linerzia dellorgano gli impedir di essere
influenzato; 2) la proporzione in cui i contrari sono combinati nelloggetto deve
essere in una certa misura differente dalla loro combinazione nellorgano. Cos
la mano non percepisce come caldo o freddo quel che ha la stessa temperatura;
3) ma la differenza fra le proporzioni non deve essere troppo grande, infatti, una
certa variazione nella proporzione delle qualit contrarie incompatibile col
persistere dellesistenza dellorgano, ma se tale proporzione disturbata troppo,
tutto lorgano distrutto40. E poich il tatto un senso indispensabile, un
eccesso di certe qualit tangibili, distruggendo lorgano, distrugger anche
40 Questa osservazione risulta in contrasto con laffermazione platonica in base alla quale neppure i cibi guasti,vecchi o marci, possono distruggere il corpo. Se poi la loro cattiva qualit provoca nel corpo la malvagit suapropria, cio la malattia, diremo che esso perito a causa del suo proprio male; ma non crederemo mai che ilcorpo possaessere distruttodai cibi guasti, che sono diversi dal corpo cos come il corpo diverso da quelli, ameno che il male estraneo non produca nel corpo il suo male specifico, PLATONE,La Repubblica, X, 609 e.
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lanimale41 .
Lattualizzazione della percezione nello stesso tempo, lattualizzazionedelloggetto.
Lo studioso induce a pensare al senso aristotelico, come ad ununica facolt
che assolve certe funzioni in virt della sua natura generica, ma che per certi
scopi, si specifica nei cinque sensi, e si crea organi adatti alle loro speciali
funzioni. Le funzioni in cui la facolt percettiva opera, sono le seguenti:
1) la percezione dei sensibili comuni. Questi son tutti percepiti, sostiene
Aristotele, mediante un movimento, cio un movimento mentale che egli
considera come proporzionato alloggetto. I sensibili comuni sono incidentali ai
sensibili speciali42. Noi percepiamo i sensibili comuni mediante la vista, non in
quanto vista, ma in virt della generale facolt percettiva che ha una funzione
non specializzata, relativa alle qualit comuni a tutti gli oggetti sensibili;
2) la percezione dei sensi incidentali ; c una percezione come quella deldolce mediante la vista quando le due qualit si verificano insieme (cio in un
oggetto che abbiamo previamente veduto e gustato, ma che ora stiamo solo
vedendo), e una percezione mediante la vista; in entrambi i casi la psicologia
moderna sostiene che la memoria e lassociazione sono implicate altrettanto
41 De An. 435 b 7-19.42 De An. 425 a 15.
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quanto la percezione; i casi differiscono riguardo alla complessit di ci che
richiamato per associazione in base allo stimolo della percezione presente;3) la percezione di percepire43, in base alla quale Aristotele si domandamediante cosa luomo percepisca: se mediante la vista, o mediante qualche altro
senso. La risposta di Aristotele che noi percepiamo di vedere mediante la
vista, ma non in quanto vista, bens in quanto percezione. Egli non attribuisce
tutta lautocoscienza ad unica facolt centrale. Conoscenza, percezione,
opinione e ragionamento apprendono di passaggio ciascuna se stessa;
4) la discriminazione tra gli oggetti dei due sensi; Aristotele sostiene che essa
non possa essere effettuata da un solo senso n da entrambi, agenti
separatamente. Deve essere lopera di una singola facolt, operante in un
singolo momento, ununit sintetica di appercezione, come doveva essere
chiamata pi tardi. Aristotele accenna che la sintesi lopera di una facolt, la
quale una sola, quanto al luogo e al numero, ma che contiene differenze di
aspetto o di operazione. Inoltre sostiene che la percezione simultanea di due
qualit, siano esse dello stesso genere o di generi differenti, implichi lazione
del sensus communis;
5) Aristotele crede che linattivit di tutti i sensi, quale si trova nel sonno, non
possa essere una semplice coincidenza, ma debba derivare dallinattivit della
43 De An. 425 b 12-25; De Somno, 455 a 12-17 ; cfr. 429 b 26-29, 430 a 2-9 sulla autoconoscenza della ragione.
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facolt percettiva centrale, di cui quelli, sono differenziazioni, inattivit di cui
cerca di dare spiegazioni fisiologiche ed una causa finale. Ross continuaaggiungendone unaltra facolt alla sensazione, che secondo Aristotele
rappresenta una specie di prodotto collaterale della sensazione, cio l
immaginazione44 , ; essa strettamente riferita a ,
apparire , e significa tanto lapparire di un oggetto quanto latto psichico che
sta allapparire, come ludito sta al suono. Ci, sottolinea lo studioso, significa
che la fantasia opera in presenza delloggetto sensibile e, quindi, essa
assegnata allazione, prima assegnata alla sensazione, di percepire i sensibili
comuni. Inoltre la fantasia viene distinta rispetto ai sensibili speciali, agli
incidentali, e ai sensibili comuni e rileva che, mentre nel primo caso la fantasia
infallibile finch la sensazione presente, negli altri due casi fallibile anche
in presenza della sensazione. Ci vuol dire assegnare alla fantasia il lavoro di
apprensione non solo degli incidentali, ma anche dei sensibili speciali e dei
sensi sensibili comuni; e la sensazione sarebbe di conseguenza ridotta al livello
di una pura affezione passiva che va interpretata dalla fantasia prima di poter
dare una qualsiasi informazione esatta o errata circa gli oggetti. Essa descritta,
quindi, come operante solo dopo che loggetto sensibile scomparso. Il
movimento dellanima attraverso il corpo, nel quale consiste la percezione,
44 De An. 427 b 27-429 a 9.
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produce una ripercussione tanto nel corpo quanto nellanima. In qualche
momento successivo il movimento diventa attuale; cio si forma ed presenteunimmagine simile alla sensazione, ma meno viva e meno sicura come guida
verso il fatto oggettivo; questo latto dellimmaginazione. La sua condizione
fisiologica, che la ripercussione dellorgano del senso, devessere trasmessa
col sangue mediante lo spirito connato allorgano centrale del senso, al
cuore45 . Le principali funzioni della fantasia, oltre allinterpretazione della
sensazione presente, sono: 1) la formazione di immagini susseguenti e di genere
positivo e di genere negativo46; 2) la memoria, che per Aristotele una funzione
delle facolt con cui percepiamo il tempo, cio della facolt primaria della
percezione, del sensus communis. La memoria per impossibile senza un
immagine. Perci una funzione di quella parte dellanima cui appartiene
limmaginazione; non per limmagine presente, ma levento trascorso quello
che viene ricordato, perch, secondo Aristotele, la percezione trasmette
nellanima una specie di pittura o impressione del percepito, intendendo
limmagine, come immagine di qualcosa e di qualcosa del passato; adempiute
queste due condizioni si ha, non limmaginazione, ma la memoria. Aristotele
45 De Somno, 459 b 5 sgg.46 Inoltre bisogna accostare agli aspetti positivi derivati dalla fantasia naturale, capace di mantenere un legamecon le qualit delloggetto, anche un aspetto negativo, o meglio nocivo prodotto dalla fantasia degenerata laquale, incapace di frenare limmaginazione, supera le possibilit reali e induce a vedere i fantasmi[]. Spetter al logos tenere a bada limmaginazione.
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dalla memoria passa, quindi, al ricordo come attualizzazione della memoria
divenuta semplicemente potenziale, cio scomparsa dalla coscienza. Il principiosecondo cui procede il ricordo, che i movimenti lasciati nei nostri organi dalle
percezioni, tendano a susseguirsi in ordine regolare. Lassociazione di idee
procede per somiglianza, per opposizione, o per contiguit; il ricordo di un
oggetto tende ad esser seguito dal ricordo di ci che simile o contrario ad esso
o che gli fu contiguo nellesperienza originale. E questo pricipio che opera nel
ricordo involontario, la guida che va adattata nel ricordo volontario; 3) i
sogni: per Aristotele i sogni sono opera dellimmaginazione, cio sono il
prodotto collaterale di una previa sensazione. In assenza di stimoli dal di fuori,
la mente pi libera di rivolgersi ad immagini, e nello stesso tempo, pi libera
di essere ingannata, giacch a) non ha lopportunit, che ha nella vita da
sveglia, di controllare un senso con un altro, e b) la facolt critica in sospeso,
a causa della pressione del sangue sul cuore, cio sullorgano centrale della
percezione. Cos nel sonno scambiamo abitualmente le immagini per i percepiti,
e far questo sognare; 4) limmaginazione in relazione al desiderio, e 5)
limmaginazione in relazione al pensiero.
c) Il movimento.Riportando il pensiero di Aristotele, Ross ci spiega come esso non sia dovuto,
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n alla facolt nutritiva, poich sempre diretto ad uno scopo, ed implica
limmaginazione o il desiderio e non , inoltre, posseduto dalle piante; n allafacolt sensitiva, poich molti animali che hanno la sensazione sono immobili;
n alla ragione, poich essa, anche quando pensa a qualcosa che si dovrebbe
evitare o perseguire, non ci spinge necessariamente ad evitare o a perseguire, e
quando lo fa, non sempre lo fa effettivamente; sembra altrettanto necessario il
desiderio; n sembra sia dovuto solamente al desidero, poich gli uomini che
hanno dominio su se stessi obbediscono alla ragione contro il desiderio. Dunque
le cause del movimento sono: il desiderio ed il pensiero pratico. Ma pensiero ed
immaginazione ci mettono in movimento solo se essi stessi sono stati messi in
movimento dalloggetto del desiderio, cos che ci sia realmente una sola facolt
che si mette in movimento, cio quella del desiderio. Il desiderio tuttavia di
due generi, il desiderio razionale, che desidera il bene, inteso come bene futuro,
e lappetito o desiderio irrazionale, che desidera il bene apparente. Si possono
distinguere quattro cause implicite nel movimento degli animali47: 1) loggetto a
cui si mira, che muove senza esser mosso; 2) la facolt del desiderio, che
muove essendo mossa; 3) lanimale che mosso; 4) lorgano corporeo mediante
il quale il desiderio muove lanimale, cio un organo che, pur rimanendo esso
stesso in quiete, muove le parti adiacenti per pressione o trazione. Il desiderio
47 Cfr. Lanalisi del nutrimento, 416 b 20-29.
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cos la causa del movimento. Ma il desiderio presuppone limmaginazione del
bene o del piacere da raggiungere, immaginazione che pu essere calcolativa(cio deliberativa) o semplicemente sensitiva48. Ci sono quindi tre possibilit: 1)
azione irragionevole dovuta allappetito; 2) alterna la vittoria dellappetito sul
desiderio razionale, e del desiderio razionale sullappetito (cio lincontinenza);
3) lazione dovuta al desiderio naturalmente superiore, cio al desiderio
razionale. Il desiderio dunque, ed il movimento corporeo possono considerarsi
come effetti secondari della sensazione; ed infine, lo studioso analizza lultima
facolt:
d) Il pensiero.Il pensiero ricettivo della forma intellegibile, come il senso lo era della forma
sensibile. Non deve avere una forma positiva sua propria, poich ci gli
impedirebbe di essere assimilato alloggetto; la sua sola natura quella di
essere una capacit. Non nulla attualmente prima di pensare. Perci
devessere interamente indipendente dal capo; altrimenti avrebbe una facolt
particolare prima di pensare attualmente. la facolt con cui afferriamo
lessenza in se stessa, mentre il senso quella con cui afferriamo lessenza
incomparata in materia. E loxoniense ci riporta le due obiezioni che possono
essere sollevate contro questa asserzione: 1) se la ragione non ha nulla in
48 De An. 433 b 29, 434 a 5-10.
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comune con nessuno dei suoi oggetti, come pu conoscere dato che la
conoscenza un modo di subire unazione?; 2) se la ragione essa stessaconoscibile allora, a) se lo per sua propria natura specifica, e se il conoscibile
forma una sola specie, altre cose conosciute debbono esser conoscibili perch
partecipano della ragione; b) mentre se non lo per sua propria natura specifica,
deve partecipare alla qualit che rende le altre cose conoscibili. La prima
difficolt risolta da Aristotele, col dire che la ragione dapprima solo
potenzialmente identica con i suoi oggetti, e diventa attualmente i suoi oggetti
solo conoscendoli. Alla seconda risponde dicendo che la mente conoscibile
allo stesso modo dei suoi oggetti. Nel conoscere le forme immateriali, la mente
tuttuno col suo oggetto; cos nel conoscere il suo oggetto, la mente conosce
se stessa. La mente ha dunque in s la stessa qualit che rende conoscibili le
altre cose, ma ci non unestrinseca partecipazione, ma proprio la qualit di
esser forma senza materia, cosa che costituisce la cosa essenziale della
mente. Viene cos respinta la prima alternativa. Le cose esterne non hanno
mente in s, giacch sono cose concrete in cui le forme sono presenti anche
implicitamente, mentre la mente potenzialmente identica con le pure forme.
Aristotele mostra poi in che relazione il pensiero con limmaginazione. Un
pensiero non unimmagine, ma non si pu pensare senza immagine49. Pi
49 De An. 427 b 14-16, 431 a 16, 432 a 7-14, De Mem.,449 b 31.
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precisamente la facolt del pensiero senza le forme nelle immagini50.
Unimmagine un avvenimento mentale particolare, proprio come lo unasensazione; il pensiero avviene solo quando la mente discerne un punto di
identit tra due o pi immagini51. Ma anche quando un universale stato cos
afferrato, puntualizza Ross, secondo la dottrina di Aristotele la mente ha ancora
bisogno di immagini. Infatti l anima non pensa mai senza immagini. Sembra
che proprio qui Aristotele si opponga alla veduta di Platone, espressa nella
Linea Divisa52, secondo cui mentre il pensiero scientifico ha bisogno
dellaiuto delle immagini [], il pensiero filosofico tratta le forme []
pure senza tale aiuto. Luso delle immagini il prezzo, sostiene Aristotele, che
la ragione deve pagare per la sua associazione con le facolt inferiori.
Lo studioso, infine, si sofferma sul punto culminante della psicologia di
Aristotele, il quale sostiene che entro lanima debba esserci una distinzione
corrispondente alla distinzione generale fra la materia, che sta a fondamento di
ciascuna classe di cose ed potenzialmente ciascuna di esse, e la causa
efficiente che le fa (potrebbe esserne un esempio la distinzione tra una tecnica e
il suo materiale). Va qui fissata la distinzione tra lintelletto[] attivo e
passivo, che cade nellambito dellanima. Lintelletto attivo non un intelletto
50 De An. 431 b 2.51 De An. 434 a 9, cfr . An. Post., 100 a 4-16; Met., 980 b 28-981 a 12.52 PLATONE,La Repubblica, 510 b-511 d.
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che crea dal nulla. Lavora in un materiale che gli dato, e che esso promuove
dalla potenzialit in attualit. Quindi un intelletto analogo alla materia perchdiventa tutte le cose, laltro analogo alla causa efficiente perch fa tutte le
cose. La prima di queste spiegazioni si riferisce allordinaria azione
dellapprensione. Proprio come la facolt sensitiva diventa i suoi oggetti nel
senso che la loro forma trasferita al soggetto sensitivo, e ne diventa per un
certo tempo lintera natura, cos nella conoscenza la ragione diventa identica ai
suoi oggetti. Latto dellapprensione attribuito allintelletto passivo. Invece a
quello attivo spetta il ruolo di trasformare lintelletto passivo nellapprendere i
suoi oggetti. Ross focalizza il principio generale di Aristotele, secondo cui ci
che potenziale diventa attuale mediante lazione di qualcosa che gi attuale,
e riferendosi ai momenti in cui possibile vivere una vita uguale a quella di
Dio, egli pensa a momenti in cui la spartizione tra attivo e passivo
abbattuta, e si diviene consci dellesser tuttuno col principio la cui conoscenza
sempre attuale e completa. Lo studioso evidenzia che, secondo questa linea di
pensiero, ci su cui agisce lintelletto attivo lintelletto passivo, come una
sorta di materiale plastico, su cui lintelletto attivo imprime le forme di oggetti
conoscibili; e riporta laltra linea di pensiero aristotelica, che sembra essere
stata suggerita dalluso platonico del sole come simbolo dellidea di Bene53.
53 PLATONE, La Repubblica, 507 b-509 d.
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Luno intelletto analogo alla materia perch diventa tutte le cose, laltro
analoga alla causa efficiente perch fa tutte le cose alla maniera di uno statopositivo come la luce; poich la luce come se facesse di colori potenzialmente
esistenti, colori esistenti attualmente. Quindi il attivo sta allintellegibile,
come la luce sta al visibile; per lintelletto attivo non un medio fra lintelletto
passivo ed il suo oggetto, una terza cosa, oltre a quello passivo e loggetto, di
cui va tenuto conto, in base alla considerazione di Aristotele riguardo alla
conoscenza, intesa come una relazione diretta e non mediata. Perci il fatto che
lintelletto attivo conosca gi tutti gli oggetti intellegibili, rende possibile il
conoscere attuale allintelletto passivo, il quale in se stesso una potenzialit e
rende quindi possibile di essere attualmente conosciuto. Quindi per Aristotele
lintelletto attivo, poich unattualit, separabile, impassibile e non
mescolato. Lattivo vale sempre pi del passivo, e la sorgente originaria pi
della materia. La parola separabile indica che lintelletto attivo, unito per un
Inoltre occorre fare riferimento al mito dellauriga, in base al quale lanima simile alla potenza nata insiemedi una pariglia alata e di unauriga (...). Inoltre lanima tutta si prende cura di tutto ci che inanimato, e va ingiro per tutto il cielo, passando da una forma allaltra a seconda dei momenti(...). Le anime che sono chiamateimmortali, quando sono al punto pi alto, si fermano muovendosi sul dorso del cielo, e la rivoluzione celeste le
porta in giro, ferme, ed esse contemplano ci che fuori dal cielo. PLATONE, Fedro, 246 b, 247 b-c.Nel celebre mito di Fedro lanima raffigurata come un cocchio su cui si trova unauriga, governata da unguidatore che domina una coppia di cavalli alati. Lanima viene guidata al seguito degli dei, nella regione che la sede della vera sostanza []. Tale sostanza non altro che il mondo delle Idee, descritta come unessenza contemplabile solo dallintelletto, pilota dellanima. Ogni anima, dice Platone, vuole attingere ciche le proprio, contemplando la verit, di cui si nutre e gode. La realt autentica che essa contempla costituita appunto dalle Idee. Cos lanima fa la vita degli dei. I due cavalli che tirano il cocchio sonoperennemente in conflitto tra loro in quanto uno di buona razza, latro no: il primo simbolo delle energiepsichiche, della forza danimo o animosit, il secondo dei desideri. Lauriga, che cerca di governare la parigliadi cavalli, simbolo della ragione, che ha il compito di tenere a freno le passioni. Quando non ci riesce, lanimadal cielo precipita su questa Terra, si incarna in un corpo e cos perde la visione delle essenze.
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certo tempo a quello passivo, possa esserne separato, e il riferimento evidente
alla distruzione di questultimo al momento della morte ed alla sopravvivenzadel primo; la parola impassibile si riferisce allessere, lintelletto attivo,
interamente indipendente dal corpo; ed il suo non essere mescolato, implica che
non contiene nessuna potenzialit non realizzata, ma che conosce sempre tutto
quel che conosce; ma, pur essendo sempre impassibile e non mescolata,
implicito che la sua vera natura sia oscurata durante la sua associazione al
corpo, ed esiste nella sua purezza quando questa associazione finita. Ross
puntualizza che in un certo senso lintelletto attivo si trovi nell anima, ma
non si consci o lo si solo in momenti di illuminazione; perci arriverebbe ad
affermare che la conoscenza potenziale venga prima di quella attuale. Ma nel
complesso non cos, perch lintelletto attivo conosce attualmente solo
quando quello passivo conosce solo potenzialmente. implicito, prosegue lo
studioso, che lintelletto attivo, bench sia nellanima e cio in una parte di
anima, vada al di l dellindividuo e arrivi allanima collettiva, e per la sua
indipendenza dal corpo e per la sua sopravvivenza alla morte, e meglio
aristotelicamente pensando, valido supporre che sia identico per tutti gli
individui. Ripercorrendo la laboriosa filosofia aristotelica attinente alla
psicologia, lo studioso oxoniense riuscito a mostrarci, in chiave
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particolarmente dettagliata, la propria visione di tale argomentazione vertente
sul tema centrale Anima-Corpo.Lo stesso Voegelin, nellesaminare Aristotele, il quale opta per la vita teoretica,
come modo di vita attraverso cui la vera pu essere raggiunta, o
meglio per quel principio del reale, della prudenza-tolleranza [
]54, come qualifica essenziale della natura umana in tensione potenza-
atto, pone in evidenza il tentativo aristotelico di rafforzare la sua scelta con
unanalisi delle facolt dellanima umana. Questultima si compone perci di
una parte razionale ed irrazionale, e indipendentemente dalla preferenza
concessa ad una classificazione, si pu suddividere sia luna che laltra, in due
ulteriori parti. Cos lo studioso giunge ad una divisione tripartita dellanima
(razionale o irrazionale) in facolt vegetative e sensibili, che luomo ha in
comune con gli animali; in passioni e desideri che non sono razionali, ma che
attraverso la persuasione, in un processo educativo, possono diventare
obbedienti alla ragione, ed in facolt razionali propriamente dette. Quindi se la
funzione specificamente umana deve essere intesa come unattivit []
54 alquanto usuale incontrare il concetto di vita contemplativa associato a quello di , ma inmerito occorre fare una precisazione. Il richiamo della vita contemplativa allesperienza del servosofferente di derivazione israelita, confluito poi nella figura di Ges Cristo, salvatore dellumanit. Cfr. E.VOEGELIN, Ordine e storia, Israele e Rivelazione, vol I, Aracne, 2004. In tale schema si inserisce laspiegazione di tale concetto, derivante dai termini greci e , che significano vedere Dio, indicanteperci il fine ultimo proprio della tradizione cristiana protrattasi dalloccidente alloriente risiedente nellaconcezione delluomo volto alla conduzione di una vita nella prospettiva di vedere, contemplare Dio, comemassima aspirazione, suo ultimo fine.
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dellanima, la funzione propria delluomo (che attua la sua specifica qualit
eccellente), si pu maggiormente affermare quellattivit dellanima cheobbedisce al principio razionale []; ovvero, il bene delluomo funzione
della sua anima, in senso conforme alla sua qualit eccellente [], e nel
caso di una pluralit di qualit, in conformit alla migliore e pi perfetta (o pi
elevata) tra di esse55 come in tutti gli esseri viventi.
55 E. VOEGELIN: Ordine e storia.La filosofia politica di Aristotele, Pellicani Editore, Roma, 1999, pp. 84-85.
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CAPITOLO III
AZIONI E VIRTU
SOMMARIO: 3.1. Il fine della vita umana. 3.2. La bont di carattere. 3.3. Lazione
volontaria e la scelta. 3.4. Le virt morali. 3.5. La giustizia. 3.6. Le virt intellettuali.
3.1 Il fine della vita umana
L il fine della vita umana in Aristotele. La convenzionale
traduzione confelicit, non si adatta allEtica; poich, precisa Ross che, mentre
felicit significa uno stato danimo differente da piacere solo perch fa
pensare alla permanenza, alla profondit, e alla serenit, Aristotele insiste che
leudamonia sia un genere di attivit, che non affatto un genere di piacere,
quantunque il piacere naturalmente laccompagni. Se il filosofo fosse un
edonista, suggerisce lo studioso, la traduzione meno impegnativa
corrisponderebbe a benessere, ma la sua deliberata asserzione, attivit.
Ma Aristotele non si limita ad esplicitare che leudamonia sia il bene per
luomo, ma analizza che sorta di vita essa sia. Gli uomini, infatti, sembrano
scegliere quattro principali generi di vita. La maggioranza mira al piacere; ma
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questo sembra un fine per schiavi e bestie. Una parte migliore mira allonore, e
questo loggetto della vita politica, ma lonore dipende pi d chi lo d che dachi lo riceve, mentre il fine della vita devessere qualcosa di particolarmente
proprio. Allonore sembra che si miri come a qualcosa che dia sicurezza alla
propria virt, e la virt forse pi esattamente il fine della vita politica. Ma,
essendo compatibile con linattivit e la miseria, per entrambi questi motivi non
ha le qualit essenziali per essere il vero fine. Alcuni altri perseguono la
ricchezza, ma questa un mezzo, non un fine. Quindi il fine supremo per
luomo la vita teoretica, la vita in cui si ottiene leudamonia, quella in cui si
avvalora il principio della prudenza-tolleranza. Essa il bene supremo
delluomo da conseguire per se stesso e non in vista di un bene superiore.
Aristotele afferma che ogni essere, non solo luomo, cerca di conseguire la
felicit. Questa una condizione legata alla piena realizzazione, da parte di ogni
essere, della sua natura essenziale, specifica. Poich nelluomo tale natura la
razionalit (, per arrivare a cio la capacit del ragionamento
che fa della umana unessenza speciale), la felicit umana trova il suo
fondamento nellesercizio della ragione, in una vita secondo ragione, nella
quale luomo stesso sviluppi armonicamente le sue facolt. Ci ricorda Ross, che
Platone aveva proposto una Forma del Bene che fosse la sorgente di tutto il
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bene che si trovasse ovunque nelluniverso. Contro ci, Aristotele sostiene 1)
che il bene non abbia un significato comune in tutte le sue applicazioni: tutti ibeni rinviano, o sono derivati da un unico bene, o costituiscono ununit per
analogia; 2) sostiene, come avrebbe potuto sostenere riguardo a qualsiasi Forma
Platonica, che non c una Forma del Bene separata dalle sue manifestazioni
particolari; e 3) che se ci fosse, sarebbe inutile agli scopi pratici; il bene per
luomo il pi ampio bene la cui contemplazione ci possa aiutare nella vita
quotidiana56. Quindi due devono essere le caratteristiche che il bene per luomo
deve possedere: devessere finale, qualcosa che sia scelto, sempre se stesso, e
mai come un mezzo per qualcosaltro; e devessere sufficiente a se stesso,
qualcosa che da s renda la vita degna di essere scelta. Entrambi questi tratti
appartengono al benessere. Allora lo studioso pone questo interrogativo: qual
la funzione in quanto caratteristica propria delluomo?; Aristotele avrebbe
risposto considerando come funzione, solo ci che luomo sa fare. Ma
nelluomo, come appreso dalDe anima, si sovrapposta una superiore agli altri
esseri viventi, quella che Aristotele chiama qui , ci che ha un
piano, una regola. In essa c una facolt che intende il piano ed unaltra che
gli obbedisce. Il benessere devessere la vita di questa facolt. In secondo luogo
devessere attivit e non mera potenzialit. In terzo luogo devessere daccordo
56 Et. Nic. 1096 a 11-11097 a 14.
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con la virt, o, se ce n pi duna, con la migliore e pi perfetta di esse. In
quarto luogo deve manifestarsi non semplicemente per brevi periodi ma in unavita completa57. Quindi in Aristotele il benessere non la virt, ma quella
specie di azione a cui la virt tende; non il piacere, ma necessariamente
accompagnato dal piacere; non la prosperit esterna, ma senza una certa
misura di prosperit luomo non pu esercitare quella buona attivit che il
benessere. Quindi la virt la sorgente da cui fluisce la buona attivit; il
piacere ne il naturale accompagnamento, e la prosperit ne la
precondizione normale58. Essendo il benessere attivit in accordo con la
virt59, Aristotele passa a discutere la natura della virt.
3.2 La bont di carattere
Secondo Aristotele ci sono due generi di virt: le virt dellelementorazionale vero e proprio, e quelle dellelemento intermedio, le virt
57 Et. Nic. 1097 a 13-1098 a 20.58
Et. Nic. 1098 b 9-1099 b 8.59 Occorre precisare la tradizionale distinzione greca tra , Ben (e), e, accordo esistenziale con ladivinit, derivante da , che lemblema virtuoso, larchetipo personale ed invisibile di cui ogni uomodispone. Da + si arriva a , fine, che in Aristotele rappresenta la felicit della vita umana.Questo termine racchiude e il fine, cio ispirarsi allidea di Bene e la tendenza, che la dinamica esistenzialedellente uomo-individuo, cio agire in accordo con la virt. E quindi indica quellelevarsi ( qui beneaccostare la forza dirimente dello aristotelico, contenuta nellerotico avvicinamento del platonico, che luomo realizzato, soddisfatto, alla perfezione; cfr. G.F. LAMI, Socrate Platone Aristotele.Una filosofia della Polis da Politeia a Politika, Soveria Mannelli, 2005, cit. p. 172) allideadi Bene che nascedallagire in accordocon la virt (, personificazione della virt), che sa rendere ragione dellessenzadi ciascuna cosa.
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dellintelletto e quelle del carattere. Ross analizza come si produce, in che
materiale e come si manifesta la bont di carattere. Non come la facolt deisensi, nella quale secondo il filosofo, sono presenti e pienamente sviluppati sin
dallinizio gli stati del carattere formati mediante attivit simili60. La prima
regola fissata riguardo a queste attivit che bisogna evitare tanto leccesso
quanto il difetto. La migliore indicazione della disposizione interna di un uomo
sta nel suo sentire piacere o pena quando compie atti virtuosi o viziosi. Piacere
e pena possono veramente chiamarsi largomento fondamentale della virt
morale. Il perseguimento del piacere, levitare la pena sono le principali
sorgenti dellazione viziosa. La virt si occupa di azioni e sentimenti, e questi
sono tutti accompagnati da piaceri o da pena. con la pena che si corregge
lazione viziosa. Anche motivi diversi dal piacere portano al loro seguito
piacere. La tendenza a sentir piacere rispetto a certi oggetti innata; tutte le
azioni sono giudicate in relazione alla loro piacevolezza o penosit; ma virt
non significa liberazione dal piacere e dalla pena. Le tendenze a sentir piacere e
pena non vanno soppresse, ma modellate nella forma giusta. Quindi la virt non
pu essere un sentimento, come lappetito per il piacere, e lira per la paura 61;
60 Et. Nic. 1103 a 14-b 25.61 Infatti luomo per natura divino, e divina la sua intelligenza, che vince la paura e lignoranza; perci lavirt pi di un sentimento perch lo trascende nella qualit di tendenza in quanto dinamica esistenzialedellente uomo-individuo atta a controllare una certa classe di sentimenti e ad agire giustamente in un certogenere di situazioni.
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n pu essere una mera capacit. Deve essere una disposizione sviluppata da
una capacit mediante ladeguato esercizio di questa. Aristotele rileva, come fanotare Ross, che i vizi sono pi opposti gli uni agli altri che non alla virt nel
loro aspetto esterno, nella cosa fatta in quanto distinta dallo stato danimo di chi
la fa. Quindi la virt talvolta pi vicina alleccesso e talvolta al difetto, e ci
per due ragioni: in alcuni casi questo risultato proviene dalla stessa natura dei
fatti; in altri casi proviene da noi stessi; la virt non pi simile ad un vizio
che allaltro, ma viene opposta al vizio verso cui si pi propensi. Da ci segue
il consiglio pratico di guardarsi dal vizio che pi opposto alla corrispondente
virt, e dal vizio a cui non si pi propensi ed in cui si trova maggior piacere.
3.3 Lazione volontaria e la scelta
Ross in questo paragrafo considera le condizioni in cui un uomo sia
ritenuto responsabile della sua azione. Secondo Aristotele gli uomini sono
lodati o biasimati solo per azioni volontarie. Le azioni sono involontarie se
dovute alla costrizione o allignoranza. Sono azioni coatte quelle in cui
lorigine dal di fuori, e la gente non vi contribuisce in nulla, cio in cui il
corpo subisce una forza esterna irresistibile. Azioni fatte per paura di un male
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maggiore potrebbero essere considerate come coatte, e si possono chiamare
quindi azioni miste, ma sono pi simili alle azioni volontarie. La moralitper si occupa di particolari azioni in particolari circostanze, e nelle sue
effettive circostanze questo atto tale che nessuno possa vergognarsi di
assumere tale responsabilit; anche chiaro che lorigine effettiva del
movimento del corpo provenga dalluomo stesso. Tali azioni sono talvolta
lodate; ma quando un uomo fa quel che non dovrebbe per paura di pene che
nessuno potrebbe sopportare, sono perdonate; ma ci sono atti, secondo
Aristotele, a cui considerata preferibile persino la morte, e che perci non
sono perdonati in base ad una tale giustificazione. Con questo criterio, mostra lo
studioso, tutte le azioni sarebbero coatte; inoltre il piacere che accompagna tali
atti mostra che non sono coatti; la loro causa nellagente stesso. Ross si
sofferma sullaltra sorgente dellinvolontariet, cio lignoranza, per la quale
Aristotele stabilisce certe distinzioni. 1) Se lazione fatta per ignoranza
seguita dal rammarico, involontaria; se non lo , pu solo esser chiamata non
volontaria. Ma per loxoniense questa distinzione non soddisfacente, perch
manca una reale differrenza di significato tra involontario e non volontario.
Egli prosegue suggerendo che con Aristotele intenda contro voglia,
e con involontario; ma ci che chiaro per lo studioso che gli
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atti contro voglia non possano differenziarsi in base allattitudine susseguente
dellagente62
. 2) Generalmente possibile dire che tutti i cattivi agiscanonellignoranza di quel che dovrebbero fare, ma le loro azioni non sono per
ques