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Regione Lombardia Ezio Lattanzio Gabriella Volpi - Il Manuale per il controllo strategico e gestionale 1 Associazione Italiana Valutazione Convegno Torino, 23 Marzo 2000 IL MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE Un contributo ai progetti di ridisegno dei sistemi di Programmazione e Controllo interno nelle regioni Ezio Lattanzio e Gabriella Volpi

Associazione Italiana Valutazione - LATTANZIO KIBS...La stesura del Manuale per il controllo strategico e gestionale, a supporto del ridisegno dei controlli interni nelle Regioni,

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Ezio Lattanzio Gabriella Volpi - Il Manuale per il controllo strategico e gestionale 1

Associazione Italiana ValutazioneConvegno Torino, 23 Marzo 2000

IL MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO EGESTIONALE

Un contributo ai progetti di ridisegno dei sistemi di

Programmazione e Controllo interno nelle regioni

Ezio Lattanzio e Gabriella Volpi

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Ezio Lattanzio

ingegnere gestionale è managing partner della Lattanzio e Associati.

Le sue aree di interesse sono i processi di cambiamento e i sistemi di pianificazione econtrollo nella pubblica amministrazione e nelle aziende di pubblic utilities.

Ha partecipato a numerosi progetti di disegno/ridisegno di sistemi di pianificazione econtrollo in pubbliche amministrazioni. Si segnalano il Ministero delle Finanze, la RegioneBasilicata, la Regione Lazio, la Regione Lombardia e il Comune di Pesaro.

Ha collaborato con la Conferenza delle regioni e delle province autonome fornendosupporto tecnico-metodologico al gruppo di lavoro interregionale che ha elaborato ilManuale per il controllo strategico e gestionale oggetto della presente pubblicazione.

Gabriella Volpi

Laureata in Scienze politiche è dirigente della Regione Lombardia nel Servizio Controllo digestione.

Da anni si occupa dei temi della programmazione, della valutazione e del controllo digestione nelle amministrazioni regionali.

E’ responsabile del gruppo di lavoro interregionale che ha realizzato il Manuale per ilcontrollo strategico e gestionale oggetto della presente pubblicazione

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INDICE

1 INTRODUZIONE: IL PROGETTO DI REALIZZAZIONE DEL MANUALE, ILPERCORSO E LE MODALITÀ DI LAVORO ....................................................................... 7

2 IL RIDISEGNO DEI SISTEMI DI CONTROLLO............................................................ 8

3 L’ORIENTAMENTO DEI SISTEMI DI CONTROLLO ALLE ESIGENZE...................... 13

4 LE TRE SITUAZIONI TIPICHE DI PARTENZA........................................................... 17

5 LA PROPOSTA DI ARCHITETTURA “A TENDERE”.................................................. 215.1 La prima idea: Specializzare le funzioni e i sistemi di PeC: di supporto alle

decisioni, di internal auditing e di valutazione dei dirigenti .................................... 215.2 La seconda idea: Distinguere e chiudere i cicli di ogni singola funzione di PeC.

Integrare le diverse funzioni dal punto di vista dei flussi informativi ...................... 235.3 La terza idea: Spostare la focalizzazione dei sistemi di PeC dalle azioni alle

performance e ai risultati....................................................................................... 255.4 La quarta idea: differenziare la proprietà dei sistemi in funzione delle tipologie di

decisori.................................................................................................................. 28

6 IL MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE........................ 30

7 I PERCORSI DI AVVICINAMENTO DALLA SITUAZIONE ATTUALE ALLAARCHITETTURA “A TENDERE”....................................................................................... 34

8 CONCLUSIONI ........................................................................................................... 36

9 BIBLIOGRAFIA ........................................................................................................... 37

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1 INTRODUZIONE: IL PROGETTO DI REALIZZAZIONE DEL MANUALE, ILPERCORSO E LE MODALITÀ DI LAVORO

Tema della presente pubblicazione è il riordino dei sistemi di controllo interno, nelleamministrazioni pubbliche in generale e nelle Regioni in particolare. L’occasione derivadalla esperienza vissuta dai due autori nel gruppo di lavoro che ha realizzato di recente il“Manuale per il controllo strategico e gestionale”, su incarico della Conferenza dei Servizidi controllo interno e valutazione delle Regioni e Province autonome.

La ipotesi di fondo è che il ridisegno dei controlli interni nella pubblica amministrazione vainserito nel profondo processo di rinnovamento che sta interessando tutta la PubblicaAmministrazione in questi ultimi anni. L’introduzione di un modello gestionale per obiettivie risultati, anche nella pubblica amministrazione, richiede infatti l’introduzione di unaconcezione dei controlli più moderna e funzionale, basata sull’autocontrollo, che superi lelogiche di controllo burocratico e prescrittivo che hanno caratterizzato le esperienze deglianni novanta.In questo senso, il riordino dei sistemi di controllo non è solo parte integrante di questorinnovamento, ma ne è addirittura uno degli elementi determinanti per il suo successo ofallimento. Non è un caso che il decreto legislativo per il riordino dei sistemi di controllo siastato previsto proprio dalla prima legge Bassanini (art. 11 L.59/97) e che si accompagnistrettamente anche alla riforma della contabilità pubblica senza la quale verrebbevanificato.

A partire dalla suddetta ipotesi, è emersa la necessità di avviare una riflessione organicasu un nuovo modello complessivo di programmazione e controllo che fosse coerente con ilrinnovamento in corso della PA e con il cosiddetto modello di New Public Management.

E’ questo il messaggio fondamentale del Manuale per il controllo strategico e gestionale,elaborato, nell’ambito della Conferenza permanente dei Servizi di controllo interno delleregioni e province autonome, da un gruppo di lavoro interregionale, coordinato dallaRegione Lombardia, cui hanno partecipato altre otto regioni: l’Abruzzo, la Calabria, ilLazio, le Marche, il Piemonte, la Toscana, la Valle d’Aosta ed il Veneto.

In questo senso, il Manuale è un contributo ai progetti di ridisegno dei sistemi diprogrammazione e controllo nelle Regioni. Le proposte contenute nel Manualeconsentono infatti alle Regioni di ridisegnare i sistemi di controllo interno anche in rispostaa tutte le recenti novità normative, a cominciare dal recente decreto di riordino (D.lgs286/99), ma considerando anche le disposizioni in tema di valutazione e monitoraggiodegli investimenti pubblici (L144/99), i regolamenti comunitari per il controllo dell’utilizzodei fondi strutturali (Reg, CE n. 2064/97 e 2406799) e la nuova legge quadro di contabilitàregionale (riforma della L.335/76).

Tutte insieme queste novità normative contribuiscono infatti a delineare precise linee ditendenza dei sistemi dei controlli, in direzione della:

specializzazione delle funzioni di controllo e individuazione degli utenti/proprietari deisistemi di controllo;

ridefinizione delle competenze delle strutture di controllo;

adozione di metodologie, strutture e strumenti per una migliore allocazione delle risorse,con riferimento in particolare ai progetti finanziati con Fondi strutturali dell’Unione europeae, più in generale, a tutti gli investimenti pubblici;

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riorientamento ai vari livelli dei bilanci e dei sistemi di contabilità in funzione delle esigenzedei decisori.

Come strumento di supporto ai “progettisti” dei sistemi di programmazione e controllo, ilManuale presenta un’articolazione che guida il lettore passo dopo passo, da un’analisi,sintetica ma accurata, del quadro normativo di riferimento, attraverso la descrizione dellaproposta di una architettura generale dei sistemi di programmazione e controllo, conparticolare attenzione al livello strategico e gestionale, fino all’individuazione di possibilipercorsi che le regioni, in relazione alla loro situazione attuale, potrebbero percorrere peravvicinarsi al modello proposto.

Si rinvia quindi al Manuale per la descrizione dettagliata della “architettura a tendere”proposta. In questa sede ci limitiamo a presentare gli orientamenti che i sistemi di controllonelle Regioni dovrebbero avere; le quattro idee fondamentali sulle quali è basata laproposta di architettura a tendere; nonché i nodi da sciogliere nelle singoleamministrazioni regionali per il cambio del modello di controllo e le tappe checoncretizzano il percorso di avvicinamento.

Prima di entrare nel merito del Manuale, è però opportuno ricordarne anche i limiti. Lofacciamo riprendendo un commento autorevole (De Maio 1):<< Un bel lavoro. Accurato ed approfondito. La perplessità di metodo è che tutto il sistemadi controllo è basato sull’ottenimento dei risultati desiderati (o sperati). Quindi ènecessario innanzitutto precisare il modello su cui si fonda l’ipotesi azioni → risultati,oltreché precisare i risultati desiderati, ovviamente. Tutto il resto …. segue.Mi sembra che, invece, come al solito si preferisca partire dal fondo! E’ il solito aneddotocitato da Watzlawitch: si comincia dalle cose più facili, ma non è detto che sia lì il postodove si è persa la chiave >>.

2 IL RIDISEGNO DEI SISTEMI DI CONTROLLO

La stesura del Manuale per il controllo strategico e gestionale, a supporto del ridisegno deicontrolli interni nelle Regioni, è un’occasione per ricordare come il salto di qualità deisistemi di controllo non sia solo un’opportunità, ma una necessità per il successo della piùgenerale riforma della pubblica amministrazione italiana.Tale salto di qualità è infatti la condizione per assicurare, ai livelli politico e manageriale, laresponsabilizzazione dei decisori e le condizioni perché essi possano operare consuccesso.Le prime esperienze degli anni ’90 di introduzione di sistemi di controllo nelleamministrazioni pubbliche italiane, sulla spinta del D.lgs 29/93, hanno assunto comeriferimento modelli di controllo prescrittivi e burocratici, in taluni casi addirittura fordisti. Taliscelte erano coerenti con le caratteristiche di modelli organizzativi basati sulla gerarchia esull’adempimento.L’esigenza, ormai irrinunciabile, di passare ad una gestione per obiettivi e risultati, imponeil riposizionamento dei sistemi di controllo e, quindi, il ridisegno dei modelli di riferimento.

Il tema del ridisegno dei sistemi di controllo nelle amministrazioni pubbliche non può

1 Adriano De Maio – Rettore del Politecnico di Milano; Presidente IReR

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prescindere dal rapporto con la riforma della pubblica amministrazione. Se andiamo arivedere quanto successo negli anni '90 possiamo, molto in sintesi, dire che i riformatori sisono concentrati sui cambiamenti normativi, qualche volta su quelli organizzativi, quasimai sulla architettura dei controlli.Per intervenire in maniera coerente, il ridisegno dei sistemi di controllo deve esserecoerente, parallelo e sinergico con la riforma organizzativa.I due temi non possono essere affrontati in maniera separata: solo il cambiamento deisistemi di controllo può consolidare il cambiamento organizzativo. Viceversa, non èpossibile affrontare il tema dei controlli senza intervenire contestualmentesull'organizzazione.Il percorso di evoluzione dei modelli di controllo nelle pubbliche amministrazioni italianepuò essere rappresentato nei tre stadi evidenziati nella tavola 1, rielaborazione di uncontributo di una precedente pubblicazione (Lattanzio, Pero 2)

Tavola 1: L’evoluzione dei modelli di controllo

L’asse verticale della tavola rappresenta il “Focus dei modelli gestionali”, cioè le modalitàcon le quali la struttura organizzativa articola il rapporto fra i vari livelli gerarchici; l'asseorizzontale invece individua il “Focus dei sistemi di controllo”.

Lo stadio di partenza, in tutta la pubblica amministrazione italiana, è quello al qualecorrisponde il paradigma del controllo burocratico: il focus dei modelli gestionali è sul

2 Lattanzio E., Pero L. (1999) Il ridisegno dei sistemi di controllo della pubblica amministrazione. Una proposta di modello di gestione

dei controlli interni orientato ai risultati e coerente con il progetto di riforma della pubblica amministrazione, in Sviluppo e

Organizzazione, Luglio-Agosto 1999

BUROCRATICO

Controllo formale(conformità e legittimità)

sugli adempimenti

Rispettoformale

dellenorme

Focus dei sistemi di controllo

Fo

cus

dei

mo

del

li g

esti

on

ali

PRESCRITTIVO(modelli PPC)

Controllo sulleattività e sulle risorse

assegnate

Adempimentosulle azioni

AUTOCONTROLLO(modelli PeC)

Controllosostanziale/manageriale

sui risultati

Responsa-bilizzazionesu obiettivi e

risultaticoerenti con

policies

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rispetto formale delle norme, mentre il focus dei sistemi di controllo è sul controllo formaledegli adempimenti, in termini di conformità e di legittimità.

Lo stadio successivo evidenzia un cambio di modello gestionale: dal rispetto dellenorme, il focus si è spostato – e, comunque, è già un passo avanti - all'adempimento sulleazioni e corrispondentemente i sistemi di controllo sono pure evoluti spostando il focus deicontrolli sulle attività e sulle risorse assegnate.

Questo è successo talvolta alla fine degli anni '80 ma, più di frequente, negli anni '90, conle prime esperienze derivate dalle disposizioni del D.Lgs 29/93 (vedi art. 20).

Il modello di controllo di questo secondo stadio, che supera quello “burocratico” del primostadio, si basa sul paradigma del controllo prescrittivo. Nel gergo degli specialisti è spessodefinito "Modello PPC" dove la prima “P” sta per Pianificazione strategica, la seconda “P”per Programmazione operativa e la “C” per Controllo di gestione.

Il terzo stadio corrisponde al modello verso il quale il Manuale propone di andare per fareun salto ulteriore. E’ un nuovo modello basato sul paradigma dell'autocontrollo. Percomodità, lo possiamo denominare (vedremo in seguito l’origine di questa sigla) "ModelloPeC" che sta per Pianificazione e Controllo o, se preferite, Programmazione e controllo.Che cosa significa? Significa che i sistemi di controllo si devono spostare sul controllosostanziale e manageriale dei risultati e, analogamente, i modelli gestionali devonoresponsabilizzare tutti gli attori su obiettivi e risultati. Gli obiettivi, sui quali il managementdeve essere responsabilizzato, devono, a loro volta, essere coerenti con le politiche diindirizzo dell'Autorità politica.

Abbiamo descritto quindi, per immagini, gli stadi evolutivi dei modelli di controllo. Rispettoa tale evoluzione, ad oggi, le amministrazioni pubbliche italiane e le stesse Regioni sicollocano tutte nel primo e nel secondo stadio, corrispondenti al modello “burocratico” e almodello “prescrittivo”. Ci sono solo dei primi tentativi di evolvere nel terzo stadio, mettendoin pratica il paradigma dell'autocontrollo, ma nessuna di tali esperienze può definirsicompiuta. Vediamo meglio questo cambio del paradigma di controllo confrontando nellaTavola 2 il modello prescrittivo con il modello dell'autocontrollo proposto nel Manuale.

Tavola 2: Il cambio del paradigma di controllo

dal CONTROLLO PRESCRITTIVO

Prescrizionedi azioni

RENDICONTI ALLALINEA GERARCHICA

CONTROLLOGESTIONALE

PROGRAMMAZIONESTRATEGICA

all’ AUTOCONTROLLO

INDIRIZZI/POLITICHE

AZIONI

Assegnazione diobiettivi e risorse

PeC STRATEGICO

PeC GESTIONALE

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Il paradigma di controllo prescrittivo, rappresentandone il funzionamento con uno schemasemplificato, si basa su due momenti logici: un primo momento, la programmazionestrategica, dichiara il proposito di individuare obiettivi e paradigmi strategici, ma, in verità,cade sempre nella prescrizione di azioni, con “lunghi elenchi di cose da fare”, elenchiattraverso i quali l'Autorità politica si rapporta con il management.

Il secondo momento è il controllo gestionale. Tale controllo gestionale non è a supportodelle decisioni del management nella logica dell’autocontrollo, ma è sempre e, solamente,il momento finale di un ciclo a cascata, che serve per rendere conto alla linea gerarchica alivello superiore. Inoltre, di fatto, i rendiconti/rapporti di gestione arrivano sempre troppotardi e non riescono comunque a fornire un feedback rispetto alla programmazionestrategica. Non a caso, quindi, il rendiconto alla linea gerarchica, nella figura , è confinatoall'interno dello stesso riquadro del Controllo gestionale.

Vediamo invece cosa si propone per cambiare il paradigma di controllo. L'ipotesi èpassare a un modello di autocontrollo che, nella figura, è rappresentato sempre attraversodue momenti logici. Il primo momento, come si può vedere, non è più denominato"Programmazione strategica" ma "Programmazione e controllo strategico". Il ciclo nero nelriquadro bianco, all'interno della macro-funzione di “PeC strategico”, significa che, ancheal livello strategico, deve esserci un ciclo di autocontrollo. Questo implica che l'Autoritàpolitica deve avere degli strumenti che la possano supportare a definire gli indirizzi e lepolitiche da perseguire e le consentano di valutare l'impatto di tali politiche perautocorreggersi, rivedendo gli indirizzi e le politiche stesse.

Nel secondo momento logico, nella ricaduta verso il livello del management, quindi deicentri di responsabilità, quello che viene trasferito non sono azioni ma obiettivi e risorseassociate. Questo consente di formalizzare il triangolo responsabilità/obiettivi/risorse. Cosìsi innesca un altro ciclo di programmazione e controllo, che continuiamo a chiamaregestionale, assolutamente indipendente da quello al livello strategico, proprio invecedell’Autorità politica, anche se con esso strettamente integrato dal punto di vistainformativo. Anche a questo livello utilizziamo la sigla PeC, cioè Programmazione econtrollo gestionale, perché anche tale ciclo deve essere chiuso. Quindi è il managementche decide in autonomia quali azioni mettere in pratica per conseguire gli obiettiviassegnati dall’Autorità politica e negoziati sulla base delle risorse a disposizione.

Nel paradigma di controllo prescrittivo, invece, le azioni sono indicate dall’ Autorità politica.

In alcune amministrazioni pubbliche sono state sono state avviate delle esperienze neltentativo encomiabile di passare dal controllo prescrittivo all'autocontrollo, (gli hannoavuto occasione di conoscere numerose realtà a livello di Ministeri, Regioni ed Enti locali).Si è provato a parlare di obiettivi e risultati anziché di azioni ma, di fatto, gli elenchi degliobiettivi strategici sono molto lunghi e, se si entra nel merito effettivo delladocumentazione di indirizzo prodotta, si tratta, quasi sempre, ancora di azioni operative.Comunque, mai corrispondenti ai risultati finali dell’azione amministrativa.Un esempio.Nel campo fiscale (al Ministero delle Finanze, in una Regione o in unComune), una cosa è porre come obiettivo strategico la lotta all'evasione, con il risultatofinale di accentuare e recuperare effettivamente una certa predefinita quantità di imposteevase, cosa diversa è prescrivere l’azione di “fare i controlli dei taxisti" o “fare diecimilacontrolli sui dentisti operanti in una certa area geografica” e così via.

Da ultimo, non a caso, nella parte destra della figura, una freccia tratteggiata esplicita

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anche la retroazione verso il livello della Pianificazione e controllo strategico. Questoperché, una volta che il meccanismo si mette in moto, e diventa compiuto, (dopo unpercorso che, come vedremo in seguito, è molto lungo e faticoso da compiere) ne derivaun valore aggiunto anche per la Programmazione e controllo strategico, perché una voltache la macchina al livello dirigenziale funziona e ha un proprio e vero sistema diautocontrollo, è, di fatto, possibile un ritorno informativo anche per l’Autorità politica.

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3 L’ORIENTAMENTO DEI SISTEMI DI CONTROLLO ALLE ESIGENZE

Alla luce dell’evoluzione del quadro presentato e delle relative esigenze da soddisfare, èpossibile individuare sette orientamenti verso cui i sistemi di programmazione e controllodovrebbero tendere nelle regioni:

1. responsabilizzare sui risultati;

2. formalizzazione del triangolo Responsabilità-Obiettivi-Risorse;

3. specializzazione verso i mondi e il mix delle attività istituzionali;

4. introduzione di sistemi di vigilanza verso gli Enti locali;

5. facilitazione dei controlli delle macchine delegate;

6. miglioramento del coordinamento tra multi enti / diversi attori nel ciclo di PeC

7. lotta alla corruzione

Primo orientamento: responsabilizzare sui risultati

Fino a qualche anno fa bastava dire dove erano stati spese le risorse finanziarie. Poisono cominciate a scarseggiare le risorse pubbliche ed allora ci si è cominciati apreoccupare di verificare come erano stati spesi, se bene o male, per cose utili o no.

Oggi, la competizione sulle risorse pubbliche, ed il conseguente uso alternativo, è tale chequesta valutazione è anticipata già alla fase di progettazione. Già in fase di progettazionebisogna quindi dimostrare la capacità di raggiungere risultati. E’ cioè in atto, nellapubblica amministrazione, una tendenza a finanziare e realizzare prioritariamente progettied interventi ben definiti in termini di obiettivi, risorse, responsabilità, tempi e modalità dimonitoraggio e controllo.

Vi è poi una maggiore considerazione per la soddisfazione del cittadino utente, al qualeviene sempre più spesso richiesto di contribuire, non solo indirettamente attraverso ilpagamento delle imposte, ma anche direttamente, con tickets e tariffe, ai costi perl’erogazione dei servizi che utilizza, che determina una crescente attenzione alla qualitàdei servizi erogati e, più in generale, delle azioni svolte;

Si va quindi sempre più affermando un modello gestionale per obiettivi e per risultati. Talemodello, che interessa particolarmente le attività progettuali e innovative, con attenzioneall’efficacia dei risultati raggiunti rispetto agli obiettivi programmati, si va sempre piùestendendo anche alla gestione delle attività routinarie, con attenzione, in questo caso,anche all’efficienza.

Secondo orientamento: Formalizzazione del triangoloResponsabilità/Obiettivi/Risorse

Una volta posta l’attenzione sul risultato e introdotta una gestione per obiettivi e risultati,non basta attribuire un obiettivo ad un responsabile, o renderlo responsabile dideterminate risorse.

Occorre collegare le risorse a quell’obiettivo. Solo così, solo formalizzando questotriangolo è possibile far sì che:

− gli obiettivi siano effettivamente realizzabili, non siano cioè obiettivi solo sulla carta;

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− il dirigente possa essere valutato per la sua effettiva capacità di gestione e diraggiungimento dei risultati.

Collegare responsabilità/obiettivi/risorse implica prevedere un processo di negoziazionetrasparente e oggettivo che tenga conto della fattibilità dei progetti e degli interventi.- L’assegnazione trasparente e oggettiva di obiettivi e risorse:- rafforza il senso di responsabilità del dirigente nei confronti degli obiettivi lui attribuiti;- lo invita ad organizzare al meglio le risorse umane, strumentali e finanziarie a sua

disposizione- ed in particolare, all’aumentare del livello di complessità operativa lo stimola, ad

implementare sistemi di programmazione e controllo per meglio gestire le diverseattività ed intervenire tempestivamente in caso di scostamenti dalla programmazioneprevista o di necessario riaggiustamento degli obiettivi;

- facilita il raccordo con il sistema di valutazione della dirigenza.

Terzo orientamento: Specializzazione dei sistemi di P. e C. verso i mondi e il mix diattività

Un sistema di controllo non è una modalità di lavoro indipendente dall’attività che devesupportare e monitorare. In particolare, si è visto come gli ambiti di intervento di unaregione siano diversi, spaziando da quelli economici, a quelli sanitari e sociali, a quelliambientali e territoriali, e come per ognuno di questi ambiti siano diverse le modalità diintervento.

Qualsiasi sistema di controllo andrà quindi costruito su misura intorno ai diversi oggetti dicontrollo, e tenendo conto delle loro modalità gestionali (processi) ed organizzative(strutture e responsabilità).

In sostanza ciò significa specializzare i sistemi rispetto a:

− i diversi ambiti di intervento regionali, in termini di missioni, compiti e processi (Sanità,Formazione professionale, Cultura, Attività produttive etc.);

− il mix delle quattro tipologie di attività istituzionali esercitate: legislativa e diregolazione, erogazione e supporto, vigilanza e controllo, comunicazione einformazione.

Quarto orientamento: Introduzione di sistemi vigilanza verso gli Enti locali

Il processo di trasferimento di funzioni amministrative agli Enti locali, Province, Comuni eComunità montane, su numerose materie, è tuttora in corso di definizione normativa.

E’ appunto proprio in questa fase che occorre prevedere ed impostare sistemi di controllonei confronti degli Enti locali sulle funzioni delegate, in modo da consentire alle Regioni disvolgere, in prospettiva e a tutti gli effetti, quel ruolo di programmazione e di vigilanza, chela Bassanini assegna loro, fino alla possibilità di ricorso ai poteri sostitutivi nei confrontidegli enti inadempienti.

Da qui la necessità di attrezzare le Regioni a rispondere a due tipi di esigenze:

• disporre di un flusso di informazioni di ritorno dagli Enti locali;

• implementare sistemi adeguati a svolgere le attività di vigilanza (external auditing).

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Quinto orientamento: Facilitazione dei controlli delle macchine delegate

Il sempre più frequente ricorso alla esternalizzazione dei servizi e delle attività(outsourcing), attraverso forme nuove di gestione, tramite la costituzione di Agenzie, Entistrumentali, Società partecipate e collegate, richiede che vengano rafforzati i sistemi dicontrollo verso le macchine delegate.

Tali sistemi in particolare devono:

• aiutare la Regione a formalizzare gli obiettivi in raccordo con le risorse necessarie nelprocesso di negoziazione con gli enti locali o le macchine delegate;

• supportare la stesura dei “contratti di servizio”, per le forniture nei diversi mondi (sanità,ambiente, agricoltura, trasporti, formazione, ricerca, etc.), fissando preventivamente iparametri di controllo in termini di economicità, efficienza ed efficacia;

• consentire il monitoraggio sulle modalità di svolgimento dei servizi e delle attivitàesternalizzate, in modo da intervenire tempestivamente con delle eventuali azionicorrettive;

• verificare il corretto espletamento dei compiti assegnati e l’uso trasparente delle risorse(external auditing).

Sesto orientamento: Miglioramento del coordinamento tra multi enti / diversi attorinel ciclo di PeC

La più volte ricordata scarsità di risorse, nonché la necessità di rilanciare un piano diinvestimenti pubblici per potenziare le infrastrutture e ridare competitività ai sistemiproduttivi locali, hanno determinato, in questi ultimi anni, lo sviluppo della programmazionenegoziata.

La programmazione negoziata altro non è che una prassi tesa a creare consenso tradiversi attori, istituzionali e non, su progetti di una certa rilevanza, convogliando su di essila partecipazione finanziaria degli attori interessati e garantendone l’attuazione in tempicerti.

La programmazione negoziata quindi:

• stimola la competitività istituzionale, nel senso che, a monte dell’intero processo dinegoziazione, saranno più facilmente promossi quei programmi e quegli accordi chepresentano una migliore pianificazione degli interventi ed una più accurataprogrammazione dei progetti, mentre a valle, avranno presumibilmente successoquegli accordi dove le responsabilità saranno state più precisamente individuate ed ilsistema dei controlli meglio articolato;

• richiede che vi sia congruenza tra i diversi piani, progetti e interventi e tra questi e lerisorse disponibili per la loro realizzazione;

• richiede un coordinamento tra i diversi attori per la gestione, non solo del singoloaccordo, ma di tutti gli accordi in essere, data la logica di intersettorialialità etrasversalità sottintesa agli accordi stessi.

L’esigenza a cui devono rispondere i sistemi di programmazione e controllo di una regionein questo caso è quindi quella di supportare contemporaneamente:

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• la negoziazione tra i diversi livelli istituzionali, parti sociali etc.;

• la negoziazione e le verifiche di fattibilità interna.

A questo fine occorre impostare sistemi interni di monitoraggio di avanzamento deiprogetti integrati però ai diversi livelli. Tali sistemi, oltre che dialogare tra di loro, devonopoter essere alimentati dai singoli sistemi informativi.

Solo con appropriati strumenti di monitoraggio è possibile quindi dimostrare, non solo, lacapacità di dare attuazione agli impegni/interventi sottoscritti, ma anche e soprattutto lacapacità di governo degli stessi.

Settimo orientamento: lotta alla corruzione

Quale ultimo, ma non certo per ordine di importanza, orientamento verso cui dovrebberotendere i sistemi di programmazione e controllo, ricordiamo la lotta alla corruzione e, più ingenerale, allo spreco di soldi pubblici.

E’ possibile che anche con adeguati sistemi di controllo non sia possibile eliminare deltutto il fenomeno della corruzione, ma sicuramente potrebbe essere contenuto econtrastato, impedendo, quanto meno, che possa assurgere a sistema, così come è statonegli anni passati.

Per fare un semplice esempio, un buon sistema di controllo di gestione è sufficiente arilevare se una matita acquistata da una pubblica amministrazione costa cinque volte lastessa matita acquistata da un libero cittadino. In questo senso, l’introduzione di unsistema di controllo di gestione, più che i tradizionali controlli formali sulla regolaritàdell’acquisto, possono evidenziare queste incongruenze, consentendo di denunciare, làdove vi sono, gli eventuali reati o, in alternativa, di ridurre gli sprechi inutili.

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4 LE TRE SITUAZIONI TIPICHE DI PARTENZA

Vediamo ora le situazioni di partenza. Come detto prima, il gruppo di lavoro ha effettuatoun censimento, che ha coinvolto nove Regioni. Sono state individuate tre situazionitipiche.

1. La prima situazione.

Modello burocratico. Nessuno strumento, nessuna esperienza

E’ questa la situazione delle Regioni che sono più indietro, perché non hanno vissutoesperienze e non hanno, ad oggi, introdotto strumenti di programmazione e controllo.Questa situazione è caratterizzata in genere:

• dall'assenza di cicli di programmazione e controllo formalizzati e strutturati.

• non è praticata l'assegnazione strutturata degli obiettivi

• non sono esplicitati in maniera chiara i collegamenti nel triangoloresponsabilità/obiettivi/risorse

• non sono presenti sistemi strutturati di valutazione dei dirigenti.

I punti di debolezza di questa prima situazione sono: l'assenza di cultura dellamisurazione e del miglioramento; infatti, non essendo stato introdotto nemmeno uncontrollo sulle attività e sui processi seppure di tipo prescrittivo, questo ha impedito, inogni caso, di creare una qualunque cultura della misurazione; c’è paura delcambiamento, che invece qualche volta è stata superata da chi è già più avanti; non cisono strumenti e quindi serie storiche di dati; in genere c'è assenza diinformatizzazione.

Però tale situazione presenta anche dei punti di forza. Siamo in presenza di un“terreno vergine”: non ci sono precedenti negativi e c’è talvolta curiosità, dopo questo“lungo sentito dire”, di “vedere” il controllo di gestione.

2. La seconda situazione

Modello PPC. Sistema unico, monolitico e centralistico

E’ quella in cui si ritrova quello che abbiamo chiamato il modello PPC prescrittivo.Andando a vedere le realtà riscontrate nelle Regioni, questa seconda situazione ècaratterizzata dal paradigma del controllo prescrittivo con un sistema unico, monoliticoe centralistico. Che cosa significa ciò? Significa che:

• non esistono cicli di autocontrollo a nessuno dei livelli di responsabilità. L’Autoritàpolitica prescrive le azioni e chiede ai centri di responsabilità le informazioni pergiudicare; di fatto, il controllo di gestione è un sistema di rendicontazione versol'alto, che poi, comunque, lo utilizza per verificare se quanto è stato prescritto èstato eseguito o meno.

• c'è commistione fra pianificazione e controllo ed internal auditing

• talvolta c'è commistione fra controllo di gestione e valutazione dei dirigenti; per cuisuccede che chi dovrebbe fornire i report ai decisori (i dirigenti), per aiutarli nelle

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decisioni, è lo stesso organismo che elabora la pagella degli stessi dirigenticreando una situazione di forte ambiguità.

Anche questa seconda situazione tipica presenta dei punti di forza. In questi casi sonostate fatte comunque delle esperienze e sono stati introdotti molti strumenti; questoimplica un'elevata disponibilità di serie storiche di dati, la presenza della cultura dellamisurazione e del miglioramento che invece, avevamo detto prima, era assente dovenon ci sono state esperienze; nell'ambito della struttura ci sono molte conoscenze dibase sui controlli interni, perché è un tema del quale si è già parlato da molto tempo.Infine, l'esperienza è comunque sempre un valore, poichè l'apprendimentoorganizzativo è basato sull'esperienza, per cui avere fatto delle cose, anche se nonsono nel modello ideale, è un passaggio utile.

Quali sono i punti di debolezza? In questi casi all'interno della struttura, in genere, c'èun'immagine diffusa del controllo come sistema prescrittivo gerarchico per controllare icomportamenti e, come già detto prima, c'è commistione fra sistemi di supporto alledecisioni, sistemi di internal auditing e di valutazione dei dirigenti.

3. La terza situazione

Modello PPC. Specializzazione dei sistemi e delle responsabilità

Anche in questa situazione si ritrova quello che abbiamo chiamato modello PPCprescrittivo. Però è già presente un'elevata specializzazione dei sistemi e questo è giàun fatto molto positivo rispetto all'architettura “a tendere” che abbiamo delineato nelManuale. Ci sono infatti delle Regioni le quali, pur non essendo ancora riuscite amettere in atto in maniera compiuta un sistema di autocontrollo, hanno comunque giàspecializzato la gestione dei sistemi di controllo in diverse funzioni e numerosiorganismi. Quindi, per un certo verso, queste Regioni sono già anche più vicine alledisposizioni del D.lgs 286/99. In questi casi il sistema di controllo è caratterizzato ingenere da:

• più cicli di controllo in contemporanea, tutti però caratterizzati dal paradigma delcontrollo prescrittivo

• i diversi cicli non sono integrati ma, di fatto, sono a compartimenti stagni. Ci sonoquindi vari organismi all'interno della Regione che si occupano di pianificazione,programmazione e controllo, secondo il modello PPC, che però non colloquianoancora in maniera integrata

• i centri di responsabilità della periferia vivono comunque ancora il controllo comeun'attività di auditing e di valutazione del centro, e non come uno strumento proprio.

Anche questa situazione presenta dei punti di forza e di debolezza. I punti di forzasono simili a quelli che abbiamo visto prima, nella seconda situazione, perché anchequesta è caratterizzata da una certa quantità di esperienze, quindi ci sono all'interno diqueste amministrazioni molte disponibilità di competenze, sistemi e strumenti; c'è lacultura della misurazione, del miglioramento e qualche volta si incomincia già adintravedere la cultura del risultato; ci sono molte serie storiche di dati ma soprattutto, equesto è molto importante, c'è la consapevolezza delle difficoltà di sviluppo dei sistemidi programmazione e controllo.

In questa terza situazione i punti di debolezza sono: il rischio di una cristallizzazione

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dei ruoli delle strutture di pianificazione e di controllo; la difficoltà ad avviare unintervento di ridisegno complessivo, perché comunque si sono concretizzate già delleesperienze, anche con molto valore aggiunto, e quindi si ha giustamente paura arompere un “giocattolo” che, comunque, talvolta già incomincia a dare, seppure condifficoltà, dei risultati. In genere però c'è un’immagine del controllo "bruciata" inperiferia (per periferia intendo i centri di responsabilità, i Dipartimenti come lidenominano alcune Regioni, i centri di responsabilità di primo livello, o le DirezioniGenerali come le denominano in altri casi) e c'è viceversa al centro una certa sfiducianella possibilità di riuscire a responsabilizzare veramente i centri di responsabilità inperiferia.

Con questo abbiamo visto, quindi, quelle che sono le tre situazioni tipiche di partenza allequali si possono in linea di massima ricondurre le singole diverse realtà delleamministrazioni regionali. La tavola 3 sintetizza i punti di forza e debolezza evidenziatinelle tre situazioni.

Tavola 3: Sintesi dei punti di forza e di debolezza nelle tre situazioni tipiche

Situazione tipica Punti di forza Punti di debolezza

Situazione A

Nessuno strumentonessuna esperienza

• terreno “vergine”

• nessun precedente“negativo”

• curiosità verso il concetto delcontrollo di gestione

• assenza di cultura dellamisurazione e delmiglioramento

• paura del cambiamento

• assenza di strumenti, seriestoriche dei dati

• livello di informatizzazionein genere basso

Situazione B

Modello PPCsistema unico,monolitico ecentralistico

• disponibilità di serie storichedei dati

• cultura della misurazione edel miglioramento

• conoscenze di base suicontrolli interni

• l’esperienza è comunque un“valore” (apprendimentoorganizzativo)

• immagine diffusa delcontrollo come sistemaprescrittivo e gerarchico(per controllare icomportamenti)

• frammistione tra sistemi disupporto alle decisioni, diauditing e di valutazione

Situazione C

Modello PPCelevata

• elevata disponibilità dicompetenze, sistemi estrumenti

• cultura della misurazione,del miglioramento e talvoltadel risultato

• cristallizzazione dei ruolidelle strutture di PPC

• difficoltà di avviare unintervento di ridisegnocomplessivo

• immagine del controllo

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specializzazione deisistemi e delleresponsabilità

• grande disponibilità di seriestorica dei dati

• consapevolezza delledifficoltà di sviluppo deisistemi di PeC

• enorme potenziale dicreazione di valore a breve

“bruciata in periferia”

• sfiducia al centro nellacapacità diresponsabilizzazione deiC.d.R. in periferia

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5 LA PROPOSTA DI ARCHITETTURA “A TENDERE”

Il Manuale contiene moltissimi spunti, qui abbiamo selezionato le quattro idee base delnuovo modello proposto, per realizzare il superamento del paradigma di controlloprescrittivo verso l’autocontrollo:

1. Specializzare le funzioni e i sistemi di PeC: di supporto alle decisioni, di internalauditing e di valutazione dei dirigenti

2. Distinguere e chiudere i cicli di ogni singola funzione di PeC. Integrare le diversefunzioni dal punto di vista dei flussi informativi

3. Spostare la focalizzazione dei sistemi di PeC dalle azioni alle performance e ai risultati

4. Differenziare la proprietà dei sistemi in funzione delle tipologie di decisori.

5.1 La prima idea: Specializzare le funzioni e i sistemi di PeC: di supporto alledecisioni, di internal auditing e di valutazione dei dirigenti

Specializzare le funzioni dei sistemi significa distinguere sistemi che fra loro (spesso inpassato e attualmente in molte realtà) sono ancora commistionati. E, in particolare, isistemi di supporto alle decisioni (a livello strategico e gestionale), i sistemi di internalauditing ed i sistemi di valutazione dei dirigenti.Questa idea è fra l'altro in linea con le indicazioni del decreto legislativo 286/99.

Nel manuale sono state individuate quindici funzioni elementari di controllo, ognuna dellequali, per quanto detto prima, deve essere presidiata in maniera integrata. I diversimomenti della programmazione, del monitoraggio e del feedback devono essere esercitatiin maniera integrata tra loro.

Queste quindici diverse funzioni elementari sono poi state ricondotte a cinque macro -funzioni di controllo, come illustrato nella tavola 4.

E’ stato ripreso il gergo utilizzato dal D.Lgs 286/99. Questa scelta è stata fatta per nonintrodurre un ennesimo nuovo linguaggio e quindi provocare confusione tra gli operatori.Questo anche se le definizioni del D.Lgs 286/99 non ci trovano del tutto d'accordo. NelManuale quindi le singole funzioni elementari di controllo, che sono quelle elencate nellaparte sinistra della figura sopra, sono state ricondotte alle funzioni di Valutazione econtrollo strategico, di programmazione e controllo di gestione, di valutazione dei dirigentie infine del controllo di regolarità amministrativa e contabile, così come sintetizzato nellatabella successiva.Nel Manuale, infine, sono individuate anche delle funzioni elementari di controllo che sonostate ricondotte a quella che, nello stesso Manuale, è denominata "Programmazionestrategica e impatto delle politiche". Questa funzione non è prevista esplicitamente dalD.Lgs 286/99, anche se nel decreto viene citata in maniera indiretta.

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Tavola 4: specificazione dei contenuti (funzioni elementari) delle funzioni di PeC econfronto con il D.Lgs.286/99

Funzioni di PeC previste nelmodello

Funzioni Elementari di PeC Tipologie di controllo Funzioni di PeC previste dal D.lgs286/99

Programmazione strategica evalutazione impatto dellepolitiche

Supporto alle decisioni (diindirizzo)

Citata indirettamente ma nonregolata dal D. lgs 286/99

Governo e regia dell’innovazione Supporto alle decisioni (diindirizzo)

Non prevista dal D. lgs 286/99

Pianificazione e controllo degliinvestimenti

Supporto alle decisioni (diindirizzo)

Valutazione e verifica degliinvestimenti pubblici (L. 144/99).

Programmazione strategica eimpatto delle politiche

Programmazione e impatto deifondi strutturali

Supporto alle decisioni (diindirizzo)

Il regolamento CE 2064/97 e2406/98 norma solo laprogrammazione

Traduzione degli indirizzistrategici negli obiettivimanageriali a C.d.R. 1° livello (le“direttive”)

Supporto alle decisioni (diindirizzo)

Valutazione e controllo strategico(per i Ministeri)

Controllo di attuazione del piano

(le direttive)

Supporto alle decisioni (diindirizzo)

Internal auditing

Valutazione dirigenti C.d.R. 1°livello

Valutazione

Verifiche di adeguatezza dellamacchina amministrativa(affidabilità, funzionalità,coerenza)

Internal Auditing

Valutazione e controllo strategicoValutazione e controllostrategico

Verifiche ispettive sul corretto etrasparente uso dei fondistrutturali

Internal Auditing Regolamenti CE 2064/97 e 2406/98(controlli a campione 5%)

Budgeting e reporting direzionale Supporto alle decisioni(manageriali)

Controllo di gestione

Controllo operativo di processo edella erogazione diprodotti/servizi

Supporto alle decisioni(manageriali)

non previsto

Programmazione e Controllodi gestione

Controllo dei progetti diinnovazione (ProjectManagement)

Supporto alle decisioni(manageriali)

Previsto solo per gli investimenti(2144/99) e per i fondi strutturali(regolamento CE 2064/97 e2406/98)

Valutazione dei dirigenti Controllo delle prestazioni deiC.d.R. (livello inferiore al 1°)

Valutazione Valutazione dei dirigenti

Controlli di legittimità Internal AuditingVerifiche di regolaritàamministrativa e contabile

Controlli di regolarità contabile Internal Auditing

Controllo di regolaritàamministrativa e contabile

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5.2 La seconda idea: Distinguere e chiudere i cicli di ogni singola funzione di PeC.Integrare le diverse funzioni dal punto di vista dei flussi informativi

La seconda idea, che si rifà appunto al concetto di PeC, è distinguere e chiudere i cicli diprogrammazione e controllo per ogni singola funzione. Non si deve mai parlare di“programmazione” o di “controllo” in maniera disgiunta ma sempre di “programmazione econtrollo”.Una volta che si sono specializzate le funzioni, in due, tre, cinque, dieci tipologie (ogniamministrazione regionale deve decidere cosa fare), ognuna di tali funzioni va esercitatain maniera integrata. Questo ha due significati: il primo è che ogni ciclo si deve chiudere,quindi è importante che chi programma, monitori e controlli. Lo stesso attore deve gestiretutti i momenti del ciclo per ogni singola funzione di controllo.

Le diverse funzioni di controllo, una volta specializzate, devono essere integrate fra di lorodal punto di vista informativo. Se la funzione di Valutazione e controllo strategico, come ladenomineremo seguendo il gergo del D.lgs 286/99, non genera gli indirizzi strategici e lepolitiche, il sistema di controllo di gestione non ha l'input per partire, e così via.Nella tavola 5 le cinque macro - funzioni sono state rappresentate come un puzzle, inquanto devono essere distinte fra di loro, perché ognuna di esse è una funzionespecialistica, tutte devono essere comunque integrate perché l'una senza le altre non puòfunzionare.

Tavola 5: Le funzioni elementari di controllo e la ipotesi di aggregazione

Il modello al quale fa riferimento l’architettura proposta è, prima di tutto, basato sulconcetto dell’autocontrollo e della responsabilità manageriale che deve indirizzarel’organizzazione verso i risultati attraverso azioni di pianificazione, di correzione della rottae di ripianificazione.

•Programmazione strategica valutazione impattodelle politiche•Governo e regia dell’innovazione•Pianificazione e controllo degli investimenti•Programmazione e impatto dei fondi strutturali

PROGRAMMAZIONESTRATEGICA E

IMPATTO DELLEPOLITICHE

•Budgeting e reporting direzionale•Controllo operativo di processo e della erogazionedi prodotti/servizi•Controllo dei progetti di innovazione (ProjectManagement)

PROGRAMMAZIONE ECONTROLLO DI

GESTIONE

•Traduzione degli indirizzi strategici negli obiettivimanageriali a CdR di 1° livello (“le direttive”)•Controllo di attuazione del piano (le direttive)•Valutazione dirigenti Cdr 1° livello•Verifiche di adeguatezza della macchinaamministrativa (affidabilità, funzionalità e coerenza)•Verifiche ispettive sul corretto e trasparente usodei fondi strutturali

VALUTAZIONE ECONTROLLOSTRATEGICO

•Controlli di legittimità•Controlli di regolarità contabile

REGOLARITA’AMMINISTRATIVA E

CONTABILE•Controllo delle prestazioni dei CdR (livello inferioreal 1°)

VALUTAZIONEDIRIGENTI

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Lo schema base di riferimento può essere rappresentato come un ciclo, in cui, duesistemi, “direzione e controllo” e “realizzazione”, si condizionano reciprocamente. Ciascunsistema è caratterizzato da momenti tipici: l’interpretazione e valutazione dei dati e laconseguente progettazione/ correzione.Tale schema base viene applicato, in modo diversificato, nei diversi sistemi secondo levarie focalizzazioni e i vari scopi e ambiti previsti per ciascuno di essi.“Bisogna operare una sorta di rivoluzione copernicana, passando da una logica di verificadel rispetto di norme astratte ad una logica basata sulla conoscenza del sistemaorganizzativo, del soggetto controllato e dei risultati”3.La Tavola 6 rappresenta la macro configurazione dei cicli, così come prevista nelmanuale.

Tavola 6: Sistemi di PeC: articolazione dei cicli e loro relazioni

Sistema di

valutazione e controllo strategico

OBIETTIVI CdR DI I LIVELLO E

PIANO DI

AUDITING

INTERPRETAZIONE

RILEVAZIONE

Sistemi di programmazione econtrollo di gestione

BUDGET DIREZIONALE

ATTUAZIONE

INTERPRETAZIONE

RILEVAZIONE

Sistema di programmazione strategica e

impatto delle politiche

INDIRIZZI E POLITICHE

ATTUAZIONE RILEVAZIONE

INTERPRETAZIONE

Sistemi di valutazione

dirigenti

OBIETTIVI DIRIGENTI

RILEVAZIONE

INTERPRETAZIONE

Sistema di regolarità amministrativa e contabile

PIANO VERIFICHE

RILEVAZIONE

INTERPRETAZIONE

MACCHINA OPERATIVA

LEGENDA Flusso informativo Ciclo di autocontrollo Ciclo di auditing e/o valutazione

Indirizzi

Direttive

Si possono individuare:

• i cicli distinti delle diverse funzioni/sistemi di controllo interno;

• le relazioni che intercorrono tra i diversi cicli secondo una logica di integrazione in unsistema complessivo dei controlli non unico ma nemmeno slegato tra i diversi distintisistemi di programmazione e controllo interno. Vengono, infatti, nella figurarappresentati diversi collegamenti del flusso informativo tra i cicli dei sistemi di auto –controllo e di questi con quelli di auditing e/o valutazione;

• i diversi momenti che costituiscono:– i cicli di auto–controllo (indirizzo e gestione) di programmazione (Piano

strategico per il sistema di indirizzo e budget direzionale per il sistema digestione), di attuazione degli obiettivi programmati, di rilevazione dei dati

3 Luigi Campagna, Luciano Pero, L’audit sulle attività amministrative, Sviluppo e organizzazione ESTE S.r.L.n.140 nov-dic 1993

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derivanti dall’attuazione degli obiettivi e dell’interpretazione per le eventualiazioni correttive)

– i cicli di auditing e valutazione con le tre fasi di pianificazione, rilevazione einterpretazione.

5.3 La terza idea: Spostare la focalizzazione dei sistemi di PeC dalle azioni alleperformance e ai risultati

Il problema della scelta è stato suddiviso in tre livelli.

Primo livello: il livello delle focalizzazioni generali di ciascun sistema per il quale nelManuale sono state effettuate le opzioni illustrate nella seguente tavola 7.Usualmente per i sistemi di PeC esistono due leve di regolazione di questa focalizzazioneo due variabili di scelta principali:• il mix tra i mezzi (come), e i fini (cosa), , nel senso che gli oggetti del controllo

possono essere più spostati verso i mezzi, cioè verso le operazioni e gli strumentimessi in atto, oppure verso i fini, cioè verso i risultati finali attesi e realizzatiindipendentemente dai mezzi che saranno utilizzati;

• il livello di dettaglio, nel senso che i diversi oggetti di controllo possono essereconsiderati con diversi livelli di dettaglio anche in funzione della fattibilità effettiva.

Tavola 7:Variabili di scelta degli oggetti di controllo

Verifiche di adeguatezza

FOCUS SUI MEZZI

FOCUS SUI FINI

BASSO

MEDIO

ALTO

Oggetto del controllo

Livello didettaglio

Programmazione strategica e impatto delle politiche

Verifiche di regolarità

amministrativa e contabile

Controllo di attuazione piano

Valutazione dirigenti

Controllo di gestione

Sistemi di supporto alle decisioni Sistemi di internal auditing Sistemi di valutazione

In base alle finalità dette sopra, si è scelta una focalizzazione:

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• maggiormente spostata sui “fini” e con un livello di dettaglio basso per i sistemi diprogrammazione strategica e impatto delle politiche e di controllo di attuazionedel piano.

• soluzioni intermedie per il sistema di controllo di gestione;• soluzioni focalizzate su un elevato livello di dettaglio per i sistemi di internal auditing

(verifiche di regolarità amministrativa e contabile e verifiche di adeguatezza dellamacchina);

Secondo livello: il livello delle tipologie di performance da controllareLa metodologia alla quale si è fatto riferimento prevede quattro tipologie di performanceindividuate a partire da un modello di rappresentazione di una Amministrazione regionalee, più in generale, di un Ente pubblico:• prestazioni del processo operativo: si tratta dei classici indicatori di prestazione che

misurano efficacia, efficienza e qualità dei processi, quali il rispetto degli standard diproduzione, il rendimento (tempi effettivi/tempi standard), la difettosità, la tempestivitàe puntualità di produzione, il lead time o tempo di attraversamento, il tempo medio diproduzione per pezzo e così via;

• qualità, quantità e costi dei prodotti/servizi erogati: si tratta di osservare i risultatiattraverso le caratteristiche di qualità (ad esempio tempo di fornitura, adeguatezza alleattese e alle specifiche), di quantità (mix numero prodotti erogati, trend dei volumi, ecc)e di costo (globale per linea di prodotto, specifico per singolo prodotto e/o pezzo);

• costi/benefici e grado di avanzamento dell’innovazione: si tratta di specificare ilcosto dell’innovazione e i benefici attesi ( sia in termini quantitativi, sia come risparmidei costi sia in termini qualitativi) e di monitorare l’avanzamento dei progetti innovativirispetto al piano;

• risultati generali: si intende con questa espressione gli effetti positivi attesidall’ambiente esterno relativamente ai grandi fini istituzionali dell’amministrazioneregionale (quale ad esempio i risultati della lotta alla droga, delle politiche dioccupazione, di politica sanitaria, di livello di servizio complessivo, offerto, etc…)

Terzo livello: il livello delle scelte specifiche degli oggetti di controllo (fenomeni,variabili e parametri)Un aspetto importante dell’architettura prescelta è quello di dotare i sistemi di un buongrado di flessibilità nella specificazione degli oggetti di controllo in modo tale da poterlimodificare nel tempo, anche se entro certi limiti in modo da mantenere la confrontabilitàtra i dati. Lo scopo di questa flessibilità è di consentire ai sistemi di adattarsi facilmentealle nuove esigenze gestionali che potranno emergere in futuro: la flessibilità deve essereperciò più elevata per i sistemi a livello strategico, che sono più esposti alle variazionidell’ambiente esterno, e più modesta per i sistemi a livello gestionale, che sono menoesposti alle variazioni.La flessibilità prevista si attua con modalità diversa nei diversi sistemi. In particolare sisuggerisce di adottare:• una geometria variabile delle griglie di piano per i sistemi di PeC a livello

strategico che consente di adattare alle esigenze del pensiero strategico gli schemi dipianificazione anno per anno;

• una forte personalizzazione del sistema di PeC direzionale ai vari ambientiorganizzativi (i dipartimenti) e ai vari tipi di C.di R, che consente anche una loroevoluzione specifica nel tempo relativamente semplice e agevole a fronte dicambiamenti nell’organizzazione;

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• un adattamento ai processi delle diverse realtà dei sistemi di PeC operativi e digestione dei progetti innovativi per i quali non è possibile adottare un modello unitarioquanto piuttosto delle linee guida per svilupparli in modo aderente alle esigenze locali.

È da sottolineare la rilevanza di queste scelte di flessibilità allo scopo di garantire neltempo la durevolezza dei sistemi e la durata degli investimenti effettuati dalle singoleamministrazioni regionali per lo sviluppo dei sistemi stessi.

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5.4 La quarta idea: differenziare la proprietà dei sistemi in funzione delle tipologiedi decisori

La Tavola 8, in modo semplificato, e rimandando al Manuale per chi fosse interessato adapprofondire, rappresenta come le cinque macro - funzioni sono collegate fra di loro, e aquali bisogni rispondono.

Tavola 8: Le funzioni di controllo e i profili di ruolo dei decisori

La matrice identifica sulle righe i ruoli, con questi intendendo le principali categorie didecisori: l'Autorità politica; l'alta direzione, riconducibile ai Centro di responsabilità di primolivello (i Direttori generali dei Dipartimenti), il management intermedio e quello operativo.

Le colonne invece delineano gli ambiti decisionali tipici: decisioni di indirizzo;combinazione obiettivi e risorse; guida della macchina operativa; governo dell'innovazione;valutazione dei dirigenti e verifiche di regolarità.

Se posizioniamo su questo schema le cinque macro - funzioni di controllo individuate inprecedenza, vediamo che la funzione di “Programmazione strategica e impatto dellepolitiche” serve per supportare le decisioni che sono riconducibili all'ambito delle decisionidi indirizzo, che generano le politiche e le combinazioni a livello macro di obiettivi erisorse. Questo è uno strumento tipicamente dell'Autorità politica. Quindi, la“Programmazione Strategica e impatto delle politiche” (nella figura in alto a sinistra) è ilsistema che aiuta l'Autorità politica a pensare gli indirizzi e le politiche e poi a verificare neltempo se stanno conducendo ai risultati attesi. E’ quindi un ciclo chiuso e completo, aprescindere dalla interazione con il management.

Come si può vedere nella stessa Tavola 10, il bordo infine dell’ellisse più a sinistra(Programmazione Strategica e impatto delle politiche) scende fino al livello di ruolodell'alta direzione perché, di fatto, non si può pensare che al processo di elaborazionedegli indirizzi e delle politiche non partecipi il management di alto livello, perché esso

AMBITI DECISIONALI TIPICI

RUOLI

AUTORITA' POLITICA

ALTA DIREZIONE

MANAGEMENT INTERMEDIO

MANAGEMENTOPERATIVO

Guida della macchina operativa

Governo della

Innovazione

Indirizzo( Politiche)

Combinazione obiettivi e risorse

Valutazione/Verifica

di regolarità

Valutazionedirigenti

Regolaritàamm.va econtabile

Programmazionee controllo di gestione

Valutazione econtrollo strategico

Programmazione Strategica

e impatto delle politiche

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dispone di molte delle informazioni necessarie per alimentare il ciclo decisionale dielaborazione delle strategie. Fermo restando che, comunque, l'Autorità politica, alla fine,decide quelli che sono gli indirizzi o le politiche da mettere in pratica.

Sempre nella parte alta della tavola, ma più a destra, è individuata la macro – funzione“Valutazione e controllo strategico” che invece è di proprietà solamente dell'Autoritàpolitica, e comprende nel controllo strategico la definizione del piano che attua gli indirizzie il controllo di attuazione del piano stesso verso i centri di responsabilità di primo livello. Iltermine “Valutazione” individua invece la valutazione dei dirigenti generali di primo livello.

Il riquadro al centro della matrice rappresenta il sistema di Programmazione e controllo digestione, che, invece, serve soprattutto per guidare la macchina operativa, combinare gliobiettivi e le risorse e anche per governare l'innovazione. Infatti, il controllo di gestione nondeve supportare solo la guida della macchina nell’attività di routine ma deve prevedereanche gli strumenti di Project Management per aiutare i capi progetto, che sono in primalinea nel gestire i progetti di cambiamento. Nel Manuale è presente una ulterioreripartizione del controllo di gestione in controllo direzionale, controllo operativo e ProjectManagement.

In questa sede ci interessa evidenziare come il controllo di gestione non è assolutamentea supporto dell'Autorità politica, ma è di strettissima pertinenza del management, unicoproprietario del sistema (a tutti i livelli).

Il D.Lgs 286/99 chiarisce sempre più, come già avevano fatto il D.Lgs 80/98 e altre norme,l'autonomia del management nell'utilizzo del controllo di gestione e la non ingerenza intalsenso della politica. Non bisogna però cadere nell'errore di pensare che diventi unostrumento personale dei Direttori Generali. Non è dell'Autorità politica, è del management,ma a tutti i livelli dei centri di responsabilità.

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6 IL MANUALE PER IL CONTROLLO STRATEGICO E GESTIONALE

Nel mandato iniziale, il Manuale doveva infatti rappresentare un punto metodologico diriferimento per tutte le regioni, e doveva consentire la confrontabilità dei dati a livellointerregionale. In questo senso doveva essere un manuale operativo.

Di fatto però quando il gruppo di lavoro si è riunito per la prima volta, a febbraio, ci siamosubito resi conto della grande diversità delle situazioni di partenza delle amministrazioniregionali (missioni, ambiti di attività, caratteristiche organizzative) per cui non eranoconcepibili soluzioni passpartout e, dall’altro, bisognava cominciare a fare i conti con inuovi principi di riordino del sistema dei controlli interni nelle Amministrazioni pubblicheitaliane, previste dallo schema di decreto legislativo, poi approvato in luglio dal Governo(D.lgs. n.286/99) e più in generale bisognava fare i conti con il nuovo modello di Pubblicaamministrazione che già da qualche anno si va sempre più delineando.

I tre criteri utilizzati per la ridefinizione dell’architettura proposta sono stati i seguenti:

1. il primo criterio è stato quello di orientare i sistemi alle esigenze delle Regioni e, quindialle sette esigenze di orientamento individuate in precedenza nel paragrafo 3:orientamento ai risultati; formalizzazione del triangolo Responsabilità-Obiettivi-Risorse;specializzazione verso i mondi e il mix delle attività istituzionali; introduzione di sistemi divigilanza verso gli Enti locali; facilitazione dei controlli delle macchine delegate;miglioramento del coordinamento tra multi enti / diversi attori nel ciclo di PeC; lotta allacorruzione.

2. il secondo criterio è stato quello di rispettare comunque le disposizioni normative nelladeterminazione delle funzioni di controllo. La proposta è allineata, infatti, al D.Lgs 286/99(non appiattita su di esso, ma comunque non in contrapposizione con il decreto), alleindicazioni della legge 144/99 sugli investimenti pubblici e ai regolamenti dellaCommissione europea 2064/97 e 2406/98 che invece normano il tema della gestione econtrollo dei fondi strutturali dell’Unione Europea.

3. il terzo criterio prevede la prefigurazione di una aggregazione delle funzioni di controlloche faciliti il rispetto delle incompatibilità previste dal D.Lgs 286/99 in termini di attribuzioniorganizzative per gli organismi di controllo.

In sostanza, proprio per essere più concreti, abbiamo rinunciato all’operatività delmanuale, per lavorare invece sul modello complessivo di riferimento del sistema deicontrolli interni, delle relazioni tra di loro e delle relazioni dei controlli con il processo diprogrammazione.

Proprio per questa sua caratteristica di presentare un’architettura generale, che nonscende nei dettagli particolari, il Manuale è rivolto essenzialmente a chi dovrà progettare oriprogettare o ripensare nella propria regione il sistema complessivo di controlli interni.

Il Manuale è rivolto cioè a quanti dovranno prendere decisioni circa il ridisegno del sistemacomplessivo dei controlli, per aiutarli nella progettazione degli interventi di riordino.

Il Manuale infatti non offre soluzioni operative o organizzative predefinite e non èvincolante. Sposa, questo sì, come si è detto, una concezione del controllo non

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burocratica e non prescrittiva, basata sul controllo come autocontrollo e come supportoalle decisioni e sull’integrazione in un unico ciclo della programmazione e del controllo.

L’articolazione del Manuale è coerente con il suo voler essere strumento di lavoro. IlManuale inizia infatti con la presentazione dell’evoluzione del quadro normativo diriferimento in materia di controlli interni nelle Regioni italiane, con l’obiettivo di fornire aglioperatori una cornice di riferimento in termini di fonti normative, linee guida emergenti esoprattutto un quadro sintetico dei vincoli e delle opportunità. Esplicita le esigenze, allequali i sistemi di programmazione e controllo devono dare risposta per contribuireconcretamente alla più generale riforma istituzionale e organizzativa in atto nelle regioni.Da cui la focalizzazione delle finalità in funzione delle quali i sistemi di pianificazionee controllo devono orientarsi.

Propone una ipotesi di architettura “a tendere” per l’evoluzione dei sistemi diprogrammazione e controllo delle Amministrazioni regionali, per quanto riguarda, più inparticolare, le componenti del “controllo strategico” e del “controllo gestionale”, ipotesi allaquale le singole amministrazioni possono e non devono fare riferimento, nella riflessioneal proprio interno.

Presenta quindi una rassegna sintetica dei problemi aperti per le singole amministrazioniregionali con l’esemplificazione delle domande alle quali sarà necessario dare rispostanella progettazione dei sistemi di programmazione e controllo.

Infine, il Manuale, sulla base di un’analisi di tre situazioni tipiche esemplificative dellediverse realtà regionali, individua i possibili percorsi di avvicinamento, dalle situazionitipiche all’architettura “a tendere”, in modo da dare concretezza e un ulteriore contributoagli operatori.

In conclusione, prima di passare ai percorsi di avvicinamento, soffermiamoci sui gradi dilibertà dell'architettura proposta.Questo per riaffermare che il Manuale, è uno strumento per i progettisti, che offre, a nostroavviso, quelli che sono i minimi comuni denominatori utili a tutti per intraprendere i percorsidi progettazione, ma non vuole essere assolutamente prescrittivo; quello che c'è diprescrittivo nel Manuale è solo il paradigma di controllo basato sulle due sceltedell’autocontrollo e dell'orientamento ai risultati. Se si condividono queste due scelte nonc'è nient'altro di prescrittivo e il Manuale fornisce gli elementi minimi utili per avvicinare isistemi al nuovo modello basato su tale paradigma.

Viceversa, ci sono moltissimi gradi di libertà perché il gruppo di lavoro ha ritenutocorretto che molte scelte fossero rimandate alle singole amministrazioni regionali.In primis, le scelte relative alle strutture di programmazione e controllo. Quante e qualidevono essere? Dove devono essere collocate gerarchicamente? In staff all’Autoritàpolitica o ai centri di responsabilità, al centro o in periferia nei Dipartimenti? Che cosaqueste singole strutture presidiano delle funzioni elementari di controllo prima elencate? IlManuale quindi non entra volontariamente nel merito di questo tipo di scelte. Quindi,utilizzare il Manuale nei progetti come spunto, come riferimento, non vincola rispetto allescelte di carattere organizzativo, che sono propriamente nella autonomia di ogni singolaRegione.Non sono specificati gli oggetti critici da controllare e i rispettivi indicatori perché essistessi vanno costruiti sui processi specifici e sulle singole realtà regionali.Infine, non si entra nel merito dell'architettura e delle modalità di gestione dei sistemiinformativi e informatici e nemmeno di quelli che, nelle Regioni, sono chiamati sistemi

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statistici.Di conseguenza, il percorso è lungo e difficile e richiede tutta una serie di approfondimentie di decisioni da assumere all'interno della singola realtà regionale.

La Tavola 9 esemplifica alcune delle domande alle quali le Regioni devono rispondere: i“nodi da sciogliere”.

Tavola 9: Le domande alle quali le Regioni devono rispondere

Programmazione strategicae impatto delle politiche

• Supporto al pensiero strategico?• Quale orizzonte temporale?• Ruolo dei Direttori Generali• Integrazione con il controllostrategico

Decentramento del Controllodi gestione

• Cosa decentrare ?• Sopravvive una funzionecentrale ?• Con quale ruolo ?

I sistemi di PeC di supportoalle decisioni e il sistema diPeC finanziario

• Come integrare il ciclo dibilancio con gli altri due cicli ?•Quale ruolo per la DirezioneBilancio e Ragioneria ?

Valutazione e controllo strategico

• Quale rapporto tra le tre funzionielementari di controllo ?• Quali metodologie, sistemi estrumenti ‘• Come reperire le informazioni ? Solodal controllo di gestione ?

I sistemi informativi

• Un sistema informativo unico ecentralizzato o più sistemiinformativi modulari e integrati traloro ?• Chi gestisce i sistemi ?

Organismi di PeC

• Quante e quali strutture ?• Dove collocarle gerarchicamente ?• Quale ruolo per i CdR di 1° livellotrasversali?• Composizione degli organismi ?

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Il primo nodo è quello sul sistema di “Programmazione strategica e impatto dellepolitiche” del quale, come dicevo prima, anche i Direttori Generali; anche questa è unadecisione che, nel merito e nelle modalità, è lasciata alla singola Regione, così come lemodalità di integrazione con il controllo strategico.

Un secondo nodo da sciogliere è relativo alla Valutazione e controllo strategico: anchequi le metodologie, i sistemi, gli strumenti specifici, la ricerca dei dati e quant'altro sonotutte da costruire, sono tutte domande alle quali ogni Regione deve rispondere.

Un terzo nodo importante è come collegare i vari strumenti di Programmazione econtrollo “sulle cose”, con i sistemi di Programmazione e controllo economico –finanziario. Quindi il rapporto fra le strutture di Programmazione e controllo e la Direzionebilancio e ragioneria.

Il quarto nodo è quello del decentramento del controllo di gestione. Il modello delManuale prevede che il controllo di gestione sia una attività di strettissima pertinenza deicentri di responsabilità, come anche previsto dal D.Lgs 286/99 ed anche da ogni modellodi autocontrollo. Il Manuale però non si addentra tecnicamente, per esempio, nella sceltadi conservare una funzione centrale nella Regione per coordinare i diversi organismi chenecessariamente dovranno nascere, o stanno già nascendo in molte Regioni, o didecentrarla all'interno delle singole Direzioni generali di primo livello. Sicuramentel'esperienza insegna che, come non si può far guidare da soli i "minorenni" finché nonhanno ancora la patente, per molti anni l'esistenza di una funzione centrale debba esseremantenuta, sia per supportare la periferia nello sviluppo dei sistemi, sia per coordinare idiversi sistemi fra di loro e raccordarli con gli strumenti di rilevazione e controllo finanziario(il bilancio) e quant'altro. Altrimenti si rischia di avere dei sistemi, o delle velocità dievoluzione degli stessi, troppo diverse fra di loro.

Quinto nodo. Come abbiamo detto prima, con riferimento ai gradi di libertà, non si entranel merito degli organismi di valutazione e controllo, non si dice quanti, quali, dove essisono collocati, che ruolo hanno, e non si entra nel merito della composizione di taliorganismi. Si possono avere quindi dei nuclei fatti tutti da interni, misti interni ed esterni,ecc. Queste sono scelte che le singole Regioni devono effettuare.

Un sesto nodo è quello dei sistemi informativi, nel merito dei quali, come abbiamo dettoprima, non ci addentriamo.

Queste sono soltanto alcune delle principali domande alle quali comunque una singolaRegione, che voglia intraprendere il percorso di avvicinamento verso le logiche prefiguratenel modello proposto, non può non rispondere.

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7 I PERCORSI DI AVVICINAMENTO DALLA SITUAZIONE ATTUALE ALLAARCHITETTURA “A TENDERE”

Abbiamo visto prima dove si pensa sia corretto andare e quali sono i “nodi da sciogliere”per arrivarci. Vediamo infine il percorso di avvicinamento. Il Manuale identifica le tresituazioni di partenza descritte in precedenza. Con riferimento a queste tre situazioni, ilManuale propone due macro - percorsi di avvicinamento per il disegno/ridisegno deicontrolli interni.

La Tavola 10a illustra il primo percorso di avvicinamento che si riferisce alla situazionenella quale la Regione non ha nessuno strumento e nessuna esperienza.

Tavola 10a: Modello burocratico, nessuno strumento, nessuna esperienza

Una Regione che non ha strumenti e nessuna esperienza, a nostro avviso, deve partireprima di tutto dalla sensibilizzazione delle risorse umane, i centri di responsabilità (passo1); deve poi elaborare un piano di cambiamento organico (passo 2) per gestire il percorsoche inevitabilmente sarà di qualche anno; rispetto a questo, deve subito passare arealizzare dei prototipi progettandoli velocemente e implementandoli subito in sistemiinformativi e statistici (passo 3 e 4). Quindi, per chi non ha niente, non ha esperienze,l'idea è partire subito e avviare comunque dei sistemi, per quanto provvisori e prototipali,in modo da supportare l'attivazione del ciclo di Programmazione e controllo ed iniziarepresto a “fare” Programmazione e controllo di gestione (passo 5). Fatto questo, si puòandare a parlare di modelli (passo 6) così da razionalizzare l'esperienza fatta, quindiprogettare i sistemi definitivi (passo 7) e reintervenire di nuovo sull'informatica e glistrumenti informativi e statistici (passo 8), per attivare infine il ciclo nella versione definitiva(passo 9).

Quindi, in sintesi, se si è in una realtà senza esperienze e strumenti, come nel caso diquasi tutte le Regioni del Sud del Paese, ma anche per qualcuna del Nord, l'importante èpartire con le persone e con gli strumenti, pochi, semplici e implementati velocemente. Masoprattutto iniziare presto a “praticare” il Controllo di gestione.

SENSIBILIZZARERISORSEUMANE

Passo 1Passo 2 PIANO DI

CAMBIAMENTO

Passo 6

MODELLO

Passo 3

PROGETTIDIPROTOTIPI

Passo 4-8 SISTEMI INF.VI ESTATISTICI

Passo 5-9

ATTIVARECICLODI PeC

Passo 7

PROGETTIDISISTEMI

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Per chi invece è già più avanti, cioè con i punti di forza e debolezza che caratterizzano laseconda e la terza situazione tipica (situazioni B e C), si propone un secondo percorsodi avvicinamento completamente diverso, come si può vedere nella Tavola 10b.

Tavola 10b: Modello prescrittivo (PPC)

In questi casi, la concretezza, a nostro avviso, non è l'operatività, non è l'informatica, ma èil ridisegno del modello complessivo di Programmazione e controllo, perché in questi casici sono già molte cose che singolarmente funzionano bene. Ci sono, infatti, moltistrumenti, molti dati, molte persone che sanno già di controllo, però ci sono, comeabbiamo visto prima, dei compartimenti stagni e quindi, a nostro avviso, la cosa piùimportante, è intervenire mettendo a sistema tutte le esperienze precedenti e rivedere ilmodello (passo 1), perché, in tempi molto stretti, è possibile ottenere molto valoreaggiunto. Rivisto il modello, anche in questo caso, bisogna governare tutto l'intervento conun piano di cambiamento predeterminato (passo 2) e attivare subito il ciclo diProgrammazione e controllo di gestione (passo 3), usando gli strumenti che già ci sono. Sitratta quindi di lavorare sul modello, far dialogare queste situazioni esistenti acompartimento stagno e attivare un ciclo più virtuoso di quello precedente. A seguire sipossono avviare degli interventi di sensibilizzazione delle risorse umane (passo 4), perògià con il modello nuovo, e si può entrare in dettaglio nella progettazione enell'implementazione di nuovi sistemi informatici (passo 5 e 6).

Quindi, mentre nel primo percorso di avvicinamento, si era suggerito comunque di avviaredei prototipi, degli strumenti per incominciare, perché c’è il vuoto, in questo secondo casoci sono già tanti strumenti, la priorità è quindi valorizzare le esperienze e le professionalitàche ci sono e intervenire sul modello accelerando sempre di più la velocità diavvicinamento dal modello prescrittivo (PPC) al modello dell'autocontrollo (PeC).

Passo 1

RIDISEGNOMODELLO PeC

Passo 5

PROGETTIDETTAGLIO

Passo 2 PIANO CAMBIAMENTO

Passo 4

SENSIBILIZZARERIS. UMANE

Passo 3-7

ATTIVARECICLODI PeC

Passo 6

SISTEMI INF.VIE STATISTICI

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8 CONCLUSIONI

Per concludere, sono almeno tre i punti che ci sembra opportuno sottolineare come spuntiper ulteriori riflessioni. Questi punti riguardano:- l’esperienza complessiva della realizzazione del Manuale per il controllo strategico e

gestionale, come progetto,- i contenuti fondamentali e l’impatto del Manuale;- il futuro prossimo delle Regioni come enti di governo.

Con riferimento al primo punto, occorre esplicitare che la realizzazione del Manuale hacoinciso con l’esperienza di un vero e proprio project management, con l’individuazione diruoli ben definiti (committenza, project leader, gruppo di lavoro); la definizione di un pianooperativo, con la precisazione di azioni, tempi e responsabilità, compresa la verifica difattibilità del progetto, che ha portato a rivedere gli obiettivi iniziali per tener contodell’evoluzione normativa in corso; scambi periodici tra il gruppo e la committenza ad ogniconclusione/avvio di nuova fase del progetto.In questo senso, la predisposizione del Manuale è stata anche una esperienza formativamolto importante. Il gruppo ha infatti cercato sempre di procedere in modo tale che ilpercorso logico di approfondimento degli aspetti concettuali del manuale procedesse dipari passo con il percorso cognitivo, ovvero che tutti i componenti del gruppo siappropriassero e condividessero i vari passaggi logici di approfondimento successivo.Questa stessa attenzione è stata posta nei confronti della Conferenza, alla quale è statasottoposta, in occasione del Convegno di Potenza, la prima bozza del Manuale e ancorapiù nei confronti della Segreteria tecnica, che è stata coinvolta in tutti i passaggifondamentali del processo di realizzazione del manuale e che ha sempre condiviso evalidato via via i risulta intermedi e finali.

Inoltre, l’esperienza di realizzazione del Manuale ha dimostrato come la costituzione diuna rete tra operatori, appartenenti a realtà anche diverse, possa rappresentare, non solo,un momento di scambio di informazioni, esperienze e quant’altro, ma anche creare lecondizioni per consentire l’effettivo sviluppo di sinergie di cui il Manuale rappresenta ilrisultato concreto.

Con riferimento al secondo punto, va ribadita la portata innovativa del Manuale, cheintroduce una concezione dei controlli più moderna, perché supera le logiche di uncontrollo burocratico e prescrittivo, e più funzionale, perché coerente con l’introduzione,anche nella pubblica amministrazione, di un modello gestionale per obiettivi e risultati, cherichiedono l’implementazione di sistemi di autocorrezione.In altri termini, il Manuale rappresenta un momento di riflessione concettuale, in cui sirifissano nuove coordinate. In questo senso, la portata del Manuale è tale che va riflettutae ponderata anche a distanza di tempo, nel senso che pur apparendo chiara ecomprensibile, almeno agli addetti ai lavori, ha però implicazioni concettuali ecomportamentali molto forti che vanno condivisi non solo formalmente, ma anche esoprattutto sostanzialmente, rivedendo le proprie impostazioni metodologiche e le propriemodalità di lavoro.

Infine, con riferimento al futuro prossimo delle Regioni come enti di governo, è opportunoricordare che, con l’elezione diretta del Presidente, che rafforza il legame tra elettori-eletti;l’effettiva realizzazione dell’autonomia finanziaria, che si giocherà sul fronte delle spese,oltre che delle entrate; del decentramento amministrativo, che rilancia il ruolo della

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Regione quale ente di programmazione e controllo; dello sviluppo della programmazionenegoziata, come modalità di promozione progetti e confluenza delle risorse per finanziarli,la capacità di governo di una regione sarà sempre più valutata sulla base della suacapacità di avere il pieno controllo sugli interventi attuati, sulle leve e sugli strumenti adisposizione, sulle risorse utilizzate.

In altri termini, la credibilità politica regionale dipenderà molto dalla sua capacità diimplementare un sistema organico e complessivo di programmazione e controllo, in gradodi tener conto della complessità e turbolenza dell’ambiente interno ed esterno e dellerelazioni tra gli attori che lo compongono.

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