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Anno IV No. 9 Settembre 2013 ISSN 2039-814X Registro Tumori Umbro di Popolazione Registro Nominativo delle Cause di Morte Registro Regionale dei Mesoteliomi Direttore: Francesco La Rosa Coordinatore: Fabrizio Stracci Dipartimento di Medicina sperimentale. Sezione di Sanità Pubblica. Università degli Studi di Perugia. Regione dell’Umbria. Direzione regionale Salute, coesione sociale e società della conoscenza Il cancro del retto M. Lupattelli, E. Corgna, V. Lancellotta, C. Aristei CancerStat Umbria

CancerStat 9-IV Retto - rtup.unipg.it · colon-retto soprattutto tra i soggetti di età più giovane. Alcuni studi prospettici hanno suggerito l’esistenza di una correlazione tra

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Anno IV No. 9 Settembre 2013 ISSN 2039-814X

Registro Tumori Umbro di Popolazione

Registro Nominativo delle Cause di Morte

Registro Regionale dei Mesoteliomi Direttore: Francesco La Rosa Coordinatore: Fabrizio Stracci

Dipartimento di Medicina sperimentale. Sezione di Sanità Pubblica. Università degli Studi di Perugia.

Regione dell’Umbria. Direzione regionale Salute, coesione sociale e società della conoscenza

Il cancro del retto

M. Lupattelli, E. Corgna,

V. Lancellotta, C. Aristei

CancerStat Umbria

Anno IV No. 9, Settembre 2013 ISSN 2039-814X Codice CINECA-ANCE E205269

Pubblicato da:

Registro Tumori Umbro di Popolazione Dipartimento di Medicina sperimentale. Sezione di Sanità Pubblica. Università degli Studi di Perugia. Via del Giochetto 06100 Perugia

Tel.: +39.075.585.7329 - +39.075.585.7366 Fax: +39.075.585.7317 Email: [email protected]

URL: www.rtup.unipg.it

Registro Tumori Umbro di Popolazione

Registro Nominativo delle Cause di Morte

Registro Regionale dei Mesoteliomi Direttore: Francesco La Rosa

Coordinatore: Fabrizio Stracci

Collaboratori: Anna Maria Petrinelli Daniela Costarelli Fortunato Bianconi Valerio Brunori Daniela D’Alò Silvia Leite Chiara Lupi Rosaria Palano Maria Saba Petrucci Francesco Spano

Regione dell’Umbria. Direzione regionale Salute, coesione sociale e società della conoscenza Emilio Duca Paola Casucci Marcello Catanelli Mariadonata Giaimo

CancerStat Umbria

IL CANCRO DEL RETTO

409

Il cancro del retto

Marco Lupattelli1, Enrichetta Corgna

2,

Valentina Lancellotta1, Cynthia Aristei

3

1 S.C. Radioterapia Oncologica, Azienda Ospedaliera, Perugia 2 S.C. Oncologia Medica, Azienda Ospedaliera, Perugia 3 S.C. Radioterapia Oncologica, Azienda Ospedaliera e Università

degli Studi, Perugia.

EPIDEMIOLOGIA

E’ difficile separare dal punto di vista

epidemiologico il cancro del retto da quello del

colon perché gli studi non considerano

separatamente le due patologie; infatti, in genere,

si parla sempre di cancro del colon-retto. E’ il

terzo tumore più frequente in entrambi i sessi in

Europa, dove si stima che nel 2012 vengano

diagnosticati circa 215.000 nuovi casi, il 30% dei

quali ha origine nel retto (1). L’incidenza è di

circa il 9.4% per il sesso maschile e del 10.1% per

il sesso femminile (2, 3). C’è una differente

distribuzione geografica dell’incidenza che va da

un valore superiore a 40 per 100.000 abitanti nei

paesi occidentali (Stati Uniti, Australia, Europa

occidentale) a un valore inferiore a 5 per 100.000

abitanti in Africa e in alcune zone dell’Asia.

Mentre nei paesi del Nord Europa e della sua

parte occidentale l’incidenza rimane stabile, si

osserva una tendenza alla riduzione negli Stati

Uniti ed una tendenza all’incremento nei paesi

asiatici e dell’Europa dell’Est a rapido sviluppo

economico. La mortalità complessiva nel mondo

per cancro del colon-retto è circa la metà

dell’incidenza e la neoplasia rappresenta la quarta

causa di morte per cancro. Nei paesi occidentali

la mortalità è in riduzione sia nel sesso maschile

che nel sesso femminile a causa di una diagnosi

precoce e per l’accesso a migliore trattamento

chirurgico e a terapia adiuvante, mentre è in

incremento nei paesi dell’Europa dell’Est. La

sopravvivenza dei pazienti con cancro del retto è

altamente dipendente dallo stadio della malattia

alla diagnosi e in Europa è del 54% a 5 anni (1,

4). Nei pazienti con malattia localizzata la

sopravvivenza a 5 anni è intorno al 90%, nella

malattia a localizzazione regionale intorno al 70%

e nella malattia metastatica circa il 10%.

FATTORI DI RISCHIO

Numerosi sono i fattori di rischio associati

all’incidenza del cancro del colon-retto, alcuni

non sono modificabili come l’età e i fattori

ereditari, mentre i fattori ambientali e quelli legati

allo stile di vita possono essere modificati.

L’incidenza del cancro del colon-retto aumenta

con l’età, dai 40 anni aumenta progressivamente

e oltre il 90% dei tumori si presenta in pazienti

con età superiore ai 50 anni, anche se è in

aumento nelle persone più giovani; infatti negli

Stati Uniti il tumore del colon-retto è uno dei 10

tumori più frequenti tra i 20 e 49 anni di

entrambi i sessi (5).

Circa il 95% dei casi di cancro del colon-retto

sporadico si sviluppa da polipi adenomatosi che

costituiscono lesioni precancerose. Il periodo di

latenza per la trasformazione maligna di un

polipo è stimato dai 5 ai 10 anni, la scoperta e la

rimozione di un adenoma prima della sua

trasformazione maligna riduce il rischio del

cancro del colon-retto anche se c’è una maggiore

probabilità, rispetto alla popolazione generale, di

IL CANCRO DEL RETTO

410

sviluppare in futuro un tumore metacrono. Un

individuo con una storia di adenoma ha un

rischio maggiore di sviluppare un cancro del

colon-retto rispetto a un altro che non ha mai

avuto adenomi (6, 7).

Anche i pazienti affetti da malattie infiammatorie

dell’intestino, come la retto-colite ulcerosa o il

morbo di Crohn, hanno un rischio di sviluppare

un cancro del colon-retto da 4 a 20 volte

superiore ai soggetti normali.

La maggior parte dei tumori del colon-retto si

presenta in soggetti che non hanno una storia

familiare di cancro del colon-retto o malattie

predisponenti, tuttavia circa il 20% dei pazienti

ha un altro membro della famiglia che è stato

affetto da questa malattia. Le persone con una

storia di cancro del colon-retto o di polipi

adenomatosi in uno o più parenti di primo grado

hanno un rischio aumentato di ammalarsi di

cancro; il rischio aumenta se la storia familiare è

più forte come avere un parente di primo grado

ad un’età < ai 60 anni o due o più parenti di

primo grado ad ogni età. Circa il 5-10% dei

cancri del colon-retto dipendono da malattie

ereditarie. Le più comuni sono le sindromi

poliposiche comprendenti la FAP (Familial

Adenomatous Polyposis) e le sue varianti, la

MAP (MYH-Associated Polyposis) e le poliposi

amatromatose (PJS-Peutz-Jeghers Syndrome-e

JPS-Juvenile Polyposis Syndrome) e la sindrome

di Lynch definita anche Hereditary Non

Polyposis Colorectal Cancer (HNPCC). Sono

stati identificati anche i geni responsabili di

queste 2 forme ereditarie: la FAP, così come le

sue varianti, è una sindrome a trasmissione

autosomica dominante legata a una mutazione

del gene oncosoppressore APC (adenomatous-

polyposis-coli), mentre la HNPCC è associata a

mutazione a carico dei geni del “mismatch

repair” (principalmente MLH1 ed MSH2, meno

frequentemente MSH6 e più raramente PMS2)

che codificano proteine coinvolte

nell’identificazione e riparazione del DNA (8-10).

L’identificazione dei pazienti affetti da tale

patologia è necessaria per la definizione di

adeguati programmi di sorveglianza clinica.

Alcune evidenze suggeriscono che lo sviluppo

del tumore del colon-retto può essere associato a

un alto consumo di carni rosse e a basso

consumo di fibre e vegetali. Anche una vita

sedentaria con scarsa attività fisica, e di

conseguenza, il sovrappeso e l’obesità, sono

fattori che incrementano il rischio di ammalarsi

di cancro del colon-retto, mentre un regolare

esercizio fisico riduce il rischio. Il fumo di

sigarette è responsabile di circa il 12% delle morti

per cancro colo-rettale poiché le sostanze

cancerogene presenti sono importanti per lo

sviluppo dei polipi adenomatosi. Anche l’abuso

di alcool, che agendo da solvente permette la

penetrazione di altre molecole cancerogene e

genera radicali liberi e quasi sempre si associa ad

una dieta povera di nutrienti essenziali, è un

fattore che favorisce lo sviluppo di cancro del

colon-retto soprattutto tra i soggetti di età più

giovane. Alcuni studi prospettici hanno suggerito

l’esistenza di una correlazione tra la carenza di

vitamina D, l’incidenza di cancro del colon-retto

e un’aumentata mortalità specie negli III-IV stadi

di malattia. Attualmente però non vi sono

evidenze che supportino il ruolo terapeutico della

vitamina D in ambito oncologico (11-13).

Il tumore del colon-retto può essere rivelato

dallo screening, di conseguenza la diagnosi e la

cura possono essere applicate in maniera

tempestiva e condurre alla riduzione della

mortalità che è l’obiettivo principale dello

screening. I metodi usati per lo screening sono i

seguenti: FOBT (test del sangue occulto), la

sigmoidoscopia, la colonscopia, la colonscopia

virtuale. Le indicazioni sulle modalità dello

screening non sono univoche. Gli strumenti più

aggressivi come la colonscopia avrebbero una

maggiore sensibilità diagnostica ma a scapito

della accettabilità del test, la sigmoidoscopia che

è meno aggressiva avrebbe una migliore

accettazione ma identifica il 30-40% delle lesioni.

La ricerca di sangue occulto nelle feci è più

accettabile ma ha bassa sensibilità e deve essere

IL CANCRO DEL RETTO

411

ripetuto ogni due anni perché risulti efficace. Per

la determinazione del sangue occulto il test

immunologico sembra superiore al test al

guaiaco. L’uso di marcatori fecali e della

colonscopia virtuale sono ancora sperimentali e

non codificati. Per i soggetti che presentano un

rischio aumentato di sviluppare un tumore del

colon-retto per storia familiare, pregresso tumore

o polipo, malattie infiammatorie intestinali lo

screening con colonscopia va iniziato in età più

precoce e condotto con maggiore frequenza. Per

i pazienti con sindromi familiari ereditarie

esistono protocolli di sorveglianza più intensivi

(11-13).

ANATOMIA

In relazione alla sede di insorgenza si distinguono

tumori del retto alto, medio e basso. Il retto alto

inizia a una distanza dal margine anale superiore

a 11-12 cm e si estende per 3-4 cm (questa

misurazione può variare in base alla metodica

utilizzata) fino alla giunzione con il sigma. Questa

parte è rivestita da peritoneo e le neoplasie

insorte in questa sede hanno un comportamento

biologico simile a quelle insorte nel colon e come

tali possono essere usualmente trattate (neoplasie

del retto intraperitoneale). Il retto medio è situato

tra gli 11 e i 7 cm, mentre il retto basso a una

distanza inferiore ai 7 cm dal margine anale. Il

limite distale è rappresentato dalla linea pettinea

(o linea dentata) che definisce l’inizio del canale

anale. Il retto medio e basso o retto

extraperitoneale è avvolto dal mesoretto che è un

tessuto linfovascolare, adiposo e nervoso. Esso è

delimitato dalla fascia viscerale, che origina dal

promontorio sacrale e termina a livello della

fascia che ricopre i muscoli elevatori dell’ano. Il

drenaggio linfatico e satellite delle arterie avviene

principalmente in tre direzioni: a) il primo livello

è localizzato nel mesoretto e drena in senso

craniale verso i linfonodi mesenterici inferiori; b)

lateralmente nei linfonodi iliaci interni e, con

minore incidenza, c) caudalmente nei linfonodi

iliaci esterni e negli inguinali. La stadiazione

clinica e patologica considerata di riferimento è

quella aggiornata di recente dall’AJCC secondo la

classificazione TNM 7a edizione del 2010 (14),

anche se alcuni autori suggeriscono la 5a edizione

e spesso si utilizza ancora la stadiazione secondo

Dukes modificata secondo Astler-Coller.

DIAGNOSI

Il cancro del retto può essere diagnosticato in un

paziente che presenta sintomi o può risultare in

un soggetto sottoposto a screening. Nel sospetto

di una neoplasia del retto i pazienti devono

essere sottoposti a colonscopia totale. La

pancolonscopia è considerata l’esame più

importante per la diagnosi delle neoplasie colo-

rettali con una sensibilità del 96-97% e una

specificità del 98% (I, A). La colonscopia deve

escludere lesioni sincrone o altre condizioni

patologiche del colon o del retto e consente di

eseguire un prelievo bioptico. In caso di stenosi

che renda impossibile la colonscopia totale

questa deve essere prevista entro 6-12 mesi

dall’intervento chirurgico. In alternativa alla

colonscopia totale si può impiegare la

rettosigmoidoscopia associata al clisma con

doppio contrasto. La colonscopia virtuale può

essere utile nello studio del colon in alternativa al

clisma opaco nei pazienti che non hanno una

colonscopia completa. Nei tumori del retto è

fondamentale l’esecuzione dell’esplorazione

rettale che consente di valutare clinicamente

neoplasie fino a 6-7 cm dall’orifizio anale.

Macroscopicamente il tumore del retto si

presenta come lesione ulcerata, ulcero-vegetante

o stenosante il lume intestinale. Istologicamente

la variante più frequente è costituita

dall’adenocarcinoma; forme più rare come il

linfoma, il tumore neuroendocrino, il carcinoma

epidermoidale e il tumore stromale gastro-

intestinale rappresentano solo il 3% dei tumori

rettali.

IL CANCRO DEL RETTO

412

PRESENTAZIONE CLINICA E

SINTOMI

Molto simili a quelli del tumore del colon, nel

tumore del retto possono manifestarsi i seguenti

sintomi: sanguinamento, modificazioni delle fun-

zioni intestinali, dolore addominale, ostruzione

intestinale, perdita di peso, calo dell’appetito,

debolezza. L’esame clinico (esplorazione rettale)

può far rilevare una massa palpa-bile e la

presenza di sangue rosso vivo nel retto. Nella

malattia metastatica possono essere presenti

adenopatie palpabili, epatomegalia o segni clinici

di malattia polmonare. Gli esami di laboratorio

possono rilevare la presenza di anemia ferro-

carenziale o alterazioni della funzione epatica (15,

16).

STADIAZIONE

Poiché il carcinoma del retto extraperitoneale

presenta delle peculiarità sia da un punto di vista

diagnostico che terapeutico, che lo distinguono

dal carcinoma del retto intraperitoneale, è

fondamentale identificare la posizione del tumore

rispetto alla riflessione peritoneale. La sede e

l’estensione locale di malattia vengono infatti

utilizzati per definire l’approccio terapeutico più

adeguato sia da un punto di vista chirurgico (tipo

e intento) che non chirurgico (eventuale

trattamento preoperatorio radioterapico o radio-

chemioterapico) (III, A) (17-21). Un’accurata

stadiazione ci permette inoltre di definire la

presenza di metastasi a distanza che indirizza il

paziente verso un trattamento chemioterapico.

Tutti i pazienti con cancro del retto devono

essere sottoposti a valutazione clinica adeguata,

esami di laboratorio (profilo emato-biochimico) e

IL CANCRO DEL RETTO

413

valutazione dello stato di salute (cosiddetto

“performance status”) rapportato anche ad

eventuali comorbidità concomitanti. Complessi-

vamente per una adeguata stadiazione di malattia

è raccomandato eseguire l’eco-endoscopia rettale,

RM pelvi con mdc e TC torace-addome con mdc

(17-21). Parametro T e N. Come detto, la

neoplasia viene identificata con l’esplorazione

rettale (completata nella donna con la visita

ginecologica) e la rettoscopia (endoscopio rigido

o flessibile) con biopsia. Il riferimento anatomico

per esplorazione rettale e rettoscopia è il margine

anale, mentre per la RM è la giunzione anorettale

ossia lo sfintere anale interno (SAI). La

definizione della sede (retto inferiore vs medio vs

superiore) è più attendibile e accurata con

l’endoscopio rigido piuttosto che con quello

flessibile (22). La RM rappresenta l’esame più

accurato per l’identificazione della neoplasia e la

posizione rispetto alla riflessione peritoneale e

all’apparato sfinterico. L’estensione transparietale

della neoplasia (grado d’infiltrazione della parete,

coinvolgimento fascia mesorettale, interessa-

mento organi circostanti) viene valutata con eco-

endoscopia e RM (23). Dati provenienti da una

meta-analisi di 90 studi che hanno valutato il

ruolo di eco endoscopia, RM e TC nella

stadiazione preoperatoria del cancro del retto,

dimostrano che eco endoscopia e RM hanno

grado di sensibilità sovrapponibile (94%) nel

definire l’interessamento parietale di malattia

quantunque l’eco-endoscopia sia risultata più

specifica nel definire infiltrazione neoplastica (86

vs 69%) (24). La TC non è attualmente consi-

derata l’opzione diagnostica ottimale per definire

l’estensione locale di malattia; anche se quando la

RM non è disponibile, rappresenta una valida

alternativa per i tumori del retto medio-superiore

(21). Il limite principale dell’eco-endoscopia e

della RM è la capacità di differenziare il T2 dal

T3; infatti il rischio di sovrastimare l’estensione

di malattia arriva fino al 30-40% (21). Il cT3

rappresenta un sottogruppo estremamente

eterogeneo con rischi differenti di ripresa locale e

a distanza. Una limitazione all’uso dell’eco-

endoscopia è l’alto grado di dipendenza

dall’operatore e la presenza di lesioni stenosanti

(24). Inoltre l’eco-endoscopia ha una minore

accuratezza diagnostica nelle neoplasie

localmente avanzate del retto medio-superiore.

Viceversa il vantaggio della RM è la capacità di

ottenere immagini di alta qualità per lo studio del

mesoretto e della fascia mesorettale (24); per tale

motivo tale esame viene considerato di scelta nei

pazienti con malattia localmente avanzata (cT3-

T4) (18, 25-27). I dati di letteratura dimostrano

che l’eco-endoscopia è da preferire nelle lesioni

iniziali (cT1-T2), mentre nelle forme localmente

avanzate (cT3-T4) l’utilizzo della RM consente

una migliore definizione del grado d’infiltrazione

del mesoretto, della fascia mesorettale e degli

organi circostanti. Eco-endoscopia e RM hanno

la stessa accuratezza nel definire l’infiltrazione

dell’apparato sfinterico (17, 20, 21) (III, A). Ai

fini della valutazione del parametro N, tutte le

indagini diagnostiche disponibili (eco-

endoscopia, TC, RM) presentano limitazioni,

essendo la diagnosi basata su criteri dimensionali

(diametro ≥ 8 mm). Se le indagini strumentali

non documentano linfonodi di dimensioni ≥ 8

mm con caratteristiche radiologiche di malignità

ma solo linfonodi più piccoli, l’accuratezza

diagnostica, indipendentemente dalla metodica

impiegata, si riduce ulteriormente perché la

maggior parte delle metastasi linfonodali si

verificano in linfonodi di diametro inferiore ai 6

mm rendendo pertanto non adeguato il criterio

dimensionale. Dati derivanti da una meta-analisi

dimostrano che sensibilità e specificità delle tre

metodiche sono sovrapponibili: TC 55% e 74%,

eco-endoscopia 67% e 78%, RM 66% e 76% (21,

24, 28). La PET-TC con FDG non migliora

l’accuratezza diagnostica linfonodale (IV, D).

Pertanto per la capacità di studiare tutte le

stazioni linfonodali pelviche (intra- ed extra-

mesorettali) la RM viene considerato l’esame di

scelta (26, 27) (II, B). Parametro M. La TC

torace-addome superiore rappresenta l’esame di

elezione per la definizione dell’estensione di

malattia extrapelvica (IV, A) (17-21). Infatti la TC

IL CANCRO DEL RETTO

414

è superiore in termini di accuratezza diagnostica,

sia all’ecografia epatica che all’Rx del torace nella

definizione del coinvolgimento rispettivamente

epatico e polmonare. Non vi è indicazione all’uso

routinario della PET o alla RM per lo studio del

fegato. In particolare la PET va riservata a casi

particolari (es. pazienti candidabili a resezione di

metastasi epatiche o polmonari o esclusione di

metastasi in pazienti con valore molto elevato di

CEA alla diagnosi oppure per la definizione di

adenopatie pelviche) (I,C) e la RM dell’addome

superiore con mdc può essere utilizzata in

alternativa alla PET per chiarire la natura di

lesioni epatiche di incerto significato (con mdc

epatospecifici) o quando vi è controindicazione

all’uso di mdc iodati (IV, A). La scintigrafia ossea

e lo studio dell’encefalo (TC/RM) devono essere

utilizzati solo in pazienti con sintomi specifici di

localizzazione di malattia (IV, B) (17-21).

MARCATORI TUMORALI

Il marcatore tumorale più studiato è l’antigene

carcinoembrionale o CEA che può essere utile

nella stadiazione preoperatoria, nel monitoraggio

dei pazienti in trattamento chemioterapico o

chemio-radioterapico e nel follow-up dei pazienti

operati e sottoposti a terapie adiuvanti. Tuttavia il

CEA presenta un basso valore predittivo per la

diagnosi in pazienti asintomatici legato alla

relativa bassa specificità e sensibilità. Quan-

tunque parimenti impiegato, la determinazione

del CA 19-9 non è sostenuta da uguali evidenze

scientifiche (29, 30).

PROGNOSI

La ripresa di malattia (sia come metastasi a

distanza o loco-regionale) dopo chirurgia radicale

è il problema più importante e molto spesso è

causa di morte. La prognosi del cancro del retto

dipende da numerosi fattori, in particolare dallo

stadio del tumore e dalla sua biologia ma anche

da fattori relativi al paziente:

- presenza o assenza di malattia nei linfonodi

loco-regionali e numero dei linfonodi interes-

sati

- adesione o invasione degli organi adiacenti

- presenza o assenza di metastasi a distanza

- grado di differenziazione tumorale G3-4, l’in-

vasione linfatica, venosa e perineurale e l’in-

teressamento del margine di resezione.

- Perforazione o ostruzione dell’organo

- Interessamento del margine di resezione cir-

conferenziale

Ci sono altri potenziali fattori prognostici come

p53, k-ras, espressione bcl-2, l’indice di

proliferazione cellulare e l’aneuploidia che sono

in studio per valutare la condizione ad alto

rischio.

Anche la presenza di elevati valori preoperatori

di CEA può rappresentare un indice di prognosi

sfavorevole.

Tuttavia solo lo stadio di malattia (tumore,

linfonodi e metastasi a distanza) è parametro vali-

dato. La sopravvivenza a 5 anni dei pazienti

affetti da cancro del retto è maggiore del 90% per

lo stadio I, del 60-85% per lo stadio II e del 25-

80% per lo stadio III. I pazienti con stadio IV di

malattia presentano una sopravvivenza a 5 anni

inferiore al 10%. Nell’ambito di ogni stadio il

rischio di ripresa della malattia e la sopravvivenza

globale variano in base ai differenti sottogruppi

definiti dal parametro T e N (31).

CLASSIFICAZIONE TNM

Il TNM è un duplice sistema che include una

classificazione clinica (pre-trattamento) e

patologica (istopatologica post-chirurgica). E’

necessario distinguere le due classificazioni

poiché sono basate su differenti metodiche di

esame e si propongono scopi diversi. La classi-

ficazione clinica è definita cTNM, mentre quella

patologica pTNM. Quando la sigla TNM viene

impiegata senza alcun prefisso si intende quale

classificazione clinica. In generale il cTNM rap-

IL CANCRO DEL RETTO

415

presenta la base per la scelta di trattamento e il

pTNM la base per la valutazione prognostica.

Classificazione TNM-American Joint

Committee on Cancer (AJCC) 7th edition

2010 (14).

TX Tumore primitivo non definibile

T0 Tumore primitivo non evidenziabile

Tis Carcinoma in situ: intraepiteliale o invasione

della lamina propria [comprende cellule tumorali

confinate all’interno della membrana basale

ghiandolare (intra-epiteliale) o della lamina pro-

pria (intramucosa) che non raggiungono la sotto-

mucosa]

T1 Tumore che invade la sottomucosa

T2 Tumore che invade la muscolare propria

T3 Tumore con invasione attraverso la musco-

lare propria nella sottosierosa o nei tessuti

pericolici e perirettali non ricoperti da peritoneo

T4 Tumore che invade direttamente altri organi o

strutture e/o perfora il peritoneo viscerale

T4a tumore che perfora il peritoneo viscerale

T4b tumore che invade direttamente altri organi

o strutture

NX Linfonodi regionali non valutabili

N0 Non metastasi nei linfonodi regionali

N1 Metastasi in 1-3 linfonodi regionali

N1a metastasi in 1 linfonodo

N1b metastasi in 2-3 linfonodi

N1c depositi tumorali satelliti nella sottosierosa o

nei tessuti non peritonealizzati pericolici e

perirettali senza evidenza di metastasi linfonodali

regionali

N2 Metastasi in 4 o più linfonodi regionali

N2a Metastasi in 4-6 linfonodi

N2b Metastasi in 7 o più linfonodi

MX Metastasi a distanza non accertabili

M0 Assenza di metastasi a distanza

M1 Metastasi a distanza

M1a metastasi confinate ad un organo (fegato,

polmone, ovaio, linfonodi extraregionali)

M1b metastasi in più di un organo o nel

peritoneo

Suddivisione in stadi.

Stadio 0 Tis N0M0

Stadio I T1N0M0

T2N0M0

Stadio IIa T3N0M0

Stadio IIb T4aN0M0

Stadio IIc T4bN0M0

Stadio IIIa T1-2, N1a-c, M0

T1, N2a, M0

Stadio IIIb T3, T4a, N1a-c,M0

T2-3, N2a, M0

T1-2, N2b, M0

Stadio IIIc T4a, N2a-b, M0

T3, N2b, M0

T4b, N1-2, M0

Stadio IVa Ogni T, ogni N, M1a

Stadio IVb Ogni T, ogni N, M1b

Note.

cTNM: classificazione clinica.

pTNM: classificazione patologica.

Prefisso “y”: tumori rettali classificati dopo

trattamento neoadiuvante.

Prefisso “r”: tumori rettali recidivati dopo un

intervallo libero da malattia.

DEFINIZIONE DEL TRG (Tumor

Regression Grade dopo terapia

neoadiuvante).

Esistono due classificazioni speculari. E’ quindi

importante definire a quale ci si riferisce.

Grado (sec. Mandard) (32):

1. non cellule tumorali residue

2. occasionali cellule tumorali residue con marca-

ta fibrosi

3. marcata fibrosi con cellule tumorali sparse o in

gruppi

4. abbondanti cellule tumorali con scarsa fibrosi

5. non regressione tumorale

Grado (sec. Dworack) (33):

IL CANCRO DEL RETTO

416

TRG 0: assenza di regressione

TRG 1: regressione minore: massa tumorale con

fibrosi inferiore al 25% della massa

TRG 2: Regressione moderata: fibrosi nel 26-

50% della massa tumorale residua

TRG 3: Buona regressione: fibrosi superiore al

50% della massa tumorale

TRG 4: Regressione completa.

CHIRURGIA

La chirurgia rappresenta la principale opzione

terapeutica con intento curativo dei tumori del

retto. In base a sede ed estensione di malattia, si

possono utilizzare una vasta gamma di opzioni

chirurgiche. Queste includono: procedure locali

quali polipectomia, escissione transanale e TEM

(transanal endoscopic microsurgery) o procedure

più invasive comprendenti la resezione anteriore

del retto (RAR) con TME (total mesorectal

excision) e amputazione addomino-perineale

(AAP) (34, 35).

L’escissione transanale o la TEM possono essere

appropriate per tumori allo stadio iniziale (cT1)

selezionati, cioè caratterizzati da lesioni di

dimensioni inferiori a 3 cm situati entro 8 cm dal

margine anale, adenocarcinomi ben o modera-

amente differenziati (G1 o G2), limitati a un

terzo della circonferenza e per i quali non vi è

evidenza di coinvolgimento linfonodale (N0).

Tali procedure comportano l’escissione a tutto

spessore fino al grasso perirettale con

l’ottenimento di margini di resezione profondi e

mucosi liberi da malattia. Deve essere evitata la

frammentazione della lesione; il frammento

escisso va orientato e bloccato prima della

fissazione per consentire una corretta valutazione

anatomopatologica del pezzo. Le procedure

locali hanno minima morbidità e mortalità e

consentono un rapido recupero postoperatorio

(36). Se l’esame patologico documenta fattori

prognostici negativi (categoria “high-risk”)

rappresentati da margini chirurgici positivi,

grading elevato (G3), invasione venolinfatica o

invasione del terzo esterno della sottomucosa

(sm3) è raccomandata chirurgia radicale (TME)

(II, A) (29, 37-40). Viceversa nella categoria

“low-risk” (rischio di metastasi linfonodali circa

2%) caratterizzata dai dati clinici suddetti

comprendenti morfologia non piatta o ulcerata e

associati a infiltrazione confinata agli strati

superficiali della sottomucosa (sm1, sm2),

assenza di invasione venolinfatica, istologia non

mucinosa, margini chirurgici negativi, l’escissione

locale va ritenuta un trattamento adeguato (III,

B) (37-39, 41-44). Nelle lesioni cT2 (ovvero dove

c’è l’infiltrazione della parete muscolare) non vi

sono dati di letteratura che possano giustificare

l’escissione locale nella pratica clinica quotidiana.

Pertanto la chirurgia radicale TME rappresenta lo

standard terapeutico (II, A) (29, 36-40). La

limitazione principale delle procedure locali è

rappresentata dall’impossibilità di definire lo

stato patologico linfonodale. Infatti mentre il

rischio di metastasi linfonodali per carcinomi T1

“low-risk” è dell’ordine del 2%, nei T1 “high-

risk” può raggiungere il 20% (pari a quello del

T2). In questo contesto clinico le metastasi

linfonodali sono di difficile identificazione con

l’eco-endoscopia. Questo giustifica il dato di

letteratura secondo cui i pazienti non selezionati

trattati con escissione locale hanno una maggiore

incidenza di recidive locali rispetto a quelli trattati

con chirurgia radicale (36, 45-47).

I pazienti con cancro del retto che non hanno i

requisiti per una chirurgia locale, devono essere

sottoposti a chirurgia radicale standard. Il

controllo loco-regionale di malattia nella

chirurgia del cancro del retto è cambiato dram-

maticamente negli ultimi 15-20 anni. La TME

rappresenta la procedura chirurgica

raccomandata in pazienti con neoplasia del retto

extraperitoneale (ovvero retto medio e inferiore)

(17-21). Essa comporta la rimozione in blocco

del mesoretto che comprende il tumore, le

strutture linfatiche e vascolari, il tessuto adiposo

fino alla fascia mesorettale con risparmio, quanto

più possibile, del sistema nervoso autonomo (35,

48-50). Tale procedura determina in particolare la

rimozione del tessuto di drenaggio linfatico di

IL CANCRO DEL RETTO

417

tumori situati sopra il piano dei muscoli elevatori

dell’ano. Non è raccomandata pertanto l’esten-

sione della dissezione linfonodale oltre il campo

di resezione della TME (es. stazioni linfonodali

iliache interne o otturatorie), a meno che questi

linfonodi non siano clinicamente sospetti (51).

C’è sufficiente unanimità nel definire 1 cm come

limite minimo accettabile di margine libero

distalmente al limite inferiore della neoplasia,

tranne che nei casi trattati con terapie

preoperatorie (radioterapia o radio-chemiotera-

pia), che possono usufruire di un margine anche

sottocentimetrico in caso di risposta completa o

quasi completa al trattamento preoperatorio. Può

essere utile eseguire un esame istologico

intraoperatorio per escludere l’infiltrazione della

trancia di resezione distale. Nel caso in cui la

struttura sfinterica anale sia libera da malattia e

ben funzionante, la procedura viene completata

con un’anastomosi colo-anale (chirurgia conser-

vativa). La ricostruzione della continuità digestiva

può essere diretta oppure prevedere il confezio-

namento di una neoampolla a J (J-puoch) nel

tentativo di migliorare la funzione sfinteriale del

paziente. La confezione di una stomia tempora-

nea (ileo o colostomia) è sempre consigliata nelle

anastomosi colo-anali o colorettali basse con

TME, specie dopo trattamenti preoperatori, per

il maggior rischio di complicanze perioperatorie

(deiscenza anastomosi) (50, 52).

Per lesioni neoplastiche del terzo superiore del

retto (intraperitoneale) il trattamento di scelta è

rappresentato dalla resezione anteriore del retto

che si estende per 4-5 cm al di sotto del limite

inferiore della neoplasia (escissione parziale del

mesoretto) con la creazione di anastomosi colo-

rettale (50, 52).

Quando la neoplasia coinvolge lo sfintere anale e

il piano dei muscoli elevatori dell’ano, è

raccomandata l’amputazione addomino-perinea-

le. Tale procedura comporta l’asportazione in

blocco del retto, mesoretto, ano, del tessuto

adiposo perianale e la creazione di una

colostomia definitiva (53). Dati di letteratura pro-

venienti da una “pooled analysis” di cinque studi

randomizzati Europei relativi a pazienti con

neoplasia localmente avanzata (cT3-T4) hanno

dimostrato un’associazione tra la AAP e l’au-

mentato rischio di recidiva e di morte (54, 55). Si

ritiene che tutti i pazienti candidati a intervento

di amputazione addomino-perineale debbano

essere sempre valutati per un eventuale

trattamento preoperatorio finalizzato alla conser-

vazione sfinterica (17, 19, 20).

Dati relativi a studi randomizzati, dimostrano la

fattibilità e l’efficacia della chirurgia laparosco-

pica. Il principale vantaggio è la minore invasività

dell’atto chirurgico rispetto all’opzione standard

(laparotomica), con conseguente minor dolore

postoperatorio, minore perdita di sangue,

precoce ripresa della funzione intestinale e delle

normali attività quotidiane, unitamente ad un

vantaggio estetico. Sebbene manchino dati a

lungo termine degli studi randomizzati relativi

alla sopravvivenza sia globale che libera da

malattia che giustifichino l’uso della laparoscopia

nella pratica clinica, essa è già ampiamente

utilizzata in molti centri. E’ tuttavia opinione

diffusa che l’uso della chirurgia laparoscopica

dovrebbe essere riservata a chirurghi con ampia

esperienza che operano in centri qualificati.

Quanto alla chirurgia robotica, che negli ultimi

anni si è affiancata a quella laparoscopica, i

risultati a distanza sono ancora da valutare e i

costi restano elevati (19, 56, 57).

Dati di letteratura dimostrano che il volume

operatorio del singolo chirurgo e dell’equipe in

cui lavora è un fattore collegato non solo alla

mortalità e alla percentuale di complicanze

perioperatorie, ma anche alla prognosi dei

pazienti. Pertanto il chirurgo deve essere consi-

derato fattore prognostico indipendente (58).

Il chirurgo deve riportare nella descrizione

dell’intervento chirurgico (“report”), la tecnica

chirurgica eseguita (con particolare riferimento al

tipo di chirurgia e anastomosi confezionata), sede

intra o extraperitoneale ed estensione della

neoplasia, eventuali residui di malattia. In tal caso

è consigliabile posizionare clips chirurgiche

IL CANCRO DEL RETTO

418

finalizzate alla migliore definizione del volume di

trattamento radioterapico postoperatorio (19,

20).

ANATOMIA PATOLOGICA

La stadiazione patologica di malattia si ottiene

dall’esame del campione chirurgico. E’

consigliato fare riferimento a linee guida

nazionali o internazionali per la processazione e

la refertazione patologica. A tale proposito le

linee guida del Royal College of Pathologists del

Regno Unito sono diffusamente accettate come

standard minimo per il report di tale patologia

(59). Sono da considerarsi criteri diagnostici

minimi da riportare obbligatoriamente nel referto

patologico: descrizione macroscopica del pezzo

operatorio, istotipo, grado di differenziazione,

profondità di invasione tumorale ed eventuale

estensione a organi circostanti, invasione veno-

linfatica, invasione perineurale, distanza e stato

dei margini di resezione prossimale, distale e

circonferenziale, numero di linfonodi esaminati e

numero di linfonodi sede di malattia. La

completezza della resezione viene classificata

come R0 in caso di asportazione radicale con

margini chirurgici negativi; R1 per resezioni

incomplete con coinvolgimento del/i margine/i

chirurgico/i; R2 per resezioni incomplete con

residuo macroscopico di malattia non asportato.

Il margine circonferenziale o CRM (circum-

ferential resection margin) è un importante

parametro patologico che definisce lo spazio più

piccolo esistente tra il tumore e il margine

chirurgico ottenuto sul tessuto adiposo circo-

stante il retto (creato dal chirurgo lungo la fascia

mesorettale) o dal bordo di un linfonodo, e va

misurato in millimetri. Si definisce positivo un

CRM inferiore a 1 mm. Se comunque il CRM è

inferiore a 2 mm il paziente ha un alto rischio di

ripresa di malattia. Il CRM è fattore prognostico

indipendente sia per la recidiva locale che per la

sopravvivenza (19, 21, 60-62).

Numerosi studi dimostrano che la presenza di

invasione perineurale è associata a prognosi

significativamente peggiore. Questo compor-

tamento è documentato nel cancro del retto

stadio II-III (63).

Il patologo svolge un ruolo fondamentale nella

definizione dei margini chirurgici, adeguatezza

della asportazione del mesoretto e stato del CRM

(62, 64). Il patologo dovrebbe riportare nel

referto descrizione relativa ad adeguatezza

asportazione del mesoretto e integrità della fascia

mesorettale (62, 64, 65).

L’AJCC e il Collegio dei Patologi Americani

(CAP) raccomandano il campionamento rispet-

tivamente di 10-14 e 12-18 linfonodi per una

corretta stadiazione di malattia (66). Il numero

dei linfonodi esaminati varia con l’età, sesso,

grado di differenziazione e sede della neoplasia. Il

numero medio di linfonodi campionati dopo

trattamento preoperatorio è significativamente

minore di quelli ottenuti dopo chirurgia imme-

diata. Due studi hanno definito rispettivamente

in quattordici e superiore a dieci il numero

minimo di linfonodi da esaminare in pazienti non

sottoposti o sottoposti a trattamento

preoperatorio con radioterapia. Vi è consenso tra

le varie linee guida nel raccomandare il

campionamento di almeno dodici linfonodi (14,

67-69).

Vi sono evidenze a favore di una retrostadiazione

di malattia (“downstaging”) nei pazienti

sottoposti a chemio-radioterapia preoperatoria; di

questi circa un quarto ottiene una remissione

patologica completa. Come già definito nella

settima edizione del TNM e nelle linee-guida

nazionali e internazionali, quantunque non sia

stato ancora documentato il suo valore

prognostico, il patologo deve riportare il grado di

regressione tumorale (TRG) ottenuto dopo

trattamento preoperatorio. A tale proposito è

raccomandato l’utilizzo del TRG secondo

Mandard o Dworack (20, 32, 33).

I noduli satelliti o depositi tumorali extra-

linfonodali, sono formazioni irregolari situate nel

grasso perirettale che si trovano lontane dal

tumore e che non contengono residui tissutali

linfonodali, ma che sono all’interno dell’area di

IL CANCRO DEL RETTO

419

drenaggio linfatico della neoplasia primitiva. Non

sono considerati linfonodi completamente

coinvolti dalla malattia, ma si pensa siano

correlati a fenomeni di invasione linfovascolare o

perineurale. Il numero di questi depositi extra-

linfonodali deve essere riportato nel referto

patologico perché la loro presenza è correlata a

una peggiore sopravvivenza globale e libera da

malattia (70). I depositi tumorali extralinfonodali

sono classificati come pN1c.

MALATTIA LOCALMENTE

AVANZATA (stadio II-III).

Terapia neoadiuvante. Radioterapia.

In generale i dati di letteratura documentano

l’efficacia della TME in termini di riduzione delle

recidive locali nel cancro del retto

extraperitoneale, rispetto a una chirurgia che non

prevede l’asportazione totale del mesoretto.

Nonostante l’introduzione di una chirurgia TME

certificata (studi Dutch e MRC CR07), la

percentuale di recidiva locale nella malattia

localmente avanzata resta elevata (oltre il 30% nel

sottogruppo CRM positivo e N+) come dimo-

strato anche da un recente studio Scandinavo

(71). Questo rappresenta la base razionale princi-

pale del trattamento preoperatorio. La maggior

parte degli studi randomizzati di radioterapia

preoperatoria (senza chemioterapia) documenta

una riduzione della recidiva locale rispetto alla

chirurgia da sola; in cinque di questi la differenza

è statisticamente significativa. Lo Swedish Rectal

Cancer Trial è l’unico studio che, oltre al

beneficio sul controllo locale, riporta un

vantaggio in sopravvivenza a favore del braccio

sperimentale (RT short-course 25Gy in cinque

frazioni seguita da chirurgia entro sette giorni)

rispetto al braccio di controllo (chirurgia da sola)

(72). Questo beneficio viene mantenuto dopo un

follow-up mediano di tredici anni (73). L’alto

tasso di recidive locali (27%) specie nei pazienti

con linfonodi positivi trattati con sola chirurgia

(46%) può essere spiegato con il tipo di chirurgia

adottata che non prevedeva la TME. Il vantaggio

della RT short-course preoperatoria in termini di

riduzione delle recidive locali (6 vs 11%), viene

confermato anche dopo chirurgia ottimale TME,

come dimostrato dal Dutch Trial (74, 75). Dopo

follow-up mediano di dodici anni, la RT short-

course oltre a confermare il beneficio in termini

di recidiva locale (ridotta del 50% rispetto alla

sola TME) dimostra il vantaggio nella

sopravvivenza cancro-specifica in pazienti con

CRM negativo indipendentemente dalla distanza

dal margine anale e l’aumento della soprav-

vivenza globale a dieci anni nei pazienti con

CRM negativo e stadio III (76). La recidiva locale

nel sottogruppo di pazienti con linfonodi positivi

resta comunque elevata (21%). Il Medical

Research Council (Trial CR07) dimostra la

riduzione delle recidive locali e il miglioramento

della sopravvivenza libera da malattia nei pazienti

trattati con RT short-course preoperatoria

rispetto a quelli sottoposti a TME seguita da

chemio-radioterapia adiuvante nel sottogruppo

con CRM positivo (77). Questo studio conferma

le osservazioni riportate da una precedente

esperienza Nord-Europea e dallo stesso Dutch

trial: la radioterapia postoperatoria (50Gy) non

compensa il CRM positivo (78, 79). Comples-

sivamente il beneficio della RT preoperatoria

viene confermato da ben quattro meta-analisi

secondo cui questo trattamento riduce

significativamente le recidive locali, migliora la

sopravvivenza globale e causa-specifica (I, A)

(80-83).

Radioterapia verso radio-chemioterapia. Il

beneficio ottenuto con la chemio-radioterapia

postoperatoria ha portato ad adottare tale

approccio nel “setting” preoperatorio. I vantaggi

potenziali sono rappresentati dalla riduzione della

diffusione di malattia, maggiore radiosensibilità

correlata a un ambiente tissutale più ossigenato,

minore tossicità, e secondo alcuni la possibilità di

preservare lo sfintere anale. Viceversa lo

svantaggio principale è correlato alla possibilità di

sovrastimare l’estensione di malattia nelle forme

iniziali (T1-T2) o al rischio di trattare pazienti

con neoplasia già metastatica ma non

IL CANCRO DEL RETTO

420

documentata. Negli Stati Uniti il trattamento

radio-chemioterapico preoperatorio è diventato

lo standard terapeutico; mentre in Europa viene

utilizzato sia la RT da sola che la radio-

chemioterapia preoperatoria. Due studi rando-

mizzati Europei hanno confrontato la radio-

terapia e la radio-chemioterapia nel cancro del

retto extraperitoneale localmente avanzato. Il

trattamento combinato ha ottenuto l’aumento

delle remissioni complete patologiche, del con-

trollo locale di malattia e della preservazione

sfinterica rispetto alla sola radioterapia. Viceversa

l’aggiunta della chemioterapia non determina il

miglioramento della sopravvivenza (84, 85).

Due studi randomizzati hanno confrontato la

radioterapia preoperatoria short-course con la

radio-chemioterapia preoperatoria “long-course”

nella malattia localmente avanzata. Nonostante la

terapia di combinazione si associ a una maggior

percentuale di remissioni complete patologiche,

riduzione dimensionale di malattia e minor

percentuale di CMR positivo, non vi sono

differenze statisticamente significative tra i due

trattamenti preoperatori in termini di

sopravvivenza globale e libera da malattia o di

preservazione dello sfintere (86-88) (I, A). Per

quanto attiene lo studio Polacco, si deve

sottolineare il numero limitato dei pazienti

arruolati, l’atteggiamento del chirurgo tendente a

non modificare il tipo di chirurgia in base alla

risposta ottenuta e l’assenza di un controllo di

qualità della radioterapia. Nello studio Tedesco

(CAO/ARO/AIO-94) la randomizzazione era

stratificata per chirurgo e c’era un controllo di

qualità centralizzato con il risultato che il Centro

e il tipo di trattamento radiante sono risultati

fattori prognostici indipendenti per il controllo

locale di malattia (89). Realmente i dati del trial

australiano indicano che la radio-chemioterapia

sembrerebbe più efficace della RT short-course

nel ridurre il rischio di recidiva locale,

specialmente per i tumori distali (<5 cm dal

margine anale), ma tale differenza non raggiunge

la significatività statistica probabilmente per la

numerosità della casistica (88). Questo “trend”

può trovare conferma nei dati del Dutch trial,

dove la RT short-course per i tumori distali è

relativamente inefficace (90). In attesa di studi

ulteriori, può essere ragionevole una politica che

preveda la radiochemioterapia nelle lesioni distali,

riservando lo short-course quando comodità,

praticità, tossicità e costi rappresentano elementi

prevalenti del trattamento.

Dopo trattamento radio-chemioterapico preope-

ratorio una percentuale di pazienti variabile dal

10 al 25% ottiene una remissione completa

patologica di malattia (pRC). Il significato

prognostico della pRC di malattia è tuttora

oggetto di controversie, anche se dati derivati

dagli studi randomizzati dimostrano che

l’aumentata incidenza della risposta patologica

non si associa a un miglioramento della soprav-

vivenza globale e libera da malattia (85, 87, 91).

Recentemente è stata pubblicata una meta-analisi

che ha confrontato la radioterapia preoperatoria

con la radio-chemioterapia preoperatoria in

pazienti con malattia localmente avanzata

resecabile (stadio II-III). La terapia di combina-

zione aumenta la percentuale di remissioni

complete patologiche e migliora il controllo

locale a cinque anni quantunque questo non si

traduca in un aumento della preservazione

sfinterica o della sopravvivenza globale e libera

da malattia (92) (I, A).

In conclusione le opzioni possibili sono

rappresentate dalla radioterapia “short-course” e

dalla radio-chemioterapia “long-course”. Il van-

taggio della RT “short-course” è costituito dalla

durata del trattamento (5 giorni), mentre lo

svantaggio è dato dall’impossibilità di valutare la

riduzione di malattia visto che la chirurgia viene

eseguita entro 7-10 giorni dalla RT.

Recentemente è stato dimostrato che anche con

la RT “short-course” è possibile ottenere una

retrostadiazione e riduzione dimensionale di

malattia se la chirurgia viene ritardata a 6-8

settimane (93). Questo approccio comunque

deve essere considerato sperimentale (III, B). La

radio-chemioterapia ”long-course” ha il vantag-

gio di ottenere rispetto alla sola RT ”long-

IL CANCRO DEL RETTO

421

course”, significativa riduzione di malattia (pRC),

resecabilità, salvataggio sfinterico e miglior

controllo locale (92, 94) (I, A).

Pertanto:

- RT “short-course” e radio-chemioterapia

“long-course” sono equivalenti (in termini di

recidive locali) in quelle neoplasie dove la

riduzione di malattia non è necessaria e che

non hanno il coinvolgimento della fascia

mesorettale (cT3 MRF -/N0 retto medio-

alto). La RT “short-course” è caratterizzata

da tempi di trattamento più brevi, minori

costi, minore tossicità acuta (RT costo-

efficace) (I, A)

- RT “short-course” è il trattamento standard

nei casi in cui la chemioterapia è

controindicata per comorbidità (I, A)

- La radio-chemioterapia “long-course” è

raccomandata nelle forme più avanzate dove

la riduzione di malattia è necessaria,

rappresentate da quelle neoplasie con

coinvolgimento della fascia mesorettale o di

organi circostanti (cT3 MRF-/+ N0 retto

basso o cT3-4 MRF + N0-2) (I, A).

Chemioterapia di induzione seguita da

radiochemioterapia. La chemioterapia di indu-

zione (associata o meno a “targeted therapy”)

seguita da radio-chemioterapia preoperatoria va

considerata investigazionale (III, C). Gli studi

pilota hanno dimostrato che tale opzione è

fattibile e associata a un alto tasso di risposte

obiettive, ma al momento deve essere utilizzata

soltanto nell’ambito di studi clinici (95-98).

Preservazione sfinterica. Teoricamente se

l’obiettivo principale di un trattamento

preoperatorio è rappresentato dal salvataggio

dello sfintere, nell’impossibilità di ottenere tale

risultato con una radioterapia “short-course”

seguita da chirurgia entro 7-10 giorni

(immediata), può essere raccomandata una radio-

chemioterapia “long-course” seguita da chirurgia

a 6-8 settimane dalla fine della RT (ritardata).

Infatti la radioterapia “long-course” permette il

rispetto di due requisiti: il tempo per il recupero

del danno radio-indotto e un tempo adeguato per

ottenere la riduzione dimensionale della malattia.

I risultati degli studi clinici randomizzati

pubblicati sono contrastanti e una recente meta-

analisi non mostra differenza in termini di

preservazione sfinterica tra le due modalità

terapeutiche (87, 88, 92). Questo aspetto, come

riportato in due dei quattro studi analizzati, può

essere correlato alla riluttanza del chirurgo a

modificare la valutazione preoperatoria sulla

necessità di effettuare una chirurgia demolitiva,

anche in pazienti che hanno ottenuto una

riduzione significativa del volume di malattia

dopo trattamento preoperatorio (92).

Intervallo RT-chirurgia. Nella RT “short-

course” la chirurgia viene effettuata dopo 2-3

giorni dalla fine del trattamento preoperatorio (I,

A). Un’analisi effettuata in uno studio di RT

preoperatoria “short-course” dimostra che la

riduzione di malattia è più pronunciata quando

l’intervallo è stato di almeno dieci giorni (99). Nel

Dutch Trial quando l’intervallo è stato di sette

giorni non è stata documentata riduzione di

malattia. L’associazione RT “short-course” e

chirurgia ritardata (dopo 6-8 settimane) nei

pazienti in ottime condizioni generali deve

ritenersi sperimentale (III, C). Nei pazienti

anziani (età > 80 anni) o con comorbidità, che

ricevono un trattamento “short-course”, la

chirurgia dovrebbe essere ritardata a 6-8

settimane (IV, A). La giustificazione per un

intervallo maggiore tra RT e chirurgia deriva da

uno studio francese dove il passaggio da due a sei

settimane determina l’aumento delle risposte

obiettive (riduzione dimensionale) e delle risposte

patologiche complete (100). L’intervallo tra la

radio-chemioterapia “long-course” e la chirurgia

dovrebbe essere non inferiore a sei settimane e

non superiore 8-10 settimane (101, 102) (III, B).

La maggior parte delle serie pubblicate con RT

“long-course” raccomandano un intervallo di 4-8

settimane. Quantunque intervalli RT-chirurgia

IL CANCRO DEL RETTO

422

più lunghi abbiano dimostrato un aumento delle

risposte complete patologiche, non è tuttora

chiaro se questo si associ a un reale beneficio

clinico (100, 103-106). Nelle esperienze suddette,

il pro-lungamento del tempo alla chirurgia non

aumenta le complicanze perioperatorie o la

percentuale di positività dei margini chirurgici

(103, 106).

Rivalutazione strumentale dopo radio-

chemioterapia preoperatoria. E’ consigliabile

ripetere la rivalutazione strumentale non prima di

4-6 settimane dalla fine della radioterapia.

Attualmente nessuno degli esami diagnostici

disponibili (eco-endoscopia, RM, TC) è in grado

di definire con precisione il grado di risposta

ottenuta. Quantunque sia possibile stabilire la

riduzione dimensionale di malattia, l’accuratezza

diagnostica in termini di yT, percentuale di

regressione e risposta istopatologia è bassa (III,

C). La RM sembrerebbe in grado di distinguere

ypT0-2 da ypT3 (III, B), cosi come la RM

funzionale sembrerebbe più sensibile della RM

morfologica standard solo nella capacità di

predire la remissione completa patologica (pRC)

(107-109). Il ruolo della PET-TC è

investigazionale (110).

Nonostante dati preliminari interessanti sia in

termini di sopravvivenza che di qualità della vita,

l’approccio che prevede una politica di attesa

(“wait and see policy”) o una chirurgia locale

(TEM) in pazienti che ottengono la remissione

completa clinico-strumentale di malattia dopo

trattamento preoperatorio deve essere consi-

derata investigazionale (18) (IV, C).

Radio-chemioterapia preoperatoria vs radio-

chemioterapia postoperatoria. Il trattamento

preoperatorio è stato confrontato con quello

postoperatorio in tre studi randomizzati, di cui

due (NSABP R-03 e INT 0147) chiusi

anticipatamente per insufficiente arruolamento.

Lo studio tedesco (CAO/ARO/AIO-94) ha

confrontato la radio-chemioterapia pre- vs post-

operatoria in pazienti affetti da cancro del retto

localmente avanzato (T3-T4, N0-N+). Non è

stata documentata alcuna differenza in termini di

sopravvivenza globale e libera da malattia e

percentuali di metastasi a distanza; ma il

trattamento preoperatorio ha determinato la

riduzione delle recidive locali (6 vs 13%

p=0.006), una minore tossicità e l’aumento della

preservazione sfinterica rispetto alla terapia

postoperatoria (111). Tali risultati sono stati

confermati a un follow-up mediano di undici

anni (112). In questo studio il 18% dei pazienti,

che erano stati classificati come cT3N0 e

arruolati nel braccio standard, è realmente

risultato pT1-2N0. Nonostante il rischio di

sovrastimare l’estensione di malattia, il

trattamento preoperatorio è da preferire poiché

dopo radio-chemioterapia preoperatoria una

minor percentuale di pazienti (25%) aveva

metastasi linfonodali rispetto a quanto

documentato nel braccio di controllo (40%).

Il principale vantaggio della radio-chemioterapia

postoperatoria è la migliore selezione del

paziente perché si basa su stadiazione patologica

(pTNM). Gli svantaggi includono un’aumentata

tossicità sia acuta che cronica correlata alla

presenza di anse intestinali nel volume di

trattamento RT, un tessuto (letto chirurgico)

ipossico e pertanto più radioresistente e se il

paziente ha effettuato l’AAP una tossicità

maggiore per la necessità di irradiare la cicatrice

perineale (111, 113). Pertanto nel cancro del retto

localmente avanzato i dati pubblicati supportano

l’utilizzo della terapia di combinazione in fase

preoperatoria (I, A).

Dati di letteratura documentano il ruolo

prognostico del CRM sul controllo locale di

malattia. Pazienti con CRM positivo hanno una

maggior percentuale di recidiva locale e peggiore

sopravvivenza rispetto a quelli con CRM

negativo. Recentemente il Medical Research

Council ha pubblicato i risultati di uno studio

randomizzato che ha confrontato RT “short

course” (25Gy in cinque frazioni) seguita da

chirurgia (TME) con chirurgia e radio-

chemioterapia postoperatoria nei pazienti con

IL CANCRO DEL RETTO

423

CRM positivo. Il trattamento preoperatorio ha

determinato un beneficio statisticamente

significativo in termini di recidive locali e

sopravvivenza libera da malattia (77). Questo

studio conferma le osservazioni dei precedenti

studi Nord-Europei: la radioterapia

postoperatoria non compensa un CRM positivo.

Fattori predittivi indipendenti per CRM positivo

sono rappresentati dal tipo chirurgia (AAP),

invasione venolinfatica e risposta patologica

minore al trattamento preoperatorio (114).

Terapia adiuvante. Radioterapia. Nei pazienti

che non hanno ricevuto una radioterapia

preoperatoria e che sono ad alto rischio di

recidiva della malattia dopo chirurgia è

raccomandato un trattamento adiuvante. La

chemio-radioterapia è indicata nei pazienti con

coinvolgimento del margine circonferenziale

(CRM +), malattia localmente avanzata (≥T3 e/o

N+), perforazione intestinale nella sede della

neoplasia (115-119) (IA). Tale opzione deve

essere proposta anche in caso di chirurgia

inadeguata (residuo di malattia, non corretta

asportazione del mesoretto) o numero di

linfonodi esaminati < 12. La radioterapia

adiuvante da sola è in grado di ridurre le recidive

locali ma non determina un aumento della

sopravvivenza. (80-83, 120, 121) (I, A).

L’aggiunta della chemioterapia ha ottenuto un

miglioramento statisticamente significativo della

sopravvivenza globale e libera da malattia a

cinque anni rispetto alla radioterapia da sola (115,

119). Pertanto dal 1990, la radioterapia associata

alla chemioterapia (5FU) adiuvante per un

periodo di sei mesi rappresenta lo standard

terapeutico di pazienti affetti da cancro del retto

operato stadio II-III. (I, A) (122, 123). I risultati

terapeutici ottenuti sono indipendenti dalla

modalità di somministrazione del 5FU che può

essere utilizzato in bolo o in infusione venosa

continua protratta, o modulato con l’acido

folinico (124-126). Viceversa la tossicità

(prevalentemente ematologica) è maggiore

quando il 5FU viene somministrato in bolo e

modulato con l’acido folinico (126). Qualora vi

fossero contro-indicazioni all’impiego del

catetere venoso centrale (CVC) per l’infusione

continua del 5FU, può essere considerato l’uso

della capecitabina. Timing del trattamento

postoperatorio radio-chemioterapico. La

sequenza ottimale tra radioterapia e

chemioterapia non è conosciuta. La maggior

parte degli studi dimostra la fattibilità della

tecnica ”sandwich” in cui uno o due cicli di

chemioterapia sono seguiti dal trattamento

combinato integrato di radio-chemioterapia

concomitante e successiva chemioterapia (127).

In pazienti sottoposti ad amputazione addomino-

perineale sembra che la DFS a dieci anni sia

significativamente superiore nel braccio della RT

precoce, suggerendo che se il trattamento

preoperatorio non viene utilizzato, dopo AAP

dovrebbe essere considerato un trattamento RT

precoce (somministrato durante 1-2 ciclo

chemioterapia) (117) [II, B]. L’efficacia del

trattamento combinato adiuvante deve essere

rapportata agli svantaggi rappresentati da:

tossicità e “compliance” del paziente. La tossicità

della RT postoperatoria è correlata al danno

potenziale a carico dell’intestino tenue situato nel

volume di irradiazione, al tessuto post-chirurgico

ipossico e potenzialmente più radio-resistente, e

se il paziente ha effettuato un’amputazione

addomino-perineale, all’estensione del volume di

radioterapia a comprendere la cicatrice perineale.

I dati di letteratura documentano che il 20-35%

dei pazienti non completa il programma

terapeutico, per tossicità o rifiuto (116, 119, 125,

127-129). Fattori prognostici. Due “pooled

analysis” hanno valutato la correlazione tra stadio

TNM e sopravvivenza globale e libera da malattia

e definito tre gruppi di rischio: intermedio (T1-

2N1, T3N0), moderatamente elevato (T4N0,

T3N1, T1-2N2) ed elevato (T4N1-2, T3N2).

Pertanto, considerando le differenti percentuali

di sopravvivenza globale (rispettivamente 74-

81% vs 61-69% vs 33-48%) e libera da malattia, è

necessario utilizzare strategie terapeutiche

differenti per le tre categorie di rischio (31, 127,

IL CANCRO DEL RETTO

424

130-132). Le raccomandazioni della NCI

Consensus Conference relative alla radio-

chemioterapia adiuvante sono state basate su

studi dove non era prevista la TME o la

valutazione di almeno dodici linfonodi. I pazienti

appartenenti alla categoria a rischio intermedio

dovrebbero essere valutati attentamente riguardo

rischi e benefici della terapia adiuvante, poiché

possono avere una bassa probabilità di ripresa

locale e/o a distanza dopo chirurgia; pertanto in

questo sottogruppo con neoplasia del retto

superiore, adeguato margine di resezione

circonferenziale e numero di linfonodi campio-

nati (≥ 12), assenza di invasione veno-linfatica, il

trattamento adiuvante potrebbe essere omesso

(102, 127).

Chemioterapia adiuvante. Diversamente dalle

neoplasie del colon, il ruolo della chemioterapia

adiuvante dopo trattamento preoperatorio (radio-

chemioterapia) nel cancro del retto è contrad-

ditorio e non dimostrato, come riportato negli

studi randomizzati pubblicati (84, 85, 133, 134).

Un’analisi eseguita nell’ambito dello studio

EORTC 22921 sembrerebbe dimostrare un

vantaggio statisticamente significativo della

chemioterapia adiuvante sulla sopravvivenza nel

sottogruppo di pazienti ypT0-2 (“responders”)

(135). Una successiva “pooled analysis” condotta

su 2795 pazienti sottoposti a trattamento

preoperatorio, di cui 1572 trattati con

chemioterapia adiuvante (5FU), dimostra un

vantaggio statisticamente significativo sulla

sopravvivenza globale (94). Tale dato è in

contrasto con una revisione sistematica della

letteratura relativa agli studi randomizzati (136).

Una risposta definitiva non verrà ottenuta dagli

studi cooperativi di fase III in corso o appena

conclusi poiché tutti, ad eccezione dello studio

SCRIPT che confronta follow-up vs capecitabina

dopo trattamento preoperatorio e chirurgia,

utilizzano 5FU o capecitabina come braccio di

controllo. Riguardo al tipo di trattamento

chemioterapico, non c’è evidenza dagli studi

randomizzati che debba essere somministrata una

combinazione di fluoropirimidine e oxaliplatino,

pertanto è raccomandato l’utilizzo di una

fluoropirimidina in monochemioterapia (18, 21).

La chemioterapia dovrebbe essere iniziata entro

6-8 settimane dalla chirurgia (IV, B) e comunque

dopo completo recupero postoperatorio. Il

trattamento dovrebbe durare globalmente circa

sei mesi, pertanto se il paziente è stato sottoposto

a radio-chemioterapia preoperatoria, la chemiote-

rapia post-operatoria dovrebbe avere una durata

massima di quattro mesi (IV, B) (18-21).

MALATTIA LOCALMENTE AVAN-

ZATA NON RESECABILE (T4).

La radio-chemioterapia preoperatoria rappresenta

il trattamento standard (II, A). Come dimostrato

da un recente studio di confronto tra radioterapia

e radio-chemioterapia, il trattamento combinato

migliora il controllo locale, il tempo al fallimento

terapeutico, la sopravvivenza globale e causa-

specifica (137). Un approccio alternativo può

essere rappresentato dalla RT “short-course” con

chirurgia ritardata nei pazienti con contro-

indicazioni alla chemioterapia (93) (III, B). La

chirurgia deve prevedere dove possibile

l’asportazione in blocco della neoplasia rettale e

dell’eventuale organo adiacente coinvolto. Nella

malattia localmente avanzata inoperabile, in

combinazione multimodale con radioterapia ±

chemioterapia preoperatoria e chirurgia, può

essere somministrato un sovradosaggio sul letto

tumorale tramite IORT (Intra Operative

Radiation Therapy). Le dosi tipicamente riportate

di 10-20Gy, variano in base al tipo di resezione e

di residuo chirurgico (R0, R1, R2). A oggi non

esistono evidenze che supportino il suo impiego

nella pratica clinica (malattia localmente avanzata

o recidive) anche se le serie più recenti sembre-

rebbero documentare il miglioramento del

controllo locale (138-140). Comunque, tale

trattamento non compensa una chirurgia ina-

deguata (17) e la sua efficacia necessita di

conferma in studi di fase III (III, B).

IL CANCRO DEL RETTO

425

MALATTIA LOCALIZZATA

(T1-T2).

La radioterapia o radio-chemioterapia postope-

ratoria potrebbe essere considerata per pT1

sottoposti a escissione locale con fattori

patologici negativi (margini chirurgici positivi,

adenocarcinoma poco differenziato, invasione

linfovascolare, sm3) nei pazienti che rifiutano la

chirurgia (TME) o non operabili per patologie

concomitanti (141, 142) (III, B). In alternativa

alla chirurgia locale, può essere presa in

considerazione la radioterapia endocavitaria o la

brachiterapia ad alto rateo di dose (HDR).

Queste due modalità di trattamento vanno

comunque riservate a centri qualificati con ampia

esperienza (143) (III, C).

Il trattamento ottimale di un pT2 sottoposto a

escissione locale, in assenza di studi clinici

randomizzati, è rappresentato dalla chirurgia

radicale TME (II, A). La radioterapia

postoperatoria associata o meno alla chemiote-

rapia può essere un’opzione alternativa quando il

paziente rifiuta la chirurgia (specie se per la

posizione della neoplasia è previsto il sacrificio

dello sfintere anale) o la chirurgia radicale non è

possibile per patologie concomitanti (III, B).

In pazienti con cT2 specie del retto inferiore, che

sono inoperabili per comorbidità concomitanti o

che rifiutano la chirurgia radicale, può essere

proposto un trattamento radio-chemioterapico

preoperatorio seguito da escissione locale.

Questo approccio, riportato in pochi studi (144),

deve essere limitato a un sottogruppo di pazienti

selezionati nell’ambito di studi clinici prospettici

(III, B).

La chemioterapia adiuvante da sola non è

indicata (29, 38-40) (III, B).

Globalmente, nelle neoplasie del retto extra-

peritoneale localizzate (T1-T2), in assenza di

evidenze scientifiche che supportino l’impiego di

trattamenti alternativi alla chirurgia conven-

zionale, si ritiene fondamentale discutere e

condividere la scelta terapeutica con il paziente.

Regimi di trattamento radioterapico e

chemioterapico.

Radioterapia. Frazionamenti. Trattamento

preoperatorio. Sono possibili due frazionamenti:

“short-course”: prevede una dose di 25Gy in

cinque frazioni/1 settimana seguita da chirurgia

imme-diata entro 7-10gg dalla RT; “long-course”:

prevede una dose di 45Gy in 25 frazioni sulla

pelvi seguita da sovradosaggio di 5.4Gy in tre

frazioni sulla sede di malattia per una dose totale

di 50.4Gy in 5½ settimane, seguita da chirurgia

ritardata a 4-8 settimane dalla RT (II, A). Nella

malattia non resecabile può essere considerata

una dose totale di 50.4-55.8Gy. Modalità di

sovradosaggio locale quali brachiterapia o IORT

sono da considerare ancora sperimentali (III, C).

Trattamento postoperatorio: il regime convenzio-

nale prevede una dose di 45Gy in 25 frazioni

sulla pelvi seguito da sovradosaggio di 5,4-9Gy in

3-5 frazioni sul letto chirurgico (rappresentato

dall’anastomosi), per una dose totale di 50.4-

54Gy in 5½-6 settimane. Volumi trattamento.

Nella RT preoperatoria “short-course” viene

compreso il volume di malattia rappresentato da

neoplasia rettale (mesoretto) e linfonodi loco-

regionali eventualmente coinvolti; viceversa nel

trattamento “long-course” è inclusa la neoplasia e

le stazioni linfonodali presacrali, otturatorie e

iliache interne (estensione alla stazione iliaca

esterna prevista solo per invasione degli organi

circostanti – T4). Nella RT postoperatoria viene

incluso il letto chirurgico insieme ai drenaggi

linfonodali rappresentati dalla stazione presa-

crale, iliaca interna e otturatoria. L’estensione alla

stazione linfonodale iliaca esterna è raccoman-

data solo per neoplasie estese agli organi circo-

stanti (T4) (20).

Chemioterapia. La radioterapia preoperatoria

“long-course” viene associata a una chemio-

terapia a base di fluoropirimidine (I, A). Il 5FU è

il farmaco di scelta somministrato in infusione

venosa continua protratta (225mg/mq/die) per

tutta la durata della RT. Due studi (145, 146)

IL CANCRO DEL RETTO

426

hanno recentemente dimostrato l’equivalenza di

5FU e capecitabina; pertanto la fluoropirimidina

orale (825mg/mq/bid per os per tutta la durata

della RT) può essere considerata una valida

alternativa al 5FU specie se si considera la

possibilità di risparmiare l’accesso venoso

centrale (I, B). La combinazione delle fluoro-

pirimidine con oxaliplatino o irinotecano è stata

valutata in termini di risposta locale di malattia

(pRC). Nonostante i risultati iniziali incoraggianti,

le remissioni complete patologiche non sono

migliorate rispetto a quelle ottenute dal solo 5FU,

viceversa la polichemioterapia ha determinato

l’aumento della tossicità (146-149). Comunque la

pRC non sembra essere un surrogato della

sopravvivenza (91). Pertanto, in attesa dei dati di

sopravvivenza relativi agli studi suddetti, la

chemioterapia con il 5FU o capecitabina resta lo

standard terapeutico, mentre la combinazione a

più farmaci deve considerarsi sperimentale e non

dovrebbe essere usata nella pratica clinica (I, B).

Parimenti investigazionale risulta la combina-

zione tra RT e farmaci biologici (cosiddetta

“targeted therapy”) (21, 102, 127). Nell’ambito

del trattamento postoperatorio, la chemioterapia

è effettuata con fluoropirimidine (I, A)

rappresentate dal 5FU (in bolo o in infusione

continua) o dalla capecitabina. Il trattamento

dovrebbe essere somministrato per un totale di

sei mesi. Durante la radioterapia dovrebbe essere

somministrato il 5FU, preferibilmente in

infusione venosa continua protratta

(225mg/mq/die), o in alternativa la capecitabina

(825mg/mq/bid per os per tutta la durata della

RT) (I, A).

TRATTAMENTO DEL CANCRO

METASTATICO

Si definisce malattia metastatica una neoplasia

che alla diagnosi o alla recidiva si presenta diffusa

in più sedi. Circa il 20% dei pazienti con cancro

del retto si presenta con malattia avanzata alla

diagnosi e circa il 35% dei pazienti trattati con

intento curativo alla diagnosi svilupperà una

malattia metastatica.

La strategia ottimale di trattamento per i pazienti

con malattia metastatica dovrebbe essere discussa

in un gruppo multidisciplinare per valutare gli

obiettivi che possono essere i seguenti: la

guarigione, il prolungamento della sopravvivenza,

la palliazione dei sintomi, il miglioramento della

qualità della vita, il ritardo della progressione di

malattia, la riduzione delle dimensioni della

malattia. Quindi in base alle terapie disponibili, la

strategia clinica nei pazienti con malattia

metastatica inoperabile deve tener conto del

principale obiettivo del trattamento che può

essere potenzialmente curativo o palliativo. E’

possibile in base a differenti scenari clinici avere

differenti approcci: 1) nei pazienti che si

presentano all’esordio con una malattia

metastatica sincrona limitata e resecabile (per

esempio metastasi unica del fegato o del

polmone) è consigliabile l’intervento chirurgico

radicale (T e M). La strategia di trattamento per

una malattia sincrona oligometastatica dovrebbe

basarsi sulla possibilità di ottenere una resezione

R0, sia per la malattia sistemica che per il tumore

primitivo. I pazienti che presentano una malattia

con resecabilità borderline possono ottenere una

riduzione delle lesioni potenzialmente operabili

con una terapia perioperatoria (II,B) 2) nei

pazienti con malattia disseminata limitata ma non

resecabile conviene eseguire una chemioterapia di

conversione per portare la malattia alla

resecabilità; 3) nei pazienti sintomatici con qualità

di vita compromessa può essere utile una

chemioterapia che consenta una rapida riduzione

della massa tumorale e che conduca a una

palliazione dei sintomi 4) nei pazienti

asintomatici ma con malattia plurimetastatica

l’uso di una chemioterapia sequenziale con i vari

farmaci a disposizione e che tenga conto della

tossicità è un’opzione ragionevole.

I farmaci che hanno mostrato attività nella

malattia metastatica sono le fluoropirimidine per

via orale ed endovenosa, l’oxaliplatino,

IL CANCRO DEL RETTO

427

l’irinotecan, gli anticorpi monoclonali anti-EGFR

e anti-VEGF. I dati evidenziano che la

sopravvivenza globale è influenzata dall’impiego

di tutti i farmaci attivi nel corso dell’evoluzione

della malattia.

La polichemioterapia che prevede l’associazione

di 5FU e Acido folinico (preferibile la sommi-

nistrazione in infusione continua) con oxali-

platino e/o irinotecan è da impiegare in tutti i

pazienti che possono tollerare il trattamento. Le

fluoropirimidine orali (capecitabina) possono

sostituire la monoterapia con 5FU. La

capecitabina associata a oxaliplatino sostituisce i

regimi infusionali, associata con l’Irinotecan va

somministrata con attenzione perché può dare

tossicità importante. In pazienti in adeguate

condizioni generali e senza comorbidità l’asso-

ciazione di tre farmaci (oxaliplatino, irinotecan,

5FU e acido folinico) in uno studio rando-

mizzato, è risultata più efficace della terapia a due

farmaci, anche se va riservata a pazienti

selezionati per la possibile tossicità (150-158).

L’uso dei farmaci “target oriented”, anticorpi

monoclonali anti-EGFR (Cetuximab e

Panitumumab) e anticorpi anti-VEGF (Bevaci-

zumab) ha dimostrato di poter incrementare i

risultati della chemioterapia.

Il Bevacizumab può esser utilizzato in prima

linea associato alla chemioterapia, indipen-

dentemente dallo stato mutazionale di K-ras e in

quei pazienti dove non è necessario avere una

rapida riduzione della massa tumorale. Può essere

utilizzato anche in seconda linea nei pazienti che

non lo abbiano impiegato in prima linea. Studi

osservazionali hanno evidenziato una maggiore

sopravvivenza nei pazienti che proseguono

Bevacizumab oltre la progressione. Il Cetuximab

con la chemioterapia può essere utilizzato in tutte

le linee di trattamento nei pazienti con K-ras WT

(non mutato) ma anche in monoterapia nei

pazienti intolleranti all’irinotecan. Il Panitu-

mumab (anti-EGFR) può essere utilizzato in

monoterapia in pazienti k-ras WT (non mutato)

in pazienti sottoposti ad altre linee di

chemioterapia che non abbiano utilizzato

Cetuximab in precedenza o che lo abbiano

sospeso per reazioni durante l’infusione (159-

166).

Tra i nuovi farmaci che saranno a disposizione

per il trattamento della malattia metastatica

Aflibercet, inibitore di VEGF, ha mostrato un

aumento di risposte, PFS e OS in combinazione

con lo schema FOLFIRI (irinotecan +5FU/AF)

in seconda linea anche in paziente pretrattati con

Bevacizumab (167), mentre Regorafenib inibitore

di tirosin-chinasi in terza linea e oltre è risultato

superiore al placebo in termini di PFS e OS

(168).

Nei pazienti in buone condizioni generali in

progressione dopo la prima linea deve essere

presa in considerazione un trattamento di

seconda linea. In alcuni casi possono essere

ipotizzate anche linee successive.

TRATTAMENTO DEL TUMORE

PRIMITIVO NEL CANCRO DEL

RETTO CON METASTASI SIN-

CRONE

Malattia resecabile. Per la malattia epatica e/o

polmonare potenzialmente resecabile è

consigliabile un trattamento con chemioterapia

perioperatoria di circa tre mesi (II, B). Per la

malattia localmente avanzata del retto un

trattamento chemioterapico di circa tre mesi e un

trattamento loco-regionale in base allo stadio,

seguito da chirurgia del primitivo e da ulteriori

tre mesi di chemioterapia post-operatoria

potrebbe essere preso in considerazione (V, B).

Nel caso il tumore primitivo del retto si presenti

in stadio II (<T3N0) ma con metastasi a distanza

resecabili, l’approccio terapeutico dovrebbe

essere una chirurgia del primitivo e delle

metastasi seguita da chemioterapia per sei mesi e

da trattamento locale con radioterapia se per

esempio c’è un CRM positivo (IV, B).

Malattia non resecabile. Se la malattia inizial-

mente non è resecabile è necessario un

trattamento d’induzione con chemioterapia. Se le

IL CANCRO DEL RETTO

428

metastasi diventano resecabili dovrebbe essere

preso in considerazione un trattamento locale del

tumore primitivo e delle metastasi e da ulteriore

trattamento chemioterapico. (IV, A). Se la

malattia metastatica rimane inoperabile, si

continua la chemioterapia utilizzando altri farma-

ci a disposizione (IV, B).

Malattia mai resecabile. Se la malattia è così

estesa da non diventare mai resecabile si prende

in considerazione un trattamento palliativo e la

chemioterapia sarà scelta sulla base di criteri

legati al paziente e alle caratteristiche del tumore.

Il trattamento del tumore primitivo con

radioterapia e/o chirurgia (stomia) o inserimento

di stent sarà preso in considerazione solo in

situazioni d’emergenza (sanguinamento, occlu-

sione, dolore) (IV, B).

TRATTAMENTO DELLA MALAT-

TIA METASTATICA METACRONA

La resezione chirurgica di metastasi epatiche,

polmonari, e ovariche può essere curativa in

pazienti selezionati così come il trattamento

chirurgico della recidiva locale se potenzialmente

operabile.

Le metastasi epatiche Fino ai primi anni ’90 il

trattamento delle metastasi epatiche si basava

sulla chemioterapia sistemica o sull’infusione di

farmaci citotossici direttamente nell’arteria

epatica con sopravvivenza media in quest’ultimo

caso di circa venti mesi. Lo sviluppo della

chirurgia epato-biliare insieme all’uso di

chemioterapia neoadiuvante con combinazione a

più farmaci, ha condotto alla fattibilità di

resezioni epatiche ottenendo sopravvivenze a

cinque anni intorno al 40% con possibilità di

guarigione in pazienti selezionati, purché i

margini di resezione risultino negativi.

Attualmente è possibile eseguire epatectomie in 2

tempi per situazioni in cui metastasi bilobari o

multiple non sono resecabili in un unico

intervento. Il numero di metastasi epatiche

asportate non si correla a prognosi più

sfavorevole se l’intervento è eseguito da un

chirurgo esperto. Anche la combinazione con

altre tecniche ablative come la radiofrequenza si è

dimostrata efficace nei pazienti in cui c’è un

interessamento dei margini di resezione o per

lesioni che residuano alla chirurgia, tuttavia non

può essere sostitutiva della chirurgia. La radio-

embolizzazione arteriosa epatica con microsfere

di Ittrio-90 (SIRT) è in corso di valutazione in

studi clinici randomizzati. Anche la Radioterapia

Stereotassica risulta efficace per il controllo

locale delle metastasi epatiche (169-178).

Le metastasi polmonari costituiscono un segno di

disseminazione ematogena, tuttavia la resezione

di metastasi polmonari ha portato incoraggianti

risultati con sopravvivenze a cinque e dieci anni

rispettivamente del 40% e 30%. Da alcuni studi

risulta che la resezione chirurgica radicale, il

lungo intervallo libero e la presenza di una

singola metastasi resecabile sono fattori

prognostici favorevoli per la sopravvivenza. La

presenza di metastasi ai linfonodi ilari e

mediastinici, il numero e le dimensioni delle

metastasi polmonari costituiscono un fattore

indipendente di cattiva prognosi (179-181).

Le metastasi peritoneali da tumore del colon-

retto spesso riguardano una condizione di

malattia terminale con sopravvivenze che non

superano i sei mesi. Anche l’uso dei più recenti

farmaci antiblastici e degli agenti biologici che si

usano nel carcinoma del colon-retto non ha dato

risultati quando la malattia è presente a livello

peritoneale. Un approccio chirurgico in questa

fase, che consiste nella citoriduzione di tutte le

lesioni peritoneali visibili associato alla

somministrazione di chemioterapia intraperi-

toneale, ha riportato risultati positivi in molti

studi. Tuttavia esiste un solo studio rando-

mizzato che è insufficiente a rendere questa

procedura un trattamento standard, considerate

anche le tossicità riportate (182-184).

RADIOTERAPIA PALLIATIVA

L’obiettivo principale è rappresentato dal

controllo dei sintomi correlati alla neoplasia

IL CANCRO DEL RETTO

429

primitiva o alla malattia metastatica. Pertanto la

radioterapia può essere utilizzata con beneficio

clinico nelle seguenti condizioni:

- dolore loco-regionale (da compressione e/o

infiltrazione)

- rettorragia

- dolore da metastasi ossee

- sintomi neurologici correlati a metastasi

cerebrali

- metastasi polmonari ed epatiche.

Il frazionamento standard prevede la sommini-

strazione di 30 Gy/10 sedute o 20 Gy/5 sedute o

monofrazione antalgica di 8 Gy (I, A).

In casi selezionati rappresentati da pazienti con

malattia oligometastatica (es. metastasi polmona-

re o cerebrale) può essere utilizzata in prima

istanza la radioterapia stereotassica o la radiochi-

rurgia (II, A) in alternativa alla chirurgia (III, A)

(20).

RECIDIVA LOCALE

Nel cancro del retto localmente avanzato (stadio

II-III) i trattamenti combinati hanno determinato

la riduzione delle riprese locali o loco-regionali di

malattia a una percentuale inferiore al 10% (112).

La diagnosi di recidiva è in genere correlata alla

presenza di sintomi rappresentati da dolore,

rettorragia, infezioni pelviche e sintomi ostruttivi

o semplicemente dall’innalzamento del CEA.

L’algoritmo diagnostico prevede l’esecuzione

degli stessi esami, utilizzati nella neoplasia

primaria, completati con la PET-TC e la

conferma cito-istologica di recidiva pelvica di

malattia (specie nei pazienti già trattati con radio-

chemioterapia). La recidiva locale si localizza

prevalentemente nello spazio presacrale e dopo

chirurgia conservativa a livello dell’anastomosi.

Non vi sono sistemi di classificazione

unanimemente accettati, anche se la stadiazione

utilizzata da Suzuki-Gunderson correla signifi-

cativamente con la sopravvivenza (185). La

prognosi di questi pazienti è in genere infausta e

la sopravvivenza mediana non è superiore a 1-2

anni (186). In generale il trattamento standard è

rappresentato dalla terapia multimodale. Un

trattamento chirurgico aggressivo che possa

comportare anche l’eviscerazione pelvica

posteriore o totale può portare il paziente a una

maggiore sopravvivenza libera da malattia. L’uso

di una chemio-radioterapia d’induzione per

pazienti non irradiati in precedenza con recidiva

pelvica localmente avanzata, può condurre a un

incremento di resecabilità chirurgica (187-190).

Il ruolo di dosi elevate di radioterapia non è ben

definito, probabilmente perché correlato alla

eterogeneità della popolazione. La IORT comun-

que può determinare il miglioramento del

controllo locale, ma i suoi risultati sono con-

trastanti e necessitano di conferma in studi clinici

controllati (191, 192).

Una condizione particolare è rappresentata da

quel sottogruppo di pazienti che pur essendo

stati precedentemente irradiati, sviluppano una

recidiva pelvica come unica sede di malattia. In

questi pazienti la re-irradiazione è potenzialmente

associata a un alto rischio di tossicità tardiva.

Sebbene pochi studi abbiano analizzato il ruolo

della re-irradiazione nelle recidive pelviche, la

radioterapia, anche combinata alla chemioterapia

nell’ambito di un approccio preoperatorio,

sembrerebbe fattibile, associata a tossicità

accattabile e in grado di riportare alla resecabilità

una percentuale non trascurabile di pazienti.

Studi ulteriori prospettici sono comunque

necessari (193, 194). Pertanto attualmente le

opzioni terapeutiche della recidiva pelvica

solitaria (M0) sono rappresentate da:

Paziente non pretrattato con pregressa radio-

terapia pelvica:

• Se operabile: radiochemioterapia pre-

operatoria “ long-course” seguita dopo 6-8

settimane da chirurgia (IIA) +/- IORT, e

successiva chemioterapia adiuvante (138);

• Se non operabile: si cerca di ottenere la

resecabilità della lesione con lo schema sopra

indicato.

Paziente già pretrattato con pregressa radio-

terapia pelvica:

IL CANCRO DEL RETTO

430

• Se resecabile: chirurgia seguita da

chemioterapia adiuvante, oppure valutare la

possibilità di un ritrattamento con radioche-

mioterapia seguito da chirurgia;

• Se non resecabile: valutare un ritrattamento ai

fini di ottenere la resecabilià in base al tempo

intercorso dalla precedente irradiazione e asso-

ciare possibilmente una chemioterapia radio

sensibilizzante (20).

FOLLOW-UP

Nei pazienti affetti da neoplasia del retto in

stadio iniziale (T1-T2 N0-stadio I) sottoposti a

trattamento convenzionale non vi sono evidenze

che un follow-up intensivo determini il

miglioramento della sopravvivenza. Viceversa nei

pazienti che seppure allo stadio iniziale (T1 con

fattori patologici avversi, T2) vengono sottoposti

a escissione locale associata a terapia adiuvante

(radio o radio-chemioterapia preoperatoria o

postoperatoria) può essere opportuno un follow-

up intensivo finalizzato alla diagnosi precoce di

recidiva locale dove la chirurgia di salvataggio è

curativa in più del 50% dei casi (18-21).

Nonostante il trattamento multimodale del

tumore primitivo, circa il 30% dei pazienti con

cancro del retto localmente avanzato presentano

una ripresa di malattia. L’obiettivo principale di

un programma di sorveglianza è rappresentato

dalla diagnosi precoce della ripresa di malattia;

tale comportamento ha un significato clinico solo

se porta a un aumento della sopravvivenza.

Negli ultimi anni, a seguito di revisioni siste-

matiche, è risultato un incremento di soprav-

vivenza stimato tra il 7% e il 13% per i pazienti

che praticano un programma di sorveglianza più

intensivo rispetto ai pazienti che praticano un

programma di minima o non praticano alcun tipo

di follow-up. L’incremento di sopravvivenza è

stato attribuito alla diagnosi precoce della ripresa

di malattia soprattutto se solitaria. Poiché le

recidive locali o a distanza sono più frequenti nei

primi tre anni dalla chirurgia, è ragionevole

proporre un follow-up più intensivo in tale

periodo.

In pazienti affetti da neoplasia del retto

localmente avanzata (stadio II-III) sottoposti a

chemio-radioterapia adiuvante, il follow-up

dovrebbe essere protratto oltre i cinque anni.

Dati derivanti da una “pooled analysis” di studi

clinici randomizzati Nordamericani, dimostrano

infatti che la sopravvivenza globale e libera da

malattia continuano a diminuire dopo i cinque

anni (31, 127, 130-132). Perciò, dopo terapia

adiuvante, i controlli devono essere effettuati per

almeno sette anni. Dati di letteratura relativi alla

percentuale di recidive di malattia (75, 134)

inducono ad adottare lo stesso comportamento

(follow-up esteso oltre i cinque anni) in pazienti

sottoposti a trattamento preoperatorio, come

recentemente confermato dall’aggiornamento

dello studio Tedesco CAO/ARO/AIO-94 di

confronto tra chemio-radioterapia pre- vs post-

operatoria (112).

Il follow-up intensivo nel cancro del retto

localmente avanzato (stadio II-III) sembra

determinare il miglioramento della sopravvivenza

globale (102). Sono ancora controverse la

modalità e sequenza temporale secondo cui il

follow-up dovrebbe essere effettuato. Sono

necessari studi prospettici finalizzati alla

definizione del tipo di follow-up, specie nei

pazienti dove il rischio di ripresa della malattia è

più elevato (cT3 MRF positivi - cT4 N+). La

nostra proposta prevede:

Esame clinico: ogni 3-4 mesi per i primi tre anni

comprendente l’esplorazione rettale per lo studio

dell’anastomosi e ogni sei mesi nei due anni

successivi.

CEA: ogni 3-4 mesi per i primi tre anni e ogni sei

mesi nei due anni successivi.

Colonscopia: nei pazienti senza uno studio

preoperatorio completo del colon deve essere

eseguita appena possibile, entro 6-12 mesi

dall’intervento. Nei pazienti in cui l’esame

evidenzia un colon indenne, esso va ripetuto a un

anno dall’intervento poi dopo tre anni e quindi

ogni cinque anni. Inoltre vi può essere indi-

cazione a eseguire una rettoscopia ogni sei mesi

per i primi 2-3 anni dalla chirurgia.

IL CANCRO DEL RETTO

431

TC addome-pelvi con contrasto ogni sei mesi per

i primi tre anni, con estensione allo studio del

torace ogni dodici mesi fino a tre anni dalla

chirurgia. L’ecografia può sostituire la TC se

usato mezzo di contrasto ecografico specifico e

in caso di difficoltà logistiche. Dopo il terzo anno

è consigliabile una ecografia epatica semestrale

fino al quinto anno e successivamente con

cadenza annuale fino al settimo-ottavo anno. La

RM della pelvi con mdc o dell’addome superiore

con mdc epatospecifico trova indicazione solo in

caso di reperti sospetti alla TC.

La PET con FDG nel follow-up del cancro del

retto può essere indicata in caso di sospetta

recidiva strumentale (finalizzato alla ristadiazione

di malattia preoperatoria) e in caso di incremento

progressivo di CEA non associato a segni

radiologici di recidiva della malattia (195-200).

APPENDICE 1.

IL CANCRO DEL RETTO

432

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• Rapporto sull’adesione allo screening mammo-

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supplemento 1

PSA: to screen or not to screen. Parte A.

Convegno – Città di Castello 24 novembre 2012.

Numero 2

Incidenza del cancro in Umbria. 2007-2009.

supplemento 2

PSA: to screen or not to screen. Parte B.

Convegno – Città di Castello 24 novembre 2012.

Numero 3

Seminari della Scuola di Specializzazione in Igiene e

Medicina Preventiva (10/12/2012 e 10-11/01/2013).

Numero 4-5

• Attività oncologica della Clinica Dermatologica

del Policlinico Universitario di Terni.

• I dati 2008-2011 del Sistema di sorveglianza

PASSI sugli screening in Umbria.

• La prevenzione ambientale e gli esposti.

Numero 6

Il cancro dell’endometrio

Numero 7-8

• PSA e screening per il carcinoma prostatico: le

criticità viste dall’anatomopatologo.

• EAU guidelines. Prostate cancer 2013.

ISSN 2039-814X Anno III, 2012 Numero 1

I tumori della vescica.

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Trend di mortalità per cause in Umbria. 1994-2010.

Numero 3-4

I tumori delle alte vie aereo-digestive.

supplemento 1

VIDEO. Tavola rotonda: La sanità pubblica in Umbria.

Opinioni e prospettive.

Numero 5

Ambiente e salute. Qualità dell’aria e prevenzione.

Convegno – Perugia 25 febbraio 2012.

Numero 6

• Screening mammografico. Gestire la complessità

per guadagnare in salute.

Convegno – Perugia 8-9 marzo 2012.

• La georeferenziazione nella registrazione dei

tumori: approccio metodologico e prospettive di

studio.

XVI Riunione scientifica annuale AIRTUM.

Como 29-31 marzo 2012.

supplemento 2

VIDEO. Tavola rotonda: Medicina predittiva e sanità

pubblica.

Numero 7

I tumori dell’ovaio.

Numero 8-9

La geografia del cancro in Umbria: incidenza 1978-

2008

Numero 10-11

I tumori multipli in Umbria. 1994-2008.

Numero 12

• La Rete Regionale Oncologica dell’Umbria.

• Comunicazioni del RTUP al 45° Congresso

Nazionale SItI, S. Margherita di Pula, 3-6

ottobre 2012.

• Il potenziale di salute del comune.

CancerStat Umbria CancerStat Umbria

CANCERSTAT UMBRIA, ANNO IV NO.9

445

ISSN 2039-814X Anno II, 2011 Numero 1

Mortalità per cause nelle ASL dell’Umbria. 2005-

2009.

Numero 2

Anni di vita potenziale persi (YPLL) in Umbria.

1995-1999 e 2005-2009.

Numero 3-4

Il cancro della prostata.

Numero 5

• Ciò che bisogna sapere per decidere se

sottoporsi allo screening per il cancro della

prostata.

• Partecipazione al IV round dello screening

citologico della AUSL 2 dell’Umbria.

Numero 6

Il cancro del rene.

Numero 7

Fumo o salute. I sessione.

Numero 8

I tumori della tiroide. Numero 9

Fumo o salute. II e III sessione. Numero 10

GISCoR. I sessione. Numero 11

GISCoR. II sessione. Numero 12

Il cancro del pene e del testicolo.

Anno I, 2010

Numero 0

Le statistiche del cancro e della mortalità in

Umbria.

Numero1

• Ultime pubblicazioni dei collaboratori del

RTUP.

• Technology assessment della metodica di

prelievo e di preparazione della citologia in

fase liquida (LBC – Liquid Based Citology)

……

Numero 2

L’incidenza del cancro in Umbria, 2006-2008.

Numero 3

• Il Registro Rumori Infantili Umbro-

Marchigiano.

• La ricerca dei tumori professionali

nell’ambito del progetto OCCAM.

Numero 4

Il quadro epidemiologico per la programmazione

della prevenzione oncologica regionale in Umbria.

Numero 5

Incontro con il Gruppo multidisciplinare regionale

per le neoplasie tiroidee in Umbria. Perugia 28/29

ottobre 2010.

Numero 6

• Incontro con il Gruppo multidisciplinare

regionale per le neoplasie tiroidee in Umbria.

Perugia 28/29 ottobre 2010.

• Convegno: Nuove acquisizioni nella gestione

clinica del carcinoma della tiroide di origine

follicolare: cosa dicono le linee guida?

Numero 7

Neoformazioni della cute e del cavo orale.

Melanoma. Terni 13.11.2010

CancerStat Umbria CancerStat Umbria

CANCERSTAT UMBRIA, ANNO IV NO.9

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