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Classificazione, diagnosi ed ICD-10. II - Le sindromi schizofreniche ELISABETTA PALTRINIERI 1 e GIOVANNI de GIROLAMO 2 1 Servizio di Psicologia Medica, Istituto di Psichiatria, Universita di Verona, Verona 2 Division of Mental Health, World Health Organization, Geneva Riassunto. Scopo: Presentare un breve profilo storico relativo ai numerosi tentativi di classificazione dei disturbi schi- zofrenici succedutisi dal secolo scorso ad oggi e descrivere le principali caratteristiche della classificazione ICD-10 della schizofrenia e dei disturbi ad essa correlati, le principali novita introdotte in essa rispetto all'ICD-9 ed infine le principali similarity e differenze ravvisabili tra la classificazione della WHO ed il DSM-III-R. Risultati - II concetto di schizofrenia si e venuto definendo attraverso i contributi di autori di rilievo storico, quali Kraepelin, Bleuler e Schneider. Nella defini- zione dei criteri diagnostici per la schizofrenia, I'ICD-10 ha ripreso i principali criteri schneideriani relativamente ai sin- tomi patognomonici per questo disturbo, mentre ha ridimensionato, rispetto al DSM-III-R, Pimportanza del criterio lon- gitudinale kraepeliniano relativo al decorso, adottando una durata minima di un mese per la diagnosi e prospettando la possibility di una prognosi non necessariamente sfavorevole. Conclusioni - Nel complesso, nell'ICD-10 si tende ad un ampliamento del concetto di schizofrenia, rispetto ad altri sistemi diagnostici piu restrittivi, mentre l'enfasi posta sui sin- tomi schneideriani controbilancia questa tendenza e restringe i criteri di inclusione. Parole chiave: diagnosi, classificazione, schizofrenia. Summary. Scope - To discuss, after a description of the main attempts of classification of schizophrenic disorders made from the last century up to now, the main features of the ICD-10 classification of schizophrenia and related dis- orders. The main features of this chapter of the ICD-10 are then compared to the ICD-9 and DSM-III-R classifications. Results - The ICD-10 diagnostic criteria for schizophrenia require a duration of only 1 month (compared to the 6 month duration criterion of the DSM-III-R); positive symptoms of psychosis, in particular Schneiderian symptoms, are given more prominence than they are in the DSM-III-R. Moreover, it is foreseen the possibility of a favourable outcome of the disorder; this has been based on the results of several follow-up studies, including some major WHO multicentric studies showing a positive outcome in substantial proportion of patients. Conclusions - On the whole, ICD-10 broadens the diagnostic concept of schizophrenia in comparison to other diagnostic systems, whereas the emphasis placed on Schneiderian first-rank symptoms tends to overweight this tendency and makes the criteria for inclusion more narrow. Key words: diagnosis, classification, schizophrenia. Ricevuto il 4.3.1993 - Revisione ricevuta il 10.5.1993 - Accettato il 17.5.1993. Indirizzo per la corrispondenza: Dr. G. de Girolamo, Divi- sion of Mental Health, WHO, 1211 Geneva 27, Switzerland. Fax ( + 41)22-791.0746. Epidemiologia e Psichiatria Sociale, 2, 2, 1993 105 https:/www.cambridge.org/core/terms. https://doi.org/10.1017/S1121189X00006862 Downloaded from https:/www.cambridge.org/core. University of Basel Library, on 11 Jul 2017 at 15:55:44, subject to the Cambridge Core terms of use, available at

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Classificazione diagnosi ed ICD-10II - Le sindromi schizofreniche

ELISABETTA PALTRINIERI1 e GIOVANNI de GIROLAMO2

1 Servizio di Psicologia Medica Istituto di Psichiatria Universita di Verona Verona2 Division of Mental Health World Health Organization Geneva

Riassunto Scopo Presentare un breve profilo storico relativo ai numerosi tentativi di classificazione dei disturbi schi-zofrenici succedutisi dal secolo scorso ad oggi e descrivere le principali caratteristiche della classificazione ICD-10 dellaschizofrenia e dei disturbi ad essa correlati le principali novita introdotte in essa rispetto allICD-9 ed infine le principalisimilarity e differenze ravvisabili tra la classificazione della WHO ed il DSM-III-R Risultati - II concetto di schizofreniasi e venuto definendo attraverso i contributi di autori di rilievo storico quali Kraepelin Bleuler e Schneider Nella defini-zione dei criteri diagnostici per la schizofrenia IICD-10 ha ripreso i principali criteri schneideriani relativamente ai sin-tomi patognomonici per questo disturbo mentre ha ridimensionato rispetto al DSM-III-R Pimportanza del criterio lon-gitudinale kraepeliniano relativo al decorso adottando una durata minima di un mese per la diagnosi e prospettando lapossibility di una prognosi non necessariamente sfavorevole Conclusioni - Nel complesso nellICD-10 si tende ad unampliamento del concetto di schizofrenia rispetto ad altri sistemi diagnostici piu restrittivi mentre lenfasi posta sui sin-tomi schneideriani controbilancia questa tendenza e restringe i criteri di inclusione

Parole chiave diagnosi classificazione schizofrenia

Summary Scope - To discuss after a description of the main attempts of classification of schizophrenic disordersmade from the last century up to now the main features of the ICD-10 classification of schizophrenia and related dis-orders The main features of this chapter of the ICD-10 are then compared to the ICD-9 and DSM-III-R classificationsResults - The ICD-10 diagnostic criteria for schizophrenia require a duration of only 1 month (compared to the 6 monthduration criterion of the DSM-III-R) positive symptoms of psychosis in particular Schneiderian symptoms are givenmore prominence than they are in the DSM-III-R Moreover it is foreseen the possibility of a favourable outcome of thedisorder this has been based on the results of several follow-up studies including some major WHO multicentric studiesshowing a positive outcome in substantial proportion of patients Conclusions - On the whole ICD-10 broadens thediagnostic concept of schizophrenia in comparison to other diagnostic systems whereas the emphasis placed onSchneiderian first-rank symptoms tends to overweight this tendency and makes the criteria for inclusion more narrow

Key words diagnosis classification schizophrenia

Ricevuto il 431993 - Revisione ricevuta il 1051993 - Accettato il 1751993

Indirizzo per la corrispondenza Dr G de Girolamo Divi-sion of Mental Health WHO 1211 Geneva 27 Switzerland

Fax ( + 41)22-7910746

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E Paltrinieri e G de Girolamo

INTRODUZIONE

La schizofrenia almeno da Kraepelin in poi estata e tuttora rimane il vero autentico paradigmadella psichiatria e la piu grande sfida ad essa postasul piano teorico ed operativo La sistematizzazionenosografica di questo disturbo ha quindi rappresen-tato un nodo concettuale intorno al quale si sonoconfrontati approcci e tradizioni diverse tradottisiin importanti ricerche volte a validare ora luno oralaltro modello concettuale Negli ultimi anni la mes-sa a punto dapprima del DSM-III (APA 1980) (se-guito dalla sua revisione DSM-III-R e tra breve dalDSM-IV di prossima introduzione) (APA 19871993) e quindi dellICD-10 di recente apparso(WHO 1992) ha rappresentato un passo in avantiverso una migliore sistematizzazione nosografica deidisturbi schizofrenici

In questo contributo dopo un breve profilo sto-rico relativo ai numerosi tentativi di classificazionedei disturbi schizofrenici succedutisi dal secolo scor-so ad oggi saranno descritte le principali caratteristi-che della classificazione ICD-10 della schizofrenia edei disturbi ad essa correlati le principali novita in-trodotte in essa rispetto allICD-9 ed infine le princi-pali similarita e differenze ravvisabili tra la classifi-cazione della WHO ed il DSM-III-R (ed in parte ilDSM-IV)

LA DIAGNOSI DELLA SCHIZOFRENIAUN BREVE PROFILO STORICO

La psicosi unica ed il modello kraepeliniano

Numerose descrizioni e tentativi di classificazionedei disturbi ora definiti come schizofrenici sono statimessi a punto nella storia della psichiatria

Nel XIX secolo prevalsero due principali approc-ci teorici secondo il primo di questi due approccitutti i disturbi mentali erano considerati espressionedi una singola entita patologica (Einheitspsychose)lalienista tedesco Griesinger che pubblic6 il suo te-sto fondamentale nel 1845 fu il principale esponentedi questa corrente di pensiero (Glatzel 1990) Secon-do il punto di vista alternativo invece i disturbimentali dovevano essere interpretati quali entita pa-tologiche separabili e classificabili sulla base delledifferenti caratteristiche cliniche possedute da cia-scuna di esse lo psichiatra francese Morel fu lespo-

nente principale di questa scuola di pensiero e nel1852 denomind dernence precoce un disturbo da luiritenuto allorigine di un appiattimento dellaffettivi-ta della comparsa di manierismi bizzarri e di unaglobale alterazione della personality che sfociava inalcuni casi in un vero e proprio deterioramentomentale

Va subito sottolineato che lantinomia tra un mo-dello unitario di malattia mentale contrapposto adun modello differenziato ha attraversato (e cid eragia stato notato da Jaspers - 1964) come un filo ros-so lintera vicenda teorica della nosografia psichiatri-ca declinandosi come opposizione tra continuitydi-scontinuita (in cui rientra anche il concetto dellospettro schizofrenico) ovvero categorialitadimen-sionalita (per una discussione generale di queste pro-blematiche si veda il contributo di de Girolamo inquesto stesso numero) delle diverse sindromi psichia-triche (Del Pistoia amp Dalle Luche 1993) II modellodel disturbo unitario dopo essere stato adottato dainfluenti psichiatri quali Hoche nel 1912 (Stromgren1992) e stato negli ultimissimi anni pienamente ri-preso da Crow (1990) il quale ha sostenuto sullabase di evidenze eminentemente genetiche che esiste-rebbe un continuum che si estende dalla depressioneunipolare attraverso il disturbo affettivo bipolare ele sindromi schizoaffettive sino alia schizofreniacon crescenti livelli di deficit e di gravita clinicaTuttavia tale modello ha ricevuto sino ad oggi soloun limitato supporto dai risultati della ricerca anchenello studio condotto da Crow e colleghi il Nor-thwick Park Functional Psychosis Study (John-stone et al 1992) le psicosi affettive erano ben di-stinguibili in termini di esito da quelle schizofreni-che su una importante serie di variabili mentre solosu specifiche misure di performance psicologica mi-surate con appositi test non emergevano differenzesignificative tra i due principali gruppi diagnostici(schizofreniciaffettivi) basati sugli esistenti modellidi classificazione categoriale

Dopo Morel gli psichiatri tedeschi Kahlbaum edHecker nel 1883 e nel 1871 rispettivamente descris-sero la catatonia e lebefrenia

Fu tuttavia Kraepelin a gettare le fondamenta perla definizione del concetto di schizofrenia Studian-do i pazienti ricoverati negli ospedali psichiatrici altermine del XIX secolo egli osservd che alcune for-me di malattia mentale caratterizzate da una insor-genza nella prima eta adulta ed inizialmente piutto-sto variabili in termini di espressivita clinica sem-bravano poi evolvere verso un comune esito rappre-sentato da un significativo deterioramento mentale

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Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

Per sottolineare sia il progressivo decadimento dellecapacita intellettive che Pappiattimento affettivo e ladestrutturazione della personality da lui consideraticentrali in questa condizione morbosa Kraepelin uti-lizzd lespressione (gia impiegata da Morel in passa-to come si e visto) di dementia praecox Quindi nel1896 nella V edizione del suo testo per la primavolta suppose che tre condizioni precedentementeconsiderate come separate rappresentassero in realtatre sottotipi di una singola entita morbosa che lostesso Kraepelin differenzib fortemente dalla psicosimaniaco-depressiva prospettando quindi lesistenzadi due grandi classi di disturbi a suo parere ben di-stinguibili (Sass 1987) Queste tre condizioni eranorappresentate dallebefrenia caratterizzata sul pianoclinico da comportamenti non-finalizzati incongruie disorganizzati dalla catatonia nella quale prevale-vano il negativismo ed una vistosa alterazione dellostato psicomotorio con la presenza di uno stato stu-poroso o al contrario di agitazione e marcato ecci-tamento infine dalla dementia paranoides la cuifenomenologia clinica era contraddistinta da deliri dipersecuzione e di grandezza Successivamente Krae-pelin aggiunse a queste tre condizioni morbose unaquarta denominata dementia praecox simplex Inol-tre separo dalla demenza precoce una nuova entitanosologica la parafrenia caratterizzata secondo uncriterio prognostico infatti secondo Kraepelin inquesto disturbo nonostante il suo carattere evoluti-vo non si assisteva al decadimento della personalitaLo psichiatra tedesco considerd la dementia praecoxcome una condizione contrassegnata da una progno-si invariabilmente infausta con un decorso tendenteinevitabilmente al deterioramento nonostante checirca il 12 dei suoi pazienti mostrassero una remis-sione piu o meno completa Nel modello kraepelinia-no quindi il criterio prognostico occupava un ruoloeuristicamente centrale ed era inteso come validato-re ultimo della diagnosi di schizofrenia In realta lericerche successive hanno confutato tale asserzionemettendo in evidenza una significativa eterogeneitadei decorsi e degli esiti della schizofrenia anchequando diagnosticata con criteri restrittivi e attendi-bili Warner (1991) analizzando accuratamente i 68piu importanti studi di follow-up condotti dalliniziodel secolo sino al 1980 ha riscontrato una guarigio-ne completa allincirca nel 20-25 dei pazienti condiagnosi di schizofrenia ed una guarigione sul pianosociale nel 40-45 dei casi Nelle 15 ricerche pubbli-cate nel decennio 1980-90 il tasso medio di guarigio-ne e stato pari al 29 mentre quello di guarigionesociale e stato pari al 45 (de Girolamo 1991) I ri-

sultati di tali studi hanno quindi spinto Harding eStrauss (1985) a sostenere che II concetto di omoge-neita nel decorso della schizofrenia si e evoluto versoun concetto nel quale il disturbo e stato mostrarepossedere (1) un decorso marcatamente eterogeneonel tempo (2) eterogenei livelli di capacita che attra-versano differenti aree proprie del funzionamentoindividuale (lavoro relazioni sociali e sintomi) neisingoli individui e (3) delle relazioni predittori-esitoche suggeriscono lesistenza e la persistenza di siste-mi aperti correlati (open-linked) che costituiscono ildecorso della schizofrenia cosi come quello di altridisturbi psichiatriciraquo Posizioni molto simili nel ca-so della schizofrenia sono state espresse da altri im-portanti autori come ad esempio Ciompi (1988)

Bleuler e Schneider

Alcuni anni dopo Kraepelin lo psichiatra svizze-ro Eugen Bleuler apportd un contributo essenzialealia concettualizzazione teorica ed alPinquadramentonosografico di questo disturbo fu infatti Bleulerche nel 1908 propose di designarlo per la primavolta con il nome di schizofrenia al fine di sottoli-neare lo splitting (scissione) delle funzioni psichicheche egli considero di grande importanza nella feno-menologia del disturbo Bleuler operd una distinzio-ne tra i sintomi fondamentali (rappresentati innanzi-tutto dalla perdita dei nessi associativi che egli con-sider6 come la caratteristica piu importante del di-sturbo e quindi dallautismo dallambivalenza dal-1appiattimento dellaffettivita) e quelli accessori ri-tenuti non invariabilmente presenti (tra i quali egliincluse i disturbi percettivi i deliri i disturbi dellamemoria e della personalita ed i sintomi catatonici)Egli distinse anche i sintomi dal punto di vista clini-co-descrittivo in primari considerati quali espres-sione del processo della malattia e rappresentatieminentemente da disturbi associativi e da una per-turbazione dellumore di fondo ed in secondari in-terpretati invece quali espressione di una reazionepsicologica del soggetto alia malattia stessa tra i sin-tomi secondari egli annovero 1autismo lambiva-lenza il deterioramento schizofrenico i deliri ed isintomi catatonici

Nel complesso Bleuler amplio significativamenteil concetto di schizofrenia ed i confini nosograficidel disturbo introducendo un nuovo sottotipo (laschizofrenia simplex) inoltre egli riconobbe lesi-stenza della cosiddetta schizofrenia latente e fecerientrare nel gruppo della schizofrenia molte sindro-

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mi sino ad allora considerate in nessun rapporto conessa come le psicosi in personality psicopatiche lepsicosi carcerarie e le allucinosi alcooliche

Per quanto riguardo il decorso e la prognosi del-la schizofrenia Bleuler fu dichiaratamente menopessimista di Kraepelin e pur ritenendo una guari-gione piena un evento molto raro sostenne che unprogressivo miglioramento rappresentasse invece unaevenienza abbastanza comune Mentre Kraepelin en-fatizzo la fenomenologia nella sua descrizione del di-sturbo Bleuler fu piu interpretativo ed il significatodei sintomi divenne piu importante della loro minu-ziosa osservazione e classificazione (Bland amp Kolada1988)

Dopo Bleuler lo psichiatra tedesco Kurt Schnei-der (1959) identifico un gruppo di undici sintomi cheritenne patognomonici per la schizofrenia e di raroriscontro in altri disturbi psichiatrici Egli defini talisintomi come laquosintomi di primo rango (first ranksymptoms) (FRS) [] non perche pensiamo chesiano alia base del disturbo ma perche essi sono dispeciale valore e di particolare aiuto per apporre ladiagnosi di schizofrenia I sintomi di primo rangotuttavia non sempre debbono essere presenti per fa-re diagnosiraquo (Schneider 1959)

I sintomi di primo rango (voci presenti sotto for-ma colloquiale voci che commentano gli atti del pa-ziente esperienze dinfluenzamento corporeo furtoed influenzamento del pensiero diffusione del pen-siero percezione delirante) si identificavano larga-mente con i sintomi accessori di Bleuler e sebbenenon specifici della schizofrenia erano da considerarecome altamente significativi ai fini della operativitadiagnostica

I sintomi di secondo rango comprendevano inve-ce i disturbi psicosensoriali le intuizioni deliranti laperplessita i disturbi depressivi od euforici dellu-more lappiattimento affettivo se presenti in nume-ro adeguato essi potevano essere sufficient per ladiagnosi Nel complesso si pud dire che attraversoladozione di questi criteri diagnostici Schneideroper6 una restrizione del concetto di schizofrenia

I FRS di Schneider sono stati in larga misura ri-presi nei moderni sistemi classificatori e diagnosticiquali i Research Diagnostic Criteria (RDC) (Spitzeret al 1975) il DSM-III e lICD-10 Tuttavia nono-stante la grande importanza ad essi assegnata la fre-quenza dei FRS nei pazienti con diagnosi di schizo-frenia sembra variare significativamente oscillandonei diversi studi da un valore minimo del 24 adun valore massimo del 72 con una prevalenza me-dia approssimativa del 50 (Fenton et al 1981) In

particolare i FRS sembrano essere meno frequentitra i pazienti provenienti dai paesi in via di sviluppocome fu osservato gia da Wulff (1967) e come e sta-to confermato in uno studio prospettico nel quale ungruppo di pazienti (N = 419) e stato valutato a SriLanka con la Present State Examination ed e statocomparato ad un gruppo di pazienti inglesi (N = 150)e canadesi (N= 172) esaminati con lo stessa procedu-ra standardizzata il 25 dei pazienti nel primogruppo presentavano dei FRS in paragone al 54ed al 63 nei due gruppi di pazienti occidentali(Chandrasena 1987) Nello studio della WHO su iDeterminanti di Esito dei Disturbi Mentali Gravi(DOSMED) una media del 56 dei pazienti conuna diagnosi di schizofrenia nei diversi centri presen-tavano uno o piu FRS questi pazienti costituivanoun sottogruppo caratterizzato da un elevato numerodi sintomi psicotici positivi e mostravano una mar-cata omogeneita sul piano clinico pur provenendoda contesti socioculturali differenti (Jablensky et al1992) Inoltre anche qui si riscontrava un differen-ziale nella frequenza dei FRS tra pazienti provenientida paesi sviluppati in confronto a quelli provenientida paesi in via di sviluppo

La specificita dei FRS nel caso della schizofreniae stata anche messa in dubbio in quanto gli stessisintomi si possono riscontrare in altri disturbi ed inmodo particolare nella mania tra i FRS il sintomomeno discriminante e rappresentato dalle allucina-zioni in terza persona (Mellor 1982)

Altri modelli nosografici

Nei paesi scandinavi un importante contributo al-linquadramento diagnostico della schizofrenia ven-ne fornito dallo psichiatra norvegese Langfeldt neglianni trenta (Bech 1990) Egli distinse un gruppo dischizofrenici processuali o nucleari che manifestava-no un esordio insidioso e un decorso verso il deterio-ramento ed un gruppo reattivo caratterizzato daun miglior funzionamento sociale premorboso daun esordio acuto spesso associato ad eventi stressan-ti e da una buona prognosi Successivamente nellatradizione psichiatrica scandinava le psicosi reattivesono state separate dalla schizofrenia nucleare e so-no state denominate psicosi schizofreniformi

In Francia Papproccio diagnostico alia schizofre-nia e stato caratterizzato da un progressivo restringi-mento dei criteri diagnostici e da un contemporaneoampliamento nel numero degli stati deliranti non-schizofrenici (Pichot 1990) tale differenziazione e

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Classifwazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

stata accentuata enfatizzando il decorso e la progno-si sfavorevoli nel caso della schizofrenia

In Europa oltre agli autori sinora menzionatimolti altri hanno fornito contributi storicamente im-portanti per una migliore definizione del concetto dischizofrenia e per una sua sistematizzazione noso-grafica tra essi vanno ricordati Otto Diem (1903)Stransky (1904) Serieux e Capgras (1909) de Cle-rambault (1921-24) Minkowski (1927) Kleist (1930)Binswanger (1956) (per una review del contributo piiiimportante fornito da ciascuno di questi autori si ve-da Cutting amp Shepherd 1987)

Negli Stati Uniti invece dagli anni 50 sino ameta degli anni 70 gli psichiatri hanno rivolto la lo-ro attenzione soprattutto alia presenza dei sintomiconsiderati come tipicamente schizofrenici e agliaspetti difettuali caratterizzanti il deeorso di questodisturbo (Warner 1991) In particolare gli psichiatriamericani erano soliti privilegiare nel far diagnosile cosiddette 4 A di Bleuler Associazioni AffettoAutismo ed Ambivalenza (Andreasen amp Flaum1991) Tutto cio ha condotto alia formulazione di unmodello del disturbo iperinclusivo sul piano diagno-stico rispetto allapproccio europeo tradizionalmen-te piu restrittivo e cio e chiaramente emerso in im-portanti ricerche transnazionali rappresentate so-prattutto dal progetto diagnostico anglo-statunitense(Cooper et al 1972) e dallo studio IPSS (WHO1979) (per un esame approfondito dei risultati diquesti due studi relativamente alia schizofrenia si ri-manda allarticolo introduttivo in questo stesso nu-mero di EPS)

In termini generali la maggior parte degli psichia-tri americani faceva soprattutto riferimento nellapropria pratica diagnostica alia presenza dei quattrosintomi bleuleriani classici sopra elencati A metadegli anni 70 tuttavia si produsse un improvviso eradicale cambiamento in tali abitudini diagnostichecambiamento che puo essere spiegato in parte conlintroduzione in terapia dei sali di litio (con la con-seguente necessita di discriminare accuratamente ipazienti affetti da un disturbo bipolare candidati atale trattamento da quelli invece schizofrenici) inparte con le sollecitazioni provenienti da altre scuolepsichiatriche ed infine con lintroduzione di criteripiu restrittivi per il rimborso delle spese sanitarie

Cominciarono cosi ad emergere negli Stati Uniti iprimi tentativi di standardizzazione della diagnosi dischizofrenia tra essi va ricordato il New HavenSchizophrenia Index (Astrachan et al 1972) ed il Si-stema dei criteri flessibili di Carpenter et al (1973)Questi ultimi autori utilizzando i dati ottenuti nel-

1IPSS (WHO 1979) cercarono di individuare alcu-ni sintomi forniti di un elevato valore discriminativedal punto di vista diagnostico

Negli stessi anni un gruppo di ricercatori prove-nienti dalla Washington University di St Louis ela-borava i cosiddetti Feighner criteria (Feighner et al1972) strutturati sulla base di cinque fattori ritenutiessenziali ai fini di una soddisfacente validita dia-gnostica una accurata descrizione clinica del distur-bo in oggetto eventuali indagini di laboratoriounaccurata differenziazione da altri disturbi ottenu-ta attraverso lidentificazione di precisi criteri din-clusione e di esclusione lo studio della familiaritadel disturbo lutilizzazione dei dati ottenuti da studidi follow-up per la valutazione dellesito e della sta-bilita nel tempo della diagnosi La diagnosi di schi-zofrenia quindi non veniva piu a basarsi soltantosulla presenza di un gruppo di sintomi discriminantima anche sulla loro durata (almeno sei mesi) e su uninsieme di informazioni concernenti 1adattamentopremorboso la storia familiare il rilievo anamnesti-co di un disturbo affettivo o delluso di sostanze

Infine in linea con lorientamento del gruppo diSt Louis Spitzer et al (1975) mettevano a punto iResearch Diagnostic Criteria (RDC) in questi criteridiagnostici la durata minima del disturbo necessariaper poter fare diagnosi veniva ridotta a due sole set-timane e venivano introdotti nuovi criteri diagnosti-ci differenziali con il disturbo schizoaffettivo laschizofrenia borderline la psicosi reattiva breve e glistati paranoidi

LA DIAGNOSI DELLA SCHIZOFRENIANEL DSM-IH DSM-III-R

Nel definire i criteri diagnostici per la schizofre-nia il DSM-III ha dato particolare rilevanza ai FRSed ha ripreso molti dei concetti propri dei Feighnercriteria e dei RDC sopra menzionati Nel comples-so nella classificazione americana sono stati adottatidei criteri restrittivi per la diagnosi di schizofreniaprivilegiando nel quadro sintomatologico i sintomiricchi di pregnanza semeiologica derivati a loro vol-ta dai sintomi patognomonici di Schneider mentre ilcriterio relativo alia durata (almeno sei mesi) ed aliapresenza di deterioramento riflettono un avvicina-mento al pensiero kraepeliniano

La scarsa importanza attribuita ai sintomi fonda-mentali di Bleuler nonostante la riproducibilita e

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E Paltrinieri e G de Girolamo

Pelevata attendibilita diagnostica dei sintomi negati-vi (Andreasen 1982) e stata soprattutto dettata dal-lesigenza di identificare un gruppo di sintomi facil-mente riconoscibili e riproducibili e di differenziarechiaramente i vari sottotipi del disturbo anche inrapporto alia possibilita di eventuali approcci diffe-renziati nella terapia farmacologica

Nel DSM-III-R (APA 1987) quindi sono statiintrodotti alcuni cambiamenti volti ad accrescere laspecificita e la sensibilita dei criteri diagnostici ope-rando cosi una ulteriore restrizione della categoriadiagnostica della schizofrenia ai fini di una sua mag-giore omogeneita con un conseguente incrementodellutilizzo nella pratica clinica della categoria del-la psicosi atipica (Fenton et al 1988)

Di conseguenza rispetto al DSM-III il criterioA composto da sei differenti items e stato semplifi-cato a tre items Mentre nel DSM-III inoltre nonera richiesta una durata minima per i sintomi psico-tici acuti nel DSM-III-R al fine di escludere i di-sturbi psicotici transitori dal gruppo della schizofre-nia viene specificato che i sintomi psicotici della fa-se attiva indicati dal criterio A devono essere presen-ti per almeno una settimana Questi sintomi sono di-visi in tre gruppi il primo include i deliri le alluci-nazioni lincoerenza o il marcato allentamento deinessi associativi il comportamento catatonico lap-piattimento o la grossolana inadeguatezza dellaffet-tivita II secondo gruppo comprende i deliri bizzarrideliri cioe che appaiano non plausibili ad altri mem-bri della stessa comunita culturale II terzo infineconsiste in rilevanti e specifiche allucinazioni uditive

Litem relativo alle alterazioni dell affettivita estato spostato dalla posizione secondaria che avevanel DSM-III ad una posizione centrale allinternodegli altri items propri del criterio A mentre tra isintomi prodromici e residui e stata inclusa lamarcata perdita diniziativa dinteresse o di ener-gia

II DSM-III-R in sostanza ha privilegiato per laschizofrenia un criterio valutativo di tipo longitudi-nale definendola come un disturbo caratterizzato daunevoluzione verso la cronicita con un deteriora-mento della personality e delle facolta mentali (crite-rio B)

Per quanto riguarda la durata i sintomi devonoessere presenti per un tempo minimo di sei mesi (cri-terio D) compresi il periodo prodromico e residuo

Numerosi autori (Andreasen amp Flaum 1991)tuttavia hanno rilevato che lenfatizzare tra i criteridiagnostici per questo disturbo un criterio di tipo

longitudinale comporta il rischio di aspecificita inquanto anche i disturbi affettivi possono presentareun decorso cronico ed un certo grado di deteriora-mento del funzionamento psicosociale

Al fine di operare una diagnosi differenziale conil disturbo schizoaffettivo ed il disturbo dellumorecon aspetti psicotici si richiede inoltre per il criterioC di valutare la durata totale e il periodo dinsor-genza di una sintomatologia affettiva associata

Per quanto riguarda la differenziazione in sotto-tipi il DSM-III-R ne ha riconosciuti cinque schizo-frenia paranoide catatonica disorganizzata indiffe-renziata e residua

Le forme di disturbo schizofrenico laquosenza evi-denti aspetti psicoticiraquo quali la schizofrenia latentesimplex o borderline hanno perduto autonomia no-sografica e sono incluse tra i disturbi di personality

II criterio E infine e volto ad escludere quadrisovrapponibili alia schizofrenia ad eziologia organi-ca o derivanti dalluso di sostanze

Nel complesso nonostante i tentativi di semplifi-cazione operati i criteri del DSM-III-R per poter fa-re diagnosi di schizofrenia sono particolarmentecomplessi richiedendosi la presenza o assenza di al-meno 12 differenti segni e sintomi (deliri allucina-zioni marcate incoerenza allentamento delle asso-ciazioni del pensiero comportamento catatonicoappiattimento affettivo inadeguatezza affettiva al-lucinazioni verbali non legate allo stato affettivo vo-ci che commmentano voci che conversano deliri biz-zarri inserzioni nel pensiero) Per questa ragione estata enfatizzata la necessita di procedere ad unasemplificazione di questi criteri cosa che e avvenutasolo in parte nel DSM-IV (APA 1993)

Nella quarta revisione del sistema americano icriteri fondamentali per fare diagnosi sono rappre-sentati dalla presenza di almeno due tra cinque sin-tomi presenti per una significativa porzione di tempodurante un mese i sintomi sono (1) deliri (2) alluci-nazioni (3) linguaggio disorganizzato (4) comporta-mento disorganizzato o catatonico e (5) sintomi ne-gativi Per tanto il tempo di presenza minimo deisintomi e stato allungato mentre la costellazione deisintomi necessari e stata in un certo modo semplifi-cata II criterio relativo al deterioramento del funzio-namento sociale e rimasto invariato cosi come lacontinua presenza del disturbo per almeno 6 mesiAnche gli altri criteri non sono mutati in maniera si-gnificativa Nel complesso quindi il DSM-IV noncomporta grandi novita per la diagnosi di schizofre-nia

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Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

I DISTURBI SCHIZOFRENICI NELLICD-10ED I SUOI RAPPORTI CON LICD-9

NellICD-9 (WHO 1977) non erano state elabo-rate delle definizioni operazionali dei disturbi neces-sarie per far diagnosi con soddisfacente attendibilitama nelle varie categorie e sottocategorie era stato in-serito un glossario con funzione di guida descrittivadelle varie sindromi La sezione Psicosi (290-299)del capitolo V dellICD-9 era pertanto suddivisa indue grandi gruppi denominati rispettivamente laquoStatiPsicotici Organiciraquo (290-294) ed laquoAltre Psicosiraquo(295-299) in questultimo gruppo erano state inseritele psicosi schizofreniche insieme alle psicosi affetti-ve agli stati paranoidi alle altre psicosi non organi-che ed alle psicosi con origine specifica nellinfanzia

NellICD-10 invece nellambito della sezioneF20-F29 denominata laquoSchizofrenia Sindrome Schi-zotipica e Sindromi Delirantiraquo sono incluse oltre al-ia schizofrenia la sindrome schizotipica le sindromideliranti persistenti le sindromi psicotiche acute etransitorie la sindrome delirante indotta e le sindro-mi schizoaffettive

Per quanto riguarda in particolare la schizofrenia(F20) gli elementi nuovi introdotti nellICD-10 sonosoprattutto relativi alia durata minima dei sintomiche deve essere di almeno un mese ed alia separazio-ne delle sindromi psicotiche acute e transitorie (F23)dalla schizofrenia Ladozione della durata minimadi un mese per poter fare diagnosi di schizofreniacontraddice lassunto che la schizofrenia debba perforza essere una condizione di lunga durata Unadurata minima dei sintomi di sei mesi e stata adotta-ta in vari sistemi di classificazione nazionali (com-preso il DSM-III) tuttavia nei due studi della WHOsulla schizofrenia (IPSS e DOSMED) (WHO 1979Jablensky et al 1992) una rilevante percentuale dipazienti manifestava inequivocabili e specifici sinto-mi schizofrenici per piu di un mese ma per un tem-po comunque inferiore a sei mesi presentando poiun soddisfacente se non completo recupero Per-tanto questa scelta e apparsa come quella piu ragio-nevole al fine di evitare ogni implicita assunzionecirca la inevitabile cronicita della schizofrenia cheviene invece concettualizzata come una sindrome cheha una molteplicita di cause (molte delle quali anco-ra sconosciute) ed una varieta di esiti a loro voltadipendenti da un equilibrio di diversi fattori geneti-ci neurofisiologici sociali e culturali

Le direttive diagnostiche prevedono poi la pre-senza di almeno un sintomo molto evidente compre-

so tra i seguenti (1) eco del pensiero (2) deliri dicontrollo e di influenzamento (3) voci di natura al-lucinatoria e (4) deliri persistenti culturalmente idio-sincratici In alternativa devono essere presenti sin-tomi appartenenti ad almeno due dei seguenti grup-pi (5) allucinazioni persistenti di qualsiasi tipo (6)interruzioni o interpolazioni nel corso del pensieroche determinano un linguaggio incoerente (7) com-portamento catatonico (8) sintomi negativi comeapatia appiattimento affettivo e (9) un cambiamen-to costante e significativo della qualita di alcuniaspetti del comportamento personale come perditadi interessi ritiro sociale ecc E evidente quindi larilevanza attribuita dal punto di vista diagnostico aisintomi positivi di tipo Schneideriano cosi come an-che il rilievo assegnato ai sintomi negativi A questoproposito va detto che numerosi studi hanno conchiarezza accertato lattendibilita in senso diagnosti-co dei sintomi negativi la loro interna consistenza e1elevato grado di intercorrelazione tra essi lasso-ciazione con dei criteri di validazione indipendente(quali ad esempio lesistenza di anormalita sul pianoneuro-anatomico) ed una elevata stabilita temporaledei sintomi stessi (Andreasen amp Flaum 1991)

LICD-9 non escludeva la diagnosi di schizofre-nia qualunque fosse il danno organico concomitan-te nellICD-10 viene invece specificata lincompati-bilita di questa diagnosi in caso di laquomalattia cerebra-le manifesta o negli stati dintossicazione o astinenzada drogheraquo

La sindrome schizotipica (F21) e stata inclusanellICD-10 nella sezione F2 in virtu delle manifesta-zioni cliniche della storia familiare e del decorso es-sa e descritta come una condizione caratterizzata daun comportamento eccentrico e da anomalie del pen-siero e dellaffettivita che somigliano a quelle osser-vate per la schizofrenia ma che non sono tali dasoddisfare i criteri diagnostici per tale disturbo Inessa e stata inclusa il sottotipo della laquoschizofrenia la-tenteraquo per come esso era definito nellICD-9 Nelledirettive diagnostiche ne e comunque sconsigliatolimpiego per un uso laquoesteso perche questo disturbonon e chiaramente delimitato dalla schizofrenia sim-plex ne dai disturbi schizoidi o paranoidi di perso-nality ed a differenza del DSM-III-R e sottolinea-ta limportanza della durata continua od episodicadei sintomi per almeno due anni per poter fare que-sta diagnosi Va sottolineato che questa categoriadiagnostica e stata da lungo tempo alForigine dicontroversie tra differenti autori per quanto riguarda

la sua collocazione nosografica tuttavia studi geneti-ci (Baron et al 1985) familiari (Kendler et al

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1985 Torgensen 1985) e neurofisiologici sembranoconfermare lesistenza di un continuum tra schizo-frenia e disturbo schizotipico allorquando si conside-rano le caratteristiche del disturbo tradizionalmenteriportate quali isolamento sociale sospettositafreddezza ed eccentricita

Le sindromi psicotiche acute e transitorie (F23)rappresentano una categoria di nuova introduzionenellICD-10 i dati che emergono dallesperienza cli-nica e dalle ricerche di tipo transculturale sembranoinfatti dimostrare che soprattutto nei paesi in via disviluppo si riscontra un rilevante numero di psicosiacute con laquoesordio improvviso evoluzione breve nelgiro di poche settimane o perfino di pochi giorni edesito favorevoleraquo (Wig amp Parhee 1989)

In generale nellICD-10 tre condizioni sono con-siderate necessarie per poter fare diagnosi di sindro-me psicotica acuta e transitoria (a) lesordio acuto(entro le due settimane) (b) la presenza di sindromitipiche quali una condizione rapidamente mutevolee variabile definita laquopolimorfaraquo e la presenza di ti-pici sintomi schizofrenici e (c) la presenza di un fat-tore stressante acuto precedente lesordio della sinto-matologia entro un tempo di due settimane Tuttaviaviene anche precisato che un gran numero di sindro-mi psicotiche acute insorge senza fattori stressantiassociati per cui e possibile registrare sia lassenzache la presenza dello stress

La presenza di sintomi prodromici o di alterazio-ni del livello funzionale dellindividuo non sono in-vece da considerarsi rilevanti per quanto riguarda ladurata della sindrome

Nellambito di questo gruppo diagnostico ven-gono quindi riconosciuti differenti sottotipi quali(a) la sindrome psicotica acuta polimorfa senza sin-tomi schizofrenici la cui diagnosi viene fatta in pre-senza di un esordio acuto di vari tipi di deliri ed al-lucinazioni mutevoli in tipo ed intensita da giorno agiorno o nello stesso giorno e di uno stato emoziona-le altrettanto variabile (b) la sindrome psicotica acu-ta polimorfa con sintomi schizofrenici nella cui fe-nomenologia compaiono anche sintomi della serieschizofrenica (c) la sindrome psicotica acuta schizo-frenosimile che pur presentando una sintomatologiastabile che rispecchia quella schizofrenica ha unadurata inferiore ad un mese (d) laltra sindrome psi-cotica acuta prevalentemente delirante nella quale isintomi principali sono rappresentati da deliri ed al-lucinazioni relativamente stabili ma la cui durata(inferiore ad un mese) differenzia questa condizionedalla sindrome delirante persistente in cui deliri edallucinazioni hanno una durata superiore a tre mesi

(e) le altre sindromi psicotiche acute e transitorie edinfine (f) la sindrome psicotica acuta e transitorianon specificata

Alcuni dei disturbi inclusi in questo gruppo sonoassimilabili alle psicosi cicloidi (Perris 1974) ed aliabouffee delirante (Pull et al 1988) Sebbene il con-cetto di bouffee delirante sia tradizionalmente statopiu restrittivo rispetto a quello di psicosi cicloide di-sturbo che comprendeva importanti e specifici di-sturbi della motilita e dellaffettivita entrambi que-sti quadri clinici erano caratterizzati da un estremavariability dellespressione sintomatologica e presen-tavano un certo numero di caratteristiche simili unesordio acuto una durata breve una buona progno-si un decorso recidivante la presenza di deliri ed al-lucinazioni di elementi confusionali di vario gradoinfine di depressioneeccitazione LICD-10 quindiha conservato i lineamenti tradizionali di questi duedisturbi e li ha assimilati alia sindrome acuta poli-morfa senza (o con) sintomi schizofrenici Nel-lICD-9 invece la psicosi cicloide era considerataequivalente alia psicosi schizoaffettiva mentre labouffee delirante rientrava nella reazione paranoideacuta senza trovare in essa una diretta equivalenza(Pichot 1990)

Infine le sindromi schizoaffettive (F25) che nel-PICD-9 erano classificate come un sottotipo dellaschizofrenia nellICD-10 vengono considerate comeuna categoria a se stante insieme ai relativi sottotipi(maniacale depressivo misto di altro tipo e nonspecificato) La decisione di inserire le sindromi schi-zoaffettive nella sezione F2 e stata presa dopo i risul-tati dei field trials condotti con la versione prowi-soria dellICD-10 del 1987 e riflette gli orientamentidominanti nella comunita psichiatrica internaziona-le volti a sottolineare la maggiore contiguita di que-sto disturbo con le sindromi schizofreniche piuttostoche con quelle affettive Le direttive diagnostiche ri-chiedono pertanto per poter far diagnosi di sindro-me schizoaffettiva la presenza di sintomi schizofre-nici ed affettivi simultanei e di simile intensita du-rante lo stesso episodic

ICD-10 DSM-HI-R E DSM-IV SIMILARITAE DIFFERENZE NOSOGRAFICHEE DIAGNOSTICHE

La tabella I mostra le categorie diagnostiche rela-tive ai disturbi schizofrenici contenute nellICD-10nel DSM-III-R e nel DSM-IV Come si puo vedere

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Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

Tabella I - Classificazione dei disturbi schizofrenici nellICD-10 net DSM-III-R e net DSM-IV

ICD-10 DSM-III-R DSM-IV

Schizofrenia

Paranoide

Ebefrenica

Catatonica

Indifferenziata

Residua

Depressione post-schizofrenica

Simplex

Altra

Non specificata

Sindromeschizotipica

Sindromedelirante persistente

Sindromi psicotiche acute e transitorte

Sindrome psicotica acuta polimorfa senzasintomi schizofrenici

Sindrome psicotica acuta polimorfa con sin-tomi schizofrenici

Sindrome psicotica acuta schizofrenosimile

Altra sindrome psicotica acuta prevalente-mente delirante

Sindrome delirante indotta

Sindromi schizoaffettive

Altre sindromi psicotiche non organiche

Psicosi non organica non specificata

Schizofrenia

Paranoide

Disorganizzata

Catatonica

Indifferenziata

Residua

Disturbo delirante (paranoide)

Psicosi reattiva breve

Disturbo schizofreniforme

Disturbo psicotico indotto

Disturbi schizoaffettivi

Schizofrenia

Paranoide

Disorganizzata

Catatonica

Indifferenziata

Residua

Disturbo delirante

Disturbo psicotico non altrimenti specificato

Disturbo psicotico breve

Disturbo schizofreniforme

Disturbo psicotico condiviso

Disturbi schizoaffettivi

Disturbo psicotico dovuto ad unacondizione medica generatemdash con delirimdash con allucinazioni

Disturbo psicotico non altrimentispecificato

la suddivisione dellICD-10 in sottotipi relativamen-te alia schizofrenia di tipo paranoide catatonico in-differenziato ebefrenico e residuo e simile a quellariportata nel DSM-III-R e nel DSM-IV A questoproposito va ricordato che McGlashan amp Fenton(1991) in una review relativa alia classificazione del-la schizofrenia in sottotipi hanno concluso che i datidisponibili consentono di sostenere la validita deisottotipi esistenti in particolare della forma paranoi-de la validita delle forme ebefrenica ed indifferen-ziata e altrettanto dimostrata seppur in maniera me-no definitiva E interessante rilevare come i due au-

tori sostengano che i dati disponibili supportano lavalidita della forma simplex inclusa nellICD-10 manon nel DSM-III-R o nel DSM-IV

Schizofrenia (F20)

Le principali differenze tra la classificazione dellaschizofrenia nellICD-10 e nel DSM-III-R sono rap-presentate dalla durata minima dei sintomi (rispetti-vamente un mese e sei mesi) e dal maggiore peso at-tribuito nellICD-10 ai FRS di Schneider Nel-

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riCD-10 inoltre limportanza dei sintomi negativi eenfatizzata ed essi vengono chiaramente identificatiIn questo senso mentre la maggior importanza asse-gnata nelFICD-10 ai FRS tende a restringere i criteriper la diagnosi la minor durata richiesta il valoreattribuito ai sintomi negativi e linclusione della schi-zofrenia simplex portano allinclusione di un mag-gior numero di pazienti in questa categoria diagno-stica

NelPICD-10 il periodo prodromico proprio deldisturbo e descritto in maniera analoga al DSM-III-R ma non e considerato di ausilio diagnostico enon e incluso nel tempo di durata previsto per farediagnosi che e di almeno un mese

Una differenza importante tra i due sistemi clas-sificatori che ha come si e visto importanti impli-cazioni sul piano concettuale e che nellICD-10 adifferenza del DSM-III-R viene sottolineato che ildecorso della schizofrenia e laquovariabile e non e inevi-tabilmente cronico o invalidanteraquo

Se la sintomatologia presente corrisponde al qua-dro descritto per la schizofrenia ma la sua durata einferiore a un mese 1orientamento diagnostico pro-prio dellICD-10 e in favore della sindrome psicoticaacuta schizofrenosimile (che pud eventualmente es-sere codificata come diagnosi provvisoria) Lado-zione della durata minima di un mese nellICD-10pud quindi portare allinclusione in questa categoriadiagnostica di casi diagnosticati invece secondo ilDSM-III-R come disturbo schizofreniforme

Anche nellICD-10 come nella classificazioneamericana in presenza di sintomi affettivi accentuatisi esclude la diagnosi di schizofrenia ad eccezionedei casi in cui questa e cronologicamente insortaprima

Nel complesso quindi i due testi mostrano dellesignificative differenze al punto che Andreasen ampFlaum (1991) hanno sostenuto che mentre secondola definizione dellICD-10 si delinea il quadro di undisturbo caratterizzato da un periodo psicotico mar-cato relativamente breve il DSM-III-R fa trasparirelimmagine di un disturbo meno caratterizzato dalpunto di vista della sintomatologia psicotica mamaggiormente tendente alia cronicita

Sino ad oggi un solo studio ha comparato la affi-dabilita e la facilita duso dellICD-10 e del DSM-III-R in un piccolo gruppo di psichiatri che in cop-pia hanno valutato dal punto di vista diagnostico 60pazienti (Mellsop et al 1991) I due sistemi hannomostrato una elevata concordanza per la categoriagenerale di schizofrenia ma non per i sottotipi co-me il paranoide e lebefrenico

Sindrome schizotipica (F21)

Questa categoria corrisponde al laquodisturbo di per-sonality schizotipico del DSM-III-R e del DSM-IVnel manuale americano e confluita in questa catego-ria diagnostica anche la schizofrenia simplex chepermane invece nellICD-10 come sottotipo dellaschizofrenia

Sindromi psicotiche acute e transitorie (F23)

Nel DSM-III-R e nel DSM-IV questi disturbi so-no compresi nelle categorie della psicosi reattiva bre-ve (chiamato nel DSM-IV disturbo psicotico breve) edel disturbo schizofreniforme con buona prognosi aloro volta inclusi nel capitolo relativo ai disturbi psi-cotici non classificati altrove In particolare nel casodella psicosi reattiva breve del DSM-III-R viene pre-vista la presenza di sintomi della serie schizofrenicaassociati a stati variabili di agitazione emotiva per-plessita e confusione Questo quadro nosologico cor-risponde quindi per alcuni tratti ad entrambe lesindromi psicotiche acute polimorfe con e senza sin-tomi schizofrenici nonostante in queste ultime nonsia necessaria la presenza di fattori stressanti e quin-di possa venir meno il carattere reattivo

NellICD-10 il termine schizofreniforme non estato invece utilizzato perche ritenuto confusivo do-po la sua applicazione negli ultimi decenni a laquovaridifferenti concetti cliniciraquo e dopo limpiego che ne efatto nel DSM-III-R cioe di una categoria interme-dia caratterizzata da una durata della sintomatologiaschizofrenica inferiore a sei mesi infatti lintrodu-zione della durata di un mese dei sintomi psicoticicome criterio diagnostico per la schizofrenia e 1in-serimento nel gruppo delle sindromi psicotiche acutee transitorie dei disturbi aventi un profilo descrittivosovrapponibile al disturbo schizofreniforme ne rendesuperflua una trattazione autonoma nellICD-10

Pertanto sebbene non esista una chiara equiva-lenza tra i due sistemi diagnostici a questo proposi-to le indicazioni fornite nellICD-10 a coloro chedesiderano usare questo termine sono di orientarsiverso altre categorie diagnostiche in particolare laschizofrenia di altro tipo e la sindrome psicotica acu-ta schizofrenosimile

Sindrome schizoaffettiva (F25)

II DSM-III-R ha collocato il disturbo schizoaffet-tivo nel gruppo dei laquoDisturbi Psicotici Non Classifi-

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Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

cati Altroveraquo (29570) e rifacendosi ai criteri diWelner e ai RDC ha delineate) dei criteri diagnosticirestrittivi nei quali viene privilegiata la relazionetemporale rispetto alia comparsa dei sintomi schizo-frenici ed affettivi i sintomi delle due serie devonomanifestarsi contemporaneamente (criterio A) e laquoinun episodio del disturbo i sintomi schizofrenici devo-no permanere per almeno due settimane senza rile-vanti sintomi affettiviraquo (criterio B)

laquoSe la durata totale di tutti gli episodi di altera-zione dellumore e breve rispetto alia durata totaledel disturbo oppure il disturbo dellumore si verificasoltanto durante la fase residuaraquo si pone diagnosi dischizofrenia mentre in assenza delle condizioni cherispettano il criterio B si pone diagnosi di DisturbodellUmore con Aspetti Psicotici

Nel DSM-III-R pertanto viene fornito un giudi-zio clinico trasversale e longitudinale mentre nel-PICD-10 prevale un giudizio diagnostico cross-sezio-nale

Nel DSM-III-R linserimento nei disturbi psicoti-ci NCA del disturbo schizoaffettivo che precedente-mente era stato considerate una variante della schi-zofrenia rispecchia il fatto che questa categoria eutilizzata nella classificazione americana come ca-tegoria di riserva per quelle condizioni che non sod-disfano i criteri per la schizofrenia o per i disturbidellumore

I RISULTATI DEI FIELD TRIALS DELLICD-10

Nei field trials relativi alPICD-10 (per una descri-zione piu generale si rinvia al contributo precedente)i disturbi inclusi in questo capitolo hanno ottenutoun valore di Kappa pari a 082 tale valore rappre-sentava quello piu elevato tra tutti i vari capitoli adeccezione delle sindromi e disturbi comportamentaliassociati ad alterazioni delle funzioni fisiologiche e afattori somatici (Sartorius et al 1993) Tuttavia al-lorquando si trattava di specificare il disturbo inquestione allinterno del capitolo F2 utilizzando ca-tegorie diagnostiche a quattro codici i valori di Kap-pa variavano marcatamente andando da un massi-mo di 073 per la schizofrenia paranoide ad un mini-mo di 030 per la categoria della sindrome psicoticaacuta e transitoria altra (F238) Nel caso di questul-tima categoria il basso valore di accordo diagnosti-co riscontrato puo essere spiegato con la sua aspeci-ficita dal momento che in essa dovrebbero essere in-

clusi solo i casi che non soddisfano i criteri diagno-stici per una diagnosi piu precisa Inoltre altri duedisturbi rappresentati dalla sindrome schizotipica(F21) e dalla sindrome psicotica acuta schizofrenosi-mile manifestavano un valore di Kappa quasi altret-tanto basso in questo caso tale risultato ha fornitolo spunto per una revisione del testo delFICD-10volta a meglio precisare i criteri diagnostici necessariper questi due disturbi

LA RILEVANZA DEI PROBLEMI DIAGNOSTICIPER LA RICERCA EPIDEMIOLOGICAE PER LA CLINICA

Nellambito della ricerca epidemiologica e dellapratica clinica altrettanto la rilevanza centrale deiproblemi diagnostici discussi sopra dipende dal fattoche cambiamenti intervenuti nella classificazione enei criteri diagnostici per la schizofrenia possonomodificare significativamente i tassi di prevalenza edincidenza del disturbo rilevati nei vari studi ed avereimplicazioni prognostiche e terapeutiche diverse So-no gia stati descritti in dettaglio nel precedente con-tributo i risultati ottenuti nel progetto diagnosticoanglo-statunitense nellIPSS e nello studio di Loran-ger che sono paradigmatici a questo proposito Acio va aggiunto che piu di dieci studi comparativieffettuati per mettere a confronto una dozzina di di-verse definizioni operazionali della diagnosi di schi-zofrenia hanno dimostrato consistentemente come itassi di prevalenza e di incidenza riguardanti questodisturbo varino significativamente a seconda dei cri-teri diagnostici adottati (Sass 1987) In generale leprincipali differenze tra i vari sistemi diagnosticiconcernono la scelta dei sintomi selezionati per farediagnosi la struttura degli algoritmi diagnostici lascelta di una durata minima della sintomatologia e ladiversa valutazione dei sintomi affettivi presenti Inuno dei piu importanti studi comparativi Endicottet al (1982) misero a confronto sei gruppi di criteridiagnostici (New Haven Carpenter Feighner Tay-lor and Abrams DSM-III and RDC) in un campionedi 108 pazienti I sei sistemi risultarono paragonabiliin termini di affidabilita ma la frequenza dei casidiagnosticati come schizofrenici oscillo dal 4 al26 a seconda del sistema impiegato i RDC il si-stema di Carpenter ed il DSM-III risultarono i siste-mi diagnostici piu omogenei Le principali variabilialia base di queste differenze nel numero di casi dia-

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gnosticati sembrarono essere rappresentate da (a) icriteri desclusione dei pazienti con disturbi affettivi(b) i criteri di durata minima adottati e (c) il gradodi specificazione di ogni item In un altro studioBrockington et al (1978) rilevarono che comparan-do 10 differenti set di criteri diagnostici la percen-tuale di casi di schizofrenia in un gruppo di 119 pa-zienti al loro primo ricovero variava dal 3 al 38a seconda del criterio impiegato RDC CATEGOCarpenter and Langfeldt manifestavano una buonaconcordanza mentre altri apparivano troppo restrit-tivi (Feighner criteria) ed altri ancora (Schneider)erano deboli predittori di esito sia clinico che so-ciale

In aun altro studio McGlashan (1984) rianaliz-zando circa 400 casi di pazienti trattati a ChestnutLodge ed impiegando 4 criteri diagnostici (New Ha-ven RDC Feighner e DSM-III) trovo nel complessouna buona concordanza tra questi tre ultimi

Helzer (1981) quindi utilizzando i dati relativi aSt Louis nellambito dellEpidemiological Cat-chment Area Program (ECA) ha messo in evidenzauna differenza di cinque volte nelle stime di preva-lenza per la schizofrenia ottenute impiegando i crite-ri Feighner i RDC o il DSM-III e interessante nota-re che una differenza della stessa ampiezza (con tassidi prevalenza fino a cinque volte maggiori) fu rileva-ta anche da Dunham (1965) in una review sullepide-miologia della schizofrenia questo dato dimostrapertanto che differenze di questa ampiezza nei tassidi prevalenza della schizofrenia potrebbero essere in-teramente definizionali

Per finire Kuriansky et al (1974) hanno dimo-strato che mentre piu dell80 dei pazienti psichia-trici ricoverati in un ospedale psichiatrico di NewYork durante i primi anni 50 erano diagnosticati co-me schizofrenici nella decade precedente la percen-tuale era inferiore al 40 e questo mutamento erain buona parte da ascrivere ai mutamenti intervenutinella prassi diagnostica relativamente al disturbo inquestione

NOTE CONCLUSIVE

Nella definizione dei criteri diagnostici per laschizofrenia PICD-10 ha ripreso i principali criterischneideriani relativamente ai sintomi patognomoni-ci per questo disturbo mentre ha ridimensionato ri-spetto al DSM-III-R limportanza del criterio longi-

tudinale kraepeliniano relativo al decorso adottandouna durata minima di un mese per la diagnosi e pro-spettando la possibility di una prognosi non necessa-riamente sfavorevole Nel complesso quindi nel-lICD-10 si tende ad un ampliamento del concetto dischizofrenia rispetto ad altri sistemi diagnostici piurestrittivi mentre lenfasi posta sui sintomi schneide-riani controbilancia questa tendenza e restringe i cri-teri di inclusione

Nello stesso capitolo e stata inoltre introdotta lasindrome schizotipica ed e stato notevolmente este-so il gruppo delle sindromi psicotiche acute e transi-torie Le ricerche future dovranno dimostrare la affi-dabilita e validita diagnostica di queste scelte

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Gaspare Vella - Danilo Solfaroli Camillocci

NE CON TE NE SENZA Dl TELa coppia in stallo220 pagine Lire 30000

Introduzione

Caratteristiche generali della coppia in stallo

Le mosse e le contromosseLo stallo per opposizioneLo stallo per raggiro

La comunicazione nella coppia in stallo

La genesi della relazione di stalloLmterferenza della famiglia dorigineLinibeaone della forzaLe mestto coe portano alia situazione di stalloLincancludenraquo e la fiducia

Dalla dlftfe alia trlade to pwia

Le linee terapenticheLa prima fase la terapia con la famigfia

Bfccteire le triangolazioniIltgiedire intrusioni dci figliBlrfifiguere il coniugale dal gcnitonaleSWelare i livelli implicati nel discorsoRilevare apertamente lc tnadi e le coahzioniPortarc allo scoperto e far risperimentari il piact-rc dello scontro direttoSottolineare il senso positive) delle pro ocaioni

La seconda fase della terapia lesposizione della storia e il passaggio alia terapiadi coppia

La terza fase la terapia della coppiaRilevare e dare un significato alle triangolazioni chfi Uodoao a enficarhi anche in

assenzu dei figliDalle reerinintzioni alle richiesteFar nemeraere la pa^sioneSpingBMad affrontiire eon chiarezza i temi delluggettivita coniugale

Probleni ancora apertiParaiipomeni

fl Pensiem Sdentifioo ]EditoreVia RradaOO 3c - 00199 BottATel (06) tBM7158596am bull

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Page 2: Classificazione, diagnosi ed ICD-10. II - Le sindromi ...Classificazione, diagnosi ed ICD-10. II - Le sindromi schizofreniche ELISABETTA PALTRINIERI1 e GIOVANNI de GIROLAMO2 1 Servizio

E Paltrinieri e G de Girolamo

INTRODUZIONE

La schizofrenia almeno da Kraepelin in poi estata e tuttora rimane il vero autentico paradigmadella psichiatria e la piu grande sfida ad essa postasul piano teorico ed operativo La sistematizzazionenosografica di questo disturbo ha quindi rappresen-tato un nodo concettuale intorno al quale si sonoconfrontati approcci e tradizioni diverse tradottisiin importanti ricerche volte a validare ora luno oralaltro modello concettuale Negli ultimi anni la mes-sa a punto dapprima del DSM-III (APA 1980) (se-guito dalla sua revisione DSM-III-R e tra breve dalDSM-IV di prossima introduzione) (APA 19871993) e quindi dellICD-10 di recente apparso(WHO 1992) ha rappresentato un passo in avantiverso una migliore sistematizzazione nosografica deidisturbi schizofrenici

In questo contributo dopo un breve profilo sto-rico relativo ai numerosi tentativi di classificazionedei disturbi schizofrenici succedutisi dal secolo scor-so ad oggi saranno descritte le principali caratteristi-che della classificazione ICD-10 della schizofrenia edei disturbi ad essa correlati le principali novita in-trodotte in essa rispetto allICD-9 ed infine le princi-pali similarita e differenze ravvisabili tra la classifi-cazione della WHO ed il DSM-III-R (ed in parte ilDSM-IV)

LA DIAGNOSI DELLA SCHIZOFRENIAUN BREVE PROFILO STORICO

La psicosi unica ed il modello kraepeliniano

Numerose descrizioni e tentativi di classificazionedei disturbi ora definiti come schizofrenici sono statimessi a punto nella storia della psichiatria

Nel XIX secolo prevalsero due principali approc-ci teorici secondo il primo di questi due approccitutti i disturbi mentali erano considerati espressionedi una singola entita patologica (Einheitspsychose)lalienista tedesco Griesinger che pubblic6 il suo te-sto fondamentale nel 1845 fu il principale esponentedi questa corrente di pensiero (Glatzel 1990) Secon-do il punto di vista alternativo invece i disturbimentali dovevano essere interpretati quali entita pa-tologiche separabili e classificabili sulla base delledifferenti caratteristiche cliniche possedute da cia-scuna di esse lo psichiatra francese Morel fu lespo-

nente principale di questa scuola di pensiero e nel1852 denomind dernence precoce un disturbo da luiritenuto allorigine di un appiattimento dellaffettivi-ta della comparsa di manierismi bizzarri e di unaglobale alterazione della personality che sfociava inalcuni casi in un vero e proprio deterioramentomentale

Va subito sottolineato che lantinomia tra un mo-dello unitario di malattia mentale contrapposto adun modello differenziato ha attraversato (e cid eragia stato notato da Jaspers - 1964) come un filo ros-so lintera vicenda teorica della nosografia psichiatri-ca declinandosi come opposizione tra continuitydi-scontinuita (in cui rientra anche il concetto dellospettro schizofrenico) ovvero categorialitadimen-sionalita (per una discussione generale di queste pro-blematiche si veda il contributo di de Girolamo inquesto stesso numero) delle diverse sindromi psichia-triche (Del Pistoia amp Dalle Luche 1993) II modellodel disturbo unitario dopo essere stato adottato dainfluenti psichiatri quali Hoche nel 1912 (Stromgren1992) e stato negli ultimissimi anni pienamente ri-preso da Crow (1990) il quale ha sostenuto sullabase di evidenze eminentemente genetiche che esiste-rebbe un continuum che si estende dalla depressioneunipolare attraverso il disturbo affettivo bipolare ele sindromi schizoaffettive sino alia schizofreniacon crescenti livelli di deficit e di gravita clinicaTuttavia tale modello ha ricevuto sino ad oggi soloun limitato supporto dai risultati della ricerca anchenello studio condotto da Crow e colleghi il Nor-thwick Park Functional Psychosis Study (John-stone et al 1992) le psicosi affettive erano ben di-stinguibili in termini di esito da quelle schizofreni-che su una importante serie di variabili mentre solosu specifiche misure di performance psicologica mi-surate con appositi test non emergevano differenzesignificative tra i due principali gruppi diagnostici(schizofreniciaffettivi) basati sugli esistenti modellidi classificazione categoriale

Dopo Morel gli psichiatri tedeschi Kahlbaum edHecker nel 1883 e nel 1871 rispettivamente descris-sero la catatonia e lebefrenia

Fu tuttavia Kraepelin a gettare le fondamenta perla definizione del concetto di schizofrenia Studian-do i pazienti ricoverati negli ospedali psichiatrici altermine del XIX secolo egli osservd che alcune for-me di malattia mentale caratterizzate da una insor-genza nella prima eta adulta ed inizialmente piutto-sto variabili in termini di espressivita clinica sem-bravano poi evolvere verso un comune esito rappre-sentato da un significativo deterioramento mentale

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Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

Per sottolineare sia il progressivo decadimento dellecapacita intellettive che Pappiattimento affettivo e ladestrutturazione della personality da lui consideraticentrali in questa condizione morbosa Kraepelin uti-lizzd lespressione (gia impiegata da Morel in passa-to come si e visto) di dementia praecox Quindi nel1896 nella V edizione del suo testo per la primavolta suppose che tre condizioni precedentementeconsiderate come separate rappresentassero in realtatre sottotipi di una singola entita morbosa che lostesso Kraepelin differenzib fortemente dalla psicosimaniaco-depressiva prospettando quindi lesistenzadi due grandi classi di disturbi a suo parere ben di-stinguibili (Sass 1987) Queste tre condizioni eranorappresentate dallebefrenia caratterizzata sul pianoclinico da comportamenti non-finalizzati incongruie disorganizzati dalla catatonia nella quale prevale-vano il negativismo ed una vistosa alterazione dellostato psicomotorio con la presenza di uno stato stu-poroso o al contrario di agitazione e marcato ecci-tamento infine dalla dementia paranoides la cuifenomenologia clinica era contraddistinta da deliri dipersecuzione e di grandezza Successivamente Krae-pelin aggiunse a queste tre condizioni morbose unaquarta denominata dementia praecox simplex Inol-tre separo dalla demenza precoce una nuova entitanosologica la parafrenia caratterizzata secondo uncriterio prognostico infatti secondo Kraepelin inquesto disturbo nonostante il suo carattere evoluti-vo non si assisteva al decadimento della personalitaLo psichiatra tedesco considerd la dementia praecoxcome una condizione contrassegnata da una progno-si invariabilmente infausta con un decorso tendenteinevitabilmente al deterioramento nonostante checirca il 12 dei suoi pazienti mostrassero una remis-sione piu o meno completa Nel modello kraepelinia-no quindi il criterio prognostico occupava un ruoloeuristicamente centrale ed era inteso come validato-re ultimo della diagnosi di schizofrenia In realta lericerche successive hanno confutato tale asserzionemettendo in evidenza una significativa eterogeneitadei decorsi e degli esiti della schizofrenia anchequando diagnosticata con criteri restrittivi e attendi-bili Warner (1991) analizzando accuratamente i 68piu importanti studi di follow-up condotti dalliniziodel secolo sino al 1980 ha riscontrato una guarigio-ne completa allincirca nel 20-25 dei pazienti condiagnosi di schizofrenia ed una guarigione sul pianosociale nel 40-45 dei casi Nelle 15 ricerche pubbli-cate nel decennio 1980-90 il tasso medio di guarigio-ne e stato pari al 29 mentre quello di guarigionesociale e stato pari al 45 (de Girolamo 1991) I ri-

sultati di tali studi hanno quindi spinto Harding eStrauss (1985) a sostenere che II concetto di omoge-neita nel decorso della schizofrenia si e evoluto versoun concetto nel quale il disturbo e stato mostrarepossedere (1) un decorso marcatamente eterogeneonel tempo (2) eterogenei livelli di capacita che attra-versano differenti aree proprie del funzionamentoindividuale (lavoro relazioni sociali e sintomi) neisingoli individui e (3) delle relazioni predittori-esitoche suggeriscono lesistenza e la persistenza di siste-mi aperti correlati (open-linked) che costituiscono ildecorso della schizofrenia cosi come quello di altridisturbi psichiatriciraquo Posizioni molto simili nel ca-so della schizofrenia sono state espresse da altri im-portanti autori come ad esempio Ciompi (1988)

Bleuler e Schneider

Alcuni anni dopo Kraepelin lo psichiatra svizze-ro Eugen Bleuler apportd un contributo essenzialealia concettualizzazione teorica ed alPinquadramentonosografico di questo disturbo fu infatti Bleulerche nel 1908 propose di designarlo per la primavolta con il nome di schizofrenia al fine di sottoli-neare lo splitting (scissione) delle funzioni psichicheche egli considero di grande importanza nella feno-menologia del disturbo Bleuler operd una distinzio-ne tra i sintomi fondamentali (rappresentati innanzi-tutto dalla perdita dei nessi associativi che egli con-sider6 come la caratteristica piu importante del di-sturbo e quindi dallautismo dallambivalenza dal-1appiattimento dellaffettivita) e quelli accessori ri-tenuti non invariabilmente presenti (tra i quali egliincluse i disturbi percettivi i deliri i disturbi dellamemoria e della personalita ed i sintomi catatonici)Egli distinse anche i sintomi dal punto di vista clini-co-descrittivo in primari considerati quali espres-sione del processo della malattia e rappresentatieminentemente da disturbi associativi e da una per-turbazione dellumore di fondo ed in secondari in-terpretati invece quali espressione di una reazionepsicologica del soggetto alia malattia stessa tra i sin-tomi secondari egli annovero 1autismo lambiva-lenza il deterioramento schizofrenico i deliri ed isintomi catatonici

Nel complesso Bleuler amplio significativamenteil concetto di schizofrenia ed i confini nosograficidel disturbo introducendo un nuovo sottotipo (laschizofrenia simplex) inoltre egli riconobbe lesi-stenza della cosiddetta schizofrenia latente e fecerientrare nel gruppo della schizofrenia molte sindro-

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E Paltrinieri e G de Girolamo

mi sino ad allora considerate in nessun rapporto conessa come le psicosi in personality psicopatiche lepsicosi carcerarie e le allucinosi alcooliche

Per quanto riguardo il decorso e la prognosi del-la schizofrenia Bleuler fu dichiaratamente menopessimista di Kraepelin e pur ritenendo una guari-gione piena un evento molto raro sostenne che unprogressivo miglioramento rappresentasse invece unaevenienza abbastanza comune Mentre Kraepelin en-fatizzo la fenomenologia nella sua descrizione del di-sturbo Bleuler fu piu interpretativo ed il significatodei sintomi divenne piu importante della loro minu-ziosa osservazione e classificazione (Bland amp Kolada1988)

Dopo Bleuler lo psichiatra tedesco Kurt Schnei-der (1959) identifico un gruppo di undici sintomi cheritenne patognomonici per la schizofrenia e di raroriscontro in altri disturbi psichiatrici Egli defini talisintomi come laquosintomi di primo rango (first ranksymptoms) (FRS) [] non perche pensiamo chesiano alia base del disturbo ma perche essi sono dispeciale valore e di particolare aiuto per apporre ladiagnosi di schizofrenia I sintomi di primo rangotuttavia non sempre debbono essere presenti per fa-re diagnosiraquo (Schneider 1959)

I sintomi di primo rango (voci presenti sotto for-ma colloquiale voci che commentano gli atti del pa-ziente esperienze dinfluenzamento corporeo furtoed influenzamento del pensiero diffusione del pen-siero percezione delirante) si identificavano larga-mente con i sintomi accessori di Bleuler e sebbenenon specifici della schizofrenia erano da considerarecome altamente significativi ai fini della operativitadiagnostica

I sintomi di secondo rango comprendevano inve-ce i disturbi psicosensoriali le intuizioni deliranti laperplessita i disturbi depressivi od euforici dellu-more lappiattimento affettivo se presenti in nume-ro adeguato essi potevano essere sufficient per ladiagnosi Nel complesso si pud dire che attraversoladozione di questi criteri diagnostici Schneideroper6 una restrizione del concetto di schizofrenia

I FRS di Schneider sono stati in larga misura ri-presi nei moderni sistemi classificatori e diagnosticiquali i Research Diagnostic Criteria (RDC) (Spitzeret al 1975) il DSM-III e lICD-10 Tuttavia nono-stante la grande importanza ad essi assegnata la fre-quenza dei FRS nei pazienti con diagnosi di schizo-frenia sembra variare significativamente oscillandonei diversi studi da un valore minimo del 24 adun valore massimo del 72 con una prevalenza me-dia approssimativa del 50 (Fenton et al 1981) In

particolare i FRS sembrano essere meno frequentitra i pazienti provenienti dai paesi in via di sviluppocome fu osservato gia da Wulff (1967) e come e sta-to confermato in uno studio prospettico nel quale ungruppo di pazienti (N = 419) e stato valutato a SriLanka con la Present State Examination ed e statocomparato ad un gruppo di pazienti inglesi (N = 150)e canadesi (N= 172) esaminati con lo stessa procedu-ra standardizzata il 25 dei pazienti nel primogruppo presentavano dei FRS in paragone al 54ed al 63 nei due gruppi di pazienti occidentali(Chandrasena 1987) Nello studio della WHO su iDeterminanti di Esito dei Disturbi Mentali Gravi(DOSMED) una media del 56 dei pazienti conuna diagnosi di schizofrenia nei diversi centri presen-tavano uno o piu FRS questi pazienti costituivanoun sottogruppo caratterizzato da un elevato numerodi sintomi psicotici positivi e mostravano una mar-cata omogeneita sul piano clinico pur provenendoda contesti socioculturali differenti (Jablensky et al1992) Inoltre anche qui si riscontrava un differen-ziale nella frequenza dei FRS tra pazienti provenientida paesi sviluppati in confronto a quelli provenientida paesi in via di sviluppo

La specificita dei FRS nel caso della schizofreniae stata anche messa in dubbio in quanto gli stessisintomi si possono riscontrare in altri disturbi ed inmodo particolare nella mania tra i FRS il sintomomeno discriminante e rappresentato dalle allucina-zioni in terza persona (Mellor 1982)

Altri modelli nosografici

Nei paesi scandinavi un importante contributo al-linquadramento diagnostico della schizofrenia ven-ne fornito dallo psichiatra norvegese Langfeldt neglianni trenta (Bech 1990) Egli distinse un gruppo dischizofrenici processuali o nucleari che manifestava-no un esordio insidioso e un decorso verso il deterio-ramento ed un gruppo reattivo caratterizzato daun miglior funzionamento sociale premorboso daun esordio acuto spesso associato ad eventi stressan-ti e da una buona prognosi Successivamente nellatradizione psichiatrica scandinava le psicosi reattivesono state separate dalla schizofrenia nucleare e so-no state denominate psicosi schizofreniformi

In Francia Papproccio diagnostico alia schizofre-nia e stato caratterizzato da un progressivo restringi-mento dei criteri diagnostici e da un contemporaneoampliamento nel numero degli stati deliranti non-schizofrenici (Pichot 1990) tale differenziazione e

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Classifwazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

stata accentuata enfatizzando il decorso e la progno-si sfavorevoli nel caso della schizofrenia

In Europa oltre agli autori sinora menzionatimolti altri hanno fornito contributi storicamente im-portanti per una migliore definizione del concetto dischizofrenia e per una sua sistematizzazione noso-grafica tra essi vanno ricordati Otto Diem (1903)Stransky (1904) Serieux e Capgras (1909) de Cle-rambault (1921-24) Minkowski (1927) Kleist (1930)Binswanger (1956) (per una review del contributo piiiimportante fornito da ciascuno di questi autori si ve-da Cutting amp Shepherd 1987)

Negli Stati Uniti invece dagli anni 50 sino ameta degli anni 70 gli psichiatri hanno rivolto la lo-ro attenzione soprattutto alia presenza dei sintomiconsiderati come tipicamente schizofrenici e agliaspetti difettuali caratterizzanti il deeorso di questodisturbo (Warner 1991) In particolare gli psichiatriamericani erano soliti privilegiare nel far diagnosile cosiddette 4 A di Bleuler Associazioni AffettoAutismo ed Ambivalenza (Andreasen amp Flaum1991) Tutto cio ha condotto alia formulazione di unmodello del disturbo iperinclusivo sul piano diagno-stico rispetto allapproccio europeo tradizionalmen-te piu restrittivo e cio e chiaramente emerso in im-portanti ricerche transnazionali rappresentate so-prattutto dal progetto diagnostico anglo-statunitense(Cooper et al 1972) e dallo studio IPSS (WHO1979) (per un esame approfondito dei risultati diquesti due studi relativamente alia schizofrenia si ri-manda allarticolo introduttivo in questo stesso nu-mero di EPS)

In termini generali la maggior parte degli psichia-tri americani faceva soprattutto riferimento nellapropria pratica diagnostica alia presenza dei quattrosintomi bleuleriani classici sopra elencati A metadegli anni 70 tuttavia si produsse un improvviso eradicale cambiamento in tali abitudini diagnostichecambiamento che puo essere spiegato in parte conlintroduzione in terapia dei sali di litio (con la con-seguente necessita di discriminare accuratamente ipazienti affetti da un disturbo bipolare candidati atale trattamento da quelli invece schizofrenici) inparte con le sollecitazioni provenienti da altre scuolepsichiatriche ed infine con lintroduzione di criteripiu restrittivi per il rimborso delle spese sanitarie

Cominciarono cosi ad emergere negli Stati Uniti iprimi tentativi di standardizzazione della diagnosi dischizofrenia tra essi va ricordato il New HavenSchizophrenia Index (Astrachan et al 1972) ed il Si-stema dei criteri flessibili di Carpenter et al (1973)Questi ultimi autori utilizzando i dati ottenuti nel-

1IPSS (WHO 1979) cercarono di individuare alcu-ni sintomi forniti di un elevato valore discriminativedal punto di vista diagnostico

Negli stessi anni un gruppo di ricercatori prove-nienti dalla Washington University di St Louis ela-borava i cosiddetti Feighner criteria (Feighner et al1972) strutturati sulla base di cinque fattori ritenutiessenziali ai fini di una soddisfacente validita dia-gnostica una accurata descrizione clinica del distur-bo in oggetto eventuali indagini di laboratoriounaccurata differenziazione da altri disturbi ottenu-ta attraverso lidentificazione di precisi criteri din-clusione e di esclusione lo studio della familiaritadel disturbo lutilizzazione dei dati ottenuti da studidi follow-up per la valutazione dellesito e della sta-bilita nel tempo della diagnosi La diagnosi di schi-zofrenia quindi non veniva piu a basarsi soltantosulla presenza di un gruppo di sintomi discriminantima anche sulla loro durata (almeno sei mesi) e su uninsieme di informazioni concernenti 1adattamentopremorboso la storia familiare il rilievo anamnesti-co di un disturbo affettivo o delluso di sostanze

Infine in linea con lorientamento del gruppo diSt Louis Spitzer et al (1975) mettevano a punto iResearch Diagnostic Criteria (RDC) in questi criteridiagnostici la durata minima del disturbo necessariaper poter fare diagnosi veniva ridotta a due sole set-timane e venivano introdotti nuovi criteri diagnosti-ci differenziali con il disturbo schizoaffettivo laschizofrenia borderline la psicosi reattiva breve e glistati paranoidi

LA DIAGNOSI DELLA SCHIZOFRENIANEL DSM-IH DSM-III-R

Nel definire i criteri diagnostici per la schizofre-nia il DSM-III ha dato particolare rilevanza ai FRSed ha ripreso molti dei concetti propri dei Feighnercriteria e dei RDC sopra menzionati Nel comples-so nella classificazione americana sono stati adottatidei criteri restrittivi per la diagnosi di schizofreniaprivilegiando nel quadro sintomatologico i sintomiricchi di pregnanza semeiologica derivati a loro vol-ta dai sintomi patognomonici di Schneider mentre ilcriterio relativo alia durata (almeno sei mesi) ed aliapresenza di deterioramento riflettono un avvicina-mento al pensiero kraepeliniano

La scarsa importanza attribuita ai sintomi fonda-mentali di Bleuler nonostante la riproducibilita e

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E Paltrinieri e G de Girolamo

Pelevata attendibilita diagnostica dei sintomi negati-vi (Andreasen 1982) e stata soprattutto dettata dal-lesigenza di identificare un gruppo di sintomi facil-mente riconoscibili e riproducibili e di differenziarechiaramente i vari sottotipi del disturbo anche inrapporto alia possibilita di eventuali approcci diffe-renziati nella terapia farmacologica

Nel DSM-III-R (APA 1987) quindi sono statiintrodotti alcuni cambiamenti volti ad accrescere laspecificita e la sensibilita dei criteri diagnostici ope-rando cosi una ulteriore restrizione della categoriadiagnostica della schizofrenia ai fini di una sua mag-giore omogeneita con un conseguente incrementodellutilizzo nella pratica clinica della categoria del-la psicosi atipica (Fenton et al 1988)

Di conseguenza rispetto al DSM-III il criterioA composto da sei differenti items e stato semplifi-cato a tre items Mentre nel DSM-III inoltre nonera richiesta una durata minima per i sintomi psico-tici acuti nel DSM-III-R al fine di escludere i di-sturbi psicotici transitori dal gruppo della schizofre-nia viene specificato che i sintomi psicotici della fa-se attiva indicati dal criterio A devono essere presen-ti per almeno una settimana Questi sintomi sono di-visi in tre gruppi il primo include i deliri le alluci-nazioni lincoerenza o il marcato allentamento deinessi associativi il comportamento catatonico lap-piattimento o la grossolana inadeguatezza dellaffet-tivita II secondo gruppo comprende i deliri bizzarrideliri cioe che appaiano non plausibili ad altri mem-bri della stessa comunita culturale II terzo infineconsiste in rilevanti e specifiche allucinazioni uditive

Litem relativo alle alterazioni dell affettivita estato spostato dalla posizione secondaria che avevanel DSM-III ad una posizione centrale allinternodegli altri items propri del criterio A mentre tra isintomi prodromici e residui e stata inclusa lamarcata perdita diniziativa dinteresse o di ener-gia

II DSM-III-R in sostanza ha privilegiato per laschizofrenia un criterio valutativo di tipo longitudi-nale definendola come un disturbo caratterizzato daunevoluzione verso la cronicita con un deteriora-mento della personality e delle facolta mentali (crite-rio B)

Per quanto riguarda la durata i sintomi devonoessere presenti per un tempo minimo di sei mesi (cri-terio D) compresi il periodo prodromico e residuo

Numerosi autori (Andreasen amp Flaum 1991)tuttavia hanno rilevato che lenfatizzare tra i criteridiagnostici per questo disturbo un criterio di tipo

longitudinale comporta il rischio di aspecificita inquanto anche i disturbi affettivi possono presentareun decorso cronico ed un certo grado di deteriora-mento del funzionamento psicosociale

Al fine di operare una diagnosi differenziale conil disturbo schizoaffettivo ed il disturbo dellumorecon aspetti psicotici si richiede inoltre per il criterioC di valutare la durata totale e il periodo dinsor-genza di una sintomatologia affettiva associata

Per quanto riguarda la differenziazione in sotto-tipi il DSM-III-R ne ha riconosciuti cinque schizo-frenia paranoide catatonica disorganizzata indiffe-renziata e residua

Le forme di disturbo schizofrenico laquosenza evi-denti aspetti psicoticiraquo quali la schizofrenia latentesimplex o borderline hanno perduto autonomia no-sografica e sono incluse tra i disturbi di personality

II criterio E infine e volto ad escludere quadrisovrapponibili alia schizofrenia ad eziologia organi-ca o derivanti dalluso di sostanze

Nel complesso nonostante i tentativi di semplifi-cazione operati i criteri del DSM-III-R per poter fa-re diagnosi di schizofrenia sono particolarmentecomplessi richiedendosi la presenza o assenza di al-meno 12 differenti segni e sintomi (deliri allucina-zioni marcate incoerenza allentamento delle asso-ciazioni del pensiero comportamento catatonicoappiattimento affettivo inadeguatezza affettiva al-lucinazioni verbali non legate allo stato affettivo vo-ci che commmentano voci che conversano deliri biz-zarri inserzioni nel pensiero) Per questa ragione estata enfatizzata la necessita di procedere ad unasemplificazione di questi criteri cosa che e avvenutasolo in parte nel DSM-IV (APA 1993)

Nella quarta revisione del sistema americano icriteri fondamentali per fare diagnosi sono rappre-sentati dalla presenza di almeno due tra cinque sin-tomi presenti per una significativa porzione di tempodurante un mese i sintomi sono (1) deliri (2) alluci-nazioni (3) linguaggio disorganizzato (4) comporta-mento disorganizzato o catatonico e (5) sintomi ne-gativi Per tanto il tempo di presenza minimo deisintomi e stato allungato mentre la costellazione deisintomi necessari e stata in un certo modo semplifi-cata II criterio relativo al deterioramento del funzio-namento sociale e rimasto invariato cosi come lacontinua presenza del disturbo per almeno 6 mesiAnche gli altri criteri non sono mutati in maniera si-gnificativa Nel complesso quindi il DSM-IV noncomporta grandi novita per la diagnosi di schizofre-nia

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Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

I DISTURBI SCHIZOFRENICI NELLICD-10ED I SUOI RAPPORTI CON LICD-9

NellICD-9 (WHO 1977) non erano state elabo-rate delle definizioni operazionali dei disturbi neces-sarie per far diagnosi con soddisfacente attendibilitama nelle varie categorie e sottocategorie era stato in-serito un glossario con funzione di guida descrittivadelle varie sindromi La sezione Psicosi (290-299)del capitolo V dellICD-9 era pertanto suddivisa indue grandi gruppi denominati rispettivamente laquoStatiPsicotici Organiciraquo (290-294) ed laquoAltre Psicosiraquo(295-299) in questultimo gruppo erano state inseritele psicosi schizofreniche insieme alle psicosi affetti-ve agli stati paranoidi alle altre psicosi non organi-che ed alle psicosi con origine specifica nellinfanzia

NellICD-10 invece nellambito della sezioneF20-F29 denominata laquoSchizofrenia Sindrome Schi-zotipica e Sindromi Delirantiraquo sono incluse oltre al-ia schizofrenia la sindrome schizotipica le sindromideliranti persistenti le sindromi psicotiche acute etransitorie la sindrome delirante indotta e le sindro-mi schizoaffettive

Per quanto riguarda in particolare la schizofrenia(F20) gli elementi nuovi introdotti nellICD-10 sonosoprattutto relativi alia durata minima dei sintomiche deve essere di almeno un mese ed alia separazio-ne delle sindromi psicotiche acute e transitorie (F23)dalla schizofrenia Ladozione della durata minimadi un mese per poter fare diagnosi di schizofreniacontraddice lassunto che la schizofrenia debba perforza essere una condizione di lunga durata Unadurata minima dei sintomi di sei mesi e stata adotta-ta in vari sistemi di classificazione nazionali (com-preso il DSM-III) tuttavia nei due studi della WHOsulla schizofrenia (IPSS e DOSMED) (WHO 1979Jablensky et al 1992) una rilevante percentuale dipazienti manifestava inequivocabili e specifici sinto-mi schizofrenici per piu di un mese ma per un tem-po comunque inferiore a sei mesi presentando poiun soddisfacente se non completo recupero Per-tanto questa scelta e apparsa come quella piu ragio-nevole al fine di evitare ogni implicita assunzionecirca la inevitabile cronicita della schizofrenia cheviene invece concettualizzata come una sindrome cheha una molteplicita di cause (molte delle quali anco-ra sconosciute) ed una varieta di esiti a loro voltadipendenti da un equilibrio di diversi fattori geneti-ci neurofisiologici sociali e culturali

Le direttive diagnostiche prevedono poi la pre-senza di almeno un sintomo molto evidente compre-

so tra i seguenti (1) eco del pensiero (2) deliri dicontrollo e di influenzamento (3) voci di natura al-lucinatoria e (4) deliri persistenti culturalmente idio-sincratici In alternativa devono essere presenti sin-tomi appartenenti ad almeno due dei seguenti grup-pi (5) allucinazioni persistenti di qualsiasi tipo (6)interruzioni o interpolazioni nel corso del pensieroche determinano un linguaggio incoerente (7) com-portamento catatonico (8) sintomi negativi comeapatia appiattimento affettivo e (9) un cambiamen-to costante e significativo della qualita di alcuniaspetti del comportamento personale come perditadi interessi ritiro sociale ecc E evidente quindi larilevanza attribuita dal punto di vista diagnostico aisintomi positivi di tipo Schneideriano cosi come an-che il rilievo assegnato ai sintomi negativi A questoproposito va detto che numerosi studi hanno conchiarezza accertato lattendibilita in senso diagnosti-co dei sintomi negativi la loro interna consistenza e1elevato grado di intercorrelazione tra essi lasso-ciazione con dei criteri di validazione indipendente(quali ad esempio lesistenza di anormalita sul pianoneuro-anatomico) ed una elevata stabilita temporaledei sintomi stessi (Andreasen amp Flaum 1991)

LICD-9 non escludeva la diagnosi di schizofre-nia qualunque fosse il danno organico concomitan-te nellICD-10 viene invece specificata lincompati-bilita di questa diagnosi in caso di laquomalattia cerebra-le manifesta o negli stati dintossicazione o astinenzada drogheraquo

La sindrome schizotipica (F21) e stata inclusanellICD-10 nella sezione F2 in virtu delle manifesta-zioni cliniche della storia familiare e del decorso es-sa e descritta come una condizione caratterizzata daun comportamento eccentrico e da anomalie del pen-siero e dellaffettivita che somigliano a quelle osser-vate per la schizofrenia ma che non sono tali dasoddisfare i criteri diagnostici per tale disturbo Inessa e stata inclusa il sottotipo della laquoschizofrenia la-tenteraquo per come esso era definito nellICD-9 Nelledirettive diagnostiche ne e comunque sconsigliatolimpiego per un uso laquoesteso perche questo disturbonon e chiaramente delimitato dalla schizofrenia sim-plex ne dai disturbi schizoidi o paranoidi di perso-nality ed a differenza del DSM-III-R e sottolinea-ta limportanza della durata continua od episodicadei sintomi per almeno due anni per poter fare que-sta diagnosi Va sottolineato che questa categoriadiagnostica e stata da lungo tempo alForigine dicontroversie tra differenti autori per quanto riguarda

la sua collocazione nosografica tuttavia studi geneti-ci (Baron et al 1985) familiari (Kendler et al

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1985 Torgensen 1985) e neurofisiologici sembranoconfermare lesistenza di un continuum tra schizo-frenia e disturbo schizotipico allorquando si conside-rano le caratteristiche del disturbo tradizionalmenteriportate quali isolamento sociale sospettositafreddezza ed eccentricita

Le sindromi psicotiche acute e transitorie (F23)rappresentano una categoria di nuova introduzionenellICD-10 i dati che emergono dallesperienza cli-nica e dalle ricerche di tipo transculturale sembranoinfatti dimostrare che soprattutto nei paesi in via disviluppo si riscontra un rilevante numero di psicosiacute con laquoesordio improvviso evoluzione breve nelgiro di poche settimane o perfino di pochi giorni edesito favorevoleraquo (Wig amp Parhee 1989)

In generale nellICD-10 tre condizioni sono con-siderate necessarie per poter fare diagnosi di sindro-me psicotica acuta e transitoria (a) lesordio acuto(entro le due settimane) (b) la presenza di sindromitipiche quali una condizione rapidamente mutevolee variabile definita laquopolimorfaraquo e la presenza di ti-pici sintomi schizofrenici e (c) la presenza di un fat-tore stressante acuto precedente lesordio della sinto-matologia entro un tempo di due settimane Tuttaviaviene anche precisato che un gran numero di sindro-mi psicotiche acute insorge senza fattori stressantiassociati per cui e possibile registrare sia lassenzache la presenza dello stress

La presenza di sintomi prodromici o di alterazio-ni del livello funzionale dellindividuo non sono in-vece da considerarsi rilevanti per quanto riguarda ladurata della sindrome

Nellambito di questo gruppo diagnostico ven-gono quindi riconosciuti differenti sottotipi quali(a) la sindrome psicotica acuta polimorfa senza sin-tomi schizofrenici la cui diagnosi viene fatta in pre-senza di un esordio acuto di vari tipi di deliri ed al-lucinazioni mutevoli in tipo ed intensita da giorno agiorno o nello stesso giorno e di uno stato emoziona-le altrettanto variabile (b) la sindrome psicotica acu-ta polimorfa con sintomi schizofrenici nella cui fe-nomenologia compaiono anche sintomi della serieschizofrenica (c) la sindrome psicotica acuta schizo-frenosimile che pur presentando una sintomatologiastabile che rispecchia quella schizofrenica ha unadurata inferiore ad un mese (d) laltra sindrome psi-cotica acuta prevalentemente delirante nella quale isintomi principali sono rappresentati da deliri ed al-lucinazioni relativamente stabili ma la cui durata(inferiore ad un mese) differenzia questa condizionedalla sindrome delirante persistente in cui deliri edallucinazioni hanno una durata superiore a tre mesi

(e) le altre sindromi psicotiche acute e transitorie edinfine (f) la sindrome psicotica acuta e transitorianon specificata

Alcuni dei disturbi inclusi in questo gruppo sonoassimilabili alle psicosi cicloidi (Perris 1974) ed aliabouffee delirante (Pull et al 1988) Sebbene il con-cetto di bouffee delirante sia tradizionalmente statopiu restrittivo rispetto a quello di psicosi cicloide di-sturbo che comprendeva importanti e specifici di-sturbi della motilita e dellaffettivita entrambi que-sti quadri clinici erano caratterizzati da un estremavariability dellespressione sintomatologica e presen-tavano un certo numero di caratteristiche simili unesordio acuto una durata breve una buona progno-si un decorso recidivante la presenza di deliri ed al-lucinazioni di elementi confusionali di vario gradoinfine di depressioneeccitazione LICD-10 quindiha conservato i lineamenti tradizionali di questi duedisturbi e li ha assimilati alia sindrome acuta poli-morfa senza (o con) sintomi schizofrenici Nel-lICD-9 invece la psicosi cicloide era considerataequivalente alia psicosi schizoaffettiva mentre labouffee delirante rientrava nella reazione paranoideacuta senza trovare in essa una diretta equivalenza(Pichot 1990)

Infine le sindromi schizoaffettive (F25) che nel-PICD-9 erano classificate come un sottotipo dellaschizofrenia nellICD-10 vengono considerate comeuna categoria a se stante insieme ai relativi sottotipi(maniacale depressivo misto di altro tipo e nonspecificato) La decisione di inserire le sindromi schi-zoaffettive nella sezione F2 e stata presa dopo i risul-tati dei field trials condotti con la versione prowi-soria dellICD-10 del 1987 e riflette gli orientamentidominanti nella comunita psichiatrica internaziona-le volti a sottolineare la maggiore contiguita di que-sto disturbo con le sindromi schizofreniche piuttostoche con quelle affettive Le direttive diagnostiche ri-chiedono pertanto per poter far diagnosi di sindro-me schizoaffettiva la presenza di sintomi schizofre-nici ed affettivi simultanei e di simile intensita du-rante lo stesso episodic

ICD-10 DSM-HI-R E DSM-IV SIMILARITAE DIFFERENZE NOSOGRAFICHEE DIAGNOSTICHE

La tabella I mostra le categorie diagnostiche rela-tive ai disturbi schizofrenici contenute nellICD-10nel DSM-III-R e nel DSM-IV Come si puo vedere

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Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

Tabella I - Classificazione dei disturbi schizofrenici nellICD-10 net DSM-III-R e net DSM-IV

ICD-10 DSM-III-R DSM-IV

Schizofrenia

Paranoide

Ebefrenica

Catatonica

Indifferenziata

Residua

Depressione post-schizofrenica

Simplex

Altra

Non specificata

Sindromeschizotipica

Sindromedelirante persistente

Sindromi psicotiche acute e transitorte

Sindrome psicotica acuta polimorfa senzasintomi schizofrenici

Sindrome psicotica acuta polimorfa con sin-tomi schizofrenici

Sindrome psicotica acuta schizofrenosimile

Altra sindrome psicotica acuta prevalente-mente delirante

Sindrome delirante indotta

Sindromi schizoaffettive

Altre sindromi psicotiche non organiche

Psicosi non organica non specificata

Schizofrenia

Paranoide

Disorganizzata

Catatonica

Indifferenziata

Residua

Disturbo delirante (paranoide)

Psicosi reattiva breve

Disturbo schizofreniforme

Disturbo psicotico indotto

Disturbi schizoaffettivi

Schizofrenia

Paranoide

Disorganizzata

Catatonica

Indifferenziata

Residua

Disturbo delirante

Disturbo psicotico non altrimenti specificato

Disturbo psicotico breve

Disturbo schizofreniforme

Disturbo psicotico condiviso

Disturbi schizoaffettivi

Disturbo psicotico dovuto ad unacondizione medica generatemdash con delirimdash con allucinazioni

Disturbo psicotico non altrimentispecificato

la suddivisione dellICD-10 in sottotipi relativamen-te alia schizofrenia di tipo paranoide catatonico in-differenziato ebefrenico e residuo e simile a quellariportata nel DSM-III-R e nel DSM-IV A questoproposito va ricordato che McGlashan amp Fenton(1991) in una review relativa alia classificazione del-la schizofrenia in sottotipi hanno concluso che i datidisponibili consentono di sostenere la validita deisottotipi esistenti in particolare della forma paranoi-de la validita delle forme ebefrenica ed indifferen-ziata e altrettanto dimostrata seppur in maniera me-no definitiva E interessante rilevare come i due au-

tori sostengano che i dati disponibili supportano lavalidita della forma simplex inclusa nellICD-10 manon nel DSM-III-R o nel DSM-IV

Schizofrenia (F20)

Le principali differenze tra la classificazione dellaschizofrenia nellICD-10 e nel DSM-III-R sono rap-presentate dalla durata minima dei sintomi (rispetti-vamente un mese e sei mesi) e dal maggiore peso at-tribuito nellICD-10 ai FRS di Schneider Nel-

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riCD-10 inoltre limportanza dei sintomi negativi eenfatizzata ed essi vengono chiaramente identificatiIn questo senso mentre la maggior importanza asse-gnata nelFICD-10 ai FRS tende a restringere i criteriper la diagnosi la minor durata richiesta il valoreattribuito ai sintomi negativi e linclusione della schi-zofrenia simplex portano allinclusione di un mag-gior numero di pazienti in questa categoria diagno-stica

NelPICD-10 il periodo prodromico proprio deldisturbo e descritto in maniera analoga al DSM-III-R ma non e considerato di ausilio diagnostico enon e incluso nel tempo di durata previsto per farediagnosi che e di almeno un mese

Una differenza importante tra i due sistemi clas-sificatori che ha come si e visto importanti impli-cazioni sul piano concettuale e che nellICD-10 adifferenza del DSM-III-R viene sottolineato che ildecorso della schizofrenia e laquovariabile e non e inevi-tabilmente cronico o invalidanteraquo

Se la sintomatologia presente corrisponde al qua-dro descritto per la schizofrenia ma la sua durata einferiore a un mese 1orientamento diagnostico pro-prio dellICD-10 e in favore della sindrome psicoticaacuta schizofrenosimile (che pud eventualmente es-sere codificata come diagnosi provvisoria) Lado-zione della durata minima di un mese nellICD-10pud quindi portare allinclusione in questa categoriadiagnostica di casi diagnosticati invece secondo ilDSM-III-R come disturbo schizofreniforme

Anche nellICD-10 come nella classificazioneamericana in presenza di sintomi affettivi accentuatisi esclude la diagnosi di schizofrenia ad eccezionedei casi in cui questa e cronologicamente insortaprima

Nel complesso quindi i due testi mostrano dellesignificative differenze al punto che Andreasen ampFlaum (1991) hanno sostenuto che mentre secondola definizione dellICD-10 si delinea il quadro di undisturbo caratterizzato da un periodo psicotico mar-cato relativamente breve il DSM-III-R fa trasparirelimmagine di un disturbo meno caratterizzato dalpunto di vista della sintomatologia psicotica mamaggiormente tendente alia cronicita

Sino ad oggi un solo studio ha comparato la affi-dabilita e la facilita duso dellICD-10 e del DSM-III-R in un piccolo gruppo di psichiatri che in cop-pia hanno valutato dal punto di vista diagnostico 60pazienti (Mellsop et al 1991) I due sistemi hannomostrato una elevata concordanza per la categoriagenerale di schizofrenia ma non per i sottotipi co-me il paranoide e lebefrenico

Sindrome schizotipica (F21)

Questa categoria corrisponde al laquodisturbo di per-sonality schizotipico del DSM-III-R e del DSM-IVnel manuale americano e confluita in questa catego-ria diagnostica anche la schizofrenia simplex chepermane invece nellICD-10 come sottotipo dellaschizofrenia

Sindromi psicotiche acute e transitorie (F23)

Nel DSM-III-R e nel DSM-IV questi disturbi so-no compresi nelle categorie della psicosi reattiva bre-ve (chiamato nel DSM-IV disturbo psicotico breve) edel disturbo schizofreniforme con buona prognosi aloro volta inclusi nel capitolo relativo ai disturbi psi-cotici non classificati altrove In particolare nel casodella psicosi reattiva breve del DSM-III-R viene pre-vista la presenza di sintomi della serie schizofrenicaassociati a stati variabili di agitazione emotiva per-plessita e confusione Questo quadro nosologico cor-risponde quindi per alcuni tratti ad entrambe lesindromi psicotiche acute polimorfe con e senza sin-tomi schizofrenici nonostante in queste ultime nonsia necessaria la presenza di fattori stressanti e quin-di possa venir meno il carattere reattivo

NellICD-10 il termine schizofreniforme non estato invece utilizzato perche ritenuto confusivo do-po la sua applicazione negli ultimi decenni a laquovaridifferenti concetti cliniciraquo e dopo limpiego che ne efatto nel DSM-III-R cioe di una categoria interme-dia caratterizzata da una durata della sintomatologiaschizofrenica inferiore a sei mesi infatti lintrodu-zione della durata di un mese dei sintomi psicoticicome criterio diagnostico per la schizofrenia e 1in-serimento nel gruppo delle sindromi psicotiche acutee transitorie dei disturbi aventi un profilo descrittivosovrapponibile al disturbo schizofreniforme ne rendesuperflua una trattazione autonoma nellICD-10

Pertanto sebbene non esista una chiara equiva-lenza tra i due sistemi diagnostici a questo proposi-to le indicazioni fornite nellICD-10 a coloro chedesiderano usare questo termine sono di orientarsiverso altre categorie diagnostiche in particolare laschizofrenia di altro tipo e la sindrome psicotica acu-ta schizofrenosimile

Sindrome schizoaffettiva (F25)

II DSM-III-R ha collocato il disturbo schizoaffet-tivo nel gruppo dei laquoDisturbi Psicotici Non Classifi-

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Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

cati Altroveraquo (29570) e rifacendosi ai criteri diWelner e ai RDC ha delineate) dei criteri diagnosticirestrittivi nei quali viene privilegiata la relazionetemporale rispetto alia comparsa dei sintomi schizo-frenici ed affettivi i sintomi delle due serie devonomanifestarsi contemporaneamente (criterio A) e laquoinun episodio del disturbo i sintomi schizofrenici devo-no permanere per almeno due settimane senza rile-vanti sintomi affettiviraquo (criterio B)

laquoSe la durata totale di tutti gli episodi di altera-zione dellumore e breve rispetto alia durata totaledel disturbo oppure il disturbo dellumore si verificasoltanto durante la fase residuaraquo si pone diagnosi dischizofrenia mentre in assenza delle condizioni cherispettano il criterio B si pone diagnosi di DisturbodellUmore con Aspetti Psicotici

Nel DSM-III-R pertanto viene fornito un giudi-zio clinico trasversale e longitudinale mentre nel-PICD-10 prevale un giudizio diagnostico cross-sezio-nale

Nel DSM-III-R linserimento nei disturbi psicoti-ci NCA del disturbo schizoaffettivo che precedente-mente era stato considerate una variante della schi-zofrenia rispecchia il fatto che questa categoria eutilizzata nella classificazione americana come ca-tegoria di riserva per quelle condizioni che non sod-disfano i criteri per la schizofrenia o per i disturbidellumore

I RISULTATI DEI FIELD TRIALS DELLICD-10

Nei field trials relativi alPICD-10 (per una descri-zione piu generale si rinvia al contributo precedente)i disturbi inclusi in questo capitolo hanno ottenutoun valore di Kappa pari a 082 tale valore rappre-sentava quello piu elevato tra tutti i vari capitoli adeccezione delle sindromi e disturbi comportamentaliassociati ad alterazioni delle funzioni fisiologiche e afattori somatici (Sartorius et al 1993) Tuttavia al-lorquando si trattava di specificare il disturbo inquestione allinterno del capitolo F2 utilizzando ca-tegorie diagnostiche a quattro codici i valori di Kap-pa variavano marcatamente andando da un massi-mo di 073 per la schizofrenia paranoide ad un mini-mo di 030 per la categoria della sindrome psicoticaacuta e transitoria altra (F238) Nel caso di questul-tima categoria il basso valore di accordo diagnosti-co riscontrato puo essere spiegato con la sua aspeci-ficita dal momento che in essa dovrebbero essere in-

clusi solo i casi che non soddisfano i criteri diagno-stici per una diagnosi piu precisa Inoltre altri duedisturbi rappresentati dalla sindrome schizotipica(F21) e dalla sindrome psicotica acuta schizofrenosi-mile manifestavano un valore di Kappa quasi altret-tanto basso in questo caso tale risultato ha fornitolo spunto per una revisione del testo delFICD-10volta a meglio precisare i criteri diagnostici necessariper questi due disturbi

LA RILEVANZA DEI PROBLEMI DIAGNOSTICIPER LA RICERCA EPIDEMIOLOGICAE PER LA CLINICA

Nellambito della ricerca epidemiologica e dellapratica clinica altrettanto la rilevanza centrale deiproblemi diagnostici discussi sopra dipende dal fattoche cambiamenti intervenuti nella classificazione enei criteri diagnostici per la schizofrenia possonomodificare significativamente i tassi di prevalenza edincidenza del disturbo rilevati nei vari studi ed avereimplicazioni prognostiche e terapeutiche diverse So-no gia stati descritti in dettaglio nel precedente con-tributo i risultati ottenuti nel progetto diagnosticoanglo-statunitense nellIPSS e nello studio di Loran-ger che sono paradigmatici a questo proposito Acio va aggiunto che piu di dieci studi comparativieffettuati per mettere a confronto una dozzina di di-verse definizioni operazionali della diagnosi di schi-zofrenia hanno dimostrato consistentemente come itassi di prevalenza e di incidenza riguardanti questodisturbo varino significativamente a seconda dei cri-teri diagnostici adottati (Sass 1987) In generale leprincipali differenze tra i vari sistemi diagnosticiconcernono la scelta dei sintomi selezionati per farediagnosi la struttura degli algoritmi diagnostici lascelta di una durata minima della sintomatologia e ladiversa valutazione dei sintomi affettivi presenti Inuno dei piu importanti studi comparativi Endicottet al (1982) misero a confronto sei gruppi di criteridiagnostici (New Haven Carpenter Feighner Tay-lor and Abrams DSM-III and RDC) in un campionedi 108 pazienti I sei sistemi risultarono paragonabiliin termini di affidabilita ma la frequenza dei casidiagnosticati come schizofrenici oscillo dal 4 al26 a seconda del sistema impiegato i RDC il si-stema di Carpenter ed il DSM-III risultarono i siste-mi diagnostici piu omogenei Le principali variabilialia base di queste differenze nel numero di casi dia-

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gnosticati sembrarono essere rappresentate da (a) icriteri desclusione dei pazienti con disturbi affettivi(b) i criteri di durata minima adottati e (c) il gradodi specificazione di ogni item In un altro studioBrockington et al (1978) rilevarono che comparan-do 10 differenti set di criteri diagnostici la percen-tuale di casi di schizofrenia in un gruppo di 119 pa-zienti al loro primo ricovero variava dal 3 al 38a seconda del criterio impiegato RDC CATEGOCarpenter and Langfeldt manifestavano una buonaconcordanza mentre altri apparivano troppo restrit-tivi (Feighner criteria) ed altri ancora (Schneider)erano deboli predittori di esito sia clinico che so-ciale

In aun altro studio McGlashan (1984) rianaliz-zando circa 400 casi di pazienti trattati a ChestnutLodge ed impiegando 4 criteri diagnostici (New Ha-ven RDC Feighner e DSM-III) trovo nel complessouna buona concordanza tra questi tre ultimi

Helzer (1981) quindi utilizzando i dati relativi aSt Louis nellambito dellEpidemiological Cat-chment Area Program (ECA) ha messo in evidenzauna differenza di cinque volte nelle stime di preva-lenza per la schizofrenia ottenute impiegando i crite-ri Feighner i RDC o il DSM-III e interessante nota-re che una differenza della stessa ampiezza (con tassidi prevalenza fino a cinque volte maggiori) fu rileva-ta anche da Dunham (1965) in una review sullepide-miologia della schizofrenia questo dato dimostrapertanto che differenze di questa ampiezza nei tassidi prevalenza della schizofrenia potrebbero essere in-teramente definizionali

Per finire Kuriansky et al (1974) hanno dimo-strato che mentre piu dell80 dei pazienti psichia-trici ricoverati in un ospedale psichiatrico di NewYork durante i primi anni 50 erano diagnosticati co-me schizofrenici nella decade precedente la percen-tuale era inferiore al 40 e questo mutamento erain buona parte da ascrivere ai mutamenti intervenutinella prassi diagnostica relativamente al disturbo inquestione

NOTE CONCLUSIVE

Nella definizione dei criteri diagnostici per laschizofrenia PICD-10 ha ripreso i principali criterischneideriani relativamente ai sintomi patognomoni-ci per questo disturbo mentre ha ridimensionato ri-spetto al DSM-III-R limportanza del criterio longi-

tudinale kraepeliniano relativo al decorso adottandouna durata minima di un mese per la diagnosi e pro-spettando la possibility di una prognosi non necessa-riamente sfavorevole Nel complesso quindi nel-lICD-10 si tende ad un ampliamento del concetto dischizofrenia rispetto ad altri sistemi diagnostici piurestrittivi mentre lenfasi posta sui sintomi schneide-riani controbilancia questa tendenza e restringe i cri-teri di inclusione

Nello stesso capitolo e stata inoltre introdotta lasindrome schizotipica ed e stato notevolmente este-so il gruppo delle sindromi psicotiche acute e transi-torie Le ricerche future dovranno dimostrare la affi-dabilita e validita diagnostica di queste scelte

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Gaspare Vella - Danilo Solfaroli Camillocci

NE CON TE NE SENZA Dl TELa coppia in stallo220 pagine Lire 30000

Introduzione

Caratteristiche generali della coppia in stallo

Le mosse e le contromosseLo stallo per opposizioneLo stallo per raggiro

La comunicazione nella coppia in stallo

La genesi della relazione di stalloLmterferenza della famiglia dorigineLinibeaone della forzaLe mestto coe portano alia situazione di stalloLincancludenraquo e la fiducia

Dalla dlftfe alia trlade to pwia

Le linee terapenticheLa prima fase la terapia con la famigfia

Bfccteire le triangolazioniIltgiedire intrusioni dci figliBlrfifiguere il coniugale dal gcnitonaleSWelare i livelli implicati nel discorsoRilevare apertamente lc tnadi e le coahzioniPortarc allo scoperto e far risperimentari il piact-rc dello scontro direttoSottolineare il senso positive) delle pro ocaioni

La seconda fase della terapia lesposizione della storia e il passaggio alia terapiadi coppia

La terza fase la terapia della coppiaRilevare e dare un significato alle triangolazioni chfi Uodoao a enficarhi anche in

assenzu dei figliDalle reerinintzioni alle richiesteFar nemeraere la pa^sioneSpingBMad affrontiire eon chiarezza i temi delluggettivita coniugale

Probleni ancora apertiParaiipomeni

fl Pensiem Sdentifioo ]EditoreVia RradaOO 3c - 00199 BottATel (06) tBM7158596am bull

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Page 3: Classificazione, diagnosi ed ICD-10. II - Le sindromi ...Classificazione, diagnosi ed ICD-10. II - Le sindromi schizofreniche ELISABETTA PALTRINIERI1 e GIOVANNI de GIROLAMO2 1 Servizio

Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

Per sottolineare sia il progressivo decadimento dellecapacita intellettive che Pappiattimento affettivo e ladestrutturazione della personality da lui consideraticentrali in questa condizione morbosa Kraepelin uti-lizzd lespressione (gia impiegata da Morel in passa-to come si e visto) di dementia praecox Quindi nel1896 nella V edizione del suo testo per la primavolta suppose che tre condizioni precedentementeconsiderate come separate rappresentassero in realtatre sottotipi di una singola entita morbosa che lostesso Kraepelin differenzib fortemente dalla psicosimaniaco-depressiva prospettando quindi lesistenzadi due grandi classi di disturbi a suo parere ben di-stinguibili (Sass 1987) Queste tre condizioni eranorappresentate dallebefrenia caratterizzata sul pianoclinico da comportamenti non-finalizzati incongruie disorganizzati dalla catatonia nella quale prevale-vano il negativismo ed una vistosa alterazione dellostato psicomotorio con la presenza di uno stato stu-poroso o al contrario di agitazione e marcato ecci-tamento infine dalla dementia paranoides la cuifenomenologia clinica era contraddistinta da deliri dipersecuzione e di grandezza Successivamente Krae-pelin aggiunse a queste tre condizioni morbose unaquarta denominata dementia praecox simplex Inol-tre separo dalla demenza precoce una nuova entitanosologica la parafrenia caratterizzata secondo uncriterio prognostico infatti secondo Kraepelin inquesto disturbo nonostante il suo carattere evoluti-vo non si assisteva al decadimento della personalitaLo psichiatra tedesco considerd la dementia praecoxcome una condizione contrassegnata da una progno-si invariabilmente infausta con un decorso tendenteinevitabilmente al deterioramento nonostante checirca il 12 dei suoi pazienti mostrassero una remis-sione piu o meno completa Nel modello kraepelinia-no quindi il criterio prognostico occupava un ruoloeuristicamente centrale ed era inteso come validato-re ultimo della diagnosi di schizofrenia In realta lericerche successive hanno confutato tale asserzionemettendo in evidenza una significativa eterogeneitadei decorsi e degli esiti della schizofrenia anchequando diagnosticata con criteri restrittivi e attendi-bili Warner (1991) analizzando accuratamente i 68piu importanti studi di follow-up condotti dalliniziodel secolo sino al 1980 ha riscontrato una guarigio-ne completa allincirca nel 20-25 dei pazienti condiagnosi di schizofrenia ed una guarigione sul pianosociale nel 40-45 dei casi Nelle 15 ricerche pubbli-cate nel decennio 1980-90 il tasso medio di guarigio-ne e stato pari al 29 mentre quello di guarigionesociale e stato pari al 45 (de Girolamo 1991) I ri-

sultati di tali studi hanno quindi spinto Harding eStrauss (1985) a sostenere che II concetto di omoge-neita nel decorso della schizofrenia si e evoluto versoun concetto nel quale il disturbo e stato mostrarepossedere (1) un decorso marcatamente eterogeneonel tempo (2) eterogenei livelli di capacita che attra-versano differenti aree proprie del funzionamentoindividuale (lavoro relazioni sociali e sintomi) neisingoli individui e (3) delle relazioni predittori-esitoche suggeriscono lesistenza e la persistenza di siste-mi aperti correlati (open-linked) che costituiscono ildecorso della schizofrenia cosi come quello di altridisturbi psichiatriciraquo Posizioni molto simili nel ca-so della schizofrenia sono state espresse da altri im-portanti autori come ad esempio Ciompi (1988)

Bleuler e Schneider

Alcuni anni dopo Kraepelin lo psichiatra svizze-ro Eugen Bleuler apportd un contributo essenzialealia concettualizzazione teorica ed alPinquadramentonosografico di questo disturbo fu infatti Bleulerche nel 1908 propose di designarlo per la primavolta con il nome di schizofrenia al fine di sottoli-neare lo splitting (scissione) delle funzioni psichicheche egli considero di grande importanza nella feno-menologia del disturbo Bleuler operd una distinzio-ne tra i sintomi fondamentali (rappresentati innanzi-tutto dalla perdita dei nessi associativi che egli con-sider6 come la caratteristica piu importante del di-sturbo e quindi dallautismo dallambivalenza dal-1appiattimento dellaffettivita) e quelli accessori ri-tenuti non invariabilmente presenti (tra i quali egliincluse i disturbi percettivi i deliri i disturbi dellamemoria e della personalita ed i sintomi catatonici)Egli distinse anche i sintomi dal punto di vista clini-co-descrittivo in primari considerati quali espres-sione del processo della malattia e rappresentatieminentemente da disturbi associativi e da una per-turbazione dellumore di fondo ed in secondari in-terpretati invece quali espressione di una reazionepsicologica del soggetto alia malattia stessa tra i sin-tomi secondari egli annovero 1autismo lambiva-lenza il deterioramento schizofrenico i deliri ed isintomi catatonici

Nel complesso Bleuler amplio significativamenteil concetto di schizofrenia ed i confini nosograficidel disturbo introducendo un nuovo sottotipo (laschizofrenia simplex) inoltre egli riconobbe lesi-stenza della cosiddetta schizofrenia latente e fecerientrare nel gruppo della schizofrenia molte sindro-

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E Paltrinieri e G de Girolamo

mi sino ad allora considerate in nessun rapporto conessa come le psicosi in personality psicopatiche lepsicosi carcerarie e le allucinosi alcooliche

Per quanto riguardo il decorso e la prognosi del-la schizofrenia Bleuler fu dichiaratamente menopessimista di Kraepelin e pur ritenendo una guari-gione piena un evento molto raro sostenne che unprogressivo miglioramento rappresentasse invece unaevenienza abbastanza comune Mentre Kraepelin en-fatizzo la fenomenologia nella sua descrizione del di-sturbo Bleuler fu piu interpretativo ed il significatodei sintomi divenne piu importante della loro minu-ziosa osservazione e classificazione (Bland amp Kolada1988)

Dopo Bleuler lo psichiatra tedesco Kurt Schnei-der (1959) identifico un gruppo di undici sintomi cheritenne patognomonici per la schizofrenia e di raroriscontro in altri disturbi psichiatrici Egli defini talisintomi come laquosintomi di primo rango (first ranksymptoms) (FRS) [] non perche pensiamo chesiano alia base del disturbo ma perche essi sono dispeciale valore e di particolare aiuto per apporre ladiagnosi di schizofrenia I sintomi di primo rangotuttavia non sempre debbono essere presenti per fa-re diagnosiraquo (Schneider 1959)

I sintomi di primo rango (voci presenti sotto for-ma colloquiale voci che commentano gli atti del pa-ziente esperienze dinfluenzamento corporeo furtoed influenzamento del pensiero diffusione del pen-siero percezione delirante) si identificavano larga-mente con i sintomi accessori di Bleuler e sebbenenon specifici della schizofrenia erano da considerarecome altamente significativi ai fini della operativitadiagnostica

I sintomi di secondo rango comprendevano inve-ce i disturbi psicosensoriali le intuizioni deliranti laperplessita i disturbi depressivi od euforici dellu-more lappiattimento affettivo se presenti in nume-ro adeguato essi potevano essere sufficient per ladiagnosi Nel complesso si pud dire che attraversoladozione di questi criteri diagnostici Schneideroper6 una restrizione del concetto di schizofrenia

I FRS di Schneider sono stati in larga misura ri-presi nei moderni sistemi classificatori e diagnosticiquali i Research Diagnostic Criteria (RDC) (Spitzeret al 1975) il DSM-III e lICD-10 Tuttavia nono-stante la grande importanza ad essi assegnata la fre-quenza dei FRS nei pazienti con diagnosi di schizo-frenia sembra variare significativamente oscillandonei diversi studi da un valore minimo del 24 adun valore massimo del 72 con una prevalenza me-dia approssimativa del 50 (Fenton et al 1981) In

particolare i FRS sembrano essere meno frequentitra i pazienti provenienti dai paesi in via di sviluppocome fu osservato gia da Wulff (1967) e come e sta-to confermato in uno studio prospettico nel quale ungruppo di pazienti (N = 419) e stato valutato a SriLanka con la Present State Examination ed e statocomparato ad un gruppo di pazienti inglesi (N = 150)e canadesi (N= 172) esaminati con lo stessa procedu-ra standardizzata il 25 dei pazienti nel primogruppo presentavano dei FRS in paragone al 54ed al 63 nei due gruppi di pazienti occidentali(Chandrasena 1987) Nello studio della WHO su iDeterminanti di Esito dei Disturbi Mentali Gravi(DOSMED) una media del 56 dei pazienti conuna diagnosi di schizofrenia nei diversi centri presen-tavano uno o piu FRS questi pazienti costituivanoun sottogruppo caratterizzato da un elevato numerodi sintomi psicotici positivi e mostravano una mar-cata omogeneita sul piano clinico pur provenendoda contesti socioculturali differenti (Jablensky et al1992) Inoltre anche qui si riscontrava un differen-ziale nella frequenza dei FRS tra pazienti provenientida paesi sviluppati in confronto a quelli provenientida paesi in via di sviluppo

La specificita dei FRS nel caso della schizofreniae stata anche messa in dubbio in quanto gli stessisintomi si possono riscontrare in altri disturbi ed inmodo particolare nella mania tra i FRS il sintomomeno discriminante e rappresentato dalle allucina-zioni in terza persona (Mellor 1982)

Altri modelli nosografici

Nei paesi scandinavi un importante contributo al-linquadramento diagnostico della schizofrenia ven-ne fornito dallo psichiatra norvegese Langfeldt neglianni trenta (Bech 1990) Egli distinse un gruppo dischizofrenici processuali o nucleari che manifestava-no un esordio insidioso e un decorso verso il deterio-ramento ed un gruppo reattivo caratterizzato daun miglior funzionamento sociale premorboso daun esordio acuto spesso associato ad eventi stressan-ti e da una buona prognosi Successivamente nellatradizione psichiatrica scandinava le psicosi reattivesono state separate dalla schizofrenia nucleare e so-no state denominate psicosi schizofreniformi

In Francia Papproccio diagnostico alia schizofre-nia e stato caratterizzato da un progressivo restringi-mento dei criteri diagnostici e da un contemporaneoampliamento nel numero degli stati deliranti non-schizofrenici (Pichot 1990) tale differenziazione e

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Classifwazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

stata accentuata enfatizzando il decorso e la progno-si sfavorevoli nel caso della schizofrenia

In Europa oltre agli autori sinora menzionatimolti altri hanno fornito contributi storicamente im-portanti per una migliore definizione del concetto dischizofrenia e per una sua sistematizzazione noso-grafica tra essi vanno ricordati Otto Diem (1903)Stransky (1904) Serieux e Capgras (1909) de Cle-rambault (1921-24) Minkowski (1927) Kleist (1930)Binswanger (1956) (per una review del contributo piiiimportante fornito da ciascuno di questi autori si ve-da Cutting amp Shepherd 1987)

Negli Stati Uniti invece dagli anni 50 sino ameta degli anni 70 gli psichiatri hanno rivolto la lo-ro attenzione soprattutto alia presenza dei sintomiconsiderati come tipicamente schizofrenici e agliaspetti difettuali caratterizzanti il deeorso di questodisturbo (Warner 1991) In particolare gli psichiatriamericani erano soliti privilegiare nel far diagnosile cosiddette 4 A di Bleuler Associazioni AffettoAutismo ed Ambivalenza (Andreasen amp Flaum1991) Tutto cio ha condotto alia formulazione di unmodello del disturbo iperinclusivo sul piano diagno-stico rispetto allapproccio europeo tradizionalmen-te piu restrittivo e cio e chiaramente emerso in im-portanti ricerche transnazionali rappresentate so-prattutto dal progetto diagnostico anglo-statunitense(Cooper et al 1972) e dallo studio IPSS (WHO1979) (per un esame approfondito dei risultati diquesti due studi relativamente alia schizofrenia si ri-manda allarticolo introduttivo in questo stesso nu-mero di EPS)

In termini generali la maggior parte degli psichia-tri americani faceva soprattutto riferimento nellapropria pratica diagnostica alia presenza dei quattrosintomi bleuleriani classici sopra elencati A metadegli anni 70 tuttavia si produsse un improvviso eradicale cambiamento in tali abitudini diagnostichecambiamento che puo essere spiegato in parte conlintroduzione in terapia dei sali di litio (con la con-seguente necessita di discriminare accuratamente ipazienti affetti da un disturbo bipolare candidati atale trattamento da quelli invece schizofrenici) inparte con le sollecitazioni provenienti da altre scuolepsichiatriche ed infine con lintroduzione di criteripiu restrittivi per il rimborso delle spese sanitarie

Cominciarono cosi ad emergere negli Stati Uniti iprimi tentativi di standardizzazione della diagnosi dischizofrenia tra essi va ricordato il New HavenSchizophrenia Index (Astrachan et al 1972) ed il Si-stema dei criteri flessibili di Carpenter et al (1973)Questi ultimi autori utilizzando i dati ottenuti nel-

1IPSS (WHO 1979) cercarono di individuare alcu-ni sintomi forniti di un elevato valore discriminativedal punto di vista diagnostico

Negli stessi anni un gruppo di ricercatori prove-nienti dalla Washington University di St Louis ela-borava i cosiddetti Feighner criteria (Feighner et al1972) strutturati sulla base di cinque fattori ritenutiessenziali ai fini di una soddisfacente validita dia-gnostica una accurata descrizione clinica del distur-bo in oggetto eventuali indagini di laboratoriounaccurata differenziazione da altri disturbi ottenu-ta attraverso lidentificazione di precisi criteri din-clusione e di esclusione lo studio della familiaritadel disturbo lutilizzazione dei dati ottenuti da studidi follow-up per la valutazione dellesito e della sta-bilita nel tempo della diagnosi La diagnosi di schi-zofrenia quindi non veniva piu a basarsi soltantosulla presenza di un gruppo di sintomi discriminantima anche sulla loro durata (almeno sei mesi) e su uninsieme di informazioni concernenti 1adattamentopremorboso la storia familiare il rilievo anamnesti-co di un disturbo affettivo o delluso di sostanze

Infine in linea con lorientamento del gruppo diSt Louis Spitzer et al (1975) mettevano a punto iResearch Diagnostic Criteria (RDC) in questi criteridiagnostici la durata minima del disturbo necessariaper poter fare diagnosi veniva ridotta a due sole set-timane e venivano introdotti nuovi criteri diagnosti-ci differenziali con il disturbo schizoaffettivo laschizofrenia borderline la psicosi reattiva breve e glistati paranoidi

LA DIAGNOSI DELLA SCHIZOFRENIANEL DSM-IH DSM-III-R

Nel definire i criteri diagnostici per la schizofre-nia il DSM-III ha dato particolare rilevanza ai FRSed ha ripreso molti dei concetti propri dei Feighnercriteria e dei RDC sopra menzionati Nel comples-so nella classificazione americana sono stati adottatidei criteri restrittivi per la diagnosi di schizofreniaprivilegiando nel quadro sintomatologico i sintomiricchi di pregnanza semeiologica derivati a loro vol-ta dai sintomi patognomonici di Schneider mentre ilcriterio relativo alia durata (almeno sei mesi) ed aliapresenza di deterioramento riflettono un avvicina-mento al pensiero kraepeliniano

La scarsa importanza attribuita ai sintomi fonda-mentali di Bleuler nonostante la riproducibilita e

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E Paltrinieri e G de Girolamo

Pelevata attendibilita diagnostica dei sintomi negati-vi (Andreasen 1982) e stata soprattutto dettata dal-lesigenza di identificare un gruppo di sintomi facil-mente riconoscibili e riproducibili e di differenziarechiaramente i vari sottotipi del disturbo anche inrapporto alia possibilita di eventuali approcci diffe-renziati nella terapia farmacologica

Nel DSM-III-R (APA 1987) quindi sono statiintrodotti alcuni cambiamenti volti ad accrescere laspecificita e la sensibilita dei criteri diagnostici ope-rando cosi una ulteriore restrizione della categoriadiagnostica della schizofrenia ai fini di una sua mag-giore omogeneita con un conseguente incrementodellutilizzo nella pratica clinica della categoria del-la psicosi atipica (Fenton et al 1988)

Di conseguenza rispetto al DSM-III il criterioA composto da sei differenti items e stato semplifi-cato a tre items Mentre nel DSM-III inoltre nonera richiesta una durata minima per i sintomi psico-tici acuti nel DSM-III-R al fine di escludere i di-sturbi psicotici transitori dal gruppo della schizofre-nia viene specificato che i sintomi psicotici della fa-se attiva indicati dal criterio A devono essere presen-ti per almeno una settimana Questi sintomi sono di-visi in tre gruppi il primo include i deliri le alluci-nazioni lincoerenza o il marcato allentamento deinessi associativi il comportamento catatonico lap-piattimento o la grossolana inadeguatezza dellaffet-tivita II secondo gruppo comprende i deliri bizzarrideliri cioe che appaiano non plausibili ad altri mem-bri della stessa comunita culturale II terzo infineconsiste in rilevanti e specifiche allucinazioni uditive

Litem relativo alle alterazioni dell affettivita estato spostato dalla posizione secondaria che avevanel DSM-III ad una posizione centrale allinternodegli altri items propri del criterio A mentre tra isintomi prodromici e residui e stata inclusa lamarcata perdita diniziativa dinteresse o di ener-gia

II DSM-III-R in sostanza ha privilegiato per laschizofrenia un criterio valutativo di tipo longitudi-nale definendola come un disturbo caratterizzato daunevoluzione verso la cronicita con un deteriora-mento della personality e delle facolta mentali (crite-rio B)

Per quanto riguarda la durata i sintomi devonoessere presenti per un tempo minimo di sei mesi (cri-terio D) compresi il periodo prodromico e residuo

Numerosi autori (Andreasen amp Flaum 1991)tuttavia hanno rilevato che lenfatizzare tra i criteridiagnostici per questo disturbo un criterio di tipo

longitudinale comporta il rischio di aspecificita inquanto anche i disturbi affettivi possono presentareun decorso cronico ed un certo grado di deteriora-mento del funzionamento psicosociale

Al fine di operare una diagnosi differenziale conil disturbo schizoaffettivo ed il disturbo dellumorecon aspetti psicotici si richiede inoltre per il criterioC di valutare la durata totale e il periodo dinsor-genza di una sintomatologia affettiva associata

Per quanto riguarda la differenziazione in sotto-tipi il DSM-III-R ne ha riconosciuti cinque schizo-frenia paranoide catatonica disorganizzata indiffe-renziata e residua

Le forme di disturbo schizofrenico laquosenza evi-denti aspetti psicoticiraquo quali la schizofrenia latentesimplex o borderline hanno perduto autonomia no-sografica e sono incluse tra i disturbi di personality

II criterio E infine e volto ad escludere quadrisovrapponibili alia schizofrenia ad eziologia organi-ca o derivanti dalluso di sostanze

Nel complesso nonostante i tentativi di semplifi-cazione operati i criteri del DSM-III-R per poter fa-re diagnosi di schizofrenia sono particolarmentecomplessi richiedendosi la presenza o assenza di al-meno 12 differenti segni e sintomi (deliri allucina-zioni marcate incoerenza allentamento delle asso-ciazioni del pensiero comportamento catatonicoappiattimento affettivo inadeguatezza affettiva al-lucinazioni verbali non legate allo stato affettivo vo-ci che commmentano voci che conversano deliri biz-zarri inserzioni nel pensiero) Per questa ragione estata enfatizzata la necessita di procedere ad unasemplificazione di questi criteri cosa che e avvenutasolo in parte nel DSM-IV (APA 1993)

Nella quarta revisione del sistema americano icriteri fondamentali per fare diagnosi sono rappre-sentati dalla presenza di almeno due tra cinque sin-tomi presenti per una significativa porzione di tempodurante un mese i sintomi sono (1) deliri (2) alluci-nazioni (3) linguaggio disorganizzato (4) comporta-mento disorganizzato o catatonico e (5) sintomi ne-gativi Per tanto il tempo di presenza minimo deisintomi e stato allungato mentre la costellazione deisintomi necessari e stata in un certo modo semplifi-cata II criterio relativo al deterioramento del funzio-namento sociale e rimasto invariato cosi come lacontinua presenza del disturbo per almeno 6 mesiAnche gli altri criteri non sono mutati in maniera si-gnificativa Nel complesso quindi il DSM-IV noncomporta grandi novita per la diagnosi di schizofre-nia

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Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

I DISTURBI SCHIZOFRENICI NELLICD-10ED I SUOI RAPPORTI CON LICD-9

NellICD-9 (WHO 1977) non erano state elabo-rate delle definizioni operazionali dei disturbi neces-sarie per far diagnosi con soddisfacente attendibilitama nelle varie categorie e sottocategorie era stato in-serito un glossario con funzione di guida descrittivadelle varie sindromi La sezione Psicosi (290-299)del capitolo V dellICD-9 era pertanto suddivisa indue grandi gruppi denominati rispettivamente laquoStatiPsicotici Organiciraquo (290-294) ed laquoAltre Psicosiraquo(295-299) in questultimo gruppo erano state inseritele psicosi schizofreniche insieme alle psicosi affetti-ve agli stati paranoidi alle altre psicosi non organi-che ed alle psicosi con origine specifica nellinfanzia

NellICD-10 invece nellambito della sezioneF20-F29 denominata laquoSchizofrenia Sindrome Schi-zotipica e Sindromi Delirantiraquo sono incluse oltre al-ia schizofrenia la sindrome schizotipica le sindromideliranti persistenti le sindromi psicotiche acute etransitorie la sindrome delirante indotta e le sindro-mi schizoaffettive

Per quanto riguarda in particolare la schizofrenia(F20) gli elementi nuovi introdotti nellICD-10 sonosoprattutto relativi alia durata minima dei sintomiche deve essere di almeno un mese ed alia separazio-ne delle sindromi psicotiche acute e transitorie (F23)dalla schizofrenia Ladozione della durata minimadi un mese per poter fare diagnosi di schizofreniacontraddice lassunto che la schizofrenia debba perforza essere una condizione di lunga durata Unadurata minima dei sintomi di sei mesi e stata adotta-ta in vari sistemi di classificazione nazionali (com-preso il DSM-III) tuttavia nei due studi della WHOsulla schizofrenia (IPSS e DOSMED) (WHO 1979Jablensky et al 1992) una rilevante percentuale dipazienti manifestava inequivocabili e specifici sinto-mi schizofrenici per piu di un mese ma per un tem-po comunque inferiore a sei mesi presentando poiun soddisfacente se non completo recupero Per-tanto questa scelta e apparsa come quella piu ragio-nevole al fine di evitare ogni implicita assunzionecirca la inevitabile cronicita della schizofrenia cheviene invece concettualizzata come una sindrome cheha una molteplicita di cause (molte delle quali anco-ra sconosciute) ed una varieta di esiti a loro voltadipendenti da un equilibrio di diversi fattori geneti-ci neurofisiologici sociali e culturali

Le direttive diagnostiche prevedono poi la pre-senza di almeno un sintomo molto evidente compre-

so tra i seguenti (1) eco del pensiero (2) deliri dicontrollo e di influenzamento (3) voci di natura al-lucinatoria e (4) deliri persistenti culturalmente idio-sincratici In alternativa devono essere presenti sin-tomi appartenenti ad almeno due dei seguenti grup-pi (5) allucinazioni persistenti di qualsiasi tipo (6)interruzioni o interpolazioni nel corso del pensieroche determinano un linguaggio incoerente (7) com-portamento catatonico (8) sintomi negativi comeapatia appiattimento affettivo e (9) un cambiamen-to costante e significativo della qualita di alcuniaspetti del comportamento personale come perditadi interessi ritiro sociale ecc E evidente quindi larilevanza attribuita dal punto di vista diagnostico aisintomi positivi di tipo Schneideriano cosi come an-che il rilievo assegnato ai sintomi negativi A questoproposito va detto che numerosi studi hanno conchiarezza accertato lattendibilita in senso diagnosti-co dei sintomi negativi la loro interna consistenza e1elevato grado di intercorrelazione tra essi lasso-ciazione con dei criteri di validazione indipendente(quali ad esempio lesistenza di anormalita sul pianoneuro-anatomico) ed una elevata stabilita temporaledei sintomi stessi (Andreasen amp Flaum 1991)

LICD-9 non escludeva la diagnosi di schizofre-nia qualunque fosse il danno organico concomitan-te nellICD-10 viene invece specificata lincompati-bilita di questa diagnosi in caso di laquomalattia cerebra-le manifesta o negli stati dintossicazione o astinenzada drogheraquo

La sindrome schizotipica (F21) e stata inclusanellICD-10 nella sezione F2 in virtu delle manifesta-zioni cliniche della storia familiare e del decorso es-sa e descritta come una condizione caratterizzata daun comportamento eccentrico e da anomalie del pen-siero e dellaffettivita che somigliano a quelle osser-vate per la schizofrenia ma che non sono tali dasoddisfare i criteri diagnostici per tale disturbo Inessa e stata inclusa il sottotipo della laquoschizofrenia la-tenteraquo per come esso era definito nellICD-9 Nelledirettive diagnostiche ne e comunque sconsigliatolimpiego per un uso laquoesteso perche questo disturbonon e chiaramente delimitato dalla schizofrenia sim-plex ne dai disturbi schizoidi o paranoidi di perso-nality ed a differenza del DSM-III-R e sottolinea-ta limportanza della durata continua od episodicadei sintomi per almeno due anni per poter fare que-sta diagnosi Va sottolineato che questa categoriadiagnostica e stata da lungo tempo alForigine dicontroversie tra differenti autori per quanto riguarda

la sua collocazione nosografica tuttavia studi geneti-ci (Baron et al 1985) familiari (Kendler et al

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1985 Torgensen 1985) e neurofisiologici sembranoconfermare lesistenza di un continuum tra schizo-frenia e disturbo schizotipico allorquando si conside-rano le caratteristiche del disturbo tradizionalmenteriportate quali isolamento sociale sospettositafreddezza ed eccentricita

Le sindromi psicotiche acute e transitorie (F23)rappresentano una categoria di nuova introduzionenellICD-10 i dati che emergono dallesperienza cli-nica e dalle ricerche di tipo transculturale sembranoinfatti dimostrare che soprattutto nei paesi in via disviluppo si riscontra un rilevante numero di psicosiacute con laquoesordio improvviso evoluzione breve nelgiro di poche settimane o perfino di pochi giorni edesito favorevoleraquo (Wig amp Parhee 1989)

In generale nellICD-10 tre condizioni sono con-siderate necessarie per poter fare diagnosi di sindro-me psicotica acuta e transitoria (a) lesordio acuto(entro le due settimane) (b) la presenza di sindromitipiche quali una condizione rapidamente mutevolee variabile definita laquopolimorfaraquo e la presenza di ti-pici sintomi schizofrenici e (c) la presenza di un fat-tore stressante acuto precedente lesordio della sinto-matologia entro un tempo di due settimane Tuttaviaviene anche precisato che un gran numero di sindro-mi psicotiche acute insorge senza fattori stressantiassociati per cui e possibile registrare sia lassenzache la presenza dello stress

La presenza di sintomi prodromici o di alterazio-ni del livello funzionale dellindividuo non sono in-vece da considerarsi rilevanti per quanto riguarda ladurata della sindrome

Nellambito di questo gruppo diagnostico ven-gono quindi riconosciuti differenti sottotipi quali(a) la sindrome psicotica acuta polimorfa senza sin-tomi schizofrenici la cui diagnosi viene fatta in pre-senza di un esordio acuto di vari tipi di deliri ed al-lucinazioni mutevoli in tipo ed intensita da giorno agiorno o nello stesso giorno e di uno stato emoziona-le altrettanto variabile (b) la sindrome psicotica acu-ta polimorfa con sintomi schizofrenici nella cui fe-nomenologia compaiono anche sintomi della serieschizofrenica (c) la sindrome psicotica acuta schizo-frenosimile che pur presentando una sintomatologiastabile che rispecchia quella schizofrenica ha unadurata inferiore ad un mese (d) laltra sindrome psi-cotica acuta prevalentemente delirante nella quale isintomi principali sono rappresentati da deliri ed al-lucinazioni relativamente stabili ma la cui durata(inferiore ad un mese) differenzia questa condizionedalla sindrome delirante persistente in cui deliri edallucinazioni hanno una durata superiore a tre mesi

(e) le altre sindromi psicotiche acute e transitorie edinfine (f) la sindrome psicotica acuta e transitorianon specificata

Alcuni dei disturbi inclusi in questo gruppo sonoassimilabili alle psicosi cicloidi (Perris 1974) ed aliabouffee delirante (Pull et al 1988) Sebbene il con-cetto di bouffee delirante sia tradizionalmente statopiu restrittivo rispetto a quello di psicosi cicloide di-sturbo che comprendeva importanti e specifici di-sturbi della motilita e dellaffettivita entrambi que-sti quadri clinici erano caratterizzati da un estremavariability dellespressione sintomatologica e presen-tavano un certo numero di caratteristiche simili unesordio acuto una durata breve una buona progno-si un decorso recidivante la presenza di deliri ed al-lucinazioni di elementi confusionali di vario gradoinfine di depressioneeccitazione LICD-10 quindiha conservato i lineamenti tradizionali di questi duedisturbi e li ha assimilati alia sindrome acuta poli-morfa senza (o con) sintomi schizofrenici Nel-lICD-9 invece la psicosi cicloide era considerataequivalente alia psicosi schizoaffettiva mentre labouffee delirante rientrava nella reazione paranoideacuta senza trovare in essa una diretta equivalenza(Pichot 1990)

Infine le sindromi schizoaffettive (F25) che nel-PICD-9 erano classificate come un sottotipo dellaschizofrenia nellICD-10 vengono considerate comeuna categoria a se stante insieme ai relativi sottotipi(maniacale depressivo misto di altro tipo e nonspecificato) La decisione di inserire le sindromi schi-zoaffettive nella sezione F2 e stata presa dopo i risul-tati dei field trials condotti con la versione prowi-soria dellICD-10 del 1987 e riflette gli orientamentidominanti nella comunita psichiatrica internaziona-le volti a sottolineare la maggiore contiguita di que-sto disturbo con le sindromi schizofreniche piuttostoche con quelle affettive Le direttive diagnostiche ri-chiedono pertanto per poter far diagnosi di sindro-me schizoaffettiva la presenza di sintomi schizofre-nici ed affettivi simultanei e di simile intensita du-rante lo stesso episodic

ICD-10 DSM-HI-R E DSM-IV SIMILARITAE DIFFERENZE NOSOGRAFICHEE DIAGNOSTICHE

La tabella I mostra le categorie diagnostiche rela-tive ai disturbi schizofrenici contenute nellICD-10nel DSM-III-R e nel DSM-IV Come si puo vedere

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Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

Tabella I - Classificazione dei disturbi schizofrenici nellICD-10 net DSM-III-R e net DSM-IV

ICD-10 DSM-III-R DSM-IV

Schizofrenia

Paranoide

Ebefrenica

Catatonica

Indifferenziata

Residua

Depressione post-schizofrenica

Simplex

Altra

Non specificata

Sindromeschizotipica

Sindromedelirante persistente

Sindromi psicotiche acute e transitorte

Sindrome psicotica acuta polimorfa senzasintomi schizofrenici

Sindrome psicotica acuta polimorfa con sin-tomi schizofrenici

Sindrome psicotica acuta schizofrenosimile

Altra sindrome psicotica acuta prevalente-mente delirante

Sindrome delirante indotta

Sindromi schizoaffettive

Altre sindromi psicotiche non organiche

Psicosi non organica non specificata

Schizofrenia

Paranoide

Disorganizzata

Catatonica

Indifferenziata

Residua

Disturbo delirante (paranoide)

Psicosi reattiva breve

Disturbo schizofreniforme

Disturbo psicotico indotto

Disturbi schizoaffettivi

Schizofrenia

Paranoide

Disorganizzata

Catatonica

Indifferenziata

Residua

Disturbo delirante

Disturbo psicotico non altrimenti specificato

Disturbo psicotico breve

Disturbo schizofreniforme

Disturbo psicotico condiviso

Disturbi schizoaffettivi

Disturbo psicotico dovuto ad unacondizione medica generatemdash con delirimdash con allucinazioni

Disturbo psicotico non altrimentispecificato

la suddivisione dellICD-10 in sottotipi relativamen-te alia schizofrenia di tipo paranoide catatonico in-differenziato ebefrenico e residuo e simile a quellariportata nel DSM-III-R e nel DSM-IV A questoproposito va ricordato che McGlashan amp Fenton(1991) in una review relativa alia classificazione del-la schizofrenia in sottotipi hanno concluso che i datidisponibili consentono di sostenere la validita deisottotipi esistenti in particolare della forma paranoi-de la validita delle forme ebefrenica ed indifferen-ziata e altrettanto dimostrata seppur in maniera me-no definitiva E interessante rilevare come i due au-

tori sostengano che i dati disponibili supportano lavalidita della forma simplex inclusa nellICD-10 manon nel DSM-III-R o nel DSM-IV

Schizofrenia (F20)

Le principali differenze tra la classificazione dellaschizofrenia nellICD-10 e nel DSM-III-R sono rap-presentate dalla durata minima dei sintomi (rispetti-vamente un mese e sei mesi) e dal maggiore peso at-tribuito nellICD-10 ai FRS di Schneider Nel-

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riCD-10 inoltre limportanza dei sintomi negativi eenfatizzata ed essi vengono chiaramente identificatiIn questo senso mentre la maggior importanza asse-gnata nelFICD-10 ai FRS tende a restringere i criteriper la diagnosi la minor durata richiesta il valoreattribuito ai sintomi negativi e linclusione della schi-zofrenia simplex portano allinclusione di un mag-gior numero di pazienti in questa categoria diagno-stica

NelPICD-10 il periodo prodromico proprio deldisturbo e descritto in maniera analoga al DSM-III-R ma non e considerato di ausilio diagnostico enon e incluso nel tempo di durata previsto per farediagnosi che e di almeno un mese

Una differenza importante tra i due sistemi clas-sificatori che ha come si e visto importanti impli-cazioni sul piano concettuale e che nellICD-10 adifferenza del DSM-III-R viene sottolineato che ildecorso della schizofrenia e laquovariabile e non e inevi-tabilmente cronico o invalidanteraquo

Se la sintomatologia presente corrisponde al qua-dro descritto per la schizofrenia ma la sua durata einferiore a un mese 1orientamento diagnostico pro-prio dellICD-10 e in favore della sindrome psicoticaacuta schizofrenosimile (che pud eventualmente es-sere codificata come diagnosi provvisoria) Lado-zione della durata minima di un mese nellICD-10pud quindi portare allinclusione in questa categoriadiagnostica di casi diagnosticati invece secondo ilDSM-III-R come disturbo schizofreniforme

Anche nellICD-10 come nella classificazioneamericana in presenza di sintomi affettivi accentuatisi esclude la diagnosi di schizofrenia ad eccezionedei casi in cui questa e cronologicamente insortaprima

Nel complesso quindi i due testi mostrano dellesignificative differenze al punto che Andreasen ampFlaum (1991) hanno sostenuto che mentre secondola definizione dellICD-10 si delinea il quadro di undisturbo caratterizzato da un periodo psicotico mar-cato relativamente breve il DSM-III-R fa trasparirelimmagine di un disturbo meno caratterizzato dalpunto di vista della sintomatologia psicotica mamaggiormente tendente alia cronicita

Sino ad oggi un solo studio ha comparato la affi-dabilita e la facilita duso dellICD-10 e del DSM-III-R in un piccolo gruppo di psichiatri che in cop-pia hanno valutato dal punto di vista diagnostico 60pazienti (Mellsop et al 1991) I due sistemi hannomostrato una elevata concordanza per la categoriagenerale di schizofrenia ma non per i sottotipi co-me il paranoide e lebefrenico

Sindrome schizotipica (F21)

Questa categoria corrisponde al laquodisturbo di per-sonality schizotipico del DSM-III-R e del DSM-IVnel manuale americano e confluita in questa catego-ria diagnostica anche la schizofrenia simplex chepermane invece nellICD-10 come sottotipo dellaschizofrenia

Sindromi psicotiche acute e transitorie (F23)

Nel DSM-III-R e nel DSM-IV questi disturbi so-no compresi nelle categorie della psicosi reattiva bre-ve (chiamato nel DSM-IV disturbo psicotico breve) edel disturbo schizofreniforme con buona prognosi aloro volta inclusi nel capitolo relativo ai disturbi psi-cotici non classificati altrove In particolare nel casodella psicosi reattiva breve del DSM-III-R viene pre-vista la presenza di sintomi della serie schizofrenicaassociati a stati variabili di agitazione emotiva per-plessita e confusione Questo quadro nosologico cor-risponde quindi per alcuni tratti ad entrambe lesindromi psicotiche acute polimorfe con e senza sin-tomi schizofrenici nonostante in queste ultime nonsia necessaria la presenza di fattori stressanti e quin-di possa venir meno il carattere reattivo

NellICD-10 il termine schizofreniforme non estato invece utilizzato perche ritenuto confusivo do-po la sua applicazione negli ultimi decenni a laquovaridifferenti concetti cliniciraquo e dopo limpiego che ne efatto nel DSM-III-R cioe di una categoria interme-dia caratterizzata da una durata della sintomatologiaschizofrenica inferiore a sei mesi infatti lintrodu-zione della durata di un mese dei sintomi psicoticicome criterio diagnostico per la schizofrenia e 1in-serimento nel gruppo delle sindromi psicotiche acutee transitorie dei disturbi aventi un profilo descrittivosovrapponibile al disturbo schizofreniforme ne rendesuperflua una trattazione autonoma nellICD-10

Pertanto sebbene non esista una chiara equiva-lenza tra i due sistemi diagnostici a questo proposi-to le indicazioni fornite nellICD-10 a coloro chedesiderano usare questo termine sono di orientarsiverso altre categorie diagnostiche in particolare laschizofrenia di altro tipo e la sindrome psicotica acu-ta schizofrenosimile

Sindrome schizoaffettiva (F25)

II DSM-III-R ha collocato il disturbo schizoaffet-tivo nel gruppo dei laquoDisturbi Psicotici Non Classifi-

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Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

cati Altroveraquo (29570) e rifacendosi ai criteri diWelner e ai RDC ha delineate) dei criteri diagnosticirestrittivi nei quali viene privilegiata la relazionetemporale rispetto alia comparsa dei sintomi schizo-frenici ed affettivi i sintomi delle due serie devonomanifestarsi contemporaneamente (criterio A) e laquoinun episodio del disturbo i sintomi schizofrenici devo-no permanere per almeno due settimane senza rile-vanti sintomi affettiviraquo (criterio B)

laquoSe la durata totale di tutti gli episodi di altera-zione dellumore e breve rispetto alia durata totaledel disturbo oppure il disturbo dellumore si verificasoltanto durante la fase residuaraquo si pone diagnosi dischizofrenia mentre in assenza delle condizioni cherispettano il criterio B si pone diagnosi di DisturbodellUmore con Aspetti Psicotici

Nel DSM-III-R pertanto viene fornito un giudi-zio clinico trasversale e longitudinale mentre nel-PICD-10 prevale un giudizio diagnostico cross-sezio-nale

Nel DSM-III-R linserimento nei disturbi psicoti-ci NCA del disturbo schizoaffettivo che precedente-mente era stato considerate una variante della schi-zofrenia rispecchia il fatto che questa categoria eutilizzata nella classificazione americana come ca-tegoria di riserva per quelle condizioni che non sod-disfano i criteri per la schizofrenia o per i disturbidellumore

I RISULTATI DEI FIELD TRIALS DELLICD-10

Nei field trials relativi alPICD-10 (per una descri-zione piu generale si rinvia al contributo precedente)i disturbi inclusi in questo capitolo hanno ottenutoun valore di Kappa pari a 082 tale valore rappre-sentava quello piu elevato tra tutti i vari capitoli adeccezione delle sindromi e disturbi comportamentaliassociati ad alterazioni delle funzioni fisiologiche e afattori somatici (Sartorius et al 1993) Tuttavia al-lorquando si trattava di specificare il disturbo inquestione allinterno del capitolo F2 utilizzando ca-tegorie diagnostiche a quattro codici i valori di Kap-pa variavano marcatamente andando da un massi-mo di 073 per la schizofrenia paranoide ad un mini-mo di 030 per la categoria della sindrome psicoticaacuta e transitoria altra (F238) Nel caso di questul-tima categoria il basso valore di accordo diagnosti-co riscontrato puo essere spiegato con la sua aspeci-ficita dal momento che in essa dovrebbero essere in-

clusi solo i casi che non soddisfano i criteri diagno-stici per una diagnosi piu precisa Inoltre altri duedisturbi rappresentati dalla sindrome schizotipica(F21) e dalla sindrome psicotica acuta schizofrenosi-mile manifestavano un valore di Kappa quasi altret-tanto basso in questo caso tale risultato ha fornitolo spunto per una revisione del testo delFICD-10volta a meglio precisare i criteri diagnostici necessariper questi due disturbi

LA RILEVANZA DEI PROBLEMI DIAGNOSTICIPER LA RICERCA EPIDEMIOLOGICAE PER LA CLINICA

Nellambito della ricerca epidemiologica e dellapratica clinica altrettanto la rilevanza centrale deiproblemi diagnostici discussi sopra dipende dal fattoche cambiamenti intervenuti nella classificazione enei criteri diagnostici per la schizofrenia possonomodificare significativamente i tassi di prevalenza edincidenza del disturbo rilevati nei vari studi ed avereimplicazioni prognostiche e terapeutiche diverse So-no gia stati descritti in dettaglio nel precedente con-tributo i risultati ottenuti nel progetto diagnosticoanglo-statunitense nellIPSS e nello studio di Loran-ger che sono paradigmatici a questo proposito Acio va aggiunto che piu di dieci studi comparativieffettuati per mettere a confronto una dozzina di di-verse definizioni operazionali della diagnosi di schi-zofrenia hanno dimostrato consistentemente come itassi di prevalenza e di incidenza riguardanti questodisturbo varino significativamente a seconda dei cri-teri diagnostici adottati (Sass 1987) In generale leprincipali differenze tra i vari sistemi diagnosticiconcernono la scelta dei sintomi selezionati per farediagnosi la struttura degli algoritmi diagnostici lascelta di una durata minima della sintomatologia e ladiversa valutazione dei sintomi affettivi presenti Inuno dei piu importanti studi comparativi Endicottet al (1982) misero a confronto sei gruppi di criteridiagnostici (New Haven Carpenter Feighner Tay-lor and Abrams DSM-III and RDC) in un campionedi 108 pazienti I sei sistemi risultarono paragonabiliin termini di affidabilita ma la frequenza dei casidiagnosticati come schizofrenici oscillo dal 4 al26 a seconda del sistema impiegato i RDC il si-stema di Carpenter ed il DSM-III risultarono i siste-mi diagnostici piu omogenei Le principali variabilialia base di queste differenze nel numero di casi dia-

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gnosticati sembrarono essere rappresentate da (a) icriteri desclusione dei pazienti con disturbi affettivi(b) i criteri di durata minima adottati e (c) il gradodi specificazione di ogni item In un altro studioBrockington et al (1978) rilevarono che comparan-do 10 differenti set di criteri diagnostici la percen-tuale di casi di schizofrenia in un gruppo di 119 pa-zienti al loro primo ricovero variava dal 3 al 38a seconda del criterio impiegato RDC CATEGOCarpenter and Langfeldt manifestavano una buonaconcordanza mentre altri apparivano troppo restrit-tivi (Feighner criteria) ed altri ancora (Schneider)erano deboli predittori di esito sia clinico che so-ciale

In aun altro studio McGlashan (1984) rianaliz-zando circa 400 casi di pazienti trattati a ChestnutLodge ed impiegando 4 criteri diagnostici (New Ha-ven RDC Feighner e DSM-III) trovo nel complessouna buona concordanza tra questi tre ultimi

Helzer (1981) quindi utilizzando i dati relativi aSt Louis nellambito dellEpidemiological Cat-chment Area Program (ECA) ha messo in evidenzauna differenza di cinque volte nelle stime di preva-lenza per la schizofrenia ottenute impiegando i crite-ri Feighner i RDC o il DSM-III e interessante nota-re che una differenza della stessa ampiezza (con tassidi prevalenza fino a cinque volte maggiori) fu rileva-ta anche da Dunham (1965) in una review sullepide-miologia della schizofrenia questo dato dimostrapertanto che differenze di questa ampiezza nei tassidi prevalenza della schizofrenia potrebbero essere in-teramente definizionali

Per finire Kuriansky et al (1974) hanno dimo-strato che mentre piu dell80 dei pazienti psichia-trici ricoverati in un ospedale psichiatrico di NewYork durante i primi anni 50 erano diagnosticati co-me schizofrenici nella decade precedente la percen-tuale era inferiore al 40 e questo mutamento erain buona parte da ascrivere ai mutamenti intervenutinella prassi diagnostica relativamente al disturbo inquestione

NOTE CONCLUSIVE

Nella definizione dei criteri diagnostici per laschizofrenia PICD-10 ha ripreso i principali criterischneideriani relativamente ai sintomi patognomoni-ci per questo disturbo mentre ha ridimensionato ri-spetto al DSM-III-R limportanza del criterio longi-

tudinale kraepeliniano relativo al decorso adottandouna durata minima di un mese per la diagnosi e pro-spettando la possibility di una prognosi non necessa-riamente sfavorevole Nel complesso quindi nel-lICD-10 si tende ad un ampliamento del concetto dischizofrenia rispetto ad altri sistemi diagnostici piurestrittivi mentre lenfasi posta sui sintomi schneide-riani controbilancia questa tendenza e restringe i cri-teri di inclusione

Nello stesso capitolo e stata inoltre introdotta lasindrome schizotipica ed e stato notevolmente este-so il gruppo delle sindromi psicotiche acute e transi-torie Le ricerche future dovranno dimostrare la affi-dabilita e validita diagnostica di queste scelte

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Gaspare Vella - Danilo Solfaroli Camillocci

NE CON TE NE SENZA Dl TELa coppia in stallo220 pagine Lire 30000

Introduzione

Caratteristiche generali della coppia in stallo

Le mosse e le contromosseLo stallo per opposizioneLo stallo per raggiro

La comunicazione nella coppia in stallo

La genesi della relazione di stalloLmterferenza della famiglia dorigineLinibeaone della forzaLe mestto coe portano alia situazione di stalloLincancludenraquo e la fiducia

Dalla dlftfe alia trlade to pwia

Le linee terapenticheLa prima fase la terapia con la famigfia

Bfccteire le triangolazioniIltgiedire intrusioni dci figliBlrfifiguere il coniugale dal gcnitonaleSWelare i livelli implicati nel discorsoRilevare apertamente lc tnadi e le coahzioniPortarc allo scoperto e far risperimentari il piact-rc dello scontro direttoSottolineare il senso positive) delle pro ocaioni

La seconda fase della terapia lesposizione della storia e il passaggio alia terapiadi coppia

La terza fase la terapia della coppiaRilevare e dare un significato alle triangolazioni chfi Uodoao a enficarhi anche in

assenzu dei figliDalle reerinintzioni alle richiesteFar nemeraere la pa^sioneSpingBMad affrontiire eon chiarezza i temi delluggettivita coniugale

Probleni ancora apertiParaiipomeni

fl Pensiem Sdentifioo ]EditoreVia RradaOO 3c - 00199 BottATel (06) tBM7158596am bull

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Page 4: Classificazione, diagnosi ed ICD-10. II - Le sindromi ...Classificazione, diagnosi ed ICD-10. II - Le sindromi schizofreniche ELISABETTA PALTRINIERI1 e GIOVANNI de GIROLAMO2 1 Servizio

E Paltrinieri e G de Girolamo

mi sino ad allora considerate in nessun rapporto conessa come le psicosi in personality psicopatiche lepsicosi carcerarie e le allucinosi alcooliche

Per quanto riguardo il decorso e la prognosi del-la schizofrenia Bleuler fu dichiaratamente menopessimista di Kraepelin e pur ritenendo una guari-gione piena un evento molto raro sostenne che unprogressivo miglioramento rappresentasse invece unaevenienza abbastanza comune Mentre Kraepelin en-fatizzo la fenomenologia nella sua descrizione del di-sturbo Bleuler fu piu interpretativo ed il significatodei sintomi divenne piu importante della loro minu-ziosa osservazione e classificazione (Bland amp Kolada1988)

Dopo Bleuler lo psichiatra tedesco Kurt Schnei-der (1959) identifico un gruppo di undici sintomi cheritenne patognomonici per la schizofrenia e di raroriscontro in altri disturbi psichiatrici Egli defini talisintomi come laquosintomi di primo rango (first ranksymptoms) (FRS) [] non perche pensiamo chesiano alia base del disturbo ma perche essi sono dispeciale valore e di particolare aiuto per apporre ladiagnosi di schizofrenia I sintomi di primo rangotuttavia non sempre debbono essere presenti per fa-re diagnosiraquo (Schneider 1959)

I sintomi di primo rango (voci presenti sotto for-ma colloquiale voci che commentano gli atti del pa-ziente esperienze dinfluenzamento corporeo furtoed influenzamento del pensiero diffusione del pen-siero percezione delirante) si identificavano larga-mente con i sintomi accessori di Bleuler e sebbenenon specifici della schizofrenia erano da considerarecome altamente significativi ai fini della operativitadiagnostica

I sintomi di secondo rango comprendevano inve-ce i disturbi psicosensoriali le intuizioni deliranti laperplessita i disturbi depressivi od euforici dellu-more lappiattimento affettivo se presenti in nume-ro adeguato essi potevano essere sufficient per ladiagnosi Nel complesso si pud dire che attraversoladozione di questi criteri diagnostici Schneideroper6 una restrizione del concetto di schizofrenia

I FRS di Schneider sono stati in larga misura ri-presi nei moderni sistemi classificatori e diagnosticiquali i Research Diagnostic Criteria (RDC) (Spitzeret al 1975) il DSM-III e lICD-10 Tuttavia nono-stante la grande importanza ad essi assegnata la fre-quenza dei FRS nei pazienti con diagnosi di schizo-frenia sembra variare significativamente oscillandonei diversi studi da un valore minimo del 24 adun valore massimo del 72 con una prevalenza me-dia approssimativa del 50 (Fenton et al 1981) In

particolare i FRS sembrano essere meno frequentitra i pazienti provenienti dai paesi in via di sviluppocome fu osservato gia da Wulff (1967) e come e sta-to confermato in uno studio prospettico nel quale ungruppo di pazienti (N = 419) e stato valutato a SriLanka con la Present State Examination ed e statocomparato ad un gruppo di pazienti inglesi (N = 150)e canadesi (N= 172) esaminati con lo stessa procedu-ra standardizzata il 25 dei pazienti nel primogruppo presentavano dei FRS in paragone al 54ed al 63 nei due gruppi di pazienti occidentali(Chandrasena 1987) Nello studio della WHO su iDeterminanti di Esito dei Disturbi Mentali Gravi(DOSMED) una media del 56 dei pazienti conuna diagnosi di schizofrenia nei diversi centri presen-tavano uno o piu FRS questi pazienti costituivanoun sottogruppo caratterizzato da un elevato numerodi sintomi psicotici positivi e mostravano una mar-cata omogeneita sul piano clinico pur provenendoda contesti socioculturali differenti (Jablensky et al1992) Inoltre anche qui si riscontrava un differen-ziale nella frequenza dei FRS tra pazienti provenientida paesi sviluppati in confronto a quelli provenientida paesi in via di sviluppo

La specificita dei FRS nel caso della schizofreniae stata anche messa in dubbio in quanto gli stessisintomi si possono riscontrare in altri disturbi ed inmodo particolare nella mania tra i FRS il sintomomeno discriminante e rappresentato dalle allucina-zioni in terza persona (Mellor 1982)

Altri modelli nosografici

Nei paesi scandinavi un importante contributo al-linquadramento diagnostico della schizofrenia ven-ne fornito dallo psichiatra norvegese Langfeldt neglianni trenta (Bech 1990) Egli distinse un gruppo dischizofrenici processuali o nucleari che manifestava-no un esordio insidioso e un decorso verso il deterio-ramento ed un gruppo reattivo caratterizzato daun miglior funzionamento sociale premorboso daun esordio acuto spesso associato ad eventi stressan-ti e da una buona prognosi Successivamente nellatradizione psichiatrica scandinava le psicosi reattivesono state separate dalla schizofrenia nucleare e so-no state denominate psicosi schizofreniformi

In Francia Papproccio diagnostico alia schizofre-nia e stato caratterizzato da un progressivo restringi-mento dei criteri diagnostici e da un contemporaneoampliamento nel numero degli stati deliranti non-schizofrenici (Pichot 1990) tale differenziazione e

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Classifwazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

stata accentuata enfatizzando il decorso e la progno-si sfavorevoli nel caso della schizofrenia

In Europa oltre agli autori sinora menzionatimolti altri hanno fornito contributi storicamente im-portanti per una migliore definizione del concetto dischizofrenia e per una sua sistematizzazione noso-grafica tra essi vanno ricordati Otto Diem (1903)Stransky (1904) Serieux e Capgras (1909) de Cle-rambault (1921-24) Minkowski (1927) Kleist (1930)Binswanger (1956) (per una review del contributo piiiimportante fornito da ciascuno di questi autori si ve-da Cutting amp Shepherd 1987)

Negli Stati Uniti invece dagli anni 50 sino ameta degli anni 70 gli psichiatri hanno rivolto la lo-ro attenzione soprattutto alia presenza dei sintomiconsiderati come tipicamente schizofrenici e agliaspetti difettuali caratterizzanti il deeorso di questodisturbo (Warner 1991) In particolare gli psichiatriamericani erano soliti privilegiare nel far diagnosile cosiddette 4 A di Bleuler Associazioni AffettoAutismo ed Ambivalenza (Andreasen amp Flaum1991) Tutto cio ha condotto alia formulazione di unmodello del disturbo iperinclusivo sul piano diagno-stico rispetto allapproccio europeo tradizionalmen-te piu restrittivo e cio e chiaramente emerso in im-portanti ricerche transnazionali rappresentate so-prattutto dal progetto diagnostico anglo-statunitense(Cooper et al 1972) e dallo studio IPSS (WHO1979) (per un esame approfondito dei risultati diquesti due studi relativamente alia schizofrenia si ri-manda allarticolo introduttivo in questo stesso nu-mero di EPS)

In termini generali la maggior parte degli psichia-tri americani faceva soprattutto riferimento nellapropria pratica diagnostica alia presenza dei quattrosintomi bleuleriani classici sopra elencati A metadegli anni 70 tuttavia si produsse un improvviso eradicale cambiamento in tali abitudini diagnostichecambiamento che puo essere spiegato in parte conlintroduzione in terapia dei sali di litio (con la con-seguente necessita di discriminare accuratamente ipazienti affetti da un disturbo bipolare candidati atale trattamento da quelli invece schizofrenici) inparte con le sollecitazioni provenienti da altre scuolepsichiatriche ed infine con lintroduzione di criteripiu restrittivi per il rimborso delle spese sanitarie

Cominciarono cosi ad emergere negli Stati Uniti iprimi tentativi di standardizzazione della diagnosi dischizofrenia tra essi va ricordato il New HavenSchizophrenia Index (Astrachan et al 1972) ed il Si-stema dei criteri flessibili di Carpenter et al (1973)Questi ultimi autori utilizzando i dati ottenuti nel-

1IPSS (WHO 1979) cercarono di individuare alcu-ni sintomi forniti di un elevato valore discriminativedal punto di vista diagnostico

Negli stessi anni un gruppo di ricercatori prove-nienti dalla Washington University di St Louis ela-borava i cosiddetti Feighner criteria (Feighner et al1972) strutturati sulla base di cinque fattori ritenutiessenziali ai fini di una soddisfacente validita dia-gnostica una accurata descrizione clinica del distur-bo in oggetto eventuali indagini di laboratoriounaccurata differenziazione da altri disturbi ottenu-ta attraverso lidentificazione di precisi criteri din-clusione e di esclusione lo studio della familiaritadel disturbo lutilizzazione dei dati ottenuti da studidi follow-up per la valutazione dellesito e della sta-bilita nel tempo della diagnosi La diagnosi di schi-zofrenia quindi non veniva piu a basarsi soltantosulla presenza di un gruppo di sintomi discriminantima anche sulla loro durata (almeno sei mesi) e su uninsieme di informazioni concernenti 1adattamentopremorboso la storia familiare il rilievo anamnesti-co di un disturbo affettivo o delluso di sostanze

Infine in linea con lorientamento del gruppo diSt Louis Spitzer et al (1975) mettevano a punto iResearch Diagnostic Criteria (RDC) in questi criteridiagnostici la durata minima del disturbo necessariaper poter fare diagnosi veniva ridotta a due sole set-timane e venivano introdotti nuovi criteri diagnosti-ci differenziali con il disturbo schizoaffettivo laschizofrenia borderline la psicosi reattiva breve e glistati paranoidi

LA DIAGNOSI DELLA SCHIZOFRENIANEL DSM-IH DSM-III-R

Nel definire i criteri diagnostici per la schizofre-nia il DSM-III ha dato particolare rilevanza ai FRSed ha ripreso molti dei concetti propri dei Feighnercriteria e dei RDC sopra menzionati Nel comples-so nella classificazione americana sono stati adottatidei criteri restrittivi per la diagnosi di schizofreniaprivilegiando nel quadro sintomatologico i sintomiricchi di pregnanza semeiologica derivati a loro vol-ta dai sintomi patognomonici di Schneider mentre ilcriterio relativo alia durata (almeno sei mesi) ed aliapresenza di deterioramento riflettono un avvicina-mento al pensiero kraepeliniano

La scarsa importanza attribuita ai sintomi fonda-mentali di Bleuler nonostante la riproducibilita e

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E Paltrinieri e G de Girolamo

Pelevata attendibilita diagnostica dei sintomi negati-vi (Andreasen 1982) e stata soprattutto dettata dal-lesigenza di identificare un gruppo di sintomi facil-mente riconoscibili e riproducibili e di differenziarechiaramente i vari sottotipi del disturbo anche inrapporto alia possibilita di eventuali approcci diffe-renziati nella terapia farmacologica

Nel DSM-III-R (APA 1987) quindi sono statiintrodotti alcuni cambiamenti volti ad accrescere laspecificita e la sensibilita dei criteri diagnostici ope-rando cosi una ulteriore restrizione della categoriadiagnostica della schizofrenia ai fini di una sua mag-giore omogeneita con un conseguente incrementodellutilizzo nella pratica clinica della categoria del-la psicosi atipica (Fenton et al 1988)

Di conseguenza rispetto al DSM-III il criterioA composto da sei differenti items e stato semplifi-cato a tre items Mentre nel DSM-III inoltre nonera richiesta una durata minima per i sintomi psico-tici acuti nel DSM-III-R al fine di escludere i di-sturbi psicotici transitori dal gruppo della schizofre-nia viene specificato che i sintomi psicotici della fa-se attiva indicati dal criterio A devono essere presen-ti per almeno una settimana Questi sintomi sono di-visi in tre gruppi il primo include i deliri le alluci-nazioni lincoerenza o il marcato allentamento deinessi associativi il comportamento catatonico lap-piattimento o la grossolana inadeguatezza dellaffet-tivita II secondo gruppo comprende i deliri bizzarrideliri cioe che appaiano non plausibili ad altri mem-bri della stessa comunita culturale II terzo infineconsiste in rilevanti e specifiche allucinazioni uditive

Litem relativo alle alterazioni dell affettivita estato spostato dalla posizione secondaria che avevanel DSM-III ad una posizione centrale allinternodegli altri items propri del criterio A mentre tra isintomi prodromici e residui e stata inclusa lamarcata perdita diniziativa dinteresse o di ener-gia

II DSM-III-R in sostanza ha privilegiato per laschizofrenia un criterio valutativo di tipo longitudi-nale definendola come un disturbo caratterizzato daunevoluzione verso la cronicita con un deteriora-mento della personality e delle facolta mentali (crite-rio B)

Per quanto riguarda la durata i sintomi devonoessere presenti per un tempo minimo di sei mesi (cri-terio D) compresi il periodo prodromico e residuo

Numerosi autori (Andreasen amp Flaum 1991)tuttavia hanno rilevato che lenfatizzare tra i criteridiagnostici per questo disturbo un criterio di tipo

longitudinale comporta il rischio di aspecificita inquanto anche i disturbi affettivi possono presentareun decorso cronico ed un certo grado di deteriora-mento del funzionamento psicosociale

Al fine di operare una diagnosi differenziale conil disturbo schizoaffettivo ed il disturbo dellumorecon aspetti psicotici si richiede inoltre per il criterioC di valutare la durata totale e il periodo dinsor-genza di una sintomatologia affettiva associata

Per quanto riguarda la differenziazione in sotto-tipi il DSM-III-R ne ha riconosciuti cinque schizo-frenia paranoide catatonica disorganizzata indiffe-renziata e residua

Le forme di disturbo schizofrenico laquosenza evi-denti aspetti psicoticiraquo quali la schizofrenia latentesimplex o borderline hanno perduto autonomia no-sografica e sono incluse tra i disturbi di personality

II criterio E infine e volto ad escludere quadrisovrapponibili alia schizofrenia ad eziologia organi-ca o derivanti dalluso di sostanze

Nel complesso nonostante i tentativi di semplifi-cazione operati i criteri del DSM-III-R per poter fa-re diagnosi di schizofrenia sono particolarmentecomplessi richiedendosi la presenza o assenza di al-meno 12 differenti segni e sintomi (deliri allucina-zioni marcate incoerenza allentamento delle asso-ciazioni del pensiero comportamento catatonicoappiattimento affettivo inadeguatezza affettiva al-lucinazioni verbali non legate allo stato affettivo vo-ci che commmentano voci che conversano deliri biz-zarri inserzioni nel pensiero) Per questa ragione estata enfatizzata la necessita di procedere ad unasemplificazione di questi criteri cosa che e avvenutasolo in parte nel DSM-IV (APA 1993)

Nella quarta revisione del sistema americano icriteri fondamentali per fare diagnosi sono rappre-sentati dalla presenza di almeno due tra cinque sin-tomi presenti per una significativa porzione di tempodurante un mese i sintomi sono (1) deliri (2) alluci-nazioni (3) linguaggio disorganizzato (4) comporta-mento disorganizzato o catatonico e (5) sintomi ne-gativi Per tanto il tempo di presenza minimo deisintomi e stato allungato mentre la costellazione deisintomi necessari e stata in un certo modo semplifi-cata II criterio relativo al deterioramento del funzio-namento sociale e rimasto invariato cosi come lacontinua presenza del disturbo per almeno 6 mesiAnche gli altri criteri non sono mutati in maniera si-gnificativa Nel complesso quindi il DSM-IV noncomporta grandi novita per la diagnosi di schizofre-nia

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Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

I DISTURBI SCHIZOFRENICI NELLICD-10ED I SUOI RAPPORTI CON LICD-9

NellICD-9 (WHO 1977) non erano state elabo-rate delle definizioni operazionali dei disturbi neces-sarie per far diagnosi con soddisfacente attendibilitama nelle varie categorie e sottocategorie era stato in-serito un glossario con funzione di guida descrittivadelle varie sindromi La sezione Psicosi (290-299)del capitolo V dellICD-9 era pertanto suddivisa indue grandi gruppi denominati rispettivamente laquoStatiPsicotici Organiciraquo (290-294) ed laquoAltre Psicosiraquo(295-299) in questultimo gruppo erano state inseritele psicosi schizofreniche insieme alle psicosi affetti-ve agli stati paranoidi alle altre psicosi non organi-che ed alle psicosi con origine specifica nellinfanzia

NellICD-10 invece nellambito della sezioneF20-F29 denominata laquoSchizofrenia Sindrome Schi-zotipica e Sindromi Delirantiraquo sono incluse oltre al-ia schizofrenia la sindrome schizotipica le sindromideliranti persistenti le sindromi psicotiche acute etransitorie la sindrome delirante indotta e le sindro-mi schizoaffettive

Per quanto riguarda in particolare la schizofrenia(F20) gli elementi nuovi introdotti nellICD-10 sonosoprattutto relativi alia durata minima dei sintomiche deve essere di almeno un mese ed alia separazio-ne delle sindromi psicotiche acute e transitorie (F23)dalla schizofrenia Ladozione della durata minimadi un mese per poter fare diagnosi di schizofreniacontraddice lassunto che la schizofrenia debba perforza essere una condizione di lunga durata Unadurata minima dei sintomi di sei mesi e stata adotta-ta in vari sistemi di classificazione nazionali (com-preso il DSM-III) tuttavia nei due studi della WHOsulla schizofrenia (IPSS e DOSMED) (WHO 1979Jablensky et al 1992) una rilevante percentuale dipazienti manifestava inequivocabili e specifici sinto-mi schizofrenici per piu di un mese ma per un tem-po comunque inferiore a sei mesi presentando poiun soddisfacente se non completo recupero Per-tanto questa scelta e apparsa come quella piu ragio-nevole al fine di evitare ogni implicita assunzionecirca la inevitabile cronicita della schizofrenia cheviene invece concettualizzata come una sindrome cheha una molteplicita di cause (molte delle quali anco-ra sconosciute) ed una varieta di esiti a loro voltadipendenti da un equilibrio di diversi fattori geneti-ci neurofisiologici sociali e culturali

Le direttive diagnostiche prevedono poi la pre-senza di almeno un sintomo molto evidente compre-

so tra i seguenti (1) eco del pensiero (2) deliri dicontrollo e di influenzamento (3) voci di natura al-lucinatoria e (4) deliri persistenti culturalmente idio-sincratici In alternativa devono essere presenti sin-tomi appartenenti ad almeno due dei seguenti grup-pi (5) allucinazioni persistenti di qualsiasi tipo (6)interruzioni o interpolazioni nel corso del pensieroche determinano un linguaggio incoerente (7) com-portamento catatonico (8) sintomi negativi comeapatia appiattimento affettivo e (9) un cambiamen-to costante e significativo della qualita di alcuniaspetti del comportamento personale come perditadi interessi ritiro sociale ecc E evidente quindi larilevanza attribuita dal punto di vista diagnostico aisintomi positivi di tipo Schneideriano cosi come an-che il rilievo assegnato ai sintomi negativi A questoproposito va detto che numerosi studi hanno conchiarezza accertato lattendibilita in senso diagnosti-co dei sintomi negativi la loro interna consistenza e1elevato grado di intercorrelazione tra essi lasso-ciazione con dei criteri di validazione indipendente(quali ad esempio lesistenza di anormalita sul pianoneuro-anatomico) ed una elevata stabilita temporaledei sintomi stessi (Andreasen amp Flaum 1991)

LICD-9 non escludeva la diagnosi di schizofre-nia qualunque fosse il danno organico concomitan-te nellICD-10 viene invece specificata lincompati-bilita di questa diagnosi in caso di laquomalattia cerebra-le manifesta o negli stati dintossicazione o astinenzada drogheraquo

La sindrome schizotipica (F21) e stata inclusanellICD-10 nella sezione F2 in virtu delle manifesta-zioni cliniche della storia familiare e del decorso es-sa e descritta come una condizione caratterizzata daun comportamento eccentrico e da anomalie del pen-siero e dellaffettivita che somigliano a quelle osser-vate per la schizofrenia ma che non sono tali dasoddisfare i criteri diagnostici per tale disturbo Inessa e stata inclusa il sottotipo della laquoschizofrenia la-tenteraquo per come esso era definito nellICD-9 Nelledirettive diagnostiche ne e comunque sconsigliatolimpiego per un uso laquoesteso perche questo disturbonon e chiaramente delimitato dalla schizofrenia sim-plex ne dai disturbi schizoidi o paranoidi di perso-nality ed a differenza del DSM-III-R e sottolinea-ta limportanza della durata continua od episodicadei sintomi per almeno due anni per poter fare que-sta diagnosi Va sottolineato che questa categoriadiagnostica e stata da lungo tempo alForigine dicontroversie tra differenti autori per quanto riguarda

la sua collocazione nosografica tuttavia studi geneti-ci (Baron et al 1985) familiari (Kendler et al

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1985 Torgensen 1985) e neurofisiologici sembranoconfermare lesistenza di un continuum tra schizo-frenia e disturbo schizotipico allorquando si conside-rano le caratteristiche del disturbo tradizionalmenteriportate quali isolamento sociale sospettositafreddezza ed eccentricita

Le sindromi psicotiche acute e transitorie (F23)rappresentano una categoria di nuova introduzionenellICD-10 i dati che emergono dallesperienza cli-nica e dalle ricerche di tipo transculturale sembranoinfatti dimostrare che soprattutto nei paesi in via disviluppo si riscontra un rilevante numero di psicosiacute con laquoesordio improvviso evoluzione breve nelgiro di poche settimane o perfino di pochi giorni edesito favorevoleraquo (Wig amp Parhee 1989)

In generale nellICD-10 tre condizioni sono con-siderate necessarie per poter fare diagnosi di sindro-me psicotica acuta e transitoria (a) lesordio acuto(entro le due settimane) (b) la presenza di sindromitipiche quali una condizione rapidamente mutevolee variabile definita laquopolimorfaraquo e la presenza di ti-pici sintomi schizofrenici e (c) la presenza di un fat-tore stressante acuto precedente lesordio della sinto-matologia entro un tempo di due settimane Tuttaviaviene anche precisato che un gran numero di sindro-mi psicotiche acute insorge senza fattori stressantiassociati per cui e possibile registrare sia lassenzache la presenza dello stress

La presenza di sintomi prodromici o di alterazio-ni del livello funzionale dellindividuo non sono in-vece da considerarsi rilevanti per quanto riguarda ladurata della sindrome

Nellambito di questo gruppo diagnostico ven-gono quindi riconosciuti differenti sottotipi quali(a) la sindrome psicotica acuta polimorfa senza sin-tomi schizofrenici la cui diagnosi viene fatta in pre-senza di un esordio acuto di vari tipi di deliri ed al-lucinazioni mutevoli in tipo ed intensita da giorno agiorno o nello stesso giorno e di uno stato emoziona-le altrettanto variabile (b) la sindrome psicotica acu-ta polimorfa con sintomi schizofrenici nella cui fe-nomenologia compaiono anche sintomi della serieschizofrenica (c) la sindrome psicotica acuta schizo-frenosimile che pur presentando una sintomatologiastabile che rispecchia quella schizofrenica ha unadurata inferiore ad un mese (d) laltra sindrome psi-cotica acuta prevalentemente delirante nella quale isintomi principali sono rappresentati da deliri ed al-lucinazioni relativamente stabili ma la cui durata(inferiore ad un mese) differenzia questa condizionedalla sindrome delirante persistente in cui deliri edallucinazioni hanno una durata superiore a tre mesi

(e) le altre sindromi psicotiche acute e transitorie edinfine (f) la sindrome psicotica acuta e transitorianon specificata

Alcuni dei disturbi inclusi in questo gruppo sonoassimilabili alle psicosi cicloidi (Perris 1974) ed aliabouffee delirante (Pull et al 1988) Sebbene il con-cetto di bouffee delirante sia tradizionalmente statopiu restrittivo rispetto a quello di psicosi cicloide di-sturbo che comprendeva importanti e specifici di-sturbi della motilita e dellaffettivita entrambi que-sti quadri clinici erano caratterizzati da un estremavariability dellespressione sintomatologica e presen-tavano un certo numero di caratteristiche simili unesordio acuto una durata breve una buona progno-si un decorso recidivante la presenza di deliri ed al-lucinazioni di elementi confusionali di vario gradoinfine di depressioneeccitazione LICD-10 quindiha conservato i lineamenti tradizionali di questi duedisturbi e li ha assimilati alia sindrome acuta poli-morfa senza (o con) sintomi schizofrenici Nel-lICD-9 invece la psicosi cicloide era considerataequivalente alia psicosi schizoaffettiva mentre labouffee delirante rientrava nella reazione paranoideacuta senza trovare in essa una diretta equivalenza(Pichot 1990)

Infine le sindromi schizoaffettive (F25) che nel-PICD-9 erano classificate come un sottotipo dellaschizofrenia nellICD-10 vengono considerate comeuna categoria a se stante insieme ai relativi sottotipi(maniacale depressivo misto di altro tipo e nonspecificato) La decisione di inserire le sindromi schi-zoaffettive nella sezione F2 e stata presa dopo i risul-tati dei field trials condotti con la versione prowi-soria dellICD-10 del 1987 e riflette gli orientamentidominanti nella comunita psichiatrica internaziona-le volti a sottolineare la maggiore contiguita di que-sto disturbo con le sindromi schizofreniche piuttostoche con quelle affettive Le direttive diagnostiche ri-chiedono pertanto per poter far diagnosi di sindro-me schizoaffettiva la presenza di sintomi schizofre-nici ed affettivi simultanei e di simile intensita du-rante lo stesso episodic

ICD-10 DSM-HI-R E DSM-IV SIMILARITAE DIFFERENZE NOSOGRAFICHEE DIAGNOSTICHE

La tabella I mostra le categorie diagnostiche rela-tive ai disturbi schizofrenici contenute nellICD-10nel DSM-III-R e nel DSM-IV Come si puo vedere

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Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

Tabella I - Classificazione dei disturbi schizofrenici nellICD-10 net DSM-III-R e net DSM-IV

ICD-10 DSM-III-R DSM-IV

Schizofrenia

Paranoide

Ebefrenica

Catatonica

Indifferenziata

Residua

Depressione post-schizofrenica

Simplex

Altra

Non specificata

Sindromeschizotipica

Sindromedelirante persistente

Sindromi psicotiche acute e transitorte

Sindrome psicotica acuta polimorfa senzasintomi schizofrenici

Sindrome psicotica acuta polimorfa con sin-tomi schizofrenici

Sindrome psicotica acuta schizofrenosimile

Altra sindrome psicotica acuta prevalente-mente delirante

Sindrome delirante indotta

Sindromi schizoaffettive

Altre sindromi psicotiche non organiche

Psicosi non organica non specificata

Schizofrenia

Paranoide

Disorganizzata

Catatonica

Indifferenziata

Residua

Disturbo delirante (paranoide)

Psicosi reattiva breve

Disturbo schizofreniforme

Disturbo psicotico indotto

Disturbi schizoaffettivi

Schizofrenia

Paranoide

Disorganizzata

Catatonica

Indifferenziata

Residua

Disturbo delirante

Disturbo psicotico non altrimenti specificato

Disturbo psicotico breve

Disturbo schizofreniforme

Disturbo psicotico condiviso

Disturbi schizoaffettivi

Disturbo psicotico dovuto ad unacondizione medica generatemdash con delirimdash con allucinazioni

Disturbo psicotico non altrimentispecificato

la suddivisione dellICD-10 in sottotipi relativamen-te alia schizofrenia di tipo paranoide catatonico in-differenziato ebefrenico e residuo e simile a quellariportata nel DSM-III-R e nel DSM-IV A questoproposito va ricordato che McGlashan amp Fenton(1991) in una review relativa alia classificazione del-la schizofrenia in sottotipi hanno concluso che i datidisponibili consentono di sostenere la validita deisottotipi esistenti in particolare della forma paranoi-de la validita delle forme ebefrenica ed indifferen-ziata e altrettanto dimostrata seppur in maniera me-no definitiva E interessante rilevare come i due au-

tori sostengano che i dati disponibili supportano lavalidita della forma simplex inclusa nellICD-10 manon nel DSM-III-R o nel DSM-IV

Schizofrenia (F20)

Le principali differenze tra la classificazione dellaschizofrenia nellICD-10 e nel DSM-III-R sono rap-presentate dalla durata minima dei sintomi (rispetti-vamente un mese e sei mesi) e dal maggiore peso at-tribuito nellICD-10 ai FRS di Schneider Nel-

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riCD-10 inoltre limportanza dei sintomi negativi eenfatizzata ed essi vengono chiaramente identificatiIn questo senso mentre la maggior importanza asse-gnata nelFICD-10 ai FRS tende a restringere i criteriper la diagnosi la minor durata richiesta il valoreattribuito ai sintomi negativi e linclusione della schi-zofrenia simplex portano allinclusione di un mag-gior numero di pazienti in questa categoria diagno-stica

NelPICD-10 il periodo prodromico proprio deldisturbo e descritto in maniera analoga al DSM-III-R ma non e considerato di ausilio diagnostico enon e incluso nel tempo di durata previsto per farediagnosi che e di almeno un mese

Una differenza importante tra i due sistemi clas-sificatori che ha come si e visto importanti impli-cazioni sul piano concettuale e che nellICD-10 adifferenza del DSM-III-R viene sottolineato che ildecorso della schizofrenia e laquovariabile e non e inevi-tabilmente cronico o invalidanteraquo

Se la sintomatologia presente corrisponde al qua-dro descritto per la schizofrenia ma la sua durata einferiore a un mese 1orientamento diagnostico pro-prio dellICD-10 e in favore della sindrome psicoticaacuta schizofrenosimile (che pud eventualmente es-sere codificata come diagnosi provvisoria) Lado-zione della durata minima di un mese nellICD-10pud quindi portare allinclusione in questa categoriadiagnostica di casi diagnosticati invece secondo ilDSM-III-R come disturbo schizofreniforme

Anche nellICD-10 come nella classificazioneamericana in presenza di sintomi affettivi accentuatisi esclude la diagnosi di schizofrenia ad eccezionedei casi in cui questa e cronologicamente insortaprima

Nel complesso quindi i due testi mostrano dellesignificative differenze al punto che Andreasen ampFlaum (1991) hanno sostenuto che mentre secondola definizione dellICD-10 si delinea il quadro di undisturbo caratterizzato da un periodo psicotico mar-cato relativamente breve il DSM-III-R fa trasparirelimmagine di un disturbo meno caratterizzato dalpunto di vista della sintomatologia psicotica mamaggiormente tendente alia cronicita

Sino ad oggi un solo studio ha comparato la affi-dabilita e la facilita duso dellICD-10 e del DSM-III-R in un piccolo gruppo di psichiatri che in cop-pia hanno valutato dal punto di vista diagnostico 60pazienti (Mellsop et al 1991) I due sistemi hannomostrato una elevata concordanza per la categoriagenerale di schizofrenia ma non per i sottotipi co-me il paranoide e lebefrenico

Sindrome schizotipica (F21)

Questa categoria corrisponde al laquodisturbo di per-sonality schizotipico del DSM-III-R e del DSM-IVnel manuale americano e confluita in questa catego-ria diagnostica anche la schizofrenia simplex chepermane invece nellICD-10 come sottotipo dellaschizofrenia

Sindromi psicotiche acute e transitorie (F23)

Nel DSM-III-R e nel DSM-IV questi disturbi so-no compresi nelle categorie della psicosi reattiva bre-ve (chiamato nel DSM-IV disturbo psicotico breve) edel disturbo schizofreniforme con buona prognosi aloro volta inclusi nel capitolo relativo ai disturbi psi-cotici non classificati altrove In particolare nel casodella psicosi reattiva breve del DSM-III-R viene pre-vista la presenza di sintomi della serie schizofrenicaassociati a stati variabili di agitazione emotiva per-plessita e confusione Questo quadro nosologico cor-risponde quindi per alcuni tratti ad entrambe lesindromi psicotiche acute polimorfe con e senza sin-tomi schizofrenici nonostante in queste ultime nonsia necessaria la presenza di fattori stressanti e quin-di possa venir meno il carattere reattivo

NellICD-10 il termine schizofreniforme non estato invece utilizzato perche ritenuto confusivo do-po la sua applicazione negli ultimi decenni a laquovaridifferenti concetti cliniciraquo e dopo limpiego che ne efatto nel DSM-III-R cioe di una categoria interme-dia caratterizzata da una durata della sintomatologiaschizofrenica inferiore a sei mesi infatti lintrodu-zione della durata di un mese dei sintomi psicoticicome criterio diagnostico per la schizofrenia e 1in-serimento nel gruppo delle sindromi psicotiche acutee transitorie dei disturbi aventi un profilo descrittivosovrapponibile al disturbo schizofreniforme ne rendesuperflua una trattazione autonoma nellICD-10

Pertanto sebbene non esista una chiara equiva-lenza tra i due sistemi diagnostici a questo proposi-to le indicazioni fornite nellICD-10 a coloro chedesiderano usare questo termine sono di orientarsiverso altre categorie diagnostiche in particolare laschizofrenia di altro tipo e la sindrome psicotica acu-ta schizofrenosimile

Sindrome schizoaffettiva (F25)

II DSM-III-R ha collocato il disturbo schizoaffet-tivo nel gruppo dei laquoDisturbi Psicotici Non Classifi-

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Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

cati Altroveraquo (29570) e rifacendosi ai criteri diWelner e ai RDC ha delineate) dei criteri diagnosticirestrittivi nei quali viene privilegiata la relazionetemporale rispetto alia comparsa dei sintomi schizo-frenici ed affettivi i sintomi delle due serie devonomanifestarsi contemporaneamente (criterio A) e laquoinun episodio del disturbo i sintomi schizofrenici devo-no permanere per almeno due settimane senza rile-vanti sintomi affettiviraquo (criterio B)

laquoSe la durata totale di tutti gli episodi di altera-zione dellumore e breve rispetto alia durata totaledel disturbo oppure il disturbo dellumore si verificasoltanto durante la fase residuaraquo si pone diagnosi dischizofrenia mentre in assenza delle condizioni cherispettano il criterio B si pone diagnosi di DisturbodellUmore con Aspetti Psicotici

Nel DSM-III-R pertanto viene fornito un giudi-zio clinico trasversale e longitudinale mentre nel-PICD-10 prevale un giudizio diagnostico cross-sezio-nale

Nel DSM-III-R linserimento nei disturbi psicoti-ci NCA del disturbo schizoaffettivo che precedente-mente era stato considerate una variante della schi-zofrenia rispecchia il fatto che questa categoria eutilizzata nella classificazione americana come ca-tegoria di riserva per quelle condizioni che non sod-disfano i criteri per la schizofrenia o per i disturbidellumore

I RISULTATI DEI FIELD TRIALS DELLICD-10

Nei field trials relativi alPICD-10 (per una descri-zione piu generale si rinvia al contributo precedente)i disturbi inclusi in questo capitolo hanno ottenutoun valore di Kappa pari a 082 tale valore rappre-sentava quello piu elevato tra tutti i vari capitoli adeccezione delle sindromi e disturbi comportamentaliassociati ad alterazioni delle funzioni fisiologiche e afattori somatici (Sartorius et al 1993) Tuttavia al-lorquando si trattava di specificare il disturbo inquestione allinterno del capitolo F2 utilizzando ca-tegorie diagnostiche a quattro codici i valori di Kap-pa variavano marcatamente andando da un massi-mo di 073 per la schizofrenia paranoide ad un mini-mo di 030 per la categoria della sindrome psicoticaacuta e transitoria altra (F238) Nel caso di questul-tima categoria il basso valore di accordo diagnosti-co riscontrato puo essere spiegato con la sua aspeci-ficita dal momento che in essa dovrebbero essere in-

clusi solo i casi che non soddisfano i criteri diagno-stici per una diagnosi piu precisa Inoltre altri duedisturbi rappresentati dalla sindrome schizotipica(F21) e dalla sindrome psicotica acuta schizofrenosi-mile manifestavano un valore di Kappa quasi altret-tanto basso in questo caso tale risultato ha fornitolo spunto per una revisione del testo delFICD-10volta a meglio precisare i criteri diagnostici necessariper questi due disturbi

LA RILEVANZA DEI PROBLEMI DIAGNOSTICIPER LA RICERCA EPIDEMIOLOGICAE PER LA CLINICA

Nellambito della ricerca epidemiologica e dellapratica clinica altrettanto la rilevanza centrale deiproblemi diagnostici discussi sopra dipende dal fattoche cambiamenti intervenuti nella classificazione enei criteri diagnostici per la schizofrenia possonomodificare significativamente i tassi di prevalenza edincidenza del disturbo rilevati nei vari studi ed avereimplicazioni prognostiche e terapeutiche diverse So-no gia stati descritti in dettaglio nel precedente con-tributo i risultati ottenuti nel progetto diagnosticoanglo-statunitense nellIPSS e nello studio di Loran-ger che sono paradigmatici a questo proposito Acio va aggiunto che piu di dieci studi comparativieffettuati per mettere a confronto una dozzina di di-verse definizioni operazionali della diagnosi di schi-zofrenia hanno dimostrato consistentemente come itassi di prevalenza e di incidenza riguardanti questodisturbo varino significativamente a seconda dei cri-teri diagnostici adottati (Sass 1987) In generale leprincipali differenze tra i vari sistemi diagnosticiconcernono la scelta dei sintomi selezionati per farediagnosi la struttura degli algoritmi diagnostici lascelta di una durata minima della sintomatologia e ladiversa valutazione dei sintomi affettivi presenti Inuno dei piu importanti studi comparativi Endicottet al (1982) misero a confronto sei gruppi di criteridiagnostici (New Haven Carpenter Feighner Tay-lor and Abrams DSM-III and RDC) in un campionedi 108 pazienti I sei sistemi risultarono paragonabiliin termini di affidabilita ma la frequenza dei casidiagnosticati come schizofrenici oscillo dal 4 al26 a seconda del sistema impiegato i RDC il si-stema di Carpenter ed il DSM-III risultarono i siste-mi diagnostici piu omogenei Le principali variabilialia base di queste differenze nel numero di casi dia-

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gnosticati sembrarono essere rappresentate da (a) icriteri desclusione dei pazienti con disturbi affettivi(b) i criteri di durata minima adottati e (c) il gradodi specificazione di ogni item In un altro studioBrockington et al (1978) rilevarono che comparan-do 10 differenti set di criteri diagnostici la percen-tuale di casi di schizofrenia in un gruppo di 119 pa-zienti al loro primo ricovero variava dal 3 al 38a seconda del criterio impiegato RDC CATEGOCarpenter and Langfeldt manifestavano una buonaconcordanza mentre altri apparivano troppo restrit-tivi (Feighner criteria) ed altri ancora (Schneider)erano deboli predittori di esito sia clinico che so-ciale

In aun altro studio McGlashan (1984) rianaliz-zando circa 400 casi di pazienti trattati a ChestnutLodge ed impiegando 4 criteri diagnostici (New Ha-ven RDC Feighner e DSM-III) trovo nel complessouna buona concordanza tra questi tre ultimi

Helzer (1981) quindi utilizzando i dati relativi aSt Louis nellambito dellEpidemiological Cat-chment Area Program (ECA) ha messo in evidenzauna differenza di cinque volte nelle stime di preva-lenza per la schizofrenia ottenute impiegando i crite-ri Feighner i RDC o il DSM-III e interessante nota-re che una differenza della stessa ampiezza (con tassidi prevalenza fino a cinque volte maggiori) fu rileva-ta anche da Dunham (1965) in una review sullepide-miologia della schizofrenia questo dato dimostrapertanto che differenze di questa ampiezza nei tassidi prevalenza della schizofrenia potrebbero essere in-teramente definizionali

Per finire Kuriansky et al (1974) hanno dimo-strato che mentre piu dell80 dei pazienti psichia-trici ricoverati in un ospedale psichiatrico di NewYork durante i primi anni 50 erano diagnosticati co-me schizofrenici nella decade precedente la percen-tuale era inferiore al 40 e questo mutamento erain buona parte da ascrivere ai mutamenti intervenutinella prassi diagnostica relativamente al disturbo inquestione

NOTE CONCLUSIVE

Nella definizione dei criteri diagnostici per laschizofrenia PICD-10 ha ripreso i principali criterischneideriani relativamente ai sintomi patognomoni-ci per questo disturbo mentre ha ridimensionato ri-spetto al DSM-III-R limportanza del criterio longi-

tudinale kraepeliniano relativo al decorso adottandouna durata minima di un mese per la diagnosi e pro-spettando la possibility di una prognosi non necessa-riamente sfavorevole Nel complesso quindi nel-lICD-10 si tende ad un ampliamento del concetto dischizofrenia rispetto ad altri sistemi diagnostici piurestrittivi mentre lenfasi posta sui sintomi schneide-riani controbilancia questa tendenza e restringe i cri-teri di inclusione

Nello stesso capitolo e stata inoltre introdotta lasindrome schizotipica ed e stato notevolmente este-so il gruppo delle sindromi psicotiche acute e transi-torie Le ricerche future dovranno dimostrare la affi-dabilita e validita diagnostica di queste scelte

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Epidemiologia e Psichiatria Sociale 2 2 1993

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Gaspare Vella - Danilo Solfaroli Camillocci

NE CON TE NE SENZA Dl TELa coppia in stallo220 pagine Lire 30000

Introduzione

Caratteristiche generali della coppia in stallo

Le mosse e le contromosseLo stallo per opposizioneLo stallo per raggiro

La comunicazione nella coppia in stallo

La genesi della relazione di stalloLmterferenza della famiglia dorigineLinibeaone della forzaLe mestto coe portano alia situazione di stalloLincancludenraquo e la fiducia

Dalla dlftfe alia trlade to pwia

Le linee terapenticheLa prima fase la terapia con la famigfia

Bfccteire le triangolazioniIltgiedire intrusioni dci figliBlrfifiguere il coniugale dal gcnitonaleSWelare i livelli implicati nel discorsoRilevare apertamente lc tnadi e le coahzioniPortarc allo scoperto e far risperimentari il piact-rc dello scontro direttoSottolineare il senso positive) delle pro ocaioni

La seconda fase della terapia lesposizione della storia e il passaggio alia terapiadi coppia

La terza fase la terapia della coppiaRilevare e dare un significato alle triangolazioni chfi Uodoao a enficarhi anche in

assenzu dei figliDalle reerinintzioni alle richiesteFar nemeraere la pa^sioneSpingBMad affrontiire eon chiarezza i temi delluggettivita coniugale

Probleni ancora apertiParaiipomeni

fl Pensiem Sdentifioo ]EditoreVia RradaOO 3c - 00199 BottATel (06) tBM7158596am bull

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Page 5: Classificazione, diagnosi ed ICD-10. II - Le sindromi ...Classificazione, diagnosi ed ICD-10. II - Le sindromi schizofreniche ELISABETTA PALTRINIERI1 e GIOVANNI de GIROLAMO2 1 Servizio

Classifwazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

stata accentuata enfatizzando il decorso e la progno-si sfavorevoli nel caso della schizofrenia

In Europa oltre agli autori sinora menzionatimolti altri hanno fornito contributi storicamente im-portanti per una migliore definizione del concetto dischizofrenia e per una sua sistematizzazione noso-grafica tra essi vanno ricordati Otto Diem (1903)Stransky (1904) Serieux e Capgras (1909) de Cle-rambault (1921-24) Minkowski (1927) Kleist (1930)Binswanger (1956) (per una review del contributo piiiimportante fornito da ciascuno di questi autori si ve-da Cutting amp Shepherd 1987)

Negli Stati Uniti invece dagli anni 50 sino ameta degli anni 70 gli psichiatri hanno rivolto la lo-ro attenzione soprattutto alia presenza dei sintomiconsiderati come tipicamente schizofrenici e agliaspetti difettuali caratterizzanti il deeorso di questodisturbo (Warner 1991) In particolare gli psichiatriamericani erano soliti privilegiare nel far diagnosile cosiddette 4 A di Bleuler Associazioni AffettoAutismo ed Ambivalenza (Andreasen amp Flaum1991) Tutto cio ha condotto alia formulazione di unmodello del disturbo iperinclusivo sul piano diagno-stico rispetto allapproccio europeo tradizionalmen-te piu restrittivo e cio e chiaramente emerso in im-portanti ricerche transnazionali rappresentate so-prattutto dal progetto diagnostico anglo-statunitense(Cooper et al 1972) e dallo studio IPSS (WHO1979) (per un esame approfondito dei risultati diquesti due studi relativamente alia schizofrenia si ri-manda allarticolo introduttivo in questo stesso nu-mero di EPS)

In termini generali la maggior parte degli psichia-tri americani faceva soprattutto riferimento nellapropria pratica diagnostica alia presenza dei quattrosintomi bleuleriani classici sopra elencati A metadegli anni 70 tuttavia si produsse un improvviso eradicale cambiamento in tali abitudini diagnostichecambiamento che puo essere spiegato in parte conlintroduzione in terapia dei sali di litio (con la con-seguente necessita di discriminare accuratamente ipazienti affetti da un disturbo bipolare candidati atale trattamento da quelli invece schizofrenici) inparte con le sollecitazioni provenienti da altre scuolepsichiatriche ed infine con lintroduzione di criteripiu restrittivi per il rimborso delle spese sanitarie

Cominciarono cosi ad emergere negli Stati Uniti iprimi tentativi di standardizzazione della diagnosi dischizofrenia tra essi va ricordato il New HavenSchizophrenia Index (Astrachan et al 1972) ed il Si-stema dei criteri flessibili di Carpenter et al (1973)Questi ultimi autori utilizzando i dati ottenuti nel-

1IPSS (WHO 1979) cercarono di individuare alcu-ni sintomi forniti di un elevato valore discriminativedal punto di vista diagnostico

Negli stessi anni un gruppo di ricercatori prove-nienti dalla Washington University di St Louis ela-borava i cosiddetti Feighner criteria (Feighner et al1972) strutturati sulla base di cinque fattori ritenutiessenziali ai fini di una soddisfacente validita dia-gnostica una accurata descrizione clinica del distur-bo in oggetto eventuali indagini di laboratoriounaccurata differenziazione da altri disturbi ottenu-ta attraverso lidentificazione di precisi criteri din-clusione e di esclusione lo studio della familiaritadel disturbo lutilizzazione dei dati ottenuti da studidi follow-up per la valutazione dellesito e della sta-bilita nel tempo della diagnosi La diagnosi di schi-zofrenia quindi non veniva piu a basarsi soltantosulla presenza di un gruppo di sintomi discriminantima anche sulla loro durata (almeno sei mesi) e su uninsieme di informazioni concernenti 1adattamentopremorboso la storia familiare il rilievo anamnesti-co di un disturbo affettivo o delluso di sostanze

Infine in linea con lorientamento del gruppo diSt Louis Spitzer et al (1975) mettevano a punto iResearch Diagnostic Criteria (RDC) in questi criteridiagnostici la durata minima del disturbo necessariaper poter fare diagnosi veniva ridotta a due sole set-timane e venivano introdotti nuovi criteri diagnosti-ci differenziali con il disturbo schizoaffettivo laschizofrenia borderline la psicosi reattiva breve e glistati paranoidi

LA DIAGNOSI DELLA SCHIZOFRENIANEL DSM-IH DSM-III-R

Nel definire i criteri diagnostici per la schizofre-nia il DSM-III ha dato particolare rilevanza ai FRSed ha ripreso molti dei concetti propri dei Feighnercriteria e dei RDC sopra menzionati Nel comples-so nella classificazione americana sono stati adottatidei criteri restrittivi per la diagnosi di schizofreniaprivilegiando nel quadro sintomatologico i sintomiricchi di pregnanza semeiologica derivati a loro vol-ta dai sintomi patognomonici di Schneider mentre ilcriterio relativo alia durata (almeno sei mesi) ed aliapresenza di deterioramento riflettono un avvicina-mento al pensiero kraepeliniano

La scarsa importanza attribuita ai sintomi fonda-mentali di Bleuler nonostante la riproducibilita e

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E Paltrinieri e G de Girolamo

Pelevata attendibilita diagnostica dei sintomi negati-vi (Andreasen 1982) e stata soprattutto dettata dal-lesigenza di identificare un gruppo di sintomi facil-mente riconoscibili e riproducibili e di differenziarechiaramente i vari sottotipi del disturbo anche inrapporto alia possibilita di eventuali approcci diffe-renziati nella terapia farmacologica

Nel DSM-III-R (APA 1987) quindi sono statiintrodotti alcuni cambiamenti volti ad accrescere laspecificita e la sensibilita dei criteri diagnostici ope-rando cosi una ulteriore restrizione della categoriadiagnostica della schizofrenia ai fini di una sua mag-giore omogeneita con un conseguente incrementodellutilizzo nella pratica clinica della categoria del-la psicosi atipica (Fenton et al 1988)

Di conseguenza rispetto al DSM-III il criterioA composto da sei differenti items e stato semplifi-cato a tre items Mentre nel DSM-III inoltre nonera richiesta una durata minima per i sintomi psico-tici acuti nel DSM-III-R al fine di escludere i di-sturbi psicotici transitori dal gruppo della schizofre-nia viene specificato che i sintomi psicotici della fa-se attiva indicati dal criterio A devono essere presen-ti per almeno una settimana Questi sintomi sono di-visi in tre gruppi il primo include i deliri le alluci-nazioni lincoerenza o il marcato allentamento deinessi associativi il comportamento catatonico lap-piattimento o la grossolana inadeguatezza dellaffet-tivita II secondo gruppo comprende i deliri bizzarrideliri cioe che appaiano non plausibili ad altri mem-bri della stessa comunita culturale II terzo infineconsiste in rilevanti e specifiche allucinazioni uditive

Litem relativo alle alterazioni dell affettivita estato spostato dalla posizione secondaria che avevanel DSM-III ad una posizione centrale allinternodegli altri items propri del criterio A mentre tra isintomi prodromici e residui e stata inclusa lamarcata perdita diniziativa dinteresse o di ener-gia

II DSM-III-R in sostanza ha privilegiato per laschizofrenia un criterio valutativo di tipo longitudi-nale definendola come un disturbo caratterizzato daunevoluzione verso la cronicita con un deteriora-mento della personality e delle facolta mentali (crite-rio B)

Per quanto riguarda la durata i sintomi devonoessere presenti per un tempo minimo di sei mesi (cri-terio D) compresi il periodo prodromico e residuo

Numerosi autori (Andreasen amp Flaum 1991)tuttavia hanno rilevato che lenfatizzare tra i criteridiagnostici per questo disturbo un criterio di tipo

longitudinale comporta il rischio di aspecificita inquanto anche i disturbi affettivi possono presentareun decorso cronico ed un certo grado di deteriora-mento del funzionamento psicosociale

Al fine di operare una diagnosi differenziale conil disturbo schizoaffettivo ed il disturbo dellumorecon aspetti psicotici si richiede inoltre per il criterioC di valutare la durata totale e il periodo dinsor-genza di una sintomatologia affettiva associata

Per quanto riguarda la differenziazione in sotto-tipi il DSM-III-R ne ha riconosciuti cinque schizo-frenia paranoide catatonica disorganizzata indiffe-renziata e residua

Le forme di disturbo schizofrenico laquosenza evi-denti aspetti psicoticiraquo quali la schizofrenia latentesimplex o borderline hanno perduto autonomia no-sografica e sono incluse tra i disturbi di personality

II criterio E infine e volto ad escludere quadrisovrapponibili alia schizofrenia ad eziologia organi-ca o derivanti dalluso di sostanze

Nel complesso nonostante i tentativi di semplifi-cazione operati i criteri del DSM-III-R per poter fa-re diagnosi di schizofrenia sono particolarmentecomplessi richiedendosi la presenza o assenza di al-meno 12 differenti segni e sintomi (deliri allucina-zioni marcate incoerenza allentamento delle asso-ciazioni del pensiero comportamento catatonicoappiattimento affettivo inadeguatezza affettiva al-lucinazioni verbali non legate allo stato affettivo vo-ci che commmentano voci che conversano deliri biz-zarri inserzioni nel pensiero) Per questa ragione estata enfatizzata la necessita di procedere ad unasemplificazione di questi criteri cosa che e avvenutasolo in parte nel DSM-IV (APA 1993)

Nella quarta revisione del sistema americano icriteri fondamentali per fare diagnosi sono rappre-sentati dalla presenza di almeno due tra cinque sin-tomi presenti per una significativa porzione di tempodurante un mese i sintomi sono (1) deliri (2) alluci-nazioni (3) linguaggio disorganizzato (4) comporta-mento disorganizzato o catatonico e (5) sintomi ne-gativi Per tanto il tempo di presenza minimo deisintomi e stato allungato mentre la costellazione deisintomi necessari e stata in un certo modo semplifi-cata II criterio relativo al deterioramento del funzio-namento sociale e rimasto invariato cosi come lacontinua presenza del disturbo per almeno 6 mesiAnche gli altri criteri non sono mutati in maniera si-gnificativa Nel complesso quindi il DSM-IV noncomporta grandi novita per la diagnosi di schizofre-nia

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Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

I DISTURBI SCHIZOFRENICI NELLICD-10ED I SUOI RAPPORTI CON LICD-9

NellICD-9 (WHO 1977) non erano state elabo-rate delle definizioni operazionali dei disturbi neces-sarie per far diagnosi con soddisfacente attendibilitama nelle varie categorie e sottocategorie era stato in-serito un glossario con funzione di guida descrittivadelle varie sindromi La sezione Psicosi (290-299)del capitolo V dellICD-9 era pertanto suddivisa indue grandi gruppi denominati rispettivamente laquoStatiPsicotici Organiciraquo (290-294) ed laquoAltre Psicosiraquo(295-299) in questultimo gruppo erano state inseritele psicosi schizofreniche insieme alle psicosi affetti-ve agli stati paranoidi alle altre psicosi non organi-che ed alle psicosi con origine specifica nellinfanzia

NellICD-10 invece nellambito della sezioneF20-F29 denominata laquoSchizofrenia Sindrome Schi-zotipica e Sindromi Delirantiraquo sono incluse oltre al-ia schizofrenia la sindrome schizotipica le sindromideliranti persistenti le sindromi psicotiche acute etransitorie la sindrome delirante indotta e le sindro-mi schizoaffettive

Per quanto riguarda in particolare la schizofrenia(F20) gli elementi nuovi introdotti nellICD-10 sonosoprattutto relativi alia durata minima dei sintomiche deve essere di almeno un mese ed alia separazio-ne delle sindromi psicotiche acute e transitorie (F23)dalla schizofrenia Ladozione della durata minimadi un mese per poter fare diagnosi di schizofreniacontraddice lassunto che la schizofrenia debba perforza essere una condizione di lunga durata Unadurata minima dei sintomi di sei mesi e stata adotta-ta in vari sistemi di classificazione nazionali (com-preso il DSM-III) tuttavia nei due studi della WHOsulla schizofrenia (IPSS e DOSMED) (WHO 1979Jablensky et al 1992) una rilevante percentuale dipazienti manifestava inequivocabili e specifici sinto-mi schizofrenici per piu di un mese ma per un tem-po comunque inferiore a sei mesi presentando poiun soddisfacente se non completo recupero Per-tanto questa scelta e apparsa come quella piu ragio-nevole al fine di evitare ogni implicita assunzionecirca la inevitabile cronicita della schizofrenia cheviene invece concettualizzata come una sindrome cheha una molteplicita di cause (molte delle quali anco-ra sconosciute) ed una varieta di esiti a loro voltadipendenti da un equilibrio di diversi fattori geneti-ci neurofisiologici sociali e culturali

Le direttive diagnostiche prevedono poi la pre-senza di almeno un sintomo molto evidente compre-

so tra i seguenti (1) eco del pensiero (2) deliri dicontrollo e di influenzamento (3) voci di natura al-lucinatoria e (4) deliri persistenti culturalmente idio-sincratici In alternativa devono essere presenti sin-tomi appartenenti ad almeno due dei seguenti grup-pi (5) allucinazioni persistenti di qualsiasi tipo (6)interruzioni o interpolazioni nel corso del pensieroche determinano un linguaggio incoerente (7) com-portamento catatonico (8) sintomi negativi comeapatia appiattimento affettivo e (9) un cambiamen-to costante e significativo della qualita di alcuniaspetti del comportamento personale come perditadi interessi ritiro sociale ecc E evidente quindi larilevanza attribuita dal punto di vista diagnostico aisintomi positivi di tipo Schneideriano cosi come an-che il rilievo assegnato ai sintomi negativi A questoproposito va detto che numerosi studi hanno conchiarezza accertato lattendibilita in senso diagnosti-co dei sintomi negativi la loro interna consistenza e1elevato grado di intercorrelazione tra essi lasso-ciazione con dei criteri di validazione indipendente(quali ad esempio lesistenza di anormalita sul pianoneuro-anatomico) ed una elevata stabilita temporaledei sintomi stessi (Andreasen amp Flaum 1991)

LICD-9 non escludeva la diagnosi di schizofre-nia qualunque fosse il danno organico concomitan-te nellICD-10 viene invece specificata lincompati-bilita di questa diagnosi in caso di laquomalattia cerebra-le manifesta o negli stati dintossicazione o astinenzada drogheraquo

La sindrome schizotipica (F21) e stata inclusanellICD-10 nella sezione F2 in virtu delle manifesta-zioni cliniche della storia familiare e del decorso es-sa e descritta come una condizione caratterizzata daun comportamento eccentrico e da anomalie del pen-siero e dellaffettivita che somigliano a quelle osser-vate per la schizofrenia ma che non sono tali dasoddisfare i criteri diagnostici per tale disturbo Inessa e stata inclusa il sottotipo della laquoschizofrenia la-tenteraquo per come esso era definito nellICD-9 Nelledirettive diagnostiche ne e comunque sconsigliatolimpiego per un uso laquoesteso perche questo disturbonon e chiaramente delimitato dalla schizofrenia sim-plex ne dai disturbi schizoidi o paranoidi di perso-nality ed a differenza del DSM-III-R e sottolinea-ta limportanza della durata continua od episodicadei sintomi per almeno due anni per poter fare que-sta diagnosi Va sottolineato che questa categoriadiagnostica e stata da lungo tempo alForigine dicontroversie tra differenti autori per quanto riguarda

la sua collocazione nosografica tuttavia studi geneti-ci (Baron et al 1985) familiari (Kendler et al

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E Paltrinieri e G de Girolamo

1985 Torgensen 1985) e neurofisiologici sembranoconfermare lesistenza di un continuum tra schizo-frenia e disturbo schizotipico allorquando si conside-rano le caratteristiche del disturbo tradizionalmenteriportate quali isolamento sociale sospettositafreddezza ed eccentricita

Le sindromi psicotiche acute e transitorie (F23)rappresentano una categoria di nuova introduzionenellICD-10 i dati che emergono dallesperienza cli-nica e dalle ricerche di tipo transculturale sembranoinfatti dimostrare che soprattutto nei paesi in via disviluppo si riscontra un rilevante numero di psicosiacute con laquoesordio improvviso evoluzione breve nelgiro di poche settimane o perfino di pochi giorni edesito favorevoleraquo (Wig amp Parhee 1989)

In generale nellICD-10 tre condizioni sono con-siderate necessarie per poter fare diagnosi di sindro-me psicotica acuta e transitoria (a) lesordio acuto(entro le due settimane) (b) la presenza di sindromitipiche quali una condizione rapidamente mutevolee variabile definita laquopolimorfaraquo e la presenza di ti-pici sintomi schizofrenici e (c) la presenza di un fat-tore stressante acuto precedente lesordio della sinto-matologia entro un tempo di due settimane Tuttaviaviene anche precisato che un gran numero di sindro-mi psicotiche acute insorge senza fattori stressantiassociati per cui e possibile registrare sia lassenzache la presenza dello stress

La presenza di sintomi prodromici o di alterazio-ni del livello funzionale dellindividuo non sono in-vece da considerarsi rilevanti per quanto riguarda ladurata della sindrome

Nellambito di questo gruppo diagnostico ven-gono quindi riconosciuti differenti sottotipi quali(a) la sindrome psicotica acuta polimorfa senza sin-tomi schizofrenici la cui diagnosi viene fatta in pre-senza di un esordio acuto di vari tipi di deliri ed al-lucinazioni mutevoli in tipo ed intensita da giorno agiorno o nello stesso giorno e di uno stato emoziona-le altrettanto variabile (b) la sindrome psicotica acu-ta polimorfa con sintomi schizofrenici nella cui fe-nomenologia compaiono anche sintomi della serieschizofrenica (c) la sindrome psicotica acuta schizo-frenosimile che pur presentando una sintomatologiastabile che rispecchia quella schizofrenica ha unadurata inferiore ad un mese (d) laltra sindrome psi-cotica acuta prevalentemente delirante nella quale isintomi principali sono rappresentati da deliri ed al-lucinazioni relativamente stabili ma la cui durata(inferiore ad un mese) differenzia questa condizionedalla sindrome delirante persistente in cui deliri edallucinazioni hanno una durata superiore a tre mesi

(e) le altre sindromi psicotiche acute e transitorie edinfine (f) la sindrome psicotica acuta e transitorianon specificata

Alcuni dei disturbi inclusi in questo gruppo sonoassimilabili alle psicosi cicloidi (Perris 1974) ed aliabouffee delirante (Pull et al 1988) Sebbene il con-cetto di bouffee delirante sia tradizionalmente statopiu restrittivo rispetto a quello di psicosi cicloide di-sturbo che comprendeva importanti e specifici di-sturbi della motilita e dellaffettivita entrambi que-sti quadri clinici erano caratterizzati da un estremavariability dellespressione sintomatologica e presen-tavano un certo numero di caratteristiche simili unesordio acuto una durata breve una buona progno-si un decorso recidivante la presenza di deliri ed al-lucinazioni di elementi confusionali di vario gradoinfine di depressioneeccitazione LICD-10 quindiha conservato i lineamenti tradizionali di questi duedisturbi e li ha assimilati alia sindrome acuta poli-morfa senza (o con) sintomi schizofrenici Nel-lICD-9 invece la psicosi cicloide era considerataequivalente alia psicosi schizoaffettiva mentre labouffee delirante rientrava nella reazione paranoideacuta senza trovare in essa una diretta equivalenza(Pichot 1990)

Infine le sindromi schizoaffettive (F25) che nel-PICD-9 erano classificate come un sottotipo dellaschizofrenia nellICD-10 vengono considerate comeuna categoria a se stante insieme ai relativi sottotipi(maniacale depressivo misto di altro tipo e nonspecificato) La decisione di inserire le sindromi schi-zoaffettive nella sezione F2 e stata presa dopo i risul-tati dei field trials condotti con la versione prowi-soria dellICD-10 del 1987 e riflette gli orientamentidominanti nella comunita psichiatrica internaziona-le volti a sottolineare la maggiore contiguita di que-sto disturbo con le sindromi schizofreniche piuttostoche con quelle affettive Le direttive diagnostiche ri-chiedono pertanto per poter far diagnosi di sindro-me schizoaffettiva la presenza di sintomi schizofre-nici ed affettivi simultanei e di simile intensita du-rante lo stesso episodic

ICD-10 DSM-HI-R E DSM-IV SIMILARITAE DIFFERENZE NOSOGRAFICHEE DIAGNOSTICHE

La tabella I mostra le categorie diagnostiche rela-tive ai disturbi schizofrenici contenute nellICD-10nel DSM-III-R e nel DSM-IV Come si puo vedere

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Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

Tabella I - Classificazione dei disturbi schizofrenici nellICD-10 net DSM-III-R e net DSM-IV

ICD-10 DSM-III-R DSM-IV

Schizofrenia

Paranoide

Ebefrenica

Catatonica

Indifferenziata

Residua

Depressione post-schizofrenica

Simplex

Altra

Non specificata

Sindromeschizotipica

Sindromedelirante persistente

Sindromi psicotiche acute e transitorte

Sindrome psicotica acuta polimorfa senzasintomi schizofrenici

Sindrome psicotica acuta polimorfa con sin-tomi schizofrenici

Sindrome psicotica acuta schizofrenosimile

Altra sindrome psicotica acuta prevalente-mente delirante

Sindrome delirante indotta

Sindromi schizoaffettive

Altre sindromi psicotiche non organiche

Psicosi non organica non specificata

Schizofrenia

Paranoide

Disorganizzata

Catatonica

Indifferenziata

Residua

Disturbo delirante (paranoide)

Psicosi reattiva breve

Disturbo schizofreniforme

Disturbo psicotico indotto

Disturbi schizoaffettivi

Schizofrenia

Paranoide

Disorganizzata

Catatonica

Indifferenziata

Residua

Disturbo delirante

Disturbo psicotico non altrimenti specificato

Disturbo psicotico breve

Disturbo schizofreniforme

Disturbo psicotico condiviso

Disturbi schizoaffettivi

Disturbo psicotico dovuto ad unacondizione medica generatemdash con delirimdash con allucinazioni

Disturbo psicotico non altrimentispecificato

la suddivisione dellICD-10 in sottotipi relativamen-te alia schizofrenia di tipo paranoide catatonico in-differenziato ebefrenico e residuo e simile a quellariportata nel DSM-III-R e nel DSM-IV A questoproposito va ricordato che McGlashan amp Fenton(1991) in una review relativa alia classificazione del-la schizofrenia in sottotipi hanno concluso che i datidisponibili consentono di sostenere la validita deisottotipi esistenti in particolare della forma paranoi-de la validita delle forme ebefrenica ed indifferen-ziata e altrettanto dimostrata seppur in maniera me-no definitiva E interessante rilevare come i due au-

tori sostengano che i dati disponibili supportano lavalidita della forma simplex inclusa nellICD-10 manon nel DSM-III-R o nel DSM-IV

Schizofrenia (F20)

Le principali differenze tra la classificazione dellaschizofrenia nellICD-10 e nel DSM-III-R sono rap-presentate dalla durata minima dei sintomi (rispetti-vamente un mese e sei mesi) e dal maggiore peso at-tribuito nellICD-10 ai FRS di Schneider Nel-

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riCD-10 inoltre limportanza dei sintomi negativi eenfatizzata ed essi vengono chiaramente identificatiIn questo senso mentre la maggior importanza asse-gnata nelFICD-10 ai FRS tende a restringere i criteriper la diagnosi la minor durata richiesta il valoreattribuito ai sintomi negativi e linclusione della schi-zofrenia simplex portano allinclusione di un mag-gior numero di pazienti in questa categoria diagno-stica

NelPICD-10 il periodo prodromico proprio deldisturbo e descritto in maniera analoga al DSM-III-R ma non e considerato di ausilio diagnostico enon e incluso nel tempo di durata previsto per farediagnosi che e di almeno un mese

Una differenza importante tra i due sistemi clas-sificatori che ha come si e visto importanti impli-cazioni sul piano concettuale e che nellICD-10 adifferenza del DSM-III-R viene sottolineato che ildecorso della schizofrenia e laquovariabile e non e inevi-tabilmente cronico o invalidanteraquo

Se la sintomatologia presente corrisponde al qua-dro descritto per la schizofrenia ma la sua durata einferiore a un mese 1orientamento diagnostico pro-prio dellICD-10 e in favore della sindrome psicoticaacuta schizofrenosimile (che pud eventualmente es-sere codificata come diagnosi provvisoria) Lado-zione della durata minima di un mese nellICD-10pud quindi portare allinclusione in questa categoriadiagnostica di casi diagnosticati invece secondo ilDSM-III-R come disturbo schizofreniforme

Anche nellICD-10 come nella classificazioneamericana in presenza di sintomi affettivi accentuatisi esclude la diagnosi di schizofrenia ad eccezionedei casi in cui questa e cronologicamente insortaprima

Nel complesso quindi i due testi mostrano dellesignificative differenze al punto che Andreasen ampFlaum (1991) hanno sostenuto che mentre secondola definizione dellICD-10 si delinea il quadro di undisturbo caratterizzato da un periodo psicotico mar-cato relativamente breve il DSM-III-R fa trasparirelimmagine di un disturbo meno caratterizzato dalpunto di vista della sintomatologia psicotica mamaggiormente tendente alia cronicita

Sino ad oggi un solo studio ha comparato la affi-dabilita e la facilita duso dellICD-10 e del DSM-III-R in un piccolo gruppo di psichiatri che in cop-pia hanno valutato dal punto di vista diagnostico 60pazienti (Mellsop et al 1991) I due sistemi hannomostrato una elevata concordanza per la categoriagenerale di schizofrenia ma non per i sottotipi co-me il paranoide e lebefrenico

Sindrome schizotipica (F21)

Questa categoria corrisponde al laquodisturbo di per-sonality schizotipico del DSM-III-R e del DSM-IVnel manuale americano e confluita in questa catego-ria diagnostica anche la schizofrenia simplex chepermane invece nellICD-10 come sottotipo dellaschizofrenia

Sindromi psicotiche acute e transitorie (F23)

Nel DSM-III-R e nel DSM-IV questi disturbi so-no compresi nelle categorie della psicosi reattiva bre-ve (chiamato nel DSM-IV disturbo psicotico breve) edel disturbo schizofreniforme con buona prognosi aloro volta inclusi nel capitolo relativo ai disturbi psi-cotici non classificati altrove In particolare nel casodella psicosi reattiva breve del DSM-III-R viene pre-vista la presenza di sintomi della serie schizofrenicaassociati a stati variabili di agitazione emotiva per-plessita e confusione Questo quadro nosologico cor-risponde quindi per alcuni tratti ad entrambe lesindromi psicotiche acute polimorfe con e senza sin-tomi schizofrenici nonostante in queste ultime nonsia necessaria la presenza di fattori stressanti e quin-di possa venir meno il carattere reattivo

NellICD-10 il termine schizofreniforme non estato invece utilizzato perche ritenuto confusivo do-po la sua applicazione negli ultimi decenni a laquovaridifferenti concetti cliniciraquo e dopo limpiego che ne efatto nel DSM-III-R cioe di una categoria interme-dia caratterizzata da una durata della sintomatologiaschizofrenica inferiore a sei mesi infatti lintrodu-zione della durata di un mese dei sintomi psicoticicome criterio diagnostico per la schizofrenia e 1in-serimento nel gruppo delle sindromi psicotiche acutee transitorie dei disturbi aventi un profilo descrittivosovrapponibile al disturbo schizofreniforme ne rendesuperflua una trattazione autonoma nellICD-10

Pertanto sebbene non esista una chiara equiva-lenza tra i due sistemi diagnostici a questo proposi-to le indicazioni fornite nellICD-10 a coloro chedesiderano usare questo termine sono di orientarsiverso altre categorie diagnostiche in particolare laschizofrenia di altro tipo e la sindrome psicotica acu-ta schizofrenosimile

Sindrome schizoaffettiva (F25)

II DSM-III-R ha collocato il disturbo schizoaffet-tivo nel gruppo dei laquoDisturbi Psicotici Non Classifi-

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Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

cati Altroveraquo (29570) e rifacendosi ai criteri diWelner e ai RDC ha delineate) dei criteri diagnosticirestrittivi nei quali viene privilegiata la relazionetemporale rispetto alia comparsa dei sintomi schizo-frenici ed affettivi i sintomi delle due serie devonomanifestarsi contemporaneamente (criterio A) e laquoinun episodio del disturbo i sintomi schizofrenici devo-no permanere per almeno due settimane senza rile-vanti sintomi affettiviraquo (criterio B)

laquoSe la durata totale di tutti gli episodi di altera-zione dellumore e breve rispetto alia durata totaledel disturbo oppure il disturbo dellumore si verificasoltanto durante la fase residuaraquo si pone diagnosi dischizofrenia mentre in assenza delle condizioni cherispettano il criterio B si pone diagnosi di DisturbodellUmore con Aspetti Psicotici

Nel DSM-III-R pertanto viene fornito un giudi-zio clinico trasversale e longitudinale mentre nel-PICD-10 prevale un giudizio diagnostico cross-sezio-nale

Nel DSM-III-R linserimento nei disturbi psicoti-ci NCA del disturbo schizoaffettivo che precedente-mente era stato considerate una variante della schi-zofrenia rispecchia il fatto che questa categoria eutilizzata nella classificazione americana come ca-tegoria di riserva per quelle condizioni che non sod-disfano i criteri per la schizofrenia o per i disturbidellumore

I RISULTATI DEI FIELD TRIALS DELLICD-10

Nei field trials relativi alPICD-10 (per una descri-zione piu generale si rinvia al contributo precedente)i disturbi inclusi in questo capitolo hanno ottenutoun valore di Kappa pari a 082 tale valore rappre-sentava quello piu elevato tra tutti i vari capitoli adeccezione delle sindromi e disturbi comportamentaliassociati ad alterazioni delle funzioni fisiologiche e afattori somatici (Sartorius et al 1993) Tuttavia al-lorquando si trattava di specificare il disturbo inquestione allinterno del capitolo F2 utilizzando ca-tegorie diagnostiche a quattro codici i valori di Kap-pa variavano marcatamente andando da un massi-mo di 073 per la schizofrenia paranoide ad un mini-mo di 030 per la categoria della sindrome psicoticaacuta e transitoria altra (F238) Nel caso di questul-tima categoria il basso valore di accordo diagnosti-co riscontrato puo essere spiegato con la sua aspeci-ficita dal momento che in essa dovrebbero essere in-

clusi solo i casi che non soddisfano i criteri diagno-stici per una diagnosi piu precisa Inoltre altri duedisturbi rappresentati dalla sindrome schizotipica(F21) e dalla sindrome psicotica acuta schizofrenosi-mile manifestavano un valore di Kappa quasi altret-tanto basso in questo caso tale risultato ha fornitolo spunto per una revisione del testo delFICD-10volta a meglio precisare i criteri diagnostici necessariper questi due disturbi

LA RILEVANZA DEI PROBLEMI DIAGNOSTICIPER LA RICERCA EPIDEMIOLOGICAE PER LA CLINICA

Nellambito della ricerca epidemiologica e dellapratica clinica altrettanto la rilevanza centrale deiproblemi diagnostici discussi sopra dipende dal fattoche cambiamenti intervenuti nella classificazione enei criteri diagnostici per la schizofrenia possonomodificare significativamente i tassi di prevalenza edincidenza del disturbo rilevati nei vari studi ed avereimplicazioni prognostiche e terapeutiche diverse So-no gia stati descritti in dettaglio nel precedente con-tributo i risultati ottenuti nel progetto diagnosticoanglo-statunitense nellIPSS e nello studio di Loran-ger che sono paradigmatici a questo proposito Acio va aggiunto che piu di dieci studi comparativieffettuati per mettere a confronto una dozzina di di-verse definizioni operazionali della diagnosi di schi-zofrenia hanno dimostrato consistentemente come itassi di prevalenza e di incidenza riguardanti questodisturbo varino significativamente a seconda dei cri-teri diagnostici adottati (Sass 1987) In generale leprincipali differenze tra i vari sistemi diagnosticiconcernono la scelta dei sintomi selezionati per farediagnosi la struttura degli algoritmi diagnostici lascelta di una durata minima della sintomatologia e ladiversa valutazione dei sintomi affettivi presenti Inuno dei piu importanti studi comparativi Endicottet al (1982) misero a confronto sei gruppi di criteridiagnostici (New Haven Carpenter Feighner Tay-lor and Abrams DSM-III and RDC) in un campionedi 108 pazienti I sei sistemi risultarono paragonabiliin termini di affidabilita ma la frequenza dei casidiagnosticati come schizofrenici oscillo dal 4 al26 a seconda del sistema impiegato i RDC il si-stema di Carpenter ed il DSM-III risultarono i siste-mi diagnostici piu omogenei Le principali variabilialia base di queste differenze nel numero di casi dia-

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E Paltrinieri e G de Girolamo

gnosticati sembrarono essere rappresentate da (a) icriteri desclusione dei pazienti con disturbi affettivi(b) i criteri di durata minima adottati e (c) il gradodi specificazione di ogni item In un altro studioBrockington et al (1978) rilevarono che comparan-do 10 differenti set di criteri diagnostici la percen-tuale di casi di schizofrenia in un gruppo di 119 pa-zienti al loro primo ricovero variava dal 3 al 38a seconda del criterio impiegato RDC CATEGOCarpenter and Langfeldt manifestavano una buonaconcordanza mentre altri apparivano troppo restrit-tivi (Feighner criteria) ed altri ancora (Schneider)erano deboli predittori di esito sia clinico che so-ciale

In aun altro studio McGlashan (1984) rianaliz-zando circa 400 casi di pazienti trattati a ChestnutLodge ed impiegando 4 criteri diagnostici (New Ha-ven RDC Feighner e DSM-III) trovo nel complessouna buona concordanza tra questi tre ultimi

Helzer (1981) quindi utilizzando i dati relativi aSt Louis nellambito dellEpidemiological Cat-chment Area Program (ECA) ha messo in evidenzauna differenza di cinque volte nelle stime di preva-lenza per la schizofrenia ottenute impiegando i crite-ri Feighner i RDC o il DSM-III e interessante nota-re che una differenza della stessa ampiezza (con tassidi prevalenza fino a cinque volte maggiori) fu rileva-ta anche da Dunham (1965) in una review sullepide-miologia della schizofrenia questo dato dimostrapertanto che differenze di questa ampiezza nei tassidi prevalenza della schizofrenia potrebbero essere in-teramente definizionali

Per finire Kuriansky et al (1974) hanno dimo-strato che mentre piu dell80 dei pazienti psichia-trici ricoverati in un ospedale psichiatrico di NewYork durante i primi anni 50 erano diagnosticati co-me schizofrenici nella decade precedente la percen-tuale era inferiore al 40 e questo mutamento erain buona parte da ascrivere ai mutamenti intervenutinella prassi diagnostica relativamente al disturbo inquestione

NOTE CONCLUSIVE

Nella definizione dei criteri diagnostici per laschizofrenia PICD-10 ha ripreso i principali criterischneideriani relativamente ai sintomi patognomoni-ci per questo disturbo mentre ha ridimensionato ri-spetto al DSM-III-R limportanza del criterio longi-

tudinale kraepeliniano relativo al decorso adottandouna durata minima di un mese per la diagnosi e pro-spettando la possibility di una prognosi non necessa-riamente sfavorevole Nel complesso quindi nel-lICD-10 si tende ad un ampliamento del concetto dischizofrenia rispetto ad altri sistemi diagnostici piurestrittivi mentre lenfasi posta sui sintomi schneide-riani controbilancia questa tendenza e restringe i cri-teri di inclusione

Nello stesso capitolo e stata inoltre introdotta lasindrome schizotipica ed e stato notevolmente este-so il gruppo delle sindromi psicotiche acute e transi-torie Le ricerche future dovranno dimostrare la affi-dabilita e validita diagnostica di queste scelte

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Gaspare Vella - Danilo Solfaroli Camillocci

NE CON TE NE SENZA Dl TELa coppia in stallo220 pagine Lire 30000

Introduzione

Caratteristiche generali della coppia in stallo

Le mosse e le contromosseLo stallo per opposizioneLo stallo per raggiro

La comunicazione nella coppia in stallo

La genesi della relazione di stalloLmterferenza della famiglia dorigineLinibeaone della forzaLe mestto coe portano alia situazione di stalloLincancludenraquo e la fiducia

Dalla dlftfe alia trlade to pwia

Le linee terapenticheLa prima fase la terapia con la famigfia

Bfccteire le triangolazioniIltgiedire intrusioni dci figliBlrfifiguere il coniugale dal gcnitonaleSWelare i livelli implicati nel discorsoRilevare apertamente lc tnadi e le coahzioniPortarc allo scoperto e far risperimentari il piact-rc dello scontro direttoSottolineare il senso positive) delle pro ocaioni

La seconda fase della terapia lesposizione della storia e il passaggio alia terapiadi coppia

La terza fase la terapia della coppiaRilevare e dare un significato alle triangolazioni chfi Uodoao a enficarhi anche in

assenzu dei figliDalle reerinintzioni alle richiesteFar nemeraere la pa^sioneSpingBMad affrontiire eon chiarezza i temi delluggettivita coniugale

Probleni ancora apertiParaiipomeni

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Page 6: Classificazione, diagnosi ed ICD-10. II - Le sindromi ...Classificazione, diagnosi ed ICD-10. II - Le sindromi schizofreniche ELISABETTA PALTRINIERI1 e GIOVANNI de GIROLAMO2 1 Servizio

E Paltrinieri e G de Girolamo

Pelevata attendibilita diagnostica dei sintomi negati-vi (Andreasen 1982) e stata soprattutto dettata dal-lesigenza di identificare un gruppo di sintomi facil-mente riconoscibili e riproducibili e di differenziarechiaramente i vari sottotipi del disturbo anche inrapporto alia possibilita di eventuali approcci diffe-renziati nella terapia farmacologica

Nel DSM-III-R (APA 1987) quindi sono statiintrodotti alcuni cambiamenti volti ad accrescere laspecificita e la sensibilita dei criteri diagnostici ope-rando cosi una ulteriore restrizione della categoriadiagnostica della schizofrenia ai fini di una sua mag-giore omogeneita con un conseguente incrementodellutilizzo nella pratica clinica della categoria del-la psicosi atipica (Fenton et al 1988)

Di conseguenza rispetto al DSM-III il criterioA composto da sei differenti items e stato semplifi-cato a tre items Mentre nel DSM-III inoltre nonera richiesta una durata minima per i sintomi psico-tici acuti nel DSM-III-R al fine di escludere i di-sturbi psicotici transitori dal gruppo della schizofre-nia viene specificato che i sintomi psicotici della fa-se attiva indicati dal criterio A devono essere presen-ti per almeno una settimana Questi sintomi sono di-visi in tre gruppi il primo include i deliri le alluci-nazioni lincoerenza o il marcato allentamento deinessi associativi il comportamento catatonico lap-piattimento o la grossolana inadeguatezza dellaffet-tivita II secondo gruppo comprende i deliri bizzarrideliri cioe che appaiano non plausibili ad altri mem-bri della stessa comunita culturale II terzo infineconsiste in rilevanti e specifiche allucinazioni uditive

Litem relativo alle alterazioni dell affettivita estato spostato dalla posizione secondaria che avevanel DSM-III ad una posizione centrale allinternodegli altri items propri del criterio A mentre tra isintomi prodromici e residui e stata inclusa lamarcata perdita diniziativa dinteresse o di ener-gia

II DSM-III-R in sostanza ha privilegiato per laschizofrenia un criterio valutativo di tipo longitudi-nale definendola come un disturbo caratterizzato daunevoluzione verso la cronicita con un deteriora-mento della personality e delle facolta mentali (crite-rio B)

Per quanto riguarda la durata i sintomi devonoessere presenti per un tempo minimo di sei mesi (cri-terio D) compresi il periodo prodromico e residuo

Numerosi autori (Andreasen amp Flaum 1991)tuttavia hanno rilevato che lenfatizzare tra i criteridiagnostici per questo disturbo un criterio di tipo

longitudinale comporta il rischio di aspecificita inquanto anche i disturbi affettivi possono presentareun decorso cronico ed un certo grado di deteriora-mento del funzionamento psicosociale

Al fine di operare una diagnosi differenziale conil disturbo schizoaffettivo ed il disturbo dellumorecon aspetti psicotici si richiede inoltre per il criterioC di valutare la durata totale e il periodo dinsor-genza di una sintomatologia affettiva associata

Per quanto riguarda la differenziazione in sotto-tipi il DSM-III-R ne ha riconosciuti cinque schizo-frenia paranoide catatonica disorganizzata indiffe-renziata e residua

Le forme di disturbo schizofrenico laquosenza evi-denti aspetti psicoticiraquo quali la schizofrenia latentesimplex o borderline hanno perduto autonomia no-sografica e sono incluse tra i disturbi di personality

II criterio E infine e volto ad escludere quadrisovrapponibili alia schizofrenia ad eziologia organi-ca o derivanti dalluso di sostanze

Nel complesso nonostante i tentativi di semplifi-cazione operati i criteri del DSM-III-R per poter fa-re diagnosi di schizofrenia sono particolarmentecomplessi richiedendosi la presenza o assenza di al-meno 12 differenti segni e sintomi (deliri allucina-zioni marcate incoerenza allentamento delle asso-ciazioni del pensiero comportamento catatonicoappiattimento affettivo inadeguatezza affettiva al-lucinazioni verbali non legate allo stato affettivo vo-ci che commmentano voci che conversano deliri biz-zarri inserzioni nel pensiero) Per questa ragione estata enfatizzata la necessita di procedere ad unasemplificazione di questi criteri cosa che e avvenutasolo in parte nel DSM-IV (APA 1993)

Nella quarta revisione del sistema americano icriteri fondamentali per fare diagnosi sono rappre-sentati dalla presenza di almeno due tra cinque sin-tomi presenti per una significativa porzione di tempodurante un mese i sintomi sono (1) deliri (2) alluci-nazioni (3) linguaggio disorganizzato (4) comporta-mento disorganizzato o catatonico e (5) sintomi ne-gativi Per tanto il tempo di presenza minimo deisintomi e stato allungato mentre la costellazione deisintomi necessari e stata in un certo modo semplifi-cata II criterio relativo al deterioramento del funzio-namento sociale e rimasto invariato cosi come lacontinua presenza del disturbo per almeno 6 mesiAnche gli altri criteri non sono mutati in maniera si-gnificativa Nel complesso quindi il DSM-IV noncomporta grandi novita per la diagnosi di schizofre-nia

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Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

I DISTURBI SCHIZOFRENICI NELLICD-10ED I SUOI RAPPORTI CON LICD-9

NellICD-9 (WHO 1977) non erano state elabo-rate delle definizioni operazionali dei disturbi neces-sarie per far diagnosi con soddisfacente attendibilitama nelle varie categorie e sottocategorie era stato in-serito un glossario con funzione di guida descrittivadelle varie sindromi La sezione Psicosi (290-299)del capitolo V dellICD-9 era pertanto suddivisa indue grandi gruppi denominati rispettivamente laquoStatiPsicotici Organiciraquo (290-294) ed laquoAltre Psicosiraquo(295-299) in questultimo gruppo erano state inseritele psicosi schizofreniche insieme alle psicosi affetti-ve agli stati paranoidi alle altre psicosi non organi-che ed alle psicosi con origine specifica nellinfanzia

NellICD-10 invece nellambito della sezioneF20-F29 denominata laquoSchizofrenia Sindrome Schi-zotipica e Sindromi Delirantiraquo sono incluse oltre al-ia schizofrenia la sindrome schizotipica le sindromideliranti persistenti le sindromi psicotiche acute etransitorie la sindrome delirante indotta e le sindro-mi schizoaffettive

Per quanto riguarda in particolare la schizofrenia(F20) gli elementi nuovi introdotti nellICD-10 sonosoprattutto relativi alia durata minima dei sintomiche deve essere di almeno un mese ed alia separazio-ne delle sindromi psicotiche acute e transitorie (F23)dalla schizofrenia Ladozione della durata minimadi un mese per poter fare diagnosi di schizofreniacontraddice lassunto che la schizofrenia debba perforza essere una condizione di lunga durata Unadurata minima dei sintomi di sei mesi e stata adotta-ta in vari sistemi di classificazione nazionali (com-preso il DSM-III) tuttavia nei due studi della WHOsulla schizofrenia (IPSS e DOSMED) (WHO 1979Jablensky et al 1992) una rilevante percentuale dipazienti manifestava inequivocabili e specifici sinto-mi schizofrenici per piu di un mese ma per un tem-po comunque inferiore a sei mesi presentando poiun soddisfacente se non completo recupero Per-tanto questa scelta e apparsa come quella piu ragio-nevole al fine di evitare ogni implicita assunzionecirca la inevitabile cronicita della schizofrenia cheviene invece concettualizzata come una sindrome cheha una molteplicita di cause (molte delle quali anco-ra sconosciute) ed una varieta di esiti a loro voltadipendenti da un equilibrio di diversi fattori geneti-ci neurofisiologici sociali e culturali

Le direttive diagnostiche prevedono poi la pre-senza di almeno un sintomo molto evidente compre-

so tra i seguenti (1) eco del pensiero (2) deliri dicontrollo e di influenzamento (3) voci di natura al-lucinatoria e (4) deliri persistenti culturalmente idio-sincratici In alternativa devono essere presenti sin-tomi appartenenti ad almeno due dei seguenti grup-pi (5) allucinazioni persistenti di qualsiasi tipo (6)interruzioni o interpolazioni nel corso del pensieroche determinano un linguaggio incoerente (7) com-portamento catatonico (8) sintomi negativi comeapatia appiattimento affettivo e (9) un cambiamen-to costante e significativo della qualita di alcuniaspetti del comportamento personale come perditadi interessi ritiro sociale ecc E evidente quindi larilevanza attribuita dal punto di vista diagnostico aisintomi positivi di tipo Schneideriano cosi come an-che il rilievo assegnato ai sintomi negativi A questoproposito va detto che numerosi studi hanno conchiarezza accertato lattendibilita in senso diagnosti-co dei sintomi negativi la loro interna consistenza e1elevato grado di intercorrelazione tra essi lasso-ciazione con dei criteri di validazione indipendente(quali ad esempio lesistenza di anormalita sul pianoneuro-anatomico) ed una elevata stabilita temporaledei sintomi stessi (Andreasen amp Flaum 1991)

LICD-9 non escludeva la diagnosi di schizofre-nia qualunque fosse il danno organico concomitan-te nellICD-10 viene invece specificata lincompati-bilita di questa diagnosi in caso di laquomalattia cerebra-le manifesta o negli stati dintossicazione o astinenzada drogheraquo

La sindrome schizotipica (F21) e stata inclusanellICD-10 nella sezione F2 in virtu delle manifesta-zioni cliniche della storia familiare e del decorso es-sa e descritta come una condizione caratterizzata daun comportamento eccentrico e da anomalie del pen-siero e dellaffettivita che somigliano a quelle osser-vate per la schizofrenia ma che non sono tali dasoddisfare i criteri diagnostici per tale disturbo Inessa e stata inclusa il sottotipo della laquoschizofrenia la-tenteraquo per come esso era definito nellICD-9 Nelledirettive diagnostiche ne e comunque sconsigliatolimpiego per un uso laquoesteso perche questo disturbonon e chiaramente delimitato dalla schizofrenia sim-plex ne dai disturbi schizoidi o paranoidi di perso-nality ed a differenza del DSM-III-R e sottolinea-ta limportanza della durata continua od episodicadei sintomi per almeno due anni per poter fare que-sta diagnosi Va sottolineato che questa categoriadiagnostica e stata da lungo tempo alForigine dicontroversie tra differenti autori per quanto riguarda

la sua collocazione nosografica tuttavia studi geneti-ci (Baron et al 1985) familiari (Kendler et al

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1985 Torgensen 1985) e neurofisiologici sembranoconfermare lesistenza di un continuum tra schizo-frenia e disturbo schizotipico allorquando si conside-rano le caratteristiche del disturbo tradizionalmenteriportate quali isolamento sociale sospettositafreddezza ed eccentricita

Le sindromi psicotiche acute e transitorie (F23)rappresentano una categoria di nuova introduzionenellICD-10 i dati che emergono dallesperienza cli-nica e dalle ricerche di tipo transculturale sembranoinfatti dimostrare che soprattutto nei paesi in via disviluppo si riscontra un rilevante numero di psicosiacute con laquoesordio improvviso evoluzione breve nelgiro di poche settimane o perfino di pochi giorni edesito favorevoleraquo (Wig amp Parhee 1989)

In generale nellICD-10 tre condizioni sono con-siderate necessarie per poter fare diagnosi di sindro-me psicotica acuta e transitoria (a) lesordio acuto(entro le due settimane) (b) la presenza di sindromitipiche quali una condizione rapidamente mutevolee variabile definita laquopolimorfaraquo e la presenza di ti-pici sintomi schizofrenici e (c) la presenza di un fat-tore stressante acuto precedente lesordio della sinto-matologia entro un tempo di due settimane Tuttaviaviene anche precisato che un gran numero di sindro-mi psicotiche acute insorge senza fattori stressantiassociati per cui e possibile registrare sia lassenzache la presenza dello stress

La presenza di sintomi prodromici o di alterazio-ni del livello funzionale dellindividuo non sono in-vece da considerarsi rilevanti per quanto riguarda ladurata della sindrome

Nellambito di questo gruppo diagnostico ven-gono quindi riconosciuti differenti sottotipi quali(a) la sindrome psicotica acuta polimorfa senza sin-tomi schizofrenici la cui diagnosi viene fatta in pre-senza di un esordio acuto di vari tipi di deliri ed al-lucinazioni mutevoli in tipo ed intensita da giorno agiorno o nello stesso giorno e di uno stato emoziona-le altrettanto variabile (b) la sindrome psicotica acu-ta polimorfa con sintomi schizofrenici nella cui fe-nomenologia compaiono anche sintomi della serieschizofrenica (c) la sindrome psicotica acuta schizo-frenosimile che pur presentando una sintomatologiastabile che rispecchia quella schizofrenica ha unadurata inferiore ad un mese (d) laltra sindrome psi-cotica acuta prevalentemente delirante nella quale isintomi principali sono rappresentati da deliri ed al-lucinazioni relativamente stabili ma la cui durata(inferiore ad un mese) differenzia questa condizionedalla sindrome delirante persistente in cui deliri edallucinazioni hanno una durata superiore a tre mesi

(e) le altre sindromi psicotiche acute e transitorie edinfine (f) la sindrome psicotica acuta e transitorianon specificata

Alcuni dei disturbi inclusi in questo gruppo sonoassimilabili alle psicosi cicloidi (Perris 1974) ed aliabouffee delirante (Pull et al 1988) Sebbene il con-cetto di bouffee delirante sia tradizionalmente statopiu restrittivo rispetto a quello di psicosi cicloide di-sturbo che comprendeva importanti e specifici di-sturbi della motilita e dellaffettivita entrambi que-sti quadri clinici erano caratterizzati da un estremavariability dellespressione sintomatologica e presen-tavano un certo numero di caratteristiche simili unesordio acuto una durata breve una buona progno-si un decorso recidivante la presenza di deliri ed al-lucinazioni di elementi confusionali di vario gradoinfine di depressioneeccitazione LICD-10 quindiha conservato i lineamenti tradizionali di questi duedisturbi e li ha assimilati alia sindrome acuta poli-morfa senza (o con) sintomi schizofrenici Nel-lICD-9 invece la psicosi cicloide era considerataequivalente alia psicosi schizoaffettiva mentre labouffee delirante rientrava nella reazione paranoideacuta senza trovare in essa una diretta equivalenza(Pichot 1990)

Infine le sindromi schizoaffettive (F25) che nel-PICD-9 erano classificate come un sottotipo dellaschizofrenia nellICD-10 vengono considerate comeuna categoria a se stante insieme ai relativi sottotipi(maniacale depressivo misto di altro tipo e nonspecificato) La decisione di inserire le sindromi schi-zoaffettive nella sezione F2 e stata presa dopo i risul-tati dei field trials condotti con la versione prowi-soria dellICD-10 del 1987 e riflette gli orientamentidominanti nella comunita psichiatrica internaziona-le volti a sottolineare la maggiore contiguita di que-sto disturbo con le sindromi schizofreniche piuttostoche con quelle affettive Le direttive diagnostiche ri-chiedono pertanto per poter far diagnosi di sindro-me schizoaffettiva la presenza di sintomi schizofre-nici ed affettivi simultanei e di simile intensita du-rante lo stesso episodic

ICD-10 DSM-HI-R E DSM-IV SIMILARITAE DIFFERENZE NOSOGRAFICHEE DIAGNOSTICHE

La tabella I mostra le categorie diagnostiche rela-tive ai disturbi schizofrenici contenute nellICD-10nel DSM-III-R e nel DSM-IV Come si puo vedere

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Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

Tabella I - Classificazione dei disturbi schizofrenici nellICD-10 net DSM-III-R e net DSM-IV

ICD-10 DSM-III-R DSM-IV

Schizofrenia

Paranoide

Ebefrenica

Catatonica

Indifferenziata

Residua

Depressione post-schizofrenica

Simplex

Altra

Non specificata

Sindromeschizotipica

Sindromedelirante persistente

Sindromi psicotiche acute e transitorte

Sindrome psicotica acuta polimorfa senzasintomi schizofrenici

Sindrome psicotica acuta polimorfa con sin-tomi schizofrenici

Sindrome psicotica acuta schizofrenosimile

Altra sindrome psicotica acuta prevalente-mente delirante

Sindrome delirante indotta

Sindromi schizoaffettive

Altre sindromi psicotiche non organiche

Psicosi non organica non specificata

Schizofrenia

Paranoide

Disorganizzata

Catatonica

Indifferenziata

Residua

Disturbo delirante (paranoide)

Psicosi reattiva breve

Disturbo schizofreniforme

Disturbo psicotico indotto

Disturbi schizoaffettivi

Schizofrenia

Paranoide

Disorganizzata

Catatonica

Indifferenziata

Residua

Disturbo delirante

Disturbo psicotico non altrimenti specificato

Disturbo psicotico breve

Disturbo schizofreniforme

Disturbo psicotico condiviso

Disturbi schizoaffettivi

Disturbo psicotico dovuto ad unacondizione medica generatemdash con delirimdash con allucinazioni

Disturbo psicotico non altrimentispecificato

la suddivisione dellICD-10 in sottotipi relativamen-te alia schizofrenia di tipo paranoide catatonico in-differenziato ebefrenico e residuo e simile a quellariportata nel DSM-III-R e nel DSM-IV A questoproposito va ricordato che McGlashan amp Fenton(1991) in una review relativa alia classificazione del-la schizofrenia in sottotipi hanno concluso che i datidisponibili consentono di sostenere la validita deisottotipi esistenti in particolare della forma paranoi-de la validita delle forme ebefrenica ed indifferen-ziata e altrettanto dimostrata seppur in maniera me-no definitiva E interessante rilevare come i due au-

tori sostengano che i dati disponibili supportano lavalidita della forma simplex inclusa nellICD-10 manon nel DSM-III-R o nel DSM-IV

Schizofrenia (F20)

Le principali differenze tra la classificazione dellaschizofrenia nellICD-10 e nel DSM-III-R sono rap-presentate dalla durata minima dei sintomi (rispetti-vamente un mese e sei mesi) e dal maggiore peso at-tribuito nellICD-10 ai FRS di Schneider Nel-

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riCD-10 inoltre limportanza dei sintomi negativi eenfatizzata ed essi vengono chiaramente identificatiIn questo senso mentre la maggior importanza asse-gnata nelFICD-10 ai FRS tende a restringere i criteriper la diagnosi la minor durata richiesta il valoreattribuito ai sintomi negativi e linclusione della schi-zofrenia simplex portano allinclusione di un mag-gior numero di pazienti in questa categoria diagno-stica

NelPICD-10 il periodo prodromico proprio deldisturbo e descritto in maniera analoga al DSM-III-R ma non e considerato di ausilio diagnostico enon e incluso nel tempo di durata previsto per farediagnosi che e di almeno un mese

Una differenza importante tra i due sistemi clas-sificatori che ha come si e visto importanti impli-cazioni sul piano concettuale e che nellICD-10 adifferenza del DSM-III-R viene sottolineato che ildecorso della schizofrenia e laquovariabile e non e inevi-tabilmente cronico o invalidanteraquo

Se la sintomatologia presente corrisponde al qua-dro descritto per la schizofrenia ma la sua durata einferiore a un mese 1orientamento diagnostico pro-prio dellICD-10 e in favore della sindrome psicoticaacuta schizofrenosimile (che pud eventualmente es-sere codificata come diagnosi provvisoria) Lado-zione della durata minima di un mese nellICD-10pud quindi portare allinclusione in questa categoriadiagnostica di casi diagnosticati invece secondo ilDSM-III-R come disturbo schizofreniforme

Anche nellICD-10 come nella classificazioneamericana in presenza di sintomi affettivi accentuatisi esclude la diagnosi di schizofrenia ad eccezionedei casi in cui questa e cronologicamente insortaprima

Nel complesso quindi i due testi mostrano dellesignificative differenze al punto che Andreasen ampFlaum (1991) hanno sostenuto che mentre secondola definizione dellICD-10 si delinea il quadro di undisturbo caratterizzato da un periodo psicotico mar-cato relativamente breve il DSM-III-R fa trasparirelimmagine di un disturbo meno caratterizzato dalpunto di vista della sintomatologia psicotica mamaggiormente tendente alia cronicita

Sino ad oggi un solo studio ha comparato la affi-dabilita e la facilita duso dellICD-10 e del DSM-III-R in un piccolo gruppo di psichiatri che in cop-pia hanno valutato dal punto di vista diagnostico 60pazienti (Mellsop et al 1991) I due sistemi hannomostrato una elevata concordanza per la categoriagenerale di schizofrenia ma non per i sottotipi co-me il paranoide e lebefrenico

Sindrome schizotipica (F21)

Questa categoria corrisponde al laquodisturbo di per-sonality schizotipico del DSM-III-R e del DSM-IVnel manuale americano e confluita in questa catego-ria diagnostica anche la schizofrenia simplex chepermane invece nellICD-10 come sottotipo dellaschizofrenia

Sindromi psicotiche acute e transitorie (F23)

Nel DSM-III-R e nel DSM-IV questi disturbi so-no compresi nelle categorie della psicosi reattiva bre-ve (chiamato nel DSM-IV disturbo psicotico breve) edel disturbo schizofreniforme con buona prognosi aloro volta inclusi nel capitolo relativo ai disturbi psi-cotici non classificati altrove In particolare nel casodella psicosi reattiva breve del DSM-III-R viene pre-vista la presenza di sintomi della serie schizofrenicaassociati a stati variabili di agitazione emotiva per-plessita e confusione Questo quadro nosologico cor-risponde quindi per alcuni tratti ad entrambe lesindromi psicotiche acute polimorfe con e senza sin-tomi schizofrenici nonostante in queste ultime nonsia necessaria la presenza di fattori stressanti e quin-di possa venir meno il carattere reattivo

NellICD-10 il termine schizofreniforme non estato invece utilizzato perche ritenuto confusivo do-po la sua applicazione negli ultimi decenni a laquovaridifferenti concetti cliniciraquo e dopo limpiego che ne efatto nel DSM-III-R cioe di una categoria interme-dia caratterizzata da una durata della sintomatologiaschizofrenica inferiore a sei mesi infatti lintrodu-zione della durata di un mese dei sintomi psicoticicome criterio diagnostico per la schizofrenia e 1in-serimento nel gruppo delle sindromi psicotiche acutee transitorie dei disturbi aventi un profilo descrittivosovrapponibile al disturbo schizofreniforme ne rendesuperflua una trattazione autonoma nellICD-10

Pertanto sebbene non esista una chiara equiva-lenza tra i due sistemi diagnostici a questo proposi-to le indicazioni fornite nellICD-10 a coloro chedesiderano usare questo termine sono di orientarsiverso altre categorie diagnostiche in particolare laschizofrenia di altro tipo e la sindrome psicotica acu-ta schizofrenosimile

Sindrome schizoaffettiva (F25)

II DSM-III-R ha collocato il disturbo schizoaffet-tivo nel gruppo dei laquoDisturbi Psicotici Non Classifi-

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Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

cati Altroveraquo (29570) e rifacendosi ai criteri diWelner e ai RDC ha delineate) dei criteri diagnosticirestrittivi nei quali viene privilegiata la relazionetemporale rispetto alia comparsa dei sintomi schizo-frenici ed affettivi i sintomi delle due serie devonomanifestarsi contemporaneamente (criterio A) e laquoinun episodio del disturbo i sintomi schizofrenici devo-no permanere per almeno due settimane senza rile-vanti sintomi affettiviraquo (criterio B)

laquoSe la durata totale di tutti gli episodi di altera-zione dellumore e breve rispetto alia durata totaledel disturbo oppure il disturbo dellumore si verificasoltanto durante la fase residuaraquo si pone diagnosi dischizofrenia mentre in assenza delle condizioni cherispettano il criterio B si pone diagnosi di DisturbodellUmore con Aspetti Psicotici

Nel DSM-III-R pertanto viene fornito un giudi-zio clinico trasversale e longitudinale mentre nel-PICD-10 prevale un giudizio diagnostico cross-sezio-nale

Nel DSM-III-R linserimento nei disturbi psicoti-ci NCA del disturbo schizoaffettivo che precedente-mente era stato considerate una variante della schi-zofrenia rispecchia il fatto che questa categoria eutilizzata nella classificazione americana come ca-tegoria di riserva per quelle condizioni che non sod-disfano i criteri per la schizofrenia o per i disturbidellumore

I RISULTATI DEI FIELD TRIALS DELLICD-10

Nei field trials relativi alPICD-10 (per una descri-zione piu generale si rinvia al contributo precedente)i disturbi inclusi in questo capitolo hanno ottenutoun valore di Kappa pari a 082 tale valore rappre-sentava quello piu elevato tra tutti i vari capitoli adeccezione delle sindromi e disturbi comportamentaliassociati ad alterazioni delle funzioni fisiologiche e afattori somatici (Sartorius et al 1993) Tuttavia al-lorquando si trattava di specificare il disturbo inquestione allinterno del capitolo F2 utilizzando ca-tegorie diagnostiche a quattro codici i valori di Kap-pa variavano marcatamente andando da un massi-mo di 073 per la schizofrenia paranoide ad un mini-mo di 030 per la categoria della sindrome psicoticaacuta e transitoria altra (F238) Nel caso di questul-tima categoria il basso valore di accordo diagnosti-co riscontrato puo essere spiegato con la sua aspeci-ficita dal momento che in essa dovrebbero essere in-

clusi solo i casi che non soddisfano i criteri diagno-stici per una diagnosi piu precisa Inoltre altri duedisturbi rappresentati dalla sindrome schizotipica(F21) e dalla sindrome psicotica acuta schizofrenosi-mile manifestavano un valore di Kappa quasi altret-tanto basso in questo caso tale risultato ha fornitolo spunto per una revisione del testo delFICD-10volta a meglio precisare i criteri diagnostici necessariper questi due disturbi

LA RILEVANZA DEI PROBLEMI DIAGNOSTICIPER LA RICERCA EPIDEMIOLOGICAE PER LA CLINICA

Nellambito della ricerca epidemiologica e dellapratica clinica altrettanto la rilevanza centrale deiproblemi diagnostici discussi sopra dipende dal fattoche cambiamenti intervenuti nella classificazione enei criteri diagnostici per la schizofrenia possonomodificare significativamente i tassi di prevalenza edincidenza del disturbo rilevati nei vari studi ed avereimplicazioni prognostiche e terapeutiche diverse So-no gia stati descritti in dettaglio nel precedente con-tributo i risultati ottenuti nel progetto diagnosticoanglo-statunitense nellIPSS e nello studio di Loran-ger che sono paradigmatici a questo proposito Acio va aggiunto che piu di dieci studi comparativieffettuati per mettere a confronto una dozzina di di-verse definizioni operazionali della diagnosi di schi-zofrenia hanno dimostrato consistentemente come itassi di prevalenza e di incidenza riguardanti questodisturbo varino significativamente a seconda dei cri-teri diagnostici adottati (Sass 1987) In generale leprincipali differenze tra i vari sistemi diagnosticiconcernono la scelta dei sintomi selezionati per farediagnosi la struttura degli algoritmi diagnostici lascelta di una durata minima della sintomatologia e ladiversa valutazione dei sintomi affettivi presenti Inuno dei piu importanti studi comparativi Endicottet al (1982) misero a confronto sei gruppi di criteridiagnostici (New Haven Carpenter Feighner Tay-lor and Abrams DSM-III and RDC) in un campionedi 108 pazienti I sei sistemi risultarono paragonabiliin termini di affidabilita ma la frequenza dei casidiagnosticati come schizofrenici oscillo dal 4 al26 a seconda del sistema impiegato i RDC il si-stema di Carpenter ed il DSM-III risultarono i siste-mi diagnostici piu omogenei Le principali variabilialia base di queste differenze nel numero di casi dia-

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gnosticati sembrarono essere rappresentate da (a) icriteri desclusione dei pazienti con disturbi affettivi(b) i criteri di durata minima adottati e (c) il gradodi specificazione di ogni item In un altro studioBrockington et al (1978) rilevarono che comparan-do 10 differenti set di criteri diagnostici la percen-tuale di casi di schizofrenia in un gruppo di 119 pa-zienti al loro primo ricovero variava dal 3 al 38a seconda del criterio impiegato RDC CATEGOCarpenter and Langfeldt manifestavano una buonaconcordanza mentre altri apparivano troppo restrit-tivi (Feighner criteria) ed altri ancora (Schneider)erano deboli predittori di esito sia clinico che so-ciale

In aun altro studio McGlashan (1984) rianaliz-zando circa 400 casi di pazienti trattati a ChestnutLodge ed impiegando 4 criteri diagnostici (New Ha-ven RDC Feighner e DSM-III) trovo nel complessouna buona concordanza tra questi tre ultimi

Helzer (1981) quindi utilizzando i dati relativi aSt Louis nellambito dellEpidemiological Cat-chment Area Program (ECA) ha messo in evidenzauna differenza di cinque volte nelle stime di preva-lenza per la schizofrenia ottenute impiegando i crite-ri Feighner i RDC o il DSM-III e interessante nota-re che una differenza della stessa ampiezza (con tassidi prevalenza fino a cinque volte maggiori) fu rileva-ta anche da Dunham (1965) in una review sullepide-miologia della schizofrenia questo dato dimostrapertanto che differenze di questa ampiezza nei tassidi prevalenza della schizofrenia potrebbero essere in-teramente definizionali

Per finire Kuriansky et al (1974) hanno dimo-strato che mentre piu dell80 dei pazienti psichia-trici ricoverati in un ospedale psichiatrico di NewYork durante i primi anni 50 erano diagnosticati co-me schizofrenici nella decade precedente la percen-tuale era inferiore al 40 e questo mutamento erain buona parte da ascrivere ai mutamenti intervenutinella prassi diagnostica relativamente al disturbo inquestione

NOTE CONCLUSIVE

Nella definizione dei criteri diagnostici per laschizofrenia PICD-10 ha ripreso i principali criterischneideriani relativamente ai sintomi patognomoni-ci per questo disturbo mentre ha ridimensionato ri-spetto al DSM-III-R limportanza del criterio longi-

tudinale kraepeliniano relativo al decorso adottandouna durata minima di un mese per la diagnosi e pro-spettando la possibility di una prognosi non necessa-riamente sfavorevole Nel complesso quindi nel-lICD-10 si tende ad un ampliamento del concetto dischizofrenia rispetto ad altri sistemi diagnostici piurestrittivi mentre lenfasi posta sui sintomi schneide-riani controbilancia questa tendenza e restringe i cri-teri di inclusione

Nello stesso capitolo e stata inoltre introdotta lasindrome schizotipica ed e stato notevolmente este-so il gruppo delle sindromi psicotiche acute e transi-torie Le ricerche future dovranno dimostrare la affi-dabilita e validita diagnostica di queste scelte

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Gaspare Vella - Danilo Solfaroli Camillocci

NE CON TE NE SENZA Dl TELa coppia in stallo220 pagine Lire 30000

Introduzione

Caratteristiche generali della coppia in stallo

Le mosse e le contromosseLo stallo per opposizioneLo stallo per raggiro

La comunicazione nella coppia in stallo

La genesi della relazione di stalloLmterferenza della famiglia dorigineLinibeaone della forzaLe mestto coe portano alia situazione di stalloLincancludenraquo e la fiducia

Dalla dlftfe alia trlade to pwia

Le linee terapenticheLa prima fase la terapia con la famigfia

Bfccteire le triangolazioniIltgiedire intrusioni dci figliBlrfifiguere il coniugale dal gcnitonaleSWelare i livelli implicati nel discorsoRilevare apertamente lc tnadi e le coahzioniPortarc allo scoperto e far risperimentari il piact-rc dello scontro direttoSottolineare il senso positive) delle pro ocaioni

La seconda fase della terapia lesposizione della storia e il passaggio alia terapiadi coppia

La terza fase la terapia della coppiaRilevare e dare un significato alle triangolazioni chfi Uodoao a enficarhi anche in

assenzu dei figliDalle reerinintzioni alle richiesteFar nemeraere la pa^sioneSpingBMad affrontiire eon chiarezza i temi delluggettivita coniugale

Probleni ancora apertiParaiipomeni

fl Pensiem Sdentifioo ]EditoreVia RradaOO 3c - 00199 BottATel (06) tBM7158596am bull

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Page 7: Classificazione, diagnosi ed ICD-10. II - Le sindromi ...Classificazione, diagnosi ed ICD-10. II - Le sindromi schizofreniche ELISABETTA PALTRINIERI1 e GIOVANNI de GIROLAMO2 1 Servizio

Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

I DISTURBI SCHIZOFRENICI NELLICD-10ED I SUOI RAPPORTI CON LICD-9

NellICD-9 (WHO 1977) non erano state elabo-rate delle definizioni operazionali dei disturbi neces-sarie per far diagnosi con soddisfacente attendibilitama nelle varie categorie e sottocategorie era stato in-serito un glossario con funzione di guida descrittivadelle varie sindromi La sezione Psicosi (290-299)del capitolo V dellICD-9 era pertanto suddivisa indue grandi gruppi denominati rispettivamente laquoStatiPsicotici Organiciraquo (290-294) ed laquoAltre Psicosiraquo(295-299) in questultimo gruppo erano state inseritele psicosi schizofreniche insieme alle psicosi affetti-ve agli stati paranoidi alle altre psicosi non organi-che ed alle psicosi con origine specifica nellinfanzia

NellICD-10 invece nellambito della sezioneF20-F29 denominata laquoSchizofrenia Sindrome Schi-zotipica e Sindromi Delirantiraquo sono incluse oltre al-ia schizofrenia la sindrome schizotipica le sindromideliranti persistenti le sindromi psicotiche acute etransitorie la sindrome delirante indotta e le sindro-mi schizoaffettive

Per quanto riguarda in particolare la schizofrenia(F20) gli elementi nuovi introdotti nellICD-10 sonosoprattutto relativi alia durata minima dei sintomiche deve essere di almeno un mese ed alia separazio-ne delle sindromi psicotiche acute e transitorie (F23)dalla schizofrenia Ladozione della durata minimadi un mese per poter fare diagnosi di schizofreniacontraddice lassunto che la schizofrenia debba perforza essere una condizione di lunga durata Unadurata minima dei sintomi di sei mesi e stata adotta-ta in vari sistemi di classificazione nazionali (com-preso il DSM-III) tuttavia nei due studi della WHOsulla schizofrenia (IPSS e DOSMED) (WHO 1979Jablensky et al 1992) una rilevante percentuale dipazienti manifestava inequivocabili e specifici sinto-mi schizofrenici per piu di un mese ma per un tem-po comunque inferiore a sei mesi presentando poiun soddisfacente se non completo recupero Per-tanto questa scelta e apparsa come quella piu ragio-nevole al fine di evitare ogni implicita assunzionecirca la inevitabile cronicita della schizofrenia cheviene invece concettualizzata come una sindrome cheha una molteplicita di cause (molte delle quali anco-ra sconosciute) ed una varieta di esiti a loro voltadipendenti da un equilibrio di diversi fattori geneti-ci neurofisiologici sociali e culturali

Le direttive diagnostiche prevedono poi la pre-senza di almeno un sintomo molto evidente compre-

so tra i seguenti (1) eco del pensiero (2) deliri dicontrollo e di influenzamento (3) voci di natura al-lucinatoria e (4) deliri persistenti culturalmente idio-sincratici In alternativa devono essere presenti sin-tomi appartenenti ad almeno due dei seguenti grup-pi (5) allucinazioni persistenti di qualsiasi tipo (6)interruzioni o interpolazioni nel corso del pensieroche determinano un linguaggio incoerente (7) com-portamento catatonico (8) sintomi negativi comeapatia appiattimento affettivo e (9) un cambiamen-to costante e significativo della qualita di alcuniaspetti del comportamento personale come perditadi interessi ritiro sociale ecc E evidente quindi larilevanza attribuita dal punto di vista diagnostico aisintomi positivi di tipo Schneideriano cosi come an-che il rilievo assegnato ai sintomi negativi A questoproposito va detto che numerosi studi hanno conchiarezza accertato lattendibilita in senso diagnosti-co dei sintomi negativi la loro interna consistenza e1elevato grado di intercorrelazione tra essi lasso-ciazione con dei criteri di validazione indipendente(quali ad esempio lesistenza di anormalita sul pianoneuro-anatomico) ed una elevata stabilita temporaledei sintomi stessi (Andreasen amp Flaum 1991)

LICD-9 non escludeva la diagnosi di schizofre-nia qualunque fosse il danno organico concomitan-te nellICD-10 viene invece specificata lincompati-bilita di questa diagnosi in caso di laquomalattia cerebra-le manifesta o negli stati dintossicazione o astinenzada drogheraquo

La sindrome schizotipica (F21) e stata inclusanellICD-10 nella sezione F2 in virtu delle manifesta-zioni cliniche della storia familiare e del decorso es-sa e descritta come una condizione caratterizzata daun comportamento eccentrico e da anomalie del pen-siero e dellaffettivita che somigliano a quelle osser-vate per la schizofrenia ma che non sono tali dasoddisfare i criteri diagnostici per tale disturbo Inessa e stata inclusa il sottotipo della laquoschizofrenia la-tenteraquo per come esso era definito nellICD-9 Nelledirettive diagnostiche ne e comunque sconsigliatolimpiego per un uso laquoesteso perche questo disturbonon e chiaramente delimitato dalla schizofrenia sim-plex ne dai disturbi schizoidi o paranoidi di perso-nality ed a differenza del DSM-III-R e sottolinea-ta limportanza della durata continua od episodicadei sintomi per almeno due anni per poter fare que-sta diagnosi Va sottolineato che questa categoriadiagnostica e stata da lungo tempo alForigine dicontroversie tra differenti autori per quanto riguarda

la sua collocazione nosografica tuttavia studi geneti-ci (Baron et al 1985) familiari (Kendler et al

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E Paltrinieri e G de Girolamo

1985 Torgensen 1985) e neurofisiologici sembranoconfermare lesistenza di un continuum tra schizo-frenia e disturbo schizotipico allorquando si conside-rano le caratteristiche del disturbo tradizionalmenteriportate quali isolamento sociale sospettositafreddezza ed eccentricita

Le sindromi psicotiche acute e transitorie (F23)rappresentano una categoria di nuova introduzionenellICD-10 i dati che emergono dallesperienza cli-nica e dalle ricerche di tipo transculturale sembranoinfatti dimostrare che soprattutto nei paesi in via disviluppo si riscontra un rilevante numero di psicosiacute con laquoesordio improvviso evoluzione breve nelgiro di poche settimane o perfino di pochi giorni edesito favorevoleraquo (Wig amp Parhee 1989)

In generale nellICD-10 tre condizioni sono con-siderate necessarie per poter fare diagnosi di sindro-me psicotica acuta e transitoria (a) lesordio acuto(entro le due settimane) (b) la presenza di sindromitipiche quali una condizione rapidamente mutevolee variabile definita laquopolimorfaraquo e la presenza di ti-pici sintomi schizofrenici e (c) la presenza di un fat-tore stressante acuto precedente lesordio della sinto-matologia entro un tempo di due settimane Tuttaviaviene anche precisato che un gran numero di sindro-mi psicotiche acute insorge senza fattori stressantiassociati per cui e possibile registrare sia lassenzache la presenza dello stress

La presenza di sintomi prodromici o di alterazio-ni del livello funzionale dellindividuo non sono in-vece da considerarsi rilevanti per quanto riguarda ladurata della sindrome

Nellambito di questo gruppo diagnostico ven-gono quindi riconosciuti differenti sottotipi quali(a) la sindrome psicotica acuta polimorfa senza sin-tomi schizofrenici la cui diagnosi viene fatta in pre-senza di un esordio acuto di vari tipi di deliri ed al-lucinazioni mutevoli in tipo ed intensita da giorno agiorno o nello stesso giorno e di uno stato emoziona-le altrettanto variabile (b) la sindrome psicotica acu-ta polimorfa con sintomi schizofrenici nella cui fe-nomenologia compaiono anche sintomi della serieschizofrenica (c) la sindrome psicotica acuta schizo-frenosimile che pur presentando una sintomatologiastabile che rispecchia quella schizofrenica ha unadurata inferiore ad un mese (d) laltra sindrome psi-cotica acuta prevalentemente delirante nella quale isintomi principali sono rappresentati da deliri ed al-lucinazioni relativamente stabili ma la cui durata(inferiore ad un mese) differenzia questa condizionedalla sindrome delirante persistente in cui deliri edallucinazioni hanno una durata superiore a tre mesi

(e) le altre sindromi psicotiche acute e transitorie edinfine (f) la sindrome psicotica acuta e transitorianon specificata

Alcuni dei disturbi inclusi in questo gruppo sonoassimilabili alle psicosi cicloidi (Perris 1974) ed aliabouffee delirante (Pull et al 1988) Sebbene il con-cetto di bouffee delirante sia tradizionalmente statopiu restrittivo rispetto a quello di psicosi cicloide di-sturbo che comprendeva importanti e specifici di-sturbi della motilita e dellaffettivita entrambi que-sti quadri clinici erano caratterizzati da un estremavariability dellespressione sintomatologica e presen-tavano un certo numero di caratteristiche simili unesordio acuto una durata breve una buona progno-si un decorso recidivante la presenza di deliri ed al-lucinazioni di elementi confusionali di vario gradoinfine di depressioneeccitazione LICD-10 quindiha conservato i lineamenti tradizionali di questi duedisturbi e li ha assimilati alia sindrome acuta poli-morfa senza (o con) sintomi schizofrenici Nel-lICD-9 invece la psicosi cicloide era considerataequivalente alia psicosi schizoaffettiva mentre labouffee delirante rientrava nella reazione paranoideacuta senza trovare in essa una diretta equivalenza(Pichot 1990)

Infine le sindromi schizoaffettive (F25) che nel-PICD-9 erano classificate come un sottotipo dellaschizofrenia nellICD-10 vengono considerate comeuna categoria a se stante insieme ai relativi sottotipi(maniacale depressivo misto di altro tipo e nonspecificato) La decisione di inserire le sindromi schi-zoaffettive nella sezione F2 e stata presa dopo i risul-tati dei field trials condotti con la versione prowi-soria dellICD-10 del 1987 e riflette gli orientamentidominanti nella comunita psichiatrica internaziona-le volti a sottolineare la maggiore contiguita di que-sto disturbo con le sindromi schizofreniche piuttostoche con quelle affettive Le direttive diagnostiche ri-chiedono pertanto per poter far diagnosi di sindro-me schizoaffettiva la presenza di sintomi schizofre-nici ed affettivi simultanei e di simile intensita du-rante lo stesso episodic

ICD-10 DSM-HI-R E DSM-IV SIMILARITAE DIFFERENZE NOSOGRAFICHEE DIAGNOSTICHE

La tabella I mostra le categorie diagnostiche rela-tive ai disturbi schizofrenici contenute nellICD-10nel DSM-III-R e nel DSM-IV Come si puo vedere

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Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

Tabella I - Classificazione dei disturbi schizofrenici nellICD-10 net DSM-III-R e net DSM-IV

ICD-10 DSM-III-R DSM-IV

Schizofrenia

Paranoide

Ebefrenica

Catatonica

Indifferenziata

Residua

Depressione post-schizofrenica

Simplex

Altra

Non specificata

Sindromeschizotipica

Sindromedelirante persistente

Sindromi psicotiche acute e transitorte

Sindrome psicotica acuta polimorfa senzasintomi schizofrenici

Sindrome psicotica acuta polimorfa con sin-tomi schizofrenici

Sindrome psicotica acuta schizofrenosimile

Altra sindrome psicotica acuta prevalente-mente delirante

Sindrome delirante indotta

Sindromi schizoaffettive

Altre sindromi psicotiche non organiche

Psicosi non organica non specificata

Schizofrenia

Paranoide

Disorganizzata

Catatonica

Indifferenziata

Residua

Disturbo delirante (paranoide)

Psicosi reattiva breve

Disturbo schizofreniforme

Disturbo psicotico indotto

Disturbi schizoaffettivi

Schizofrenia

Paranoide

Disorganizzata

Catatonica

Indifferenziata

Residua

Disturbo delirante

Disturbo psicotico non altrimenti specificato

Disturbo psicotico breve

Disturbo schizofreniforme

Disturbo psicotico condiviso

Disturbi schizoaffettivi

Disturbo psicotico dovuto ad unacondizione medica generatemdash con delirimdash con allucinazioni

Disturbo psicotico non altrimentispecificato

la suddivisione dellICD-10 in sottotipi relativamen-te alia schizofrenia di tipo paranoide catatonico in-differenziato ebefrenico e residuo e simile a quellariportata nel DSM-III-R e nel DSM-IV A questoproposito va ricordato che McGlashan amp Fenton(1991) in una review relativa alia classificazione del-la schizofrenia in sottotipi hanno concluso che i datidisponibili consentono di sostenere la validita deisottotipi esistenti in particolare della forma paranoi-de la validita delle forme ebefrenica ed indifferen-ziata e altrettanto dimostrata seppur in maniera me-no definitiva E interessante rilevare come i due au-

tori sostengano che i dati disponibili supportano lavalidita della forma simplex inclusa nellICD-10 manon nel DSM-III-R o nel DSM-IV

Schizofrenia (F20)

Le principali differenze tra la classificazione dellaschizofrenia nellICD-10 e nel DSM-III-R sono rap-presentate dalla durata minima dei sintomi (rispetti-vamente un mese e sei mesi) e dal maggiore peso at-tribuito nellICD-10 ai FRS di Schneider Nel-

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E Paltrinieri e G de Girolamo

riCD-10 inoltre limportanza dei sintomi negativi eenfatizzata ed essi vengono chiaramente identificatiIn questo senso mentre la maggior importanza asse-gnata nelFICD-10 ai FRS tende a restringere i criteriper la diagnosi la minor durata richiesta il valoreattribuito ai sintomi negativi e linclusione della schi-zofrenia simplex portano allinclusione di un mag-gior numero di pazienti in questa categoria diagno-stica

NelPICD-10 il periodo prodromico proprio deldisturbo e descritto in maniera analoga al DSM-III-R ma non e considerato di ausilio diagnostico enon e incluso nel tempo di durata previsto per farediagnosi che e di almeno un mese

Una differenza importante tra i due sistemi clas-sificatori che ha come si e visto importanti impli-cazioni sul piano concettuale e che nellICD-10 adifferenza del DSM-III-R viene sottolineato che ildecorso della schizofrenia e laquovariabile e non e inevi-tabilmente cronico o invalidanteraquo

Se la sintomatologia presente corrisponde al qua-dro descritto per la schizofrenia ma la sua durata einferiore a un mese 1orientamento diagnostico pro-prio dellICD-10 e in favore della sindrome psicoticaacuta schizofrenosimile (che pud eventualmente es-sere codificata come diagnosi provvisoria) Lado-zione della durata minima di un mese nellICD-10pud quindi portare allinclusione in questa categoriadiagnostica di casi diagnosticati invece secondo ilDSM-III-R come disturbo schizofreniforme

Anche nellICD-10 come nella classificazioneamericana in presenza di sintomi affettivi accentuatisi esclude la diagnosi di schizofrenia ad eccezionedei casi in cui questa e cronologicamente insortaprima

Nel complesso quindi i due testi mostrano dellesignificative differenze al punto che Andreasen ampFlaum (1991) hanno sostenuto che mentre secondola definizione dellICD-10 si delinea il quadro di undisturbo caratterizzato da un periodo psicotico mar-cato relativamente breve il DSM-III-R fa trasparirelimmagine di un disturbo meno caratterizzato dalpunto di vista della sintomatologia psicotica mamaggiormente tendente alia cronicita

Sino ad oggi un solo studio ha comparato la affi-dabilita e la facilita duso dellICD-10 e del DSM-III-R in un piccolo gruppo di psichiatri che in cop-pia hanno valutato dal punto di vista diagnostico 60pazienti (Mellsop et al 1991) I due sistemi hannomostrato una elevata concordanza per la categoriagenerale di schizofrenia ma non per i sottotipi co-me il paranoide e lebefrenico

Sindrome schizotipica (F21)

Questa categoria corrisponde al laquodisturbo di per-sonality schizotipico del DSM-III-R e del DSM-IVnel manuale americano e confluita in questa catego-ria diagnostica anche la schizofrenia simplex chepermane invece nellICD-10 come sottotipo dellaschizofrenia

Sindromi psicotiche acute e transitorie (F23)

Nel DSM-III-R e nel DSM-IV questi disturbi so-no compresi nelle categorie della psicosi reattiva bre-ve (chiamato nel DSM-IV disturbo psicotico breve) edel disturbo schizofreniforme con buona prognosi aloro volta inclusi nel capitolo relativo ai disturbi psi-cotici non classificati altrove In particolare nel casodella psicosi reattiva breve del DSM-III-R viene pre-vista la presenza di sintomi della serie schizofrenicaassociati a stati variabili di agitazione emotiva per-plessita e confusione Questo quadro nosologico cor-risponde quindi per alcuni tratti ad entrambe lesindromi psicotiche acute polimorfe con e senza sin-tomi schizofrenici nonostante in queste ultime nonsia necessaria la presenza di fattori stressanti e quin-di possa venir meno il carattere reattivo

NellICD-10 il termine schizofreniforme non estato invece utilizzato perche ritenuto confusivo do-po la sua applicazione negli ultimi decenni a laquovaridifferenti concetti cliniciraquo e dopo limpiego che ne efatto nel DSM-III-R cioe di una categoria interme-dia caratterizzata da una durata della sintomatologiaschizofrenica inferiore a sei mesi infatti lintrodu-zione della durata di un mese dei sintomi psicoticicome criterio diagnostico per la schizofrenia e 1in-serimento nel gruppo delle sindromi psicotiche acutee transitorie dei disturbi aventi un profilo descrittivosovrapponibile al disturbo schizofreniforme ne rendesuperflua una trattazione autonoma nellICD-10

Pertanto sebbene non esista una chiara equiva-lenza tra i due sistemi diagnostici a questo proposi-to le indicazioni fornite nellICD-10 a coloro chedesiderano usare questo termine sono di orientarsiverso altre categorie diagnostiche in particolare laschizofrenia di altro tipo e la sindrome psicotica acu-ta schizofrenosimile

Sindrome schizoaffettiva (F25)

II DSM-III-R ha collocato il disturbo schizoaffet-tivo nel gruppo dei laquoDisturbi Psicotici Non Classifi-

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Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

cati Altroveraquo (29570) e rifacendosi ai criteri diWelner e ai RDC ha delineate) dei criteri diagnosticirestrittivi nei quali viene privilegiata la relazionetemporale rispetto alia comparsa dei sintomi schizo-frenici ed affettivi i sintomi delle due serie devonomanifestarsi contemporaneamente (criterio A) e laquoinun episodio del disturbo i sintomi schizofrenici devo-no permanere per almeno due settimane senza rile-vanti sintomi affettiviraquo (criterio B)

laquoSe la durata totale di tutti gli episodi di altera-zione dellumore e breve rispetto alia durata totaledel disturbo oppure il disturbo dellumore si verificasoltanto durante la fase residuaraquo si pone diagnosi dischizofrenia mentre in assenza delle condizioni cherispettano il criterio B si pone diagnosi di DisturbodellUmore con Aspetti Psicotici

Nel DSM-III-R pertanto viene fornito un giudi-zio clinico trasversale e longitudinale mentre nel-PICD-10 prevale un giudizio diagnostico cross-sezio-nale

Nel DSM-III-R linserimento nei disturbi psicoti-ci NCA del disturbo schizoaffettivo che precedente-mente era stato considerate una variante della schi-zofrenia rispecchia il fatto che questa categoria eutilizzata nella classificazione americana come ca-tegoria di riserva per quelle condizioni che non sod-disfano i criteri per la schizofrenia o per i disturbidellumore

I RISULTATI DEI FIELD TRIALS DELLICD-10

Nei field trials relativi alPICD-10 (per una descri-zione piu generale si rinvia al contributo precedente)i disturbi inclusi in questo capitolo hanno ottenutoun valore di Kappa pari a 082 tale valore rappre-sentava quello piu elevato tra tutti i vari capitoli adeccezione delle sindromi e disturbi comportamentaliassociati ad alterazioni delle funzioni fisiologiche e afattori somatici (Sartorius et al 1993) Tuttavia al-lorquando si trattava di specificare il disturbo inquestione allinterno del capitolo F2 utilizzando ca-tegorie diagnostiche a quattro codici i valori di Kap-pa variavano marcatamente andando da un massi-mo di 073 per la schizofrenia paranoide ad un mini-mo di 030 per la categoria della sindrome psicoticaacuta e transitoria altra (F238) Nel caso di questul-tima categoria il basso valore di accordo diagnosti-co riscontrato puo essere spiegato con la sua aspeci-ficita dal momento che in essa dovrebbero essere in-

clusi solo i casi che non soddisfano i criteri diagno-stici per una diagnosi piu precisa Inoltre altri duedisturbi rappresentati dalla sindrome schizotipica(F21) e dalla sindrome psicotica acuta schizofrenosi-mile manifestavano un valore di Kappa quasi altret-tanto basso in questo caso tale risultato ha fornitolo spunto per una revisione del testo delFICD-10volta a meglio precisare i criteri diagnostici necessariper questi due disturbi

LA RILEVANZA DEI PROBLEMI DIAGNOSTICIPER LA RICERCA EPIDEMIOLOGICAE PER LA CLINICA

Nellambito della ricerca epidemiologica e dellapratica clinica altrettanto la rilevanza centrale deiproblemi diagnostici discussi sopra dipende dal fattoche cambiamenti intervenuti nella classificazione enei criteri diagnostici per la schizofrenia possonomodificare significativamente i tassi di prevalenza edincidenza del disturbo rilevati nei vari studi ed avereimplicazioni prognostiche e terapeutiche diverse So-no gia stati descritti in dettaglio nel precedente con-tributo i risultati ottenuti nel progetto diagnosticoanglo-statunitense nellIPSS e nello studio di Loran-ger che sono paradigmatici a questo proposito Acio va aggiunto che piu di dieci studi comparativieffettuati per mettere a confronto una dozzina di di-verse definizioni operazionali della diagnosi di schi-zofrenia hanno dimostrato consistentemente come itassi di prevalenza e di incidenza riguardanti questodisturbo varino significativamente a seconda dei cri-teri diagnostici adottati (Sass 1987) In generale leprincipali differenze tra i vari sistemi diagnosticiconcernono la scelta dei sintomi selezionati per farediagnosi la struttura degli algoritmi diagnostici lascelta di una durata minima della sintomatologia e ladiversa valutazione dei sintomi affettivi presenti Inuno dei piu importanti studi comparativi Endicottet al (1982) misero a confronto sei gruppi di criteridiagnostici (New Haven Carpenter Feighner Tay-lor and Abrams DSM-III and RDC) in un campionedi 108 pazienti I sei sistemi risultarono paragonabiliin termini di affidabilita ma la frequenza dei casidiagnosticati come schizofrenici oscillo dal 4 al26 a seconda del sistema impiegato i RDC il si-stema di Carpenter ed il DSM-III risultarono i siste-mi diagnostici piu omogenei Le principali variabilialia base di queste differenze nel numero di casi dia-

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E Paltrinieri e G de Girolamo

gnosticati sembrarono essere rappresentate da (a) icriteri desclusione dei pazienti con disturbi affettivi(b) i criteri di durata minima adottati e (c) il gradodi specificazione di ogni item In un altro studioBrockington et al (1978) rilevarono che comparan-do 10 differenti set di criteri diagnostici la percen-tuale di casi di schizofrenia in un gruppo di 119 pa-zienti al loro primo ricovero variava dal 3 al 38a seconda del criterio impiegato RDC CATEGOCarpenter and Langfeldt manifestavano una buonaconcordanza mentre altri apparivano troppo restrit-tivi (Feighner criteria) ed altri ancora (Schneider)erano deboli predittori di esito sia clinico che so-ciale

In aun altro studio McGlashan (1984) rianaliz-zando circa 400 casi di pazienti trattati a ChestnutLodge ed impiegando 4 criteri diagnostici (New Ha-ven RDC Feighner e DSM-III) trovo nel complessouna buona concordanza tra questi tre ultimi

Helzer (1981) quindi utilizzando i dati relativi aSt Louis nellambito dellEpidemiological Cat-chment Area Program (ECA) ha messo in evidenzauna differenza di cinque volte nelle stime di preva-lenza per la schizofrenia ottenute impiegando i crite-ri Feighner i RDC o il DSM-III e interessante nota-re che una differenza della stessa ampiezza (con tassidi prevalenza fino a cinque volte maggiori) fu rileva-ta anche da Dunham (1965) in una review sullepide-miologia della schizofrenia questo dato dimostrapertanto che differenze di questa ampiezza nei tassidi prevalenza della schizofrenia potrebbero essere in-teramente definizionali

Per finire Kuriansky et al (1974) hanno dimo-strato che mentre piu dell80 dei pazienti psichia-trici ricoverati in un ospedale psichiatrico di NewYork durante i primi anni 50 erano diagnosticati co-me schizofrenici nella decade precedente la percen-tuale era inferiore al 40 e questo mutamento erain buona parte da ascrivere ai mutamenti intervenutinella prassi diagnostica relativamente al disturbo inquestione

NOTE CONCLUSIVE

Nella definizione dei criteri diagnostici per laschizofrenia PICD-10 ha ripreso i principali criterischneideriani relativamente ai sintomi patognomoni-ci per questo disturbo mentre ha ridimensionato ri-spetto al DSM-III-R limportanza del criterio longi-

tudinale kraepeliniano relativo al decorso adottandouna durata minima di un mese per la diagnosi e pro-spettando la possibility di una prognosi non necessa-riamente sfavorevole Nel complesso quindi nel-lICD-10 si tende ad un ampliamento del concetto dischizofrenia rispetto ad altri sistemi diagnostici piurestrittivi mentre lenfasi posta sui sintomi schneide-riani controbilancia questa tendenza e restringe i cri-teri di inclusione

Nello stesso capitolo e stata inoltre introdotta lasindrome schizotipica ed e stato notevolmente este-so il gruppo delle sindromi psicotiche acute e transi-torie Le ricerche future dovranno dimostrare la affi-dabilita e validita diagnostica di queste scelte

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Gaspare Vella - Danilo Solfaroli Camillocci

NE CON TE NE SENZA Dl TELa coppia in stallo220 pagine Lire 30000

Introduzione

Caratteristiche generali della coppia in stallo

Le mosse e le contromosseLo stallo per opposizioneLo stallo per raggiro

La comunicazione nella coppia in stallo

La genesi della relazione di stalloLmterferenza della famiglia dorigineLinibeaone della forzaLe mestto coe portano alia situazione di stalloLincancludenraquo e la fiducia

Dalla dlftfe alia trlade to pwia

Le linee terapenticheLa prima fase la terapia con la famigfia

Bfccteire le triangolazioniIltgiedire intrusioni dci figliBlrfifiguere il coniugale dal gcnitonaleSWelare i livelli implicati nel discorsoRilevare apertamente lc tnadi e le coahzioniPortarc allo scoperto e far risperimentari il piact-rc dello scontro direttoSottolineare il senso positive) delle pro ocaioni

La seconda fase della terapia lesposizione della storia e il passaggio alia terapiadi coppia

La terza fase la terapia della coppiaRilevare e dare un significato alle triangolazioni chfi Uodoao a enficarhi anche in

assenzu dei figliDalle reerinintzioni alle richiesteFar nemeraere la pa^sioneSpingBMad affrontiire eon chiarezza i temi delluggettivita coniugale

Probleni ancora apertiParaiipomeni

fl Pensiem Sdentifioo ]EditoreVia RradaOO 3c - 00199 BottATel (06) tBM7158596am bull

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Page 8: Classificazione, diagnosi ed ICD-10. II - Le sindromi ...Classificazione, diagnosi ed ICD-10. II - Le sindromi schizofreniche ELISABETTA PALTRINIERI1 e GIOVANNI de GIROLAMO2 1 Servizio

E Paltrinieri e G de Girolamo

1985 Torgensen 1985) e neurofisiologici sembranoconfermare lesistenza di un continuum tra schizo-frenia e disturbo schizotipico allorquando si conside-rano le caratteristiche del disturbo tradizionalmenteriportate quali isolamento sociale sospettositafreddezza ed eccentricita

Le sindromi psicotiche acute e transitorie (F23)rappresentano una categoria di nuova introduzionenellICD-10 i dati che emergono dallesperienza cli-nica e dalle ricerche di tipo transculturale sembranoinfatti dimostrare che soprattutto nei paesi in via disviluppo si riscontra un rilevante numero di psicosiacute con laquoesordio improvviso evoluzione breve nelgiro di poche settimane o perfino di pochi giorni edesito favorevoleraquo (Wig amp Parhee 1989)

In generale nellICD-10 tre condizioni sono con-siderate necessarie per poter fare diagnosi di sindro-me psicotica acuta e transitoria (a) lesordio acuto(entro le due settimane) (b) la presenza di sindromitipiche quali una condizione rapidamente mutevolee variabile definita laquopolimorfaraquo e la presenza di ti-pici sintomi schizofrenici e (c) la presenza di un fat-tore stressante acuto precedente lesordio della sinto-matologia entro un tempo di due settimane Tuttaviaviene anche precisato che un gran numero di sindro-mi psicotiche acute insorge senza fattori stressantiassociati per cui e possibile registrare sia lassenzache la presenza dello stress

La presenza di sintomi prodromici o di alterazio-ni del livello funzionale dellindividuo non sono in-vece da considerarsi rilevanti per quanto riguarda ladurata della sindrome

Nellambito di questo gruppo diagnostico ven-gono quindi riconosciuti differenti sottotipi quali(a) la sindrome psicotica acuta polimorfa senza sin-tomi schizofrenici la cui diagnosi viene fatta in pre-senza di un esordio acuto di vari tipi di deliri ed al-lucinazioni mutevoli in tipo ed intensita da giorno agiorno o nello stesso giorno e di uno stato emoziona-le altrettanto variabile (b) la sindrome psicotica acu-ta polimorfa con sintomi schizofrenici nella cui fe-nomenologia compaiono anche sintomi della serieschizofrenica (c) la sindrome psicotica acuta schizo-frenosimile che pur presentando una sintomatologiastabile che rispecchia quella schizofrenica ha unadurata inferiore ad un mese (d) laltra sindrome psi-cotica acuta prevalentemente delirante nella quale isintomi principali sono rappresentati da deliri ed al-lucinazioni relativamente stabili ma la cui durata(inferiore ad un mese) differenzia questa condizionedalla sindrome delirante persistente in cui deliri edallucinazioni hanno una durata superiore a tre mesi

(e) le altre sindromi psicotiche acute e transitorie edinfine (f) la sindrome psicotica acuta e transitorianon specificata

Alcuni dei disturbi inclusi in questo gruppo sonoassimilabili alle psicosi cicloidi (Perris 1974) ed aliabouffee delirante (Pull et al 1988) Sebbene il con-cetto di bouffee delirante sia tradizionalmente statopiu restrittivo rispetto a quello di psicosi cicloide di-sturbo che comprendeva importanti e specifici di-sturbi della motilita e dellaffettivita entrambi que-sti quadri clinici erano caratterizzati da un estremavariability dellespressione sintomatologica e presen-tavano un certo numero di caratteristiche simili unesordio acuto una durata breve una buona progno-si un decorso recidivante la presenza di deliri ed al-lucinazioni di elementi confusionali di vario gradoinfine di depressioneeccitazione LICD-10 quindiha conservato i lineamenti tradizionali di questi duedisturbi e li ha assimilati alia sindrome acuta poli-morfa senza (o con) sintomi schizofrenici Nel-lICD-9 invece la psicosi cicloide era considerataequivalente alia psicosi schizoaffettiva mentre labouffee delirante rientrava nella reazione paranoideacuta senza trovare in essa una diretta equivalenza(Pichot 1990)

Infine le sindromi schizoaffettive (F25) che nel-PICD-9 erano classificate come un sottotipo dellaschizofrenia nellICD-10 vengono considerate comeuna categoria a se stante insieme ai relativi sottotipi(maniacale depressivo misto di altro tipo e nonspecificato) La decisione di inserire le sindromi schi-zoaffettive nella sezione F2 e stata presa dopo i risul-tati dei field trials condotti con la versione prowi-soria dellICD-10 del 1987 e riflette gli orientamentidominanti nella comunita psichiatrica internaziona-le volti a sottolineare la maggiore contiguita di que-sto disturbo con le sindromi schizofreniche piuttostoche con quelle affettive Le direttive diagnostiche ri-chiedono pertanto per poter far diagnosi di sindro-me schizoaffettiva la presenza di sintomi schizofre-nici ed affettivi simultanei e di simile intensita du-rante lo stesso episodic

ICD-10 DSM-HI-R E DSM-IV SIMILARITAE DIFFERENZE NOSOGRAFICHEE DIAGNOSTICHE

La tabella I mostra le categorie diagnostiche rela-tive ai disturbi schizofrenici contenute nellICD-10nel DSM-III-R e nel DSM-IV Come si puo vedere

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Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

Tabella I - Classificazione dei disturbi schizofrenici nellICD-10 net DSM-III-R e net DSM-IV

ICD-10 DSM-III-R DSM-IV

Schizofrenia

Paranoide

Ebefrenica

Catatonica

Indifferenziata

Residua

Depressione post-schizofrenica

Simplex

Altra

Non specificata

Sindromeschizotipica

Sindromedelirante persistente

Sindromi psicotiche acute e transitorte

Sindrome psicotica acuta polimorfa senzasintomi schizofrenici

Sindrome psicotica acuta polimorfa con sin-tomi schizofrenici

Sindrome psicotica acuta schizofrenosimile

Altra sindrome psicotica acuta prevalente-mente delirante

Sindrome delirante indotta

Sindromi schizoaffettive

Altre sindromi psicotiche non organiche

Psicosi non organica non specificata

Schizofrenia

Paranoide

Disorganizzata

Catatonica

Indifferenziata

Residua

Disturbo delirante (paranoide)

Psicosi reattiva breve

Disturbo schizofreniforme

Disturbo psicotico indotto

Disturbi schizoaffettivi

Schizofrenia

Paranoide

Disorganizzata

Catatonica

Indifferenziata

Residua

Disturbo delirante

Disturbo psicotico non altrimenti specificato

Disturbo psicotico breve

Disturbo schizofreniforme

Disturbo psicotico condiviso

Disturbi schizoaffettivi

Disturbo psicotico dovuto ad unacondizione medica generatemdash con delirimdash con allucinazioni

Disturbo psicotico non altrimentispecificato

la suddivisione dellICD-10 in sottotipi relativamen-te alia schizofrenia di tipo paranoide catatonico in-differenziato ebefrenico e residuo e simile a quellariportata nel DSM-III-R e nel DSM-IV A questoproposito va ricordato che McGlashan amp Fenton(1991) in una review relativa alia classificazione del-la schizofrenia in sottotipi hanno concluso che i datidisponibili consentono di sostenere la validita deisottotipi esistenti in particolare della forma paranoi-de la validita delle forme ebefrenica ed indifferen-ziata e altrettanto dimostrata seppur in maniera me-no definitiva E interessante rilevare come i due au-

tori sostengano che i dati disponibili supportano lavalidita della forma simplex inclusa nellICD-10 manon nel DSM-III-R o nel DSM-IV

Schizofrenia (F20)

Le principali differenze tra la classificazione dellaschizofrenia nellICD-10 e nel DSM-III-R sono rap-presentate dalla durata minima dei sintomi (rispetti-vamente un mese e sei mesi) e dal maggiore peso at-tribuito nellICD-10 ai FRS di Schneider Nel-

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E Paltrinieri e G de Girolamo

riCD-10 inoltre limportanza dei sintomi negativi eenfatizzata ed essi vengono chiaramente identificatiIn questo senso mentre la maggior importanza asse-gnata nelFICD-10 ai FRS tende a restringere i criteriper la diagnosi la minor durata richiesta il valoreattribuito ai sintomi negativi e linclusione della schi-zofrenia simplex portano allinclusione di un mag-gior numero di pazienti in questa categoria diagno-stica

NelPICD-10 il periodo prodromico proprio deldisturbo e descritto in maniera analoga al DSM-III-R ma non e considerato di ausilio diagnostico enon e incluso nel tempo di durata previsto per farediagnosi che e di almeno un mese

Una differenza importante tra i due sistemi clas-sificatori che ha come si e visto importanti impli-cazioni sul piano concettuale e che nellICD-10 adifferenza del DSM-III-R viene sottolineato che ildecorso della schizofrenia e laquovariabile e non e inevi-tabilmente cronico o invalidanteraquo

Se la sintomatologia presente corrisponde al qua-dro descritto per la schizofrenia ma la sua durata einferiore a un mese 1orientamento diagnostico pro-prio dellICD-10 e in favore della sindrome psicoticaacuta schizofrenosimile (che pud eventualmente es-sere codificata come diagnosi provvisoria) Lado-zione della durata minima di un mese nellICD-10pud quindi portare allinclusione in questa categoriadiagnostica di casi diagnosticati invece secondo ilDSM-III-R come disturbo schizofreniforme

Anche nellICD-10 come nella classificazioneamericana in presenza di sintomi affettivi accentuatisi esclude la diagnosi di schizofrenia ad eccezionedei casi in cui questa e cronologicamente insortaprima

Nel complesso quindi i due testi mostrano dellesignificative differenze al punto che Andreasen ampFlaum (1991) hanno sostenuto che mentre secondola definizione dellICD-10 si delinea il quadro di undisturbo caratterizzato da un periodo psicotico mar-cato relativamente breve il DSM-III-R fa trasparirelimmagine di un disturbo meno caratterizzato dalpunto di vista della sintomatologia psicotica mamaggiormente tendente alia cronicita

Sino ad oggi un solo studio ha comparato la affi-dabilita e la facilita duso dellICD-10 e del DSM-III-R in un piccolo gruppo di psichiatri che in cop-pia hanno valutato dal punto di vista diagnostico 60pazienti (Mellsop et al 1991) I due sistemi hannomostrato una elevata concordanza per la categoriagenerale di schizofrenia ma non per i sottotipi co-me il paranoide e lebefrenico

Sindrome schizotipica (F21)

Questa categoria corrisponde al laquodisturbo di per-sonality schizotipico del DSM-III-R e del DSM-IVnel manuale americano e confluita in questa catego-ria diagnostica anche la schizofrenia simplex chepermane invece nellICD-10 come sottotipo dellaschizofrenia

Sindromi psicotiche acute e transitorie (F23)

Nel DSM-III-R e nel DSM-IV questi disturbi so-no compresi nelle categorie della psicosi reattiva bre-ve (chiamato nel DSM-IV disturbo psicotico breve) edel disturbo schizofreniforme con buona prognosi aloro volta inclusi nel capitolo relativo ai disturbi psi-cotici non classificati altrove In particolare nel casodella psicosi reattiva breve del DSM-III-R viene pre-vista la presenza di sintomi della serie schizofrenicaassociati a stati variabili di agitazione emotiva per-plessita e confusione Questo quadro nosologico cor-risponde quindi per alcuni tratti ad entrambe lesindromi psicotiche acute polimorfe con e senza sin-tomi schizofrenici nonostante in queste ultime nonsia necessaria la presenza di fattori stressanti e quin-di possa venir meno il carattere reattivo

NellICD-10 il termine schizofreniforme non estato invece utilizzato perche ritenuto confusivo do-po la sua applicazione negli ultimi decenni a laquovaridifferenti concetti cliniciraquo e dopo limpiego che ne efatto nel DSM-III-R cioe di una categoria interme-dia caratterizzata da una durata della sintomatologiaschizofrenica inferiore a sei mesi infatti lintrodu-zione della durata di un mese dei sintomi psicoticicome criterio diagnostico per la schizofrenia e 1in-serimento nel gruppo delle sindromi psicotiche acutee transitorie dei disturbi aventi un profilo descrittivosovrapponibile al disturbo schizofreniforme ne rendesuperflua una trattazione autonoma nellICD-10

Pertanto sebbene non esista una chiara equiva-lenza tra i due sistemi diagnostici a questo proposi-to le indicazioni fornite nellICD-10 a coloro chedesiderano usare questo termine sono di orientarsiverso altre categorie diagnostiche in particolare laschizofrenia di altro tipo e la sindrome psicotica acu-ta schizofrenosimile

Sindrome schizoaffettiva (F25)

II DSM-III-R ha collocato il disturbo schizoaffet-tivo nel gruppo dei laquoDisturbi Psicotici Non Classifi-

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Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

cati Altroveraquo (29570) e rifacendosi ai criteri diWelner e ai RDC ha delineate) dei criteri diagnosticirestrittivi nei quali viene privilegiata la relazionetemporale rispetto alia comparsa dei sintomi schizo-frenici ed affettivi i sintomi delle due serie devonomanifestarsi contemporaneamente (criterio A) e laquoinun episodio del disturbo i sintomi schizofrenici devo-no permanere per almeno due settimane senza rile-vanti sintomi affettiviraquo (criterio B)

laquoSe la durata totale di tutti gli episodi di altera-zione dellumore e breve rispetto alia durata totaledel disturbo oppure il disturbo dellumore si verificasoltanto durante la fase residuaraquo si pone diagnosi dischizofrenia mentre in assenza delle condizioni cherispettano il criterio B si pone diagnosi di DisturbodellUmore con Aspetti Psicotici

Nel DSM-III-R pertanto viene fornito un giudi-zio clinico trasversale e longitudinale mentre nel-PICD-10 prevale un giudizio diagnostico cross-sezio-nale

Nel DSM-III-R linserimento nei disturbi psicoti-ci NCA del disturbo schizoaffettivo che precedente-mente era stato considerate una variante della schi-zofrenia rispecchia il fatto che questa categoria eutilizzata nella classificazione americana come ca-tegoria di riserva per quelle condizioni che non sod-disfano i criteri per la schizofrenia o per i disturbidellumore

I RISULTATI DEI FIELD TRIALS DELLICD-10

Nei field trials relativi alPICD-10 (per una descri-zione piu generale si rinvia al contributo precedente)i disturbi inclusi in questo capitolo hanno ottenutoun valore di Kappa pari a 082 tale valore rappre-sentava quello piu elevato tra tutti i vari capitoli adeccezione delle sindromi e disturbi comportamentaliassociati ad alterazioni delle funzioni fisiologiche e afattori somatici (Sartorius et al 1993) Tuttavia al-lorquando si trattava di specificare il disturbo inquestione allinterno del capitolo F2 utilizzando ca-tegorie diagnostiche a quattro codici i valori di Kap-pa variavano marcatamente andando da un massi-mo di 073 per la schizofrenia paranoide ad un mini-mo di 030 per la categoria della sindrome psicoticaacuta e transitoria altra (F238) Nel caso di questul-tima categoria il basso valore di accordo diagnosti-co riscontrato puo essere spiegato con la sua aspeci-ficita dal momento che in essa dovrebbero essere in-

clusi solo i casi che non soddisfano i criteri diagno-stici per una diagnosi piu precisa Inoltre altri duedisturbi rappresentati dalla sindrome schizotipica(F21) e dalla sindrome psicotica acuta schizofrenosi-mile manifestavano un valore di Kappa quasi altret-tanto basso in questo caso tale risultato ha fornitolo spunto per una revisione del testo delFICD-10volta a meglio precisare i criteri diagnostici necessariper questi due disturbi

LA RILEVANZA DEI PROBLEMI DIAGNOSTICIPER LA RICERCA EPIDEMIOLOGICAE PER LA CLINICA

Nellambito della ricerca epidemiologica e dellapratica clinica altrettanto la rilevanza centrale deiproblemi diagnostici discussi sopra dipende dal fattoche cambiamenti intervenuti nella classificazione enei criteri diagnostici per la schizofrenia possonomodificare significativamente i tassi di prevalenza edincidenza del disturbo rilevati nei vari studi ed avereimplicazioni prognostiche e terapeutiche diverse So-no gia stati descritti in dettaglio nel precedente con-tributo i risultati ottenuti nel progetto diagnosticoanglo-statunitense nellIPSS e nello studio di Loran-ger che sono paradigmatici a questo proposito Acio va aggiunto che piu di dieci studi comparativieffettuati per mettere a confronto una dozzina di di-verse definizioni operazionali della diagnosi di schi-zofrenia hanno dimostrato consistentemente come itassi di prevalenza e di incidenza riguardanti questodisturbo varino significativamente a seconda dei cri-teri diagnostici adottati (Sass 1987) In generale leprincipali differenze tra i vari sistemi diagnosticiconcernono la scelta dei sintomi selezionati per farediagnosi la struttura degli algoritmi diagnostici lascelta di una durata minima della sintomatologia e ladiversa valutazione dei sintomi affettivi presenti Inuno dei piu importanti studi comparativi Endicottet al (1982) misero a confronto sei gruppi di criteridiagnostici (New Haven Carpenter Feighner Tay-lor and Abrams DSM-III and RDC) in un campionedi 108 pazienti I sei sistemi risultarono paragonabiliin termini di affidabilita ma la frequenza dei casidiagnosticati come schizofrenici oscillo dal 4 al26 a seconda del sistema impiegato i RDC il si-stema di Carpenter ed il DSM-III risultarono i siste-mi diagnostici piu omogenei Le principali variabilialia base di queste differenze nel numero di casi dia-

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E Paltrinieri e G de Girolamo

gnosticati sembrarono essere rappresentate da (a) icriteri desclusione dei pazienti con disturbi affettivi(b) i criteri di durata minima adottati e (c) il gradodi specificazione di ogni item In un altro studioBrockington et al (1978) rilevarono che comparan-do 10 differenti set di criteri diagnostici la percen-tuale di casi di schizofrenia in un gruppo di 119 pa-zienti al loro primo ricovero variava dal 3 al 38a seconda del criterio impiegato RDC CATEGOCarpenter and Langfeldt manifestavano una buonaconcordanza mentre altri apparivano troppo restrit-tivi (Feighner criteria) ed altri ancora (Schneider)erano deboli predittori di esito sia clinico che so-ciale

In aun altro studio McGlashan (1984) rianaliz-zando circa 400 casi di pazienti trattati a ChestnutLodge ed impiegando 4 criteri diagnostici (New Ha-ven RDC Feighner e DSM-III) trovo nel complessouna buona concordanza tra questi tre ultimi

Helzer (1981) quindi utilizzando i dati relativi aSt Louis nellambito dellEpidemiological Cat-chment Area Program (ECA) ha messo in evidenzauna differenza di cinque volte nelle stime di preva-lenza per la schizofrenia ottenute impiegando i crite-ri Feighner i RDC o il DSM-III e interessante nota-re che una differenza della stessa ampiezza (con tassidi prevalenza fino a cinque volte maggiori) fu rileva-ta anche da Dunham (1965) in una review sullepide-miologia della schizofrenia questo dato dimostrapertanto che differenze di questa ampiezza nei tassidi prevalenza della schizofrenia potrebbero essere in-teramente definizionali

Per finire Kuriansky et al (1974) hanno dimo-strato che mentre piu dell80 dei pazienti psichia-trici ricoverati in un ospedale psichiatrico di NewYork durante i primi anni 50 erano diagnosticati co-me schizofrenici nella decade precedente la percen-tuale era inferiore al 40 e questo mutamento erain buona parte da ascrivere ai mutamenti intervenutinella prassi diagnostica relativamente al disturbo inquestione

NOTE CONCLUSIVE

Nella definizione dei criteri diagnostici per laschizofrenia PICD-10 ha ripreso i principali criterischneideriani relativamente ai sintomi patognomoni-ci per questo disturbo mentre ha ridimensionato ri-spetto al DSM-III-R limportanza del criterio longi-

tudinale kraepeliniano relativo al decorso adottandouna durata minima di un mese per la diagnosi e pro-spettando la possibility di una prognosi non necessa-riamente sfavorevole Nel complesso quindi nel-lICD-10 si tende ad un ampliamento del concetto dischizofrenia rispetto ad altri sistemi diagnostici piurestrittivi mentre lenfasi posta sui sintomi schneide-riani controbilancia questa tendenza e restringe i cri-teri di inclusione

Nello stesso capitolo e stata inoltre introdotta lasindrome schizotipica ed e stato notevolmente este-so il gruppo delle sindromi psicotiche acute e transi-torie Le ricerche future dovranno dimostrare la affi-dabilita e validita diagnostica di queste scelte

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Gaspare Vella - Danilo Solfaroli Camillocci

NE CON TE NE SENZA Dl TELa coppia in stallo220 pagine Lire 30000

Introduzione

Caratteristiche generali della coppia in stallo

Le mosse e le contromosseLo stallo per opposizioneLo stallo per raggiro

La comunicazione nella coppia in stallo

La genesi della relazione di stalloLmterferenza della famiglia dorigineLinibeaone della forzaLe mestto coe portano alia situazione di stalloLincancludenraquo e la fiducia

Dalla dlftfe alia trlade to pwia

Le linee terapenticheLa prima fase la terapia con la famigfia

Bfccteire le triangolazioniIltgiedire intrusioni dci figliBlrfifiguere il coniugale dal gcnitonaleSWelare i livelli implicati nel discorsoRilevare apertamente lc tnadi e le coahzioniPortarc allo scoperto e far risperimentari il piact-rc dello scontro direttoSottolineare il senso positive) delle pro ocaioni

La seconda fase della terapia lesposizione della storia e il passaggio alia terapiadi coppia

La terza fase la terapia della coppiaRilevare e dare un significato alle triangolazioni chfi Uodoao a enficarhi anche in

assenzu dei figliDalle reerinintzioni alle richiesteFar nemeraere la pa^sioneSpingBMad affrontiire eon chiarezza i temi delluggettivita coniugale

Probleni ancora apertiParaiipomeni

fl Pensiem Sdentifioo ]EditoreVia RradaOO 3c - 00199 BottATel (06) tBM7158596am bull

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Page 9: Classificazione, diagnosi ed ICD-10. II - Le sindromi ...Classificazione, diagnosi ed ICD-10. II - Le sindromi schizofreniche ELISABETTA PALTRINIERI1 e GIOVANNI de GIROLAMO2 1 Servizio

Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

Tabella I - Classificazione dei disturbi schizofrenici nellICD-10 net DSM-III-R e net DSM-IV

ICD-10 DSM-III-R DSM-IV

Schizofrenia

Paranoide

Ebefrenica

Catatonica

Indifferenziata

Residua

Depressione post-schizofrenica

Simplex

Altra

Non specificata

Sindromeschizotipica

Sindromedelirante persistente

Sindromi psicotiche acute e transitorte

Sindrome psicotica acuta polimorfa senzasintomi schizofrenici

Sindrome psicotica acuta polimorfa con sin-tomi schizofrenici

Sindrome psicotica acuta schizofrenosimile

Altra sindrome psicotica acuta prevalente-mente delirante

Sindrome delirante indotta

Sindromi schizoaffettive

Altre sindromi psicotiche non organiche

Psicosi non organica non specificata

Schizofrenia

Paranoide

Disorganizzata

Catatonica

Indifferenziata

Residua

Disturbo delirante (paranoide)

Psicosi reattiva breve

Disturbo schizofreniforme

Disturbo psicotico indotto

Disturbi schizoaffettivi

Schizofrenia

Paranoide

Disorganizzata

Catatonica

Indifferenziata

Residua

Disturbo delirante

Disturbo psicotico non altrimenti specificato

Disturbo psicotico breve

Disturbo schizofreniforme

Disturbo psicotico condiviso

Disturbi schizoaffettivi

Disturbo psicotico dovuto ad unacondizione medica generatemdash con delirimdash con allucinazioni

Disturbo psicotico non altrimentispecificato

la suddivisione dellICD-10 in sottotipi relativamen-te alia schizofrenia di tipo paranoide catatonico in-differenziato ebefrenico e residuo e simile a quellariportata nel DSM-III-R e nel DSM-IV A questoproposito va ricordato che McGlashan amp Fenton(1991) in una review relativa alia classificazione del-la schizofrenia in sottotipi hanno concluso che i datidisponibili consentono di sostenere la validita deisottotipi esistenti in particolare della forma paranoi-de la validita delle forme ebefrenica ed indifferen-ziata e altrettanto dimostrata seppur in maniera me-no definitiva E interessante rilevare come i due au-

tori sostengano che i dati disponibili supportano lavalidita della forma simplex inclusa nellICD-10 manon nel DSM-III-R o nel DSM-IV

Schizofrenia (F20)

Le principali differenze tra la classificazione dellaschizofrenia nellICD-10 e nel DSM-III-R sono rap-presentate dalla durata minima dei sintomi (rispetti-vamente un mese e sei mesi) e dal maggiore peso at-tribuito nellICD-10 ai FRS di Schneider Nel-

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E Paltrinieri e G de Girolamo

riCD-10 inoltre limportanza dei sintomi negativi eenfatizzata ed essi vengono chiaramente identificatiIn questo senso mentre la maggior importanza asse-gnata nelFICD-10 ai FRS tende a restringere i criteriper la diagnosi la minor durata richiesta il valoreattribuito ai sintomi negativi e linclusione della schi-zofrenia simplex portano allinclusione di un mag-gior numero di pazienti in questa categoria diagno-stica

NelPICD-10 il periodo prodromico proprio deldisturbo e descritto in maniera analoga al DSM-III-R ma non e considerato di ausilio diagnostico enon e incluso nel tempo di durata previsto per farediagnosi che e di almeno un mese

Una differenza importante tra i due sistemi clas-sificatori che ha come si e visto importanti impli-cazioni sul piano concettuale e che nellICD-10 adifferenza del DSM-III-R viene sottolineato che ildecorso della schizofrenia e laquovariabile e non e inevi-tabilmente cronico o invalidanteraquo

Se la sintomatologia presente corrisponde al qua-dro descritto per la schizofrenia ma la sua durata einferiore a un mese 1orientamento diagnostico pro-prio dellICD-10 e in favore della sindrome psicoticaacuta schizofrenosimile (che pud eventualmente es-sere codificata come diagnosi provvisoria) Lado-zione della durata minima di un mese nellICD-10pud quindi portare allinclusione in questa categoriadiagnostica di casi diagnosticati invece secondo ilDSM-III-R come disturbo schizofreniforme

Anche nellICD-10 come nella classificazioneamericana in presenza di sintomi affettivi accentuatisi esclude la diagnosi di schizofrenia ad eccezionedei casi in cui questa e cronologicamente insortaprima

Nel complesso quindi i due testi mostrano dellesignificative differenze al punto che Andreasen ampFlaum (1991) hanno sostenuto che mentre secondola definizione dellICD-10 si delinea il quadro di undisturbo caratterizzato da un periodo psicotico mar-cato relativamente breve il DSM-III-R fa trasparirelimmagine di un disturbo meno caratterizzato dalpunto di vista della sintomatologia psicotica mamaggiormente tendente alia cronicita

Sino ad oggi un solo studio ha comparato la affi-dabilita e la facilita duso dellICD-10 e del DSM-III-R in un piccolo gruppo di psichiatri che in cop-pia hanno valutato dal punto di vista diagnostico 60pazienti (Mellsop et al 1991) I due sistemi hannomostrato una elevata concordanza per la categoriagenerale di schizofrenia ma non per i sottotipi co-me il paranoide e lebefrenico

Sindrome schizotipica (F21)

Questa categoria corrisponde al laquodisturbo di per-sonality schizotipico del DSM-III-R e del DSM-IVnel manuale americano e confluita in questa catego-ria diagnostica anche la schizofrenia simplex chepermane invece nellICD-10 come sottotipo dellaschizofrenia

Sindromi psicotiche acute e transitorie (F23)

Nel DSM-III-R e nel DSM-IV questi disturbi so-no compresi nelle categorie della psicosi reattiva bre-ve (chiamato nel DSM-IV disturbo psicotico breve) edel disturbo schizofreniforme con buona prognosi aloro volta inclusi nel capitolo relativo ai disturbi psi-cotici non classificati altrove In particolare nel casodella psicosi reattiva breve del DSM-III-R viene pre-vista la presenza di sintomi della serie schizofrenicaassociati a stati variabili di agitazione emotiva per-plessita e confusione Questo quadro nosologico cor-risponde quindi per alcuni tratti ad entrambe lesindromi psicotiche acute polimorfe con e senza sin-tomi schizofrenici nonostante in queste ultime nonsia necessaria la presenza di fattori stressanti e quin-di possa venir meno il carattere reattivo

NellICD-10 il termine schizofreniforme non estato invece utilizzato perche ritenuto confusivo do-po la sua applicazione negli ultimi decenni a laquovaridifferenti concetti cliniciraquo e dopo limpiego che ne efatto nel DSM-III-R cioe di una categoria interme-dia caratterizzata da una durata della sintomatologiaschizofrenica inferiore a sei mesi infatti lintrodu-zione della durata di un mese dei sintomi psicoticicome criterio diagnostico per la schizofrenia e 1in-serimento nel gruppo delle sindromi psicotiche acutee transitorie dei disturbi aventi un profilo descrittivosovrapponibile al disturbo schizofreniforme ne rendesuperflua una trattazione autonoma nellICD-10

Pertanto sebbene non esista una chiara equiva-lenza tra i due sistemi diagnostici a questo proposi-to le indicazioni fornite nellICD-10 a coloro chedesiderano usare questo termine sono di orientarsiverso altre categorie diagnostiche in particolare laschizofrenia di altro tipo e la sindrome psicotica acu-ta schizofrenosimile

Sindrome schizoaffettiva (F25)

II DSM-III-R ha collocato il disturbo schizoaffet-tivo nel gruppo dei laquoDisturbi Psicotici Non Classifi-

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Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

cati Altroveraquo (29570) e rifacendosi ai criteri diWelner e ai RDC ha delineate) dei criteri diagnosticirestrittivi nei quali viene privilegiata la relazionetemporale rispetto alia comparsa dei sintomi schizo-frenici ed affettivi i sintomi delle due serie devonomanifestarsi contemporaneamente (criterio A) e laquoinun episodio del disturbo i sintomi schizofrenici devo-no permanere per almeno due settimane senza rile-vanti sintomi affettiviraquo (criterio B)

laquoSe la durata totale di tutti gli episodi di altera-zione dellumore e breve rispetto alia durata totaledel disturbo oppure il disturbo dellumore si verificasoltanto durante la fase residuaraquo si pone diagnosi dischizofrenia mentre in assenza delle condizioni cherispettano il criterio B si pone diagnosi di DisturbodellUmore con Aspetti Psicotici

Nel DSM-III-R pertanto viene fornito un giudi-zio clinico trasversale e longitudinale mentre nel-PICD-10 prevale un giudizio diagnostico cross-sezio-nale

Nel DSM-III-R linserimento nei disturbi psicoti-ci NCA del disturbo schizoaffettivo che precedente-mente era stato considerate una variante della schi-zofrenia rispecchia il fatto che questa categoria eutilizzata nella classificazione americana come ca-tegoria di riserva per quelle condizioni che non sod-disfano i criteri per la schizofrenia o per i disturbidellumore

I RISULTATI DEI FIELD TRIALS DELLICD-10

Nei field trials relativi alPICD-10 (per una descri-zione piu generale si rinvia al contributo precedente)i disturbi inclusi in questo capitolo hanno ottenutoun valore di Kappa pari a 082 tale valore rappre-sentava quello piu elevato tra tutti i vari capitoli adeccezione delle sindromi e disturbi comportamentaliassociati ad alterazioni delle funzioni fisiologiche e afattori somatici (Sartorius et al 1993) Tuttavia al-lorquando si trattava di specificare il disturbo inquestione allinterno del capitolo F2 utilizzando ca-tegorie diagnostiche a quattro codici i valori di Kap-pa variavano marcatamente andando da un massi-mo di 073 per la schizofrenia paranoide ad un mini-mo di 030 per la categoria della sindrome psicoticaacuta e transitoria altra (F238) Nel caso di questul-tima categoria il basso valore di accordo diagnosti-co riscontrato puo essere spiegato con la sua aspeci-ficita dal momento che in essa dovrebbero essere in-

clusi solo i casi che non soddisfano i criteri diagno-stici per una diagnosi piu precisa Inoltre altri duedisturbi rappresentati dalla sindrome schizotipica(F21) e dalla sindrome psicotica acuta schizofrenosi-mile manifestavano un valore di Kappa quasi altret-tanto basso in questo caso tale risultato ha fornitolo spunto per una revisione del testo delFICD-10volta a meglio precisare i criteri diagnostici necessariper questi due disturbi

LA RILEVANZA DEI PROBLEMI DIAGNOSTICIPER LA RICERCA EPIDEMIOLOGICAE PER LA CLINICA

Nellambito della ricerca epidemiologica e dellapratica clinica altrettanto la rilevanza centrale deiproblemi diagnostici discussi sopra dipende dal fattoche cambiamenti intervenuti nella classificazione enei criteri diagnostici per la schizofrenia possonomodificare significativamente i tassi di prevalenza edincidenza del disturbo rilevati nei vari studi ed avereimplicazioni prognostiche e terapeutiche diverse So-no gia stati descritti in dettaglio nel precedente con-tributo i risultati ottenuti nel progetto diagnosticoanglo-statunitense nellIPSS e nello studio di Loran-ger che sono paradigmatici a questo proposito Acio va aggiunto che piu di dieci studi comparativieffettuati per mettere a confronto una dozzina di di-verse definizioni operazionali della diagnosi di schi-zofrenia hanno dimostrato consistentemente come itassi di prevalenza e di incidenza riguardanti questodisturbo varino significativamente a seconda dei cri-teri diagnostici adottati (Sass 1987) In generale leprincipali differenze tra i vari sistemi diagnosticiconcernono la scelta dei sintomi selezionati per farediagnosi la struttura degli algoritmi diagnostici lascelta di una durata minima della sintomatologia e ladiversa valutazione dei sintomi affettivi presenti Inuno dei piu importanti studi comparativi Endicottet al (1982) misero a confronto sei gruppi di criteridiagnostici (New Haven Carpenter Feighner Tay-lor and Abrams DSM-III and RDC) in un campionedi 108 pazienti I sei sistemi risultarono paragonabiliin termini di affidabilita ma la frequenza dei casidiagnosticati come schizofrenici oscillo dal 4 al26 a seconda del sistema impiegato i RDC il si-stema di Carpenter ed il DSM-III risultarono i siste-mi diagnostici piu omogenei Le principali variabilialia base di queste differenze nel numero di casi dia-

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gnosticati sembrarono essere rappresentate da (a) icriteri desclusione dei pazienti con disturbi affettivi(b) i criteri di durata minima adottati e (c) il gradodi specificazione di ogni item In un altro studioBrockington et al (1978) rilevarono che comparan-do 10 differenti set di criteri diagnostici la percen-tuale di casi di schizofrenia in un gruppo di 119 pa-zienti al loro primo ricovero variava dal 3 al 38a seconda del criterio impiegato RDC CATEGOCarpenter and Langfeldt manifestavano una buonaconcordanza mentre altri apparivano troppo restrit-tivi (Feighner criteria) ed altri ancora (Schneider)erano deboli predittori di esito sia clinico che so-ciale

In aun altro studio McGlashan (1984) rianaliz-zando circa 400 casi di pazienti trattati a ChestnutLodge ed impiegando 4 criteri diagnostici (New Ha-ven RDC Feighner e DSM-III) trovo nel complessouna buona concordanza tra questi tre ultimi

Helzer (1981) quindi utilizzando i dati relativi aSt Louis nellambito dellEpidemiological Cat-chment Area Program (ECA) ha messo in evidenzauna differenza di cinque volte nelle stime di preva-lenza per la schizofrenia ottenute impiegando i crite-ri Feighner i RDC o il DSM-III e interessante nota-re che una differenza della stessa ampiezza (con tassidi prevalenza fino a cinque volte maggiori) fu rileva-ta anche da Dunham (1965) in una review sullepide-miologia della schizofrenia questo dato dimostrapertanto che differenze di questa ampiezza nei tassidi prevalenza della schizofrenia potrebbero essere in-teramente definizionali

Per finire Kuriansky et al (1974) hanno dimo-strato che mentre piu dell80 dei pazienti psichia-trici ricoverati in un ospedale psichiatrico di NewYork durante i primi anni 50 erano diagnosticati co-me schizofrenici nella decade precedente la percen-tuale era inferiore al 40 e questo mutamento erain buona parte da ascrivere ai mutamenti intervenutinella prassi diagnostica relativamente al disturbo inquestione

NOTE CONCLUSIVE

Nella definizione dei criteri diagnostici per laschizofrenia PICD-10 ha ripreso i principali criterischneideriani relativamente ai sintomi patognomoni-ci per questo disturbo mentre ha ridimensionato ri-spetto al DSM-III-R limportanza del criterio longi-

tudinale kraepeliniano relativo al decorso adottandouna durata minima di un mese per la diagnosi e pro-spettando la possibility di una prognosi non necessa-riamente sfavorevole Nel complesso quindi nel-lICD-10 si tende ad un ampliamento del concetto dischizofrenia rispetto ad altri sistemi diagnostici piurestrittivi mentre lenfasi posta sui sintomi schneide-riani controbilancia questa tendenza e restringe i cri-teri di inclusione

Nello stesso capitolo e stata inoltre introdotta lasindrome schizotipica ed e stato notevolmente este-so il gruppo delle sindromi psicotiche acute e transi-torie Le ricerche future dovranno dimostrare la affi-dabilita e validita diagnostica di queste scelte

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Gaspare Vella - Danilo Solfaroli Camillocci

NE CON TE NE SENZA Dl TELa coppia in stallo220 pagine Lire 30000

Introduzione

Caratteristiche generali della coppia in stallo

Le mosse e le contromosseLo stallo per opposizioneLo stallo per raggiro

La comunicazione nella coppia in stallo

La genesi della relazione di stalloLmterferenza della famiglia dorigineLinibeaone della forzaLe mestto coe portano alia situazione di stalloLincancludenraquo e la fiducia

Dalla dlftfe alia trlade to pwia

Le linee terapenticheLa prima fase la terapia con la famigfia

Bfccteire le triangolazioniIltgiedire intrusioni dci figliBlrfifiguere il coniugale dal gcnitonaleSWelare i livelli implicati nel discorsoRilevare apertamente lc tnadi e le coahzioniPortarc allo scoperto e far risperimentari il piact-rc dello scontro direttoSottolineare il senso positive) delle pro ocaioni

La seconda fase della terapia lesposizione della storia e il passaggio alia terapiadi coppia

La terza fase la terapia della coppiaRilevare e dare un significato alle triangolazioni chfi Uodoao a enficarhi anche in

assenzu dei figliDalle reerinintzioni alle richiesteFar nemeraere la pa^sioneSpingBMad affrontiire eon chiarezza i temi delluggettivita coniugale

Probleni ancora apertiParaiipomeni

fl Pensiem Sdentifioo ]EditoreVia RradaOO 3c - 00199 BottATel (06) tBM7158596am bull

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Page 10: Classificazione, diagnosi ed ICD-10. II - Le sindromi ...Classificazione, diagnosi ed ICD-10. II - Le sindromi schizofreniche ELISABETTA PALTRINIERI1 e GIOVANNI de GIROLAMO2 1 Servizio

E Paltrinieri e G de Girolamo

riCD-10 inoltre limportanza dei sintomi negativi eenfatizzata ed essi vengono chiaramente identificatiIn questo senso mentre la maggior importanza asse-gnata nelFICD-10 ai FRS tende a restringere i criteriper la diagnosi la minor durata richiesta il valoreattribuito ai sintomi negativi e linclusione della schi-zofrenia simplex portano allinclusione di un mag-gior numero di pazienti in questa categoria diagno-stica

NelPICD-10 il periodo prodromico proprio deldisturbo e descritto in maniera analoga al DSM-III-R ma non e considerato di ausilio diagnostico enon e incluso nel tempo di durata previsto per farediagnosi che e di almeno un mese

Una differenza importante tra i due sistemi clas-sificatori che ha come si e visto importanti impli-cazioni sul piano concettuale e che nellICD-10 adifferenza del DSM-III-R viene sottolineato che ildecorso della schizofrenia e laquovariabile e non e inevi-tabilmente cronico o invalidanteraquo

Se la sintomatologia presente corrisponde al qua-dro descritto per la schizofrenia ma la sua durata einferiore a un mese 1orientamento diagnostico pro-prio dellICD-10 e in favore della sindrome psicoticaacuta schizofrenosimile (che pud eventualmente es-sere codificata come diagnosi provvisoria) Lado-zione della durata minima di un mese nellICD-10pud quindi portare allinclusione in questa categoriadiagnostica di casi diagnosticati invece secondo ilDSM-III-R come disturbo schizofreniforme

Anche nellICD-10 come nella classificazioneamericana in presenza di sintomi affettivi accentuatisi esclude la diagnosi di schizofrenia ad eccezionedei casi in cui questa e cronologicamente insortaprima

Nel complesso quindi i due testi mostrano dellesignificative differenze al punto che Andreasen ampFlaum (1991) hanno sostenuto che mentre secondola definizione dellICD-10 si delinea il quadro di undisturbo caratterizzato da un periodo psicotico mar-cato relativamente breve il DSM-III-R fa trasparirelimmagine di un disturbo meno caratterizzato dalpunto di vista della sintomatologia psicotica mamaggiormente tendente alia cronicita

Sino ad oggi un solo studio ha comparato la affi-dabilita e la facilita duso dellICD-10 e del DSM-III-R in un piccolo gruppo di psichiatri che in cop-pia hanno valutato dal punto di vista diagnostico 60pazienti (Mellsop et al 1991) I due sistemi hannomostrato una elevata concordanza per la categoriagenerale di schizofrenia ma non per i sottotipi co-me il paranoide e lebefrenico

Sindrome schizotipica (F21)

Questa categoria corrisponde al laquodisturbo di per-sonality schizotipico del DSM-III-R e del DSM-IVnel manuale americano e confluita in questa catego-ria diagnostica anche la schizofrenia simplex chepermane invece nellICD-10 come sottotipo dellaschizofrenia

Sindromi psicotiche acute e transitorie (F23)

Nel DSM-III-R e nel DSM-IV questi disturbi so-no compresi nelle categorie della psicosi reattiva bre-ve (chiamato nel DSM-IV disturbo psicotico breve) edel disturbo schizofreniforme con buona prognosi aloro volta inclusi nel capitolo relativo ai disturbi psi-cotici non classificati altrove In particolare nel casodella psicosi reattiva breve del DSM-III-R viene pre-vista la presenza di sintomi della serie schizofrenicaassociati a stati variabili di agitazione emotiva per-plessita e confusione Questo quadro nosologico cor-risponde quindi per alcuni tratti ad entrambe lesindromi psicotiche acute polimorfe con e senza sin-tomi schizofrenici nonostante in queste ultime nonsia necessaria la presenza di fattori stressanti e quin-di possa venir meno il carattere reattivo

NellICD-10 il termine schizofreniforme non estato invece utilizzato perche ritenuto confusivo do-po la sua applicazione negli ultimi decenni a laquovaridifferenti concetti cliniciraquo e dopo limpiego che ne efatto nel DSM-III-R cioe di una categoria interme-dia caratterizzata da una durata della sintomatologiaschizofrenica inferiore a sei mesi infatti lintrodu-zione della durata di un mese dei sintomi psicoticicome criterio diagnostico per la schizofrenia e 1in-serimento nel gruppo delle sindromi psicotiche acutee transitorie dei disturbi aventi un profilo descrittivosovrapponibile al disturbo schizofreniforme ne rendesuperflua una trattazione autonoma nellICD-10

Pertanto sebbene non esista una chiara equiva-lenza tra i due sistemi diagnostici a questo proposi-to le indicazioni fornite nellICD-10 a coloro chedesiderano usare questo termine sono di orientarsiverso altre categorie diagnostiche in particolare laschizofrenia di altro tipo e la sindrome psicotica acu-ta schizofrenosimile

Sindrome schizoaffettiva (F25)

II DSM-III-R ha collocato il disturbo schizoaffet-tivo nel gruppo dei laquoDisturbi Psicotici Non Classifi-

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Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

cati Altroveraquo (29570) e rifacendosi ai criteri diWelner e ai RDC ha delineate) dei criteri diagnosticirestrittivi nei quali viene privilegiata la relazionetemporale rispetto alia comparsa dei sintomi schizo-frenici ed affettivi i sintomi delle due serie devonomanifestarsi contemporaneamente (criterio A) e laquoinun episodio del disturbo i sintomi schizofrenici devo-no permanere per almeno due settimane senza rile-vanti sintomi affettiviraquo (criterio B)

laquoSe la durata totale di tutti gli episodi di altera-zione dellumore e breve rispetto alia durata totaledel disturbo oppure il disturbo dellumore si verificasoltanto durante la fase residuaraquo si pone diagnosi dischizofrenia mentre in assenza delle condizioni cherispettano il criterio B si pone diagnosi di DisturbodellUmore con Aspetti Psicotici

Nel DSM-III-R pertanto viene fornito un giudi-zio clinico trasversale e longitudinale mentre nel-PICD-10 prevale un giudizio diagnostico cross-sezio-nale

Nel DSM-III-R linserimento nei disturbi psicoti-ci NCA del disturbo schizoaffettivo che precedente-mente era stato considerate una variante della schi-zofrenia rispecchia il fatto che questa categoria eutilizzata nella classificazione americana come ca-tegoria di riserva per quelle condizioni che non sod-disfano i criteri per la schizofrenia o per i disturbidellumore

I RISULTATI DEI FIELD TRIALS DELLICD-10

Nei field trials relativi alPICD-10 (per una descri-zione piu generale si rinvia al contributo precedente)i disturbi inclusi in questo capitolo hanno ottenutoun valore di Kappa pari a 082 tale valore rappre-sentava quello piu elevato tra tutti i vari capitoli adeccezione delle sindromi e disturbi comportamentaliassociati ad alterazioni delle funzioni fisiologiche e afattori somatici (Sartorius et al 1993) Tuttavia al-lorquando si trattava di specificare il disturbo inquestione allinterno del capitolo F2 utilizzando ca-tegorie diagnostiche a quattro codici i valori di Kap-pa variavano marcatamente andando da un massi-mo di 073 per la schizofrenia paranoide ad un mini-mo di 030 per la categoria della sindrome psicoticaacuta e transitoria altra (F238) Nel caso di questul-tima categoria il basso valore di accordo diagnosti-co riscontrato puo essere spiegato con la sua aspeci-ficita dal momento che in essa dovrebbero essere in-

clusi solo i casi che non soddisfano i criteri diagno-stici per una diagnosi piu precisa Inoltre altri duedisturbi rappresentati dalla sindrome schizotipica(F21) e dalla sindrome psicotica acuta schizofrenosi-mile manifestavano un valore di Kappa quasi altret-tanto basso in questo caso tale risultato ha fornitolo spunto per una revisione del testo delFICD-10volta a meglio precisare i criteri diagnostici necessariper questi due disturbi

LA RILEVANZA DEI PROBLEMI DIAGNOSTICIPER LA RICERCA EPIDEMIOLOGICAE PER LA CLINICA

Nellambito della ricerca epidemiologica e dellapratica clinica altrettanto la rilevanza centrale deiproblemi diagnostici discussi sopra dipende dal fattoche cambiamenti intervenuti nella classificazione enei criteri diagnostici per la schizofrenia possonomodificare significativamente i tassi di prevalenza edincidenza del disturbo rilevati nei vari studi ed avereimplicazioni prognostiche e terapeutiche diverse So-no gia stati descritti in dettaglio nel precedente con-tributo i risultati ottenuti nel progetto diagnosticoanglo-statunitense nellIPSS e nello studio di Loran-ger che sono paradigmatici a questo proposito Acio va aggiunto che piu di dieci studi comparativieffettuati per mettere a confronto una dozzina di di-verse definizioni operazionali della diagnosi di schi-zofrenia hanno dimostrato consistentemente come itassi di prevalenza e di incidenza riguardanti questodisturbo varino significativamente a seconda dei cri-teri diagnostici adottati (Sass 1987) In generale leprincipali differenze tra i vari sistemi diagnosticiconcernono la scelta dei sintomi selezionati per farediagnosi la struttura degli algoritmi diagnostici lascelta di una durata minima della sintomatologia e ladiversa valutazione dei sintomi affettivi presenti Inuno dei piu importanti studi comparativi Endicottet al (1982) misero a confronto sei gruppi di criteridiagnostici (New Haven Carpenter Feighner Tay-lor and Abrams DSM-III and RDC) in un campionedi 108 pazienti I sei sistemi risultarono paragonabiliin termini di affidabilita ma la frequenza dei casidiagnosticati come schizofrenici oscillo dal 4 al26 a seconda del sistema impiegato i RDC il si-stema di Carpenter ed il DSM-III risultarono i siste-mi diagnostici piu omogenei Le principali variabilialia base di queste differenze nel numero di casi dia-

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E Paltrinieri e G de Girolamo

gnosticati sembrarono essere rappresentate da (a) icriteri desclusione dei pazienti con disturbi affettivi(b) i criteri di durata minima adottati e (c) il gradodi specificazione di ogni item In un altro studioBrockington et al (1978) rilevarono che comparan-do 10 differenti set di criteri diagnostici la percen-tuale di casi di schizofrenia in un gruppo di 119 pa-zienti al loro primo ricovero variava dal 3 al 38a seconda del criterio impiegato RDC CATEGOCarpenter and Langfeldt manifestavano una buonaconcordanza mentre altri apparivano troppo restrit-tivi (Feighner criteria) ed altri ancora (Schneider)erano deboli predittori di esito sia clinico che so-ciale

In aun altro studio McGlashan (1984) rianaliz-zando circa 400 casi di pazienti trattati a ChestnutLodge ed impiegando 4 criteri diagnostici (New Ha-ven RDC Feighner e DSM-III) trovo nel complessouna buona concordanza tra questi tre ultimi

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Epidemiologia e Psichiatria Sociale 2 2 1993

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httpswwwcambridgeorgcoreterms httpsdoiorg101017S1121189X00006862Downloaded from httpswwwcambridgeorgcore University of Basel Library on 11 Jul 2017 at 155544 subject to the Cambridge Core terms of use available at

Gaspare Vella - Danilo Solfaroli Camillocci

NE CON TE NE SENZA Dl TELa coppia in stallo220 pagine Lire 30000

Introduzione

Caratteristiche generali della coppia in stallo

Le mosse e le contromosseLo stallo per opposizioneLo stallo per raggiro

La comunicazione nella coppia in stallo

La genesi della relazione di stalloLmterferenza della famiglia dorigineLinibeaone della forzaLe mestto coe portano alia situazione di stalloLincancludenraquo e la fiducia

Dalla dlftfe alia trlade to pwia

Le linee terapenticheLa prima fase la terapia con la famigfia

Bfccteire le triangolazioniIltgiedire intrusioni dci figliBlrfifiguere il coniugale dal gcnitonaleSWelare i livelli implicati nel discorsoRilevare apertamente lc tnadi e le coahzioniPortarc allo scoperto e far risperimentari il piact-rc dello scontro direttoSottolineare il senso positive) delle pro ocaioni

La seconda fase della terapia lesposizione della storia e il passaggio alia terapiadi coppia

La terza fase la terapia della coppiaRilevare e dare un significato alle triangolazioni chfi Uodoao a enficarhi anche in

assenzu dei figliDalle reerinintzioni alle richiesteFar nemeraere la pa^sioneSpingBMad affrontiire eon chiarezza i temi delluggettivita coniugale

Probleni ancora apertiParaiipomeni

fl Pensiem Sdentifioo ]EditoreVia RradaOO 3c - 00199 BottATel (06) tBM7158596am bull

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Page 11: Classificazione, diagnosi ed ICD-10. II - Le sindromi ...Classificazione, diagnosi ed ICD-10. II - Le sindromi schizofreniche ELISABETTA PALTRINIERI1 e GIOVANNI de GIROLAMO2 1 Servizio

Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofreniche

cati Altroveraquo (29570) e rifacendosi ai criteri diWelner e ai RDC ha delineate) dei criteri diagnosticirestrittivi nei quali viene privilegiata la relazionetemporale rispetto alia comparsa dei sintomi schizo-frenici ed affettivi i sintomi delle due serie devonomanifestarsi contemporaneamente (criterio A) e laquoinun episodio del disturbo i sintomi schizofrenici devo-no permanere per almeno due settimane senza rile-vanti sintomi affettiviraquo (criterio B)

laquoSe la durata totale di tutti gli episodi di altera-zione dellumore e breve rispetto alia durata totaledel disturbo oppure il disturbo dellumore si verificasoltanto durante la fase residuaraquo si pone diagnosi dischizofrenia mentre in assenza delle condizioni cherispettano il criterio B si pone diagnosi di DisturbodellUmore con Aspetti Psicotici

Nel DSM-III-R pertanto viene fornito un giudi-zio clinico trasversale e longitudinale mentre nel-PICD-10 prevale un giudizio diagnostico cross-sezio-nale

Nel DSM-III-R linserimento nei disturbi psicoti-ci NCA del disturbo schizoaffettivo che precedente-mente era stato considerate una variante della schi-zofrenia rispecchia il fatto che questa categoria eutilizzata nella classificazione americana come ca-tegoria di riserva per quelle condizioni che non sod-disfano i criteri per la schizofrenia o per i disturbidellumore

I RISULTATI DEI FIELD TRIALS DELLICD-10

Nei field trials relativi alPICD-10 (per una descri-zione piu generale si rinvia al contributo precedente)i disturbi inclusi in questo capitolo hanno ottenutoun valore di Kappa pari a 082 tale valore rappre-sentava quello piu elevato tra tutti i vari capitoli adeccezione delle sindromi e disturbi comportamentaliassociati ad alterazioni delle funzioni fisiologiche e afattori somatici (Sartorius et al 1993) Tuttavia al-lorquando si trattava di specificare il disturbo inquestione allinterno del capitolo F2 utilizzando ca-tegorie diagnostiche a quattro codici i valori di Kap-pa variavano marcatamente andando da un massi-mo di 073 per la schizofrenia paranoide ad un mini-mo di 030 per la categoria della sindrome psicoticaacuta e transitoria altra (F238) Nel caso di questul-tima categoria il basso valore di accordo diagnosti-co riscontrato puo essere spiegato con la sua aspeci-ficita dal momento che in essa dovrebbero essere in-

clusi solo i casi che non soddisfano i criteri diagno-stici per una diagnosi piu precisa Inoltre altri duedisturbi rappresentati dalla sindrome schizotipica(F21) e dalla sindrome psicotica acuta schizofrenosi-mile manifestavano un valore di Kappa quasi altret-tanto basso in questo caso tale risultato ha fornitolo spunto per una revisione del testo delFICD-10volta a meglio precisare i criteri diagnostici necessariper questi due disturbi

LA RILEVANZA DEI PROBLEMI DIAGNOSTICIPER LA RICERCA EPIDEMIOLOGICAE PER LA CLINICA

Nellambito della ricerca epidemiologica e dellapratica clinica altrettanto la rilevanza centrale deiproblemi diagnostici discussi sopra dipende dal fattoche cambiamenti intervenuti nella classificazione enei criteri diagnostici per la schizofrenia possonomodificare significativamente i tassi di prevalenza edincidenza del disturbo rilevati nei vari studi ed avereimplicazioni prognostiche e terapeutiche diverse So-no gia stati descritti in dettaglio nel precedente con-tributo i risultati ottenuti nel progetto diagnosticoanglo-statunitense nellIPSS e nello studio di Loran-ger che sono paradigmatici a questo proposito Acio va aggiunto che piu di dieci studi comparativieffettuati per mettere a confronto una dozzina di di-verse definizioni operazionali della diagnosi di schi-zofrenia hanno dimostrato consistentemente come itassi di prevalenza e di incidenza riguardanti questodisturbo varino significativamente a seconda dei cri-teri diagnostici adottati (Sass 1987) In generale leprincipali differenze tra i vari sistemi diagnosticiconcernono la scelta dei sintomi selezionati per farediagnosi la struttura degli algoritmi diagnostici lascelta di una durata minima della sintomatologia e ladiversa valutazione dei sintomi affettivi presenti Inuno dei piu importanti studi comparativi Endicottet al (1982) misero a confronto sei gruppi di criteridiagnostici (New Haven Carpenter Feighner Tay-lor and Abrams DSM-III and RDC) in un campionedi 108 pazienti I sei sistemi risultarono paragonabiliin termini di affidabilita ma la frequenza dei casidiagnosticati come schizofrenici oscillo dal 4 al26 a seconda del sistema impiegato i RDC il si-stema di Carpenter ed il DSM-III risultarono i siste-mi diagnostici piu omogenei Le principali variabilialia base di queste differenze nel numero di casi dia-

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E Paltrinieri e G de Girolamo

gnosticati sembrarono essere rappresentate da (a) icriteri desclusione dei pazienti con disturbi affettivi(b) i criteri di durata minima adottati e (c) il gradodi specificazione di ogni item In un altro studioBrockington et al (1978) rilevarono che comparan-do 10 differenti set di criteri diagnostici la percen-tuale di casi di schizofrenia in un gruppo di 119 pa-zienti al loro primo ricovero variava dal 3 al 38a seconda del criterio impiegato RDC CATEGOCarpenter and Langfeldt manifestavano una buonaconcordanza mentre altri apparivano troppo restrit-tivi (Feighner criteria) ed altri ancora (Schneider)erano deboli predittori di esito sia clinico che so-ciale

In aun altro studio McGlashan (1984) rianaliz-zando circa 400 casi di pazienti trattati a ChestnutLodge ed impiegando 4 criteri diagnostici (New Ha-ven RDC Feighner e DSM-III) trovo nel complessouna buona concordanza tra questi tre ultimi

Helzer (1981) quindi utilizzando i dati relativi aSt Louis nellambito dellEpidemiological Cat-chment Area Program (ECA) ha messo in evidenzauna differenza di cinque volte nelle stime di preva-lenza per la schizofrenia ottenute impiegando i crite-ri Feighner i RDC o il DSM-III e interessante nota-re che una differenza della stessa ampiezza (con tassidi prevalenza fino a cinque volte maggiori) fu rileva-ta anche da Dunham (1965) in una review sullepide-miologia della schizofrenia questo dato dimostrapertanto che differenze di questa ampiezza nei tassidi prevalenza della schizofrenia potrebbero essere in-teramente definizionali

Per finire Kuriansky et al (1974) hanno dimo-strato che mentre piu dell80 dei pazienti psichia-trici ricoverati in un ospedale psichiatrico di NewYork durante i primi anni 50 erano diagnosticati co-me schizofrenici nella decade precedente la percen-tuale era inferiore al 40 e questo mutamento erain buona parte da ascrivere ai mutamenti intervenutinella prassi diagnostica relativamente al disturbo inquestione

NOTE CONCLUSIVE

Nella definizione dei criteri diagnostici per laschizofrenia PICD-10 ha ripreso i principali criterischneideriani relativamente ai sintomi patognomoni-ci per questo disturbo mentre ha ridimensionato ri-spetto al DSM-III-R limportanza del criterio longi-

tudinale kraepeliniano relativo al decorso adottandouna durata minima di un mese per la diagnosi e pro-spettando la possibility di una prognosi non necessa-riamente sfavorevole Nel complesso quindi nel-lICD-10 si tende ad un ampliamento del concetto dischizofrenia rispetto ad altri sistemi diagnostici piurestrittivi mentre lenfasi posta sui sintomi schneide-riani controbilancia questa tendenza e restringe i cri-teri di inclusione

Nello stesso capitolo e stata inoltre introdotta lasindrome schizotipica ed e stato notevolmente este-so il gruppo delle sindromi psicotiche acute e transi-torie Le ricerche future dovranno dimostrare la affi-dabilita e validita diagnostica di queste scelte

BIBLIOGRAFIA

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Epidemiologia e Psichiatria Sociale 2 2 1993

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Epidemiologia e Psichiatria Sociale 2 2 1993

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Introduzione

Caratteristiche generali della coppia in stallo

Le mosse e le contromosseLo stallo per opposizioneLo stallo per raggiro

La comunicazione nella coppia in stallo

La genesi della relazione di stalloLmterferenza della famiglia dorigineLinibeaone della forzaLe mestto coe portano alia situazione di stalloLincancludenraquo e la fiducia

Dalla dlftfe alia trlade to pwia

Le linee terapenticheLa prima fase la terapia con la famigfia

Bfccteire le triangolazioniIltgiedire intrusioni dci figliBlrfifiguere il coniugale dal gcnitonaleSWelare i livelli implicati nel discorsoRilevare apertamente lc tnadi e le coahzioniPortarc allo scoperto e far risperimentari il piact-rc dello scontro direttoSottolineare il senso positive) delle pro ocaioni

La seconda fase della terapia lesposizione della storia e il passaggio alia terapiadi coppia

La terza fase la terapia della coppiaRilevare e dare un significato alle triangolazioni chfi Uodoao a enficarhi anche in

assenzu dei figliDalle reerinintzioni alle richiesteFar nemeraere la pa^sioneSpingBMad affrontiire eon chiarezza i temi delluggettivita coniugale

Probleni ancora apertiParaiipomeni

fl Pensiem Sdentifioo ]EditoreVia RradaOO 3c - 00199 BottATel (06) tBM7158596am bull

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E Paltrinieri e G de Girolamo

gnosticati sembrarono essere rappresentate da (a) icriteri desclusione dei pazienti con disturbi affettivi(b) i criteri di durata minima adottati e (c) il gradodi specificazione di ogni item In un altro studioBrockington et al (1978) rilevarono che comparan-do 10 differenti set di criteri diagnostici la percen-tuale di casi di schizofrenia in un gruppo di 119 pa-zienti al loro primo ricovero variava dal 3 al 38a seconda del criterio impiegato RDC CATEGOCarpenter and Langfeldt manifestavano una buonaconcordanza mentre altri apparivano troppo restrit-tivi (Feighner criteria) ed altri ancora (Schneider)erano deboli predittori di esito sia clinico che so-ciale

In aun altro studio McGlashan (1984) rianaliz-zando circa 400 casi di pazienti trattati a ChestnutLodge ed impiegando 4 criteri diagnostici (New Ha-ven RDC Feighner e DSM-III) trovo nel complessouna buona concordanza tra questi tre ultimi

Helzer (1981) quindi utilizzando i dati relativi aSt Louis nellambito dellEpidemiological Cat-chment Area Program (ECA) ha messo in evidenzauna differenza di cinque volte nelle stime di preva-lenza per la schizofrenia ottenute impiegando i crite-ri Feighner i RDC o il DSM-III e interessante nota-re che una differenza della stessa ampiezza (con tassidi prevalenza fino a cinque volte maggiori) fu rileva-ta anche da Dunham (1965) in una review sullepide-miologia della schizofrenia questo dato dimostrapertanto che differenze di questa ampiezza nei tassidi prevalenza della schizofrenia potrebbero essere in-teramente definizionali

Per finire Kuriansky et al (1974) hanno dimo-strato che mentre piu dell80 dei pazienti psichia-trici ricoverati in un ospedale psichiatrico di NewYork durante i primi anni 50 erano diagnosticati co-me schizofrenici nella decade precedente la percen-tuale era inferiore al 40 e questo mutamento erain buona parte da ascrivere ai mutamenti intervenutinella prassi diagnostica relativamente al disturbo inquestione

NOTE CONCLUSIVE

Nella definizione dei criteri diagnostici per laschizofrenia PICD-10 ha ripreso i principali criterischneideriani relativamente ai sintomi patognomoni-ci per questo disturbo mentre ha ridimensionato ri-spetto al DSM-III-R limportanza del criterio longi-

tudinale kraepeliniano relativo al decorso adottandouna durata minima di un mese per la diagnosi e pro-spettando la possibility di una prognosi non necessa-riamente sfavorevole Nel complesso quindi nel-lICD-10 si tende ad un ampliamento del concetto dischizofrenia rispetto ad altri sistemi diagnostici piurestrittivi mentre lenfasi posta sui sintomi schneide-riani controbilancia questa tendenza e restringe i cri-teri di inclusione

Nello stesso capitolo e stata inoltre introdotta lasindrome schizotipica ed e stato notevolmente este-so il gruppo delle sindromi psicotiche acute e transi-torie Le ricerche future dovranno dimostrare la affi-dabilita e validita diagnostica di queste scelte

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Epidemiologia e Psichiatria Sociale 2 2 1993

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httpswwwcambridgeorgcoreterms httpsdoiorg101017S1121189X00006862Downloaded from httpswwwcambridgeorgcore University of Basel Library on 11 Jul 2017 at 155544 subject to the Cambridge Core terms of use available at

Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofrenkhe

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Warner R (1991) Schizofrenia e Guarigione Feltrinelli MilanoWig NN amp Parhee R (1989) Acute and transient psychoses a

view from the developing countries In International Classifi-cation in Psychiatry Unity and Diversity (ed JE Mezzichand M von Cranach) Cambridge University Press Cam-bridge

World Health Organization (1977) International Classification ofDiseases 9th Revision WHO Geneva

World Health Organization (1979) The International Pilot Studyof Schizophrenia Wiley Chichester

World Health Organization (1992) International Classification ofDiseases 10th Revision WHO Geneva Ed it Decima Revi-sione della Classificazione Internazionale delle Sindromi e deiDisturbi Psichici e Comportamentali Descrizioni Cliniche eDirettive Diagnostiche (ed D Kemali M Maj F CatapanoS Lobrace e L Magliano) Masson Milano

Wulff E (1967) Psichiatrischer Bericht aus Vietnam In Beitragesuf vergleichenden Psychiatrie (ed N Petrilowitsch) KargerBasel

Epidemiologia e Psichiatria Sociale 2 2 1993

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httpswwwcambridgeorgcoreterms httpsdoiorg101017S1121189X00006862Downloaded from httpswwwcambridgeorgcore University of Basel Library on 11 Jul 2017 at 155544 subject to the Cambridge Core terms of use available at

Gaspare Vella - Danilo Solfaroli Camillocci

NE CON TE NE SENZA Dl TELa coppia in stallo220 pagine Lire 30000

Introduzione

Caratteristiche generali della coppia in stallo

Le mosse e le contromosseLo stallo per opposizioneLo stallo per raggiro

La comunicazione nella coppia in stallo

La genesi della relazione di stalloLmterferenza della famiglia dorigineLinibeaone della forzaLe mestto coe portano alia situazione di stalloLincancludenraquo e la fiducia

Dalla dlftfe alia trlade to pwia

Le linee terapenticheLa prima fase la terapia con la famigfia

Bfccteire le triangolazioniIltgiedire intrusioni dci figliBlrfifiguere il coniugale dal gcnitonaleSWelare i livelli implicati nel discorsoRilevare apertamente lc tnadi e le coahzioniPortarc allo scoperto e far risperimentari il piact-rc dello scontro direttoSottolineare il senso positive) delle pro ocaioni

La seconda fase della terapia lesposizione della storia e il passaggio alia terapiadi coppia

La terza fase la terapia della coppiaRilevare e dare un significato alle triangolazioni chfi Uodoao a enficarhi anche in

assenzu dei figliDalle reerinintzioni alle richiesteFar nemeraere la pa^sioneSpingBMad affrontiire eon chiarezza i temi delluggettivita coniugale

Probleni ancora apertiParaiipomeni

fl Pensiem Sdentifioo ]EditoreVia RradaOO 3c - 00199 BottATel (06) tBM7158596am bull

httpswwwcambridgeorgcoreterms httpsdoiorg101017S1121189X00006862Downloaded from httpswwwcambridgeorgcore University of Basel Library on 11 Jul 2017 at 155544 subject to the Cambridge Core terms of use available at

Page 13: Classificazione, diagnosi ed ICD-10. II - Le sindromi ...Classificazione, diagnosi ed ICD-10. II - Le sindromi schizofreniche ELISABETTA PALTRINIERI1 e GIOVANNI de GIROLAMO2 1 Servizio

Classificazione diagnosi ed ICD-10 II - Le sindromi schizofrenkhe

Ciompi L (1988) Learning from outcome studies Toward acomprehensive biological-psychosocial understanding of schi-zophrenia Schizophrenia Research 1 373-384

Cooper JE Kendell RE Gurland BJ Sharpe L CopelandJRM amp Simon R (1972) Psychiatric Diagnosis in NewYork and London A Comparative Study of Mental HospitalAdmissions (Maudsley Monograph No 22) Oxford Univer-sity London

Crow TJ (1990) Nature of the genetic contribution to psychoticillness - a continuum viewpoint Ada Psychiatrica Scandinavi-ca 81 401-408

Cutting J amp Shepherd M (1987) The Clinical Roots of the Schi-zophrenia Concept Cambridge University Press Cambridge

de Girolamo G (1991) Schizofrenia dal mito kraqpeliniano aimodelli psicosociali In Guarigione e Schizofrenia (ed RWarner) pp 15-59 Feltrinelli Milano

Del Pistoia L amp Dalle Luche R (1993) La psicosi unica tra para-digmi nosografici non categoriali e strutture di senso in psico-patologia In Psichiatria nella Comunita Cultura e Pratica(ed F Asioli A Ballerini e G Berti Ceroni) pp 13-35 Bol-lati Boringhieri Torino

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Glatzel J (1990) Psychiatric diagnosis in the German-speakingcountries In Sources and Traditions of Classification in Psyc-hiatry (ed N Sartorius A Jablensky DA Regier JD Bur-ke and RMA Hirshfeld) pp 58-92 Hogrefe amp Huber Ber-na

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Jablensky A Sartorius N Ernberg G Anker M Korten ACooper JE Day R amp Bertelsen A (1992) SchizophreniaManifestations Incidence and Course in Different Cultures AWorld Health Organization Ten-Country Study Psychologi-cal Medicine Monograph Supplement 20 Cambridge Univer-sity Press Cambridge

Jaspers K (1964) Psicopatologia Generate II Pensiero Scientifi-co Roma

Johnstone EC Frith CD Crow TJ Owens DGC DoneDJ Baldwin EI amp Charlette A (1992) The NorthwickPark laquoFunctionalraquo Psychosis Study diagnosis and outcomePsychological Medicine 22 331-346

Kendler KS Masterson CC amp Davis KL (1985) Psychiatric il-lness in first-degree relatives of patients with paranoid psycho-sis schizophrenia and medical illness British Journal of Psy-chiatry 147 524-531

Kuriansky j B Denning WE amp Gurland BJ (1974) On trendsin the diagnosis of schizophrenia American Journal of Psy-chiatry 131402-408

McGlashan TH (1984) Testing four diagnostic systems for schi-zophrenia Archives of General Psychiatry 41 141-144

McGlashan T amp Fenton W (1991) Clinical subtypes for schizo-phrenia Schizophrenia Bulletin 17 609-632

Mellor CS (1982) The present status of first-rank symptomsBritish Journal of Psychiatry 140 423-424

Mellsop GW Thomas CS Ellis PM Purdie G Crawshaw Jamp Mendis M (1991) Reliability of the draft diagnostic criteriafor research of ICD-10 in comparison with ICD-10 and DSM-III-R Ada Psychiatrica Scandinavica 84 332-335

Perris C (1974) A study of cycloid psychoses Ada PsychiatricaScandinavica Supplementum 253

Pichot P (1990) The diagnosis and classification of mental disor-ders in the French-speaking countries background currentvalues and comparison with other classifications In Sourcesand Traditions of Classification in Psychiatry (ed N Sarto-rius A Jablensky DA Regier JD Burke and RMA Hir-shfeld) pp 7-57 Hogrefe amp Huber Berna

Pull CB Pull MC amp Pichot P (1988) The French approach topsychiatric classification In International Classification inPsychiatry (ed JE Mezzich and M von Cranach) pp 37-47Cambdridge University Press Cambridge

Sartorius N Kaelber C Cooper J Roper M Rae D GulbinatW Ustun B amp Regier D (1993) Progress towards achieving acommon language in psychiatry results from the field trial ofthe clinical guidelines accompanying the WHO classificationof mental and behavioural disorders in the ICD-10 Archivesof General Psychiatry 50 115-124

Sass H (1987) The classification of schizophrenia in the differentdiagnostic systems In Search for the Causes of Schizophrenia(ed HHafner WF Gattaz and W Janzarik) pp19-43Springer-Verlag Berlin

Schneider K (1959) Klinische Psychopathologie Thieme Stutt-gart

Spitzer RL Endicott J amp Robins E (1975) Research Diagno-stic Criteria New York State Psychiatric Institute New York

Stromgren E (1992) The concept of schizophrenia the conflictbetween nosological and symptomatological aspects Journalof Psychiatric Research 26 237-246

Torgensen S (1985) Relationship of schizotypal personality di-sorder to schizophrenia Schizophrenia Bulletin 11 554-564

Warner R (1991) Schizofrenia e Guarigione Feltrinelli MilanoWig NN amp Parhee R (1989) Acute and transient psychoses a

view from the developing countries In International Classifi-cation in Psychiatry Unity and Diversity (ed JE Mezzichand M von Cranach) Cambridge University Press Cam-bridge

World Health Organization (1977) International Classification ofDiseases 9th Revision WHO Geneva

World Health Organization (1979) The International Pilot Studyof Schizophrenia Wiley Chichester

World Health Organization (1992) International Classification ofDiseases 10th Revision WHO Geneva Ed it Decima Revi-sione della Classificazione Internazionale delle Sindromi e deiDisturbi Psichici e Comportamentali Descrizioni Cliniche eDirettive Diagnostiche (ed D Kemali M Maj F CatapanoS Lobrace e L Magliano) Masson Milano

Wulff E (1967) Psichiatrischer Bericht aus Vietnam In Beitragesuf vergleichenden Psychiatrie (ed N Petrilowitsch) KargerBasel

Epidemiologia e Psichiatria Sociale 2 2 1993

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Gaspare Vella - Danilo Solfaroli Camillocci

NE CON TE NE SENZA Dl TELa coppia in stallo220 pagine Lire 30000

Introduzione

Caratteristiche generali della coppia in stallo

Le mosse e le contromosseLo stallo per opposizioneLo stallo per raggiro

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Le linee terapenticheLa prima fase la terapia con la famigfia

Bfccteire le triangolazioniIltgiedire intrusioni dci figliBlrfifiguere il coniugale dal gcnitonaleSWelare i livelli implicati nel discorsoRilevare apertamente lc tnadi e le coahzioniPortarc allo scoperto e far risperimentari il piact-rc dello scontro direttoSottolineare il senso positive) delle pro ocaioni

La seconda fase della terapia lesposizione della storia e il passaggio alia terapiadi coppia

La terza fase la terapia della coppiaRilevare e dare un significato alle triangolazioni chfi Uodoao a enficarhi anche in

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Gaspare Vella - Danilo Solfaroli Camillocci

NE CON TE NE SENZA Dl TELa coppia in stallo220 pagine Lire 30000

Introduzione

Caratteristiche generali della coppia in stallo

Le mosse e le contromosseLo stallo per opposizioneLo stallo per raggiro

La comunicazione nella coppia in stallo

La genesi della relazione di stalloLmterferenza della famiglia dorigineLinibeaone della forzaLe mestto coe portano alia situazione di stalloLincancludenraquo e la fiducia

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Le linee terapenticheLa prima fase la terapia con la famigfia

Bfccteire le triangolazioniIltgiedire intrusioni dci figliBlrfifiguere il coniugale dal gcnitonaleSWelare i livelli implicati nel discorsoRilevare apertamente lc tnadi e le coahzioniPortarc allo scoperto e far risperimentari il piact-rc dello scontro direttoSottolineare il senso positive) delle pro ocaioni

La seconda fase della terapia lesposizione della storia e il passaggio alia terapiadi coppia

La terza fase la terapia della coppiaRilevare e dare un significato alle triangolazioni chfi Uodoao a enficarhi anche in

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