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ITI OMAR Dipartimento di Meccanica Elementi di Costruzione di Macchine 1 1. CALCOLO DEGLI ALBERI DI TRASMISSIONE Gli assi e gli alberi sono elementi di forma allungata sottoposti durante il funzionamento della macchina a un moto di rotazione oppure di oscillazione attorno ad un asse rettilineo. Nella maggioranza dei casi gli assi e gli alberi sono fondamentalmente a sezione circolare. Si usa di solito il nome di asse quando le sollecitazioni sono quasi esclusivamente di flessione, il nome di albero quando le sollecitazioni sono quasi esclusivamente di torsione. In pratica sono sempre presenti, in varia misura, entrambe le sollecitazioni di flessione e torsione. Il dimensionamento viene condotto ipotizzando una sollecitazione ideale che compendi, in modo opportuno, entrambe le sollecitazioni in gioco. In modo del tutto analogo si può anche far riferimento ad una tensione ideale che compendi, in modo opportuno, entrambe le tensioni in gioco. Riportiamo di seguito le espressioni delle tensioni e delle sollecitazioni ideali 1 . Sollecitazioni ideali 2 2 2 2 0.75 43 fi f t ti f t M M M M M M = + = + (1.1) Tensioni ideali 2 2 2 2 3 3 id f t id f t σ σ τ τ σ τ = + = + (1.2) Circa i valori massimi ammissibili per le id σ e le id τ non è possibile indicare se non valori di larga massima dipendendo essi sia dalla natura del materiale, dai trattamenti termici, dal grado di finitura superficiale, dal tipo di sezione (presenza di cave, raccordi…) sia dalle modalità d’applicazione del carico (costante, pulsante, urto lieve/pesante….) Le norme ASME propongono, per un albero pieno con carico assiale trascurabile, di comporre le sollecitazioni definendo un momento torcente ideale in accordo con la seguente equazione 2 : ( 29 ( 29 2 2 ti f f t t M kM kM = + (1.3) dove i coefficienti k devono essere scelti, in funzione della modalità di applicazione del carico, in accordo con la tabella sotto riportata 3 : Tipo di carico k f k t costante 1.5 1.0 urto lieve 1.5-2.0 1.0-1.5 urto pesante 2.0-3.0 1.5-3.0 Il diametro dell’albero allora dovrà soddisfare la seguente disuguaglianza: 3 16 ti amm M d πτ (1.4) 1 Le espressioni (1.1) e (1.2) sono in accordo con l’ipotesi di rottura, denominata ipotesi dell’energia di distorsione, secondo la quale la rottura non avviene quando raggiunge il massimo tutta l’energia di deformazione, ma solo quella parte di tale energia che corrisponde al cambiamento di forma dell’elemento di volume infinitesimo, e che è uguale a tutta l’energia di deformazione meno la quota parte che produce esclusivamente cambiamento di volume, senza cambiamento di forma. La formalizzazione della teoria si deve a Richard Edler von Mises (Lemberg 19 April 1883 - Boston, 14 July 1953) uno scienziato che fornì importanti contributi nei campi della fluidodinamica, dell’aerodinamica, della statistica e della teoria della probabilità 2 Le norme ASME a cui si fa riferimento, pur essendo superate, forniscono, per un calcolo di massima, valori decisamente attendibili. 3 I coefficienti k , detti anche coefficienti di fatica, tengono conto dell’affaticamento del materiale che dipende, tra l’altro, dalla modalità di applicazione del carico, dalla finitura superficiale e dalle caratteristiche geometriche dell’albero.

Dispense Costruzione Di Macchine Vol.1 - Andorno

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Dispense di costruzione di macchine. E' un corso molto ben fatto, principalmente ideato per student di scuole superiori, ricco di esercizi.Consigiato a chi vuole avvicinarsi alla discipluna della meccanica.

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1. CALCOLO DEGLI ALBERI DI TRASMISSIONE

Gli assi e gli alberi sono elementi di forma allungata sottoposti durante il funzionamento della macchina a un moto di rotazione oppure di oscillazione attorno ad un asse rettilineo. Nella maggioranza dei casi gli assi e gli alberi sono fondamentalmente a sezione circolare. Si usa di solito il nome di asse quando le sollecitazioni sono quasi esclusivamente di flessione, il nome di albero quando le sollecitazioni sono quasi esclusivamente di torsione. In pratica sono sempre presenti, in varia misura, entrambe le sollecitazioni di flessione e torsione. Il dimensionamento viene condotto ipotizzando una sollecitazione ideale che compendi, in modo opportuno, entrambe le sollecitazioni in gioco. In modo del tutto analogo si può anche far riferimento ad una tensione ideale che compendi, in modo opportuno, entrambe le tensioni in gioco. Riportiamo di seguito le espressioni delle tensioni e delle sollecitazioni ideali1. Sollecitazioni ideali

2 2 2 20.75 4 3fi f t ti f tM M M M M M= + = + (1.1)

Tensioni ideali 2 2 2 23 3id f t id f tσ σ τ τ σ τ= + = + (1.2)

Circa i valori massimi ammissibili per le idσ e le idτ non è possibile indicare se non valori di larga massima dipendendo essi sia dalla natura del materiale, dai trattamenti termici, dal grado di finitura superficiale, dal tipo di sezione (presenza di cave, raccordi…) sia dalle modalità d’applicazione del carico (costante, pulsante, urto lieve/pesante….) Le norme ASME propongono, per un albero pieno con carico assiale trascurabile, di comporre le sollecitazioni definendo un momento torcente ideale in accordo con la seguente equazione2:

( ) ( )2 2

ti f f t tM k M k M= + (1.3)

dove i coefficienti k devono essere scelti, in funzione della modalità di applicazione del carico, in accordo con la tabella sotto riportata3:

Tipo di carico kf kt

costante 1.5 1.0 urto lieve 1.5-2.0 1.0-1.5 urto pesante 2.0-3.0 1.5-3.0

Il diametro dell’albero allora dovrà soddisfare la seguente disuguaglianza:

316 ti

amm

Md

πτ≥ (1.4)

1 Le espressioni (1.1) e (1.2) sono in accordo con l’ipotesi di rottura, denominata ipotesi dell’energia di distorsione, secondo la quale la rottura non avviene quando raggiunge il massimo tutta l’energia di deformazione, ma solo quella parte di tale energia che corrisponde al cambiamento di forma dell’elemento di volume infinitesimo, e che è uguale a tutta l’energia di deformazione meno la quota parte che produce esclusivamente cambiamento di volume, senza cambiamento di forma. La formalizzazione della teoria si deve a Richard Edler von Mises (Lemberg 19 April 1883 - Boston, 14 July 1953) uno scienziato che fornì importanti contributi nei campi della fluidodinamica, dell’aerodinamica, della statistica e della teoria della probabilità 2 Le norme ASME a cui si fa riferimento, pur essendo superate, forniscono, per un calcolo di massima, valori decisamente attendibili. 3 I coefficienti k , detti anche coefficienti di fatica, tengono conto dell’affaticamento del materiale che dipende, tra l’altro, dalla modalità di applicazione del carico, dalla finitura superficiale e dalle caratteristiche geometriche dell’albero.

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2

Per quanto riguarda il valore della tensione ammissibile da inserire nella (1.4) o nella (1.5), facendo riferimento ad alberi con sedi di linguetta, essa può porsi pari al 22.5% del carico di snervamento senza superare il 13.5% del carico di rottura a trazione.1 Qualora il momento flettente fosse trascurabile, indicata con N la potenza trasmessa in kW, con n la frequenza di rotazione in rpm, il diametro dell’albero, a sola torsione, può progettarsi con la semplice relazione:

3365amm

Nd

n τ≥

⋅ (1.5)

Caratteristiche meccaniche di alcuni acciai da costruzione

§

Tipo Sigla D, mm R, MPa Re, MPa A% KCU, J

Acciai da

bonifica

C40 16-40 640-780 420 17 25

36CrNiMo4 25 1000 855 15.4 90

34CrNiMo6 25 1100 960 14.6 76

Acciai da

cementazione

C10 11 540-930 345 12 35

16NiCr4 25 1010 775 12.5 74

18NiCr5/4 25 1130 910 11 66

17NiCrMo6 25 1130 900 12 75

§ D diametro del saggio

R carico di rottura a trazione

Re carico di snervamento a trazione

A% allungamento percentuale (prova di trazione)

KCU resilienza

1 Ovviamente si tratta di valori puramente indicativi. Nel caso di alberi realizzati con acciaio “ordinario”, ossia con acciaio per il quale non è richiesta alcuna prescrizione particolare legata all’impiego, la ammτ da inserire nella

(1.4) può aggirarsi, in un calcolo di massima, intorno 55 e 40 N/mm2 rispettivamente nel caso di assenza o presenza di linguette.

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3

Progetto a rigidità torsionale L’angolo di torsione θ (rad) tra due sezioni distanti L di un albero pieno con diametro costante d, indicato con G il modulo di elasticità tangenziale1 e con Mt il momento torcente (costante), vale2:

4

32 tM L

d Gθ

π⋅= (1.6)

fissato pertanto l’angolo di torsione massimo ammesso θmax , il diametro dell’albero vale:

4

max

32 tM Ld

Gπ θ⋅= (1.7)

Con riferimento al limite tradizionale di una deformazione torsionale ammissibile di ¼ di grado per metro3, indicata con N la potenza trasmessa in kW e con n la frequenza di rotazione in rpm, si ottiene:

4130N

dn

≅ (1.8)

1 Il modulo di elasticità trasversale G è legato, tramite il modulo di Poisson v , al modulo di elasticità normale E. / 2(1 )G E v= +

Il modulo di Poisson misura, in presenza di una sollecitazione monoassiale longitudinale, il rapporto tra la contrazione trasversale e la deformazione longitudinale.

t nv ε ε= −

In un materiale perfettamente isotropo il coefficiente di Poisson vale 1/4. Per l’acciaio può porsi 0.3v ≅ 2 Indicata con z l’ascissa di una sezione trasversale generica si ha:

( )( )

M zd

dz G J z

θ =⋅

considerando un albero a sezione costante sottoposto all’azione di un momento torcente anch’esso costante tra le sezioni di ascissa 0 e L, l’equazione precedente è facilmente integrabile:

( )( ) 0 0

=L LM z dz M M L

d d dzG J z G J G J

θ θ θ⋅ ⋅= → = → ∆

⋅ ⋅ ⋅∫ ∫

Poiché, per una sezione circolare piena 4 32J dπ= , è immediato ricavare la (1.7) 3 La deformazione massima ammissibile di ¼ di grado per metro ha più che altro un valore storico: veniva utilizzata, in passato, per il proporzionamento dei lunghi alberi di trasmissione che si usavano negli opifici del tempo.

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4

Esempio 1. 1 Un albero è appoggiato su due cuscinetti posti a distanza L pari a 1524 mm. Una puleggia di massa 90 kg è posizionata equidistante dai due supporti ed è collegata all’albero tramite una linguetta. Sulla puleggia è montata orizzontalmente una cinghia con tensione totale sui due rami pari a 6800 N. Determinare il diametro dell’albero e l’angolo di torsione tra i due cuscinetti, sapendo l’albero stesso riceve 14.7 kW a 150 rpm tramite un giunto flessibile posizionato subito dopo il cuscinetto di destra.

Il momento flettente raggiunge il massimo nella sezione equidistante dagli appoggi dove agisce anche il momento torcente trasmesso dal giunto.:

2 2max 345900 2594250 2617208 NmmfM = + =

610 14.7 60935831 Nmm

2 150tMπ⋅ ⋅= ≅

Ipotizzando 1.5t fk k= ≅ e considerando un albero in acciaio ordinario, quindi con max 42 MPaτ ≅ , il

diametro minimo dell’albero vale:

( ) ( )2 23

1680 mmf f t t

amm

d k M k Mπ τ

= + ≅⋅

L’angolo di torsione tra i due cuscinetti, tenuto presente che il momento torcente sollecita l’albero solo nelle sezioni comprese tra la puleggia e il giunto elastico, vale:

( )4 4

32 / 2 32 935831 762 360 0.123

80 82380 2tM L

d Gθ θ

π π π⋅ ⋅ ⋅= → ≅ ≅ °

⋅ ⋅

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Esempio 1. 2 Una puleggia di diametro pari a 610 mm e peso 1360 N, trascinata da una cinghia orizzontale, trasmette, attraverso l’albero, potenza ad un pignone di diametro primitivo pari a 254 mm il quale a sua volta muove una ruota dentata. Configurazione, tensioni di cinghia e componenti delle reazioni della ruota sul pignone sono di seguito rappresentate. Determinare il diametro dell’albero nell’ipotesi che sia realizzato in acciaio ordinario e che i coefficienti di fatica siano 1.5tk = e 2.5fk =

1 2

1 2

1 2

1373910 Nmm 341290 Nmm

1022130 Nmm 1516200 Nmm

1712200 Nmm 1556550 Nmm

V V

O O

r r

M M

M M

M M

≅ ≅≅ ≅≅ ≅

Il momento torcente, attivo nel tratto d’albero compreso tra la puleggia e il pignone, vale:

( )254 6108710 5440 1810 1107150 Nmm

2 2tM = ⋅ ≅ − ≅

La sezione più sollecitata è quella corrispondente alla ruota (1). Con riferimento a tale sezione e considerando un albero in acciaio ordinario, quindi con max 42 MPaτ ≅ , il diametro minimo dell’albero vale:

( ) ( )2 23 1

1678 mmf r t t

amm

d k M k Mπ τ

= + ≅⋅

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Esempio 1. 3 Il rullo industriale mostrato in figura è condotto a 300 rpm. Sulla primitiva di diametro 76 mm del pignone dentato che lo comanda agisce una forza F come indicato. Tale rullo esercita una forza radiale, per unità di lunghezza, di 5 N/mm sul materiale che vi passa sotto. Il coefficiente d’attrito si può supporre pari a 0.40. Scelto con giustificato criterio ogni eventuale dato mancante, si dimensioni in prima approssimazione il diametro dell’albero porta rullo nel tratto compreso tra i cuscinetti O ed A

Si determina la forza totale (radiale) esercitata dal rullo sul materiale:

5 200 1000 NtotP = ⋅ = La forza totale (tangenziale) esercitata dal rullo sul materiale vale:

0.4 400 Ntot totQ P= ⋅ = Per l’equilibrio alla rotazione deve essere:

76 100cos20

2 2totF Q° =

Pertanto la forza totale F agente sul dente vale: 560 NF ≅

Indicate con Fz e Fy rispettivamente le proiezioni orizzontali e verticali della forza F e con q e p i carichi uniformante distribuiti corrispondenti alle forze concentrate Q e P, le sollecitazioni agenti sull’albero possono essere schematizzate come di seguito riportato:

45 200 45 70

y

x

Fy

pz

x

Fz

qO A

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Di seguito si riportano i diagrammi di momento flettente e torcente:

Ascissa x (mm)

0 100 200 300

Mom

ento

flet

tent

e M

f xy

(N

mm

)

-60000

-50000

-40000

-30000

-20000

-10000

0

Ascissa x (mm)

0 100 200 300

Mom

ento

flet

tent

e M

f zx

(N

mm

)

-50000

-40000

-30000

-20000

-10000

0

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Si ipotizza di realizzare l’albero con un acciaio C40 bonificato. Inoltre si ritiene che i coefficienti di fatica possano essere assunti pari a 2f tk k= = .

Ascissa x (mm)

0 100 200 300

Mom

ento

flet

tent

e M

fr

(N

mm

)

0

20000

40000

60000

80000

Ascissa x (mm)

0 50 100 150 200 250 300 350

Mom

ento

torc

ente

Mt

(Nm

m)

0

5000

10000

15000

20000

25000

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La sezione più sollecitata è posta ad un’ascissa pari 167 mm. In tale sezione il momento flettente risultante e il momento torcente assumono i seguenti valori:

16716767560 Nmm 12240 Nmmf t xx

M M==

≅ ≅

Con riferimento ad un acciaio C40 bonificato ( 670 MPa 400 MPaR snσ σ= = ) può porsi:

90 MPaammτ ≅ Il diametro dell’albero può pertanto assumersi pari a:

( ) ( )2 23

1620 mmf f t t

amm

d k M k Mπ τ

= + ≅⋅

Bibliografia Giovannozzi R Costruzione di Macchine vol.1 Patron Hall AS et al. Costruzione di Macchine Etas Shigley JE et al. Progetto e Costruzione di Macchine McGraw-Hill

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2. PERNI DI ESTREMITA’ Si definisce perno quella porzione di asse o albero che, accoppiata con il cuscinetto, viene sostenuta dal supporto in modo da collegarla al telaio. I perni si possono classificare come segue: 1. perni portanti: in cui la spinta esercitata dal cuscinetto sul perno ha direzione radiale;

1.1. perni di estremità: sono posti all’estremità di un asse o di un albero e non sono soggetti a torsione;

1.2. perni intermedi: sono soggetti anche a torsione e si trattano semplicemente come porzioni d’albero;

2. perni di spinta in cui la spinta esercitata dal cuscinetto ha direzione assiale

Nel seguito ci occuperemo della progettazione dei soli perni di estremità Sia: l lunghezza del perno; d diametro del perno; P reazione perno-cuscinetto, ipotizzata concentrata e posizionata nella mezzeria del perno n frequenza di rotazione del perno

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I perni di estremità vengono dimensionati secondo tre criteri:

1. Dimensionamento a flessione

Il perno viene schematizzato come una trave incastrata ad un estremo e caricata a metà dello sbalzo da una forza concentrata P pari alla reazione perno cuscinetto.

(2.1)(2.2)

16 5 (2.1)

amm amm

P l P ld

d dπσ σ> ≅

Il rapporto caratteristico l/d è tabellato e dipende sostanzialmente dal tipo di utilizzo del perno. Valori di l/d troppo esegui espongono al pericolo di eccessive fuoriuscite laterali di olio; per contro, valori di l/d troppo elevati inducono eccessive inclinazioni del perno nella sua sede. La tensione ammissibile dipende dal tipo di materiale costituente il perno e dal tipo di utilizzo. Orientativamente si possono utilizzare le indicazioni contenute nella tabella sotto riportata.

Tipo di acciaio Tensione amm. (MPa) Comune 50 ÷70 Di qualità 70 ÷ 100 Alta resistenza 120 ÷ 180

Nel caso di urti utilizzare i ¾ dei valori tabellati.

2. Dimensionamento a pressione Viene confrontata la pressione media p, di seguito definita, con valori tabellati. Tali valori tabellati dipendono dai materiali costituenti la coppia perno-cuscinetto, dal tipo di finitura, dal tipo di trattamento termico, dal tipo di lubrificazione e dal settore di utilizzo del perno.

(2.2)amm

Pp p

l d≡ ≤

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3. Dimensionamento al riscaldamento

Viene verificata la seguente disuguaglianza1: p v K⋅ ≤ (2.3) Dove p è la pressione media (MPa) definita al punto precedente, v è la velocità periferica del perno (m/s) e K è un fattore di riferimento funzione della finitura della coppia, del tipo di lubrificazione e di raffreddamento. Nel caso la disuguaglianza non fosse soddisfatta occorrerà modificare le condizioni di funzionamento della coppia perno-cuscinetto oppure aumentare la lunghezza del perno, mentre sarebbe ininfluente agire sul diametro del perno stesso.

Valori di K da utilizzare nel dimensionamento al riscaldamento di un perno

Tipo di lubrificazione e finitura K (MPa·m/s) Lavorazione corrente, lubrificazione scarsa con ingrassatore a stoppino, funzionamento in aria calma

0.8÷1.0

Lavorazione accurata, lubrificazione abbondante ad anello o similare, funzionamento in aria calma

1.5÷2.0

Lavorazione accurata, lubrificazione abbondante ad anello o similare, funzionamento in corrente d’aria

3.0÷4.0

Lubrificazione abbondante ad anello o similare, funzionamento in corrente d’aria veloce

5.0÷10.0

Lavorazione accurata, lubrificazione abbondante forzata, funzionamento in aria calma

3.0÷4.0

Lavorazione accurata, lubrificazione forzata, raffreddamento artificiale dell’olio

8.0÷13.0 ¥

¥ fino a 26 secondo l’entità del raffreddamento

1 La disuguaglianza si giustifica come segue: Il calore sviluppato (calore generato) per attrito dalla coppia perno-cuscinetto, nell’unità di tempo, vale ovviamente:

genQ f P v= ⋅ ⋅ɺ dove f è il coefficiente d’attrito tra perno e cuscinetto e v la velocità periferica del perno

Il calore trasmesso, nell’unità di tempo, all’esterno per conduzione, e in parte per irraggiamento, si può ritenere proporzionale alla superficie del supporto S d lπ= ⋅ e alla differenza di temperatura T∆ tra supporto e ambiente. Indicato con α un opportuno coefficiente di trasmissione del calore, il calore trasmesso, nell’unità di tempo verso l’esterno (calore disperso) si può esprimere pertanto con la seguente relazione

dispQ T d lα π= ⋅ ∆ ⋅ ⋅ ⋅ɺ

Uguagliando il calore generato al calore disperso si ottiene la condizione limite di equilibrio termico: P T

f P v T d l v pv Kd l f

α πα π ⋅ ∆ ⋅⋅ ⋅ = ⋅∆ ⋅ ⋅ ⋅ → = → =⋅

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Caratteristiche delle coppie perno-cuscinetto a strisciamento

Applicazioni Materiale Cuscinetto¥

l/d§ pamm (MPa) accoppiamenti

Trasmissioni meccaniche v < 3.5 m/s v > 3.5 m/s

G

MB 1÷2 1÷2

H7/f7 H7/e8 H7/d9

Macchine utensili G B

1.2÷2 4÷6 2

H7/f7 H7/g6

Apparecchi di sollevamento (pulegge, tamburi, ruote)

B;MB G 0.8÷1.8

6 12

H7/e8 H7/d9 H8/d10

Pompe, compressori, ventilatori v < 60 m/s

MB BPB

0.8÷1.25 0.8÷1.2

1÷4 H6/g5 H7/f7

Motori elettrici v < 10 m/s

MB 0.8÷1.5 1.5 H7/f7 H6/g5

Motori a carburazione e Diesel veloci Spinotto Manovella Banco Motori Diesel lenti Testa a croce Manovella Banco

BPB BPB BPB

BPB MB MB

0.5÷0.6 0.5÷0.6

20÷30 8÷10 8÷10 40÷60 12÷13 8÷9

H7/f7 H7/g5

Turbine a vapore MB 1.3÷1.6 0.5÷0.8 H7/f7 ¥ G ghisa; MB metallo bianco antifrizione; B bronzo; BPB bronzo al piombo § l/d rapporto caratteristico del perno, l lunghezza del perno e d diametro del perno

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Esempio 2. 1 Con riferimento ai dati dell’Esempio 1.3, determinare il diametro del perno accoppiato al cuscinetto O. Il carico sul perno risulta

2 2327 546 636 NOR ≅ + ≅ Fissato un opportuno valore del rapporto caratteristico ( )/ 1.2l d ≅ si procede ad un primo

dimensionamento a flessione utilizzando una 65 MPaammσ ≅

168.4 10 mm

amm

P ld

dπσ> ≅ →

Noto il diametro e il rapporto caratteristico, fissato in precedenza, si verifica il perno a pressione:

5.3 MPaP

pl d

= =⋅

Il valore è compatibile con una utilizzazione nell’ambito delle macchine utensili. Da ultimo si procede ad una verifica al riscaldamento. La velocità periferica del perno vale:

2 2 3000.005 0.157 m/s

60 60

nv r

π π⋅ ⋅ ⋅= ⋅ = ⋅ ≅

Il prodotto pv vale pertanto: 0.83 MPa m/spv≅ ⋅

Il valore trovato risulta compatibile per un perno con lavorazione corrente, lubrificazione scarsa e funzionamento in aria calma. Pertanto, se la realizzazione è in grado di garantire almeno le condizioni prima definite, il perno è da ritenersi verificato. Bibliografia Ottani M Corso di Meccanica vol.3 Cedam Pierotti P. Meccanica vol.3 Calderini Malavasi Vademecum per l’ingegnere Costruttore Meccanico Hoepli

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3. I GIUNTI I giunti sono organi meccanici deputati al collegamento coassiale (o talvolta complanare) di un albero motore ad un albero condotto. Si distinguono in:

1. Giunti rigidi: non consentono spostamenti relativi tra i due alberi. Richiedono una perfetta coassialità degli alberi e dei relativi sopporti. (giunti a manicotto, giunto Sellers, giunti a dischi, etc.)

2. Giunti semielastici ed elastici: consentono lievi spostamenti assiali e/o angolari resi possibili

dall’utilizzo di elementi deformabili elasticamente (giunto Northon, Periflex, Steelflex o Bibby, Hardy, etc.)

3. Giunti articolati: consentono spostamenti relativi di una certa ampiezza senza deformazione di

elementi elastici (giunto di Cardano, di Oldham)

4. Giunti omocinetici: sono dei particolari giunti articolati che assicurano, istante per istante, la perfetta identità tra la velocità angolare dell’albero motore e dell’albero condotto (giunto Rzeppa, Tracta etc.).

Il tecnico, se non impiegato nel settore specifico, non progetta i giunti, ma si limita semplicemente alla loro scelta a catalogo. Nel seguito, tuttavia, riporteremo alcune indicazioni riguardanti il dimensionamento dei principali organi di collegamento (pioli, bulloni, etc.) avvertendo comunque che le indicazioni avranno un valore relativo rappresentando, il più delle volte, la rielaborazione approssimata dei dati forniti dalle tabelle dei costruttori.

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3.1. GIUNTO A MANICOTTO

Il giunto a manicotto è costituito da due semigusci, generalmente realizzati in ghisa, che vengono serrati mediante bulloni alle estremità degli alberi da collegare. In un calcolo di massima, si può ritenere che il momento torcente Mt si trasmetta dall’albero motore all’albero condotto solo per attrito. Per semplicità supporremo che la pressione radiale p tra albero e manicotto sia costante lungo tutta la superficie di contatto. Con questa assunzione, per l’equilibrio, deve risultare:

Fp

d L=

dove con d si è indicato il diametro dell’albero, con L la lunghezza del manicotto e con F la forza complessiva, esercita dai bulloni, premente i due semigusci. Il momento d’attrito Ma trasmesso da ciascun semiguscio, vale:

2 2 2 8a

d L d fM p f F d

ππ ⋅= ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ = ⋅

dove con f si è indicato il coefficiente d’attrito tra albero e semigusci. Il momento d’attrito trasmesso dai due semigusci vale ovviamente:

4at

fM F d

π ⋅= ⋅

Per l’equilibrio deve essere:

t atM M=

da cui, indicato con bn il numero dei bulloni, si ricava la forza premente che deve esercitare il singolo bullone:

4 tb

b

MF

f d nπ=

⋅ ⋅ ⋅

Il momento torcente applicato al fusto della vite vale1:

1 per viti ordinarie si può porre ( cfr. cap. 4 “Collegamento con viti”): ( )tan 0.2α ϕ+ ≅

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17

( )tan 0.12mv

tv b b mv

dM F F dα ϕ= + ≅ ⋅ ⋅

dove mvd è il diametro medio della vite, α l’angolo di inclinazione dell’elica media del filetto, e ϕ è l’angolo di semiapertura del cono d’attrito corrispondente al coefficiente d’attrito tra vite e madrevite. Le due sollecitazioni sforzo normale bF e momento torcente tvM inducono rispettivamente delle tensione normali σ e tangenziali (di torsione) τ che dovranno essere composte, secondo von Mises, in un’unica tensione ideale da confrontarsi con la tensione ammissibile del materiale costituente i bulloni. Indicato con dr il diametro della sezione resistente1 della vite si ha:

2 2

3

4

316

b

rid amm

tv

r

F

d

M

d

σπ

σ σ τ στ

π

≅ ⋅ → = + ≤ ≅ ⋅

1 In prima approssimazione sia il diametro medio della vite, sia il diametro della sezione resistente possono essere assunti pari al diametro nominale della vite stessa.

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18

Esempio 3.1.1 Verificare i bulloni di collegamento di un giunto a manicotto in grado di trasmettere, a regime, una potenza di 15 kW al regime di 250 rpm. Si calcola il momento torcente di regime:

615 10 60573000 Nmm

2 250t

NM

ω π⋅ ⋅= ≅ ≅⋅ ⋅

Il momento torcente di calcolo si ottiene moltiplicando il momento di regime per un coefficiente ψ che

tenga conto di eventuali sovraccarichi dinamici. Posto 1.2ψ ≅ , si ottiene:

1.2 573000 688000 Nmmtc tM Mψ= ≅ ⋅ ≅ Il diametro d dell’albero in grado di trasmette il momento torcente tcM può stimarsi in prima approssimazione, e in assenza di dati più precisi, dall’equazione di stabilità torsionale. Assunto una tensione ammissibile convenientemente ridotta ( 35 MPaammτ ≅ ) si ha:

316

46 mmtc

amm

Md

π τ⋅≥ ≅⋅

Si sceglie pertanto un giunto con diametro esterno 130 mmD = che effettua il serraggio dei semigusci tramite 6 bulloni M12. Assunto che il coefficiente d’attrito tra albero e semiguscio sia pari a 0.25, ogni bullone deve esercitare una forza lungo il proprio asse pari a:

412700 Nt

bb

MF

f d nπ= ≅

⋅ ⋅ ⋅

Il corrispondente momento torcente sul fusto della vite vale: 0.1 15240 Nmmtv b mvM F d≅ ⋅ ⋅ ≅

dove, senza commettere un grande errore, si è posto il diametro medio pari al diametro nominale della vite. Posto il diametro della sezione resistente pari al diametro nominale della vite, le tensioni normali e tangenziali e ideale valgono:

22 2

3

4122 MPa

3 145 MPa16

= 45 MPa

b

vid

tv

v

F

d

M

d

σπ

σ σ ττ

π

= ≅ ⋅ → = + ≅ ⋅ ≅ ⋅

Ipotizzando di realizzare il bullone con un acciaio 8.81, si ha un grado di sicurezza rispetto alla rottura pari a:

8005.5

145ξ ≅ ≅ valore che può essere giudicato accettabile.

1 Gli acciai per bulloneria si indicano con due numeri interi separati da un punto. Il primo numero corrisponde al carico di rottura minimo a trazione del materiale, espresso in MPa, e diviso per 100, mentre il prodotto dei due numeri corrisponde al carico di snervamento del materiale, espresso in MPa, e diviso per 10. Un acciaio 8.8 sarà pertanto caratterizzato da un carico di rottura pari a 8 100 800 MPa⋅ = e un carico di snervamento pari a 8 8 10 640 MPa⋅ ⋅ =

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19

3.2. GIUNTO SELLERS

Il giunto Sellers si compone di un manicotto in ghisa, avente la superficie interna bi-troncoconica, con pendenza interna nell'ordine dei 12÷14° (conicità 1:5 ÷ 1:4). Dentro al manicotto sono sistemati i due coni in ghisa (bussole) tagliati lungo un piano assiale che a loro volta sono calettati sugli alberi di trasmissione mediante chiavette.

Il momento torcente viene trasmesso da un albero ad una bussola, da questa al manicotto, dal manicotto alla seconda bussola e da quest'ultima al secondo albero, il tutto sempre per effetto dell'attrito tra le superficie a contatto e dal carico assiale indotto in tre tiranti dal serraggio dei dadi.

Definito il diametro degli alberi, le principali dimensioni del giunto risultano dall'allegata tabella.

La verifica del giunto si conduce determinando le tensioni agenti nei tre tiranti filettati. Sia:

f coefficiente d’attrito tra i semiconi e il manicotto T il tiro totale esercitato dai bulloni β l’angolo di inclinazione dei semiconi

Per l’equilibrio alla traslazione si ha:

sin cosT N f Nβ β= + ⋅ ⋅ Indicato con Dm il diametro medio dei semiconi, e con tM il momento torcente da trasmettere, dall’equilibrio alla rotazione si ricava:

( )2 sin cos

2m t

tm

D MM f N T f

f Dβ β= ⋅ → = + ⋅

Ogni bullone esercita una forza assiale pari a:

3bT T= Il momento torcente applicato al fusto della vite vale:

( )tan 0.12mv

tv b b mv

dM T T dα ϕ= + ≅ ⋅ ⋅

dove mvd è il diametro medio della vie, α l’angolo di inclinazione dell’elica media del filetto, e ϕ è l’angolo di semiapertura del cono d’attrito corrispondente al coefficiente d’attrito tra vite e madrevite. Le due sollecitazioni sforzo normale bT e momento torcente tvM inducono delle tensione normali σ e tangenziali (di torsione) τ che dovranno essere composte, secondo von Mises, in un’unica tensione ideale da confrontarsi con la tensione ammissibile del materiale costituente i bulloni.

T

N

Ra

ββββ

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20

2 2

3

4

316

b

rid amm

tv

r

T

d

M

d

σπ

σ σ τ στ

π

≅ ⋅ → = + ≤ ≅ ⋅

Tabella di proporziona mento dei giunti SELLERS

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Esempio 3.2.1 Verificare le viti di serraggio di un giunto Sellers in grado di trasmettere a regime una potenza di 20 kW alla velocità di 300 rpm. Il momento di regime vale:

610 30 60637 Nm

2 300tMπ⋅ ⋅= ≅⋅

Fissato un coefficiente ψ di amplificazione dinamica del carico pari a 1.2, il momento di calcolo risulta:

1.2 764 Nmtc tM M= ⋅ ≅ Il diametro d dell’albero in grado di trasmette il momento torcente tcM può stimarsi in prima approssimazione, e in assenza di dati più precisi, dall’equazione di stabilità torsionale. Assunto una tensione ammissibile convenientemente ridotta ( 35 MPaammτ ≅ ) si ha:

316

48 mmtc

amm

Md

π τ⋅≥ ≅⋅

Il giunto può pensarsi realizzato1 con 3 bulloni M12. Il diametro medio Dm può essere stimato pari a 96 mm (similitudine geometrica tra il giunto da verificare e il giunto rappresentato nel catalogo) Fissato un coefficiente d’attrito f tra cono e manicotto pari a 0.25, e la pendenza β dei coni pari a 12°, la forza assiale si serraggio di ogni singolo bullone deve essere pari a:

( )2 sin cos 9600 N

3tc

bm

MT f

f Dβ β= + ⋅ ≅

⋅ ⋅

Il momento torcente applicato al fusto della vite vale:

( )tan 0.1 11500 Nmm2mv

tv b b mv

dM T T dα ϕ= + ≅ ⋅ ⋅ ≅

dove, senza commettere un grande errore, si è posto il diametro medio pari al diametro nominale della vite. Posto il diametro della sezione resistente al diametro nominale della vite, le tensioni normali e tangenziali e ideale valgono:

22 2

3

485 MPa

3 103 MPa16

= 34 MPa

b

vid

tc

v

T

d

M

d

σπ

σ σ ττ

π

= ≅ ⋅ → = + ≅ ⋅ ≅ ⋅

Ipotizzando di realizzare il bullone con un acciaio 8.8, si ha un grado di sicurezza rispetto alla rottura pari a:

8007.7

103ξ ≅ ≅ valore che può essere giudicato accettabile.

1 come specificato nella tabella di proporziona mento, il diametro dei bulloni può essere espresso in funzione del diametro dell’albero d tramite la seguente relazione:

( )0.2 10vd d≅ +

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22

3.3. GIUNTO RIGIDO A DISCHI 1 Sia: Dm diametro medio della fascia di contatto; Dv il diametro della circonferenza a cui appartengono le tracce degli assi delle viti; Mt il momento torcente trasmissibile dal giunto; nv numero delle viti; f coefficiente d’attrito tra le superficie delle flange a contatto. dmv diametro medio delle viti

Dalla potenza N e dalla frequenza di rotazione n si determina il momento torcente Mt eventualmente da maggiorare per tener conto di eventuali sovraccarichi dinamici. Noto Mt, dalle tabelle del costruttore, ci si orienta sulla geometria del giunto e sul numero delle viti. Si determina lo sforzo assiale presente su ogni vite con la seguente relazione:

2 t

v v

MF

fD nψ=

dove 1.1 2ψ ≅ ÷ è un coefficiente che tiene conto di eventuali sovraccarichi dinamici. Si calcola il Momento Mtv da applicare al fusto della vite per generare la forza F :

0.1tv mvM Fd= ⋅ . Si determinano le tensioni sul fusto delle vite, e infine si calcola la tensione ideale confrontandola con la tensione ammissibile.

2 23 2

16 4 3tv

id ammmv mv

M F

d dτ σ σ σ τ σ

π π= = = + ≤

Nel caso la verifica non sia superata, si aumenta il numero e/o il diametro delle viti o si sceglie un giunto di dimensioni maggiori.

1 Il procedimento di calcolo qui descritto fa riferimento alla trasmissione del momento per attrito. Qualora invece i bulloni potessero lavorare a taglio, il momento massimo trasmissibile M, indicato con Dv il diametro della circonferenza dei centri dei bulloni, sarebbe pari a:

2

4 2mv v

v amm

d DM n

π τ=

E’ facile rendersi conto che con bulloni lavoranti a taglio possono trasmettersi momenti più che doppi rispetto al caso di quelli lavoranti a trazione. Tuttavia è opportuno ribadire che per poter far effettivamente lavorare tutti i bulloni a taglio (e tutti sottoposti alla medesima forza tagliante) occorre però una costosa lavorazione di precisione, consistente nel rettificare i gambi dei bulloni a un diametro leggermente maggiore di quello del foro, alesare accuratamente e contemporaneamente i fori corrispondenti nei due dischi e infine montare i bulloni a forza battendoli con la mazza. Un sistema ancora più costoso per assicurare il forzamento dei bulloni nei fori è quello usare bulloni conici. Per ragioni di costo, l’impiego dei bulloni calibrati è riservato di solito a diametri di albero oltre i 200-250 mm, pur potendosi ricorrere ad esso anche per diametri inferiori quando le condizioni di funzionamento (urti) siano particolarmente sfavorevoli. (R. Giovannozzi)

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Esempio 3.3.1 Una macchina motrice sviluppante, a regime, la potenza N di 80 kW, è collegata, tramite un giunto a dischi, ad una macchina operatrice il cui momento resistente Mr (comprensivo delle resistenze utili e passive) è pari, a regime, a 400 N m. Fissando con opportuno criterio i dati occorrenti, si calcolino le dimensioni dei bulloni di collegamento dei dischi del giunto La velocità di rotazione ω del giunto è pari a:

1000 80200 rad/s 1910 rpm

400r

Nn

Mω ⋅= = ≅ → ≅

Il giunto adatto a realizzare la trasmissione assegnata viene scelto “a catalogo”. Si adotta un giunto adatto a trasmettere un momento massimo pari a 500 Nm in grado di sopportare una frequenza massima di rotazione pari a 4000 rpm Il giunto trasmette il momento torcente richiesto tramite il serraggio di 4 viti 12 x 1.25. Il diametro medio della fascia di contatto può essere posto pari a:

1 160 85122.5 mm

2 2m

D DD

+ += = =

Fissato, in via cautelativa, un coefficiente d’attrito tra le flange pari a 0.2 si ricava la forza assiale F che deve essere esercitata dal singolo bullone

400 10002 2 1.5 12245 N

4 0.2 122.5r

v m

MF

n f Dψ ⋅= ≅ ⋅ ≅

⋅ ⋅ ⋅ ⋅

Il momento sul fusto della vite indotto da un serraggio tale da assicurare una trazione F sul gambo vale

( )tan2m

tv

dM F α ϕ≅ +

Confondendo in prima approssimazione il diametro medio con il diametro nominale della vite e posto

( )tan 0.2α ϕ+ ≅ si ha:

14694 NmmtvM = La tensioni di trazione e torsione massima valgono:

2 2

3

4 4 12245108 MPa

1216

= 43 MPatv

F

dM

d

σπ π

τπ

⋅≅ ≅ ≅⋅ ⋅⋅ ≅⋅

La tensione ideale, secondo von Mises, risulta:

2 23 131 MPaidσ σ τ= + ≅ Ipotizzato di realizzare il bullone con un acciaio 8.8, pertanto con una tensione di snervamento pari a 640 MPa, il coefficiente di sicurezza risulta:

6404.9

131ξ = ≅

Valore decisamente accettabile, anche tenuto presente che si è adottata una sezione resistente pari alla sezione nominale della vite.

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3.4. GIUNTO NORTHON

Il giunto è costituito da due dischi che portano, metà ciascuno, una corona di pioli incastrati ad esso ad un estremo. L’incastro dei pioli è normalmente ottenuto montando il loro gambo nel disco con un leggero forzamento e serrando, mediante un dado, un collare. L’appoggio dei pioli sull’altro disco è realizzato elasticamente mediante un blocco di gomma. In ciascun disco i pioli sono alternati ai fori in modo che, a montaggio effettuato, il giunto costituisca un insieme simmetrico ed equilibrato. Giunti di questo tipo vengono usati per accoppiare albero e puleggia del freno degli apparecchi da sollevamento, in modo da attenuare gli effetti provocati da brusche frenature. Di seguito riportiamo un estratto del catalogo dei giunti Northon serie PN (produzione Trans-Moto srl). Il calcolo di resistenza vero e proprio riguarda i pioli. Essi vengono verificati a flessione considerandoli come mensole incastrate nel disco e caricate, in corrispondenza della mezzeria del tratto di appoggio gommato, con una forza concentrata P di intensità pari alla forza periferica trasmessa diviso il numero np dei pioli. Indicato con Mt il momento torcente trasmesso e con Dp il diametro della circonferenza a cui appartengono i centri dei pioli, la forza P che si scarica su un singolo piolo vale:

2 t

p p

MP

D n=

Indicata con h la distanza tra il punto di applicazione di P e l’incastro del piolo, il momento flettente massimo sul piolo risulta pari a:

fM P h= ⋅

Il diametro minimo del piolo deve pertanto rispettare la seguente disuguaglianza:

332

amm

P hd

π σ⋅ ⋅≥⋅

Per tenere conto di sovraccarichi dovuti ad urti, normalmente la tensione ammissibile si tiene bassa, adottando un grado di sicurezza rispetto alla rottura pari a 6 12ξ = ÷ . Nella zona dove il piolo appoggia sulla gomma occorre verificare che la pressione “media” tra piolo e gomma un superi il valore 1 5 MPaammp ≅ ÷ . Indicando con l la lunghezza della zona di appoggio e con d1 il diametro del piolo in tale zona, deve risultare:

1amm

Pp p

l d= ≤

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Esempio 3.4.1 Una macchina motrice sviluppante, a regime, la potenza N di 80 kW, è collegata, tramite un giunto Northon, ad una macchina operatrice il cui momento resistente Mr (comprensivo delle resistenze utili e passive) è pari, a regime, a 400 N m. Fissando con opportuno criterio i dati occorrenti, si verifichino i pioli di collegamento del giunto. Dai calcoli svolti nell’ambito dell’Esempio 3.1 si ha:

200 rad/s 1910 rpmnω ≅ → ≅ Si sceglie un giunto, con 12 pioli, in grado di trasmettere un momento massimo pari a 600 Nm e in grado di sopportare un velocità massima di rotazione pari a 6000 rpm. Posto il diametro dei pioli pari a d ≅ 14 mm, la distanza pari a 15 mmh = e il diametro 127 mmpD =(similitudine geometrica tra il giunto da verificare e il giunto rappresentato nel catalogo), si conduce una prima verifica a flessione:

3 3

32 32 525 1529 MPa

14

P h

π π⋅ ⋅ ⋅ ⋅≅ ≅ ≅⋅ ⋅

2 800 1000

525 N127 12

t

p P

MP

D n

⋅= = ≅⋅ ⋅

Considerato di realizzare un perno in C40 bonificato con ( 670 MPa 400 MPaR snσ σ= = ) il grado di sicurezza nei confronti della rottura risulta:

67023

29ξ ≅ ≅ del tutto accettabile.

Sempre da catalogo si ricava la lunghezza l della zona di appoggio perno-tassello gommato

33 mml ≅ La pressione media di contatto vale:

5251.2 MPa

33 14

Pp

l d= ≅ ≅

⋅ ⋅ pienamente accettabile.

Bibliografia Giovannozzi R Costruzione di Macchine vol. 1 Patron Pierotti P. Meccanica vol. 3 Calderini Straneo SL et al. Disegno, progettazione… vol. 2 Principato

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28

3.5. GIUNTO PERIFLEX Il giunto Periflex è realizzato con un elemento elastico costituito da un collare in gomma di sezione a C i cui bordi sono bloccati a pressione su due flange mediante dischi di pressione serrati tramite viti.

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3.6. GIUNTO BIBBY

Il giunto Bibby è costituito da due dischi che portano delle fessure periferiche entro cui sono infilate della lamine di acciaio a sezione costante. Al crescere del carico, e quindi della rotazione relativa dei due semigiunti, la parte di lamina inizialmente libera va avvolgendosi sulla parte curva dei denti per un arco sempre maggiore, aumentando la rigidezza del giunto.

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30

3.7. GIUNTO HARDY Il giunto flessibile Hardy è in grado di funzionare parzialmente come un giunto cardanico. E’ costituto da dischi gommati che vengono attraversati da perni che sono alternativamente solidali all’albero motore e all’albero condotto. Questi giunti hanno una buna capacità di smorzare le vibrazioni.

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31

3.8. GIUNTO OLDHAM Il giunto di Oldham si usa per la trasmissione del moto fra assi paralleli non coincidenti. Il rapporto di trasmissione istantaneo di questo giunto è costantemente pari a uno: il giunto è pertanto omocinetico. L’elemento intermedio di collegamento ruota con velocità angolare comune a quella dei due alberi fra cui trasmette il moto, mentre il suo centro descrive una circonferenza, avente per diametro l’eccentricità e fra i due alberi, con velocità angolare doppia di quella degli alberi. Pertanto tale elemento intermedio è soggetto ad una forza centrifuga pari a:

( )2 22 22

eF m m eω ω= = ⋅ ⋅

Dove con m si è indicata la massa dell’elemento intermedio, con ω la velocità angolare degli alberi e con e l’eccentricità dei loro assi. Considerato uno spostamento angolare virtuale δθ e detti f il coefficiente d’attrito, l/2 la distanza alla quale si trovano, su ciascuna mezza scanalatura, le risultanti P delle pressioni, il rendimento del giunto ha la seguente espressione

1 81

4 82 2 1

2

Pl ef

e e lPl Pf fl

δθηπδθ δθ

π π

⋅= = ≅ −⋅ + ⋅ +

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32

3.9. GIUNTO DI CARDANO (GIUNTO DI HOOKE) Il giunto di Cardano si utilizza quando occorre trasmettere il moto fra assi concorrenti formanti fra loro un angolo generalmente diverso da zero In seguito affronteremo lo studio cinematico particolareggiato del giunto, ora ci limiteremo ad affermare quanto segue: se l’albero motore forma un angolo δ col prolungamento dell’albero condotto, e se l’albero motore ruota con velocità uniforme, il moto rotatorio dell’albero condotto non è uniforme. Si ha quindi una irregolarità periodica della trasmissione che cresce rapidamente al crescere dell’angolo δ. Quando questa irregolarità non possa essere tollerata, si ricorre al doppio giunto cardanico doppio simmetrico (gli angoli formati dai due alberi concorrenti con il terzo albero devono esser uguali. Il giunto di Cardano doppio e simmetrico si comporta come un giunto omocinetico: le velocità angolari dell’albero motore e dell’albero condotto sono coincidenti istante per istante mentre entrambe differiscono dalla velocità dell’albero intermedio

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33

Il giunto di Cardano viene usato per collegare due alberi con assi concorrenti formanti fra loro un angolo generalmente diverso da zero.

Per effettuare lo studio cinematico del giunto si faccia riferimento alle viste in pianta e in prospetto della trasmissione.

Calcolo della velocità dell’albero condotto Quando gli alberi ruotano, gli estremi aa della crociera si muoveranno nel piano frontale a descrivere una circonferenza, mentre gli estremi bb della crociera descriveranno un’ellisse (rappresentata con linea a tratti). Se l’albero A ruota di un angolo α (da aa a a1a1), anche la proiezione di bb ruoterà di un angolo α fino a portarsi in b1b1. L’angolo β di rotazione dell’albero condotto B si ricava determinando la vera posizione di b1b1 (ovvero vista lungo l’asse di B)

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34

Il punto b1 sul piano frontale corrisponde, in pianta, al punto b1’ . Il punto b1’ viene successivamente ribaltato nel piano contenente aa (punto c2). La proiezione di c2 sul piano frontale determina il punto b2 permettendo la definizione dell’angolo β. Valgono allora le seguenti relazioni:

1 2 2

1 1 2 2 1 1

1 1'

2 1

tan tan

tancos

tan

oc oc oc

b c b c b c

oc oc

oc ob

α β

α δβ

= = =

= = =

tan tan cos α β δ= ⋅ (3.1) Derivando entrambi i membri della (3.1) rispetto al tempo si ricava la relazione tra le velocità degli alberi.

( )

2 2

2 2

2 2

22

2

2 2

2

sec sec cos

sec sec cos

sec (1 tan ) cos

tansec 1 cos

cos

cos tancos

cos

a b

a

a b

a b

d d

dt dt

α βα β δ

α ω β ω δα ω β δ

αα ω ω δδ

δ αω α ω

δ

=

⋅ = ⋅ ⋅

⋅ = + ⋅

⋅ = + ⋅ ⋅

+= ⋅ ⋅

2 2

cos

1 sin cosb

a

ω δω δ α

=− ⋅

(3.2)

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35

Il rapporto ωb/ωa ha un valore massimo pari a 1/cosδ che viene raggiunto quando cosα = ±1 ovvero quando α vale 0, 180°, etc… Il rapporto ωb/ωa ha invece un valore minimo pari a cosδ che viene raggiunto quando cosα = 0 ovvero quando α vale 90, 270°, etc.. L’irregolarità periodica della trasmissione I , per ωa costante è pari a:

max min

max min

1cos sin tan

cosb b b b

bmedio a a

Iω ω ω ω δ δ δ

ω ω ω δ −= = − = − = ⋅

L’albero condotto e conduttore hanno la stessa velocità quando:

( )

2 2

22

2 2

cos1

1 sin cos1 cos 1

cossin 1 cos

tan 1 cos sin cos

δδ α

δαδ δ

α δ α δ

=− ⋅

−= =+

= + ⋅ =

tan cos α δ= ± (3.3) Ci sono pertanto quattro angoli di rotazione in corrispondenza dei quali durante ciascun giro la velocità dell’albero condotto uguaglia quella dell’albero motore Calcolo delle accelerazioni dell’albero condotto Supponendo costante la velocità angolare ωa dell’albero motore, l’accelerazione dell’albero condotto vale:

( )2

22 2

sin cos sin 2

1 sin cos

bd d d

dt dt dt

ω α δ δ α αδ α

⋅ ⋅= ⋅ ⋅− ⋅

( )2

222 2

sin cos sin 2

1 sin cos

ba

d

dt

ω δ δ αωδ α

⋅ ⋅= − ⋅− ⋅

(3.4)

L’accelerazione dell’albero condotto si annulla per valori di α multipli di π/2 e assume valori uguali e opposti per valori di α supplementari. La posizione angolare in corrispondenza della quale si trova il massimo (minimo) dell’accelerazione angolare si calcola ponendo a zero la derivata prima della (3.4)

( )( )

( )( ) ( )

22 2

2 2 2 2

2 2 2

2 2 2 2 2

sin 20

1 sin cos

1 sin cos cos2 sin 2 sin

1 0.5 sin 1 cos2 cos2 1 cos 2 sin

2cos2 sin cos2 sin cos2 2sin 2sin cos 2

d

dt

αδ α

δ α α α δ

δ α α α δ

α δ α δ α δ δ α

= − ⋅

− ⋅ ⋅ = ⋅

− ⋅ + ⋅ = − ⋅

− ⋅ − ⋅ = − ⋅

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36

( )2 2

2

sin 2 cos 2cos2

2 sin

δ αα

δ⋅ −

=−

(3.5)

Facendo riferimento ai valori consueti di δ (valori non superiori a 30°) la soluzione della (3.5) fornisce, per α, valori prossimi a 45°. In queste condizioni cos22α è molto piccolo e può senz’altro essere trascurato nei confronti di 2. La (3.5) pertanto può essere semplificata come di seguito proposto:

2

2

2sincos2

2 sin

δαδ−

≃ (3.6)

Ipotizzando che il valore massimo (minimo) dell’accelerazione si ottenga, come è stato detto in precedenza, in corrispondenza di un angolo di rotazione α pari a 45°, tale massimo (minimo) può essere immediatamente calcolato dalla (3.4):

22

22max/ min

sin cos

sin1

2

ba

d

dt

ω δ δωδ

⋅ ±

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37

Determinazione delle reazioni sui cuscinetti

Lo schema sopra rappresentato mostra l’equlibrio del giunto nelle due posizioni angolari estreme. La parte superiore si riferisce ad un angolo di rotazione di zero gradi; mentre la parte inferiore della figura si riferisce all’equilibrio della trasmissione in corrispondenza di un angolo di rotazione di 90°. Angolo di rotazione α = 0° In questa condizione il momento sull’albero motore M1 viene equilibrato da un momento resistente Mn trasmesso dalla crociera e che vale:

11 2 2

cos

1 sin cos cosn

MM M

δδ α δ

= − ⋅ = −− ⋅

(3.7)

La coppia di cuscinetti montati sull’albero dovrà equilibrare il momento Mr1

1 1 tanrM M δ= ⋅ (3.8) L’albero condotto, invece, riceve dalla crociera un momento -Mn che viene equilibrato dal momento resistente M2 che, in questa configurazione, risulta avere la stessa direzione. I cuscinetti sull’abero condotto sono pertanto scarichi. Angolo di rotazione α = 90° In questa condizione il momento sull’albero motore viene equilibrato da un momento trasmesso dalla crociera ed avente la stessa direzione. Pertanto i cuscinetti posti sull’albero motore risultano scarichi. Il momento motore Mn viene equilibrato, sull’albero condotto, da un momento resistente M2 che vale:

2 1 12 2

cos cos

1 sin cosM M M

δ δδ α

= − ⋅ = − ⋅− ⋅

(3.9)

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38

La coppia di cuscinetti montata sull’albero condotto dovrà sopportare un momento Mr2 pari, in modulo, a :

2 2 1tan sinrM M Mδ δ= = (3.10) Nelle condizioni estreme considerate, solo una coppia di cuscinetti risulta sollecitata. In una posizione intermedia entrambe le coppie di cuscinetti risulteranno sollecitate con dei momenti pulsanti tra un valore minimo nullo e un valore massimo definito dalle (3.8) e (3.10) rispettivamente per i cuscinetti sull’albero motore e sul condotto. Angolo di rotazione α qualsiasi La determinazione dei carichi sui cuscinetti in corrispondenza di un angolo di rotazione qualsiasi può agevolmente essere effettuata con riferimento alla figura sotto rappresentata.

Indicato al solito con M1 il momento trasmesso dall’albero motore, ruotante a velocità costante, i momenti Mr1 e Mr2 agenti sui cuscinetti montati rispettivamnete sull’albero motore e su quello condotto valgono:

11 12 2

cos 1cos

1 sin cos sin

r

MM M

δ δδ α δ⋅ = − ⋅ ⋅ − ⋅ (3.11)

1 12 2 2

cos 1

cos 1 sin cos tanr

M MM

δδ δ α δ

⋅ = − ⋅ − ⋅ (3.12)

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39

E’ da notare in particolare che i rapporti Mr1/M1 e Mr2/M1 assumono valori massimi molto prossimi fra loro, ma non coincidenti. Dalla (3.11) ponendo α = 0 si ha:

( )1 1 max/ tanrM M δ=

Dalla (3.12) ponendo α = 90° si ottiene: ( )2 1 max

/ sinrM M δ=

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40

Trasmissione Omocinetica Come è già stato definito ai punti precedenti, il giunto di Cardano semplice non garantisce l’omocinetismo. Il rapporto di trasmissione, infatti, varia al variare dell’angolo di rotazione secondo quanto definito dalla (3.2). Tuttavia una trasmissione omocinetica tra gli alberi estremi può essere ottenuta ricorrendo a una coppia di giunti cardanici, collegati da un albero intermedio, come indicato dalla figure sotto riportate. In tali condizioni, la variazione di rapporto di trasmissione introdotta dal primo giunto viene in ogni istante esattamente compensata da quella dovuta al secondo.

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41

Esempio 3.9.1 In un giunto di Cardano l’albero motore trasmette un momento torcente pari a 41500 N.

1. determinare il momento torcente sullabero condotto con rifrimento alla disposizione angolare di figura in cui gli alberi giacciono nello stesso paino orizzontale;

2. trovare il diametro dei prerni della crociera nell’ipotesi che la pressione ammissibile, la tensione ammissibile a trazione e la tensione ammissibile a taglio siano rispettivamente pari a 14 MPa e 140 MPa e 70 MPa;

3. calcolare la massima tensione nella sezione E-E che si trova a 50 mm dall’asse Y-Y.

Il momento torcente sull’albero condotto, supposto costante il momento torcente motore, varia in funzione della velocità di rotazione dell’albero condotto. Il momento massimo sull’abero condotto è massimo quando la velcotà di rotazione dell’albero condotto eè minimo ossia in corrispondenza cioè di un angolo 90, 270 ...α = ° Trascurando ogni fenomeno passivo si ha pertanto

maxmin

41500= 44163 Nmm

cos cos20°a a

a a b b b ab

MM M M M

ωω ωω δ

= → = = ≅

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42

Le forze massime F agenti sui perni della crociera valgono:

max 883 N2 25

bMF = ≅

Diametro del perno per restere a pressione

8839 mm

6.25 14amm

Fd

l p≥ ≅ ≅

⋅ ⋅

Diametro del perno per resitere a flessione

336.35 32 883 6.36

7.4 mm140amm

Fd

πσ π⋅ ⋅ ⋅≥ ≅ ≅

Diametro del perno per resitere a taglio

4 4 4 4 883

4.6 mm3 3 70amm

Fd

π τ π⋅ ⋅≥ ≅ ≅

⋅ ⋅

La sollecitazione più gravosa risulta quella di flessione e il perno dovrebbe essere realizzato con un diametro minimo di 9 mm. La sezione E-E è sottopsta al’azione combinata della compressione e della flessione. La tensione risultante è pari a:

2

302 883 501.93 67.8 70 MPa

125 6.25 6.25 256

t c fσ σ σ ⋅= + = + ≅ + ≅⋅ ⋅

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43

3.10. GIUNTO OMOCINETICO RZEPPA Anche se, come abbiamo visto in precedenza, con l’adozione del giunto cardanico doppio simmetrico si raggiunge la condizione di omocinetismo, soprattutto per ragioni di ingombro, nelle costruzioni automobilistiche, si sono imposti come dispositivi omocinetici altri tipi di giunti più compatti e leggeri. I più comuni sono: il giunto Bendix-Weiss e il giunto Rzeppa (decisamente il più usato nelle costruzioni meccaniche) Il giunto è costituito da due forcelle, solidali con i due alberi, su cui sono ricavate delle superficie sferiche (rispettivamente interna per l’albero motore ed esterna per l’albero condotto) i cui centri O1 e O2 giacciono sugli assi dei due alberi a breve distanza dal loro punto di intersezione O. In ogni gola trovano posto due sfere che, dovendo toccare entrambe le superficie sferiche attive delle due forcelle, hanno una posizione ben definita in modo da assicurare che il loro centro giaccia nel piano bisettore dell’angolo β formato dagli assi degli alberi.

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44

Bibliografia G. Bongiovanni, G. Roccati Giunti fissi, articolati, elastici e di sicurezza Levrotto & Bella To R. Giovannozzi Costruzione di macchine vol. I Patron J.Hannah, R.C. Stephens Mechanics of machines Arnold Jacazio G, Piombo B. Meccanica Applicata alle Macchine vol. 2 Levrotto & Bella To Straneo SL et al. Disegno, progettazione… vol. 2 Principato

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45

4. COLLEGAMENTO CON VITI Un accoppiamento vite-madrevite può essere analizzato considerando le azioni tra il filetto della vite e quello della madrevite concentrate sull’elica media. Con tale schematizzazione, nell’ipotesi che il filetto sia a pane rettangolare1, lo studio del serraggio di una vite con un momento torcente Mt (attivo lungo il fusto della vite) in grado esercitare una forza assiale F, è del tutto analogo allo studio dell’equilibrio alla salita lungo un piano inclinato di un corpo di peso F soggetto all’azione di una forza orizzontale P.

Il piano inclinato di riferimento, per simulare correttamente l’ accoppiamento vite-madrevite oggetto di studio, deve avere un angolo di inclinazione α pari all’angolo di inclinazione dell’elica media.

1tanmv

p

π−=

dove p è il passo e dmv il diametro medio. Indicato con f il coefficiente d’attrito tra il filetto della vite e quello della madrevite, uguale per analogia al coefficiente d’attrito tra corpo e piano inclinato, la condizione di equilibrio è espressa dalla seguente relazione:

cos cos sin sinP f F F f Pα α α α= ⋅ + ⋅ + ⋅ da cui, indicato con l’angolo di semiapertura del cono d’attrito corrispondente al coefficiente d’attrito f, si ha:

cos sin cos sinP f P f F Fα α α α− ⋅ = ⋅ + ⋅

sin sincos sin cos sin

cos cosP F

ϕ ϕα α α αϕ ϕ

− = +

1 1 Nel caso di filetti triangolari con angolo al vertice del triangolo generatore pari a 2θ , vale sempre la (1.9) in cui al posto di ϕ si sostituisca un angolo *ϕ definito dalla relazione:

costan * tan

cos

αϕ ϕβ

=

essendo β l’angolo che la normale alla superficie del filetto in corrispondenza all’elica media forma con l’asse

della vite, e per la quale vale la relazione:

2 2

coscos cos

1 sin cos

θβ αα θ

=−

Data la piccolezza dei valori di θ e α , si può spesso ritenere in pratica α β= e quindi *ϕ ϕ= giustificando

l’utilizzazione della (1.9) anche nel caso di filetti a pane triangolare o trapezoidale.

ϕ

α

P

F

πdmv

p

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46

( )tanP F α ϕ= + (4.1)

Moltiplicando primo e secondo membro della (4.1) per il diametro medio della vite si ottiene la relazione tra la forza assiale agente sulla vite e il momento torcente agente sul fusto della vite stessa1:

( )tan2mv

tv

dM F α ϕ= ⋅ + (4.2)

In condizioni ordinarie, in mancanza di dati più precisi, si può porre ( )tan 0.2α ϕ+ ≅ da cui si ottiene

la seguente relazione approssimata: 0.1tv mvM F d= ⋅ ⋅ (4.3)

Ribadiamo che nella (1.10) non rappresenta il momento di avvitamento bensì soltanto il momento torcente che si scarica sul fusto della vite e che su di essa induce le tensioni di torsione. Nel caso di viti con finitura superficiale ordinaria può porsi:

1.5avv tvM M≅ ⋅ Una vite serrata è sottoposta a due sollecitazioni:

1. sollecitazione normale il fusto della vite; 2. sollecitazione di momento torcente.

Queste due sollecitazioni sono legate, come abbiamo visto dalla seguente relazione

( )tan2mv

tv

dM F α ϕ= ⋅ +

La due sollecitazioni, sforzo nomale e momento torcente, generano rispettivamente delle tensioni di trazione σ , dirette lungo l’asse della vite, e di torsione τ giacenti in un piano perpendicolare all’asse della vite. Indicato con d il diametro della sezione resistente della vite (in prima approssimazione d può essere posto pari al diametro medio della vite) Le tensioni massime valgono pertanto:

2

3

4

16 tv

F

dM

d

σπ

τπ

= =

Ai fini della verifica della vite, queste due tensioni dovranno essere combinate in un’unica tensione ideale che, a sua volta, dovrà risultare inferiore alla tensione ammissibile del materiale costituente la vite stessa. In base alla teoria di von Mises si ha quindi:

2 23id ammσ σ τ σ= + ≤

1 La (1.9) esprime, nel caso di una vite di manovra, il momento torcente da applicare al fusto della vite per sollevare un carico F (avanzamento in contrasto di carico). E’ facile ricavare che il momento da applicare al fusto della vite permettere la discesa del carico F (avanzamento in direzione del carico) è espresso dalla seguente relazione:

( )tan2md

M F α ϕ= −

Se il momento torcente espresso dalla relazione precedente risulta positivo significa che per abbassare il carico occorre effettivamente applicare un momento esterno, in caso contrario, ovvero con memento negativo, il carico scenderà spontaneamente. E’ evidente che la discesa spontanea (svitamento spontaneo) si ha quando α ϕ< .

tM avvM

τ

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47

Esempio 4. 1 La vite di figura è mossa da un momento M applicato alla base. Il dado porta il carico W e scorre tra due guide che ne impediscono la rotazione. Nell’ipotesi che l’attrito nel cuscinetto a sfere sia trascurabile, trovare il carico che si può sollevare applicando un momento

46000 NmM = Caratteristiche della vite: diametro medio md 50 mm vite a pane quadrato vite a tre principi passo apparente ap 8.5 mm coefficiente d’attrito tra vite e madrevite 0.15f =

Indicato con i il numero di principi della vite, la relazione tra passo reale p e passo apparente ap risulta:

ap i p= ⋅ da cui 3 8.5 25.5 mmp = ⋅ = L’angolo di inclinazione dell’elica del filetto vale:

1 1 25.5tan tan 9.22

50m

p

π π− −= = ≅ °

L’angolo di semiapertura del cono d’attrito corrispondente ad un coefficiente d’attrito pari a 0.15 vale: 1tan 0.15 8.53ϕ −= ≅ °

Dalla (1.9) si ha immediatamente

( ) ( ) ( )2 2 46000

tan 5748 N2 tan 50 tan 9.22 8.53m

m

d MM W W

dα ϕ

α ϕ⋅= + → = = =

+ ⋅ +

Esempio 4. 2 La vite dell’esempio precedente, sotto l’azione del carico assiale W, può svitarsi spontaneamente? Poiché l’angolo di inclinazione 9.22α = ° è superiore all’angolo di semiapertura del cono d’attrito

8.53ϕ = ° il dispositivo non risulta spontaneamente reversibile.

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48

Esempio 4. 3 La bussola di serraggio di figura si aziona ruotando la manovella allo scopo di imprimere alla pinza un moto assiale verso sx in modo da forzarla nella propria sede conica. In tal modo le quattro ganasce della bussola vengono serrate contro il pezzo da lavorare mantenendolo nella corretta posizione. Determinare il momento torcente M da applicare in modo ogni settore conico della pinza eserciti una forza radiale contro il pezzo pari a 450 N nell’ipotesi che:

1. il coefficiente d’attrito tra bussola e sede conica sia pari a 0.20f = ; 2. il coefficiente d’attrito tra volantino e mandrino sia pari a ' 0.15f = ; 3. il coefficiente d’attrito tra vite e madrevite sia pari '' 0.10f = ;

4. diametro medio di contatto volantino mandrino 38 mmcd = ;

5. diametro medio del filetto 23.5 mmmd = ; 6. passo della vite 1.6 mmp = .

Consideriamo l’equilibrio di un singolo settore conico:

1/ 4 sin 20 0.2 cos20

cos20 0.2 sin 20 450 N

W P P

P P

= ° + ⋅ ° ° − ⋅ ° =

Risolvendo il sistema si ottiene:

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49

516 N 1094 NP W≅ = Il momento torcente richiesto sul volantino vale:

( )tan '2 2md W

M W f dα ϕ= + +

con

1 1tan tan 'm

pf

dα ϕ

π− −= =

Sostituendo i valori numerici si ottiene

( ) ( )23 1094tan ' 1094 tan 1.27 5.71 0.15 38 4658 Nmm

2 2 2 2m

c

d WM W f dα ϕ= + + = + + ⋅ ≅

Esempio 4. 4 Con riferimento al morsetto sotto rappresentato di cui si riportano i dati principali, determinare le tensioni agenti nelle sezioni A-A e B-B nonché la lunghezza L dell’asta di manovra in modo che l’operatore esercitando una forza di 90 N sia in grado di esercitare un carico 4540 NW = .

Pane della vite quadrato (assimilabile) Passo filettatura 2 mmp =

Diametro medio vite 11.25 mmmd = Coefficiente d’attrito tra vite e madrevite

0.12f = Coefficiente d’attrito piattello ed estremità sferica della vite ' 0.25f = Raggio medio della zona di contatto tra piattello ed estremità sferica della vite

6.4 mme= Il momento esercitato dall’operatore vale:

( ) 1 1tan ' tan 6.84 tan 0.0572 2m

m

d W pM W f e f

dα ϕ ϕ α

π− −= + + = = = =

( )11.25 45404540 tan 6.9 0.25 6.4 3090 7240 10330 Nmm

2 2tv PM M M≅ + = + ⋅ = + ≅

Per sviluppare un momento torcente pari a 10330 NmmM = con una forza F di 90 N occorre un braccio L pari a:

10330115 mm

90

ML

F= ≅ ≅

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50

Tensioni agenti nella sezione A-A Nella sezione A-A agiscono:

1. Momento torcente 10330 NmmM = 2. Momento flettente 90 152 13680 NmmfM F b= ⋅ = ⋅ =

A cui corrispondono le tensioni:

3. Tensione di torsione 2max 4

10330 11.25 3237 N/mm

2 11.25 2mdM

π⋅ ⋅= ≅ ≅

⋅ ⋅

4. Tensione di flessione 2max 3

90 152 3298 N/mm

11.25

F b

π⋅ ⋅ ⋅= = ≅

Le due tensioni possono essere composte, secondo le indicazioni di von Mises, nell’unica tensione ideale:

2 2 2 2 23 98 37 105 N/mmidσ σ τ= + = + ≅ Tensioni agenti nella sezione B-B Nella sezione B-B agiscono:

3. Momento torcente 7240 NmmPM = 4. Sollecitazione di compressione 4540 NW =

A cui corrispondono le tensioni:

5. Tensione di torsione 2max 4

7240 11.25 3226 N/mm

2 11.25 2mdM

π⋅ ⋅= ≅ ≅

⋅ ⋅

6. Tensione di compressione 2max 2 2

4 4 454046 N/mm

11.25m

W

π π⋅ ⋅= = ≅

Le due tensioni possono essere composte, secondo le indicazioni di von Mises, nell’unica tensione ideale:

2 2 2 2 23 46 26 53 N/mmidσ σ τ= + = + ≅ Bibliografia Giovannozzi R Costruzione di Macchine vol. 1 Patron Hall A.S. et al. Costruzione di Macchine Etas O.Sesini Meccanica Applicata alle Macchine vol. 3 Ambrosiana

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5. LA TRASMISSIONE A CINGHIA Le cinghie sono organi flessibili che si Si distinguono

1. cinghie piatte 2. cinghie trapezoidali 3. cinghie dentate (sincrone)

Nel seguito ci occuperemo soprattutto del calcolo delle cinghie trapezoidali e della loro scelta tramiteindicazioni fornite dai cataloghituttavia indispensabile affrontare lo studio teorico della trasmissione che nel seguito viene riportato. Le equazioni di equilibrio Consideriamo un tratto di cinghcinghia per unità di lunghezza e che si impegna lungo un angolo

22v

dF mr d mv dr

θ θ= ⋅ =

Sia Tc è la tensione nella cinghia dovuta all’azione centrifuga, allora per l’equilibrio deve

2 22 2c c

dmv d T T mv

θθ = → =

Se la cinghia sta trasmettendo potenza, indicando con conduttori della cinghia, in condizione di

( )( )2

2

dT f dN dF

dT f Td mv d

dTfd

T mv

θ θ

θ

= −

= −

=−

e integrando

1

2

20

T

T

dTfd

T mv

θ

θ=−∫ ∫

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51

A TRASMISSIONE A CINGHIA

Le cinghie sono organi flessibili che si avvolgono su pulegge per trasmettere il moto fra due alberi

cinghie dentate (sincrone) Nel seguito ci occuperemo soprattutto del calcolo delle cinghie trapezoidali e della loro scelta tramite

e dai cataloghi delle case costruttrici. Per comprendere appieno tali indicazioni è tuttavia indispensabile affrontare lo studio teorico della trasmissione che nel seguito viene riportato.

Consideriamo un tratto di cinghia piatta avvolta su di una puleggia di raggio cinghia per unità di lunghezza e v la sua velocità; la forza centrifuga dF agente su di un tratto di cinghia che si impegna lungo un angolo dθ vale:

è la tensione nella cinghia dovuta all’azione centrifuga, allora per l’equilibrio deve

2 2mv d T T mv= → =

Se la cinghia sta trasmettendo potenza, indicando con T1 e T2 la tensione totale sui tratti condotti e conduttori della cinghia, in condizione di incipiente slittamento si ha:

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avvolgono su pulegge per trasmettere il moto fra due alberi

Nel seguito ci occuperemo soprattutto del calcolo delle cinghie trapezoidali e della loro scelta tramite le Per comprendere appieno tali indicazioni è

tuttavia indispensabile affrontare lo studio teorico della trasmissione che nel seguito viene riportato.

ia piatta avvolta su di una puleggia di raggio r. Sia m la massa della agente su di un tratto di cinghia

(5.1)

è la tensione nella cinghia dovuta all’azione centrifuga, allora per l’equilibrio deve essere:

(5.2)

la tensione totale sui tratti condotti e

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( )2

12

2

expT mv

fT mv

θ− =−

Qualora l’azione della forza centrifuga possa essere t

( )1

2

expT

fT

θ=

Le zone in cui la cinghia non è a contatto con le pulegge vengono suddivise in due tratti:

1. un tratto in cui la tensione vale 2. un tratto in cui la tensione vale

Gli angoli di avvolgimento e scorrimentoNel tratto di cinghia a contatto con la puleggia la tensione varia, lungo un angolo a T2 secondo quanto definito dalla (5L’angolo θ va misurato a partire dal punto in cui la cinghia lascia la puleggiaL’angolo θ rappresenta l’angolo lungo il quale la cinghia trasmette (o riceve) potenza. Quando l’angolo θ (angolo di scorrimento) supera l’angolo di avvolgimento la cinghia inizierà a slittare. Poiché lθ è comune alle due pulegge, lo slittamento inizierà sempre sulla puleggia minore ovvero sulla puleggia il cui angolo di avvolgimento risulta minore. L’angolo θ viene definito sia angolo effettivo, sia angolo di scorrimento o angolo di creep.

Sottolineiamo che lungo gli archi che sottendono gli angoli

1. la tensione della cinghia è costante e vale 2. la cinghia ha la stessa velocità della puleggia;3. non avviene nessun trasferimento di poten

inefficaci o idle angles)

1 In pratica si constata che per velocità periferiche della cingdecisamente trascurabile. D’altro canto, anche per velocità superiori si preferisce trascurare, per semplicità di calcolo, l’effetto della forza centrifuga salvo poi assumere dei carichi di sicurezzammissibili. 2 Si noti che, diversamente da quanto riportato in figura, nelle cinghie piatte è preferibile tenere il ramo lasco (meno teso) della cinghia sul lato superiore.

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52

Qualora l’azione della forza centrifuga possa essere trascurata1 la (5.3) si semplifica nella

Le zone in cui la cinghia non è a contatto con le pulegge vengono suddivise in due tratti:un tratto in cui la tensione vale T1 (ramo più teso); un tratto in cui la tensione vale T2 (ramo meno teso).

Gli angoli di avvolgimento e scorrimento Nel tratto di cinghia a contatto con la puleggia la tensione varia, lungo un angolo θ, gradualmente da

5.4) o dalla (5.3).2 tire dal punto in cui la cinghia lascia la puleggia.

rappresenta l’angolo lungo il quale la cinghia trasmette (o riceve) potenza. Quando l’angolo (angolo di scorrimento) supera l’angolo di avvolgimento la cinghia inizierà a slittare. Poiché l

lo slittamento inizierà sempre sulla puleggia minore ovvero sulla puleggia il cui angolo di avvolgimento risulta minore.

viene definito sia angolo effettivo, sia angolo di scorrimento o angolo di creep.

Sottolineiamo che lungo gli archi che sottendono gli angoli γ e γ’: la tensione della cinghia è costante e vale T2 sulla puleggia condotta e T1 su quella motrice;la cinghia ha la stessa velocità della puleggia; non avviene nessun trasferimento di potenza (gli angoli γ e γ’ vengono pertanto definiti angoli

In pratica si constata che per velocità periferiche della cinghia inferiori a 10 m/s l’effetto della forza centrifuga è decisamente trascurabile. D’altro canto, anche per velocità superiori si preferisce trascurare, per semplicità di calcolo, l’effetto della forza centrifuga salvo poi assumere dei carichi di sicurezza minori di quelli normalmente

Si noti che, diversamente da quanto riportato in figura, nelle cinghie piatte è preferibile tenere il ramo lasco (meno teso) della cinghia sul lato superiore.

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(5.3)

si semplifica nella (5.4):

(5.4)

Le zone in cui la cinghia non è a contatto con le pulegge vengono suddivise in due tratti:

, gradualmente da T1

rappresenta l’angolo lungo il quale la cinghia trasmette (o riceve) potenza. Quando l’angolo (angolo di scorrimento) supera l’angolo di avvolgimento la cinghia inizierà a slittare. Poiché l’angolo

lo slittamento inizierà sempre sulla puleggia minore ovvero sulla puleggia

viene definito sia angolo effettivo, sia angolo di scorrimento o angolo di creep.

su quella motrice;

’ vengono pertanto definiti angoli

hia inferiori a 10 m/s l’effetto della forza centrifuga è decisamente trascurabile. D’altro canto, anche per velocità superiori si preferisce trascurare, per semplicità di

a minori di quelli normalmente

Si noti che, diversamente da quanto riportato in figura, nelle cinghie piatte è preferibile tenere il ramo lasco

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Incostanza del rapporto di trasmissionePer effetto dell’elasticità del materiale la cinghia lungo il tratto più teso (a tensione allungamento maggiore di quantsopra riportata, indicati con e1 costanza della massa si ha:

1 2

1 21 1

mv mv

e e=

+ +

Trascurando i prodotti 1 1e e ed

(2 2 2 1

1 1 1 1

1 1 11 1 1 1

1 1 1

v e e e

v e e e

+ + −= = ≅ + − = − + − ≅ − ++ + −

ovvero ( )1 22

1

1T Tv

v AE

−≅ −

dove A ed E sono rispettivamente la sezione trasversale e il modulo di elasticità normale della cinghia. Pertanto il rapporto di trasmissione di due pulegge, collegaesattamente pari al rapporto tra i diametri delle pulegge stessevelocità angolari delle pulegge si ha:

( )1 22 1

1 2

1T Tr

r AE

ωω

− = −

Pertanto la trasmissione a cinghia, dato che le tensioni un rapporto di trasmissione che varia al variare della potenza trasmessa. Le cinghie trapezoidali Per aumentare l’aderenza tra cinghia e puleggia strapezoidali. A parità di ogni altra condizione, una cinghia trapezoidale (con semiangolo di gola pari a β) lavora come una cinghia piatta che faccia affidamento su di un nuovo coefficiente d’attrito maggiorato (fittizio) pari a2:

*

sin

ff

β=

1 In realtà, agli effetti della trasmissione del moto, nelle cinghie piatte, il diametro delle pulegge è da considerarsi aumentato di due volte s/2 (con s spessore della cinghia). Pertanto nella corrispondenti aumentati di s/2. Nel caso di cinghie trapezoidali, r1

2 In prima approssimazione, il coefficiente d’attrito d’attrito f pari a circa 0.12-0.14 (Catalogo Gates Corporation)

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53

Incostanza del rapporto di trasmissione Per effetto dell’elasticità del materiale la cinghia lungo il tratto più teso (a tensione allungamento maggiore di quanto avviene nel ramo allentato (a tensione T2). Con riferimento alla figura

ed e2 gli allungamenti rispettivamente nei tratti a tensione

2 1e e si ha:

)( )2 1 1 2 1 2 1 21 1 1 1e e e e e e e e= = ≅ + − = − + − ≅ − +

sono rispettivamente la sezione trasversale e il modulo di elasticità normale della cinghia.

Pertanto il rapporto di trasmissione di due pulegge, collegate da una trasmissione a cinghia, non è esattamente pari al rapporto tra i diametri delle pulegge stesse1. Infatti dalla

egge si ha:

Pertanto la trasmissione a cinghia, dato che le tensioni T variano al variare della potenza trasmessa, ha un rapporto di trasmissione che varia al variare della potenza trasmessa.

Per aumentare l’aderenza tra cinghia e puleggia si utilizzano, in luogo delle cinghie piatte, quelle trapezoidali. A parità di ogni altra condizione, una cinghia trapezoidale (con semiangolo di gola pari a

) lavora come una cinghia piatta che faccia affidamento su di un nuovo coefficiente d’attrito

In realtà, agli effetti della trasmissione del moto, nelle cinghie piatte, il diametro delle pulegge è da considerarsi

/2 (con s spessore della cinghia). Pertanto nella (5.6) r1 e r2

1 e r2 sono invece i diametri primitivi delle rispettive pulegge.

In prima approssimazione, il coefficiente d’attrito f* può porsi pari a circa 0.5 a cui corrisponde un coefficiente 0.14 (Catalogo Gates Corporation)

Elementi di Costruzione di Macchine

Per effetto dell’elasticità del materiale la cinghia lungo il tratto più teso (a tensione T1) subirà un ). Con riferimento alla figura

gli allungamenti rispettivamente nei tratti a tensione T1 e T2, per la

(5.5)

sono rispettivamente la sezione trasversale e il modulo di elasticità normale della cinghia.

te da una trasmissione a cinghia, non è . Infatti dalla (5.5) indicate con ω le

(5.6)

variano al variare della potenza trasmessa, ha

i utilizzano, in luogo delle cinghie piatte, quelle trapezoidali. A parità di ogni altra condizione, una cinghia trapezoidale (con semiangolo di gola pari a

) lavora come una cinghia piatta che faccia affidamento su di un nuovo coefficiente d’attrito

(5.7)

In realtà, agli effetti della trasmissione del moto, nelle cinghie piatte, il diametro delle pulegge è da considerarsi sono i raggi delle pulegge

sono invece i diametri primitivi delle rispettive pulegge.

può porsi pari a circa 0.5 a cui corrisponde un coefficiente

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54

Tensione di pretensionamento Indicata con T0 la tensione di pretensionamento, le tensioni T1 e T2 sui due rami di cinghia, valgono:

1 0

2 0

tc

tc

MT T T

DM

T T TD

= + +

= + − (5.8)

dove D e Mt sono rispettivamente il diametro della puleggia e il momento torcente da essa trasmesso e

cT la tensione dovuto alla forza centrifuga. Indicato con α l’angolo di avvolgimento sulla puleggia minore, il tiro di cinghia minimo necessario per trasferire il momento torcente Mt vale:

( )( )0

exp 122

exp 1t

fMT

D f

αα

+=

− (5.9)

Infatti

( )

( ) ( ) ( )( ) ( )

( ) ( )( ) ( )

( )( )

1 20 1 2

1 2 0

1 2 1 2 1 20

1 2 1 2 1 2

0

2 2 2

2 2

2 12

2 1

exp 122

exp 1

t

c

c

c c c c c

t c c c c

t

MT T

T T T TDT T T T

T T T T T T T T T T TT

M D T T T T T T T T T T

fMT

D f

αα

− = → = + − + = +

+ − − + − − − += = =

− − − − − − −

+=

Sostituendo la(5.9) nelle (5.8) si ottengono le espressioni delle tensioni nei due rami di cinghia in funzione di Tc, di T0 e di α che di seguito sono rappresentate graficamente.

( )( ) ( )1 0 2 0

exp 12 2

exp 1 exp 1c c

fT T T T T T

f f

αα α

= + = ++ +

(5.10)

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55

Con riferimento alla figura precedentemente riportata, consideriamo una trasmissione funzionante a velocità trascurabile e tesa, inizialmente, con un tiro tale da indurre le tensioni rappresentate dai pallini bianchi: il momento torcente trasmesso è proporzionale ovviamente alla differenza tra le tensioni T1 e T2. Immaginiamo ora che la trasmissione raggiunga una velocità tale indurre un aumento di tensione nei due rami pari a Tc: in questa situazione le tensioni dei rami di cinghia sono individuate dai pallini verdi giacenti sulle corrispondenti rette: il momento torcente trasmesso e l’angolo si scorrimento non cambiano, ma le tensioni nei due rami di cinghia sono aumentate. Volendo mantenere la tensioni statica massima pari alla tensione dinamica massima, dovremo diminuire il pretensionamento in modo tale che le tensioni dinamiche dei due rami di cinghia siano individuate dai rispettivi pallini arancio: in questa situazione tuttavia il momento torcente trasmesso è minore. Per quanto riguarda i valori correnti del pretensionamento ricordiamo che, in prima approssimazione, può porsi1:

( )

( )

0

0

22 4 5 cinghie piatte

22 1.5 2 cinghie trapezoidali

t

t

MT

DM

TD

= ÷ = ÷

(5.11)

Come garantire i pretensionamento Il pretensionamento della cinghia, indispensabile per consentire la trasmissione di potenza, può essere effettuato sostanzialmente in quattro modi

1. montaggio forzato: si sfrutta l’elasticità dell’elemento flessibile; 2. uso di un rullo tenditore; 3. uso di una puleggia oscillante; 4. uso di una puleggia traslante.

Sollecitazione sulle cinghie Le cinghie sono sottoposte a due sollecitazioni

1. sollecitazione di trazione dovuta alla forza T 2. sollecitazione di avvolgimento (momento flettente) dovuta appunto all’avvolgimento della

cinghia sulla puleggia La forza T , indicata con A la sezione trasversale della cinghia, genera una tensione di trazione pari a:

t

T

Aσ = (5.12)

La massima sollecitazione di trazione si nel tratto di cinghia in cui ovviamente 1T T= La tensione di avvolgimento si ricava facilmente ricordando che la relazione tra il raggio di curvatura della deformata e il rispettivo momento flettente vale:

1 Considerando i rami di cinghia quasi paralleli, il valore di 2To corrisponde al carico totale sui perni delle pulegge

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1 M

r EJ=

dove al solito E è il modulo di elasticità normale e trasversale. Dalla (5.13) si ottiene:

ff f

EJ M EJM

r W r Wσ= → = =

Il raggio di avvolgimento r, indicato con cinghia, vale:

1 2r r s= + sostituendo nella (5.14) si ottiene:

1 1

2

2f

E s E s

r s d sσ ⋅ ⋅= =

+ +

Il tratto di maggior sollecitazione della cinghia è pertanto il tratto, sottoposto a puleggia minore. Determinazione della lunghezza teorica di cinghiaLa lunghezza L di una cinghia che si avvolge su due pulegge di diametro

( ) ( )2 2 2 cos2 2

D dL Iπ γ π γ γ= + + − +

1sin sinR R

I Iγ γ −∆ ∆ = → =

Cerchiamo ora una espressione della lunghezza della cinghia che, seppur approssimata, è più maneggevole. Tenuto presente lo sviluppo in serie di Taylor di

1 Ai f ini della sollecitazione di flessione si è considerata soltanto la puleggia minore in quanto, avente il diametro minore, induce il momento flettente maggiore.

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56

è il modulo di elasticità normale e J il momento quadratico di superficie della sezione

indicato con r1 il raggio della puleggia minore1 e con

Il tratto di maggior sollecitazione della cinghia è pertanto il tratto, sottoposto a T1, e che si avvolge sulla

Determinazione della lunghezza teorica di cinghia di una cinghia che si avvolge su due pulegge di diametro D e d aventi interasse

2 2 2 cosπ γ π γ γ

Cerchiamo ora una espressione della lunghezza della cinghia che, seppur approssimata, è più

Tenuto presente lo sviluppo in serie di Taylor di sinx

ini della sollecitazione di flessione si è considerata soltanto la puleggia minore in quanto, avente il diametro minore, induce il momento flettente maggiore.

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(5.13)

il momento quadratico di superficie della sezione

(5.14)

e con s lo spessore della

(5.15)

, e che si avvolge sulla

aventi interasse I vale:

(5.16)

Cerchiamo ora una espressione della lunghezza della cinghia che, seppur approssimata, è più

ini della sollecitazione di flessione si è considerata soltanto la puleggia minore in quanto, avente il diametro

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57

3 5

sin .... sin3! 5! ! 2

nx x x nx x

n

π= − + + +

ed arrestando lo sviluppo al primo termine, si ha:

2

D d

Iγ −≅ (5.17)

Sostituendo la (5.17) nella (5.16) e tenuto presente lo sviluppo in serie di cosx arrestato al secondo termine1, si ha:

( ) ( )2 2

22 2

2 2 4 2

D d D dD dL I I

I Iπ

− −+≅ + + −⋅

( )2

22 4

D dD dL I

−+≅ + + (5.18)

Questa è l’espressione della lunghezza approssimata della cinghia che viene normalmente riportata sui cataloghi delle ditte costruttrici. La velocità ottima Si definisce ottima la velocità di una trasmissione, la velocità a cui corrisponde, a parità di potenza trasmessa e di ogni altra condizione, la minima sezione trasversale A di cinghia. In condizione di incipiente slittamento, indicato con α l’angolo di avvolgimento sulla puleggia minore e con m la massa per unità di lunghezza della cinghia, si ha:

( )

( )

1 2

21

22

2

exp

t

DT T M

T mvf

T mvα

− = − = −

( )( )

( )( )

2

2 11

exp2

exp exp 12

exp 1

t

t

amm amm

fMmv

f D fM TT mv A

D f

αα α

α σ σ

+−

= + → = =−

Moltiplicando e dividendo per v, indicando con N la potenza trasmessa, si ha:

( )( )

( )( )

2 3exp exp2

exp 1 exp 1

t

amm amm

f fMmv N mv

D f fvA

v v

α αα α

σ σ

+ +− −

= =

La massa della cinghia per unità di lunghezza è ovviamente funzione della sezione trasversale. Posto pertanto K m A= , si ottiene:

( )( )

3exp

exp 1amm amm

fN KAvA

v f v

ασ α σ

= ++

( )( )

2 exp

exp 1amm amm

fKAv NA

v f

ασ σ α

− =+

1

2 4

cos 1 ..... cos2! 4! ! !

nx x x nx

n n

π= − + + +

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58

( )( )

22 exp1

exp 1amm

amm amm amm

fKvKv NA A

v f

ασσ σ σ α

−− = = +

( )( ) ( )2

exp

exp 1amm

amm amm

fNA

v f Kv

α σσ α σ

=+ −

posto ( )( )

exp

exp 1

f NC

f

αα

=+

si ha:

( )2amm

CA

v Kvσ=

( ) ( )2

23 3

3amm

amm amm

C Kv Cd d CA

dv dv v Kv v Kv

σσ σ

− += =

− −

La derivata si annulla pertanto per:

3ammvK

σ= (5.19)

La (5.19) fornisce pertanto la velocità ottima, ossia quella velocità che a parità di ogni altra condizione rende minima1 la sezione trasversale della cinghia.

Normalmente ( )20.1 /K kg m mm≅ ⋅ e ( ) 22.5 3 /amm N mmσ ≅ ÷ per cui la velocità ottima si aggira sui

25-30 m/s. E’ buona norma pertanto raggiungere velocità elevate adottando per le pulegge i massimi diametri compatibili con le esigenze di installazione.

1 La (5.19) esprime una condizione di minimo. Infatti:

0 3

0 3

0 3

amm

amm

amm

v KdA

v Kdv

v K

σ

σ

σ

< <= =

> >

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Esempio 5.1 A pulley of 150 mm effective diameter running at 1500 rev/min drives a follower of 750 mm diameter, the two shafts being parallel, 1 mmass m of 0.4 kg/m and the maximum tension is to be 720 N. If the coefficient of friction 0.4, estimate the maximum tension differences allowing for the inertia of thesectional area A of 320 mm2 and at the maximum condition and the power transmitted to it.

Dalla figura sopra riportata si ricava facilmente che:0.375 0.075

cos 0.3 1.266 2 1 2

θ θ−= ≅ → ≅

L’angolo di avvolgimento sulla puleggia minore vale:2.532 radθ ≅

La velocità della cinghia, supposta

2 750 21500 0.750 11.78 /

60 1000 60

nv m s

π π= = ⋅ ≅

La tensione della cinghia, dovuto all’effetto centrifugo vale:2 20.4 11.78 55.6 cT mv N= = ⋅ ≅

Pertanto nelle condizioni limite deve valere la seguente equazione:

( ) (2

720 55.6exp exp 0.4 2.532 2.754 296.8

55.6f T N

Tθ− = = ⋅ ≅ → ≅

−da cui

1 2 720 296.8 423.3 T T N− ≅ − ≅ Dalla (5.5) si ha immediatamente

2 6 6

423.211.78 1 11.728 /

320 10 300 10v m s−

≅ − ≅ ⋅ ⋅ ⋅ La velocità angolare della puleggia condotta vale:

22

2

60298.6 rpm

2

vn

r π= ≅

E la potenza trasmessa alla puleggia condotta vale:

( )2 1 2 423.3 11.728 4963 P T T v W= − ⋅ ≅ ⋅ ≅

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59

pulley of 150 mm effective diameter running at 1500 rev/min drives a follower of 750 mm diameter, the two shafts being parallel, 1 m apart, and the free parts of the belt considered straight. The belt has a

of 0.4 kg/m and the maximum tension is to be 720 N. If the coefficient of friction 0.4, estimate the maximum tension differences allowing for the inertia of the belt. If the belt has a cross

and E for the material is 300 MN/mm2, estimate the speed of driven pulley at the maximum condition and the power transmitted to it.

Dalla figura sopra riportata si ricava facilmente che:

cos 0.3 1.266 2 1 2

radθ θ= ≅ → ≅

L’angolo di avvolgimento sulla puleggia minore vale:

La velocità della cinghia, supposta indeformabile, vale:

1500 0.750 11.78 /v m s= = ⋅ ≅

La tensione della cinghia, dovuto all’effetto centrifugo vale: 0.4 11.78 55.6 T mv N

Pertanto nelle condizioni limite deve valere la seguente equazione:

) 2exp exp 0.4 2.532 2.754 296.8 f T N= = ⋅ ≅ → ≅

720 296.8 423.3 T T N

si ha immediatamente

6 611.78 1 11.728 /

320 10 300 10v m s

≅ − ≅ ⋅ ⋅ ⋅

La velocità angolare della puleggia condotta vale:

E la potenza trasmessa alla puleggia condotta vale: 423.3 11.728 4963 P T T v W= − ⋅ ≅ ⋅ ≅

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pulley of 150 mm effective diameter running at 1500 rev/min drives a follower of 750 mm diameter, apart, and the free parts of the belt considered straight. The belt has a

of 0.4 kg/m and the maximum tension is to be 720 N. If the coefficient of friction f is equal to belt. If the belt has a cross

, estimate the speed of driven pulley

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60

5.1. Il dimensionamento a catalogo di una trasmissione a cinghie trapezoidali Il dimensionamento di una trasmissione a cinghie trapezoidali si conduce rapidamente seguendo le indicazione delle ditte produttrici che, a loro volta, fanno riferimento alle norme UNI 5789-5790.

V velocità periferica della cinghia dp diametro primitivo della puleggia minore Dp diametro primitivo della puleggia maggiore K rapporto di trasmissione p pK D d=

I Interasse Lp Lunghezza primitiva della cinghia

( )2

2 1.57 ( )4

p p

p p p

D dL I D d

I

−= + ⋅ + +

α Ampiezza dell'arco di contatto sulla puleggia minore

180 57 p pD d

−= − ⋅

Il fattore di servizio

Il fattore di servizio Fs è un coefficiente che, tenuto conto delle condizioni di carico, aumenta opportunamente la potenza che teoricamente dovrebbe essere trasmessa. I valori di Fs vengono stimati secondo le seguenti indicazioni

Determinazione del fattore di servizio Fs

Motore a coppia di

spunto normale

Motore a coppia di

spunto elevata ore di servizio 10 16 >16 10 16 >16 Carico uniforme 1.0 1.1 1.2 1.1 1.2 1.3 medio 1.1 1.2 1.3 1.2 1.3 1.4 pesante 1.2 1.3 1.4 1.4 1.5 1.6 extra pesante 1.3 1.4 1.5 1.5 1.6 1.8

Potenza di calcolo

La potenza di calcolo PC si ottiene dalla potenza nominale PN dalla seguente relazione:

C N SP P F= ⋅

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61

Scelta della sezione di cinghia La sezione appropriata di cinghia si sceglie in base alla velocità della puleggia minore e della potenza di calcolo

Le cinghie trapezoidali sono costitute da: (1) un involucro in tessuto gommato resistente all’usura; (2) un nucleo centrale in fibre sintetiche, resistente allo sforzo di trazione; (3) strati in gomma elastica, soggetti a trazione e compressione, che trattengono il nucleo

Dimensioni delle cinghie trapezoidali /(mm) UNI 5265

Sezione Y Z A B C D E Larghezza di riferimento Wd 5.3 8.5 11 14 19 27 32 Larghezza nominale W 6 10 13 17 22 32 38 Altezza nominale T 4 6 8 11 14 19 25

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62

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63

Il diametro di riferimento equivalente Si definisce come tale e si indica con de il diametro di riferimento delle due pulegge di una trasmissione con rapporto di trasmissione K=1, equivalente, agli effetti della fatica per flessione della cinghia, alla trasmissione data di uguale interasse. Il valore di de si ottiene moltiplicando il diametro di riferimento della puleggia minore dp per un fattore di correzione Fb, variabile con il rapporto di trasmissione K

Potenza nominale trasmissibile da una cinghia

La potenza nominale p1 trasmissibile è quella trasmissibile da una cinghia con angolo di avvolgimento sulla puleggia pari a 180α = ° . La potenza p1 dipende dal diametro di riferimento de, dalla velocità periferica V della cinghia e dal tipo di sezione secondo quanto di seguito specificato.

0.09 4 21

0.09 4 21

0.09 4 21

0.09 4 21

0.09 4 21

1

7.35(0.25 0.47 10 )

19.61(0.45 0.76 10 )

51.3(0.79 1.31 10 )

143.2(1.48 2.34 10 )

507.2(3.15 4.76 10 )

(4.57

e

e

e

e

e

Z p V V Vd

A p V V Vd

B p V V Vd

C p V V Vd

D p V V Vd

E p V

− −

− −

− −

− −

− −

⇒ = − − ⋅

⇒ = − − ⋅

⇒ = − − ⋅

⇒ = − − ⋅

⇒ = − − ⋅

⇒ = 0.09 4 2951.17.05 10 )

e

V Vd

−− − ⋅

V [m/s]; de [mm]; p1 [kW]

Potenza effettiva trasmissibile da una cinghia La potenza effettiva p, che una cinghia può trasmettere, si ottiene moltiplicando p1 per:

1. un coefficiente Fα di correzione che tiene conto dell'ampiezza α dell'arco di contatto fra cinghia e puleggia minore e che si ottiene dalla tabella di seguito riportata

Coefficiente di correzione Fα

α 180° 170° 160° 150° 140° 130° 120° 110° 100° 90° Fα 1.00 0.98 0.95 0.92 0.89 0.86 0.82 0.78 0.74 0.69

2. un coefficiente di correzione Fe, che tiene conto, a parità di altre condizioni, della

frequenza di flessione della cinghia e che si ricava dal diagramma di seguito riportato:

1 ep p F Fα= ⋅ ⋅

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64

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65

Esempi di rappresentazione di alcune pulegge per cinghie trapezoidali

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66

5.1.1. Calcolo della cinghia passo passo Dati: Potenza, frequenza di rotazione, rapporto di trasmissione (Dp/dp), tipo di utilizzo.

1. Fissato il fattore di servizio, si determina la potenza di calcolo. 2. Noti il numero di giri della puleggia minore e la potenza di calcolo si sceglie la sezione

appropriata di cinghia (A, B, C….) 3. Si stabilisce il diametro primitivo della puleggia minore (consultare la tabella riportante i

diametri minimi) 4. Se l’interasse I a non è assegnato lo si determini, in prima approssimazione con una delle

seguenti relazioni

p p

p p

se D 3d2 se D > 3d

p pa p

a p

D dI d

I D

−= + <

=

5. Si determina la lunghezza della cinghia L 6. Si sceglie la lunghezza disponibile Ld più vicina a quella determinata al punto precedente 7. Si calcola l’interasse corretto IC con una delle seguenti relazioni :

se 2

se 2

dC a d

dC a d

L LI I L L

L LI I L L

−= − >

−= + <

8. Noto il rapporto di trasmissione si determina il fattore Fb e il diametro primitivo equivalente de 9. Note la sezione di cinghia (A, B, C….) e la sua lunghezza si determina il fattore Fe 10. Si calcola la velocità della cinghia 11. Con la velocità della cinghia, la sua sezione e il diametro primitivo equivalente si determina la

potenza nominale p1 trasmissibile da una cinghia 12. In base all’angolo di avvolgimento sulla puleggia minore si determina il fattore Fα 13. La potenza effettiva p trasmissibile da una cinghia sarà:

1 ep p F Fα= ⋅ ⋅

14. Si determina infine il numero di cinghie rapportando la potenza di calcolo alla potenza p

determinata al punto precedente. Il numero di cinghie deve essere approssimato all’intero più vicino in difetto o in eccesso

Determinazione del tiro di cinghia Sia Mt il momento torcente trasmesso da una puleggia con raggio pari a R. Il tiro totale F agente sulla puleggia per effetto del pretensionamento della cinghia può essere posto pari a1 :

2(4 5) per cinghie piatte

2(1.5 2) per cinghie trapezoidali

t

p

t

p

MF

D

MF

D

= −

= −

1 Si considerano ovviamente i rami di cinghia “quasi paralleli”

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67

Esempio 5.1.1.1 Si progetti una trasmissione a cinghie trapezoidali che collega un motore elettrico da 3.5 kW, ruotante a 1500 rpm, ad un albero di una macchina utensile ruotante a 1200 rpm. Si determina il fattore di sevizio Fs nell’ipotesi di un servizio giornaliero pari a 8h. Dalla tabella si ricava 1.3SF = La potenza di calcolo è pertanto pari a:

1.3 3.5 4.55 kWC S NP F P= ⋅ = ⋅ = Nota la potenza di calcolo e la frequenza di rotazione della puleggia minore (1500 rpm) si determina la sezione di cinghia. Sezione appropriata: sez. A Si determina il rapporto K tra i diametri delle pulegge

1500 1200 1.25K = = Si sceglie il diametro della puleggia minore. Per una sezione di cinghia tipo A, il diametro minimo risulta 90 mm. Riteniamo, per ragioni di ingombro e di efficienza, di adottare una puleggia minore di diametro 140 mm. Il diametro della puleggia maggiore risulta pertanto1: 175 mmp pD K d= ⋅ =

Si determina l’interasse approssimato2 Ia:

297.5 mm2

p pa p

D dI d

+= + =

In base all’interasse approssimato determinato al punto precedente, noti i diametri delle pulegge, si determina la lunghezza teorica della cinghia:

( ) ( )2

2 1090.8 mm2 4

p p

p a p pa

D dL I D d

I

π +≅ + + + =

La lunghezza di cinghia unificata più vicina al valore trovato risulta: 1100 mmdL = In base al valore della lunghezza di cinghia disponibile si calcola l’interasse corretto:

302 mm2

d pC a

L LI I

−≅ + ≅

Si calcola il diametro di riferimento equivalente della puleggia minore: ( ) 140 1.08 151.2 mme p bd d F K= ⋅ ≅ ⋅ ≅

Con la velocità della cinghia, la sua sezione e il diametro primitivo equivalente si determina la potenza nominale p1 trasmissibile da una cinghia:

2 2 1500 140

11 m/s60 2 60 2000

n dV

π π⋅ ⋅= = ≅

0.09 4 21

19.61(0.45 0.76 10 ) 2.46 kW

e

A p V V Vd

− −⇒ = − − ⋅ ≅

1 La puleggia di diametro 175, in base alla nostra tabella non risulta unificata. Possiamo pertanto scegliere una puleggia da 180 mm rinunciando al vincolo imposto sulla frequenza di rotazione della puleggia condotta (1200 rpm), oppure optare per una puleggia da 175 mm con un prevedile aggravio dei costi di produzione. 2 Ovviamente solo nel caso in cui l’interasse non sia imposto.

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68

Si calcola l’angolo α di avvolgimento sulla puleggia di diametro minore:

-1180 2 173 =sin 3.322p p

C

D d

Iα γ γ

− = − ≅ ° ≅ °

Si calcola la potenza effettiva trasmissibile da una cinghia: 1 2.46 0.98 0.9 2.17 kWep p F Fα= ⋅ ⋅ ≅ ⋅ ⋅ ≅ Si determina infine il numero di cinghie della trasmissione

4.552

2.17C

c

PZ

p= ≅ ≅

La trasmissione verrà pertanto realizzata con due cinghie tipo A. Una volta definita la trasmissione, possiamo determinare il tiro di cinghia 0T a riposo e le tensioni nei

due rami a regime 1T e 2T . Le tensioni a riposo e a regime, ritenuta trascurabile l’effetto della forza centrifuga, sono legate dalle seguenti relazioni:

( )1 2

1 2 0

22

pt

dT T M

T T T

− =

+ =

Facendo affidamento su un coefficiente d’attrito f tra cinghia e puleggia pari a 0.5, e fissando un angoloθ di creep, pari per ragioni di sicurezza all’90% dell’angolo di avvolgimento α sulla puleggia minore, si ha:

( )1 1

2 2

173exp exp 0.5 0.9 3.89

180

T Tf

T T

πθ ⋅ = ⋅ → = ⋅ ≅

( )1 2 2 2

2 3.5 1000 60 10002.89 110 N

2 140 2 1500p

t

dT T M T T

π⋅ ⋅ ⋅ ⋅− = → = → ≅

⋅ ⋅ ⋅

1 23.89 428 NT T= = La tensione di cinghia a riposo vale:

1 20 269 N

2

T TT

+= ≅

La forza che si scarica sui cuscinetti dell’albero per effetto del tiro di cinghia vale:

02 538 NT = Bibliografia Caligaris L et al. Manuale di Meccanica Hoepli Giovannozzi R Costruzione di macchine (vol.1) Patron Hannah J Mechanics of machines (advanced theory and examples) Arnold Ottani M. Corso di Meccanica (vol.3) Cedam Shigley JE Progetto e costruzione di macchine McGraw-Hill Straneo SL et al. Disegno, progettazione… vol. 2 Principato

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69

6. RUOTE DENTATE E RUOTISMI Prime definizioni e classificazioni Ruota dentata: ruota munita di denti destinata a trascinarne un’altra o a essere trascinata mediante scambio di forze periferiche. Tipi di ruote dentate

Ruote dentate cilindriche a denti diritti: hanno i denti paralleli all’asse di rotazione e sono utilizzate per la trasmissione del moto tra assi paralleli

Ruote dentate cilindriche a denti elicoidali: hanno i denti inclinati rispetto all’asse di rotazione. Possono essere utilizzate per la trasmissione del moto sia fra assi paralleli sia fra assi sghembi.

Le ruote dentate coniche: hanno i denti ottenuti su superficie coniche. Si distinguono: • ruote dentate coniche a denti diritti: sono usate per trasmette il moto tra assi concorrenti. • ruote coniche a denti obliqui: sono anch’esse usate per trasmetter il moto tra assi concorrenti • ruote ipoidi: le superficie primitive sono iperbolidi di rotazione. Sono utilizzate per trasmettere

il moto tra assi sghembi. Viene impiegata per piccoli scostamenti assiali

Viti senza fine e ruote per viti senza fine: sono utilizzati per trasmettere il moto tra assi sghembi ortogonali fra loro

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70

Ingranaggio: meccanismo elementare costituito da due ruote dentate fra loro ingrananti Ingranaggi: sono costituti da coppie di ruote munite di denti che ingranano tra loro. Pignone o rocchetto: è la ruota di un ingranaggio con il numero di denti minore 1z Ruota: è la ruota di un ingranaggio che ha il numero di denti maggiore 2z Rapporto di ingranaggio u: rapporto tra il numero di denti della ruota e quello del pignone. Il rapporto di ingranaggio è sempre maggiore o uguale ad uno. Rapporto di trasmissione i: è il rapporto tra le velocità angolari della prima ruota motrice di un ruotismo e quella dell’ultima ruota condotta. Diametro primitivo di funzionamento: diametro del cilindro corrispondente a ruote di frizione che trasmettono il moto con uguale rapporto di trasmissione Diametro primitivo di riferimento: è il diametro del cilindro convenzionale in riferimento al quale sono definite le dimensioni della dentatura di una ruota considerata isolatamente e vale z volte il modulo (z numero di denti della ruota) Con riferimento ad una dentatura ad evolvente di cerchio è ben evidente che al variare dell’interasse, pur variando i diametri primitivi di funzionamento, il loro rapporto di mantiene costante1 assicurando l’invariabilità del rapporto di trasmissione

1 il rapporto dei diametri primitivi, in ogni condizione di funzionamento, risulta sempre pari, in una dentatura ad evolvente, al rapporto tra i diametri delle circonferenze (circonferenze di base) sulle le quali si sono realizzate le evolventi dei fianchi dei denti. Poiché i diametri di base, che rappresentano una caratteristica fisica delle ruota indipendente cioè dalle modalità di funzionamento, sono immutabili, è immediato riconoscere che anche il rapporto di trasmissione rimane costante.

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71

Diametro di testa da: è il diametro di tornitura esterna della ruota e contiene la sommità dei denti Diametro di piede o di fondo df: è il diametro del cilindro tangente al fondo dei vani. Denti: ciascuno degli elementi sporgenti di una ruota atti ad assicurare, tramite il contatto con i denti di un’altra ruota, il trascinamento. Vano: è lo spazio tra due denti successivi. Fianco: è la porzione della superficie del dente compresa tra la superficie di testa e quella di piede. I profili dei fianchi dei denti delle ruote dentate, per assicurare soprattutto la costanza del rapporto di trasmissione , sono profilati secondo una evolvente di cerchio.1 Passo p: è l’arco di primitiva staccato da due profili omologhi successivi. Il passo è pertanto pari al rapporto tra la circonferenza primitiva e il numero di denti. Modulo2 m: è il rapporto tra il passo e il numero π . Due ruote fra loro ingrananti devono avere lo stesso modulo e quindi lo stesso passo Retta d’azione: è la normale comune ai profili dei due denti nel loro punto di contatto. Secondo questa direzione agiscono, in assenza di attrito, le forze che si scambiano i denti durante l’ingranamento. Con

1 L’evolvente di cerchio è la curva generata da un punto appartenente ad una retta (retta d’azione) che rotola senza strisciare su di una circonferenza (circonferenza di base o fondamentale)

L’equazione dell’evolvente di cerchio, espressa in coordinate polari, può essere ricavata facilmente in base a semplici considerazioni geometriche:

tan

tan

cos

PBAB PB

OBev

OBev OP

θ ϕ θ

ϕ θ θ θ

ϕ θθ

≡ = = +

= − ≡

= =

2 Nell’industria anglosassone, al posto del modulo, si usa il cosiddetto diametral pitch ovvero il rapporto tra il numero di denti e il diametro primitivo espresso in pollici. A prescindere dalle diverse unità di misura il modulo è il reciproco del diametral pitch.

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72

riferimento alla dentatura ad evolvente, la retta d’azione corrisponde alla tangente comune alle due circonferenze di base. Angolo di pressione αααα: è l’angolo compreso tra la retta d’azione e la tangente comune alle due circonferenze primitive. Altezza del dente h: distanza radiale tra il diametro di testa e il diametro di fondo. Addendum ha: distanza radiale tra il diametro di testa e quello primitivo di riferimento. Nel proporzionamento normale l’addendum è pari al modulo Dedendum hf: distanza radiale tra il diametro primitivo di riferimento e quello di fondo. Nel proporzionamento normale il dedendum è paria 1.25 volte il modulo.

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Linea di ingranamento E’ il segmento della staccato dalle troncature esterne sulla retta d’azione.

La generazione e il taglio del profilo ad evolvente Estensione del profilo all’interno del cerchio di base

Il profilo ad evolvente, definito in precedenza, non può ovviamente estendersi all’interno del cerchio di base. D’altra parte se si adotta il proporzionamento consueto (addendum pari al modulo e dedendum pari a a1.25 volte il modulo) è facile verificare che solo per numero di denti elevati il profilo risulta tutto esterno al cerchio di base. Infatti, affinché questo accada, occorre che il dedendum sia minore o uguale alla differenza fra il raggio primitivo e il raggio di base, ovvero deve valere la seguente disuguaglianza:

( ) 2.51.25 1 cos

2 1 cos

zmm zα

α≤ − → ≥

Adottando un angolo di pressione α pari a 20° risulta pertanto che il profilo rimane tutto esterno al cerchio di base solo se il numero di denti della ruota è maggiore di 42.

Il prolungamento del profilo entro il cerchio di base, necessario in tutti gli altri casi, può essere ottenuto, tramite taglio con fresa, realizzando, all’interno del cerchio di base, un profilo epicicloidale come prolungamento del profilo ad evolvente. Il prolungamento rettilineo in senso radiale, molto semplice da realizzare e molto usato, porta ad uno svantaggioso restringimento del dente alla base.

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Il problema generale dell’interferenzaPer comprendere il problema dell’interferenza è bene esaminarfigura sottostante. A destra vediamo un ingranaggio in cui le troncature di testa intersecano la retta d’azione in due punti e A’ entrambi interni al segmento denti avviene fra profili ad evolvente che hanno istante per istante come normale comune la retta d’azione. A sinistra è rappresentato il caso in cui le troncature di testa tagliano la rettaesterni al segmento dei contatti TTnei tratti ' 'T A e TA i fianchi dei denti non hanno una normcontatto corretto.

Perciò condizione necessaria per evitare l’interferenza è che le troncature di testa taglino la retta d’azione in due punto A e A’ entrambi interni al segmento Consideriamo ora la coppia rocchetto ruota sotto rappresentata. Se si diminuisce il numero di denti del pignone mantenendone costante il diametro primitivo, occorre aumentare parallelamente il modulo della coppia; aumenteranno in tal modo sia l’addendum, snumero di denti del pignone, i punti verrà a coincidere con il punto T’. disporsi esternamente al segmento TT

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Il problema generale dell’interferenza Per comprendere il problema dell’interferenza è bene esaminare le due situazioni rappresentate nelle

A destra vediamo un ingranaggio in cui le troncature di testa intersecano la retta d’azione in due punti 'TT . In questo caso non si ha interferenza perché il contatto fra i

denti avviene fra profili ad evolvente che hanno istante per istante come normale comune la retta

A sinistra è rappresentato il caso in cui le troncature di testa tagliano la retta d’azione in punti 'TT . In questa condizione il funzionamento non è più normale infatti

i fianchi dei denti non hanno una normale comune, dunque non si può avere un

Perciò condizione necessaria per evitare l’interferenza è che le troncature di testa taglino la retta ’ entrambi interni al segmento 'TT .

Consideriamo ora la coppia rocchetto ruota sotto rappresentata. Se si diminuisce il numero di denti del pignone mantenendone costante il diametro primitivo, occorre aumentare parallelamente il modulo della coppia; aumenteranno in tal modo sia l’addendum, sia il dedendum dei denti. Al diminuire del numero di denti del pignone, i punti A e A’ si allontaneranno gradualmente da C fino a che il punto A’

’. Diminuendo ulteriormente il numero di denti, il punto 'TT rendendo problematico l’ingranamento. Pertanto per ogni coppi

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e le due situazioni rappresentate nelle

A destra vediamo un ingranaggio in cui le troncature di testa intersecano la retta d’azione in due punti A . In questo caso non si ha interferenza perché il contatto fra i

denti avviene fra profili ad evolvente che hanno istante per istante come normale comune la retta

d’azione in punti A e A’ . In questa condizione il funzionamento non è più normale infatti

ale comune, dunque non si può avere un

Perciò condizione necessaria per evitare l’interferenza è che le troncature di testa taglino la retta

Consideriamo ora la coppia rocchetto ruota sotto rappresentata. Se si diminuisce il numero di denti del pignone mantenendone costante il diametro primitivo, occorre aumentare parallelamente il modulo

ia il dedendum dei denti. Al diminuire del fino a che il punto A’

Diminuendo ulteriormente il numero di denti, il punto A’ andrà a l’ingranamento. Pertanto per ogni coppi

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ruota-rocchetto esiste un numero minimo dei denti del rocchetto min fz (numero minimo di denti di

funzionamento) al di sotto del quale l’ingranamento è problematico. Il valore di min fz può essere

ricavato da semplici considerazioni geometriche.

Nelle condizioni limite sopra raffigurate si ha:

2 2

' '

'sin cos sin

2 2 2 2a

T C TT TC

d d d dhα α α

= −

= + − −

tenuto presente che ' ' ' =1 ad z m d zm u z z u k h mτ= = = = (ha addendum della ruota)

( )( )

( )2

min 22

1 1 2 sin22

2 sin1 2 sin 1f

kz k

τ τ αττ ατ τ α

+ + +≥ =

++ + − (6.1)

La (6.1) esprime il numero minimo di denti che deve avere un rocchetto per poter ingranare correttamente1 con una ruota formante con esso un rapporto di ingranaggio paria 1u τ= . E’ ben evidente pertanto che il numero minimo di denti di ingranamento di un rocchetto dipende, oltre che dall’angolo di pressione, dal numero di denti della ruota nonché dal proporziona mento della medesima.. Nel caso particolare di un rocchetto ingranante con una dentiera (assimilabile ad una ruota con numero di denti e raggio primitivo infiniti)2 , dalla (6.1) posto 0τ = si ha immediatamente:

min 2

2

sinf

kz

α= (6.2)

Il numero minimo denti definito dalla (6.1), una volta che si ponga 1u = , rappresenta anche il numero minimo di denti intagliabile mediante fresatura. Se i denti sono tagliati per inviluppo (dentiera utensile,

1 Anche in presenza di interferenza, se vi è un gioco notevole tra i denti, la trasmissione del moto non è certamente interrotta, ma il contatto avviene in pessime condizioni, dando luogo a variazioni di velocità, forti vibrazioni e conseguentemente ad un’usura molto rapida. Solo se il gioco fra i denti è nullo o minimo ci può essere inceppamento. 2 La dentiera è può essere considerata una ruota dentata di raggio infinito. Questa particolare ruota dentata ha i fianchi dei denti rettilinei e perpendicolari alla retta di base a sua volta inclinata rispetto alla retta primitiva di un angolo α. Al variare dell’angolo α corrispondono dentiere con denti di particolare inclinazione: l’angolo α serve a caratterizzare un assortimento di ruote e viene chiamato angolo di pressione dell’assortimento. La forma semplice che assume il dente della dentiera profilata ad evolvente (fianco rettilineo) permette la generazione precisa della dentatura servendosi di attrezzi ad essa equivalenti, animati di moto relativo alla ruota da tagliare uguale a quello che si ha durante l’imbocco.

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76

utensile creatore, stozzatrice Fellows) i numeri di denti intagliabili senza interferenza sono quelli corrispondenti a un rapporto di ingranaggio u → ∞ nel caso di un utensile derivato da una dentiera, e a un rapporto di ingranaggio u pari al numero minimo di denti intagliabile senza interferenza (incognito) e il numero di denti della ruota utensile nel caso di taglio con stozzatrice Fellows. Occorre ancora precisare che il dente dell’utensile, sia esso una ruota o una dentiera, deve avere un addendum pari al dedendum della ruota da tagliare. Pertanto, con riferimento al taglio per inviluppo, il numero minimo di denti intagliabili senza interferenza si determina con le (6.1) e (6.2) una volta che k sia sostituto da kd rapporto tra dedendum e modulo. Nel caso di un proporziona mento normale si ha pertanto:

( )( )

( )2

min 22

1 1 2 sin22

2 sin1 2 sin 1d

i d

kz k

τ τ αττ ατ τ α

+ + +≥ =

++ + − (6.3)

min 2

2

sind

i

kz

α= (6.4)

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Taglio tramite dentiera. Quando si taglia un rocchetto, tramite utensili derivati dalla dentiera, con un numero di denti inferiori a quanto stabilito dalla (6.4) i denti del rocchetto risulteranno scavati alla base per effetto dell’interferenza di taglio. Tali rocchetti possono tuttavia ingranare senza interferenza con qualsiasi ruota. Si hanno così rocchetti con denti scavati anche quando sono destinati a funzionare con ruote di grandezza tale per cui non sarebbe da temere l’interferenza. Si supponga ad esempio di realizzare un ingranaggio con un pignone da 16 denti e una ruota da 32 denti. Se realizziamo il rocchetto tramite un utensile derivato dalla dentiera1, poiché il numero di denti 16 è inferiore al numero minimo di denti intagliabili (18.8 denti) definito dalla (6.4) il rocchetto risulterà con

1 In questo esempio (taglio con dentiera) e nel successivo (taglio con ruota utensile) si è posto 1.1dk ≅

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denti scavati alla base anche se il numero di denti del rocchetto è superiore al numero minimo di denti (14.16 denti) definito dalla (6.1). Taglio con ruota utensile Quando si taglia il rocchetto con una ruota utensile è possibile costruire rocchetti non indeboliti ovvero realizzati senza interferenza di taglio i quali però possono interferire e al limite non ingranare se accoppiati con ruote aventi un numero di denti maggiori del coltello generatore. Si supponga di realizzare il pignone dell’ingranaggio considerato in precedenza con un coltello Fellows a 32 denti. Il rocchetto non risulterà scavato alla base e ingranerà perfettamente con la ruota dato che il numero minimo di denti di intaglio (15.57 denti) definito dalla (6.3) è inferiore al numero di denti del rocchetto. Tuttavia se il rocchetto venisse accoppiato con una ruota con 160 denti, dato che il numero minimo di denti di funzionamento (16.38 denti) definito dalla (6.1) è superiore al numero di denti del rocchetto (16 denti) si avrebbe, almeno dal punto di vista teorico, interferenza.

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Continuità dell’ingranamento Il segmento AA’, staccato dalle circonferenze di testa sulla retta d’azione, individua tutte le posizioni di contatto tra il dente del pignone e della ruota. Il punto A rappresenta l’inizio del contatto ed è determinato dall’intersezione tra il cerchio di testa del pignone e la retta delle pressioni. Dualmente A’ rappresenta la perdita del contatto tra gli stessi denti ed è individuato dall’intersezione tra il cerchi di testa della condotta e la retta delle pressioni. Il segmento AA’ è chiamato linea di condotta. L’arco di accesso è l’arco di circonferenza e1, misurabile sia sulla circonferenza primitiva della ruota condotta che su quella della ruota motrice, definito a partire dal fianco del dente a inizio ingranamento fino al punto di tangenza P tra le circonferenza primitive. L’arco di recesso è l’arco di circonferenza e2, misurato, su ciascuna circonferenza primitiva, dal punto di tangenza P tra le circonferenze primitive fino al fianco del dente a fine ingranamento. La somma dei due archi rappresenta l’arco di condotta e Evidentemente perché si abbia continuità d’ingranamento, ovvero al distacco di una coppia di denti in presa sia già iniziata la fase di ingranamento della coppia successiva, è necessario che l’arco di condotta sia maggiore del passo:

e p> (6.5)

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80

Definito il rapporto di condotta ε come il rapporto tra l’arco di condotta e il passo, la condizione imposta dalla (6.5) può essere riscritta in modo del tutto equivalente:

1e

pε ≡ > (6.6)

Come già accennato, per garantire una efficiente trasmissione del moto ε deve essere maggiore dell'unità perché ciò comporta che, prima che la coppia di denti a contatto si separi, una seconda sia già entrata nell'arco d'azione. Nel caso in cui 1 2ε< < l'arco dei contatti risulta diviso in tre parti: · due parti di lunghezza pari a e p− collocate agli estremi dell'arco dei contatti in cui si ha contatto contemporaneamente tra 2 coppie di denti · una parte centrale dell'arco dei contatti di lunghezza pari a 2p e− in cui si ha il contatto di una sola coppia di denti. In genere si usano valori di ε maggiori di 1.2 e attualmente la tendenza è a salire sopra 2 in modo da avere sempre almeno 2 coppie di denti in contatto.

Per le note proprietà dell’evolvente la (6.6) può essere espressa come rapporto tra i rispettivi archi misurati sulla circonferenza di base anziché sulla primitiva, si può scrivere pertanto:

b

b

e

pε = (6.7)

Sempre per la proprietà dell’evolvente è immediato riconoscere che 'be AA= e cosbp p α= , da cui:

'

cos

AA

α=

La lunghezza del segmento AA’ può essere ricavata, con riferimento alla figura di seguito riportata, con semplici considerazioni geometriche.

' ' ' 'AA A T AT TT= + − da cui, indicati con ,R aR e bR , rispettivamente i raggi primitivi, di testa e di base si ha:

( ) ( ) ( )2 2 2 22' ' ' 'a b a bAA R R R R R R= − + + − +

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81

Tenuto presente che

cosa

b

R R km

R R α= +

=

Si ottiene, dopo alcuni passaggi algebrici, la seguente relazione:

( )2 2

2 21 ' 2 ' 2' ' tan

2 cos cos

z k z kz z z zε α

π α α

+ + = − + − − +

(6.8)

E con riferimento al proporzionamento unificato in cui ' 1k k= = si ha:

( )2 2

2 21 ' 2 2' ' tan

2 cos cos

z zz z z zε α

π α α

+ + = − + − − +

(6.9)

Il valore di ε , considerando un proporzionamento normale, è indipendente dal modulo, quindi può essere controllato preliminarmente ad inizio progetto. Pertanto in ogni ingranaggio, oltre a controllare che il numero denti del pignone sia superiore al numero di denti min fz definito dalla (6.1), occorre verificare che il valore di ε definito dalla (6.9), o più in

generale dalla (6.8), sia tale da garantire la regolarità del moto, tenuto presente la frequenza di rotazione e il grado di finitura dei fianchi dei denti.

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Dentature corrette Lo spessore del dente di una ruota a profili non spostati tagliata con un certo utensile è fissato in corrispondenza della circonferenza primitiva (di raggio R0) e vale sempre lo stesso s0 caratteristico della dentiera o del creatore. Come si nota dalla figura sottostante però, lo spessore alla base del dente dipende, con una legge di proporzionalità inversa, dal numero di denti. Il pignone è quindi l’elemento più “debole” dell’ingranaggio, in esso infatti le forze scambiate si distribuiscono su una sezione resistente minore.

In molti casi dimensionare in sicurezza la ruota piccola aumentando il modulo della trasmissione comporterebbe l'adozione di un pignone di dimensioni inaccettabili o per questioni di ingombro o per questioni di costo. Molto più conveniente in tali situazioni è ricorrere a ruote a profili spostati ottenuti allontanando il pignone dalla dentiera utensile (spostamento s positivo) e avvicinando la ruota alla dentiera utensile (spostamento s negativo). In genere questi spostamenti vengono rapportati al modulo introducendo il coefficiente di spostamento x come di seguito definito:

sx

m≡ (6.10)

La correzione sul pignone, con spostamento positivo, mantiene l’altezza totale del dente, ma ne aumenta l’addendum. Per contro, la correzione sulla ruota, con spostamento negativo, mantiene l’altezza del dente ma ne diminuisce l’addendum. La correzione delle ruote induce una modifica sostanziale della resistenza meccanica delle due ruote ottenuta “allargando” i denti del pignone (dimensionati al limite) e “assottigliando” quelli della ruota (sovradimensionati) senza agire sul modulo ossia sulle dimensioni della trasmissione. Per quanto riguarda la scelta dei valori numerici dei coefficienti x, si sottolinea che una soluzione molto usata consiste nello scegliere i coefficienti di spostamento x su ruota e pignone in modo tale che la loro somma algebrica sia nulla. In tale situazione l’interasse dell’ingranaggio corretto coincide con l’interasse nominale.

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83

Secondo le norme AGMA i coefficienti di spostamento standard sono 0.25± e 0.5± che producono un aumento/diminuzione dell’addendum rispettivamente del 25% e del 50%.

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Ruote dentate cilindriche a denti diritti Proporzionamento (vedi dentiera di riferimento UNI 6587): Diam. primitivo: d zm= Diam. di testa: 2ad d m= + Diam. di fondo:

2.5f pd d m= −

Serie di moduli unificati 0.5 1.375 2.5 3.75 6 10 18 32 0.75 1.5 2.75 4 6.5 11 20 36 1 1.75 3 4.5 7 12 22 40 1.125 2 3.25 5 8 14 25 45 1.25 2.25 3.5 5.5 9 16 28 50 I moduli in grassetto sono da usare di preferenza; quelli in corsivo devono essere evitati per quanto possibile.

Dati da indicare sui disegni

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85

Controlli I principali controlli che vengono effettuati sui denti delle ruote dentate cilindriche consistono nel verificare i valori della corda e dell’altezza sulla corda nonché lo scartamento W di Wildhaber come di seguito riportatato. Misurazione della corda e dell’altezza sulla corda di una dentatura

( ) ( )90 sin 1 cos 1 cos

2 2a

zm zms zm f h m

zψ ψ ψ ψ°= = ⋅ = − = + −

Es.: ruota di modulo 2 e 25 denti: 3.6 3.1395 mm 2.0493 mmas hψ = ° = = Misura di Wildhaber dello spessore del dente

cos 2 ev2 2

bb

b

s sp p

d dα α= ⋅ = + ⋅

cos ev2bs m zπα α = + ⋅

Indicato con k il numero di denti inseriti tra i piattelli, si ha:

( )( )cos 0.5 evW m k zα π α= − + ⋅

Es.: ruota di modulo 2 e 25 denti (k = 4)

21.3652 mmW =

Numero di denti k compresi nello scartamento W k 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 range 5-15 16-23 24-32 33-40 41-49 50-58 59-67 68-76 77-85 86-94 95-103

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Spinte prodotte sugli alberi da ingranaggi cilindrici a denti diritti

Calcolo del modulo minimo

1. Calcolo a flessione (Lewis1) Il calcolo a flessione secondo Lewis (1892) considera il dente come una mensola incastrata sollecitata dalla forza / cosN Q α= applicata alla punta del dente. E’ un calcolo di larga massima, di cui riportiamo una giustificazione teorica e le indicazioni finali di progetto.

Dall’equazione di stabilità alla flessione, indicato con fW modulo di resistenza flessionale della

sezione maggiormente sollecitata, e con mλ la lunghezza del dente, si ha:

1 W Lewis. 'Investigation of the Strength of Gear Teeth.' Proc. Engng Club, Phil, 1893

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87

( )max

max21

6

f

f

M Q l

W m tσ

λ

⋅= = (6.11)

Sia l sia t sono quantità incognite che, tuttavia, possono essere ritenute proporzionali al modulo m della dentatura. Si può scrivere pertanto:

1 2 l k m t k m= = (6.12) Sostituendo la (6.12) nella (6.11) si ottiene:

max 222 2

16

Q Q

m Ykm

k

σλ

λ= =

(6.13)

dove Y è un fattore di forma tabellato in funzione del proporzionamento della ruota, dell’angolo di pressione e del numero di denti. Esprimendo quindi Q in funzione del momento torcente trasmesso e del raggio primitivo si ottiene:

max 3

2 tM

z m Yσ

λ=

da cui la formula di progetto finale:

33 32 2t t

amm amm

M Mm

z Y zYλ σ λ σ≥ =

⋅ ⋅ (6.14)

Il valore della radice cubica contenente il fattore di forma Y può essere approssimato convenientemente come segue:

3 31

0.22 1.15t

amm

Mm

z λ σ≥

− ⋅ (6.15)

Si ricorda infine che la tensione ammissibile inserita nella (6.15) è una tensione statica e dovrà essere, come vedremo in seguito, convenientemente ridotta per tenere conto dei sovraccarichi dinamici. Le indicazioni finali di progetto del modulo secondo Lewis possono essere sintetizzate come di seguito riportato. Sia: z numero di denti del pignone (a parità di materiale il pignone è l’elemento più sollecitato) Mt momento torcente sul pignone λ rapporto di fascia (8-20 rispettivamente per ruote grossolane e molto precise).

Rapporto tra la lunghezza del dente e il modulo ψ fattore di riduzione dinamica della tensione ammissibile σamm tensione ammissibile statica (vedi tabella)1

1 Per quanto riguarda il valore della tensione ammissibile, occorre tenere presente che non può trattarsi che di valori di larga massima. Orientativamente si può dire che per velocità periferiche piccole e lavorazioni accurate si possono adottare valori uguali alla metà o anche più del carico di rottura del materiale; per costruzioni correnti si adottano valori alquanto minori pari a 1/3 ÷ 1/5 del carico di rottura. Nel caso degli ingranaggi, come per altro nel caso degli alberi e di molti altri organi meccanici, è estremamente difficile, se non impossibile, stabilire dei criteri generali per l’adozione delle tensioni ammissibili: infatti tali criteri dipendono fortemente dal tipo di applicazione considerata. Consideriamo ad esempio i campi delle costruzioni automobilistiche e delle macchine utensili: è evidente che il calcolo di organi meccanici pur simili differisce notevolmente nei due casi. Nelle costruzioni automobilistiche dove sono predominanti i requisiti di elasticità e leggerezza si dovranno prevedere acciai legati e l’adozione di tensioni ammissibili prossime ai carichi di snervamento. Nell’ambito delle macchine utensili invece, dove predominano i requisiti rigidezza e sono per contro trascurabili le esigenze di alleggerimento, si potranno adottare materiali meno pregiati e di tensioni ammissibili convenientemente ridotte.

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88

Il modulo minimo deve soddisfare la seguente disuguaglianza:

3 31

0.22 1.15t

amm

Mm

z ψλσ≥

− con ( ) A= 3-15m/s

A

A vψ =

+ (6.16)

Dove A è una costante che dipende sostanzialmente dal grado di finitura della ruota (3 m/s per ruote grossolane 15 m/s per ruote di ottima finitura) e v è la velocità periferica del pignone misurata in corrispondenza del diametro primitivo. La disuguaglianza va risolta per tentativi.1

2. Calcolo a pressione Il calcolo a pressione trova la sua giustificazione nel fatto che ben difficilmente la messa fuori servizio di un ingranaggio avviene per la rottura dei denti dovuta a flessione e/o a taglio, bensì per le alterazioni del profilo indotte dall’usura. Tali alterazioni, proporzionali alla pressione tra le superficie a contatto, possono raggiungere livelli tali da compromettere il regolare funzionamento dell’ingranaggio. Per evitare pertanto i danni indotti dall’usura, si dovrà limitare la tensione di contatto nonché garantire una adeguata lubrificazione e finitura superficiale dei fianchi dei denti. La determinazione della pressione di contatto può essere condotta applicando i risultati della teoria di Hertz. In accordo con tale teoria, nel caso di due cilindri di lunghezza l e diametri d1 e d2, l’area di contatto è un rettangolo di ampiezza 2b e lunghezza l , e la tensione massima di contatto vale:

( ) ( )2 21 1 2 2

max1 2

1 12 2

1 1

E EF Fp b

bl l d d

ν νπ π

− + −= =

+ (6.17)

dove con ν ed E si sono indicati rispettivamente il modulo di Poisson e il modulo di elasticità normale dei materiali a contatto

Facendo ora riferimento al punto di contatto tra le due primitive di un ingranaggio, si pone:

l mλ= 2

cos costMQ

Fdα α

= =

da cui sostituendo nella (6.17) si ottiene:

( ) ( )2 1 2max 2 2

1 1 2 2

2 1 1

cos 1 1t b bM r r

pd m E Eα πλ ν ν

+=⋅ − + −

(6.18)

1 Sottolineiamo infine che, anche se il metodo di Lewis trascura gli effetti della forza di compressione R, esso tende a sovrastimare il modulo. Le ipotesi semplificative di Lewis implicano, tra l’altro, che i denti non si ripartiscono il carico e che la condizione di maggiore sollecitazione si verifica all’estremità del segmento dei contatti. Di fatto, poiché il rapporto di condotta è sempre maggiore di uno, la condizione di carico corrispondente all’estremità del segmento dei contatti non è la peggiore, in quanto, in questa condizione, un’altra coppia di denti sarà sicuramente in presa.

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89

in cui 1cr e 2cr i raggi di curvatura dei profili dei denti, rispettivamente di pignone e ruota, in corrispondenza del punto di contatto tra le primitive. Esprimendo tali raggi di curvatura in funzione dei raggi primitivi e dell’angolo di pressione,dopo alcuni passaggi, si ottiene:

( ) ( )2max 3 2 2

1 1 2 1 1 2 2

2 1 1 1 2

cos sin 1 1tM

pz m z z E Eλ π α α ν ν

= + ⋅ − + −

posto ( ) ( )2 2

1 1 2 2

1 2

cos sin 1 1K

E Eπ α α ν ν=

− + −

si ha:

2max 3

1 1 2

2 1 1tMp K

z m z zλ

= + ⋅ (6.19)

dove K dipende dai moduli di Poisson e di elasticità dei materiali, nonché dall’angolo di pressione dell’ingranaggio. Il valore massimo della pressione ammissibile può essere espresso in funzione della durezza superficiale dei fianchi dei denti e della vita dell’ingranaggio intesa come numero di cicli di carico. Indicati con n la frequenza di rotazione, con h il numero di ore di funzionamento e con HB la durezza Brinell, si giustifica pertanto la seguente relazione:

6

25amm

HBp

nh

⋅= (6.20)

sostituendo la (6.20) nella (6.19) e risolvendo rispetto al modulo si ottiene: 2

913

21 1 2

1 10.149 tK M

m n hHB z z zλ

≥ + ⋅ ⋅ ⋅

(6.21)

Le indicazioni finali di progetto del modulo secondo il calcolo di resistenza a pressione possono essere sintetizzate come di seguito riportato. Il modulo minimo deve soddisfare la seguente disuguaglianza:

291

32

1 1 2

1 10.149

473 acciaio/acciaio

385 ghisa/acciaio

335 ghisa/ghisa

tK Mm nh

HB z z z

K

λ

≥ ±

=

(6.22)

dove, n la frequenza di rotazione in rpm, HB è la durezza Brinell del materiale ed h le ore di funzionamento previste ( il segno + vale per ruote esterne; il segno – per ruote interne) Di seguito riportiamo i valori delle tensioni ammissibili e delle durezze corrispondenti ad alcuni materiali nonché le ore di funzionamento tipiche di alcune applicazioni.

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Ore di funzionamento (valori orientativi)

Macchine a funzionamento continuo 24h/24 (turbine, pompe…) 40000-50000

Macchine a funzionamento 8h/24 20000-30000

Macchine a funzionamento intermittente (ascensori…) 5000-15000

Funzionamento limitato (autoveicoli, gru d’officina…) 500-1500

Funzionamento molto poco frequente 50-100

Valori orientativi del carico di rottura a trazione R, della tensione

ammissibile σamm e della durezza HB per il calcolo degli ingranaggi

Materiale R, MPa σamm , MPa HB

Ghisa G200 180 40 170

Ghisa G250 260 55 210

Fe G 520 520 90 150

Fe 570 600 100 175

Fe 490 490 110 150

Fe 590 590 125 180

Fe 690 690 140 210

C 45 700 135 185

C60 800 150 210

Acc. legato da bonifica 750-1500 180-200 260-400

Acc. al C da cementazione 500 125 640

Acc. legato da cementazione 800-1400 180-200 650

Bronzo 320 120 115

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Esempio 6.1 Eseguire il dimensionamento di un ingranaggio cilindrico a denti diritti con le seguenti caratteristiche:

• Potenza nominale sull’albero del pignone 240 kWN = • Frequenza di rotazione del pignone 1000 rpmn =

• Rapporto di ingranaggio 2u = • Durata richiesta 5000 oreh = • Materiale pignone/ruota 16CrNi4 cementato e temprato

N.B.: si considerino solo i moduli preferenziali

Assunzioni per il calcolo secondo Lewis (6.16)

• Numero di denti del pignone 1 27z =

• Tensione ammissibile 200 MPaammσ =

• Fattore A 12 m/sA = • Rapporto di fascia λ 20λ =

Assunzioni per il calcolo a pressione (6.21) • Durezza del fianco del dente 650HB = • Parametro K (acciaio/acciaio) 473K =

Risultati

Progetto a flessione secondo Lewis

Dati inseriti Risultati

Potenza, kW 240 Modulo minimo, mm 6

Numero di giri, rpm 1000 Diametro primitivo, mm 162

Rapporto di fascia b/m 20 Diametro di testa, mm 174

Costante A 12 Diametro di piede, mm 147

Tens. Amm., MPa 200 Forza tangenziale T, N 28249

Numero di denti 27 Forza radiale R, N 10298

Angolo dell’elica, ° 0 Forza assiale A, N 0

Verifica a pressione

Dati inseriti

Potenza, kW 240 Numero denti pignone 27

Numero di giri, rpm 1000 Numero denti ruota 55

Rapporto di fascia b/m 20 Durezza HB 650

Fattore di amplificazione 1 Durata, h 5000

Tipo di accoppiamento acc/acc Ruote esterne SI

Risultato Modulo minimo, mm 5

N.B.: il numero di denti della ruota coniugata stato posto pari a 55 per assicurare un consumo uniforme dei denti.

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92

Esempio 6.2 Un pignone cilindrico a denti diritti, di modulo 4 mm, con 27 denti trasmette una potenza di 100 kW alla frequenza di 500 rpm ed è montato su di un albero secondo lo schema sotto riportato. Determinare, in prima approssimazione, le reazioni sui sopporti.

Il diametro primitivo del pignone vale: 108 mmd zm= =

Il momento torcente trasmesso vale:

100 1000 601910 Nm

2 500t

NM

ω π⋅ ⋅= = ≅

Le forze Q ed R valgono:

235368 N tan 12873 NtM

Q R Qd

α= ≅ = =

Da cui è immediato ricavare:

1 219453 N 15915 NQ Q≅ ≅

1 27080 N 5793 NR R≅ ≅

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Esempio di un riduttore a ruote cilindriche a denti diritti

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95

Le ruote dentate cilindriche a denti elicoidali

Una ruota dentata cilindrica a denti diritti può pensarsi come il risultato di una traslazione assiale del profilo della ruota. Se questa traslazione assiale viene accompagnata da un moto continuo di rotazione si ha una ruota dentata cilindrica a denti elicoidali. L’angolo dell’elica è lo stesso per le due ruote formanti l’ingranaggio, ma una delle due deve avere un’elica sinistrorsa e l’altra destrorsa.

Mentre il contatto iniziale tra i denti delle ruote cilindriche a denti diritti è un segmento che si estende per tutta la lunghezza del dente, nelle ruote dentate cilindriche a denti elicoidali tale contatto iniziale è un punto che diventa un segmento man mano che i denti entrano gradualmente in presa. Ed è appunto questo ingranamento graduale che dei denti che conferisce alle ruote elicoidali la capacità di trasmettere sforzi elevati ad alte velocità e, soprattutto, con silenziosità elevata. Come vedremo successivamente, le ruote elicoidali sottopongono i cuscinetti dell’albero a carichi radiali e assiali e quando questi ultimi diventano troppo elevati può essere consigliabile adottare ruote bielicoidali1. Queste dentature provocano reazioni assiali uguali e contrarie scaricando assialmente i cuscinetti. Nel caso di profili ad evolvente, il fianco del dente di una ruota dentata cilindrica elicoidale è una porzione di una superficie che può chiamarsi elicoide ad evolvente immaginata generata dall’avvolgimento di un pezzo di carta tagliato ad un estremo secondo un angolo bβ rispetto all’asse del cilindro di avvolgimento.

Intersecando l’elicoide con i cilindri primitivo e di base si ottengono eliche di inclinazione rispettivamente β e bβ legate fra loro dalla seguente relazione:

1 Queste ruote furono introdotte da Andrè Citroën fondatore dell’omonima casa automobilistica francese il cui logo rappresenta appunto la stilizzazione di una ruota bielicoidale.

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tantan

cosbββ

α= (6.23)

Parametri frontali e normali In una ruota dentata cilindrica a denti elicoidali possono essere considerati due profili:

a. profilo frontale: è il profilo che si vede osservando una faccia della ruota, profilo che è lo stesso che si ottiene sezionando la ruota trasversalmente con un piano perpendicolare al proprio asse (sez. B-B);

b. profilo normale: è il profilo che si ottiene sezionando la ruota con un piano normale all’elica direttrice della dentatura (sez. A-A)

Le relazioni intercorrenti tra i parametri dei profili frontali e normali, possono essere facilmente determinate facendo riferimento alla dentiera coniugata. Si ha quindi1:

cos cos tan tan cosn n t np p m mβ β α α β= = = (6.24) Proporzionamento Poiché il taglio delle ruote dentate elicoidali avviene generalmente mediante utensili aventi un proporzionamento normale nella sezione normale, il modulo normale (il modulo dell’utensile generatore) dovrà essere scelto all’interno della serie di moduli unificati, mentre il modulo trasversale si ottiene dal modulo normale in funzione dell’angolo di inclinazione dell’elica secondo quanto indicato dalla seconda delle (6.24). Il diametro primitivo d , tenuta presente la definizione di passo, si determina dalla prima delle (6.24)

cosn

t

md z m z

β= ⋅ =

L’addendum e il dedendum, sempre con riferimento ad un proporzionamento normale (UNI 6587), valgono:

1 1.25a n f nh m h m= ⋅ = ⋅

Pertanto i diametri di testa e di fondo valgono: 2 2.5a t f t nd z m m d z m m= ⋅ + ⋅ = ⋅ + ⋅

1 Si osserva che parlare di angolo di pressione in una sezione normale al dente ha strettamente senso solo per la dentiera, non per la ruota. Il dente della ruota infatti, in tale sezione, non è intersecato secondo una evolvente.

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L’interasse di un ingranaggio cilindrico a denti elicoidali, indicati con 1z e 2z rispettivamente il numero di denti di pignone e ruota, vale:

1 2

2 cosnmz z

+= (6.25)

La (6.25) è importante perché mostra come, variando opportunamente l’angolo di inclinazione dell’elica, sia possibile rispettare un interasse prefissato. Esempio 6.3

Determinare l’angolo di inclinazione dell’elica di un ingranaggio cilindrico, di modulo normale 5 mm, avente interasse pari a 111.322 mm e numero di denti di rocchetto e ruota pari rispettivamente a 20 e 23. Dalla (6.25) si ricava immediatamente:

1 1 2cos 15.057 °2 n

z zm

aβ − + = =

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98

Dati da indicare sui disegni

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Numero di denti immaginario

In precedenza si è definito il proporzionamento del dente, ma nulla si è detto circa la forma che il dente assume se sezionato con un piano perpendicolare all’elica primitiva1. Per dare una risposta a questo interrogativo immaginiamo di tagliare la ruota appunto secondo un piano perpendicolare alla direzione dell’elica primitiva. Per effetto di una tale sezione si genera un’ellisse primitiva di semiassi a e b pari rispettivamente a:

2cos 2

d da b

β= =

1 Per elica primitiva si intende l’elica giacente sul cilindro primitivo

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100

Quest’ellisse può confondersi, per il piccolo tratto considerato nell’ingranamento, con la sua circonferenza osculatrice1 avente raggio R* pari a:

2

2*

2cos

a dR

b β= = (6.26)

Su di una tale circonferenza (immaginaria), considerata come primitiva, il modulo è quello normale e il numero di denti corrispondenti è pari a:

3*

cos

zz

β= (6.27)

Ossia il dente di una ruota dentata cilindrica elicoidale se sezionato secondo un piano perpendicolare all’elica media ha una forma corrispondente al dente di una ruota dentata cilindrica a denti diritti avente modulo pari al modulo normale e raggio primitivo e numero di denti pari rispettivamente a R* e z*. z*, appunto perché si riferisce ad una ruota inesistente (ideale), viene detto numero di denti immaginario ed in base ad esso si sceglie la fresa per il taglio della ruota e si calcola il fattore di forma utilizzato nel calcolo a flessione secondo Lewis. Numero minimo di denti intagliabili senza interferenza Sfruttando l’analogia tra la ruota dentata elicoidale e la ruota diritta immaginaria è possibile, per determinare il numero minimo di denti intagliabili, far uso semplicemente delle (6.3) e (6.4), inserendo i parametri della ruota immaginaria, salvo poi, giusta la (6.27), moltiplicare il risultato per 3cos β . Esempio 6.4

Determinare il numero minimo di denti intagliabile senza interferenza di una ruota dentata elicoidale avente proporzionamento normale e angolo di inclinazione dell’elica pari a 25°. Il numero minimo dei denti intagliabile sulla ruota immaginaria, dalla (6.4) posto 1dk = , vale:

* * 3min i min int min i2

217 cos 13

sin 20z z z β= = → = ≅

°

Continuità dell’ingranamento Nelle ruote dentate elicoidali la continuità dell’ingranamento è quasi sempre garantita per effetto dell’entrata e del distacco graduale dei denti in presa. Pertanto il controllo del rapporto di condotta ε è, il più delle volte, superfluo.

1 Il cerchio osculatore è il cerchio che meglio approssima la curva in un punto. Il raggio del cerchio osculatore corrisponde al raggio di curvatura nel punto considerato. Sia ( )y f x= l’espressione di una generica curva. Il

raggio di curvatura ρ è pari a:

( )3/ 221 '

''

y

+=

Con riferimento ad un’ellisse di equazione 2 21y b x a= − si ha che, nel punto di ascissa nulla, il raggio di

curvatura vale 2a bρ = . Poiché nel nostro caso / cosa R β= e b R= è immediato ottenere la (6.26)

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101

Taglio delle ruote tramite utensile creatore

Il taglio si effettua disponendo l’asse del creatore inclinato rispetto all’asse della ruota da intagliare di un angolo γ tale che la tangente all’elica primitiva del creatore, nel punto in cui si toccano i cilindri primitivi della ruota e del creatore , coincida con la tangente all’elica primitiva del dente della ruota nello stesso punto. Con riferimento alla figura sopra riportata si ha pertanto:

Cγ δ β= ± dove il segno + è da considerarsi quando le eliche di creatore e dentatura sono concordi (entrambe destrorse o entrambe sinistrorse), il segno – nel caso contrario. Spinte prodotte dagli ingranaggi cilindrici a denti elicoidali

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102

Esempio 6.5

Calcolare le spinte prodotte da una ruota dentata elicoidale che trasmette una potenza di 20 kW alla frequenza di 250 rpm.

Caratteristiche della ruota: modulo normale nm 5 mm numero di denti z 27 angolo di pressione normale nα 20° angolo di inclinazione dell’elica β 25°

20 1000 60

764 Nm2 250tMπ⋅ ⋅= ≅

148.96 mmcos

nmd z

β= =

210258 NtM

Qd

= ≅

tan 4783 NA Q β= ⋅ ≅

10258tan tan 20 4120 N

cos cos 25n

QR α

β= = ° ≅

°

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103

Calcolo del modulo minimo 1. Calcolo a flessione secondo Lewis

Il calcolo a flessione secondo Lewis, quando applicato alle ruote dentate cilindriche elicoidali, porta sostanzialmente agli stessi risultati ottenuti nel caso delle ruote cilindriche a denti diritti. Ricordiamo che, nel caso delle ruote elicoidali, indicato con λ il rapporto tra la lunghezza assiale della ruota e il modulo normale, la lunghezza del dente vale:

cosnm

β=

Facendo riferimento ad una sezione normale, la condizione di carico risulta schematizzabile come di seguito riportato

Dall’equazione di stabilità alla flessione, indicato con fW il modulo di resistenza flessionale

della sezione maggiormente sollecitata si ha:

( )max

max2

cos16

f

fn

M F h

W m t

βσλ

⋅ ⋅= = (6.28)

Sia h, sia t sono quantità incognite che, tuttavia, possono essere ritenute proporzionali al modulo normale della dentatura. Si può scrivere pertanto:

1 2 n nh k m t k m= = (6.29) Sostituendo la (6.29) nella (6.28) si ottiene:

max 222 2

1

cos cos

6n

n

F F

m Ykm

k

β βσλ

λ

⋅ ⋅= =

(6.30)

Dove Y è un fattore di forma tabellato in funzione del proporzionamento della ruota, dell’angolo di pressione nα e del numero di denti *z della ruota immaginaria Esprimendo F in funzione del momento torcente trasmesso e del raggio primitivo si ottiene:

( )max 3

2 cos 2t t

n n

M M

m Y z m z m Y

βσλ λ

⋅= =

⋅ ⋅ ⋅ (6.31)

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104

Da cui la formula di progetto finale:

33 32 2t t

namm amm

M Mm

z Y zYλ σ λ σ≥ =

⋅ ⋅ (6.32)

Il valore della radice cubica contenente il fattore di forma Y può essere approssimato convenientemente come segue:

33

1

0.22 1.15*

tn

amm

Mm

zz

zλσ

≥−

(6.33)

Al solito poi la tensione ammissibile statica ammσ dovrà essere convenientemente ridotta tramite un coefficiente di riduzione ψ funzione della finitura della ruota e della frequenza di rotazione.

33

1

0.22 1.15*

tn

amm

Mm

zz

zψλσ

≥−

(6.34)

Quindi, in base alla (6.34), il calcolo del modulo minimo del dente di un ruota cilindrica elicoidale può essere condotto con le stesse formule introdotte per il calcolo del dente di una ruota cilindrica a denti diritti con le seguenti precisazioni1:

i. il fattore di forma deve essere espresso in funzione del numero di denti immaginario della ruota;

ii. il rapporto di fascia λ deve esprimere il rapporto tra la larghezza assiale della ruota e il modulo normale.

Ricordiamo infine che il modulo normale ricavato dalla (6.34) dovrà essere arrotondato al valore unificato, mentre il modulo frontale dovrà calcolarsi con la seconda delle (6.24) in base all’angolo di inclinazione dell’elica media.

2. Calcolo a pressione

Con le medesime considerazione svolte in precedenza, anche nel calcolo a pressione dei denti di un ingranaggio cilindrico a denti elicoidali possono usarsi le stesse formule utilizzate per il calcolo dei denti di un ingranaggio cilindrico a denti diritti, con l’unica avvertenza, questa volta, di sostituire i numeri di denti racchiusi entro parentesi nella (6.21) con i rispettivi numeri di denti virtuali definiti dalla (6.27). Si ha pertanto:

291

32

1 1 2

1 10.149

* *

473 acciaio/acciaio

385 ghisa/acciaio

335 ghisa/ghisa

tn

K Mm nh

HB z z z

K

λ

≥ ±

=

(6.35)

dove, al solito, HB è la durezza Brinell del materiale, h sono le ore di funzionamento previste, n la frequenza di rotazione in rpm. (il segno + vale per ruote esterne, il segno – per quelle interne).

1 Queste precisazioni hanno un valore formale più che sostanziale. Tenuto presente che ordinariamente cos 1β ≅ ,

le modificazioni indotte dalla (6.34) rispetto alla (6.16) sono minime se non del tutto trascurabili.

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105

Esempio 6.6 Eseguire il dimensionamento di un ingranaggio cilindrico a denti elicoidali con le seguenti caratteristiche:

• Potenza nominale sull’albero del pignone 240 kWN = • Frequenza di rotazione del pignone 1000 rpmn =

• Rapporto di ingranaggio 1.3u = • Angolo dell’elica 20β = °

• Durata richiesta 5000 oreh = • Materiale pignone/ruota 16CrNi4 cementato e temprato

Assunzioni per il calcolo secondo Lewis (6.34)

• Numero di denti del pignone 1 27z =

• Tensione ammissibile 200 MPaammσ =

• Fattore A 12 m/sA = • Rapporto di fascia λ 22λ =

Assunzioni per il calcolo a pressione (6.35) • Durezza del fianco del dente 650HB = • Parametro K (acciaio/acciaio) 473K =

Risultati

Progetto a flessione secondo Lewis

Dati inseriti Risultati

Potenza, kW 240 Modulo minimo, mm 6

Numero di giri, rpm 1000 Diametro primitivo, mm 172.397

Rapporto di fascia b/m 22 Diametro di testa, mm 184.397

Costante A 12 Diametro di piede, mm 157.397

Tens. ammissibile, MPa 200 Forza tangenziale T, N 26588

Numero di denti 27 Forza radiale R, N 10298

Angolo dell’elica, ° 20 Forza assiale A, N 9677

Verifica a pressione

Dati inseriti

Potenza, kW 240 Numero denti pignone 27

Numero di giri, rpm 1000 Numero denti ruota 35

Rapporto di fascia b/m 22 Durezza HB 650

Fattore di amplificazione 1 Durata, h 5000

Tipo di accoppiamento acc/acc Ruote esterne SI

Risultato Modulo minimo, mm 4

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106

Riduttore ad assi ortogonali costituito da un ingranaggio conico a denti dititti e due ingranaggi clindrici a denti elicoidali

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107

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108

Ruote dentate cilindriche elicoidali per trasmissione fra assi sghembi

Gli ingranaggi cilindrici sghembi, a causa della limitata zona di contatto dei denti coniugati, (teoricamente puntiforme), possono trasmettere solamente potenze modeste. Il forte strisciamento, conseguente alla diversa velocità periferica dei denti a contatto, induce un rapido consumo locale e diminuisce notevolmente il rendimento. Come vedremo, per assi sghembi ortogonali e angoli dell’elica comprese tra 20 e 70° il rendimento della coppia varia dal 70 all’80%. Per descrivere la trasmissione del moto tra due ruote elicoidali ad assi sghembi conviene considerare dapprima la ruota elicoidali 1 che ruota attorno al proprio asse e ingrana con la dentiera D1 ad essa coniugata. Analogamente si consideri la ruota dentata elicoidale 2 che ruota attorno al proprio asse, sghembo rispetto all’asse della ruota 1, e ingrana con la propria dentiera D2.

Se i versi di rotazione delle ruote sono quelli indicati nella figura sopra riportata, le due dentiere coniugate traslano anch’esse nelle direzioni indicate in figura. Si noti che i piani primitivi delle due dentiere coniugate, pur essendo coincidenti, si muovono lungo direzioni diverse. Con la schematizzazione proposta, risulta chiaro che si può immaginare la trasmissione del moto come una successione di tre sequenze:

1. trasmissione del moto dalla ruota 1 alla dentiera coniugata D1; 2. trasmissione del moto dalla dentiera D1 alla dentiera D2; 3. trasmissione del moto dalla dentiera D2 alla ruota 2.

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109

E’ allora evidente che per rendere possibile la trasmissione del moto tra le due dentiere (e quindi quella del moto tra i due assi sghembi) è necessario che i denti delle due dentiere siano fra loro paralleli. In altri termini, per consentire il corretto ingranamento, è necessario che le eliche delle due ruote siano tangenti nel piano tangente comune ai due cilindri primitivi 1. Affinché possa essere rispettata tale condizione deve valere la seguente relazione tra l’angolo ψ formato dagli assi delle ruote e gli angoli di inclinazione delle eliche medie β1 e β2.

1 2

1 2

eliche equiverse

eliche di verso opposto

ψ β βψ β β

= += −

(6.36)

Sempre con riferimento alle dentiere coniugate è immediato riconoscere che esiste una ulteriore condizione per rendere possibile l’ingranamento, condizione che si esprime osservando che il passo delle due ruote dentate, nella direzione normale alla tangente comune alle due eliche, deve essere il medesimo.

1 2 1 2n n n n np p m m m= ⇒ = = (6.37) L’interasse delle ruote vale:

1 2 1 1 2 2

2 2 2

d d z m z ma

+ ⋅ ⋅= = + (6.38)

e poiché

1 1 2 2cos cosnm m mβ β= ⋅ = ⋅ (6.39) Sostituendo la (6.39) nella (6.38) si ottiene:

1 2

1 22 cos cosnm z z

aβ β

= +

(6.40)

1 E’ necessario rilevare che nel caso di ruote elicoidali ad assi sghembi si intendono come cilindri primitivi quei cilindri che sono primitivi nell’ingranamento con le due dentiere coniugate. In realtà questi cilindri non rappresentano affatto le superficie primitive relative all’ingranamento tra le due ruote dentate da cui si sono originate le dentiere coniugate. Le due ruote infatti, nel punto di contatto dei cilindri primitivi prima definiti, hanno velocità diverse.

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110

Rapporto di trasmissione

Siano z1 e z2 i numeri di denti rispettivamente della ruota motrice e della ruota condotta e si indichi con C il punto di contatto dei due cilindri primitivi giacente sulla retta di minima distanza tra gli assi. Le velocità periferiche del punto C pensato appartenente una volta alla ruota motrice e una volta alla condotta valgono:

1 1 1 2 2 2 = V r V rω ω= ⋅ ⋅ (6.41) Poiché le eliche sono tangenti in C, le componenti delle velocità nella direzione perpendicolare alla tangente comune devono essere uguali. Si ottiene pertanto la seguente relazione:

1 1 2 2cos cosV Vβ β⋅ = ⋅ (6.42) Sostituendo la (6.43) nella (6.41) e tenuta presente la definizione di rapporto di trasmissione si ha:

1 2

2 1

zi

z

ωω

= = (6.44)

Esempio 6.7

Determinare le caratteristiche geometriche principali di un ingranaggio cilindrico, a denti elicoidali (eliche equiverse) e ad assi sghembi, nell’ipotesi che: il rapporto di trasmissione i valga 2 l’interasse a sia pari a 120 mm l’angolo ψ formato dagli assi valga 70° Si scelgono i numeri di denti di ruota e pignone in modo da soddisfare la (6.44) (20,40;30,60; 40,80; etc..) Si definiscono, con vari tentativi, i raggi primitivi delle ruote in modo da soddisfare la (6.38) e la (6.36). Una soluzione potrebbe essere la seguente:

1 2

1 2

1 2

20 40

33.9 mm 99.1 mm

53.845 63.194

z z

r r

β β

= == == ° = °

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111

Spinte prodotte dagli ingranaggi cilindrici elicoidali ad assi sghembi

Esprimendo le forze in funzione di Q2 si ha:

( )( )

( )

11 11 2 2

2 2 2

1 2 2 22 2 2

coscos cos sin

cos cos sin cos

sin sin

cos cos sin cos

n

n

n n

n

fQ Q Q

f

R R Q Qf

β ϕα β βα β β β ϕ

α αα β β β ϕ

−+= ≅

− +

= = ≅− +

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112

( )( )( )( )

11 11 2 2

2 2 2

22 22 2 2

2 2 2

sincos sin cos

cos cos sin cos

sincos sin cos

cos cos sin cos

n

n

n

n

fA Q Q

f

fA Q Q

f

β ϕα β βα β β β ϕ

β ϕα β βα β β β ϕ

−−= ≅− −

++= ≅

− +

Rendimento Il rendimento si calcola facilmente rapportando la potenza resistente alla potenza motrice. Indicate con ω1 e ω2 le velocità angolari delle ruote e con d1 e d2 i rispettivi diametri primitivi, e nell’ipotesi che la ruota 1 sia motrice, si ha pertanto:

( )( )

2 2 2

1 1 1

2

2

Q d

Q d

ωη

ω⋅

=⋅

Tenuta presente poi la (6.44) si ottiene1:

( )( )

21 2

2 1 1

coscos 1 tan

cos cos 1 tan

f

f

β ϕβ βηβ β ϕ β

+ −= =− +

(6.45)

Annullando la derivata prima della (6.45) rispetto a β1, tenuto conto che 1 2ψ β β= + , si trova che, a parità di ψ, il massimo del rendimento si ha per:

1 2 1 2 1 2; ; 2 2 2 2 2

ψ ϕ ψ ϕ ψβ β ϕ β β β β− = = + = − ⇒ ≅ ≅

Infatti posto 2 1β ψ β= − e sostituendo nella (6.45) si ha:

( ) ( ) ( ) ( )( )11 12 2

1 1 1 1

1 tan0 1 tan 1 tan

1 tan sin sin

f d f ff f

f d

ψ β ηη β ψ ββ β ψ β β

− −= → = → + = − −

+ −

( ) ( ) ( ) ( )( )( ) ( ) ( )

2 2 2 21 1 1 1 1 1 1 1

1 1 1

1 1 2 1 2

cos sin 2 cos sin 2 cos cos sin 2 sin 22 2 2

2sin sin 2 2 sin cos 2 tan 2 tan

2 2 2

f f f

f f

β β ψ β ψ β ψ β β ψ β β

ψ β ψ ψ β ψ β ψ ϕψ ϕ ψ ϕβ ψ ϕ β β ϕ β β

+ = − − − → − − = − +

− = − → − = =+ −− = → − = → = =

Esempio 6.8

Un ingranaggio è costituito da due ruote dentate cilindriche elicoidali montate con assi sghembi. Sapendo che le eliche delle ruote sono equiverse e pari rispettivamente a 32 e 45°, determinare il rendimento dell’ingranaggio nell’ipotesi che il grado di finitura delle ruote e il tipo di lubrificazione siano tali da ritenere adottabile un coefficiente d’attrito, tra le superficie dei denti a contatto, pari a 0.2.

Il rendimento η della coppia, considerando come motrice la ruota con angolo di inclinazione dell’elica pari a 32°, vale:

2

1

1 tan 1 0.2 tan 450.71

1 tan 1 0.2 tan32

f

f

βηβ

− − ⋅= = ≅+ + ⋅

Il rendimento η della coppia, considerando come motrice la ruota con angolo di inclinazione dell’elica pari a45°, vale:

2

1

1 tan 1 0.2 tan320.73

1 tan 1 0.2 tan 45

f

f

βηβ

− − ⋅= = ≅+ + ⋅

1 Nel caso invece in cui fosse motrice la ruota 2 si otterrebbe: 1

2

1 tan

1 tan

f

f

βηβ

−=

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113

Ruote coniche a denti diritti Le ruote dentate coniche a denti diritti sono ruote in cui le troncature interne ed esterne e le primitive non appartengono più a delle superficie cilindriche, bensì a delle superficie coniche aventi asse e vertice in comune. I diametri delle ruote variano da punto a punto e le sezioni dei denti decrescono avvicinandosi al vertice. Il diametro primitivo, per convenzione, si assume pari al massimo diametro del cono primitivo. Allo stesso modo il modulo e il passo della dentatura si assumono pari ai loro valori massimi.

Determinazione dell’angolo di apertura dei coni primitivi Assegnato l’angolo Σ compreso tra gli assi a e b ed il rapporto di ingranaggio u, i coni primitivi risultano

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114

definiti dai valori 1δ e 2δ dei rispettivi angoli di apertura che si deducono dalle seguenti relazioni:

2 2 2 1

1 1 1 2

sin

sin

z Ru

z R

δ ωδ ω

= = = = 2 21 2 1 22 cosω ω ω ωΩ = + + Σ

( )1 2

2 1sin sin sin

ω ωδ δ π

Ω= =− Σ

1 22 2

sin sinsin sin

1 2 cos 1 2 cos

u

u u u uδ δΣ ⋅ Σ= =

+ + Σ + + Σ (6.46)

I profili coniugati e l’approssimazione di Tredgold Il moto di un ingranaggio conico, come abbiamo visto in precedenza, può essere studiato facendo riferimento al mutuo rotolamento dei coni primitivi corrispondenti. Durante tale moto l’unico punto fisso è il vertice V dei due coni: il moto di ciascun punto dei due coni è pertanto un moto sferico di centro V e su tale sfera vanno riferiti i profili dei denti delle ruote.

Consideriamo una sfera di centro V e due coni di base B1 e B2 non tangenti e avente vertice comune in V. Le circonferenze 1bc e 2bc siano le intersezioni di tali coni con la superficie della sfera. Consideriamo ora un piano π tangente ad ambedue i coni, passante per V e avente come intersezione con la sfera il cerchio massimo K. Immaginiamo ora di far ruotare K intorno ad un asse passante per V e perpendicolare a π e che le circonferenze 1bc e 2bc siano trascinate in rotazione per attrito e senza scorrimenti relativi.

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115

Le velocità di rotazione dei due coni 1ω e 2ω sono in rapporto costante infatti, indicate con δ e ψ le aperture dei coni primitivi e di base e con Ω la velocità angolare di K, per l’ipotesi di non strisciamento si ha:

1 1 2 2sin sinω ψ ω ψΩ = = (6.47) Indicate con δ le aperture dei coni primitivi a contatto, imponendo la medesima velocità dei punti appartenenti alle generatrici comuni, si ha: 1 1 2 2sin sinω δ ω δ= (6.48) Gli assi dei coni tagliano la sfera nei punti O1 e O2 . Tracciata sulla sfera la congiungente , si individua il punto C come intersezione con la circonferenza K. Il punto C è il centro di istantanea rotazione sulla sfera. L’angolo di pressione è l’angolo compreso tra la tangente n all’arco A1A2 in C e la tangente comune t’ alle due circonferenze primitive c1 e c2 perpendicolare al piano O1VO2: le due rette n e t’ individuano il piano tangente alla sfera nel punto C. Tra l’angolo di pressione e le aperture dei coni primitivi e fondamentali, considerati i triangoli sferici rettangoli CA1O1 e CA2O2 e applicando il teorema dei seni, esistono le seguenti relazioni:

1 21 2

sin sinsin sin

cos cos

ψ ψδ δα α

= = (6.49)

I profili dei denti si ottengono, sulla sfera, come traiettorie di un punto appartenente alla circonferenza K rotolante su una delle circonferenze 1bc o 2bc : si ha in tal modo un’evolvente che giace sulla sfera e che perciò viene detta evolvente sferica. Pertanto facendo rotolare K prima su una e poi sull’altra circonferenza di base si ottengono due superficie coniugate che formano i fianchi dei denti. E’ evidente che, per quanto detto sopra, lo studio del contatto tra i denti e delle condizioni di interferenza dovrebbe essere effettuato con riferimento ai profili dei denti giacenti sulla sfera di centro V. Tale approccio presenta notevoli difficoltà derivanti soprattutto dalla non sviluppabilità della sfera in un piano. Si accetta pertanto la cosiddetta approssimazione di Tredgold1 consistente nell’approssimare la sfera S, per la piccola zona corrispondente all’altezza del dente, con due coni complementari ai due coni primitivi. Sviluppando i coni complementari in un piano, come indicato nella figura sotto rappresentata, ci si riduce alla considerazione di una coppia di ruote piane (ruote fittizie o immaginarie) avente lo stesso modulo2 dell’ingranaggio conico e raggi primitivi pari rispettivamente a:

1 21 2

1 2

* *cos cos

R RR R

δ δ= = (6.50)

Dalla definizione di modulo si ricava immediatamente il numero di denti delle ruote immaginarie:

1 21 2

1 2

* *cos cos

z zz z

δ δ= = (6.51)

e un rapporto di ingranaggio fittizio: 1 Thomas Tredgold (1788-1829), nacque a Brandon, presso Durham il 22 Agosto 1788, e all’età di 14 anni venne assunto come apprendista carpentiere. Fu un autodidatta e fornì un notevole contributo allo studio della resistenza dei materiale e delle macchine. Morì a Londra il 28 gennaio del 1829. Tra i suoi trattati si ricordano: Elementary Principles of Carpentry (1820), Practical Treatise on the Strength of Cast Iron and other Metals (1824), Principles of Warming and Ventilating Public Buildings (1824), Practical Treatise on Railroads and Carriages (1825) e The Steam Engine (1827). 2 Nello sviluppo il passo, e conseguentemente anche il modulo, si conservano.

1 2O O

α

α

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116

2 1

1 2

cos*

cos

zu

z

δδ

= (6.52)

Il numero minimo di denti e il rapporto di condotta Con riferimento all’approssimazione di Tredgold, tenute presente pertanto le (6.50)-(6.52), il numero di denti minimo intagliabile senza interferenza e il rapporto di condotta possono determinarsi facendo uso ancora delle (6.1) e (6.9) applicate ovviamente alle ruote fittizie. Indicato al solito con k il rapporto tra l’addendum e il modulo e con τ

* il reciproco del rapporto di ingranaggio u*, si ha quindi:

( )( )

( )* * 2*

1min 1 * 2* * 2

1 1 2 sin2 cos2 cos

2 sin1 2 sin 1f

kz k

τ τ ατ δ δτ ατ τ α

+ + +⋅≥ = ⋅++ + −

(6.53)

( )2 2* *

*2 *2 * *1 21 2 1 2

2 21tan

2 cos cos

z zz z z zε α

π α α

+ + = − + − − +

(6.54)

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117

Proporzionamento delle ruote coniche Anche per le ruote coniche a denti diritti il dimensionamento viene effettuato in base ad una dentiera di riferimento (UNI 6588) che differisce poco da quella utilizzate per le ruote cilindriche (UNI 6587)

N.B.: la formula per la determinazione del semiangolo del cono primitivo fa implicitamente riferimento ad un ingranaggio conico ad assi perpendicolari.

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118

Dati da indicare sui disegni

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119

Spinte prodotte dagli ingranaggi conici a denti diritti

Le spinte prodotte da ruote coniche a denti diritti si possono calcolare, in prima approssimazione, facendo riferimento alla sezione media della ruota e alla corrispondente ruota immaginaria di Tredgold. Esempio 6.8 Una ruota conica a denti diritti di modulo 5 mm e 42 denti, con semiangolo del cono primitivo pari a 40°, trasmette una potenza di 8 kW alla frequenza di 500 rmp. Determinare gli sforzi sul dente in presa. Il diametro primitivo della ruota vale 210 mmd z m= ⋅ = Indicato con ξ il rapporto tra la lunghezza del dente b e la lunghezza della generatrice del cono primitivo, il diametro primitivo medio può essere espresso come segue:

( )1 / 2md d ξ= −

Da cui, posto in prima approssimazione 0.3ξ ≅ , si ha:

178.5 mmmd ≅ Il momento torcente trasmesso vale:

1000 1000 8 60153 Nm

2 500tMπ⋅ ⋅ ⋅= ≅

La forza tangenziale Q, radiale R ed assiale A, con riferimento ad un angolo di pressione α pari a 20°, valgono quindi:

21712 Nt

m

MQ

d= ≅

tan cos 1712 tan 20 cos40 477 NR Q α δ= ⋅ = ⋅ ° ⋅ ° ≅

tan sin 400 NA Q α δ= ⋅ ≅

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120

Calcolo del modulo minimo La resistenza sia a flessione secondo Lewis, sia alla pressione degli ingranaggi conici può valutarsi con le stesse formule usate per gli ingranaggi cilindrici a denti diritti, purché si faccia ora riferimento al raggio medio e al modulo medio dell’ingranaggio conico e si considerino, in luogo dei numeri di denti effettivi, i numeri di denti immaginari. Dal modulo minimo medio così ricavato si dovrà successivamente determinare il modulo unificato della ruota, ossia il modulo valutato in corrispondenza del diametro primitivo (diametro primitivo massimo). Posta la lunghezza b del dente pari a:

2sinpd

b ξδ

Il modulo si ricava, in funzione del modulo medio, con la seguente relazione:

1 2mm

≅−

(6.55)

In prima approssimazione può porsi 0.3ξ ≅ da cui:

0.85mm

m≅

Ricordiamo infine che, nel caso delle ruote coniche il rapporto di fascia λ inserito nella (6.15) e nella (6.21) dovrà essere sostituito dal rapporto *λ tra la larghezza del dente b e il modulo medio, rapporto che si determina noti il numero di denti e il rapporto ξ tra la lunghezza del dente b e la lunghezza R della generatrice del cono primitivo.

( )*

2sin 1 2m

b z

m

ξλδ ξ

= =⋅ −

(6.56)

Esempio 6.9 Si determini il modulo minimo di un pignone conico a denti diritti avente le seguenti caratteristiche:

• Potenza nominale sull’albero del pignone 25 kWN = • Frequenza di rotazione del pignone 750 rpmn =

• Rapporto di ingranaggio 35/ 27u = • Angolo di semiapertura del cono primitivo1 36.647δ = ° • Durata richiesta 10000 oreh = • Materiale pignone/ruota 16CrNi4 cementato e temprato

Assunzioni per il calcolo secondo Lewis (6.34)

• Numero di denti del pignone 1 27z =

• Tensione ammissibile 250 MPaammσ =

• Fattore A 12 m/sA = • Rapporto di fascia / 0.3b R=

Assunzioni per il calcolo a pressione (6.35) • Ore di funzionamento 10000h = • Durezza del fianco del dente 400HB = • Parametro K (acciaio/acciaio) 473K = • Angolo Σ tra gli assi delle ruote 90Σ = ° • Numero di denti della ruota 2 35z =

1 In realtà questo angolo, una volta noti il rapporto di ingranaggio e l’angolo Σ tra gli assi delle ruote risulta, in base alla (6.46), univocamente determinato

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121

Risultati

Progetto a flessione secondo Lewis

Dati inseriti Risultati

Potenza, kW 25 Modulo minimo m 5

Numero di giri, rpm 750 Numero di denti z 27

Rapporto b/R 0.3 Dentiera di riferimento UNI6588

Costante A 12 Angolo di pressione α 20

Tensione ammissibile, MPa 250 Addendum ha 5

Numero di denti 27 Dedendum hf 6

Semiangolo cono primitivo, ° 36.647 Diametro primitivo d 135

Diametro di testa de 142.66

Diametro di fondo df 125.498

Lunghezza generatrice R 110.512

Semiangolo cono primitivo δ 36.647

Semiangolo cono esterno δa 40.237

Semiangolo cono interno δf 34.539

Angolo di addendum θa 2.590

Angolo di dedendum θf 3.118

Lunghezza del dente b 33.153

Num. di denti immaginario z* 34.1

Raggio immaginario R* 85.25

Forze sul dente

Forza tangenziale Q 5548

Forza radiale R 1620

Forza assiale A 1205

Forze espresse in newton

Lunghezze espresse in mm

Angoli espressi in gradi

Verifica a pressione

Dati inseriti

Potenza, kW 25 Numero denti pignone 27

Numero di giri, rpm 750 Numero denti ruota 35

Rapporto di fascia b/R 0.3 Durezza HB 400

Fattore di amplificazione 1 Durata, h 10000

Tipo di accoppiamento acc/acc Angolo Σ fra gli assi delle ruote 90

Risultato Modulo minimo, mm 5

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122

Di seguito esplicitiamo i calcoli principali: Geometria

Modulo 5m= Diametro primitivo 27 5 135 mmd zm= = ⋅ =

Generatrice R 105.01 mm2sin

dR

δ= =

Addendum 1 5 mmah m= ⋅ =

Dedendum 1.2 6 mmfh m= ⋅ =

Diametro di testa ( )2 cos 142.918 mma ad d h δ= + ⋅ =

Diametro di piede ( )2 cos 125.498 mmf fd d h δ= − =

Semiangolo cono esterno ( )1tan 40.237a ah Rδ δ −= + =

Semiangolo cono interno ( )1tan 34.539f fh Rδ δ −= − =

Angolo di addendum ( )1tan 2.590a ah Rθ −= =

Angolo di dedendum ( )1tan 3.118f fh Rθ −= =

Lunghezza del dente 0.3 33.153 mmb R≅ = Raggio immaginario ( )* 2cos 85.25 mmR d δ= =

Numero di denti immaginario * / cos 34.1z z δ= =

Calcolo del modulo secondo Lewis

Momento torcente 25 1000 1000 60

318310 Nmm2 750tM N nπ

⋅ ⋅ ⋅= = =⋅

Modulo medio 4.25 mm1 2m

mm

b R= =

Diametro primitivo medio 114.75 mmpm md z m= ⋅ =

Velocità periferica 2

4.5 m/s60 2000

pmdnv

π= =

Fattore di riduzione 12

0.7312 4.5

A

A vψ = = =

+ +

Condizione di verifica

( ) 33 **

1

0.22 1.15t

mamm

Mm

z z z ψλ σ≥

( ) ( )33 *

1 10.582

0.22 27 1.15 27 35.20.22 1.15z z z= =

⋅ −−

33*

3183106.174

0.73 7.41 250t

amm

M

ψλ σ= =

⋅ ⋅

Verifica modulo medio 4.25 4.25 0.582 6.74 3.6 OKmm = ≥ ⋅ =

Sottoponendo a verifica il modulo 4, a cui corrisponde un modulo medio di 3.4 mm, si vede che tale modulo non è verificato. Pertanto si deduce che il modulo 5 è proprio il modulo minimo con cui realizzare il pignone.

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123

Calcolo a pressione Numero di denti della ruota 2 35z =

Numero di ore di funzionamento 10000 oreh = Materiali della coppia acciaio/acciaio Durezza 400 HB Verifica a pressione1

291

32 *

1 1 2

1 10.149 4.002

* *

473 acciaio/acciaio

385 ghisa/acciaio

335 ghisa/ghisa

tm

K Mm nh

HB z z z

K

λ

≥ ± =

=

Il modulo medio 4.25 a cui corrisponde un modulo 5 risulta verificato.

Il taglio delle ruote coniche a denti diritti Come per il taglio delle ruote dentate cilindriche si può fare riferimento ad una dentiera fittizia da cui derivare gli utensili, così nel taglio delle ruote dentate coniche ci si può riferire ad una fittizia ruota piano- conica, cioè ad una ruota conica con angolo del cono primitivo di 180°. In effetti, attualmente, gran parte delle ruote coniche vengono tagliate con utensili che, tramite la loro forma e il loro movimento, simulano l’ingranamento della ruota da tagliare con una ruota piano-conica. Se applichiamo alla ruota piano-conica il procedimento di Tredgold per il tracciamento dei denti, si vede che questi ultimi saranno analoghi ai denti di una dentiera ossia avranno i fianchi rettilinei. Quindi, utilizzando una ruota piano-conica con fianchi dei denti rettilinei possiamo realizzare un metodo, seppure approssimato (il metodo di Tredgold è pur sempre una approssimazione), per la realizzazione di ruote coniche a denti diritti.

Adesso vediamo di analizzare dove sta l’approssimazione introdotta, in questo caso, dal metodo di Tredgold e le sue conseguenze. A differenza da quanto avviene nella cremagliera, le superficie attive della ruota piano-conica non sono piane. Il profilo effettivo dei denti della ruota piano-conico presenta infatti un punto di flesso in corrispondenza della primitiva. Pertanto l’adozione di una ruota piano-conica con denti rettilinei indurrà un errore nella generazione del profilo 1 Si tenga presente che per determinare il numero di denti immaginario della ruote occorre calcolare con la (6.46) i corrispondenti angoli di semiapertura dei coni primitivi.

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124

In effetti le ruote dentate intagliate con metodi che si riferiscono a ruote piano-coniche con fianchi diritti non risultano profilate secondo un’evolvente sferica.

In particolare si vede che la linea d’azione non è un arco del cerchio massimo, ma una curva che presenta un flesso nel punto di tangenza dei cerchi primitivi. Considerando assieme le due linee d’azione possibili, esse formano una specie di otto, per cui alla linea d’azione delle ruote coniche così realizzate si dà il nome di ottoide e per estensione si dà lo stesso nome anche al profilo del dente corrispondente. Tuttavia le differenze tra un profilo corretto (evolvente sferica) e un profilo approssimato (ottoide) sono minime e, per numero di denti consueti, ben inferiori delle usuali tolleranze di lavorazione. Ne consegue che il taglio di ruote dentate coniche a denti diritti con metodi simulanti l’ingranamento con una ruota piano-conica a fianchi diritti permette di realizzare in modo semplice ed economico l’utensile (utensile con fianchi diritti ottenuto con il metodo di Tredgold) introducendo degli errori rispetto al profilo teorico decisamente trascurabili.

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125

Riduttore ad assi perpendicolari realizzato con un ingranaggio conico a denti diritti

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126

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127

Ingranaggio a vite L’ingranaggio a vite viene usato quando vi è necessità di trasmettere il moto fra assi ortogonali e con un elevato rapporto di trasmissione. La vite è sempre l’elemento conduttore e la ruota è sempre l’elemento condotto (il meccanismo non è normalmente reversibile).

L’ingranaggio a vite può essere realizzato in tre forme costruttive diverse:

1. Ingranaggio senza gola. Sia la vite, sia la ruota hanno forma cilindrica. Questa soluzione, di fabbricazione più economica, presenta l’inconveniente che il contatto tra i denti è limitato ad una zona molto ristretta (teoricamente un solo punto). 2. Ingranaggio a gola semplice (il tipo più usato). La vite conserva la forma cilindrica mentre la periferia della ruota è concava in modo da abbracciare la vite stabilendo in questo modo una superficie di contatto più ampia. 3. Ingranaggio a doppia gola (globoidale). Sia la vite, sia la ruota hanno forma concava ottenendo oltre che un aumento della zona di contatto, anche un aumento del numero di denti contemporaneamente in presa. Tuttavia sia perché la costruzione dell’ingranaggio risulta alquanto difficoltosa, e sia perché si ha un maggiore attrito dovuto agli strisciamenti multipli, questa soluzione viene raramente usata.

Senza gola Gola semplice Doppia gola

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128

Rapporto di trasmissione La vite di cui si fa uso può essere a uno o più principi cosicché sarà bene distinguere fra passo della vite pv e passo dell’elica pe. E indicato con zv il numero di principi della vite si ha:

e v vp z p= (6.57)

Vite a un principio Vite a due principi

La vite si comporta cinematicamente come una ruota avente un numero di denti uguali al numero di principi della vite, pertanto il rapporto di ingranaggio1 u dell’ingranaggio a vite senza fine è uguale al rapporto tra il numero di denti della ruota z2 e il numero di principi della vite z1 2 1u z z= (6.58) Il rapporto di trasmissione ovvero il rapporto tra la velocità di rotazione della vite e della ruota si determina facilmente uguagliando le velocità del punto di contatto P vite ruota immaginandolo prima appartenente alla vite e successivamente appartenente alla ruota.

1 Nell’ingranaggio a vite, dato che la vite stessa è sempre motrice, il rapporto di ingranaggio coincide con il rapporto di trasmissione.

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129

Punto P appartenente alla vite La velocità del punto P può esprimersi come il rapporto tra il passo dell’elica pe e il tempo t impiegato a compiere una rotazione completa. Indicata con 1ω la velocità angolare della vite si ha:

1 1 11 2 2

e e vP

p p z pv

t

ω ωπ π⋅ ⋅ ⋅= = = (6.59)

Punto P appartenente alla ruota Indicati con z2, d2 e ω2 rispettivamente il numero di denti, il diametro primitivo e la velocità angolare della ruota si ha:

2 222 2 2 2

tP

z pdv

ωωπ

⋅ ⋅= = (6.60)

Uguagliando la (6.59) con la (6.60) tenuto presente che per il corretto ingranamento il passo della vite deve corrispondere al passo trasversale della ruota si ottiene l’espressione del rapporto di trasmissione.

1 2

2 1

zi

z

ωω

= = (6.61)

Esempio 6.10

Una riduttore a vite è costituito da una vite a due principi e una ruota da 60 denti. Sapendo che la vite ruota a 1500 rpm trovare velocità di rotazione dell’albero solidale alla ruota. Dalla (6.58) si ha immediatamente:

1500 250 rpm

60v v

rr

n zn

z

⋅ ⋅= = =

Proporzionamento

segmento vite ruota

1-2 Passo trasversale

Passo assiale

2-3 Passo normale

Passo normale

2-4 Passo assiale

Passo trasversale

Dalla figura sopra riportata si vede immediatamente che, per il corretto ingranamento devono verificarsi le seguenti condizioni:

1. Il passo trasversale della vite 1tp corrisponde al passo assiale della ruota 2ap

2. Il passo assiale della vite 1ap corrisponde al passo trasversale della ruota 2tp

3. I passi normali di vite 1np e ruota 2np sono coincidenti

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130

Proporzionamento della vite

Indicato con β l’angolo di inclinazione dell’elica, con d il diametro medio della vite (impropriamente detto diametro primitivo) e con 1z il numero di principi della vite, si hanno le seguenti relazioni:

1 11 1/ cos / sin tan a

a n t n

z pm m m m

dβ β β

π⋅= = =

(6.62)

Noti il modulo normale, il numero di principi della vite e l’angolo di inclinazione dell’elica i diametri medio, di testa e di fondo si calcolano con le seguenti relazioni1:

1 1 11 1 1 1 1 1 2 2 2 2.5

tan sina n

a a n f f n

z p z md d d h d m d d h d m

π β β⋅ ⋅= = = + = + = − = −

⋅ (6.63)

Proporzionamento della ruota

Noto il modulo normale, l’angolo di inclinazione dell’elica e il numero di denti 2z della ruota i diametri primitivo, di testa e di fondo si calcolano nel modo consueto:

2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2.5cos

nt a a n f f n

md m z z d d h d m d d h d m

β= ⋅ = = + = + = − = −

(6.64)

1 In effetti il proporzionamento modulare, come vedremo in seguito, differisce a secondo se l’angolo di inclinazione β è maggiore o minore di 15°.

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131

Determinazione delle forze agenti sull’ingranaggio a vite

Q forza tangenziale sulla ruota, forza assiale sulla vite A forza assiale sulla ruota, forza tangenziale sulla vite R forza radiale sulla ruota e sulla vite

cos cos sin

sin

cos sin cos

n

n

n

Q N fN

R N

A N fN

α β βαα β β

= −== +

(6.65)

Esprimendo R ed A in funzione di Q si ottiene:

sin

cos cos sinn

n

R Qf

αα β β

=−

(6.66)

cos tan

cos tann

n

fA Q

f

α βα β

+=−

(6.67)

La forza Q si determina, al solito, una volta noto il diametro primitivo della ruota e il momento torcente agente sul proprio asse:

2

2 trMQ

d= (6.68)

L’angolo di pressione nα varia al variare dell’angolo di inclinazione dell’elica secondo le indicazioni fornite dalla tabella sotto riportata:

β (°) <15 15÷25 25÷30 >30 αn (°) 20 22.5 25 30

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132

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133

Il rendimento dell’ingranaggio a vite Il rendimento si definisce, al solito, come il rapporto tra la potenza uscente misurata sull’albero della ruota e la potenza entrante misurata sull’albero della vite:

RVR

V

N

Nη =

Esprimendo ora le potenze come prodotto delle velocità di rotazione per i rispettivi momenti si ottiene:

1 1

2

R R RVR

V V V

M M z

M M z

ωηω

= = (6.69)

Il momento torcente trasmesso dalla ruota vale:

22 2

2 2 2cosn

R

m zd m zM Q Q Q

β⋅⋅= = = (6.70)

Il momento torcente trasmesso dalla vite vale:

1 11 cos tan

2 sin sin cos tann n n

Vn

z m z m fdM A A Q

f

α ββ β α β

+= = =−

Posto cos 1nα ≅ e 1tan fϕ −= si ottiene:

( )1 1 1tan tan tantan

sin 1 tan sin 1 tan tan sinn n n

V

z m z m z mfM Q Q Q

f

β β ϕ β ϕβ β β β ϕ β

+ += = = +− −

(6.71)

Sostituendo le (6.70) e (6.71) nella (6.69) si ottiene infine:

( )1

2

tan

tanR

VRV

M z

M z

βηβ ϕ

= =+

(6.72)

Il rendimento del gruppo ruota-vite, corrispondente alla condizione in cui la ruota sia motrice e la vite condotta, si può dimostrare in modo del tutto analogo che vale1:

( )tan

tanRV

β ϕη

β−

= (6.73)

Il calcolo del modulo della coppia Il calcolo del modulo della coppia si può condurre, tra l’altro, seguendo lo schema semplificato di seguito proposto. Ci riferiremo, per semplicità, al solo caso in cui siano assegnate la potenza utile N2 sull’albero della ruota e le velocità angolari 1ω della vite e 2ω della ruota.

1. Il numero di principi della vite si determina in base al rapporto di trasmissione secondo la tabella di seguito riportata.

1 2ω ω >30 15÷29 10÷14 6÷9

1z 1 2 3 4

2. Il numero di denti della ruota si calcola dal rapporto di trasmissione, una volta noto il numero

di principi della vite.

12 1

2

z zωω

= (è opportuno che z2 e z1 siano primi fra loro)

1 La (6.73) può essere ottenuta immediatamente dalla (6.72) una volta che si sostituisca β con ( π/2 – β) ovvero con l’angolo di inclinazione dell’elica della ruota.

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134

3. Il diametro del nucleo della vite si calcola in base alla presumibile potenza N1 trasmessa dalla vite. La potenza N1 si ottiene dividendo N2 per il rendimento della trasmissione che, in prima approssimazione, può essere stimato in funzione del numero di principi della vite secondo quanto proposto dalla tabella sotto riportata.

z1 1 2 3 4 η 0.6 0.7 0.78 0.8

21

NN

η=

Il diametro del nucleo, per acciai di qualità, può essere normalmente calcolato a torsione semplice facendo affidamento su di un carico ammissibile tra 12 e 25 MPa a secondo delle caratteristiche del materiale e soprattutto dalla distanza tra i supporti.

13 3

1

16365 V

namm amm

M Nd

nπτ τ= ≅

⋅ (6.74)

4. L’angolo di inclinazione β dell’elica media si ricava da formule empiriche.

a. per vite di pezzo con l’albero

1

1

tan4 3

z

zβ =

+ (6.75)

b. per vite calettata sull’albero

1

1

tan10 0.2

z

zβ =

+ ⋅ (6.76)

5. Il diametro primitivo d1 della vite si assume, in prima approssimazione pari a: a. per vite di pezzo con l’albero

1 2.5 nd d≅ ⋅ b. per vite calettata sull’albero:

1 3 nd d≅ ⋅ 6. Si calcola ora la velocità di strisciamento Sv che verrà utilizzata per determinare la tensione

ammissibile.

1 1

2 cosS

dv

ωβ

⋅=

⋅ (6.77)

7. Si calcola il fattore di servizio fS secondo quanto riportato in tabella.

Tipo di azionamento Urti

Limitati Sensibili Notevoli Motore elettrico 1.25 1.50 1.75 Mot. C.I. a più cil. 1.50 1.75 2 Mot. C.I. monocil. 1.75 2 2.25

8. Si fissa il rapporto di fascia λ (rapporto tra la larghezza utile della ruota e il modulo)

12 1tan

zλβ

≅ + (6.78)

9. Si calcola il fattore di forma q2 in funzione del numero di denti della ruota secondo la seguente

relazione:

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135

22

241.85q

z= − (6.79)

10. Il modulo della coppia si determina, tenendo presenti tre fenomeni:

a. La resistenza statica a flessione del dente; b. La resistenza dinamica a fatica della superficie di contatto dei denti; c. Il riscaldamento prodotto per attrito

Di seguito proponiamo una semplice formula che, in prima battuta, può essere utilizzata per compendiare correttamente i tre fenomeni sopra descritti

1 2S a ammf Q p b qσ⋅ ≤ ⋅ ⋅ ⋅ (6.80) Dove: fS è il fattore di sevizio determinato al punto 7 Q è la forza tangenziale sulla ruota coincidente con la forza assiale sulla vite pa1 è il passo assiale della vite coincidente con il passo circonferenziale della ruota q2 è il fattore di forma determinato al punto 9

σamm è la tensione ammisibile da determinarsi, secondo la tabella sotto riportata, in base al

materiale costituente la coppia e alla velocità di strisciamento determinata al punto 6.

Materiali Funzionamento intermittente o raffreddamento artificiale

Funzionamento continuo

A 7 0.8 Sv+ ⋅ ( )( )

6.4 0.8 2

16 2

S S

S S

v v m s

v v m s

+ ⋅ <

>

B 3.5 0.5 Sv+ ⋅ ( )( )

3 0.5 3

13.5/ 3

S S

S S

v v m s

v v m s

+ ⋅ <

>

C ( )3 0.5 3 S Sv v m s+ ⋅ < ( ) ( )6 1 0.5 3 S Sv v m s+ ⋅ <

D 2 0.3 Sv+ ⋅ ( )4/ 1 0.5 Sv+ ⋅

E 6 0.8 Sv+ ⋅ ( )( )

5.5 0.8 2

13.5/ 2

S S

S S

v v m s

v v m s

+ ⋅ <

>

A vite in acciaio temprato e ruota in bronzo fosforoso B vite in acciaio bonificato e ruota in bronzo fosforoso C Vite in acciaio e ruota in ghisa D vite in ghisa e ruota in ghisa E Vite in acciaio e ruota in lega leggera

La formula di progetto del modulo normale della coppia si ricava direttamente, con semplici passaggi dalla (6.80).

23

1 1 2

182.5 cos sn

amm

f Nm

n z qβ

λ σ⋅≥ ⋅

⋅ ⋅ ⋅ ⋅ (6.81)

Dove N2 è la potenza disponibile all’albero della ruota, espressa in kW, e n1 la velocità di rotazione della vite espressa in rpm.

Il modulo ottenuto deve essere arrotondato al modulo unificato superiore.

11. Una volta determinato il modulo normale dalla (6.81), si procede al dimensionamento della vite e della ruota secondo quanto di seguito indicato:

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136

a. Dimensionamento vite

1. Il diametro definitivo d1 viene scelto tra i seguenti valori unificati

( )1 6,8,10,14,20 nd m= ⋅ (6.82)

2. Si calcola il valore definitivo dell’angolo di inclinazione β

1

1

nm zsen

dβ ⋅= (6.83)

3. Il proporziona mento modulare può dipendere dall’angolo di inclinazione dell’elica secondo quanto di seguito riportato.

β < 15° β >15° Addendum m mn Dedendum 1.2m 1.2mn

4. La lunghezza L della vite si pone pari a:

( )22 1L m z= + (6.84)

5. Il valore dell’angolo di pressione αn si sceglie tra quelli proposti dalla tabella seguente.

β (°) < 15 15÷25 25÷35 >35 αn (°) 20 22.5 25 30

b. Dimensionamento ruota

1. Il diametro definitivo d2 risulta:

2 2d m z= ⋅ 2. Il proporzionamento modulare segue gli stessi criteri visti per la vite (addendum e

dedendum in funzione dell’angolo di inclinazione dell’elica media) 3. La larghezza totale B della ruota si calcola in funzione della larghezza utile b:

12 2 1 1tan

zB b m m

β

= + = + +

(6.85)

12. Calcolo di verifica. Una volta determinati gli elementi geometrici di vite e ruota, si procede a determinare con maggiore precisione il rendimento della dentatura, la velocità di strisciamento, la tensione ammissibile e il rapporto di fascia. Si procede infine al calcolo di verifica ancora con la (6.81). Per quanto concerne il calcolo del rendimento della coppia, espresso dalla (6.72), si tenga presente che il valore dell’angolo d’attrito φ, per buone condizioni di lubrificazione e per velocità di strisciamento inferiori a 1 m/s può porsi pari a:

i. Vite in acciaio temprato e ruota in bronzo fosforoso 0.22

tan 0.018Sv

ϕ = +

ii. Vite in acciaio bonificato e ruota in bronzo fosforoso 0.04

tan 0.045Sv

ϕ = +

iii. Vite e ruota in ghisa tan 0.10ϕ =

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137

Esempio 6.11

Progettare un ingranaggio a vite azionato da un motore elettrico. Dati Potenza sull’albero della ruota N2 1.3 kW Frequenza di rotazione della vite n1 1450 rpm Rapporto di trasmissione i 36 Materiale vite acciaio bonificato Materiale ruota bronzo fosforoso Condizioni di funzionamento urti limitati/funzionamento intermittente

In base al rapporto di trasmissione si determina il numero di principi della vite. Con riferimento alla tabella di cui al punto 1 si stabilisce di a un principio, per cui il numero di denti della ruota risulta pari a 2 36z = Si calcola la potenza sull’albero della vite fissando il rendimento in accordo con la tabella di cui al punto 2.

0.6η ≅ Assunta per la vite una tensione ammissibile a torsione pari, in prima approssimazione, a 12 MPa, il diametro del nucleo dalla (6.74) risulta pari a:

31.3

365 18.2 mm0.6 1450 12nd ≅ ≅

⋅ ⋅

Nell’ipotesi di realizzare la vite di pezzo, l’angolo di inclinazione dell’elica può assumersi in accordo con la (6.75) pari a:

11

1

1tan tan 8.13

74 3

z

zβ β − = → = ≅ ° +

Il diametro primitivo della vite, in accordo con quanto definito al punto 5, si assume pari a:

1 2.5 46 mmnd d= ⋅ ≅ Si calcola la velocità di strisciamento con la (6.77):

1 1 3.53 m/s2 cosS

dv

ωβ

⋅= ≅⋅

In base al tipo di funzionamento (intermittente) e ai materiali costituenti la coppia, dalla tabella riportata al punto 10, si determina la tensione ammissibile per il calcolo del modulo:

3.5 0.5 5.26 MPaamm Svσ = + ⋅ ≅ Si determina il rapporto di fascia λ con la (6.78):

12 1 5.65tan

zλβ

= + ≅

Si calcola il fattore di forma q2 con la (6.79)

22

241.85 1.18q

z= − ≅

Si adotta, in accordo con la tabella proposta al punto 7, un fattore di sevizio fS pari a 1.25.

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138

Il modulo della coppia si determina con la (6.81)

( )2 33

1 1 2

1.25 1.3182.5 cos 185.5 cos 8.13 5.82 6

1450 1 5.65 1.18 5.26s

namm

f Nm

n z qβ

λ σ⋅ ⋅≥ ⋅ = ⋅ = →

⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅

Si passa ora al dimensionamento della vite e della ruota 1. Dimensionamento della vite

Diametro primitivo 1 8 48 mmd m= ⋅ = Angolo di inclinazione dell’elica media

1

1

sin 7.18 15nm z

dβ β⋅= → = ° < °

Diametro di testa

( )1 1

62 48 2 60 mm

cos 7.18a ad d h= + = + ⋅ =

Diametro di piede

( )1 1

62 48 2.4 33.5 mm

cos 7.18f fd d h= − = − =

Lunghezza della vite

( )22 1 84 mmnL m z= + =

Angolo di pressione normale 15 20nβ α< °⇒ = °

2. Dimensionamento della ruota

Diametro primitivo 2 2 217.7 mmd m z= ⋅ = Diametro di testa

2 2 2 229.8 mma ad d h= + = Diametro di piede

2 2 2 203.3 mmf fd d h= − =

Larghezza della ruota

12 1 1 48 mmtan

zB m

β

= + + =

Larghezza utile 2 36 mmb B m= − =

Una volta definiti gli elementi geometrici della coppia possiamo procedere ad un calcolo di verifica. Velocità periferica della vite

11 3.64 m/s

2

dv ω= =

Velocità di strisciamento

3.67 m/scosS

vv

β= =

La tensione ammissibile viene rideterminata in base alla nuova velocità di strisciamento 3.5 0.5 5.33 MPaamm Svσ = + ⋅ =

Angolo d’attrito

0.04

tan 0.045 3.2Sv

ϕ ϕ= + → ≅ °

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139

Rendimento della coppia (stimato precedenza, in prima approssimazione, pari a 0.6)

( )tan

=0.69 tan

βηβ ϕ

=+

La verifica del modulo si conduce imponendo il rispetto della (6.80)

La forza Q vale:

2

2 2

22825 N

NQ

dω= ≅

Il passo assiale della vite vale:

1 19 mmcos

na

mp π

β= =

Pertanto poiché 1 2 1.3 2825 19 36 5.33 1.18 4302 NS a ammf Q p b qσ⋅ ≤ ⋅ ⋅ ⋅ → ⋅ ≤ ⋅ ⋅ ⋅ ≅ il modulo risulta verificato. Resta ancora da verificare il diametro del nucleo della vite1. Con riferimento ad una sollecitazione di pura torsione, la tensione massima risulta pari a:

3

23

1

365 10.5 MPaamm

n

N

d nτ

η≅ ≅

Il diametro della vite risulta verificato

1 Questa verifica ovviamente ha senso solamente quando il rendimento effettivo risulta inferiore a quello stimato nella fase precedente. Nel nostro esempio avendo stimato, in prima battuta, un rendimento di 0.6 a fronte di un rendimento definitivo di 0.69 la verifica è del tutto superflua. Abbiamo esplicitato comunque i calcoli a titolo puramente esemplificativo.

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140

Disegno complessivo di un riduttore a vite

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141

Particolare della ruota

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142

Particolare della vite

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143

Cenni sulla costruzione della vite senza fine e della ruota Taglio della vite La vite senza fine ad evolvente può essere tagliata:

1) al tornio 2) mediante coltello tipo Fellows 3) mediante creatore

I primi due metodi forniscono un profilo esatto mentre il terzo un taglio approssimato Taglio al tornio

Il taglio viene effettuato tornio mediante un utensile il cui bordo rettilineo tagliente sia disposto in un piano tangente il cilindro fondamentale inclinato in tale piano di un angolo pari a βf rispetto alla traccia di un piano normale all’asse della vite. In tal modo lo spigolo tagliente assume, nel suo moto elicoidale rispetto alla vite, le successive posizioni della retta generatrice dell’elicoide ad evolvente. Con questo sistema occorre lavorare separatamente i due fianchi dei filetti.

Taglio mediante coltello tipo Fellows

Il coltello viene montato sulla dentatrice a creatore ove normalmente si dispone il pezzo, ed il pezzo prende il posto del creatore. Si trasmette al pezzo un moto di rotazione, combinandolo con il moto del coltello , in modo da generare il profilo voluto. Il pezzo ha anche un moto di avanzamento assiale

Taglio mediante creatore

Il creatore viene collocato sull’asse del mandrino normalmente all’inclinazione media del filetto come per la fresatura di un ingranaggio elicoidale. L’errore introdotto da questo tipo di lavorazione aumenta all’aumentare dell’inclinazione del filetto. Per angoli di inclinazione molto elevati occorrerà pertanto utilizzare creatori con profilo opportunamente modificato. La figura sotto rappresentata mostra, a sinistra, il profilo del filetto della vite da fresare (angolo di inclinazione di 42°) e a destra, il profilo del filetto del creatore corrispondente.

La vite viene può essere realizzata, a secondo dell’impegno, con acciaio fuso o con acciai al Cr-Ni da cementazione. La cementazione dovrà essere effettuata dopo il taglio e dovrà essere sempre seguita da una adeguata operazione di rettifica tura. Taglio della ruota

La ruota a gola, da accoppiare ad una vite senza fine, viene realizzata tramite creatore che deve avere lo stesso diametro, passo e senso di rotazione della vite stessa. L’avanzamento del creatore può essere radiale o assiale . L’avanzamento radiale è più veloce ma non esatto, in quanto, iniziando il taglio con la parte esterna del filetto del creatore (meno inclinata), viene asportata una parte dei denti della ruota. Il procedimento con avanzamento assiale è invece corretto: viene effettuato con un creatore avente forma tronco-conica e mosso assialmente per mezzo di una slitta.

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144

La dentatura della ruota viene normalmente realizzata in bronzo fosforoso con durezza superficiale assai minore di quella della vite, seguendo il principio che uno degli elementi della coppia, il meno costoso, sia più logorabile dell’altro in modo da evitare scheggiature e rigature che si avrebbero se i due elementi avessero la stessa durezza. La ruota, ghisa o in acciaio, viene poi opportunamente collegata alla corona dentata. Tale collegamento può essere realizzato mediante accurato centraggio e bulloni calibrati, oppure mediante forzamento a caldo oppure, infine, tramite fusione diretta della corona sulla ruota.

La realizzazione di una coppia vite senza fine – ruota elicoidale è comunque abbastanza complesso: si pensi ad esempio che, a differenza di quanto accade nel taglio delle ruote cilindriche, la ruota a gola non può essere realizzata da un creatore di modulo assegnato e diametro qualsiasi, bensì solo da un creatore di diametro primitivo uguale, o al più molto prossimo, al diametro primitivo della vite. Ciò comporta che non è facile garantire l’intercambiabilità degli elementi formanti la coppia. Per questo in genere chi costruisce la vite senza fine deve costruire la ruota elicoidale e viceversa garantendo e certificando la coniugazione dell’accoppiamento. Inoltre per evitare possibili problemi con i profili dei denti è consigliabile sostituire sempre la coppa vite senza fine – ruota elicoidale completa recuperando eventualmente, in tempi successivi e con minore urgenza, il particolare da riutilizzare.

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145

Ruotismi ordinari Si definisce ruotismo, o treno di ingranaggi, la combinazione di più ingranaggi. Si definisce rapporto di trasmissione i il rapporto tra le velocità di rotazione della ruota motrice e la velocità di rotazione della ruota condotta. Consideriamo l’ingranaggio sotto rappresentato e, nell’ipotesi che la ruota 1 sia motrice, determiniamone il rapporto di trasmissione.

Per l’ipotesi di non strisciamento nel punto di contatto delle primitive si ha:

1 2 1 1 2 2V V r rω ω= → ⋅ = Esprimendo i raggi primitivi in funzione del modulo e del numero di denti si ottiene:

1 2 1 21 1 2 2 1 2

2 12 2

z m z m zr r i

z

ωω ω ω ωω

⋅ ⋅⋅ = → ⋅ = → ≡ = (6.86)

Dalla (6.86) quindi il rapporto di trasmissione può essere espresso semplicemente come rapporto tra i numeri di denti delle ruote ingrananti. Nel caso di dentature esterne le velocità di rotazione delle due ruote ingrananti sono opposte e il rapporto di trasmissione si assume di segno negativo. Nel caso di dentature interne, in cui evidentemente le velocità di rotazione delle ruote sono concordi, il rapporto di trasmissione si assume di segno positivo. Pertanto il rapporto di trasmissione di un ingranaggio, in cui la ruota 1 sia motrice, si assume pari a:

2

1

zi

z= ± (6.87)

Dove il segno negativo vale per ingranaggi esterni e il segno positivo per ingranaggi interni Un ruotismo il cui valore assoluto del rapporto di trasmissione è maggiore di uno si comporterà come riduttore di velocità, mentre un ruotismo il cui valore assoluto è minore di uno si compoterà come moltiplicatore Ruote oziose Fissato il modulo e il rapporto di trasmissione può accadere che i raggi delle circonferenze primitive non siano tali da garantire il rispetto dell’interasse fissato in sede di progetto. Oppure può accadere che la ruota condotta debba avere lo stesso senso di rotazione della conduttrice. Si ricorre in questi casi all’uso di una o più ruote oziose, ruote che funzionano contemporaneamente come conduttrici e condotte. Le ruote oziose devono ovviamente avere lo stesso modulo delle ruote ingrananti, ma possono avere un numero qualsiasi di denti, perché esso non influisce sul rapporto di trasmissione.

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146

Esempio 6.12

Il ruotismo sopra proposto può essere considerato composto da due ingranaggi: • ingranaggio z1-z2 in cui z1 è la ruota motrice e z2 quella condotta • ingranaggio z2-z3 in cui z2 è la ruota motrice e z3 quella condotta

Il rapporto di trasmissione i del ruotismo è pari, per definizione, al rapporto tra la velocità angolare della prima ruota del ruotismo (ruota 1) e la velocità angolare dell’ultima ruota del ruotismo (ruota 3). Si ha pertanto1:

31

3 1

zi

z

ωω

= =

D’altra parte, considerato il ruotismo come costituito da una serie di due ingranaggi, il suo rapporto di trasmissione può essere determinato come segue: Rapporto di trasmissione dell’ingranaggio z1-z2

21 2

1

zi

z− = −

Rapporto di trasmissione dell’ingranaggio z2-z3

32 3

2

zi

z− = −

Rapporto di trasmissione del ruotismo

3 321 2 2 3

1 2 1

z zzi i i

z z z− −

= ⋅ = − ⋅ − =

(6.88)

Dalla (6.88) si deduce pertanto che il rapporto di trasmissione è indipendente dal numero di denti della ruota oziosa2.

1 A questo punto non sappiamo tuttavia ancora se il rapporto di trasmissione sia positivo o negativo, ossia non sappiamo se le velocità di rotazione delle ruote 1 e 3 siano concordi o discordi 2 La ruota oziosa si può a ragione definire come tale, nel senso che serve solo a cambiare il senso di rotazione dell’albero d’uscita, ma non modifica il valore della coppia o della velocità angolare applicata.

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147

Esempio 6.13

Si determini il rapporto di trasmissione del ruotismo di seguito proposto.

3 3 52 4

1 2 5 1 4

z z zz zi

z z z z z

⋅= − − − = − ⋅ (6.89)

Dalla (6.89) si deduce che il rapporto di trasmissione di un ruotismo si ottiene come rapporto tra il prodotto del numero di denti delle ruote condotte rispetto a quello delle ruote conduttrici. Il numero di denti della ruota oziosa, da considerarsi una volta motrice e una volta condotta, comparendo nella (6.89) sia a numeratore, sia denominatore non influenza il rapporto di trasmissione del ruotismo.

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148

Esempio 6.14 Di seguito è rappresentato il disegno schematico di un cambio automobilistico a cinque marce con la quanta marcia in presa diretta (in rosso magenta il numero di denti delle ruote).

Determinare i rapporti di trasmissione alle varie marce.

Prima marcia iI 55 38

2.8220 37

Seconda marcia iII 55 35

2.2420 43

Terza marcia iIII 55 25

1.37520 50

Quanta marcia iIV 1

Quinta marcia iV 55 18

0.8720 57

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149

Ruotismi epicicloidali Si definiscono ruotismi epicicloidali quei ruotismi nei quali uno o più assi assumono un moto di rivoluzione rispetto ad uno o più assi fissi. Le ruote solidali con gli assi fissi sono dette planetari (solari) Le ruote solidali con gli assi mobili sono dette satelliti. Il telaio che serve a collegare gli assi mobili con gli assi fissi viene detto portatreno. La prima e l’ultima ruota del ruotismo, percorso nel senso dei successivi concatenamenti delle dentature, prendono il nome di ruote principali.

Nel seguito analizzeremo in dettaglio la cinematica di uno riduttori epicicloidali più utilizzati e che di seguito è rappresentato.

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150

Le due ruote satelliti che ingranano con il pignone centrale (solare o planetario) rotolano sulla corona dentata internamente e muovono la forcella porta satelliti calettata su di un albero che ruota coassialmente al solare. In un ruotismo epicloidale semplice, vale la seguente relazione, nota come formula di Willis, che giustificheremo nelle esemplificazioni seguenti.

*F F

L L ORD

iω ωω ω

− Ω = = − Ω (6.90)

Dove Fω è la velocità di rotazione del primo elemento del ruotismo, Ω la velocità di rotazione del

portatreno, Lω la velocità di rotazione dell’ultimo elemento del ruotismo ed *i è il rapporto di trasmissione del ruotismo reso ordinario. Nel seguito esamineremo delle applicazioni della formula di Willis, relativamente al ruotismo proposto in precedenza, cercando pure di darne una giustificazione almeno intuitiva.

1. Consideriamo il caso in cui la corona sia mantenuta fissa e valutiamo il rapporto di trasmissione del ruotismo.

Il punto A, considerato appartenente al solare di raggio Rso, ha una velocità pari a:

A SO SOV Rω= ⋅ Il punto B, considerato appartenente alla corona, è fisso. Il punto O del satellite è dotato pertanto di una velocità pari a:

2O AV V= Il centro del satellite O dista dal centro del solare di una quantità pari a:

2CO SO

P

R RR

+=

La velocità angolare Ω del portatreno vale pertanto:

O SOASO

P SO CO SO CO

V RV

R R R R RωΩ = = =

+ +

Ed esprimendo in funzione del numero di denti si ha: ( )2 SO SASO SO CO

SO SO

z zz zi

z z

ω ++= = =Ω

(6.91)

Allo stesso risultato si può pervenire con un diverso ragionamento.

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151

Se dotassimo il ruotismo di una rotazione uguale e contraria a quella del portatreno, il ruotismo stesso verrebbe a comportarsi come un ruotismo ordinario con rapporto di trasmissione *i pari a:

* CO

SO

zi

z= −

Ma per effetto della rotazione esterna imposta, l’ultima ruota del ruotismo (la corona) assume una velocità pari a –Ω, mentre la prima ruota del ruotismo (il solare) assume una velocità pari a

SOω − Ω . Ricordando la definizione di rapporto di trasmissione si ha pertanto:

*SO iω − Ω =

−Ω (6.92)

Da cui con pochi passaggi si ottiene: ( )0

2 SO SA

SO

z zi

z

ω += =

Ω

La (6.92) è il risultato dell’applicazione della formula di Willis nel caso in cui l’ultima ruota del ruotismo sia bloccata ( )0COω = .

2. Consideriamo lo stesso ruotismo in cui si mantenga fissa la ruota solare, il moto entri dal portatreno e lo si prelevi dalla corona.

Il rapporto di trasmissione del ruotismo reso ordinario rimane sempre quello calcolato al punto precedente (il ruotismo fisicamente è immutato). Dalla formula di Willis, ricordando che in questo caso 0Fω = , si ha:

* CO

L SO

zi

zω−Ω = = −

− Ω

Il rapporto di trasmissione del ruotismo epicicloidale vale quindi:

CO SO

L CO

z z

zω+Ω =

Possiamo ottenere lo stesso risultato tracciando, come in precedenza il triangolo delle velocità

del satellite.

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152

/ 2

2CO CO O

A CO CO O AP

R VV R V V

R

ωω ⋅= ⋅ = = Ω =

1

2CO CO CO CO SO

CO P CO CO SO CO

R R z zi

R R R z

ωω ω

⋅ +Ω= = ⋅ = =+

Esempio 6.15

Sempre con riferimento al ruotismo epicicloidale esaminato in precedenza si determini la velocità da conferire alla corona affinché il portatreno si mantenga fisso. Affronteremo il problema tramite l’applicazione della formula di Willis e successivamente considerando i triangoli di velocità.

*F

L

iωω

− Ω =− Ω

Nell’esempio proposto si ha: CO0; ; = ; * F SO L SO COi z zω ω ω ωΩ = = = − Da cui si ricava immediatamente:

SOCO SO

CO

z

zω ω= −

Consideriamo ora il problema esaminandi il triangolo della velocità del satellite.

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153

Affinché il centro O del satellite sia fermo, le velocità dei punti A e B devono essere uguali e contrarie. Deve pertanto essere verificata la seguente uguaglianza.

SO SO CO COR Rω ω⋅ = − ⋅ Da cui si ha:

SO SOCO SO SO

CO CO

R z

R zω ω ω= − ⋅ = −

Esempio 6.15

Sapendo che la vite ruota a 1500 rpm, determinare la velocità di rotazione dell’albero solidale al portatreno. Dati: Numero principi della vite 1 Numero di denti della ruota a gola 60 Numero di denti del solare 25 Numero di denti della corona1 83

La velocità di rotazione della ruota a gola vale:

1 I numeri di denti zSO, zSA e zCO, rispettivamente del solare dei satelliti e della corona, affinché sia possibile disporre gli m satelliti ad una distanza angolare di 2π/m, devono rispettare la seguente imposizione

CO+ = multiplo di SOz z m

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154

1500

25 rpm60RGn = =

La ruota a gola è solidale con l’albero porta solare la cui velocità vale pertanto: 25SO RGn n= = rpm La corona del ruotismo epicicloidale è fissata al telaio tramite viti. Pertanto: 0COω = Il rapporto di trasmissione del ruotismo epicicloidale, reso ordinario, vale:

* CO

SO

zi

z= −

Applicando la formula di Willis (6.90) si ha:

25

* * 25 5.8 rpm1 * 25 83

SO SO SOFSO P

L SO CO

zi i n

i z z

ω ωω ωω

− Ω− Ω = → = → Ω = = → = ≅− Ω −Ω − + +

Esempio 6.16 Con riferimento al ruotismo epicicloidale sotto rappresentato e nell’ipotesi che l’albero S2 sia mantenuto fisso, determinare:

1. il rapporto di trasmissione tra i due alberi coassiali (S1 motore, A2 condotto); 2. il modulo e il verso della coppia richiesta per mantenere fisso l’albero S2, nell’ipotesi che

sull’albero S1 sia applicata una coppia oraria pari a 300 Nm.

Numero di denti del ruotismo zS1 40 zA1 120 zS2 30 zA2 100

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155

Consideriamo il primo ruotismo epicicloidale (S1 solare, A1 corona, porta treno solidale con A2) e applichiamo la formula di Willis:

1 2

1 2

120*

40S A

A A

iω ωω ω

− = = −−

Consideriamo ora il secondo ruotismo epicicloidale (S2 solare fisso, A2 corona, A1 portatreno) e applichiamo la formula di Willis:

2Sω 1

2 1

100

30A

A A

ωω ω

−= −

Da cui risolvendo il sistema si ottiene:

1

2

22

13S

A

ωω

=

La coppia motrice entrante nel ruotismo vale:

1 300 NmSC = CS1, essendo una coppia motrice, è diretta come ωS1 La coppia resistente, trascurando ogni fenomeno passivo, si ricava imponendo l’uguaglianza tra potenza entrante e potenza uscente.

11 1 2 2 2 1

2

22300 508 Nm

13S

S S A A A SA

C C C Cωω ωω

⋅ = ⋅ → = = ≅

La coppia CA2 essendo resistente ha verso opposto a ωA2

Per l’equilibrio alla rotazione si ha:

1 2 2 20 300 508 208 Nm S S A SC C C C+ + = → = − + = CS2, risultando positiva, ha la stessa direzione di CS1.

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156

Una più combinazioni di ruotismi epicicloidali vengono utilizzati nei cambi automatici. Di seguito riportiamo il disegno del cambio automatico in dotazione ad una autovettura (FIAT 130 1970) e la sua rappresentazione schematica.

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157

Rappresentazione schematica del cinematismo connesso al cambio automatico dell’autovettura FIAT 130

Numero di denti delle ruote dentate

Ruota 1 2 3 3’ 4 5 Numero denti 33 20 21 21 81 39

Il cambio automatico consiste di due frizioni ( CA e CB), due freni (BC e BD) e un ruotismo epicicloidale composto. Esaminaimo ora le modalità con cui si ottengono i rapporti di trasmissione alle varie marce. Prima marcia Frizione CA e freno BD inseriti Il cinematismo risulta ordinario (il portatreno è bloccato dal freno BD) Il rapporto di trasmissione vale:

32 4 4

1 2 3 1

2.45I

zz z zi

z z z z

= − − = ≅

Retromarcia Frizione CB e freno BD inseriti Anche in questo caso il ruotismo risulta ordinario

3 4 4

5 3 5

2.08II

z z zi

z z z

= − = − ≅

Seconda marcia Frizione CA e freno BC inseriti Il ruotismo è epicicloidale

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158

Risulta utile sdoppiare il ruotismo epicicloidale. Considerando la parte sx del ruotismo, applicando la formula di Willis e indicando al solito con Ω la velocità angolare del porta treno, si ha:

1

5

*sxiωω

− Ω =− Ω

3 5 52

1 2 3' 1

*sx

z z zzi

z z z z

= − − − = −

Da cui

1

1 1 5

z

z zωΩ =

+ (6.93)

Considerando la parte dx del ruotismo, in modo analogo, si ha:

1

4

*dxiωω

− Ω =−Ω

32 4 4

1 2 3 1

*dx

zz z zi

z z z z

= − − =

1 4

4 1

z

z

ωω

− Ω =−Ω

(6.94)

Sostituendo la (6.94) nella (6.93) si ricava il rapporto 1 4ω ω ovvero il rapporto di seconda marcia

1 54

1 5 4

1.473II

z zzi

z z z

+= ≅ +

Presa diretta La presa diretta si ottiene inserendo contemporaneamente le frizioni CA e CB. In tal modo le ruote 1 e 5 ruotano solidali, pertanto le ruote 3, 3’ e 2 non ruotano attorno ai loro assi di calettamento. In tali condizioni la velocità di rotazione della corona 4 coincide con la velocità comune delle ruote 1 e 5 (presa diretta).

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159

Esempio 6.17 Lo schema sotto proposto rappresenta un riduttore epicicloidale. Gli alberi A e B sono accoppiati con due motori autofrenanti, mentre l’abero U è accoppiato all’utilizzatore. Dati

Motore autofrenante A Potenza 10 kW velocità 800 rpm Motore autofrenante B Potenza 5 kW velocità 1600 rpm

Numero denti corona 80 Numero denti solare 22 Numero denti satelliti (3) 29 Numero denti pignone di uscita 43 Numero denti ruota finale 85 Determinare, in assenza di ogni fenomeno passivo;

1. i momenti torcenti trasmessi dall’albero U e le corrispondenti frequenze di rotazione; 2. i momenti torcenti assorbiti dai freni dei due motori

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160

Schema del cinematismo

1. Motore B in rotazione e motore A frenato In queste condizioni, il ruotismo è reso ordinario (il blocco del motore A implica il blocco del portatreno). La velocità di rotazione dell’utilizzatore vale di conseguenza:

22 29 43

222.6 rpm29 80 85UB Bω ω = − − =

Trascurando eventuali fenomeni passivi, la coppia motrice del motore B e la coppia resistente all’utilizzatore, in condizioni di equilibrio, valgono:

29.8 Nm 214 NmB BmB UB

B UB

N NC C

ω ω= ≅ = ≅

Il satellite è impegnato sia con il solare sia con la corona secondo lo schema sotto riportato.

4385UB

mB

SO CO

CC

Fr r

= =

dove con rSO e rCO si sono indicati rispettivamente i raggi primitivi di solare e corona.

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161

E’ evidente pertanto che il momento assorbito dal freno del motore A, indicato con rSA il raggio primitivo del satellite, vale:

( ) ( )2 2 2 140 NmmB SO SAfA SO SA SO SA mB

SO SO

C z zC F r r r r C

r z

+= + = + = ≅

Allo stesso risultato si può pervenire considerando che la coppia resistente sulla corona vale:

43 80

85 22CO

COB UB mB mBSO

zC C C C

z

= = =

diretta secondo Cm. La coppia assorbita dal freno del motore A vale:

1 2CO SO SAfA mB COB mB mB

SO SO

z z zC C C C C

z z

+= + = + =

2. Motore A in rotazione e motore B frenato

In queste condizioni il ruotismo è epicicloidale con ruota solare ferma. Applichiamo la formula di Willis indicando al solito con Ω la velocità del portatreno e con ωSO e ωCO le velocità di rotazione del solare e della corona.

29 80 80

*22 29 22

SO SO

CO CO ORD

iω ωω ω

− Ω = = = − = − − Ω

Poiché ωSO è nulla si ottiene:

22 22

1 1020 rpm80 80CO

CO

ωω

−Ω = − → = Ω + ≅ − Ω

La velocità angolare dell’utilizzatore è quindi pari a:

43

516 rpm85UA COω ω = − ≅ −

Trascurando ogni fenomeno passivo, la coppia all’utilizzatore vale:

10 1000 60

185 Nm2 516

mA AmA A UA UA UA

UA

CC C C

ωω ωω π

⋅ ⋅= ⋅ → = = ≅⋅

La coppia resistente applicata alla corona vale:

43

93.6 Nm85COA UAC C= ≅ (di verso opposto alla coppia motrice dato che portatreno e corona

hanno versi di rotazione concordi) Per l’equilibrio alla rotazione deve essere: 0 119.4 93.6 26 NmfB mA COA fBC C C C+ + = → = − ≅

Allo stesso risultato si può pervenire considerando le forze scambiate tra i denti .

( ) ( ) 22

mA COACO fB r so so sa CO so sa

so sa so sa

C CF F C F r F r r F r r

r r r r= = = ⋅ = + − +

+ +

( )fB r so mA COAC F r C C= ⋅ ≅ −

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162

Esempio 6.18 Lo schema di seguito proposto rappresenta un ruotismo epicicloidale utilizzato per variare il passo di un’elica1.

Il motore elettrico mette in rotazione il solare A, mentre le corone C ed H sono solidali alla carcassa. I portatreno sono indipendenti e liberi di ruotare attorno al loro asse comune. La corona J, tramite una coppia conica trasmette il moto di rotazione delle pale.

zA zB zC zD zE zF zG zH zI zJ 13 56 125 48 117 17 30 77 26 73

Determinare il rapporto di trasmissione del ruotismo E’ opportuno smembrare il riduttore in blocchi elementari a cui applicare la formula di Willis. Si ha quindi: Ruotismo A, B, C

A

C

ωω

− Ω1= CA

C AORD

zi

z

ωω

= = − − Ω

Ruotismo A, B, D, E

2A A B E

E E A DORD

z zi

z z

ω ωω ω

− Ω = = = − − Ω

Ruotismo F, G, H

F

H

ωω

− Ω E

H

ωω

− Ω=− Ω 3= F H

H FORD

zi

z

ωω

= = − − Ω

Ruotismo F, G, I, J

4G JF E F

J J J F IORD

z zi

z z

ω ω ωω ω ω

− Ω − Ω= = = = − − Ω − Ω

1 L’utilizzo di un tale dispositivo è giustificato dal fatto che la coppia richiesta per la rotazione dell’elica è molto elevata e che per ragioni di carattere tecnico-costruttive il motore è di bassa potenza e ruotante a velocità elevata.

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163

Risolvendo si ottiene:

( ) ( )4 32 1

32 1 4 3

17 1

1 1 2 3 5 7 73 8116J

A

i ii i

i i i i

ωω

−−= = ≅− − ⋅ ⋅ ⋅ ⋅

Esempio 6.19 La figura sotto riportata illustra un dispositivo atto ad assicurare la sterzatura di un veicolo cingolato.

Marcia rettilinea L’albero di sterzata è fisso e con esso rimangono fissi i solari S1 e S2. L’albero di trazione tramite una coppia conica mette in rotazione le corone C1 e C2. Applicando la formula di Willis al ruotismo epicicloidale si ha:

1,21,2 1,2 1,2

1,2 1,2 1,2

SS S C

C C SORD

z

z

ωω ωω ω

− Ω= = − → Ω = − Ω

1,2 1,2 1,2 1,21,2

1,2 1,2 1,2 1,2

S C C CC

S C S C

z z z

z z z z

ωω

+=

+ +

Dove con Ω, ωS e ωC si sono indicate rispettivamente le velocità di rotazione del portareno (solidale con le ruote) del solare e della corona. Sterzata Ruotano l’abero di sterzata e l’albero di trazione. L’albero di sterzata, tramite l’ingranaggio conico, mette in rotazione le ruote T1 e T2 le quali, a loro volta conferiscono velocità, di verso opposto, alle ruote solari. Indicata con ωT la velocità di rotazione dell’albero di sterzata, le velocità di rotazione imposte ai solari S1 e S2 valgono:

1

11

TS T

R

z

zω ω= −

22 2

22 2 2

UT TS T T

U R R

zz z

z z zω ω ω

= − − =

Se, come avviene:

1 2

1 2

T T

R R

z z

z z=

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164

Allora le velocità dei portatreno saranno rispettivamente aumentate e diminuite di una stesso valore ∆ω , quindi un cingolo sarà più veloce dell’altro e il veicolo sterzerà.

1,2

1,2

TT

R

z

zω ω∆ =

Aumentando ωT si può arrivare all’annullamento della velocità di un cingolo: in tali condizioni il veicolo realizza una traiettoria circolare di raggio pari alla sua carreggiata (distanza tra i cingoli). Bloccando l’albero di avanzamento e mantenendo per contro sempre attivo l’albero di sterzata, si ottengono, sui cingoli, velocità uguali ed opposte. In questa condizione di controrotazione dei cingoli il mezzo può effettuare una piroetta su se stesso (neutral turn) senza descrivere una curva. Il differenziale automobilistico Consideriamo un’auto che percorre un tratto di strada rettilinea alla velocità v. Quando la stessa auto affronta una curva di raggio R il semiasse esterno ruoterà con una frequenza maggiore del semiasse interno.

Più precisamente, se in curva si vuole mantenere la stessa velocità v che l’auto aveva nella marcia rettilinea, indicate con c la carreggiata, con r il raggio delle ruote, le velocità dei centri delle ruote rispettivamente esterne ed interne devono essere pari a:

2 2

e i

R c R cv v v v

R R

+ −= =

E le rispettive velocità angolari dei semiassi esterno ed interno sono pari a:

2 2

e i

R c R cv v

R r R rω ω+ −= =

⋅ ⋅ Pertanto, indipendentemente dal raggio della curva, la somma delle velocità angolari dei semiassi si mantiene pari al rapporto tra il doppio della velocità v e il raggio r dello pneumatico.

2

2e i

v

rω ω+ = = Ω (6.95)

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165

Il ruotismo differenziale classico è appunto un ruotismo in grado di garantire il rispetto della (6.95)

Il differenziale a ruote coniche ‘classico’ è costituito da una scatola (portatreno) che riceve il moto dall’albero motore. Nella scatola solo alloggiati quattro perni, realizzanti una crociera, su cui ruotano folli quattro satelliti. Ciascun satellite si impegna contemporaneamente con due solari solidali rispettivamente al proprio semiasse.

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166

Studio del differenziale (rendimento interno unitario) Valutiamo ora il rapporto di trasmissione del differenziale reso ordinario tramite il blocco del portatreno.

Dallo schema sopra riportato è evidente che tale rapporto vale:

* 1e sa so

i so saORD

z zi

z z

ωω

= = − = −

(6.96)

Il segno negativo nella (6.96) sta ad indicare che, con portatreno bloccato, le velocità di rotazione dei semiassi, come si vede immediatamente dallo schema proposto, sono opposte. Noto il rapporto di trasmissione del ruotismo reso ordinario, applichiamo la formula di Willis al differenziale in studio indicando al solito con Ω la velocità angolare del portatreno:

* 1 2e ee i

i i

iω ω ω ωω ω

− Ω − Ω= → = − → + = Ω− Ω − Ω

(6.97)

Risulta pertanto dimostrato che il ruotismo proposto (differenziale classico a ruote coniche) è in grado di garantire, come ipotizzato, il rispetto della (6.95). Ipotizzando una trasmissione con rendimento unitario, indicati con Mc, Me e Mi rispettivamente i momenti sulla scatola e sui semiassi, si ha:

c e e i ie i

e i c

M M MM M

M M M

ω ωΩ = +→ = + =

(6.98)

Pertanto, in un ruotismo differenziale classico con rendimento unitario, i momenti sui due semiassi si mantengono sempre uguali. Tenuto presente che un semiasse può scaricare la propria coppia solo se trova l’opposizione di un adeguato momento resistente, qualora una ruota dovesse perdere aderenza il rispettivo semiasse non potrebbe scaricare coppia, ma per la (6.98) sarà nulla anche la coppia trasmessa dall’altro semiasse e la trazione si annullerebbe con conseguenze negative per la stabilità del veicolo e per la sua movimentazione.1

1 Il problema si risolve o con il bloccaggio selettivo del differenziale o con l’adozione di differenziali con basso rendimento interno, ovvero differenziali che disperdono una quota di energia non trascurabile quando le velocità dei due semiassi differiscono in misura notevole.

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167

Studio del differenziale (rendimento interno η) Esaminiamo ora la ripartizione della coppia motrice tenendo conto del rendimento interno del dispositivo.

1. Consideriamo dapprima l’equilibrio del differenziale quando semiassi e portatreno sono fissi.

Per l’equilibrio deve essere: 0rA rB CM M M+ + = (6.99) Dove MC è il momento trasmesso dal portatreno ed Mr sono i momenti resistenti ai rispettivi semiassi.

2. Sempre a portatreno fisso e in condizioni di equilibrio, ovvero in condizioni di rispetto della (6.99), si imprima al semiasse B una rotazione concorde con MrB. Il semiasse B si comporta da motore e il semiasse A da condotto. Tra i momenti resistenti vale pertanto la seguente relazione:

1 1rA rBM Mη= (6.100)

3. Sempre a portatreno fisso e in condizioni di equilibrio, ovvero in condizioni di rispetto della (6.99), si imprima al semiasse A una rotazione concorde con MrA . Il semiasse A si comporta da motore e il semiasse B da condotto. Tra i momenti resistenti vale pertanto la seguente relazione:

2 2rB rAM Mη= (6.101) Quando i tre elementi del differenziale ruotano alla stessa velocità e in condizioni di equilibrio, non si avranno moti relativi tra di essi fino a che i momenti resistenti sui semiassi sono compresi nei limiti dati dalle due relazioni precedenti.

1 2

1 2

rA rA rA

rB rB rB

M M M

M M M

≤ ≤ ≤ ≤

(6.102)

Tenuto presente che i momenti motori sono uguali e contrari ai momenti resistenti, nel moto a regime del differenziale si riconoscono le seguenti ripartizioni dei momenti.

1. A Bω ω< Ω > Ω

1 11 1

1 1

1

1 1A B C

A C B CA B

M M MM M M M

M M

ηη η η

+ =→ = = = + +

(6.103)

2. B Aω ω< Ω > Ω

2 22 2

2 2

1

1 1A B C

A C B CA B

M M MM M M M

M M

ηη η η

+ =→ = = = + +

(6.104)

3. A Bω ω= = Ω

In questa situazione la ripartizione della coppia è indeterminata. In condizione di regime i momenti sui due semiassi possono variare tra i limiti:

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168

1

1 1

1

1 1

C B C

C A C

M M M

M M M

ηη η

ηη η

≤ ≤ + + ≤ ≤ + +

(6.105)

Nella marcia in curva sul semiasse che comanda la ruota interna, in accordo con le (6.103) si ha un momento motore:

1

1A CM Mη

=+

Mentre sul semiasse che comanda la ruota esterna, sempre in accordo con le (6.103), si ha un momento motore:

1B CM M

ηη

=+

I momenti motori sui semiassi, che nel caso ideale (η=1) erano uguali fra loro e pari alla metà del momento trasmesso dal portatreno, differiscono, nel caso reale ( 1η ≠ ) nella marcia in curva, della quantità:

1

1A B CM M Mηη

−− =+

e possono in marcia rettilinea differire al massimo della stessa quantità senza indurre rotazioni relative tra gli elementi del differenziale. Un parametro di confronto fra i due differenziali è il rapporto di bloccaggio b (locking factor) definito come rapporto tra la differenza di coppia tra le due ruote e il momento trasmesso MC :

1

1C

Mb

M

ηη

∆ −= =+

(6.106)

Il rapporto di bloccaggio fornisce un’indicazione sulla differenza fra le coppie trasmissibili dalle ruote dello stesso asse e quindi un grado di indipendenza l’una dall’altra. Un rendimento η elevato produce un valore basso di b e dunque una forte dipendenza fra le coppie trasmissibili, viceversa con valori bassi del rendimento. Per un differenziale ordinario con un rendimento η = 0.9 il rapporto di bloccaggio è

0.05b ≅ ; ciò significa che nel caso particolare in cui una ruota non possa trasmettere coppia la sua coniugata è in grado di trasferire al suolo una coppia pari a bMC e quindi pari al 5% della coppia riversata sull’assale. Di seguito esamineremo il comportamento di un differenziale frenato (Timken), di un differenziale autobloccante a frenatura progressiva e del differenziale Torsen.

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169

Il differenziale frenato

Le (6.98) riscritte, per tener conto dell’azione della frizione e nel caso di un suo slittamento, diventano:

( )c e e i i o e

c e i

M M M M

M M M

ω ω ω Ω = + + − Ω

= +

dove con Mo si è indicato il momento frenante. Tenuto conto della (6.97) si ottiene:

( ) 0

0

2

22

cc e e i i o e e

c e ic

ie i

M MM M M M MM M M

M MM

ω ω ω

ω ω

− Ω = + + − Ω = = + → + =+

Ω =

(6.107)

La (6.107) dice, tra l’altro, che durante la marcia in curva la ruota interna trasmette al terreno una coppia maggiore di quella trasmessa dalla ruota esterna. In caso di marcia rettilinea , qualora uno dei due semiassi possa trasmettere a terra una coppia limitata al valore Mmin l’altro semiasse avrebbe ancora disponibile una coppia pari a min 0M M+ .

In questo caso il momento totale trasmesso alle ruote motrici sarebbe pari a min 02M M+ , mentre nel

caso di un differenziale normale tale coppia sarebbe solamente pari a min2M . In effetti in questo configurazione il rapporto di bloccaggio, trascurando il rendimento interno del differenziale, risulta pari a:

0

c

Mb

M=

Nel caso in cui una ruota perda completamente aderenza sull’altra si rende ancora disponibile un momento pari a M0. Di seguito viene riportato il diagramma funzionale del differenziale frenato in cui il semiasse B è collegato alla ruota con scarsa aderenza e il momento massimo trasmissibile dalla frizione M0 è pari al 25% del momento massimo trasmissibile dalla corona del differenziale.

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170

Nel caso in cui la ruota poco aderente (B) non trasmetta alcuno sforzo al suolo, la ruota che conserva aderenza è in grado di trasmettere al suolo una coppia pari alla coppia massima erogabile dalla frizione (25% MC) . Qualora però la ruota poco aderente (B) sia in grado di trasmettere un qualche sforzo traente, il diagramma fornisce sia la coppia sull’altra ruota, sia lo sforzo totale di trazione. Ad esempio se la ruota poco aderente fornisce il 10%, la coppia su quella aderente sale al 30% e quindi lo sforzo di trazione raggiunge il 40%. Il differenziale autobloccante (self-locking differential) a frizione ZF a frenatura progressiva (LSD1)

Sotto l’azione della coppia applicata la scatola del differenziale (2) porta in rotazione gli spingidisco (3) e i dischi di frizione conduttori (9). Viene inoltre messo in rotazione tutto il complesso dei satelliti (4) e dei planetari (5) tramite i perni (6). Assieme ai planetari (5) ruotano i dischi di frizione (8) collegati ai rispettivi semiassi. Nella marcia normale i semiassi ricevono una coppia di reazione dovuta allo sforzo di avanzamento della vettura. I perni (6) premono sui piani inclinati (3) tendendo a divaricarli e quindi a premere tra di loro i dischi condotti (8) e conduttori (9). Tale pressione è tanto maggiore quanto più elevata è la coppia di reazione sui semiassi.

1 LSD è l’acronimo di Limited Slip Differential

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171

Se una delle ruote dovesse perdere aderenza, i relativi semiasse planetario tenderebbero a ruotare più velocemente della scatola del differenziale (2), ma ne sono impediti dalla forza di attrito che si sviluppa tra i dischi di frizione condotti (8) e conduttori (9). Il differenziale Torsen (Torque Sensin)

Il differenziale Torsen è un dispositivo che sfrutta il basso rendimento interno per diversificare le coppie trasmissibili sui due semiassi. Può essere applicato come differenziale centrale nel collegamento tra gli assali anteriore e posteriore di una trasmissione integrale (vedi figura sopra riportata) o può essere applicato nel collegamento tra due ruote motrici. Gli estremi dei due semiassi sono costituiti da viti senza fine e rappresentano i solari. Vi sono poi tre coppie di ingranaggi elicoidali che fungono da satelliti. Questi sono collegati con la scatola del differenziale mediante altrettanti perni e sono costantemente in presa fra loro mediante una coppia di ingranaggi a denti dritti calettati alle estremità. Quando le due ruote dell’asse sentono la stessa resistenza all’avanzamento tutti i satelliti ruotano rigidamente attorno all’asse del differenziale e non vi è strisciamento alcuno tra viti senza fine e ruote elicoidali. Se la differenza fra le aderenze e dunque fra le coppie resistenti fra le due ruote supera la somma degli attriti di primo distacco che caratterizzano i componenti del Torsen, i satelliti iniziano a ruotare su se stessi e dunque ingranano fra loro ed ognuno con la rispettiva vite senza fine. Proprio il basso rendimento che caratterizza l’accoppiamento vite senza fine e ruota elicoidale è alla base del funzionamento di questo differenziale. Ora, con riferimento alla schematizzazione del dispositivo sotto rappresentata, ricaviamo il rendimento interno del differenziale.

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172

Al solito, a carcassa fissa, imponiamo una rotazione qualsiasi al semiasse B. Il semiasse,tramite la vite senza fine, mette in rotazione la ruota elicoidale satellite con essa impegnata. La ruota elicoidale messa in rotazione dal semiasse B, tramite un ingranaggio con rapporto di trasmissione unitario mette in rotazione la ruota dentata satellite gemella che, a sua volta mette in rotazione la vite senza fine e il semiasse ad essa solidale. Il differenziale Torsen, ai fini del calcolo del rendimento interno, può essere pertanto schematizzato come una coppia vite senza fine − ruota in serie ad una coppia ruota − vite senza fine. Dalle (6.72) (6.73) si ricava pertanto:

( )( )

tan

tanVR RV

β ϕη η η

β ϕ−

= ⋅ ≅+

(6.108)

dove β è l’angolo di inclinazione dell’elica media della vite e 1tan fϕ −= con f coefficiente d’attrito tra vite e ruota. L’angolo dell’elica tipico di questo differenziale è circa 40° e, con un coefficiente d’attrito f pari a circa 0.1 si vede come si raggiungano facilmente rendimenti dell’ordine del 60÷70%.1 Dalla (6.104) si ricavano le espressioni delle coppie ai semiassi in funzione del momento trasmesso all’assale.

1

1

1

A C

B A

B C

M M

M M

ηη

ω ω

η

= + < = +

(6.109)

Dalla (6.106) si vede che con i valori di η prima citati si ottiene un rapporto di bloccaggio pari a circa il 66%. Ciò significa che nella peggiore delle ipotesi per cui risulti MA = 0 l’altra ruota può trasmetter fino al 66% della coppia motrice. Dalla (6.105) si deduce infine che, nella marcia rettilinea, le rotazioni dei satelliti iniziano quando una delle coppie resistenti scende sotto il 17% della coppia motrice trasmessa su tutto l’assale.

1 Considerando poi gli attriti di strisciamento prima trascurati (attrito tra perni e cuscinetto, tra gli ingranaggi cilindrici etc…) si arriva comodamente a rendimenti dell’ordine del 20%.

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173

Differenziali con diverso numero di denti dei solari Come abbiamo visto in precedenza, in un differenziale classico con rendimento unitario, i momenti sui due semiassi si mantengono sempre uguali. Soprattutto nella trazione integrale sovente vi è l’esigenza di ripartire la coppia motrice in modo non simmetrico tra i due semiassi (ad esempio 60% della coppia motrice sul semiasse posteriore e il 40% sul semiasse anteriore)

Il problema potrebbe risolversi agevolmente adottando un differenziale in cui il rapporto tra i numeri denti delle ruote solidali agli alberi colleganti i semiassi sia pari a 1.5. Nella situazione in cui Ω, ωa e ωp assumono lo stesso valore, ovvero in assenza di rotazioni interne, è facile riconoscere che il rapporto tra i momenti Ma ed Mp resi disponibili rispettivamente al semiasse anteriore e posteriore vale:

p p

a a

M z

M z= (6.110)

dove con za e zp si sono indicati i numeri di denti dei solari collegati rispettivamente al semiasse anteriore e posteriore. Dalla (6.110), tenuto conto che la somma dei momenti sui solari deve essere pari al momento MC trasmesso dalla scatola del differenziale si ottiene:

1

1

1

p ap C

p a

p Cp a

z zM M

z z

M Mz z

= +

= +

(6.111)

Se za = 40 e zp = 60 e MC = 50 Nm, sui due assali, anteriore e posteriore, verranno rese disponibili rispettivamente le coppie Ma = 20 Nm e Mp = 30 Nm.

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174

Esempio 6.20 Un autocarro affronta alla velocità di 50 km/h una curva di raggio medio 50 m. Determinare, con riferimento allo schema assegnato del ponte posteriore (sezione differenziale),:

1. la frequenza di rotazione dei solari (frequenza coincidente con quella dei semiassi ad essi solidali);

2. la frequenza di rotazione dei satelliti intorno al proprio perno; 3. la frequenza di rotazione della scatola del differenziale; 4. la frequenza di rotazione del pignone in ingresso.

Si conoscono i seguenti dati: Carreggiata posteriore c 1835 mm Diametro esterno degli pneumatici dpn 40” Ponte posteriore: del tipo portante a doppia riduzione; una cilindrica e una conica:

rapporto coppia cilindrica 14/59; rapporto coppia conica 15/29; rapporto totale di riduzione 1/8.15 numero di denti dei solari 35

numero di denti dei satelliti 30

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175

Si determinano le velocità dei centri delle ruote motrici esterna ed interna. Indicata con v la velocità dell’autocarro, con R il raggio medio della curva, si ha:

2e

R cv v

R

+= 2

i

R cv v

R

−=

dove ve e vi sono le velocità dei centri rispettivamente della ruota esterna ed interna. Le frequenze di rotazione ne e ni rispettivamente dei semiassi esterno ed interno valgono:

( )2 2 60

2epn

R cn v

R d π+

=⋅

( )2 2 60

2ipn

R cn v

R d π−

=⋅

Sostituendo i valori numerici ( 40 25.4 pnd mm= ⋅ ) si ha:

265.9 256.3 e in rpm n rpm≅ ≅ La frequenza di rotazione nD della scatola del differenziale vale:

261.1 2

e iD

n nn rpm

+= ≅

Tenuto presente il rapporto tra i numeri di denti della coppia cilindrica, la frequenza di rotazione dell’albero intermedio nAI si ottiene da nD :

591100.35

14AI Dn n rpm= ≅

Tenuto presente il rapporto tra i numeri di denti della coppia conica, la frequenza di rotazione del pignone conico np si ottiene da nAI :

292127.34

15p AIn n rpm= ≅

Determinazione della frequenza di rotazione nsa dei satelliti rispetto al perno

Si indichino con ue e ui le velocità, in m/s, dei punti medi di contatto tra satellite e rispettivamente solare esterno ed interno. Siano inoltre m il modulo comune ai solari ed ai satelliti e zso e zsa i numeri di denti rispettivamente dei solari e dei satelliti. Si ha:

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176

2 2

60 2 60 2so so

e e i i

z m z mu n u n

π π⋅ ⋅= =

e quindi, vedi fig. sopra

( )2 2

260 2 60 22 60 4

so soe i

soe i

z m z mn n z m

u n n

π ππ

⋅ ⋅−∆ = = −

da cui infine:

( ) ( )2

6060 4/ 2 2 2

soe i

e isosa

sa sa

z mn n n nz

nz m z

π

π

− −⋅= =

Sostituendo i valori numerici:

( )2 35265.9 256.3 5.6

30san rpm⋅= − ≅

Il satellite è pertanto dotato di due rotazioni

1) rotazione con frequenza nsa attorno al proprio asse; 2) rotazione con frequenza nD attorno ai semimassi.

Se l’asserzione al punto 2 è vera deve allora essere vera anche la seguente uguaglianza:

2 60

2m

Dso

un

z m π⋅=

Difatti:

2 260 60

2 60 2 2 2m so e i e i

Dso so

u z m n n n nn

z m z m

ππ π

⋅ + + = = = ⋅

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177

Bibliografia

Amato T Analisi del comportamento dinamico di veicoli dotati di differenziali (tesi di dottorato)

UNIPI

Galassini A Macchine utensili Hoepli Gazzaniga L Il libro degli ingranaggi Hoepli Giovannozzi R Costruzione di Macchine vol.2 Patron Grant G B A treatise on gear wheels Lexington Guido AR, Della Pietra E Lezioni di meccanica delle macchine vol.2 CUEN

Guiggiani M Generazione per inviluppo di ruote dentate ad evolvente

UNIPI

HannaH J, Stephens RC Mechanics of Machines Arnold Henriot G. Ingranaggi vol.1 Tecniche Nuove Jacazio B, Piombo B Meccanica Applicata vol.2 Levrotto & Bella Morelli A Progetto dell’autoveicolo Celid Norton RL Machine Design Pearson Ottani M Corso di Meccanica vol.3 Cedam Pierotti P Meccanica vol.2 -3 Calderini Pollone G. Il veicolo Levrotto & Bella Shigley JE et al. Progetto e costruzione di macchine McGraw-Hill

Shih S, Bowerman W An evaluation of Torque bias and efficiency of Torsen differenzial

SAE

Straneo SL et al. Disegno, progettazione… vol. 2 Principato

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178

APPENDICE: simulazione di prove d’esame finale

Simulazione prova di Meccanica n.1

Tempo di esecuzione 3h

E’ consentito solamente l’uso di Manuali Tecnici

L’albero motore di figura riceve il moto, tramite una trasmissione a cinghie trapezoidali, da un motore

asincrono trifase a due coppie di poli sviluppante una potenza di 10 kW. Sapendo che il rapporto tra i

diametri della puleggia maggiore (solidale con il motore) e la puleggia minore è pari a 1.2 e che il

rapporto di ingranaggio è 2.5, scegliendo con giustificato criterio ogni altro dato mancante, si richiede

di determinare:

1. il numero e il tipo di cinghie della trasmissione, verificando eventualmente che l’angolo di

creep si mantenga inferiore all’angolo di avvolgimento sulla puleggia minore;

2. il diametro minimo dell’albero condotto e dell’albero motore;

3. il modulo minimo dell’ingranaggio (con verifica a flessione e a pressione);

4. iI diametro del perno di estremità A ricavato sull’albero motore (con verifica al riscaldamento).

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179

Calcolo della trasmissione a cinghia trapezoidale

Calcolo della sezione di cinghia

Calcolo del numero di cinghie

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180

Verifica della trasmissione

Calcolo dell’ingranaggio

Calcolo secondo Lewis

Calcolo a pressione

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181

Calcolo delle reazioni vincolari e dei momenti flettenti

Momento torcente sull’albero motore

2 2 1800188.5 rad/s

60 60

nπ πω ⋅ ⋅ ⋅ ⋅= = ≅

Il momento torcente Mt, indicata con N la potenza all’albero motore, vale:

10 1000

53 Nm188.5t

NM

ω⋅= = ≅

Forze sulla ruota

La forza tangenziale T, indicato con dp il diametro primitivo (135 mm) della ruota, vale:

2

785 Nt

p

MT

d= ≅

La forza radiale R, indicato con α (20°) l’angolo di pressione, vale:

tan 286 NR T α= ⋅ ≅

Tiro di cinghia

Il tiro di cinghia 02T , indicati con puld il diametro primitivo della puleggia montata sull’albero

motore e con fs il fattore di servizio della trasmissione a cinghia, vale:

02 4 1379 Ns t

pul

f MT

d

⋅= ≅

Schema di carico dell’albero motore

1229 N 436 N ay byV V≅ ≅

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182

218 N 567 Naz bzV V≅ ≅

Il momento flettente risultante massimo si trova in corrispondenza della puleggia.

2 2max 92 16.3 93.5 NmfRM ≅ + ≅

Calcolo dell’albero

Posti coefficienti kt e kf pari a 1.5 e la tensione si snervamento pari a 650 MPa, il diametro minimo

dell’albero vale1:

Calcolo del perno di estremità

Il carico agente sul perno vale:

2 2 1248 Nay bzF V V= + ≅

Posto un rapporto caratteristico pari a 1.2 il diametro del perno risulta pari a:

1 La tensione ammissibile a torsione è stata posta pari al 22.5% del carico di snervamento

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183

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184

Simulazione prova di Meccanica n.2

Tempo di esecuzione 3h

E’ consentito solamente l’uso di Manuali Tecnici

Un motore elettrico, sviluppante una potenza di 24 kW e con due coppie polari, è collegato, tramite un

giunto a dischi, ad una puleggia a gole per cinghie trapezoidali che trasmette il moto ad una puleggia

di uguale diametro calettata a sbalzo sull’albero intermedio .

Detto albero intermedio, tramite un ingranaggio cilindrico a denti diritti con rapporto di ingranaggio

2.5, trasmette il moto all’utilizzatore.

Il candidato, scelto con giustificato criterio ogni eventuale dato mancante, deve:

1. scegliere a catalogo il modello di giunto e verificarne le viti collegamento;

2. scegliere il tipo e il numero di cinghie atte a realizzare la trasmissione, verificando

opzionalmente se l’angolo di creep è inferiore all’angolo di avvolgimento;

3. determinare il modulo minimo dell’ingranaggio tramite un calcolo di progetto secondo Lewis

(semplificato) e una successiva verifica a pressione;

4. determinare, in prima approssimazione, il diametro minimo dell’albero intermedio e valutare

l’angolo di torsione corrispondente.

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185

Scelta e verifica del giunto

Calcolo della cinghia (definizione del tipo)

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186

Calcolo della cinghia (scelta del numero delle cinghie)

Calcolo della cinghia (verifica)

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187

Calcolo del modulo secondo Lewis

Calcolo del modulo a pressione

Momenti flettenti in due piani ortogonali

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188

Momenti flettenti risultanti

2 2 2 2298 79 308 Nm 340 125 362 NmfrA frBM M= + ≅ = + ≅

Momento torcente

24000 60

153 Nm2 1500t

NM

ω π⋅= = ≅

Calcolo del diametro minimo dell’albero

Determinazione dell’angolo di torsione

4 4

32 32 153000 4500.0061 rad 0.35°

35 77000tM L

d Gθ

π π⋅ ⋅ ⋅ ⋅= = ≅ →⋅ ⋅ ⋅ ⋅

.

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189

Simulazione prova di Meccanica n.3

Tempo di esecuzione 3h

E’ consentito solamente l’uso di Manuali Tecnici

Di un motore Diesel, quadri cilindrico a quattro tempi, sono noti i seguenti dati:

1. Rapporto corsa diametro C/D 1.6

2. Velocità media degli stantuffi vm 4 m/s

3. Velocità di rotazione n 320 rpm

4. Pressione massima nel cilindro pmax 90 bar

Assumendo con opportuno criterio ogni altro dato occorrente, si esegua il dimensionamento della

biella, a sezione uniforme, a doppio T con lunghezza pari a 0.85 m.

Proporzionamento della sezione

s = 0.35 h

b = h

c = 0.25 h

Il tempo impiegato a compire un giro vale:

60 60

0.1875 s320

tn

= = =

In un giro il pistone percorre due corse complete, pertanto si ha:

2

0.375 m2

mm

v tCv C

t

⋅= → = ≅

Il diametro, noto il rapporto C/D, vale:

0.375

0.234 m/ 1.6

CD

C D= = ≅

Il raggio di manovella è pari alla metà della corsa:

0.1875 m2

CR= =

L’area del pistone vale:

2

20.043 m4p

DA

π= ≅

La forza max sul pistone vale:

5max max 90 10 0.0043 387047 NpF p A= ⋅ = ⋅ ⋅ ≅

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190

RISOLUZIONE

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191

Simulazione prova di Meccanica n.4

Tempo di esecuzione 3h

E’ consentito solamente l’uso di Manuali Tecnici

Una manovella di estremità, di raggio 280 mm e ruotante a 150 rpm, movimenta una pompa a

stantuffo monocilindrica a semplice effetto che trasferisce all’acqua una energia H pari 300 J/kg .

Nell’ipotesi che lo stantuffo della pompa abbia un diametro Dp pari a 340 mm, scelti

convenientemente gli eventuali dati mancanti, il Candidato:

1. determini la pressione di mandata;

2. valuti la potenza assorbita dalla pompa nell’ipotesi che la stessa abbia un rendimento

dell’85%;

3. progetti e verifichi la manovella di estremità.

Determinazione della pressione e della potenza assorbita

La corsa C dello stantuffo è pari a due volte il raggio di manovella R:

2 560 mmC R= =

In una pompa volumetrica la pressione si mantiene pressoché costante lungo tutta la corsa di

mandata.

Il lavoro trasferito al fluido, indicata con p tale pressione, vale:

2

4PD

L p Cπ ⋅= ⋅

Ad ogni giro di manovella, indicata con δ la densità del fluido, viene elaborata una massa

d’acqua pari a:

2

51 kg4

PDM C

πδ ⋅= ⋅ ⋅ ≅

Tenuto presente che la pompa trasferisce al fluido una quantità di energia H pari a 300J/kg, si

ha:

15260 JL

H L M HM

= → = ⋅ ≅

La pressione di mandata vale ovviamente:

2

4 3 bar

P

Lp

D Cπ⋅= ≅

⋅ ⋅

La forza F sul pistone, costante durante la corsa di mandata, vale:

2

27239 N4

PDF p

π ⋅= ≅

Lla potenza trasferita la fluido è pari al rapporto tra L e il tempo t impiegato a compiere un

giro:

15260 150

38 kW60u

LN

t

⋅= ≅ ≅

La potenza assorbita dalla pompa, noto il suo rendimento, vale:

45 kWua

NN

η= ≅

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192

Progetto e verifica della manovella

Calcolo del bottone

Il calcolo del bottone viene effettuato, per le pompe volumetriche, considerando un angolo di

manovella pari a 90°. In tale posizione, ipotizzando una lunghezza della biella pari a tre volte il

raggio di manovella, la forza che si scarica sul perno vale:

1 1

2723928891 N

1cos sin cos sin

3

P

FF

R

l− −

= ≅ ≅

Ritenuto di realizzare il perno in C40 bonificato, possiamo ipotizzare una tensione ammissibile

a flessione pari a 70 MPa e una pressione ammissibile1 perno-cuscinetto pari a 4 MPa.

Fissato inoltre il rapporto caratteristico del perno pari a 1.1, si ha infine:

Calcolo dell’albero

Il calcolo dell’albero viene effettuato, nelle pompe volumetriche, considerando la biella

perpendicolare alla manovella. In tale posizione, indicato con γ l’angolo formato dalla biella

con la congiungente il piede di biella con l’asse del perno di banco, le sollecitazioni di

momento flettente e torcente agenti sul perno di banco valgono:

cos cosf t

F FM a M R

γ γ= ⋅ = ⋅

dove con a si è indicata la distanza (incognita) tra le mezzerie del perno di manovella e del

perno di banco. In prima approssimazione tale distanza a può essere posta pari a quattro volte

il diametro del bottone di manovella (calcolato al punto precedente).

Si ha pertanto:

-1

27239 4 81 9303 Nm

cos 1cos tan

3

8039 Nmcos

f

t

FM a

FM R

γ

γ

= ⋅ ≅ ⋅ ⋅ ≅

= ⋅ ≅

Componendo le tensioni secondo von Mises, il momento flettente ideale risulta pari a:

2 20.75 11620 Nmfi f tM M M= + ≅

Ritenuto di realizzare l’albero in C40 bonificato possiamo ipotizzare una tensione ammissibile a

trazione pari a circa 80 MPa.

Il diametro dell’albero risulta pertanto pari a:

1 La pressione ammissibile della coppia perno cuscinetto dipende dai materiali formanti la coppia, dal grado di finitura delle superficie e dalle condizioni di funzionamento

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193

3

3332 32 11620 10

114 mm80

fi

amm

Md

π σ π⋅ ⋅ ⋅≥ ≅ ≅

⋅ ⋅

Dimensionamento e verifica della manovella

Proporzionamento della manovella (mm)

d 81 s 65

L 89 D2 217

D1 182 L2 119

L1 130 D 114

b 194 c 204

Verifica del braccio(tensioni ideali), MPa

Sezione n-n Fibra 1 18

Sezione m-m

Fibra 1 16

Fibra 2 17

Fibra 3

Una volta noti il diametro del perno e dell’albero si proporziona la manovella secondo quanto indicato

dai Manuali Tecnici.

Una volta proporzionata la manovella si procede alla verifica delle sezioni più sollecitate: le sezioni n-n

ed m-m rappresentate in figura.

Verifica della sezione n-n

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194

Tale sezione1 viene verificata ponendo il manovellismo al punto morto superiore e considerando la

flessione Mfn composta con l’unica compressione dovuta ad F. Indicata con l la lunghezza del perno si

ha:

89 65

27239 2097 Nm2 2fn

l sM F

+ + = ≅ ⋅ ≅

2

615.3 MPafn

fn

M

b sσ

⋅= ≅

La tensione di compressione vale:

27239

2.16 MPa194 65cn

F

b sσ = ≅ ≅

⋅ ⋅

La tensione totale vale pertanto:

1 18 MPac fn cnσ σ σ= + ≅

La sezione n-n, considerato di realizzare la manovella con un acciaio Fe490 con tensione ammissibile

intorno ai 50 MPa risulta ampiamente verificata.

Verifica della sezione m-m

In una pompa volumetrica, la verifica va condotta in posizione di quadratura (biella perpendicolare alla

manovella). In tale posizione si considerano agenti la torsione e la flessione dovute alla forza cosF γ

max1 2

29.1 MPa 3 1.8

cos

l sF

s

c s c

ατ α

γ

+ ⋅ ⋅ = ≅ ≅ + ⋅ ⋅

La tensione ideale sulla fibra 1 (punto medio del lato lungo c) vale pertanto

1 max13 16 MPaidmσ τ= ⋅ ≅

La fibra 2, la cui traccia coincide con il punto medio di s, è sottoposta ad una tensione di torsione e di

flessione.

La tensione di torsione può calcolarsi, in prima approssimazione, in funzione di max1τ :

min 2 max10.8 7.3 MPaτ τ≅ ⋅ ≅

La tensione di flessione è generata dall’azione della forza cosF γ agente con un braccio

1 2 2R R D= −

( )2 2 2

6/ 2 11 MPa

cosfm

FR D

s cσ

γ= − ≅

La tensione ideale sulla fibra 2 vale:

2 2

2 2 min 23 17 MPaidm fmσ σ τ= + ⋅ ≅

Simulazione prova di Meccanica n.5

1 La sezione n-n ha dimensioni b s⋅ , con s nota dal proporzionamento scelto, e b ricavabile per via analitica o grafica.

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195

Tempo di esecuzione 3h

E’ consentito solamente l’uso di Manuali Tecnici

Un autoveicolo, il cui motore sviluppa una potenza di 55 kW al regime di 5100 rpm, deve essere

munito di una frizione del tipo monodisco a secco.

Il Candidato, fissando con opportuno criterio i dati occorrenti, dimensioni l’innesto e le relative molle

spingidisco.

Schema di una frizione automobilistica caricata con molle elicoidali

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196

Dimensionamento dell’innesto

Determinazione della coppia T in funzione della potenza N e della velocità angolare ω

55 1000 60103 Nm

2 5100

NT

ω π⋅ ⋅= = ≅

La coppia di calcolo TC deve essere maggiorata per tenere conto di una quantità di eventualità

concomitanti (variazione del coefficiente d’attrito dovuto al rialzo termico, cedimenti plastici delle

molle, etc..)

1.8 103 185 NmCT k T= ⋅ ≅ ⋅ ≅

Nell’ipotesi di realizzare la frizione con superficie di contatto ferodo/acciaio e funzionamento a secco,

si riportano il coefficiente d’attrito f e la pressione specifica ammissibile pmax su cui si può fare

affidamento.

max0.35 0.3 MPaf p≅ ≅

Indicato con n il numero di superficie striscianti, il raggio esterno del disco di frizione può essere

determinato con la seguente relazione (ipotesi di Reye) 1 3 1 3

3 3 3 3 185 100090 mm

2 2 2 0.3 0.35C

eamm

Tr

n p fπ π ⋅ ⋅ ⋅= = ≅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅

A cui corrisponde un diametro esterno di 180 mm.

Si sceglie pertanto un disco di frizione normalizzato avente diametro esterno (De) di 184 mm e un

diametro interno (Di) pari a 127 mm.

La forza minima P necessaria a garantire la trasmissione del momento di calcolo TC vale:

( )4

3400 N2

C

e i

TP

f D D= ≅

+ ⋅

A cui corrisponde una “pressione media” pari a:

( )2 2

40.25 MPam

e i

Pp

D Dπ⋅= ≅−

valore coerente con i dati di letteratura.

Dimensionamento delle molle spingidisco

Si ipotizza di dotare la frizione di sei molle spingidisco. Ogni molla pertanto dovrà, a frizione inserita1,

garantire un carico F pari a:

567 N6

PF = ≅

Si ipotizza di realizzare la molla in acciaio armonico C98, con un diametro medio D di 30 mm, in grado

di esercitare una forza F di 567 N in corrispondenza di un’altezza di lavoro L pari a 30 mm.

Si fissano il coefficiente di sicurezza η e il margine di sovraccarico ξ come di seguito riportato:

1.2 0.15η ξ≅ ≅

Il progetto del diametro d del filo si conduce verificando la condizione di blocco senza fare uso dei

fattori correttivi di Whal o Bergsträsser.

( ) 2.8553 0.145 3

8 10.56 0.56 2211 49813 56.3 4

1.2R

F Dd d

d d d

ξση π

⋅ + ⋅ ⋅⋅ ≥ → ≥ → ≅ → ≅⋅

Si calcola la freccia unitaria ossia la freccia per ogni spira:

1 Si noti che il carico maggiore sulla molla si ha durante la manovra di disinnesto. Nel dimensionamento di massima qui presentato si fa riferimento invece al carico agente sulla molla a frizione inserita.

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197

3 3

4 4

8 8 567 305.87 mm/spira

81500 4a

f F D

i G d

⋅ ⋅ ⋅ ⋅= ≅ ≅⋅ ⋅

Il numero di spire attive e la freccia indotta dal carico F, considerando una molla avvolta a freddo,

valgono:

( )2

4.5 26.4 mmaa

L di f

f i dξ−= ≅ → ≅

⋅ +

Il numero di spire totali vale:

2 6.5t ai i= + =

La lunghezza libera della molla risulta:

( )0 56.4 mma aL L f L f i i= + = + ⋅ ≅

La lunghezza a blocco vale:

26 mmb tL i d= ⋅ =

La rigidezza della molla vale:

0

21.5 N/mmF

kL L

= ≅−

Una volta dimensionata la molla si deve controllare che la somma dei vuoti interspira S sotto carico sia

maggiore della somma minima Smin regolamentare (con riferimento sempre ad una molla avvolta a

freddo)

30 26 4 mmbS L L= − = − = 2

min 0.0015 0.1 3.31 mma

DS i d

d

= + ≅

La somma dei vuoti interspira soddisfa le condizioni richieste.

Infine si valuta l’instabilità laterale nell’ipotesi che entrambe le estremità siano guidate (ν=0.5)

Poiché

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198

0 0.94 0.88L f

vD D

≅ ≅

La verifica all’instabilità laterale è da ritenersi soddisfatta.

Dimensioni e caratteristica della molla

Materiale C98 ia 4.5 F (N) 567

d (mm) 4 it 6.5 Fb (N) 653

De (mm) 34 L0 (mm) 56.4 Δ (mm) 4

Di (mm) 26 Lb (mm) 26 k (N/mm) 21.5

D (mm) 30 L (mm) 30 Avvolgim. dx

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199

Simulazione prova di Meccanica n.6

Tempo di esecuzione 3h

E’ consentito solamente l’uso di Manuali Tecnici

Una macchina motrice a regime assoluto, sviluppante la potenza di 80 kW, è collegata, tramite un

giunto a dischi, ad una macchina operatrice il cui momento resistente (comprensivo delle resistenze

utili e passive) è pari, a regime, a 400 N m.

Allorché si azzera il carico e viene contemporaneamente interrotta l’erogazione della potenza motrice

il sistema ruotante, costituito dalla motrice e dall’operatrice, inizia la fase di decelerazione, fino al

completo arresto, per effetto dell’inerzia delle masse ruotanti e delle resistenze passive.

Nell’ipotesi che le suddette masse ruotanti realizzino, rispetto all’asse di rotazione, un momento di

inerzia I = 0,5 kgm2 e che alle resistenze passive corrisponda un momento (costante) pari a 12 Nm, il

candidato determini il tempo che il sistema impiega ad arrestarsi completamente, dall’istante in cui

inizia la fase di decelerazione, nonché l’energia dissipata dalle resistenze passive in tale fase.

Fissando, inoltre, con opportuno criterio i dati occorrenti, calcoli le dimensioni dei bulloni di

collegamento dei dischi del giunto e descriva, infine, il ciclo di lavorazione per la fabbricazione in

media serie dei suddetti dischi.

Schema della trasmissione

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200

MOTORE UTILIZZATORE

In condizioni di regime (assenza di accelerazione) la coppia motrice Cm deve uguagliare la coppia

resistente Cr, ovvero deve essere:

Cm = Cr = 400 N m

La velocità di rotazione iω del sistema, a regime, vale:

sradC

N

mi / 200

400

80000===ω

dove con N si è indicata la potenza motrice espressa in W.

L’energia cinetica del sistema rotante vale:

100002

1 2 =⋅= ωIEC J

La decelerazione angolare ε del sistema vale:

2' 1224 /

0.5rC

rad sI

ε = = =

dove con Cr’ si è indicato il momento frenante corrispondente alle resistenze passive.

Il tempo t che il sistema impiega a fermarsi completamente si ricava scrivendo l’espressione della

velocità angolare istantanea:

tif ⋅−= εωω

da cui, ponendo nulla la velocità finale, si ottiene:

3.824

200 ===εωit s

L’energia dissipata dalle resistenze passive durante la fase di decelerazione è pari all’energia cinetica

iniziale EC ovvero 10000 J

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201

Calcolo del giunto

Il giunto viene scelto a catalogo e successivamente si verificheranno le viti di collegamento.

Il giunto deve trasmettere a regime una coppia pari a 400 Nm.

Per tener conto di eventuali sovraccarichi si aumenta la coppia massima trasmissibile Mt ad un valore

pari a:

NmCM mt 4802.1 =⋅=

Il diametro dell’albero d si calcola, in prima approssimazione, a torsione pura ipotizzando, nel caso

dell’utilizzo di un acciaio C40, una tensione ammissibile di torsione1 pari a 40 N/mm

2 .

4040

480000161633

max

≅⋅

⋅=⋅⋅=

πτπtM

d mm

In base al momento da trasmettere Mt, al diametro ipotizzato dell’albero d e al regime di rotazione si

sceglie a catalogo il giunto adatto.

Si è scelto il giunto con diametro esterno D pari a 160 mm e dotato di 4 viti M12x1.25.

Nel calcolo del giunto si ipotizza che i bulloni non siano sottoposti a taglio e che il momento torcente

sia trasmesso esclusivamente per attrito tra le superficie a contatto delle flange.

La relazione tra la forza assiale F esercitata dai bulloni di serraggio e il momento trasmissibile Mt,

indicato con f il coefficiente di attrito tra le superficie a contatto, con nv il numero dei bulloni e con Dm

il diametro medio delle superficie a contatto, vale:

mv

t

Dnf

MF

⋅⋅⋅= 2

1 160 75117.5

2 2m

D DD mm

+ +≅ = =

Posto il coefficiente d’attrito pari a 0.3, sostituendo gli altri valori numerici, si ottiene:

68085.1173.04

4800002 ≅⋅⋅

⋅=F N

Il momento torcente Mv indotto sul fusto della vite per effetto del serraggio, atto a generare una forza

assiale F, vale:

( )ϕα +⋅⋅= tan2m

v

dFM

α angolo di inclinazione dell’elica media del filetto

ϕ angolo di semiapertura del cono d’attrito tra vite e madrevite

dm diametro medio della vite

Il valore di tan(α +ϕ ) può essere approssimato a 0.2 e il diametro medio della vite può essere

ritenuto pari al diametro nominale di filettatura.

1 La tensione ammissibile a torsione deve essere, in questa fase, scelta convenientemente bassa per tener conto di eventuali sovraccarichi, degli effetti di intaglio e degli effetti flettenti.

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202

( ) Nmd

FM mv 81702.0

2

126808tan

2=⋅⋅=+⋅⋅= ϕα

Le tensioni di trazione σ e di torsione τ valgono:

222

6012

680844mmN

d

F

m

=⋅

⋅≅⋅⋅=

ππσ

233

2412

81701616mmN

d

M

m

v =⋅⋅≅

⋅⋅=

ππτ

La tensione ideale iσ vale, secondo von Mises, vale:

22222 73243603 mmNi =⋅+=⋅+= τσσ

Ipotizzando che i bulloni siano realizzati in acciaio 8.8, il valore della tensione ideale sopra determinata

è ampiamente accettabile. In effetti il coefficiente di sicurezza ξ , nei confronti del carico di

snervamento, vale:

973

640 ≅==i

sn

σσξ

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203

Elementi di Costruzione di Macchine

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204

Simulazione prova di Meccanica n.7

Tempo di esecuzione 3h

E’ consentito solamente l’uso di Manuali Tecnici

La ruota motrice di un ingranaggio conico ad assi concorrenti ed ortogonali è ricavata direttamente

dall’albero motore che è montato su due cuscinetti volventi e riceve il moto dal motore tramite un

giunto.

L’albero con la ruota conica è realizzato in acciaio C40 UNI 7845 ed è costituito dalle seguenti parti in

ordine di successione:

• tratto cilindrico avente un diametro di 20 mm e lunghezza di 40 mm. Tale tronco presenta nel

suo tratto iniziale scanalature longitudinali per il calettamento del semigiunto di trasmissione.

Il profilo delle scanalature è del tipo con appoggio medio e centraggio interno UNI221;

• tronco cilindrico avente diametro di 25 mm e lunghezza di 15 mm, sede di un anello di tenuta;

• gola di alloggiamento di un anello elastico di sicurezza. La gola ha la larghezza di 2.15 mm ed il

diametro di fondo di 23.90 mm;

• perno avente il diametro di 25 mm e la lunghezza di 22 mm, sede del primo cuscinetto

volvente;

• tronco cilindrico di raccordo tra le sedi dei cuscinetti avente il diametro di 23 mm e la

lunghezza di 40 mm;

• perno avente il diametro di 30 mm e la lunghezza di 20 mm, sede del secondo cuscinetto

volvente;

• tronco conico dentato.

La ruota conica, con dentatura normale a denti diritti, con profilo ad evolvente, ha le seguenti

caratteristiche:

modulo m=4 mm

numero di denti z=18

semiangolo del cono primitivo δ=26°34'

larghezza della dentatura b=30 mm

angolo di pressione α=20°

Il candidato, per una potenza trasmessa dal giunto di 4 kW a 900 giri/min, assunto con giustificato

criterio ogni altro dato occorrente, esegua:

a) la verifica a resistenza della sede del semigiunto ed il calcolo della lunghezza del tratto

scanalato;

b) la verifica del modulo della ruota dentata;

c) il disegno di fabbricazione dell’albero con la ruota conica riportando le tolleranze

dimensionali, le rugosità, ed ogni altro particolare costruttivo non indicato nella descrizione

fornita (smussi, raccordi, ecc.);

d) il ciclo di lavorazione, per una produzione di media serie, dell’organo meccanico disegnato

definendo il grezzo di partenza ed indicando, per ogni operazione, la macchina utensile, le fasi,

le attrezzature, gli utensili e gli strumenti di misura necessari.

Verifica resistenza della sede del giunto

Si considera un profilo scanalato UNI 221 a fianchi paralleli, a centraggio interno e appoggio medio.

Ad un diametro esterno D = 20 mm corrisponde un diametro interno d = 16 mm.

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205

La verifica si conduce pertanto, in via cautelativa, verificando a torsione un albero di sezione circolare

piena di 16 mm e realizzato in acciaio C40 UNI 7845.

Il momento torcente Mt, indicata con N la potenza in watt e con ω la velocità angolare in rad/s, vale:

1000 4 6042.4 Nm

2 900t

NM

ω π⋅ ⋅= = ≅⋅

Dalla equazione di stabilità alla torsione si ha:

3

1653 MPatM

π⋅= ≅⋅

Per un acciaio C40 si può fare affidamento su di una tensione di snervamento a trazione intorno ai 420

MPa, a cui corrisponde una tensione di snervamento a torsione intorno ai 237 MPa.

420

237 MPa3 3sn

sn

στ ≅ ≅ ≅

Pertanto, considerando esclusivamente la sollecitazione di torsione, l’albero lavora con un coefficiente

di sicurezza pari a:

4.5snτξτ

≡ ≅

valore che può essere considerato accettabile.

Verifica del profilo scanalato

La verifica del profilo scanalato si conduce valutando se la lunghezza del profilo scanalato L è maggiore

del valore minimo stabilito dalla seguente relazione:

min

ml d

k

⋅ Ω≥

dove d è il diametro interno dello scanalato e m e k sono coefficienti di seguito tabellati, mentre Ω è

fornito direttamente dalla tabella UNI 221. ( )0.37Ω =

Valori del coefficiente m

Natura delle superficie Accoppiamenti fissi o

scorrevoli non sotto carico

Accoppiamenti

scorrevoli sotto carico

Ambedue cementate 2.85 2.42

Una o nessuna cementate 2.10 1.75

Valori del coefficiente k

Tipo di accoppiamento Tipo di carico

A B

Accoppiamenti fissi 1.25 0.96

Accoppiamenti scorrevoli non sotto carico 1.10 0.85

Accoppiamenti scorrevoli sotto carico

con superficie di contatto

Ambedue cementate 0.32 0.25

Una sola cementata o nessuna 0.25 0.20

A carico costante e senza vibrazioni; condizioni di funzionamento (lubrificazione etc..) ottime;

lavorazioni molto precise.

B carico variabile e con forti vibrazioni; condizioni di funzionamento (lubrificazione etc..) precarie;

lavorazione non molto precisa.

Ritenuti

2.10 1m k= =

si ha pertanto:

min

2.10 0.3716 12.5 mm

1

ml d

k

⋅Ω ⋅≥ = ≅

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206

La lunghezza assegnata L = 20 mm è, sotto questo aspetto, del tutto sufficiente1.

Verifica del modulo del pignone

Rappresentazione di una ruota dentata conica

Si determina il diametro primitivo del pignone:

72 mmd z m= ⋅ =

La generatrice R vale:

80.494 mm2 sin

dR

δ= ≅

1 Si tenga presente l’importanza di verificare sempre che il rapporto L/d non risulti superiore a 1.5 per appoggio stretto o medio, e compreso fra 1.5 e 2. 5 per appoggio ampio. Queste limitazioni hanno lo scopo di assicurare una ripartizione abbastanza uniforme del carico sui vari denti in senso assiale (R. Giovannozzi Costruzione di Macchine Vol.1 pag.344 Patron)

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207

Indicato con ξ il rapporto b/R si ha:

0.373b

Rξ = ≅

E’ facile riconoscere che il modulo medio vale:

( )1 2 3.25 mmmm m ξ= − ≅

Il diametro primitivo medio vale:

58.58 mmm md z m= ⋅ ≅

La velocità periferica in corrispondenza del diametro primitivo medio vale:

2

2.76 m/s60 2000

mp

dnv

π ⋅= ≅

Il fattore di riduzione dinamica del carico può essere posto pari a:

10

0.78410 2.76p

A

A vψ = = ≅

+ +

Il numero di denti immaginario del pignone vale:

* 20

cos

zz

δ= ≅

Il rapporto tra la larghezza del dente e il modulo medio vale:

* 9.23

m

b

mλ = ≅

Il modulo medio è verificato se è soddisfatta la seguente disuguaglianza:

( ) 33 **

1

0.22 1.15t

mamm

Mm

z z z ψ λ σ≥ ⋅

⋅ ⋅⋅ − ⋅

Posta una 180 MPaammσ ≅ , è facile verificare che la disuguaglianza è ampiamente soddisfatta. Infatti:

3.25 2.23>

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208

Simulazione prova di Meccanica n.7

Tempo di esecuzione 3h

E’ consentito solamente l’uso di Manuali Tecnici

Un motore diesel a quattro tempi, funzionante 2200 giri/min, aziona, mediante cinghie trapezoidali,

una pompa che a 3000 giri/min elabora 0.030 m3/s di acqua con una prevalenza di 55 m.

Il candidato, assumendo con opportuno criterio ogni altro dato occorrente, esegua il

proporzionamento della trasmissione, determinando inoltre:

• la potenza che deve fornire il motore;

• lo sforzo esercitato dalle cinghie sugli alberi delle pulegge.

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209

Determinazione utile della pompa

La potenza utile della pompa Nup, espressa in kW, vale:

9810 0.030 5516.2 kW

1000 1000up

Q HN

γ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅= ≅ ≅

dove:

γ è il peso specifico del fluido espresso in N/m3

Q la portata volumetrica espressa in m3/s

H la prevalenza espressa in m.

Determinazione della potenza assorbita dalla pompa

La potenza assorbita dalla pompa Nap, pari alla potenza fornita dal motore Num, si valuta ipotizzando un

adeguato rendimento della pompa stessa.

Posto un rendimento η pari a circa 0.7 si ha:

23 kWupum ap

NN N

η= = ≅

Calcolo della trasmissione a cinghia (cinghie trapezoidali)

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210

Calcolo degli alberi di calettamento delle pulegge

Albero calettante la puleggia maggiore

Il momento torcente Mt1, indicata con ωm la velocità angolare del motore, vale:

1 100 Nmumt

m

NM

ω= ≅

Il momento flettente Mf1, considerato l’albero come una trave a sbalzo incastrata ad un

estremo e caricata con una forza 2T0 applicata ad una distanza di 100 mm dall’incastro vale:

1 244 NmfM ≅

Ipotizzando di realizzare l’albero in C40 bonificato, tenuto conto della presenza della cava per

linguetta, in prima approssimazione, il diametro dell’albero vale:

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211

Albero calettante la puleggia minore

Il momento torcente vale:

2 1

220073.3 Nm

3000t tM M= ⋅ ≅

Il momento flettente Mf2, considerato l’albero come una trave a sbalzo incastrata ad un

estremo e caricata con una forza 2T0 applicata ad una distanza di 100 mm dall’incastro vale:

1 244 NmfM ≅

Ipotizzando di realizzare l’albero in C40 bonificato, tenuto conto della presenza della cava per

linguetta, in prima approssimazione, il diametro dell’albero vale: