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Università Cattolica del Sacro Cuore
CENTRO DI RICERCHE IN ANALISI ECONOMICAE SVILUPPO ECONOMICO INTERNAZIONALE
Distretti e tecnologia:il caso di Lumezzane
Mario Nosvelli
978-88-343-1396-1ISBN 88-343-1396-8
€ 3,00
Università Cattolica del Sacro Cuore
CENTRO DI RICERCHE IN ANALISI ECONOMICAE SVILUPPO ECONOMICO INTERNAZIONALE
Distretti e tecnologia:il caso di Lumezzane
Mario Nosvelli
Luglio 2006
www.vitaepensiero.it
All rights reserved. Photocopies for personal use of the reader, not exceeding15% of each volume, may be made under the payment of a copying fee to theSIAE, in accordance with the provisions of the law n. 633 of 22 april 1941 (art.68, par. 4), that is with the agreement between Siae, Aie, Sns and Cna,Confartigianato, Casa, Claai, Confcommercio, Confesercenti (18 december2000). Reproductions which are not intended for personal use may not exceed15% of the book and may be only made with the written permission of AIDRO,via delle Erbe, n. 2, 20121 Milano, fax: 02 809506, e-mail: [email protected]
Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del15% di ciascun volume dietro pagamento alla SIAE del compenso previstodall’art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero dall’accordostipulato tra Siae, Aie, Sns e Cna, Confartigianato, Casa, Claai, Confcommercio,Confesercenti il 18 dicembre 2000.Le riproduzioni ad uso differente da quello personale potranno avvenire, per unnumero di pagine non superiore al 15% del presente volume, solo a seguito dispecifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, via delle Erbe, n. 2, 20121Milano, telefax: 02 809506, e-mail: [email protected]
© 2006 Mario NosvelliISBN 88-343-1396-1; 978-88-343-1396-1
3
Abstract
Questo lavoro si propone di studiare lo sviluppo economico e
tecnologico del distretto di Lumezzane, riconosciuto come archetipo
del modello distrettuale italiano dalla letteratura distrettualista, che
attraversa una fasi di profonda trasformazione. Tale trasformazione
ha condotto, sia le singole imprese sia il distretto nel complesso, ad
adottare nuove strategie produttive e commerciali per far fronte alle
mutate condizioni competitive.
Le tipicità dovute sia al territorio montano, certo non favorevole alla
diffusione delle imprese, sia ad una filiera di specializzazione
composita, basata su diversi prodotti in metallo, fanno del distretto di
Lumezzane un caso di studio certamente di grande interesse.
Una parte consistente del lavoro è dedicata all’analisi dei caratteri
strutturali del distretto ed al suo peso relativo rispetto all’economia
regionale e nazionale; ciò sembra particolarmente utile per coglierne
esattamente punti di forza e di debolezza.
Il mutamento più rilevante intervenuto nell’ultimo decennio è di
carattere istituzionale, pur con numerose implicazioni di carattere
organizzativo e produttivo, e si sostanzia nell’evidenza che le sorti
competitive del distretto dipendano in misura sempre maggiore dalle
imprese di dimensioni maggiori. Questo trend sottende anche la non
facile trasformazione del tessuto competitivo che risulta composto
sempre meno da imprese familiari, tipiche del distretto, e sempre più
da imprese in forma di gruppo o di società connesse tra loro da
legami formali (proprietari, commerciali, di fornitura) che
definiscono reti sempre più complesse.
Di fatto questo distretto, come molti altri in Italia, sta modificando
alcuni degli elementi identificativi e peculiari della natura distrettuale
definiti dalla letteratura economica.
Un primo elemento è dato dal rafforzamento dei legami produttivi e
commerciali con l’esterno del distretto, dal momento che le imprese
si inseriscono nelle grandi reti nazionali ed internazionali sopra
richiamate che rendono le relazioni intra-distrettuali meno decisive
che in passato.
4
Un secondo elemento riguarda il graduale cambiamento dei legami
tra imprese che passano da informali – sub-contratto – a formali –
gruppi. Il grado sempre più elevato di concorrenza richiede
connessioni stabili associate alla capacità di articolare in maniera
flessibile funzioni e competenze fra imprese dello stesso gruppo.
Un terzo elemento riguarda la difficoltà delle piccole imprese,
considerate individualmente, di rimanere cruciali all’interno di
queste trasformazioni strutturali, nonostante l’artigianato dimostri
ancora buone performance.
La mutazione di questi elementi apre questioni di analisi e di policy
che riguardano il futuro dei distretti e che richiederanno opportuni
approfondimenti.
Questo lavoro, oltre agli elementi di criticità, segnala come il
distretto di Lumezzane disponga ancora di quel vantaggio
competitivo che ha determinato buona parte del successo dei distretti
nel corso degli ultimi decenni e che è rappresentato da quelle
conoscenze, codificate e tacite, che gli consentono ancora di
primeggiare nelle produzioni tipiche della sua specializzazione
settoriale.
Sembra chiaro, infine, che per il futuro prossimo
internazionalizzazione ed innovazione costituiscano le due sfide
competitive principali che questo distretto, come tutti gli altri distretti
industriali italiani, è chiamato ad affrontare.
5
INDICE
1. Introduzione 7
2. Struttura del distretto 8
3. L’internazionalizzazione del distretto e il
posizionamento sui mercati internazionali 24
4. Il capitale umano 35
5. Il ruolo dell’innovazione 44
6. Gli ostacoli allo sviluppo del distretto di Lumezzane e le
possibili strategie 49
7. Conclusioni
Riferimenti bibliografici
54
57
Appendice 60
Elenco Quaderni Cranec 63
7
1. Introduzione*
Il distretto di Lumezzane, specializzato nelle produzioni in metallo,
nella letteratura economica rappresenta un archetipo dell’analisi
distrettuale data l’elevata concentrazione di imprese specializzate in un
territorio circoscritto (Bongiovanni, 1992). La grande densità delle
imprese in un territorio tipicamente montano e certo non adatto
all’insediamento di attività produttive, la Valgobbia, stimola ad
approfondire il senso storico ed economico delle ragioni che stanno alla
base delle scelte agglomerative delle imprese1.
In questo lavoro l’obiettivo è quello di indagare le condizioni operative
del distretto di Lumezzane nell’attuale fase in cui globalizzazione dei
mercati e innovazione dei prodotti e dei processi cambiano le coordinate
di riferimento dell’agire economico. L’indagine descrive il cambiamento
in atto in questo distretto per cogliere i tratti essenziali della deriva
evolutiva che sembra aver imboccato.
Le difficoltà incontrate dalle piccole imprese distrettuali italiane di
fronte al cambiamento rappresentano un tema al centro di numerosi
dibattiti, sia di analisi economica che di policy (Quadrio Curzio, Fortis,
2000). Il distretto di Lumezzane, considerati sia il suo elevato grado di
* Questo saggio è stato in parte realizzato nell’ambito del Programma di Ricerca
Scientifica di Rilevante Interesse Nazionale (PRIN) sul tema “Dinamica strutturale:
imprese, organizzazioni, istituzioni”, co-finanziato dal Ministero dell’Università e della
Ricerca Scientifica e Tecnologica – COFIN - MIUR 2003 (Contr. 2003131274_001);
Unità operativa locale: “Dinamica strutturale: tecnologie, reti, istituzioni”.
Si ringrazia Lumetel per i dati forniti nella fase di redazione di questo lavoro. Si
ringraziano, inoltre, A. Bramanti e M. A. Maggioni per i preziosi commenti. Eventuali
errori o mancanze, come d’uso, sono da addebitare esclusivamente all’autore.1 A questo riferimento si veda il lavoro di Provasi (1996).
8
rappresentatività dei distretti italiani sia la reputazione internazionale
delle sue produzioni, è stato recentemente analizzato come simbolo della
complessa fase di transizione che le tipiche imprese familiari dei distretti
italiani stanno attraversando all’interno dello scenario economico
internazionale mutato per effetto della competizione globale (Landler e
Fisher, 2006).
L’organizzazione del lavoro è la seguente. Nel secondo paragrafo si
analizza la struttura del distretto e la sua evoluzione recente; nel terzo
paragrafo si studia l’internazionalizzazione del distretto ed il suo
posizionamento sui mercati internazionali; nel quarto paragrafo si
analizza l’evoluzione del capitale umano; nel quinto paragrafo si
esamina la natura e il grado di innovazione del distretto lumezanese; nel
sesto paragrafo si evidenziano i principali ostacoli allo sviluppo del
distretto e le possibili strategie da intraprendere per affrontarli; nelle
conclusioni si segnalano gli aspetti cruciali delle riflessioni effettuate e,
in base a questi, si traccia la deriva evolutiva del distretto.
2. Struttura del distretto
In questo paragrafo vengono esaminati i caratteri strutturali del distretto
di Lumezzane, e la loro evoluzione a partire dal 1991 fino al 2003.
L’obiettivo è quello di approfondire e valutare le caratteristiche
identificative di questo distretto tramite la definizione di un quadro
completo e aggiornato della sua attuale fase di sviluppo.
9
Un paragrafo introduttivo permetterà di chiarire le ipotesi di fondo su
aspetti definitori e classificatori non secondari vista la particolare
conformazione della struttura operativa del distretto di Lumezzane.
2.1. Alcune caratteristiche di fondo
Prima dell’analisi si vogliono chiarire alcune caratteristiche del sistema
produttivo Lumezzanese sulle quali si fonda l’analisi che segue, che
sono relative soprattutto alla scelta dei settori utilizzati per lo studio del
distretto.
La natura del distretto di Lumezzane è del tutto particolare, non solo in
senso territoriale, come illustrato nell’appendice, ma anche per le
caratteristiche della specializzazione settoriale, necessaria per
l’individuazione del distretto. La specializzazione, infatti, in questo
distretto si associa ad una articolazione produttiva che mette luce come
in questo territorio convivano imprese con esigenze organizzative,
produttive e commerciali disomogenee.
In concreto si nota che la specializzazione nel settore della lavorazione
dei metalli si associ ad una differenziazione in questi cinque comparti:
rubinetteria, sifoneria, valvolame, maniglie, casalinghi, pentolame e
posateria.
Un secondo aspetto da considerare è quello dei livelli di integrazione fra
i settori stessi; questo è rilevante per capire le relazioni produttive che si
instaurano fra imprese nella definizione della catena del valore. I primi
quattro settori fra quelli sopra indicati hanno in comune la lavorazione
dei metalli non ferrosi, che prevede a monte la presenza di fonderie e
raffinerie che utilizzano il rottame. Queste ultime sono presenti nel
distretto e mettono in luce la forte integrazione verticale esistente fra i
10
settori dei materiali non ferrosi (Bugatti E. e Bugatti S., 1992). Ne
consegue una stretta connessione e conoscenza dei problemi reciproci
fra produttori della materia prima e quelli del prodotto finito.
I tre settori dei casalinghi, pentolame e posateria appartengono alla
filiera dell’acciaio. La materia prima – lamiere, billette e profilati –
proviene prevalentemente dall’esterno del distretto e ciò porta ad
escludere l’integrazione verticale tra comparti evidenziata sopra.
I diversi livelli di integrazione sopra indicati hanno implicazioni
rilevanti sia per quanto riguarda i rapporti di sub-fornitura, sia per
quanto riguarda l’evoluzione della governance delle imprese.
La sub-fornitura ha rappresentato storicamente un fattore di sviluppo del
distretto, dal momento che con l’obiettivo della minimizzazione dei
costi si è prodotta nel corso del tempo una forte specializzazione di fase
dalla quale sono nate molte piccole e piccolissime imprese legate tra
loro da relazioni di sub-fornitura (Di Maria, Tripodi, 2002). Quasi il
90% delle imprese, secondo Di Maria e Tripodi (2002), fanno ricorso
alla subfornitura come modalità organizzativa prevalente.
L’impresa familiare rappresenta un altro elemento distintivo del distretto
lumezzanese dal momento che dentro e attorno alla dimensione sociale
ed economica della famiglia si sono sviluppate le imprese del distretto
(Provasi, 1996). Nella recente evoluzione si nota come le imprese si
diversifichino orizzontalmente attraverso gruppi che comprendono
imprese che lavorano in settori differenti. Tali gruppi, che sfruttano il
fatto di essere composti da unità produttive localizzate nella stessa area,
spesso sono di proprietà familiare. Talvolta, si tratta di gruppi di fatto,
11
cioè senza legami proprietari fra loro se non che appartengono alla
stessa famiglia (Di Maria, Tripodi, 2002)
In sintesi le imprese del distretto si distribuiscono su molti comparti che
coprono tutte le fasi del ciclo produttivo della lavorazione dei metalli,
dalla lavorazione delle materia prima alla realizzazione del prodotto
finito. Per questo, oltre ai settori fini di interesse specifico per il
distretto, saranno sempre indicati i settori più grossi che colgono tutte le
diverse lavorazioni che interessano questo tipo di prodotto.
Rimane da segnalare che si evidenzia, fra gli altri settori, la presenza
della produzione delle armi, soprattutto tipica del comune di Gardone
Val Trompia, che è inserito nel distretto considerato. Questa produzione,
pur parte delle produzioni in metallo e sicuramente connessa alle
lavorazioni del distretto, rappresenta un’attività distinta e separata
rispetto a quelle sopra ricordate che presentano il loro centro vitale nel
comune di Lumezzane.
2.2. I principali caratteri strutturali del distretto
La struttura del distretto di Lumezzane, come illustra la tabella 1,
presenta 1.663 imprese e 16.665 addetti; un sistema di piccole imprese,
quindi, visto che la media è di 10 addetti per impresa.
La quota delle imprese artigiane è del 76% che, tuttavia, contano per il
42% degli addetti. Ciò sembra segnalare come nell’imprenditorialità
locale, la configurazione organizzativa e giuridica dell’artigianato
incontra ancora molta fortuna.
12
Tab. 1 - Il distretto dei prodotti in metallo di Lumezzane
La quota dei settori tipici delle specializzazioni distrettuali sul
manifatturiero distrettuale è decisamente preponderante, mentre sul
manifatturiero provinciale si aggira attorno al 10%.
La specializzazione del distretto rappresenta quasi il manifatturiero del
distretto, facendo risultare una quasi corrispondenza che definisce i
contorni produttivi di un “caso di scuola” nelle tassonomie distrettuali.
Per quanto riguarda il tasso piuttosto contenuto rispetto alla provincia di
Brescia è da segnalare come questa provincia rappresenti uno dei
campioni della manifattura in ambito nazionale.
In termini settoriali il distretto presenta valori contenuti sia in ambito
regionale che nazionale: questo dipende dal fatto che si considerano
settori nei quali in Italia la dimensione media delle imprese è piuttosto
elevata.
La divisione tra artigiani e non artigiani risulta rilevante per
comprendere come le attività tipiche del distretto prediligano l’una o
l’altra delle diverse modalità operative e organizzative a seconda delle
Unità* 6.954 9.711 16.665 1.267 396 1.663
Peso sul manifatturiero del distretto 86 88 87 81 86 82
Peso sul manifatturiero provinciale 11 8 9 10 8 9
Peso del distretto sul settore regionale 6 3 4 5 3 4
Peso del distretto sul settore nazionale 1,6 1,0 1,2 1,2 0,8 1,1
* Soli settori "core"
Fonte: ns. elaborazioni su dati del censimento
Addetti Unità locali
ArtigianiNon
artigiani
Totale
addettiArtigiani
Non
artigiani
Totale
unità locali
13
caratteristiche dei processi produttivi. Tipicamente le lavorazioni
tradizionali e maggiormente labour intensive presentano tassi di imprese
artigiane superiori alla media. Nel caso del distretto di Lumezzane la
metallurgia e la fabbricazione delle macchine ed apparecchi meccanici
sono prevalentemente non artigiane2 al contrario della fabbricazione e
lavorazione dei prodotto in metallo (cfr. tabella 2).
Tab. 2 - Addetti e unità locali per settore nel distretto dei prodotti in
metallo di Lumezzane
Valori % su totale manifatturiero (settori "core") e su totale
economia (settori non "core") 2001
2 Questi settori presentano un peso rilevante in termini di addetti delle imprese non
artigiane. Si veda successivamente l’analisi per classi dimensionali.
27 METALLURGIA 6,2 22,9 15,9 3,9 13,6 6,1
27.54 Fusione di altri metalli non ferrosi 3,8 8,0 6,2 2,7 5,6 3,4 28 FABBRICAZIONE E LAVORAZIONE DEI PRODOTTI IN
METALLO, ESCLUSI MACCHINE E IMPIANTI
69,0 28,9 45,8 68,1 48,5 63,6
28.75 Fabbricazione di altri prodotti metallici n.c.a. 14,8 12,0 13,2 11,9 17,7 13,3 29 FABBRICAZIONE DI MACCHINE ED APPARECCHI
MECCANICI 10,8 35,7 25,2 9,2 23,6 12,5
29.13 Fabbricazione di rubinetti e valvole 2,8 17,0 11,0 2,1 10,2 3,9
29.6 Fabbricazione di armi, sistemi d'arma e
munizioni 3,8 12,6 8,9 2,7 5,0 3,2
…
Totale settori "core" 66,4 52,5 57,5 47,6 11,4 27,0
Totale manifatturiero 8.093 11.089 19.182 1.560 462 2.022
51.52 Commercio all'ingrosso di metalli e di minerali
metalliferi - 0,59 0,38 - 0,57 0,33
51.54 Commercio all'ingrosso di articoli in ferro, di
apparecchi e accessori per impianti idraulici e di
riscaldamento - 0,53 0,34 - 0,92 0,52
Totale settori "core" e non "core" 66,4 53,6 58,2 47,6 12,8 27,9
Totale economia 10.470 18.507 28.977 2.662 3.487 6.149
Fonte: ns. elaborazioni su dati del censimento
Non
artigiani
Totale unità
localiArtigiani
Non
artigiani
Totale
addettiArtigiani
Addetti Unità locali
14
Quest’ultimo rappresenta il settore più consistente fra i settori “core” del
distretto; d’altro canto è significativo come esso rappresenti da solo
quasi la metà del manifatturiero distrettuale.
Fra i settori che rappresentano specificamente le peculiarità produttive
del distretto si impone la fabbricazione di rubinetti e valvole, seguita
dalla produzione delle armi.
Fra i settori non core, le attività commerciali legate ai settori core non
rappresentano, né in termini di addetti né in termini di unità locali, valori
rilevanti per l’economia del distretto, nonostante la loro funzione
connettiva dei rapporti fra imprese e dei flussi commerciali sia
qualitativamente rimarchevole. Per quanto concerne la composizione per
classi dimensionali delle unità locali presenti nel distretto, i settori tipici
presentano distribuzioni della dimensione delle imprese diverse da
quelle dei settori più grandi, di cui si è già detto sopra (cfr. tabella 3).
All’interno del settore della fabbricazione delle macchine, che denota
una quasi equiripartizione fra le classi superiori ai 10 addetti, si nota la
differente distribuzione del settore della fabbricazione dei rubinetti, che
concentra quasi il 70% delle imprese nella classe 50-249 addetti e del
settore della produzione armi, che concentra la gran parte delle imprese
nella classe 250 e oltre.
15
Tab. 3 - Addetti per settore e classe dimensionale nel distretto dei
prodotti in metallo di Lumezzane
Valori % su totale del settore 2001
Il settore della fabbricazione e lavorazione dei prodotti in metallo mostra
una dimensione media piuttosto bassa, data anche l’assenza di imprese
con più di 250 addetti, con un addensamento di imprese nella classe 10-
49. Di fatto in questa classe si raggruppa la gran parte delle imprese dei
settori sia core che non core, identificando un’area organizzativa
peculiare del distretto.
27 METALLURGIA 9,1 29,6 45,5 15,8 3.042
27.54 Fusione di altri metalli non ferrosi 14,2 33,9 51,8 - 1.19628 FABBRICAZIONE E LAVORAZIONE DEI
PRODOTTI IN METALLO, ESCLUSI MACCHINE E
IMPIANTI 38,2 51,6 10,2 - 8.788
28.75 Fabbricazione di altri prodotti
metallici n.c.a. 25,1 45,1 29,8 - 2.07929 FABBRICAZIONE DI MACCHINE ED
APPARECCHI MECCANICI 9,0 34,5 30,2 26,3 4.835
29.13 Fabbricazione di rubinetti e valvole 4,4 15,5 67,5 12,6 2.111
29.6 Fabbricazione di armi, sistemi
d'arma e munizioni 6,9 27,1 7,1 58,8 1.710
Totale settori "core" 24,4 42,6 22,4 10,5 16.665
Totale manifatturiero 4.897 7.899 4.106 2.280 19.182
51.52 Commercio all'ingrosso di metalli e di
minerali metalliferi 46,8 53,2 - - 109
51.54 Commercio all'ingrosso di articoli in
ferro, di apparecchi e accessori per impianti
idraulici e di riscaldamento 74,7 25,3 - - 99
Totale settori "core" e non "core" 24,9 42,6 22,2 10,4 16.873
Totale economia 5.796 5.389 5.042 2.280 18.507
Fonte: ns. elaborazioni su dati del censimento
Classe di addetti
1-9 10-49 50-249 250 e oltre Totale
16
E’ utile, a questo punto, analizzare il peso del distretto e dei suoi settori
sul totale del settore a livello nazionale (cfr. tabella 4).
Tab. 4 - Addetti e unità locali per settore nel distretto dei prodotti
in metallo di Lumezzane
Peso % sul totale nazionale 2001
A parte la fabbricazione delle armi, che copre circa il 40% degli addetti
alla produzione nazionale, le attività tipiche del distretto rappresentano
quote piuttosto considerevoli della produzione nazionale: quasi il 20%
degli addetti della coltelleria e posateria, l’11,9% della fusione di
materiali non ferrosi, il 7,9% della fabbricazione di rubinetti e valvole, il
7,7% della produzione di stoviglie, pentolame etc.
27 METALLURGIA 5,3 2,0 2,2 4,4 2,4 3,1
27.54 Fusione di altri metalli non ferrosi 11,9 11,9 11,9 11,0 8,5 9,9
28 FABBRICAZIONE E LAVORAZIONE DEI
PRODOTTI IN METALLO, ESCLUSI
MACCHINE E IMPIANTI 1,8 0,8 1,3 1,4 0,9 1,3
28.61 Fabbricazione di articoli di coltelleria e
posateria 15,3 22,0 19,3 7,8 17,1 9,8
28.75.1 Costruzione di stoviglie, pentolame,
vasellame,attrezzi da cucina e articoli metallici per
l'arredamento bagno 13,0 6,9 7,7 13,3 10,5 11,7
29 FABBRICAZIONE DI MACCHINE ED
APPARECCHI MECCANICI 0,9 0,8 0,8 0,6 0,5 0,5
29.13 Fabbricazione di rubinetti e valvole 8,8 7,8 7,9 7,5 6,1 6,6
29.6 Fabbricazione di armi, sistemi d'arma e
munizioni 68,3 38,0 41,3 47,2 28,0 38,0
Totale settori "core" 1,6 1,0 1,2 1,2 0,8 1,1
Totale manifatturiero 0,6 0,3 0,4 0,4 0,2 0,3
51.52 Commercio all'ingrosso di metalli e di
minerali metalliferi - 0,6 0,6 - 0,7 0,7
51.54 Commercio all'ingrosso di articoli in ferro, di
apparecchi e accessori per impianti idraulici e di
riscaldamento - 0,2 0,2 - 0,4 0,4
Totale settori "core" e non "core" 1,6 0,9 1,1 1,2 0,8 1,1
Totale economia 0,3 0,1 0,4 0,2 0,1 0,8
Fonte: ns. elaborazioni su dati del censimento
Non
artigianiTotale unità locali
Addetti Unità locali
ArtigianiNon
artigiani
Totale
addettiArtigiani
17
Sebbene il peso del distretto non raggiunga l’1% del totale degli addetti
al manifatturiero nazionale e l’insieme dei settori superi di poco tale
soglia, i settori tipici costituiscono una componente rilevante delle
produzioni italiane.
Il distretto di Lumezzane, in altre parole, rappresenta ancora un punto
nodale per alcune produzioni e, per converso, l’andamento di questo
distretto può influenzare in misura rilevante le sorti dei settori core a
livello nazionale.
Tab. 5 - Addetti e unità locali per settore nel distretto dei prodotti in
metallo di Lumezzane
Variazioni % 1991 – 2001
Passando all’analisi evolutiva, si nota che il distretto, sia se considerato
nella sua parte core che in quella non core, nell’arco del decennio 1991-
27 METALLURGIA 5,7 -8,1 -6,1 -9,0 5,0 -2,4
27.54 Fusione di altri metalli non ferrosi 7,6 69,2 47,3 -14,3 18,2 -4,228 FABBRICAZIONE E LAVORAZIONE DEI PRODOTTI IN METALLO,
ESCLUSI MACCHINE E IMPIANTI 8,8 -3,3 4,0 -2,5 -2,6 -8,7
28.75 Fabbricazione di altri prodotti metallici n.c.a. 130,1 16,7 52,0 70,6 51,9 64,4
29 FABBRICAZIONE DI MACCHINE ED APPARECCHI MECCANICI -6,2 -1,8 -2,6 -8,9 -8,4 -3,5
29.13 Fabbricazione di rubinetti e valvole -27,3 -2,9 -6,3 -36,0 -21,7 -28,2
29.6 Fabbricazione di armi, sistemi d'arma e munizioni -6,1 9,9 6,6 -12,5 9,5 -5,8
Totale settori "core" 6,4 -4,0 0,1 -3,6 -3,2 -3,5
Totale manifatturiero del distretto 5,1 -5,0 -1,0 -2,9 -5,7 -3,5
Totale manifatturiero della provincia -3,5 1,3 -0,4 -0,1 1,6 0,4
51.52 Commercio all'ingrosso di metalli e di minerali metalliferi - -8,4 -8,4 - -9,1 -9,1
51.54 Commercio all'ingrosso di articoli in ferro, di apparecchi e
accessori per impianti idraulici e di riscaldamento
- 90,4 90,4 - 68,4 68,4
Totale settori "core" e non "core" 6,4 -3,6 0,3 -3,6 -0,4 -2,8
Totale economia del distretto 7,3 7,2 7,3 2,0 18,7 10,9
Totale economia della provincia 3,0 19,7 14,9 6,0 34,7 23,5
Fonte: ns. elaborazioni su dati del censimento
Addetti Unità locali
ArtigianiNon
artigiani
Totale
addettiArtigiani
Non
artigiani
Totale unità
locali
18
2001 ha mostrato una sostanziale costanza/stagnazione non
incrementando né diminuendo sostanzialmente la consistenza della sua
struttura produttiva, così come peraltro è accaduto per il manifatturiero,
sia nell’area distrettuale che in quella provinciale (cfr. tabella 5). A
fronte di ciò l’economia del distretto e quella provinciale sono cresciute,
probabilmente per effetto della spinta del terziario che ha consentito la
trasformazione dell’economia locale senza la perdita di occupazione e di
competitività del sistema.
L’incremento del peso del terziario nel sistema economico del distretto è
rinvenibile nella crescita dei settori non core, in particolare in quello
relativo al commercio all’ingrosso degli articoli in ferro e impiantistica,
che segnala come i settori di supporto del distretto diventino sempre più
rilevanti nella logica della crescita del distretto nel suo insieme.
Nella media dei settori core, la crescita degli addetti nelle imprese
artigiane è stata controbilanciata dal decremento registrato nelle imprese
non artigiane.
I settori che nel periodo hanno visto crescere il numero di addetti nelle
imprese non artigiane sono stati quello della metallurgia e, con tassi
inferiori, delle armi; qui il decremento del numero delle imprese ha
condotto ad un aumento della dimensione media delle imprese.
Due quindi le dinamiche che emergono: da un lato la maggiore rilevanza
dei settori che si pongono a monte nella catena del valore, dall’altro la
forza propulsiva che è stato in grado di imprimere l’artigianato.
La tabella 6 mostra come la stabilità dei settori core sia il risultato
dell’incremento di imprese della classe dimensionale 10-49 e del
decremento di tutte quelle delle altre classi dimensionali.
19
E’ interessante notare come i grandi settori considerati prediligano
percorsi dissimili nella crescita dimensionale. La metallurgia cresce
nella classe dimensionale 50-249; la fabbricazione e lavorazione di
prodotti in metallo aumenta nella classe 10-49; la fabbricazione di
macchine nella classe 250 e oltre.
Tab. 6 - Addetti per settore e classe dimensionale nel distretto dei
prodotti in metallo di Lumezzane
Variazioni % 1991 – 2001
Anche i settori non core, che non presentano dimensioni oltre i 49
addetti, crescono in maniera disomogenea, rispondendo in ciascun caso
alle proprie necessità organizzativo-produttive.
La crescita della classe 10-49 addetti influenza anche la crescita del
manifatturiero distrettuale nel suo insieme che, come detto in
27 METALLURGIA 0,0 0,8 17,9 -46,2 -6,1
27.54 Fusione di altri metalli non ferrosi -18,3 -11,4 324,7 - 47,3
28 FABBRICAZIONE E LAVORAZIONE DEI
PRODOTTI IN METALLO, ESCLUSI MACCHINE E
IMPIANTI -9,8 27,7 -23,8 - 4,0
28.75 Fabbricazione di altri prodotti metallici n.c.a. 47,4 159,8 -33,0 - 52,0
29 FABBRICAZIONE DI MACCHINE ED
APPARECCHI MECCANICI -34,9 0,6 -15,1 38,6 -2,6
29.13 Fabbricazione di rubinetti e valvole -58,1 -16,7 10,3 15,2 -6,3
29.6 Fabbricazione di armi, sistemi d'arma e munizioni -9,9 6,4 2,5 9,6 6,6
Totale settori "core" -12,8 16,4 -8,1 -3,3 0,1
51.52 Commercio all'ingrosso di metalli e di minerali
metalliferi 4,1 -17,1 - - -8,4
51.54 Commercio all'ingrosso di articoli in ferro, di
apparecchi e accessori per impianti idraulici e di
riscaldamento 42,3 2500 - - 90,4
Totale settori "core" e non "core" -12,1 16,4 -8,1 -3,3 0,3
Totale manifatturiero del distretto -11,2 15,2 -12,6 -1,1 -1,0
Fonte: ns. elaborazioni su dati del censimento
50-249 250 e oltre Totale
Classe di addetti
1-9 10-49
20
precedenza, risulta profondamente determinato dai settori tipici della
specializzazione distrettuale. D’altro canto molte analisi mettono in luce
come le medie imprese rappresentino i “veri e propri attori del
cambiamento interno al distretto” (Di Maria, Tripodi, 2002, p.185). La
gerarchizzazione tramite gruppi, formali o di fatto, presenta sempre al
centro imprese leader di medie dimensioni.
L’analisi del decennio 90 porta a concludere che, sebbene il distretto
non cresca ma rimanga stabile seguendo l’andamento del manifatturiero
provinciale, si percepiscono alcuni cambiamenti strutturali rilevanti. In
primo luogo emerge la tendenza a un dimensionamento su una gamma
intermedia fra la micro-impresa e la media impresa che porta ad un
aumento della massa critica delle imprese preservandone la flessibilità.
In secondo luogo si nota come fra i settori tipici del distretto si vadano
progressivamente divaricando i sentieri di sviluppo e si differenzino
piuttosto chiaramente le scelte tra artigianato e non e tra la grande e la
piccola impresa. Infine, si nota come, pur ancora limitato, stia crescendo
l’apporto dei settori non core per la valorizzazione e
commercializzazione dei prodotti distrettuali. Ciò porta ad immaginare
un distretto sempre più composito in termini produttivi ed in grado di
fronteggiare le crisi su più versanti e con maggiori opportunità di
sfruttare i vantaggi competitivi delle sue diverse specializzazioni. In
conclusione è utile aggiungere un aspetto che, pur non essendo
rilevabile con precisione, incide profondamente sulla dinamica del
distretto. Per cogliere alcuni fattori esplicativi dello sviluppo del
distretto bisogna infatti far riferimento alle ore di straordinario effettuate
dai lavoratori del distretto di Lumezzane. Lo straordinario, infatti, ha
21
rappresentato per molti versi una quota di lavoro standard dal momento
che era diffusa la tendenza a lavorare per 55-60 ore la settimana.
L’impatto sulla produzione era comparabile a quello di un terzo di
addetti aggiuntivo (Mucchetti, 2004).
Mancando le ore di straordinario, non si registra l’impatto sulla struttura
produttiva (addetti e unità locali), che come considerato rimangono
sostanzialmente costanti, nonostante l’attività produttiva abbia
fortemente risentito della crisi nei volumi di produzione. Questo,
seppure in modo indiretto, è percepibile dai dati import-export che
mostrano come i volumi d’affari per alcuni settori si siano fortemente
ridimensionati. D’altro canto lo straordinario ha rappresentato quella
“camera di decompressione” o, in altre parole, quel margine di
flessibilità produttiva che ha premesso di rispondere alla crisi senza
ripercussioni occupazionali.
2.3. Variazioni della struttura negli ultimi anni
In questa sezione si analizzano le variazioni del numero di imprese della
provincia tra il 1999 e il 2004 nei settori in cui il distretto è fortemente
rappresentativo, secondo le informazioni fornite dai registri della camera
di commercio (tabelle 7 e 8).
In sintesi i tassi mostrano che dopo un periodo di difficoltà nel 2000, si
ritorna in una fase critica nel 2003, con una forte ripresa della mortalità
e tassi contenuti di natalità delle imprese.
22
Tab. 7 - Variazione dello stock di imprese della provincia di Brescia
Variazione % annua
Tab. 8 - Natalità e mortalità del totale delle imprese della provincia di
Brescia
Valori % su stock delle imprese attive
Produzione di metalli e loro leghe
Nuove iscritte 1,7 1,4 1,2 1,6 1,0
Cessate 1,9 3,9 1,7 2,8 3,3
Fabbricaz.e lav.prod.metallo,escl.macchine
Nuove iscritte 4,9 5,7 5,5 4,8 4,0
Cessate 4,3 5,1 4,2 5,2 5,2
Fabbric.macchine ed appar.mecc.,instal.
Nuove iscritte 4,4 3,7 4,1 3,9 4,6
Cessate 4,2 5,9 3,2 5,0 5,0
Manifatturiero provinciale
Nuove iscritte 4,1 4,4 4,8 4,8 4,7
Cessate 5,9 5,4 4,6 6,2 4,8
Fonte: ns. elaborazioni su dati Movimprese
Variazione annua
1999 2000 2001 2002 2003
Produzione di metalli e loro leghe -1,0 0,2 -3,5 -2,0 -6,2
di cui: artigiane -2,2 -1,7 -2,3 -6,2
Fabbricaz.e lav.prod.metallo,escl.macchine 1,4 2,9 1,2 -0,2 5,4
di cui: artigiane 1,8 0,5 -0,8 1,6
Fabbric.macchine ed appar.mecc.,instal. -1,3 1,6 1,1 1,3 2,8
di cui: artigiane -0,4 0,0 0,5 0,1
Manifatturiero provinciale -0,2 0,4 1,4 -0,1 1,4
Fonte: ns. elaborazioni su dati Movimprese
2000/1999 2001/2000 2002/2001 2003/2002Totale periodo
2003/1999
23
La breve serie storica relativa alle imprese artigiane, pur priva dei dati
relativi al 1999, sembra confermare sostanzialmente quanto emerso per
il totale delle imprese (cfr. tabella 9).
Si nota infatti una generale ripresa nel 2001 con un aumento
generalizzato dei tassi di natalità e un successivo peggioramento causato
da un affievolirsi dei tassi di natalità a fronte di un generale progresso
dei tassi di mortalità. Questi andamenti sono sintetizzati bene
dall’andamento del manifatturiero provinciale.
Tab. 9 - Natalità e mortalità delle imprese artigiane della provincia di
Brescia
Valori % su stock delle imprese attive
Da segnalare infine che dei tre settori osservati solo il settore della
fabbricazione dei prodotti in metallo, insieme al manifatturiero nel suo
Variazione annua
2000 2001 2002 2003
Produzione di metalli e loro leghe
Nuove iscritte 1,8 4,1 2,9 2,2
Cessate 3,6 2,3 2,3 6,2
Fabbricaz.e lav.prod.metallo,escl.macchine
Nuove iscritte 5,2 7,3 7,3 6,7
Cessate 5,4 5,9 5,2 5,2
Fabbric.macchine ed appar.mecc.,instal.
Nuove iscritte 7,9 7,1 6,1 5,7
Cessate 5,8 5,5 4,4 6,0
Manifatturiero provinciale
Nuove iscritte 6,1 6,9 6,8 6,5
Cessate 6,0 6,0 5,7 6,3
Fonte: ns. elaborazioni su dati Movimprese
24
complesso, nel 2003 mantiene tassi di natalità superiori a quelli di
mortalità delle imprese. Ciò confermerebbe quanto emerso sopra circa la
capacità di alcuni settori di reagire alla fase di crisi che colpisce non
solo i comparti della specializzazione del distretto, ma l’economia nel
suo insieme.
3. L’internazionalizzazione del distretto e il posizionamento sui
mercati internazionali
Il distretto di Lumezzane ha potuto conseguire lo sviluppo degli ultimi
decenni anche grazie ad una spiccata inclinazione
all’internazionalizzazione delle sue produzioni. La vocazione
all’esportazione del prodotto e del marchio è alla base delle strategie
delle imprese di questo distretto, che hanno puntato sulla ricerca di
nuovi clienti e di nuovi mercati in ambito internazionale per trovare
nuovi sbocchi agli incrementi di produttività conseguiti nel corso degli
anni.
La letteratura conferma tale vocazione riportando, in maniera piuttosto
omogenea, che il valore delle esportazioni, soprattutto per la gamma
delle imprese maggiori, si aggira attorno al 50% del valore della
produzione (Fortis, Nodari, 2001; Di Maria, Tripodi, 2002). Si
raggiungono anche valori più elevati, soprattutto per le produzioni in cui
le componenti di design e di innovazione sono maggiori come nel caso
della rubinetteria sanitaria (Fortis, Nodari, 1999 e 2001).
Negli ultimi anni da un lato la globalizzazione dei mercati e dall’altro
l’avvento di concorrenti in forte espansione in diversi settori della
25
specializzazione del distretto, stanno mutando la struttura e le strategie
commerciali delle imprese. Tutto ciò stimola un’analisi per quanto
possibile approfondita della conformazione degli scambi commerciali e
della loro evoluzione nei settori che interessano il distretto e le sue
imprese.
Il primo aspetto indagato è quello della composizione settoriale delle
esportazioni e il loro andamento a partire dal 1991.
Ci si sofferma in primo luogo sui risultati relativi ad importazioni ed
esportazioni dei prodotti della specializzazione del distretto conseguiti a
livello provinciale, di cui sono stati selezionati i sottosettori più rilevanti
sotto il profilo dei valori relativi al commercio (cfr. tabella 10).
Tab. 10 - Importazioni ed esportazioni nella provincia di Brescia
Valori a prezzi costanti 2000 (in milioni di euro)
DJ27-PRODOTTI DELLA METALLURGIA 949 591 1.817 1.222 1.613 1.110
DJ271-Prodotti della siderurgia 400 317 545 476 555 430
DJ274-Metalli di base non ferrosi 564 187 1.184 572 1.038 555DJ28-PRODOTTI IN METALLO, ESCLUSI MACCHINE E
IMPIANTI64 469 133 993 142 1.009
DJ286-Articoli di coltelleria, utensili e oggetti diversi, in
metallo 22 178 45 304 42 277
DJ287-Altri prodotti in metallo 36 279 68 631 75 666
DK29-MACCHINE ED APPARECCHI MECCANICI 248 1.225 455 2.346 469 2.229
DK291-Macchine e apparecchi per la produzione e l'impiego di
energia meccanica, esclusi i motori per aeromobili, veicoli e
motocicli 45 315 111 778 108 748
DK294-Macchine utensili 41 120 69 211 49 157
DK295-Altre macchine per impieghi speciali 105 385 180 748 138 723
DK296-Armi, sistemi d'arma e munizioni 9 149 17 207 72 176
DK297-Apparecchi per uso domestico 5 131 21 178 35 176
Totale settori "core" 1.261 2.285 2.404 4.561 2.223 4.348
Totale manifatturiero 2.336 3.933 4.762 8.207 4.675 7.901
Totale economia 2.620 3.989 5.138 8.186 5.176 7.969
* Dati provvisori
Fonte: ns. elaborazioni su dati del censimento
Import ExportImport Export Import Export
1991 2001 2003*
26
Questa tavola indica l’ottenimento di performance positive per tutti i
settori considerati nel corso degli anni 90.
Nei settori a due cifre si nota un incremento delle esportazioni – che
raddoppiano sostanzialmente i valori calcolati a prezzi costanti –
mediamente superiore a quello delle importazioni. L’andamento dei
settori ha seguito di fatto quello del manifatturiero e dell’economia nel
complesso, in linea con un processo di sviluppo dei settori tipici dei
sistemi locali coerente con l’andamento generale dell’economia locale.
I dati relativi al 2003, pur provvisori, mettono in mostra con tutta
evidenza la crisi che, rispetto ai dati del 2001, ha interessato tutti i
settori seppure con modalità diverse.
Il settore delle macchine ed apparecchi meccanici riduce le esportazioni
ma aumenta le importazioni, segnalando quindi un peggioramento netto
della bilancia commerciale. Le produzioni di questo settore, in cui sono
inclusi alcuni prodotti tipici del distretto come i rubinetti, mostrano un
decremento consistente delle esportazioni a fronte di un lieve regresso
nelle importazioni, mantenendo comunque una quota rilevante
dell’export non solo fra i settori core (51%), ma anche rispetto al totale
dell’export provinciale (28%).
I prodotti della metallurgia, oltre al decremento dell’export registrano un
drastico decremento dell’import. In questo settore l’import, che
strutturalmente prevale sull’export visto che si lavorano quote
consistenti di semilavorati importati, decresce maggiormente rispetto
all’export. Quindi, sembra migliorare la bilancia commerciale di questo
settore, indicando come in tutta la provincia a cui il distretto appartiene,
27
si riduca di fatto l’esposizione sull’estero. A questo riferimento si veda
soprattutto il settore dei metalli di base non ferrosi (alluminio, piombo,
zinco, stagno, rame) in cui il saldo netto passa da - 612 a - 482 milioni di
euro a prezzi costanti. Oltre ad un maggior ricorso alla produzione
locale e nazionale rispetto a quella straniera, questo dato segnala anche
la riduzione de volume di attività, dato che trova riscontro anche nella
drastica riduzione della consistente quota di ore straordinarie di lavoro
che i lavoratori del distretto effettuavano.
Un incremento, contenuto nei valori ma importante data la generalizzata
contrazione dell’export, concerne i prodotti in metallo macchine e
impianti, che coprono molte produzioni tipiche del distretto come
indicano i settori illustrati. Questa tendenza, pur non omogenea a tutti i
settori, mostra come in queste produzioni permangano imprese in grado
di competere e di mantenere, se non di aumentare, le proprie quote di
mercato. Si osservi, ad esempio, come gli altri prodotti in metallo – tra
cui è presente il pentolame - segnalino un incremento piuttosto
sostenuto. Questo specifico sotto-settore evidenzia anche una quota di
tutto rilievo rispetto al totale dell’export dei settori core (15%) e
dell’insieme delle esportazioni provinciali (8%).
Considerato che le produzioni in metallo, rispetto ad altri settori fra
quelli considerati, presentano un certo grado di design e innovazione,
dai loro risultati commerciali si potrebbe desumere che alcuni prodotti
tipici del made in Italy provenienti dal distretto in esame continuino a
mantenere il loro appeal sui mercati internazionali.
28
L’analisi geografica dell’origine delle importazioni e della destinazione
delle importazioni consente di comprendere meglio l’evoluzione dei
mercati e la presenza di nuovi competitors.
Il mercato europeo nel corso degli anni ha aumentato la sua rilevanza sul
totale dell’esportazione dei settori tipici del distretto. Il 75% dell’export
europeo nel 2003 è destinato ai paesi dell’Unione Europea, anche se
dall’inizio degli anni novanta questo gruppo di paesi riduce
sensibilmente la sua quota di importanza a favore di paesi extra UE, fra i
quali quelli dell’Europa centro orientale come mostrato in Tabella 11.
L’incremento dell’export registrato negli anni 90 aveva visto i paesi
europei, ed in particolare in quelli dell’Unione, consolidare ampiamente
la posizione di primo interlocutore commerciale. Tuttavia in termini di
tasso di incremento altre aree del mondo sono cresciute
considerevolmente mettendo in luce la ricerca di mercati diversi da
quelli consueti e conosciuti del nostro continente.
Negli anni novanta sono più che triplicate le esportazioni verso
l’America e sono più che raddoppiate quelle verso l’Asia.
La crisi dei primi anni duemila sembra aver interessato in misura
maggiore i primi rispetto ai secondi: gli effetti monetari dell’avvento
dell’euro possono spiegare, almeno in parte, queste dinamiche. Infatti il
miglioramento del rapporto euro dollaro può aver disincentivato i
rapporti commerciali con gli USA. Non sembrano evidenziarsi, come
accaduto per altri prodotti - ad esempio quelli agricoli – variazioni
dovute a dazi o altri vincoli di legge.
D’altro canto, la crescita dell’export verso la Cina non mostra cedimenti
nemmeno nelle più recenti fasi di crisi. In questo caso emerge la crescita
29
della capacità di spesa del mercato cinese, che si riflette anche
sull’acquisto di beni per la casa prodotti in questo distretto.
Al commento dei dati sulle destinazioni dell’export rimane da
aggiungere come l’Oceania, pur interessando quote ancora contenute dei
flussi di export globali, aumenti considerevolmente la domanda di
produzioni dei settori tipici del distretto anche nel corso dei primi anni
duemila. Da ciò si potrebbe desumere che, sia per necessità indotta dalla
crisi dei mercati occidentali e sia per la naturale tensione a ricercare
nuovi sbocchi commerciali, stia crescendo l’interscambio delle merci
del distretto con realtà geografiche collocate agli antipodi.
I mutamenti esaminati nella mappa dei paesi di destinazione delle merci
risultano accentuati da quella dei paesi di origine delle importazioni.
La tabella 11 segnala che l’Europa, pur crescendo negli anni novanta e
pur rappresentando quasi la metà delle nostre importazioni, riduce
fortemente il suo peso nei dati più recenti. Questa riduzione riguarda sia
l’Unione europea che i paesi dell’Europa centro occidentale.
A fronte di questo l’America nel suo insieme aumenta costantemente il
suo peso commerciale: in particolare, le quote delle importazioni
provenienti dagli Usa e dal Canada continuano a crescere in misura
consistente. Qui, si possono ripetere, da una diversa prospettiva, le
considerazioni valutarie già avanzate precedentemente.
In netta crescita sono le importazioni provenienti da alcuni paesi
dell’Asia: Giappone ma soprattutto Cina, dalla quale, nonostante la fase
di crisi, la provincia di Brescia aumenta di ben il 50% le importazioni
nei settori considerati solo nella biennio 2001-2003. Questo sembra il
dato più rilevante fra quelli presentati dal momento che mette in risalto
30
la capacità di penetrazione sui nostri mercati di cui è dotata l’economia
Cinese. Quest’ultima, come già anticipato sopra, risulta importante
anche per l’export del distretto, ma, sotto il profilo degli import dei
“beni distrettuali”, mostra tassi di crescita decisamente più elevati. La
competitività di costo e, quindi, di prezzo dei prodotti cinesi è un fatto
generalmente riconosciuto che consente a questi manufatti di dominare
il mercato su molte piazze a livello internazionale.
Tab. 11 - Importazioni ed esportazioni della provincia di Brescia
secondo le aree geografiche
Classi merceologiche: Prodotti della metallurgia, Prodotti in metallo
esclusi macchine e impianti, macchine e apparecchi meccanici
Valori a prezzi costanti 2000 ( in milioni di euro)
I problemi che possono derivare dai nuovi mercati sono relativi alla
contraffazione, che porta ad evidenziare la concorrenza scorretta che
sfocia, in alcuni casi, nella plateale riproduzione del prodotto e,
EUROPA, di cui: 1.128 1.756 1.963 3.257 1.782 3.248
EU 15 892 1.545 1.441 2.532 1.308 2.450
Europa Centro Orientale 173 78 398 488 352 501
AMERICA di cui: 71 212 170 651 222 460
USA e Canada 38 135 42 415 95 335
America Centro Meridionale 33 77 128 236 127 125
ASIA, di cui: 27 203 192 459 156 447
Giappone 12 12 10 22 15 21
Cina 2 18 32 82 49 123
NIES 7 56 47 82 25 73
Medio Oriente 3 99 51 203 36 160
AFRICA 33 99 75 160 61 139
OCEANIA E ALTRI TERRITORI 2 14 4 35 3 54
Totale 1.261 2.285 2.404 4.561 2.223 4.348
* Dati provvisori
Fonte: ns. elaborazioni su dati del censimento
Import ExportImport Export Import Export
1991 2001 2003*
31
addirittura, del marchio. Su questo le imprese del distretto hanno iniziato
ad intraprendere tutte le vie possibili per la loro tutela. La riunione delle
imprese in un marchio di settore/distretto è una delle ipotesi di lavoro
per le imprese del distretto, come oltre sarà chiarito meglio.
In sintesi la fase di crisi, gli effetti dei nuovi regimi monetari e le
strategie commerciali sembra stiano mutando la struttura dei flussi
commerciali dei beni di maggior interesse per il distretto di Lumezzane.
Da un lato, in Europa aumenta la rilevanza dei paesi extra-UE;
dall’altro, in ambito internazionale si affacciano nuovi mercati “lontani”
che, in un sistema sempre più globalizzato, possono fornire opportunità
interessanti di sviluppo per il futuro.
Parallelamente sta mutando anche la composizione dei competitor e, fra
questi, la Cina detiene una quota in crescita netta dei flussi commerciali
dei beni rilevanti per il distretto.
Fattori di preoccupazione relativamente all’evoluzione dei rapporti
import-export sono segnalati dall’indagine Lumetel (2001).
Un aspetto del mutamento registrato negli ultimi anni riguarda il fatto
che le imprese tendono a uscire da mercati ad alto valore qualitativo –
Unione Europea, Nord America, Giappone – per entrare in mercati
extracomunitari di gamma inferiore.
Un secondo aspetto è quello che porta le imprese a mostrare difficoltà
dovute alla sempre più elevata concorrenza di prezzo, che senza dubbio
è collegata alle tipologie di mercati in cui cresce l’inserimento
dell’export distrettuale.
32
Infine, le difficoltà logistiche e burocratiche che costituiscono di fatto
barriere alle esportazioni e rappresentano ostacoli rilevanti all’entrata in
nuovi mercati o per mantenere quelli consolidati.
Le medie imprese, rispetto a quelle di dimensioni inferiori, sono state in
grado di riposizionarsi sui mercati, selezionando la clientela e
realizzando investimento all’estero. Queste imprese sono uscite dai
mercati tradizionali e hanno proposto i loro prodotti su nuovi mercati
ritenuti più redditizi3, mentre le piccole imprese hanno mantenuto stabili
le loro relazioni commerciali (vecchi clienti) cercando anch’esse di
penetrare su nuovi mercati (Lumetel, 2001). La strategia di espansione
commerciale delle piccole imprese ha permesso, quindi, di coprire solo
in parte le performance meno brillanti del mercato interno e dei mercati
tradizionali, sui quali si basano ancora in misura prevalente i loro
scambi commerciali.
Tuttavia è da segnalare come lo sforzo di tutte le imprese distrettuali sui
mercati esteri sia stato indotto dall’arretramento della domanda interna
da un lato, e della domanda dei mercati tradizionali dall’altro, entrambe
ridimensionate da fattori di crisi e di cambiamento.
Nella ricerca di nuovi canali commerciali il ruolo delle fiere, nazionali e
internazionali, è stato importante per le imprese del distretto. In
particolare le fiere di settore, in Europa (molto rilevanti le fiere di
Francoforte) e oltre oceano, hanno costituito momenti privilegiati per la
presentazione dell’impresa e dei suoi prodotti, del suo stile e del suo
marchio (Bugatti E. e Bugatti S., 1992). Le fiere sono indicate dalle
3 Oppure semplicemente perché divenuti accessibili.
33
imprese come canali per cogliere quegli aspetti innovativi da introdurre
nell’impresa (Lumetel, 2001).
Qualche dato sulla fiera di Milano relativo agli anni 1995-2000 aiuta a
comprendere l’atteggiamento delle imprese del distretto rispetto
all’utilizzo delle fiere secondo gli obiettivi sopra indicati.
Tab. 12 - Il distretto dei prodotti in metallo di Lumezzane
Esposizioni in Fiera, dati in milioni di lire
Nell’arco di questi anni, pur riducendo il numero delle imprese da 50 a
46 partecipanti alle fiere tenutesi a Milano, il numero delle
partecipazioni è aumentato da 78 a 86. Ciò induce a ritenere che se da
un lato si autoselezionano le imprese partecipanti, dall’altro queste
risultano più assidue nella presenza non soltanto ad una fiera ma a più
occasioni durante l’anno.
La quota di imprese del distretto pur rappresentando meno dell’1% degli
espositori, costituiscono una quota pari a circa il 4,5% del totale delle
Presenze
dal
distretto
Imprese
dal
distretto
Investimenti
complessivi
Investimento
per
espositore
Presenze
dal
distretto
in % del
totale
presenze
Investimen
ti dal
distretto in
% degli
investimen
ti totali
Presenze
dal distretto
(2000) in
% delle
unità
operanti in
distretto
(2001)
1995 78 50 1.121 14 0,7 0,6 0,045
1996 82 51 1.344 16 0,1 0,6
1997 73 42 1.283 18 0,6 0,6
1998 87 54 1.616 19 0,7 0,7
1999 83 44 1.721 21 0,7 0,7
2000 86 46 1.836 21 0,7 0,8
Totale 489 76 8.920 18
Fonte: ns. elaborazioni su dati Fiera Milano
34
imprese del distretto. Se si considera poi, che le imprese che partecipano
alle fiere sono soprattutto le medio grandi, tale percentuale si alza al
13,8%4. Anche l’investimento medio delle imprese distrettuali aumenta
confermando il crescente interesse nel migliorare la qualità
dell’esposizione.
Rimane l’urgenza, a nostro avviso, di riflettere sui motivi che
allontanano molte imprese dalla partecipazione alle fiere nella propria
regione.
La presenza di diverse occasioni di esposizione all’estero o di modalità
diverse di contattare clienti e fornitori non bastano a spiegare percentuali
così contenute, viste le potenzialità del distretto e le difficoltà nella
penetrazione in nuovi mercati come segnalato sopra.
Il costo dell’investimento e le difficoltà organizzative sono certamente
un ostacolo, soprattutto per le piccole imprese che, tuttavia,
presentandosi in gruppi o attraverso associazioni, avrebbero la
possibilità di sfruttare questo canale. Il fatto che nel distretto prevalga la
tendenza ad una partecipazione isolata, rende di fatto impossibile per
molte imprese l’utilizzazione di questo canale.
Le medie imprese, più dinamiche, strutturalmente articolate e pronte a
posizionarsi su nuovi mercati di sbocco, potrebbero invece far ricorso in
misura maggiore alle fiere “vicino a casa” sfruttandole come una
opportunità unica di sviluppo delle loro strategie commerciali e di
miglioramento del loro posizionamento sui mercati internazionali. Le
fiere italiane potrebbero aggiungere il plus di rappresentare vetrine più
4 In questo caso si considerano le 5.492 imprese con più di 50 addetti dei settori core del
distretto.
35
ampie e articolate del made in Italy, valorizzando le produzioni
distrettuali come settori “tipici” e “specializzati” della produzione
nazionale, associando così anche queste produzioni (come avviene per le
produzioni DOP) al loro territorio di origine.
4. Il capitale umano
La dotazione di capitale umano costituisce uno degli aspetti cruciali sia
per comprendere meglio le condizioni nelle quali le imprese distrettuali
operano, sia per stimare le potenzialità di sviluppo per il futuro.
La dotazione di conoscenze e competenze costruite attraverso
l’esperienza rappresentano nel distretto di Lumezzane una delle chiavi
di lettura più importanti. L’incidenza rilevante del learning by doing (Di
Maria, Tripodi, 2002) e la creazione di quelle che vengono definite
come conoscenze tacite5, hanno fatto sì che l’impresa diventasse anche
il principale ed insostituibile luogo di formazione ed addestramento
della manodopera.
L’acquisizione di skills da parte dei lavoratori, in questo distretto in
maniera particolare, è sempre stata realizzata tramite l’esperienza
lavorativa maturata nelle imprese del distretto fin dalla giovane età.
L’esperienza on the job, oltre che costituire il canale formativo
prevalente, ha ricoperto anche il ruolo della diffusione delle competenze
utili per la generazione di nuove imprese da parte dei lavoratori più
5 Per una definizione delle conoscenze tacite si veda Cowan, David e Foray (1998) e per
una misurazione del loro impatto sui sistemi locali in Italia si veda Maggioni e Nosvelli,
(2003).
36
esperti. Questo fattore è da inquadrare nella forte tensione
all’imprenditorialità che in quest’area ha rappresentato tradizionalmente
un valore ed un obiettivo per tutti i giovani. Negli ultimi anni si assiste a
fenomeni che mettono in crisi questo modello. Da un lato il
cambiamento in atto ha ridotto le spinte ideali dei giovani verso
l’acquisizione di competenze “in fabbrica” che preferiscono altre attività
del terziario (Di Maria, Tripodi, 2002), dall’altro emergono difficoltà da
parte delle imprese nella gestione attiva delle risorse umane attraverso
opportune politiche aziendali (Lumetel, 2001).
L’analisi qui proposta si concentra inizialmente sulla domanda delle
imprese rivolta a quelle componenti del capitale umano difficili da
reperire sul mercato. Concentrare l’attenzione su queste componenti
sembra rilevante in quanto è proprio su questo mismatch di conoscenze
che si gioca, almeno in parte, l’incremento di produttività delle imprese
per il prossimo futuro.
L’analisi si basa dati forniti dal Sistema Informativo Excelsior sugli
assunti previsti nel 2004 nei settori rilevanti per il distretto a livello
provinciale. Le dinamiche relative al capitale umano nei settori rilevanti
per il distretto sembrano essere una buona proxy, sia per il fatto che in
questi settori il distretto presenta una quota consistente del totale
provinciale, sia poiché le carenze di skill e figure professionali risultano
piuttosto simili fra settori e i sistemi locali di una medesima provincia.
Il primo dato che emerge è che per circa la metà degli assunti vi sono
difficoltà di reperimento (cfr. tabella 13).
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Per il 23% degli assunti vi sono difficoltà dovute alla scarsità sul
mercato o alla forte concorrenza delle imprese: la maggiore
concentrazione di questi è nei gruppi professionali più bassi della scala
presentata. Ciò conferma la ben nota rarefazione sul mercato di alcune
figure operaie ed esecutive con le qualifiche più basse.
Il 16% degli assunti risulta difficilmente reperibile per mancanza di
qualificazione o di esperienza adeguate: le figure che si concentrano in
questa categoria fanno parte delle figure a più elevati contenuti di
capitale umano.
La mancanza di strutture formative e la carenza di disponibilità al lavoro
flessibile risultano marginali nello spiegare la difficoltà di reperimento
rispetto ai casi precedenti.
Rimane da sottolineare come 50 figure scientifiche o ad elevata
specializzazione su 2.064 figure totali da assumere, rappresenti una
quota ancora molto bassa per ipotizzare uno sviluppo fortemente
innovativo delle imprese del settore.
Concentrando l’attenzione agli indirizzi formativi illustrati nella tabella
14, si nota come le caratteristiche del capitale umano connesse a
indirizzi tecnici risultano difficili da reperire soprattutto per mancanza di
qualificazione o di esperienza. La mancanza di qualificazioni adeguate o
di esperienza significa che, pur essendo presenti strutture e persone che
sono formate entro queste strutture, manca l’opportunità di completare il
percorso formativo (soprattutto con la componente applicativa on the
job) e di fare esperienza.
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Fra gli indirizzi elencati in tabella 14, ci si sofferma sull’indirizzo
meccanico, del quale fanno parte i settori di interesse, nel quale si nota
una casistica peculiare, con una prevalenza delle difficoltà di
reperimento dovuta alla scarsa presenza e alla forte concorrenza tra le
imprese per l’accaparramento delle figure professionali richieste sul
mercato. Questo aspetto confermerebbe come in questo settore per le
figure specializzate di base la carenza avvertita sul mercato derivi dalla
sempre minore inclinazione dei giovani a seguire percorsi adeguati per
l’inserimento in questi settori. Questo rappresenta un indicatore della
difficoltà avvertita dalle imprese nella riproduzione delle conoscenze nei
giovani con implicazioni negative anche sulle future “capacità di fare
impresa” che, come sopra segnalato, derivavano da lunghi periodi di
formazione sul lavoro. Questo costituisce, peraltro, un segnale di
criticità rilevabile sia dal lato della domanda che dell’offerta di lavoro
rispetto alla capacità di adeguamento alle richieste del mercato e alla
progettazione di percorsi formativi più articolati rispetto al passato.
Nell’analisi della difficoltà di reperimento per livelli formativi si
conferma come, in generale, per i livelli più bassi sia mediamente
maggiore la tensione sul mercato del lavoro, mentre per quelli più alti
manchi soprattutto qualificazione ed esperienza (cfr. tabella 15).
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Per capire meglio l’evoluzione futura del capitale umano a disposizione
dei lavoratori, è utile considerare alcuni aspetti relativi alla condizione
presente della forza lavoro del distretto.
In primo luogo la quota di diplomati e laureati nelle imprese distrettuali
risulta ridotta rispetto alle medie nazionali. Il limitato ricorso a figure ad
elevata specializzazione, sopra richiamato, tende a riprodurre questa
situazione. Spesso, tuttavia, il livello di istruzione dei soci delle società
artigiane e delle cooperative, non conteggiati nelle statistiche, aumenta il
livello di capitale umano a disposizione (Lumetel, 2001).
In secondo luogo, la letteratura segnala il ruolo dinamico e attivo delle
medie imprese sul piano della creazione di capitale umano. Da un lato le
medie imprese avvertono l’inadeguatezza del livello di competenza delle
risorse umane rispetto ai progetti di sviluppo dell’impresa (Lumetel,
2001). Dall’altro le medie imprese sono le più attive nella ricerca delle
nuove figure utili per sviluppare competenze non disponibili all’interno
(Di Maria; Tripodi, 2002).
La gran parte della domanda insoddisfatta si concentra sugli operai
specializzati e le figure tecniche, e le imprese avvertono tale mancanza
anche se in misura subordinata rispetto alle doti della flessibilità, della
capacità di lavorare in team e di condividere la cultura aziendale
(Lumetel, 2001).
Nell’assunzione di nuovi lavoratori, considerate le crescenti difficoltà
nella formazione all’interno dell’impresa già messe in rilievo, si punta
ad assumere a lavoratori già formati: la formazione attualmente
incentivata attraverso le nuove forme contrattuali non appare rispondere
adeguatamente alle esigenze delle imprese stesse.
43
Tale inadeguatezza è avvertita fortemente anche dalle piccole imprese e
dal settore macchine e attrezzature. In molti di questi casi Lumetel
(2001) ha evidenziato una forte correlazione con una scarsa dinamica di
sviluppo. Qui si rimanda al fatto che le imprese, per questioni
dimensionali o per le tipologie dei processi lavorativi tradizionali,
segnalano il capitale umano come un ostacolo forte allo sviluppo.
Solo le imprese artigiane, secondo Lumetel, non avvertono grandi
difficoltà nel reperire figure formate sul mercato. Si ritiene che da un
lato possa essere rilevante l’apporto di associazioni di categoria e
dall’altro le esigenze delle imprese artigiane sono focalizzate su
specifiche mansioni/competenze meno difficili da reperire o, se
necessario, da insegnare ai nuovi assunti.
In conclusione di questo paragrafo si può dire che il capitale umano è
avvertito come un fattore di sviluppo non sempre adeguato alle esigenze
delle imprese. Sono carenti tecnici e operai specializzati e risulta ancora
troppo contenuta la quantità di figure ad alto contenuto di capitale
umano in grado di sviluppare quegli aspetti innovativi di cui l’impresa
ha bisogno.
Per affrontare queste carenze si fa ricorso al mercato del lavoro mentre
si vanno riducendo le opportunità formative all’interno delle imprese
forse al pari della disponibilità dei lavoratori ad un intenso periodo di
formazione on the job.
Le medie imprese si segnalano per la loro dinamicità nella creazione del
capitale umano necessario, soprattutto poiché sono in grado di
sviluppare anche skill innovativi e necessari a garantire innovazione e
differenziazione delle produzioni.
44
5. Il ruolo dell’innovazione
Il ruolo dell’innovazione nel distretto di Lumezzane sembra essere stato
riconosciuto dalle imprese. A conferma di ciò, si riporta il dato che è
stato calcolato nel 1999 e che indica che il distretto di Lumezzane ha
investito nell’innovazione una quota pari al 15% del fatturato, contro
una media nazionale del 9% (Bonacci, Romano, Finamore, 2000).
Recenti ricerche sul distretto (Lumetel, 2001) mettono in risalto il
prevalere degli investimenti in innovazioni di processo e di carattere
estensivo; meno di prodotto e mirate alla qualità. Le caratteristiche
prevalenti dell’innovazione attuata nel distretto illustrate nella tabella 16
indicano che si tratta di innovazione di tipo incrementale e implementata
individualmente dalle singole imprese e non in collaborazione con altre.
Le medie imprese e quelle appartenenti al settore della rubinetteria
sembrano le più avanzate nello sviluppo dell’innovazione radicale. Si
ripropone un dato cruciale già toccato precedentemente, cioè che le
medie imprese rappresentano un fattore di cambiamento (Di Maria,
Tripodi, 2002). L’innovazione, infatti, è introdotta dalle medie imprese
che sperimentano, su prodotti e processi, e per imitazione diffondono
alle altre imprese del distretto l’innovazione stessa. Nel caso di
Lumezzane esistono imprese medie, a capo di gruppi che sono in grado
di sviluppare alta tecnologia competitiva con le più avanzate imprese a
livello internazionale. Queste imprese medie di eccellenza, sono anche
le più dinamiche sui mercati commerciali – come sopra richiamato - ed
in grado di muoversi sui mercati più competitivi.
45
Tab. 16 - Innovazione di prodotto: modalità e fonti nelle imprese del
distretto di Lumezzane artig piccole medie casal. rubin. lav.mec. m&a totale
SI, di tipo radicale 19 11,8 22,7 24,1 30,8 14,8 12,1 18,6
SI, di tipo incrementale 46 58,8 59,1 65,5 38,5 37 54,5 51
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Modalità di sviluppo dell'innovazione
artig piccole medie casal. rubin. lav.mec m&a totale
- da soli 87,8 83,3 72,2 80,8 77,8 92,9 81,8 83,1
- con altri 12,2 16,7 27,8 19,2 22,2 7,1 18,2 16,9
Fonti di informazione per l'innovazione tecnologica
(risposte plurime) artig piccole medie casal. rubin. lav.mec m&a totale
Produttori macchinari
prime 25,4 33,3 14,3 10,3 30,8 40,7 21,2 24,5
Fornitori materie 34,9 33,3 38,1 37,9 69,2 22,2 30,3 35,3
Clienti 36,5 50 57,1 44,8 38,5 29,6 54,5 43,1
Proprio nucleo di R&S 3,2 5,6 19 3,4 0 3,7 15,2 6,9
Istituti ricerca/Centri inn. 1,6 11,1 0 0 0 11,1 0 2,9
Consulenti 7,9 11,1 9,5 3,4 7,7 18,5 6,1 8,8
Partecipazioni a fiere 73 50 52,4 58,6 46,2 74,1 69,7 64,7
Pubblicazioni scientifiche 25,4 16,7 33,3 34,5 0 22,2 30,3 25,5
Siti Internet 11,1 5,6 14,3 20,7 7,7 7,4 6,1 10,8
Corsi aggiornamento 6,3 5,6 0 3,4 0 7,4 6,1 4,9
Imprenditori settore 6,3 11,1 19 13,8 0 11,1 9,1 9,8
Mondo associativo 0 5,6 4,8 3,4 0 3,7 0 2
Altro 3,2 11,1 0 6,9 0 3,7 3 3,9
234,9 250 261,9 241,4 200 255,6 251,5 243,1
Fonte: Lumetel (2001)
La diffusione dell’innovazione nel distretto di Lumezzane secondo la
ricerca di Di Maria e Tripodi (2002) mostra, in termini comparativi
46
rispetto ad altri distretti lombardi e veneti, una apparente dicotomia tra il
basso livello di informatizzazione (41%, nr. PC/nr. di addetti contro una
media del 46,2% degli altri distretti lombardi e il 66,7% delle imprese
dei sistemi locali veneti) e l’elevata quota di imprese che fanno ricorso
all’e-commerce (8,6%). In questi dati si collocano due fenomeni tra loro
molto distanti e che vedono differenziarsi le imprese operanti nel
distretto. Da un lato le imprese che non possiedono neppure la dotazione
informatica di base e, dall’altro, le imprese disposte ad introdurre
massicciamente le nuove tecnologie e ad affidarsi ad esse per garantire
lo sviluppo.
Guardando alla connessione in rete e alla dotazione di siti d’impresa,
sembra che queste tecnologie ormai facciano parte delle normali
dotazioni d’impresa (cfr. tabella 17).
Le forme di tecnologie informatiche più sviluppate non trovano ampia
diffusione, sia per le dimensioni limitate delle imprese, sia per gli elevati
costi di investimento. D’altro canto, le forti interdipendenze
economico/commerciali all’interno del distretto (integrazione verticale e
sub-fornitura) limitano la possibilità di diffusione di acquisti di beni e
servizi on line.
I rapporti con i fornitori avvengono prevalentemente tramite tecnologie
tradizionali (tel, fax) mentre le relazioni commerciali fanno maggiore
ricorso a email e videoconferenza.
La letteratura mostra che innova preferibilmente chi ha più
relazioni con l’esterno e chi ha maggiori contatti con grandi
imprese che adottano nuove tecnologie. Infatti le innovazioni
47
nelle ITC sono introdotte grazie al traino di clienti e fornitori
più che per effetto di richieste nate all’interno delle imprese
stesse.
Tab. 17 - Diffusione delle tecnologie di rete nel distretto, un
confronto territoriale (%) Tipo di tecnologia Lumezzane Lombardia Italia
E-mail 97,1 96,2 97,3
ISDN 82,9 84,9 90,0
Sito Web 77,1 68,9 85,5
Corporate banking 74,3 73,6 83,6
Rete di cellulari 40,0 37,7 48,2
ERP 20,0 18,9 17,3
ADSL 20,0 16,0 12,7
EDI 14,3 11,3 9,1
E-commerce 8,6 4,7 3,6
Videoconferenza 5,7 3,8 5,5
Groupware 2,9 9,4 10,0
Fonte: De Maria, Tripodi (2001)
La diffusione dell’innovazione all’interno del distretto avviene per
imitazione, partendo dalle imprese “nodali” in grado di influenzare
quelle a loro collegate (integrate o sub-fornitrici).
La necessità di disporre di un sito aziendale internet è largamente sentita
dalle imprese locali: sembra che di questa tecnologia le imprese
comprendano in maniera diretta le opportunità di utilizzo e la funzione.
Tale esigenza, tuttavia, risulta maggiormente avvertita da chi ha
maggiori rapporti con le imprese a valle della catena del valore che
adottano queste tecnologie piuttosto che con quelle a monte. Il sito,
48
secondo la ricerca di De Paola e Tripodi (2001) è utilizzato ancora
principalmente come diffusore di informazioni, e solo secondariamente
come strumento per l’utilizzo di altri servizi (e-commerce, informazioni
dai clienti, supporto post-vendita).
Altri lavori sottolineano le buone attitudini del distretto verso le ICT,
indicando come prevalga, rispetto ad altri distretti, un atteggiamento di
intenso ricorso alle tecnologie di rete (Mariotti, Piscitello, Sgobbi,
2000).
Per le ICT anche Lumetel nelle sue ricerche conferma i risultati delle
analisi citate sopra. D’altro canto si sottolinea anche che la disposizione
positiva delle imprese rispetto all’ICT e alla sua introduzione,
soprattutto per raggiungere nuovi clienti, non eliminano la
consapevolezza degli impatti che queste tecnologie produrranno sulla
riorganizzazione delle funzioni aziendali.
Lumetel (2001) rileva che le imprese trovano positivo l’impatto
dell’ICT sullo sviluppo del distretto, considerate le opportunità di
rafforzare le connessioni fra imprese e fra queste e clienti e fornitori.
Come per le ICT Lumetel segnala che è piuttosto basso il ricorso delle
imprese ad altre funzioni a carattere innovativo e che comunque possono
imprimere sviluppo alle imprese come il design e il marketing. Sul
design e sul marketing strategico le imprese sembrano evidenziare
propositi di cui non si vedono tuttavia concrete conseguenze (Lumetel,
2004).
Di fatto è diffusa la coscienza che l’adozione delle innovazioni in genere
sarà determinante nello stabilire la sopravvivenza delle imprese rispetto
al cambiamento e per favorire lo sviluppo complessivo del distretto.
49
6. Gli ostacoli allo sviluppo del distretto di Lumezzane e le possibili
strategie
L’analisi condotta nei paragrafi precedenti ha messo in luce alcuni
aspetti di criticità che possono ostacolare lo sviluppo del distretto.
Questi temi qui saranno ripresi e integrati con altri aspetti che la
letteratura pone al centro delle difficoltà attuali a cui il distretto stesso si
trova a fronteggiare.
Alcune di queste criticità che rileviamo dall’analisi svolta nei paragrafi
precedenti, riguardano le imprese, prima che il sistema nel suo
complesso, e si possono richiamare con i seguenti punti:
1) Un primo aspetto generale è il mutamento della struttura
imprenditoriale. Questo tema generale investe diversi aspetti, alcuni dei
quali sono già stati toccati nei capitoli precedenti come l’aumento della
dimensione media delle imprese. Questo, infatti, è connesso, al
cambiamento dell’impresa familiare che, come illustrato nel paragrafo
2.1, costituisce uno dei punti di forza del distretto. Con lo sviluppo dei
gruppi di imprese6 e delle società per azioni, e quindi con il possibile
mutamento della compagine sociale, può stemperarsi il legame con il
territorio. La criticità sta nel mantenere le capacità competitive tipiche
della tradizione lumezzanese nonostante la diversa organizzazione e
conformazione produttiva dell’impresa.
6 I dati Unioncamere 2004 segnalano come in questo settore nella provincia di Brescia il
tasso della presenza di gruppi sia doppio rispetto alla media del settore a livello nazionale
(18% contro 9%).
50
2) Un secondo aspetto di criticità riguarda la limitata capacità di
sviluppare innovazioni (radicali e di prodotto) e di sviluppare risorse
umane all’altezza della nuove sfide competitive. Come considerato nei
paragrafi precedenti sono carenti le innovazioni di prodotto e le risorse
umane in grado di produrle. Le imprese sono in condizione di attivare
prevalentemente le innovazioni legate al processo o all’uso di alcune
tecnologie di rete e domandano prevalentemente figure professionali
tecniche. Il rischio è la riproduzione delle condizioni produttive esistenti
mancando dei prerequisiti per il cambiamento.
3) Un terzo aspetto concerne la difficoltà di mantenere la
competitività sui mercati internazionali ad elevato livello di
innovazione. La carenza nella spinta dei fattori innovativi e nel design
può condurre a limitare la competitività ai mercati marginali del
commercio internazionale.
Alcuni aspetti ostacolano, secondo il nostro parere, lo sviluppo del
“sistema distretto”:
1) la carenza di infrastrutture, soprattutto quelle viarie, in grado di
mettere il sistema in grado di operare con costi e con la tempestività
imposti dal mercato;
2) la difficoltà nel coordinamento e nella condivisione delle
informazioni da parte delle imprese (Federcomin, 2001), che cercano
sempre più isolatamente percorsi di sviluppo adeguati come mostrano le
eterogeneità emerse nello sviluppo dei diversi settori nei paragrafi
precedenti.
51
3) La crescente differenziazione di strategie e di percorsi di
sviluppo tra imprese piccole imprese e medie imprese del distretto. Ciò,
se da un lato preserva la differenziazione competitiva delle imprese del
distretto, dall’altro può prefigurare una forte segmentazione tra imprese
piccole, concentrate su produzioni tradizionali basate sulla competitività
di costo e poco innovative in concorrenza con i paesi nuovi entrati, e
imprese medie, dinamiche e innovative, collocate sulla fascia alta del
mercato e in grado di competere con i paesi guida dei mercati di
riferimento.
Insieme a questi fattori strutturali, la letteratura segnala fattori
congiunturali molto rilevanti per il distretto e per la sua trasformazione
nel breve periodo (Mucchetti, 2004). Al di là di aspetti macroeconomici
su scala internazionale, cambi e stagnazione della domanda, due
fenomeni in particolare vanno richiamati in quanto incidono
direttamente nello sviluppo delle attività del distretto:
1) la concorrenza della Cina, già evidenziata nell’analisi del
commercio internazionale;
2) la difficoltà crescente di reperire fondi per finanziare gli
investimenti.
Questi due aspetti denotano difficoltà esterne ed interne al distretto che
si sovrappongono alle difficoltà di funzionamento ordinario che
interessano le singole imprese e il sistema sopra indicato.
Le vie individuate dalle imprese locali per affrontare le sfide dello
sviluppo sono state maturate in lunghi e approfonditi dibattiti fra gli
52
imprenditori del distretto ed hanno condotto alla definizione delle
seguenti ipotesi di lavoro (Lumetel, 2004):
1) Realizzazione di un consorzio di aziende per la formazione. In
questo caso le imprese si impegnano anche finanziariamente a sostenere
l’organizzazione di corsi per la formazione di figure di tecnici e di
esperti per i diversi settori del distretto.
2) Definizione di un brand unico di distretto per riunire le imprese
secondo i settori di specializzazione per la difesa del marchio e la
promozione della qualità del prodotto lumezzanese7.
3) Adozioni di azioni di marketing strategico per individuare il
mutamento dei mercati e le possibili opportunità da sfruttare.
4) Sforzo nel rinnovamento del design e nell’innovazione di
prodotto (Vergnano, 2004).
Oltre a queste strategie, che sembrano positive per affrontare gli aspetti
di crisi, vorremmo aggiungere taluni interventi che da un lato recuperino
i possibili benefici derivanti dalla cooperazione e dall’altro sfruttino i
vantaggi competitivi che fin qui hanno garantito lo sviluppo del distretto
I benefici della cooperazione derivano dalla capacità di coordinamento
fra imprese che negli ultimi anni è stata soppiantata, come già affermato,
dalla tendenza a privilegiare l’individualizzazione dei percorsi di
sviluppo e la pura competitività. La cooperazione consentirebbe alle
imprese di contare su organismi – di settore o di area – in grado di
7Per una definizione delle conoscenze tacite si veda Cowan, David e Foray (1998) e per
una misurazione del loro impatto sui sistemi locali in Italia si veda Maggioni e Nosvelli,
(2004).
53
svolgere in maniera unificata diversi servizi strategici per le imprese
stesse, riducendone i costi e aumentandone l’efficienza. Si reputa che
tali organismi potrebbero svolgere per molte imprese servizi quali la
formazione, lo sviluppo della tecnologia, i contatti con i mercati esteri8.
I servizi esternalizzati dalle imprese spesso si limitano alla contabilità e
al fisco, mentre i servizi citati rimangono a carico delle singole imprese
che spesso, per i costi e per la difficoltà di implementazione, devono
rinunciare ad adottarli.
I vantaggi competitivi di questo distretto derivano soprattutto dalle
conoscenze tacite a disposizione di imprenditori e lavoratori, dalle
capacità di lavoro e di imprenditoria, dalla elevata produttività del
lavoro e dalla capacità di competere sui mercati con prodotti di qualità.
La valorizzazione di questi vantaggi necessita, oltre che di investimenti
in tecnologia e di un marchio di distretto, anche dello sfruttamento delle
sinergie che si possono realizzare tra imprese. Queste consentirebbero di
ottenere un valore aggiunto in termini di competitività di sistema utile
ad incrementare le quote di mercato. Gli aspetti di qualità e innovazione
- rafforzati dalla cooperazione su specifici progetti, su specifici obiettivi
di mercato, su target di beni/consumatori - possono consentire ai
prodotti “made in Lumezzane” di rimanere concorrenziali anche rispetto
ai nuovi competitors. Infine, lo sfruttamento sinergico della
plurispecializzazione produttiva può risultare vincente se rispetto a
target ben identificati, si applicano in maniera coordinata la flessibilità e
8 A questo riguardo si segnala l’attività dell’agenzia Lumetel.
54
la capacità adattamento alle necessità produttive che le imprese di
questo distretto hanno saputo storicamente dimostrare (Provasi, 1996).
7. Conclusioni
Il distretto di Lumezzane, mostra un insieme di luci e ombre che se da
un lato ne confermano la rilevanza in ambito nazionale, dall’altro ne
segnalano profili di debolezza derivanti dalla crescente esposizione alla
concorrenza internazionale come emerge dall’analisi
dell’internazionalizzazione effettuata nel paragrafo 3.
In termini dimensionali il distretto risulta sostanzialmente stabile,
nonostante i segnali di arretramento del 2003, con una crescita della
dimensione media delle imprese e un progresso di alcuni settori come
quello della posateria e articoli da cucina. Anche l’artigianato presenta
performance nel complesso positive e rimane cruciale nei settori core
del distretto.
La struttura produttiva nel suo complesso è caratterizzata dalla presenza
di importanti medie imprese, anche a capo di gruppi nazionali e
internazionali, che rappresentano di fatto il traino dell’area distrettuale.
L’analisi del capitale umano mostra come il distretto sia concentrato
sulla mancanza di figure tecniche e soprattutto di operai specializzati e
mostri difficoltà nella formazione dei nuovi assunti. Lo scarso ricorso a
figure di eccellenza mostra, da un lato, la tendenza delle imprese alla
riproduzione delle condizioni produttive esistenti e, dall’altro, la
difficoltà nella creazione di un potenziale che consenta di creare
innovazione nel medio-lungo periodo.
55
Le innovazioni adottate nel distretto, pur sviluppando gli aspetti di base
legati all’ICT, non hanno opportunamente sviluppato innovazioni di
prodotto, ma soprattutto innovazioni di processo prevalentemente labour
e cost saving.
Per quanto riguarda l’internazionalizzazione del distretto, le
trasformazioni sono profonde, sia in relazione ai prodotti che ai
concorrenti. Coltelleria, pentolame e prodotti per la casa mantengono un
certo appeal sui mercati internazionali; l’Unione Europea riduce il suo
peso come partner commerciale mentre crescono Europa centro-
orientale, Cina e Paesi dell’Oceania.
Il ricorso alle fiere milanesi, nonostante sia in crescita, sembra poco
sfruttato come canale commerciale.
Questi aspetti spiegano il tipo di sviluppo che ha contrassegnato questo
distretto: “crescita estensiva basata sui tradizionali fattori di forza e
padroneggiamento delle tecnologie e di flessibilità aziendale…”
(Lumetel, 2001, p. 12).
In conclusione sembra che la deriva assunta dal distretto di Lumezzane
si possa definire come rafforzamento della filiera produttiva ad opera di
medie imprese leader che, sia sotto il profilo dell’innovazione che sotto
il profilo della competitività internazionale, rappresentano, indirizzano e
anticipano le altre imprese del distretto. Le medie imprese, come
indicano De Maria e Tripodi (2002, p.185), sono “i veri attori del
cambiamento all’interno del distretto in virtù della loro continua ricerca
di nuovi mercati e di nuovi prodotti”.
Esse tendono a mantenere nel distretto le attività ad elevato valore
aggiunto, l’innovazione e la direzione delle attività, nonostante spesso
56
guidino gruppi molto sviluppati al di fuori dei confini del distretto
(Lumetel, 2001). Le attività meramente produttive vengono
esternalizzate, anche al di fuori dei confini dello stesso.
Gli spillover derivanti dalla dinamicità delle medie imprese, sia sul
versante dell’innovazione che su quello commerciale, potrebbero
procurare molti benefici a tutte le imprese del distretto. I rapporti di
integrazione in atto – che vanno dalla sub-fornitura alla creazione di
gruppi – rafforzano il ruolo guida delle medie imprese rispetto a quelle
di dimensioni inferiori.
Di fatto l’evoluzione nella governance delle unità produttive di media
dimensione le ha portate a strutturare in maniera complessa (gruppi e
società per azioni) le loro potenzialità competitive. Le medie imprese
familiari, origine e cardine della fortuna del distretto, diventano quindi
strutture organizzative articolate che, almeno per ora, mantengono saldo
il legame originario con il distretto e la sua tradizione produttiva.
L’interrogativo finale, che apre a future riflessioni, è se queste imprese
saranno in grado di essere promotrici del coordinamento delle imprese
distrettuali o se invece saranno portate a incorporare le imprese che
mostreranno maggiori difficoltà, rendendo così sempre meno rilevanti le
tipicità distrettuali (densità territoriale delle piccole imprese
specializzate).
Questo dipenderà anche da come verranno dispiegate le policy, sopra
illustrate, orientate al coordinamento e all’innovazione delle imprese del
distretto di Lumezzane.
57
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scommettono su joint venture e design per recuperare la competitività
dell’area, Il sole 24 ore, 6 maggio.
60
Appendice
La definizione del distretto di Lumezzane
Il distretto di Lumezzane presenta un problema di non univocità di
definizione.
Come si può notare dalla tabella A l’area e la consistenza del distretto
cambiano nel tempo seguendo le diverse definizioni che, abbandonando
mano a mano dei vincoli definitori posti nella prima definizione,
comprendono più comuni e più imprese nel distretto.
Nella prima definizione, ISTAT (1996) si calcolano gli indici di
concentrazione territoriale della manifattura e della piccola impresa
manifatturiera, della specializzazione dell’industria manifatturiera e
delle piccole imprese manifatturiere. L’insieme di questi indicatori è
calcolato sui sistemi locali del lavoro, aree autocontenute in cui si
addensa la gran parte dei movimenti giornalieri per lavoro (ISTAT,
1997). Di fatto nel distretto di Lumezzane si considera solo il sistema
locale del lavoro nr. 110 ed i 14 comuni ad esso afferenti.
La legge regionale Lombarda (Deliberazione della giunta regionale della
Lombardia del 17/11/93) non considera più i sistemi locali del lavoro,
ma applica criteri molto vicini a quelli dell’ISTAT ai singoli comuni,
identificando così distretti composti da aree di comuni limitrofe. Con
queste modifiche il numero dei comuni considerati nel distretto passa da
14 a 34, ampliando notevolmente l’area del distretto originario.
61
Tabella A - Confronto sinottico delle definizioni del distretto di
Lumezzane
ISTAT
(1996)
Regione
Lombardia
(1993)
Regione
Lombardia
(2000)
Iuzzolino –
BANCA
D’ITALIA (2004)
Denominazione Lumezzane Valtrompia
Valsabbia Valli Bresciane Lumezzane
Nr. comuni 14 34 49 131
Superficie
territoriale (in
kmq)
310,80 714,8 800,99
2622,42
Popolazione 73.087 103.931 292.922 773.969
Densità abitativa 235,16 145 365,70 327,5
Specializzazione
produttiva: Meccanica
Fabb. prodotti
in metallo
(escluso
macchine)
Metalmeccanica Metalmeccanica
(prod. Prevalenti
ferro e acciaio)
Unità locali tot 7.141 7.383 21.166
Addetti tot 32.737 36.150 103.544
Unità locali
manif. 2.312 3.169 6.700
Addetti manif. 26157 64.320
Unità locali sett
special 1.621 3.291 5735
Addetti sett
special 11.748 33.524 65224
Fonte dati ISTAT
(1991) Aspo (1994) Aspo (1998) ISTAT (1996)
La stessa legge regionale lombarda, Legge Regionale n. 1 del 5/1/2000
“Riordino del sistema delle Autonomie in Lombardia” e la successiva
Deliberazione della giunta regionale della Lombardia del 16/3/2001,
amplia il concetto di distretto vincolando la scelta dei distretti a due soli
criteri: tasso di industrializzazione e tasso di specializzazione. Inoltre,
anche questi due criteri vengono applicati con flessibilità, mutando le
soglie e i comuni inclusi a seconda delle diverse realtà. Con queste
modifiche il numero di comuni inclusi nel distretto arriva a 49, tutti
della provincia di Brescia.
62
L’ultima tassonomia presa in esame è quella recente proposta da
Iuzzolino – Banca d’Italia (2004). Qui il principio per la definizione dei
distretti è basato sostanzialmente sulla aggregazione successiva di
comuni ad un comune centrale sulla base del criterio della
specializzazione. Si elimina, in questo caso, oltre il vincolo
dimensionale. Senza questo vincolo e, anche qui come per le leggi
lombarde, senza la base del sistema locale del lavoro dell’Istat (che deve
rispondere in toto ai criteri previsti) si riescono ad ottenere aggregazioni
di comuni consistenti. I distretti italiani passano dai 199 dell’ISTAT a
156. Il distretto di Lumezzane, che rimane centro attrattore, conta questa
volta ben 131 comuni appartenenti a 4 province, 109 della provincia di
Brescia, 19 della provincia di Bergamo, 3 della provincia di Trento e 1
della provincia di Mantova.
La delimitazione del distretto utilizzata è la prima (ISTAT, 1996) che,
pur con i limiti già ampiamente riscontrati in letteratura relativi ai SLL,
rileva una realtà più omogenea e rispondente alle caratteristiche del
comune economicamente rilevante: Lumezzane.
Le altre definizioni hanno allargato la definizione “stemperando” le
caratteristiche peculiari del distretto di riferimento e omogeneizzando
nella produzione dei metalli aree tra loro molto diverse, non solo dal
punto di vista produttivo, ma anche da quello storico tradizionale.
L’area dei 14 comuni indicati risponde meglio alle caratteristiche di
vicinanza geografica e similarità produttiva che sottostanno alla
definizione di distretto.
63
CENTRO DI RICERCHE IN ANALISI ECONOMICA, ECONOMIA
INTERNAZIONALE E SVILUPPO ECONOMICO
Working Papers (*)
1994 Alberto Quadrio Curzio
La Banca d’Italia dal 1914 al 1936
1994 Alberto Quadrio Curzio
Tre livelli di governo per l’economia italiana
1994 Alberto Quadrio Curzio e Roberto Zoboli
Linee di recente sviluppo dell’arco alpino ristretto
1994 Giuseppe Colangelo
Optimal durability with buyer’s market power
1994 Giuseppe Colangelo
Vertical organizational forms of firms
1994 Giuseppe Colangelo
Exclusive dealing may foster cross-collusion
1994 Piergiovanna Natale
Pricing strategies: a brief survey
1994 Piergiovanna Natale
Posted vs. negotiated prices under asymmetric
information
1994 Roberto Zoboli
The Alps in the economic and ecological systems of
Europe
1994 Daniela Feliziani
(*) It is a new series of Cranec Working Papers, began in 1994. Since 1978 to 1994, 45
working papers have been published.
64
Organizzazione e regolamentazione degli orari di
lavoro nei paesi industrializzati
1995 Maddalena Baitieri
Sistemi di ricerca e innovazione tecnologica
1995 Maddalena Baitieri
Sviluppo tecnologico e tutela dell’ambiente e della vita
1995 Piergiovanna Natale
Rapporto di lavoro: una reimputazione
1996 Alberto Quadrio Curzio e Fausta Pellizzari
Risorse, prezzi e rendite ambientali. Un’analisi
uniperiodale
1997 Alberto Quadrio Curzio
Italy and the European Monetary Union. Why Italy is
on the border line?
1998 Giulio Cainelli e Claudio Lupi
The choice of the aggregation level in the estimation of
quarterly national accounts
1999 Deborah Grbac
Sulla globalizzazione del sistema economico con
particolare riferimento all’economia lombarda e
milanese
1999 Marco Fortis
PMI, Distretti industriali e liberalizzazione del mercato
dell’energia elettrica
2000 Deborah Grbac
Transnational and inter-regional cooperation and
macroeconomic flows, a case-study.
Mitteleuropa
65
2000 Alberto Quadrio Curzio
Dalle istituzioni economiche nazionali a quelle
continentali e sovranazionali. Applicazioni del
principio di sussidiarietà
2001 Floriana Cerniglia e Massimo Bordignon
L’aritmetica del decentramento: devolution all’italiana
e problemi connessi
2001 Fausta Pellizzari
Environmental resources, prices and distribution
2001 Massimo Visconti
Misure della performance d'impresa e indicatori di
bilancio: un paradigma ancora valido?
2001 Marco Fortis e Alberto Nodari
Un marchio di qualità AVR per la produzione italiana
di rubinetteria e valvolame: uno strumento per la
valorizzazione e la promozione del made in Italy
2002 Floriana Cerniglia
Distributive politics and federations
2003 Floriana Cerniglia
La riforma del titolo V della Costituzione e i nuovi
rapporti finanziari fra Stato ed autonomie locali: una
valutazione quantitativa
2003 Floriana Cerniglia
Decentralization in the public sector: quantitative
aspects in federal ad unitary countries
2003 Giuseppe Colangelo, Gianmaria Martini
Relazioni verticali e determinazione del prezzo nella
distribuzione di carburanti in Italia
66
2003 Floriana Cerniglia (con M. Bordignon e F. Revelli)
In search of yardstick competition: a spatial analisys of
Italian municipality property tax setting
2003 Alberto Quadrio Curzio
Europa: crescita, costruzione e Costituzione, Working
Paper Cranec-Diseis (Dipartimento di economia
internazionale, delle istituzioni e dello sviluppo)
Working Papers edited by Vita&Pensiero (**)
2003 Daniele Schilirò
Teorie circolari e teorie verticali della dinamica
economica strutturale: verso uno schema analitico di
carattere generale
2003 Fausta Pellizzari
Esternalità ed efficienza. Un’analisi multisettoriale
2003 Alberto Quadrio Curzio
Europa: crescita, costruzione e costituzione
2003 Fausta Pellizzari
Regolamentazione diretta e indiretta in un modello
multisettoriale
2004 Mario A. Maggioni e Teodora E. Uberti
La geo-economia del cyberspazio. Globalizzazione
reale e globalizzazione digitale
(**) This new series of Cranec Working Papers began in Autumn 2003 with the
cooperation of the Catholic University Editor, Vita&Pensiero.
67
2004 Moshe Syrquin
Globalization: too Much or is too Little?
2005 Giovanni Marseguerra
Il “capitalismo familiare” nell’era globale: la
Sussidiarietà al servizio dello Sviluppo
2005 Daniele Schilirò
Economia della Conoscenza, Dinamica Strutturale e
Ruolo delle Istituzioni
2005 Valeria Miceli
Agricultural Trade Liberalization and the WTO Doha
Round
2005 Valeria Miceli
EU Agricultural Policy: the Concept of
Multifunctionality and Value Added Agriculture
2006 Floriana Cerniglia
La spesa pubblica in Italia: articolazioni, dinamica e
un confronto con altri Paesi