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Le emergenze mediche nello studio odontoiatrico D. B. Gissi, L. Felicetti, F. Cervellati, L. Montebugnoli Università degli Studi di Bologna – Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche – Insegnamento di Patologia Speciale Odontostomatologica – Titolare: prof. L. Montebugnoli Iter diagnostici e terapeutici nella pratica clinica odontostomatologica MODULO V Medicina d’urgenza DOSSIER Corso FAD D.B. Gissi Laureato in Odontoiatria, è titolare di un Incarico di Collaborazione esterna per la gestione dei pazienti cardiopatici e cardiotrapiantati presso il Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche, Università degli Studi di Bologna. L. Felicetti Laureata in Odontoiatria, è titolare di un Incarico di Collaborazione esterna per la gestione dei pazienti a rischio presso il Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche, Università degli Studi di Bologna. F. Cervellati Laureato in Odontoiatria, è Professore a contratto nell’insegnamento di Patologia Speciale Odontostomatologica, Università degli Studi di Bologna. L. Montebugnoli Laureato in Medicina e Chirurgia, Specialista in Malattie Cardiovascolari e in Odontostomatologia, è Professore Straordinario e titolare dell’insegnamento di Patologia Speciale Odontostomatologica, Università degli Studi di Bologna. 1. I fattori in grado di provocare un’emergenza medica 2. Il controllo dei fattori responsabili di un’emergenza medica 3. Il paziente cardiologico 4. Il paziente neurologico 5. Il paziente psichiatrico 6. Il paziente diabetico 7. Il paziente endocrino 8. Il paziente allergico Indice Per autore: in questo paragrafo “Tutto il corollario sintomatologico è di breve durata, massimo 10 minuti, in quanto l’ischemia che ne è responsabile svanirà non appena il superlavoro del cuore cesserà proprio in seguito alla comparsa del dolore” è corretto “comparsa del dolore”? In questa frase: “La sincope vasovagale è il risultato di un’abnorme stimolazione del sistema vagale cui consegue un eccessivo aumento della capacità del letto vascolare”, ho aggiunto “vascolare”, è corretto?

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Le emergenze mediche nello studio odontoiatricoD. B. Gissi, L. Felicetti, F. Cervellati, L. Montebugnoli

Università degli Studi di Bologna – Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche – Insegnamento di PatologiaSpeciale Odontostomatologica – Titolare: prof. L. Montebugnoli

Iter diagnostici e terapeutici nella pratica clinica odontostomatologicaMODULO V

Medicina d’urgenzaDOSSIER

Corso FAD

D.B. GissiLaureato in Odontoiatria, è titolare di un Incarico diCollaborazione esterna per la gestione dei pazienticardiopatici e cardiotrapiantati presso ilDipartimento di Scienze Odontostomatologiche,Università degli Studi di Bologna.

L. Felicetti Laureata in Odontoiatria, è titolare di un Incarico diCollaborazione esterna per la gestione dei pazientia rischio presso il Dipartimento di ScienzeOdontostomatologiche, Università degli Studi diBologna.

F. CervellatiLaureato in Odontoiatria, è Professore a contrattonell’insegnamento di Patologia SpecialeOdontostomatologica, Università degli Studi diBologna.

L. MontebugnoliLaureato in Medicina e Chirurgia, Specialista inMalattie Cardiovascolari e in Odontostomatologia, èProfessore Straordinario e titolare dell’insegnamentodi Patologia Speciale Odontostomatologica,Università degli Studi di Bologna.

1. I fattori in grado di provocare un’emergenza medica2. Il controllo dei fattori responsabili di un’emergenza medica3. Il paziente cardiologico4. Il paziente neurologico5. Il paziente psichiatrico6. Il paziente diabetico7. Il paziente endocrino8. Il paziente allergico

Indice

Per autore: in questo paragrafo “Tutto il corollario sintomatologico è di breve durata, massimo 10 minuti, in quanto l’ischemia che ne èresponsabile svanirà non appena il superlavoro del cuore cesserà proprio in seguito alla comparsa del dolore” è corretto “comparsadel dolore”?In questa frase: “La sincope vasovagale è il risultato di un’abnorme stimolazione del sistema vagale cui consegue un eccessivoaumento della capacità del letto vascolare”, ho aggiunto “vascolare”, è corretto?

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Dossier Medicina d’urgenza

5. L’obiettivo della raccolta dei dati è includere ilpaziente in una delle 4 classi funzionali pub-blicate dalla New York Heart Association(NYHA), che rispecchiano molto fedelmente ilgrado di rischio dello stesso paziente per un’e-mergenza medica durante stress.

6. Tra le principali emergenze cardiologiche, oc-corre distinguere tra situazioni cliniche chepossono risolversi in pochi minuti senza ne-cessariamente esitare in emergenze gravi, ov-vero situazioni a rischio di emergenza (crisi an-ginosa, crisi ipertensiva, crisi aritmica) e situa-zioni cliniche che sono espressione di un’e-mergenza in atto (scompenso cardiaco, sindro-me da bassa portata, arresto cardiocircolato-rio).

7. Le emergenze neurologiche che interessanol’odontoiatra sono rappresentate dalle crisi epi-lettiche generalizzate tonico-cloniche, comu-nemente indicate come “convulsioni” o “gran-de male”.

8. L’emergenza che si può verificare in un sogget-to diabetico sottoposto a trattamento odontoia-trico è una possibile crisi ipoglicemica, la qua-le può rappresentare anche un momento digrande ansia per il paziente e per l’odontoia-tra.

9. Due sono i tipi di pazienti con malattie del si-stema endocrino che possono determinareun’emergenza: il paziente con una riduzionedell’attività corticosurrenale (primitiva o secon-daria, per esempio, a trattamenti prolungaticon corticosteroidi) e il paziente con iperfun-zionalità della ghiandola tiroidea.

10.Nel caso in cui emerga dall’anamnesi la certez-za (ricovero ospedaliero con accertamenti po-sitivi per allergia all’anestetico locale), ma an-che il solo sospetto che il paziente abbia avu-to in passato una manifestazione da “liberazio-ne di istamina” in seguito ad anestesia locale, èconsigliabile non praticare l’anestesia localema inviare il paziente dall’allergologo.

II DENTAL CADMOS 2010 Dicembre;78(10)

Modalità di partecipazione al corsoL’iscrizione dovrà avvenire tramite compilazione della scheda di adesione disponibile sul nostro portalewww.Odontoconsult.it, che permetterà al Provider di fornire via e-mail all’utente uno UserName e una PassWord appositi con tutte le istruzioni utili alla corretta fruizione del corso. Per maggiori informazioni www.Odontoconsult.it

■ Conoscenze di base1. Principi di clinica medica2. Farmacologia3. Pazienti odontoiatrici a rischio

■ Obiettivi1. Permettere di identificare il vero paziente a ri-

schio di emergenza

2. Descrivere i fattori in grado di provocare un’e-mergenza medica

3. Indicare una corretta gestione del paziente arischio prima, durante e dopo il trattamentoodontoiatrico

■ Punti chiave1. Il primo passo per la serena gestione di un pa-

ziente a rischio di emergenza medica è la per-fetta conoscenza, e quindi il controllo, dei fat-tori legati all’intervento odontoiatrico che pos-sono condizionare la comparsa dell’emergenzamedica.

2. L’iniezione locale del vasocostrittore ha intro-dotto una nuova problematica riguardo all’a-zione tossica dell’anestesia locale. In particola-re, l’adrenalina tende ad aumentare la frequen-za cardiaca, la gittata sistolica, la portata car-diaca e quindi il lavoro del cuore e il consumodi ossigeno da parte del miocardio.

3. Il meccanismo principale mediante il qualepuò essere provocata un’emergenza medicadurante un intervento odontoiatrico, tramite l’i-persollecitazione dell’intero organismo, è costi-tuito dallo stress, ovvero dal dolore, generatidall’intervento stesso.

4. Tra i pazienti che riferiscono “problemi cardio-logici” all’anamnesi è importante riconoscere ilvero paziente a rischio di emergenza; l’interes-se deve essere rivolto a domande atte a valuta-re la gravità della patologia cardiaca mediantela conoscenza delle reali condizioni di vita delpaziente in esame, indipendentemente dal tipodi patologia dichiarata.

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Dossier Medicina d’urgenza DENTAL CADMOS 2010 Dicembre;78(10) III

OBIETTIVI. Descrivere i fattori in grado di provocare un’emer-genza medica e indicare la corretta gestione del paziente arischio prima, durante e dopo il trattamento odontoiatrico.MATERIALI E METODI. L’odontoiatra si trova spesso a operaresu pazienti con patologie sistemiche che possono essereoggetto di un’emergenza medica. Dopo la discussione deifattori legati all’intervento odontoiatrico che possono con-dizionare la comparsa di un’emergenza medica, cioèl’anestesia locale, lo stress e il dolore, vengono prese inconsiderazione le procedure atte a ridurne il rischio, sotto-lineando il valore dell’anamnesi nell’individuare il “vero”paziente a rischio e le metodiche da applicarsi per il con-trollo dell’ansia e del dolore, con particolare riferimento altipo di anestesia locale da utilizzare durante i vari tipi di

interventi odontoiatrici. RISULTATI E CONCLUSIONI. Sonodescritti i protocolli terapeutici da applicarsi in occasione diun’emergenza in atto, dando maggior rilievo alle manovre eai farmaci potenzialmente utilizzabili in un ambulatorioodontoiatrico, e viene sottolineata l’importanza di una pre-coce richiesta di ricovero ospedaliero in situazioni a granderischio di gravi emergenze.

Le emergenze mediche nello studio odontoiatrico

Parole chiave odontoconsult.it

Emergenza medicaAnestesia localeStressDoloreTerapia

Riassunto

MEDICINA D’URGENZATEMPO MEDIO DI LETTURA 60 minuti

Dossier

Il primo passo per la serena gestione di un pazien-te a rischio di emergenza medica è la perfetta cono-scenza, e quindi il controllo, dei fattori legati all’in-tervento odontoiatrico che possono condizionare lacomparsa dell’emergenza medica.L’odontoiatria, contrariamente ad altri specialisti,non opera su apparati in cui possano venir lesiaccidentalmente grossi vasi o grosse terminazioninervose, tali da provocare alterazioni sistemichesuscettibili di gravi conseguenze; non utilizza nep-pure sostanze farmacologiche con potenziali gravieffetti collaterali, tali da provocare, in caso di malu-tilizzo, importanti modificazioni nell’organismo. Le uniche sostanze farmacologiche impiegate sonogli anestetici locali, associati o meno a sostanzevasocostrittrici, e l’unica eventualità in grado diinterferire con la normale fisiologia generale è rap-presentata dall’azione stressante relativa all’inter-vento stesso.

1. Fattori in grado di provocare un’emergenzamedica

I progressi in campo medico e chirurgico hannopermesso anche a pazienti affetti da gravi malat-tie sistemiche di condurre una normale vita direlazione. Ne consegue che l’odontoiatra si trovae si troverà sempre più a operare su pazienti conpatologie sistemiche che possono essere oggettodi un’emergenza medica durante il trattamentoodontoiatrico. Da qui l’aumento dei dubbi e delle incertezzeche complicano la sua pratica quotidiana e chesono fondamentalmente legate alla sua scarsaesperienza in campo medico-internistico, laquale non permette spesso una corretta identifi-cazione del vero paziente a rischio di emergen-za, e una corretta gestione prima, durante e dopoil trattamento odontoiatrico.

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Dossier Medicina d’urgenzaIV DENTAL CADMOS 2010 Dicembre;78(10)

Medical emergencies in the dental officeOBJECTIVES. To review the factors that can provoke medicalemergencies in patients undergoing dental procedures andto identify appropriate measures for managing patients atrisk for such events before, during, and after treatment.MATERIALS AND METHODS. Dentists are frequently faced withpatients suffering from systemic diseases that can be asso-ciated with medical emergencies. The risk of such events isalso conditioned by factors related to dental proceduresthemselves, including local anesthesia, stress, and pain.This article examines measures designed to reduce thisrisk, the importance of a complete history in identifying truehigh-risk patients, and methods that can be used to controlpain and anxiety, with emphasis on the most appropriate

types of local anesthesia for various procedures. RESULTSAND CONCLUSIONS. Protocols are provided for the manage-ment of medical emergencies, with emphasis on themaneuvers and drugs that can be used in dentist’s officeand on the importance of early requests for hospitalizationin emergency situations characterized by high risk.

Key words

AnaesthesiaInnervationMandibleMaxillaAnatomical variations

Abstract

D. B. Gissi et al.

1.1 Anestetico locale

Tutti gli anestetici locali possiedono un’azionediretta depressiva sulle membrane cellulari, che siesprime nella riduzione della produzione e dellaconduzione dell’impulso elettrico locale. Il siste-ma nervoso centrale e il sistema cardiovascolaresono particolarmente sensibili e, teoricamente,possono essere entrambi influenzati dalla sommi-nistrazione di qualunque tipo di anestetico. Tuttavia, in condizioni cliniche normali, evitandola somministrazione dell’anestetico in vena e conuna velocità di iniezione non particolarmente ele-vata, i livelli plasmatici che si ottengono sonocirca 10 volte inferiori a quelli in grado di produr-re una pur minima azione clinicamente significati-va. Situazioni clinicamente rilevanti, secondarie aun effetto negativo sulla cellula del miocardio,sono state documentate iniettando direttamente invena e con velocità massima (in bolo) una dose dicirca 100 mg di lidocaina, che corrisponde a circa3 tubofiale di anestetico al 2% per uso odontoia-trico, condizione questa generalmente impossibileda verificarsi durante un trattamento (1,2).

1.2. Associazione anestetico-vasocostrittore

Il vasocostrittore iniettato insieme all’anesteticone aumenta l’efficacia clinica e permette unmiglior controllo del sanguinamento. Tuttavia l’i-niezione locale del vasocostrittore ha introdottouna nuova problematica riguardo alla tossicitàdell’anestesia locale, e cioè l’azione tossica lega-ta al vasocostrittore stesso. In particolare, l’adre-nalina, che è la sostanza sicuramente più utiliz-zata, tende ad aumentare la frequenza cardiaca,la gittata sistolica, la portata cardiaca e quindi illavoro del cuore e il consumo di ossigeno da

parte del miocardio. La maggiore richiesta diossigeno a livello del cuore è compensata, nel-l’individuo sano, da una portata coronarica supe-riore, secondaria alla vasodilatazione diretta eser-citata dall’amina, ma, in soggetti con ridotto flus-so coronarico o con un miocardio in parte giàcompromesso, il superlavoro cardiaco può esse-re fonte di gravi incidenti. La possibilità che l’adrenalina o un’analogasostanza possa determinare, alle concentrazioninormalmente impiegate in odontoiatria, un effet-to sfavorevole è oggetto di pareri controversi. Ladifficoltà di dimostrare gli effetti sfavorevoli lega-ti all’azione dell’adrenalina somministrata insie-me all’anestetico deriva dal fatto che l’increzionedi tale amina avviene anche in seguito alla stimo-lazione endogena secondaria proprio allo stress.Si pensi infatti che una tubofiala con concentra-zioni 1:100.000 di adrenalina è l’equivalente dellaproduzione surrenalica di adrenalina per ogniminuto in condizioni normali, e che la produzio-ne endogena di adrenalina in condizioni stres-santi può determinare livelli plasmatici 10-20volte superiori a quelli basali (1). Tuttavia i dati della letteratura riguardo allemodificazioni della dinamica cardiocircolatoriasecondarie all’iniezione di vasocostrittori durantel’anestesia locale in odontoiatria sono contrastan-ti.Una parte rilevante degli studi pubblicati sull’ar-gomento non ha evidenziato alcuna variazionesignificativa della dinamica circolatoria in segui-to all’iniezione di vasocostrittori associati all’ane-stetico, rispetto alla somministrazione del soloanestetico (3,4). Al contrario, alcuni lavori hanno documentatoche, durante la somministrazione di adrenalina incorso di anestesia locale, si verificano variazioni

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Dossier Medicina d’urgenza DENTAL CADMOS 2010 Dicembre;78(10) V

significative della concentrazione dell’amina nelplasma accompagnate da variazioni altrettantosignificative di alcuni parametri cardiovascolari.In questi studi, l’incremento medio del lavoro delcuore, espresso come consumo miocardico diossigeno, è risultato pari a circa il 15-20%.Questo dato è importante perché andrà confron-tato con l’incremento del lavoro del cuore pro-dotto in condizioni di stress o di dolore (5).

1.3 Stress e dolore

Negli anni Novanta, presso la ClinicaOdontoiatrica dell’Università di Bologna sonostati condotti numerosi studi atti a evidenziare ea quantificare l’impegno dell’apparato cardiova-scolare in soggetti sani e cardiopatici sottoposti ainterventi odontoiatrici quanto mai vari. È statoutilizzato, quale indice dell’impegno cardiova-scolare, il consumo di ossigeno del miocardio(MVO2, in mL/100 g di ventricolo sinistro), cherappresenta il lavoro del cuore sinistro istanteper istante ed è condizionato dalla pressionearteriosa contro cui deve lavorare per espellere ilsangue a ogni battito e dal numero dei battiti perminuto, cioè dalla frequenza cardiaca. I risultati hanno confermato il sospetto secondocui l’ansia è in grado di modificare significativa-mente la dinamica circolatoria in tutti i pazienti,durante il loro contatto con l’odontoiatra.L’aumento del lavoro del cuore si osserva già nelmomento in cui il paziente si siede sulla poltro-na, e si evidenzia ancor più alla vista dell’odon-toiatra. Si tratta di incrementi del lavoro delcuore che vanno dal 5 al 40% rispetto ai valoribasali; incrementi che possono raggiungere il50% durante una seduta di detartrasi medianteultrasuoni, in cui viene provocato un certodiscomfort, e il 60% durante un’estrazione denta-ria. Interessanti i dati emersi da un gruppo di sogget-ti sottoposti a estrazioni dichiarate al termine lie-vemente dolorose, ma tali da non giustificarel’interruzione delle stesse. Durante tali interventi,in cui il controllo del dolore non era risultatoottimale, si sono registrati incrementi del lavorodel cuore anche del 100% rispetto ai valori basa-li. Se li confrontiamo con gli incrementi medi chesono stati riportati in alcuni studi durante la som-ministrazione di un anestetico locale associato avasocostrittore (15-20% in media), arriviamo allaconclusione che il meccanismo principalemediante il quale può essere provocata un’emer-

genza medica durante un intervento odontoiatri-co, tramite l’ipersollecitazione dell’intero organi-smo, è costituito dallo stress, ovvero dal dolore,generati dall’intervento stesso (6,7).

2. Il controllo dei fattori responsabili di un’emergenza medica

2.1 Controllo dell’ansia

Qualunque manovra atta a ridurre l’ansia prima edurante l’intervento deve essere necessariamenteapplicata proprio ai soggetti a rischio di emer-genza, utilizzando tutte le procedure psicoterapi-che o farmacologiche in nostro possesso.Il supporto psicologico che l’odontoiatra puòoffrire, anche senza l’aiuto di particolari tecnichepsicoterapeutiche, risulta fondamentale, dalmomento in cui il paziente a rischio si siede sullapoltrona odontoiatrica al momento in cui escedallo studio. Elementari norme di comportamento, tramite ilcolloquio e la sdrammatizzazione dell’interventoin programma, saranno già in grado di ridurrel’ansia anticipatoria e quindi, di riflesso, l’impe-gno dell’apparato cardiocircolatorio. Facilitare ilsorriso del paziente, per esempio, può significa-re già una riduzione della pressione arteriosamedia di 10-15 mmHg e di circa 10 battiti alminuto della frequenza cardiaca. Sull’intervento odontoiatrico dovranno poi con-centrarsi le attenzioni del professionista e deisuoi assistenti al fine di renderlo meno stressan-te e impegnativo. La prestazione odontoiatrica dovrà essere con-dotta nella maniera più rapida, cercando di inter-romperla frequentemente per dare sollievo alpaziente e permettendo allo stesso di assumereuna posizione sulla poltrona che sia la più como-da possibile. In caso di interventi multipli èimperativo suddividerli in giornate diverse, piut-tosto che riunirli in un’unica seduta.Per quanto riguarda il controllo farmacologicodell’ansia, esistono oggi numerosi farmaci adazione centrale in grado di influenzare la rispo-sta emozionale allo stress. Tra questi, le benzodiazepine permettono unbuon controllo dell’ansia con un basso livello ditossicità e di interferenza con i meccanismi dicontrollo e di regolazione del respiro e del circo-lo. Sono da preferire le benzodiazepine ad alta affi-nità di legame (bassi dosaggi terapeutici e bassa

Le emergenze mediche nello studio odontoiatrico

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Dossier Medicina d’urgenzaVI DENTAL CADMOS 2010 Dicembre;78(10)

sul soggetto a rischio in esame, l’uso del vasoco-strittore può essere inizialmente evitato, e ci silimita così al solo uso dell’anestetico locale, perpoi aggiungere il vasocostrittore in caso di dolo-re durante il prosieguo dell’intervento (9).

3. Il paziente cardiologico

I pazienti a rischio di sviluppare un’emergenzamedica durante un intervento odontoiatricoappartengono a numerose categorie di soggettiaffetti da patologie sistemiche. Si sottolinea la grande competenza medico-inter-nistica che l’odontoiatra dovrebbe possedere pergestire al meglio tutti i pazienti affetti dalle pato-logie di seguito trattate.Ad aggravare la situazione, si aggiunge il fattoche l’odontoiatra si trova a operare in una sededistaccata da qualsiasi presidio ospedaliero e, difatto, privo di ogni forma di assistenza immedia-ta in caso di emergenza grave. Requisiti essenziali per evitare un’emergenzamedica, o sperare in un esito positivo, in unostudio odontoiatrico sono:• riuscire a prevederla con largo anticipo, inmodo da non effettuare la prestazione o da tro-varsi già pronti ad affrontare l’urgenza prima cheessa si verifichi, cioè riconoscere il paziente a“reale” rischio di emergenza;• controllare tutti i fattori in grado di scatenareun’emergenza, cioè l’ansia e il dolore;• sospendere l’intervento al primo apparire diuna sintomatologia legata alla malattia dichiaratadal paziente e richiedere l’intervento di un’ambu-lanza con medico a bordo;• mettere in atto le varie procedure che ogniodontoiatra conosce, limitatamente alla propriaesperienza, e che possono servire a migliorare lasintomatologia del paziente o, in caso di arrestocardiocircolatorio, a mantenere in vita il pazien-

D. B. Gissi et al.

tossicità), emivita intermedia (maggiore maneg-gevolezza) e scarsa formazione di metaboliti atti-vi (minor rischio di accumulo), per esempioalprazolam o lorazepam.È preferibile la somministrazione della benzodia-zepina per via orale in dose unica un’ora primadell’intervento, mentre, in pazienti con estremaapprensione, può essere più opportuno iniziareil trattamento ansiolitico il giorno prima dell’in-tervento, in modo da assicurare anche un buonriposo notturno (8).

2.2 Controllo del dolore

Per quanto riguarda il controllo del dolore, l’o-dontoiatra ha oggi a disposizione numerosesostanze farmacologiche in grado di ottenereun’anestesia completa ed efficace, con scarsi onulli effetti emodinamici rilevanti anche in casodi dosaggi elevati (4-5 tubofiale).Il problema più spinoso per l’odontoiatra che siaccinge a eseguire un intervento su un pazientea rischio è tuttavia la necessità di dover associa-re all’anestetico locale sostanze ad azione vaso-costrittrice. I fattori discriminanti sull’impiego, nei soggetti arischio, del solo anestetico o dell’associazioneanestetico-vasocostrittore sono il tipo e la duratapresunta dell’intervento odontoiatrico. Quando ci si accinge a eseguire un interventoparticolarmente doloroso o presumibilmente dilunga durata (> 30 minuti), l’associazione aneste-tico-vasocostrittore è imperativa in tutti i pazien-ti definiti “a rischio”. Rimane un punto interrogativo riguardo all’im-piego del vasocostrittore se, in occasione di breviinterventi, si presuma che il solo anestetico siaperfettamente in grado di controllare il dolore. Inquesti casi, poiché la letteratura non ci garantiscein maniera assoluta che anche a bassi dosaggi ilvasocostrittore non produca effetti sfavorevoli

Tabella I Classi funzionali secondo la NYHA per la quantificazione del grado di compenso cardiocircolatorio nel soggettocardiopatico

Classe I paziente che ha anamnesi positiva per una patologia cardiaca, ma che conduce un regime di vita assolutamente normale; il soggetto non riferisce alcuna limitazione nel sottoporsi a stress fisico o mentale

Classe II paziente che riferisce lievi limitazioni funzionali rispetto ai coetanei, pur conducendo una vita normale; si tratta di un soggetto impossibilitato ad affrontare stress fisici o mentali significativi

Classe III paziente che riferisce gravi limitazioni funzionali; il soggetto accusa sintomatologia in seguito a stress fisici o mentali di lieve entità, con importanti limitazioni della sua vita di relazione

Classe IV paziente con patologia invalidante; il soggetto è costretto al riposo ed è in costante pericolo di vita

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Dossier Medicina d’urgenza DENTAL CADMOS 2010 Dicembre;78(10) VII

te fino all’arrivo del personale specializzato.Cercando di generalizzare al massimo, il pazien-te che riferisce un’anamnesi positiva per “proble-mi cardiologici” è effettivamente il “vero” pazien-te da “tenere in considerazione” e da non sotto-valutare per quanto riguarda il rischio di un’e-mergenza medica. L’apparato cardiovascolare èquello che subisce maggiormente lo stress legatoall’intervento odontoiatrico e un cattivo funzio-namento dell’apparato in situazione di stress puòesitare in gravi emergenze, che si possono verifi-care in tempi brevi e in tempi altrettanto breviportare a gravi conseguenze (10). • Identificazione del paziente a rischio: l’identi-ficazione di un soggetto con anamnesi positivaper una patologia cardiaca non indica necessaria-mente il paziente a sicuro rischio per emergenza. I pazienti che riferiscono un’anamnesi positivaper patologia cardiaca sono una percentualemolto alta della popolazione che frequenta glistudi odontoiatrici, soprattutto se consideriamole fasce di età più elevate, e solo una minoranzadi essi rappresenta ovviamente un rischio realeper l’odontoiatra. La maggior parte di questipazienti sono soggetti con lievi patologie, tali danon costituire alcun rischio di emergenza duran-te il trattamento. È imperativo quindi riconoscere, tra i pazientiche riferiscono “problemi cardiologici” all’anam-nesi, il vero paziente a rischio di emergenza; unacorretta indagine anamnestica può esserci digrande aiuto. Purtroppo, molto spesso l’interesse dell’odon-toiatra è rivolto a una serie di domande cheriguardano la conoscenza del tipo di cardiopatia,i farmaci assunti o l’esistenza o meno di pregres-si interventi chirurgici, come se l’odontoiatrafosse in grado di capire se, per esempio, uninfarto pregresso pone il paziente più a rischiorispetto a una cardiomiopatia dilatativa, o sedeve preoccupare maggiormente un pazienteoperato di cinque by-pass aorto-coronarici,rispetto a un soggetto con angina pectoris; o,ancora, se il maggiore o minor rischio per un’e-mergenza è legato al numero di farmaci che ilpaziente assume.Viceversa, l’interesse deve essere rivolto adomande atte a valutare la gravità della patologiacardiaca, mediante la conoscenza delle reali con-dizioni di vita del paziente in esame, indipen-dentemente dal tipo di patologia dichiarata. Domande specifiche devono essere rivolte perconoscere il grado di tolleranza allo sforzo (noti-

zie riguardanti l’attività fisica del paziente rispet-to ai coetanei, il numero di rampe di scale pos-sibili prima dell’affaticamento, la comparsa di“sintomi” cardiaci durante sforzo o per emozioniecc.), che è direttamente correlato in ognipaziente con il grado di compenso del proprioapparato cardiocircolatorio.I dati raccolti permetteranno, al termine del col-loquio, di includere il paziente in una delle 4classi funzionali, pubblicate dalla New YorkHeart Association (NYHA) (tabella I), che rispec-chiano molto fedelmente il grado di rischio diquel paziente per un’emergenza medica durantestress (11). La classificazione proposta è applicabile a tutti itipi di patologia d’organo ed è assolutamenteindipendente dalla malattia eziologica di base. Così, per esempio, la collocazione di un sogget-to “cardiopatico” in Classe IV ne sconsiglia lagestione in uno studio privato e ne consigliaassolutamente l’invio a un presidio ospedaliero.La collocazione di un soggetto “cardiopatico” inClasse III, indipendentemente dal tipo di cardio-patia alla base delle limitazioni presenti nella suavita, identifica un soggetto con ridotto margine dicompenso e quindi in grado di determinare un’e-mergenza in seguito a piccole modificazionidella sua dinamica circolatoria. Il trattamentoodontoiatrico può essere eseguito, tuttavia, met-tendo in pratica alcune manovre preventive sulcontrollo dell’ansia e del dolore.Dall’altra parte, la collocazione di un soggettocardiopatico in Classe II o I identifica un pazien-te a bassissimo rischio o assolutamente non arischio di emergenza (7).

Considerando le principali emergenze cardiologi-che, occorre distinguere tra situazioni clinicheche possono risolversi in pochi minuti, senzanecessariamente esitare in emergenze gravi(situazioni a rischio di emergenza), e situazionicliniche che sono espressione di un’emergenzain atto (12).

3.1 Situazioni a rischio di emergenza

Crisi anginosa È una sindrome clinica che si verifica quando ilfabbisogno di ossigeno delle cellule miocardichesottoposte a stress supera l’apporto di ossigenoattraverso la circolazione coronarica. Nel caso incui ci si trovi nell’impossibilità di aumentare ilflusso coronarico, in occasione per esempio di

Le emergenze mediche nello studio odontoiatrico

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Dossier Medicina d’urgenzaVIII DENTAL CADMOS 2010 Dicembre;78(10)

una parziale occlusione del lume di una o piùcoronarie, si viene a creare una situazione diischemia relativa, che perdurerà fino al momen-to in cui il superlavoro del cuore verrà a cessare. • Identificazione del paziente a rischio: ilpaziente che all’anamnesi riferisce la comparsa didolore in seguito a sforzi o emozioni lievi (ClasseIII) oppure senza alcuna relazione con sforzi oemozioni (angina instabile).• Clinica: generalmente è lo stesso paziente chericonosce la sintomatologia dolorosa ancor primadella sua completa comparsa e ci avvisa intempo utile per sospendere l’intervento. Il dolo-re insorge prevalentemente dietro lo sterno, è ditipo costrittivo, oppressivo, tensivo e si irradiafrequentemente in regione epigastrica, ma ancheal collo, alla mandibola o agli arti superiori. Tuttoil corollario sintomatologico è di breve durata,massimo 10 minuti, in quanto l’ischemia che neè responsabile svanirà non appena il superlavo-ro del cuore cesserà proprio in seguito alla scom-parsa del dolore. • Terapia: alla prima comparsa del dolore occor-re provvedere alla sospensione dell’intervento.Indispensabile e rapida deve essere la sommini-strazione di una compressa di isosorbide dinitra-to 5 mg sublinguale. Il ricovero ospedaliero deve essere predispostoquando il dolore persiste per oltre 15 minuti o inpresenza di segni di insufficienza cardiaca (13).

Crisi aritmica Un episodio aritmico si scatena nel momento incui compare un’ischemia acuta, cioè una discre-panza tra il bisogno e l’apporto di ossigeno. Iquadri clinici provocati da un’aritmia sono mol-teplici. Si va da un senso di cardiopalmo più omeno intenso all’insufficienza cardiaca concla-mata nelle sue due forme, scompenso e bassaportata, fino all’arresto cardiocircolatorio.• Identificazione del paziente a rischio: pazientecon anamnesi positiva per aritmie gravi docu-mentate in ambito cardiologico.• Clinica: la presenza di un polso periferico irre-golare in un paziente a rischio è sempre indica-tivo di un’aritmia in atto, anche se non forniscealcuna informazione sul tipo di aritmia presenteo sull’evoluzione della stessa. • Terapia: la terapia antiaritmica è di assolutacompetenza del cardiologo specialista, il quale èin grado di valutare, mediante attrezzature sofi-sticate, il farmaco antiaritmico ideale per queltipo di aritmia. L’odontoiatra deve sospendere

l’intervento e programmare il ricovero ospedalie-ro in presenza di sintomi di insufficienza cardia-ca (14).

Crisi ipertensiva Durante un episodio di stress la pressione arte-riosa subisce sempre incrementi, più o meno rile-vanti a seconda della risposta emotiva del sog-getto allo stress e di altri fattori legati all’età, alsesso, ai valori di base e così via. Quindi nessu-na preoccupazione anche in caso di rilevamentodi valori elevati durante l’intervento. • Identificazione del paziente a rischio: la “crisiipertensiva” vera, così come definita dalla NYHA,è una condizione molto rara in cui i valori dipressione diastolica devono superare 140 mmHge accompagnarsi necessariamente a segni diinsufficienza cardiaca e di sofferenza cerebrale.Tali crisi sono una prerogativa di pochi e selezio-nati pazienti, generalmente affetti da ipertensioniarteriose secondarie (feocromocitoma) o ancheprimitive, i quali, in seguito ai più svariati fatto-ri, sviluppano una crisi improvvisa ed estrema-mente grave, tale da mettere in grossa difficoltàl’intero apparato cardiocircolatorio. • Clinica: la sintomatologia è quanto mai variaed è riferibile ai sintomi legati allo scompenso oalla crisi anginosa, accompagnati da elevati valo-ri di pressione arteriosa sistolica e diastolica.• Terapia: la terapia della crisi ipertensiva vera èdifficile e si avvale di farmaci somministrabili pervia endovenosa sotto costante controllo emodi-namico, e quindi da eseguirsi in una strutturaspecializzata (15).

3.2 Emergenze legate alla patologia cardiovascolare di base

Questo gruppo di emergenze sono l’espressionein tempo reale di un’alterata funzionalità cardio-vascolare, che si può esprimere o in una riduzio-ne parziale della capacità di pompa, che non rie-sce a sopperire alle maggiori richieste funzionalie a mantenere una portata cardiaca adeguata(insufficienza cardiaca), o nell’arresto cardiocir-colatorio, che è il momento estremo del deficit dipompa. Tali manifestazioni possono comparire ab initioin un soggetto cardiopatico con compenso labilesottoposto a stress o, viceversa, essere preceduteda altre manifestazioni cliniche (crisi anginose,aritmiche, ipertensive), le quali possono esitarenelle manifestazioni sopra descritte, oppure,

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come accennato, esaurirsi in episodi specificinon legati a particolare gravità.L’insufficienza cardiaca si esprime clinicamentein due differenti sintomatologie cliniche a secon-da della differente compromissione dell’apparatocardiovascolare: lo scompenso o la sindrome dabassa portata.

Scompenso cardiacoÈ il caso in cui l’insufficienza del cuore sinistrodetermina una stasi di sangue “a monte” delcuore sinistro, cioè a livello dei vasi polmonari.Il conseguente ristagno di sangue nei polmoniproduce un eccessivo appesantimento degli stes-si che porta al sintomo più eclatante dello scom-penso: la dispnea. • Identificazione del paziente a rischio: essendola dispnea il sintomo cardine dello scompensocardiaco, occorre interrogare il paziente sullenormali occupazioni o abitudini di vita in gradodi scatenare tale sintomo. Per “sforzi esagerati” siintendono una corsa in piano o una camminataveloce in salita, la salita di tre rampe di scale oun’emozione molto violenta. Si intendono per“sforzi lievi” una camminata in piano, la salita diuna rampa di scale o un’emozione lieve. Il veropaziente a rischio è il soggetto in Classe funzio-nale NYHA III e IV.• Clinica: molto spesso è possibile registrare,prima della sintomatologia conclamata, la com-parsa di una tosse secca e insistente che è la spiadi una pressione vascolare polmonare che staaumentando e che sta determinando fenomeni distasi e quindi di irritazione della mucosa bron-chiale. È questo il momento ideale per sospende-re l’intervento. Con il progredire dell’insufficien-za cardiaca, si ha la comparsa del sintomo chia-ve e obbligato per parlare di scompenso: ladispnea. Costante la presenza di sudorazione ecute fredda in seguito alla secondaria iperstimo-lazione del sistema simpatico.• Obiettività clinica: in assenza di aritmie speci-fiche, è costante la presenza di una tachicardiariflessa, conseguenza dell’iperstimolazione sim-patica. Costante e importante il rilevamento dibassi valori di pressione arteriosa sistolica,espressione del deficit della funzionalità dipompa.• Terapia:- sospensione dell’intervento; - utile la somministrazione di una compressa diisosorbide dinitrato 5 mg sublinguale, per ridur-re l’ingorgo ematico polmonare;

- utile la somministrazione di ossigeno mediantemascherina, a un flusso di 4-6 L al minuto;- ricovero ospedaliero qualora la dispnea noncessi dopo 10-15 minuti o in caso di progressivocalo della pressione arteriosa sistolica. • Evoluzione: qualora non trattato lo scompensocardiaco evolve verso l’edema polmonare acuto,che rappresenta una condizione caratterizzatadall’aumento dell’acqua extravascolare contenutanei polmoni. La trasudazione di liquido neglialveoli polmonari inizia a esprimersi con la com-parsa di tosse con espettorato schiumoso di colo-re roseo. Costante la presenza di cianosi di entitàproporzionale al deficit della funzione ventilato-ria polmonare (16).

Sindrome da bassa portata

È il caso in cui l’insufficienza cardiaca produceuna prevalente difficoltà a immettere, in modoappropriato, il sangue nella circolazione sistemi-ca, con la logica conseguenza di una spiccatariduzione della pressione arteriosa sistemica edella circolazione in tutti i tessuti, con particola-re riferimento al circolo cerebrale. È una situazio-ne clinica grave, che può esitare in uno stato dishock cardiogeno difficile da trattare anche inambiente specialistico.• Identificazione del paziente a rischio: occorreindagare sulle abitudini di vita del paziente e cer-care di quantificarne la tolleranza a uno sforzo oa un’emozione interrogandolo non solo sullacomparsa della dispnea, ma anche sulla facilestancabilità, sulla presenza di episodi di capogi-ro, di perdita della coscienza o di caduta a terrasenza particolari motivi. • Clinica: la riduzione del flusso cerebrale deter-mina dapprima un senso di malessere generale,accompagnato da nausea e capogiro, fino allaperdita della coscienza. L’iperstimolazione sim-patica riflessa condiziona la comparsa di sudora-zione, tremori, cute fredda, a volte contrazionimuscolari.• Obiettività: in assenza di aritmie specifiche siassiste a una spiccata tachicardia di origine com-pensatoria. Costante e obbligata è la presenza diuna riduzione drammatica dei valori di pressionearteriosa sistolica. • Terapia: la diagnosi di bassa portata cardiacadeve essere fatta rapidamente, in quanto altret-tanto rapidamente possono seguire complicanzeestremamente temibili, quali lo shock cardiogenoo l’arresto cardiocircolatorio.

Le emergenze mediche nello studio odontoiatrico

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- ai primi segni di bassa portata il paziente vasdraiato in posizione supina;- il ricovero ospedaliero va programmato qualo-ra la situazione clinica (sintomatologia e pressio-ne arteriosa sistolica) non migliori dopo 5-10minuti. • Evoluzione: la sindrome da bassa portata, qua-lora non trattata, può evolvere verso lo shockcardiogeno, che rappresenta la condizione estre-ma di deficit della funzionalità di pompa delcuore, nel momento in cui il cuore non riesce afar fronte ai più elementari bisogni dei tessutiperiferici. Lo stato di shock è una situazione incui intervengono innumerevoli fenomeni, inparte ancora sconosciuti, che sono l’espressionedi un estremo tentativo, molto spesso fallimenta-re, di sopravvivere a una riduzione prolungatadella portata cardiaca (17).

Arresto cardiocircolatorio

L’arresto cardiocircolatorio è un evento dramma-tico secondario all’improvvisa cessazione dellafunzione di pompa del cuore come risultato diun’asistolia ventricolare (elettrica o meccanica),ma, più frequentemente, di una disordinata atti-vazione elettrica ventricolare (fibrillazione ventri-colare). Nella quasi totalità dei casi l’arresto car-diocircolatorio è preceduto da aritmie ventricola-ri gravi (tachicardia, torsade de pointes ecc.) o dafrequenti extrasistoli ventricolari, le quali si inne-scano in presenza di un episodio di insufficienzacardiaca o durante fenomeni ischemici acuti. L’arresto della funzione di pompa determinaimmediatamente il blocco della circolazione san-guigna in tutti i tessuti; in ogni cellula dell’orga-nismo, privata del normale apporto di ossigeno,iniziano fenomeni di sofferenza che diventanoirreversibili dopo periodi di tempo variabili aseconda del tipo di tessuto. Nei tessuti nobili,quali il cervello e lo stesso cuore, già dopo 3-4minuti sopraggiungono alterazioni irreversibili edopo 7-8 minuti la morte. Ne deriva la straordi-naria importanza che assume una rapida diagno-si dell’evento in quanto il successo delle mano-vre di rianimazione dipende dalla velocità concui vengono messe in atto a partire dal momen-to dell’arresto. • Identificazione del paziente a rischio: conside-rando che l’arresto cardiocircolatorio può essereil momento terminale di ogni emergenza cardio-circolatoria, non esiste la possibilità di identifica-re preventivamente il paziente a rischio; tutti i

pazienti cardiopatici a rischio per emergenza car-diocircolatoria sono a rischio per arresto cardio-circolatorio. Esiste comunque un paziente più arischio degli altri, un paziente cioè che ha giàavuto altri episodi di arresto cardiocircolatorio,documentati durante ricoveri ospedalieri, a cui èsopravvissuto. • Prevenzione: l’arresto cardiocircolatorio si pre-viene sospendendo l’intervento e provvedendo aun immediato ricovero in caso di segni clinici diinsufficienza cardiaca grave (scompenso, bassaportata) di durata superiore a 10-15 minuti.• Clinica: la diagnosi deve essere prontissima ecomunque non ritardata oltre i 2 minuti dall’e-vento. Essa si basa su 3 punti essenziali e indi-spensabili per parlare di arresto, elencati diseguito.1. Perdita completa della coscienza: il paziente inarresto cardiocircolatorio è assolutamente inco-sciente e non può essere riportato alla coscienzaneppure mediante forti sollecitazioni. Questodato aiuta nella diagnosi differenziale con altresituazioni cliniche in cui si ha una perdita tem-poranea di coscienza (sincope vaso-vagale,assenze neurologiche, crisi di isteria acuta). Intutti i casi sopraelencati, una forte sollecitazionedel paziente (schiaffi sul viso, forti scrolloni sultronco) è sempre in grado di provocare una purminima risposta nella mimica facciale o nei movi-menti muscolari. In caso di arresto cardiocircola-torio il paziente è al contrario assolutamente irre-sponsivo.2. Assenza del polso arterioso: la ricerca delpolso arterioso è la prima manovra da eseguirsiin caso di perdita della coscienza. La palpazionedel polso arterioso esclude l’arresto cardiocirco-latorio e suggerisce la presenza di un episodio diincoscienza secondaria, per esempio, a turbecerebrali o neurovegetative. L’assenza del polso,invece, è imperativa per la diagnosi di arrestocardiocircolatorio. 3. Midriasi pupillare: l’analisi della pupilla chiari-sce ogni dubbio; la pupilla risulta assolutamentemidriatica (dilatata) anche se sottoposta a inten-sa illuminazione in quanto la caduta del flussocerebrale non permette più le normali funzionidei muscoli deputati alla costrizione delle pupil-le. • Terapia: si avvale delle manovre di rianimazio-ne cardiopolmonare da eseguirsi nella manierapiù rapida e comunque non oltre i 3 minuti dal-l’inizio dell’evento. L’obiettivo della rianimazionecardiopolmonare è quello di mantenere la venti-

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fuori dall’ambiente ospedaliero e da personalenon specialistico può raggiungere il 40%, a pattoche le manovre vengano eseguite in manieraadeguata, che l’inizio delle manovre avvengaentro 3 minuti dall’arresto e la defibrillazioneentro 7 minuti (18).L’interruzione della rianimazione cardiopolmona-re è giustificata dall’impossibilità di ripristinare ilritmo cardiaco spontaneo. La rianimazione car-diopolmonare, come precedentemente sottoli-neato, è un metodo valido per mantenere unpaziente in vita e per impedire la sofferenza deitessuti nobili, a volte per un lungo periodo ditempo (bravi rianimatori possono arrivare fino a20-30 minuti). Tuttavia il ripristino di un norma-le ritmo cardiaco e quindi della completa funzio-nalità cardiocircolatoria è indispensabile, oltre uncerto lasso di tempo, per riportare la portata cir-colatoria a livelli compatibili con la vita. Per questo motivo è indispensabile il defibrillato-re; in assenza di tale apparecchiatura la rianima-zione cardiopolmonare deve essere interrottadopo 20-30 minuti poiché la probabilità di ripri-stinare il ritmo cardiaco, trascorso tale periodo ditempo, anche in presenza di defibrillatore è sicu-ramente scarsa (19).

4. Il paziente neurologico

Le malattie del sistema nervoso caratterizzate dacrisi parossistiche ricorrenti sono molte, emostrano quadri clinici estremamente polimorfi aseconda della sede di origine, delle modalità dipropagazione dello stimolo e delle aree cerebra-li coinvolte. Esistono crisi parziali e crisi genera-lizzate, a loro volta suddivisibili in crisi semplicie complesse e così via.

4.1 Crisi tonico-clonica generalizzata

• Identificazione del paziente a rischio: le emer-genze neurologiche che interessano l’odontoiatrasono rappresentate dalle crisi epilettiche genera-lizzate tonico-cloniche, comunemente indicatecome “convulsioni” o “grande male”. • Prevenzione: l’unica possibilità di prevenire lacrisi epilettica è riuscire a prevederla, sfruttandola sensibilità del paziente che molto spesso rie-sce a riconoscere i primi sintomi caratteristicidell’aura, così da interrompere l’intervento odon-toiatrico immediatamente prima della comparsadella crisi.

Le emergenze mediche nello studio odontoiatrico

lazione dei polmoni e di portare un adeguatoafflusso di sangue ossigenato a tutti i tessuti del-l’organismo, in particolar modo al tessuto cere-brale e miocardico. Le manovre da effettuare sono qui riportate inordine temporale e devono essere effettuateseguendo una scaletta diversa a seconda delnumero di persone presenti e collaboranti allarianimazione: - operatore n. 1: rendere pervie le vie aeree e ini-ziare le manovre di ventilazione assistita (meto-do bocca a bocca o con palloncino tipo Ambu);- operatore n. 2: iniziare le manovre di circola-zione assistita (massaggio cardiaco);- operatore n. 3: programmare un intervento diricovero d’urgenza, richiedendo sempre un’am-bulanza provvista di medico e defibrillatore; pre-parazione del defibrillatore in caso di possesso.La defibrillazione del cuore è il momento essen-ziale senza il quale difficilmente il cuore ripren-derà il suo ritmo (lo scopo delle manovre di ven-tilazione e circolazione assistita è infatti solamen-te quello di mantenere i tessuti vitali il più alungo possibile, in attesa del ripristino del ritmocardiaco, che avverrà solo con il defibrillatore).Tale pratica deve essere effettuata quindi nel piùbreve tempo possibile (se il defibrillatore è pre-sente sul luogo è quasi più importante preparar-si per la defibrillazione piuttosto che iniziare lemanovre di rianimazione cardiopolmonare). Ladefibrillazione, in caso di iniziale insuccesso,deve essere ritentata molte volte, in quanto inalcuni casi occorrono anche 7- 8 defibrillazioniper ripristinare il ritmo. Qualora le manovre di rianimazione cardiopol-monare debbano essere eseguite necessariamen-te da una sola persona, la probabilità di succes-so è estremamente scarsa, in quanto il massaggiocardiaco non può essere effettuato in manieracontinua e regolare da un unico operatore, chedovrebbe anche insufflare aria nei polmoni.Inoltre la stessa persona non potrà certo occu-parsi del ricovero ospedaliero o della preparazio-ne dei farmaci o del defibrillatore. In questi casi, la rianimazione cardiopolmonaredeve essere eseguita facendo inizialmente dueinsufflazioni d’aria, poi 15-20 compressioni ster-nali ogni due insufflazioni; le compressioni ster-nali non devono essere interrotte per più di 20secondi. Secondo uno studio eseguito in un quartiere diWashington, la percentuale di successo di unarianimazione cardiopolmonare eseguita al di

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• Clinica: ogni crisi è generalmente precedutada sintomi aspecifici, ben riconoscibili da partedel paziente, denominati “aura epilettica”; la crisistessa consiste in un primo periodo (della duratadi circa 10-15 secondi) caratterizzato da contra-zioni toniche, in un secondo periodo (di duratavariabile da 30 a 120 secondi) caratterizzato dacontrazioni cloniche e da un periodo terminaledi rilassamento con amnesia retrograda.• Terapia: non bisogna mai cercare di ottenerel’immediata cessazione della crisi: di regola infat-ti essa non comporta nessun rischio grave per lasalute del paziente. Durante tutto il corso dellacrisi occorre impedire che il paziente si ferisca osi morda la lingua, e mantenere la pervietà dellevie aeree. La somministrazione endovena di 1 fiala di dia-zepam 10 mg è indicata solo nel caso di crisi pro-lungate, in quanto la somministrazione del far-maco può influenzare negativamente la depres-sione postcrisi e quindi la pronta ripresa dellacoscienza (20).

5. Il paziente psichiatrico

Si tratta di un paziente con turbe psichiatrichenel quale si può verificare un’esagerata rispostadel sistema nervoso simpatico o parasimpatico auno stress, rappresentato in questo caso dallapaura nei confronti della “seduta” odontoiatrica.L’esagerata stimolazione del sistema neurovege-tativo si esprime in situazioni cliniche differenti aseconda del sistema maggiormente interessato.

5.1 Attacco di panico

L’attacco di panico è stato individuato come unasindrome specifica solo negli ultimi anni. Si trat-ta di una reazione abnorme che coinvolge diver-si organi e apparati, in seguito a un’esageratarisposta del sistema nervoso simpatico a unostress. Normalmente non è causa di serie preoc-cupazioni, ma soltanto di un piccolo spaventoper il paziente e per l’odontoiatra. • Identificazione del paziente a rischio: vera-mente difficile, in quanto tali manifestazioni sonoimprevedibili e associate all’elaborazione cogniti-va del soggetto in quel particolare momento.Tuttavia, alcune volte è possibile rilevare dall’a-namnesi la presenza di abnormi reazioni emoti-ve in seguito a particolari condizioni di stress.• Clinica: il sintomo dominante è l’ansia, che

assume sempre le caratteristiche del panico conperdita di controllo, associata a sintomi somaticidrammatici. I sintomi psichici sono la paura e ilterrore, concomitanti a un senso di pericolo e dimorte imminente, a sentimenti di irrealtà e altimore di perdere il controllo e di impazzire. I sintomi a carico dell’apparato cardiorespiratoriosono in genere dominanti, ma sono presentianche altri sintomi a carattere somatico (vertigini,disturbi visivi, sudorazione profusa, parestesie,sensazioni di caldo e di freddo, tremori muscola-ri). Tra i disturbi cardiorespiratori è costante lapresenza di dispnea, senso soggettivo di soffoca-mento e palpitazioni. Estremamente frequentisono i dolori e le sensazioni di peso e di costrizio-ne toracica, spesso localizzati in sede precordiale.Queste manifestazioni possono far sospettare unapatologia organica acuta di tipo cardiaco, tantoche nel corso di un attacco di panico il pazienteviene con estrema frequenza ospedalizzato.• Obiettività: a un esame obiettivo immediato siosserva la presenza di tachicardia, di aumentodella pressione arteriosa, raramente di extrasisto-li, di midriasi pupillare.• Diagnosi differenziale: la diagnosi differenzia-le con un’emergenza cardiologica organica sibasa sull’assenza di cardiopatie all’anamnesi,sulla drammaticità dei sintomi, sulla relativaaspecificità, sulla grande influenzabilità da partedell’odontoiatra, sulla breve durata. Gli elevativalori di pressione arteriosa escludono la presen-za di un’insufficienza cardiaca acuta.• Terapia: nessuna nella maggior parte dei casi;manovre vagali (stimolazione del seno carotideoo compressione dei bulbi oculari) sono utili incaso di palpitazioni e tachicardia eccessiva. La somministrazione per via parenterale di unafiala di diazepam 10 mg è richiesta in caso dicrisi prolungata e violenta (21).

5.2 Crisi vagale

La sincope vasovagale è probabilmente la piùfrequente emergenza che si presenta nello studioodontoiatrico ed è correlata, come precedente-mente descritto, allo stress e alla paura nei con-fronti dell’odontoiatra. Normalmente non provo-ca serie preoccupazioni ma soltanto un po’ dispavento per il paziente e per l’odontoiatra.Tuttavia, nel caso si verifichi in soggetti cardio-patici, la brusca caduta del flusso coronarico ecerebrale che ne consegue può effettivamenteessere causa di gravi emergenze.

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La sincope vasovagale è il risultato di un’abnor-me stimolazione del sistema vagale cui consegueun eccessivo aumento della capacità del lettovascolare, associato alla riduzione della portatacardiaca. In una prima fase, la riduzione del san-gue circolante evoca un incremento del riflessodel tono simpatico che, attraverso vasocostrizio-ne periferica e aumento della frequenza cardiaca,riesce a mantenere un’adeguata pressione arte-riosa e quindi un adeguato flusso cerebrale. Inuna seconda fase, perdurando lo stress emozio-nale, si verifica un’improvvisa quanto “parados-sa” attenuazione del tono simpatico e un esage-rato aumento del tono vagale. La precipitosacaduta della frequenza cardiaca e delle resisten-ze periferiche porta inesorabilmente a un crollodella pressione arteriosa e quindi del flusso cere-brale. Si ha così la perdita di coscienza. Una terzafase, secondaria alla caduta a terra del soggetto,determina un artificiale aumento del flusso cere-brale con ripristino graduale delle funzioni dicoscienza. • Identificazione del paziente a rischio: difficile,in quanto spesso tali reazioni si manifestano insoggetti assolutamente normali. In soggetti predi-sposti a sviluppare sincopi vasovagali duranteemozione si può quantificare la reazione in baseall’anamnesi (esistono soggetti che sviluppanoveri e propri arresti cardiocircolatori in seguito aun ipertono vagale esagerato).• Prevenzione: esecuzione eventualmente di unafiala di atropina 1 mg endovena prima dell’inter-vento (in soggetti con cardiopatia organica sotto-stante, in cui durante la crisi vasovagale possonoinnescarsi pericolose aritmie, e in soggetti in cuil’anamnesi riferisce precedenti lipotimie esitantiin arresto cardiocircolatorio).• Clinica: ci troviamo di fronte al banale sveni-mento, preceduto da malessere generale, sbian-camento del volto, sudorazione, fino alla perditadella coscienza (mediante sollecitazioni comun-que il paziente viene riportato a uno stato dicoscienza, a differenza di quanto succede in casodi arresto cardiocircolatorio). • Obiettività: - bradicardia (calo drammatico della frequenzacardiaca rispetto ai valori basali); - ipotensione (calo drammatico della pressionearteriosa rispetto ai valori basali); - miosi pupillare (la pupilla è puntiforme).• Diagnosi differenziale: va posta con altre sin-dromi psiconeurologiche (crisi di panico, crisiisterica associata a vertigini o a perdita di

coscienza, o “assenze” neurologiche) o con statidi bassa portata da insufficienza cardiaca.Depongono per la crisi vasovagale la bradicardiaimponente (l’insufficienza cardiaca è sempreassociata a tachicardia compensatoria, le altresindromi hanno generalmente una frequenza car-diaca normale), l’ipotensione imponente (le sin-dromi psiconeurologiche sono associate a eleva-ti valori di pressione arteriosa), ma soprattutto lamiosi pupillare che è una caratteristica peculiaredell’esagerato tono vagale. Da aggiungere inoltrela negatività all’anamnesi per cardiopatie o pato-logie neurologiche.• Terapia: il paziente va messo immediatamentenella posizione di Trendelemburg (testa bassa egambe in alto). Tale posizione determina rapida-mente un aumento del flusso cerebrale e quindiil ristabilimento delle condizioni normali dicoscienza sia direttamente, attraverso l’aumentodel flusso in seguito al posizionamento del capoin una posizione più declive rispetto al livello delcuore (effetto caduta), sia conseguentementeall’incremento della portata cardiaca, secondariaall’aumento del ritorno venoso come conseguen-za dell’innalzamento degli arti e dei visceri addo-minali sopra il livello del cuore. L’aumento delritorno venoso causa aumento del riempimentodel cuore e incremento della gittata sistolica,oltre all’eliminazione dei complessi meccanismiprecedentemente illustrati che sono alla basedell’innesco della crisi. L’aumentato flusso cere-brale condiziona una ripresa immediata dellacoscienza, ma anche il ristabilimento, in tempibrevi, della normale regolazione cardiocircolato-ria da parte dei centri bulbari. In caso di lipotimia prolungata o in paziente concardiopatia è indicata la somministrazione endo-vena o, in ultima analisi, intramuscolare di unafiala di atropina 1 mg. Nei pazienti cardiopatici lacrisi vagale infatti può determinare una graveriduzione della pressione di perfusione dellecoronarie. Tale situazione, aggravata dalla bradi-cardia, può condizionare la comparsa di ische-mie ventricolari con presenza di aritmie anchegravi (22,23).

6. Il paziente diabetico

Il paziente diabetico è caratterizzato da deficitnella produzione di insulina, la cui funzione èpromuovere l’ingresso, all’interno delle cellule,del glucosio presente nel sangue.

Le emergenze mediche nello studio odontoiatrico

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Esiste un diabete di tipo I, cosiddetto giovanile,in cui il pancreas non produce più insulina e l’in-dividuo necessita della somministrazione conti-nua di insulina esogena, e un diabete di tipo II,cosiddetto dell’adulto, in cui è presente un defi-cit solo parziale di insulina e la terapia consistenella somministrazione di farmaci (antidiabeticiorali) che facilitano l’ingresso del glucosio all’in-terno delle cellule. Il deficit acuto di insulina determina una progres-siva difficoltà nell’ingresso del glucosio all’inter-no delle cellule, cui consegue una rapida reazio-ne dell’organismo, nel tentativo di rifornire lecellule di glucosio. Il sistema endocrino mette in atto una serie dieventi riflessi, che portano all’aumentata increzio-ne di alcuni ormoni (glucagone, catecolamine,corticosteroidi ecc.) definiti ormoni da stress, lacui azione fa aumentare la concentrazione di glu-cosio nel sangue (iperglicemia) così da incremen-tare il gradiente extra/intracellulare di glucosio, enello stesso tempo alla produzione di energiaattraverso l’utilizzo di altre sostanze energetiche(prevalentemente lipidi), con conseguenteaumento dei corpi chetonici (acidosi metabolica).Il progressivo aumento dell’acidosi e la progressi-va disidratazione del paziente (conseguente alladiuresi osmotica secondaria all’iperglicemia) por-tano inevitabilmente a un quadro molto grave,definito “coma diabetico”.Tuttavia, la progressione degli eventi descritti ègeneralmente lenta e richiede giorni o settimane,anche in seguito a una riduzione acuta e impor-tante dell’attività insulinica. Per questo motivo, il paziente diabetico, anchecon elevati valori di glicemia, non deve esserefonte di preoccupazione per l’odontoiatra inquanto, se giunge allo studio odontoiatrico incondizioni ottimali di salute, non potrà mai rag-giungere una situazione di coma diabetico duran-te il periodo di permanenza nello studio. Viceversa, l’emergenza che si può verificare in unsoggetto diabetico sottoposto a trattamento odon-toiatrico è un’eventuale crisi ipoglicemica, laquale può costituire anche un momento di gran-de ansia per il paziente e per l’odontoiatra (24).

6.1 Crisi ipoglicemica

Il meccanismo che sta alla base della crisi ipogli-cemica acuta è la presenza improvvisa di unosbilanciamento tra la terapia antidiabetica (insu-lina o ipoglicemizzanti orali), che tende a pro-

muovere l’ingresso del glucosio dal sangue allecellule, e la presenza di glucosio disponibileall’interno dell’intero organismo, che è la sommarisultante tra il glucosio depositato prevalente-mente nei muscoli e nel fegato sotto forma di gli-cogeno e il glucosio apportato con la dieta.Qualora i depositi di glucosio (prevalentementefegato e muscoli) siano in qualche modo defici-tari e manchi l’apporto di glucosio con la dieta,l’azione della terapia antidiabetica, tendente afacilitare il passaggio di glucosio dal sangueall’interno delle cellule, determinerà una condi-zione di ipoglicemia. Una discrepanza tra effetti della terapia antidia-betica e presenza di glucosio all’interno dell’or-ganismo si può effettivamente verificare in occa-sione di un intervento odontoiatrico, sia a causadell’eccessivo depauperamento delle scorte diglucosio nei muscoli e nel fegato da parte degliormoni dello stress nelle ore precedenti l’inter-vento e durante l’intervento stesso, sia a causaall’abitudine consolidata, da parte del paziente,di non assumere alimenti nelle ore precedentil’intervento. In tali condizioni, la normale assun-zione di insulina o ipoglicemizzanti orali puòportare alla comparsa della discrepanza sopradescritta, con una riduzione anche drammaticadella concentrazione ematica del glucosio.Contrariamente a quanto si è portati a pensare, lamaggiore emivita plasmatica degli ipoglicemiz-zanti orali rispetto a quella dell’insulina fa sì chela crisi ipoglicemica in pazienti che assumonoquesti ultimi farmaci sia molto più prolungata epiù difficile da risolvere.• Identificazione del paziente a rischio: sono arischio di crisi ipoglicemica i diabetici sia di tipoI in terapia con insulina, sia di tipo II in terapiacon farmaci ipoglicemizzanti orali.• Prevenzione: un importante ruolo riveste ilcontrollo dell’ansia, legata all’intervento odon-toiatrico, già dalla sera precedente l’intervento. Aquesto proposito può essere utile, in accordocon il medico curante, assumere una benzodia-zepina la sera prima di addormentarsi, assunzio-ne da ripetersi un’ora prima dell’intervento.Durante l’intervento dovrà essere esercitato unostretto controllo dell’ansia e del dolore.Al paziente dovrà essere raccomandato di nonmodificare nessuna delle abitudini quotidiane;dovrà cioè assumere la normale terapia antidia-betica nel dosaggio e nei tempi raccomandati enormale deve essere il consumo dei pasti. Secondo alcuni autori è consigliata addirittura la

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sospensione della terapia antidiabetica per ilgiorno dell’intervento; si sottolinea così che èpreferibile la condizione di iperglicemia rispettoal rischio di una crisi ipoglicemica.• Clinica: i sintomi dell’ipoglicemia acuta posso-no esordire improvvisamente oppure in formagraduale durante la seduta odontoiatrica. Essi sono legati, da un lato, ai sintomi secondariall’iperincrezione riflessa degli ormoni da stress,dall’altro ai segni di sofferenza cerebrale secon-dari alla riduzione dell’apporto di glucosio al cer-vello, il quale non possiede una riserva di gluco-sio e quindi dipende interamente, nelle sue fun-zioni, dal livello presente nel sangue.• Terapia: la comparsa di sintomi legati all’ipe-rincrezione degli ormoni dello stress (agitazione,tremori, sudorazione), accompagnati da crampiaddominali, sensazione di fame e obnubilamen-to del sensorio, in un diabetico in terapia farma-cologica deve sempre fare sospettare una crisiipoglicemica, la quale non deve mai essere sot-tovalutata.L’intervento odontoiatrico deve essere sospeso e,una volta esclusa la sintomatologia legata allostress dell’intervento (crisi di ansia), deve esseresomministrato glucosio sotto forma di zollette dizucchero o di soluzioni zuccherate (succhi di frut-ta ecc.). Se la situazione di ipoglicemia è diagno-sticata in tempi ragionevolmente brevi, la crisiviene prontamente risolta dopo pochi minuti dallasomministrazione del glucosio. Qualora si induginella diagnosi o nel reperimento del glucosio e ilpaziente non riesca ad assumere spontaneamentelo zucchero, può essere necessario il reperimentodi una vena per la somministrazione di soluzioneglucosata al 5% endovena o in alternativa, qualo-ra se ne sia in possesso, la somministrazione intra-muscolare di glucagone, fiale da 1 mg. Il ricovero ospedaliero in urgenza deve sempreessere programmato qualora la crisi non si risol-va rapidamente (25).

7. Il paziente endocrino

Due sono i tipi di pazienti con malattie del siste-ma endocrino che possono determinare un’emer-genza in occasione di un intervento odontoiatri-co: il paziente con una riduzione dell’attività cor-ticosurrenale (primitiva o secondaria per esem-pio a trattamenti prolungati con corticosteroidi) eil paziente con un’iperfunzionalità della ghiando-la tiroidea

7.1. Crisi ipocorticosurrenale

La crisi surrenalica è causata da un deficit di cor-tisolo e si manifesta in forma acuta, talvolta ful-minante. È un’emergenza che deve essere pron-tamente riconosciuta e trattata. È la conseguenza di una discrepanza tra fabbiso-gno acuto di corticosteroidi in occasione di unostress (nel nostro caso l’intervento odontoiatrico)e l’effettiva increzione di tali ormoni da partedella corteccia delle surrenali. Ne consegue unostato via via progressivo di inefficienza cardiocir-colatoria fino allo shock cardiovascolare, accom-pagnato e aggravato da una condizione di graveipoglicemia.Spesso il quadro sopra descritto è preceduto dasintomi generici, quali sonnolenza, nausea,vomito, dolori addominali che, se riferiti da unpaziente con ipocorticosurrenalismo nell’anam-nesi, devono allertare l’odontoiatra.• Identificazione del paziente a rischio: pazientecon iporticosurrenalismo primitivo (malattia diAddison) o secondario (pazienti in terapia daanni con farmaci cortisonici per le più svariatepatologie infiammatorie, nei quali l’inibizionedell’asse ipotalamo-surrenalico ha determinatoun’atrofia della corticosurrenale, a cui consegueuna ridotta capacità di produzione corticosteroi-dea in occasione di stress acuti).• Prevenzione: in collaborazione con il medicocurante è opportuno aumentare il dosaggio deicorticosteroidi sostitutivi già dalla sera preceden-te l’intervento. È imperativo il controllo dellostress e del dolore durante l’intervento e lasospensione dello stesso alla comparsa dei primisintomi. Utile la monitorizzazione in continuodella componente cardiocircolatoria (rilevamentodella pressione arteriosa e della frequenza car-diaca).• Terapia: la comparsa dei primi sintomi, insie-me al rilevamento di una riduzione dei parame-tri cardiovascolari, impone il ricovero ospedalie-ro e la somministrazione di metilprednisolone(fiale 20 mg endovena) e di soluzione glucosata10% endovena (26).

7.2. Crisi tireotossica

È la conseguenza di un’improvvisa iperincrezionedi ormoni tiroidei, scatenata per esempio da unostress acuto (intervento odontoiatrico). Si accom-pagna a un corteo di segni e sintomi clinici inne-scati da un maggiore afflusso di ormoni tiroidei e

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dal brusco innalzamento del tono simpatico, lega-to all’aumento della sensibilità alle catecolaminecircolanti da parte degli ormoni tiroidei.La gravità del quadro clinico è legata all’ipersol-lecitazione del sistema cardiovascolare con pos-sibile comparsa di angina e di aritmie, fino alloscompenso cardiocircolatorio.• Identificazione del paziente a rischio: ilpaziente con ipertiroidismo non ben controllatodalla terapia, previa conferma da parte del medi-co internista.• Prevenzione: il paziente affetto da ipertiroidi-smo è un paziente da considerare a rischio diemergenza cardiocircolatoria. Le procedure daadottare in via preventiva non si discostano daquelle da adottare nel paziente con cardiopatiaall’anamnesi (considerata l’estrema ipersensibilitàalle catecolamine è consigliabile non utilizzarevasocostrittori associati all’anestetico locale):- controllo della patologia di base (consulto conil medico internista);- controllo dell’ansia e del dolore (anestesia loca-le senza vasocostrittore).• Terapia: non esiste una terapia, da praticarsi inun ambulatorio odontoiatrico, atta a risolvere lasituazione di ipertiroidismo acuto. Le procedureterapeutiche sono rivolte ai diversi aspetti legatiall’emergenza cardiologica (scompenso, aritmieecc.). Il ricovero ospedaliero è imperativo (27).

8. Il paziente allergico

Nell’ambito delle reazioni spiacevoli a un’aneste-sia locale, dobbiamo distinguere la reazione chepuò essere prevista, in quanto dipendente dallecaratteristiche del farmaco, legata cioè all’azionepropria dell’anestetico o del vasocostrittore, dallareazione legata a un’iperreattività individuale,che si esprime in un’abnorme liberazione di ista-mina e di altre sostanze istamino-simili e che puòesitare in situazioni a volte drammatiche.All’interno di queste reazioni da “liberazione diistamina” dobbiamo poi distinguere due entitàcon diverse implicazioni cliniche e prognostiche: • le reazioni allergiche “vere” mediate dall’im-munoglobulina E (IgE mediate), che sono la con-seguenza di un’interazione tra allergene e anti-corpi altamente affini ai mastociti i quali,mediante una reazione “a cascata” talvolta impo-nente, possono portare a rilevanti liberazioni diistamina, indipendentemente dalla quantità diallergene introdotto.

• le reazioni “pseudo-allergiche”, le quali nonsono il risultato di una risposta immunologicaIgE mediata verso un allergene esterno, ma piut-tosto la conseguenza della liberazione di istami-na che fa seguito a un legame diretto del farma-co con i mastociti; tali reazioni sono più frequen-ti, legate strettamente al dosaggio del farmaco egeneralmente meno pericolose e meno imponen-ti delle reazioni allergiche “vere”.I fattori che condizionano l’entità di una rispostaallergica o pseudoallergica sono numerosissimi,spesso imprevedibili, legati a volte al farmaco,ma molto spesso frutto di una sensibilità assolu-tamente diversa da individuo a individuo eanche nello stesso individuo da momento amomento. Ne deriva la difficoltà nel prevedere il tipo e l’en-tità della risposta, non solo tra individuo e indi-viduo allo stesso allergene, ma anche all’internodello stesso individuo, a seconda delle modalitàe del momento dell’esposizione all’allergene. Vale la regola che, ogni qual volta il pazienteriferisce un “episodio di allergia” all’anestesialocale, prima di somministrare l’anestesia occor-re seguire un iter procedurale che preveda un’a-namnesi dettagliata al fine di esser certi che “l’al-lergia” riferita dal paziente sia effettivamente unareazione da “liberazione di istamina” e, qualora ildubbio persista, il rinvio della somministrazionedopo l’esecuzione di test diagnostici da eseguirsiin centri specializzati.Dal punto di vista statistico, una reazione allergi-ca “vera” e quindi potenzialmente pericolosa inseguito ad anestesia locale è un’evenienzaalquanto rara, mentre le reazioni avverse che siosservano in seguito ad anestesia locale sonoriconducibili a cause che nulla hanno a che farecon un’allergia nei confronti dei componentidelle tubofiale a uso odontoiatrico. Secondo i dati della letteratura, il 97-98% dellereazioni avverse all’anestesia locale è rappresen-tato da “reazioni psicogene” scatenate dallapaura e dall’ansia che affliggono il pazienteprima e durante la seduta odontoiatrica; in que-sto caso il corteo sintomatologico che ne derivaè quanto mai vario: sensazione di svenimento,agitazione, fame d’aria, visioni particolarmentestrane, formicolii ecc. Le “reazioni tossiche” direttamente legate aldosaggio dell’anestetico utilizzato e al vasoco-strittore eventualmente contenuto nella tubofialasono generalmente responsabili del rimanente 2-3% dei casi.

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Le “reazioni da liberazione di istamina”, invece,rappresentano un’eventualità veramente rara e laprobabilità di una reazione allergica “vera” èassolutamente eccezionale.Infatti, la maggior parte delle reazioni da “libera-zione di istamina” in seguito ad anestesia localesono da imputarsi a reazioni pseudoallergiche(angioedema, rash cutanei, orticaria, gonfiori,pruriti ecc.) che possono presentarsi da qualcheminuto a qualche ora dopo l’iniezione e chesono provocate dal contatto diretto dell’anesteti-co con i mastociti, ma anche dal contatto direttodell’adrenalina presente nella tubofiala o liberatain seguito allo stress per la seduta odontoiatrica.Tali reazioni, pur causando una certa preoccupa-zione per l’odontoiatra e per il paziente, sono discarsa pericolosità e soprattutto, non essendolegate a fenomeni immunitari, non necessaria-mente si possono ripetere nel tempo (28,29).Questo spiega perché il numero di episodi gravilegati a fenomeni allergici “veri” riportati nellaletteratura internazionale degli ultimi 30 annisiano circa una ventina e non di più. Tali episo-di si riferiscono ad allergie più frequentementeindirizzate verso i componenti conservanti (para-ben, metabisolfito ecc.) utilizzati nelle tubofialecontenenti vasocostrittori, mentre rarissimi sono icasi di allergia “vera” verso l’anestetico locale.Tuttavia, anche se l’“allergia” all’anestesia localelamentata dal paziente durante l’anamnesi è pro-babilmente da mettere in relazione a cause diver-se, occorre prendere in seria considerazione lapossibilità di una reazione allergica “vera” aqualche componente della tubofiala (anestetico,conservanti quali metilparaben e antiossidanti),in quanto una reazione allergica “vera” può esse-re molto pericolosa e difficile da trattare. • Identificazione del paziente a rischio: l’approc-cio iniziale a un paziente che si dichiara “allergi-co” all’anestesia locale deve includere un’anam-nesi accurata finalizzata a comprendere le mani-festazioni che si sono verificate durante il pre-sunto fenomeno allergico.Sintomi quali formicolii, giramenti di testa fino asvenimento, crampi, tremolii, palpitazioni, distur-bi visivi ecc. durante la presunta reazione allergi-ca depongono per una reazione avversa sicura-mente non in relazione a una “liberazione di ista-mina”, sia essa di natura allergica vera o pseudoal-lergica. In questo caso l’anestesia locale può esse-re praticata senza alcun dubbio o preoccupazione.La presenza di “fatica di respiro” riferita duranteil presunto fenomeno allergico impone una mag-

giore attenzione, in quanto occorre stabilire se ladispnea sia da imputarsi a una reazione psicoge-na, magari su un paziente con asma allergicariscontrata all’anamnesi, oppure a una reazionedi tipo allergico/pseudoallergico ai componentidell’anestesia locale.Sintomi riconducibili a edema della glottide(dispnea importante con sensazione di soffoca-mento), angioedema (rapida tumefazione a cari-co delle parti molli del cavo orale) o rash cuta-nei sono molto sospetti per una reazione allergi-ca o pseudoallergica.Nel caso in cui emerga dall’anamnesi la certezza(ricovero ospedaliero con accertamenti positiviper allergia all’anestetico locale), ma anche ilsolo sospetto che il paziente abbia avuto in pas-sato una manifestazione da “liberazione di ista-mina” in seguito ad anestesia locale, è consiglia-bile non praticare l’anestesia ma inviare ilpaziente dall’allergologoLa negatività ai test eseguiti dall’allergologo giu-stifica l’utilizzo dell’anestetico testato in tempibrevi, cioè di poco successivi all’esecuzione deltest.Le emergenze allergiche e pseudoallergiche cheinteressano l’odontoiatra sono quelle che si sca-tenano dopo pochi minuti dal contatto con lasostanza e, come precedentemente accennato,sono scatenate dalla liberazione, più o menomassiva, di istamina e altre sostanze le quali svol-gono azioni complesse a livello del territoriovascolare, bronchiale e cutaneo. Generalmentemeno tempo trascorre tra il contatto e l’iniziodella reazione e più grave e imponente è la rea-zione (30).

8.1 Crisi asmatica e/o edema della glottide

La liberazione di sostanze tipo istamina a livellodella laringe e a livello dell’albero respiratoriodetermina la comparsa di dispnea più o menoimponente a causa della costrizione dei bronchie dei bronchioli. La dispnea è di tipo espiratorioe deve essere differenziata dalla dispnea cardia-ca che, al contrario, è di tipo inspiratorio. Aseconda della gravità della dispnea si procederàcon diverse tappe terapeutiche: dapprima si uti-lizzeranno sostanze ad azione broncodilatatricee/o antiallergica (cortisonici) nebulizzate diretta-mente all’interno dell’apparato bronchiale(beclometasone + salbutamolo spray); in caso diinsuccesso, dopo 5-10 minuti è giustificata lasomministrazione di cortisonici (metilprednisolo-

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ne 20 mg) intramuscolo o endovena a secondadella gravità della crisi. La somministrazione diadrenalina dovrà essere riservata a situazioni cli-niche drammatiche. Analogo discorso va fattoriguardo alla tracheotomia chirurgica in caso digrave edema della glottide.

8.2 Shock anafilattico

È la conseguenza di un’imponente liberazione disostanze ad azione vascolare in grado di provo-care la morte del paziente in pochissimi minuti.La situazione clinica che si viene a determinare èla somma di due componenti, l’una cardiovasco-lare (riduzione drammatica della pressione arte-riosa) e l’altra respiratoria (asma, edema dellaglottide)La terapia deve essere immediata e si avvale del-l’uso dell’adrenalina fiale 1 mg endovena, dellatracheotomia e delle manovre di rianimazionecardiopolmonare

8.3 Orticaria

Inizia generalmente dopo alcune ore dal contat-to con l’allergene e solo raramente si manifestaall’interno dell’ambulatorio odontoiatrico. Laterapia è esclusivamente rivolta ad alleviare i sin-tomi legati al prurito e si avvale di farmaci anti-staminici, cortisonici e sedativi.

Conflitto di interessi Gli autori dichiarano di non avere nessun conflit-to di interessi.

Finanziamenti allo studio Gli autori dichiarano di non aver ricevuto finan-ziamenti istituzionali per il presente studio.

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Pervenuto in redazione nel mese di aprile 2010

Lucio MontebugnoliDipartimento di Scienze OdontostomatologicheUniversità degli Studi di Bolognavia San Vitale 5940125 [email protected]

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