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DISPENSA INTEGRATIVA
CORSO DI GEOPOLITICA E COMUNICAZIONE LM
Prof. Giuseppe Bettoni La Geopolitica Il termine geopolitica apparve per la prima volta verso la fine del Diciannovesimo secolo.
A inventarlo fu un professore svedese, Rudolf Kjéllen (1864‐1922), il quale nel suo Statem som Lifsform indicava con tale termine l’influenza che l’ambiente e i suoi fattori, come gli aspetti geografici, le forze sociali e culturali, le risorse economiche, ecc., avevano sulla politica di un determinato Stato. Nella visione del politologo, infatti, ogni Stato ha una precisa collocazione in un territorio
dotato di tratti geografici unici che non possono non influire, almeno in parte, sull’organizzazione politica, sociale, economica, militare dello Stato che su di esso sorge. Ciò che in sostanza Kjéllen tentò di fare fu, dunque, di fornirci un metodo originale e senza dubbio innovativo con il quale analizzare la politica: il suo studio doveva, a suo avviso, essere messo in relazione con i condizionamenti esercitati dai fattori spaziali e ambientali e con la localizzazione degli altri soggetti politici nel contesto internazionale. Questo ultimo aspetto è di particolare importanza in quanto mostra come nella sua analisi lo studioso svedese non intendesse semplicemente costruire una disciplina in cui la politica fosse legata all’ambiente da una mera relazione di causa‐effetto, ma aspirasse a realizzare uno studio di più ampia portata nel quale le interrelazioni tra entità politiche territorialmente definite avesse lo stesso peso delle variabili ambientali. Ne consegue, dunque, che l’analisi geopolitica è inevitabilmente condizionata dalle visioni
che i soggetti politici elaborano di queste interdipendenze nello scacchiere internazionale. È chiaro che queste interpretazioni non sono, e d’altronde non potrebbero mai essere, univoche e oggettive, in quanto la loro elaborazione è inevitabilmente, condizionata dai diritti storici di cui ognuno di tali soggetti è portatore. Questo punto, che sottolinea come l’analisi scientifica di ogni problema geopolitico sia
sempre accompagnato da visioni divergenti e contraddittorie, è stato ben affrontato da Yves Lacoste, il primo a sottolineare l’importanza e il peso della storia per la geopolitica. Per Lacoste, infatti, le interpretazioni che i soggetti politici danno alle loro relazioni nel
contesto internazionale devono necessariamente non coincidere e questo perché tali rappresentazioni non solo si fondano su dati spaziali e su situazioni storiche presenti di per sé già diverse, ma anche su visioni, interpretazioni, situazioni che vengono fondate e costruite nel passato. Si tratta in pratica della necessità di tener conto dello scorrere del tempo e degli eventi che hanno segnato l’esistenza di una data comunità influenzandone la capacità e la vocazione interpretativa. Per lo studioso francese si può considerare e definire la geopolitica come una disciplina
dall’approccio prettamente scientifico solo nella misura in cui si riesce a mettere in evidenza il carattere contraddittorio e conflittuale delle interpretazioni date dai diversi soggetti coinvolti. A ciò è inoltre necessario aggiungere che tali visioni del passato, oltre a essere ideologicamente condizionate, sono anche funzionalmente strumentalizzate poiché,
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sostanzialmente, servono a giustificare le ambizioni territoriali di uno specifico soggetto in un dato ambito.1
Viene considerata geopolitica quella situazione nella quale due o più attori politici si contendono un territorio. In questo contendere, le popolazioni che abitano il territorio conteso devono essere coinvolte in questo conflitto, attraverso l’uso degli strumenti di comunicazione di massa2. Secondo Yves Lacoste, per geopolitica bisogna intendere tutte le rivalità di potere su di un
territorio. La geopolitica non si limita ai conflitti tra gli Stati; essa analizza nello stesso modo le rivalità di potere all’interno di uno stesso Stato, di una stessa Nazione e nel quadro di procedure democratiche. Le poste in gioco territoriali di queste rivalità possono essere anche di una dimensione relativamente piccola. Quale che sia la sua estensione territoriale (planetaria, continentale, statale, regionale,
locale) e la complessità dei dati geografici (rilievo, clima, vegetazione, ripartizione della popolazione e delle attività, ecc.), una situazione geopolitica si definisce, a un dato momento di urta evoluzione storica, attraverso delle rivalità di potere di maggiore o minor momento, e attraverso dei rapporti tra forze che occupano parti diverse del territorio in questione. Per questo, ad esempio, si può parlare di “geopolitica delle periferie”, di “geopolitica della
droga”, di “geopolitica del petrolio”, ecc. Condizione essenziale però è che vi sia il coinvolgimento della popolazione. Le rivalità di potere sono anzitutto quelle tra Stati, grandi e piccoli, che si disputano il
possesso o il controllo di certi territori. Si tratta di individuarne la localizzazione precisa e le ragioni che ciascuno invoca per giustificare il conflitto, spesso legate alle risorse (appropriazione di un giacimento minerario o di una zona sottomarina non ancora esplorata, ecc.), ma talvolta anche a cause di più difficile discernimento, e che occorre nondimeno cercare di definire. Rivalità di potere, ufficiali e ufficiose, si sviluppano anche all’interno di numerosi Stati i cui
popoli, più o meno minoritari, rivendicano la propria autonomia o indipendenza. Infine, in seno a una stessa Nazione, esistono rivalità geopolitiche tra i principali partiti politici, che cercano di estendere la propria influenza nella tal regione o nel tale agglomerato, e di conquistare o conservare delle circoscrizioni elettorali. Per mostrare le ripartizioni di queste forze diverse, anche negli spazi relativamente
ristretti, occorrono delle carte chiare e suggestive, e in particolare delle carte storiche che permettano di capire l’evoluzione della situazione (attraverso i successivi tracciati delle frontiere), come pure di apprezzare “diritti storici” su un determinato territorio, di cui si dotano contraddittoriamente diversi Stati. Per capire un conflitto o una rivalità geopolitica, non basta precisare e cartografare le poste in gioco, bisogna anche cercare di comprendere le ragioni e le idee dei principali attori. Occorre sottolineare che tutte le opinioni geopolitiche che si affrontano o si confrontano,
in quanto riferite a rivalità di poteri (ufficiali o ufficiosi, attuali o potenziali) su dei territori e sugli uomini che vi abitano, sono delle rappresentazioni caricate di valori, più o meno parziali e più o meno consapevolmente di parte, relativi a situazioni reali le cui caratteristiche obiettive sono di difficile definizione. Per squalificare i rivali, alcune tesi geopolitiche si proclamano scientifiche e si riferiscono a “leggi” della storia, della natura o della geografia perché esse sembrano eterne e in grado di sfidare i secoli. Questo genere di discorso non deriva affatto dalla razionalità, né a maggior ragione dalla scienza, quando pretende di fondare un giudizio su un preteso rapporto diretto
1 Daclon M. C., Geopolitica dell’ambiente. Sostenibilità, conflitti e cambiamenti globali, Franco Angeli, Milano, 2008
2 Lacoste Y. (a cura di), Dictionnaire de géopolitique, Preambolo, pagg. 1‐35, op. cit.
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di casualità fra assiomi generali e una situazione particolare in cui si affrontano dei poteri nel quadro di una complessa evoluzione storica. Tuttavia, tali discorsi sedicenti “scientifici”, come pure le tesi storiche grossolanamente articolate, non sono da prendere alla leggera, perché hanno un potere di mobilitazione considerevole. La sola maniera scientifica di affrontare qualsiasi problema geopolitico è di porre subito in
chiaro, come principio fondamentale, che esso è espresso da rappresentazioni divergenti, contraddittorie e più o meno antagoniste3. Al principio la geopolitica entrò nel panorama delle relazioni internazionali e degli
interessi nazionali in un periodo piuttosto agitato per la scena politica occidentale: dapprima, al momento dell’unificazione della Germania, poi con l’avvento della Seconda Guerra Mondiale. In quella fase i conflitti scoppiavano per il controllo dei territori, delle popolazioni, delle materie prime e, dunque, dei mercati. Gli anni che vanno dal 1870 al 1920 sono quelli che possiamo definire della “geopolitica classica4”, in sui si formarono i concetti cardine della disciplina: quello di espansione dello stato, di frontiera, di senso dello spazio5, ecc. Nel 1945 la geopolitica fu bandita in Europa, in quanto compromessa dal nazismo che ne
fece un uso distorto e autoreferenziale, facendole, così, subire il peso di una censura morale e ideologica. In Germania, infatti, tra il 1924 e il 1944, si sviluppò un movimento di studi geopolitici che portò alla pubblicazione della rivista “Zeitschrift fur Geopolitik6”, che con l’avvento del nazismo si fece portavoce dell’espansionismo hitleriano7. Karl Haushofer8, uno dei maggiori esponenti degli studi geopolitica, definisce la geopolitica come “il fondamento
3 Lacoste Y., Che cos’è la geopolitica, accessibile all’url http://www.eurasia‐rivista.org/yves‐lacoste‐che‐cose‐
la‐geopolitica/873/ 4 Con la definizione di “geopolitica classica” si rimanda al primo periodo di formazione della disciplina,
durante il quale si andò sviluppando la struttura della stessa attraverso le teorie (sopra citate) di: F. Ratzel in Germania, H. Mackinder in Gran Bretagna, R. Kjellen in Svezia.
5 Quando si parla di “senso dello spazio” si fa solitamente riferimento alle concezioni di Karl Schmitt, teorico e giurista tedesco studioso di diritto pubblico e internazionale. Schmitt nel libro “Nomos della Terra nel diritto internazionale dello jus publicum europeaum” (Adelphi, 1991) affronta proprio il tema dello spazio e della sovranità su di esso compiendo un’indagine sui rapporti di forza e di potenza tra gli stati. Il nomos della terra è un ordinamento giuridico primordiale, secondo cui si può ottenere la terra attraverso la sua occupazione, per cui è legittimo condurre una guerra per conquistare il territorio ed averne sovranità. In “Terra e Mare. Una riflessione sulla storia del mondo” (Adelphi, 2002, pp 73‐74) egli scrive: “ogni ordinamento fondamentale è un ordinamento spaziale. Quando si parla della costituzione di un paese o di un continente,ci si riferisce al suo ordinamento fondamentale, al suo nomos. Ora, il vero, autentico ordinamento fondamentale si basa, nella sua essenza, su determinati confini e delimitazioni spaziali, su determinate misure e su una determinata spartizione della Terra. Al principio di ogni grande epoca c’è quindi una grande conquista di terra”. Dunque il senso dello spazio risulta essere un elemento fondamentale all’interno di ogni società affinché si possano comprendere i conflitti che si verificano sia a livello nazionale che internazionale, le cui cause vengono spesso celate dietro le diverse sfere della vita sociale, come ad esempio l’economia o la religione, ecc.
6 “Rivista di Geopolitica” (trad. it.) fondata negli anni venti del XX secolo da Karl Haushofer. Dall’uscita del primo numero, avvenuta nel 1924, molti specialisti di relazioni internazionali vi hanno assiduamente collaborato. Questa rivista era destinata a fornire ai diplomatici tedeschi una conoscenza quanto più approfondita possibile sui movimenti politici, economici e sociali che si verificavano nel mondo.
7 Adolf Hitler (Braunau am Inn, 1889 – Berlino, 1945) fu Furher della Germania dal 1934 al 1945. Durante la sua dittatura perseguì una politica estera aggressiva, volta ad espandere il Libensraum tedesco a scapito delle popolazioni dell’Europa orientale. Al centro dei suoi principi c’era un’utopia razzista e nazionalista: egli, infatti, credeva nell’esistenza di una razza (quella ariana) superiore e conquistatrice, i cui caratteri originari si erano conservati solo nel popolo tedesco, che andava, quindi, depurato dalla commistione con razze “inferiori”. Una volta ricostituita la propria unità in un nuovo Stato, i tedeschi avrebbero dovuto recuperare i territori perduti in passato ed espandere verso est il proprio “spazio vitale”. Si delineò così un programma estremista e guerrafondaio, che Hitler espose con chiarezza in un libro intitolato Mein Kampf, “La mia battaglia”. (Cfr. G. Sabbatucci, V. Vidotto, Il mondo contemporaneo. Dal 1848 a oggi, Roma‐Bari, Laterza, 2005, pp. 349‐350)
8 Generale e politologo tedesco (Monaco di Baviera, 1869 – Berlino, 1946), le sue idee influenzarono molto le strategie di sviluppo della Germania nazista .
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scientifico intorno all'arte dell'attività politica nella lotta per l'esistenza che conducono gli Stati rispetto alla superficie che è loro necessaria”9. Le idee fondamentali della geopolitica tedesca portarono, quindi, in discredito. Inoltre, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, più precisamente a partire dal 1947, si
scatenò una guerra fredda10, combattuta senza armi, tra i due maggiori blocchi contrapposti: il mondo “libero”, imperialista e capitalista, rappresentato dagli USA, e il mondo socialista, o più semplicemente comunista, rappresentato dall’ URSS. Per gli Stati appartenenti alle due fazioni era importante che non ne venisse indebolita la propria coesione: nel mondo socialista gli stati erano considerati pressoché fratelli grazie al socialismo11, quindi la geopolitica, fino ad allora strettamente legata ai conflitti territoriali, andava vietata; in Occidente, allo stesso modo, andava bandita la geopolitica in quanto evocatrice dei conflitti che avevano precedentemente portato a combattere così duramente le Nazioni. Altro fattore che portò a un progressivo disuso della geopolitica fu la crisi che colpì
l'Europa dopo la fine della guerra: i popoli avevano, infatti, ormai perso gran parte delle proprie risorse politiche, economiche e militari, cosicché si trovarono quasi del tutto privi di energie da confluire in temi quali l'esercizio della sovranità. In un contesto come questo le riflessioni sugli interessi nazionali e internazionali perseguibili persero immediatamente valore e la geopolitica fu man mano “messa da parte”. Il processo di reinserimento della geopolitica avvenne intorno agli anni Settanta: periodo in
cui si verificarono cruciali eventi storici in Indocina, nel violento scontro militare tra Est ed Ovest, e in Asia centrale. Il conflitto che scoppiò tra i khmer rossi e i comunisti vietnamiti, per il controllo di una parte del delta del Mekong, ebbe un eco fortissima nell’opinione pubblica mondiale e contribuì al riapparire della parola “geopolitica” per designare dei conflitti molto meno ideologici e più prettamente territoriali12. Fu, però, soprattutto dopo il 1985 che si verificò una notevole ripresa del termine inteso
come nuovo modo di vedere il mondo. La geopolitica rinacque in un momento in cui la politica
9 Dizionario di politica, a cura del Partito Nazionale Fascista, vol. II, Roma 1940, p. 250 10 Alla fine della Seconda Guerra Mondiale solo due Stati potevano, ormai, aspirare al ruolo di superpotenza:
gli Stati Uniti e l’ Unione Sovietica. Entrambi erano entità continentali e multietniche dotate di risorse naturali e di un buon apparato industriale, ciascuna portatrice di una propria cultura. Il dialogo tra due potenze andò pian piano cessando in quanto gli Stati Uniti puntavano alla ricostruzione e alla ricerca di uno stabile ordine mondiale, l’Unione Sovietica, invece, esigeva il prezzo della vittoria in termini politici, economici e di sicurezza (a causa delle perdite e devastazioni che aveva subito). Si andò così creando una irriducibile ostilità tra i due blocchi che diede origine a una guerra non guerreggiata (fredda), che durò fino al 1953. L’equilibrio fra i due blocchi si basava essenzialmente sul reciproco riconoscimento delle rispettive sfere d’influenza.
(G. Sabatucci, V. Vidotto, op. cit., pp. 445‐450) 11La comparsa del termine si data intorno agli anni venti dell’Ottocento in Francia, ma l’idea stessa che i beni
possano essere comuni e che tutti dovrebbero usufruirne in egual misura è ancora più vecchia, e potremmo addirittura trovarla negli scritti filosofici greci e latini.
Nel senso storicamente più vasto, con “socialismo” si intende ogni dottrina, teoria o ideologia che abbia come intendo quello di riorganizzare la società su basi collettivistiche e seguendo principi di uguaglianza sostanziale. In epoca moderna,invece, si fa riferimento a un sistema generalizzato di idee, valori e credenze, finalizzato a guidare i comportamenti collettivi verso un nuovo ordine politico in grado di eliminare le disuguaglianze sociali attraverso la socializzazione dei mezzi di produzione e la distribuzione delle risorse economiche.
(Per una definizione più dettagliata si rimanda al sito http://www.treccani.it/enciclopedia/socialismo/ 04/09/2011 – 11:00)
12 I conflitti territoriali si verificano essenzialmente per il possesso delle risorse economiche, naturali, spaziali, ecc. Queste risorse, generalmente definite “risorse scarse”, hanno la caratteristica di avere una disponibilità limitata, per questo motivo sono molto contese. Da sempre i popoli entrano in lotta tra loro per conquistare nuovi territori, non solo per espandere il proprio spazio, ma soprattutto per possedere e usufruire delle risorse di cui questi dispongono.
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internazionale si trasformò da un modello ideologico pressoché bipolare13, bastato sullo scontro “capitalismo contro comunismo”, che durò dal 1945 al 1991, a quello che in un certo senso può definirsi “unipolare” e che vede gli Stati Uniti come unica potenza mondiale, che grazie alla globalizzazione può imporre il proprio controllo a livello planetario. Tale assetto, però, fu nuovamente scardinato agli inizi del XXI secolo con la ricomparsa
della Russia in veste di superpotenza concorrente nelle faccende globali. Allo stesso tempo anche Cina e India, le due maggiori potenze presenti sul territorio asiatico, si pongono nel panorama mondiale come possibili sfidanti economiche e strategiche. Il mondo occidentale cessa, dunque, di rappresentare il perno centrale dello sviluppo e della cultura del mondo moderno. In questo contesto si innestano, così, nuovi equilibri nei quali va preso in considerazione anche il peso crescente che acquisiscono nazioni come il Brasile, l'Argentina e il Venezuela, le quali intrattengono buoni e importanti rapporti con Cina, Iran e Russia prefigurando in questo modo un nuovo sistema multipolare14. La geopolitica è divenuta un' esigenza molto sentita tra i potenti per orientare la politica
degli Stati e far riscoprire la propria identità a molti popoli, che assoggettati dal volere delle superpotenze stavano accusando le conseguenze di un ruolo, negli assetti mondiali, sentito come marginale: questi paesi, infatti, hanno la tendenza a praticare geopolitiche regionali nei confronti dei paesi vicini, in un contesto nel quale le loro azioni sono sempre, o quasi sempre, sostenute dalle principali potenze mondiali, acquisendo così una posizione passiva e subalterna. Si sente, in questo modo, sempre più la necessità di liberare i popoli da ogni possibile
“catena” e far si che possano conservare i propri spazi e rivendicare la loro influenza politica in un mondo globalizzato nel quale ogni voce ha la sua importanza.
Geopolitica e comunicazione Le rappresentazioni geopolitiche15 hanno una grande capacità di influire sulle percezioni,
quindi sulle scelte e sul consenso: possiedono una notevole valenza propagandistica, informativa e “disinformativa”. Proprio da questo “potere” deriva la loro importanza politica, nonché il favore che godono nei media. L'utilizzazione della geografia per giustificare il perseguimento di certi obiettivi politici ha
costituito una costante nella storia politica, non solo europea. Per questo motivo l'importanza dell'insegnamento della geografia va di pari passo con quello della storia. La geografia costituisce una disciplina indispensabile per l'analisi dei fenomeni geopolitici. Sin dalle origini i geografi sono stati, infatti, strumento del potere.
13 Dopo il 1945, negli assetti internazionali, si andò via via instaurando un sistema bipolare con a capo due
superpotenze capaci di influenzare politicamente, militarmente ed economicamente tutti gli altri Stati internazionali. Le potenze in questione erano gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, entrambe egemoni nelle proprie sfere di influenza.
14 Con il termine multipolarismo, o sistema multipolare, si intende un governo di grandi potenze su scala planetaria: dunque un mondo spartito tra alcuni grandi Stati in grado di esercitare il proprio potere a livello globale. La nascita di un mondo multipolare è la conseguenza di una doppia crisi: una crisi di risorse (gli Stati Uniti hanno iniziato ad avere difficoltà a reperire le risorse finanziarie necessarie per continuare a svolgere il ruolo di unica superpotenza globale), una crisi del modello culturale (gli Stati Uniti, infatti, in quanto società “aperta, libera” stanno perdendo sempre più interesse da parte degli altri paesi del mondo). La fine della contrapposizione bipolare e un allentamento del poter statunitense stanno dando la possibilità a vari paesi di intrecciare nuovi rapporti. Il mondo ora è un unico mercato, una singola comunità multi‐ sfaccettata.
15 Con il termine rappresentazioni geopolitiche si intende far riferimento alle cartografie che vengono prodotte per mostrare, o meglio per rappresentare graficamente determinate situazioni di carattere geopolitico, appunto, con il preciso scopo di veicolare un determinato messaggio al destinatario.
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La comunicazione sta diventando un perno centrale per chi fa geopolitica perché, proprio grazie all’uso dei mezzi di comunicazione di massa, e delle carte geografiche all’interno di questi, si può rendere noto un determinato tipo di messaggio politico piuttosto che un altro. Siamo ormai giunti nell’era della società dell’informazione16, in cui gran parte dei problemi che popolano il nostro vivere quotidiano hanno a che fare con la comunicazione in tutte le sue declinazioni. Il ruolo dei media è di particolare importanza in quanto rappresenta un elemento
fondamentale per la configurazione della carta geopolitica del mondo: attraverso il lavoro svolto dai media si costruiscono immaginari condivisi delle comunità geopolitiche, si offrono paesaggi identitari e una storia in cui riconoscersi. Ci troviamo sempre più spesso di fronte alla necessità di reperire informazioni, che siano il
più dettagliate possibile, oppure di fronte al bisogno di organizzare in modo logico e preciso, soprattutto a livello spazio‐temporale, quelle che già possediamo. Insomma, comunicare significa possedere un'adeguata conoscenza, tale da permettere di elaborare un messaggio che sia facilmente fruibile dal nostro destinatario, e che ci permetta di decodificare in modo adeguato i messaggi che, invece, ci giungono dal mondo esterno. Affinché ci sia informazione è essenziale che vi sia comunicazione, ossia che si “metta in comune”, si condivida un significato sulla base di sistemi simbolici e convenzionali che prenderanno poi la forma di linguaggi più o meno articolati. Tra gli interlocutori deve esserci reciproca intenzionalità e un certo livello di consapevolezza. In geopolitica questo concetto è di fondamentale importanza in quanto bisogna essere
sempre molto attenti a ciò che i potenti vogliono dirci attraverso le informazioni che ci trasmettono; dobbiamo essere in grado di comprendere il significato latente di ogni messaggio, di tutto ciò che ci viene comunicato, soprattutto oggi che siamo giunti in un era in cui le guerre, ormai, vengono combattute su due fronti: il terreno reale e quello della comunicazione. Il ragionamento geopolitico17 aiuta a comprendere meglio le cause, più o meno odierne, di
ogni conflitto e permette di rendere più chiare le controversie tra popolazioni rivali. Dobbiamo conoscere la storia per meglio comprendere come si è arrivati a una certa situazione, ma ancor di più dobbiamo essere in grado di osservare il presente e cogliere tutte le informazioni a noi disponibili per poter prevedere in quale direzione evolverà e per mettere in atto una propria presa di posizione a riguardo. È nostro compito fare molta attenzione a ciò che ci viene detto e presentato attraverso i
media, perché ogni informazione è filtrata dal sistema di conoscenze e credenze che struttura la società nella quale viviamo. Affinché si possa interpretare una cartografia nella sua interezza, riuscendo a comprendere
più a fondo il messaggio che veicola, bisogna tenere conto di molte componenti: innanzitutto si deve tener presente l’ente che l’ha commissionata o, comunque, gli intenti dell’autore che l’ha prodotta; di qui bisogna considerare ogni aspetto iconografico nel dettaglio e individuare la ragion d’essere di ogni elemento che compone la carta; infine la si deve contestualizzare per poter, poi, individuare le motivazioni per le quali è stata prodotta e per quale tipologia di
16 Nuova società in via di sviluppo, è caratterizzata dalla diffusione delle nuove tecnologie telematiche e
dall’affermarsi dell’informatica. Elemento principale che la contraddistingue è la rapida circolazione delle informazioni, grazie ai nuovi mezzi di comunicazione di massa, quali ad esempio internet.
17 Con il termine “ragionamento geopolitico” Yves Lacoste vuole intendere che non basta essere informati per poter comprendere quanto accade nel mondo, ma bisogna saper individuare tutte le implicazioni, a più livelli di scala, che hanno portato o porteranno al verificarsi di un dato fenomeno, in modo tale da poter osservare con un certo occhio critico le situazioni presenti e quelle future. Bisogna mettere in atto, dunque, un ragionamento, un processo analitico che tenga conto dei diversi aspetti che costituiscono ogni situazione geopolitica.
Y. Lacoste, Atlas géopolitique, LAROUSSE, 2007, pp.6‐7
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“utenti” è stata commissionata al fine di raggiungere gli scopi preposti. In geopolitica le rappresentazioni cartografiche non sono mai ingenue, ma sono, anzi, oggetto di manipolazione e strumento di comunicazione tutt’altro che di facile fruizione. Nel corso del tempo erano, infatti, divenute quasi un mezzo di comunicazione di nicchia, uno strumento riservato agli specialisti in materia, soprattutto a coloro in grado di promuovere strategie territoriali come i governanti o i burocratici. Dagli anni ’90 del secolo scorso, invece, è andato via via rinnovandosi un forte interesse per
le questioni geopolitiche in diverse parti del mondo. Questa riscoperta della geopolitica è coincisa con una riscoperta dell’elemento geografico all’interno delle dinamiche internazionali; ciò fu dovuto principalmente alle nuove aspirazioni e disponibilità economiche dei ceti medi che si poterono così avvicinare alla cultura e dunque al sapere geografico, a una maggiore diffusione della scolarizzazione e ai progressi tecnici nel campo del rilevamento e della stampa. Adottare diversi punti di vista (geografico, politico, economico, culturale, ideologico) permette di poter mostrare il reale aspetto di ciò che si sta osservando e dunque di sviluppare una conoscenza più approfondita. Centrale nell’analisi geopolitica divengono, dunque, le rappresentazioni e le percezioni che gli uomini hanno in riferimento a se stessi e al mondo in cui vivono. Per fare un esame sul rapporto fra comunicazione di massa e geopolitica occorre precisare
che quest'ultima ha sempre dedicato una grande importanza al ruolo politico della comunicazione, come dimostrano le riflessioni teoriche di autori, quali, Mahan, Mackinder, Gilpin. Oggi il principale apporto teorico per analizzare il significato geopolitico dei media è quello della cosiddetta "geopolitica critica" (O’ Tuathail – 1996). Questo approccio, emerso nel mondo anglosassone a metà degli anni Novanta del secolo scorso, ha come obiettivo principale quello di capire il discorso geopolitico, ossia, di ben interpretare il senso geopolitico del mondo. La geografia diviene così non solo una descrizione del mondo, ma una pratica di ricostruzione. I sociologi canadesi Harold Innis (1950) e Marshall McLuhan (1962) evidenziarono come i
mezzi di comunicazione, attraverso le differenti caratteristiche tecniche (stampa, televisione), potessero esercitare un impatto sugli spazi organizzati politicamente. Secondo McLuhan di particolare importanza non è ciò che viene trasmesso, ma le modalità in cui avviene la comunicazione stessa: in passato la comunicazione era connessa al trasporto, oggi l'introduzione di nuove tecniche di comunicazione consente di favorire le dimensioni delle comunità politiche18. Grazie alla stampa si formarono, infatti, sempre più un maggior numero di persone che
condividevano un certo tipo di idee, persone che si riconoscevano come membri di una comunità nazionale. Oggi i mezzi di comunicazione elettronica possono permettere il nascere di un nazionalismo "a lunga distanza", capace di andare al di fuori dei limiti dello Stato‐nazione. Tracciare un rapporto definito tra media e geopolitica è divenuto oggi, con l’avvento delle nuove tecnologie, ancora più difficile. La Cartografia La carta, strumento privilegiato della conoscenza geografica, appartiene al mondo
dell’immagine, rende visibile l’informazione. L’immagine cartografica si costruisce con un linguaggio specifico, grafico, fondato sulla percezione visuale. La carta, particolarmente in Geopolitica, deve essere chiara, immediata e d’effetto.
18 Lizza G., Geopolitica delle prossime sfide, UTET Università editore, 2011, diffusamente.
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Volendo fare un sintetico elenco delle caratteristiche comuni a tutte le tipologie di carte, possiamo evidenziare i seguenti punti. Le carte sono rappresentazioni di tutta o (molto più frequentemente) parte della superficie terrestre e di fenomeni o oggetti (naturali o artificiali) che su di essa esistono, nel senso che una carta fornisce in generale: posizioni di punti in uno spazio a due dimensioni (x, y) e attributi, che possono essere sia di tipo qualitativo che di tipo quantitativo. Inoltre, le carte sono ottenute tramite una trasformazione che consente di determinare le coordinate cartografiche dei punti di interesse a partire dalle corrispondenti coordinate misurate sulla superficie terrestre. La trasformazione cartografica è modernamente intesa come trasformazione analitica, ottenuta attraverso la soluzione di un sistema di equazioni che consente di determinare le coordinate cartografiche nel sistema di riferimento. La trasformazione cartografica può essere anche intesa nel senso geometrico di proiezione: la costruzione di alcune carte può essere cioè spiegata come trasformazione geometrica. I fenomeni e gli oggetti sono rappresentati sulle carte in modo astratto, quindi si può affermare che le carte sono astrazioni della realtà; una carta infatti rappresenta solo le informazioni necessarie al suo scopo: tali informazioni vanno classificate e semplificate per renderle più comprensibili. Per rappresentare gli elementi di interesse della realtà la cartografia fa uso di una opportuna simbologia, e in questo senso si può affermare che le carte sono rappresentazioni convenzionali19. La cartografia è il prodotto di sintesi culturale ove l’eliminazione della complessità del mondo reale è possibile grazie al ricorso a un linguaggio semiologico, oggettivo e immaginario, di facile lettura e universalmente comprensibile poiché richiama forme metaforiche fortemente radicate nella pratica quotidiana20. L'utilizzazione della geografia per giustificare il perseguimento di certi obiettivi politici ha
costituito una costante nella storia politica, non solo europea. Per questo motivo l'importanza dell'insegnamento della geografia va di pari passo con quello della storia. La geografia costituisce una disciplina indispensabile per l'analisi dei fenomeni geopolitici. Sin dalle origini i geografi sono stati, infatti, strumento del potere. La cartografia, in quanto rappresentazione della realtà fisica che ci circonda, dunque della
superficie terrestre, è stata fin dall'antichità un'esigenza sentita dall'uomo che vuole tracciare e segnare i luoghi in cui vive. Questo tipo di rappresentazione costituisce come è noto una forma di comunicazione iconica, dal momento che stabilisce con il soggetto rappresentato una correlazione di somiglianza tale che, osservando la rappresentazione l'uomo è indotto a collegarla con l'oggetto reale dal quale deriva21. Gli studiosi definiscono la cartografia come un complesso di studi e di operazioni
scientifiche, tecniche e artistiche che si mettono in atto a partire da osservazioni dirette o documentazioni, con lo scopo di elaborare carte che rappresentino un'immagine che sia il quanto più vicina possibile alla realtà. L'elemento tecnico‐scientifico è quello che oggi risulta più frequentemente d'aiuto per
studi di vario genere, non solo prettamente geografici, per la caratteristica di veridicità che conferisce alle carte. Tra gli elementi scientifici si possono menzionare le proiezioni che, basandosi su principi matematici e geometrici, permettono di riprodurre in piano e in modo piuttosto preciso la realtà. Tra le caratteristiche tecniche, invece, vi sono il rilevamento sul terreno e l'allestimento delle carte, grazie soprattutto all'uso delle strumentazioni
19 Migliaccio F., Sistemi informativi territoriali e cartografia, Maggioli Editore, Rimini, 2008, pagg. 8‐9 20 A. Catizzone, Fondamenti di cartografia, Roma, Gangemi Editore, 2007, p. 9 21A. Catizzone, op. cit., p. 9
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informatiche e dei satelliti. Esempi di carte tecnico‐scientifiche sono: la Carte de la Suisse del 1839, oppure il Massiccio del Pelvoux del 1925. L'elemento artistico, invece, è dato dalla resa grafica della carta: le prime carte, infatti,
presentavano per lo più aspetti artistici e si basavano sulle capacità artistiche del cartografo. Alcuni esempi di carte artistiche sono: la Carta Pisana del 1311, oppure il Bacino del Mediterraneo nel 1670, entrambe carte nautiche. La carta geografica è, dunque, una rappresentazione: - grafica22 - piana23 - ridotta24 - approssimata25 - simbolica26 Alla carta geografica viene spesso attribuito il valore di “metafora della conoscenza e della
comunicazione”, soprattutto per la forma di simbolizzazione che assume il disegno cartografico nel linguaggio topologico27. La conoscenza umana ha sempre avuto bisogno delle carte per georeferenziare28 dei fenomeni, degli oggetti, delle culture nello spazio che questi “abitano”.
La cartografia diviene l'espressione più alta della conoscenza perché confluiscono in essa anche interpretazioni filosofiche e cosmologiche che arricchiscono le rappresentazioni geografiche di differenti espressioni culturali29.
Da una carta topografica si può rilevare l'identità storica di un territorio, le vie di comunicazione, la presenza di vegetazione. Per capire in che cosa i metodi e i ragionamenti geografici siano indispensabili a qualsiasi
analisi geopolitica, bisogna sottolineare che, contrariamente a un'opinione assai diffusa, i fenomeni detti fisici non sono che una parte delle molteplici categorie di fenomeni presi in considerazione dalla geografia. Ogni fenomeno “cartografabile” deriva dalla geografia, che si tratti di dati geologici e della localizzazione di giacimenti petroliferi, del tracciato dei corsi d'acqua e dei rilievi, ma anche, della ripartizione della popolazione, di una determinata opinione politica, o della localizzazione delle attività economiche, ecc. Le differenti tesi geopolitiche che si affrontano utilizzano ciascuna, tale o talaltro dato geografico per provare il loro buon diritto, ed è dunque utile avere una visione di insieme e una visione precisa di ciascuno di questi dati. Così, la rivendicazione o la difesa delle “frontiere naturali” si fonda sulla presentazione delle forme del rilievo; ma ciascuna delle forze in campo sceglie come
22In quanto espressione di un tratto grafico. 23In quanto è una superficie sferica rappresentata su un piano, su una superficie bidimensionale. 24In quanto utilizza le scale numeriche o grafiche per riportare le distanze. 25In quanto la superficie sferica della Terra è viene deformata per poterla riprodurre su un piano. 26In quanto è basata su simboli che rappresentano elementi reali del territorio. 27In geografia il “codice topologico” è l’insieme dei segni di cui si serve la topologia (lo studio del paesaggio e
delle sue caratteristiche per individuare e definire i varî tipi di forme del suolo) per rappresentare i vari tipi di forme del suolo.
28Tecnica di attribuzione di coordinate geografiche a un oggetto grafico, usata nelle procedure di cartografia computerizzata e nella costruzione di basi cartografiche digitali.
www.treccani.it/enciclopedia/georeferenziazione/ (04/09/2011 ‐ 19:00) 29A. Catizzone, op. cit., p. 22.
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linea legittima, fra i tracciati dei corsi d'acqua e gli spartiacque, quello che è posto più “avanti”, in modo da estendere il proprio territorio. Lo studio delle differenti rappresentazioni e dei diversi argomenti geopolitici deve
prendere in considerazione carte attuali e carte storiche che rappresentino, per una stessa porzione di spazio terrestre, la ripartizione di queste diverse categorie di fenomeni. Presa in considerazione attenta e critica, giacché queste carte hanno origini e significati politici. Inoltre, in materia di geopolitica, l'uso delle carte è oggetto di trucchi che sfuggono ai meno esperti: ciascuna delle rappresentazioni geopolitiche che si confrontano per il controllo dello stesso territorio fonda i suoi argomenti sulla carta che meglio le conviene, mentre la tesi rivale sceglie, senza dirlo, un'altra carta che rappresenta altri fenomeni e che pare confortare le sue rivendicazioni. Queste tattiche cartografiche contraddittorie sono rese possibili dal fatto che ciascuno dei
fenomeni che isoliamo nel pensiero ha la sua particolare configurazione spaziale su una stessa porzione di territorio. Così la maggior parte dei differenti insiemi spaziali che si possono tracciare su una stessa carta per rappresentare le diverse caratteristiche di uno stesso territorio (risorse geologiche, forme del rilievo, insiemi di vegetazione, distribuzione della popolazione, ripartizione delle lingue, delle religioni, ecc.) ha dei limiti che non coincidono con quelli di altri insiemi spaziali. Questi insiemi spaziali formano una serie di intersezioni. L'analisi delle intersezioni degli insiemi è molto difficile quando tali insiemi spaziali appartengono a ordini di grandezza molto differenti. Conviene allora per comodità chiamare insiemi del primo ordine quelli che si misurano in decine di migliaia di chilometri; del secondo ordine, quelli che si misurano in centinaia di chilometri, e così via fino alle decine di chilometri, ai chilometri ecc. Il metodo è di classificare per ordine di grandezza i molteplici insiemi di qualsiasi taglia che
bisogna prendere in considerazione, che siano geologici o religiosi, e di rappresentare questi diversi ordini (dal locale al planetario) come una serie di piani sovrapposti, e per ciascuno di essi la carta che mostri le intersezioni degli insiemi di dimensioni simili, cartografati alla stessa scala. È combinando i dati che appaiono su ciascuno dei piani di un tale schema, che alcuni definiscono “multiscalare”, che si potrà condurre il ragionamento ai diversi livelli di analisi spaziale. Un tale approccio costituisce, con lo studio delle intersezioni degli insiemi, la forma più operativa, più strategica del ragionamento sui territori, cioè il ragionamento geografico nella sua definizione epistemologica più efficace. Così si possono avere rappresentazioni più complete di quelle delle parti in causa. In effetti la geopolitica non si limita all'esame delle rappresentazioni contraddittorie. Essa
deve sforzarsi di costruire una rappresentazione più globale e molto più obiettiva delle situazioni, per proporre soluzioni agli scontri in atto ma anche per cercare di prevedere gli scenari futuri30.
30 Lacoste Y., Unité et diversité du Tiers Monde: des représentations planétaires ou stratégies sur le terrain,
Edition La Découverte/Hérodote, Paris, 1984
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Specificità delle carte geografiche Caratteristiche essenziali che devono presentare le carte sono: - chiarezza, ovvero la capacità delle carte di comunicare in modo immediato e completo
le informazioni che contengono - completezza, ovvero il massimo delle informazioni che possono esprimere la realtà del
territorio secondo gli scopi richiesti dalla cartografia in questione - precisione, ovvero la corrispondenza biunivoca tra la posizione assoluta e quella
relativa degli elementi dei punti cartografici e quella che occupano nello spazio reale. Il sistema di riferimento più utilizzato per identificare i punti sulla superficie terrestre è
quello delle coordinate geografiche: latitudine, longitudine e altitudine. La latitudine e la longitudine sono angoli misurati a partire dal centro della Terra verso un
punto sulla superficie terrestre. La latitudine varia da nord a sud, la longitudine varia da est a ovest. Come si può vedere dall’immagine riportata nella pagina seguente, per rappresentarle viene generalmente costruita una griglia ideale sulla superficie terrestre. 31 Le linee della latitudine, denominate paralleli, circondano il globo attraverso anelli
paralleli; le linee della longitudine, denominate meridiani, iniziano e terminano ai due poli. Entrambe vengono tradizionalmente misurate in gradi, minuti e secondi (DMS).
L'altitudine, infine, indica la distanza, misurata lungo la verticale del punto considerato
sulla superficie terrestre, dal livello del mare. Il massiccio utilizzo, da parte degli Stati o di enti territoriali, dei documenti cartografici
come strumento d'indagine e di conoscenza del territorio, ha portato a un'ingente produzione
31Rappresentazione delle coordinate geografiche.
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di carte geografiche con svariati obiettivi: da quelli di natura prettamente geografica a scopi di cultura naturalistica e antropica, sino ai fini turistici e di progettazione urbanistica. I prodotti cartografici risultano, quindi, essere molteplici e diversi, per questo vengono
classificati in vario modo secondo: a) il contenuto b) la scala c) l'aspetto cronologico d) le modalità di esecuzione e) il fondo cartografico f) il sistema di proiezione
a) Il contenuto
I contenuti delle carte geografiche sono vari e in genere seguono obiettivi e necessità diversi a seconda degli enti che le realizzano. Sulla base di questa classificazione si possono distinguere le carte di base, generali, e le carte tematiche. Le prime rispondono all'esigenza di rappresentare la maggior quantità di informazioni sulle caratteristiche più importanti di un determinato luogo; il loro scopo è essenzialmente pratico. Le carte tematiche, invece, rappresentano temi particolari, fenomeni fisici, biologici, umani, ecc. Queste hanno come base di riferimento spaziale la carta geografica o topografica su cui vengono poi sovrapposte le informazioni necessarie per rappresentare il fenomeno richiesto. Le carte tematiche realizzabili sono praticamente illimitate e possono essere a loro volta suddivise in:
- qualitative, quando rappresentano un fenomeno nelle sue peculiari caratteristiche; - quantitative, quando mostrano la grandezza assoluta o relativa di uno o più fenomeni; - analitiche, quando riportano uno o più elementi per evidenziare dettagliatamente un
singolo fenomeno; - sintetiche, quando sintetizzano più temi mettendoli in correlazione; - statiche, quando presentano un fenomeno stabile nel tempo; - dinamiche, quando presentano un fenomeno variabile nel tempo. b) La scala
Per quanto riguarda la classificazione secondo la scala, si usa suddividere le carte in: - mappe, piani e piante (scala maggiore di 1:5000); - carte tecniche (scala compresa tra 1:5000 e 1:10.000); - carte topografiche (scala inferiore a 1:10.000e fino a 1:100.000); - carte corografiche (scala inferiore a 1:100.000 e fino a 1:1.000.000); - carte generali (scala inferiore a 1:1.000.000); - planisferi e mappamondi (rappresentano aree continentali o l’intera superficie
terrestre).
Di seguito un esempio concreto di come fare un’analisi in base alla scala:
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De nos jours, de très grandes puissances interviennent à plusieurs milliers de kilomètres de
leurs frontières dans de conflits très localisés (comme celui du Kosovo, dans l’exYougoslavie) ou dans des pays comme l’Irak, où les tensions géopolitiques étaient déjà grandes entre les différentes groups religieux ou nationaux. Aussi fautil examiner non seulement des situations géopolitiques fort éloignées les unes des autres, mais aussi de dimensions très différentes: par exemple, celle du très grand État que sont les ÉtatsUnis, qui a des enjeux très différent hors de ses frontières et dont l’armée se tient en mesure d’intervenir à 13000 km de sa capital dans un très petit État comme Israël. Il faut donc raisonner à différents niveaux d’analyse spatial. La méthode des diatopes permet d’y voir plus clair, de poser plus distinctement les
problèmes. Le plus délicat est d’envisager les interactions entre ces différent niveaux d’analyse32.
LA METHODE DES DIATOPES
[…] Je propose d’appeler “diatope33” le type de représentation schématique formée par la
superposition de cartes vues en perspective cavalière et d’échelle différentes. La carte à très petite échelle qui forme, pourraiton dire, le sommet du diatope “montre” en haut de la page (vedi schema di seguito) ce que l’on pourrai voir ou imaginer depuis un satellite d’observation terrestre. La carte qui forme en bas de la page, le bas du diatope, est à relativement grande échelle et correspond à une observation à relativement basse altitude. Entre le haut et le bas du diatope, il y a des niveaux d’observation intermédiaires. Il n’est pas obligatoire de commencer par le niveau supérieur du diatope et il est préférable de se soucier d’abord du niveau où se pose le problème le plus préoccupant. Pour reprendre la comparaison avec le pilote d’avion et ce qu’il voit à plus ou moins haute
altitude, il faut surtout s’intéresser au territoire qui est l’objet de sa mission et, ensuite, voir de plus haute pour mieux comprendre ce qui s’y passe ou aller plus bas pour avoir des informations plus précise34.
32 Y. Lacoste, op. cit., p. 10. È utile qui riportare un passo del testo di Yves Lacoste, tratto dal suo “Atlante geopolitico”, nel quale afferma
che giunti in un’era in cui le grandi potenze intervengono a migliaia di chilometri di distanza dai loro confini o in luoghi come l’Irak, dove le tensioni geopolitiche sono già internamente molto articolate, è bene esaminare le situazioni geopolitiche a diversi livelli di scala e ragionare, dunque, in base a differenti livelli di analisi spaziale.
33 Il “diatopo” è un tipo di rappresentazione cartografica costituito dalla sovrapposizione schematica di diversi piani, dal più grande al più piccolo. Questo termine trae origine dalle parole greche topos, che significa luogo, e dia, che significa separazione,distinzione e attraverso. Il diatopo in geografia può essere comparato alla diacronia in storia ed è un approccio che combina tempi brevi, medio e lungo termine in una stessa analisi; viene utilizzato essenzialmente per illustrare la complessità di diversi tipi di situazioni, le ripercussioni di una situazione su un’altra e per rendere più esplicito il groviglio di problemi che è andato maturando nel tempo.
34 Y. Lacoste, Atlas géopolitique, LAROUSSE, 2007, p. 8.
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35Y. Lacoste, op. cit., p.9.
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c) L’aspetto cronologico
Le classificazioni secondo l’aspetto cronologico fanno riferimento al grado di attualità rispetto agli oggetti o i fenomeni presi in esame. In questo senso le carte possono essere suddivise in:
- attuali, ovvero carte che riportano dati che sono ancora tutti validi; - di previsione, che riguardano la probabile evoluzione in un dato periodo; - storiche, quelle che documentano la rappresentazione di dati fenomeni precedenti
all’epoca di produzione della carta stessa; - vecchie, ovvero le carte non più attuali; - antiche, le carte che costituiscono cimeli dell’attività storica della cartografia.
d) Le modalità di esecuzione
L’acquisizione dei dati e la loro rappresentazione cartografica può avvenire secondo diverse modalità, dirette o oggetto di rielaborazione. Secondo questa duplice distinzione si possono individuare: - le carte costruite o rilevate, che sono quelle ottenute, direttamente alla scala in cui si
presentano, per mezzo di procedimenti topografici, foto grammatici di rilevamento; - le carte derivate, ovvero quelle ricavate da carte precedenti per riduzione o spoglio di
tutti i particolari attraverso una generalizzazione delle rappresentazioni degli oggetti non più compatibili con le nuove scale.
e) Il fondo cartografico
A differenza delle carte di una volta, che venivano disegnate interamente su un foglio bianco, oggi le cartografie vengono sempre più rappresentate su un’immagine fotografica del territorio. Si distinguono così: - le carte disegnate, ottenute tramite la graficizzazione su carta di tutti i dati che si
ritengono importanti per la scala e per gli scopi che vi sono alla base della rappresentazione cartografica;
- le cartografie fotografiche, realizzate per mezzo di una elaborazione molto accurata dei fotogrammi aerei in modo da annullare le deformazioni delle immagini e conseguire una buona precisione geometrica. f) Il sistema di proiezione
La difficoltà di rappresentare su di un piano la superficie convessa della terra senza che questa risulti deforme ha comportato la necessità di adottare delle transazioni geometriche che danno la possibilità di minimizzare le possibili alterazioni. A seconda del tipo di deformazione si possono ottenere carte caratteristiche diverse:
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- carte conformi (dette anche isogoniche o ortogonali), in cui si ha corrispondenza biunivoca tra angoli reali ed angoli misurati sulla carta;
- carte equidistanti, in cui la proporzionalità tra le distanze lineari misurate sulla carta e quelle misurate sul terreno è diretta;
- carte equivalenti (o autaliche), in cui si ha proporzionalità tra le distanze lineari misurate sulla carta e le corrispondenti sul terreno (carte catastali).
La simbologia cartografica
Come si è accennato in precedenza, le carte geografiche, oltre a presentare qualità come
l’approssimazione e la riduzione su scala, hanno un aspetto molto importante che è bene non tralasciare: quello simbolico. La cartografia è simbolica su due livelli: il primo, quello prettamente inerente al tratto
grafico, è il livello della forma, costituito da segni convenzionali o dall’uso di colorazioni specifiche, che rappresentano elementi fisici e antropici della Terra (come ad esempio i mari, le città, i fiumi, i rilievi, ecc.), il cui significato viene comunemente spiegato nella legenda che affianca la carta o è posta ai margini di questa. Nelle carte moderne per raffigurare uno specifico elemento sulla carta geografica si fa
ricorso a una serie di tratti ben distinti tra loro, ognuno con un proprio significato: - il tratto forte, costituito da linee molto marcate; - il tratteggio, consiste nel disporre sulla carta dei trattini a forma di triangolo esoscele
allungato, uno accanto all’altro; - la sfumatura, ovvero mettere in risalto. Ad esempio evidenziando le parti più
prominenti di un rilievo con un’ ombreggiatura di uno stesso colore, più o meno estesa; - le tinte altimetriche, consistono in variazioni di colore a seconda di uno specifico dato; - le curve di livello, dette anche isoipse, sono linee che uniscono tutti i punti aventi la
stessa altezza sul livello del mare; - i diagrammi, sono rappresentazioni grafiche utili per il confronto immediato di valori
diversi o per illustrare l’andamento di un dato fenomeno nel tempo; - i cartogrammi, consistono in rappresentazioni che indicano la distribuzione spaziale
dei fenomeni e la loro varia intensità nelle diverse parti dell’area considerata; - ideogrammi, sono figure stilizzate che richiamano immediatamente alla mente la
figura di cui si parla. Il secondo livello attraverso il quale una carta geografica esprime il suo carattere simbolico
è quello dei significati latenti che a essa sottendono, nello specifico è il livello del contenuto. Infatti, la rappresentazione simbolica non viene resa soltanto dal tratto grafico, ma anche e soprattutto dall’uso che di questo ne fa chi produce la carta o commissiona di farla per i propri scopi comunicativi. Ai fini di una comunicazione chiara e dettagliata risulta, dunque, indispensabile una buona
capacità di lettura ed interpretazione della carta per comprendere come questa sia stata costruita, in modo da saper cogliere il messaggio che questa vuole trasmettere e soprattutto in modo tale da individuare i significati sottintesi.
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La scelta di utilizzare un tipo di rappresentazione cartografica piuttosto che un’altra, di rappresentare uno specifico elemento o fenomeno geografico che si è deciso di prendere in considerazione, non è mai casuale ma sempre ben studiata, in ogni suo passaggio.
La cartografia e la soggettività del messaggio cartografico
“Persino le carte topografiche più dettagliate sono oggetto di un pensiero e di una costruzione minuziosa, ciascuno dei loro elementi è scelto con cura: alcuni vengono maggiormente evidenziati, altri scompaiono. Una simile selezione di oggetti e avvenimenti, come d’altronde la scelta delle figure che li simboleggiano, dipende esclusivamente dalla responsabilità dei produttori della carta, che vedono aprirsi innanzi a sé le porte dell’immaginazione e della creatività, ma anche quelle della menzogna e della manipolazione”.36 Dalla selezione di una variabile, in valori assoluti o relativi, dal modo di classificare i dati, dalla scelta semiologica, si può presentare una distribuzione secondo una particolare visione o, peggio, si possono veicolare in veste grafica informazioni tendenziose o false. A ciò si aggiunge l’esagerazione dimensionale di certi particolari per “drammatizzare” i fenomeni e i loro significati. Il rapporto tra la rappresentazione dello spazio geografico e il potere spesso è un rapporto molto stretto. La carta geografica è un canale che, mediante un linguaggio risultante da processi di selezione, semplificazione e simbolizzazione effettuati dal cartografo, mira alla trasmissione di messaggi riguardanti la realtà esistente, prevista o immaginata. Il passaggio dalla realtà alla rappresentazione è frutto di una mediazione compiuta dal cartografo che opera come filtro tra il reale e l’informazione contenuta ed evincibile dalle carte che realizza. Una carta non deve essere per forza di cose realistica, bensì efficace. La rappresentazione cartografica funge dunque come una leva sull’immaginario del lettore, risveglia un’immagine della realtà37. Dietro alla rappresentazione cartografica di un fenomeno c’è dunque una finalità politica. In particolare le carte tematiche sono molto in voga nel settore della politica perché rappresentano un forte strumento di comunicazione e possono essere utilizzate come oggetto di propaganda. Moltissime istituzioni pubbliche si sono dotate nel tempo di software per l’analisi geostatica con un duplice obiettivo: per agevolare l’elaborazione dei dati territoriali, spinti da una necessità di conoscenza e di ricerca di soluzioni ai problemi del territorio; per poter supportare, attraverso strumenti statistici, il loro processo decisionale. Di fronte a un elaborato cartografico, per capire cosa rappresenta una determinata carta, bisogna chiedersi allora, chi è l’autore o, meglio, a quale sfera disciplinare appartiene: a seconda di tale sfera infatti si avrà una determinata rappresentazione che vorrà mettere in risalto la finalità della ricerca. Bisogna anche interrogarsi su qual è il metodo teorico applicato per l’ottenimento dei dati rappresentati sulla carta, la scelta delle operazioni infatti viene effettuata per permettere il raggiungimento degli obiettivi fissati e quindi è fatta in funzione dei risultati che si vogliono ottenere. Infine, bisogna interrogarsi sul perché è stata prodotta una determinata carta. Ci si pone questa domanda nel momento in cui si ha la consapevolezza che dietro ogni un dato c’è una finalità specifica; una personale visione del fenomeno
36 Rekacewicz P., La cartografia tra scienza, arte e manipolazione, in Le Monde Diplomatique/ Il Manifesto,
numero 2, XIII, febbraio 2006 37 Prospettiva Internazionale, La battaglia cartografica parte 1: sionismo e cartografia, accessibile all’url
http://www. meridianionline.org/2011/06/17/la‐battaglia‐cartografica‐parte‐1‐sionismo‐e‐cartografia/
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analizzato. Si enfatizza la rappresentazione facendo emergere un determinato concetto, che diventa un vero e proprio messaggio politico. L’obiettivo di una rappresentazione cartografica è dunque quello di attribuire al risultato di un fenomeno analizzato una certa scientificità, ma le carte in sé non hanno nulla di scientifico proprio perché sono frutto di una serie di scelte. La carta geografica non rappresenta altro che l’idea del cartografo che l’ha disegnata.
Critical Cartography
Il dibattito sulla natura delle carte geografiche e sul loro utilizzo non è mai stato estraneo
all'ambito geografico; una riflessione critica sul proprio operato è sempre stata all'ordine del giorno per i cartografi. Leggere criticamente le carte permette di analizzare il rapporto dialettico dell'uomo e della natura sulla superficie terrestre, nonché l'utilizzo e la diffusione delle nuove tecnologie (GIS) in ambito geografico. All’interno della Critical Cartography numerosi autori affermano che il lavoro di
realizzazione delle carte non ha mai fine, queste vengono prodotte ininterrottamente, sono in continuo divenire grazie anche alle molteplici possibilità offerte oggi dai GIS e alla loro diffusione tra il pubblico meno esperto in materia. Le carte non sono definibili a un dato momento, né sono il solo prodotto dell’autorità politica che le commissiona; le carte sono molto di più, non si esauriscono nel supporto col quale vengono prodotte e offrono molteplici possibilità di lettura. La Critical Cartography nasce proprio per mettere in evidenza la criticità di queste, per poterle comprendere e per mettere in risalto le possibilità di uso e consumo che offrono. Le carte, quindi, devono in un certo senso essere teorizzate e analizzate come un “processo” distaccabile, reversibile, suscettibili di continue modifiche. La Critical Cartography nasce prevalentemente dai lavori di Brian Harley, specialista di
geografia storica. Secondo l’autore lo sviluppo di questa disciplina è legato anche all’ampliamento dei campi di applicazione e teorizzazione della geografia umana in generale. Egli afferma che la cartografia, come pratica, e le carte, come prodotto, sono inestricabilmente legate in sistemi di potere e conoscenza. Esattamente come lo storico, il cartografo ha sempre giocato un ruolo retorico nella configurazione del potere all’interno della società. La sua History of Cartography (1987), curata assieme a David Woodward, rappresenta un
passaggio obbligato per chiunque si occupi della materia. Si tratta difatti di un lavoro fondante nell’ambito degli studi storico‐cartografici per la rottura che esso propone rispetto agli schemi tradizionali. Come sostiene lo stesso Harley, negli anni Sessanta del Novecento, alcuni geografi ancora paragonavano la storia della cartografia alla filatelia, tanta era la sua tendenza all’enumerazione acritica di “pezzi” più o meno pregiati. L’idea di Harley e Woodward di studiare un corpus di rappresentazioni a partire dalla
preistoria e dalla protostoria, dunque precedenti la scrittura e comunque non codificabili secondo precisi concetti geometrici, aveva creato non poche polemiche, come anche l’idea di studiare le carte alla stregua di un linguaggio. Un altro aspetto innovativo di quest’opera era il tentativo di considerare non solo la cartografia europea, ma anche le diverse rappresentazioni dello spazio prodotte da altre culture. Vi è dunque la rottura con il modello eurocentrico tradizionale, funzionale alle esigenze politiche degli Stati del Vecchio Continente. A ciò si aggiunge un’idea molto ampia della definizione di “carta”. Gli scritti dello studioso inglese che hanno acceso maggiormente il dibattito, sono quelli
usciti in The New Nature of maps, comparsi solo nel 2001, ad un decennio dalla prematura scomparsa dell’autore. Dal punto di vista concettuale si parte dalla critica di un’idea positivista alla storia della cartografia, che la vedrebbe come un percorso lineare col
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progredire della “perfezione tecnica”. Per Harley, e questo è forse il principale collegamento fra la sua storia della cartografia e The New Nature of maps, la carta non è “specchio” del mondo, ma il prodotto della storia sociale, e in quanto tale necessita di essere studiata proprio in quel contesto. Arrivando a porsi il problema del potere come spiegazione, come logica interna della carta, con una analisi basata sulle sue competenze di storico molto documentato, Harley cerca di riempire quel vuoto che c’è dietro le carte. I tre punti di partenza sono la lettura della carta come: un linguaggio, che in quanto tale ha
una propria costruzione di significato e di ruolo sociale; come una iconologia leggibile su più livelli di significazione; come un prodotto anche interpretabile attraverso la sociologia del sapere di Foucault, dunque con un diretto collegamento fra potere e conoscenza. A questo proposito Harley ritiene che la funzione delle carte ricada nella categoria foucaultiana degli atti di controllo, con riferimento in particolare alla guerra, alla sorveglianza delle frontiere ed al mantenimento dell’ordine pubblico. In questo senso le carte sono un’invenzione per il controllo dello spazio, sono uno strumento del potere dello Stato. Data però la loro pretesa obiettività scientifica, le carte sono anche il sapere di un potere
dissimulato, e mancano gli strumenti concettuali per decifrare questo aspetto, visto che l’analisi che se ne fa è di solito tecnica. Harley propone dunque come strumento di indagine la decostruzione della carta per
demistificarla e rompere la pretesa di oggettività e atemporalità del prodotto cartografico. La decostruzione vuole superare la credenza di oggettività e il vuoto concettuale ed epistemologico degli ambienti anche accademici della cartografia, che per Harley procedono ancora con abbondanti “paraocchi” rispetto alla realtà sociale. Harley lo fa sulla scorta di Foucault nella definizione delle regole, e di Derrida nella
dimensione retorica. Le regole sono storicamente e culturalmente definite: a partire dal Diciassettesimo secolo hanno cominciato, segnatamente in Europa, a definirsi standard geometrici e “oggettivi”, sui quali poi a partire dal Diciannovesimo secolo hanno vigilato appositi organi istituzionali, con precisi meccanismi di esclusione di tutto quello che non segue le stesse regole geometriche, e dunque, che non è considerato “carta”, e con una serie di valutazioni basate sull’utilizzo disinvolto di categorie come “vero” e “falso”, “oggettivo” e “soggettivo”. In altri termini, la cartografia si spiega, si risolve in primo luogo con le sue regole, perché
saranno esse a venire in ultima istanza rappresentate. Regole tecniche, che derivano da una struttura politica e dal relativo modo di pensare. Poiché la decostruzione in sé non può darci tutti i contenuti di un documento allo studio, è ancora più importante che la carta venga letta come un testo il cui linguaggio è da comprendere perché con esso si può anche e soprattutto mistificare: la funzione retorica, appunto. Il potere della carta diventa quindi un concetto universale, come se si citasse un concetto
tipo “il potere della parola”, proprio per la sua capacità di costruire un potere su qualcosa o qualcuno38. Negli ultimi dieci anni all’interno della cartografia critica è nato un movimento volto al
ripensamento della carta secondo una prospettiva “post‐rappresentativa”. Si è trattato di adottare un punto di vista che non privilegi modi di pensare mimetici, i quali assumono cioè la certezza ontologica della carta come specchio del mondo, ma che al contrario destabilizzi queste nozioni. Questa nuova teorizzazione si spinge oltre la posizione di Harley. Come ha
38 Ferretti F., La «doppia voce» di Brian Harley. Immagine e potere nella storia della cartografia,
«Storicamente», 3 (2007), accessibile all’url http://www.storicamente.org/03ferretti.htm
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sottolineato Jeremy Crampton, l’approccio di Harley ha determinato un allargamento epistemologico nella carta, ma lascia ancora aperta la questione dell’ontologia della carta. Lavori più recenti hanno iniziato ad approfondire proprio l’ontologia della cartografia.
John Pickles concepisce le carte come iscrizioni, piuttosto che come rappresentazioni o costruzioni. La sua attenzione si concentra sul lavoro che le carte fanno, su come esse operano nel dare forma alla nostra comprensione del mondo e su come esse codificano questo mondo. Uno dei suoi obiettivi è dunque quello di registrare pratiche, istituzioni e discorsi delle carte e dei loro ruoli sociali all’interno dei contesti storici, sociali e politici, usando un approccio post‐strutturalista che vede le carte come oggetti complessi e non univoci, e che rifiuta la nozione di una certa “verità” data semplicemente dalla dichiarazione dell’intento ideologico. Pickles afferma che la cartografia non descrive semplicemente il mondo; essa è parte dell’interazione tra il mondo e noi stessi, pertanto descrive il mondo così come si manifesta al nostro modo di indagarlo. Pickles interpreta dunque le carte come testi instabili e complessi, testi che non sono scritti e letti in modo semplice. Piuttosto che una determinata lettura del potere delle carte che cerca di rivelarne in senso letterale l’intento autoriale e ideologico , Pickles esprime una certa cautela nell’individuare e fissare la responsabilità del cartografo, riconoscendo la natura multipla, istituzionale e contestuale del mappare. Analogamente, il potere delle carte è diffuso, detenuto da attori situati in contesti locali. “Tutti i testi sono radicati all’interno di un sistema di significazione: il significato è dialogico, polifonico e multivocale – aperto, ed esigente, un processo incessante di contestualizzazione e ricontestualizzazione”. Il suo approccio produce storie snaturate fatte di genealogie di come la cartografia è stata introdotta ed istituzionalizzata attraverso spazio e tempo come particolare forma di pratica e conoscenza scientifica. Analogamente Wood e Fels affermano che le carte non rappresentano semplicemente il
mondo: esse producono il mondo, costruendo proposizioni che sono situate nello spazio della carta. Le carte svolgono il proprio lavoro “esclamando” delle proposizioni, i due autori definiscono questo processo come “postare” informazioni sulla carta. “Postare” è l’atto per mezzo del quale un attributo è riconosciuto come valido. James Corner scrive che la teoria cartografica è stata bloccata dalla preoccupazione di
vedere le carte nei termini di ciò che esse rappresentano e vogliono dire, piuttosto che di ciò che esse fanno. Costruendo una teoria post‐strutturalista, Corner problematizza la concezione delle carte come rappresentazioni che sono separate e derivano dal territorio. Dato che i luoghi sono pianificati e costruiti sulla base delle carte, lo spazio in sé è una rappresentazione della carta, “la differenziazione tra il reale e la rappresentazione non è molto significativa”. Carte e territori sono co‐costruiti. Lo spazio è costituito, tra l’altro, da pratiche di mappatura, per cui la carta non è un riflesso del mondo, ma una sua ri‐creazione; il mappare attiva il territorio. Corner inoltre sviluppa una concezione delle carte come potenziale aperto; come strumento di possibilità; come siti dell’immaginazione e dell’azione nel mondo. Per lui le carte “ricostruiscono il territorio più e più volte, ogni volta con nuove e diverse conseguenze”. Del Casino e Hanna muovono dalle idee di Deleuze, Guattari e Judith Butler, per sostenere
che le carte sono in divenire continuo, “soggetti mobili” il cui significato emerge da pratiche socio‐spaziali d’uso che mutano con il contesto. La carta non è fissa al momento della iniziale costruzione, è in costante modificazione laddove ciascun incontro con la carta produce nuovi significati e relazioni con il mondo. Del Casino e Hanna affermano che “le carte sono sia rappresentazioni che pratiche, simultaneamente. Esse non si caratterizzano esclusivamente per il loro significato rappresentativo, né si esprimono totalmente come pratiche.” Carte e spazi sono le une e gli altri co‐prodotti attraverso pratiche spaziali che creano quello che loro chiamano “spazio della carta”, in cui è impossibile distinguere totalmente il modo in cui la carta opera nel mondo, dal modo in cui il mondo determina la forma della carta, essi sono co‐costituiti.
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Questi nuovi modi di pensare alla cartografia aprono il dibattito sull’ontologia della mappa, creando nuovi modi di comprensione, post‐rappresentativi e processuali. Si aprono nuove questioni epistemologiche, incentrate sulle pratiche di mappatura in senso ampio, piuttosto che semplicemente sul “fare la carta”, sull’ “usare la carta” o sulla natura delle carte. L’attenzione è quindi rivolta al modo in cui le carte nascono in diversi modi, per scopi diversi, e prendono forma in funzione dei diversi contesti.39 Dato che le carte non sono definite in un dato momento e non sono semplicemente il
prodotto dell’autorità politica che guida il cartografo, non è sufficiente dimostrare la sua criticabilità per comprendere quali e quante sono le possibilità offerte da una carta. Le carte devono essere teorizzate come un processo distaccabile, suscettibili di modifiche costanti. In questo senso esse permettono delle connessioni con altre rappresentazioni, con altre esperienze spaziali e territoriali. La Critical Cartography è parte di un processo di lungo periodo di critica alla cartografia
che è sfociato, fondamentalmente, in due sviluppi principali: uno teorico e uno pratico. Dal punto di vista teorico la principale critica fatta alla cartografia accademica è quella di
voler realizzare una rappresentazione della realtà che sia quanto più veritiera possibile, anche di più della realtà preesistente. Ma la Critical Cartography afferma che le carte più che rappresentare la realtà la creano. In questo senso Wood, osservando come le carte vengono prodotte e come si iscrivono nel potere, afferma che queste esprimono interessi che sono spesso avvertiti come invisibili e partecipano alla attivamente alla costruzione della conoscenza. Inoltre, Harley e Woodward affermano che “le carte sono delle rappresentazioni grafiche che facilitano la comprensione spaziale di cose, concetti, condizioni, processi o avvenimenti nel mondo umano”, pertanto queste risultano essere importanti nell’esperienza dell’uomo. Gli sviluppo teorici dunque mettono in evidenza il ruolo sociale giocato dalla cartografia, la sua etica e i suoi rapporti con il potere. Dal punto di vista pratico, invece, molti artisti indagarono su come le carte possano essere
politiche e come la cartografia possa essere interpretata come un atto politico. Si tratta di un percorso d’indagine molto lungo che cominciò con l’avanguardia dei
movimenti artistici di inizio ‘900 fino ai psicogeografi degli anni Cinquanta e Sessanta, che cercavano di proporre una cartografia come forma di resistenza alla profonda trasformazione urbana e quindi come resistenza politica. Uso strumentale della cartografia venne fatto anche grazie a quel processo di democratizzazione dell’uso della carta geografica messo in atto dai media, che hanno portato a una vera e propria cartografia culturale. Ora la cartografia non è più parte soltanto della conoscenza accademica, non è più legata al ristretto ambito universitario, ma con l’utilizzo di applicazioni opensource si presta a una pratica generica più diffusa, destinata non più solo alla geografia. Crampton ha individuato cinque possibili sviluppi che rappresentano il futuro della
ricerca per la Critical Cartography: - quello degli artisti che appropriandosi dell’uso delle carte geografiche hanno aperto
nuove possibilità di realizzazione, di lettura e di critica; - le carte metereologiche, ludiche, che permettono di mettere in rilievo il ruolo della
mobilità e del territorio nella vita quotidiana; - la cartografia militare e d’opposizione, che permette letture alternative da quelle
ufficiali di molteplici fenomeni;
39 Kitchin R., Postrepresentational cartography, Lo Squaderno, 15 marzo 2010, accessibile all’url
http://www.losquaderno.professionaldreamers.net/wp‐content/uploads/2010/02/losquaderno15.pdf
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- il map hacking, ovvero l’utilizzo delle applicazioni opensource per la cartografia in una pratica generica non destinata solamente all’ambito geografico;
- la critica teorica, che permette di criticare gli assunti per poterli mettere in una prospettiva storica.
La Critical Cartography spinge la cartografia ben oltre i suoi confini tradizionali: fa riferimento a nuovi mondi e nuove società. In questo la pratica del cartografo è eminentemente politica. Rappresentare il Mondo: commenti alle cartografie Fin’ora si è analizzato il perché possono essere prodotte delle cartografie, dove possiamo
trovarle in quanto mezzo di comunicazione, ma soprattutto si è mostrato come vengono prodotte le carte geografiche e le loro diverse tipologie. Questo però non basta la compitazione e la lettura tecnico‐formale dei simboli per comprendere una carta, ma occorre che si risalga alla “filosofia” dell’ente (o persona) che l’ha prodotta, dalla quale discende la selezione dei dati rappresentati e la realtà sottesa alla rappresentazione di quella parte del”visibile” considerata nel disegno (comunemente detta “paesaggio geografico”). Per afferrare l’invisibile, ossia le strutture portanti dei fenomeni fisico‐naturali, sociali,
economici e culturali nelle loro reciproche relazioni occorrerà diventare ricercatori, andando a indagare tutte le possibili fonti non cartografiche40. Le carte che si andranno, di seguito, ad osservare e commentare sono uno strumento per
le future41 prese di posizione, e il modo in cui vengono rappresentate non è affatto ingenuo, ma è sempre una scelta culturale, legata a una storia. Le carte geografiche esprimono una determinata visione del mondo che, attenzione!, è incompleta in quanto espressione della volontà di qualcuno, in quanto rappresentazione soggettiva e parziale del mondo. Ad esempio di quanto fin’ora affermato si andranno a mostrare le diverse rappresentazioni
dei planisferi. Le cartografie che rappresentano planisferi, infatti, vengono genericamente percepite come l’oggettiva rappresentazione della terra: sono considerate perciò come una riproduzione su scala dell’effettiva realtà. Ma a un occhio più attento, però, non risulta così semplice la situazione: infatti ogni cartografia del mondo può avere diverse interpretazioni, diversi modi di essere prodotta e dunque può offrire molteplici visioni della stessa che possono essere messe in dubbio e criticate. Elemento importante da tenere sempre presente nel corso di questa analisi è che ogni planisfero ha lo scopo di proiettare su una carta bidimensionale qualcosa che nella realtà presenta una forma sferica. Metaforicamente parlando, potremmo dire che è come sbucciare un’arancia cercando di ottenere la superficie della buccia intera, facendo soltanto un taglio per poterla aprire. Così facendo, però, sarà inevitabile non tirare la buccia e dunque deformare la superficie sferica fino a renderla piatta. A sua volta, questa superficie risulterà compressa in altre parti: questa deformazione viene definita “distorsione42” ed esistono diversi modi di distribuirla sulla superficie della carta.
40 V. Aversano, Leggere carte geografiche di ieri e di oggi. Come e perché, Gutemberg Edizioni, 2010,
Introduzione. 41 Future alla loro produzione. 42 Le rappresentazioni cartografiche sono trasformazioni geometriche da una superficie sferica a una piana.
La distorsione che si viene a creare quando riportiamo in piano la superficie sferica è dovuta al fatto che alcune zone, per riprodurre in proporzione le distanze reali, devono essere dilatate più di altre e viceversa. Esistono diversi modi di distribuire questa distorsione sulla superficie cartografica, in alcuni casi si distribuisce omogeneamente, in altri a vantaggio di una parte piuttosto che di un’altra, che sarà di conseguenza più distorta.
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È proprio questo diverso modo di distribuire la distorsione che dà origine alle diverse proiezioni.
Proiezione di Mercatore
Partiamo da un planisfero “classico”, la proiezione di Mercatore43. Questa cartografia è una delle più diffuse in Europa, utilizzata in tutti gli atlanti scolastici e
presente praticamente in ogni scuola. Nonostante sia riconosciuto il fatto che da questa visione del mondo i territori dell’emisfero Nord risultino sovradimensionati, è ancora molto utilizzata oggi. Il suo difetto principale consiste nel concentrare la distorsione prevalentemente nella
parte alta e bassa della rappresentazione: più si guarda verso i poli, più la dimensione viene distorta ingrandendosi. Inoltre, il centro della cartografia è solitamente l’Europa, in particolar modo il meridiano di Greenwich44. Questo planisfero fu fatto per i navigatori dell’epoca; ai tempi in cui furono fatti i calcoli fu
preso in considerazione il territorio più noto, più abitato, che era il centro del mondo per Mercatore, dunque l’Europa. Fu, perciò, naturale per l’autore della carta scaricare la distorsione su una parte del mondo poco nota. Così facendo, però, si è andata a creare un dimensione normale delle terre emerse situate nell’emisfero Sud, attribuendo una dimensione visiva estremamente ridotta di luoghi come il Sudamerica, l’Africa, in particolar modo se paragonati al Canada e/o alla Groenlandia.
43 Gerar de Cremer (Rupelmonde, 5 marzo 1512 – Duisburg, 2 dicembre 1594), in Italiano Gerardo Mercatore: matematico, astronomo e cartografo fiammingo.
44 Linea di longitudine passante attraverso l’Osservatorio di Greenwich in Inghilterra, corrisponde al circolo massimo meridiano avente per convenzione longitudine pari a zero.
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Proiezione di Peters
In contrapposizione alla forma che Mercatore dà alle terre emerse, la proiezione di Peters45 rappresenta il Mondo rispettando sia gli angoli sia la proporzionalità delle superfici. Entrando nel dettaglio possiamo vedere che la carta presenta una distorsione in modo alternato, ma omogeneo; si basa su una proiezione cilindrica equivalente46 e utilizza come meridiano zero di riferimento, non più quello di Greenwich, che pone l’Europa al centro del mondo, ma, la linea di cambiamento di data che passa in mezzo allo stretto di Bering; inoltre restituisce a ciascun paese la sua precisa dimensione a livello territoriale. Ma l’esatta proporzione delle superfici va a scapito dell’esattezza delle distanze facendo assumere ai continenti una forma allungata. Questa cartografia viene anche definita “vendetta del sud” in quanto, da un punto di vista
d’impatto visivo, l’emisfero Sud appare più importante rispetto alla visione di Mercatore (che dà una posizione dominante all’emisfero Nord) che molti paesi dell’emisfero Sud non accettavano in quanto percepivano minimizzata la loro importanza.
45 Arno Peters (Berlino, 22 maggio 1916 – Brema, 2 dicembre 2002). È stato uno storico e cartografo tedesco,
si interessò in particolare alle problematiche dell'equità economica e politica per tutte le popolazioni mondiali. È celebre per aver creato una nuova proiezione cartografica della terra, denominata appunto "Carta di Peters".
46 Una proiezione si definisce equivalente quando sono proporzionali le superfici rappresentate.
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Proiezione di Eckert47
Questo tipo di proiezione permette una grande precisione ed è piacevole da vedere, in quanto rispetta equamente le proporzioni dei territori. In questa cartografia l’Europa non è altro che uno dei centri del mondo. Mantenendo con precisione l’equivalenza delle aree, questa proiezione viene sempre più usata oggi per realizzare carte del mondo o, comunque, fondi cartografici sui quali produrre arte tematiche.
47Max Eckert (Chemnitz 1868 ‐ Aquisgrana 1938), geografo e cartografo tedesco, è stato uno dei maggiori
cultori della cartografia da lui considerata come scienza autonoma, basata su conoscenze matematiche, linguistiche, artistiche, ecc.
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Proiezione di Postel: “visione polare”
Questa proiezione scardina completamente gli abituali schemi mentali, prodotti a partire dal planisfero di Mercatore, secondo cui si “legge” il mondo da sinistra verso destra: partendo, a sinistra, dall’America andando verso l’estremità destra dove ci sono la Russia Asiatica, la Cina, la Nuova Zelanda. Al centro di questi due “schieramenti48” troviamo l’Europa. La proiezione di Postel, invece, ci fa vedere che le due ripartizioni (Usa/Urss), nel periodo
della guerra fredda si scontravano frontalmente, con nel mezzo il polo Nord. nel periodo della guerra fredda si è sempre avuta l’immagine del conflitto nucleare con missili balistici che andavano da una parte all’altra attraversando i cieli dell’Europa. Nella realtà dei fatti la minaccia nucleare europea era equivalente ad altri scacchieri planetari, uno tra i tanti. Questa rappresentazione polare, seppur distorcendo l’emisfero Sud, ci mostra più vicine
cose che solitamente consideriamo e siamo abituati a vedere come lontane, e ci è estremamente utile per una nuova e più completa visione dei rapporti geopolitici mondiali.
48In questo passaggio si fa riferimento al linguaggio utilizzato nel periodo della Guerra Fredda, che vede
schierate e contrapposte le due superpotenze: Usa e Urss.
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Rappresentazione Cinese
La rappresentazione del planisfero cinese è molto interessante in quanto ci mette a contatto con un diverso modo di osservare il mondo. Infatti, in questa cartografia possiamo notare come il centro non sia l’Europa, bensì il mondo pacifico dove la Cina ne è quasi il centro. Nei nostri planisferi (ad esempio quello di Mercatore) l’Oceano Pacifico è sempre
posizionato in fondo a destra, questa cartografia, invece, dà la misura della reale grandezza di questa distesa d’acqua,due volte più grande dell’ Oceano Atlantico.
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Rappresentazione Giapponese
La visione del mondo che si ha attraverso il planisfero giapponese non è quella classica a 360°, ma una veduta più ampia a 540°: la carta, infatti, presenta due continenti americani, posti ai due margini estremi. In questo modo si ha un’altra modalità di mostrare la rotondità, la continuità della Terra. Si
può immaginare di “viaggiare” andando dalla costa occidentale Sudamericana attraverso tutto il Mondo per arrivare dall’altra parte sulla costa orientale sudamericana. Questa cartografia permette, dunque, uno spostamento visivo sferico, completo, e mostra
che l’area desertica più vasta al mondo non è il Sahara, ma lo spazio di mare del Pacifico che va dalla costa Sudamericana all’Oceania. Un altro aspetto originale di questo planisfero è quello di rendere visibili i fondali marini
mettendoli in rilievo: il Giappone è un arcipelago situato su grandi fosse sottomarine, è dunque normale per un popolo di marinai e navigatori, nonché abitanti di zone dove le problematiche sismiche sono frequenti, dare importanza a un aspetto importante come le distese marine, la parte più vasta del mondo.
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Rappresentazione Australiana
Questo planisfero non è certo attendibile da un punto di vista pedagogico‐educativo della geografia, non ha una valenza scientifica, ma se non altro è bene osservarla in quanto mette chiaramente in evidenza il fatto che la posizione della Terra è arbitraria, è una convenzione data dalla consuetudine, ormai consolidata, di mettere il Polo Nord in alto e il Polo Sud in basso. Con questa cartografia gli australiani, da sempre rilegati ai margini dei planisferi, vogliono
rinforzare l’impressione della centralità dell’Australia. Una visione inusuale come questa non è necessariamente giusta o sbagliata, il posizionare
un continente piuttosto che un altro al centro della carta è una decisione soggettiva, attuata per il volere di un cartografo, e dunque può non essere universalmente condivisa.
Questo lavoro è stato redatto grazie alla cortese collaborazione della dott.ssa Isabella Tamponi dalla cui tesi di Laurea magistrale gran parte di queste pagine è stata estratta, e dalla Sig.na Fabiola Chilelli che ha contribuito a integrarla con parte del suo lavoro.