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Effetto Serra Il valor medio annuo dell'energia solare che arriva sulla superficie terrestre, se non ci fosse l'atmosfera, sarebbe pari a 342 W/m2. Questo flusso energetico, rappresenta il massimo valor medio di energia solare per unità di superficie, di cui il nostro pianeta può teoricamente disporre. Il flusso energetico realmente utilizzabile dal nostro pianeta è invece di circa 235 W/m2 in quanto parte delle radiazioni sono riflesse dall’atmosfera. Questo patrimonio energetico di cui disponiamo, permetterebbe al nostro pianeta, se non ci fosse l'atmosfera, di raggiungere al massimo una temperatura media di 19 °C sotto lo zero. La radiazione elettromagnetica che giunge dal sole è composta per la maggior parte di onde, la cui lunghezza d'onda è nella luce visibile, tra il blu ed il rosso, e più precisamente fra 0.4 e 0.7 micron. Una volta che la radiazione solare è giunta sulla superficie terrestre, essa viene assorbita dai suoli e dai mari, i quali si riscaldano aumentando la loro temperatura. Via via che aumenta la temperatura, la superficie terrestre emette energia sotto forma di calore e cioè come radiazione infrarossa (onde lunghe tra i 5 e i 25 micron), fino a quando non si stabilisce l'equilibrio, tra flusso di energia solare incidente e flusso di energia terrestre uscente verso lo spazio. L'atmosfera terrestre è una miscela di gas che possiede una proprietà caratteristica (con aria pulita e sgombra da nubi): è trasparente alla radiazione "ad onda corta", ma è opaca alla radiazione "ad onda lunga", a causa della presenza di alcuni gas come il vapor d'acqua e l'anidride carbonica che sono dei forti assorbitori ed emettitori di radiazione infrarossa a tutte le lunghezze d'onda comprese fra i 5 e i 25 micron, escluse però quelle comprese fra 9 ed 11 micron (detta "finestra dell'atmosfera"). Con il bilancio schematicamente illustrato nella figura seguente la temperatura media del nostro pianeta risulta di 15 °C. In condizioni stabili, la quantità di energia globalmente entrante nel sistema dovrebbe essere uguale a quella uscente e irradiata verso lo spazio, mantenendo la temperatura del pianeta a valori costanti. Recenti misure (Hansen et al. Science 2005) indicano che la Terra attualmente sta assorbendo 0.85 ± 0.15 W/m2 più di quello che riesce ad emettere verso lo spazio. Questo aumento definisce il “global warming” ed è imputato all’aumento delle concentrazioni di gas serra. In particolare, come riportato nei grafici seguenti, l’incremento della CO2 in atmosfera è andato aumentando costantemente negli anni a causa dell’aumento delle emissioni dei vari paesi. Negli ultimi anni, grazie ad accordi internazionali (Protocollo di Kyoto 1997 1 ) i paesi industrializzati stanno cercando di frenare questo incremento, mentre paesi emergenti (Cina, India) che non aderiscono a questi accordi contribuiscono sempre più significativamente alle emissioni di CO2 visto il loro crescente bisogno di energia. Per quantificare gli impatti di un particolare gas serra sono stati introdotti i “Global Warming Potentials” (GWPs). Si definisce come l’effetto – sia diretto che indiretto – radiativo cumulato integrato su un periodo di tempo a partire dall’emissione di un’unità di massa del gas serra rispetto al gas di riferimento (CO2 presa con valore di GWP 1). Gli effetti diretti si considerano quando il gas di per sé è un gas serra. Gli effetti indiretti si considerano quando trasformazioni chimiche coinvolgono il gas per produrre a loro volta gas serra oppure quando un gas influenza altri processi importanti ai fini dell’effetto serra come il tempo di vita di altri gas serra. Gas serra con tempo di vita in atmosfera relativamente lungo (CO2, CH4, N2O, cloro fluoro carburi) sono distribuiti nell’atmosfera e quindi si può definire un valore medio globale della loro concentrazioni. Viceversa Gas con breve tempo di vita in atmosfera (vapor d’acqua, CO, O3, NOx, aerosol) variano spazialmente ed è difficile quantificare la loro concentrazione globale media. Per questi gas non si definiscono i GWPs. Nella tabella seguente sono riportati i GWPs dei più comuni gas serra (calcolati considerando un periodo temporale di 100 anni) insieme ai tipici tempi di vita. I valori di GWP permettono di confrontare gli impatti delle emissioni di diversi gas. Si deve considerare tuttavia che l’incertezza su tali valori è circa del 35%. Questo dipende anche dalle stime sui tempi di vita in atmosfera sui vari gas. 1 Il Protocollo di Kyoto è un documento redatto e approvato nel dicembre 1997 in Giappone durante la terza sessione plenaria della Conferenza delle Parti (COP3). E’ entrato in vigore il 16 febbraio 2005 e contiene obiettivi legalmente vincolanti e decisioni sull'attuazione operativa di alcuni degli impegni della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici (United Nation Framework Convention on Climate Change). Il Protocollo impegna i paesi industrializzati e quelli a economia in transizione (i paesi dell’Est europeo) alla riduzione e alla limitazione quantificata delle emissioni di gas serra: impone infatti una riduzione complessiva del 5,2 per cento delle principali emissioni antropogeniche di gas serra nel periodo compreso tra il 2008 e il 2012. Dal Protocollo di Kyoto sono esclusi i paesi in via di sviluppo, compresi grandi paesi emergenti dell’Asia come India e Cina, per evitare di ostacolare la loro crescita economica. Il paniere di gas serra considerato nel Protocollo include sei gas: l’anidride carbonica, il metano, il protossido di azoto, i fluorocarburi idrati, i perfluorocarburi, l’esafloruro di zolfo. La riduzione complessiva del 5,2 per cento non è uguale per tutti i paesi. Per i paesi membri dell’Unione europea nel loro insieme la riduzione dovrà essere pari all’8 per cento, per gli USA al 7 per cento, per il Giappone al 6 per cento. Per il raggiungimento di questi obiettivi, i Paesi possono servirsi di diversi strumenti che intervengono sui livelli di emissioni di gas a livello locale-nazionale oppure transnazionale.

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Effetto Serra Il valor medio annuo dell'energia solare che arriva sulla superficie terrestre, se non ci fosse l'atmosfera, sarebbe pari a 342 W/m2. Questo flusso energetico, rappresenta il massimo valor medio di energia solare per unità di superficie, di cui il nostro pianeta può teoricamente disporre. Il flusso energetico realmente utilizzabile dal nostro pianeta è invece di circa 235 W/m2 in quanto parte delle radiazioni sono riflesse dall’atmosfera. Questo patrimonio energetico di cui disponiamo, permetterebbe al nostro pianeta, se non ci fosse l'atmosfera, di raggiungere al massimo una temperatura media di 19 °C sotto lo zero. La radiazione elettromagnetica che giunge dal sole è composta per la maggior parte di onde, la cui lunghezza d'onda è nella luce visibile, tra il blu ed il rosso, e più precisamente fra 0.4 e 0.7 micron. Una volta che la radiazione solare è giunta sulla superficie terrestre, essa viene assorbita dai suoli e dai mari, i quali si riscaldano aumentando la loro temperatura. Via via che aumenta la temperatura, la superficie terrestre emette energia sotto forma di calore e cioè come radiazione infrarossa (onde lunghe tra i 5 e i 25 micron), fino a quando non si stabilisce l'equilibrio, tra flusso di energia solare incidente e flusso di energia terrestre uscente verso lo spazio. L'atmosfera terrestre è una miscela di gas che possiede una proprietà caratteristica (con aria pulita e sgombra da nubi): è trasparente alla radiazione "ad onda corta", ma è opaca alla radiazione "ad onda lunga", a causa della presenza di alcuni gas come il vapor d'acqua e l'anidride carbonica che sono dei forti assorbitori ed emettitori di radiazione infrarossa a tutte le lunghezze d'onda comprese fra i 5 e i 25 micron, escluse però quelle comprese fra 9 ed 11 micron (detta "finestra dell'atmosfera"). Con il bilancio schematicamente illustrato nella figura seguente la temperatura media del nostro pianeta risulta di 15 °C. In condizioni stabili, la quantità di energia globalmente entrante nel sistema dovrebbe essere uguale a quella uscente e irradiata verso lo spazio, mantenendo la temperatura del pianeta a valori costanti. Recenti misure (Hansen et al. Science 2005) indicano che la Terra attualmente sta assorbendo 0.85 ± 0.15 W/m2 più di quello che riesce ad emettere verso lo spazio. Questo aumento definisce il “global warming” ed è imputato all’aumento delle concentrazioni di gas serra. In particolare, come riportato nei grafici seguenti, l’incremento della CO2 in atmosfera è andato aumentando costantemente negli anni a causa dell’aumento delle emissioni dei vari paesi. Negli ultimi anni, grazie ad accordi internazionali (Protocollo di Kyoto 19971) i paesi industrializzati stanno cercando di frenare questo incremento, mentre paesi emergenti (Cina, India) che non aderiscono a questi accordi contribuiscono sempre più significativamente alle emissioni di CO2 visto il loro crescente bisogno di energia. Per quantificare gli impatti di un particolare gas serra sono stati introdotti i “Global Warming Potentials” (GWPs). Si definisce come l’effetto – sia diretto che indiretto – radiativo cumulato integrato su un periodo di tempo a partire dall’emissione di un’unità di massa del gas serra rispetto al gas di riferimento (CO2 presa con valore di GWP 1). Gli effetti diretti si considerano quando il gas di per sé è un gas serra. Gli effetti indiretti si considerano quando trasformazioni chimiche coinvolgono il gas per produrre a loro volta gas serra oppure quando un gas influenza altri processi importanti ai fini dell’effetto serra come il tempo di vita di altri gas serra. Gas serra con tempo di vita in atmosfera relativamente lungo (CO2, CH4, N2O, cloro fluoro carburi) sono distribuiti nell’atmosfera e quindi si può definire un valore medio globale della loro concentrazioni. Viceversa Gas con breve tempo di vita in atmosfera (vapor d’acqua, CO, O3, NOx, aerosol) variano spazialmente ed è difficile quantificare la loro concentrazione globale media. Per questi gas non si definiscono i GWPs. Nella tabella seguente sono riportati i GWPs dei più comuni gas serra (calcolati considerando un periodo temporale di 100 anni) insieme ai tipici tempi di vita. I valori di GWP permettono di confrontare gli impatti delle emissioni di diversi gas. Si deve considerare tuttavia che l’incertezza su tali valori è circa del 35%. Questo dipende anche dalle stime sui tempi di vita in atmosfera sui vari gas.

1 Il Protocollo di Kyoto è un documento redatto e approvato nel dicembre 1997 in Giappone durante la terza sessione plenaria della Conferenza delle Parti (COP3). E’ entrato in vigore il 16 febbraio 2005 e contiene obiettivi legalmente vincolanti e decisioni sull'attuazione operativa di alcuni degli impegni della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici (United Nation Framework Convention on Climate Change). Il Protocollo impegna i paesi industrializzati e quelli a economia in transizione (i paesi dell’Est europeo) alla riduzione e alla limitazione quantificata delle emissioni di gas serra: impone infatti una riduzione complessiva del 5,2 per cento delle principali emissioni antropogeniche di gas serra nel periodo compreso tra il 2008 e il 2012. Dal Protocollo di Kyoto sono esclusi i paesi in via di sviluppo, compresi grandi paesi emergenti dell’Asia come India e Cina, per evitare di ostacolare la loro crescita economica. Il paniere di gas serra considerato nel Protocollo include sei gas: l’anidride carbonica, il metano, il protossido di azoto, i fluorocarburi idrati, i perfluorocarburi, l’esafloruro di zolfo. La riduzione complessiva del 5,2 per cento non è uguale per tutti i paesi. Per i paesi membri dell’Unione europea nel loro insieme la riduzione dovrà essere pari all’8 per cento, per gli USA al 7 per cento, per il Giappone al 6 per cento. Per il raggiungimento di questi obiettivi, i Paesi possono servirsi di diversi strumenti che intervengono sui livelli di emissioni di gas a livello locale-nazionale oppure transnazionale.

168

67

107

radiazione solare (onde corte) 342 W/m2 gas serra

in atmosfera 452

40

radiazione riflessa finestra dell’atmosfera

195

324 radiazione infrarossa

(onde lunghe)

Schema di bilancio termico del sistema Terra

Concentrazione media globale di CO2 e Global Warmig Potentials and CH4 in atmosfera (a) e loro incremento (b) Atmospheric Lifetimes (Years)

Emissioni di CO2 negli anni, paesi e settori responsabili

Cattura e sequestro della CO2 Poiché il settore della produzione energetica è il maggior imputato nelle emissioni di CO2, la ricerca si sta muovendo verso la cattura e il sequestro della CO2. L’obiettivo è di mettere a punto un processo che permetta di catturare la CO2 dai fumi di scarico degli impianti che utilizzano combustibile fossile in maniera efficiente ed economica. Questa operazione è molto costosa sia dal punto di vista energetico sia dal punto di vista impiantistico. Si possono considerare diversi approcci a seconda del contesto in cui si opera: * tecniche convenzionali: - assorbimento con solventi (MEA, DEA) - adsorbimento su carboni attivi, zeoliti, ... - separazione criogenica a basse temperature - separazione mediante membrane * tecniche innovative: - nuovi sistemi di combustione (oxyfuel combustion, Chemical Looping

Combustion, Steam Reforming/Gasification)

- tecniche innovative per la cattura di CO2 (Integrated Gasification Combined Cycle, Dual-Alkali approach, Sistemi combinati SOFT/GT)

Una volta catturata la CO2 deve essere riutilizzata (processi di produzione di idrocarburi, alcoli o altri combustibili a partire da CO2 e H2 CO2-Free; produzione di intermedi di reazione non pericolosi nell’industria dei polimeri e dei pesticidi) oppure sequestrata. Nel secondo caso, la CO2 viene compressa fino alla liquefazione e trasportata da un sistema di tubi al sito del sequestro, dove è pompata nel sottosuolo. A partire dagli 800 metri di profondità le condizioni di pressione la mantengono liquida, e scegliendo il sito con le caratteristiche mineralogiche e geologiche giuste (giacimenti di olio e gas esausti, acquiferi salini profondi), viene intrappolata definitivamente. Da decenni, soprattutto in America, si pratica l'iniezione dell'anidride carbonica all'interno di giacimenti di petrolio per migliorarne il rendimento. La CO2, infatti, da un lato aiuta a mantenere il giacimento in pressione, dall'altro "lava" la roccia come un solvente, favorendo il distacco del petrolio.

CO2 sequestration options

Analisi sistemi di combustione Separazione post-combustione La CO2 è rimossa dai fumi di scarico prodotti dalla combustione delle risorse primarie. Il contenuto di CO2 è piuttosto modesto (10-15% in volume) in quanto i fumi sono costituiti principalmente da azoto, introdotto con l’aria di combustione. La separazione viene in genere effettuata mediante assorbimento con solventi organici come monoetanolammina (MEA).

Separazione pre-combustione Il metodo pre-combustione prevede la combustione della risorsa primaria con aria o ossigeno per produrre una miscela di gas costituiti principalmente da CO e H2 (syngas) che viene inviata in un reattore di shift. In questo reattore si massimizza la produzione di H2 e si converte il monossido di carbonio in CO2 mediante la reazione di CO con vapore. Tra questi sistemi si possono considerare anche l’ossidazione parziale e il reforming autotermico. Si ottiene così una corrente gassosa costituita da H2O e CO2 che possono essere quindi separati. Il processo pre-combustione è più elaborato e costoso di quello post-combustione, ma permette di raggiungere concentrazioni di CO2 più elevate di quest’ultimo (fino a 60% su base secca). Inoltre le elevate pressioni alle quali si opera consentono una separazione più efficiente. Questa tecnica permette inoltre la produzione di idrogeno e si adatta molto bene all’integrazione in impianti di tipo IGCC. Come svantaggio, il processo è molto più complesso e richiede una sezione di separazione dell’aria (che è una unità molto “energivora”).

Oxy-fuel combustion Anche questa tecnologia prevede l’utilizzo di ossigeno puro come comburente nella combustione del combustibile fossile. La sostituzione dell’aria con l’ossigeno permette di ridurre o eliminare completamente l’azoto alimentato al combustore e quindi di produrre gas di scarico ad elevata concentrazione di CO2. Per fare questo è necessario ricircolare parte dei fumi (per limitare la temperatura interna al combustore). Essi sono costituiti da vapor d’acqua e da CO2 e la concentrazione di quest’ultima è di circa l’80% in volume. Il vapore acqueo viene rimosso per raffreddamento e compressione della corrente gassosa. Un sistema di questo tipo prevede dunque la presenza di un’unità di separazione dell’aria a monte dell’impianto di combustione che permetta di ottenere ossigeno con una purezza del 95-99 %. I vantaggi di questa tecnologia sono: - Riduzione dei costi di separazione; - Riduzione di carbone incombusto; - Aumento dell’efficienza termica dell’impianto per via della diminuzione del volume degli inerti; - Riduzione degli NOx nei fumi.

Nello schema seguente sono confrontate le tre opzioni di combustione con cattura di CO2. In particolare sono riportate le efficienze termiche (valutate per combustione di gas naturale) del processo di riferimento (ref. che varia tra 56 e 58%) confrontate con il medesimo includendo i sistemi di cattura della CO2 secondo il sistema post-combustione (A), combustione oxyfuel (B) e pre-combustione (C). In generale, tutte le tecnologie considerate abbassano notevolmente l’efficienza anche più di 10 punti percentuali (Wolf 2004). Oltre all’efficienza tuttavia, vanno considerati i costi di impianto e la possibilità di ri-utilizzo o sequestro della CO2 separata.

Gassificazione La gasificazione consiste nel trasformare un combustibile solido in un combustibile gassoso attraverso parziale ossidazione, reazioni con agenti gasificanti (H2O, CO2) o processi pirolitici. I prodotti principali sono CO, CO2, H2, CH4. A seconda delle condizioni usate si influisce sulla qualità del gas prodotto. La parziale ossidazione con aria dà un gas diluito con azoto a basso potere calorifico (circa 5 MJ/Nmc). Usando ossigeno invece dell’aria si aumenta il potere calorifico (10-12 MJ/Nmc) ma è un processo molto più costoso. La steam gasification fa aumentare la qualità del gas (15-20 MJ/Nmc) ma richiede calore dall’esterno per cui è necessario affiancare al gasificatore un combustore che brucerà parte del combustibile. Il gas prodotto può essere utilizzato come gas di sintesi (syngas) per processi chimici (produzione di metanolo o di ammoniaca, nel qual caso la presenza di azoto è invece necessaria), come combustibile gassoso in alternativa al gas naturale, come base da passare a separazioni e conversioni successive per la produzione di H2 o CH4. Come nella combustione, si possono distinguere due fasi principali per il solido: • devolatilizzazione (che è la fase più veloce, libera i volatili e lascia un residuo solido detto char) • gasificazione del char (che è la fase più lenta del processo). Anche in fase gas si hanno reazioni (tar cracking) che favoriscono la formazione di composti leggeri. Le reazioni più importanti nel caso di steam gasification sono le seguenti:

La composizione e la qualità del gas prodotto dipende dalla composizione del combustibile solido, dal rapporto fra combustibile e H2O alimentata (ed eventualmente anche dell’O2 che può essere alimentato per una parziale ossidazione del combustibile che fornisce il calore necessario al processo), la temperatura (più alta che nella pirolisi), la pressione e la presenza di catalizzatori. Il problema più importante nella gasificazione è la rimozione del tar. Il gas prodotto deve essere depurato da composti condensabili che possono compromettere la funzionalità delle turbine nella generazione di energia. Per questo in un processo di gasificazione si prevedono delle unità di cracking (termico o catalitico) per l’abbattimento del tar. La gasificazione è un processo molto versatile per quanto riguarda sia l’alimentazione dei combustibili solidi di partenza, sia la distribuzione dei prodotti che può fornire (energia, syngas, combustibili gassosi trasportabili, H2). In genere si opera con impianti in pressione per cui gli impianti hanno minori dimensioni, costi di impianto minori e maggiore efficienza nell’abbattimento di inquinanti. Il processo di gasificazione risulta quindi più “pulito” e può essere più efficiente del processo di combustione. Risulta decisamente competitivo se integrato in cicli combinati (IGCC, Integrated Gasification Combined Cycle). La composizione e la qualità del gas prodotto dipende dalla composizione del combustibile solido, dal rapporto fra combustibile e H2O alimentata (ed eventualmente anche dell’O2 che può essere

Devolatilization: fuel ⇒ char + volatiles (tar + gas)

Heterogeneous reactions:

C + φO2 ⇒ 2(1- φ)CO + (2 φ-1)CO2

C + H2O ⇔ H2 + CO

C + 2H2 ⇔ CH4

C + CO2 ⇒ 2CO

Homogeneous reactions:

CO + H2O ⇔ H2 + CO2 (water shift reaction)

H2 + 1/2 O2 ⇒ H2O

CO + 1/2O2 ⇒ CO2

CH4 + 2O2 ⇒ CO2 +2H2O

CO + 3H2 ⇔ CH4 + H2O

tar cracking

alimentato per una parziale ossidazione del combustibile che fornisce il calore necessario al processo), la temperatura (più alta che nella pirolisi), la pressione e la presenza di catalizzatori. Il problema più importante nella gasificazione è la rimozione del tar. Il gas prodotto deve essere depurato da composti condensabili che possono compromettere la funzionalità delle turbine nella generazione di energia. Per questo in un processo di gasificazione si prevedono delle unità di cracking (termico o catalitico) per l’abbattimento del tar. Il processo di gassificazione permette di utilizzare i combustibili solidi (carbone ma anche residui di raffineria, sabbie bituminose, biomasse e residui agricoli/alimentare) in maniera efficiente (soprattutto se integrato in un ciclo combinato) anche rispetto alla combustione diretta del combustibile e con minor impatto ambientale. In generale si può ritenere che il processo di gassificazione è molto versatile per quanto riguarda il combustibile (anche miscele di combustibili). Consente inoltre una depurazione degli effluenti più semplice, sia per le condizioni pressurizzate (si opera tra i 20 e 60 bar) sia per le condizioni (riducenti e non ossidanti). Gli inquinanti da abbattere si possono classificare secondo: * contaminanti gassosi: principalmente COS, H2S, NH3, HCN, HCl * Composti carboniosi condensabili (tar) * Metalli pesanti (Mercurio,….) * Alcali e polveri La massima purezza è indispensabile quando il syngas è utilizzato in tutti i processi catalitici che fanno uso di catalizzatori selettivi: produzione di metanolo o di altri idrocarburi combustibili (generalmente indicati col nome di synfuels) o H2 destinato a celle a combustibile. Infatti anche il gas di sintesi – con eventuali trattamenti - può essere impiegato in modo più efficiente e flessibile rispetto ad un combustibile solido, può essere trasportato facilmente, permette di ottenere anche chemicals (CO e H2 possono essere reagenti per molti processi della chimica organica) e idrogeno secondo gli schemi riportati di seguito.

Gasification scheme options

Tipi di gassificatori disponibili: 1. Gassificatori a letto fisso 2. Gassificatori a letto fluido 3. Gassificatori a letto trascinato

Gassificatori a letto fisso I gassificatori a letto fisso sono utilizzati generalmente per impianti di piccola/media taglia, si adattano bene a combustibili di granulometria varia (da particelle grandi – biomassa – a relativamente fini) e possono essere: • Updraft, a tiraggio superiore, detti anche controcorrente • Downdraft, a tiraggio inferiore o equicorrente • Crossdraft, a tiraggio incrociato

Schema di gassificatore updraft

Gassificatori a letto fluido In questi gassificatori i combustibili solidi risultano sospesi (BFB) o circolati (CFB) in un flusso di gas. Se la condizione di esercizio é pressurizzata (come conviene per l’alimentazione di turbogas) si parla di gassificatori PFB. Il letto sospeso si comporta (se il tempi di residenza del gas é adeguato; si adotta spesso un ricircolo intensivo) in modo molto simile ad un reattore chimico omogeneo di tipo “perfectly stirred”; la velocità del gas é tipicamente compresa tra 0,7 e 2 m/s; si possono impiegare combustibili dalle dimensioni variabili, che sono sospesi nella colonna di gas ascendente insieme ad un solido inerte che favorisce lo scambio termico all’interno del letto. Il solido inerte è generalmente sabbia silicea, ma possono essere aggiunti catalizzatori opportuni (ad esempio, per limitare la formazione dei tar, modificare la composizione del syngas, o ridurre la formazione di inquinanti, come composti dello zolfo, o della CO2). Nei gassificatori a letto fluido circolante (CFB) la miscela bisfase gas/solido non é stratificata con due fasi di densità nettamente diversa, ma si ha un progressivo incremento della fase gassosa salendo verso l’alto; la velocità di fluidizzazione é più elevata (3-5 m/s); il gassificatore assume la forma di una lunga colonna ascendente. I CFB sono adatti a potenzialità elevate, ma richiedono una granulometria fine delle particelle solide (inerte e combustibile solido).

Gassificatori a letto trascinato Sono adatti per elevate potenzialità, e richiedono combustibile finemente polverizzato (bassi tempi di residenza, trascinamento fluido delle ceneri prodotte visto le temperature estremamente elevate – T> 1400 °C per cui richiedono senz’altro la separazione dell’aria per alimentare ossigeno). Il syngas prodotto deve essere raffreddato sia con recupero termico (di tipo radiativo viste letemperature) o con quench (ad acqua o a gas) prima dei trattamenti di pulizia e di conversione del gas.

Accoppiamento tra gassificatore e ciclo combinato L’evoluzione verso un impianto IGCC (Integrated Gassifier Combined Cycle) é un passo naturale per i futuri impianti a ciclo combinato, in vista di un progressivo aumento del costo del gas naturale, ed in considerazione delle ampie disponibilità di carbone a costi limitati. L’accoppiamento gassificatore / ciclo combinato risulta complicato da due fattori: 1) la necessità di una forte integrazione di processo; il gassificatore produce vapore e utilizza altri gas tecnici (Azoto, Ossigeno), che – ai fini dell’ottimizzazione dell’impianto – devono trovare un impiego con recupero energetico all’interno del processo di conversione dell’energia 2) la necessità di effettuare la depurazione del syngas (tars, specie acide, polveri) Per i Tars, a parte la soluzione del quench in acqua che ne produce la condensazione (con necessità di successiva separazione dal liquido), sono in fase di studio avanzato sistemi di conversione catalitica a caldo (“cracking”) in idrocarburi leggeri. La rimozione delle specie acide viene di norma effettuata con assorbimento in solventi fisici (Selexol, Rectisol, Purisol; marchi registrati) od in solventi chimici (miscele di ammine in fase acquosa; MEA, MDEA).

IGCC scheme

Chemical Looping Combustion Con questa tecnica si cerca di controllare le emissioni di CO2 di processi di Steam-Reforming di combustibili fossili. Il principio è sempre quello di aumentare la concentrazione della CO2 nei fumi per ridurre i costi di separazione. La CLC prevede l’utilizzo di due reattori: uno a combustibile e uno ad aria. Nel primo il combustibile viene parzialmente ossidato utilizzando un ossido metallico, che ha la funzione di trasportare l’O2 dall’aria al combustibile, e acqua. Si ottiene allora una miscela di CO2, CO, H2 e H2O che viene inviata ad un reattore dove CO, reagendo con H2O, è convertito in CO2 e H2. CO2 e H2 vengono separati per via fisica. L’ossido metallico ridotto viene inviato al reattore ad aria dove si ri-ossida rigenerandosi. I reattori sono collegati mediante letto fluido, che ricircolano il vettore dell’ossigeno (oxygen carrier) che trasferisce l’ossigeno dall’aria (ricevendolo nel reattore di combustione) al combustibile (nel reattore di riduzione), ma evitando il contatto diretto tra combustibile e aria. La CO2 viene separata dal resto dei gas di scarico N2 e O2. Non ci sono costi di separazione dell’aria, aumenta così l’efficienza di impianto. Un altro vantaggio è che la combustione avviene senza fiamma, non si formano quindi NOx. Tra i vettori di ossigeno, i più applicati sono ossidi di ferro, rame, nichel e manganese. Occorre inoltre che tali vettori siano supportati per resistere alle alte temperature richieste (sopra 800°C) e agli sforzi meccanici per il trasporto pneumatico da un reattore all’altro. L’ossido di nichel si usa per esempio in combinazione con l’allumina (Al2O3) che permette di ottenere degli alluminati calcinati liberi dall’acqua (che diminuirebbe lo scambio di materia tra la fase solida e la fase gassosa). Le reazioni principali che avvengono sono le seguenti: fuel + NiO → CO2 + H2O + Ni (fuel reactor) Ni + O2 + N2 → NiO + N2 (air reactor) fuel + O2 → CO2 + H2O (reazione globale) La maggior parte delle applicazioni CLC è stata fatta usando metano o gas naturale come combustibile. Ci sono comunque degli studi che considerano il syngas prodotto dalla gassificazione del carbone come combustibile nel reattore CLC. La reazione diretta tra carbone e il vettore dell’ossigeno è comprensibilmente troppo lenta per poter essere applicata in uno schema CLC.

Schema di gassificazione dual-bed Una soluzione molto interessante e simile per certi versi alla CLC è quella di usare due letti fluidi comunicanti (uno che funzione come gassificatore e l’altro come combustore) che scambiano solo la fase solida. In questo schema di processo, sono alimentate al gasificatore a letto fluido una portata di carbone e una di vapore (che agisce sia da agente gasificante sia da gas di fluidizzazione). Il calore necessario al processo è fornito utilizzando un vettore termico inerte, ad esempio sabbia, che viene ricircolata insieme a parte del char (che non ha reagito nel gassificatore) a un secondo letto che funziona da combustore. In questo reattore si alimenta aria che brucia il char e riscalda la sabbia. A sua volta questa viene alimentata al gassificatore trasferendo il suo contenuto termico. Con questa soluzione come si vede dallo schema riportato in figura seguente, i due reattori scambiano solo il solido mentre i flussi gassosi sono separati. Quindi il syngas prodotto non è diluito dall’azoto dell’aria e non si richiede un’unità di separazione dell’aria.

Sand

20°C

Ash

to heat recovery and gas clean up

sections

COMBUSTOR

PYROLYSIS/ GASIFICATION

REACTOR

Exhaust (to heat recovery)

Char+Sand

Air

Fluidization Gas (from clean gas section)

Coal

INDIRECT GASIFICATION

SCHEME

Steam

Energie rinnovabili Per limitare l’emissione di CO2 e in generale l’impatto ambientale si possono considerare le fonti rinnovabili per la produzione di energia. In particolare per le biomasse si possono considerare diversi processi che forniscono sia energia elettrica, sia combustibili liquidi e gassosi e anche chemicals fino ad arrivare al concetto di bio-raffineria (che prevede di utilizzare la biomassa al posto del petrolio per la sintesi di composti chimici). Vengono riportate di seguito alcune opzione di utilizzo della biomassa in schemi di bioraffineria e per la produzione di biodiesel.

Schema per la produzione di biodiesel

IDROGENO L'idrogeno è l'elemento più leggero e abbondante dell'universo. È tuttavia assai raro sulla Terra allo stato elementare, a causa della sua estrema volatilità. Per poterne disporre in quantità industrialmente utili occorre pertanto estrarlo dai composti che lo contengono in abbondanza (ad esempio l’acqua contiene circa il 12% in peso di H2, carbone 4-6%, gas naturale 25% e benzine circa il 12%) utilizzando una fonte di energia esterna. Per questo motivo l’idrogeno, al pari dell’elettricità, deve essere considerato un vettore energetico, piuttosto che una fonte energetica primaria. L'interesse per il suo impiego come combustibile, tanto per applicazioni industriali quanto per l’autotrazione, deriva dal fatto che l'inquinamento prodotto dall’idrogeno è quasi nullo. Se usato in sistemi a combustione produce, infatti, soltanto vapore acqueo e tracce di ossidi di azoto; mentre produce solo vapore acqueo, se viene utilizzato con sistemi elettrochimici (celle a combustibile). L’idrogeno può essere prodotto da fonti energetiche primarie, come carbone, gas naturale, biomasse, rifiuti, energia solare, eolica o nucleare. Nonostante gli indiscutibili vantaggi ottenibili impiegando l’idrogeno come vettore energetico, esistono ancora molte problematiche da risolvere riguardanti l’intero ciclo di vita del prodotto, in particolar modo la produzione, il trasporto, lo stoccaggio e l’utilizzo; ad esempio al contrario dei sistemi di distribuzione di benzina, gasolio e gas naturale, le infrastrutture per la distribuzione su larga scala di idrogeno attualmente non esistono per cui la loro costruzione richiederà investimenti molto elevati. In figura 1.1 è presentato uno scenario futuro ipotetico di ciclo di vita dell’idrogeno in cui esso è utilizzato come vettore energetico principale. In particolare, si fa notare che l’accoppiamento del sistema di produzione dell’idrogeno con sistemi di cattura e sequestro della CO2 costituiscono un efficiente scenario a basso impatto ambientale.

Confinamento CO2

Eolico, PV

Solare

Biomasse

Carbone

Nucleare

Petrolio

Gas naturale

Fossili

Rinnovabili

Gassificazione

Reforming

Reforming

Elettrolisi

Gassificazione

Processi termochimici

Processi termochimici

FontiConversione ad emissioni zero Utilizzo

CO2

CO2

Residenziale

Altro

Industria

Generazione

potenza

distribuita

IDROGENO

Idrogenodotti

Richiede accumulo e

distribuzione H2

Trasporto

Confinamento CO2

Eolico, PVEolico, PV

SolareSolare

BiomasseBiomasse

Carbone

Nucleare

Petrolio

Gas naturale

Fossili

Rinnovabili

GassificazioneGassificazione

ReformingReforming

ReformingReforming

ElettrolisiElettrolisi

GassificazioneGassificazione

Processi termochimiciProcessi

termochimici

Processi termochimiciProcessi

termochimici

FontiConversione ad emissioni zero Utilizzo

CO2

CO2

ResidenzialeResidenziale

AltroAltro

IndustriaIndustria

Generazione

potenza

distribuita

Generazione

potenza

distribuita

IDROGENOIDROGENO

Idrogenodotti

Richiede accumulo e

distribuzione H2

TrasportoTrasporto

Schema dei principali processi di produzione di idrogeno