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RIVISTA di Anno II n. 3 Primavera 2005 - € 10,00 EQUIPèCO trimestrale di ricerca e documentazione artistica e culturale_www.rivistadiequipeco.it LABORATORIO DI MESSAGGI_ARTI VISIVE_IDEE CARTE

EQUIPèCO 3

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Carmine Mario Muliere Editore

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RRIIVVIISSTTAA ddii AAnnnnoo IIII nn.. 33 PPrriimmaavveerraa 22000055 -- !! 1100,,0000

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LLAABBOORRAATTOORRIIOO DDII MMEESSSSAAGGGGII__AARRTTII VVIISSIIVVEE__IIDDEEEE

CARTE

Mastran

toni

Musica

Antica

Gl.CrucianiQuello cheè in alto

Collaboratori di questo numero Anno II n. 3 Primavera 2005

SOMMARIO

MulièreI Coloridel Bianco

Giordano

Pirofilo

Racconto

IanniLetteratura

Il Costante

MayrMusiche

Miti

Musica

Il coloreè rosso

Binga

Viscardi

e le Arti

Duchamp

CavannaArcheologia

RIVISTA di EQUIPèCO_Autunno-Inverno 2004

Laboratorio

diMess

aggi

Civita

Edito

riale

De Belvis

Architettura

GF.CrucianiTeatro

Genova

FrankRobert

Isocrate

D’OrtenzioDenis

Fondata e diretta da Carmine Mario MulièreREDAZIONE AMMINISTRAZIONE PUBBLICITÀ

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Adinolfi

Qi Gong

Editore e Direttore responsabile: C. M. Mulière. Grafica e impaginazione: mcm art&copy.Stampa: Grafiche Effesei, Grosseto. Abbonamento: annuale (4 numeri) 34,00Estero: 54,00 e può decorrere da qualsiasinumero. Versamento ContoBancoPosta n.56774979 intestato a Carmine Mario Mulière ,C. P. 49 - 00030 S. Cesareo (RM). Registro Tribunale di Tivoli n.11 del 15-7-04. Il materiale pervenuto, anche se non pubblicato,non verrà restituito. Distribuzione edicole: a cura dell’editore.Distribuzione librerie: Joo Distribuzione, Via F.

Argelati, 35 Milano.© copyright: è vietata la riproduzione di scritti eimmagini; sono consentite brevi citazioni indi-cando la fonte. Le opinioni degli autori impe-gnano soltanto la loro responsabilità e nonrispecchiano necessariamente quella della dire-zione della rivista. Per quanto riguarda i diritti diriproduzione, l’editore si dichiara disponibile aregolare eventuali spettanze per quelle immagi-ni di cui non sia stato possibile reperire la fonte. Illustrazioni: Archivio Rivista di Equipèco:Courtesy: MLAC - Museo Laboratorio di ArteContemporanea - Università La Sapienza,

Roma; MIFAV - Università Tor Vergata, Roma;Uff.stampa Musei Vaticani; Uff.stampa Mostra L.Fontana - CLP Relazioni Pubbliche, Milano;Uff.stampa Festivalsenzafrontiere e MassimoStancanelli; Fondazione G.P. da Palestrina;Circolo Culturale Prenestino “R. Simeoni” e ProLoco Palestrina; Timoteo Salomone; FlorianoCavanna; Augusto Mastrantoni; VincenzoAdinolfi; Nicola Frangione; Daniela D’Ortenzio;Saramicol Viscardi; Luca Miti; Albert Mayr; AnnaZilli; Claudio Mazzenga; Piera Ianni; PaoloCivita; Gianluca e Gian Franco Cruciani;Luciano de Belvis.

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L’altra parte

LuxLekunda

OrlandiBellobono

Città delmondoPalestrina

MuseiMinuz

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Festivalsenza

Frontiere

UMANIMollica

istantanee diSalomone

INTERFACCE

Lux-Zeuli

LigasTosi

Intervistaa

Christo dell’arte

COLLEGAMENTIATEMPORALI

“Adunque la pittura è da essere preposta a tutte le operazioni,perché contenitrice di tutte le forme che sono,

e di quelle che non sono in natura”(Leonardo da Vinci)

Mulière, Collegamentiatemporali, t.m. nell’acetato cm 77107,7, 1995

Queste parole di Leonardo condensano l’alta qualità peculiare ad una osservazione che sconfina daimargini della riproduzione delle forme per individuare gli argini della creatività. Le ribadisco perchémi aiutano a chiarire quel che ho visto ed ho cercato di esprimere con i lavori raccolti nella temati-

ca La forma che deve venire e che voglio innestare negli editoriali - per rendere nota la mia ricerca che, sedagli inizi figurativi non celava gli aspetti interiori, oggi è manifestamente essenziale, infatti, è configuratanei Collegamentiatemporali.Quindi, se la pittura tratta le forme codificate e quelle da codificare, è un medium che spazia fuori e den-tro la forma. In questo modo, la forma è sostenuta dalla sostanza e viceversa. Ciò vale per poter dire con-sapevolmente che la sostanza del visibile è compresa nell’invisibile. Allo stesso modo possiamo asserire chela massima “chi ha tempo non aspetti tempo”, è un'affermazione astratta benché risulti sostanziata dalla pos-sibilità di poter essere attualizzata. Da questa prospettiva assume rilievo assoluto la certezza contenuta nel-l’approfondimento che culmina in un consiglio - che, se condiviso, non può lasciare dubbio perché è ine-sorabilmente esatto. La riflessione su e nel Tempo ci ha indicato la scelta delle stagioni per accordarsi alritmo dell’anno, che

«è come del preciso contorno d’una stellasfarsi del fulgore che l’avvolge

il quantoraffermato nelle qualitative vibrazionil’esaurirsi d’un estasi per l’uragano

che l’investe o un sogno coagulato per concentrazione di sostanza

presto dileguato in moltitudini di brani sono immagini

d’una bellezza come forma di totalitàeppure che tormento in questa successione

d’attimi la rosa breve che vorresti nella densità

interminabile». (*)

(*) Giulio PROSPERI PORTA, l’attimo la rosa la meteora - cap.III, L’Essere e il Tempo, LAUDA ORFICA, Variazioni sulla bellezza; in coper-tina e all’interno 9 disegni di C.M.Mulière, Ed. Lo Faro, Roma 1984.

RIVISTA di EQUIPèCO_Primavera 2005

EDITORIALE

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Fra le molte tappe marcate dalla specie umananel suo uscire dal buio della preistoria, unadelle più importanti potrebbe scherzosamente

essere così descritta: ad un certo punto, il Sig. Grunte la Sig.ra Shriek si decisero per un appuntamento inFratta Grande il giorno X alle ore Y; non essendodegli sprovveduti, si accorsero subito che, per nonrischiare di darsi buca l’un l’altra, avrebbero fattomeglio a dotarsi di unpaio di utili strumenti: ilcalendario e l’orologio.In questo numero cioccuperemo della pri-ma di queste due inven-zioni e ne tracceremo letappe fondamentalisegnate nel corso dellavicenda umana.Il voler individuare rela-zioni geometrico-mate-matiche atte a prevede-re il succedersi dellestagioni ed altri feno-meni ciclici di lungoperiodo, rappresenta inmodo efficace l’esigen-za di “possedere” iltempo su larga scala,un fondamentale moto-re sociale e culturaleper qualunque popola-zione in ogni epoca, siaper le sue implicazionidi ordine pratico (sul-l’ordinamento della vitaagricola, la scansionedegli eventi collettivi politici, bellici, ecc.) che per ilsuo ruolo fondamentale nella vita religiosa (la stessacostituzione di una casta sacerdotale è stata spessostoricamente legata alle capacità di prevedere even-ti-chiave quali il sorgere eliaco (v. nota 1) di stelle ecostellazioni principali o, più tardi e solo per i popo-li più evoluti nella scienza astronomica, il prodursi diun’eclisse di Sole o di Luna). Una trattazione a parte,poi, meriterebbe la spiegazione (o meglio, l’insiemedelle ipotesi esplicative) dell’importanza acquisita dalciclo lunare e della sua relazione (approssimata) conquello propriamente femminile, con tutto il relativocarico simbologico ed i possibili legami con la nasci-ta delle paleosocietà matriarcali; ma questo è com-pito per antropologi ed archeosociologi, quindi lotralasciamo in questa sede. Va, invece, subito chiari-ta la ragione per cui trovare una misura appropriatae conveniente nello scandire il moto di rivoluzioneterrestre (oppure quello solare, se si resta nella pro-

spettiva cosiddetta geocentrica, cioè ispirata ad unacosmologia in cui la Terra è il centro dell’Universo)non è affatto banale: si tratta della sostanzialeincommensurabilità fra i periodi orbitali dei duecorpi celesti di riferimento (la Terra, ovvero il Sole, ela Luna), nonché fra questi e quello del moto di rota-zione terrestre attorno al proprio asse, il “giorno”(dotato di varie definizioni, a seconda del riferimen-

to angolare adottato).Questo significa cheentro l’intervallo ditempo che rappresentauno o più anni non puòtrascorrere una quantitàesatta di giorni o di“mesi” (associati almoto lunare), ed è per-tanto necessario che,dopo un tempo più omeno lungo, un aggiu-stamento contabileriporti più o meno inarmonia i diversi com-puti orbitali (v. nota 2).Nella classificazione deidifferenti tipi di calen-dario, un aspetto di pri-maria importanza ècostituito dall’astro il cuimoto apparente costi-tuisce riferimento per ilcalcolo dei periodi tem-porali.In tal senso si hanno:* calendari solari, basa-ti sull’individuazione

dell’anno tropico e sulla sua suddivisione regolare;* calendari lunisolari, composti da mesi di duratavariabile, entro un anno tropico;* calendari lunari, riferiti alle lunazioni mensili eperiodicamente riallineati al ciclo stagionale;* calendari elio-stellari, basati sulle stagioni malegati, in date fondamentali, al sorgere eliaco o alpassaggio allo zenit (il culmine dell’arco notturno) diastri particolari, quali la stella Sirio (la più luminosa,dopo il Sole);* calendari planetari o stellari, di natura prettamenterituale, che prendono a riferimento i moti planetariquali quello di Venere, o di configurazioni tipiche distelle, costellazioni o gruppi notevoli, come lePleiadi.È chiaro che tale scelta dipende, essenzialmente, dafattori culturali generali. Ad esempio, un popolopreistorico di allevatori/raccoglitori, essendo princi-palmente interessato all’individuazione di scadenze

Quello che è in Alto - ScientificaMente

RIVISTA di EQUIPèCO_Primavera 2005 3

Misurare il tempo - 1. Note sul calendariodi Gianluca Cruciani

stagionali, prenderà come riferimento principale ilSole, considerando i differenti punti del suo sorgereall’orizzonte da un riferimento fisso conveniente(un’altura in un paesaggio altrimenti pianeggiante, ocomunque un luogo provvisto di una visuale suffi-cientemente sgombra) approntando un sistema ditraguardi con dei massi opportunamente disposti incircolo: praticamente, abbiamo così sommariamen-te descritto la famosa installazione di Stonehenge, ilcui scopo principale si ritiene essere stato per l’ap-punto quello di costituire un osservatorio calendaria-le per esigenze rituali ma anche “civili”.Venendo all’epoca Storica, molte delle prime grandiciviltà hanno attraversato fasi diverse, dal punto divista dell’organizzazione del calendario. Quella egi-zia, ad esempio. Nella sua fase elio-stellare, il sorge-re eliaco di Sotis (Sirio) fu scelto come evento-origi-ne del computo annuale, per la sua relazione con lepiene del Nilo, che determinavano altresì la divisio-ne stagionale distinguendo i macro-mesi Akhet (rife-rito al periodo di inondazione), Peret (lo stato di pre-carietà che ne seguiva) e Shomu (il tempo del raccol-to delle messi dai campi pervasi dal fertile limo); ma,in origine, il calendario era lunare ed era compostoda 12 mesi di 29 e 30 giorni che iniziavano con laluna nuova. L’anno, dunque, durava 354 giorni edera, quindi, necessario aggiungere un mese ogni treanni. All’inizio del III millennio a.C. fu redatto uncalendario lunisolare che è considerato l’ispiratore

del nostro, essendo stato, più tardi, in parte adottatodai greci: l’anno civile (“vago”) durava 365 giorniraggruppati in 12 mesi da 30 giorni ciascuno, con 5giorni supplementari. Il riallineamento al sorgere diSirio era su base quadriennale ma gli astronomi egiziavevano già chiaro che non era comunque sufficien-te a periodizzare con precisione le stagioni, che siriaccordavano al calendario ogni 1460 anni vaghi,formando il “grande anno cinico” o “sotiaco”.Un’acquisizione relativamente recente dell’archeolo-gia astronomica è la constatazione che anche laciviltà celtica poteva usufruire di un calendario pro-prio. Si trattava di un classico calendario lunare didodici mesi (non divisi in 6 da 30 e 6 da 29 giorni,però, bensì in 7 da 30 e 5 da 29, secondo alcuni perfacilitare la predizione delle eclissi di Luna) con sup-plemento quinquennale di due mesi di 30 giorni.Il calendario cinese tradizionale, attribuito al monar-ca Hwang Te e che sarebbe da collocare addiritturanel 27° sec. a.C., è di tipo lunisolare e segue undoppio ciclo. Uno è di tipo denominativo con perio-do 60, nel senso che ogni anno viene indicato condue termini (“tronco celeste” e “radice terrestre”)variabili in un doppio range di, rispettivamente, 10 e12 elementi (60 è, per l’appunto, il minimo comunemultiplo di 10 e 12 e segna l’intervallo di ricorrenzadi una medesima coppia di nomi). Mentre i tronchicelesti sono intraducibili, le radici terrestri sono asso-ciate ad animali dal valore simbolico, che darebbe-ro una sorta di “carattere” all’anno: Ze (anno deltopo), Chu (del bue), Yin (della tigre), Maou (dellalepre), Shin (del drago), Se (del serpente), Wu (delcavallo), We (della pecora), Shin (della scimmia), Yu(del gallo), Seou (del cane), Hai (del maiale). Per lacronaca, l’anno corrispondente al 2005 (che haavuto inizio lo scorso 9 febbraio) è associato alsecondo tronco celeste ed alla decima radice terre-stre (“Yi Yu”) ed è il ventitreesimo del settantottesimoperiodo. Il ciclo più prettamente lunisolare, invece,

RIVISTA di EQUIPèCO_Primavera 20054

che determina l’organizzazione interna diogni anno, è piuttosto complesso: puòconstare di anni di 353, 354 o 355 giornisuddivisi in 12 mesi e da anni (generica-mente chiamati embolismatici (v. nota 3) oembolismici) di 383, 384 o 385 giornisuddivisi in 13 mesi, in uno schema (chetiene conto anche della posizione del solenello zodiaco cinese, anch’esso di 12segni) della durata complessiva di 19anni, che riporta in accordo il computodelle lunazioni con quello stagionale.La civiltà Maya può dirsi soprattutto nota,ai giorni nostri, oltre che per la pratica deisacrifici umani rituali, per la complessitàdella sua organizzazione calendariale. IMaya, in realtà, fecero uso di ben 17calendari diversi, alcuni dei quali tarati peril calcolo temporale su 104 dei nostri anni,altri studiati per seguire il ciclo cosiddetto“di Saros” delle eclissi lunari (della duratadi poco più di 18 anni solari) . I maggiorierano lo Tzolk’in (o Cholq’ij), di naturaprettamente rituale, che divideva l’anno in13 mesi di 20 giorni ciascuno, e il calen-dario civile (“Haab”), che aveva, invece,18 mesi, sempre di 20 giorni, più 5 giornisupplementari, detti infausti o “Uayeb”.Questi calendari erano periodicamenteriallineati al ciclo stagionale da un’apposi-ta commissione di astronomi che utilizzavail passaggio in meridiano a mezzanotte diastri ritualmente sacri quali Alpha Tauri(dal nome arabo di “Aldebaran”) e lacostellazione delle Pleiadi per decretarel’inizio di un nuovo macro-periodo calen-dariale (che i latini chiamano “saeculum”).Tornando nell’occidente classico, il meritoprincipale dell’individuazione di una ricor-renza approssimata fra la successionedegli anni tropici e quella dei mesi lunari èda ascriversi al calendario greco. Questo,in origine derivato da quello egizio senzal’aggiunta dei giorni supplementari (“epa-gomeni”, come si sarebbe detto allora),quindi di 360 giorni, si evolse, con Solone,in una forma lunare (anni di 354 giorni,suddivisi in mesi “cavi” e “pieni” di 29 o30 giorni), aggiungendo 90 giorni supple-mentari ogni 8 anni, a scaglioni di 30, altermine del secondo, quarto ed ottavoanno del ciclo (la durata media annualedell’ottetto così ricavato era, pertanto, di365,25 giorni). Tuttavia la forma calenda-riale così ricavata non rispondeva alle esi-genze rituali che volevano il ciclo dellaLuna fedelmente seguito dalla scansionemensile, che, invece, in questa formascambiava luna piena con luna nuova eviceversa ogni 80 anni; fu il matematicoMetone (V sec. a.C.) a trovare rimedio a

RIVISTA di EQUIPèCO_Primavera 2005 5

I nomi dei mesi in differenti calendari (in ordine non omogeneo)

Ianuarius Samonios Tishri Muharram Pluviôse

Februarius Dumannios Heshvan Safar Ventôse

Martius Rivros Kislev Rabi'a I Germinal

Aprilis Anagantios Tevet Rabi'a II Floréal

Maius Ogronios Shevat Jumada I Prairial

Iunius Cutios Adar Jumada II Messidor

Julius Giamonios Nisan Rajab Thermidor

Augustus Simivisonios Iyar Sha'ban Fructidor

September Equos Sivan Ramadan Vendémiaire

October Elenbiuos Tammuz Shawal-Dhu Brumaire

November Edrinios Av Dhu-al-Q'adah Frimaire

December Cantlos Elul Dhu-al-Hijjah Nivôse

Romano Celtico Ebraico Musulmano Rivoluzionario

questo inconveniente, allungando il ciclo a 19 annicon 125 mesi pieni e 110 cavi (si dirà che i Cinesiavevano raggiunto tale consapevolezza oltre duemi-la anni prima, come s’è visto, ma non vi sono proveche vi siano stati contatti sostanziali fra le due civil-tà). Successivamente Callippo introdusse un ciclo didurata quadrupla diminuito di un giorno, rendendoancor più precisa la corrispondenza tra lunazioni estagioni, ma tale risultato non trovò applicazionepratica. Va rimarcato che il ciclo di Metone è allabase del calcolo ecclesiastico della data dellaPasqua (come sancito dal Concilio di Nicea nel 325d.C.) attraverso il cosiddetto “numero aureo”, riferi-to, per l’appunto, al resto della divisione del millesi-mo annuo, aumentato di uno, per 19, ma di questoargomento tratteremo in un prossimo numero.Il primo calendario romano storicamente consisten-te, attribuito a Numa Pompilio, era basato su quellogreco, con, però, l’introduzione di mesi di 31 giornial posto di quelli con 30 e di un mese di 28 giorni.L’anno civile durava 355 giorni e i mesi avevano inomi seguenti: Martius (sacro a Marte), Aprilis (sacroad una divinità di origine etrusca), Maius (sacro aMaia), Iunius (sacro a Giunone), Quintilis (il 5° mesedell’anno), Sexstilis (il 6°), September, October,November, December, Ianuarius (sacro a Giano) eFebruarius (mese dei Februa, festa della purificazio-ne di origine etrusca). Si aggiungeva, poi, ogni dueanni un tredicesimo mese di 22 o 23 giorni (“merce-donio”), sopprimendo 4 o 5 giorni al febbraio. In

totale, la durata media dell’anno era di 366,25 gior-ni. I romani introdussero, inoltre, una scansionemensile dei giorni basata su “Kalendae” (il primogiorno del mese), “Nonae” (quinto o settimo) e il tre-dicesimo “Idus” (tredicesimo o quindicesimo), rag-gruppandoli in “Nundinae” (gruppi di 8). A seguitodell’errore accumulato dal calendario tradizionale,questo fu sostituito dal calendario Giuliano, introdot-to da Giulio Cesare nel 46 a.C. su consiglio del-l’astronomo egiziano Sosigene di Alessandria. Dopoaver recuperato i giorni di differenza, assegnando445 giorni all’”ultimus annus confusionis”, la duratadell’anno comune venne stabilita in 365 giorni edogni 4 anni si doveva aggiungere un giorno, tra il 6°e il 5° giorno prima delle calende di Marzo (“bis sex-tus dies ante Kalendas Martias”). Il mese Quintilisvenne ribattezzato Julius in onore di Cesare e succes-sivamente il mese Sextilis fu cambiato in Augustus inonore di Augusto, portandone a 31 il numero deigiorni, invertendo il numero dei giorni dei mesiseguenti e togliendo un giorno a febbraio, distri-buendo così le durate dei mesi come sono oggiadottate in tutto il mondo.Il Calendario ebraico tuttora in vigore è un calenda-rio lunisolare adottato nel IV secolo d.C. e compostoda anni comuni di 353, 354 o 355 giorni suddivisiin 12 mesi lunari e da anni embolismatici, di 383,384 o 385 giorni suddivisi in 13 mesi lunari. Il cicloè metonico (di 19 anni) ed è formato da 12 annicomuni e 7 embolismatici, che aggiungono un mese

RIVISTA di EQUIPèCO_Primavera 20056

RIVISTA di EQUIPèCO_Primavera 2005 7

chiamato Ve-Adar (doppio Adar) prima del mese diNisan.Il calendario musulmano è puramente lunare ed haavuto un impulso decisivo dallo sviluppo dell’astro-nomia araba nel medioevo, quando in Occidente glistudi scientifici erano tornati a livelli pressoché nulli.Basti pensare che la perizia acquisita (con ricaduteanche sul calcolo delle longitudini, di grande impor-tanza per la cartografia e, quindi, le comunicazioni)da studiosi quali Ybn-Yunus del Cairo (X sec.) era taleda poter prevedere le eclissi di Luna e di Sole con unerrore massimo di mezz’ora! Esso è composto da 12mesi lunari di 29 e 30 giorni, che formano anni di354 o 355 giorni. Gli anni lunari sono contatidall’Egira (la fuga di Maometto avvenuta il 16 luglio622 d.C.) e nell’arco di 30 anni vi sono 11 anni“abbondanti”, in cui si aggiunge un giorno all’ultimomese.Il nostro attuale calendario è quello Gregoriano,introdotto nel 1582, quando ormai, seguendo lariforma cesarea, l’equinozio di primavera cadevaverso l’undici di marzo. Il Papa Gregorio XIII, con labolla “Inter gravissimas”, firmata nel salone d’onoredi Villa Mondragone a Frascati, attuò la riforma delcalendario Giuliano sopprimendo tre giorni bisestiliogni 400 anni. Nel sistema gregoriano restano bise-stili tutti gli anni divisibili per 4, eccetto gli anni seco-lari, i quali restano bisestili soltanto se sono divisibiliper 400. L’anno civile dura quindi 365,2425 giorni,più vicino alla durata di 365,2422 giorni dell’annotropico. I 26 secondi di differenza comportano ungiorno di spostamento ogni 3300 anni circa (un suc-cessivo aggiornamento della riforma ha sancito dinon considerare bisestili gli anni divisibili per 4000,portando l’errore complessivo -sulla carta, ossiasenza considerare gli effetti di rallentamento delmoto rotazionale terrestre- ad un giorno ogni 20000anni circa). Per attuare la riforma e riportare la con-cordanza con le stagioni vennero soppressi diecigiorni di calendario. Pertanto a Roma si passò dagiovedì 4 ottobre 1582 a venerdì 15 ottobre e l’an-no seguente venne fatto iniziare il 1 gennaio invecedel 25 marzo come da tradizione romana. IlPortogallo fu il primo Stato ad adottare il nuovocalendario, contemporaneamente a Roma, mentre inFrancia fu introdotto passando dal 9 dicembre 1582al 20 dicembre. I paesi non Cattolici si convertironoal calendario Gregoriano con ritardo (e poco entu-siasmo): in Prussia entrò in vigore nel 1610, in GranBretagna nel 1752, in Svezia nel 1753, in Giapponenel 1873, in Russia nel 1918, in Grecia nel 1923 ein Cina nel 1949.Come notazione finale, ricordiamo che per celebra-re la rivoluzione francese del 1789 fu introdotto uncalendario che restò in vigore dal 26/11/1793 al31/12/1805. Gli anni erano conteggiati a partiredal 22/9/1792, data di fondazione dellaRepubblica, il capodanno cadeva quindi nell’equi-nozio di autunno e l’anno durava 365 o 366 giorniin modo da mantenere il capodanno nel giorno del-l’equinozio, secondo il modello egizio-copto. Gli

anni erano suddivisi in 12 mesi di 30 giorni chiama-ti con nomi legati al ciclo delle stagioni e dopo l’ul-timo mese c’erano 5 o 6 giorni aggiuntivi (“sans-culottides”). Abolite le settimane, i mesi erano divisiin tre decadi di 10 giorni, numerati da 1 a 10, cheiniziavano a mezzanotte.NOTE: 1 - È così definito il ritorno annuale alla visibilità di un ogget-to celeste, all’aurora, subito prima del sorgere del Sole.2 - Non attiene lo scopo dell’articolo, ma andrebbe tenuto indebito conto il fatto che tale caratteristica di incommensura-bilità è, per così dire, aggravata dal fatto che i moti celesticonsiderati non sono affatto costanti nel tempo: basti pensa-re al noto effetto di “precessione degli equinozi”, dovuto allanon perfetta sfericità della Terra, che determina lo sposta-mento ciclico dell’asse polare con un periodo di circa 26000anni, alla base della discrepanza tra “anno siderale” (iltempo impiegato dal centro della Terra a percorrere un’inte-ra orbita attorno al Sole, misurata rispetto ad una stella lon-tana), della durata attuale di 365d6h9m10s, ed “anno tropi-co” (la distanza temporale tra due equinozi di primavera suc-cessivi), più corto di circa 20m25s. 3 - Dal greco émbolos “cosa aggiunta”.IMMAGINI: Fig. 1 - Le due principali definizioni di mese: se il riferimen-to è costituito dal compimento di un giro completo della Lunaattorno alla Terra, visto da un osservatore esterno al sistema,ovvero traguardato da una stella di riferimento, si parla di“mese siderale”; se, invece, si considera l’intervallo di tempofra due medesime fasi lunari, e dunque si osservano, conse-cutivamente, due identiche configurazioni relative del sistemaSole-Terra-Luna, si allude al “mese sinodico”. A causa dellaconcordanza di rivoluzione della Luna rispetto alla Terra (peril fatto, cioè, che i due corpi celesti percorrono la loro orbitaattorno, rispettivamente, alla Terra ed al Sole, nello stessoverso), il secondo è più lungo del primo di circa due giorni ecinque ore, il che significa che l’angolo delta in figura vale, in realtà,poco più di 2°.Fig. 2 - Il calendario celtico di Coligny, ritrovato in frammentinel 1897 e ricomposto nel Museo della Civiltà Gallo-Romanadi Lione.Fig. 3 - Schema del sito di Stonehenge: all’interno del cerchiodi buche che include i reperti litici maggiori, quattro puntimarcati da pietre e tumuli paiono ricostruire gli allineamentiche indicano sull’orizzonte i punti di declinazione estremadella Luna e quelli solstiziali.Fig. 4 - Anche in un libro d’ore dai fini connessi al rituale cat-tolico è spesso presente un riferimento calendariale di tipoastronomico. (Da “Les très riches heures du Duc de Berry” -Chantilly, Musée Condé).Fig. 5 - Rappresentazione schematica della connessione fra idue principali calendari Maya come frutto del movimento diun ingranaggio: il “Giro del calendario” per il quale la coin-cidenza di due denti si ripete dopo 52 anni. Ogni due coin-cidenze (104 anni) si verifica un riallineamento con il terzocalendario rituale più usato, quello che segue le fasi diVenere.

Gianluca Cruciani (Roma 1967). Si è laureato (con comodo) in fisicaall’Università di Roma “La Sapienza” nel 1999 con una tesi di astrofisica rela-tivistica sull’uso della Computer Algebra nel calcolo tensoriale. Ha conseguitoil dottorato di ricerca in fisica presso l’Università di Perugia con una tesi sulleOnde Gravitazionali. Ha pubblicato alcuni articoli sulle maggiori riviste specia-lizzate del settore nell’ambito della sua attività di ricercatore presso l’ICRA(International Centre for Relativistic Astrophysics) diretto dal Prof. Remo Ruffini.

RIVISTA di EQUIPèCO_Primavera 20058

Effemeridi del sole

Mese tradizionale 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 1314 151617 181920 2122 2324 25 26272829303132 Giorno

1° Ariete Marzo 21 22 23 242526 27282930311 2 3 4 5 6 7 8 9 1011 1213 14 151617181920 Aprile

2° Toro Aprile 21 22 23 242526 272829301 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1112 1314 15 1617181920 Maggio

3° Gemelli Maggio 21 22 23 242526 27282930311 2 3 4 5 6 7 8 9 1011 1213 14 15161718192021 Giugno

4° Cancro Giugno 22 23 24 252627 2829301 2 3 4 5 6 7 8 9 1011 1213 1415 16 171819202122 Luglio

5° Leone Luglio 23 24 25 262728 2930311 2 3 4 5 6 7 8 9 1011 1213 1415 16 17181920212223 Agosto

6° Vergine Agosto 24 25 26 272829 30311 2 3 4 5 6 7 8 9 101112 1314 1516 17 1819202122 Settembre

7° Bilancia Settembre 23 24 25 262728 29301 2 3 4 5 6 7 8 9 101112 1314 1516 17 1819202122 Ottobre

8° Scorpione Ottobre 23 24 25 262728 2930311 2 3 4 5 6 7 8 9 1011 1213 1415 16 171819202122 Novembre

9° Sagittario Novembre 23 24 25 262728 29301 2 3 4 5 6 7 8 9 101112 1314 1516 17 18192021 Dicembre

10° Capricorno Dicembre 22 23 24 252627 282930311 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1112 1314 15 1617181920 Gennaio

11° Acquario Gennaio 21 22 23 242526 27282930311 2 3 4 5 6 7 8 9 1011 1213 14 1516171819 Febbraio

12° Pesci Febbraio 20 21 22 232425 2627281 2 3 4 5 6 7 8 9 1011 1213 1415 16 17181920 Marzo

DOCUMENTAZIONE

ANTICO CALENDARIO TRADIZIONALEe tabelle delle effemeridi del sole

a cura della redazione

Queste parole di Giovanni Agnelli esprimono inmaniera efficace il valore e la qualità di un artistache ha oltrepassato la soglia del visibile com’è tan-

gibile nella frase che abbiamo posto all’inizio.

Il suo lavoro lo ha riposto e affidato nella «Boîte-en valise»che voglio tradurre ‘scatola nella valigia (a mano) lungosacco di cuoio (da essere portato in groppa), e che è il fagot-to del Matto, la carta numero zero e/o numero 22 deiTarocchi cioè del Mutus Liber: Libro fatto di Immagini.L’immagine, a mio parere, contiene in sé il margine precipuodella Tolleranza: Virtú che affina i sensi impalpabili com’eglisuggerisce con l’opera Temperatura, ‘colore’ del tatto, del1921. Provate a trovare nella storia dell’arte un pittore cheabbia saputo adoperare un colore con questa purezza inter-pretativa, per farlo dovremo far leva sopra e dentro unaconoscenza da scoprire: una conoscenza esoterica appunto.

E lo stesso significante è immesso nei suoi Readymades.

Si tratta di una scelta allegoricamente intuitiva perché egli lainterconnette ad un sentiero ascendente da percorrere armo-nicamente dall’inizio per acquisire la scioltezza che consenteun’andatura agile e poderosa che trasporti l’Apprendistanella luce del Sole: Avoir l’apprenti dans le Soleil, disegnoraffigurante un ciclista realizzato sulla carta pentagrammata.È un’aspirazione mirante alla elevazione fisica e spiritualeinsieme: il gas illuminante la Strada del «fanciullo faro, unacometa con la coda in avanti che, essendo l’appendice delfanciullo faro, assorbe sbriciolandola polvere d’oro...»,materiale nobilitato - «per separare il già fatto, in serie dalcosì trovato - lo scarto è una operazione» - da un procedi-mento alchemico di sublimazione...«frantumazione del gasilluminante: la lancetta polso deve avere la sua sorgente nelcentro vita della Sposa. La Sposa ha un centro vita - gli sca-poli non ne hanno. Essi vivono di carbone o altra materiaprima derivata non da essi ma dal loro non essi...

Il metallo (o materia) del carrello è emancipato, cioè ha unpeso, ma una forza che agisce orizzontalmente sul carrellonon deve sostenere questo peso. (Il peso del metallo nonoppone resistenza a una trazione orizzontale - da sviluppa-re-). Il carrello è emancipato orizzontalmente... Sì, ma final-mente la caduta delle bottiglie è stata sostituita da una cadu-ta d’acqua immaginaria».

Appare quindi chiaro che l’immaginazione è il risultato dellavoro compiuto.

NOTE 1 - Giovanni Agnelli, Presentazione del Catalogo della Mostra realiz-zata a Palazzo Grassi - Venezia, ’Marcel Duchamp - Opera’, Editore BOM-PIANI - Gruppo Editoriale Fabbri, Bompiani, Sonzogno, Etas, S.p.A. Milano1993. Un Libro fondamentale per conoscere l’opera di Duchamp.

1 - With my Tongue in my Cheek -A mio parere non vi è salvezza senon in un esoterismo. 2 - Auto-por-trait de profil (dechiravit), 1959.

3 - Il paese di Etival nel Giura.

Durante il suo ritorno da Etival a Parigi, nell’ottobre del1912, M.D. scrisse questa nota: «Cet enfant phare pourra,graphiquement être une comète, qui aurait sa queue enavant, cette queue ètant appendice de l’enfant phare,appendice qui absorbe en l’émittant (poussière d’or, graphi-quement) cette route Jura-Paris».Questo fanciullo faro potrà essere, graficamente, una come-ta, con la coda in avanti che, essendo l’appendice del fan-ciullo faro, assorbe sbriciolandola (polvere d’oro, grafica-mente), questa strada Giura-Parigi.

MARCEL DUCHAMPdi Carmine Mario Mulière

«...non vi è salvezza se non in un esoterismo»Marcel Duchamp

«Marcel Duchamp è certamente una delle più importanti ed enigmatiche figure dell’arte di questo secolo. Le sue opere e isuoi scritti ne fanno un protagonista della cultura di tutti i tempi, stimolandoci con il loro stile rivoluzionario e creativo a pen-sare in modo nuovo e a oltrepassare i confini che tradizionalmente hanno definito l’arte e il ruolo dell’arte nella società. Eglifu il primo a dimostrare che l’artista non deve limitarsi a nessun particolare mezzo espressivo.» (1)

ARCHIVIO_EVENTI

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M. D. con il taglio di capelli a cometa fatto da Georges de Zayas, 1919 ca .

La mariée mise à nu par ses célibataires même. La Sposa messa a nudo daisuoi scapoli, anche.

IL GRANDE VETRO

«Sbocciare volontario in senso orizzontale della Sposa cheviene incontro allo sbocciare in senso verticale della messa anudo. Filamenti di carta trasparente che sboccianodall’Impiccato sino alla palla del giocoliere e alternativa-mente tornano indietro come certi soffietti di festa a Neuilliy.Il movimento di tali filamenti è dovuto al magnete desiderioe costituisce lo sbocciare volontario in messa a nudo dellaSposa».

Frecce rivestite: viaggio del Gas illuminante - Frecce denuda-te: linguaggio della sposa.

1 - Carrello; 1a - Mulino ad acqua; 1b - Pignone; 1c -Botola schiudentesi nel sottosuolo; 1d - Puleggia di caprio-la; 1e - Rivoluzione della bottiglia di Bénédictine; 1f - Pattini

della slitta; 1g - Sandows (Estensori); 2 - Cimitero delle uni-formi e livree o Matrice di Eros; 2a - Prete; 2b - Fattorinodei grandi magazzini; 2c - Gendarme; 2d - Corazziere; 2e- Poliziotto; 2f - Becchino; 2g - Lacché; 2h - Garzone; 2i- Capostazione; 3 - Tubi capillari; 4 - Setacci; 5 -Macinatrice di cioccolato; 5a - Telaio Luigi XV nichelato; 5b- Rulli; 5c - Cravatta; 5d - Baionetta; 6 - Forbici; 7 -Sposa; 7a - Anello di sospensione dell’Impiccato femmina;7b - Mortasa - Rotula; 7c - Asta recante la materia filamen-tosa; 7d - Vespa; 7e - Testa o occhi; 7f - Banderuola; 8 -Via Lattea color carne; 9 - Pistoni della corrente d’aria; 10- Zangola - Ventilatore; 11 - Pendii o piani di scorrimento;12 - Fragori-spruzzo; 13 - Orizzonte - Vestito della Sposa;13a - Punto di fuga della prospettiva celibe; 13b - Prismacon l’effetto Wilson-Lincoln e 9 buchi; 14 - Arieti nell’incon-tro di pugilato; 15 - Quadri d’oculista; 16 - Lente di Kodak;17 - 9 spari; 18 - Curatore di gravità; 18a - Treppiede;18b - Asta; 18c - Palla nera.

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I tre studi su vetro per il Grande Vetro, 1913-1919.Boîte-en valise, 1935-1941.

«È sempre stata mia intenzione ridurre il vetro a una illustra-zione quanto mai succinta di tutte le idee della scatola verde

che doveva essere una sorta di catalogo di tali idee, in altre parole il vetro non va guardato per se stesso ma solamente infunzione del catalogo che non ho mai fatto. Dal 1923 mi considero un ‘artista spretato’. L’arte era un sogno divenuto super-fluo...»

Roue de bicyclette, 1913. Avoir l’apprenti dans le soleil, 1914. Temperatura, ‘colore’ del tatto, 1921. ‘Air de Paris’, 1919. 50cc air de Paris, per la Boîte-envalise,1941. Sculpture-morte, 1959

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Fountain, 1917. Fountain nella Boîte-en-valise, 1961.

Il caso Richard Mutt

«Il punto di vista della ‘Society of Indipendent Artists’ è chiaramente assurdo, dato che esso parte dall’idea insostenibile chel’arte non possa nobilitare un oggetto e, nella fattispecie, lo nobilita, trasformandolo, in particolare, in Budda un oggetto diigiene e di toilette maschile. Checché se ne dica e a rischio di negare deliberatamente con la loro determinazione il ruoloe i diritti dell’immaginazione, gli Indipendenti di New York rifiutarono di esporre la fontana del Sig. Mutt. Così essi si mostra-rono meno liberali degli Indépendants di Parigi che esposero il quadro di Boronali, i quali, pur sapendo bene che si tratta-va di una presa in giro o piuttosto di una macchinazione, lo esposero semplicemente perché coloro che avevano architet-tato il colpo avevano pagato i 25 franchi richiesti per esporre e, d’altra parte, essi non si riconoscevano neanche il diritto diimpedire lo scherzo. (da Le cas de Richard Mutt, di Guillaume Apollinaire». In ‘Mercure de France’ Parigi, 16 giugno 1918.

Apolinère enameled - Ne pourrait-on pas traduire cet énigmatique message:

ANy - ACT - RED BY hER - TEN - OR - Epergne.

par: «N’importe quel acte, quel lit, contenu surtout.»? 1916-1917

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SPAZIALISMO di FONTANAappunti di C. M. Mulière

Quello che ho recepito dai �‘tagli�’ è il sensodel taglio in sé che suggerisce il concettobasilare come approccio per lo svilupposuccessivo del processo evolutivo dell�’operadi Fontana. Questa mia lettura scaturiscedal testo del «Manifesto blanco» redatto daFontana nel 1946 a Buenos Aires anche se,come è scritto a margine del medesimo, nonfu firmato dall�’artista, giacché redigeresignifica configurare e quindi formare.E forse non a caso il manifesto è bianco per-ché il bianco, nel concetto spaziale diFontana assume e svela l�’antitesi sottesanella normale tecnica pittorica che eglimette in atto operando i suoi tagli in quantola pittura è l�’arte del mettere sulla tela o sualtro materiale, i colori. Infatti, la tecnica pit-torica è chiamata sottrattiva poiché, coloran-do una superficie, si sottrae alla luce laparte colorata. Invece la tecnica scultorea èchiamata additiva perché essendo una rap-presentazione che si realizza nei volumi,dipende dalla luce. L�’interconnessione delledue tecniche ha consentito la sintesi rag-giunta dal cinematografo: Colore FormaMovimento Luce. Lo spazio della immaginepiatta della superficie della tela diventa perFontana spazialità senza forma ed egli virinuncia operando quel taglio con il qualevorrebbe aprire l�’accesso ad un movimentodi attuazioni di possibili concezioni e solu-zioni che poi si sono verificate nell�’espres-sione delle avanguardie. Il testo delManifesto inizia così: «L�’arte si trova in unperiodo latente. Prendiamo l�’energia pro-pria della materia, la sua necessità d�’esseree di svilupparsi... Postuliamo un�’arte liberada qualunque artificio estetico (non essen-ziale dunque)... Approfittiamo di ciò chel�’uomo ha di naturale, di reale. Ci troviamocosì vicini alla natura come mai l�’arte lo èstata nel corso della storia. L�’amore per lanatura ci spinge a copiarla... Il subcosciente(nel suo caso il taglio?) modella l�’individuo,lo integra, lo trasforma...». C�’è anche il rife-rimento alla musica: «Colore, l�’elementodello spazio, Suono, l�’elemento del tempo, ilMovimento che si sviluppa nel tempo e nellospazio (aggiungiamo per la Luce) sono leforme fondamentali dell�’arte nuova, checontiene le quattro (appunto con la Luce)dimensioni dell�’esistenza.L�’arte nuova richiede la funzione di tutte leenergie dell�’uomo nella Creazione e nellaInterpretazione. L�’essere si manifesta inte-gralmente, con la pienezza della sua vitali-tà». Viene da chiedere: l�’invenzione non èforse Creazione sottratta all�’evento?

Ben sapeva Lucio Fontana,(Rosario di Santa Fè, Argentina,1899 - Comabbio, Varese,

1968), che abbandonare la suaperizia nel lavorare la ceramica o ilmarmo, per dedicarsi allo studio delvuoto e dell'assenza di materia, glisarebbe costato e sarebbe stato

rischioso, ma a lui piaceva osare.Dal 1947, anno della sua primaopera spaziale, Fontana è infattiidentificato come �“quello deibuchi�”. A chi gli chiedeva �“Me livorrebbe spiegare i suoi buchi�”, eglirispondeva �“Ma che cosa vuoi cheti spieghi? Ci metto, nei buchi, tuttala mia vita di artista e tu vuoi che intre parole te li spieghi. E mentrecredi di fare lo spiritoso con i mieibuchi non ti accorgi neanche chebuchi e tagli sono già entrati nelgusto del tempo, appaiono nelledecorazioni degli edifici, nella pub-blicità, negli artisti�”. Il pubblico nonfu in grado di comprendere il suolavoro, anzi lo derise; e la critica,tranne alcuni esempi lungimiranticome Gillo Dorfles ed EnricoCrispolti, interpretò quei suoi

�“buchi�” e �“tagli�” come provocatori.Oggi la figura di Fontana è statadecisamente rivalutata e si può direche egli rappresenti uno dei piùimportanti esponenti dell�’arte delsecondo dopoguerra. Aleggianoancora ogni tanto nell�’aria frasi deltipo �“beh�… sarei capace di farlo

anch�’io�… cosa civuole a tagliare unatela�…�”, ma per for-tuna sono dei casiisolati che, come sisuol dire, �“lasciano iltempo che trovano�”.Per risalire all�’incipitdell�’esperienza spa-zialista, occorre fareun passo indietro neltempo, e un saltooltreoceano.Il luogo è BuenosAires, l�’anno, il 1946.Tra le righe delManifesto Blanco, ilprimo manifesto tec-nico dello spaziali-smo, redatto da ungruppo di giovaniartisti, si legge:�“�…Se requiere uncambio en la esenciay en la forma. Serequiere la supera-

ción de la pintura, de la escultura,de la poesia, de la música. Se nece-sita un arte mayor acorde con lasexigencias del espiritu nuevo�…�”.Con queste parole, Bernardo Airas,Horacio Cazeneuve e MarcosFridman, con il contributo di LucioFontana - ritornato nel paese nataledurante il secondo conflitto mondia-le - esplicitano le loro convinzioniartistiche, e danno avvio all�’espe-rienza spazialista in Argentina.Da un punto di vista teorico, essiauspicano ad una svolta da attuarenel campo della produzione artisti-ca. �“�…Non si tratta più di un�’artebasata solo sulla ragione e sul cal-colo ma l�’appello al subcoscientecome livello intuitivo, di sondaggiodi forze primordiali�“ (Paolo Campiglio).A loro parere, il punto di rottura nei

LUCIO FONTANA "�…La superación de la pintura"

di Paola Rampoldi

ARTE

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intitolata �“Queste attese mi danno la pace�”. I tagli,dicevamo, per l�’artista sono attese, �“�…Attese comepause necessarie, mediante le quali egli vagheggia unasorta di luogo primario, assoluto, invocando quellaatarassia del saggio, sempre più lontano dall�’acciden-talità della materia�…�“ (Paolo Campiglio).

Quale simbolo della svolta degli anni Sessanta versouna concentrazione assoluta fatta di meditazione esilenzi, in mostra è presente Concetto spaziale, Attesa(1963), un unico taglio su fondo monocromo verde.�“Oltre il quadro, la scena�”, è l�’ultima sezione dellamostra. Si concentra sulla produzione degli anniSessanta legata al concetto della scena e della �“rappre-sentazione�”.

Se i �“Quanta�” evidenziano l�’intento di Fontana di supe-rare il tema della cornice, creando delle tele differenti,in numero differente, da poter comporre sempre in unmodo diverso, offrendo la possibilità di sempre nuovesoluzioni; la serie dei �“Teatrini�” con le loro cornicisagomate offrono la possibilità di giocare con la luce.In Concetto spaziale, Teatrino (1965), il bianco dellacornice si proietta sul bianco della tela, come in unorientale teatro delle ombre.

Immagini: 1 - Concetto spaziale attesa, 1963, idropittura su tela, cm 60×46.2 - Concetto spaziale, 1957, pastelli e collage su tela, cm 125×101.3 - Scultura spaziale, 1947, bronzo colorato cm 59×50×40.4 - Concetto spaziale, 1959, olio, matita e buchi su tela, cm 46x55.5 - Concetto spaziale,1951, terracotta colorata, cm 31x39.6 - I quanta, 1960, idropittura su tela, nove elementi di formato diverso.

Mostra: Opere 1947 - 1965 - 6 novembre 2004 - 30 gennaio2005- Palazzo Leone da Perego - Legnano (Mi). Catalogo Charta.Mostra collaterale: L�’immagine di Fontana in una raccolta di affiche- 4 novembre 2004 - 28 gennaio 2005 - Salone degli sportelli -Legnano (Mi) Largo Tosi, 9.Conferenza: giovedì 25 novembre ore 21: �“Conversazione su LucioFontana�” a cura di Paolo Campiglio e Fabrizio Rovesti.

PAOLA RAMPOLDI è nata a Rho (MI) l�’8/07/79; si è laureatapresso l�’Università Statale degli Studi di Milano, in Lettere eFilosofia - indirizzo Storico-Artistico, con la tesi �“Baruchello ePistoletto: esempi di Fondazioni per l�’Arte contemporanea inItalia�”. Relatore: Prof.ssa M. T. Fiorio, docente di Museologia;correlatore Prof.ssa Silvia Bignami, docente di Storia dell�’ArteContemporanea. Da febbraio 2004 collabora con il MuseoPopoli e Culture del P.I.M.E. di Milano. Da luglio 2004 collabo-ra con l�’attuale Amministrazione Comunale di Lainate (MI) peril settore Cultura, Educazione, Sport e Tempo Libero. Cura unasezione della rubrica di Arte della RIVISTA di EQUIPèCO.

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Progettare un grattacielo, massi-ma espressione dell�’edilizia civi-le, sembrerà banale, significa

andare �“in alto�”. Ciò comporta pren-dere degli accorgimenti che ne con-dizionano la progettazione: concen-trare in alcune zone della pianta del-l�’edificio le condotte degli impianti(per esempio termico, fognario,acqua potabile, antincendio, condi-zionamento, comunicazioni, ascen-sori e montacarichi) e progettarescale in maniera sufficiente a fardefluire più velocemente possibile lepersone presenti all�’interno in caso diemergenza.Fissata la posizione del sistema ner-voso (che definiamo spazio serven-te), si organizza lo spazio servito,ovvero le funzioni e lo spazio inter-no. A differenza degli edifici conprevalente sviluppo orizzontale chepermettono una organizzazione piùflessibile degli spazi e delle funzioni,(gli spazi serventi non sono comeuna spada infissa nell�’oggetto archi-tettonico, ma possono viaggiareindifferentemente in orizzontale e/oin verticale), la progettazione delgrattacielo è rigidamente vincolata.I vincoli progettuali sono ancora piùstringenti quanto più l�’immaginedella scultura �– grattacielo è origi-nale e le soluzioni statiche ardite.

Il grattacielo, come ogni grandeopera dell�’Uomo scatena il fascinodell�’amore e dell�’odio. Questofascino, questi sentimenti contra-stanti, sono determinati dalle carat-teristiche antropomorfiche (cima,centro, base), che il grattacielo ha?. Oppure è lo stupore del sublime�“sui generis�” che il grattacielogenera nell�’uomo comune?O nell�’Uomo è l�’autocompiacimen-to della �“potenza�” prometeica di un�“atto�” davvero straordinario chefanno del grattacielo un�’opera stu-pefacente?Nei detrattori, il grattacielo è l�’effet-to del morso che l�’architetto Adamoha dato al frutto proibito città percontrollarne l�’incontrollabile natura(l�’Eden degli urbanisti).

101 park avenue - new york - 1982 de Belvis, Progetto autografo - 1992

de Belvis, Senza titolo (da sopra); Spazi serviti espazi serventi; World financial center - shanghai -1996

ARCHITETTURA

IL GRATTACIELO: è davvero non �“naturale�”?di Luciano de Belvis

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Secondo costoro, può la città, massima espressionedell�’integrazione, sovrapposizione e interrelazionedi relazioni e funzioni, avere al suo interno queste

enormi �“isole�”, separate, autonome che possono esi-stere a prescindere dall�’esistenza della città stessa?. Ildibattito tra gli uni e gli altri è sempre aperto e si ripe-te ciclicamente ad ogni bando di concorso, inaugura-zione, riqualificazione urbana o sventramenti di vecchiquartieri. L�’una e l�’altra parte hanno le loro buoneragioni.Nati come contenitori essenzialmente di uffici, manife-sti-sculture delle multinazionali che li commissionavanoe che poi ne davano il nome (Chrysler Building,(William Van Alen, New York, 1928- 1930), RockefellerCenter (Raymond H. Wallace, K. Harrison e altri, NewYork, 1931 �–1973), Seagram Building, (Ludwig Miesvan der Rohe, New York, 1954 �–1958), Pirellone (GiòPonti, Milano, 1956 �– 1960), alcuni esempi) i gratta-cieli, oggi hanno anche arricchito le funzioni di conte-nitori (hotel, supermercati, uffici, abitazioni, garage,cinema, auditorium, teatri).Nonostante un�’apparenza statica, si sono dinamica-mente evoluti. Questi megacontenitori hanno permes-so alle città moderne, svuotate dal lavoro produzione diprodotti e per divenire lavoro di produzione di servizi a-localizzati, di continuare a caratterizzare il proprio sky-line con grattacieli più alti, più belli, più �“manifesto�”. Ilgrattacielo non è più il simbolo �“dell�’America�”, è statoglobalizzato anch�’esso a Singapore, Shanghai,Duseeldorf, Riyadh, Francoforte, Osaka, Jakarta, SaoPaolo, Sidney.E l�’evoluzione è stata anche effetto della tecnologia cheha permesso ai grattacieli di crescere in altezza, graziea nuovi materiali, a incastri fatti con macchine a con-trollo numerico, a pezzi pre-fabbricati industrialmentedalle forme più impensate. Ma i grattacieli (più precisa-mente i progettisti che lo hanno richiesto) hanno stimo-lato la tecnologia a migliorarsi per poter svilupparesoluzioni sempre più innovative. Non solo. Le modernetecnologie informatiche consentono ai progettisti di: -elaborare modelli concettuali sempre più arditi, tant�’èche l�’architettura dei grattacieli dagli anni 90 è uscitadalla forma dei primordi della scatola a parallelepipe-do; - sviluppare modelli di calcolo strutturale impropo-nibili manualmente, - verificare le portate e le potenzedegli impianti creando modelli sempre più complicati eprecisi; e successivamente, a costruzione finita, di con-trollare tutte le attività e gli impianti in maniera intelli-gente, precorrendo i tempi della domotica e badando,più di ogni altra costruzione al contenimento dei costiin generale e al risparmio energetico.Il grattacielo non è naturale.

181 west madison - chicago - 1990 (da sopra da sn)Century tower - tokyo - 1991Jin mao tower - shanghai - 1998Millenium tower - tokyo - 1989311 south wacker drive - chicagoPetronas towers - kuala lampur - 1998Skyline di sidney - 2004

Intervista del 13 gennaio 2005, Simonetta Lux (S) aBrunilda Lekunda (B):

S: Come sei nata come artista?B: Ogni volta nasco e rinasco.

S: ?B: Sono nata da genitori e nonni attori, autori, registi, intempi difficili. Voglio dire che vivo tre tempi. Il tempo delladittatura il tempo dell�’anarchia il tempo della democrazia(in Albania). E dopo possiamo andare in dettagli per spie-gare meglio. Mio nonno Preng Lekunda, che ha recitato inmolti dei primi film realizzati in Albania, nel 1968 è mortosulla scena recitando una parte del morire, in occasionedell�’inaugurazione di una centrale idroelettrica albanesecostruita sul fiume della Drina. Una tragicommmedia,come è anche la mia. Diciamo che quando...

S: Perché ricordi tanto queste cose?B: Fanno parte della mia storia, io che sono nata artista eporto proprio lo stesso cognome, Lekunda, che vuol direterremoto e si trova in un piccolo paese Mirrdita (che vuoldire Buon giorno). Dunque io voglio dire �“Buongiorno ter-

remoto�”. Mia madre poi è nata da un padre BlagoStankovich (1928) che è stato generale dell�’esercito diTito, morto poi fucilato nel 1952 a seguito di uno dei pro-cessi farsa nati dal contrasto di Tito con Stalin (Infobureau)e dittatore albanese Enverxhogja per ben 50 anni. Voglioricordare che mio nonno paterno si è dato il cognomeriprendendolo dalla località dove è nato (Lekunda, locali-tà in campagna non lontano da Mirrdita).

S: Anche qui si fanno sempre le prove di dittatura, (o mili-tarizzazione o gerarchizzazione spinta) per tenere meglioil potere.B: Ma là la dittatura è stata terribile, perché non si potevaneanche fiatare, neanche vedere un canale tv diverso daquello di Stato. Il cognome del dittatore albanese indicauna religione politica, l�’islamica.

S: C�’erano le spie?B: I canali arrivavano, ma era tutto spiato e proibito.

S: Avevi 9 anni quando è morto quel dittatore. B: Ho pianto così tanto, perché la mia maestra piangevatanto.

S: Tutto questo l�’hai capito dopo. B: Questa dittatura ha dato anche l�’obbligo di piangere enon piangere.

S: Perché siete così duri?B: Perché siamo vissuti nella speranza, credendo semprein Dio ma tutte le istituzioni che fanno propaganda... Èsolo da voi in Europa che sentiamo dire: �“Porco D**!�”. Danoi solo i comunisti dicevano D** Merda. Il Papa dopo 50anni di proibizione di Dio viene ad aprire la prima catte-drale postcomunista a Scutari�… Prima della dittatura, iGesuiti Anche mio nonno paterno studia con i Gesuiti epoi a Firenze nella scuola militare.

S: Perché sei così interessata a Dio?B: Io prego Dio come una cattolica. Ma sono per l�’unità ditutte le religioni. Questo è per me il senso della vita.Quello che mi fa respirare, che mi fa dire quello che hocomunicato con Dio.

S: Questo tuo lavoro che si chiama �“Il bacio balcanico�”ha a che fare con tutto questo?B: Con il mio sangue da dove vengo io con la mia storia,con la mia origine. La prima volta che sono uscita, sonoandata in Grecia, con il folklore albanese che si i incontra-va con quello greco. Due culture due governi 1996�…

S: E allora? B: Avevo 17 anni. Ma questa opera ha a che fare con lamia origine, nel senso di come mi sento oltre che di comeso. Il folklore è la base della cultura di un popolo, almeno

M L A C - Museo Laboratorio di Arte Contemporanea - Università di Roma �“La Sapienza�”

Il bacio balcanico di Brunilda Lekunda

Gennaio 2005

a cura di Simonetta Lux.

ARTE

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all�’epoca (ma anche oggi). Quando i politici si incontranosi vestono dei modi floklorici�…

S: Cosa del tutto inutile per me e ingannatrice talvolta,nella sostanziale vuotaggine.B: Comunque quando i politici si incontrano anche oggi sipresentano nello stesso modo.

S: In quale bosco eri? Perché gli scacchi? Perché oggi lebandiere, tre bandiere? Quella della exjugoslavia (BlagoStankovic) quella greca di tua nonna (Alipias) e quellaalbanese di tuo nonno (Preng Lekunda)?B: Nel tempo della dittatura dalla parte di mio padre (tra i suoiparenti di linea materna) furono uccisi tutti i maschi salvo unpiccolo di 11 anni nascosti tra i rami di un albero. Per questomio padre, vistosi tra i postcomunisti è fuggito in America, inquanto i socialisti oggi al potere hanno fatto parte del gover-no della precedente dittatura. Mio padre è un artista ironicodel Teatr Migeni: se ne è andato per questa continuità dellapersecuzione.

S: E oggi?B: C�’è Brunilda Lekunda. Che, finita l�’Accademia di BelleArti in Montenegro & Serbia, che ha fatto l�’artista per setteanni, chiamata a esporre già durante gli studi, oggi vienein Europa per rimanere e vivere come cittadina europea,VIENE CIOÈ CON UN BACIO BALCANICO. All�’Europacome l�’unica comunicazione nei tempi di oggi. Il bacio delpensiero di amore invece della memoria dell�’odio. Puntoe basta.

S: Tu sottolinei: pensiero dell�’amore.B: Sì.

S: Perché la pelle di pecora?B: Fin dalla bibbia l�’agnello è simbolo di un Sacrificio e diuna testimonianza. Anche come la forma. La forma econo-mica di vestirsi. L�’Albania è stata sempre il sacrificio deglialtri popoli , non ha mai fatto la guerra di per sé. I Balcanisono sempre stati il SACRIFICIO DELL�’EUROPA.

S:?B: Nei passaporti exjugoslavia c�’è ancora scritta la religio-ne. Quando c�’è stata l�’anarchia in Albania. Nel 1997 icattolici hanno preso il maiale e lo volevano portare den-tro la Jaimia ed i musulmani vi hanno messo allora ladinamite. Il cardinale della cattedrale di Scutari è andatoallora a dormire una notte nella jamia e l�’hoxha è andatoa dormire nella cattedrale cattolica. E da allora un filo uni-sce tutte e due le istituzioni. (Pubblicato in www.luxflux.net,n.16, 2005)

EXPERIENCE, di Brunilda Lekunda

Mi sono recata in un luogo aperto e sconosciuto per lavo-rare. Era primavera e indossavo dei sandali con grossitacchi (ma prima di recarmi lì non mi ero resa conto diquesto fatto).Le mie molecole e quelle della natura circostante si fon-devano le une alle altre. Il viaggio per arrivare era dura-to un�’ora e mezza. Avevo camminato con i sandali sullerocce. I miei piedi non stavano molto bene.Sedevo all�’ombra della roccia che copriva completamen-te il mio corpo. Alzando il capo toccai automaticamente isandali, i piedi mi si erano indolenziti. Mi ritrovavo alle

pendici del monte Supotnica vicino Prijepolije. Il gorgogliodelle cascate d�’acqua provenienti da ogni parte di questoluogo verdeggiante trasmettevano delle sensazioni di lon-tananza e insicurezza.Un solo passo sbagliato e sarei potuta cadere cento metrisotto.Inconsciamente sorrisi e ghignai su questa consapevolez-za. La natura mi trasmetteva delle sensazioni così potentiche non avevo mai percepito prima. Le molecole del miocorpo cominciavano a comunicare con le molecole dellanatura. Sentivo la natura come un organismo vivente. Lesue molecole trasmettevano energia nello stesso mododelle molecole dell�’organismo umano che respira aria eassorbe l�’energia del sole. Il meccanismo è lo stesso mala tecnica è differente.La natura mi aveva chiamata per farmi sentire queste sen-sazioni in maniera profonda e tecnica, come se avesseaspettato 2002 anni.

Perché questo colore verde (come fosse acquarellato)?È come un oggetto sessuale di comunicazione con variesfumature di colori verdi naturali, quasi fosse un giocoprovocante della natura; così ho capito che la naturaassume degli aspetti innaturali all�’interno di se stessa.In modo da provocare e comunicare con queste caratte-ristiche della natura ho scelto volutamente i colori acqua-rellati.

Perché la scacchiera?Ho messo la scacchiera perché è un po�’ il simbolo di que-ste relazioni strategiche che noi immaginiamo di giocare.

Perché è un disegno?RIVISTA di EQUIPèCO_PPrriimmaavveerraa 22000055 3377

Due testi in qualche modo - in due modi diversi - emblemati-ci. Varrà la pena dirne due parole.(Iniziando dalla cosa meno importante, la loro �“storia�”: l�’uno,quello di Albert Mayr, inedito, allora destinato alla pubblica-zione sul mai nato, per quanto ci risulta, catalogo dellamostra �“Viaggiatori sulla Flaminia�”, svoltasi tra Spoleto,Campello e Trevi, in Umbria, tra il giugno e l�’agosto del1998; l�’altro, in qualche modo parte di una mia azione svol-tasi a Tolentino, nelle Marche, durante il festival �“Amodanea�”nel luglio 2002 e pubblicato parzialmente sulla rivista�“Amodal�” n° 8 �“speciale per Amodanea�”, una sorta di cata-logo di quel festival. E questo basti come indicazione biblio-grafica[*].)Emblematici, dicevo: di un trovarsi in un luogo estremo, vici-no al limite, o appena oltre quel limite; un luogo dove il lin-guaggio si supera - supera se stesso, oppure viene superato(dipende dal punto di osservazione).Di un fare musica che la supera, in una parola; di un andareoltre, insomma, che andrà pure, un giorno o l�’altro, spiegatonella sua �“essenza�” (che finirà pure, un giorno o l�’altro, tra i�“classici�”).Per dirne due parole, dunque, bisognerebbe risalire di molto- e qui citerò disordinatamente: dagli studi sull�’ambientesonoro di R. Murray Schafer agli studi sinestetici �“seri�” (pochi,a quanto mi si dice) sul rapporto tra colore e suono; dai quali,in qualche modo ancora più �“oltre�”, si va verso studi sultempo - le ricerche sulle �“altre�” frequenze di Albert Mayr - overso certe forme musicali �“non più�” musicali - suoni ormaiannidati nell�’immaterialità.Di un fare musica che la supera, dunque: ma forse quei quat-tro minuti abbondanti di John Cage avevano già detto molto,parecchi anni addietro: di un superamento linguistico, già inatto da tempo (da sempre?), dove più che della interdiscipli-narietà si cercavano le regole, o le non regole, di un �“espe-ranto�” che oggi è il campo nel quale ci troviamo, ci muovia-mo, talvolta �“ci contiamo�” fra noi.Non si tratta, infine, di un qualche limite da superare (perquello ci sono le �“avanguardie�”): è una questione di oggi, dilottare �“per la causa�”, come dice sempre Albert, di �“necessa-rietà�”, come diceva qualcun altro.

(*) In realtà c�’è un testo - uno solo tra i tanti altri - che, perragioni molteplici e in qualche modo talmente personali dadiventare intime, va dato: AA.VV., Arte Immateriale ArteVivente, Ravenna, Edizioni Essegi, 1994. Non è un testo spe-cificamente musicale, forse non è neanche un testo d�’�”arte�”- certamente è un testo che tocca �“immaterialmente�” certiaspetti di quel limite (l�’oggi, �“la causa�”, la �“necessarietà�”).

Cappello (antiartistico)

Non facciamo storie. Però la tentazione è forte. C�’è unaquantità enorme di ricerche effettuate nell�’ambito delle rela-zioni tra colore e musica, tra colore e suono. E scopriamoche quasi tutti gli autori di queste ricerche sono attivi in unadelle due discipline coinvolte, arte visiva e musica - cioèsono �‘artisti�’ - a parte alcune illustri eccezioni, che si trovanonell�’ambito, �‘terzo incomodo�’, della ricerca scientifica.

Allora: quanto velleitarismo dettato da narcisimo c�’è in que-ste ricerche?

Pochi nomi

Aleksander Skrjabin, Olivier Messiaen, Luigi Veronesi,Günter Maas, la Cattedra di Sinestesia dell�’Università diVienna, Kandisky (1): tutto (2) così come salta in mente:disordinatamente; ma sono le nostre radici. Sono le nostreradici? Sono nostre?

Relazioni (= associazioni)

Associando liberamente (3) colori e suoni, e, in qualchecaso, gusti (4), si può ottenere la seguente tabella (5):L�’evidente �‘pendant�’ che ingloba, con una complessa rete diassociazioni, oggetti (percezioni) apparentemente lontane fraloro presenta nella sua stessa �‘evidenza�’ l�’essenza della suanatura: associazioni (percettive) non sempre presenti a livel-lo conscio. Esistono, e questo è un altro problema, associa-zioni che potremmo chiamare �‘geografiche�’, come nel casodei datteri che sono di colore marrone e vengono prodottinel Nord Africa dove si cantano e suonano determinate

Canti algerini Marrone datteri

Canti monaci tibe-tani

Rosso (scuro) burro di yak?

Raga indiani Verde (pallido) -

Glenn Miller Verde (militare) Divisa militare *

Ryuichi Sakamoto(soundtrack �‘Furyo�’)

Verde (militare) Divisa militare ** militaria (6)

IL COLORE è ROSSO

di Luca Miti�“The colour is red�”

L�’uomo con gli occhiali, dalla partitura di �‘Kisha�’

MUSICHE del LIMITE

RIVISTA di EQUIPèCO_PPrriimmaavveerraa 220000554422

musiche (e, continuando all�’infinito questo �‘gioco�’, dove lapelle degli indigeni è di colore altrettanto scuro e richiama,almeno come zona cromatica, le sabbie dei deserti e...), manon in questo, o non esclusivamente in questo, risiede lanatura di tali associazioni.Mettere in ordine, serializzare: probabilmente è in questo cherisiede la natura - pensiamo al �‘concetto di ordine�’ secondoChiari (7), che attiva una nuova prospettiva relazionale: unconcetto, quello di �‘lavoro�’, appunto, o meglio quello di�‘ordine�’, si troverebbe alla base della �‘catalogazione�’ da noieffettuata, quindi delle relazioni tra colore e musica da noicredute di individuare. Ci si dovrà a questo punto chiederequanto tali relazioni si collochino in un contesto culturale (emagari non in un altro), e dunque si metterà in discussionela presunta oggettività delle stesse, che si andrà a trovare inuna posizione decisamente instabile.

�“Kisha�”

Fu un mio lavoro per un flauto jugoslavo, uomo con gliocchiali ed altro composto in occasione della guerra inSerbia (o sarebbe più esatto dire �‘composto contro gli attac-chi NATO in Serbia�’). Qui lo si cita per la presenza del colo-re rosso, enunciato all�’interno del pezzo (come testo) comeframmento di vissuto (jugoslavo). Ovvero, come il colore, inun contesto musicale, possa assumere valenze etiche.

Note(1) Devo alcune di queste informazioni ad Albert Mayr, autore diuna lunga ed istruttiva telefonata con lo scrivente.(2) Invece è davvero poco, considerando anche la vitalità dellericerche tuttora in corso: mi riferisco alle recentissime teorizzazionidi Alexander Korostelev, che da sole (ma non in solitudine) dimo-strano una inequivocabile continuità storica in terra di Russia. A tito-lo esemplificativo delle ricerche più recenti, tutte piuttosto simili fraloro, si riporta, una delle tabelle basate sulle numerose teorie svi-luppate dagli ultimi ricercatori; come si può facilmente osservare,non siamo in presenza di teorie rivoluzionarie, almeno rispetto alleintuizioni di, poniamo, uno Skrjabin o molto dissimili da quelle diun Veronesi. La tabella qui riportata è dovuta ad un gruppo di ricer-catori tedeschi suggeritomi dal Korostelev. Si forniscono comunque,per chi volesse approfondire questo aspetto della ricerca, gli indi-rizzi - in rete - di Korostelev e del gruppo tedesco:http://www.theak.narod.ru - http://www.colormusic.deQui non si vuole mettere in dubbio alcunché di tali teorie; certo èche, volenti o nolenti, si sarà costretti ad ammettere che il dubbioavanzato da uno dei miei �‘informatori�’ (del quale in questa notanon si rivelerà il nome per delicatezza nei suoi confronti; d�’altraparte, non gli sarà difficile riconoscersi in quanto affermato) - chela sinestesia sia solo una truffa (o quantomeno che i risultati rag-giunti da questa siano poco accettabili anche dal punto di vistascientifico) - sia fondato.(3) Qui si è scelto un taglio libero, ovvero amodale, e il prescinde-re da un�’interpretazione (psico)analitica dei fatti è stato la naturaleconseguenza di tale scelta.(4) Si ricordi che, storicamente, la ricerca sinestetica non si è sem-pre limitata ai soli colore e suono, cioè vista e udito, ma ha spessoconsiderato, o tentato di considerare, anche altri sensi come nelnostro caso, il gusto, dunque i sapori.(5) Non si consideri la tabella come esaustiva di tutte le possibilita;d�’altra parte il carattere assolutamente non scientifico, ma anzi for-temente connotato in senso immateriale o addiruttura inconscio nedevia il rigore in direzione (naturalmente!) amodale.(6) L�’orribile presenza del verde militare non fa che sottolinearel�’aspetto di artificiosità (patologica) di quel �‘concetto di ordine�’ cheincontreremo tra poco.(7) La partitura verbale della composizione �“Lavoro�” di Giuseppe

Chiari, del 1965, così prescrive: �“l�’uomo ha molti oggetti / intornoa sé / li mette in ordine / secondo il suo concetto / di ordine�”.

Bibliografia: Chiari, G., �“Musica madre�”, Giampaolo Prearo Editore, Milano 1973.Dorfles, G. �“Il metodo per suonare Giuseppe Chiari�”, Martano Ed., Torino 1976.Giolfo, M., �“I suoni del deserto�”, Ananka, Torino 1998.Kandinsky, W., - Marc, F., �“Il Cavaliere Azzurro�”, SE, Milano 1988.�“La Nuova Enciclopedia della Musica�”, Garzanti, Milano 1991.Miti, L., �“Kisha�”, partitura manoscritta.Touma, H.H., �“La musica degli arabi�”, Sansoni, Firenze 1982.Veronesi, L., �“Proposta per una ricerca sui rapporti fra suono e colore�”, s.d.,Milano.I miei ringraziamenti, davvero sinceri, vanno naturalmente ad AlbertMayr per quella telefonata fatta �‘con quella generosità e con quellabontà che non sarà mai lodata abbastanza�’ (nonché per le sollecitee costose fotocopie del testo di Veronesi), ad Alexander Korostelevper le sue sollecitudini - checché lui ne dica - e simpatia e a LauraMarchetti per la traduzione in francese e la pazienza.

Pellegrinaggi e altre Musiche Sperimentali

di Albert Mayr

Cultura popolare e arti sperimentali

Ho spesso cercato di spezzare una lancia per un dialogo tracultura popolare e arti sperimentali. Per chiarire: per culturapopolare non è da intendersi quella che va incontro agliattuali gusti del popolo (o piuttosto ai gusti che l�’industriaculturale abilmente perpetua), ma ciò che è rimasto di quan-to si è più o meno organicamente formato nei diversi campidell�’attività culturale pre-industriale bella loro interazionecon le attività di sussistenza e con quelle sociali (in tedescoesiste l�’utilissima distinzione tra Volkskultur - che sarebbe laseconda - e volkstümlicher Kultur). Chiedendo al lettore diaccontentarsi di questa definizione poco approfondita di cul-tura popolare (che inoltre non tiene conto delle nuove cultu-re popolari urbane), ne do una pure approssimativa dell�’ar-te sperimentale: mi riferisco a quelle esperienze volutamenteminimali, povere e automarginalizzanti, che cercano di rive-dere radicalmente la teoria e la pratica di fare arte, minan-done alla base, per così dire, le forme tradizionali. dopoun�’intensa fioritura negli anni 60 e 70 e un�’ibernazione dicirca due decenni, esse da un pò di tempo si stanno riaffac-ciando sulla scena.Per avviare il discorso che seguirà propongo di dividere l�’in-sieme delle attività culturali in quattro settori: - La culturapopolare (CP), - La cultura di massa prodotta industrialmen-te (CIM), - La �“alta cultura�” dell�’establishment (cito anche quiil più azzeccato termine tedesco, cioè bürgerliche Hochkultur)(CAB), e infine - Le arti sperimentali (AS).Tra questi settori è possibile fare un raffronto su vari parame-tri. Qui ne scelgo due che sono direttamente collegati con leriflessioni che seguono.Il primo parametro che prendo in considerazione è quellodella reificazione-mercificazione dei prodotti. Questa, tral�’altro, richiede opere �“chiuse�”, univocamente distinguibili daciò che le circonda (nel caso delle arti figurative) o avvieneintorno ad esse (nel caso delle arti performative). La reifica-zione/mercificazione del prodotto richiede inoltre che perogni opera vi sia un autore (o un gruppo di autori) chiara-mente individuabile come tale e dunque legittimato a perce-pire diritti d�’autore.È evidente che questo parametro ha un valore alto per laCIM e la CAB, in quanto fondamentale per il funzionamento

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Abbiamo conosciuto Timoteo e lasintonia è stata ‘istantanea’ come isuoi clik. Insieme abbiamo concor-dato la pubblicazione delle sue foto-grafie esposte di recente e raccoltein un libro con note dell’autore e untesto di Vincenzo Mollica. Iniziamo con la prima sezione chetestimonia la triste situazione di que-sta zona delle Filippine, ‘MANILA:gente di Tondo’. Scrive l’autore: ‘Il quartiere di Tondoa Manila, spero, riesca a darvi lestesse sensazioni che anch’io hoavuto mentre le fotografavo: è ilposto peggiore che mi sia mai capi-tato di vedere al mondo, sia per imiasmi, sia per le condizioni igieni-che in cui vive quella gente’.

* * *

Timoteo Salomone ha ricevutoin dono un talento prezioso:l’arte di guardare. Mi riferisco

in particolare alla capacità di saperdistinguere e scegliere tra le millesollecitazioni che ci arrivano dagliocchi, ma soprattutto a quella qua-lità, che non si compra nei super-mercati, di saper cogliere le emo-zioni che vivono nelle immagini.Tutti hanno il privilegio di guardareuna immagine che la vita ci regala,pochi sono quelli che riescono adinterpretarla e cioè a farci vederemeglio quello che avevamo sotto gliocchi e non riuscivamo a capire.Timoteo Salomone è uno di questi,se ha davanti agli occhi una cine-presa, una telecamera o una mac-china fotografica riesce sempre acogliere quello che vede con unpunto di vista assolutamente perso-nale che risponde al suo stile, allasua cultura, alla sua anima. Eccoperché le immagini filtrate dallosguardo di Salomone sulla vita

sono uniche. Il suo è uno sguardod’artista, di uno che ha visto tanto etanto ha saputo raccontare dell’av-ventura umana con le sue immagi-ni, di uno che si èsempre tenutolontano dal gioco delle ambizioniper nutrirsi delle sensazioni e deisentimenti che partono dal cuore. Nello sguardo di Timoteo vive ladisarmante semplicità dei grandi, di

quelli che sanno narrare senza ilbisogno di complicazioni o di que-gli illogici frullati mentali che vannotanto di moda. Il suo sguardo è limpido perchémira all’essenza delle cose, dei fatti,delle persone attingendo al pozzogeneroso della sua umanità, nelsuo DNA non c’è traccia di retoricaed è per questo che gioia e dolore

TIMOTEO SALOMONEIstantanee in forma di ritratto

di Vincenzo Mollica

Per uno che fa il mio mestiere, che ha girato il mondo ed è stato testimone di situazioni diverse ed eclatanti, diventa quasi naturale voler mostrare agli altri le proprie sensazioni e i propri stati d’animo:

“Scrivere con la luce è come scrivere con l’anima. Quell’attimo particolare, quel gesto, quello sguardo impressi su di un pezzo di carta

incidono a volte più delle parole stesse”. (T.S.)

FOTOGRAFIA

RIVISTA di EQUIPèCO_Primavera 200550

gli camminano a fianco senza fin-zioni. Salomone non ha bisogno ditrucchi per affrontare la realtà, noncerca distorsioni o trasgressioni,semmai la voglia di vivere ovunquesi manifesti. Credo che le foto diquesto libro siano lo specchio ditutto quello che ho scritto finora. Gli argomenti: il quartiere di Tondo(Manila) dove 100.000 personesopravvivono su una discarica,Bhopal (India) la grande battagliadi Lapierre, un uomo coraggioso, lesuggestioni del Marocco, il glamourrubato al Festival del cinema diCannes, gli Angeli che questa terrarende visibili e basta saperli cerca-

re. Il risultato: le foto di Salomonesono dei racconti vivi e appassio-nanti, che possono essere vissuticome preghiere o inni alla vita,lampi di malinconia che fa rimaanche con ironia o semenze di soli-darietà. Considero un privilegio di fatto averpotuto vivere tante esperienze dilavoro al fianco di TimoteoSalomone, mi considero il suoSancho Panza che scrive parole chesarebbero niente senza la forzadelle sue immagini che segnanol’anima e non conoscono sfocature.Ho sempre detestato i cineoperato-ri che quando sbagliavano la messa

a fuoco delle immagini mi volevanoanche turlupinare parlando di sfo-cature artistiche. Questo tipo diatteggiamento non è mai apparte-nuto a Timoteo Salomone che ha ildono di muovere poco la telecame-ra, nel senso che privilegia sempreil gusto dell’inquadratura, rispettoal movimento di macchina, allecosiddette zoomate. A questo pro-posito Federico Fellini diceva unacosa sacrosanta: “Quando uncineoperatore muove troppo la tele-camera o la cinepresa vuoi dire cheha le idee molto confuse”. Timoteo Salomone ha semprerispettato questa regola non scritta,soprattutto perché sa trovare natu-ralmente il giusto punto di vista, lagiusta prospettiva da cui filmare ilcuore della storia, la sostanza delracconto.Questo fa la differenza tra un cer-catore d’immagini tarantolato euno che cerca di filtrare e capireattraverso il proprio sguardo ilmondo che gli gira intorno.Queste considerazioni che valgonoper le immagini in movimento sipossono applicare anche all’univer-so della fotografia. Quello checonta è lo spirito di ricerca insazia-bile, piuttosto che la temporaneaebbrezza che può regalare il giocodelle apparenze. Confesso che preferisco la parolaistantanea a fotografia, perchéporta con sé in maniera chiara l’es-senza di quest’arte e cioè la capaci-tà di fermare un istante, ma non unqualsiasi frutto di centinaia di scattifatti a mitraglia, bensì quell’unicoistante che valeva la pena di esserefermato, quell’unico istante che rie-sce a racchiudere in sé una emozio-ne che merita di essere tramandata.La passione per la fotografia nonnasce mai da uno sfogo narcisisti-co, ma dalla necessità di trovarequell’istante, quell’attimo in cui lavita sembra mostrarsi con la suafaccia più vera. Per fare questobasta saper guardare, basta un soloscatto, che vale come la pennellatadi un pittore che attraverso la tavo-lozza dei sentimenti cerca la lucegiusta per non perdersi nel buio. Sono tante le riflessioni e le emozio-ni che nascono dalle istantanee diTimoteo Salomone, sono immaginiche non si dimenticano, viste una

RIVISTA di EQUIPèCO_Primavera 2005 51

volta vanno ad arricchire il tesorodella nostra memoria, collocandosidove vivono i pensieri a cui attingia-mo per non perderci di vista, pernon perdere di vista il senso delnostro destino, per evitare che inostri giorni diventino una svista,per far sì che il nostro sguardo ciaccompagni sempre come unacamera con vista sul mondo, esatta-mente come ci insegna TimoteoSalomone con le sue poetiche istan-tanee.

* * *

Il ricavato del catalogo sarà devolu-to in beneficenza a: Parrocchia diSan Pablo Apostolo di Tondo(Manila); Convento di San France-sco di Palestrina; AssociazioneAlfredo Agro per la cura e la pre-venzione delle leucemie.

TIMOTEO SALOMONE, (Palestrina, 1942).Dopo il diploma in ragioneria, frequenta lascuola di cinema e televisione in Roma doveinizia facendo l’assistente operatore e parte-cipando alle riprese di film western, tanto dimoda negli anni 70. Con la crisi del cinemain Italia, inizia il cammino travolgente dellatelevisione. Primi contratti con la RAI nel1967 con due mesi di lavoro e sempre conla mansione di assistente operatore fino al1969, quando vince il concorso e vieneassunto a tempo indeterminato. Inizia l’atti-vità di operatore di ripresa nel ‘79 il TG3.Tre anni dopo si trasferisce definitivamenteal TG1. Ha lavorato i più importanti giorna-listi televisivi come Sergio Zavoli, AndreaBarbato, Enzo Biagi, Sandro Mazzarella,Franco Catucci, Paolo Frajese, AntonioCaprarica, Fabrizio Del Noce, DanteAlimenti, Angela Buttiglione, Maria LuisaBusi, Lamberto Sposini, Paolo Digiannan-tonio, Daniela Tagliafico, Luigi Saitta, FabioZavattaro, Giuseppe De Carli e VittorioCitterich, Clemente Mimun, VincenzoMollica ed altri. È stato testimone diretto nei conflitti inNicaragua, Salvador, Afghanistan, la guer-ra del Golfo in Israele. Per circa otto anni haeffettuato riprese nelle peregrinazioni delSanto Padre Giovanni Paolo II, spostandosinei vari continenti. Come telecineoperatoregiornalista ed inviato del TG1, e dopo 35anni di attività nel mondo televisivo dell’in-formazione d’attualità, ha voluto cimentarsicon la fotografia. La passione per l’istanta-nea è stata volutamente tenuta nascostaquasi per non disturbare l’amore per ilreportage, finché non è esplosa con ilcoraggio di voler affrontare il pubblico conuna mostra fotografica.

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LABORATORIO di MESSAGGI

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La Caverna di Platone ci ha suggerito l�’esistenza di un Universo percepibile solo indirettamente, tramiteproiezioni di ombre sul fondo della caverna. In tal modo si suggerisce un modo di rappresentazione diuna realtà superiore, della quale è possibile percepire la presenza nella nostra esistenza.

È un pensiero molto ardito, promessa per una via verso quanto vienechiamato Trascendenza. Ma non è più una que-stione di semplice conoscenza. Dobbiamo domandarci come Platone sia arrivato alla formulazione di un talepensiero. A nostra disposizione abbiamo solo congetture plausibili, che non possono essere certamente por-tate al livello di una inoppugnabile dimostrazione.Tuttavia, nella ricerca di congettureplausibili, possiamo proporre aspetticonvincenti all�’attenzione dei lettori, inmodo che essi possano valutare libera-mente sulla fondatezza di tali conget-ture.Possiamo sicuramente proporre un�“quasi�” assioma, dal quale partire:la sensibilità e l�’intelligenza degli uomi-ni del passato erano certamente alme-no alla pari con le nostre attuali.Nell�’antichità, però, non erano adisposizione riferimenti sicuri su tuttauna serie di fenomeni fisici. Nellaricerca spesso si cercava un appog-gio nella coscienza di qualcosa nonfacilmente dimostrabile, piuttosto chenella conoscenza.Perciò è plausibile che gli antichidedicassero più attenzione di noi allaosservazione e percezione di fenome-ni non propriamente fisici, ma non dimeno percepibili dalla coscienza.Sulla base di tali osservazioni, valutava-no la presenza esistenziale di qualco-sa che cercavano di �“fissare�” nellamente attraverso l�’uso di simbolipresi a prestito dalla realtà dellamanifestazione fisica. Sarebbe perògrossolanamente assurdo da partenostra interpretare alla lettera talisimboli, nel significato odierno. Leproposte del genere della Caverna,suggeriscono riferimenti che nonpossono certamente essere presi allalettera. In genere sono proposte chesi riferiscono a interpretazioni artisti-che di intuizioni particolarmente pro-fonde, in correlazione analogica conaltre cose più immediate della realtàfisica.In queste pagine, senza alcuna pre-tesa di costruire modelli di riferimen-to, vengono proposte indirettamentealcune idee, utilizzando immaginicomparabili fra di loro. In tali imma-gini, tramite variazioni della grafica,appaiono differenze percepibili,delle quali è ben difficile dare spie-

L�’Isola dei Morti di Arnold Böcklin e i sette Pianeti

di Paolo Civita

Questo è il quadro originale senza modifiche grafiche.

Questa immagine risulta sfocata rispetto alla precedente.

Questa invece è sfocata e contiene variazioni sui parametri dei colori.