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Le bedding plant aspetti fisiologici del ciclo di coltivazione Esercitazione dott. Vecchietti Lorenzo Esercitazione, 22/03/2012

Esercitazione bedding plant

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Le bedding plant aspetti fisiologici del ciclo di coltivazione

Esercitazione

dott. Vecchietti Lorenzo Esercitazione, 22/03/2012

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Le bedding plant • nonché le piante fiorite annuali (Larson, 1980), sono quelle

piante che compiono il loro ciclo molto rapidamente, nei pochi mesi compresi tra la primavera e l’inizio dell’inverno (Ghilseni e Quagliotti 1983).

• All’interno di questo gruppo di piante ricadono annuali, biennali, officinali, ricoprenti, perennanti, ortive, piccoli arbusti non resistenti al freddo (Buddleia).

• rappresentano una diffusa classe di piante molto importanti per la floricoltura mondiale, coltivate prevalentemente tutte nello stesso substrato di coltivazione e con la medesima tecnica colturale indipendentemente dalla specie. (Buck et al., 2003).

• Alucuni esempi:

Petunia, agerato, antirrino, impatients, lobelia, violacciocca, portulaca, balsamina, cappuccina, godezia, nemesia, flox, pisello, rudbeckia, salpiglossiss, ecc)

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Buddleia Black Knight

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Assortimento varietale Buddleia

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Petunie

Gerani

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Bedding plant

• L’attenzione nei confronti di questo gruppo di piante è stata più intensa nei paesi anglosassoni, nei quali con il termine bedding plant, si indicavano tradizionalmente le piante utilizzate per la realizzazione di aiuole (flower bad).

• Tutt’oggi per bedding plant si intendono tutte quelle piante erbacee il cui ciclo biologico prende origine in condizioni controllate e che poi sono destinate agli hobbisti e giardinieri per essere utilizzate all’aperto (Carlson e Johnson, 1985; Carlson et al., 1992).

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Molteplicità d’utilizzo di una specie

• A volte accade che alcune specie a seconda del mercato a cui è destinata può essere definita bedding plant o pianta d’appartamento, questo è il caso di:

• Primula x polyantha

• P. malacoides

• Begonia semperflorens - cultorum

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Primula x polyantha

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P. malacoides

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Begonia semperflorens - cultorum

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Usi principali delle bedding plant

Il loro impiego può essere diviso in due principali segmenti

1. Consumo familiare hobbistico (giardini famigliari)

2. Verde pubblico (giardini pubblici ad elevata ornamentalità)

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La resistenza alle basse temperature

• Piante in grado di tollerare temperature relativamente basse (in genere da –1 a –2°C).

• Fra le specie resistenti al freddo, ad esempio, Armitage (1994) distingue ulteriormente tre gruppi caratterizzati da crescente resistenza a questo fattore di stress.

• È stato osservato che Primula acaulis è molto resistente al freddo rispetto alla congenere P. malacoides; allo stesso modo Salvia farinosa riesce a tollerare le basse temperature meglio di S. splendens (Armitage, 1994).

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Resistenza al freddo di spp. di Primula

P. malacoides P. acaulis

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Resistenza al freddo di spp. di Salvia

Salvia farinosa S. splendens

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• La tolleranza al freddo, oltre ad essere un fattore genetico, può venire influenzata dal contenuto in sostanza secca della pianta ma anche dal turgore dei tessuti. È stato cosi evidenziato che piante non sufficientemente indurite riescono a tollerare meglio il freddo se sono state adeguatamente irrigate e protette dai venti, che possono determinare una eccessiva disidratazione dei tessuti per effetto della più elevata traspirazione.

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• Se numerosi sono i contributi rivolti a definire l’effetto delle basse temperatura sui tempi e modi di successione delle diverse fasi di crescita e di sviluppo (Armitage, 1994; Adams et al., 1997; Serra et al., 1991), le indicazioni sono meno ampie per le regioni più meridionali d’Italia per le quali è necessario individuare specie capaci di fiorire anche in condizioni di elevate temperature; in considerazione della particolare mitezza del clima.

• Nei nostri climi si avverte l’esigenza e/o l’opportunità di estendere il periodo di commercializzazione del prodotto fino a considerare l’intero arco dell’anno.

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La resistenza alle alte temperature

• Un altro aspetto che influenza notevolmente il ciclo biologico delle bedding plant sono le temperature elevate.

• La capacità di tollerare le alte temperature dipende da molteplici fattori quali possono essere la genetica della specie e la modalità di gestione del ciclo di coltivazione.

• È stato dimostrato che temperature più basse di 6 – 10°C nel corso della notte possono consentire alle piante stesse di tollerare meglio le elevate temperature diurne. Un altro fattore che influenza positivamente il ciclo biologico di bedding plant in climi caldi è l’elevata UR (Armitage, 1994)

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La propagazione • La propagazione delle bedding plant avviene usualmente per

seme ad eccezione di alcune specie quali ad esempio il geranio (Pelargonium x hortorum) e Impatients della Nuova Guinea, per le quali vengono impiegate talee.

• Tutti i semi posti a germinare vengono posti all’interno di contenitori alveolari all’interno del quale si ottengo piante pronte da trapiantare (plug method).

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Le fasi di crescita in alveolo nelle bedding plant

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• Nell’ambito della propagazione per seme uno dei problemi fondamentali è la dormienza dei semi; intesa come una temporanea sospensione della crescita visibile in ogni organo della pianta che contiene meristema (Lang et al., 1987)

• Tipi di dormienza 1. Primaria (legata ai tegumenti) 2. Morfologica 3. Chimica 4. Fisiologica • Tale fenomeno di dormienza può essere superato attraverso processi di

scarificatura, trattamento chimico ma ancora una volta il trattamento termico a basse o alte temperature può indurre un interruzione della dormienza. Ciò dimostra l’influenza delle temperature sulla fisiologia delle sementi.

• La temperatura è il fattore più importante che regola il processo di germinazione. Temperature più elevate di solito inducono germinazioni più veloci fino ad arrivare al massimo alle temperature ottimali. Se la velocità di germinazione aumenta con l’aumentare di temperatura, di contro la percentuale di germinazione rimane abbastanza costante in lunghi intervalli di temperatura.

La germinazione e la temperatura

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• Anche per la germinazione si fa riferimento ai cosidetti cardinali termici (temperatura minima, ottimale e massima) (Edwards, 1932).

• Per molti semi non dormienti di bedding plant, la temperatura ottimale di germinazione si colloca tra 24 e 30°C. le diverse specie possono essere classificate in base alle esigenze termiche in fase di germinazione che ovviamente rispettano l’ambiente d’origine.

• Una classificazione funzionale suddivide le bedding plant in base alle esigenze termiche in fase di germinazione. In base a questa classificazione le bedding plant si distinguono in:

1. Specie tolleranti alle basse temperature durante la fase di germinazione

2. Specie che richiedono basse temperature durante la

fase di germinazione

3. Specie che richiedono alte temperature durante la fase

di germinazione

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Specie tolleranti alle basse temperature durante la fase di germinazione

Bellis perennis

Lobelia sp. Lobularia maritima

Bellis annua

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Specie che richiedono basse temperature durante la fase di germinazione

Viola

Delphinium spp.

Viola

Primula spp.

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• È questo un fattore che può diventare limitante nel processo di germinazione. In numerosi generi (Amaranthus, Browallia, Digitalis, Epilobium, Lythrum) i semi devono essere esposti alla luce affinché avvenga la germinazione. Di contro in alcune specie il processo di germinazione non può avvenire se i semi vengono esposti alla luce (Evenari, 1965; Wilkins, 1969) (Lamium, Phacelia, Phlox).

• Non tutte le specie di un ordine rispondono allo stesso modo a luce e temperatura, inoltre significative differenze si possono avere tra diverse cultivar.

• Ad esempio il caso della petunia in cui ci sono cv che hanno una fortissima dipendenza dalla luce in altre invece la germinazione avviene sia in condizioni di luce che di buio (Cathey 1964).

• È stato dimostrato anche che semi di petunia e impatiens non debbano essere ricoperti durante la fase di germinazione (Holcomb e Mastarlez, 1985).

La germinazione e la luce

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Le coltivazione delle bedding plant e

l’influenza dei fattori ambientali

• Gli studi sulla fisiologia delle bedding plant non sono

stati numerosi. L’interesse della ricerca è stato rivolto ad

aumentare la qualità, la resa e soprattutto ridurre il

periodo necessario per ottenere una pianta fiorita.

• La ricerca ha cercato di analizzare l’influenza di fattori

ambientali quali temperatura, fotoperiodo, illuminazione

supplementare, sulle caratteristiche qualitative della

produzione.

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La temperatura

• La dipendenza delle piante dalla temperatura è legata innanzitutto al fatto che tutte le reazioni biochimiche dipendono dalla disponibilità di energia, di solito sotto forma di energia cinetica. Tanto più elevata è la soglia energetica necessaria per sostenere le reazioni tanto più il processo considerato è dipendente dalla temperatura. Concetto assimilabile all’energia di attivazione delle reazioni chimiche.

• Al contrario dei processi puramente chimici, dove quanto più alta è la temperatura più ne risulta veloce la cinetica di reazione, nelle reazioni biochimiche esiste un punto in cui la cinetica è massima oltre il quale la velocità di reazione diminuisce repentinamente. Ciò è da attribuire alla conformazione dei complessi enzimatici che possiedono una forma spaziale tale da operare la reazione esclusivamente in determinati intervalli di temperatura.

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• A ragione di quanto detto la temperatura influenza la crescita della pianta ma la comprensione delle correlazioni tra i processi biologici e le variazioni di temperatura possono risultare difficoltosi per varie ragioni.

1. A causa del fenomeno di isteresi che caratterizza i diversi organi della pianta

2. L’ambiente di coltivazione seppure operando in camere di crescita non ha mai la stessa temperatura in tutti punti

3. Capacità delle piante di reagire non ad una temperatura istantanea ma ad una media di temperature nel tempo e alle oscillazione di temperatura attorno alla media

4. Un altro problema è rappresentato dalle caratteristiche intrinseche del fattore temperatura che infatti al contrario di altri parametri ambientali non può essere data o tolta ma soltanto variata, in quanto espressione diretta dello stato energetico della materia.

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• È stato dimostrato come la intensità dei processi di crescita e di sviluppo della pianta posa variare in rapporto ai livelli termici dell’aria e di quelli dell’apparato radicale.

• Temperatura più elevate a livello radicale possano attenuare le conseguenze di più bassi livelli termici dell’aria, almeno ai fini dell’accrescimento (Maletta e Janes, 1987) e della produzione (Gosselin e Trudel, 1983; Jones et al., 1978).

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• Altra notevole difficoltà nell’analisi dei rapporti tra crescita e temperatura risiede nel fatto che l’influenza di quest’ultima è variabile nelle diverse fasi della vita della pianta.

• Occorre inoltre considerare che tale influenza si attua in rapporto non solo al valore medio della temperatura ma anche alle variazioni temporali più o meno cicliche di questo fattore, soprattutto quando gli estremi ricadono al di fuori dell’intervallo termico ritenuto ottimale.

• L’intervallo di temperatura, in corrispondenza del quale la pianta si accresce, è più ristretto di quello che rende possibile la vita della pianta stessa. La crescita è condizionata infatti dalla disponibilità di materiali che prendono origine da processi di organicazione, la cui produzione, però, deve superare il consumo respiratorio.

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• Con l’aumentare della temperatura aumenta in genere l’intensità sia della fotosintesi che della respirazione.

• Superata la soglia ottimale, che per le piante a ciclo C3 in condizioni altrettanto ottimali di intensità luminosa e di concentrazione di CO2 si aggira sui 25-30°C, il processo di fotosintesi si attenua fino ad arrestarsi.

• Ne consegue che alle temperature più elevate la pianta sopravvive, ma non può accrescersi. In realtà sul decorso dei due processi interagiscono altri fattori, quali l’intensità luminosa, la disponibilità idrica, la traspirazione, che contribuiscono a modificare o mascherare gli effetti della temperatura, rendendo ancora più difficile le relazioni tra livelli termici ed accrescimento.

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• La temperatura controlla il metabolismo chimico e influenza grandemente alcune importanti caratteristiche come:

1. il periodo per raggiungere l’antesi

2. il numero di fiori

3. l’altezza

4. la produzione di peso secco da parte della pianta.

• Le temperature ottimali differiscono ovviamente per le diverse specie; per molte annuali da fiore estive temperature inferiori a 10°C determinano una crescita molto lenta e stentata mentre temperature superiori a 30°C riducono le caratteristiche qualitative dei fiori.

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• I livelli di temperatura ottimale sono spesso diversi in rapporto allo stadio della pianta. In generale le esigenze termiche aumentano, almeno nelle piante annuali, dai primi stadi di vita fino alla maturazione dei semi.

• Ciò che si può affermare con certezza è che la crescita si verifica entro un determinato intervallo termico definito da un valore minimo e da un valore massimo (oltre che da un valore ottimale)

• All’interno del gruppo delle bedding plant, temperature basse, nell’ordine di 10°C, comportano una crescita lenta, una pianta più compatta e soprattutto ritardano la fioritura. Questo è stato dimostrato in geranio (Armitage et al., 1981), in petunia (Wolnick e Mastarlez, 1969; Kaczperski et al., 1991) e in numerose altre specie (Seeley, 1985).

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Influenza del ΔT

• Sia la temperatura diurna che quella notturna influenzano la crescita delle bedding plant. L’escursione termica tra giorno e notte influenza l’allungamento degli internodi, per cui riuscire a controllare tale escursione è diventano un mezzo efficace per il controllo della statura. In genere le differenze di quest’ultima sono soprattutto imputabili alla lunghezza degli internodi più che al numero di nodi differenziati (Kaczperski et al., 1991).

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La luce

• Rappresenta un fattore indispensabile per la vita delle piante in quanto queste, grazie all’energia radiante, possono svolgere il processo di fotosintesi ed altre importanti funzioni.

• L’importanza della radiazione luminosa per la vita vegetale è data da (Vazzana 1998):

1. Effetto termico. La radiazione è il modo con il quale l’energia viene scambiata tra l’atmosfera e le piante; la radiazione del sole fornisce li più importante input energetico alla piante: la maggior parte di questa energia, necessaria per molti processi essenziali, viene convertita in calore e va a determinare la temperatura dei tessuti, regolando la velocità dei processi metabolici e i loro relativi bilanci.

2. Fotosintesi. Parte dell’energia assorbita dalle piante è usata per la sintesi di legami ricchi di energia in composti del carbonio; ciò è possibile solo nei vegetali a clorofilla.

3. Fotomorfogenesi. La regolazione della crescita e dello sviluppo delle piante è funzione della quantità e della distribuzione spettrale della radiazione ad onda corta.

4. Mutagenesi. Radiazione ad alta energia, ad onde molto corte, compresi gli ultravioletti, i raggi X e le radiazioni gamma, possono determinare alterazioni a carico del materiale genetico.

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• Dalla enorme quantità di energia ad ampio spettro emessa dal sole (Noggle et al., 1984), la terra intercetta soltanto una piccola frazione.

• Le radiazioni fotosinteticamente attive ( PAR, Photosynthetically Active Radiation), utilizzate dalle piante per avviare il processo fotosintetico, coincidono per lo più con le radiazioni dello spettro del visibile e la loro lunghezza d’onda varia dal violetto (380 nm) al rosso lontano (750 nm).

La luce

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• Tre sono le maggiori componenti della “luce” che interagiscono con la crescita e la fioritura delle bedding plant:

1. l’intensità della radiazione,

2. la durata (il fotoperiodo)

3. la qualità (il colore).

• Ciascuno di esse è importante nell’influenzare il processo di fioritura, la crescita e la qualità della pianta.

La luce

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• Al di là degli effetti del fotoperiodo sull’induzione fiorale, si può ricordare come la durata del giorno possa influenzare significativamente le caratteristiche delle piante stesse. In molti casi un cambiamento nel fotoperiodo può determinare un aumento della crescita vegetativa dei germogli basali.

• In petunia (Petunia X hybrida), ad esempio, piante cresciute in condizioni di giorno corto manifestano un numero più rilevante di germogli basali rispetto a quelle cresciute in condizioni di giorno lungo.

• Questo comporta che siano numerosi i germogli che giungono contemporaneamente all’antesi. Cosi piante di petunia per le quali si avvia piuttosto precocemente il ciclo si presentano più ramificate, più corte, ma più lente a fiorire.

La luce

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• La dipendenza di alcune specie di bedding plant dalla quantità di radiazione a disposizione comporta che in molte località nelle quali il livello di luce nel corso del periodo invernale è piuttosto basso si ritenga opportuno somministrare un’illuminazione supplementare per aumentare il ritmo di crescita ma anche la fioritura.

• In questi casi, pur non modificando la durata del giorno, l’adozione di lampade – ad alta pressione di sodio, al mercurio o fluorescenti – riesce ad aumentare la quantità di luce a disposizione delle piante.

• Dato che l’obiettivo è quello di incrementare la crescita attraverso lo stimolo della fotosintesi, si cerca di somministrare luce all’interno dello spettro fotosinteticamente attivo (400-700 nm).

La luce

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• Le bedding plant sono spesso classificate, facendo riferimento al periodo necessario fra semina e fioritura, in colture di durata variabile da 8, 10, 12 e 14 settimane.

• Nelle colture da 10 settimane (es. impatiens, petunia), l’illuminazione supplementare è utile soprattutto fino alla quinta settimana.

• La luce può essere applicata poco dopo la comparsa dei cotiledoni. L’illuminazione supplementare determina un maggior incremento in peso secco e quindi consente di accelerare le fasi del ciclo.

La luce

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La luce

• Piante di Ageratum, Pelargonium, Petunia e Salvia sottoposte a illuminazione supplementare (300-350 foot candle per 18 h per 4-5 settimane) presentano un incremento in peso secco tra il 10 e il 15% (Armitage, 1985)

Salvia Ageratum Pelargonium dark lady Petunia

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Controllo della crescita

• Al di là dell’influenza dei fattori climatici una modalità ampiamente usata in floricoltura per il controllo della crescita ed in particolare della taglia della pianta è quella chimica attraverso soprattutto l’impiego di fitoregolatori brachizzanti.

• Gli elevati investimenti unitari adottati per meglio utilizzare lo spazio inducono fenomeni di filatura a carico delle piante

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• Fra i metodi che vengono più frequentemente adottati nel controllo della statura vi sono:

1. fitoregolatori

2. controllo delle temperature diurna e notturna (il cosiddetto DIF).

3. stimoli meccanici (brushing)

4. manipolazione della qualità dello spettro della luce (attraverso l’impiego di film fotoselettivi)

Controllo della crescita

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I fitoregolatori

• Ampiamente utilizzati, in particolare la scelta è stata indirizzata su quelle molecole in grado di ridurre l’allungamento degli internodi. Le sostanze impiegate bloccano la sintesi delle gibberelline (Lang, 1970); ciò è stato dimostrato da appositi esperimenti nei quali venivano applicate della gibberelline per contrastare l’effetto dei diversi brachizzanti. In quasi tutti i casi è stato dimostrato che è possibile ottenere l’effetto inverso grazie all’impiego delle gibberelline (E1-Zeftawi, 1980; Wample e Culver, 1983; Armitage, 1986a).

• I regolatori di crescita influenzano anche il contenuto in carotenoidi (Greenwald, 1972; E1-Zeftawi, 1980) ed aumentano il contenuto in clorofilla (Halfacre et al.,1969; Tezuka et al., 1980; Starman et al., 1989), il che tende a rendere le piante “più verdi” dopo l’applicazione dei fitoregolatori stessi.

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• Trattamenti con brachizzanti comportano inoltre minori consumi idrici che vengono attribuiti alla riduzione della superficie fogliare.

• Trattamenti inappropriati di chlormequat (dosi eccessive o applicate in corrispondenza di alte temperature) possono determinare danni alle foglie che presentano delle clorosi marginali a carico della lamina.

I fitoregolatori

chlormequat

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Percentuali relative ai consumi di prodotti fitoregolatori distribuiti in Liguria come riscontrato dalle indagini sul campo

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Percentuali relative ai consumi di prodotti fitoregolatori distribuiti in Lazio come riscontrato dalle indagini sul campo

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Principi attivi e impiego sulle specie

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Principi attivi e impiego sulle specie

• Uno degli aspetti applicativi più considerati dalle numerose ricerche sull’argomento è connesso all’individuazione della dose e soprattutto del momento e della modalità di impiego di queste sostanze, in quanto questi possono variare fortemente in rapporto alla specie, alla cultivar ed alle condizioni di coltivazione.

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• I regolatori di crescita influenzano anche la fioritura. In molte specie in realtà la fioritura è poco influenzata o solo lievemente ritardata. In geranio l’impiego di Cycocel determina un ritardo sensibile nelle fioritura (Mirando e Carlson, 1980).

• In numerose specie la fioritura è ritardata quando queste sostanze sono applicate dopo che è avvenuta l’induzione fiorale. In begonia (Begonia Semperflorens-Cultorum) è stato invece rilevato come il trattamento Chlormequat determini un aumento del numero di fiori differenziati.

Begonia Semperflorens-Cultorum

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Il DIF

• Sono numerosi i riferimenti che hanno dimostrato che la morfogenesi in un elevato numero di specie è influenzata dalla differenza tra giorno e notte (DIF). Il DIF ha un significativo effetto sull’allungamento degli internodi e quindi sulla statura delle piante stesse. Se le piante sono sottoposte a temperature diurne più elevate di quelle notturne – e in questo caso si parla di un DIF positivo (+DIF) – gli internodi tendono ad allungarsi; viceversa se sottoposti a un DIF negativo (-DIF), con temperature notturne superiori alle diurne, gli internodi si accorciano.

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• A questo proposito, dopo approfondito studi Moe e Mortensen (1992) hanno riassunto le ricerche condotte al livello mondiale sul DIF rilevando che:

• la temperatura media giornaliera (ADT) ha un effetto trascurabile sull’allungamento dello stelo;

• la differenza tra giorno e notte influenza fortemente la lunghezza degli internodi e quindi la statura in numerose colture da vaso;

• la risposta al DIF è quantitativa: più elevato è il valore del DIF, più grande è la risposta (Erwin et al., 1989, 1991);

• l’entità della risposta al cambiamento del DIF non è la stessa per tutti i valori del DIF stesso: l’allungamento degli internodi si incrementa di più quando il DIF aumenta da zero a un valore positivo rispetto a quando questo passa da un valore negativo allo zero;

Il DIF

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• il DIF ha una maggiore influenza sulla statura delle piante nei periodi di più rapida crescita.

• Ulteriori lavori hanno ipotizzato che la risposta al DIF può essere mediata o interagisce con il citocromo. Lavori su Campanula hanno dimostrato che un basso rapporto fra radiazioni rosse e rosso lontano (luce incandescente) annullano l’effetto del DIF, mentre un altro rapporto fra le lunghezze d’onda prima citate aumenta l’effetto del DIF negativo (Moe et al., 1991).

• Sembra che il DIF influenzi la sintesi e l’azione delle gibberelline che sono coinvolte nell’allungamento dello stelo.

Il DIF

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• La risposta al differenziale termico è maggiore con temperature medie moderate mentre è ridotta con temperature alte o basse (Vogelazand, 1992). Molte bedding plant rispondono all’applicazione di DIF, come Antirrhinum, Gelosia, Dianthus, Hypoestes, Impatiens, Pelargonium, Petunia e Salvia. Il tacete (Tagetes papula) invece mostra una risposta piuttosto modesta (Heins e Erwin, 1990).

• Nonostante i lusinghieri successi tale tecnica non si è diffusa nella realtà operativa mediterranea, in quanto, a causa degli elevati livelli delle temperature diurne risulta molto difficile assicurare un DIF negativo alle colture. Il costo energetico ed economico della riduzione delle temperature diurne rende infatti praticamente improponibile tale tecnologia.

Il DIF

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Il Cool morning

• All’alba la qualità della luce (rosso) stimola fortemente l’allungamento degli internodi quindi la pianta cresce in altezza solo alle prime ore del mattino (fenomeno della “sfilatura”)

• Se si diminuisce la temperatura nelle prime ore di luce (alba) la pianta non reagisce più all’allungamento dato dalla luce.

• La tecnica prevede che due ore prima dell’alba si spegne il riscaldamento e si aprono le finestre della serra per fare scendere la temperatura di 4°C rispetto a quella che si è mantenuta in serra durante la notte.

• Questo abbassamento della temperatura deve durare per 4 ore.

• Due ore dopo l’alba si chiudono le finestre e si riattiva il riscaldamento per ritornare ai valori normali.

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Il Cool morning

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Stimoli meccanici il controllo della crescita

• Un altro possibile mezzo per il controllo non chimico dell’altezza delle piante è il condizionamento meccanico, che consiste in una stimolazione fisica, come lo spazzolamento, scuotimento o la ventilazione, applicata deliberatamente alla pianta con lo scopo di controllare la crescita e le caratteristiche qualitative (Latimer, 1991; Mitchell, 1996).

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• Esperimenti su diverse specie hanno rivelato effetti positivi sulla qualità delle piante; su Viola tricolor, ad esempio, si è ottenuta una riduzione dal 25 al 30% della lunghezza del picciolo senza causare danni alle piante comprometterne la fioritura (Garner e Langton, 1997).

• Risultati positivi sono stati rilevati da Autio et al., (1994) su Callistephus chinensis, Senecio bicolor e Petunia, da Verzieri et al. (2002) su Salvia splendens e da Fontana et al., (2003) su Dianthus spp.

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Piante di Salvia splendens a cui è

stata applicata la tecnica del

brushing

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Impiego della luce

• Nel controllo della statura è stata adottata una tecnica alternativa che prevede l’impiego di brevi trattamenti notturni con radiazioni UV su alcune piante da fiore;

• Salvia splendens, in particolare, è stata utilizzata in numerose prove come modello per indagare l’influenza di tali radiazioni sulla riduzione della taglia.

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Riduzione della dose di P

• Studi di questo tipo hanno dimostrato che tale trattamento provoca dei problemi nella crescita dei germogli e nella fioritura su specie come: Salvia, Petunia, Pelargonium.

• In Impatiens la larghezza pianta e il numero di internodi sono stati ridotti; tuttavia, il numero di fiori e il numero di germogli non sono stati influenzati. I risultati implicano che per Impatiens, la riduzione dell'uso di regolatori di crescita chimico è possibile.

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