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G. Langella, P. Frare, P. Gresti, U. Motta letteratura it Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori Tutti i diritti riservati © Pearson Italia S.p.A. 1 U no degli snodi fondamentali, per comprendere il passaggio dall’epoca medievale all’età uma- nistica e rinascimentale, concerne il mutato atteg- giamento nei confronti della tradizione classica. Il brano che segue, tratto dal volume L’umanesimo italiano (pubblicato per la prima volta nel 1952), aiuta a fare chiarezza al proposito. Non è vero – sostiene qui Garin – che il Medioevo non leggesse e non conoscesse i classici: il pensiero medievale è anzi permeato e nutrito dalla cultura greco-latina. E però di quella cultura, delle opere e degli autori caratterizzanti, il Medioevo non era interessato a co- gliere i tratti specifici, individuali e inimitabili. Ne assorbiva semplicemente quanto, nel complesso, oc- corresse alla costruzione del proprio sapere, teologico e filosofico. Matura invece nel corso del XV e XVI secolo una sensibilità storica diversa: interessata a studiare i classici più a fondo, per riconoscerne l’ec- cezionalità, l’unicità irripetibile. Capirne e ricordar- ne l’esatta lezione, a tanti secoli di distanza, divenne dunque il modo per prendere meglio coscienza, nel confronto, anche della propria identità e differenza. Opera: L’umanesimo italiano. Filosofia e vita civile nel Rinascimento Punti chiave: Due approcci diversi verso la classicità La distanza rispetto ai classici Un nuovo modo di studiare i classici Bisogna senza dubbio ricordare che il Medioevo leggeva i classici, li traduceva; sapeva il greco, almeno in certi tempi e luoghi; aveva interessi naturalistici, e così via. Bisogna rendersi conto che, sì, il Medioevo, niente affatto tenebroso e barbaro, ma pieno di luci di civiltà e di grandezza di pensiero, si cibò dell’antichità e la fece propria. Solo che il problema più grave è altrove, e cioè nella determinazione positiva di modi e toni e forme diverse di vita e di cultura 1 . Meglio si conosce il Medioevo, e più si vede quanto nella sua cultura si prolungasse la cultura antica. Modi d’insegnamento, vedute e dottrine sopravvivono variamente. Se il mondo classico ha esaurito la sua linfa vitale, rimangono i suoi echi consegnati a com- pilazioni 2 e a manuali, fissati in moduli scolastici. Il cristianesimo non sostituì affatto – come voleva Tertulliano 3 – il Portico di Atene con i templi di Gerusalemme 4 . Atene e Roma vivono nelle scuole 5 ; non nelle dottrine di Platone o di Aristotele o di Lucrezio 6 , ormai così lontane, e troppo alte e solenni. […] Proprio l’atteggiamento assunto di fronte alla cultura del passato, al passato, definisce chiaramente l’essenza dell’umanesimo. E la peculiarità di tale atteggiamento non va col- locata in un singolare moto d’ammirazione o d’affetto, né in una conoscenza più larga, ma in una ben definita coscienza storica. I «barbari» non furono tali per avere ignorato i 5 10 15 1. Solo che… cultura: solo che il punto più decisivo, per distinguere Medioevo e Umanesimo, è un altro, e riguarda la necessità di identificare due diversi modi di assimilare la cultura classica rielaborandola in differenti forme di vita e cultura. 2. compilazioni: sintesi o antologie. 3. Tertulliano: Quinto Settimio Tertul- liano (155-220 circa), uno dei primi e più intensi apologeti della cultura cri- stiana al cospetto della civiltà classica. 4. il Portico… Gerusalemme: la scuo- la dei filosofi greci (simboleggiata dal Portico di Atene: il nome con cui si in- dicava la scuola filosofica fondata da Zenone alla fine del IV sec. a.C.) con quella di Cristo e degli Apostoli (sim- boleggiata dal tempio di Gerusalem- me). 5. Atene… scuole: la cultura classica, elaborata ad Atene e a Roma, sopravvi- ve tramite l’insegnamento scolastico. 6. Lucrezio: il poeta latino Tito Lucre- zio Caro (I sec. a.C.). che tradusse nei suoi versi la dottrina filosofica degli epicurei greci, di stampo materialista. Eugenio Garin L’amore per i classici 1 VOLUME Scaffale della critica Lezione profilo C. L’Umanesimo e il Rinascimento 3

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G. Langella, P. Frare, P. Gresti, U. Mottaletteratura it Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori Tutti i diritti riservati © Pearson Italia S.p.A. 1

Uno degli snodi fondamentali, per comprendere il passaggio dall’epoca medievale all’età uma-

nistica e rinascimentale, concerne il mutato atteg-giamento nei confronti della tradizione classica. Il brano che segue, tratto dal volume L’umanesimo italiano (pubblicato per la prima volta nel 1952), aiuta a fare chiarezza al proposito. Non è vero – sostiene qui Garin – che il Medioevo non leggesse e non conoscesse i classici: il pensiero medievale è anzi permeato e nutrito dalla cultura greco-latina. E però di quella cultura, delle opere e degli autori

caratterizzanti, il Medioevo non era interessato a co-gliere i tratti specifici, individuali e inimitabili. Ne assorbiva semplicemente quanto, nel complesso, oc-corresse alla costruzione del proprio sapere, teologico e filosofico. Matura invece nel corso del XV e XVI secolo una sensibilità storica diversa: interessata a studiare i classici più a fondo, per riconoscerne l’ec-cezionalità, l’unicità irripetibile. Capirne e ricordar-ne l’esatta lezione, a tanti secoli di distanza, divenne dunque il modo per prendere meglio coscienza, nel confronto, anche della propria identità e differenza.

Opera: L’umanesimo italiano. Filosofia e vita civile nel Rinascimento

Punti chiave: Due approcci diversi verso la classicità La distanza rispetto ai classici Un nuovo modo di studiare i classici

Bisogna senza dubbio ricordare che il Medioevo leggeva i classici, li traduceva; sapeva il greco, almeno in certi tempi e luoghi; aveva interessi naturalistici, e così via. Bisogna rendersi conto che, sì, il Medioevo, niente affatto tenebroso e barbaro, ma pieno di luci di civiltà e di grandezza di pensiero, si cibò dell’antichità e la fece propria. Solo che il problema più grave è altrove, e cioè nella determinazione positiva di modi e toni e forme diverse di vita e di cultura1.Meglio si conosce il Medioevo, e più si vede quanto nella sua cultura si prolungasse la cultura antica. Modi d’insegnamento, vedute e dottrine sopravvivono variamente. Se il mondo classico ha esaurito la sua linfa vitale, rimangono i suoi echi consegnati a com-pilazioni2 e a manuali, fissati in moduli scolastici. Il cristianesimo non sostituì affatto – come voleva Tertulliano3 – il Portico di Atene con i templi di Gerusalemme4. Atene e Roma vivono nelle scuole5; non nelle dottrine di Platone o di Aristotele o di Lucrezio6, ormai così lontane, e troppo alte e solenni. […]Proprio l’atteggiamento assunto di fronte alla cultura del passato, al passato, definisce chiaramente l’essenza dell’umanesimo. E la peculiarità di tale atteggiamento non va col-locata in un singolare moto d’ammirazione o d’affetto, né in una conoscenza più larga, ma in una ben definita coscienza storica. I «barbari» non furono tali per avere ignorato i

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1. Solo che… cultura: solo che il punto più decisivo, per distinguere Medioevo e Umanesimo, è un altro, e riguarda la necessità di identificare due diversi modi di assimilare la cultura classica rielaborandola in differenti forme di vita e cultura.2. compilazioni: sintesi o antologie.3. Tertulliano: Quinto Settimio Tertul-

liano (155-220 circa), uno dei primi e più intensi apologeti della cultura cri-stiana al cospetto della civiltà classica.4. il Portico… Gerusalemme: la scuo-la dei filosofi greci (simboleggiata dal Portico di Atene: il nome con cui si in-dicava la scuola filosofica fondata da Zenone alla fine del IV sec. a.C.) con quella di Cristo e degli Apostoli (sim-

boleggiata dal tempio di Gerusalem-me).5. Atene… scuole: la cultura classica, elaborata ad Atene e a Roma, sopravvi-ve tramite l’insegnamento scolastico.6. Lucrezio: il poeta latino Tito Lucre-zio Caro (I sec. a.C.). che tradusse nei suoi versi la dottrina filosofica degli epicurei greci, di stampo materialista.

Eugenio Garin

L’amore per i classici

1VOLUME

Scaffale della critica1VOLUME

Scaffale della critica Lezione profiloC. L’Umanesimo e il Rinascimento 3

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1VOLUME

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classici, ma per non averli compresi nella verità7 della loro situazione storica. Gli umani-sti scoprono i classici perché li distaccano da sé, tentando di definirli senza confondere col proprio il loro latino. Perciò l’umanesimo ha veramente scoperto gli antichi, siano essi Virgilio o Aristotele pur notissimi nel Medioevo: perché ha restituito Virgilio al suo tempo e al suo mondo, e ha cercato di spiegare Aristotele nell’ambito dei problemi e delle conoscenze dell’Atene del quarto secolo avanti Cristo. Onde non può né deve distinguersi, nell’umanesimo, la scoperta del mondo antico e la scoperta dell’uomo, perché furon tutt’uno; perché scoprir l’antico come tale fu commisurare8 sé ad esso, e staccarsene, e porsi in rapporto con esso. Significò tempo e memoria9, e senso della creazione umana e dell’opera terrena e della responsabilità. Ché non a caso i maggiori umanisti furono in gran numero uomini di Stato, uomini attivi, usi10 al libero operare nella vita pubblica del tempo loro.Ma il punto in cui si concretò11 quella presa di coscienza fu l’accendersi di una discus-sione critica innanzi ai documenti del passato che, indipendentemente da ogni resultato specifico, permise di stabilire una nostra distanza rispetto a quel passato.[…]Questo è il senso della «filologia» umanistica: e ben si capisce che questi uomini fosse-ro pedantissimi12, sensibili come erano alla fecondità di un metodo13. Perché v’è tanto commovente amore in quel desiderio esasperato di recuperare quanti più ricordi è pos-sibile dell’umana fatica. Poiché la verità aperta agli uomini è tutta in quest’opera, in questo poieîn14 infaticabile, in questo nostro mondo: ed afferrarne il senso è conquistare il senso di noi, dei nostri limiti, come delle nostre possibilità.

E. Garin, L’umanesimo italiano. Filosofia e vita civile nel Rinascimento,Laterza, Roma-Bari 1994.

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Eugenio Garin è nato a Rieti il 9 maggio 1909. Professore di storia della filosofia all’università di Firenze e di storia del pensiero del Rinascimento alla Scuola normale superiore di Pisa, è stato uno dei più grandi studiosi della cultura uma-nistica e rinascimentale del Novecento. Nelle sue opere, pur sottolineando il carattere innovativo della letteratura morale e civile dell’Umanesimo, rispetto alla filosofia scola-stica, Garin ha sempre negato la tesi della storiografia otto-centesca, incline a scorgere nella cultura “laica” del Rinasci-

mento una paganeggiante negazione dei valori religiosi del Medioevo. Tra i suoi libri più importanti ricordiamo: L’uma-nesimo italiano (1952), Medioevo e Rinascimento (1954), Studi sul platonismo medievale (1958), La cultura filosofica del Rinascimento italiano (1961), Scienza e vita civile nel Ri-nascimento italiano (1965), Ritratti di umanisti (1967), Dal Rinascimento all’Illuminismo: studi e ricerche (1970), Rina-scite e rivoluzioni. Movimenti culturali dal XIV al XVIII secolo (1976). Eugenio Garin è morto a Firenze il 29 dicembre 2004.

L’AUTORE EUGENIO GARIN

Scaffale della critica Lezione profiloC. L’Umanesimo e il Rinascimento Eugenio Garin3

7. verità: peculiarità.8. commisurare: confrontare.9. Significò… memoria: significò la matu-razione di un più preciso e profondo senso del tempo storico e della conservazione di esso, come ricordo e come memoria.

10. usi: abituati.11. si concretò: si manifestò concreta-mente.12. pedantissimi: scrupolosissimi.13. sensibili… metodo: consapevolicom’erano dell’utilità di un metodo, fon-

dato sul riconoscimento paziente e me-ticoloso di tutti i tratti superstiti della civiltà antica.14. poieîn: operare creativamente.

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