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Avv. Carlo Fossati Milano - 26 marzo 2012 IL MODELLO ORGANIZZATIVO EX D.LGS. 231/2001: ATTUAZIONE, EFFICACIA E MECCANISMI SANZIONATORI

IL MODELLO ORGANIZZATIVO EX D.L . 231/2001 · Il modello organizzativo: ... non devono porsi in contrasto con il Codice etico e il Modello 231. L’obbligazione di risultato si

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Avv. Carlo Fossati

Milano - 26 marzo 2012

IL MODELLO ORGANIZZATIVO EX

D.LGS. 231/2001: ATTUAZIONE , EFFICACIA E MECCANISMI

SANZIONATORI

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Abstract

1. L’effettività del modello organizzativo

� La necessità di garantire la coerenza deicomportamenti dei destinatari rispetto almodello organizzativo (i.e. necessità dicolpire i comportamenti difformi).

� L’esercizio del potere disciplinare è ancorauna facoltà? Trasformazione della naturagiuridica del potere disciplinare in caso diviolazioni del modello organizzativo.

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2. L’apparato disciplinare nel modelloorganizzativo

� La questione della stratificazione delle fonti intema di potere disciplinare: rapporto tralegge, contrattazione collettiva e modelloorganizzativo.

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3. L’applicabilità delle sanzioni disciplinari

� Nei confronti del personale esterno, nondipendente (amministratori, collaboratoriautonomi, fornitori).

� Nei confronti dei lavoratori subordinati.

� Nei confronti dei lavoratori dipendenti conqualifica dirigenziale (in particolare la questionedell’applicabilità delle sanzioni disciplinariconservative ai dirigenti).

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4. La delega di funzioni in ambitoprevenzionistico

� Il requisito del consenso del delegato.

� La questione della remunerazione delledeleghe.

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Il modello organizzativo: nozione

I modelli di organizzazione sono documenti contenenti regoledi condotta con contenuti minimi prefissati dal Legislatore, talida costituire un modello comportamentale per chi agiscenell’ambito dell’ente e volto a impedire la commissione dideterminati reati.

Si tratta perciò di modelli operativi di organizzazione, diretti aindividuare uno schema di regole idonee al raggiungimento diun certo risultato pratico per l’ente e, quindi, non meramenteconoscitivi o ricognitivi della realtà organizzativa aziendale.Tali modelli sono peraltro da inquadrarsi in generale tra glistrumenti di gestione del rischio (risk management) in quanto lacommissione di determinati reati (e le relative sanzioni)rappresentano un “evento pericoloso” per l’ente in relazionealle possibili conseguenze sfavorevoli cui può trovarsi esposto.

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Il modello organizzativo: nozione

Rispetto a un qualsiasi modello operativo di gestionedel rischio adottato da un ente nei processi diproduzione (o in generale nella regolazione della suaattività), i modelli di cui al decreto legislativo sicaratterizzano sotto due aspetti:

� il particolare rischio da gestire, ossia quelloderivante dalla commissione di determinati reati (quellida cui può dipendere un illecito a carico dell’ente);

� la previsione legislativa di contenuti minimi che imodelli di organizzazione e gestione devono rispettare(analisi di rischio, contromisure, procedure di controllo eaggiornamento, etc..).

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La valenza dei modelli organizzativi nel decreto legislativo

In via generale i modelli di organizzazione e di gestioneconsentono di:

� escludere la responsabilità dell’ente per i reaticommessi nel suo interesse o a suo vantaggio dasoggetti che rivestono in azienda posizioni apicali o dacoloro che sono sottoposti all’altrui direzione (artt. 6 e7 D.Lgs. 231/2001);

� ridurre la sanzione pecuniaria (art. 12);

� non applicare – in presenza di altre condizioni – lesanzioni interdittive (art. 17);

� sospendere la misura la misura cautelare interdittivaemessa nei confronti dell’ente (art. 49).

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Adozione e attuazione del modello

La legge prevede l’adozione del modello di organizzazione,gestione e controllo in termini di facoltatività e non diobbligatorietà . La mancata adozione non è soggetta,perciò, ad alcuna sanzione, ma espone l’ente allaresponsabilità per gli illeciti realizzati da amministratori edipendenti.Pertanto, nonostante la facoltatività del comportamento, difatto l’adozione del modello diviene obbligatoria se si vuolebeneficiare dell’esimente Facilita l’applicazionedell’esimente, soprattutto in termini probatori, ladocumentazione scritta dei passi compiuti per lacostruzione del modello stesso.

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Sistema disciplinare

L’efficace attuazione del modello adottatopassa anche attraverso l’adozione di unsistema disciplinare idoneo a sanzionare ilmancato rispetto delle misure indicate neimodelli organizzativi, tanto da parte dei«soggetti in posizione apicale» (art. 6, co. 2,lett. e) quanto dai «soggetti sottoposti all'altruidirezione» (art. 7, co. 4 lett. b).

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� Dopo il D.Lgs. 231/2001 il potere disciplinare deldatore di lavoro è ancora una facoltà?

� Questione della natura giuridica dell’esercizio delpotere disciplinare a fronte di violazioni del modelloorganizzativo: facoltà , obbligo o onere ?

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Natura giuridica del potere disciplinare

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Natura giuridica del potere disciplinare

Il D.Lgs. 231/2001, a differenza del combinato dispostodell’art. 2106 c.c. e dell’art. 7 L. 300/1970, sembra nonconferire una facoltà di applicazione della sanzione,ma imporre al datore di lavoro un vero e proprioobbligo di intervento.

� Se il lavoratore compie un illecito penale diverso daquelli di cui al D.Lgs. 231/2001 il datore di lavoro èlibero di intervenire sanzionando o meno il propriolavoratore.

� Nel diverso caso in cui la condotta del lavoratoreintegri uno dei reati-presupposto, il datore di lavorodeve intervenire, pena la non configurabilità delmodello ex D.Lgs. 231/2001 quale esimente dellaresponsabilità amministrativa dell’ente.

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Natura giuridica del potere disciplinare

«Un modello che non preveda espressamente

sanzioni disciplinari per gli amministratori, direttorigenerali e compliance officer colpevoli di negligenzao imperizia nell’individuare ed eliminare violazioni delmodello e/o commissione dei reati deve ritenersilacunoso, con conseguente non configurabilità dellostesso modello quale esimente»

(Trib. Milano, ord. GIP 20 settembre 2004)

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1a criticità: la questione della stratificazione delle fonti in tema di potere disciplinare

Attenzione alla questione della stratificazione delle fonti in temadi potere disciplinare, ossia al rapporto tra legge, contrattazionecollettiva e modello organizzativo.

Un modello organizzativo che affrontasse il tema dell’eserciziodel potere disciplinare in modo “autoreferenziale” sarebbescorretto. Profili di rischio:

� regolamentazione estremamente analitica del procedimentodisciplinare nel modello organizzativo diversa dalle prescrizionisia dell’art. 7 Sta. Lav. che del CCNL;

� sovrapposizione tra regolamentazioni non coincidenti cherendono impossibile l’esercizio del potere disciplinare.

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2a criticità: esercizio del potere disciplinare nei confronti dei soggetti “esterni”

Molto spesso nella redazione dei modelli di organizzazione sidimentica che non sussiste un potere disciplinare del datore dilavoro nei confronti dei lavoratori autonomi.

Infatti, il potere disciplinare – in senso proprio – può essereesercitato solo nei confronti dei lavoratori subordinati (esso è pergiurisprudenza consolidata un indice della subordinazione).

In relazione alla fattispecie del lavoro autonomo hanno rilievo altriistituti giuridici di natura sanzionatoria/risarcitoria:

� recesso per giusta causa;

� risoluzione del rapporto organico/contrattuale;

� risarcimento del danno per inadempimento contrattuale;

� clausola penale.

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2a criticità: esercizio del potere disciplinare nei confronti dei soggetti “esterni”

Prevedere nel modello organizzativo uno stringente earticolato apparato disciplinare non serve se il poteredisciplinare non è previsto a livello negoziale, nei singolicontratti.

In questo caso non si pone un problema disovrapposizione di normative, ma di fonte del poteredisciplinare.

Pertanto in relazione ai soggetti cd. esterni si può direche la previsione di una regolamentazione delle misuresanzionatorie nel modello organizzativo non possaprescindere da una concorrente e analoga previsionenei contratti o nelle delibere (per gli Amministratori).

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Storicamente la dottrina ha individuato l’oggetto del contratto dilavoro autonomo nella prestazione lavorativa finalizzata alraggiungimento di un determinato risultato senza rilevanza alcunaper i “mezzi” adottati dal lavoratore.

Per il Legislatore del 2001 il lavoratore deve sì raggiungere undeterminato risultato ma le modalità mediante le quali raggiungerlonon devono porsi in contrasto con il Codice etico e il Modello 231.

L’obbligazione di risultato si è trasformata inun’obbligazione qualificata (comunque non etero-diretta) dai limiti etici fissati dall’ente.

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Lavoratori autonomi: sanzioni applicabili

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Con riferimento ai dirigenti è opportuno applicare in viaanalogica le disposizioni dettate dall’art. 7 St. Lav.Questione: sono applicabili ai dirigenti sanzionidisciplinari conservative ?

3a criticità: sanzioni applicabili ai lavoratori con qualifica di dirigente

Principio di proporzionalità violazione / sanzione

Carattere fiduciario del rapporto

SI NO

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Non appare corretta la previsione di sanzioniconservative nei confronti del dirigente. Lagiurisprudenza maggioritaria è infatti orientata nelsenso di escludere la loro applicabilità nell’ambito diun rapporto di lavoro connotato da un caratterespiccatamente fiduciario come quello dirigenziale.

3a criticità: sanzioni applicabili ai lavoratori con qualifica di dirigente

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Come costruire un sistema disciplinare efficace

1. Semplicità e snellezza delle proceduredisciplinari , evitando qualunque contraddizione traquelle previste dal modello e quelle già vigenti perlegge e contratto collettivo. Il tutto nell’ottica disalvaguardare, per quanto possibile, l’effettività delpotere disciplinare, la quale è gravementecompromessa da procedure eccessivamenteanalitiche e complesse, specie se non esattamentesovrapponibili a quelle previste dalla legge o dallacontrattazione collettiva.

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Come costruire un sistema disciplinare efficace

2. Divisione netta tra personaledipendente (dirigenti, quadri, impiegatie operai) ed esterni (amministratori,consulenti, fornitori).

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Come costruire un sistema disciplinare efficace

3. Nell’ambito del personale dipendentedistinzione tra

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DirigentiQuadri,

impiegati, operai

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Come costruire un sistema disciplinare efficace

4. Armonizzazione totale per quanto attienealle procedure e alle sanzioni disciplinaritra le previsioni del modello organizzativoe le prescrizioni contenute nel CCNL enella legge.

La procedura deve essere una sola.

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Come costruire un sistema disciplinare efficace

5. Estrema semplicità delle procedure comecriterio metodologico per la strutturazionedell’impianto sanzionatorio nei confronti deisoggetti esterni (amministratori, consulenti,fornitori, etc.).

6. In relazione ai soggetti esterni integrazionedel potere disciplinare – sia in termini diprocedura che sostanziali – nel contratto (difornitura/consulenza) e/o della delibera dinomina organica.

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Lavoratori autonomi: sanzioni applicabili

Secondo le Linee Guida di Confindustria, qualora la violazione dellenorme etiche sia posta in essere da un lavoratore autonomo,fornitore o altro soggetto avente rapporti contrattuali con l’impresa(di natura diversa dal lavoro subordinato) potrà prevedersi, qualesanzione, la risoluzione del contratto.

Uno strumento utile a questo scopo potrebbe esserecostituito dall’inserimento di clausole risolutiveespresse nei contratti di fornitura o collaborazione(agenzia, partnership, appalto, etc…) che faccianoesplicito riferimento al rispetto delle disposizioni delcodice etico e il modello organizzativo.

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La delega di funzioni in ambito prevenzionistico

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La delega di funzioni in ambito prevenzionistico: limiti e condizioni

Art. 16 D.Lgs. 81/2008 :

a) forma scritta dell’atto di conferimento e recante data certa;

b) idoneità professionale ed esperienza del delegato inrelazione alla specifica natura delle funzioni delegate;

c) attribuzione al delegato di tutti i poteri di organizzazione,gestione e controllo richiesti dalla specifica natura dellefunzioni delegate;

d) attribuzione al delegato dell’autonomia di spesa necessariaallo svolgimento delle funzioni delegate;

e) accettazione della delega da parte del delegato per iscritto.

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Chi può delegare

L’art. 16 D.Lgs. 81/2008 consente la delega di funzioni inambito prevenzionistico al solo “datore di lavoro”.

� Non possono perciò delegare “dirigenti” e “preposti”,ancorché depositari a titolo originario di funzioni eresponsabilità specifiche in materia di salute e sicurezza sullavoro.

� Dirigenti e preposti possono però – se delegati dal datore dilavoro a svolgere funzioni prevenzionistiche ulteriori rispettoa quelle loro spettanti a titolo originario – a loro volta subdelegarle, sempre con il consenso del datore di lavorodelegante.

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Gli unici obblighi non delegabili sono i due previsti dall’art. 17D.Lgs. 81/2008:

1. la valutazione dei rischi e la conseguente elaborazione delrelativo documento;

2. la designazione del responsabile del servizio di prevenzionee protezione dai rischi.

Tutti gli altri obblighi elencati nell’art. 18 (predisposizionemisure di sicurezza; obblighi nei confronti dei lavoratori;sorveglianza sanitaria; obblighi di comunicazione agli Istituti)sono delegabili.

L’inclusione nella delega di funzioni non delegabili noncomporta invalidità totale della delega (Cass. Pen. 31 gennaio2008 n. 8620).

Cosa si può delegare

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L’art. 16 D.Lgs. 81/2008 prescrive espressamente«che la delega sia accettata dal delegato per iscritto».

Questione: l’attribuzione delle deleghe deve essere proposta o può essere imposta ?

Il requisito del consenso del delegato

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E’ dubbio se il datore di lavoro possa legittimamente:

� imporre a un proprio dipendente la delega di cuiall’art. 16 D.Lgs. 81/2008, nell’esercizio dello iusvariandi di cui gode ai sensi dell’art. 2103 c.c. (cheprevede la possibilità per il datore di lavoro dimutare le mansioni del lavoratore, purché le nuovemansioni siano professionalmente equivalenti alleprecedenti);

� adottare nei confronti del lavoratore provvedimentidisciplinari in caso di rifiuto.

Il requisito del consenso del delegato

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La risposta dovrebbe essere tendenzialmenteaffermativa con riferimento ai dipendenti che giàricoprono la qualità di “dirigente” o “preposto” ai sensidell’art. 2 lett. d) ed e) del D.Lgs. 81/2008.

Per costoro, infatti, già obbligati a titolo originario exlege a svolgere funzioni di garanzia della salute esicurezza del lavoro nei rispettivi ambiti di competenzaaziendale, l’attribuzione per delega di funzioni ulterioridel medesimo tipo, con riferimento a settori aziendaliuguali o simili, dovrebbe ritenersi “equivalente” sulpiano professionale, secondo quanto previsto dall’art.2103 c.c.

Il requisito del consenso del delegato

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Diverso appare, invece, il caso di dipendenti privi dipregressa esperienza in ambito prevenzionistico (nondirigenti o preposti): per costoro la delega ex art. 16D.Lgs. 81/2008 dovrebbe ritenersi tendenzialmenteestranea al peculiare bagaglio professionale e cometale non attribuibile unilateralmente in esercizio delloius variandi datoriale ex art. 2103 c.c..

Attenzione a possibili vertenzegiudiziali per il riconoscimento della qualifica (odel livello) superiore e per il pagamento dellerelative differenze retributive

Il requisito del consenso del delegato

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In ogni caso, l’accettazione della delega dovrebberitenersi legittimamente esigibile da parte dei lavoratoriche si siano preventivamente impegnati a farsenecarico, in sede di assunzione o in un momentosuccessivo

Sul piano operativo potrebbe risultare utile, insede di assunzione di lavoratori destinati a funzionidirettive, prevedere espressamente l’impegno adaccettare eventuali deleghe in materia di salute esicurezza che dovessero essere loro conferite.

Il requisito del consenso del delegato

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Questione: il conferimento della delega di funzioni inambito prevenzionistico da diritto a compensiulteriori per il delegato?

In linea generale NO, ma in astratto si potrebbedistinguere tra:

� dirigente/preposto;

� lavoratore non garante a titolo originario diprerogative in ambito prevenzionistico.

Remunerabilità delle funzioni delegate

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Con riferimento ai dipendenti che già ricoprono laqualità di “dirigente” o “preposto” ai sensi dell’art. 2lett. d) ed e) del D.Lgs. 81/2008 dovrebbe escludersila previsione di qualsiasi compenso per l’attribuzioneper delega di funzioni prevenzionistiche, giacchéesse rientrano nell’alveo delle loro mansioni.

Remunerabilità delle funzioni delegate

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Nella diversa fattispecie di lavoratori privi di pregressaesperienza in ambito prevenzionistico, in caso diattribuzione ex novo di funzioni potrebbe essereeventualmente contemplato a livello negoziale uncompenso ulteriore, qualificabile ad esempio come“indennità di funzione”.

Anche in questo caso attenzione a possibilivertenze giudiziali per il riconoscimento della qualifica (odel livello) superiore; non si dovrebbe però porre laquestione ulteriore delle differenze retributive.

Remunerabilità delle funzioni delegate

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«Nei comuni privi di personale con qualifica dirigenziale, l'indennitàdi funzione in favore dei dipendenti ai quali venga attribuita laresponsabilità di uffici e servizi - stabilita localmente in attesa diapposita definizione contrattuale - può essere rideterminata inpeius in conseguenza della stipulazione del contratto collettivonazionale di lavoro che regola il trattamento economico accessoriospettante all'incaricato di posizione organizzativa. Infatti, sia lagaranzia dell'art. 36 cost. che il divieto di riduzione dei livelliretributivi in godimento non possono trovare applicazione per iltrattamento accessorio costituito dalla retribuzione di posizione,preordinata, diversamente dal trattamento fondamentale, allosvolgimento di una funzione di differenziazione e di incentivazione,necessariamente temporanea e revocabile perché strettamenteconnessa allo specifico incarico conferito»(Cass. Civ., sez. lav., 18 dicembre 2008 n. 29671).

Remunerabilità delle funzioni delegate