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Capitolo 11 Introduzione alle Simmetrie Quantistiche. In questo capitolo continueremo la presentazione della struttura matematica della Meccanica Quantistica, introducendo alcune nozioni fondamentali e strumenti matematici di grande rilie- vo. La prima sezione ` e dedicata alla nozione e caratterizzazione di simmetra quantistica. Dopo avere dato qualche esempio, ed avere discusso quallo che accade in presenza di regole di superselezione, daremo la definizione di simmetria nel senso di Kadison e poi di simmetria nel senso di Wigner. Dimostreremo poi i teoremi di Wigner e Kadison che provano che le due nozioni coincidono e sono implementate da operatori unitari oppure anti unitari. Nella seconda sezione, passeremo quindi al problema della rappresentazione di gruppi di sim- metria, introducendo le nozioni di rappresentazioni proiettive, unitarie proiettive e di estensione centrale di un gruppo (di simmetria) tramite U (1). La terza sezione sar` a inizialmente dedicata alla nozione di gruppo di simmetria topologico ed allo studio delle rappresentazioni unitarie proiettive fortemente continue. Esamineremo, in particola- re il caso notevole del gruppo topologico abeliano R, che ha importanti applicazioni in Meccanica Quantistica. Successivamente, dopo avere richiamato alcune definizioni e risultati generali della teoria dei gruppi ed algebre di Lie, presenteremo alcuni importanti risultati dovuti a Bargmann, arding e Nelson (ed alcune generalizzazioni di tali risultati), riguardanti le rappresentazioni unitarie proiettive ed unitarie di gruppi di Lie. A titolo di esempio di grande importanza fisica studieremo le rappresentazioni unitarie del gruppo di simmetria SO(3) in realzione allo spin. Per concludere, applicheremo tutta la teoria presentata al gruppo di Galileo fino ad enunciare e provare la regola di Bargmann di superselezione della massa. 11.1 Nozione e caratterizzazione di simmetrie quantistiche. Una nozione estremamente importante in meccanica quantistica, anche per gli sviluppi successivi nelle teorie quantistiche dei campi, ` e la nozione di simmetria di un sistema quantistico. In 393

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Page 1: Introduzione alle Simmetrie Quantistiche.moretti/cap11.pdf · 11.1 Nozione e caratterizzazione di simmetrie quantistiche. Una nozione estremamente importante in meccanica quantistica,

Capitolo 11

Introduzione alle Simmetrie

Quantistiche.

In questo capitolo continueremo la presentazione della struttura matematica della MeccanicaQuantistica, introducendo alcune nozioni fondamentali e strumenti matematici di grande rilie-vo.La prima sezione e dedicata alla nozione e caratterizzazione di simmetra quantistica. Dopo averedato qualche esempio, ed avere discusso quallo che accade in presenza di regole di superselezione,daremo la definizione di simmetria nel senso di Kadison e poi di simmetria nel senso di Wigner.Dimostreremo poi i teoremi di Wigner e Kadison che provano che le due nozioni coincidono esono implementate da operatori unitari oppure anti unitari.Nella seconda sezione, passeremo quindi al problema della rappresentazione di gruppi di sim-metria, introducendo le nozioni di rappresentazioni proiettive, unitarie proiettive e di estensionecentrale di un gruppo (di simmetria) tramite U(1).La terza sezione sara inizialmente dedicata alla nozione di gruppo di simmetria topologico ed allostudio delle rappresentazioni unitarie proiettive fortemente continue. Esamineremo, in particola-re il caso notevole del gruppo topologico abeliano R, che ha importanti applicazioni in MeccanicaQuantistica. Successivamente, dopo avere richiamato alcune definizioni e risultati generali dellateoria dei gruppi ed algebre di Lie, presenteremo alcuni importanti risultati dovuti a Bargmann,Garding e Nelson (ed alcune generalizzazioni di tali risultati), riguardanti le rappresentazioniunitarie proiettive ed unitarie di gruppi di Lie. A titolo di esempio di grande importanza fisicastudieremo le rappresentazioni unitarie del gruppo di simmetria SO(3) in realzione allo spin.Per concludere, applicheremo tutta la teoria presentata al gruppo di Galileo fino ad enunciare eprovare la regola di Bargmann di superselezione della massa.

11.1 Nozione e caratterizzazione di simmetrie quantistiche.

Una nozione estremamente importante in meccanica quantistica, anche per gli sviluppi successivinelle teorie quantistiche dei campi, e la nozione di simmetria di un sistema quantistico. In

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realta esistono due nozioni di simmetria, una dinamica ed una piu elementare, che non coinvolgel’evoluzione temporale. In questa sezione ci occuperemo del caso piu elementare.

Consideriamo un sistema fisico S, descritto nello spazio di Hilbert HS e con spazio degli statiS(HS) e sottoinsieme degli stati puri Sp(HS). Quando agiamo con una trasformazione fisica gsul sistema S, ne alteriamo lo stato quantistico. Alla trasformazione fisica g corrispondera quindiun’applicazione γg : S(HS) → S(HS) nello spazio degli stati oppure, volendoci restringere aglistati puri: γg : Sp(HS) → Sp(HS). Il legame tra g e γg per il momento non ci interessa edammetteremo solo che sia noto; in ogni caso dipendera dalla descrizione matematica di S. Seγg soddisfa certi requisiti che preciseremo in seguito, γg viene detta simmetria del sistema. Conabuso di linguaggio diremo a volte che g stessa e una simmetria del sistema quando lo e γg. Irequisiti affinche γg sia una simmetria sono due:

(a) che γg sia biettiva,

(b) che conservi qualche struttura matematica, per il momento non ancora specificata, dellospazio degli stati S(HS) o in quello degli stati puri Sp(HS), che abbia qualche significato fisicopreciso.

Da un punto di vista fisico, il requisito (a) puo essere in realta imposto sulla trasformazionefisica g che agisce sul sistema, e corrisponde alla richiesta che g sia reversibile, cioe che (i) esistauna trasformazione fisica inversa g−1, associata all’applicazione γ−1

g : S(HS) → S(HS), cheritrasformi il sistema, rispettivamente, lo stato quantistico, nella situazione iniziale, e (ii) si devepoter raggiungere qualsiasi configurazione del sistema, rispettivamente, qualsiasi stato quanti-stico, attraverso l’azione di g, rispettivamente di γg, scegliendo opportunamente la situazione dipartenza.Le differenze tra le varie nozioni note di simmetria dipendono dalla precisazione del requisito(b), cioe dal tipo di struttura che rimane invariata sotto l’azione di γg. La struttura piu sempliceche tale applicazione puo conservare e quella convessa dello spazio degli stati, che corrispondefisicamente al fatto che uno stato si possa costruire miscelando altri stati con certi pesi statistici.Le operazioni di simmetria, in questo caso, alterano lo stato, ma non alterano i pesi statisticiusati nella miscela. Questo genere di simmetrie quantistiche sono quelle definite da Kadison1.Un seconda classe di simmetrie e quella dovuta a Wigner2 e si riferisce alle funzioni che agisconoda Sp(HS) in Sp(HS) e richiede che le simmetrie preservino la struttura di spazio metrico cheha lo spazio dei raggi. Tradotto nel linguaggio fisico, le trasformazioni modificano gli stati puri,ma lasciano invariate le probabilita di transizione tra coppie di stati puri. Una terza classe, dellaquale non ci occuperemo, e quella individuata da Segal3 che concerne la struttura di algebra diJordan delle osservabili. Nel seguito studieremo i primi due tipi di simmetrie e proveremo che, alivello matematico, sono in realta la stessa cosa, ma anche che sono sempre descritte dall’azione

1Vedi R. Kadison, Isometries of Operator Algebras, Annals of Mathematics, 54 325-338, 1951.2E. Wigner, Group Theory and its Applications to the Quantum Theory of Atomic Spectra, Academic Press,

1959.3I. Segal, Ann. Math. 48, 930-940 (1947)

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di operatori unitari oppure anti unitari (quindi le simmetrie di Wigner si possono estendere asimmetrie di Kadison su tutto lo spazio degli stati). Questo risultato di caratterizzazione dellesimmetrie in termini di operatori unitari o antiunitari e di enorme importanza in fisica ed e statoformulato in due teoremi che portano il nome di Teorema di Kadison e Teorema di Wignerrispettivamente. Il secondo e molto piu noto del primo tra i fisici, anche se il primo e almenoaltrettanto importante.

11.1.1 Qualche esempio.

Prima di entrare nei dettagli matematici, facciamo qualche esempio di operazioni fisiche cherisultano essere simmetrie di sistemi quantistici (sia di Wigner che di Kadison).Descrivendo un sistema fisico isolato S in un certo sistema di sistema di riferimento inerziale I,una trasformazione che, come ben noto, produce una simmetria di S, e ogni traslazione rigida diS secondo un fissato vettore, oppure la rotazione di un qualsiasi angolo attorno ad ogni fissatoasse asse. In altre parole le isometrie continue dello spazio di quiete dei riferimenti inerzialiproducono simmetrie quantistiche. Un’altra trasformazione e il cambiamento di sistema di rife-rimento inerziale (anche nelle teorie relativistiche) nel senso che segue. Trasformiamo il sistemaisolato S nel riferimento inerziale I, in modo tale che il sistema fisico trasformato appaia, in unaltro sistema di riferimento inerziale I′ 6= I, come appariva all’inizio in I. Infine, un altro tipodi trasformazione, per sistemi fisici isolati descritti in riferimenti inerziali, che produce simme-trie e la traslazione temporale (da non confondersi con l’evoluzione temporale) che discuteremopiu avanti.Si deve notare che questo genere di trasformazioni sono tutte attive, nel senso che cambiano ilsistema S (il suo stato quantistico).Bisogna anche avere ben chiaro che le trasformazioni di cui parliamo non avvengono in seguitoad evoluzione dello stato del sistema: sono trasformazioni ideali, cioe puramente matematiche.Tra l’altro, alcune di esse non potrebbero mai avvenire nella realta in seguito all’evoluzione tem-porale del sistema secondo la propria legge dinamica, o potrebbero avvenire molto difficilmente.Un tipico esempio e l’inversione di parita . Con questa trasformazione fisica, il sistema S vienesostituito da un nuovo sistema che corrisponde all’immagine del sistema riflessa in uno specchio.In certi casi l’unico modo di ottenere in pratica l’inversione di parita e quello, idealmente, di di-struggere il sistema e ricostruirne uno che corrisponde all’immagine speculare di quello iniziale.In taluni casi anche questa operazione astratta non e fisicamente sensata a causa della naturadelle stesse leggi fisiche. Le particelle che interagiscono tramite l’interazione debole costituisco-no, sorprendentemente, sistemi i cui stati non ammettono l’inversione di parita come simmetriain un senso molto drastico: nello spazio degli stati non vi e alcuna trasformazione γ che rappre-senti la trasformazione fisica ideale d’inversione di parita . Questo significa, semplicemente, chela presunta simmetria non e , in realta , una simmetria del sistema.Un altro genere di trasformazione che ha alcune particolarita in comune con l’inversione di pa-rita e che, talvolta, e associata a simmetrie, e l’inversione del tempo. Le simmetrie illustrate finoad ora sono relative da isometrie spaziotemporali. Benche siano sempre trasformazioni attivesugli stati, sono legate a trasformazioni passive di cambiamento di sistema di riferimento (o

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semplicemente di coordinate) per mezzo di isometrie passive dello spaziotempo. In questo casoci si aspetta (ma come visto non e sempre vero) che le trasformazioni attive sugli stati sianosimmetrie, proprio in conseguenza del fatto che, i diversi sistemi di riferimento o coordinateconnessi dalle corrispondenti trasformazioni passive (trasformazioni di Galileo o trasformazionidi Poincare ) che usiamo per descrivere la realta (almeno a livello macroscopica), sono equiva-lenti. In altre parole, se agisco sul sistema fisico S con una di queste trasformazioni attive, possocomunque annullare l’effetto della trasformazione cambiando riferimento (o semplicemente coor-dinate) e con la garanzia che il nuovo riferimento sia fisicamente equivalente al precedente.Ci sono trasformazioni associabili a simmetrie che, a differenza di tutte quelle menzionate finoad ora, non sono associate ad isometrie dello spaziotempo e non sono annullabili cambiandoriferimento. Un tipico esempio e la coniugazione di carica, attraverso la quale si cambia segno atutte le cariche (del genere considerato) presenti in S e si cambia quindi settore di superselezio-ne della carica. Esistono infine trasformazioni ancora piu astratte legate a simmetrie interne esimmetrie di gauge, sulle quali non ci soffermiamo.Per concludere vogliamo sottolineare un fatto molto importante dal punto di vista fisico. Lalezione che si impara dal caso delle interazioni deboli e che la questione se una trasformazioneagente, idealmente, su un sistema rappresenti o meno una simmetria quantistica e , in ultimaanalisi e dopo che il requisito (b) e stato specificato, un fatto da decidere a livello sperimentale.

Dopo avere enunciato e provato i teoremi di Kadison e Wigner, ci occuperemo della descrizio-ne delle simmetrie, in termini di operatori unitari o antiunitari, nella situazione in cui le trasfor-mazioni fisiche abbiano la struttura di un gruppo algebrico, topologico o di Lie [War75, NaSt84].Nel prossimo capitolo ci occuperemo delle simmetrie dinamiche, che vengono introdotte nelmomento in cui viene definita la nozione di evoluzione temporale dello stato quantistico di unsistema S. In questo contesto, si ritrovera lo stretto legame tra esistenza di simmetrie dinamicheed esistenza di associate leggi di conservazione (come ben noto, a livello classico, codificato dallevarie formulazioni del celebre teorema di Nother).

11.1.2 Simmetrie in presenza di regole di superselezione.

Se M e un sottospazio chiuso dello spazio di Hilbert H possiamo identificare in modo naturaleS(M) (Sp(M)) con un sottoinsieme di S(H) (rispettivamente di Sp(H)), pensando S(M) (risp.Sp(M)) come il sottoinsieme che contiene gli stati ρ ∈ S(H) (risp. Sp(H)), tali che Ran(ρ) ⊂M .Tale identificazione e equivalente ad estendere ogni ρ ∈ S(M) ad un operatore definito su tuttoH, imponendo che sia l’operatore nullo su M⊥. In tutto il resto del capitolo assumeremo tacita-mente tale identificazione. L’esistenza di tale identificazione risulta essere utile nella situazioneche andiamo a considerare ora.Ricordiamo che, in talune situazioni, gli stati possibili per un sistema fisico non sono tutti glielementi di S(HS) (o Sp(HS) nel caso di stati puri), ma sono in numero ridotto perche alcunecombinazioni convesse di stati sono vietate. Questo accade in presenza di regole di superselezio-ne (vedi cap.7). Senza ripetere quanto abbiamo spiegato precedentemente, diciamo solo che nelcaso di presenza di regole di superselezione si ha una decomposizione di HS nella somma diretta

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in sottospazi chiusi ortogonali detti settori coerenti:

HS =⊕

k∈K

HSk .

Possiamo allora definire gli spazi degli stati e degli stati puri di ciascun settore S(HSk), Sp(HSk).Si noti che S(HSk) ∩ S(HSj) = ∅ e Sp(HSk) ∩ Sp(HSj) = ∅ se k 6= j. Per quanto riguarda glistati puri fisicamente ammissibili dalla regola di superselezione per il sistema fisico S descrittosu H, questi saranno tutti e soli quelli dell’insieme:

k∈K

Sp(HSk) .

Gli stati misti fisicamente ammissibili dalla regola di superselezione per il sistema fisico S de-scritto su H saranno invece tutte e sole le possibili le combinazioni lineari convesse (anche infinitein riferimento alla topologia operatoriale forte) degli elementi dell’insieme:

k∈K

S(HSk) .

Quanto appena scritto e equivalente alla richiesta che gli stati fisicamente ammissibili siano glielementi ρ di S(HS) (o Sp(HS)) che ammettano ogni sottospazio HSk come spazio invariante.In questa situazione le simmetrie devono rispettare la struttura della decomposizione in staticoerenti e quello che si assume e che si possano avere simmetrie tra settori anche distinti, quindifunzioni: γkk′ : S(HSk) → S(HSk′), k, k

′ ∈ K. Eventualmente puo essere k′ = k, ma ci siaspetta che le simmetrie, in generale, possano mischiare i vari settori. Ogni applicazione γkk′ :S(HSk) → S(HSk′) deve essere biettiva e soddisfare il requisito d’invarianza di Wigner o diKadison.

11.1.3 Simmetrie nel senso di Kadison.

Consideriamo un sistema fisico quantistico S descritto sullo spazio di Hilbert HS e con spaziodegli stati γ(HS). Una richiesta (fisicamente molto debole) per definire una simmetria e quellache si riferisce alla procedura di miscela degli stati quantistici. Un’operazione sul sistema de-finisce una simmetria del sistema se la costruzione di miscele e invariante rispetto ad essa. Intermini precisi:se uno stato si puo ottenere come una miscela di altri stati, con certi pesi statistici, allora, tra-sformando il sistema secondo un’operazione fisica che individua una simmetria del sistema, lostato trasformato si deve poter ottenere come miscela degli stati trasformati della miscela inizia-le, con gli stessi pesi statistici.In altre parole un’applicazione biettiva γ : S(HS) → S(HS) rappresenta una simmetria delsistema quando conserva la struttura di insieme convesso di S(HS): se ρi ∈ S(HS), 0 ≤ pi ≤ 1e∑i∈J pi = 1, allora:

γ

(∑

i∈J

piρi

)=∑

i∈J

piγ(ρi) .

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Nel seguito assumeremo che J sia finito. In tal caso e ovvio che, senza perdere generalita , pos-siamo ridurci ad imporre il vincolo di sopra con J composto da due soli elementi. Possiamo darela seguente definizione, che non e proprio quella dovuta a Kadison – la si ottiene comunque conuna procedura di dualita – ma e piu conforme con il nostro approccio.Diamo la definizione formalmente, tenendo conto della possibile presenza di settori coerenti disuperselezione.

Definizione 11.1 (Simmetria di Kadison). Si consideri un sistema fisico quantistico Sdescritto sullo spazio di Hilbert HS. Si supponga che HS sia decomposto in settori coerentiHS = ⊕k∈KHSk.Una simmetria (di Kadison) di S dal settore HSk al settore HSk′ , con k, k′ ∈ K, e un’applicazione

γ : S(HSk) → S(HSk′)

che goda delle due seguenti proprieta :(a) γ e biettiva;(b) γ conserva la struttura convessa di S(HSk) e S(HSk′). In altre parole:

γ (p1ρ1 + p2ρ2) = p1γ(ρ1) + p2γ(ρ2) se ρ1, ρ2 ∈ S(HS), p1 + p2 = 1 e p1, p2 ∈ [0, 1]. (11.1)

Nel caso in cui lo spazio di Hilbert H non contenga settori coerenti, ogni γ : S(H) → S(H), chesia biettiva e conservi la struttura di insieme convesso, e detta automorfismo di Kadison su H.

Un esempio di simmetria nel senso della definizione 11.1 e quella indotta da un operatore U :HSk → HSk′ che sia unitario o antiunitario (definizione 5.10), definendo

γ(U)(ρ) := UρU−1 per ogni ρ ∈ S(HSk) . (11.2)

Dimostriamolo. Abbiamo bisogno di un lemma elementare.

Lemma 11.1 Sia U : H → H′ un operatore antiunitario dallo spazio di Hilbert H allo spaziodi Hilbert H′ e N ⊂ H una base hilbertiana. Allora U = V C, dove V : H → H′ e un operatoreunitario e C : H → H e un operatore di coniugazione (definizione 5.11) naturale associata a Ndefinita da:

Cψ :=∑

z∈N

(z|ψ)z .

Prova. Definendo V ψ :=∑z∈N (z|ψ)Uz, la dimostrazione segue immediatamente dalla pro-

prieta di antiisometricita e continuita di ogni operatore antiunitario e dalle proprieta elementaridelle basi hilbertiane, in particolare si osservi che Uzz∈N e ancora una base hilbertiana. 2

Possiamo allora enunciare e provare la annunciata.

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Proposizione 11.1. Sia U : HSk → HSk′ un operatore unitario (cioe isometrico e suriettivo)oppure antiunitario, sullo spazio di Hilbert HS, associato al sistema quantistico S con spaziodegli stati S(H) e dove HSk e HSk′ sono due settori coerenti. γ(U) : S(HSk) → B(H) definita in(11.2) e una simmetria di Kadison per S dal settore HSk al settore HSk′.

Prova. La proprieta (11.1) e banalmente vera in ciascuna delle due ipotesi per U (si osserviche non lo sarebbe se permettessimo ai coefficienti pi di essere complessi). Dimostriamo cheγ(U)(ρ) ∈ S(HSk′) se ρ ∈ S(HSk). Assumiamo inizialmente che U sia unitario. Se ρ e di classetraccia in HS lo deve essere anche UρU−1, dato che lo spazio degli operatori di classe traccia e unideale bilatero in B(HS) per (b) in teorema 4.7 interpretando UρU−1 come una composizionedi operatori di B(HS). Per fare cio e sufficiente, pensare ρ come operatore in S(HS) che e nullosull’ortogonale disHSk e ρ(HSk) ⊂ HSk quindi estendere U e U−1 come operatori nulli sull’ortogonale di HSk

e HSk′ rispettivamente, estendendoli in tal modo ad operatori in B(HS). Se ρ ≥ 0 allora(ψ|UρU−1ψ) = (U∗ψ|ρU∗ψ) ≥ 0 e pertanto γ(U)(ρ) ≥ 0. Infine, usando una base hilbertianadata dall’unione di una base hilbertiana in HSk e una in (HSk)

⊥ si ha subito che trγ(U)(ρ)

=

tr(UρU−1

)= tr(U−1Uρ) = tr(ρ) = 1. Nell’ultimo passaggio, calcolando la traccia sulla base

prima menzionata, abbiamo usato l’identita U−1U HSk= I HSk

ed abbiamo tenuto conto delfatto che ρ = 0 su (HSk)

⊥. Pertanto γ(U)(ρ) ∈ S(HSk′) se ρ ∈ S(HSk). Passiamo al casodi U antiunitario. Decomponiamo U come detto nel lemma 5.1: U = V C, in riferimento allabase hilbertiana N ⊂ HS che preciseremo piu avanti. Mostriamo che UρU−1 e positivo, diclasse traccia e con traccia unitaria. Dato che V e unitario (nel qual caso la tesi vale per ladimostrazione appena fatta) e che UρU−1 = V (CρC−1)V −1, e sufficiente dimostrare la tesi perU = C. Specializziamo N , e quindi C, ad una base Hilbertiana N costituita di autovettori ψdell’operatore ρ (che esiste per il teorema 4.3 di Hilbert) e pertanto, se φ ∈ H:

ρφ =∑

ψ∈N

pψ(ψ|φ)ψ .

Di conseguenza, usando il fatto che C e continuo ed antilineare, che vale CC = I e (f |g) =(Cf |Cg) per definizione di coniugazione, che ogni autovettore di ρ, pψ e reale (e positivo) e,infine, che Cψ = ψ, otteniamo:

CρC−1φ =∑

ψ∈N

pψ(ψ|Cφ)Cψ =∑

ψ∈N

pψ(CCψ|Cφ)Cψ =

=∑

ψ∈N

pψ(Cψ|φ)Cψ =∑

ψ∈N

pψ(ψ|Cφ)ψ = ρφ .

Abbiamo provato che CρC−1 = ρ e quindi CρC−1 e di classe traccia, positivo e con traccia paria 1 se ρ ∈ S(HSk). 2

Esempi 11.1. Nel caso in cui la regola di superselezione sia quella della carica elettrica di unsistema fisico, ci saranno (in generale infiniti) settori Hq uno per ogni valore fissato della carica

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q. La coniugazione di carica puo essere costruita come una classe di simmetrie tra settori di tipoγ(Uq) e vale che Uq : Hq → H−q per ogni valore di q.

Mostreremo piu avanti che, in realta , tutte le simmetrie di Kadison hanno la struttura (11.2) perqualche operatore unitario o antiunitario U dipendente dalla simmetria. Questo e l’enunciatodel famoso teorema di Kadison.

11.1.4 Simmetrie nel senso di Wigner.

Passiamo ora alla nozione di simmetria quantistica nel senso proposto da Wigner. Consideria-mo il solito sistema quantistico S descritto sullo spazio di Hilbert HS e con spazio degli statiS(HS). Concentriamo l’attenzione sull’insieme degli stati puri Sp(HS) (cioe sui raggi di HS).Restringiamoci a trasformazioni δ : Sp(HS) → Sp(HS). Dal punto di vista sperimentale possia-mo controllare le probabilita di transizione |(ψ|ψ′)|2 = tr(ρρ′) tra due stati puri ρ = ψ(ψ| ) eρ′ = ψ′(ψ′| ). La richiesta di Wigner perche una funzione biettiva δ : Sp(HS) → Sp(HS) sia unasimmetria e che preservi le probabilita di transizione. Se due stati puri hanno una certa proba-bilita di transizione, allora, trasformando il sistema secondo un’operazione fisica che individuauna simmetria del sistema, gli stati trasformati devono avere la stessa probabilita di transizionedi quelli iniziali.Possiamo dare la definizione seguente che tiene anche conto della possibile presenza di settoricoerenti.

Definizione 11.2 (Simmetria di Wigner). Si consideri un sistema fisico quantistico Sdescritto sullo spazio di Hilbert HS e con spazio degli stati S(HS). Si supponga che HS siadecomposto in settori coerenti HS = ⊕k∈KHSk.Una simmetria (di Wigner) di S dal settore HSk al settore HSk′, con k, k′ ∈ K, e un’applicazione

δ : Sp(HSk) → Sp(HSk′)

che goda delle due seguenti proprieta :(a) δ e biettiva;(b) δ conserva le probabilita di transizione. In altre parole:

Tr (ρ1ρ2) = tr (δ(ρ1)δ(ρ2)) se ρ1, ρ2 ∈ Sp(HSk) . (11.3)

Nel caso in cui lo spazio di Hilbert H non contenga settori coerenti, ogni δ : S(H) → S(H), chesia biettiva e che conservi le probabilita di transizione, e detta automorfismo di Wigner su H.

Un esempio di simmetria nel senso della definizione 10.2, come nel caso delle simmetrie diKadison, e quella indotta da un operatore U : HSk → HSk′ che sia unitario o antiunitario(definizione 5.10), definendo:

δ(U)(ρ) := UρU−1 per ogni ρ ∈ Sp(HSk) . (11.4)

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A differenza del caso delle simmetrie di Kadison, qui la verifica e veramente immediata.

Osservazioni.(1) Dato che gli stati puri sono tutti del tipo ψ(ψ| ) con ||ψ|| = 1, l’azione di δ(U) sugli statipuri e equivalentemente descrivibile, con una certa improprieta di linguaggio, dicendo che δ(U)

trasforma lo stato puro ψ nello stato puro Uψ. Questo e la maniera in cui, molto spesso, si de-scrivono le simmetrie indotte dagli operatori (anti)unitari nei manuali di Meccanica Quantistica.(2) Ogni simmetria di Kadison mappa stati puri in stati puri e pertanto definisce un’applicazionebiettiva sullo spazio degli stati puri. Tuttavia non e detto, a priori, che definisca una simmetriadi Wigner, perche non e affatto evidente che conservi le probabilita di transizione.Una simmetria nel senso di Wigner non si estende in modo ovvio dalla classe degli stati puria quella degli stati misti. Pertanto non e ovvio che le due nozioni di simmetria siano la stessa.Tuttavia ogni operatore unitario oppure anti unitario individua contemporaneamente una sim-metria di Wigner ed una di Kadison tramite la mappa ρ 7→ UρU−1. Questa sara l’osservazioneper provare che le due simmetrie sono in realta la stessa cosa.

Mostreremo nella prossima sezione che tutte le simmetrie di Wigner tra coppie di settori hannola struttura (11.4) per qualche operatore unitario o antiunitario U dipendente dalla simmetria.Questo e l’enunciato del famoso teorema di Wigner.

Per concludere, possiamo dare una nozione di simmetria di Wigner in senso generale, senzaprecisare i settori.

Definizione 11.3 (Simmetria di Wigner generale). Si consideri lo spazio di Hilbert HS

del sistema S e si assuma che sia decomposto in settori coerenti, in modo che gli stati purifisicamente ammissibili siano solo gli elementi dell’insieme:

Sp(HS)ammiss :=⋃

k∈K

Sp(HSk) .

Una simmetria di Wigner δ (senza specificare i settori) e un’applicazione da Sp(HS)ammissin Sp(HS)ammiss biettiva che conserva le probabilita di transizione.

In realta questa definizione si puo ricondurre alla definizione di simmetria di Wigner tra coppiesettori nel modo che segue.

Proposizione 11.2. Sia δ una simmetria di Wigner del sistema S e si assuma che lo spaziodi Hilbert HS di S sia decomposto in settori coerenti, in modo che gli stati puri fisicamenteammissibili siano solo gli elementi dell’insieme:

Sp(HS)ammiss =⋃

k∈K

Sp(HSk) .

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Allora esiste una funzione biettiva f : K → K e una classe di simmetrie di Wigner, con settorifissati,

δf,f(k) : Sp(HSk) → Sp(HSf(k)) con k ∈ K,

tali che δSp(HSk)= δf,f(k) per ogni k. In questo senso δ non e altro che una classe di simmetriedi Wigner che scambiano i settori senza sovrapporsi.

Prova. Si definisca su Sp(HS) la distanza d(ρ, ρ′) := ||ρ − ρ′||1 := tr(|ρ − ρ′|), dove || ||1 e lanorma naturale nello spazio degli operatori di classe traccia. Con questa definizione risultache gli insiemi Sp(HSk) sono le componenti connesse di Sp(HS)ammiss (vedi esercizi 11.1). Lafunzione δ : Sp(HS)ammiss → Sp(HS)ammiss e un isometria biettiva in riferimento alla distanzad, in particolare e un omeomorfismo. Pertanto trasforma insiemi connessi massimali in insiemiconnessi massimali e di conseguenza si deve decomporre in isometrie biettive che operano tracoppie di settori differenti, cioe simmetrie di Wigner tra coppie di settori differenti. 2

11.1.5 Teoremi di Wigner, di Kadison.

Cominciamo ad enunciare e provare il teorema di Wigner. Successivamente, usando tale risul-tato, proveremo il teorema di Kadison. L’enunciato dei due teoremi permette di definire inmodo elementare un’azione duale delle simmetrie sulle osservabili del sistema quantistico, comevedremo dopo avere dimostrato il teorema di Kadison.La dimostrazione del teorema di Wigner che daremo ora e molto diretta. Ne esistono di piu eleganti,ma indirette, come quella dovuta Bargmann4. Quella che presenteremo ha il merito di mostrareesplicitamente come si costruisce U su una base hilbertiana.

Teorema 11.1 (Teorema di Wigner) Si consideri un sistema fisico quantistico S descrittosullo spazio di Hilbert (complesso separabile) HS. Si supponga che HS sia decomposto in settoricoerenti HS = ⊕k∈KHSk (dove eventualmente K = ∅ ed in tal caso quanto segue vale sostituendoovunque HSk e HSk′ con HS). Se la funzione:

δ : Sp(HSk) → Sp(HSk′)

e una simmetria (di Wigner) di S dal settore HSk al settore HSk′, con k, k′ ∈ K, allora valgonoi fatti seguenti.(a) Esiste un operatore U : HSk → HSk′, unitario oppure antiunitario (e la scelta e fissata da δstessa), tale che:

δ(ρ) = UρU−1 per ogni stato puro ρ ∈ Sp(HSk). (11.5)

(b) U e determinato a meno di una fase, cioe U1 e U2 (entrambi unitari oppure entrambi antiu-nitari) soddisfano (11.5) (sostituendo separatamente ciascuno di essi a U) se e solo se U2 = χU1

dove χ ∈ C con |χ| = 1.

4J. Bargamann, J. math. Phys. 5, 862-868, (1964).

402

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(c) Se ψnn∈N e una base hilbertiana di HSk e scegliamo i vettori ψ′n ∈ HSk′ in modo tale che

ψ′n(ψ

′n| ) = δ (ψ′

n(ψ′n| )), allora ψ′

nn∈N e base hilbertiana di HSk′, inoltre un operatore U chesoddisfa (11.5) risulta essere:

U : ψ =∑

n∈N

anψn 7→∑

n∈N

anψ′n nel caso unitario,

oppure:U : ψ =

n∈N

anψn 7→∑

n∈N

anψ′n nel caso antiunitario.

Prova. (b) Prima di tutto mostriamo che U , se esiste, e unico a meno di una fase. Ovviamente,se U1 soddisfa la tesi rispetto a δ, allora U2 := χU1 la soddisfera ancora se χ ∈ C con |χ| = 1.Mostriamo che questo e l’unico caso possibile. Supponiamo che esistano U1 e U2 (entrambiunitari oppure anti unitari) che soddisfino la tesi in riferimento a δ. Deve accadere che, seρ = ψ(ψ| ), allora, posto L := U−1

1 U2, vale Lψ(ψ|L−1φ) = ψ(ψ|φ) per ogni coppia di vettorinormalizzati a 1, ψ, φ. Di conseguenza varra Lψ(Lψ|φ) = ψ(ψ|φ), dato che L e unitario. Indefinitiva, essendo Lψ(Lψ| ) = ψ(ψ| ), Lψ e ψ determinano lo stesso stato puro, per cui deveessere Lψ = χψψ e cioe U1ψ = χψU2ψ, oppure U1ψ = χψU2ψ (se gli operatori sono antiunitari)per ogni ψ ∈ HSk, e per qualche χψ ∈ C con |χψ| = 1. Moltiplicando i due membri per unnumero c ∈ C, segue che l’identita vale per ogni ψ ∈ HSk. Mostriamo χψ non dipende da ψ.Scegliendo ψ 6= ψ′ e a, b ∈ C \ 0, la linearita di L implica che:

χaψ+bψ′(aψ + bψ′) = L(aψ + bψ′) = aLψ + bLψ′ = aχψψ + bχψ′ψ′ .

Di conseguenza:a(χaψ+bψ′ − χψ)ψ = b(χψ′ − χaψ+bψ′)ψ′ .

Dato che ψ 6= ψ′, a, b 6= 0, deve essere (χaψ+bψ′ − χψ) = 0 e (χψ′ − χaψ+bψ′) = 0 e quindiχψ = χψ′ . Abbiamo ottenuto che, per qualche χ ∈ C con |χ| = 1, vale:

U2ψ = χU1ψ per ogni ψ ∈ HSk.

(a) e (c) Passiamo ora a costruire un operatore U che rappresenti δ. Sia ψnn∈N una base hil-bertiana di HSk. Ad ognuno dei vettori ψn associamo il corrispondente stato puro ρn := ψn(ψn|).Quindi facciamo agire δ su tali stati, ottenendo la classe di stati puri δ(ρn) = ψ′

n(ψ′n|) ∈ Sp(HSk′),

dove i vettori unitari ψ′n ∈ HSk′ sono individuati a meno di una fase. Supponiamo di fissare una

volta per tutte tale fase in modo arbitrario. Per prima cosa notiamo che ψ′nn∈N e una base

hilbertiana di HSk′ . Infatti, i vettori sono ortonormali valendo: |(ψ′n|ψ′

m)|2 = tr(δ(ρn)δ(ρm)) =tr(ρnρm) = |(ψn|ψm)|2 = δnm, inoltre ψ′ ⊥ ψ′

n implica ψ′ = 0 come ora dimostriamo. Siaψ′ ⊥ ψ′

n per ogni n ∈ N. Se ψ′ 6= 0, senza perdere generalita possiamo assumere che ||ψ′|| = 1 edefinire ρ′ := ψ′(ψ′| ) ∈ Sp(HSk′). Dato che δ e suriettiva, deve essere ρ′ = δ(ρ) con ρ = ψ(ψ| ),per qualche ψ ∈ HSk con ||ψ|| = 1. Di conseguenza:

|(ψ′|ψ′n)|2 = tr(δ(ρ′)δ(ρ′n)) = tr(ρρn) = |(ψ|ψn)|2 = 0

403

Page 12: Introduzione alle Simmetrie Quantistiche.moretti/cap11.pdf · 11.1 Nozione e caratterizzazione di simmetrie quantistiche. Una nozione estremamente importante in meccanica quantistica,

e quindi deve essere ψ = 0, dato che ψnn∈N e base hilbertiana, ma questo e impossibile datoche ||ψ|| = 1. Deve dunque essere ψ′ = 0, e quindi ψ′

nn∈N e base hilbertiana.Ora, usando le due basi ψnn∈N e ψ′

nn∈N definiremo l’operatore U in varie tappe. Per primacosa definiamo i vettori unitari ausiliari:

Ψk := 2−1/2 (ψ0 + ψk) per k ∈ N \ 0

ed i corrispondenti stati puri: (Ψk| )Ψk, per k ∈ N\0. Il trasformato δ(Ψk(Ψk| )) = Ψ′k(Ψ

′k| )

deve soddisfare, in particolare:

|(Ψ′k|ψ′

n)|2 = tr(Ψ′k(Ψ

′k| )δ(ρn)

)= tr (δ(Ψk(Ψk| ))δ(ρn)) = |(Ψk|ψn)|2 =

δ0n + δkn2

,

e deve anche essere ||Ψ′k|| = 1. Decomponendo Ψ′

k =∑n anψ

′n, si vede che l’unica possibilita e :

Ψ′k = χ′

k2−1/2(ψ′

k + χkψ′k)

con |χ′k| = |χk| = 1. Le fasi χk sono individuate da δ mentre le fasi χ′

k si possono fissarearbitrariamente. Le fasi χk portano l’informazione di δ e ne faremo uso tra poco.Cominciamo a definire U sui vettori ψn, (ψ0 + ψk)/

√2 stabilendo che, per definizione, dove

k ∈ N \ 0:

Uψ0 := ψ′0 , Uψk := χkψ

′k , U(2−1/2(ψ0 + ψk)) := 2−1/2(ψ′

0 + χkψ′k) . (11.6)

Con questa scelta siamo sicuri che, se φ e uno dei vettori nell’argomento di U scritti sopra e ρφe lo stato puro associato ad esso, allora δ(ρφ) e associato a Uφ.Ora estenderemo U su ogni vettore:

ψ =∑

n∈N

anψn ∈ HSk ,

in modo che U continui a rappresentare δ. Assumiamo sopra che ||ψ|| = 1 e che a0 ∈ R \ 0.Sia poi ψ′ ∈ HSk′ con ||ψ′|| = 1, tale che ψ′(ψ′| ) = δ(ρψ). Avremo uno sviluppo:

ψ′ =∑

n∈N

a′nψ′n . (11.7)

i coefficienti a′k sono individuati, a meno di una fase globale, dai coefficienti an e da δ. Nellenostre ipotesi su δ vale comunque:

|(ψ′|ψ′n)|2 = tr(δ(ρψ)δ(ρn)) = tr(ρψρn) = |(ψ|ψn)|2 .

Il risultato si puo riscrivere come |a′n| = |an|. Usando questo risultato insieme alle prime dueidentita in (11.6) nel secondo membro di (11.7), arriviamo a:

ψ′ = χ

a0Uψ0 +

n∈N\0

χ−1n a′nUψn

,

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dove χ, con |χ| = 1, e arbitrario. Possiamo allora definire:

Uψ := a0Uψ0 +∑

n∈N\0

χ−1n a′nUψn . (11.8)

In questo modo siamo sicuri che, per costruzione, Uψ(Uψ| ) = δ(ρψ) e si verifica che ladefinizione appena data di U estende quella gia data in (11.6). Tuttavia non abbiamo ancoracompletamente definito Uψ, perche non conosciamo quanto valgono i coefficienti a′n in funzionedelle componenti an di ψ. Siamo ora in grado di determinare tale legame. Per costruzione di Ue nelle nostre ipotesi su δ, deve risultare |(Ψk|ψ)| = |(UΨk|Uψ)|, che significa, facendo uso di(11.8):

|a0 + ak|2 = |a0 + χ−1k a′k| .

Questa identita , tenendo conto che |ak| = |a′k|, implica che:

Re(a0ak) = Re(a0χ−1k a′k) .

Tenendo infine conto del fatto che a0 ∈ R \0, le identita di sopra sono possibili solo in uno deiseguenti casi:

a′k = χkak oppure a′k = χkak .

Di conseguenza, per ogni ψ =∑n anψn con a0 ∈ R \ 0 vale:

ψ′ = Uψ =∑

n∈Aψ

anψ′n +

n∈Bψ

anψ′n .

Si osservi che, per il fissato vettore ψ, si puo sempre sempre scegliere uno dei due insiemi Aψ eBψ come vuoto5. Supponiamo infatti che cio non sia possibile. Allora per le componenti di ψe del corrispondente ψ′ deve succedere che a′p = χpap mentre a′q = χqaq, per qualche coppia di

indici p 6= q, dove Imap, Imaq 6= 0. Se φ = 3−1/2(ψ0+ψp+ψq) deve allora essere per costruzione:

|(φ′|ψ′)|2 = |(φ|ψ)|2 ,

dove φ′ := Uφ = 3−1/2(ψ′0 + ψ′

p + ψ′q). L’identita tra i moduli quadri si esplicita in:

|a0 + ap + aq|2 = |a0 + ap + aq|2 ,

cioe , con qualche calcolo:Re(apaq) = Re(apaq)

che e impossibile nelle nostre ipotesi, perche implica che Imaq = −Imaq.Se ψ =

∑n anψn ∈ HSk con ||ψ|| = 1 e se a0 ∈ R \ 0, abbiamo pertanto le due alternative per

definire Uψ:Uψ =

n∈N

anψn oppure Uψ =∑

n∈N

anψn . (11.9)

5Si osservi che c’e una certa ambiguita nel definire gli insiemi Aψ e Bψ dato che gli indici n degli eventualicoefficienti an reali possono essere scelti come membri di An oppure Bn indifferentemente.

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Mostriamo ora che la scelta tra i due casi non dipende da ψ e quindi deve dipendere dalla naturadi δ. Consideriamo un generico vettore ψ =

∑n anψn ∈ HSk con ||ψ|| = 1 e a0 ∈ R\0. Quindi

definiamo il vettore ψ(nc) associato a c ∈ C con Imc 6= 0, per ogni n = 1, 2, . . ., dato da:

ψ(nc) :=1È

1 + |c|2(ψ0 + cψn) .

Dovendo essere valido il vincolo: |(ψ|ψ(nc))| = |(Uψ|Uψ(nc))|, si vede immediatamente che questoe possibile solo se ψ(nc) e ψ sono dello stesso tipo tra le due possibilita in (11.9). Di conseguenzatutti i vettori ψ =

∑n anψn ∈ HSk con ||ψ|| = 1 e a0 ∈ R \ 0 sono dello stesso tipo.

Definiamo ora l’operatore U : HSk → HSk′ dato da:

U : ψ =∑

n∈N

anψn 7→∑

n∈N

anψ′n nel caso lineare,

oppure:U : ψ =

n∈N

anψn 7→∑

n∈N

anψ′n nel caso antilineare.

Si osservi che, per costruzione, il primo operatore e isometrico surgettivo cioe unitario, il secondoe antisometrico surgettivo, cioe antiunitario. Si deve osservare che la scelta tra il caso unitarioe quello antiunitario deve dipendere dalla natura di δ e non e possibile rappresentare lo stesso δsi con un operatore unitario che con uno anti unitario. Questo segue dal fatto che e impossibileche ψ′ :=

∑n∈N anψn 7→ ∑

n∈N anψ′n e ψ′ =

∑n∈N anψn 7→ ∑

n∈N anψ′n differiscano per una

sola fase per ogni scelta dei coefficienti an, cioe del vettore ψ, come dovrebbe essere se ψ′ e ψ′

individuassero lo stesso stato puro δ(ψ(ψ| )).Per costruzione, questo operatore soddisfa UρU−1 = δ(ρ) purche si possa esprimere ρ ∈ Sp(HSk)come ψ(ψ| ) dove, nello sviluppo ψ =

∑n∈N anψn, a0 6= 0. Infatti, in tal caso e possibile ridefinire

ψ cambiando una sola fase totale: ψ = χψ, senza alterare ρ = ψ(ψ| ) = ψ(ψ| ), in modo taleche, nello sviluppo di ψ, a0 ∈ R \ 0; a questo punto la costruzione che abbiamo fatto per Uimplica che:

UρU−1 = Uψ(ψ| )U−1 = Uψ(ψ| )U−1 = Uψ(Uψ| ) = δ(ρ) .

Rimane da provare che questo risultato vale anche per gli stati puri associati a vettori ψ =∑n∈N anψn con a0 = 0. A tal fine notiamo che tutta la costruzione puo essere rifatta rimpiaz-

zando ψ0 con un qualsiasi altro vettore di base ψk. In tal caso si trova banalmente che, sesi definisce U esattamente come detto sopra, vale UρU−1 = δ(ρ) per gli stati puri associati avettori ψ =

∑n∈N anψn con ak 6= 0. (Non puo accadere che, usando come vettore di riferimento

ψk invece di ψ0, il nuovo operatore U sia di tipo diverso (lineare o antilineare) di quello definitoprendendo come riferimento ψ0. Infatti, sui vettori ψ =

∑n∈N anψn con ak 6= 0 e a0 6= 0 insieme,

i due operatori si devono comportare nello stesso modo e questo ne determina il tipo come prova-to sopra.) L’osservazione fatta conclude la dimostrazione, perche se consideriamo ρ ∈ Sp(HSk)e ρ = ψ(ψ| ), con ψ =

∑n∈N anψn, e a0 = 0, ci deve essere comunque almeno un coefficiente

ak 6= 0 essendo ||ψ|| = 1. Pertanto possiamo rifare la dimostrazione di sopra rimpiazzando ψ0

406

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con quel ψk. 2

Passiamo ora al teorema di Kadison con una procedura di riduzione al teorema di Wigner dovutaa Roberts e Roepstorff6. Per prima cosa dimostriamo parte del teorema nel caso bidimensionale.

Proposizione 11.3. Se H e uno spazio di Hilbert bidimensionale e se γ : S(H) → S(H) e unautomorfismo di Kadison, allora esiste U : H → H unitario oppure anti unitario tale che:

γ(ρ) = UρU−1 per ogni ρ ∈ S(H).

Prova. Per prima cosa caratterizziamo geometricamente gli stati e gli stati puri su H attraverso lacosiddetta sfera di Poincare . Uno stato ρ ∈ S(H) e , nel caso in esame, una matrice hermitianapositiva con traccia pari a 1. Lo spazio vettoriale reale delle matrici hermitiane possiede unabase costituita dall’identita I e dalle 3 matrici di Pauli:

σ1 =

0 11 0

, σ2 =

0 −ii 0

, σ3 =

1 00 −1

. (11.10)

Quindi, dovra essere per a, bn ∈ R:

ρ = aI +3∑

n=1

bnσn .

La condizione tr(ρ) = 1 fissa a = 1/2, dato che le tre matrici σn hanno traccia nulla. La richiestadi positivita , cioe la richiesta che gli autovalori di ρ siano entrambi positivi, risulta allora essere

equivalente aÈb11 + b22 + b23 ≤ 1/2. La verifica e immediata per computo diretto. In definitiva

gli elementi ρ di S(H) risultano essere in corrispondenza biunivoca con i vettori n ∈ R3 con||n|| ≤ 1 attraverso la relazione, con ovvie notazioni:

ρ =1

2(I + n · σ) . (11.11)

Infine, la richiesta che ρ sia puro, e cioe che si abbia un unico autovalore pari a 1, e equivalenteal fatto che ||n|| = 1, come si prova per verifica diretta. In definitiva, gli elementi di S(H) sonoin corrispondenza biunivoca con la palla chiusa B in R3 di raggio 1 e centrata nell’origine, e glielementi del sottoinsieme degli stati puri, Sp(H), sono in corrispondenza biunivoca con i puntisulla superficie della palla ∂B. La corrispondenza biunivoca appena definita:

B ∋ n 7→ ρn ∈ S(H)

e in realta un vero isomorfismo, dato che conserva le strutture convesse dei rispettivi spazi,risultando da (11.11):

ρpn+qm = pρn + qρm per ogni coppia n,m ∈ B se p, q ≥ 0 e p+ q = 1 .

6J. Roberts and G. Roepstorff, Commun. Math. Phys. 11, 321-338, (1969).

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Una proprieta importante nel seguito dell’isomorfismo trovato e la seguente formula che segueimmediatamente dalle relazioni (che si provano per verifica diretta): tr(σj) = 0, tr(σiσj) = 2δij .

tr (ρmρn) =1

2(1 + m · n) . (11.12)

Possiamo ora caratterizzare gli automorfismi di Kadison. Assegnare un automorfismo di Kadisonγ : S(H) → S(H) e evidentemente equivalente ad assegnare una corrispondente funzione biettivaγ′ : B → B che soddisfi:

γ′(pn + qm) = pγ′(n) + qγ′(m) per ogni coppia n,m ∈ B se p, q ≥ 0 e p+ q = 1 .

Se l’automorfismo di Kadison γ : S(H) → S(H) individua la funzione γ′ : B → B come dettosopra, la funzione Γ : R3 → R3 definita da:

Γ(0) := 0 , Γ(v) := ||v||γ′

v

||v||

, se v ∈ R3 \ 0

risulta allora essere un’estensione di γ′ e risulta anche essere lineare e biettiva. La prova dicio e diretta. (Bisogna tuttavia osservare che non tutte le funzioni lineari biettive L : R3 → R3

si restringono ad automorfismi di Kadison quando ristrette a B: deve essere soddisfatta lacondizione che L(B) = B.) Si osservi che gli automorfismi di Kadison, essendo isomorfismi,devono trasformare elementi estremali in elementi estremali e pertanto deve anche risultare:Γ(n) = γ′(n) = 1 se ||n|| = 1 e ancora, per la linearita di Γ:

||Γ(v)|| = ||v|| per ogni v ∈ R3 .

Concludiamo che la funzione lineare Γ : R3 → R3 associata all’automorfismo di Kadison γ deveessere un’isometria di R3 che ammette l’origine come punto fisso. Questo e possibile se e solo seΓ ∈ O(3), il gruppo delle matrici ortogonali reali di dimensione 3. (Viceversa, se Γ ∈ O(3), allorala sua restrizione a B individua un automorfismo di Kadison come si prova immediatamente.)Questo risultato, tenendo conto del teorema di Wigner, conclude la prova del teorema di Kadisonnel caso in esame. In effetti, il fatto che Γ ∈ O(3) implica che γSp(H) sia un automorfismo diWigner per la proprieta (11.12). Se infatti ρn e ρm sono stati puri, la probabilita di transizionead essi associata e :

tr (ρnρm) =1

2(1 + n · m) .

D’altra parte, usando il fatto che Γ e una matrice ortogonale, si ha anche:

tr (γ(ρn)γ(ρm)) =1

2(1 + Γ(n) · Γ(m)) =

1

2(1 + n ·m) ,

e quindi:tr (γ(ρn)γ(ρm)) = tr (ρnρm) .

Tenendo conto del fatto che γ′∂B= Γ∂B : ∂B → ∂B e banalmente una biezione (cio accade pertutte le metrici ortogonali), abbiamo che γSp(H): Sp(H) → Sp(H) e una biezione. Concludiamo

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che γSp(H): Sp(H) → Sp(H) e un automorfismo di Wigner. Il teorema di Wigner implica allorache esiste un operatore unitario o anti unitario U : H → H tale che

γ(ρ) = UρU−1 per ogni ρ ∈ Sp(H) .

Se ρ ∈ S(H) si potra comunque decomporre come combinazione convessa di due stati puriassociati agli autovettori di ρ. Se ρ1, ρ2 ∈ Sp(H) sono questi stati, per qualche p ∈ [0, 1]dovra essere:

ρ = pρ1 + (1 − p)ρ2 .

Quindi

γ(ρ) = pγ(ρ1)+(1−p)γ(ρ2) = pUρ1U−1 +(1−p)Uρ2U

−1 = U (pρ1 + (1 − p)ρ2)U−1 = UρU−1 .

Concludiamo che l’operatore unitario o antiunitario U verifica la tesi della proposizione e ladimostrazione si conclude. 2

Osserviamo che, nella dimostrazione appena conclusa, l’esistenza dell’operatore U si puo dimostrareusando la teoria delle rappresentazioni del gruppo SU(2), delle matrici unitarie 2 × 2 a deter-minante unitario, e del fatto che esso sia il rivestimento universale di SO(3), senza invocare ilteorema di Wigner. Non abbiamo seguito questa strada per non dover introdurre nuove nozioni.Passiamo ad enunciare e provare il teorema di Kadison nel caso generale. (Il contenuto originaledel teorema provato realmente da Kadison si riferisce solo ai punti (a) e (b)).

Teorema 11.2 (Teorema di Kadison) Si consideri un sistema fisico quantistico S descrittosullo spazio di Hilbert (complesso separabile) HS. Si supponga che HS sia decomposto in settoricoerenti HS = ⊕k∈KHSk (dove eventualmente K = ∅ ed in tal caso quanto segue vale sostituendoovunque HSk e HSk′ con HS). Se la funzione:

γ : S(HSk) → S(HSk′)

e una simmetria (di Kadison) di S dal settore HSk al settore HSk′, con k, k′ ∈ K, allora valgonoi fatti seguenti.(a) Esiste un operatore U : HSk → HSk′, unitario oppure antiunitario, tale che:

γ(ρ) = UρU−1 per ogni stato puro ρ ∈ S(HSk). (11.13)

(b) U e determinato a meno di una fase, cioe U1 e U2 (entrambi unitari oppure entrambi antiuni-tari) soddisfano (11.13) (sostituendo separatamente ciascuno di essi a U) se e solo se U2 = χU1

dove χ ∈ C con |χ| = 1.(c) La restrizione di γ allo spazio degli stati puri e una simmetria di Wigner (e la scelta delcarattere unitario o anti unitario di U in (a) e fissata da γSp(HSk)).(d) Ogni simmetria di Wigner δ : Sp(HSk) → Sp(HSk′) si estende, in modo unico, ad unasimmetria di Kadison γ(δ) : S(HSk) → S(HSk′).

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Prova. (b) Prima di tutto mostriamo che U , se esiste ed e unitario oppure e anti unitario, e unicoa meno di una fase nella corrispondente classe di operatori. Ovviamente, se U1 soddisfa la tesirispetto a γ, allora U2 := χU1 la soddisfera ancora se χ ∈ C con |χ| = 1. Mostriamo che questoe l’unico caso possibile. Supponiamo che esistano U1 e U2 (entrambi unitari oppure anti unitari)che soddisfino la tesi in riferimento a γ. Deve accadere in particolare che, se ρ ∈ S(HSk), alloraU1ρU

−11 = U2ρU

−12 e quindi: LρL−1 = ρ dove L := U−1

1 U2 e lineare ed unitario. Scegliendo unostato puro ρ = ψ(ψ| ), l’identita trovata si riscrive:

Lψ(Lψ| ) = ψ(ψ| )

e quindi Lψ deve appartenere allo stesso raggio di ψ e pertanto Lψ = χψψ per qualche numeroχψ ∈ C con |χ| = 1. Esattamente come nella dimostrazione del punto (b) del teorema di Wigner,si trova allora che χψ non dipende da ψ e questo conclude la dimostrazione di (b).Passiamo a dimostrare (a). Dividiamo la dimostrazione in alcuni passi. Per prima cosa notiamoche γ e biettiva e conserva la struttura convessa. Conseguentemente, trasforma elementi estre-mali in elementi estremali ed elementi non estremali in elementi non estremali, cioe stati puri instati puri e stati misti in stati misti. Di conseguenza, se M ⊂ HSk e un sottospazio bidimensiona-le allora esistera un analogo sottospazio bidimensionale M′ ⊂ HSk′ tale che γ (S(M)) ⊂ S(M′).(Se ψ1, ψ2 e una base di M, il generico elemento di S(M) e ρ = pψ1(ψ1| )+qψ2(ψ2| ) con p+q = 1e p, q ≥ 0. Quindi

γ(ρ) = pγ(ψ1(ψ1| )) + qγ(ψ2(ψ2| )) = pψ′1(ψ

′1| ) + q(ψ′

2(ψ′2| ) ,

dove, i vettori unitari ψ′1 e ψ′

2 si ottengono (a meno di fasi) richiedendo che individuino gli statipuri γ(ψ1(ψ1| )) e γ(ψ1(ψ1| )) rispettivamente. Questi due stati puri devono essere differentitra di loro, altrimenti la biezione γ−1 : S(HSk′) → S(HSk) che conserva la struttura conforme,mapperebbe uno stato puro in uno stato misto. Pertanto i vettori ψ′

1 e ψ′2, che devono essere di

norma unitaria, soddisfano necessariamente: ψ′1 6= aψ′

2 per ogni a ∈ C e pertanto sono linear-mente indipendenti. Lo spazio M ′ e allora quello generato da ψ′

1 e ψ′2.)

Abbiamo ora due lemmi.

Lemma 1. Nelle nostre ipotesi su γ, esiste una simmetria di Wigner δ : Sp(HSk) → Sp(HSk′)che soddisfa γ(ρ) = δ(ρ) per ogni ρ ∈ Sp(HSk).

Prova del lemma 1. Dato che γ e γ−1 trasformano elementi estremali in elementi estremali edelementi non estremali in elementi non estremali, γ Sp(HSk): Sp(HSk) → Sp(HSk′) e biettiva,dato che la sua inversa destra e sinistra non e altro che γ−1Sp(HSk′)

: Sp(HSk′) → Sp(HSk). Ladimostrazione si conclude provando che γ Sp(HSk) conserva le probabilita di transizione. Datoφ,ψ ∈ HSk supposti essere unitari e diversi, sia M lo spazio vettoriale generato da essi e siaM ′ ⊂ HSk′ lo spazio bidimensionale che soddisfa γ (S(M)) ⊂ S(M ′) menzionato sopra. Siainfine U : M ′ →M un qualsiasi operatore unitario. Definiamo:

γ′(ρ) := Uγ(ρ)U−1 per ogni ρ ∈ S(M).

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Si verifica immediatamente che γ′ e una simmetria di Kadison se ci si restringe a lavorare nellospazio di Hilbert 2-dimensionale H = M . Come provato nella proposizione 11.3, in questo casoil teorema di Kadison e vero e quindi esiste un operatore unitario o anti unitario V : M → Mtale che γ′(ρ) = Uγ(ρ)U−1 = V ρV −1. In altre parole:

γ(ρ) = UV ρ(UV )−1 per ogni ρ ∈ S(M).

In particolare, scegliendo ρ = ψ(ψ| ) e poi ρ = φ(φ| ) abbiamo che

tr (γ(ψ(ψ| ))γ(φ(φ| ))) = trUV ψ(ψ| )(UV )−1UV φ(φ| )(UV )−1

=

= trUV ψ(ψ| )φ(φ| )(UV )−1

= tr (ψ(ψ| )φ(φ| )) .

Nel caso ψ(ψ| ) = φ(φ| ) si ottiene banalmente lo stesso risultato come e immediato verificare.Abbiamo provato che γSp(HSk) conserva le probabilita di transizione ed e quindi una simmetriadi Wigner. 2

Per il lemma precedente ed applicando il teorema 11.1 di Wigner, esiste un operatore unitariooppure anti unitario U : HSk → HSk′ tale che:

γ(ρ) = UρU−1 per ogni ρ ∈ Sp(HSk). (11.14)

La dimostrazione si conclude dimostrando che l’identa trovata vale anche nel caso di ρ ∈ S(HSk).A tal fine, notiamo che (11.14) e equivalente a:

U−1γ(ρ)U = ρ per ogni ρ ∈ Sp(HSk),

e quindi Γ : S(HSk) → Sp(HSk) e ancora una simmetria di Kadison (anzi un automorfismo diKadison) che si riduce all’identita sugli stati puri. La dimostrazione del teorema di Kadison siconclude immediatamente provando il seguente lemma.

Lemma 2. Sia H uno spazio di Hilbert. Se Γ : S(H) → S(H) e un automorfismo di Kadisonche si riduce all’identita sugli stati puri, allora e l’identita .

Prova del lemma 2. Se ρ =∑Nk=0 pkψk(ψk| ) e una combinazione lineare (convessa) finita di stati

puri, allora:

Γ(ρ) = Γ

(N∑

k=0

pkψk(ψk| )

)=

N∑

k=0

pkΓ (ψk(ψk| )) =

(N∑

k=0

pk

)I = I .

Di conseguenza, la tesi varra per ogni ρ ∈ S(H), se le combinazioni lineari (convesse) finite distati puri sono dense in S(H) in una topologia rispetto alla quale Γ e continuo. Mostriamo checio accade rispetto alla topologia degli operatori di classe traccia indotta dalla norma ||T ||1 :=

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tr(|T |) (vedi cap.4).Se ρ ∈ S(H), possiamo decomporre l’operatore nel suo sviluppo spettrale:

ρ =∑

k∈N

pkψk(ψk| ) .

dove pk > 0 e∑k∈N pk = 1. La convergenza e nella topologia operatoriale forte e anche nella to-

pologia di || ||1. Mostriamo che possiamo approssimare ρ con elementi ρN ∈ S(H), combinazionilineari (convesse) finite di stati puri, in modo tale che:

||ρN − ρ||1 → 0 per N → +∞.

A tal fine definiamo:

ρN :=N∑

k=0

q(N)k ψk(ψk| ) , q

(N)k :=

pk∑Nj=0 pj

, N=0,1,2,. . . .

Evidentemente ρN ∈ S(H) per ogni N ∈ N ed inoltre, tenendo conto che q(N)k < pk e che i

vettori unitari ψk (aggiungendo una base hilbertiana di ker(ρ) ⊃ ker(ρN )) formano una basehilbertiana di H, fatta di autovettori di ρ e di ρN , si trova facilmente che, per N → +∞

||ρ− ρN ||1 = tr (|ρ− ρN |) = −N∑

k=0

(pk − q(N)k ) +

+∞∑

k=N+1

pk =1 −∑N

j=0 pj∑Nj=0 pj

N∑

k=0

pk ++∞∑

k=N+1

pk → 0 ,

in virthu dei soli fatti che pn > 0 e∑+∞n=1 pn = 1.

Mostriamo ora che Γ e continua nella topologia di || ||1 e questo completa la dimostrazione.Per prima cosa estendiamo Γ da S(H) alla classe degli operatori di classe traccia positivi su H

definendo, se A ∈ B1(H) con A ≥ 0 (e quindi tr(A) > 0 se A 6= 0):

Γ1(A) := tr(A)Γ

1

trAA

, Γ1(0) := 0 .

Con questa definizione, segue immediatamente che Γ1(A) ∈ B1(H) e Γ1(A) ≥ 0, inoltre:

Γ1(αA) = αΓ1(A) se α ≥ 0,

etr (Γ1 (A)) = tr(A) .

Tenendo conto che Γ conserva la struttura convessa, si prova immediatamente che

Γ1 (A+B) = Γ1(A) + Γ1(B) .

Per concludere estendiamo Γ1 sulla classe degli operatori autoaggiunti di classe traccia, definen-do:

Γ2(A) := Γ1(A+) − Γ1(A−) ,

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dove A− := − ∫(−∞,0) xdP(A)(x) e A+ :=

∫(0,+∞) xdP

(A)(x). Si osservi che A+ − A− = A e

|A| = A+ +A−, per definizione, essendo P (A) la PVM di A.Con questa definizione, se A ∈ B1(H) e autoaggiunto, allora Γ2(A) ∈ B1(H) ed e autoaggiunto,inoltre:

||Γ2(A)||1 ≤ ||Γ1(A+)||1 + ||Γ1(A−)||1 = tr (A+) + tr (A−) = ||A||1 .Segue che Γ2 e continua nella topologia di || ||1 e di conseguenza lo e Γ : S(H) → S(H) che nee una restrizione. 2

Abbiamo quindi provato l’esistenza di U unitario o anti unitario che soddisfa la richiesta γ(ρ) =UρU−1 per ogni ρ ∈ S(HSk). Questo conclude la prova di (a).(c) Si osservi che, valendo: γSp(HSk) (ρ) = UρU−1, si conclude che γSp(HSk) e una simmetria diWigner come si prova immediatamente. In particolare, l’operatore U che verifica (a) (di questoteorema) soddisfa anche la tesi in (a) del teorema di Wigner per γSp(HSk). In base al teoremadi Wigner il carattere unitario o antiunitario di U che soddisfa (a) e quindi fissato da γSp(HSk).(d) Se δ e una simmetria di Wigner, per il teorema di Wigner esiste U , unitario o antiunitarioper cui δ(ρ) = UρU−1 per ogni stato puro. U definisce la simmetria di Kadison γ(δ)(ρ) =UρU−1 che estende δ su tutto lo spazio degli stati. Dimostriamo l’unicita . Se due simmetrie diKadison, γ, γ′, associate agli operatori (unitari o antiunitari) U , U ′ rispettivamente, coincidonosu Sp(HSk), allora le simmetrie di Wigner δ(U) = U · U−1 e δ(U

′) = U ′ · U ′−1 coincidono. Per ilteorema di Wigner U e U ′ devono essere entrambi unitari o entrambi antiunitari e U = χU ′ con|χ| = 1. Conseguentemente, per le simmetrie di Kadison iniziali vale

γ(ρ) = UρU−1 = χU ′ρU ′−1χ−1 = χχ−1U ′ρU ′−1 = U ′ρU ′−1 = γ′(ρ)

per ogni ρ ∈ S(HSk) e quindi γ = γ′. Questo conclude la dimostrazione del teorema di Kadison.2

Dall’ultima parte della dimostrazione estraiamo una proposizione che e interessante per sua na-tura.

Proposizione 11.4. Sia γ un automorfismo di Wigner, oppure di Kadison, sullo spazio diHilbert H, e B1(H)R ⊂ B1(H) indichi il sottospazio reale di B1(H) contenente gli operatori au-toaggiunti di classe traccia sullo spazio di Hilbert complesso H.Esiste, ed e unico, un operatore lineare γ2 : B1(H)R → B1(H)R, continuo nella norma na-turale || ||1 di B1(H), tale che si restringa a γ su Sp(H) oppure, rispettivamente, su S(H).Piu precisamente vale:

||γ2(A)||1 ≤ ||A||1 per ogni A ∈ B1(H)R

Prova. La dimostrazione di esistenza, nel caso di automorfismi di Kadison e stata data nel-la dimostrazione, del lemma 2, dimostrando l’esistenza di Γ2 (ora indicato con γ2), quandoe assegnato Γ (ora indicato con γ). L’unicita segue direttamente dalla costruzione fatta, nella

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dimostrazione del lemma 2, per ottenere Γ2 (ora indicato con γ2) da Γ (ora indicato con γ). Pergli automorfismi di Wigner, la dimostrazione segue immediatamente da quella per gli automor-fismi di Kadison, applicando (d) del teorema di Kadison.

11.1.6 Azione duale delle simmetrie sulle osservabili.

I teoremi di Wigner e Kadison consentono di definire in modo molto elementare la nozione diazione (duale) di una simmetria sulle osservabili del sistema fisico. Consideriamo un sistemafisico S descritto sullo spazio di Hilbert (complesso separabile) HS . Per semplicita ci occuperemodella situazione in cui si abbia un unico settore, dato che la generalizzazione al caso di presenza dipiu settori coerenti e immediata. Sia P(HS) l’insieme delle osservabili elementari su S, descritte,come sappiamo dai proiettori ortogonali su H. Le osservabili su S sono PVM costruite con taliproiettori, ovvero sono gli operatori autoaggiunti (non limitati in generale) associati a tali PVM.Supponiamo che γ : S(HS) → S(HS) sia una simmetria. Definiamo l’azione duale di γ sulreticolo dei proiettori, γ∗ : P(HS) → P(HS) come:

γ∗(P ) := U−1PU per ogni P ∈ P(HS). (11.15)

Con questa scelta vale l’identita di dualita :

tr (ργ∗(P )) = tr (γ(ρ)P ) , (11.16)

come si verifica immediatamente, tenendo conto che γ(ρ) = UρU−1 per il teorema di Kadisone tenendo conto, nel calcolo della traccia e nel caso in cui U sia antinunitario, che gli operatoriantiunitari trasformano basi hilbertiane in basi hilbertiane.L’applicazione γ∗ : P(HS) → P(HS) non solo trasforma proiettori ortogonali in proiettori or-togonali, ma preserva la struttura di reticolo limitato, ortocomplementato e σ-completo. Peresempio i proiettori ortogonali P e Q di P(HS) commutano se e solo se γ∗(P ) e γ∗(Q) commu-tano. In tal caso γ∗ (P ∨Q) = γ∗(P ) ∨ γ∗(Q) e via di seguito.Se A : D(A) → H e un operatore autoaggiunto su H con misura spettrale P (A) ⊂ P(HS), risultafacilmente (vedi (1) in esercizi 9.1 per il caso unitario, e (6) in esercizi 11.1 per il caso antiunitario)che U−1AU : U−1D(A) → HS e ancora autoaggiunto ed ha misura spettrale γ∗

P (A)

. Questa

osservazione consente di estendere l’azione di γ∗ a tutte le osservabili in modo coerente con l’ideadella decomposizione spettrale, definendo, se A : D(A) → HS e un operatore autoaggiunto cherappresenta qualche osservabile di S:

γ∗(A) := U−1AU . (11.17)

Il significato fisico di γ∗(A) e il seguente. Nel momento in cui definiamo una simmetria diKadison γ, assegniamo una serie di prescrizioni sperimentali con cui trasformare il sistemaS. Matematicamente parlando, l’azione sugli stati e descritta proprio da γ : S(HS) → S(HS).L’azione γ∗ sulle osservabili rappresenta invece una serie di prescrizioni operative sugli strumentidi misura che, in termini intuitivi, corrisponde e generalizza la nozione di trasformazione passiva

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di coordinate. Piu precisamente, tale prescrizione e tale che se attuiamo γ sul sistema oppure γ∗

sull’apparato di misura, otteniamo lo stesso risultato (valori di aspettazione, varianze, frequenzedi esiti) quando guardiamo gli esiti delle misure.Per esempio, il valore di aspettazione 〈γ∗(A)〉ρ risulta essere lo stesso di 〈A〉γ(ρ):

〈γ∗(A)〉ρ = tr (γ∗(A)ρ) = trU−1AUρ

= tr

AUρU−1

= tr(Aγ(ρ)) = 〈A〉γ(ρ) .

Questo e , in definitiva, il risultato espresso nell’equazione di dualita (11.16). Il risultato e equivalentea dire che l’azione di γ sul sistema puo essere annullata, ai fini dell’osservazione degli esiti dellemisure sul sistema, dall’azione contemporanea di (γ∗)−1 sugli strumenti. Si noti che, dal puntodi vista sperimentale non e affatto ovvio che una trasformazione agente sul sistema possa essereannullata da un’azione contemporanea sull’apparto di misura. Le simmetrie, nel senso di Kadi-son e di Wigner, hanno la proprieta che questo deve essere possibile possibile.

Esempi 11.2.(1) Consideriamo una particella quantistica senza spin descritta su R3, pensato come spazio diquiete di un sistema di riferimento inerziale descritto da fissate coordinate ortonormali destrorse.Sappiamo, dal cap 10, che in tal caso lo spazio di Hilbert della particella e L2(R3, dx). Gli statipuri sono dunque individuati, a meno di fasi arbitrarie, dalle funzioni d’onda, cioe dai vettoriψ ∈ L2(R3, dx) tali che

∫R3 |ψ(x)|2dx = 1.

Le isometrie di R3 individuano simmetrie di Wigner (e quindi di Kadison) nel modo che segue,a causa dell’invarianza della misura di Lebesgue dx sotto di esse.Alcune nozioni di teoria dei gruppi che useremo di seguito saranno richiamate piu avanti (lateoria elementare e brevemente richiamata nell’Appendice A). Indichiamo con IO(3) il gruppo(di Lie) delle isometrie di R3 che risulta essere il prodotto semidiretto (vedi Appendice A) diO(3) e del gruppo abeliano delle traslazioni R3. In pratica, ogni elemento del gruppo Γ ∈ IO(3)e una coppia Γ = (R, t) che agisce sui punti di R3 come segue: Γ(x) := t + Rx. La legge dicomposizione gruppale di IO(3) si ottiene di conseguenza come:

(t′, R′) (t, R) = (t′ +R′t, R′R) e quindi (t, R)−1 = (−R−1t, R−1) .

Sia Γ : R3 → R3 un elemento di IO(3), quindi in particolare Γ potrebbe essere una traslazionelungo un asse t, Γ : R3 ∋ x 7→ x + t oppure una rotazione di O(3) attorno all’origine R3 ∋x 7→ Rx (includendo le rotazioni improprie descritte dagli elementi di O(3) con determinantenegativo) oppure una combinazione di questi due tipi di trasformazioni. Possiamo allora definirela trasformazione delle funzioni a quadrato integrabile:

(UΓψ) (x) := ψΓ−1x

per ogni ψ ∈ L2(R3, dx). (11.18)

L’operatore U e evidentemente lineare, suriettivo (dato che ogni isometria Γ di R3 e biettiva) ede un operatore isometrico, dato che la matrice jacobiana J di ogni isometria ha determinanteche vale ±1:

||UΓψ||2 =

R3

∣∣∣ψΓ−1x

∣∣∣2 dx =

R3

∣∣ψ(x′)∣∣2 |detJ |dx′ =

R3

∣∣ψ(x′)∣∣2 dx′ = ||ψ||2 .

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La trasformazione γΓ indotta dall’operatore unitario UΓ sugli stati (puri e non) e una simmetria(di Wigner o Kadison rispettivamente), che ha come significato naturale l’azione dell’isometriaΓ sul sistema S dato dalla particella in esame.Si osservi che l’applicazione IO(3) ∋ Γ 7→ UΓ soddisfa, in virtu di (11.18) e dove id e l’identita diIO(3):

Uid = I , UΓUΓ′ = UΓΓ′ per ogni Γ,Γ′ ∈ IO(3).

Abbiamo quindi che IO(3) ∋ Γ 7→ UΓ conserva la struttura di gruppo (in particolare UΓ−1 =(UΓ)−1) ed e pertanto una rappresentazione del gruppo IO(3) in termini di operatori unitari.Discuteremo tali rappresentazioni nella prossima sezione.Consideriamo ora una PVM su R3, che indicheremo con P (X), e che e detta misura spettralecongiunta dei tre operatori posizione ed e definita da:

(P(X)E ψ)(x) = χE(x)ψ(x) per ogni ψ ∈ L2(R3, dx).

Si dimostra facilmente che i tre operatori posizione si ottengono integrando le corrispondentifunzioni rispetto a tale PVM:

Xi =

R3xidP

(X)(x) per i = 1, 2, 3.

Direttamente dalla definizione (11.18) si verifica che vale la condizione di imprimitivita :

= UΓP(X)E U−1

Γ = P(X)Γ(E) . (11.19)

Infatti, per una generica funzione ψ ∈ L2(R3, dx):

(UΓP

(X)E U−1

Γ ψ)

(x) = χEΓ−1(x)

ψ(ΓΓ−1(x)

)

= χΓ(E)(x)ψ(x) =(P

(X)Γ(E)ψ

)(x) .

Per l’arbitrarieta di ψ segue la (11.19). Si osservi che la condizione di imprimitivita si puo equivalentementescrivere in termini dell’azione duale della simmetria di Kadison:

γ∗Γ

(P

(X)E

)= P

(X)Γ−1(E) .

In generale, se abbiamo (i) una misura spettrale P sull’algebra di Borel dello spazio topologicoa base numerabile e localmente compatto X, (ii) un gruppo topologico G di trasformazioni di X

ed (iii) una rappresentazione unitaria G ∋ g 7→ Vg che sia continua nella topologia operatorialeforte, se vale la condizione:

VgPEV−1g = Pg(E) ,

si dice che si ha un sistema di imprimitivita su X. Abbiamo verificato (a parte le questionitopologiche che in ogni caso valgono dotando IO(3) della sua naturale struttura di gruppo di Liematriciale sottogruppo di GL(4)), che P (X), IO(3), U , formano un sistema di imprimitivita suR3.L’azione di γ∗Γ sugli operatori posizione si puo ottenere per computo diretto, analogamente a

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come abbiamo ricavato la condizione di imprimitivita , oppure tenendo conto di quest’ultimaed integrando la misura spettrale. Se X = (X1,X2,X3) indica il vettore colonna di operatoriX1,X2,X3 ristretti al dominio comune invariante dato dalla spazio di Schwartz S(R3) su cuisono essenzialmente autoaggiunti:

γ∗Γ (X) = U−1Γ XUΓ = RX + tI , (11.20)

in particolare, per traslazioni pure:

γ∗(t,I) (X) = U−1(t,I)XU(t,I) = X + tI , (11.21)

e per rotazioni pure:γ∗(0,R) (X) = U−1

(0,R)XU(0,R) = RX . (11.22)

L’elemento (0,−I) ∈ IO(3) definisce la riflessione rispetto all’origine. La rappresentazione uni-taria P := U(0,−I), ed anche la simmetria di Wigner o Kadison γP ad essa associata, si diceinversione di parita . Un po’ impropriamente, la stessa (0,−I) e spesso detta inversione diparita . Si verifica facilmente che P∗ = P (e quindi PP = I, dato che vale anche P−1 = P∗).Pertanto l’inversione di parita ammette un’osservabile ad essa associata che si chiama paritaed ha i due possibili autovalori ±1. Bisogna pero precisare che, in realta , l’operatore unitarioche rappresenta (0,−I) e al solito definita a meno di una fase e quindi l’osservabile P, associataalla simmetria di inversione di parita , corrisponde ad una precisa scelta di tale fase. Sono inrealta possibili due scelta, dato che −P e ancora un’osservabile e rappresenta l’inversione di pa-rita .

(2) Consideriamo ora il sistema trattato nell’esempio precedente, ma studiamo il sistema nel-la rappresentazione impulso. In altre parole, sfruttando la trasformata di Fourier-Plancherel,identifichiamo H con L2(R3, dk), in modo tale che le tre osservabili impulso (le tra componentidell’impulso riferite al sistema di coordinate cartesiane ortonormali solidali con un riferimentoinerziale) siano rappresentati dagli operatori moltiplicativi

Piψ(k) = ~kiψ(k) ,

come discusso nel cap. 10. Abbiamo indicato con ψ = F(ψ) la trasformata di Fourier-Planchereldi ψ ∈ L2(R3, dx). Una simmetria di grande interesse fisico e l’inversione del tempo, γT ,che e descritta da operatori antiunitari (vedremo piu avanti perche ). Dal punto di vista fisicocorrisponde all’operazione che cambia segno al tempo, ma anche alle velocita delle particellequindi al loro impulso. Una scelta (l’unica a meno di fasi) per l’operatore anti unitario T chedescrive l’inversione del tempo e :

T ψ(k) := ψ(−k) per ogni ψ ∈ L2(R3, dk). (11.23)

Si osservi che, a differenza di P nell’esempio precedente, con ogni scelta per la fase arbitrariadell’operatore T , vale sempre T T = I a causa dell’antiunitarieta di T . Tuttavia T non

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e un’osservabile perche l’operatore non e lineare. Si puo facilmente dimostrare che, tornando inrappresentazione posizione e con la scelta fatta per la fase, la simmetria γT e associata ad unoperatore antiunitario (dove F e la trasformata di Fourier-Plancherel usata come nel cap. 10):

T := F−1T F−1

tale che:(T ψ) (x) := ψ(x) per ogni ψ ∈ L2(R3, dx). (11.24)

(3) Consideriamo una particella con carica elettrica rappresentata dall’osservabile Q con spettrodiscreto di autovalori ±1. Fissando un riferimento inerziale I, dotato di un sistema di coordinatesolidali cartesiane ortonormali che identificano lo spazio di quiete del riferimento con R3, lo spaziodi Hilbert del sistema e dato, in questo caso, da

H = C2 ⊗ L2(R3, dx) ≡ L2(R3, dx) ⊕ (R3, dx) ,

dove ⊕ si deve intendere come una somma diretta ortogonale. L’isomorfismo canonico tra i duespazi scritti sopra, segue dal fatto che ogni vettore Ψ ∈ C2 ⊗ L2(R3, dx) e scrivibile come

Ψ = |+〉 ⊗ ψ+ + |−〉 ⊗ ψ− ,

dove |+〉, |−〉 e la base canonica di C2, costituita da due autovettori della matrice di Pauliσ3 (vedi (11.10)) rispettivamente con autovalore +1 e autovalore −1. L’isomorfismo canonicoe dato dunque da:

L2(R3, dx) ⊕ (R3, dx) ∋ (ψ+, ψ−) 7→ |+〉 ⊗ ψ+ + |−〉 ⊗ ψ− ∈ C2 ⊗ L2(R3, dx) .

Si verifica subito che l’isomorfismo conserva la struttura di spazio di Hilbert (cioe il prodottoscalare), quando si pensa L2(R3, dx)⊕(R3, dx) come una somma diretta ortogonale. L’osservabiledi carica puo pensarsi come la matrice di Pauli σ3 in C2 e quindi, sullo spazio completo:

Q = σ3 ⊗ I

dove I e l’operatore identita su L2(R3, dx). La regola di superselezione della carica, in questocaso elementare, richiede che lo spazio si decomponga in due settori coerenti H = H+ ⊕ H−,dove H± sono, rispettivamente, i due autospazi di Q con autovalore ±. Per costruzione, ladecomposizione in settori coerenti coincide proprio con la decomposizione naturale:

H = L2(R3, dx) ⊕ (R3, dx) .

In riferimento a tale decomposizione, gli stati puri fisicamente ammissibili sono allora solamentequelli individuati dai vettori (ψ, 0) oppure dai vettori (0, ψ) con ψ ∈ L2(R3, dx). Abbiamo

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allora che la simmetria γC+ detta coniugazione di carica dal settore H+ al settore H−

erappresentata dall’operatore unitario C : H+ → H−:

C+ : (ψ, 0) 7→ (0, ψ) per ogni ψ ∈ L2(R3, dx). (11.25)

La simmetria γC−detta coniugazione di carica dal settore H− al settore H+ si definisce

analogamenteC− : (0, φ) 7→ (φ, 0) per ogni φ ∈ L2(R3, dx). (11.26)

Si noti che C− risulta essere l’inverso di C+. Possiamo infine definire la simmetria di Wigner diconiugazione di carica, che opera su tutto lo spazio di Hilbert (tenendo conto della presenzadei settori), e che si riduce alle due simmetrie tra settori definite sopra su ogni spazio coerente.

C := C+ ⊕ C− .

Si osservi che, per costruzione, CC = I e pertanto C = C∗, per cui I e autoaggiunto. Inoltre siha che:

C∗QC = −Q . (11.27)

Esercizi 11.1.(1) In riferimento all’esempio (1), e con IO(3) ∋ Γ = (t, R), dimostrare che

γ∗Γ (P) = U−1Γ PUΓ = RP , (11.28)

dove P indica la terna dei tre operatori corrispondenti alle tre componenti dell’impulso e l’i-dentita di sopra vale restringendosi allo spazio di Schwartz S(R) come dominio per gli operatoriimpulso.

(2) In riferimento agli esempi (1) e (2), e con le convenzioni dell’esercizio (1) per le notazioni eriguardanti i domini degli operatori, dimostrare che:

γ∗P (X) = P−1XP = −X , γ∗P (P) = P−1PP = −P (11.29)

mentre:γ∗T (X) = T

−1XT = X , γ∗T (P) = T−1PT = −P (11.30)

dove P indica la terna dei tre operatori corrispondenti alle tre componenti dell’impulso e l’i-dentita di sopra vale restringendosi allo spazio di Schwartz S(R) come dominio per gli operatoriimpulso.

(3) Considerare i tre operatori autoaggiunti L1, L2, L3 che rappresentano le tre componentidell’operatore momento angolare orbitale (vedi cap 9). Se L indica il vettore colonna contenentei tre operatori menzionati, vale:

LS(R3)= XS(R3) ∧PS(R3) .

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Dimostrare i seguenti fatti, dove i domini sono ristretti a S(R3): In riferimento all’esempio (1),e con SO(3) ∋ Γ = (0, R), dimostrare che vale quanto segue.

γ∗Γ (L) = U−1Γ LUΓ = RL , (11.31)

γ∗P (L) = P−1LP = L , (11.32)

γ∗T (L) = T−1LT = −L . (11.33)

SO(3) e il sottogruppo di O(3) contenente le matrici con determinante positivo (quindi pari a+1) ed il prodotto vettoriale e definito sopra con la regola del determinante formale in riferi-mento ad una base destrorsa.

(4) Si consideri lo spazio di Hilbert HS del sistema S e si assuma che sia decomposto in settoricoerenti, in modo che lo spazio degli stati puri fisicamente ammissibili sia decomposto come:

Sp(HS)ammiss =⋃

k∈K

Sp(HSk) .

Si definisca su Sp(HS) la distanza d(ρ, ρ′) := ||ρ − ρ′||1 := tr(|ρ − ρ′|), dove || ||1 e la normanaturale nello spazio degli operatori di classe traccia. Si provi che gli insiemi Sp(HSk) sono lecomponenti connesse di Sp(HS)ammiss. Puo essere utile sapere che, come proveremo in seguito,

se ρ = ψ(ψ| ) e ρ′ = ψ′(ψ′| ) sono in Sp(HSk), allora ||ρ− ρ′||1 = 2È

1 − |(ψ|ψ′)|2.

Traccia di soluzione. Per la prima domanda si considerino due stati puri ρ, ρ′ ∈ Sp(HSk)con ρ = ψ(ψ| ) e ρ′ = ψ′(ψ′| ) e ψ non parallelo a ψ′ (altrimenti individuano lo stesso stato),si definisca ψt = tψ + (1 − t)ψ′ ed infine la curva [0, 1] ∋ t 7→ ψt

||ψt||2(ψt| ). Si provi che tale

curva e continua ed e tutta contenuta in Sp(HSk). Per la seconda domanda e sufficiente calcolare||ρ − ρ′||1 quando ρ ∈ Sp(HSk) e ρ′ ∈ Sp(HSk′) con k 6= k′. Notare che in tal caso i vettoriche individuano ρ e ρ′ sono sempre perpendicolari e pertanto ρ − ρ′ e gia la decomposizione inparte positiva e parte negativa di ρ − ρ′ e quindi |ρ − ρ′| = ρ + ρ′, per cui ||ρ − ρ′||1 = 2.Consideriamo allora un aperto Ak ⊃ Sp(HSk), unione di palle aperte di raggio 1/2 centrate suglielementi di Sp(HSk), ed un aperto Ak′ ⊃ Sp(HSk′), unione di palle aperte di raggio 1/2 centratesugli elementi di Sp(HSk′). I due aperti non possono intersecarsi a causa della disuguaglianzatriangolare e quindi Sp(HSk) e Sp(HSk′) sono sconnessi.

(5) Si dimostri che la distanza d(ρ, ρ′) tra stati puri introdotta nell’esercizio 4 soddisfa:

d(ψ(ψ| ), ψ′(ψ| )

)=∣∣∣∣ψ(ψ| ) − ψ′(ψ′| )

∣∣∣∣B(H)

per ogni coppia di vettori ψ,ψ′ ∈ H con ||ψ|| = ||ψ′|| = 1 e dove la norma || ||B(H) indica lanorma operatoriale standard.

(6) Sia U : H → H un operatore anti unitario sullo spazio di Hilbert H e sia A : D(A) → H unoperatore autoaggiunto su H. Si dimostri che valgono i seguenti fatti:

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(a) U−1AU : U−1(D(A)) → H e autoaggiunto,(b) σ(U−1AU) = σ(A),

(c) B(R) ∋ E 7→ U−1P(A)E U e la misura spettrale associata a U−1AU dal teorema spettrale,

cioe

U−1∫

R

λdP (A)(λ)U =

R

λd(U−1P (A)U)(λ) ,

(d) U−1eitAU = eitU−1AU .

Suggerimenti. (a) e (b) seguono dalla definizione di operatore autoaggiunto. (c) si ottieneprovando che per funzioni f : R → C limitate, direttamente dalla definizione di integrale di fun-zioni limitate rispetto a una PVM (cap 8), vale U−1

∫Rf(x)dP (A)(x)U =

∫Rf(x)d(U−1P (A)U)(x);

quindi osservando che per ogni operatore autoaggiunto vale T = s-limn→+∞

∫Rχ[−n,n](x)dP

(T )(x).(d) si ottiene da (d) oppure, direttamente, sviluppando in serie l’esponenziale sull’insieme denso

di vettori analitici di U−1AU della forma ψ ∈ U−1P(A)[−n,n](H) con n ∈ N.

11.2 Introduzione ai gruppi di simmetria.

In questa sezione introdurremo alcuni argomenti elementari della teoria delle rappresentazioniproiettive applicata ai gruppi di simmetria quantistica. Vista la vastita e l’importanza dell’ar-gomento, rimandiamo all’esaustivo trattato [BaRa86] per approfondimenti.

11.2.1 Rappresentazioni proiettive, unitarie proiettive, estensioni centrali.

Consideriamo la situazione in cui esista un gruppo G (con prodotto gruppale indicato con · edelemento neutro e) che possa essere interpretato come gruppo di trasformazioni che possanoagire su un sistema fisico S, descritto nello spazio di Hilbert HS . Per semplicita supponiamoche HS non ammetta settori coerenti (quindi HS stesso e l’unico settore). Supponiamo infineche, a ciascuna di queste trasformazioni g ∈ G, sia associata una simmetria γg, che quindipossiamo pensare come automorfismo di Kadison (o di Wigner). Abbiamo incontrato questasituazione in (1) in esempi 11.1. In tal caso G era il gruppo delle isometrie dello spazio diquiete tridimensionale di un riferimento inerziale e S era la particella senza carica e senza spin.Gli automorfismi di Kadison da S(HS) in S(HS) formano naturalmente un gruppo rispettoalla composizione di applicazioni. Arriviamo naturalmente in questo modo all’idea che esistauna rappresentazione di G in termini di automorfismi di Kadison che rappresentino l’azionedel gruppo di trasformazioni G sugli stati quantistici del sistema S. In altre parole, possiamosupporre che l’applicazione G ∋ g 7→ γg sia un omomorfismo gruppale, cioe conservi la strutturadi gruppo:

γg·g′ = γg γg′ , γe = id , γg−1 = γ−1g per ogni g, g′ ∈ G,

dove abbiamo indicato con id l’automorfismo identita . In realta non e necessario imporre la ter-za condizione, dato che essa segue dalle precedenti due in virtu dell’unicita dell’elemento inversoin un gruppo. Ci si aspetta anche che, come accade nella maggior parte dei casi concreti infisica, la rappresentazione G ∋ g 7→ γg sia fedele, cioe che l’omomorfismo gruppale G ∋ g 7→ γg

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sia iniettivo. La situazione descritta e molto frequente in fisica.

Definizione 11.4. Si consideri un sistema quantistico S descritto sullo spazio di Hilbert HS .Sia G un gruppo che ammette un omomorfismo gruppale iniettivo (cioe una rappresentazionefedele) G ∋ g 7→ γg, in termini di automorfismi di Wigner γg ∈ Sp(HS) → Sp(HS). In talcaso diremo che G e un gruppo di simmetria di S e G ∋ g 7→ γg e la sua rappresentazioneproiettiva su Sp(HS).

Osservazioni.(1) Nella definizione ci siamo riferiti solo a simmetrie di Wigner, questo non e riduttivo datoche, per il teorema di Kadison (nella formulazione che abbiamo dato noi), ogni automorfismo diWigner γg si estende, in modo unico, ad un automorfismo di Kadison γ′g : S(HS) → S(HS). Siprova immediatamente che G ∋ g 7→ γ′g e un omomorfismo gruppale iniettivo, cioe una rappre-sentazione fedele di G in termini di automorfismi di Kadison. Viceversa, ogni rappresentazionefedele di G in termini di automorfismi di Kadison individua univocamente una rappresentazionefedele di G in termini di automorfismi di Wigner, restringendo ogni automorfismo di Kadison aSp(HS).Nel seguito, anche se scriveremo prevalentemente simmetria di Wigner, penseremo indifferente-mente la rappresentazione G ∋ g 7→ γg come costituita da automorfismi di Wigner o di Kadisona seconda di quello che e conveniente.(2) Il termine rappresentazione proiettiva, e appropriato perche Sp(Hs) e uno spazio proiettivocome menzionato nel capitolo 7 e l’applicazione γgSp(HS): Sp(HS) → Sp(HS) e ben definita.(3) Dato che l’omomorfismo G ∋ g 7→ γg e esplicitamente supposto essere iniettivo, possiamoequivalentemente considerare come gruppo di simmetria, o piu precisamente il gruppo di sim-metrie, l’insieme degli automorfismi γg, con g ∈ G, dotato della struttura naturale di grupporispetto alla legge di composizione dei funzioni. Tale gruppo e infatti isomorfo a G per costru-zione.

Una questione interessante e la seguente. Supponiamo ancora di avere un gruppo di simmetria,con rappresentazione proiettiva G ∋ g 7→ γg. L’applicazione G 7→ γg e certamente una rappre-sentazione, ma non e una rappresentazione lineare, dato che le funzioni γg : Sp(HS) → Sp(HS)non sono funzioni lineari. Notando pero che ad ogni automorfismo γg corrisponde un opera-tore unitario (lineare) o antiunitario Ug : HS → HS , che soddisfa γg(ρ) = UgρU

−1g per ogni

ρ ∈ Sp(HS), sorge spontanea la questione se possa accadere che l’applicazione G ∋ g 7→ Ugsia una rappresentazione (anti)lineare di G cioe in termini di operatori (anti)lineari (unitari e/oantiunitari) di B(H). In altre parole ci chiediamo se sia possibile che l’applicazione G ∋ g 7→ Ugsia un omomorfismo gruppale, cioe conservi la struttura di gruppo:

Ug·g′ = UgUg′ , Ue = I , Ug−1 = U−1g per ogni g, g′ ∈ G, (11.34)

dove I : HS → HS e l’operatore identita . La questione e importante anche dal punto di vista tec-nico, in quanto esistono moltissimi risultati della teoria delle rappresentazioni lineari dei gruppi

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su spazi vettoriali (di Hilbert), che possono essere usati nello studio dei gruppi di simmetria deisistemi quantistici. La risposta, in generale e negativa, dato che la condizione Ug·g′ = UgUg′ none in generale verificata. Infatti, dato che γg γg′ = γgg′ , deve essere:

UgUg′ρ(UgUg′)−1 = Ug·g′ρU

−1g·g′ per ogni ρ ∈ S(HS).

Conseguentemente:

(Ug·g′)−1UgUg′ρ(UgUg′)

−1Ug·g′ = ρ per ogni ρ ∈ Sp(HS).

Questi significa che, se ρ = ψ(ψ| ), allora (Ug·g′)−1UgUg′ψ e ψ devono differire al piu per una fase.

Tale fase non puo dipendere da ψ (la dimostrazione e la stessa che abbiamo fatto nell’enunciatorelativo all’unicita nel teorema di Wigner), tuttavia tale fase puo dipendere da g e g′. Deve esserechiaro che e impossibile ottenere un risultato piu preciso, proprio perche gli stessi operatori Usono definiti a meno di una fase. In definitiva, se gli Ug sono gli operatori (unitari o antiunitari)associati ad una rappresentazione proiettiva di un certo gruppo di simmetria, la condizioneUg·g′ = UgUg′ , nel caso generale si indebolisce in:

UgUg′ = ω(g, g′)Ug·g′ per ogni g, g′ ∈ G,

dove ω(g, g′) ∈ C con |ω(g, g′)| = 1 sono numeri complessi che dipendono dalla scelta che abbia-mo fatto nell’associare gli operatori Ug agli automorfismo γg in rispetto della liberta permessadai teoremi di Wigner e Kadison. Quindi se U(1) indica il gruppo dei numeri complessi di mo-dulo unitario, deve accadere che ω(g, g′) ∈ U(1).Non e affatto ovvio che sia possibile riassegnare le fasi degli operatori Ug, in modo tale che risultiω(g, g′) = 1 per ogni g, g′ ∈ G.

Nota. D’ora in poi ci restringeremo a lavorare con operatori esplicitamente unitari tralasciandoil caso antiunitario. Daremo qualche motivazione alla fine di questa sezione.

Le funzioni G× G ∋ (g, g′) 7→ ω(g, g′) ∈ U(1) non sono completamente arbitrarie, dato che devevalere la proprieta associativa:

(UgUg′)Ug′′ = Ug(Ug′Ug′′) .

Il calcolo prova immediatamente che la proprieta associativa e valida se e solo se e soddisfattal’identita :

ω(g, g′)ω(g · g′, g′′) = ω(g, g′ · g′′)ω(g′, g′′) (11.35)

Da questa identita seguono immediatamente le importanti proprieta (dove e e l’elemento neutrodi G):

ω(g, e) = ω(e, g) , ω(g, e) = ω(g1, e) , ω(g, g−1) = ω(g−1, g) , per ogni g, g1 ∈ G. (11.36)

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Possiamo dare la seguente definizione che prescinde dal significato fisico degli oggetti matematicicoinvolti.

Definizione 11.5. Se G e un gruppo e H uno spazio di Hilbert (complesso), una rappresenta-zione unitaria proiettiva di G su H e applicazione:

G ∋ g 7→ Ug ∈ B(H) , (11.37)

in cui Ug sono operatori unitari e, definiti i moltiplicatori della rappresentazione:

ω(g, g′) := U−1g·g′UgUg′ per ogni g, g′ ∈ G, (11.38)

risulti ω(g, g′) ∈ U(1) (e di conseguenza vale la (11.35)) per ogni g, g′ ∈ G.La rappresentazione proiettiva su Sp(H) individuata da (con ovvie notazioni):

G ∋ g 7→ Ug · U∗g

si dice essere indotta dalla rappresentazione unitaria proiettiva (11.37).La rappresentazione unitaria proiettiva (11.37) e detta rappresentazione (propriamente)unitaria di G su H se tutti i suoi moltiplicatori sono 1.La rappresentazione unitaria proiettiva (11.37) e detta irriducibilerappresentazione unitariaproiettiva irriducibile, se non esiste alcun sottospazio chiuso H0 ⊂ H diverso da H e da 0 taleche Ug(H0) ⊂ H0 per ogni g ∈ G.Due rappresentazioni unitarie proiettive G ∋ g 7→ Ug ∈ B(H) e G ∋ g 7→ U ′

g ∈ B(H′), con H eH′ spazi di Hilbert (eventualmente coincidenti), si dicono equivalentirappresentazioni unitarieproiettive equivalenti se esiste un operatore unitario S : H → H′ ed una funzione χ : G ∋ g 7→χ(g) ∈ U(1) tali che:

χ(g)SUgS−1 = U ′

g per ogni g ∈ G. (11.39)

Nota. Il lettore deve avere ben chiara la differenza tra rappresentazioni proiettive e rappresen-tazioni unitarie proiettive e rappresentazioni unitarie. Le prime agiscono su Sp(HS) o S(HS)rappresentando gruppi di simmetria e non contengono scelte arbitrarie senza significato fisico.Quelle di secondo e terzo tipo agiscono su HS , inducono rappresentazioni proiettive, ma sonoaffette da scelte arbitrarie nella definizione delle fasi degli operatori unitari che le costituiscono.

Osservazioni.(1) La nozione data di rappresentazioni unitarie proiettive equivalenti e : transitiva, simmetri-ca e riflessiva. Pertanto individua una relazione di equivalenza tra le rappresentazioni unitarieproiettive di un fissato gruppo su un fissato spazio di Hilbert. Se G e un gruppo di simmetriaper il sistema fisico S, descritto sullo spazio di Hilbert HS , le rappresentazioni proiettive di G

su Sp(HS) sono evidentemente in corrispondenza biunivoca con le classi di equivalenza di rap-presentazioni unitarie proiettive di G.(2) La proprieta che una data rappresentazione unitaria proiettiva G ∋ g 7→ Ug sia equivalente

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ad una rappresentazione unitaria, e in realta una proprieta riguardante classe di equivalenza ditale rappresentazione unitaria proiettiva: corrisponde al fatto che la classe di equivalenza con-tenga una rappresentazione unitaria. Nel caso in cui ci riferiamo ad un gruppo di simmetrie diun sistema quantistico, e dunque una proprieta della rappresentazione proiettiva su S(HS) allaquale corrisponde tale classe di equivalenza.(3) La proprieta che una data rappresentazione unitaria proiettiva G ∋ g 7→ Ug sia irriducibilee in realta una proprieta riguardante tutti gli elementi della classe di equivalenza di tale rappre-sentazione unitaria proiettiva: se un elemento e irriducibile, allora lo sono tutti gli altri, come siverifica immediatamente dalle definizioni date. L’importanza delle rappresentazioni irriducibilie dovuta al fatto che con tali rappresentazioni si costruiscono tutte le rimanenti rappresentazionicome somma diretta o come integrale diretto di rappresentazioni irriducibili [BaRa86].

La questione se un data rappresentazione proiettiva G ∋ g 7→ γg di un gruppo di simmetriaG ammetta una descrizione, sullo spazio HS , in termini di una rappresentazione unitaria dig puo porsi come segue, in termini concreti. Nella classe di equivalenza di rappresentazioniproiettive unitarie associate a G ∋ g 7→ γg, se ne fissa una arbitrariamente (quanto segue nondipende dal particolare elemento della classe di equivalenza per l’osservazione (2) di sopra) e siconsiderano i suoi moltiplicatori.La questione si riduce ora allo stabilire se esista o meno una funzione χ : G ∋ g 7→ χ(g) ∈ C con|χ(g)| = 1 che verifichi la condizione:

ω(g, g′) =χ(g · g′)χ(g)χ(g′)

per ogni g, g′ ∈ G . (11.40)

Infatti se la suddetta funzione χ esiste, inserendo essa a primo membro in (11.39), i moltiplica-tori di G ∋ g 7→ U ′

g risultano essere banali per le identita (11.40). Se, viceversa i moltiplicatoridi G ∋ g 7→ U ′

g sono banali, la funzione χ, che appare a primo membro in (11.39), soddisfa la(11.40).Esistono vari approcci per affrontare e risolvere il problema dell’esistenza di χ suddetta [BaRa86],e si vede che ci sono gruppi, in particolare i gruppi di Lorentz e Poincare , le cui rappresenta-zioni proiettive sono descrivibili da rappresentazioni unitarie sullo spazio di Hilbert associato alsistema fisico. Altri, come il gruppo di Galileo, le cui rappresentazioni proiettive (non banali)non ammettono descrizioni in termini di rappresentazioni unitarie, ma solo unitarie proiettive enon si possono sopprimere i moltiplicatori.Esiste una vasta letteratura in proposito e le rappresentazioni unitarie proiettive irriducibili deigruppi di interesse fisico (specialmente gruppi di Lie) sono state studiate e catalogate.Come ultima osservazione vogliamo precisare che se, per un certo gruppo di simmetria G, esi-stono rappresentazioni unitarie proiettive differenti associate a classi di equivalenza disgiunte,allora si possono avere conseguenti regole di superselezione come spiegato nell’esempio 11.3 sotto.

Torniamo ora ad esaminare la questione dell’unitarieta o antiunitarieta degli operatori Ug. Sup-poniamo di avere un gruppo di simmetria, con rappresentazione proiettiva G ∋ g 7→ γg. Adogni automorfismo γg corrisponde un operatore unitario oppure antiunitario, Ug : HS → HS ,

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che soddisfa γg(ρ) = UgρU−1g per ogni ρ ∈ Sp(HS), in base al teorema di Wigner. Ci sono

criteri per decidere se gli operatori Ug sono tutti unitari, tutti anti unitari oppure di tipo dif-ferente a seconda del particolare g ∈ G? Se Ug e Ug′ fossero entrambi antiunitari, il vincoloUgUg′ = χ(g, g′)Ug·g′ imporrebbe che Ug·g′ sia, al contrario, unitario. Di conseguenza rappre-sentazioni con piu di due elementi costituite da soli operatori antiunitari (a parte l’identita chee sempre unitaria) non possono esistere e la situazione in cui appaiono alcuni (piu di uno) opera-tori antiunitari e comunque non banale per l’esistenza di vincoli come quello trovato. Sussiste laseguente elementare proposizione a riguardo, che mostra che la natura stessa di G puo imporreche gli operatori siano tutti unitari.

Proposizione 11.5. Sia H uno spazio di Hilbert complesso e G un gruppo. Si supponga cheogni g ∈ G sia il prodotto di elementi g1, g2, . . . , gn ∈ G (dipendenti da g) che ammettono unaradice quadrata (cioe esiste rk ∈ G tale che gk = rk · rk per ogni k = 1, . . . , n). Allora per ognirappresentazione proiettiva G ∋ g 7→ γg gli elementi γg possono essere associati solo ad operatoriunitari in base al teorema di Wigner (o Kadison).

Prova. La prova e ovvia, essendo UrkUrk lineare anche quando Urk e antilineare e valendoUgk = χ(rk, rk)UrkUrk , segue che Ugk deve essere lineare ed, infine, anche Ug deve essere li-neare. 2

Abbiamo il seguente importante caso per le applicazioni, specialmente per n = 1.

Proposizione 11.6. In riferimento alla proposizione 11.5, le rappresentazioni proiettive delgruppo additivo G = Rn possono solo essere associate ad operatori unitari.

Prova. Se t ∈ Rn allora t = t/2 + t/2. La tesi allora segue dalla proposizione 11.5. 2.

Come vedremo piu avanti, l’ipotesi della proposizione 11.5 e automaticamente soddisfatta nelmomento in cui si assume che G sia un gruppo di Lie connesso, e la presenza di operatori antiu-nitari si ha solo in presenza di gruppi discreti o discontinuita (cambiando componente connessadel gruppo di Lie). Pertanto nel seguito ci riferiremo al caso in cui tutti gli operatori Ug sianosempre unitari.

Esiste un approccio [BaRa86] che permette di studiare tutte le possibili rappresentazioni proiet-tive unitarie di un gruppo, vedendole come restrizioni di rappresentazioni unitarie di un gruppopiu grande detto estensione centrale del gruppo iniziale. Questa procedura, apparentementemacchinosa, risulta invece tecnicamente utile (anche per determinare l’esistenza di eventualirappresentazioni unitarie del gruppo iniziale G) perche permette di utilizzare tecniche propriedella teoria delle rappresentazioni unitarie (dell’estensione centrale), che e molto piu semplice diquella delle rappresentazioni proiettive. Spieghiamo brevemente l’idea fondamentale di questaprocedura. Bisogna precisare che essa e davvero utile nel caso in cui G sia un gruppo di Lie(semplicemente connesso) come vedremo piu avanti; tuttavia questa caratterizzazione non entra

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in gioco nell’idea fondamentale che stiamo per spiegare, in cui la sola struttura algebrica digruppo e sufficiente.Se G e un gruppo arbitrario, e G ∋ g 7→ Ug e una rappresentazione proiettiva sullo spazio di

Hilbert H con moltiplicatori ω, definiamo il nuovo gruppo Gω che ha come elementi le coppie(χ, g) ∈ U(1) × G e definiamo il prodotto gruppale in Gω come:

(χ, g) (χ′, g) =(χχ′ω(g, g′) , g · g′) per ogni (χ, g), (χ′, g′) ∈ U(1) × G.

Lasciamo al lettore la verifica che la definizione data sia ben posta, come sola conseguenza delfatto che la funzione ω soddisfi (11.35), e che individui effettivamente una struttura di gruppocon elemento neutro (χ(e, e)−1, e), essendo e l’elemento neutro di G (si tenga conto delle (11.36)).Possiamo dare la seguente definizione che prescinde da come abbiamo ottenuto la funzione ω,purche essa soddisfi (11.35).

Definizione 11.6. si consideri un gruppo G ed una funzione ω : G × G → U(1) che soddisfa(11.35). Il gruppo Gω costruito sull’insieme U(1) × G con prodotto gruppale

(χ, g) (χ′, g) =(χχ′ω(g, g′) , g · g′) per ogni (χ, g), (χ′, g′) ∈ U(1) × G,

lo diremo estensione centrale del gruppo G tramite U(1) con funzione dei moltiplicatori ω.L’omomorfismo iniettivo U(1) ∋ χ 7→ (χ, e) ∈ Gω e l’omomorfismo surgettivo Gω ∋ (χ, g) 7→ g ∈G sono detti, rispettivamente, l’iniezione canonica e la proiezione canonica dell’estensionecentrale.

A giustificazione della terminologia (vedi Appendice A), notiamo che la proiezione canonicaGω ∋ (χ, g) 7→ g ∈ G e un omomorfismo surgettivo, il cui nucleo e dato dal sottogruppo normaleN (immagine dell’iniezione canonica e isomorfo a U(1)) di elementi (χ, e) con χ ∈ U(1). N

e incluso nel centro del gruppo G, dato che i suoi elementi commutano con tutti gli elementi diGω (visto che ω(e, g) = ω(g, e)). In pratica, il gruppo G e stato esteso fino ad ottenere il gruppoGω, la cui parte che differisce da G (il nucleo dell’applicazione surgettiva Gω ∋ (χ, g) 7→ g ∈ G)e nel centro dell’estensione. Si osservi anche che G si identifica naturalmente con il gruppoquoziente Gω/N.Ci sono ora tre importanti osservazioni che portano ad individuare una procedura per otteneretutte le rappresentazioni unitarie proiettive di G.

(1) Il primo punto importante e che, ora, l’applicazione:

Gω ∋ (χ, g) 7→ V(χ,g) := χUg ,

e sempre una vera rappresentazione unitaria di Gω su H, infatti, gli operatori V(χ,g) : H → H

sono tutti unitari, risulta subito che V(1,e) = I ed infine:

V(χ,g)V(χ′,g′) = χUgχ′Ug′ = χχ′ω(g, g′)Ug·g′ = V(χ,g)(χ′,g′) .

(2) Il secondo punto importante e che la rappresentazione unitaria proiettiva di partenza, siottiene dalla rappresentazione unitaria Gω ∋ (χ, g) 7→ V(χ,g) per restrizione: restringendo cioe il

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dominio di V all’insieme di elementi (1, g) con g ∈ G cioe , con un piccolo abuso di linguaggio,restringendo la rappresentazione unitaria V a G .

(3) Il terzo punto importante e che, data una qualsiasi rappresentazione unitaria

Gω ∋ (χ, g) 7→ V(χ,g)

di un’estensione centrale che soddisfi la condizione (notare che Ue = χ(e, e)I nelle rappresenta-zioni unitarie proiettive):

V(χ,e) = χω(e, e)I per ogni χ ∈ U(1), (11.41)

la sua restrizione all’insieme di elementi (1, g) con g ∈ G produce sempre una rappresentazioneunitaria proiettiva.Concludiamo che vale la seguente proposizione.

Proposizione 11.7. Ogni rappresentazione unitaria proiettiva di un gruppo G si ottiene re-stringendo a G una opportuna rappresentazione unitaria di una opportuna estensione centraleGω la cui funzione dei moltiplicatori soddisfa (11.41).

In definitiva, considerando prima tutte le possibili estensioni centrali di G, ottenute tramite tuttele funzioni dei moltiplicatori G × G ∋ (g, g′) 7→ ω(g, g′) ∈ U(1) (che soddisfino (11.35)), e poistudiando tutte le possibili rappresentazioni unitarie di tali estensioni che soddisfino (11.41), siottengono anche, per restrizione a G, tutte le rappresentazioni unitarie proiettive di G.Questa procedura in certi casi, in particolare considerando gruppi G che abbiano struttura digruppi di Lie, e estremamente potente e, applicando metodi di coomologia gruppale consente dicatalogare le rappresentazioni unitarie proiettive continue in un certa topologia (e le eventualirappresentazioni unitarie) di un gruppo di Lie semplicemente connesso, partendo dalla sola co-noscenza dell’algebra di Lie di G [BaRa86]. Torneremo su cio piu avanti.

Nella procedura proposta sopra per ottenere tutte le rappresentazioni unitarie proiettive di Gω

restringendo le rappresentazioni unitarie delle estensioni centrali Gω, non e necessario conosceretutte le estensioni centrali di G. In effetti, e sufficiente conoscere le estensioni centrali i cuimoltiplicatori non sono equivalenti nel senso che segue. Date due funzioni dei moltiplicatorisullo stesso gruppo, G × G ∋ (g, g′) 7→ ω(g, g′) ∈ U(1) e G × G ∋ (g, g′) 7→ ω′(g, g′) ∈ U(1),diremo che esse sono equivalenti, se esiste una funzione χ : G→ U(1) tale che:

ω(g, g′) =χ(g · g′)χ(g)χ(g′)

ω′(g, g′) per ogni g, g′ ∈ G.

Se due rappresentazioni unitarie proiettive U e U ′ di G sono equivalenti, allora si possono co-struire restringendo a G due rappresentazioni unitarie di estensioni centrali Gω e Gω′ che hannofunzioni dei moltiplicatori ω e ω′ equivalenti. Quindi, se conosciamo tutte le estensioni centralidi G i cui moltiplicatori non sono equivalenti e le rappresentazioni unitarie di esse, conosciamo

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tutte le classi di equivalenza di rappresentazioni unitarie proiettive di G e di conseguenza tuttele rappresentazioni unitarie proiettive di G.Si noti ancora che, se ω(e, e) 6= 1 per una certa scelta della funzione ω, attraverso una trasforma-zione di equivalenza con una funzione χ costante, possiamo sempre ridurci ad avere soddisfattala condizione χ(e, e) = 1. In questo caso, l’estensione centrale ha come elemento neutro (1, e) ela condizione (11.41) si riduce a:

V(χ,e) = χI per ogni χ ∈ U(1) . (11.42)

Di conseguenza, senza perdere generalita , possiamo sempre lavorare con rappresentazioni uni-tarie proiettive (che si ottengono restringendo a G le rappresentazioni unitarie dell’estensio-ne centrale) che soddisfano Ue(:= V(1,e)) = I. Moltiplicatori tali che ω(e, e) = 1 (e quindiω(e, g) = ω(g, e) = ω(e, e) = 1) vengono detti normalizzati.

Per concludere, facciamo qualche considerazione fisica sul significato di G, nel caso in cui nonesistano rappresentazioni unitarie di G, ma solo rappresentazioni unitarie proiettive. Supponia-mo quindi di avere un gruppo di simmetria G ∋ g 7→ γg per il sistema fisico S, e quindi unasua rappresentazione proiettiva su S(HS), che non sia descrivibile tramite una rappresentazioneunitaria. Possiamo comunque fare una scelta delle fasi arbitrarie ed estendere il gruppo da G

a Gω usando i moltiplicatori trovati e pensare Gω come il vero gruppo di simmetria di S. Talegruppo esteso ammette dunque due rappresentazioni: una data dal gruppo G stesso:

Gω ∋ (χ, g) 7→ g ∈ G ,

che rappresenta l’azione classica del gruppo. L’altra quantistica ed unitaria:

Gω ∋ (χ, g) 7→ χUg ,

che rappresenta l’azione del gruppo sugli stati del sistema (in realta sui vettori dello spazio diHilbert del sistema e, di conseguenza, sugli stati).In quest’ottica, il gruppo Gω e a volte detto il gruppo quantistico associato a quello classico G.Si osservi che tuttavia la scelta di una precisa estensione centrale Gω non puo essere fatta conla costruzione che abbiamo presentato fino ad ora, in cui solo le rappresentazioni proiettive intermini di automorfismi di Wigner o di Kadison hanno un significato fisico. Per poter sceglieretra le varie estensioni centrali e necessario dare un significato fisico alle singole rappresentazio-ni unitarie proiettive di G oppure alle singole rappresentazioni unitarie delle possibili estensionicentrali G. Questo puo essere fatto arricchendo la struttura di G fino a farlo diventare un gruppodi Lie, come vedremo piu avanti. Nel caso delle rappresentazioni unitarie proiettive del gruppodi Galileo, i moltiplicatori hanno un diretto significato fisico perche sono legati alla massa delsistema fisico come chiariremo meglio piu avanti, dopo avere introdotto i gruppi di Lie comegruppi di simmetria.

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11.2.2 Gruppi di simmetria topologici.

Ci occupiamo ora di introdurre la nozione di gruppo di simmetria topologico, dando alcuni sem-plici risultati generali per lo piu dovuti a Wigner. Studieremo in particolare il caso del gruppotopologico additivo R che riveste un particolare significato fisico oltre ad essere tecnicamenteimportante.La maggior parte dei gruppi di simmetria quantistici, escluse in particolare le simmetrie discre-te (inversione di parita ed inversione del tempo) sono date da gruppi di Lie, di cui diremo nelprossimo paragrafo. I gruppi di Lie sono un sottocaso dei gruppi topologici.Un gruppo topologico, per definizione, e un gruppo G che e anche spazio topologico e le cuioperazioni di composizione, G×G ∋ (f, g) 7→ f ·g ∈ G, e di calcolo dell’inverso G ∋ g 7→ g−1, sonofunzioni continue rispetto alla topologia prodotto di G ed alla topologia di G, rispettivamente.La teoria dei gruppi topologici e delle loro rappresentazioni e un capitolo molto vasto della ma-tematica [NaSt84], noi ci limiteremo a presentare alcuni risultati elementarissimi e strettamentelegati ai nostri modelli fisici.

Esempi 11.3.(1) Il gruppoGL(n,R), ovvero GL(n,C), delle matrici n×n non singolari reali, rispettivamente,complesse, e (evidentemente) un gruppo topologico, quando lo si pensa dotato della topologiaindotta da Rn2

, rispettivamente Cn2.

(2) Sono quindi gruppi topologici tutti i sottogruppi di GL(n,R) e GL(n,C) che si incontranoin fisica, come il gruppo unitario U(n) = U ∈ GL(n,C) | UU∗ = I, il gruppo unitario specialeSU(n) := U ∈ SU(n) | detU = 17, il gruppo ortogonale O(n) := R ∈ GL(n,R) | RRt = Ied il suo sottogruppo speciale SO(n) := R ∈ O(n) | detR = 1, il sottogruppo lineare specialeSL(n,R) := SGL(n,R) := A ∈ GL(n) | detA = 1, i gruppi simplettici Sp(n,R) ecc...(3) Vi sono gruppi topologici che, apparentemente, non sono gruppi matriciali, come il gruppoadditivo R. In realta anche tale gruppo topologico, come il gruppo additivo Rn (delle trasla-zioni di Rn) o il gruppo IO(n) delle isometrie proprie di Rn, si possono realizzare come gruppimatriciali. Nel caso di Rn, la sua realizzazione matriciale e data dal gruppo – sottogruppo diGL(n + 1,R) e dotato della topologia indotta da R(n+1)2 – delle matrici reali (n + 1) × (n+ 1)della forma:

M(t) :=

1 0t

t I

per ogni t ∈ Rn. (11.43)

Sopra I indica la matrice identita n× n. La funzione R ∋ t 7→M(t) e un isomorfismo gruppale,ma anche un omeomorfismo, dotando il gruppo di matrici suddette della topologia indotta daR(n+1)2 .(4) Il gruppo di Galileo e quello di Poincare , oltre che quello di Lorentz, sono gruppi topologici,che si possono costruire come gruppi matriciali. Esistono comunque gruppi topologici (che sono

7Ricordiamo che speciale, nella teoria dei gruppi matriciali, significa con determinante 1 e si indica con lalettera S davanti al (o all’interno del) nome del gruppo di cui il gruppo speciale e sottogruppo.

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comunque gruppi di Lie), che non ammettono nessuna realizzazione matriciale, come il rivesti-mento universale del gruppo conforme (matriciale) SL(2,R).

Vogliamo ora specializzare la nozione di gruppo di simmetria al caso in cui il gruppo sia topo-logico, imponendo requisiti topologici anche sulla rappresentazione proiettiva associata.Supponiamo dunque di avere una gruppo di simmetria quantistico G ∋ g 7→ γg per il sistemafisico S descritto sullo spazio di Hilbert HS . Se G e un gruppo topologico, ci aspettiamo chel’omomorfismo gruppale g 7→ γg sia continuo in qualche senso. Dobbiamo in particolare sceglie-re una topologia per lo spazio delle funzioni γg, che possiamo pensare, indifferentemente comeautomorfismi di Kadison oppure di Wigner. Nel seguito adotteremo il punto di vista di Wigner.Diamo la nostra definizione che poi giustificheremo sia matematicamente che fisicamente.

Definizione 11.7. Si consideri un sistema fisico quantistico S descritto sullo spazio di HilbertHS. Sia G un gruppo topologico che ammette una rappresentazione proiettiva su H, G ∋ g 7→ γgche soddisfa:

limg→g0

tr (ρ1γg(ρ2)) = tr (ρ1γg0(ρ2)) per ogni g0 ∈ G e ogni ρ1, ρ2 ∈ Sp(HS).

In tal caso G e detto gruppo topologico di simmetria per S e G ∋ g 7→ γg, e detta rappresenta-zione proiettiva continua su Sp(HS).

Dal punto di vista fisico, la definizione e ragionevole e afferma che le probabilita di transizionetra due stati puri, di cui uno trasformato dall’azione del gruppo di simmetria, sono funzionicontinue sotto l’azione del gruppo. Nell’ottica dell’analisi di Wigner della nozione di simmetriaquantistica, questa definizione di continuita e accettabile.Tuttavia la definizione data ha anche una sua naturalezza in termini matematici come andia-mo a dimostrare. Nel seguito B1(HS)R e spazio vettoriale reale degli operatori autoaggiunti diclasse traccia dotato della norma || ||1 degli operatori di classe traccia. Come sappiamo, dal-la proposizione 11.4, ogni automorfismo di Wigner γg e individuato restringendo, sullo spazioSp(HS), un unico operatore lineare (γ2)g : B1(HS)R → B1(HS)R continuo nella norma naturaledi tale spazio || ||1. Consideriamo allora l’applicazione Γ : G ∋ g 7→ (γ2)g. Usando la topologiaoperatoriale forte in B1(HS)R e quella di G nel dominio, possiamo dire che Γ e continua quando,per ogni ρ ∈ B1(HS) e g0 ∈ G vale:

limg→g0

||(γ2)g(ρ) − (γ2)g0(ρ)||1 = 0 .

Restringendoci a lavorare su Sp(HS) e tornando a alla nostra rappresentazione iniziale G ∋g 7→ γg in termini di automorfismi di Wigner, diremo che G ∋ g 7→ γg e continua, se per ogniρ ∈ Sp(HS) e g0 ∈ G vale:

limg→g0

||γg(ρ) − γg0(ρ)||1 = 0 .

Apparentemente, questa nozione di continuita e differente da quella usata nella definizione 11.7.In realta e esattamente la stessa, come ora proveremo. Vale a tal fine il seguente semplice risul-tato. Nella prossima proposizione l’ultima affermazione e interessante perche Sp(H) non e uno

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spazio normato, non essendo uno spazio vettoriale. Tuttavia risulta essere uno spazio metrico ela funzione distanza ha un significato fisico, essendo legata all’ampiezza di probabilita .

Proposizione 11.8. Sia H spazio di Hilbert complesso. Se ||ρ||1 = tr(|ρ|) indica norma dellospazio S(HS) degli operatori di classe traccia, allora, riducendosi a lavorare con stati puri, vale:

||ρ− ρ′||1 = 2È

1 − (tr(ρρ′))2 se ρ, ρ′ ∈ Sp(H). (11.44)

Equivalentemente:

||ψ(ψ| ) − ψ′(ψ′| )||1 = 2È

1 − |(ψ|ψ′)|2 se ψ,ψ′ ∈ H e ||ψ|| = ||ψ′|| = 1. (11.45)

Pertanto Sp(H) e uno spazio metrico se dotato della funzione distanza:

d(ρ, ρ′) := 2È

1 − (tr(ρρ′))2 per ogni ρ, ρ′ ∈ Sp(H).

Prova. Possiamo dimostrare la seconda affermazione dato che la prima e , banalmente, unatrascrizione della seconda e la terza e ovvia, se valgono le prime due, dalle proprieta generalidelle norme. Per dimostrare la seconda e sufficiente costruire una base ortonormale ψ1, ψ2 dellospazio generato da ψ e ψ′, assumendo ψ1 = ψ e decomponendo ψ′ sulla stessa base. Si vedeallora che, se b := (ψ′|ψ2), vale:

ψ(ψ| ) − ψ′(ψ′| ) = −|b|ψ1(ψ1| ) + |b|ψ2(ψ2| ) .

Dato che quella ottenuta e la decomposizione spettrale di ρ− ρ′, deve essere:

|ρ′ − ρ| = |b|ψ1(ψ1| ) + |b|ψ2(ψ2| ) = |b|I ,

e quindi, dato che 1 = ||ψ′||2 = |(ψ′|ψ1)|2 + |(ψ′|ψ2)|2, vale:

||ψ(ψ| ) − ψ′(ψ′| )||1 = tr(|b|I) = 2|b| = 2È

1 − |(ψ′|ψ1)|2 = 2È

1 − |(ψ′|ψ)|2 .

Questo completa la dimostrazione. 2

Possiamo allora concludere che vale il seguente risultato che riappacifica fisica e matematica.

Proposizione 11.9. Si consideri un sistema fisico quantistico S descritto sullo spazio di HilbertHS. Sia G un gruppo topologico. Una rappresentazione proiettiva su H, G ∋ g 7→ γg e continuanel senso della definizione 11.7, e quindi G e un gruppo di simmetria topologico per S, se e solose e continua adottando:

(i) la topologia di G nel dominio,

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(ii) la topologia operatoriale forte, ristretta a Sp(HS), nel codominio,cioe :

limg→g0

||γg(ρ) − γg0(ρ)||1 = 0 per ogni ρ ∈ Sp(HS) e g0 ∈ G. (11.46)

Prova. La (11.44) implica che:

||γg(ρ) − γg0(ρ)||1 = 2È

1 − tr (γg(ρ)γg0(ρ)) .

Se G ∋ g 7→ γg e continua nel senso della definizione 11.7 allora limg→g0 tr (γg(ρ)γg0(ρ)) =tr (γg0(ρ)γg0(ρ)) = 1. Sostituendo nell’identita di sopra si ha che vale (11.46):

limg→g0

||γg(ρ) − γg0(ρ)||1 = 0 .

Viceversa, dalla (11.44) si ha anche che usando la proprieta ciclica della traccia:

tr (γg0(ρ)γg(ρ)) = 1 − 1

4||γg(ρ) − γg0(ρ)||21 ,

ponendo poi ρ1 := γg0(ρ) (senza perdere generalita dato che γg0 e suriettiva), e ρ2 := ρ, abbiamo:

limg→g0

tr (ρ1γg(ρ2)) = 1 − 1

4limg→g0

||γg0(ρ) − γg(ρ)||21 = 1 − 1

4||γg0(ρ) − γg0(ρ)||21 = tr (ρ1γg0(ρ2)) .

Quindi (11.46) implica la continuita della rappresentazione nel senso della definizione 11.7. 2

11.2.3 Rappresentazioni unitarie proiettive fortemente continue.

Consideriamo un sistema fisico S, descritto sullo spazio di Hilbert HS , ed un suo gruppo disimmetria topologico, G, con rappresentazione proiettiva continua G ∋ g 7→ γg. Associamoal gruppo di simmetria topologico una rappresentazione unitaria proiettiva G ∋ g 7→ Ug, nelsenso che γg(ρ) = UgρU

−1g per ogni stato puro ρ ∈ Sp(HS) del sistema e per ogni elemento

del gruppo g ∈ G. Un problema interessante, che si pone immediatamente, e allora quello distabilire se sia possibile fissare le fasi arbitrarie per gli operatori unitari Ug in modo da otteneruna rappresentazione unitaria proiettiva che sia fortemente continua. Cioe :

Ugψ → Ug0ψ se g → g0 e per ogni ψ ∈ H.

Il problema e molto difficile nel caso generale, benche esista un risultato generale locale dovutoa Wigner. Mostreremo infatti che, se G e un gruppo di simmetria topologico e G ∋ g 7→ γg lasua rappresentazione proiettiva continua, allora e possibile fissare i moltiplicatori ω di una suarappresentazione unitaria proiettiva G ∋ g 7→ Ug in modo tale che essa risulti fortemente continuain un intorno dell’elemento neutro del gruppo G ed i moltiplicatori stessi risultano continui in

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tale intorno. Tale risultato, in generale, non si estende a tutto il gruppo. Successivamenteuseremo questo risultato, restringendoci al caso di G = R, per provare che in quel caso, non soloil risultato detto si estende a tutto il gruppo, ma e possibile porre tutti i moltiplicatori uguali a1 ed ottenere una rappresentazione che e , contemporaneamente, unitaria e fortemente continua.Le conseguenze fisiche di tale risultato sono molto profonde e riguarderanno la giustificazionedel postulato di evoluzione temporale ed il legame tra l’esistenza di simmetrie e la presenza diquantita conservate sotto l’evoluzione temporale del sistema S: una formulazione quantistica delteorema di Nother. Esamineremo piu avanti tali implicazioni, ora ci concentreremo solo sugliaspetti matematici.Proposizione 11.10. Si consideri un sistema fisico quantistico S descritto sullo spazio di

Hilbert HS e sia G un gruppo topologico con rappresentazione proiettiva continua γ : G ∋ g 7→ γg.Esistono un intorno aperto A ⊂ G dell’elemento neutro e ∈ G ed una rappresentazione unitariaproiettiva associata a γ, G ∋ g 7→ Ug che e continua su A nella topologia operatoriale forte.Infine i moltiplicatori:

ω(g, g′) =(Ug·g′

)−1UgUg′ per ogni g, g′ ∈ G

definiscono una funzione continua in un intorno aperto A′ di e con A′ ·A′ ⊂ A.

Prova. Fissiamo φ ∈ H con ||φ|| = 1. Dato che G ∋ g 7→ tr(φ(φ| )γg(φ(φ| ))) e continua e vale 1per g = 1, esiste un intorno aperto A0 di e in cui tr(φ(φ| )γg(φ(φ| ))) 6= 0. Rappresentiamo γcon una rappresentazione unitaria proiettiva V . Per essa varra allora, nell’intorno A0:

0 6= tr(φ(φ| )γg(φ(φ| ))) = (φ|Vgφ) .

Definiamo allora (e la condizione (φ|Vgφ) 6= 0 assicura che cio sia possibile):

χg :=(φ|Vgφ)

|(φ|Vgφ)|

e quindi passiamo ad una nuova rappresentazione unitaria proiettiva, U , tale che, se g ∈ A0:

Ug := χgVg .

(Non importa come U venga definita fuori da A0.) Con la scelta fatta risulta immediatamenteche, in A:

0 <|(φ|Vgφ)|2|(φ|Vgφ)| = (φ|Ugφ)

e quindi:0 < (φ|Ugφ) = |(φ|Ugφ)| = tr(φ(φ| )γg(φ(φ| ))) per ogni g ∈ A0 . (11.47)

La (11.47) ha due conseguenze, valide in qualche intorno aperto A di e con A ⊂ A0:

Ue = 1 , e Ug−1 = U−1g se g ∈ A. (11.48)

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Infatti, in generale deve essere Ue = χI per qualche χ ∈ U(1) e quindi (φ|Ueφ) = χ(φ|φ) = χ.Dato che (φ|Ueφ) > 0, l’unica possibilita e χ = 1. Per quanto riguarda la seconda proprieta ,notiamo subito che deve essere Ug−1 = χ′

gU−1g per qualche χ′

g ∈ U(1), inoltre, essendo g 7→ g−1

continua e valendo e−1 = e, ci deve essere un intorno aperto di e, A ⊂ A0, per cui g−1 ∈ A0 seg ∈ A. Lavorando in A, vale, essendo (φ|Ugφ) reale per cui (φ|Ugφ) = (Ugφ|φ):

0 < (φ|Ug−1φ) = χ′g(φ|U−1

g φ) = χ′g(φ|U∗

g φ) = χ′g(Ugφ|φ) = χ′

g(φ|Ugφ) .

Dato che (φ|Ugφ) > 0, l’unica possibilita e χ′g = 1. Abbiamo dimostrato (11.48).

Fissiamo ora ψ ∈ H con ||ψ|| = 1. Dalla continutia di γ riferita allo stato puro ψ(ψ| ) segue che:

limr→s

|(Urψ|Usψ)| = |(Usψ|Usψ)| = 1 . (11.49)

elimr→s

|(φ|Usψ)| = |(φ|Usψ)| . (11.50)

Usando queste nelle identita generali:

||Usψ − (Urψ|Usψ)Urψ||2 = 1 − |(Urψ|Usψ)|2 , (11.51)

si ottiene immediatamente che:

limr→s

(Urψ|Usψ)Urψ = Usψ (11.52)

e quindi:limr→s

(Urφ|Usφ)(φ|Urφ) = (φ|Usφ) . (11.53)

D’altra parte, con la nostra scelta della fase per U si ha:

limr→s

(φ|Urφ) = limr→s

|(φ|Urφ)| = |(φ|Usφ)| = (φ|Usφ) , (11.54)

e dunque, usando la (11.54) in (11.53), si trova:

limr→s

(Urφ|Usφ) = 1 . (11.55)

Tenendo conto che:

||Urφ− Usφ||2 = (Urφ|Urφ) + (Urφ|Urφ) − (Urφ|Usφ) − (Usφ|Urφ) = 2 −Re(Urφ|Usφ) ,

la (11.55) implica che, per r ∈ A, la funzione r 7→ Urφ e continua. Allora la funzione r 7→ (Ur)−1φ

deve essere continua, dato che (11.53) deve valere anche per r sostituito da r−1 e s da s−1 essendola funzione g 7→ g−1 continua, e valendo infine (Ur)

−1 = Ur−1 come provato in (11.48). Infine,dalla (11.52) segue allora che:

limr→s

(Urψ|Usψ)(φ|Urψ) = (φ|Usψ) cioe limr→s

(Urψ|Usψ)((Ur)−1φ|ψ) = (φ|Usψ) ,

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e dunque r 7→ (φ|Urψ) e continua. Usando questo risultato ancora nella (11.52), si ha infine

limr→s

(Urψ|Usψ)(φ|Urψ) = (φ|Usψ) , (11.56)

e dunque:

limr→s

(Urψ|Usψ) = 1 e, ragionando come per Urφ, vale limr→s

||Urψ − Usψ|| = 0 . (11.57)

Abbiamo provato che A ∋ g 7→ Ug e fortemente continua.Proviamo la seconda affermazione della tesi. Valendo U(e) = 1 e Ug−1 = U−1

g segue che su A:

ω(g, e) = ω(e, g) = 1 , (11.58)

Dall’uguaglianza:(U−1

r φ|Usφ) = ω(r, s)−1(φ|Ur·sφ) , (11.59)

e dal fatto che (φ|Ur·sφ) > 0 se r · s ∈ A, segue che (r, s) 7→ χ(r, s)−1 e continua se r, s, r · s ∈ A.Dato che il prodotto in G e continuo e e ·e = e, esiste sicuramente un intorno A′ ⊂ A di e per cuir, s ∈ A′ implica r · s ∈ A. Se A′ e sufficientemente piccolo, anche A′ × A′ ∋ (r, s) 7→ χ(r, s) =(χ(r, s)−1)−1 sara un funzione continua, dato che l’operazione di prendere l’inverso e continua inG e e−1 = e. 2

11.2.4 Il caso notevole del gruppo topologico R.

Enunceremo e proveremo qui una risultato molto importante, che riguarda le rappresentazionicontinue del gruppo topologico additivo R. Questo risultato e di fondamentale importanza infisica come vedremo in seguito.

Teorema 11.3. Se R ∋ r 7→ γr e una rappresentazione proiettiva continua del gruppo topologicoR nello spazio di Hilbert H, allora vale quanto segue.(a) Esiste un gruppo unitario ad un parametro fortemente continuo (nel senso della definizione9.3) R ∋ r 7→Wr tale che

γr(ρ) = WrρW−1r per ogni r ∈ R e ρ ∈ Sp(H). (11.60)

(b) Un altro gruppo unitario ad un parametro fortemente continuo R ∋ r 7→ Ur soddisfa (11.60)(con Ur in luogo di Wr) se e solo se esiste c ∈ R tale che:

Ur = e−icrWr per ogni r ∈ R.

(c) Esiste un operatore autoaggiunto A : D(A) → H in H, unico a meno di una costante additivatale che:

γr(ρ) = e−irAρeirA per ogni r ∈ R e ρ ∈ Sp(H).

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Prova. (a) Sia [−b, b] ⊂ A, con b > 0 un intervallo incluso nell’intorno aperto di 0, A ⊂ R, chesoddisfa la tesi della proposizione 11.10 nel caso di G = R. Decomponiamo R come l’unione degliintervalli disgiunti (na, (n+ 1)a], con n ∈ Z, dove a = b/2. Quindi notiamo che, se r ∈ R allorar cade in uno solo degli intervalli disgiunti detti e quindi r = nra + tr con un unico tr ∈ (0, a]per un unico nr ∈ Z. Allora deve valere, dato che γxγy = γx+y:

γr = γnra+tr = (γa)nrγtr .

Di conseguenza si dovra anche avere, se R ∋ r 7→ Ur e la rappresentazione unitaria proiettivaindividuata nella proposizione 11.10, e per ogni ρ ∈ Sp(HS):

γr(ρ) = ((Ua)nrUtr) ρ ((Ua)

nrUtr )−1 ,

Dato che, per t ∈ (−a− ǫ, a + ǫ), per qualche ǫ > 0, la funzione t 7→ Ut e fortemente continua,si prova che la funzione:

R ∋ r 7→ Vr

con Vr := (Ua)nrUtr dove nr ∈ Z e tr ∈ (0, a] sono determinati come detto sopra, e una funzione

fortemente continua. Gli unici punti di discontinuita possono essere gli estremi degli intervalli.Consideriamo dunque r ∈ (na, (n + 1)a] e verifichiamo che Vr e continua in na. Se r− < na er+ > na abbiamo:

Vr−ψ = (Ua)(n−1)Utr

ψ e Vr+ψ = (Ua)nUtr+ψ .

Dato che (−a, a) ∋ t 7→ Utψ e continua, dalla definizione di V segue immediatamente che:

limr−→na−

Vr−ψ = Vnaψ .

Per concludere non ci rimane che verificare che anche il limite destro coincide con quello sinistro.Dobbiamo cioe provare che il limite di (Ua)

(n−1)Utr−

ψ, per tr− → a− coincide con il limite di

(Ua)nUtr+ψ per tr+ → 0−. Dimostriamo che e vero. Vale:

limt→a−

(Ua)n−1Utψ = lim

t−a→0−(Ua)

n−1ω(a, t− a)−1UaUt−aψ = limt−a→0−

ω(a, t− a)−1(Ua)nUt−aψ =

= limτ→0−

ω(a, τ)−1(Ua)nUτψ .

Dalla dimostrazione della proposizione precedente sappiamo che (0, a] ∋ τ 7→ ω(a, τ)−1 e sicuramentecontinua, dato che a, τ, a+ τ ∈ A per costruzione. Inoltre vale χ(a, 0) = 1 da (11.58). Sappiamoanche che (0, a] ∋ t 7→ Utψ e continua e pertanto:

limt→a−

(Ua)n−1Utψ = lim

τ→0−ω(a, τ)−1(Ua)

nUτψ = limτ→0+

ω(a, τ)−1(Ua)nUτψ = lim

t→0+(Ua)

nUtψ .

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Abbiamo provato che:

Vnaψ = limr−→na−

Vr−ψ = limtr

−→a−

(Ua)(n−1)Utr

ψ = limtr+→0+

(Ua)nUtr+ψ = lim

r+→na+Vr+ψ ,

che e quanto volevamo. Si noti ora che (Vr)−1 = (Utr )

−1(Ua)−nr = U−tr(Ua)

−nr dove abbiamousato la seconda identita in (11.48). Con una dimostrazione simile a quella fatta per Vr, si veri-fica che anche R ∋ r 7→ (Vr)

−1 e continuo nella topologia operatoriale forte.Mostriamo ora che e possibile fissare i moltiplicatori di V in modo che valgano tutti 1. Dimo-striamo che i moltiplicatori di V definiscono una funzione continua R2 ∋ (r, s) 7→ ω(r, s) ∈ U(1),usando il fatto che R ∋ t 7→ Vtψ e R ∋ t 7→ (Vt)

−1ψ sono funzioni continue come appena prova-to. Poi mostreremo che tale funzione e equivalente alla funzione che vale costantemente 1. Perdefinizione:

ω(r, s)Vr+s = VrVs .

Fissiamo r0, s0 ∈ R. Devono esistere due vettori ψ, φ ∈ H per i quali (ψ|Vr0+s0φ) 6= 0, se cio nonfosse sarebbe Vr0+s0φ = 0 che e impossibile per ipotesi. Per continuita , ci sara un intorno B di(r0, s0) tale che, se (r, s) ∈ B, allora (ψ|Vr+sφ) 6= 0. Con questa scelta di vettori, vale:

ω(r, s) =((Vr)

−1ψ|Vsφ)

(ψ|Vr+sφ).

Concludiamo che R2 ∋ (r, s) 7→ ω(r, s) ∈ U(1) e continua nell’intorno di (r0, s0), e quindie continua ovunque su R2. Possiamo scrivere ω(r, s) = eif(r,s) per qualche funzione f : R2 → R.Possiamo pensare la funzione continua ω come una funzione a valori sul cerchio di raggio unitarioS1, dato che U(1) e omeomorfo a tale sottoinsieme di R2. Dato che il gruppo fondamentale diR2 e banale, applicando il teorema 18.2 in [Ser94] (sul sollevamento delle funzioni continue airivestimenti di spazi topologici) si ha che e sempre possibile scegliere la funzione f in modo chesia continua. Abbiamo trovato che i moltiplicatori di V si possono scrivere come:

ω(r, s) = e−if(r,s) per ogni coppia (r, s) ∈ R2, dove f : R2 → R e continua.

L’equazione (11.35) diventa ora:

f(s, t) − f(r + s, t) + f(r, s+ t) − f(r, s) = 2πkr,s,t per kr,s,t ∈ Z .

Dato che le funzioni continue trasformano insiemi connessi (R3 nel nostro caso) in insiemi con-nessi (un sottoinsieme di 2πZ con la topologia indotta da R, nel nostro caso), il secondo membrodell’identia scritta deve essere costante. Dato che per r = s = t = 0 il primo membro si annulla,deve allora valere:

f(s, t) − f(r + s, t) + f(r, s+ t) − f(r, s) = 0 per ogni r, s, t ∈ R . (11.61)

Fissiamo g : R → R differenziabile con continuita , con supporto compatto e tale che:∫

R

g(x)dx = 1 e

R

dg

dxdx = 1 . (11.62)

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(La seconda in realta e sempre vera in virtu del fatto che f ha supporto compatto.) Definiamoinfine la funzione continua:

h(r) := −∫ r

0du

R

f(u, v)dg

dvdv −

R

f(r, v)g(v)dv ,

e quindi poniamo χ(r) := e−ih(r). Se cambiamo la rappresentazione V , passando alla nuovarappresentazione Wr = χ(r)Vr in modo tale che:

e−if′(r,s) = ω′(r, s) := ω(r, s)

χ(r)χ(s)

χ(r + s),

cioe :f ′(r, s) = f(r, s) − h(r + s) + h(r) + h(s) ,

il calcolo diretto di f ′(r, s), facendo uso della definizione di h e tenendo conto della (11.61) edelle (11.62), produce

f ′(r, s) = 0 cioe χ′(r, s) = 1 per ogni coppia (r, s) ∈ R2,

e quindi la nuova rappresentazione proiettiva unitaria R ∋ r 7→ Wr e unitaria. Dato che la fun-zione R ∋ x 7→ χ(x) e continua per costruzione e R ∋ r 7→ Vr e fortemente continua, concludiamoche la rappresentazione unitaria W = χV e fortemente continua. In altre parole R ∋ r 7→ Wr

e un gruppo unitario ad un parametro fortemente continuo, che soddisfa (11.60) e questo con-clude la dimostrazione di (a).Per quanto riguarda (b), si osservi innanzitutto che, se esiste un altro gruppo U unitario ad unparametro fortemente continuo che rappresenta γ, deve accadere che:

U−rWrψ = χ(r)ψ per ogni ψ ∈ H. (11.63)

(L’indipendenza di χ(r) da ψ si dimostra facilmente come provato in altre simili situazioni.) Diconseguenza vale: Wr = χ(r)Ur e quindi Wr+s = χ(r + s)Ur+s e quindi:

χ(r + s)I = Wr+sUr+s .

Valendo anche U(r + s) = U(r)U(s) e Wr+s = WrWs, si conclude che Wr+s = χ(r)χ(s)Ur+s equindi:

χ(r)χ(s)I = Wr+sUr+s .

Per confronto vale allora:χ(r + s) = χ(r)χ(s) . (11.64)

L’identita (11.63) ha un’altra conseguenza:

(Urφ|Wrψ) = χ(r)(φ|ψ) .

Per il teorema di Stone (teorema 9.5), possiamo scrivere Ut = e−itB e Wt = e−itA, per dueoperatori autoaggiunti definiti su domini densi D(A) e D(B) rispettivamente. Scegliendo φ ∈

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D(B) e ψ ∈ D(A) in modo che (φ|ψ) 6= 0 (e questo e sempre possibile dato che i domini sonodensi), ed applicando il teorema di Stone, abbiamo che R ∋ t 7→ χ(r) deve essere una funzionederivabile dato che:

d

dt(Urφ|Wrψ) =

d

dtUrφ

∣∣∣∣Wrψ

+

Urφ

∣∣∣∣d

dtWrψ

esiste e vale:

(−iBUrφ|Wrψ) + (Urφ| − iAWrψ) .

Tenendo conto che χ e derivabile e che vale (11.64), abbiamo immediatamente che:

d

dxχ(x) = lim

h→0

1

h(χ(x+ h) − χ(x)) = χ(x) lim

h→0

1

h(χ(h) − χ(0)) = χ(x)c .

Dunque χ(x) = eicx per qualche reale c ∈ R e, di conseguenza:

Wx = eicxUx .

Per computo diretto si vede subito che se, viceversa, W e come in (a) e fissiamo c ∈ R, alloraUx := e−icxWx e un gruppo unitario ad un parametro fortemente continuo che rappresenta γ.(c) Il gruppo unitario ad un parametro fortemente continuo R ∋ r 7→ Wr, che abbiamo costruitoin (a), ammette un generatore autoaggiunto A, per il teorema di Stone. Quindi Wr = e−irA.Se B : D(B) → H e un secondo operatore autoaggiunto che soddisfa la tesi in (c), allora ilsuo gruppo ad un parametro Ut = e−itB deve verificare quanto asserito in (b). Dunque deveesistere c ∈ R tale che: e−itA = e−itce−itB . Applicando il teorema di Stone si ha che il primomembro ammette derivata in senso forte, per t = 0, su D(A) ed essa vale −iA. Similmente,il secondo membro ammette derivata in senso forte, per t = 0, almeno su D(B), ed essa vale−icI− iB. Di conseguenza deve essere D(A) ⊂ D(B) e A = (cI+B)D(A). Notiamo che cI +Be autoaggiunto su D(B). Dato che A e autoaggiunto, non ammette estensioni autoaggiunte, percui deve accadere che: D(A) = D(B) e A = B + cI. 2

Esempi 11.4.(1) Consideriamo l’esempio (1) in esempi 11.2. Il sistema fisico e una particella quantisticasenza spin, descritta sullo spazio di Hilbert L2(R3, dx), nel momento in cui si fissa un sistemadi riferimento inerziale e si identifica R3 con lo spazio di quiete del riferimento, facendo uso dicoordinate cartesiane ortonormali solidali con il riferimento.Il gruppo speciale delle isometrie ISO(3) di R3 puo essere definito come il gruppo delle funzioni(t, R) da R3 in R3 del tipo:

(t, R) : R3 ∋ x 7→ t +Rx , (11.65)

con t ∈ R3 e R ∈ SO(3). Abbiamo qui specializzato R ∈ SO(3) invece che R ∈ O(3), e questospiega la lettera S in ISO(3).ISO(3) puo essere pensato come gruppo topologico nel seguente modo. Consideriamo il gruppomatriciale costituito dalle matrici reali 4 × 4:

g(t,R) :=

1 0t

t R

per ogni t ∈ Rn e R ∈ SO(3). (11.66)

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La topologia e quella ereditata da GL(4,R) cioe da R16. Deve essere chiaro che le matri-ci g(t,R) sono in corrispondenza biunivoca con gli elementi di ISO(3) e che l’applicazioneISO(3) ∋ (t, R) 7→ g(t,R) e dunque un isomorfismo gruppale oltre che una rappresentazionelineare di ISO(3). Per esplicitare, in questa realizzazione, l’azione di ISO(3) sui punti di R3,immaginiamo tali punti come i vettori colonna di R4 della forma (1, x1, x2, x3)

t, dove (x1, x2x3)sono le coordinate cartesiane del punto x ∈ R3. Ritroviamo in questo modo che l’azione di g(t,R)

su R3 e esattamente quella descritta in (11.65). Possiamo indifferentemente pensare ISO(3)come gruppo di funzioni (11.65) o come gruppo di matrici (11.66). In ogni caso, d’ora in poi lopensiamo come gruppo topologico. Si osservi che possiamo realizzare tutto IO(3) come gruppotopologico matriciale, semplicemente permettendo a R di variare in tutto O(3). Nella nostracostruzione e con la topologia che abbiamo assegnato ai due gruppi, ISO(3) risulta essere unsottogruppo topologico di IO(3) che ne e anche l’unica componente connessa che include l’ele-mento neutro (0, I).La rappresentazione lineare unitaria di ISO(3) su L2(R3, dx) che abbiamo visto nell’esempio (1)in esempi 11.2:

(UΓψ) (x) := ψ(Γ−1x) per ogni Γ ∈ ISO(3) e ψ ∈ L2(R3, dx)

e fortemente continua, dato che, come si prova facilmente:

||UΓψ − UΓ0ψ|| = ||UΓ−10 Γψ − ψ|| → 0 se Γ → Γ0. (11.67)

In questo modo si ha che la rappresentazione unitaria fortemente continua ISO(3) ∋ Γ 7→ UΓ,pensando l’azione di UΓ sugli stati puri di H = L2(R3, dx):

γΓ (ψ(ψ| ) := UΓψ (ψ| )U−1Γ ,

rende ISO(3) gruppo di simmetria topologico per la particella quantistica senza spin.(2) In questo esempio Pi e l’operatore autoaggiunto che individua l’osservabile impulso l’ungol’asse xi e P indica il vettore colonna di operatori (P1, P2, P3)

t. In riferimento al precedenteesempio, concentriamoci ora sul sottogruppo delle traslazioni lungo l’asse, generico, t ∈ R3.

Tale sottogruppo e il gruppo unitario ad un parametro fortemente continuo: R ∋ r 7→ U(t)r , con:

U (t)r ψ

(x) := ψ(x − rt) per ogni t ∈ R e ψ ∈ L2(R3, dx) .

Si dimostra abbastanza facilmente che l’operatore simmetrico t · PS(R3) e essenzialmente au-toaggiunto e quindi (vedi il lemma 10.1) che:

e−ir~t·P

S(R3)ψ

(x) = ψ(x − rt) per ogni ψ ∈ L2(R3, dx). (11.68)

Pertanto concludiamo che:l’operatore autoaggiunto, richiesto esistere in (c) del teorema 11.3, che genera il gruppo unita-rio ad un parametro fortemente continuo delle traslazioni lungo l’asse t e , a parte la costante

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moltiplicativa ~−1, l’operatore impulso in tale direzione, cioe l’unica estensione autoaggiunta di1~t · PS(R3).

Si osservi che tale generatore puo comunque essere modificato con una costante additiva.

Esercizi 11.2.(1) Dimostrare la (11.67).

Traccia della soluzione. La prima identita in (11.67) segue dal fatto che UΓ e unitario edanche U−1

Γ0= UΓ−1

0ed infine UΓ′UΓ = UΓ′Γ. Pertanto, per concludere e sufficiente mostrare che,

per ogni ψ ∈ L2(R3, dx):||UΓψ − ψ|| → 0 se Γ → (0, I).

Proviamo prima la tesi per le funzioni φ continue a supporto compatto. Se φ e una tale funzione,ISO(3) × R3 ∋ (Γ,x) 7→ φ(Γ−1x) e continua. Allora, se Γ e ristretto a variare in un intorno Ja chiusura compatta dell’identita , esiste K ≥ 0 tale che |φ(Γ−1x)| ≤ K se (Γ,x) ∈ J × R3.Data la natura delle Γ esiste anche un compatto S ⊂ R3 che include tutti i supporti dellefunzioni φ(Γ−1·). Pertanto esiste φ0 ∈ L2(R3, dx) che soddisfa |(UΓφ)(x) − φ(x)| ≤ |φ0(x)| se(Γ,x) ∈ J × R3, basta scegliere φ0 continua che in S e maggiore di 2K e si annulla fuori daS. Dato che (UΓφ)(x) → φ(x) puntualmente, dal teorema della convergenza dominata segueche ||UΓψ − ψ|| → 0 se Γ → (0, I), dove la norma e quella di L2. Passiamo al caso di ψgenerica in L2(R3, dx). Se ψ ∈ L2(R3, dx) e ǫ > 0, sia φ continua a supporto compatto tale che||ψ − φ|| < ǫ/3. Allora

||UΓψ − ψ|| ≤ ||UΓψ − UΓφ|| + ||UΓφ− φ|| + ||φ− ψ|| = ||UΓφ− φ|| + 2||φ− ψ||dato che UΓ e isometrico e quindi ||UΓψ − UΓφ|| = ||ψ − φ||. Scegliendo Γ abbastanza vicino a(0, I), in base a quanto provato sopra, possiamo avere ||UΓφ−φ|| ≤ ǫ/3. Quindi, per ogni ǫ > 0,se Γ e abbastanza vicino a (0, I), vale ||UΓψ − ψ|| ≤ ǫ.

(2) Facendo uso di (1) in esercizi 11.1, dimostrare che t ·PS(R3) e essenzialmente autoaggiunto.Suggerimento. Se t = 0 la tesi e banale, mettiamoci dunque negli altri casi. Sappiamo che

P1S(R3) e essenzialmente autoaggiunto. Considerare l’operatore unitario UR che rappresenta una

rotazione attiva che porta l’asse t/|t| sul versore e3. Provare che URt ·PS(R3) U−1R = |t|P3S(R3)

e concludere.

(3) Facendo uso di (1) in esercizi 11.1, dimostrare che vale la (11.68).Suggerimento. Dimostrare la tesi per P3 passando da funzioni d’onda nella variabile x a

funzioni d’onda nella variabili k tramite la trasformata di Fourier. Poi estendere il risultato alcaso generale usando una procedura analoga a quella adoperata per l’esercizio precedente. Sinoto che se U e unitario e A : D(A) → H e chiudibile, definendo UAU−1 su U(D(A)), segue cheUAU−1 e chiudibile e:

UAU−1 = UAU−1 .

(4) Si consideri un gruppo topologico G connesso e una sua rappresentazione proiettiva for-temente continua (nel senso della proposizione 11.9) G ∋ g 7→ γg sullo spazio di Hilbert HS ,

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associato ad un certo sistema fisico. Si supponga che HS sia decomposto in settori coerenti HSk.Puo accadere che qualche γg trasformi un settore in un settore differente?

Suggerimento. Decomporre Sp(H) nell’unione disgiunta degli stati puri di ciascun settore edotare ciascuno spazio della topologia metrica indotta da || ||1. Ricordare, infine, che le funzionicontinue trasformano insiemi connessi in insieme connessi.

11.2.5 Richiami sui gruppi ed algebre di Lie.

In quest’ultima sezione assumeremo che il lettore sia familiare con la nozione di varieta differenziabile,includendo il caso di varieta analitica reale (le nozioni fondamentali sono richiamate con un cer-to dettaglio in Appendice B) e richiameremo di seguito alcuni risultati fondamentali [NaSt84,War75, Kir74] della teoria dei gruppi di Lie, dando qualche esempio, senza dimostrazioni.Ricordiamo che un gruppo di Lie (reale di dimensione n) e una varieta analitica reale didimensione n, G, dotata di due applicazioni analitiche reali:

G ∋ g 7→ g−1 ∈ G e G × G ∋ (g, h) 7→ g · h ∈ G ,

(dove G × G e dotata della struttura analitica reale prodotto) rispetto alle quali G risulti essereun gruppo con elemento neutro e.La dimensione del gruppo di Lie G e la dimensione di G nel senso delle varieta differenziabili.

Osservazione. E importante precisare che la richiesta di analiticita nella definizione di gruppodi Lie puo essere indebolita fino a considerare G come una varieta di classe C0 con operazioni digruppo continue rispetto alla topologia del della varieta (quindi gruppi topologici, di Hausdorff,paracompatti, localmente omeomorfi a Rn). In effetti, un famoso teorema di Gleason, Mont-gomery e Zippin del 1952 – che fornisce una risposta al quinto problema di Hilbert– prova che:ogni gruppo topologico, che sia anche una varieta topologica (cioe di classe C0), ammette sempreuna sotto-struttura differenziabile reale analitica rispetto alla quale le operazioni di gruppo sonofunzioni analitiche reali. Tale struttura e univocamente determinata dalla struttura C0 e dalleoperazioni gruppali.Quindi ogni gruppo di Lie e sempre pensabile, ed in modo univoco, come gruppo di Lie ana-litico, anche quando e definito usando solo la struttura di variet1a C0 e richiedendo solo lacontinuita delle operazioni gruppali.

Consideriamo due gruppi di Lie G e G′, con elementi neutri e ed e′ rispettivamente e leggi dicomposizione ·, rispettivamente.Un omomorfismo di gruppi di Lie e un’applicazione analitica f : G → G′ che e anche omo-morfismo gruppale. Nel caso in cui l’omomorfismo di gruppi di Lie f : G → G′ sia biettivo edf−1 sia a sua volta un omomorfismo di gruppi di Lie, f si dice isomorfismo di gruppi di Lie.In tal caso G e G′ si dicono isomorfi (secondo f).Un omomorfismo locale di gruppi di Lie, e un’applicazione analitica h : Oe → G′, doveOe ⊂ G e un intorno aperto di e e vale h(g1 · g2) = h(g1) h(g2) purche g1 · g2 ∈ Oe. (Questo

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implica che h(e) = e′8 ed anche h(g−1) = h(g)−1 se g, g−1 ∈ Oe.)Se l’omomorfismo locale h suddetto e anche un diffeomorfismo analitico sulla sua immagine datada un intorno aperto Oe′ di e′ in G′ e la funzione inversa f−1 : Oe′ → G e un omomorfismo locale,allora h e detto isomorfismo locale di gruppi di Lie. In tal caso G e G′ si dicono localmenteisomorfi (secondo h).

Nello stesso spirito dell’osservazione precedente si possono indebolire le richieste di differenzia-bilita nella definizione di omomorfismo locale nel senso che segue [NaSt84].

Proposizione 11.11. Siano G e G′ gruppi di Lie, e sia Oe ⊂ G un intorno aperto dell’elementoneutro e di G.Se h : Oe → G′ e una funzione continua che soddisfa h(g1 · g2) = h(g1) h(g2) se g1 · g2 ∈ Oe,allora h e analitica reale e quindi definisce un omomorfismo locale di Gruppi di Lie.

Due nozioni importanti per le nostre applicazioni sono quelle di sottogruppo ad un parametro edi algebra di Lie, che ora richiameremo.Sia G un gruppo di Lie con elemento neutro e e legge di moltiplicazione ·. Lo spazio tangente adun punto g ∈ G sara al solito indicato con TgG. Ogni elemento g ∈ G definisce un’applicazionedifferenziabile (analitica reale) Lg : G ∋ h 7→ g · h. Indichiamo con dLg : ThG → Tg·hG ildifferenziale di tale applicazione. Fissato T ∈ TeG, consideriamo il problema di Cauchy delprim’ordine su G:

df

dt= dLf(t)A con f(0) = e.

La soluzione massimale del problema posto, risulta essere sempre completa, cioe con domi-nio dato da tutto R. Indicheremo tale soluzione con con R ∋ t 7→ exp(tT ) e la chiameremosottogruppo ad un parametro generato da A. Si dimostra che vale:

exp(tT ) exp(t′T ) = exp((t+ t′)T ) , (exp(tT ))−1 = exp(−tT ) se t, t′ ∈ R.

Consideriamo ora T ∈ TeG fissato e la classe di applicazioni parametrizzate per t ∈ R:

Ft,T : G ∋ g 7→ exp(tT ) g exp(−tT ) .

Dato che e Ft,T (e) = e, sara dFt,T |e : TeG → TeG. Il differenziale dFt,T |e, indicato con:

Ad Ft,T : TeG → TeG ,

e detto l’aggiunto di Ft,T . Il commutatore e l’applicazione da TeG × TeG in TeG data da:

[T,Z] :=d

dt|t=0(Ad Ft,T ) Z per ogni coppia T,Z ∈ TeG .

8Infatti vale h(e) = h(e · e) = h(e) h(e) e quindi applicando h(e)−1, si ha e′ = h(e).

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Si verificano [War75] le seguenti proprieta del commutatore.

linearita a sinistra : [aA+ bB,C] = a[A,C] + b[B,C] se a, b ∈ R e A,B,C ∈ TeG;

antisimmetria : [A,B] = −[B,A] se A,B ∈ TeG;

identita di Jacobi: [A, [B,C]] + [B, [C,A]] + [C, [A,B]] = 0 se A,B,C ∈ TeG.

Si osservi che la prima e la seconda identita implicano che il commutatore sia bilineare. L’iden-tita di Jacobi deriva dall’associativita del prodotto gruppale.Fissiamo un sistema di coordinate locali x1, . . . , xn compatibili con la struttura differenziabile(analitica) di G e definito in un intorno aperto U dell’elemento neutro e ed avendo cura di farecoincidere e con l’origine delle coordinate. La legge di composizione gruppale, sviluppata conTaylor fino al secondo ordine, assume la forma in coordinate su U × U :

ψ(X,X ′) = X +X ′ +B(X,X ′) +O

|X|2 + |X ′2|

3/2, (11.69)

dove X,X ′ ∈ Rn indicano i vettori colonna delle coordinate di una coppia di corrispondentielementi gruppali g, g′ ∈ U , ed il cui prodotto g · g′ appartenga ancora a U . B : Rn × Rn →Rn e un’applicazione bilineare. Si dimostra abbastanza facilmente che il commutatore di Lie,espresso nella base di TeG relativa alle coordinate dette, assume la forma:

[T, T ′] = B(T, T ′) −B(T ′, T ) , (11.70)

dove ora T e T ′ indicano (i vettori colonna di componenti di) vettori di TeG.

La struttura algebrica data da uno spazio vettoriale V con un’applicazione, detta commutatore(di Lie), , : V×V → V che e lineare a sinistra, antisimmetrica e soddisfa l’identita di Jacobi,e detta algebra di Lie. Date due algebre di Lie (V, , ) e (V′, , ′), un’applicazione lineareφ : V → V′ e detta omomorfismo di algebre di Lie se soddisfa φ(A), φ(B)′ = φ(A,B)per ogni A,B ∈ V. Nel caso in cui φ sia biettiva, si dice isomorfismo di algebre di Lie.Se G e un gruppo di Lie, l’algebra di Lie costituita dallo spazio tangente TeG insieme al com-mutatore [ , ] e detta algebra di Lie del gruppo G.Una sottoalgebra di Lie V′ di un’algebra di Lie (V, [ , ]) e un sottospazio vettoriale che e chiusorispetto al calcolo del commutatore di Lie: [A,B] ∈ V′ se A,B ∈ V′. Un ideale J di un’algebradi Lie (V, [ , ]) e una sottoalgebra di Lie che soddisfa la proprieta :

[A,B] ∈ J se A ∈ J e B ∈ V.

Un’algebra di Lie si dice semplice se non contiene ideali, e si dice semisemplice se gli idealiche contiene non sono commutativi. Si puo dimostrare che V e un’algebra di Lie di dimensionefinita che e semisemplice, allora G e la somma diretta (finita) di sottoalgebre semplici.

Una delle proprieta dei gruppi di Lie, piu importanti per le applicazioni in fisica e che l’algebradi Lie di un gruppo di Lie determina quasi completamente il gruppo stesso, come stabilito dal

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seguente celebre risultato (la prima asserzione e un celebre risultato di Lie) [NaSt84] che spez-ziamo in due parti.

Teorema 11.4.A. Per ogni algebra di Lie (reale) di dimensione finita, V, vale quanto segue.(a) Esiste un gruppo di Lie (reale), GV, connesso, semplicemente connesso, che ammette V comealgebra di Lie del gruppo.(b) GV e determinato a meno di isomorfismi di gruppi di Lie e risulta identificarsi con il rive-stimento universale di ogni gruppo di Lie che ammette V come algebra di Lie, in modo tale chela mappa di rivestimento sia un omomorfismo di gruppi di Lie.(c) Se gruppo di Lie G ammette V come algebra di Lie allora e isomorfo ad un gruppo quozienteGV/HG, dove HG ⊂ GV e un sottogruppo normale discreto che e incluso nel centro di GV.

Teorema 11.4.B (di Lie). Per ogni algebra di Lie (reale) di dimensione finita, V, vale quantosegue.Se G e G′ sono gruppi di Lie (reali), con rispettive algebre di Lie V e V′, vale quanto segue.(a) f : V → V′ e un omomorfismo di algebre di Lie se e solo se esiste un omomorfismo locale digruppi di Lie h : G → G′ tale che dh|e = f . Inoltre:

(i) h e individuato unicamente da f ,(ii) f e isomorfismo di algebre di Lie se e solo se h e isomorfismo locale di gruppi di Lie.

(b) Se G e G′ sono connessi, G e semplicemente connesso, allora f : V → V′ e un omomorfismodi algebre di Lie se e solo se esiste un omomorfismo di gruppi di Lie h : G → G′ tale chedh|e = f . Inoltre:

(i) h e individuato unicamente da f ,(ii) se f e isomorfismo di algebre di Lie allora h e suriettiva,(iii) se f e isomorfismo di algebre di Lie e G′ e semplicemente connesso allora h e isomorfismo

di gruppi di Lie.

Per enunciare il secondo teorema, dovuto a Cartan [NaSt84], diamo la seguente naturale defini-zione. Se G e un gruppo di Lie, G′ ⊂ G e una sottovarieta (embedded) di G e G′ e gruppo rispettoalle operazioni di gruppo di G ristrette a G′, allora G′ acquista naturalmente una struttura digruppo di Lie indotta da quella di G. In tal caso G′ si dice sottogruppo di Lie di G. Si dimostrache, in tal caso, l’algebra di Lie di G′ risulta essere una sottoalgebra di Lie di G, nel senso cheTeG

′ e sottospazio vettoriale di TeG e il commutatore su TeG′ e la restrizione del commutatore

di TeG a TeG′.

Teorema 11.5 (di Cartan). Se G′ ⊂ G e un sottogruppo chiuso del gruppo di Lie G, allorae anche sottogruppo di Lie di G.

Osservazioni.(1) A priori un’algebra di Lie puo non avere dimensione finita come spazio vettoriale, tuttavia ladimensione dell’algebra di Lie di un gruppo di Lie G, nel senso della teoria degli spazi vettoriali,e sempre finita perche coincide con la dimensione del gruppo di Lie G.

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(2) Il teorema 11.5 include, ovviamente, il caso degenere di un sottogruppo discreto. In tal casola varieta differenziabile del sottogruppo di Lie ha dimensione zero.(3) Sia G e un gruppo di Lie di dimensione n e T1, . . . Tn una base nella sua algebra di LieTeG. Dato che il commutatore e bilineare sull’algebra ed e a valori nell’algebra, deve essererappresentato da un tensore C. In componenti:

[Ti, Tj ] =dimTeG∑

k=1

CijkTk .

Le componenti Cijk di C sono dette costanti di struttura del gruppo.La condizione di Jacobi equivale alla condizione sulle costanti di struttura (la prova e ovvia):

n∑

s=1

(CijsCskr + CjksCsir +CkisCsjr) = 0 per r = 1, . . . , n. (11.71)

Se due gruppi di Lie hanno le stesse costanti di struttura, rispetto a due basi nelle rispettivealgebre di Lie, allora sono localmente isomorfi nel senso del teorema 11.4. (La prova segue dalfatto che, se le costanti di struttura sono le stesse, l’applicazione lineare che identifica le due basie un isomorfismo di algebre di Lie.) Viceversa, se due gruppi di Lie sono localmente isomorfi,allora devono avere le stesse costanti di struttura in basi corrispondenti secondo il differenzialedell’isomorfismo locale.

Se G e un gruppo di Lie l’applicazione, detta exponential map:

exp : TeG ∋ T 7→ exp(tT )|t=1

e una funzione analitica reale. L’exponential map ha un’importante proprieta sancita dal se-guente teorema [NaSt84].

Teorema 11.6. Sia G un gruppo di Lie con elemento neutro e ed exponential map exp. Valgonoi fatti seguenti.(a) Esistono un intorno aperto U del vettore nullo 0 ∈ TeG ed un intorno aperto V di e ∈ G,tali che

expU : U → V

e un diffeomorfismo analitico reale (cioe una funzione biettiva analitica reale con inversa analiticareale).(b) Se G e compatto allora exp(TeG) = G.(c) Se G′ e un gruppo di Lie, con exponential map exp′, ed h : G → G′ e un omomorfismo digruppi di Lie, allora:

h exp = exp′ dh|e .

447

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La proprieta (a) stabilita nel teorema 11.6 ha la seguente utile conseguenza. Se fissiamo unabase T1, . . . , Tn nell’algebra di Lie di un gruppo di Lie G, l’inversa dell’applicazione:

F : (x1, . . . , xn) 7→ exp

(n∑

k=1

xnTn

),

definisce una carta locale, compatibile con la struttura analitica, nell’intorno dell’elemento neu-tro. Tale sistema di coordinate si chiama sistema di coordinate normali. Le coordinatenormali, in generale, non ricoprono G. In coordinate normali, un vettore T ∈ TeG ≡ Rn in-dividua un punto di G nell’intorno di e. Pertanto la moltiplicazione gruppale tra elementi diG si esprime come una funzione ψ : Rn × Rn → Rn. Sviluppando con Taylor la funzione ψnell’intorno dell’origine di Rn × Rn, si ha:

ψ(T, T ′) = T + T ′ +1

2[T, T ′] +O

|T |2 + |T ′2|

3/2, (11.72)

essendo [T, T ′] : Rn×Rn → Rn il commutatore di Lie espresso nella base di TeG×TeG associataalle coordinate normali. Lasciamo la prova come esercizio per il lettore.Il punto (a) ha anche la seguente utile conseguenza, la cui dimostrazione e lasciata per esercizio.

Proposizione 11.12. Sia G un gruppo di Lie, con elemento neutro e e legge di composizione ·.Valgono i seguenti fatti.(a) Esiste un insieme aperto A ∋ e tale che, se g ∈ A, allora g = exp(tA) per qualche t ∈ R eA ∈ TeG.(b) Se G e connesso e se g 6∈ A, esiste un numero finito di elementi g1, g2, . . . , gn ∈ A tali cheg = g1 · · · · · gn.

Abbiamo infine la seguente fondamentale formula nota come Baker-Campbell-Hausdorff formula[NaSt84]. Essa vale per ogni gruppo G di Lie connesso e semplicemente connesso se X e Yappartengono all’intorno aperto U del vettore nullo sul quale exp e un diffeomorfismo localesull’intorno aperto dell’elemento neutro exp(U) ⊂ G.

exp(X) exp(Y ) = exp(Z(X,Y )) (11.73)

dove Z(X,Y ) e definito dalla seguente serie:

Z(X,Y ) =∑

N∋n>0

(−1)n−1

n

ri+si>0 1≤i≤n

(∑ni=1(ri + si))

−1

r1!s1! · · · rn!sn![Xr1Y s1Xr2Y s2 . . . XrnY sn ] (11.74)

e[Xr1Y s1 . . . XrnY sn ] :=

[X, [X, ..(r1 volte)..[X︸ ︷︷ ︸, [Y, [Y, ..(s1 volte)..[Y︸ ︷︷ ︸, . . . [X, [X, ..(rn volte)..[X︸ ︷︷ ︸, [Y, [Y, ..(sn volte)..Y︸ ︷︷ ︸]]..]](11.75)

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ed e assunto che il secondo membro e nullo se sn > 1 oppure se sn = 0 e rn > 1.

Esempi 11.5.(1) M(n,R) indichera d’ora in poi l’insieme delle matrici reali n× n. La notazione M(n,C) hal’analogo significato, sostituendo C a R.Il gruppo GL(n,R) delle matrici reali n × n invertibili e un gruppo di Lie di dimensione n2

rispetto alla struttura di varieta differenziabile analitica indotta da Rn2. L’algebra di Lie di

GL(n,R) risulta essere data dall’insieme di matrici reali n × n, M(n,R) ed il commutatorerisulta coincidere con il commutatore di matrici standard [A,B] := AB − BA, per ogni coppiaA,B ∈M(n,R).Una caratteristica importante di GL(n,R) e che i suoi sottogruppi ad un parametro hanno laforma:

R ∋ t 7→ etA :=+∞∑

k=0

tk

k!Ak ,

per ogni A ∈M(n,R), dove la convergenza della serie e riferita ad ognuna delle possibili normeequivalenti che possiamo mettere su Rn2

(o Cn2) per renderlo spazio di Banach (vedi Cap.2).

(2) Tutti i sottogruppi matriciali chiusi di qualche GL(n,R), che abbiamo gia incontrato comegruppi topologici, come O(n), SO(n), IO(n), ISO(n), SL(n,R), il gruppo di Galileo, di Lorentze di Poincare , sono dunque gruppi di Lie. Dato che GL(n,C) puo essere visto come un sotto-gruppo di GL(2n,R) (banalmente decomponendo ogni elemento di ogni matrice in parte realee complessa) anche i gruppi matriciali complessi, come U(n), SU(n) sono gruppi di Lie reali. Eimportante precisare che lavorare con gruppi di Lie matriciali non e una fortissima restrizione,in quanto si puo provare [War75] che ogni gruppo di Lie compatto e isomorfo ad un gruppo diLie matriciale. Per i gruppi di Lie non compatti il teorema non vale, un controesempio tipico eil rivestimento universale del gruppo SL(2,R)).

(3) L’esponenziale di matrici A,B ∈ M(n,C) ha alcune interessanti proprieta . Prima di tuttoeA+B = eAeB = eBeA sotto l’ipotesi che AB = BA. La prova e la stessa che si fornisce nelcaso in cui A e B siano numeri, usando lo sviluppo di Taylor dell’esponenziale. C’e pero un’altrautilissima proprieta . Se A ∈M(n,C) e per ogni t ∈ C, vale:

det etA = ettr A , in particolare det eA = etr A .

Dimostriamo questa identita . Si consideri l’applicazione C ∋ t 7→ det etA . Vogliamo calcolarnela derivata per t arbitrario. Ci interessa cioe

limh→0

dete(t+h)A − detetA

h= lim

h→0

det(etAehA) − detetA

h= detetA lim

h→0

detehA − 1

h

purche l’ultimo limite esista. Vale ehA = I+hA+ho(h) , dove o(h) → 0 se h→ 0 nella topologiametrica di Cn2

per cui

limh→0

det e(t+h)A − detetA

h= detetA lim

h→0

det(I + hA+ ho(h)) − 1

h.

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Vale lo sviluppo (che si puo dimostrare in vari modi) det(I+hA+ho(h)) = 1+h∑ni=1Aii+h0(h).

Inserendo sopra troviamo che:ddetetA

dt= detetAtrA .

Cio prova anche che la funzione considerata e infinitamente differenziabile. Quindi la funzioneinfinitamente differenziabile fA : C ∋ t 7→ det etA soddisfa l’equazione differenziale

dfA(t)

dt= (trA)fA(t) .

La funzione infinitamente differenziabile gA : C ∋ t 7→ ettr A soddisfa banalmente la stessa equa-zione differenziale. Entrambe le funzioni soddisfano la condizione iniziale fA(0) = gA(0) = 1, diconseguenza per il teorema di unicita delle soluzioni massimali delle equazioni differenziali delprim’ordine, le due funzioni coincidono per ogni t ∈ C e deve essere: detetA = ettr A .

(4) Il gruppo delle rotazioni n-dimensionali O(n) := R ∈ M(n,R) | RRt = I e un gruppodi Lie importante in fisica. Il fatto che tale gruppo sia un sottogruppo di Lie di GL(n,R)e evidente dal fatto che L’insieme R ∈ M(n,R) | RRt = I e chiuso nella topologia di Rn2

come si prova immediatamente. (E chiaro che O(n) contiene i suoi punti di accumulazione: seAk ∈ O(n) e Ak → A ∈ Rn2

per k → ∞ allora banalmente Atk → At e I = AkAtk → AAt.)

L’algebra di Lie di O(n), indicata con o(n), e data dallo spazio vettoriale delle matrici n × nreali antisimmetriche. Tale spazio (e quindi il gruppo di Lie O(n)) ha dimensione n(n − 1)/2.La dimostrazione di questa affermazione segue dal fatto che gli elementi dell’algebra di Lie siottengono come i vettori R(0) tangenti all’elemento neutro del gruppo (la matrice identita ) dellecurve R = R(u) che soddisfano R(u)R(u)t = I e R(0) = I. Per definizione dunque, i vettoridetti soddisfano: R(0)R(0)t + R(0)R(0)t = 0, cioe : R(0) + R(0)t = 0. Tale spazio e con quellodelle matrici antisimmetriche reali n×n che ha dimensione n(n−2)/2 come si prova facilmente.Si osservi infine che O(n) e compatto. (E sufficiente provare che l’insieme chiuso O(n) e unsottoinsieme limitato di Rn2

in quanto, in Rk, i chiusi limitati sono compatti (e viceversa).Quindi A ∈ O(n). La limitatezza nella norma di Rn2

e ovvia. Infatti, se R ∈ O(n):

||R||2 =n∑

i=1

n∑

j=1

RijRij

=

n∑

i=1

δii = n .)

Il gruppo di Lie matriciale di dimensione 3, O(3) ha due componenti connesse date rispettiva-mente da:il gruppo di Lie matriciale compatto (e connesso) SO(3) := R ∈ O(3) | detR = 1 e l’insiemecompatto (che non e sottogruppo)

PSO(3) := PR ∈ O(3) | R ∈ SO(3)

dove P := −I e l’inversione di parita.

450

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(5) Nel caso di SO(3) l’exponential map ricopre tutto il gruppo come ora precisiamo. Introdu-ciamo una base particolare di so(3) data dalle matrici (Ti)jk = −ǫijk, dove ǫijk = 1 se i, j, ke una permutazione ciclica di 1, 2, 3; ǫijk = −1 se i, j, k e una permutazione non ciclica di 1, 2, 3;ǫijk = 0 nei rimanenti casi. Esplicitamente

T1 :=

0 0 00 0 −10 1 0

, T2 :=

0 0 10 0 0−1 0 0

, T3 :=

0 −1 01 0 00 0 0

, (11.76)

Tali matrici sono antisimmetriche e quindi appartengono a so(3), inoltre e immediato provareche sono linearmente indipendenti per cui sono una base di so(3). Le costanti di strutturaassumono una forma semplice in questa base, come si prova per computo diretto:

[Ti, Tj ] =3∑

k=1

ǫijkTk , (11.77)

Vale la seguente rappresentazione esponenziale di SO(3). R ∈ SO(3) se e solo se esistono unversore n ∈ R3 e un numero θ ∈ R tale che

R = eθn·T , dove n ·T :=3∑

i=1

niTi .

(6) Il gruppo SU(2), visto come gruppo di Lie reale, ha come algebra di Lie lo spazio vettorialereale delle matrici anti hermitiane con traccia nulla (quest’ultima condizione segue dalla richiestache il determinate valga 1). Di conseguenza, una base dell’algebra di Lie di SU(2) e data dalletre matrici − i

2σj , j = 1, 2, 3, dove le σk sono le matrici di Pauli σi definite in (11.10)-(11.10). Ilfattore 1/2 e stato introdotto perche , con tale scelta, sono verificate le relazioni di commutazione:

− iσi2

, − iσj2

=

3∑

k=1

ǫijk

− iσk

2

. (11.78)

In base a quanto osservato sotto il teorema 11.5, questo significa che le due algebre di Lie, quelladi SU(2) e quella di SO(3) sono isomorfe. Dunque, in base al teorema 11.4 i due gruppi diLie sono localmente isomorfi. Dato che SU(2) e connesso e semplicemente connesso (si provache e omeomorfo al bordo S3 della palla unitaria di R3), mentre SO(3) non lo e , SU(2) devecoincidere con il rivestimento universale di SO(3). L’isomorfismo di algebre di Lie si deveottenere tramite il differenziale di un un omomorfismo surgettivo di gruppi di Lie da SU(2) aSO(3). Tale omomorfismo e ben noto ed e costruito come segue (vedi (5) in esercizi 11.3). Anchenel caso di SU(2) l’exponential map ricopre tutto il gruppo essendo SU(2) compatto. In praticarisulta che ogni matrice U ∈ SU(2) si scrive come, con ovvie notazioni,

U = e−iθn·σ2

451

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dove θ ∈ R e n e un versore di R3. L’omomorfismo surgettivo di cui sopra non e altro che lamappa suriettiva:

R : SU(2) ∋ e−iθn·σ2 7→ eθn·T ∈ SO(3) .

Che l’applicazione non sia invertibile si vede chiaramente osservando che, sotto la trasforma-zione θ → θ + 2π il secondo membro non cambia, mentre il primo cambia segno (per vederlorapidamente basta ridursi al caso di n = e3 il versore della coordinata cartesiana x3). In effettisi prova che il nucleo dell’omomorfismo h contiene i due soli elementi ±I ∈ SU(2).

Esercizi 11.3.(1) Dimostrare che l’algebra di Lie di SU(2), pensato come gruppo di Lie reale, e data dallo spa-zio vettoriale reale delle matrici anti hermitiene. Dimostrare quindi che SU(2) e semplicementeconnesso.

Suggerimento. SU(2) e un sottogruppo chiuso di GL(4,R) per cui e un gruppo di Lie e quindii gruppi ad un parametro sono del tipo R ∋ t 7→ etA, con A che varia in tutta l’algebra di Liedi SU(2). Si imponga che etA(etA)∗ = I e che tr(etA) = 1 per ogni t e si veda come deve esserefatta A. Viceversa se A e anti hermitiana, mostrare che le due condizioni dette sono soddisfatte.Per la seconda domanda, parametrizzare il gruppo con 4 parametri reali in modo tale che lematrici di S(2) risultino essere in corrispondenza biunivoca con i punti sulla superficie dellasfera unitaria in R4. Mostrare che la parametrizzazione e un omeomorfismo.

(2) Dimostrare che se U ∈ SU(2) se e solo se esistono un versore n ∈ R3 ed un numero reale θtale che

U = e−iθn·σ2 .

Suggerimento. Usare il teorema spettrale per l’operatore unitario U ∈ SU(2) tenendo contoche le matrici di Pauli unitamente a I formano una base dello spazio reale delle matrici hermi-tiane. Se, viceversa, U = e−iθn·

σ2 quanto valgono U∗U e detU?.

(3) Dimostrare che le tre matrici T in (11.76) soddisfano:

RTkRt =

3∑

i=1

(Rt)kiTi per ogni R ∈ SO(3).

Suggerimento. Usare (Ti)jk = −ǫijk e scrivere la relazione di sopra in componenti. Tenereconto che i coefficienti ǫijk definiscono uno pseudotensore invariante sotto rotazioni proprie.

(4) Dimostrare che R ∈ SO(3) se e solo se esistono un versore n ∈ R3 ed un numero reale θ taleche

R = eθn·T .

Suggerimento. Dimostrare la relazione nel caso in cui n = e3 prendendo, come R ∈ SO(3),una rotazione attorno all’asse e3. Dimostrare che ogni R ∈ SO(3) ammette sempre un auto-vettore n. Usare una rotazione degli assi che porti n su e3 e tenere conto del risultato trovato

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nell’esercizio precedente. Se, viceversa, R = e−iθn·T quanto valgono RtR e detR?.

(5) Dimostrare che per ogni U ∈ SU(2) esiste un unica RU ∈ SO(3) tale che:

Ut · σU∗ = (RUt) · σ per ogni t ∈ R3.

Verificare poi che la funzione:SU(2) ∋ U 7→ RU ∈ SO(3)

e un omomorfismo gruppale suriettivo e coincide con:

R : SU(2) ∋ e−iθn·σ2 7→ eθn·T ∈ SO(3) .

Infine provare che il nucleo di tale omomorfismo e ±I ⊂ SU(2).Traccia della soluzione. Notare che |t|2 = det (t · σ) e concludere che ogni U ∈ SU(2)

individua un unica trasformazione da R3 a R3 che associa ad ogni t un nuovo vettore t′ con|t| = |t′| individuato da Ut · σU∗ = Ut′ · σU∗. La trasformazione t → t′ e dunque una matriceortogonale R(U) ∈ O(3). Il fatto che R : SU(2) ∋ U 7→ R(U) ∈ O(3) sia un omomorfismo

gruppale e di prova immediata per costruzione. Nel caso in cui Uθ = e−iθσ32 si verifica in

vari modi (anche direttamente sviluppando gli esponenziali delle matrici) che R(Uθ) = eθT3 .Il caso generale si ottiene facendo allora uso del risultato nell’esercizio (3), ruotando e3 suqualunque versore n. Il fatto che R(Uθ) = eθn·T implica ovviamente che R(U) ∈ SO(3). Lasurgettivita dell’omomorfismo segue dal fatto che ogni matrice di SO(3) si puo scrivere nellaforma: eθn·T. Il calcolo del nucleo dell’omomorfismo si puo eseguire riducendosi a lavorare conil sottogruppo ad un parametro generato da σ3, tramite una rotazione del versore n. Il risultatodiventa allora ovvio per computo diretto.

11.2.6 Gruppi di simmetria di Lie, teoremi di Bargmann, Garding, Nelson,

FS3.

Per concludere la trattazione dei gruppi di simmetria ci occupiamo del caso in cui G e un gruppodi Lie connesso. Per prima cosa osserviamo che ogni possibile rappresentazione proiettiva diG deve essere rappresentabile con operatori unitari e mai antiunitari. Vale infatti la seguenteproposizione.

Proposizione 11.13. Sia G un gruppo di Lie connesso. Per ogni rappresentazione proiettivaG ∋ g 7→ γg gli elementi γg possono essere associati solo ad operatori unitari in base al teoremadi Wigner (o Kadison).

Prova. Per la proposizione 11.12, ogni elemento g ∈ G e il prodotto di un numero finito dielementi di forma h = exp(tT ). Allora deve essere h = r · r con r = exp(tT/2). Applicando laproposizione 11.5 segue immediatamente la tesi. 2

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Ora ci occuperemo di illustrare brevemente qualche risultato generale interessante riguardantele rappresentazioni unitarie fortemente continue dei gruppi topologici che hanno struttura diLie.Per prima cosa, dato che cio sara utile inseguito, osserviamo che ogni rappresentazione proiettivadi un gruppo topologico G si puo sempre vedere come rappresentazione proiettiva del suo gruppodi rivestimento universale G.Infatti, se π : G → G e l’omomorfismo continuo di ricoprimento (la funzione continua di rico-primento e sempre pensabile come un omomorfismo continuo per i gruppi topologici [NaSt84]),e γ : G ∋ g 7→ γg e una rappresentazione proiettiva continua di G nello spazio di Hilbert H,

allora γ π : G ∋ h 7→ γπ(h) e evidentemente una rappresentazione proiettiva continua di G, ed

ha la particolarita che non distingue due elementi h, h′ ∈ G se π(h) = π(h′). In altre parole, seh · h′−1 ∈ Ker(π), allora γ π(h) = γ π(h′) cioe : (γ π)(Ker(π)) = id, che equivale a direKer(π) ⊂ Ker(γ π).

Proposizione 11.14. Sia G un gruppo topologico e G il suo gruppo di rivestimento universalecon omomorfismo di ricoprimento π. Ogni rappresentazione proiettiva continua di G sullo spaziodi Hilbert H, γ : G ∋ g 7→ γg, si ottiene da una opportuna rappresentazione proiettiva continua

γ : G ∋ g 7→ γ′g su H che soddisfi Ker(π) ⊂ Ker(γ′), considerando la rappresentazione indotta

su G ≡ G/Ker(π).

Nota. Nel seguito, quando ci fara comodo studieremo le rappresentazioni unitarie proiettive diG invece che quelle di G, dato che quelle di secondo tipo sono individuate da quelle di primo tipo.

Vogliamo ora provare un importante risultato dovuto a Bargmann9, che fornisce delle condizionisufficienti affinche una rappresentazione proiettiva continua sia descrivibile da una rappresenta-zione unitaria. L’idea che precede il teorema e quella gia discussa precedentemente (vedi sezione11.2.2), di vedere ogni rappresentazione unitaria proiettiva

G ∋ g 7→ Ug

di un gruppo G come restrizioni a G di una rappresentazione unitaria

G ∋ g 7→ Vg

di un’opportuna estensione centrale Gω di G. Questo e sempre possibile in virtu della proposi-zione 11.7. Assumiamo ora che G sia un gruppo di Lie e che G ∋ g 7→ Ug induca una rappresen-tazione proiettiva continua. Sappiamo che possiamo scegliere le fasi degli operatori Ug in modotale che nell’intorno dell’identa di G, la rappresentazione G ∋ g 7→ Ug risulti essere continuaper la proposizione 11.10. Tuttavia in generale non si riesce ad estendere questo risultato atutto il gruppo G. Usando una la rappresentazione di Gω e sfruttando la struttura di gruppodi Lie di G si ha piu fortuna, infatti sussiste il seguente importante risultato che citiamo senza

9V. Bargmann. On Unitary Ray Representations of Continuous groups, Ann. Math. 59, 1 (1954).

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dimostrazione [Kir74].

Teorema 11.7. Si consideri un gruppo di Lie connesso G ed una rappresentazione proiettivacontinua sullo spazio di Hilbert H,

G ∋ g 7→ γg .

Esistono un’estensione centrale Gω ed una rappresentazione unitaria fortemente continua

Gω ∋ (χ, g) 7→ V(χ,g)

con V(χ,e) = χI per ogni χ ∈ U(1) in modo tale che valgano i seguenti fatti.

(a) Gω risulta essere un gruppo di Lie connesso (con struttura differenziabile differente da quellaprodotto, nel caso generale), gli omomorfismi di inclusione canonica U(1) → Gω e di proiezionecanonica Gω → G sono omomorfismi di gruppi di Lie.(b) La struttura differenziabile di Gω in un intorno dell’identita risulta essere quella prodottodella struttura differenziabile standard di U(1) e di quella di G e la funzione ω : G × G → U(1)e ottenuta da quella in proposizione 11.10 per mezzo di una trasformazione di equivalenza inmodo che risulti C∞ in un intorno di (e, e).(c) L’applicazione (1, g) 7→ V(1,g) risulta essere una rappresentazione unitaria proiettiva forte-mente continua che induce G ∋ g 7→ γg. Cioe :

γg(ρ) = V(1,g)ρV−1(1,g) per ogni g ∈ G e ρ ∈ Sp(H).

Assumiamo dunque, in base al teorema citato, che ogni rappresentazione proiettiva fortementecontinua di un gruppo di Lie G si possa ottenere come una rappresentazione unitaria proiettivafortemente continua di un’estensione centrale G che sia a sua volta un gruppo di Lie.Questo risultato consente di provare il teorema di Bargmann menzionato sopra.Vediamo euristicamente l’idea fondamentale della dimostrazione. Consideriamo un gruppo diLie G (che nel teorema sara connesso e semplicemente connesso) ed le sue estensioni centralitramite U(1), Gω. Come detto sopra, le rappresentazione unitarie proiettive di G si possonotutte vedere come rappresentazioni propriamente unitarie delle estensioni centrali di G tramiteU(1). Ci chiediamo allora quando le rappresentazioni unitarie continue di Gω siano riconducibilia rappresentazioni unitarie continue di G stesso. L’algebra di Lie di Gω e , come spazio vettoriale,la somma diretta R ⊕ TeG. Le relazioni di commutazione si possono scrivere:

[r ⊕ T, r′ ⊕ T ′] = α(T, T ′) ⊕ [T, T ′] ,

dove r⊕T indica l’elemento generico di R⊕TeG e α : TeG×TeG → TeG e una funzione bilineareantisimmetrica. Un modo alternativo con cui si trova spesso scritta tale relazione e il seguente,fissando una base di GeT :

[Ti, Tj ] = αijI +n∑

k=1

CijkTk , (11.79)

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dove, e stato scelto r = r′ = 0 ed, ovviamente, αij := α(Ti, Tj). Questi numeri soddisfano, per co-struzione, la condizione di antisimmetria αij = αji, ed un’altra condizione dovuta all’identita diJacobi (e corrispondente alla (11.83) nelle ipotesi del teorema di Bargmann sotto):

αij = αji , (11.80)n∑

s=1

(Cijsαsk + Cjksαsi + Ckisαsj) = 0 . (11.81)

I numeri αij vengono spesso denominate cariche centrali. L’idea centrale del teorema diBargmann e di cercare di ridefinire l’insieme dei generatori differenti da I:

Tk → T ′k := βkI + Tk

in modo tale che che i numeri βk riassorbano le cariche centrali, riottenendo le regole dicommutazione l’algebra di Lie di G:

[T ′i , T

′j ] =

n∑

k=1

CijkT′k .

Se questo e possibile, ci si aspetta che una rappresentazione unitaria di Gω si possa pensare comerappresentazione unitaria di G stesso. In riferimento alla (11.79), si capisce che questo e veroquando i coefficienti βk risolvono l’equazione (si noti che le Cijk e le αij sono assegnate una volta

noto Gω):

αij =n∑

k=1

Cijkβk . (11.82)

L’ipotesi del teorema di Bargmann espressa con la (11.84) non e altro che la trascrizione della(11.82), come si vedra nella dimostrazione. In effetti la funzione lineare β che appare nelle ipotesie completamente individuata dai coefficienti βk dalla richiesta β(Tk) := βk.

Teorema 11.9 (di Bargmann). Sia G un gruppo di Lie connesso e semplicemente connesso.Ogni rappresentazione proiettiva continua di G sullo spazio di Hilbert H e indotta da una rap-presentazione unitaria fortemente continua su H se la seguente richiesta e soddisfatta. Per ogniapplicazione bilineare antisimmetrica: α : TeG × TeG → R che soddisfa

α([T, T ′], T ′′)+ α

([T ′, T ′′], T

)+ α

([T ′′, T ], T ′) = 0 per ogni T, T ′, T ′′ ∈ TeG, (11.83)

esiste un’applicazione lineare β : TeG → R tale che:

α(T, T ′) = β([T, T ′]

)per ogni T, T ′ ∈ TeG. (11.84)

Prova. Consideriamo una rappresentazione proiettiva continua γ : G ∋ g 7→ γg sullo spaziodi Hilbert H. Sappiamo, per il teorema 11.17, che e possibile, scegliendo opportunamente la

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funzione dei moltiplicatori, definire un’estensione centrale Gω di G tramite U(1), che sia ungruppo di Lie, ed una rappresentazione unitaria proiettiva V : G ∋ g 7→ Vg su H fortementecontinua che induce γ. Gli omomorfismi di inclusione e proiezione canonica sono di gruppi diLie, la struttura differenziabile nell’intorno dell’identita di Gω e quella del prodotto U(1)×G edinfine, la funzione ω e differenziabile rispetto alla struttura differenziabile di G × G nell’intornodi (e, e).Senza perdere generalita , assumeremo che la funzione dei moltiplicatori sia normalizzata inmodo tale che χ(e, g) = χ(g, e) = 1 e quindi l’elemento neutro di Gω sia (1, e). Come sappiamo,ci si puo sempre ricondurre a tale situazione con una trasformazione di equivalenza tramite unafunzione costante, come precisato precedentemente. Dal punto di vista della struttura di spaziovettoriale reale, l’algebra di Lie di Gω e lo spazio R⊕TeG, dove ⊕ indica la somma diretta (nonortogonale, visto che non abbiamo definito alcuna nozione di prodotto scalare). Indicheremo conr⊕T gli elementi di tale spazio vettoriale, con r ∈ R e T ∈ TeG. Dalla definizione di commutatoredi Lie, con qualche calcolo e facendo uso di (11.70), si ha che, se [ , ] e il commutatore di Lie suTeG, il commutatore [ , ]ω su T1⊕eGω ha la forma:

[r ⊕ T, r′ ⊕ T ′]

ω = α(T, T ′) ⊕ [T, T ′] (11.85)

dove α : TeG × TeG → R e una funzione bilineare antisimmetrica che soddisfa la (11.83), invirtu dell’identitita di Jacobi per [ , ]ω. Vogliamo ora dimostrare che il rivestimento universaledi Gω e il gruppo di Lie R⊗G, dove ⊗ indica il prodotto diretto dei due gruppi di Lie (R e pensatocome gruppo di Lie additivo). Si osservi che il prodotto diretto di due gruppi di Lie e a suavolta un gruppo di Lie con la struttura analitica prodotto delle due strutture analitiche deifattori. Il gruppo di Lie R ⊗ G, come spazio topologico, e lo spazio topologico prodotto R ⊗ G

ed e pertanto semplicemente connesso dato che sia R che G sono semplicemente connessi. Per ilteorema 11.4 A, deve quindi essere, a meno di isomorfismi di gruppi di Lie, l’unico gruppo di Liesemplicemente connesso con quella algebra di Lie e deve coincidere con il gruppo di rivestimentouniversale di tutti i gruppi di Lie che hanno l’algebra di Lie di R ⊗ G. Mostreremo che uno diessi e Gω. L’algebra di Lie di R⊗G e R⊕TeG come spazio vettoriale, mentre il commutatore diLie vale: [

r ⊕ T, r′ ⊕ T ′]⊗ = 0 ⊕ [T, T ′] (11.86)

Per dimostrare quanto detto e sufficiente provare che esiste un isomorfismo di algebre di Lie chetrasformi l’algebra di Lie di R ⊗ G nell’algebra di Lie di Gω, nell’ipotesi del nostro teorema,cioe quando esiste la funzione β : TeG → R che soddisfi (11.84). Costruiamo tale isomorfismodi algebre di Lie. Fissiamo una base nell’algebra di Lie di G: T1, . . . , Tn ed una corrispondentebase

1 ⊕ 0, 0 ⊕ T1, . . . , 0 ⊕ Tn ∈ T(0,e)R ⊗ G

nell’algebra di Lie di R ⊗ G. Consideriamo poi la nuova base nell’algebra di Lie di ÓGω, data da:

1 ⊕ 0, β(T1) ⊕ T1, . . . , β(Tn) ⊕ Tn ∈ T(1,e)ÓGω .

Che questa sia una base e evidente dal fatto che i vettori menzionati sopra sono linearmenteindipendenti se T1, . . . , Tn sono una base per l’algebra di Lie di G. Consideriamo infine l’unica

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applicazione lineare biettiva f : T(0,e)R ⊗ G → T(1,e)Gω tale che:

f(1 ⊕ 0) := 1 ⊕ 0 , f (0 ⊕ Tk) := β(Tk) ⊕ Tk per k = 1, 2, . . . , n.

Dimostriamo che tale funzione conserva il commutatore di Lie, cioe

[f(r ⊕ T ) , f(r′ ⊕ T ′)]ω = f([r ⊕ T , r′ ⊕ T ]⊗) ,

ed e dunque un isomorfismo di Lie. Dato che f e lineare ed i commutatori di Lie sono bilinearied antisimmetrici, e sufficiente provare questo fatto su coppie di elementi di base differenti.Evidentemente si ha che [f(1 ⊕ 0) , f(0 ⊕ Tk)]ω = 0 = f ([1 ⊕ 0 , 0 ⊕ Tk]⊗). Per i rimanenticommutatori non banalmente nulli abbiamo che:

[f(0⊕Th) , f(0⊕Tk)]ω = [β(Th)⊕Th , β(Tk)⊕Tk]ω = α(Th, Tk)[Th, Tk] = β([Th, Tk])⊕ [Th, Tk] =

= β

(n∑

s=1

ChksTs

)⊕

n∑

s=1

ChksTs =n∑

s=1

Chks (β(Ts) ⊕ Ts) =n∑

s=1

Chksf (0 ⊕ Ts) =

= f

(n∑

s=1

Chks0 ⊕ Ts

)= f ([0,⊕Th , 0 ⊕ Ts]⊗) .

dove abbiamo indicato con Chks le constanti di struttura dell’algebra di Lie di G nella baseT1, . . . , Tn. Concludiamo che il gruppo di rivestimento universale di Gω e R ⊗ G e che esiste unomomorfismo di gruppi di Lie surgettivo:

Π : R ⊗ G ∋ (r, g) 7→ (χ(r, g), h(r, g)) ∈ Gω ,

tale che (e questa condizione lo determina unicamente per il teorema 11.4 B):

dΠ|(0,g) = f . (11.87)

Ora studiamo l’omomorfismo Π in dettaglio, tenendo conto della struttura di estensione centraledi G secondo U(1) che possiede Gω. Possiamo sempre decomporre

R ⊗ G ∋ (r, g) = (r, e) · (0, g) ,

dove (r, e) appartiene al sottogruppo di Lie R di R⊗G e (0, g) appartiene al sottogruppo di LieG di R ⊗ G. Si dimostra facilmente che Π : (r, e) 7→ (χ(r, e), e). Infatti Π trasforma (r, e) · (r, e)in (χ(r, e), h(r, e)) · (χ(r, e), h(r, e)) = (χ(r, e)χ(r, e)ω(h(r, e), h(r, e)) , h(r, e)h(r, e)). Dato che(r, e) · (r, e) = (2r, e) e che Π e un omomorfismo, deve risultare che

(χ(r, e)χ(r, e)ω(h(r, e), h(r, e)) , h(r, e)h(r, e)) = (χ(2r, e), h(r, e)) .

Moltiplicando ambo i membri per (1, h(r, e)−1) si conclude, in particolare, che deve essereh(r, e) = e. Concludiamo che, se definiamo χ(r) := χ(r, e) allora deve valere:

Π : (r, e) 7→ (χ(r), e) e χ(r)χ(r′) = χ(r + r′) per ogni r, r′ ∈ R.

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La seconda identita segue subito dal fatto che ω(h(r, e), h(r′, e)) = ω(e, e) = 1 e dal fatto che Πe un omomorfismo. Definendo h(g) := h(0, g) e φ(g) := χ(0, g), possiamo allora scrivere che:

Π : R ⊗ G ∋ (r, g) 7→ (χ(r)φ(g), h(g)) ∈ Gω . (11.88)

Studiamo ora l’applicazione h : (0, g) 7→ g dimostrando che e un isomorfismo di gruppi di Lie.Dato che Π e un omomorfismo gruppale abbiamo che deve trasformare il prodotto (r, g) · (r′, g′)nel prodotto delle immagini e pertanto vale:

(χ(r), h(g)) · (χ(r), h(g′)) = (χ(r + r′)φ(g)φ(g′)ω(h(g), h(g′)) , h(gg′)) .

Si osservi che questo implica che la funzione h : G ∋ g ≡ (0, g) 7→ h(g) ∈ G – dove il primoG e pensato come sottogruppo di Lie di R ⊗ G – e un omomorfismo gruppale. Dato che Πe surgettiva, h deve essere surgettiva. Infine, dato che la funzione Gω(χ, s) 7→ s ∈ G e unomomorfismo surgettivo di gruppi di Lie per definizione di estensione centrale, concludiamo cheh : G ∋ g 7→ h(g) ∈ G e un omomorfismo surgettivo di gruppi di Lie. Ricordando che vale la(11.87), si verifica facilmente che dh : 0 ⊕ Tk → Tk. Di conseguenza, per (iii) di (b) nel teorema11.4 B, dh e il differenziale, calcolato sull’identita , di un unico omomorfismo di gruppi di Lie daG (visto come sottogruppo di R⊕G) a G, che e un isomorfismo di gruppi di Lie. Per costruzione,tale isomorfismo deve coincidere con h stesso.Per concludere studiamo la funzione dei moltiplicatori ω e la funzione φ : G → U(1). Valeφ(e) = 1, dato che Π : (0, e) 7→ (1, e). Dato che Φ : (0, g) 7→ (φ(g), h(g)) e omomorfismo digruppi di Lie e la struttura differenziabile (analitica rale) di Gω e quella prodotto nell’intornodell’identita , la funzione φ sara differenziabile in un intorno dell’identita . La proiezione Πtrasforma il prodotto (0, g) · (0, g′) nel prodotto delle immagini secondo Π. Di conseguenza deveessere:

(φ(g)φ(g′)ω(h(g), h(g′)) , h(gg′)) = (φ(gg′), h(gg′)) ,

da cui:φ(g)φ(g′)ω(h(g), h(g′)) = φ(gg′) per ogni g, g′ ∈ G. (11.89)

Possiamo allora concludere esibendo una rappresentazione unitaria continua U : G ∋ g 7→ Ugche induce la rappresentazione proiettiva iniziale γ. Tenendo conto del fatto che che h : G → G

e un isomorfismo di gruppi di Lie, definiamo

Ug := φ(h−1(g))Vg per ogni g ∈ G.

Per costruzione questa rappresentazione unitaria proiettiva induce γ, dato che φ(h−1(g)) ∈ U(1).D’altra parte vale anche, per (11.89):

UgU′g = φ(h−1(g))φ(h−1(g′))VgVg′ = ω(g, g′)φ(h−1(g))φ(h−1(g′))Vgg′ = φ(gg′)Vgg′ = Ugg′ .

Pertanto la rappresentazione U e una rappresentazione propriamente unitaria. Per concluderemostriamo che tale rappresentazione e continua. Per costruzione, dato che la rappresentazioneV e continua, h−1 e continuo, h−1(e) = e e φ e continua in un intorno di e, allora g 7→ Ug =

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φ(h−1(g))Vg e sicuramente continua in un intorno A dell’elemento neutro e di G. Il fatto che U siauna rappresentazione di operatori unitari implica che sia continua (nella topologia operatorialeforte che stiamo considerando) ovunque. Infatti, se ψ ∈ H:

||Ugψ − Ug0ψ|| = ||Ug−10

(Ugψ − Ug0ψ)|| = ||Ug−10 gψ − ψ|| → 0 se g → g0.

Abbiamo usato il fatto che g−10 g ∈ A se g e in un intorno sufficientemente piccolo di g0 essendo

G un gruppo topologico. 2

Osservazioni.(1) Si osservi che, in base ad un’osservazione fatta sopra, il teorema di Bargmann fornisce in-formazioni anche per il caso in cui il gruppo di Lie connesso non sia semplicemente connesso,pensando le sue rappresentazioni proiettive come rappresentazioni del rivestimento universale,che per costruzione e sempre semplicemente connesso.(2) Esiste un modo alternativo e piu avanzato di enunciare il teorema di Bargmann facendouso della teoria della coomologia di gruppi di Lie. L’ipotesi di esistenza della funzione lineare βper ogni funzione bilineare antisimmetrica α che soddisfi la (11.83) equivale a dire che il secon-do gruppo di coomologia, H2(TeG,R), e banale [BaRa86, Kir74]. Un risultato importante chesi ottiene con tecniche di coomologia gruppale, e che le ipotesi del teorema di Bargmann sonosoddisfatte per in gruppo di Lie semplicemente connesso G, se la sua algebra di Lie e sempliceoppure semisemplice.

Ora ci occuperemo del problema opposto, cioe di come costruire delle rappresentazioni proiet-tive continue che rappresentino un gruppo di simmetria topologico individuato da un gruppodi Lie. Sappiamo che e sufficiente saper costruire delle rappresentazioni unitarie continue delleestensioni centrali del gruppo. Per cui ci concentriamo sul problema di costruire rappresenta-zioni unitarie fortemente continue di un gruppo di Lie assegnato. L’idea e quella di costruiretali rappresentazioni partendo da una rappresentazione dell’algebra di Lie del gruppo in termi-ni di operatori autoaggiunti, con una procedura simile all’esponenziazione dei generatori di ungruppo di Lie. Dal punto di vista fisico, tale procedura e interessante perche i generatori hannospesso un preciso significato fisico. Nel prossimo capitolo vederemo che tali generatori (operatoriautoaggiunti), rappresentano grandezze conservate durante il moto del sistema, se l’evoluzionetemporale e un sottogruppo del gruppo di simmetria.

Per prima cosa ci occupiamo del problema di costruire una rappresentazione operatoriale del-l’algebra di Lie di un gruppo di Lie, quando abbiamo una rappresentazione unitaria fortementecontinua del gruppo di Lie. Consideriamo una rappresentazione unitaria fortemente continuadel gruppo di Lie G:

G ∋ g 7→ Ug ,

sullo spazio di Hilbert H. Fissiamo, G, un sottogruppo ad un parametro R ∋ t 7→ exp(tT )associato all’elemento T ∈ TeG dell’algebra di Lie. Il teorema 9.5 di Stone ci assicura che valga:

Uexp(tT ) = e−itAU (T ) per ogni t ∈ R, (11.90)

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dove AU (T ) e un operatore autoaggiunto in H, non limitato nel caso generale (il segno − e fissatoper convenzione) con dominio D(AU (T )), completamente individuato dall’elemento T ∈ TeG.Diremo allora che che gli operatori autoaggiunti AU (T ), con T ∈ TeG sono i generatori dellarappresentazione U . Essi sono definiti, dal teorema di Stone, come:

AU (T )ψ := id

dt|t=0Uexp(tT )ψ se e solo se ψ ∈ D(AU (T )). (11.91)

Riguardo al fatto che gli operatori −iAU (T ) definiscano una rappresentazione dell’algebra di Liedi G, possiamo dunque al massimo sperare che valgano relazioni del tipo:

(AU (T )AU (T ′) −AU (T ′)AU (T ))ψ = iAU ([T, T ′])ψ (11.92)

per ψ ∈ D, dove D ⊂ D(AU (T )) e un sottospazio invariante sotto l’azione di tutti gli operatoriAU (T ). In effetti e ben noto [BaRa86] che un tale spazio D esista e sia denso in H. Una primaversione dello spazio in questione, che indicheremo con DG, si chiama spazio di Garding,ed e definito come il sottospazio di H che contiene tutti i vettori ψ tali che G ∋ g 7→ Ugψ euna funzione infinitamente differenziabile, calcolando la derivata nella topologia dello spazio diHilbert ed in un qualsiasi sistema di coordinate locali su G. Si dimostra che, se ψ e nello spaziodi Garding, allora DG risulta essere denso ed invariante sotto l’azione degli operatori AU (T ),inoltre l’applicazione TeG ∋ T 7→ −iAU (T )DG

e una rappresentazione dell’algebra di Lie TeG,nel senso che si tratta di un’applicazione lineare che verifica la (11.92) [BaRa86].Un risultato tecnicamente utile e il seguente dovuto a Garding [BaRa86] precisa, in particolare,che DG e un core per i generatori.

Teorema 11.10 (di Garding). Se G e un gruppo di Lie e G ∋ g 7→ Ug e una rappresentazioneunitaria fortemente continua sullo spazio di Hilbert H, definito lo spazio DG e la rappresentazio-ne dell’algebra di Lie TeG ∋ T 7→ −iAU (T ) sullo spazio DG come precisato sopra, ogni operatoreAU (T ) ed ogni polinomio p(AU (T )), per T ∈ TeG, e essenzialmente autoaggiunti su DG.

Esiste un secondo spazio DN con caratteristiche analoghe a quelle di DG, individuato da Nel-son [BaRa86], che risulta piu utile dello spazio di Garding per ricostruire la rappresentazione Upartendo dalla rappresentazione dell’algebra di Lie ed esponenziandola.Per definizione DN contiene i vettori ψ ∈ H tali che G ∋ g 7→ Ugψ sia una funzione analiti-ca reale di g, cioe sviluppabile in serie di potenze in un sistema di coordinate della strutturaanalitica del gruppo G nell’intorno di ogni punto. I vettori di DN si dicono vettori analiticidella rappresentazione U e DN e lo spazio dei vettori analitici della rappresentazio-ne U . Dunque risulta che [BaRa86] DN ⊂ DG e, ancora, DN risulta essere invariante sottol’azione degli operatori AU (T ) ed anche sotto l’azione di ogni Ug, g ∈ G, inoltre l’applicazioneTeG ∋ T 7→ −iAU (T )DN

e una rappresentazione dell’algebra di Lie TeG, nel senso che si trattadi un’applicazione lineare che verifica la (11.92) [BaRa86].C’e un importante legame tra vettori analitici nel senso di elementi di DN e vettori analitici nelsenso del cap 9. Vale infatti la seguente importante proposizione dovuta a Nelson [BaRa86],

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che tra le altre cose implica immediatamente che DN e denso in H, come detto sopra, dato chei vettori analitici di un operatore autoaggiunto formano un insieme denso come provato nellaproposizione 9.10.

Proposizione 11.14. Sia G e un gruppo di Lie e G ∋ g 7→ Ug e una rappresentazione unitariafortemente continua sullo spazio di Hilbert H. Sia T1, . . . , Tn ∈ TeG una base dell’algebra di Liedi G. Definito l’operatore di Nelson su DG:

∆ :=n∑

k=1

AU (Tk)2 ,

dove tutti gli operatori A(Tk) sono pensati con dominio ristretto a DG, vale quanto segue.(a) ∆ e essenzialmente autoaggiunto.(b) Ogni vettore analitico dell’operatore autoaggiunto ∆ e un vettore analitico per la rappresen-tazione U (cioe e un elemento di DN ).(c) Ogni vettore analitico dell’operatore autoaggiunto ∆ e un vettore analitico per ogni operatoreA(Tk) (che e quindi essenzialmente autoaggiunto su DN per il criterio di Nelson)10.

Possiamo enunciare il famoso teorema di Nelson che consente di associare a rappresentazionidell’algebra di Lie delle rappresentazioni dell’unico gruppo di Lie semplicemente connesso asso-ciato a tale algebra di Lie.

Teorema 11.11 (di Nelson). Si consideri un’algebra di Lie reale n-dimensionale, V , di ope-ratori −iT – con ogni T simmetrico sullo spazio di Hilbert H, definito su un comune spaziovettoriale D in denso in H invariante sotto l’azione degli elementi di V – e con commutatore diLie e dato l’ordinario commutatore di operatori.Sia T1, · · · , Tn ∈ V una base di V e si definisca l’operatore di Nelson con dominio D:

∆ :=n∑

k=1

T 2k .

Se ∆ e essenzialmente autoaggiunto, allora esiste una rappresentazione unitaria fortementecontinua su H:

GL ∋ g 7→ Ug

dell’unico gruppo di Lie GV semplicemente connesso che ammette V come algebra di Lie e talerappresentazione e unicamente determinata dalla richiesta che:

T = AU (T ) per ogni T ∈ V

In particolare gli operatori simmetrici T risultano essere essenzialmente autoaggiunti su D, es-sendo la loro chiusura autoaggiunta.

10Gli statements (a) e (b) costituiscono il teorema 2 nel cap. 11 sezione 3 di [BaRa86]. Lo statement (c) seguedal lemma 7 nel cap. 11 sezione 2 di [BaRa86] e da (c) in proposizione 9.8 di questo libro.

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Le ipotesi del teorema possono essere indebolite come provato da Flato, Simon, Snellman eSternheimer come segue [BaRa86].

Teorema 11.12 (FS3). Si consideri un’algebra di Lie reale n-dimensionale, V, di operatori−iT – con ogni T simmetrico sullo spazio di Hilbert H, definito su un comune spazio vettorialeD in denso in H invariante sotto l’azione degli elementi di V – e con commutatore di Lie e datol’ordinario commutatore di operatori.Sia T1, · · · , Tn ∈ V una base di V. Se gli elementi di D sono vettori analitici per ogni operatoreTk, k = 1, . . . , n, allora esiste una rappresentazione unitaria fortemente continua su H:

GL ∋ g 7→ Ug

dell’unico gruppo di Lie GV semplicemente connesso che ammette V come algebra di Lie e talerappresentazione e unicamente determinata dalla richiesta che:

T = AU (T ) per ogni T ∈ V

In particolare gli operatori simmetrici T risultano essere essenzialmente autoaggiunti su D, es-sendo la loro chiusura autoaggiunta.

Esempi 11.6.Consideriamo due classi di operatori Pk e Xk, k = 1, 2, . . . , n, definiti su un sottospazio vettorialedenso D ⊂ H di uno spazio di Hilbert e supponiamo che risultino essere simmetrici su tale do-minio. Assumiamo che tali operatori soddisfino, sul dominio detto, le relazioni di commutazionedi Heisenberg discusse nel capitolo 10 (dove poniamo ~ = 1):

[−iXh,−iPk] = −iδhkI k, h = 1, . . . , n. (11.93)

Possiamo allora completare le classi di operatori detti aggiungendo −iI tra i generatori. Glioperatori −iI,−iX1, . . . ,−iXn,−iP1, . . . ,−iPn formano in tal modo una base per l’algebra diLie del gruppo di Heisenberg H (n) su R2n+1 introdotto al termine del capitolo 10. Tale gruppodi Lie e semplicemente connesso. Il teorema di Nelson ci assicura che se, su D, l’operatore:

∆ − I :=n∑

k=1

X2k +

n∑

k=1

P2k

e essenzialmente autoaggiunto (in realta si dovrebbe considerare ∆, ma d’altra parte e evidenteche ∆ e essenzialmente autoaggiunto se e solo se lo e ∆ − I), allora esiste un’unica rappresen-tazione unitaria e fortemente continua, H (n) ∋ (η, t,u) 7→ H((η, t,u)) su H, che ammette glioperatori, che risultano dunque essere autoaggiunti: I, Xh =: Xh e Ph =: Ph, h = 1, . . . , ncome generatori. Possiamo concludere che se la rappresentazione del gruppo di Heisenberg cheabbiamo determinato e irriducibile, allora, in base al teorema di Stone - von Neumann (ovveroal teorema 10.5, vedi capitolo 10), esiste una trasformazione unitaria da H a L2(Rn, dx) chetrasforma gli operatori Xh e Ph nei soliti operatori posizione ed impulso definiti nell’assioma

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A.5 del capitolo 10 (per il caso n = 3, oppure con l’ovvia generalizzazione negli altri casi).Un esempio elementare e dato dal caso n = 1, con H = L2(R, dx) e dagli operatori X, pensatocome operatore moltiplicativo per la coordinata x, e P := −i ∂∂x , definendo D come lo spaziodi Schwartz S(R). In questo caso, l’operatore ∆ − I coincide con l’hamiltoniano dell’oscillatorearmonico discusso nel capitolo 9. ∆ − I ammette una base di autovettori date dalle funzioni diHermite (che appartengono a S(R)), che formano una base hilbertiana di L2(R, dx). Pertanto∆−I (e quindi anche ∆, per la proposizione 9.8) ammette un insieme di vettori analitici (appun-to le funzioni di Hermite) le cui combinazioni lineari finite sono dense nello spazio di Hilbert. Peril criterio di Nelson ∆− I e essenzialmente autoaggiunto e quindi possiamo applicare il risultatodi sopra.

11.2.7 Un esempio: il gruppo di simmetria SO(3) e lo spin

Considereremo ora le rappresentazioni unitarie del gruppo SU(2), visto come gruppo di rivesti-mento universale di SO(3). Le rappresentazioni unitarie di SU(2) saranno usate per definirel’azione del gruppo di simmetria topologico (e di Lie) SO(3) – azione data da una rappresenta-zione proiettiva – sul sistema fisico dato da una particella di spin s.

Consideriamo lo spazio di Hilbert L2(R3, dx) sul quale, fino ad ora, veniva descritto il sistemaquantistico di una particella (dopo aver fissato un sistema di riferimento inerziale I, che identificalo spazio R3 con il suo spazio di quiete, in relazione ad una terna di assi cartesiani ortonormalidestrorsi solidali con I stesso). L’esperienza mostra che questa descrizione non e fisicamente ade-guata: lo spazio di Hilbert L2(R3, dx) non e sempre sufficiente a rendere conto della strutturafisica delle particelle reali. Le particelle reali possiedono una proprieta fisica che si dice spin,individuata da un numero s costante che e associato alla particella in modo simile alla massa,ma che puo assumere solo valori interi e semi interi s = 0, 1/2, 1, 3/2, . . ..Dal punto di vista fisico la proprieta di avere spin significa che la particella ha un momentoangolare intrinseco [CCP82] ed esistono osservabili, non rappresentabili tramite le osservabilifondamentali posizione ed impulso, che descrivono questo momento angolare intrinseco. Riassu-miamo la struttura matematica coinvolta, rimandando a [CCP82] per un’esauriente discussionefisica su questo importantissimo argomento.Se la particella ha spin s = 0, la descrizione e la solita di particella senza spin. Se la particellapossiede spin s = 1/2, il suo spazio di Hilbert e piu grande e coincide con il prodotto tensorialeL2(R3, dx)⊗C2, dove C2 e lo spazio (di Hilbert) dello spin. I tre operatori di spin sono lematrici hermitiane Sk := ~

2σk, k = 1, 2, 3 e dove le matrici σk sono le matrici di Pauli introdotteprecedentemente. In questo modo valgono le relazioni di commutazione:

[−iSi,−iSj] =3∑

k=1

ǫijk(−iSk) . (11.94)

Le osservabili associate agli operatori di spin sono le tre componenti, rispetto agli assi delriferimento inerziale considerato, del momento angolare intrinseco della particella. Nel caso di

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spin s = 1/2, i valori possibili di ciascuna delle componenti sono solo −~/2 e ~/2, come seguesubito dal fatto che gli autovalori di ciascuna matrice di Pauli sono ±1.Nel caso di particelle con spin s generico, la descrizione e la stessa, con l’eccezione che lo spaziodi spin e ora individuato da C2s+1. In tale spazio, le matrici dei tre operatori di spin, Sk, nonsono ~

2σk, ma tre matrici hermitiane Sk che soddisfano ancora le relazioni (11.94) e tali che,ciascuna di esse, abbia 2s+ 1 autovalori pari a: −~s,−~(s− 1), . . . ,~(s − 1),~s, con autospazidi dimensione 1. Per la costruzione delle matrici Sk e l’analisi del concetto di spin rimandiamoa [CCP82]. Le uniche tre precisazioni che facciamo sono le seguenti.(a) l’operatore S2 :=

∑3k=1 S

2k risulta sempre soddisfare, se I : C2s+1 → C2s+1 e la matrice

identita :S2 = ~2s(s+ 1)I .

(b) Lo spazio C2s+1 risulta essere irriducibile rispetto alla rappresentazione di SU(2) ottenutaesponenziando le matrici −iSk:

V (s) : SU(2) ∋ e−iθ~

2n·σ 7→ e−iθn·S . (11.95)

Al variare di s = 0, 1/2, 1, 3/2, . . ., a meno di equivalenza unitaria, le V (s) riproducono tutte lerappresentazioni irriducibili finito-dimensionale di SU(2).(c) La matrice S3 e scelta in modo tale che coincida con ~ diag(s, s− 1, . . . ,−s+ 1,−s). Solita-mente la base hilbertiana di autovettori di S3 che viene quindi a coincidere con la base canonicadi C2s+1 viene indicata con |s, s3〉|s3|≤s. Gli stati puri Ψ(Ψ| ) della particella con spin s sonodunque individuati da un set di 2s+ 1 funzioni d’onda ψs3 di L2(R3, dx) con norma unitaria, inmodo tale che lo stato puro sia individuato dal vettore normalizzato a 1:

Ψ =∑

|s3|≤s

ψs3 ⊗ |s, s3〉 .

Dato che, in base alla decomposizione appena scritta, L2(R3, dx)⊗C2s+1 e naturalmente isomorfoalla somma diretta ortogonale di 2s+1 copie di L2(R3, dx), tali vettori si identificano con vettoricolonna di funzioni d’onda:

Ψ ≡ (ψs, ψs−1, · · · , ψ−s+1, ψ−s)t

che nel gergo della Meccanica Quantistica vengono chiamati spinori di ordine s.

Se s e un numero intero, la rappresentazione SU(2) ∋ e−iθ~

2n·σ 7→ e−iθn·S in C2s+1, associata alle

tre matrici di spin, risulta essere una rappresentazione fedele di SO(3), dato che il nucleo ±Idell’omomorfismo di ricoprimento SU(2) → SO(3) e rappresentato dalla matrice I. Se s e semiintero la rappresentazione scritta sopra risulta essere una rappresentazione fedele di SU(2).

Ora mostreremo il legame che esiste tra momento angolare totale e gruppo SU(2), ovvero gruppodelle rotazioni SO(3). Nello spazio completo della particella con spin s, H = L2(R3, dx)⊗C2s+1

introduciamo gli operatori di momento angolare (totale):

Jk = Lk ⊗ I + I ⊗ Sk , (11.96)

465

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dove gli operatori di momento angolare orbitale, Lk, definiti in (9.82) e discussi nel capitolo 9,sono gli operatori le cui chiusure sono le osservabili associate alle tre componenti del momentoangolare orbitale. I indica l’operatore identita : il primo su C2s+1 ed il secondo su L2(R2, dx).Il dominio e dato dal sottospazio lineare invariante: D := S(R3)⊗C2s+1. Per costruzione, questioperatori soddisfano le relazioni di commutazione dell’algebra di Lie di SO(3):

[−iJi,−iJj ] =3∑

k=1

ǫijk(−iJk) . (11.97)

Vogliamo ora applicare il teorema 11.11 di Nelson all’algebra di Lie cha ha una base data daglioperatori Jk. Consideriamo l’operatore simmetrico:

J2 =3∑

k=1

(Lk ⊗ I + I ⊗ Sk)2

definito su D. Tale operatore ammette una base hilbertiana di autovettori che si ottiene partendodalla base hilbertiana di H data da tutti i prodotti tensoriali

|l,m, sz, n〉 := Y lmψn ⊗ |s, sz〉 ∈ D ⊂ L2(R3, dx) ⊗ C2s+1

dove l = 0, 1, 2 . . . ,, m = −l,−l + 1, . . . , l − 1, l, n = 0, 1, 2, . . . e sz = −s,−s+ 1, . . . , s− 1, s e ivettori |s, sz〉 ∈ C2s+1 sono gli autovettori di S3, con norma 1 e con autovalore sz. Dato che S3

e hermitiana, i 2s+1 vettori |s, sz〉 formano una base ortonormale di C2s+1. La base hilbertiana diL2(R3, dx) di vettori Y l

mψn (9.92) e stata definita nel capitolo 9. La proposizione 9.6 assicura chei vettori Y l

mψn⊗|s, sz〉 formino una base hilbertiana per lo spazio prodotto. La base hilbertianadegli |l,m, sz, n〉 non e composta da autovettori di J2. Esiste una procedura puramente algebrica,detta procedura di Clebsch-Gordan11 [CCP82], che mostra che, prendendo combinazioni linearifinite di vettori |l,m, sz, n〉, si puo costruire una base hilbertiana di autovettori di J2, Jz, L2:

|j, j3, l, n〉 dove |l + s| ≥ j ≥ |l − s|, l = 0, 1, 2, . . . j3 = −j,−j + 1, . . . , j + 1, j, n = 1, 2, . . .,

ed e sottinteso sopra che i valori di j differiscano per numeri interi. Vale:

J2|j, j3, l, n〉 = ~2j(j + 1)|j, j3, n〉 , J3|j, j3, n〉 = ~jz|j, j3, n〉 , L2|j, j3, n〉 = ~l(l + 1)|j, j3, n〉 .

I vettori |j, j3, l, n〉 sono ancora in D essendo combinazioni lineari finite dei vettori |l,m, s, sz, n〉.Essendo autovettori di J2, tali vettori sono vettori analitici di J2. Per il criterio di Nelson, J2

e essenzialmente autoaggiunto su D. Applicando il teorema di Nelson, abbiamo anche che esisteuna rappresentazione unitaria fortemente continua di SU(2) sullo spazio H, i cui generatori sonogli operatori autoaggiunti Jk := Jk = Lk ⊗ I + I ⊗ Sk. (Si osservi che Lk ⊗ I = Lk ⊗ I dato chel’operatore I, in quel caso, e definito in uno spazio di Hilbert a dimensione finita.)

11Questa procedura e , a volte, irriverentemente menzionata dagli studenti come il calcolo dei “coefficienti diFlash Gordon”.

466

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Si dimostra (vedi esercizi) che la rappresentazione unitaria fortemente continua che si ottieneesponenziando gli operatori Jk, nel caso s = 0, e in realta una rappresentazione di SO(3) e coin-cide la rappresentazione che gia conoscevamo da (1) in esempi 11.2 con Γ ∈ IO(3) specializzataa Γ = R ∈ SO(3) (Tale rappresentazione e fortemente continua per quanto asserito in (1) inesempi 11.4.) Questo risultato implica facilmente che (vedi esercizi), nel caso generale di s 6= 0,la rappresentazione di SU(2) che si ottiene esponenziando i generatori Jk in base al teorema diNelson, ha la forma:

SU(2) ∋ e−iθ~

2n·σ 7→ e−iθn·J = e−iθn·L ⊗ V (s)

(e−i

θ2n·σ)

(11.98)

dove Lk := Lk e l’operatore autoaggiunto associato alla componente k-esima del momentoangolare orbitale, come gia definito nel capitolo 9. Inoltre vale:

e−iθn·Lψ(x) = ψ

eθn·Tx

, (11.99)

doveSU(2) ∋ e−iθ

~

2n·σ 7→ e−θn·T ∈ SO(3)

e l’omomorfismo suriettivo di ricoprimento di SU(2) su SO(3) citato in (6) di esempi 11.5.

Dal punto di vista fisico, si assume che la rappresentazione unitaria proiettiva di SO(3) indottadalla rappresentazione unitaria di SU(2) (11.98) corrisponda all’azione di SO(3) sulla particellacon spin s, pensando SO(3) come gruppo di simmetria per tale sistema.

Concludendo, abbiamo trovato una rappresentazione proiettiva del gruppo SO(3) sulla particel-la di spin generico s = 0, 1/2, 1, 3/2, 2, . . . che si assume essere l’azione del gruppo di simmetriaSO(3) sul sistema fisico considerato. Si osservi che solo per s intero, la rappresentazione pro-iettiva di SO(3) e inducibile da una rappresentazione unitaria di SO(3), nel caso di spin semiintero, la rappresentazione proiettiva e invece indotta da una rappresentazione unitaria di SU(2).

Esercizi 11.4.(1) Dimostrare che la rappresentazione unitaria fortemente continua di SU(2) che si ottieneesponenziando gli operatori Lk coincide la rappresentazione fortemente continua SO(3) ∋ R 7→UR definita in esempi 11.2 (dove ora abbiamo ristretto Γ ∈ IO(3) a Γ = R ∈ SO(3)) e chee fortemente continua (vedi (1) in esempi 11.4)

Suggerimento. Per il teorema 11.11 di Nelson e sufficiente verificare che i gruppi ad un pa-rametro θ 7→ Ueθn·Tx con n = e1, e2, e3 sono generati dagli operatori autoaggiunti L1, L2, L3.Si tratta dunque di verificare cio . Conviene lavorare in coordinate polari, usando il core per glioperatori L1, L2, L3, dato dalle armoniche sferiche moltiplicate per gli elementi di una base diL2(R+, r

2dr).

(2) Dimostrare che la rappresentazione di SU(2), che si ottiene esponenziando i generatori Jkin base al teorema di Nelson, ha la forma:

SU(2) ∋ e−iθ~

2n·σ 7→ e−iθn·J = e−iθn·L ⊗ V (s)

(e−i

θ2n·σ).

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Suggerimento. Usare le proprieta del prodotto tensoriale di operatori per dimostrare che vale

e−iθn·J = e−iθn·L ⊗ V (s)(e−i

θ2n·σ).

Quindi la tesi si prova verificando che la rappresentazione SO(3) ∋ R 7→ UR considerata nell’e-sercizio precedente si puo esprimere come: Ueθn·T = e−iθn·L. Sappiamo che questo e sicuramentevero, per esempio per n = e3. Il caso generale si ottiene notando che, da una parte,

U∗Re

−iθn·LUR = e−iθn·U∗

RLUR

e tenendo conto di (3) in esercizi 11.1; dall’altra vale il risultato in (3) di esercizi 11.3.

11.2.8 Il gruppo di Galileo e la regola di Bargmann di superselezione della

massa

In fisica classica, le trasformazioni tra coordinate cartesiane ortonormali solidali con due diffe-renti sistemi di riferimento inerziali I e I′ sono descritte dal gruppo di Galileo, G . In questosenso le trasformazioni di Galileo sono viste come trasformazioni passive. Con ovvie notazioni,tali trasformazioni si possono scrivere:

t′ = t+ c ,

x′i = ci + tvi +3∑

j=1

Rijxj , i=1,2,3.(11.100)

dove c ∈ R, ci ∈ R e vi ∈ R sono costanti arbitrarie, ed i coefficienti costanti Rij definisconouna matrice R ∈ O(3). Ogni elemento del gruppo di Galileo, G , e dunque individuato da unaquaterna (c, c,v, R) ∈ R × R3 × R3 ×O(3). Componendo due trasformazioni di Galileo, si vedeche le quaterne dette si compongono come:

(c2, c2,v2, R2) · (c1, c1,v1, R1) = (c1 + c2, R2c1 + c1v2 + c2, R2v1 + v2, R2R1) . (11.101)

Questa legge di composizione definisce una struttura di gruppo su R×R3×R3×O(3), definendo,appunto il gruppo di Galileo. In particolare, l’elemento neutro e (0,0,0, I) e l’elemento inversoe dato da:

(c, c,v, R)−1 = (−c,R−1(cv − c),−R−1v, R−1) . (11.102)

Si puo anche interpretare il gruppo di trasformazioni di Galileo come un gruppo di trasformazioniattive, che agiscono spostando attivamente gli eventi dello spaziotempo, individuando gli eventidello spaziotempo classico come vettori colonna (x, t)t, di coordinate in un sistema di coordinatecartesiane (ortonormali destrorse) di un riferimento inerziale fissato una volta per tutte.Il gruppo G agisce come un gruppo di matrici, se identifichiamo l’elemento generico (c, c,v, R) ∈G con la matrice reale 5 × 5:

R v c0 1 c0 0 1

. (11.103)

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e contemporaneamente identifichiamo l vettori colonna (x, t)t ∈ R4 con i corrispondenti vettoricolonna (x, t, 1)t ∈ R5. In questo modo G acquista naturalmente una struttura di gruppo di Lie(matriciale), indotta da quella di GL(5,R) (la struttura differenziabile analitica reale e la stessache si otterrebbe inducendola da quella di R × R3 × R3 ×O(3)).Nel seguito ci restringeremo al cosiddetto gruppo di Galileo proprio, SG , che e il sottogruppodi Lie connesso di G i cui elementi hanno matrici R con determinante positivo, cioe R ∈ SO(3).Non considereremo dunque l’inversione di parita , che e nota non essere sempre una simmetriaper i sistemi quantistici e deve essere trattata a parte, almeno a livello quantistico.Il rivestimento universale di SG , SG , si ottiene sostituendo a SO(3) il suo rivestimento univer-sale SU(2) pensato come gruppo di Lie reale di dimensione 3 (sottogruppo di Lie di GL(4,R)).Di fatto SG e il gruppo di Lie con struttura differenziabile (analitica reale) di R×R3×R3×SU(2)e con legge di composizione:

(c2, c2,v2, U2) · (c1, c1,v1, U1) = (c1 + c2, R(U2)c1 + c1v2 + c2, R(U2)v1 + v2, U2U1) ,(11.104)

dove la funzione SU(2) ∋ U 7→ R(U) ∈ SO(3) , e l’omomorfismo di ricoprimento discusso in (6)di esempi 11.5 (e negli esercizi 11.3). Questo gruppo di Lie e il rivestimento universale di SG

essendo semplicemente connesso (perche prodotto di spazi semplicemente connessi) ed avendola stessa algebra di Lie di SG .Una base fisicamente interessante dell’algebra di Lie di SG e costituita di 10 generatori (notareil segno − davanti al primo generatore dovuto ad una convenzione):

−h ,pi , ji ,ki i=1,2,3, (11.105)

dove accade che:(i) −h genera il sottogruppo ad un parametro R ∋ c 7→ (c,0,0, I) delle traslazioni temporali,(ii) i tre pi generano il sottogruppo abeliano R3 ∋ c 7→ (0, c,0, I) delle traslazioni spaziali,(iii) i tre ji generano il sottogruppo SO(3) ∋ R 7→ (0,0,0, R) delle rotazioni spaziali,(iv) i tre ki generano il sottogruppo abeliano R3 ∋ v 7→ (0,0,v, I) delle trasformazioni puredi Galileo.Abbiamo le seguenti regole di commutazione che individuano le costanti di struttura del gruppo:

[pi,pj ] = 0 , [pi,−h] = 0 , [ji,−h] = 0 , [ki,kj ] = 0 , (11.106)

[ji,pj ] =3∑

k=1

ǫijkpk , [ji, jj ] =3∑

k=1

ǫijkjk , [ji,kj ] =3∑

k=1

ǫijkkk , (11.107)

[ki,−h] = pi , [ki,pj ] = 0 . (11.108)

Il gruppo di Galileo e il gruppo piu importante di tutta la fisica classica, dato che tutte leleggi fisiche classiche sono invarianti sotto l’azione attiva delle trasformazioni di tale gruppo.Questo e un altro modo di affermare l’equivalenza fisica di tutti i sistemi di riferimento inerziali,interpretando in senso passivo le trasformazioni del gruppo. Ci si aspetta che il gruppo diGalileo (proprio), pensandolo d’ora in poi come gruppo di trasformazioni attive, sia un gruppo

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di simmetria per ogni sistema fisico quantistico, almeno nei regimi di basse velocita rispetto allavelocita della luce (quando gli effetti relativistici sono trascurabili).Le rappresentazioni unitarie proiettive di SG che rappresentano l’azione di SG pensato comegruppo di simmetria su un sistema fisico, sono ben note (vedi per esempio la discussione in[CCP82]). Per discuterle, cominciamo a considerare un sistema fisico dato da una particella dispin s (vedi la sezione precedente) e massa m > 0, non soggetta a forze. Fissiamo un sistemadi riferimento inerziale I dotato di una terna di assi cartesiani solidali ortonormali destrorsi, inmodo tale da poter identificare lo spazio di quiete del riferimento con R3. Lo spazio di HilbertH del sistema e allora dato dal prodotto tensoriale L2(R3, dx)⊗C2s+1. Gli stati puri del sistemasono individuati da funzioni d’onda con spin:

|s3|≤s

ψs3 ⊗ |s, s3〉

Tale prodotto tensoriale e isomorfo a L2(R3, dk)⊗C2s+1, dove le funzioni d’onda ψ in L2(R3, dk)sono nella rappresentazione impulso, connesse a quelle, ψ, nella rappresentazione posizionetramite l’operatore unitario dato dalla trasformata di Fourier-Plancherel discussa nel capitolo 3:

F : L2(R3, dx) → L2(R3, dk) ,

in modo tale che: ψ = Fψ. In particolare (vedi la proposizione 5.6), l’osservabile impulso, Pj ,

e individuata in L2(R3, dk) dall’operatore ÜPj = FP F che risulta essere l’operatore moltiplicativoper la coordinata ~kj agendo sugli elementi di L2(R3, dk). D’ora in poi porremo ~ = 1 persemplicita . Assumiamo per il momento s = 0. In questa rappresentazione di H, l’azione diciascun elemento del gruppo di simmetria SG separatamente, e quella indotta dagli operatori

unitari Z(m)(c,c,v,U):

Z(m)(c,c,v,U)ψ

(k) := ei(cv−c)·(k−mv)ei

c2m

(k−mv)2ψR(U)−1(k −mv)

(11.109)

Nel caso in cui s 6= 0, le trasformazioni unitarie Z(m)(c,c,v,U) vanno sostituite con

Z(m)(c,c,v,U) ⊗ V (s)(U) , (11.110)

dove la rappresentazione V (s) e stata introdotta in (11.95).Tornando in rappresentazione posizione, cioe pensando gli stati puri della particella senza spin

come individuati da elementi di L2(R3, dx) normalizzati a 1, gli operatori unitari Z(m)g cor-

rispondono, tramite la solita trasformata di Fourier-Plancherel, ad operatori unitari Z(m)g :=

F−1Z(m)gF. Nel seguito useremo indifferentemente le due rappresentazioni, anche se daremo

solo nel prossimo capitolo l’espressione esplicita dell’azione degli operatori Z(m)g in rappresenta-

zione posizione.

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Osservazioni.(1) Se consideriamo l’azione di (c, c,v, U)−1 invece che di (c, c,v, U), essa ha una forma legger-mente piu illuminante:

Z(m)(c,c,v,U)−1ψ

(k) := eic·(R(U)k+mv)e−i

c2m

(R(U)k+mv)2 ψ (R(U)k +mv) (11.111)

Per dare un significato fisico all’identita scritta sopra, decomponiamo (c, c,v, U)−1 come:

(c, c,v, U)−1 = (0,0,0, U)−1 · (0,0,v, I)−1 · (0, c,0, I)−1 · (c,0,0, I)−1 ,

analizziamo quindi l’azione di ciascuna di queste trasformazioni. Cominciamo dalla prima:Z(m)

(c,0,0,I)−1ψ

(k) = e−i

c2m

k2ψ (k) .

Come vedremo nel prossimo capitolo, la moltiplicazione per la fase e−iic2m

k2eseguita sopra,

corrisponde all’inversa di una traslazione temporale dell’intervallo di tempo c. Procedendo oltreabbiamo:

Z(m)(0,c,0,I)−1·(c,0,0,I)−1ψ

(k) = eic·ke−i

c2m

k2ψ (k) .

La moltiplicazione per la fase eic·k eseguita sopra, corrisponde (sotto trasformazione di Fourier-Plancherel) una traslazione attiva della funzione d’onda di un vettore −c. Procedendo oltretroviamo:

Z(m)(0,0,v,I)−1·(0,c,0,I)−1·(c,0,0,I)−1ψ

(k) = eic·(k+mv)e−i

c2m

(k+mv)2 ψ (k +mv) .

Si osservi che k → k + mv e proprio la trasformazione dell’impulso, interpretando k come unvettore d’impulso, sotto una trasformazione di Galileo che altera la velocita del sistema di rife-rimento, senza traslazioni, rotazioni e traslazioni temporali. Quindi la trasformazione descrittacorrisponde ad una trasformazione attiva della funzione d’onda secondo una trasformazione puradi Galileo associata a −v. Infine, facendo agire anche la rotazione R(U), cioe eseguendo unatrasformazione attiva della funzione d’onda secondo la rotazione R(U)−1, abbiamo che:

Z(m)(0,0,0,U)−1·(0,0,v,I)−1·(0,c,0,I)−1·(c,0,0,I)−1ψ

(k) =

eic·(R(U)k+mv)e−ic

2m(R(U)k+mv)2 ψ (R(U)k +mv) .

Concludiamo che il secondo membro di (11.111) corrisponde all’azione combinata (secondo lalegge di moltiplicazione del gruppo di Galileo) di tali sottogruppi di trasformazioni in mododa associate all’elemento generico (c, c,v, R(U)) del gruppo di Galileo. Tenendo conto della(11.102), la discussione giustifica anche la (11.109).

(2) Gli operatori Z(m)g (ovvero gli operatori Z(m)

g lavorando in rappresentazione posizione)

sono associati al rivestimento universale SG di SG piuttosto che al gruppo stesso. Abbiamo

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fatto questa scelta, per poter applicare la teoria sviluppata nelle sezioni precedenti. Sappiamoinfatti che le rappresentazioni proiettive di un gruppo si possono ottenere comunque rappre-sentazioni proiettive del suo rivestimento universale. Questo e particolarmente comodo a causadella presenza del sottogruppo SO(3) del gruppo di Galileo. Infatti, come abbiamo visto nellasezione precedente se lo spin s e semi intero, le rappresentazioni unitarie proiettive di SO(3) chehanno interesse fisico sono rappresentazioni unitarie di SU(2).

Il calcolo diretto mostra che, con la definizione (11.109), la rappresentazione SG ∋ g 7→ Z(m)g

(ovvero, equivalentemente, SG ∋ g 7→ Z(m)g lavorando in rappresentazione impulso) e unitaria

proiettiva, dato che appare una funzione dei moltiplicatori, che si ottiene con un tedioso calcolo:

ω(m)(g′, g) = eim(− 12c′v2−c′(R(U ′)v)·v′+(R(U ′)v)·c′) , g = (c, c,v, U), g′ = (c′, c′,v′, U ′) . (11.112)

Il risultato permane (ovviamente) anche nel caso in cui lo spin s sia differente da 0, e gli operatori

unitari˜Z

(m)g sono generalizzati dagli operatori unitari in (11.110), dato che la rappresentazione

U 7→ V (s)(U) nello spazio di spin C2s+1 e unitaria e quindi non contribuisce alla funzione deimoltiplicatori.

Si dimostra facilmente che la rappresentazione unitaria proiettiva SG ∋ g 7→ Z(m)g (ovvero,

equivalentemente, SG ∋ g 7→ Z(m)g in rappresentazione posizione) e fortemente continua. A tal

fine, dato che gli operatori sono unitari, che ω(m) definita sopra e continua e vale ω(m)(e, e) = 1,

e sufficiente provare che Z(m)gψ → ψ per ogni ψ ∈ H, se g → e. Questo segue facilmente dalla

forma esplicita degli operatori Z(m)g.

Non e affatto evidente se la rappresentazione unitaria proiettiva SG ∋ g 7→ Z(m)g si possa o

meno ricondurre ad una rappresentazione unitaria tramite una trasformazione di equivalenza,cioe moltiplicando gli operatori Z(m)

g per opportune fasi χ(g). Il calcolo diretto dell’algebradi Lie del gruppo di Galileo dimostra che le ipotesi del teorema 11.9 di Bargmann non sonosoddisfatte. Comunque, questo fatto non porta a concludere automaticamente che la rappre-sentazione unitaria proiettiva di SG trovata non si possa ricondurre ad una rappresentazioneunitaria, dato che le ipotesi del teorema di Bargmann sono sufficienti ma non necessarie a talfine. Dimostreremo ora direttamente che le rappresentazioni trovate sono intrinsecamente uni-tarie proiettive: non e possibile ricondurle ad una rappresentazione unitaria con una modificanella scelta delle fasi.Per maggiore generalita , considereremo tutte le possibili rappresentazioni unitarie proiettive

SG ∋ g 7→ Z(m)g , su ogni possibile spazio di Hilbert, con moltiplicatori dati dalla (11.112), in-

dipendentemente dal fatto che gli operatori unitari Z(m)g abbiamo la forma (11.109) o (11.110)

sullo spazio di Hilbert L2(R3, dk) ⊗ C2s+1.

Proposizione 11.15. In riferimento alle rappresentazioni unitarie proiettive SG ∋ g 7→ Z(m)g

con moltiplicatori dati dalla (11.112), vale quanto segue.

(a) Per m fissato, non e possibile ridefinire le fasi degli operatori Z(m)g in modo da ottenere

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una rappresentazione unitaria di SG (il risultato vale indipendentemente dalla richiesta che lerappresentazioni considerate siano fortemente continue o meno).(b) Due rappresentazioni con m differenti non possono mai stare nella stessa classe.

Prova. Dimostriamo (a) e (b) insieme. Se due rappresentazioni, con m1 > m2, appartenesseroalla stessa classe allora esisterebbe una funzione χ = χ(g) per cui:

ω(m1)(g′, g)ω(m2)(g′, g)

−1=

χ(g′ · g)χ(g′)χ(g)

per ogni g, g′ ∈ SG . (11.113)

Data la forma scritta sopra per i moltiplicatori, se m := m1 −m2 > 0, questa identita equivalea:

ω(m)(g′, g) =χ(g′ · g)χ(g′)χ(g)

per ogni g, g′ ∈ SG . (11.114)

Dimostriamo che, per ogni fissato m > 0 non c’e alcuna funzione χ che soddisfa (11.114) e questoprova entrambi gli asserti nella tesi.Se esistesse una tale funzione, definendo:

Vg := χ(g)Z(m)g ,

i moltiplicatori della nuova rappresentazione SG ∋ g 7→ Vg sarebbero tutti pari a 1 e tale

rappresentazione sarebbe unitaria. Consideriamo allora tutti gli elementi di SG che hanno laforma f := (0,0,v, I) e g := (0, c,0, I). Per computo diretto da (11.101), abbiamo che talielementi commutano e pertanto vale:

f−1 · g−1 · f · g = e .

Se eseguiamo il corrispondente calcolo per la rappresentazione Z(m), tenendo conto della forma(11.112) dei moltiplicatori, troviamo invece:

Z(m)f−1Z

(m)g−1Z

(m)f Z(m)

g = eimc·vZ(m)e .

Nelle nostre ipotesi, questa identita si riscrive:χ(f−1)χ(g−1)χ(f)χ(g)

−1Vf−1Vg−1VfVg = eimc·vχ(e)−1I ,

cioe , tenendo conto che i moltiplicatori di V sono banali perche tale rappresentazione e unitaria,che f · g = g · f e permutando l’ordine dei coefficienti χh:

χ(f−1)χ(f)χ(g−1)χ(g)−1

Vf−1·f ·g−1·g =χ(f−1)χ(f)χ(g−1)χ(g)

−1Ve = eimc·vχ(e)−1I .

Abbiamo trovato che:χ(f−1 · f)

χ(f−1)χ(f)

χ(g−1 · g)χ(g−1)χ(g)

= χ(e)eimc·v .

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Tenendo conto di (11.114), l’identa trovata si riscrive:

ω(f, f−1)ω(g, g−1) = χ(e)eimc·v .

Il calcolo esplicito del primo membro, usando (11.112), porta subito all’identita :

1 = χ(e)eimc·v

che deve valere per ogni valore di c,v ∈ R3 e quindi deve essere m = 0 e χ(e) = 1. Ma lapossibilitam = 0 e stata esclusa all’inizio. Abbiamo trovato una contraddizione e pertanto lafunzione χ non esiste. 2

In virtu della proposizione appena provata, e dato che la grandezza m che etichetta le classidi rappresentazioni unitarie proiettive ha un preciso significato fisico, possiamo pensare cheil gruppo di simmetria di un sistema fisico quantistico non relativistico di massa m non sia

il gruppo di Galileo, ma sia proprio l’estensione centraleSGm individuata dalla funzione dei

moltiplicatori relativa al valore m della massa. Ricordiamo infatti che, dalla teoria generale,

la rappresentazione SG ∋ g 7→ Z(m)g si puo riottiene con i seguenti passaggi: (a) costruendo

l’estensione centraleSGm tramite U(1) individuata dalla funzione dei moltiplicatori definita

in (11.112) (e si osservi che possiamo assegnate aSGm la struttura differenziabile analitica di

varieta prodotto dato che la funzione ω(m) e analitica su SG × SG ), (b) restringendo a SG larappresentazione unitaria fortemente continua:

SGm ∋ (χ, g) 7→ χZ(m)

g .

In questo modo, le rappresentazioni intrinsecamente unitarie proiettive di SG sono rimpiazzate

da rappresentazioni unitarie diSGm. Il prezzo che si paga e che e necessario cambiare gruppo

di simmetria quando si cambia il valore della massa. Consideriamo la rappresentazione unitariafortemente continua:

SGm ∋ (χ, g) 7→ χZ(m)

g .

Se ci restringiamo a lavorare sullo spazio D ⊂ L2(R3, dk) delle funzioni ψ = ψ(k) complesse,infinitesimale differenziabili, a supporto compatto, si verifica facilmente, tenendo conto della(11.109), che ogni funzione:

SGm ∋ (χ, g) 7→ χZ(m)

e infinitamente differenziabile se ψ ∈ D. Pertanto D e un sottoinsieme dello spazio di Garding diSGm. Con un piccolo abuso di notazione, indicheremo ancora con D il corrispondente spazio inL2(R3, dx) tramite la trasformata inversa di Fourier-Plancherel. Se consideriamo i sottogruppiad un parametro della rappresentazione unitaria

SGm ∋ (χ, g) 7→ χZ(m)

g .

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associati agli undici generatori dell’algebra di Lie diSGm:

1 ⊕ 0, 0 ⊕ h, 0 ⊕ pi, 0 ⊕ ji, 0 ⊕ ki dove i = 1, 2, 3

e valutiamo i generatori autoaggiunti associati restringendoci a lavorare su D, troviamo facil-mente che essi sono, nello stesso ordine (notare il segno − davanti ad H):

I, −HD, PiD, LiD, KiD dove i = 1, 2, 3.

Pk ed Lk sono gli operatori autoaggiunti rappresentati l’impulso ed il momento angolare orbitalelungo l’asse k-esimo, che conosciamo gia . Gli operatori autoaggiunti H := F−1ÜHF, dettooperatore hamiltoniano, e Ki detto boost lungo l’asse i-esimo, sono definiti, rispettivamente,da:

(ÜHψ)(k) :=k2

2mψ(k) dove D(ÜH) :=

§ψ ∈ L2(R3, dk)

∣∣∣∣∫

R3|k|4|ψ(k)|2dk < +∞

ª(11.115)

e:Kj := −mXj . (11.116)

Dato che D e un core per ognuno di questi operatori, i generatori autoaggiunti delle rappresen-

tazioni dei sottogruppi ad un parametro diSGm associati a:

1 ⊕ 0, 0 ⊕ h, 0 ⊕ pi, 0 ⊕ ji, 0 ⊕ ki dove i = 1, 2, 3 (11.117)

devono coincidere con i corrispondenti operatori autoaggiunti:

I, −H, Pi, Li, Ki dove i = 1, 2, 3.

Si osservi che ognuno di questi operatori, come osservabile, ha un significato fisico preciso. Ilsignificato dell’osservabile associata ad H lo discuteremo nel prossimo capitolo. Se passiamoa considerare le relazioni di commutazione, per esempio restringendoci a D, riscopriamo chestiamo lavorando con un estensione centrale del gruppo di Galileo, dato che l’ultima relazionedi commutazione e differente dalla corrispondente per SG , a causa di una carica centrale checoincide con la massa:

[−iPi,−iPj ] = 0 , [−iPi, iH] = 0 , [−iLi, iH] = 0 , [−iKi,−iKj ] = 0 ,

[−iLi,−iPj ] =3∑

k=1

ǫijk(−iPk) , [−iLi,−iPj ] =3∑

k=1

ǫijk(−iLk) ,

[−iLi,−iKj ] =3∑

k=1

ǫijk(−iKk) , [−iKi, iH] = −iPi , [−iKi,−iPj ] = −imδijI .

Osservazioni.(1) Si osservi che in virtu del fatto che Kj = −mXj, risulta che la rappresentazione unitaria

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(χ, g) 7→ χZ(m)g include degli operatori che soddisfano le realzioni di Weyl su L2(R3, dk). In

virtu di (b) nella proposizione 10.4, lo spazio L2(R3, dk) risulta essere irriducibile rispetto all’in-

sieme di tali operatori e quindi rispetto a tutta la rappresentazione:SGm ∋ (χ, g) 7→ χZ(m)

g.In questo senso la particella quantistica non relativistica a spin nullo e un oggetto elementarerispetto al gruppo di Galileo.(2) Se consideriamo anche la parte di spazio di Hilbert dovuta allo spin, l’unica differenza, ri-

spetto a quanto scritto sopra, e che, per avere l’azioneSGm sugli stati del sistema di dobbiamo

rimpiazzare Lk con Jk = Lk+Sk in tutte le formule. In altre parole, la rappresentazione unitariae ora:

SGm ∋ (χ, g) 7→ χZ(m)

g ⊗ V s(U) ,

dove g = (c, c,v, U). L’irriducibilita vista per il caso s = 0 si estende in questo caso al-la rappresentazione suddetta per la particella con spin s, considerando lo spazio completoL2(R3, dk) ⊗ C2s+1.

Consideriamo ora sistemi piu complessi di quelli di una particella libera. Rimandando al prossi-mo capitolo per la questione generale, ci limitiamo a dire qui che, quando si studia un sistemacostituito da N particelle con masse m1, . . . ,mN che possono interagire tra di esse, ma costitui-scono un sistema complessivo isolato esternamente, lo spazio di Hilbert della teoria si decomponenel prodotto L2(R3, dx)⊗Hint⊗C2s1+1⊗· · ·⊗C2sN+1. In tale decomposizione Hint e uno spaziodi Hilbert relativo ai gradi di liberta orbitali interni del sistema (le coordinate relative tra leparticelle, per esempio in termini di coordinate di Jacobi [CCP82]). Lo spazio L2(R3, dk) e lospazio di Hilbert del centro di massa del sistema. Il centro di massa si descrive come un’unicaparticella di massa M :=

∑Nn=1mn ed individuato da osservabili posizione (del centro di massa)

Xk ed impulso (totale del sistema) Pk, con k = 1, 2, 3, della forma solita su L2(R3, dx). Infine,ogni fattore C2sn+1 corrisponde allo spazio di spin della particella n-esima. Lo spazio L2(R3, dx),passando in trasformata di Fourier, puo essere equivalentemente sostituito con L2(R2, dk), cosache supporremo d’ora in poi.In questo contesto – esattamente come accade in meccanica classica – l’azione del gruppo disimmetria SG e la seguente:

SG ∋ (c, c,v, U) 7→ Z(M)(c,c,v,U) ⊗ V

(int)R(U)W

(int)c ⊗ V (2S1+1)(U) ⊗ · · · ⊗ V (2SN+1)(U) .

Sopra:

SO(3) ∋ R 7→ V(int)R e R ∋ c 7→ W (int)

c

sono due rappresentazioni – entrambe unitarie e fortemente continue – rispettivamente del sot-togruppo di SG delle rotazioni (quindi di elementi (0,0,0, R)), e del sottogruppo di SG delle

traslazioni temporali (quindi di elementi (c,0,0, I)). Vale inoltre V(int)R W

(int)c = W

(int)c V

(int)R

per ogni scelta di R ∈ SO(3) e c ∈ R. Queste due rappresentazioni dipendono, rispettivamente,da come vengono definite le coordinate orbitali e dal tipo di interazioni interne tra le particel-

le. La trasformazione Z(M)(c,c,v,U) agisce solo sui gradi di liberta del centro di massa. Tenendo

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conto che tutte le rappresentazioni coinvolte sono unitarie eccetto la Z(M), si ah subito chela funzioni dei moltiplicatori, ω(M), della rappresentazione unitaria proiettiva complessiva suL2(R3, dk) ⊗ Hint ⊗ C2s1+1 ⊗ · · · ⊗ C2sN+1 e la stessa di prima, usando come parametro m lamassa totale M del sistema. Concludiamo che la proposizione precedente si estende anche aquesto caso molto piu generale di sistema quantistico.

Mettiamoci infine in un contesto ancora piu generale, considerando un sistema fisico S, ottenutomettendo insieme sistemi fisici del tipo di quelli appena descritti in quantita arbitraria finita,ma non fissata. Il sistema complessivo puo ammettere valori di massa differenti mi, con i ∈ Iinsieme che assumeremo essere al piu numerabile. In questo contesto viene naturale associare allamassa un’osservabile quantistica, cioe un operatore autoaggiunto M , il cui spettro sia l’insiemedei valori della massa. Sembra anche naturale definire uno spazio di Hilbert HS , per il sistema,che sia la somma diretta hilbertiana dei vari autospazi dell’operatore massa,

HS =⊕

m∈σ(M)

H(m)S ,

in ciascuno dei quali la massa del sistema ha un differente valore m > 0. Una tale descrizionesussiste effettivamente considerando sistemi fisici a numero non fissato di particelle.

Cosa succede se agiamo sul sistema con il gruppo di Galileo proprio? In ogni sottospazio H(m)S

agira una differente rappresentazione unitaria proiettiva dipendente da m. La rappresentazionedel gruppo di Galileo proprio sara dunque del tipo:

SG ∋ g 7→ Zg :=⊕

m∈σ(M)

χ(m)(g)Z(m)g . (11.118)

Mostriamo che questa struttura della rappresentazione conduce ad una regola di superselezione.Dato che la rappresentazione deve essere unitaria proiettiva, il calcolo del moltiplicatore:

Ω(g, g′) := Z(gg′)−1Z(g)Z(g′)

con la formula (11.118) produce, dove gli ω(m) tengono conto delle eventuali nuove fasi χ(m):

Ω(g, g′)I =⊕

m∈σ(M)

ω(m)(g, g′)I .

Questa identita implica che debba necessariamente essere:

ω(m1)(g, g′) = ω(m2)(g, g′) = Ω(g, g′) per ogni m1,m2 ∈ σ(M) .

Ma questo e impossibile perche , esplicitando le eventuali fasi χ(m), questa identita implica la(11.113), che sappiamo essere falsa.Il risultato finale e che, se vogliamo che il gruppo di Galileo sia un gruppo di simmetria per ilnostro sistema fisico, siamo costretti a vietare stati puri che corrispondono a combinazioni lineari

di vettori in spazi H(m)S con valori di m differenti. Abbiamo trovato una regola di superselezione

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legata alla massa, che e nota come regola di superselezione di Bargmann della massa. I

settori coerenti di questa regola di superselezione sono gli spazi a massa fissata H(m)S . Si osservi

che la radice profonda di questo risultato risiede nel fatto che le rappresentazioni proiettive fisi-camente interessanti del gruppo di Galileo non sono inducibili da rappresentazioni unitarie e lamassa appare nella funzione dei moltiplicatori.Nel caso, fisicamente piu appropriato, in cui il gruppo di Galileo proprio venga rimpiazzato daquello di Poincare (ortocrono proprio), la regola di superselezione cessa di valere, perche le rap-presentazioni proiettive del gruppo di Poincare si possono sempre indurre da rappresentazioniunitarie [BaRa86], e sono ammessi stati con massa (relativistica) non definita.

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