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Educare.it - SCUOLA
© Educare.it (rivista on line - ISSN: 2039-943X) - Vol. 17, n. 2 – Febbraio 2017 12
La Didattica Mentalista nell’apprendimento musicale
Carla Barbara Coppi
Insegnante presso la Direzione Didattica Massa 2 (MS), musicista, scrittrice e formatrice.
Molti soggetti presentano difficoltà nell'intonazione corretta dei suoni.
Come superarle? Quale posto ricopre l'educazione dell'orecchio nel sistema
scolastico italiano? In questo articolo si cerca di rispondere a tali domande
attraverso l'applicazione metacognitiva della Didattica Mentalista. Tale
approccio, partendo dalla dimensione mentale del soggetto consapevole
delle proprie risorse intellettive ed attivo costruttore del processo di
insegnamento/apprendimento, esplora le cause e propone efficaci
procedure educativo/didattiche.
Introduzione
Negli Annali della Pubblica Istruzione il
Ministero scriveva: «la musica, componente
fondamentale e universale dell’esperienza
umana, offre uno spazio simbolico e relazionale
propizio all’attivazione di processi di
cooperazione e socializzazione, all’acquisizione di
strumenti di conoscenza, alla valorizzazione
della creatività e della partecipazione, allo
sviluppo del senso di appartenenza a una
comunità, nonché all’interazione fra culture
diverse» . 1 Anche le Indicazioni Nazionali
per il Curricolo riconoscono alla musica un
elevato valore formativo, che trova
identificazione però solo nelle scuole
secondarie ad indirizzo specifico e negli
Atenei, dove è valorizzata l’attività musicale
attraverso cori ed orchestre giovanili.
Nelle scuole del primo ciclo, invece, la
musica resta una “cenerentola” all’interno
dell’attività didattica, sebbene molti studi
depongano a favore di un suo impiego fin
dal primo periodo di vita.
La musica come esperienza senso motoria precoce
Il musicista francese François Delalande
descrive la musica come esperienza senso-
motoria, in senso piagetiano, e definisce
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“condotte musicali” i gesti di ripetizione e
variazione del suono e del gesto che lo
produce. Tutto ciò si sviluppa in modo
naturale, sin dal momento post-natale. Per
fare musica bisogna
essere sensibili ai suoni, trovarvi un significato
e godere della loro organizzazione. (…)
Trasmettere un sapere o sviluppare una
sensibilità sono due obiettivi completamente
diversi. Se si mette nelle mani dei bambini, in
un’età compresa fra i cinque e i sette anni un
qualsiasi strumento, succede immediatamente
qualche cosa, sono attirati, hanno delle idee, ciò
che fanno è musicale: si dice che sono dotati 2.
Secondo Delalande l'educazione musicale
dei bambini avviene attraverso il "risveglio"
di quell'attività ludica che è già presente in
loro. È importante partire dal
potenziamento del desiderio dei bambini
piccoli di far musica attraverso la
valorizzazione di giochi sonori spontanei e il
piacere innato del gesto che li produce,
passando agilmente ad acquisizioni tecniche
più specifiche nei successivi gradi scolatici.3
Se traduciamo queste indicazioni in un
approccio didattico di tipo metacognitivo,
non possiamo trascurare ciò che in genere
viene dato per scontato: la dimensione
mentale del soggetto che apprende. La
funzione del momento evocativo, cioè della
capacità di attingere le informazioni sonore,
auditive, verbali, visive, analogiche e tattili
dalla memoria a lungo termine definita
dalla psicologia anche di “ripescaggio o di
richiamo”, è condizione indispensabile per
l’apprendimento. Questi processi spesso
non vengono sufficientemente valorizzati da
una pedagogia che li fa rientrare
implicitamente tra i comportamenti
inconsapevoli e automatici.
Il fisiologo della musica Eckart
Altenmuller, afferma che il nostro sistema
uditivo è in grado di imparare, è
modellabile. È necessario un allenamento
musicale sin dai primi anni di vita. Il
percorso che l’individuo deve compiere per
raggiungere un grado di comprensione del
linguaggio musicale tale da poterne fruire
appieno avviene sin dai primi istanti di vita,
addirittura sin dal grembo materno.
Inoltre la percezione musicale non
avviene soltanto sotto forma auditiva del
suono e l'ascoltatore, nell'assistere ad un
concerto, attiva anche quella visiva e tattile.
Il musicista a sua volta percepisce la musica
in modo psicomotorio come sequenza di
diteggiature e crea una rappresentazione
mentale dello spartito di tipo simbolico.
Questa prospettiva apre spazi ad un
intervento di insegnamento-apprendimento
di tipo metacognitivo con la valorizzazione
del potenziale mentale del singolo soggetto.
Questo tipo di approccio può essere efficace
con discenti di qualsiasi età: non ci sono
limiti anagrafici di ostacolo
all’apprendimento della musica, anche se
indubbiamente più avanza l’età maggiore è
la fatica di apprendere.
Lo sviluppo dell’intonazione
Edgard Willems, nel manuale L’orecchio
musicale, espone la sua pratica metodologica
basata sull’idea che ritmo, melodia ed
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armonia rappresentino rispettivamente
natura fisiologica, affettiva e mentale
dell’uomo. Willem propone un vero e
proprio percorso dello sviluppo auditivo
che parte dall’ascolto musicale,
proseguendo con una seconda fase di
esercizi su diversi parametri musicali, per
poi prendere in esame il canto secondo una
graduale, crescente difficoltà. Alla fine si
approda all’improvvisazione, ritenuta
fondamento dello sviluppo dell’orecchio
armonico.4
Recenti studi condotti a Buenos Aires
hanno messo in evidenza i fattori che
possono essere causa di problemi di
intonazione, individuati sia a livello
cognitivo che fisiologico: mancanza
d’esperienza, di attenzione, di memoria,
scorretta emissione vocale e difetti nella
respirazione.
Le tecniche utilizzate per condurre gli
studi, durati due anni su tre tipologie di
soggetti di età pre-adolescenziale, sono
affini alla metodologia di Williems. Anche
in questo caso l’importanza del momento
dell’evocazione auditiva e visiva da parte
dei soggetti coinvolti è presente, ma di fatto
non è prevista una pratica metodologica che
consenta di attingere agli evocati attraverso
la gestione consapevole del proprio stile
d’apprendimento. A conclusione di queste
ricerche è emerso che tutti i partecipanti
hanno raggiunto un grado accettabile di
intonazione. Rilevante è anche il fatto che
tutti i soggetti che hanno partecipato hanno
sviluppato una maggior sicurezza nel cantare
grazie al maggior grado di consapevolezza con
cui sono riusciti a gestire la propria voce. Il
processo, e non solo il risultato finale di
ognuno, è stato dunque elemento di attenzione
prioritario.5
La Gestione Mentale di A. de La Garanderie
Attraverso lo studio delle abitudini e dei
comportamenti mentali degli studenti
migliori, il pedagogista francese Antoine de
La Garanderie ha individuato due
prevalenti stili di apprendimento: quello
visivo, che evoca le conoscenze attraverso le
immagini mentali impresse su un “taccuino
visuo-spaziale”, e quello auditivo che ricorre
a processazioni logico-proposizionali
mediante discorsi interiori e suoni. Le due
modalità interfacciano il mondo reale con
quello interiore dell’individuo, si
strutturano e si stabilizzano nel processo
evolutivo di crescita del soggetto
acquisendo la forma di vere e proprie
“abitudini mentali”.
I due stili di apprendimento, definiti da
A. de La Garanderie “lingue naturali o
pedagogiche”, possono essere utilizzate su
quattro parametri di complessità crescente,
dal parametro 1 (P1) al 4 (P4) nel seguente
modo:
P1 visivo – evocazione di oggetti
P1 auditivo – evocazione di suoni
prodotti da oggetti
P2 visivo – evocazione di parole scritte
P2 auditivo – evocazione di suoni relativi
alle parole scritte o melodie
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Il P3 è il parametro delle operazioni
logiche complesse:
P3 visivo – evocazione di schemi e di
mappe concettuali
P3 auditivo – evocazione di frasi per
fornire spiegazioni verbali articolate e
capacità di analizzare temi musicali e
confrontare melodie
Il P4 è il parametro che va oltre la
riproduzione evocativa e consente di
immaginare ed essere creativi. I soggetti
visivi, come nel caso dei pittori e degli
scultori, sono capaci di evocare la realtà in
modo personale. I soggetti auditivi, come i
grandi musicisti, sono capaci, da un piccolo
tema, di creare motivi musicali e sinfonie.
De la Garanderie, invertendo una tradizionale
impostazione della ricerca, non ha esaminato i
soggetti con problemi di apprendimento, al
contrario, ha puntigliosamente analizzato gli
alunni scolasticamente più brillanti e le
procedure mentali da loro adottate nella
risoluzione di un compito. (…) E’ dovere
primario dell’insegnante avere ben chiari i
procedimenti mentali attivati nello studio
dall’alunno che deve essere guidato a prendere
consapevolezza del proprio modo di pensare e
di procedere nell’apprendimento. (…)
L’insegnante può entrare in comunicazione
autentica con gli alunni e capirne le modalità
di elaborazione delle conoscenze per
trasmettere i gesti mentali funzionali
all’apprendimento (attenzione, memoria,
comprensione, riflessione, immaginazione
creatrice) e promuovere la consapevolezza nello
studio. (…) Il metodo adottato dal soggetto
non tende generalmente a cambiare nel corso
della vita diventando, di fatto, una sorta di
“abito mentale” che viene interiorizzato in
modo spontaneo e adoperato meccanicamente.6
Il grande pedagogista francese dedica il
saggio I profili pedagogici «a tutti coloro che,
giovani e vecchi, ritengono di essere lontani
dall’aver esaminato le risorse mentali di cui
potrebbero normalmente disporre se le
conoscessero» 7 . Il metodo, definito della
Gestione Mentale, muove proprio dalla
convinzione che il successo nello studio
dipenda dalla scoperta delle proprie
abitudini mentali e dalla acquisizione delle
capacità di padroneggiarle.8
La Gestione Mentale valorizza il soggetto
come agente attivo di conoscenza e lo
conduce alla consapevolezza del proprio
“stile di apprendimento” e del
funzionamento di specifici “gesti mentali”
che rappresentano la struttura del pensiero
umano.
Ne consegue che il successo scolastico
non sia da attribuire al quoziente
intellettivo, quanto alla capacità del soggetto
in apprendimento di far ricorso ai propri
gesti mentali in modo consapevole,
padroneggiandoli al momento opportuno.
Dunque si deve partire dalla coscienza del
“chi siamo” per approdare successivamente
alla conoscenza del mondo circostante.
Procedere in modo inverso significa
continuare a perpetrare il fallimento e
l’insuccesso scolastico.9
L’evocazione mentale consapevole
François Delalande, nella sua pedagogia
delle condotte musicali, dà per scontato il
gesto mentale intorno al quale de La
Garanderie incentra il metodo della
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Gestione Mentale: il gesto della
Riflessione, cioè la capacità di evocare
mentalmente ciò che si è percepito in
assenza dell’oggetto stesso con la
consapevolezza di doverlo restituire. Tali
evocazioni si possono suddividere in tre
categorie: quelle non guidate o vaganti (cioè
non legate a uno scopo preciso), quelle
spontanee sollecitate da input sensoriali
esterni o interni al soggetto (dipendenti
dall’inconscio, come capita spesso per le
evocazioni musicali), quelle volontarie o
guidate cioè prodotte da un atto di
intenzionalità. Sono soltanto queste ultime
ad aprire “le porte” all’apprendimento e ad
assolvere a una funzione di “ponte” tra la
dimensione della realtà circostante e la
mente. Sta all’insegnante spiegare all’alunno
come rendere efficace l’apprendimento
utilizzando consapevolmente le evocazioni
volontarie.
Delalande centra la sua didattica
musicale sull’utilizzo predominante del
canale auditivo sul parametro P4. Partendo
dall’oggetto sonoro “esplorato” e conosciuto
(per il quale il soggetto ha già creato
un’immagine mentale nel parametro P1) egli
porta il bambino ad andare oltre, ad essere
creativo, ad immaginare. L’introduzione del
gesto mentale della Riflessione, cioè
dell’evocazione consapevole, è senza dubbio
una pratica che può facilitare l’intero
processo di insegnamento-apprendimento
poiché svolge un ruolo intermedio tra la
percezione e la conoscenza.
Anche Antoine de La Garanderie
sottolinea l’importanza del risveglio
dell’intelligenza e lo definisce il frutto di
evocazioni guidate:
Noi pensiamo che l’apprendimento della
creatività nel campo dei suoni dipenda da una
pedagogia generale concernente ciò che si offre
all’udito: la pioggia, il vento, il frangersi delle
onde del mare, il temporale, il canto degli
uccelli, il ronzio degli insetti, le grida, le voci,
le campane ecc… Ritroviamo qui, come
sempre, la nostra legge: ascoltare con il
progetto di riascoltare nella testa ciò che si sarà
percepito. Eseguire questo progetto
riascoltando per evocazione ciò che si sarà
inteso. In seguito, mettersi di nuovo all’ascolto
dell’oggetto di percezione con il progetto,
questa volta, di confrontare questo oggetto con
ciò che si è evocato e che ora è presente nella
sua coscienza. Si pratica allora un gioco di
andirivieni fra la percezione e l’evocazione, sia
con lo scopo di assicurarsi attraverso
un’evocazione fedele la riproduzione del
percepito, sia con un’altra finalità: quella di
sviluppare il percepito per sviluppare delle
evocazioni originali.10
Le evocazioni si possono suddividere in
tre categorie: quelle non guidate o vaganti
(cioè non legate a uno scopo preciso), quelle
spontanee sollecitate da input sensoriali
esterni o interni al soggetto (dipendenti
dall’inconscio, come capita spesso per le
evocazioni musicali), quelle volontarie o
guidate cioè prodotte da un atto di
intenzionalità. Sono soltanto queste ultime
ad aprire “le porte” all’apprendimento e ad
assolvere a una funzione di “ponte” tra la
dimensione della realtà circostante e la
mente.
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Sta all’insegnante spiegare all’alunno
come rendere efficace l’apprendimento
utilizzando consapevolmente le evocazioni
volontarie. Se il docente non assolve a
questa fondamentale funzione pedagogica si
rende responsabile dell’insuccesso e del
fallimento dei suoi studenti in quanto
rinuncia al ruolo cruciale di mediatore
culturale e di guida formativa nel senso più
alto del termine. Dopo la presa di coscienza
del proprio stile di apprendimento, il
soggetto può ricorrere alle evocazioni che si
realizzano dall’interno con un gesto
intenzionale e consapevole.
La Didattica Mentalista e l’approccio alla musica
Da alcuni anni a Massa (prov. di Massa-
Carrara) un gruppo di ricerca, composto da
docenti di ogni ordine e grado scolastico e
coordinato dal pedagogista Pietro Sacchelli,
applica con successo la “Didattica
Mentalista” mutuata dal metodo della
“Gestione Mentale” di Antoine de La
Garanderie.
La Didattica Mentalista consente di
interiorizzare l'oggetto di apprendimento
attraverso i gesti mentali dell'Attenzione e
della Riflessione, attivati attraverso uno
specifico intervento didattico
dell'insegnante fino all'acquisizione da parte
dello studente di consuetudini che
rappresentano un vero e proprio metodo di
studio.
Il Dialogo Pedagogico è il mezzo attraverso
il quale l’insegnante porta il discente alla
consapevolezza della propria madrelingua
pedagogica, visiva o auditiva, fino alla
capacità di compiere (in modo volontario)
evocazioni guidate dall’interno per un
sapere gestibile e spendibile in qualunque
momento11.
Generalmente, nei soggetti adulti, le
lingue pedagogiche sono entrambe presenti,
facilitando i processi di apprendimento. E’
qui che la Didattica Mentalista può entrare
in gioco nella individuazione di un più
efficace metodo di studio per gli studenti
universitari, anche in riferimento alla
musica. Offrire ai discenti il doppio canale
di apprendimento è davvero importante, in
particolare qualora ci si riferisca a soggetti
con prevalenza visiva in ambito musicale.
Il M° Fosco Corti 12 individua tra le
difficoltà principali prodotte dalla natura
amatoriale di un coro come quelli
universitari e scolastici la possibile presenza
di voci con marcati difetti d'intonazione: ciò
può dipendere tanto da cattive abitudini
nell’emissione vocale, quanto da mancata
educazione dell'orecchio sonoro. Corti
afferma al riguardo che il recupero di queste
voci richiede un lavoro personalizzato e
tanto lungo da scoraggiare. Su come
affrontare la problematica nel gruppo il
Maestro raccomanda di dedicare un periodo
propedeutico alla tecnica di base del canto
come alla lettura cantata. È a questo punto
che il ricorso alla metacognizione può essere
determinante perché consente di
personalizzare l’insegnamento all’interno
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del gruppo ottimizzando tempi, strategie e
risultati.
Nell’insegnamento musicale non possono
essere trascurati alcuni elementi di fondo: il
linguaggio musicale si articola su strutture
complesse che procedono
contemporaneamente in senso orizzontale
(melodia), verticale (armonia) e secondo
un’impalcatura ritmica, soggetta a
variazioni.
Ecco come la Didattica Mentalista spiega
lo sviluppo percettivo-auditivo: per i
soggetti auditivi il passaggio dalla
percezione all’evocazione corrispondente
avviene in modo diretto (dall’ascoltato al
risentito) e in linea con l’utilizzo della
propria madrelingua pedagogica.
Generalmente i soggetti auditivi sono in
grado di cogliere anche aspetti secondari dei
fenomeni sonori percepiti, che riescono a
riprodurre fedelmente in modo spontaneo.
Al contrario i soggetti auditivi “deboli”
incontrano difficoltà nel riascoltare nella
mente gli stimoli sonori ricevuti: in tal caso
essi si trovano ad operare mentalmente
comparazioni tra evocati prima di poter
restituire fedelmente l’oggetto percepito.
Ancora più complesso è il processo
mentale che si attiva nei soggetti visivi: essi
devono decodificare il linguaggio auditivo
traducendolo in immagini (dall’ascoltato al
rivisto). Successivamente potranno associare
immagini mentali e suoni (dal rivisto al
risentito) col progetto di ricercarli nella
mente e riascoltarli. Soltanto un costante
esercizio consentirà loro di evocare
direttamente sul piano auditivo saltando il
passaggio intermedio delle immagini.
La consapevolezza del proprio stile di
apprendimento assume dunque
un’importanza fondamentale per poter
compiere i “gesti mentali” che offrono
all’individuo la possibilità di ricevere dal
mondo quelle acquisizioni che, fino a quel
momento, considerava inaccessibili.
Orecchio musicale ma non solo
Pietro Sacchelli spiega perché i soggetti
con difetti d'intonazione non
necessariamente sono privi di attitudine. La
mancata riproduzione corretta di un suono
attraverso il canto è generalmente presente
nei soggetti visivi. Tuttavia esistono auditivi
poco intonati che non riescono ad evocare in
terza persona andando dal modello a sé e
prendendo quindi la fonte percettiva come
punto di riferimento. Essi cantano in prima
persona, cioè vanno da sé al modello, quindi
partono dalla propria voce per adattarla in
modo personale al modello sonoro
prescelto. Naturalmente è auspicabile che il
maestro di musica sappia individuare la
madrelingua pedagogica dei propri alunni
e, dopo averli resi consapevoli delle corrette
dinamiche mentali, li avvii ad un costante
esercizio, spostando la loro azione evocativa
primaria da sé al modello, favorendo il
passaggio dalla prima alla terza persona. 13
In musica le evocazioni mentali
spontanee accadono spesso contro la nostra
volontà: quante volte siamo tormentati da
un motivetto che improvvisamente ci
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ingombra la testa e non riusciamo a
liberarcene. Anche durante il sonno certi
dati musicali vengono elaborati dalla nostra
mente e riaffiorano inaspettatamente, con
un tipo di evocazione "non guidata". Il
ricorso alle evocazioni come gesto
intenzionale acquista un’importanza
centrale per l'acquisizione di intere strutture
musicali diventando un vero e proprio
"addestramento mentale" che porta
all'acquisizione di un metodo di studio.
A tale proposito sono particolarmente
significativi i consigli che Robert Schumann,
nel suo libro “Regole di vita per il
musicista”, esprime rivolgendosi
direttamente agli alunni, esortandoli a porre
attenzione ai fenomeni sonori, a compararli,
ad evocarli mentalmente per poterli
restituire nella loro pienezza in modo
consapevole:
L’educazione dell’orecchio è la cosa più
importante. Esercitati per tempo nel cercar di
riconoscere le note e le tonalità. Prova ad
individuare quali suoni producono le campane,
i vetri delle finestre, il cuculo. (…) Devi
conoscere i tuoi brani non solo con le dita, ma
anche saperli canticchiare senza l’aiuto del
Pianoforte. Potenzia così la tua forza di
immaginazione, cosicché tu sia in grado di
fissare nella memoria non solo la melodia di
una composizione, ma anche la sua relativa
armonia.14
Conclusioni
La svolta metodologica proposta dalla
Gestione Mentale e ripresa dalla Didattica
Mentalista si identifica nella ricerca della
consapevolezza da parte del soggetto che
apprende delle proprie modalità mentali nel
rapporto con la realtà.
Ciò si realizza attraverso un intervento
didattico che accompagni lo studente a
conoscere e riflettere sulla personale
madrelingua pedagogica, con il proposito di
restituire l’evocato grazie alla padronanza
dei gesti mentali di Attenzione, Riflessione,
Comprensione, Ragionamento,
Memorizzazione, fino alla capacità di
andare oltre con Immaginazione Creatrice.
Tutto questo consente di sfruttare appieno le
proprie capacità adattandole alle esigenze
del momento, in un’autonoma gestione delle
soggettive potenzialità mentali.
Portare l'alunno a mettere in relazione gli
evocati musicali in terza persona, con
l’obiettivo di una loro restituzione fedele in
assenza dell’oggetto percepito, rende
possibile la correzione dei difetti di
intonazione ed apre le porte alla
comprensione del linguaggio musicale a
tutti gli studenti, indipendentemente dalla
madrelingua pedagogica di appartenenza.
Note
1 Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, 2012, Annali della Pubblica istruzione, numero speciale, Le Monnier, pag. 58
2 Delalande F. (2011), La musica è un gioco da bambini, Milano, Ed. Franco Angeli, pagg. 24-26
URL: http://www.educare.it/j/temi/scuola/didattica/3482
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3 Delalande F., (2011) op.cit.
4 Willems E. (1990), L'orecchio musicale, Padova, Ed. Zanibon
5 Leopardo C.E. (giugno 2010), Lo sviluppo dell’intonazione: uno studio a Buenos Aires”, dalla rivista Musica Domani, Torino, EDT, pag. 35
6 Sacchelli P. (2001), Il metodo metacognitivo della Gestione Mentale. Il pensiero di A. de la Garanderie, Bologna, Ed. Pendragon, 2001, pag.
17-18 Sacchelli, P. (2005), Prevenire e risolvere le difficoltà ortografiche, Roma, Ed. Anicia Coppi C.B. (2014), Didattica Mentalista Applicata e Musica, Roma, Gruppo Editoriale L'Espresso Scarantino C., Antonietti A. (gennatio-febbraio 2012), Creatività e metacognizione, in “Psicologia e scuola”, pag. 24 7 De la Garanderie A. (1991), I profili pedagogici. Scoprire le attitudini scolastiche, Firenze, La nuova Italia, pag. 1
De La Garanderie A. (2013), Critica della ragione pedagogica, Verona, Ed. QuiEdit De La Garanderie A. (2003), I mezzi dell’apprendimento e il dialogo con l’alunno, Trento, Ed. Erikson AA.VV. (1996), La pratica pedagogia della Gestione Mentale, Tirrenia (PI), Ed. Del Cerro 8 De La Garanderie A. (1991) op. cit. pag.1
9 De la Garanderie A. (1991), op. cit.
10 idem, pag. 134
11 Sacchelli P. (2005) op. cit.
12 Corti F. (gennaio--aprile2006), Vocalità corale: Bilancio prospettivo di un direttore di coro, dalla rivista Diapason,
anno XIX n.62, pag. 8 13
Sacchelli P. (2001), op. cit., pag. 135 14
Schumann R. (1992), Regole di vita per il musicista, Firenze, Ed. Pizzicato, pagg. 5, 7