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L’Archivio Gallone L’Archivio Gallone conserva i risultati delle indagini su campioni prelevati da opere d’arte, effettuate allo scopo di ottenere informazioni sui materiali e sulla tecnica esecutiva. È stata così raccolta una vasta mole di dati relativi alla composizione e allo stato di conservazione delle opere analizzate e, in alcuni casi, anche all’evoluzione nel corso del tempo della tecnica utilizzata da un singolo artista. Sulla base delle indagini svolte è stato spesso possibile individuare la collocazione cronologica di molte opere. L’intensa attività si è concretizzata nella stesura di circa 600 relazioni, ciascuna delle quali contiene la documentazione e i risultati delle analisi corredate da osservazioni e commenti, nonché da alcuni dei dati più significativi. Fra le tecniche adottate nello studio dei dipinti si citano le riprese fotografiche al microscopio ottico e al microscopio elettronico SEM delle stratigrafie del colore; le relative misure di composizione chimica delle sostanze inorganiche effettuate per fluorescenza di raggi X dispersiva in energia SEM-EDS alla microsonda elettronica; le misure microspettro-fluorimetriche in UV per l’identificazione dei leganti. Il lavoro è stato svolto in collaborazione con diverse istituzioni. Un ruolo di grande rilevanza ha avuto la preziosa collaborazione con Giovanni Bottiroli, Direttore del Centro di Studio per l’Istochimica del CNR – Università di Pavia, che ha consentito di mettere a punto agli inizi degli anni Ottanta una nuova metodologia microspettro-fluorimetrica in UV non distruttiva, per l’identificazione dei leganti organici (sostanze proteiche, oleose, resine naturali, cere) presenti nei singoli strati della pellicola pittorica. Oltre a questa documentazione già classificata, presso l’archivio è conservata anche un’ingente quantità di materiale raccolto nel corso degli anni e non ancora catalogato. Sito web dell’Archivio Gallone: www.archiviogallone.fisi.polimi.it Antonietta Gallone Galassi si è laureata in fisica teorica con Piero Caldirola. Si è occupata di ricerca fondamentale presso il Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano. Dalla fine degli anni Settanta, su richiesta di Stella Matalon, direttrice della Pinacoteca di Brera, ha iniziato ad applicare le proprie competenze allo studio dei dipinti in corso di restauro. Da allora a tutt’oggi svolge indagini di caratterizzazione su numerose opere del patrimonio pittorico italiano, estendendo il proprio interesse per i dipinti anche ad altri campi: mosaici, stucchi, intonaci, tessuti. L’Archivio di Antonietta Gallone Il volto nascosto delle opere d’arte CCVBC

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L’Archivio Gallone

L’Archivio Gallone conserva i risultati delle indagini su campioni prelevati da opere d’arte, effettuate allo scopo di ottenere informazioni sui materiali e sulla tecnica esecutiva. È stata così raccolta una vasta mole di dati relativi alla composizione e allo stato di conservazione delle opere analizzate e, in alcuni casi, anche all’evoluzione nel corso del tempo della tecnica utilizzata da un singolo artista. Sulla base delle indagini svolte è stato spesso possibile individuare la collocazione cronologica di molte opere.

L’intensa attività si è concretizzata nella stesura di circa 600 relazioni, ciascuna delle quali contiene la documentazione e i risultati delle analisi corredate da osservazioni e commenti, nonché da alcuni dei dati più significativi. Fra le tecniche adottate nello studio dei dipinti si citano le riprese fotografiche al microscopio ottico e al microscopio elettronico SEM delle stratigrafie del colore; le relative misure di composizione chimica delle sostanze inorganiche effettuate per fluorescenza di raggi X dispersiva in energia SEM-EDS alla microsonda elettronica; le misure microspettro-fluorimetriche in UV per l’identificazione dei leganti.Il lavoro è stato svolto in collaborazione con diverse istituzioni.Un ruolo di grande rilevanza ha avuto la preziosa collaborazione con Giovanni Bottiroli, Direttore del Centro di Studio per l’Istochimica del CNR – Università di Pavia, che ha consentito di mettere a punto agli inizi degli anni Ottanta una nuova metodologia microspettro-fluorimetrica in UV non distruttiva, per l’identificazione dei leganti organici (sostanze proteiche, oleose, resine naturali, cere) presenti nei singoli strati della pellicola pittorica.Oltre a questa documentazione già classificata, presso l’archivio è conservata anche un’ingente quantità di materiale raccolto nel corso degli anni e non ancora catalogato.

Sito web dell’Archivio Gallone: www.archiviogallone.fisi.polimi.it

Antonietta Gallone Galassi si è laureata in fisica teorica con Piero Caldirola. Si è occupata di ricerca fondamentale presso il Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano. Dalla fine degli anni Settanta, su richiesta di Stella Matalon, direttrice della Pinacoteca di Brera, ha iniziato ad applicare le proprie competenze allo studio dei dipinti in corso di restauro. Da allora a tutt’oggi svolge indagini di caratterizzazione su numerose opere del patrimonio pittorico italiano, estendendo il proprio interesse per i dipinti anche ad altri campi: mosaici, stucchi, intonaci, tessuti.

L’Archivio di Antonietta GalloneIl volto nascosto delle opere d’arte

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Indice

Presentazione di Maurizio Boriani

Per Antonietta Gallone di Giovanni Romano

Alcuni esempi di analisi effettuate:

Dipinti MuraliCappella degli Scrovegni, Giotto Cenacolo, Leonardo da Vinci

Dipinti su TavolaAdorazione del Bambino, Madonna delle torri, Bartolomeo Suardi detto il BramantinoPolittico dell’Incoronazione della Vergine, Andrea di BartoloMadonna Greca, Madonna col Bambino, Giovanni BelliniSacra Conversazione, Piero della Francesca

Dipinti su TelaLa predica di S. Marco ad Alessandria d’Egitto, Gentile e Giovanni BelliniIl ritrovamento del corpo di San Marco, Jacopo Robusti detto il Tintoretto

Scultura DipintaPietà, Agostino de’ Fondulis

ArazziEster presentata ad Assuero, Manifattura di Bruxelles

Ringraziamenti

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Lo studio e la valorizzazione dei documenti presenti negli archivi del Politecnico di Milano si sono sempre rivelati una difficile impresa. Una università come la nostra, tesa ad affrontare i problemi culturali, sociali e tecnici che il mondo contemporaneo viene ponendo tende infatti avedere nell’innovazione il suo principale obbiettivo.Quello del rivolgersi ad interrogare la storia e a consultarne i documenti che essa ha prodotto è certo uno dei campi di ricerca specialistici di discipline che nel nostro ateneo si praticano, ed anche in modo diffuso, ma non è certo visto come compito fondamentale e prioritario.Gli archivi sono ingombranti e costosi da gestire: necessitano di spaziadeguati, di personale specializzato, di investimenti per la loroconservazione e valorizzazione. Raramente producono redditi, sempreproducono costi.Nonostante questi limiti, credo che una politica per gli archivi del Politecnico debba essere fatta, sia per ciò che riguarda la produzione diretta dell’ateneo, sia per quei fondi che ad esso vengono affidati perché siano conservati e messi a disposizione del pubblico degli studiosi.Importanti raccolte archivistiche sono già presenti ed opportunamente valorizzate: basti pensare agli archivi di alcuni importanti architetti, designer e ingegneri (Brioschi, Bottoni, Mucchi, Chiodi, Steiner, Secchi, Grassi, Natta, ecc.) o ad altri importanti fondi documentari (Tremelloni, Centro Cinematografia, Archivio RAPu - Rete Archivi Piani urbanistici, ecc.). Altri fondi sono in corso di acquisizione o in lavorazione. Speriamo in questo modo che il nostro ateneo possa neltempo divenire un punto di riferimento per chi si occupa di architettura,di design, di ingegneria, di storia dell’arte e contiamo sul fatto chequesto ne accrescerà il prestigio, offrendo anche occasioni di ricercaa livello internazionale.

L’archivio che ora si presenta è del tutto particolare: si tratta dei documenti di ricerca prodotti in circa trent’anni da Antonietta Gallone a seguito delle indagini chimico-fisiche svolte presso quello che oggi è il Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano, in gran parte su campioni di pigmenti pittorici, per caratterizzarne componenti materiali e tecniche esecutive.Come appare con evidenza dalla piccola mostra che abbiamo predisposto e da questo catalogo che ne è la sintesi, gli studi hanno riguardato moltitra i più noti artisti italiani: Giotto, Bramantino, GiovanniBellini, Leonardo da Vinci solo per citarne alcuni.Le relazioni svolte a seguito delle indagini sono ora a disposizione deglistudiosi e, a mio parere, potrebbero costituire un primo nucleo di undata-base relativo al vastissimo patrimonio di indagini svolte, nei moltilaboratori che se ne sono occupati, sul patrimonio artistico italiano nelcorso, almeno, degli ultimi 50 anni.

Ci è piaciuto affiancare al rigoroso dato scientifico delle indagini alcune immagini delle opere studiate, con brevissime note storiche e bibliografiche, per sottolineare, anche visivamente, l’importanza delle opere analizzate e la potenziale utilità, per gli studiosi, delle informazioni raccolte, ben al di là dei motivi per cui queste analisi furono commissionate.

Presentazionedi Maurizio Boriani

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Per Antonietta Gallonedi Giovanni Romano

Chi si è occupato nell’ultimo mezzo secolo di arte lombarda ha avuto la fortuna di intrecciare i propri percorsi con quelli di tre grandi signore milanesi e di trovarsi presto in debito nei loro confronti per vari motivi inerenti alla professione di storico dell’arte. Di Stella Matalon a Brera ricordo in particolare i modi diretti della sua disponibilità al confronto e il gran libro sugli affreschi lombardi del Trecento, da cui tutti continuiamo ad attingere; di Pinin Brambilla Barcilon che, per affetto e per provocazione, chiamo volentieri “divine Brambilla”, in inglese, basti evocare il restauro dell’Ultima Cena di Leonardo, un regalo impagabile per la tradizione figurativa milanese; con Antonietta Gallone il problema di definirne in poche parole i modi e il lavoro si fa un poco più difficile. Nascosta e quasi rifugiata tra le mura del Politecnico riesce spesso a far perdere le tracce, salvo poi doverla stanare di proposito per sottoporle difficili quesiti tecnici che lei con garbo antico, di un genere ormai in esaurimento, scioglierà ricorrendo alla magia di segreti strumenti: non intendo tanto i macchinari di cui dispone, dai nomi impronunciabili, ma di sensibilissimi strumenti mentali, maturati in anni di confidenza con le opere e con gli artisti.

Ci si scontra a volte in vani dibattiti tra storici dell’arte, restauratori e scienziati addetti ai Beni Culturali su questioni di preminenza tristemente ridicole (ognuno da il meglio di se nel proprio ambito di competenza e le opere d’arte non sono cavie per i nostri deliri di onnipotenza): Antonietta Gallone non ha mai partecipato a queste beghe da pollaio. I suoi accertamenti sono da sottoporre a verifica, come per ogni altra professione, ma non si discute sulla serietà delle procedure e sul continuo confronto comparativo con i risultati precedenti. Qui sta la vera possibilità di progresso scientifico. Stupisce che ancora ci si incanti come bambini di fronte all’ennesima semplice sventagliata di stratigrafie del colore, quando il buono della sostanza emerge dalla comparazione nell’arco del tempo di accertamenti paralleli, consentiti da memorie ordinate e sistematiche (dichiaro il mio entusiasmo nei confronti di un’iniziativa utile e generosa come l’Archivio Gallone). Per chi stentasse a capire farò un solo esempio, a me molto caro.

Antonietta Gallone ha avuto la possibilità di studiare in più occasioni, e su opere importanti, il modus operandi del Bramantino, maestro difficile ed elusivo; qualcosa se ne legge anche in uno dei posters della mostra che le è stata dedicata e da lì cominceremo, anche se sono indicazioni molto parziali, riguardanti solo due opere dell’Ambrosiana. Importa sostare soprattutto sui commenti finali perché è nel giudizio conclusivo che affiora la sensibilità comparatistica dell’autrice: per la complessa preparazione superficiale dei supporti Bramantino ricorre a una “tecnica che si avvicina alla pittura su tavola dei primitivi fiamminghi…”; nel variare il tono dell’imprimitura sulla preparazione “sembra cercare effetti cromatici diversi” (per l’ Adorazione del Bambino), e il fenomeno si complicherà ulteriormente nella cosiddetta Pala delle Torri, la cui singolare imprimitura di un caldo arancione è cromaticamente modulata

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“in rapporto agli strati superficiali e quindi all’effetto pittorico ricercato”; anche nella scelta dei leganti (uovo, olio, misto di olio e uovo) Bramantino gioca varianti tecniche “a seconda degli effetti ricercati”. A saper leggere in queste frasi apparentemente semplici si capisce che la avventurosa spregiudicatezza tecnica di Bramantino nel “ricercare gli effetti” ha colpito l’attenzione di Antonietta Gallone, e la cosa si fa ancora più evidente se, approfittando dell’accessibilià dell’Archivio Gallone, si consultano le redazioni integrali delle analisi condotte sul Bramantino nel corso degli anni, magari confrontandole con indagini parallele di altri ricercatori.

La preparazione della Crocefissione di Brera (su tela) è composta di gesso, colla, carbonato di calcio e biacca; nel caso della Adorazione del Bambino dell’Ambrosiana (su tavola) sono stati usati gesso e colla animale, ma in zone particolari interviene una speciale impermeabilizzazione a olio; per parte sua Jill Dunkerton ha rilevato nei Magi di Londra (su tavola) un semplice strato di gesso e colla, ma compattissimo. Ogni dipinto sembra essere per Bramantino un laboratorio di ricerca e ne affiorano indizi anche in dettagli imprevedibili: gli errori tecnici di esecuzione cancellati e corretti in corso d’opera nei Magi di Londra, l’uso di colori a volte di ottima qualità, a volte invece alterati da impurità utilizzate intenzionalmente per modificare la resa cromatica finale; in altri casi le sperimentazioni si sono perfino rivelate disastrose per la conservazione, si veda il caso delle tele di Mezzana. Mi limito a far parlare pochi dati tecnici sul fronte del concreto operare bramantiniano, ma si potrebbe continuare a lungo per altri dettagli attentamente elencati nelle schede, il sottile uso delle velature cangianti ad esempio; ma per gli storici dell’arte una conferma indubbia della continua invenzione del Bramantino nel corso del lavoro è il tormentoso moltiplicarsi dei pentimenti che caratterizza tutte le opere del pittore. Tutte meno una, a confessare la verità, vale a dire la Pietà già Artaria, ricomparsa di recente. Il dipinto è di esecuzione decisamente spenta, senza pentimenti se non minimi, e non ha convinto buon numero di specialisti; la scheda che lo riguarda nell’Archivio Gallone non fa emergere nessun particolare sperimentalismo esecutivo, anche se non sono da sottovalutare gli accertamenti sulla eccezionale qualità materiale della biacca e dell’azzurrite usate. Credo si tratti di una replica antica, condotta in una bottega in cui erano ancora note le pratiche operative del Bramantino, non il suo estro, che fa serie con altre analoghe a Berlino e in proprietà privata (segno del grande successo dell’originale per noi oggi perduto). La scheda di Antonietta Gallone, nella sua impassibile correttezza, viene involontariamente a dirimere una questione attributiva scottante. Non è uno dei meriti minori del suo magnifico lavoro.

Giovanni Romano, già Soprintendente per i Beni Artistici e Storici del Piemonte, è attualmente ordinario di Storia dell’Arte Moderna presso l’Università degli Studi di Torino.

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Ringraziamenti

Per aver commissionato le indagini e aver fornito i campioni: le Soprintendenze di Milano, Torino, Venezia, Udine, la Pinacoteca di Brera, il Museo Poldi Pezzoli, l’Accademia Carrara di Bergamo e la Galleria Sabauda di Torino, nonché Pinin Brambilla per aver affidato le analisi di numerose opere tra le più importanti.

I numerosi restauratori che hanno beneficiato delle informazioni ottenute dalle analisi e con i quali tutti i lavori si sono svolti in stretta collaborazione.

Un ringraziamento particolare va a Giovanni Romano.

Si ringraziano inoltre

Per il Coordinamento: Ezio Puppin, Dario Trento e Maria Licia Zuzzaro

Per la realizzazione della mostra: Olga Piccolo, Bernardo Oderzo Gabrieli, Ha Young Park, Austin Nevin.

Per l’allestimento grafico: Serena Martucci di Scarfizzi.

La mostra è realizzata in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Brera e grazie al contributo del Centro per la Conservazione e Valorizzazione dei Beni Culturali del Politecnico di Milano.

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Stampato: Febbraio 2010 PoliprintA cura di: CCVBCProgetto grafico: Servizio Web e Grafica di Ateneo

Immagine in copertina: particolare del polittico di San Luca di Andrea Mantegna e alcuni esempi di analisi stratigrafiche

Il Centro per la Conservazione e Valorizzazione dei Beni Culturali

Il Centro di Ateneo che coordina le attività di ricerca e di formazione intorno al tema dei Beni Culturali nasce con l’obiettivo di promuovere al Politecnico una maggiore attenzione ai Progetti che riguardano la conoscenza, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio architettonico, archeologico, storico-artistico. Un censimento che non ha la pretesa di essere esaustivo di queste attività, ha mostrato chiaramente che nel nostro ateneo la variegata area della salvaguardia del patrimonio culturale attira e coinvolge numerosi ricercatori, docenti e studenti e che il suo carattere interdisciplinare permette collaborazioni e scambi con risultati spesso eccellenti. Il Centro dunque ha l’ambizione, dopo qualche anno di rodaggio, di raccogliere queste energie già vive e presenti e di accompagnare e facilitare il percorso di chi si vuole dedicare alla ricerca in questo settore, promuovere iniziative di coordinamento, dare visibilità a quelle in atto e a quelle che si intendono proporre, patrocinare e sostenere corsi, seminari, workshop e conferenze. Il Centro ha altresì la volontà di rappresentare l’Ateneo nei confronti di Enti e Istituzioni esterne quali gli organi preposti alla tutela del Ministero MiBAC, soprintendenze e poli-museali, Enti locali, Enti privati che promuovono la cultura e la conservazione dei Beni Culturali ad ogni livello. Con Regione Lombardia il Centro, insieme ai Centri omologhi di altri Atenei milanesi e lombardi, ha siglato un accordo di Programma per la creazione del Polo della Valorizzazione, un consorzio che nascerà nel 2010 per potenziare le relazioni e la progettualità tra centri di ricerca, istituzioni culturali e imprese al fine di promuovere innovazione e trasferimento tecnologico in un settore strategico per lo sviluppo come quello dei beni culturali. Il Politecnico può vantare un ampio spettro di discipline, competenze, laboratori e tecnologie dalle più tradizionali del restauro architettonico a quelle maggiormente tecnologiche ed innovative della rappresentazione 3D e virtuale, alla fisica per la diagnostica non invasiva, alle nanotecnologie per la conservazione; dalle discipline della pianificazione territoriale e paesistica a quelle della programmazione economica e gestionale degli interventi, le attività per la catalogazione, divulgazione e tecniche non convenzionali per la comunicazione. Il Centro infine in collaborazione con altri Enti e Università, promuove, attraverso l’iniziativa dei docenti, progetti di salvaguardia del patrimonio nell’Europa dell’Est e in Asia.

Presidente: Maurizio BorianiVice Presidente: Lucia Toniolo