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Le leggi dell'interesse semplice e composto sono spesso citate insieme, ma non sono ugualmente importanti, ed hanno natura diversa. L'interesse semplice trova applicazione in molti operazioni reali: contratti di conto corrente bancario, di prestito. L'interesse composto, invece, è definito in modo del tutto teorico, con riferimento ad un'operazione ideale, impossibile nella realtà (quella di "capitalizzazione continua degl'interessi"). Né è possibile indicare uno specifico impiego per il quale si possa affermare che il capitale è destinato a priori ad evolversi secondo essa. Però, quella dell'interesse composto è la legge standard, "di default", della Matematica Finanziaria: quella che si usa, sistematicamente, in tutti i processi di valutazione.

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Le leggi dell'interesse semplice e composto sono spesso

citate insieme, ma non sono ugualmente importanti, ed

hanno natura diversa.

L'interesse semplice trova applicazione in molti operazioni

reali: contratti di conto corrente bancario, di prestito.

L'interesse composto, invece, è definito in modo del tutto

teorico, con riferimento ad un'operazione ideale,

impossibile nella realtà (quella di "capitalizzazione

continua degl'interessi"). Né è possibile indicare uno

specifico impiego per il quale si possa affermare che il

capitale è destinato a priori ad evolversi secondo essa.

Però, quella dell'interesse composto è la legge standard,

"di default", della Matematica Finanziaria: quella che si

usa, sistematicamente, in tutti i processi di valutazione.

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Legge 142/1992, art. 19: il TAEG rappresenta

il costo totale del credito per il consumatore espresso in

percentuale annua del credito concesso… calcolato

conformemente alla formula matematica che figura

nell'allegato II alla direttiva del Consiglio 90/88/CEE.

Secondo la quale, si tratta del tasso

che rende uguali, su base annua, i valori attuali di tutti gli

impegni… esistenti o futuri presi dal creditore.

Il legislatore europeo dimentica di indicare la legge da

impiegare per calcolare i "valori attuali".

O, più probabilmente, lo ritiene inutile.

Per fortuna, c’è il rinvio alla formula matematica…

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Segnaliamo, visto che ci siamo, che la dicitura della legge

(il TAEG è il costo totale del credito espresso in percentuale

annua del credito concesso), ripresa dalla formulazione

della Direttiva, è da considerare priva di senso.

Si consideri un'operazione di prestito, per la quale si

ricevono 200 euro, e se ne pagano 5 subito e poi 55 per

quattro semestri.

Ha senso dire che il TAEG (10,26%) è una "percentuale

annua [?] del credito concesso (200)"?

Qual è il "costo totale del credito"?

Forse 25 (si pagano in tutto 5 + 4 x 5 = 25, per avere 200)?

E forse 25 è il 10,26% annuo di 200?

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Probabilmente si voleva dire è che il TAEG è un indicatore

rappresentante il costo effettivo del finanziamento:

che è un'ottima e comprensibile descrizione,

ma non è una definizione.

Due definizioni corrette di TAEG:

(a) è l'unica soluzione maggiore di −1

dell'equazione vista prima

(b) è il tasso annuo al quale chi concede il prestito dovrebbe

alternativamente investire (in interesse composto) il

capitale prestato, per poter ricavare

lo stesso flusso di entrate

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Ecco cosa accade se i 195 euro dell'esempio vengono,

anziché prestati, investiti al 10,26% annuo (interesse

composto), e l'operatore, per godere delle stesse entrate

che il prestito gli avrebbe fornito,

stacca 55 euro ogni 6 mesi:

195 204,76

−55 = 149,76 157,25

−55 = 102,25 107,36

−55 = 52,36 55

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Rovesciando il punto di vista, lo schema mostra che il TAEG

può anche definirsi come

(b') il tasso annuo al quale chi contrae il prestito dovrebbe

investire (in interesse composto) il capitale ricevuto, per

poter pagare quanto previsto dal piano di rimborso.

Sembra dunque che il TAEG misuri ragionevolmente, dal

punto di vista di chi finanzia, il tasso di rendimento

dell’operazione di prestito; il suo tasso di costo, dal punto

di vista di chi è finanziato.

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Il TAN ("tasso annuo nominale) è spesso citato assieme al

TAEG: ma sarebbe sbagliatissima l'idea che si tratti di

due parametri della stessa importanza.

In realtà, non risulta vi sia una disposizione che ne renda

obbligatorio la comunicazione,

o ne dia una definizione "ufficiale".

In Matematica Finanziaria, è definito come interesse

complessivamente pagato in un anno a fronte di un euro

investito, ed è obbligatoriamente accompagnato dall’

indicazione della frequenza con cui avvengono i

pagamenti (semestrali, mensili, …).

Nell’uso comune, questa indicazione manca: ne risulta un

parametro inutile (potenzialmente fuorviante).

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Infatti, cela l'effetto dell'eventuale frazionamento di

quanto annualmente dovuto dal debitore a titolo

d'interesse.

Un TAN del 10% corrisponde a 100 euro d'interessi annui

complessivi per 1.000 presi in prestito;

ma resta nascosto se questi 100 siano pagati

in una sola rata posticipata,

o in due rate da 50 pagate alla fine di ciascun semestre,

o in 4 da 25 pagate trimestralmente,

e così via.

Il TAEG invece distingue bene: nei tre casi vale il 10% e,

risp., il 10,25% ed il 10,38%.

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Inoltre, il TAN non considera affatto gli eventuali (ma quasi

irrinunciabili) costi accessori, presenti invece nel TAEG.

(La versione "netta" del TAEG si denomina TAE)

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Per onestà: neanche il TAEG esaurisce il problema della

valutazione di un prestito. Di due prestiti con lo stesso

TAEG, ottime ragioni logiche possono portare a preferire

l'uno rispetto all'altro. I due descritti dai piani di rimborso:

anno debito pagamenti debito iniz. interessi c/capitale finale

1 1.000 100 0 1.000

2 1.000 100 1.000 0

anno debito pagamenti debito iniz. interessi c/capitale finale

1 1.000 100 500 500

2 500 50 500 0

hanno lo stesso TAEG (10%); eppure non sono affatto

equivalenti.

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E' nota la differenza formale:

I(t) = Cit, da cui M(t) = C+Cit = C(1+it) (int. semplice)

M(t) = C(1+i)t, da cui I(t) = C(1+i)t − C (int. composto)

(l'evidente asimmetria non è casuale: in un caso, vi è un

capitale cui si aggiunge un interesse via via crescente,

nell'altro si pensa ad un capitale che cresce via via).

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Molto meno nota è quest'altra differenza:

- in un impiego secondo l'interesse semplice,

il titolare può intervenire in ogni momento sul capitale

investito, ma per quel che riguarda gl'interessi deve

aspettare il termine dell'operazione, oppure che essi

"maturino" secondo quanto pattuito. A tali scadenze,

gl'interessi possono essere pagati (tipicamente, nei

contratti di prestito) o "capitalizzati": ossia, liquidati e

aggiunti automaticamente al capitale a frutto (contratti di

conto corrente).

- in un impiego secondo l'interesse composto, gl'interessi via

via prodotti non devono "maturare" in alcun modo: essi

diventano istantataneamente fruttiferi, e dunque "capitale"

a loro volta. Tutto lo "attivo patrimoniale" è

in ogni istante disponibile.

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Parleremo di "interesse semplice corretto" per designare una

legge dell'interesse semplice che preveda il pagamento,

o la capitalizzazione, degl'interessi prodotti,

periodicamente ed anticipatamente

rispetto al termine finale dell'operazione.

Osservazione fondamentale:

un investimento in "interesse semplice corretto" si svolge in

realtà, sostanzialmente, secondo l'interesse composto.

O: è equivalente ad uno in interesse composto

(non allo stesso tasso)

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- Se è previsto il pagamento semestrale degl'interessi, nel

caso dell'interesse semplice (corretto) si riscuotono 50

euro ogni 6 mese; lo stesso può farsi se l'impiego avviene

in interesse composto

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Il pagamento (o la capitalizzazione) periodica degl'interessi,

trasforma un impiego in interesse semplice in uno in

interesse composto, ad un tasso maggiore; tanto maggiore,

quanto più è frequente il pagamento (o la capitalizzazione)

Tasso in interesse composto equivalente

al 10% semplice "corretto"

m = 1 (freq. annuale): 10%

2 (semestrale): 10,25%

3 (quadrimestrale): 10,34%

4 (trimestrale): 10,38%

12 (mensile): 10,47%

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Nell'interesse semplice corretto,

gli interessi finiscono per produrre interessi

(anatocismo?)

Ovvio, nel caso che essi vengano capitalizzati;

nell'altro caso, gl'interessi scaduti e non pagati diventano

automaticamente produttori di interessi di mora,

mentre quelli pagati sono disponibili per un nuovo

investimento, a sua volta produttivo.

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Un contratto di prestito è definito quando sia stabilito il suo

piano d'ammortamento.

Per motivi giuridici o fiscali, può anche essere necessario

specificare quanto, di ciascuna rata, sia da considerare

in conto capitale e quanto in conto interessi.

Abbiamo già illustrata la superiorità di detto piano rispetto al

TAEG ai fini di una scelta razionale; superiorità ovvia se si

pensa che se si conosce il piano si può calcolare il TAEG,

mentre non è vero il contrario.

Il piano di ammortamento lascia il solo margine di ambiguità

costituito dal fatto che non è possibile, da esso, risalire al

regime impiegato; questione però di rilievo solo nel caso di

estinzione anticipata del prestito.

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Ad es.:

anno debito pagamenti debito iniz. interessi c/capitale finale

1 1.000 100 500 500

2 500 50 500 0

Il TAEG è il 10%, né pare importante stabilire quale legge

finanziaria si stia usando: ragionare in interesse composto,

o in semplice corretto (pagamento annuo degl'interessi!),

porta agli stessi risultati.

Ma che succede se, ad es. a metà del secondo anno,

una parte chiede l’estinzione anticipata?

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Secondo la convenzione del dietimo, per metà anno toccano

metà degl’interessi dovuti per l’anno intero (50 /2 = 25).

Trascuriamo l’ovvia obiezione che questo valore andrebbe

scontato, e osserviamo che procedere così vuol dire usare

l’interesse semplice: nel composto, il dovuto sarebbe 24,40.

Osserviamo invece che il TAEG dell’operazione, a questo

punto, risulta il 10,05%. Dunque, l’utilizzo del dietimo non è

coerente con i termini del contratto iniziale.

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Se un contratto di prestito prevede il pagamento periodico

degl'interessi via via maturati, qualunque sia la modalità del

rimborso (a scadenza, o progressivo a rate costanti, o

variabili) la legge finanziaria applicata non è certo quella

dell’interesse semplice, ma quella dell'interesse semplice

corretto o, indifferentemente, dell’interesse composto.

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Chi conceda il solito prestito:

anno debito pagamenti debito iniz. interessi c/capitale finale

1 1.000 100 500 500

2 500 50 500 0

impiega 1.000 euro al 10% interesse composto.

Se li impiegasse in interesse semplice, e dopo un anno

ritirasse 600, per il secondo anno avrebbe solo 400 euro a

frutto, per un montante finale di 400 + 140 = 540.

Per ottenere il flusso {600, 550} dovrebbe investire

545,45 per un anno e 458,33 per due

(1.003,79 in totale; TAEG = 9,71%)

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Che cosa accade quando la cadenza di pagamento

degl'interessi sia infrannuale?

La frase "prestare 1.000 euro per 2 anni al 10% annuo, con

pagamento annuo degl'interessi", non si presta ad equivoci:

composto, o semplice corretto, producono lo stesso risultato.

Invece, "prestare 1.000 euro per 2 anni al 10% annuo, con

pagamento semestrale degl'interessi" è frase ambigua.

Ci si riferisce all'interesse composto (48,81 euro a semestre)

o al semplice (50)?

Solo la prima soluzione è coerente col TAEG 10%

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Il piano di ammortamento è:

anno debito pagamenti debitoiniz. interessi c/capitale totale finale

1 1.000 52,17 521,74 573,91 478,26

2 478,26 95,65 478,26 573,91 -

Il TAEG risulta del 9,70%.

Non vi è pagamento annuo degl'interessi sul debito residuo

(quello dovuto al termine del primo anno sarebbe di 100

euro).

Il prestito è scomposto in uno ad un anno per 521,74 euro, ed

uno a due per 478,26, entrambi in interesse semplice al 10%.

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Supponiamo ora che lo stesso prestito ("al 10% annuo") vada

ammortizzato con pagamenti costanti, ma mensili. Per poter

calcolare la rata costante, è essenziale precisare se ci si trova

in interesse composto, o semplice (corretto).

Nel caso dell'interesse composto, il tasso mensile da inserire

nell'equazione che dà la rata è lo 0,79%. Si ottiene una rata

mensile pari a 45,95, ed un TAEG del 10% (come ci si

poteva aspettare).

Nel caso dell'interesse semplice, il tasso mensile da usare è

lo 0,83%. Si ottiene una rata mensile pari a 46,14, ed un

TAEG del 10,47%.

Come prima: se non si ricorre all'interesse composto,

si altera surrettiziamente la misura del costo del prestito.

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Per concludere: l'ammortamento francese standard

appartiene a pieno titolo al regime dell'interesse composto

(1) perché prevede pagamento periodico degl'interessi

(2) perché a quel regime appartiene la formula da cui si

ricava la rata costante,

(3) perché quello è il regime da usare per calcolare, a partire

dal TAE, la rata dovuta in caso di pagamenti infrannuali.