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Scuola di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Corso di Laurea Triennale in Fisica e Astrofisica Le relazioni fra buchi neri e galassie ospiti: l’eetto del feedback positivo nell’evoluzione delle galassie The relationships between black holes and their host galaxies: the eect of positive feedback in the evolution of galaxies Candidata: Federica Loiacono Relatore: Prof. Alessandro Marconi Anno Accademico 2013-2014

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Scuola di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali

Corso di Laurea Triennale in Fisica e Astrofisica

Le relazioni fra buchi neri e galassie

ospiti: l’effetto del feedback positivo

nell’evoluzione delle galassie

The relationships between black holes and their host galaxies:

the effect of positive feedback in the evolution of galaxies

Candidata:

Federica Loiacono

Relatore:

Prof. Alessandro Marconi

Anno Accademico 2013-2014

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Qualsiasi via è solo una via, e non c’è

nessun affronto, a se stessi o agli altri,

nell’abbandonarla, se questo è ciò che il

tuo cuore ti dice di fare...Esamina ogni

via con accuratezza e ponderazione.

Provala tutte le volte che lo ritieni necessario.

Quindi poni a te stesso, e a te stesso

soltanto, una domanda...Questa via ha

un cuore? Se lo ha, la via è buona.

Se non lo ha, non serve a niente.

Carlos Castaneda, Gli insegnamenti di Don Juan

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Indice

1 Introduzione 4

2 La necessità di un processo di feedback 5

2.1 Le relazioni di scala fra buchi neri e galassie ospiti . . . . . . . . . . . 52.2 La funzione di massa delle galassie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

3 L’evoluzione delle galassie ellittiche 10

4 Il feedback positivo 15

4.1 Effetto della pressione di radiazione su una nube di gas e polveri . . . 154.1.1 Pressione di radiazione su un gas ionizzato: il limite di Ed-

dington . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 164.1.2 Il limite di Eddington generalizzato . . . . . . . . . . . . . . . 174.1.3 La condizione perchè si abbia feedback . . . . . . . . . . . . . 184.1.4 L’equazione di moto della shell . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

4.2 La formazione stellare nell’outflow . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224.2.1 Effetto del bremsstralhung nel raffreddamento del gas . . . . . 224.2.2 Condizioni di Jeans per il collasso di una nube di gas . . . . . 244.2.3 Calcolo del tasso di formazione stellare (SFR) . . . . . . . . . 254.2.4 Discussione sulla zona di formazione stellare . . . . . . . . . . 26

5 L’effetto del feedback positivo sull’evoluzione delle galassie ellitti-

che 28

6 Conclusioni e possibili sviluppi futuri 33

Bibliografia 36

Ringraziamenti 38

3

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Capitolo 1

Introduzione

Questo lavoro si inserisce nell’ambito dell’esplorazione delle connessioni fra le galas-sie ed i buchi neri supermassicci che risiedono nei loro nuclei. Una delle questionipiù affascinanti con le quali si cimenta l’astrofisica moderna riguarda come, allaluce delle evidenze osservative riscontrate, la presenza del buco nero centrale siain grado di influenzare le proprietà della galassia su grande scala. L’esistenza direlazioni fra questi due oggetti appare strana se si pensa al divario esistente fra ledimensioni del buco nero e quelle della galassia che lo ospita. Per rendere conto ditale scenario, negli ultimi anni è stata ipotizzata l’esistenza di un meccanismo difeedback, attraverso il quale i legami fra galassie e buchi neri appaiono più plausibiligrazie alla quantità di energia che viene sprigionata durante le fasi di attività delbuco nero centrale. In particolare, questo lavoro si soffermerà su come la radiazioneliberata durante l’accrescimento possa innescare la formazione stellare all’internodella galassia, e su come tale meccanismo si presti particolarmente bene a descriverela cosiddetta crescita inside-out (dall’interno verso l’esterno) che sembra contrad-distinguere le galassie ellittiche. In questa maniera verrà delineata una immaginenuova del ruolo che il buco nero, solitamente ritenuto responsabile del blocco del-la formazione stellare nell’ambito del modello di feedback negativo, possa rivestireall’interno della galassia che lo ospita. Per completezza, è doveroso specificare chealtri modelli di feedback positivo (tale è l’espressione che è stata adottata per in-quadrare questa nuova prospettiva) sono stati elaborati per tenere conto degli effettiche i venti ed i getti di materiale, prodotti da parte del buco nero in fase di accresci-mento, possano avere sulla formazione stellare nella galassia ospite. Questo lavorosi limiterà alla trattazione degli effetti dovuti alla sola pressione di radiazione, e sucome essi possano ripercuotersi sulle proprietà su larga scala delle galassie. Primadella descrizione del modello vero e proprio, sarà presentato il panorama attualedelle relazioni riscontrate fra buchi neri e galassie ospiti e verrà descritto lo scenarioevolutivo delle galassie ellittiche, scenario all’interno del quale tale modello vuoleinserirsi. Saranno infine discussi i risultati ottenuti e si parlerà di possibili sviluppiper il futuro.

4

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Capitolo 2

La necessità di un processo di

feedback

In questo capitolo verranno presentati i fatti sperimentali che hanno portato al-l’introduzione di un meccanismo di feedback per spiegare i legami fra buchi neri egalassie ospiti. Si procederà con la descrizione di alcune evidenze osservative chesuggeriscono l’esistenza di una co-evoluzione dei buchi neri e delle galassie e, suc-cessivamente, si parlerà di come il feedback permetta di trovare un accordo fra lefunzioni di massa osservate per le galassie e quelle predette dai modelli.

2.1 Le relazioni di scala fra buchi neri e galassie

ospiti

Negli ultimi vent’anni sono state ottenute numerose evidenze osservative che testi-moniano l’esistenza di precise relazioni fra galassie e buchi neri supermassicci. Inparticolare, sono state trovate delle relazioni di scala che legano la massa del buconero alla velocità di dispersione delle stelle nella galassia ospite, ed alla massa ed allaluminosità dello sferoide. Se si considerano gli studi effettuati indipendentementeda parte di due gruppi di ricerca (Ferrarese & Merritt 2000, Gebhardt et al. 2000)emerge una relazione del tipo

MBH _ �

con ↵ = 4 per Gebhardt et al. e ↵ = 5 per Ferrarese & Merrit, dove MBH è lamassa del buco nero e � la velocità di dispersione delle stelle valutata entro il raggioefficace Re

1. Altri studi hanno mostrato l’esistenza di ulteriori relazioni, ovvero

MBH ⇠ 10

�3Mb

1Per raggio efficace Re si intende quel valore del raggio tale che, detta L la luminosità della

galassia, si ha L(Re) =12L

5

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6 CAPITOLO 2. LA NECESSITÀ DI UN PROCESSO DI FEEDBACK

eMBH _ L

1.1b

dove Mb e Lb sono, rispettivamente, la massa e la luminosità dello sferoide (ininglese bulge) della galassia ospite. Si noti che, nel caso in cui il buco nero risiedaall’interno di una galassia ellittica, il bulge coincide con l’intera galassia. Questirisultati suggeriscono che tra buco nero e galassia ospite debba esistere una qualcheforma di interazione che porti all’instaurarsi di queste relazioni di scala e, come tale,si potrebbe pensare all’interazione gravitazionale. Tuttavia, se si fa una stima dellasfera di influenza gravitazionale del buco nero, si trova che quest’ultima costituisceuna frazione irrisoria del volume della galassia, e dunque un modello imperniatosu una interazione di questa natura non sarebbe in grado di rendere conto dellerelazioni osservate.

Volendo quantificare quanto è stato appena detto, possiamo considerare unasfera di raggio r centrata nel buco nero. La massa contenuta nella sfera sarà data daM(r) = MBH +MF(r), dove con MF(r) si è indicata la massa dei costituenti dellagalassia che si trovano al suo interno (principalmente stelle). La sfera di influenza delbuco nero può essere stimata come quella regione di spazio all’interno della qualeMBH & 1

2M(r) in modo che la forza gravitazionale da esso esercitata non possaritenersi trascurabile. Nell’assunzione che la galassia sia rappresentabile come unasfera isoterma, la sua densità sarà scrivibile come ⇢(r) = �

2/2⇡Gr

2 da cui possiamofacilmente calcolare M(r) =

R r

0 ⇢(r)4⇡r

2dr = 2�

2r/G. Se RBH è il raggio della sfera

di influenza si avrà MBH =

12M(RBH) =

122�

2RBH/G, da cui ricaviamo

RBH =

GMBH

2(2.1)

Se si tiene conto della relazione MBH ⇠ 10

�3Mb e si calcola analogamente a prima

Mb = 2�

2Re/G, con Re ⇠ Rb raggio del bulge, sostitendo nella (2.1) otteniamo

RBH ⇠ 2⇥ 10

�3Rb (2.2)

e pertanto il volume della sfera di influenza del buco nero sarà dell’ordine di

VBH ⇠ 3.3⇥ 10

�8Vb

A livello gravitazionale, dunque, l’attrazione esercitata dal buco nero risulta impor-tante solo in un volume irrisorio rispetto a quello della galassia che lo ospita.

E’ noto come i buchi neri supermassicci possano sperimentare delle fasi di attivi-tà dovute all’accrescimento di materiale proveniente dal disco che li circonda (discodi accrescimento). Un nucleo galattico all’interno del quale avviene questo processosi dirà nucleo galattico attivo (AGN). L’accrescimento su oggetti compatti è caratte-rizzato da un’altissima efficienza di conversione di materia in energia (✏ ⇠ 10%, peravere un’idea si pensi che nel caso delle reazioni nucleari all’interno delle stelle si ha✏ ⇠ 0.007%) e pertanto la luminosità di un AGN (LAGN = ✏mc

2, dove m costituisce

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2.2. LA FUNZIONE DI MASSA DELLE GALASSIE 7

il tasso di accrescimento) in questa fase potrà essere notevole. Se vogliamo fare unconfronto fra l’energia totale EAGN irraggiata dal buco nero durante la sua cresci-ta e l’energia gravitazionale Egrav del bulge della galassia, possiamo procedere nelmodo seguente. Sia �EAGN = ✏�Mc

2 l’energia rilasciata dal buco nero in accresci-mento nell’intervallo di tempo �t, dove per �M si intende la massa che alimental’AGN. In particolare, si avrà che una frazione ✏ di questa quantità viene conver-tita in radiazione, mentre una frazione (1 � ✏) cade nel buco nero. Denominiamoquest’ultima quantità come �MBH = (1� ✏)�M . Ricavando �M e sostitendo talevalore nell’espressione di �EAGN otteniamo, dopo aver moltiplicato per �t

EAGN =

1� ✏

MBHc2 (2.3)

Occorre adesso dare una stima dell’energia gravitazionale dello sferoide. Sostituendoi valori di ⇢(r) e M(r) usati in precedenza, essa può essere valutata come

Egrav = �Z Rb

0

GM(r)⇢(r)4⇡r

2

r

dr = �4�

4Rb

G

= �2Mb�2 (2.4)

dove, nell’ultimo passaggio, si è sfruttato il fatto che Mb = 2�

2Rb/G. Se calcoliamo

il rapporto di EAGN e Egrav in valore assoluto, per ✏ ⇠ 0.1 si ottiene����EAGN

Egrav

���� ⇠ 125 (2.5)

dove si è ancora fatto uso di MBH ⇠ 10

�3Mb e si è preso un valore indicativo di

� pari a 200 kms

�1. Da tale espressione si evince come l’energia rilasciata dal bu-co nero in accrescimento sia decisamente superiore rispetto a quella gravitazionaledi legame dello sferoide della galassia, e pertanto essa sarà in grado di avere delleripercussioni importanti su di essa. La galassia dunque risentirà della presenza delbuco nero centrale, ma come questo avvenga dipende da come e quanta energia leviene trasferita. L’azione che il buco nero esercita sulla galassia nelle sue fasi di atti-vità prende il nome di feedback e costituisce ad oggi il meccanismo più ampiamentericonosciuto per rendere conto della co-evoluzione di questi due oggetti. Tuttavia,questa è solo una parte della storia, in quanto il meccanismo di feedback è statoproposto anche per un’altra ragione che verrà descritta nella sezione successiva.

2.2 La funzione di massa delle galassie

Secondo il modello cosmologico attuale le galassie si sono formate grazie alla conden-sazione della materia barionica contenuta negli aloni di materia oscura. La materiaordinaria, raffreddandosi, ha determinato la nascita delle prime stelle a partire dallequali si sono formate le galassie. Da un universo inizialmente isotropo ed omogeneosi sono venute a creare le strutture che popolano l’universo attuale, e può risultare

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8 CAPITOLO 2. LA NECESSITÀ DI UN PROCESSO DI FEEDBACK

109 1011 1013 1015

Massa galassia o alone [M☉]

Num

ero

rela

tivo

per u

nità

di v

olum

e

0.01

1

100

104

106

Funzioni di massa di Aloni e Galassie

×0.15

Galassie Nane

Via Lattea GruppoGalassia

Gigante Ammasso

Aloni di Materia Oscura(simulazioni)

Galassie (modelli)

Galassie (osservazioni)

Figura 2.1: La figura mostra il numero di galassie e di aloni di materia oscura per kpc3 in funzione

della massa. La linea azzurra più esterna si riferisce alla materia oscura, mentre quella tratteggiata

mostra l’andamento che la funzione di massa della materia barionica avrebbe se si comportasse

come la materia oscura. I punti neri indicano il numero di galassie per unità di volume osservato, e

la linea nera mostra l’andamento teorico della funzione di massa per le galassie previsto dai modelli

di fotoionizzazione e di feedback da supernovae. (A. Marconi, I buchi neri, Bologna, Il Mulino,

2013)

interessante studiare come queste strutture siano distribuite. Per fare questo, vieneutilizzata la cosiddetta funzione di massa. Essa rappresenta semplicemente il nume-ro di oggetti per kpc3 che popolano l’universo in funzione della massa. Nel grafico lalinea azzurra esterna mostra l’andamento attuale della funzione di massa ottenutatramite simulazioni numeriche per gli aloni di materia oscura. Se tutti i barionicondensassero a formare stelle si avrebbe un andamento della funzione di massadelle galassie uguale a quello osservato per la materia oscura, moltiplicato per unfattore ⌦b/⌦0 (dove ⌦b e ⌦0 sono rispettivamente i parametri di densità della mas-sa barionica e della massa totale presenti nell’universo) come mostrato dalla lineatratteggiata. Tuttavia, dal grafico si nota che la funzione di massa osservata (puntineri) per le galassie mostra un andamento differente. Questo significa che non tuttii barioni collassano a formare stelle, e sono stati proposti dei modelli per spiegarequesto effetto. Uno di questi riguarda le conseguenze che la radiazione emessa dalle

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2.2. LA FUNZIONE DI MASSA DELLE GALASSIE 9

stelle già formate e l’energia liberata nelle esplosioni di supernova hanno sul gasdelle galassie. Le stelle giovani, in virtù della temperatura elevata, producono unaenorme quantità di luce UV che, attraverso la fotoionizzazione, riscalda il mezzocircostante fino a temperature dell’ordine di 2 ⇥ 10

4 K. Allo stesso modo, le on-de d’urto provocate dalle esplosioni di supernova sono responsabili di un aumentovertiginoso della temperatura dell’ISM. L’effetto combinato di questi due processiprovoca l’arresto della formazione stellare, in quanto riduce in maniera drastica laquantità di gas freddo. Come mostrato dalla linea nera che si sovrappone ai puntinella figura 2.1, la fotoionizzazione ed il feedback da supernovae (tale è l’espressioneadottata per designare l’effetto che le supernovae hanno sulla formazione stellarenella galassia ospite) sono in grado di spiegare l’andamento della funzione di massaper le galassie meno massicce. Quando M > 10

11M� tuttavia, questo meccanismo

risulta insufficiente per rendere conto del basso numero di galassie massicce osser-vate nell’universo. E’ dunque necessario un meccanismo ulteriore, e la soluzionedel problema sembra poter venire dal feedback degli AGN. Nella sezione preceden-te abbiamo detto che, durante le fasi di accrescimento, il buco nero è in grado disprigionare una enorme quantità di radiazione e che questa energia risulta essere su-periore a quella di legame della galassia. Il gas che si trova all’interno della galassiapuò dunque essere spazzato via dal buco nero, provocando una diminuzione drasticadel materiale da cui ha luogo la formazione stellare. In tal senso, il buco nero apparein grado di congelare il numero di stelle all’interno di una galassia e può spiegare ilbasso numero di galassie estremamente massicce. A questo scenario può essere datoil nome di feedback negativo.

Tuttavia, da studi recenti, è emersa la possibilità che il materiale spazzato via dalbuco nero possa perturbare il gas freddo presente nell’ISM, inducendo la formazionestellare all’interno di quest’ultimo. A tale scenario si dà il nome di feedback positivo,e al suo studio è finalizzato questo lavoro.

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Capitolo 3

L’evoluzione delle galassie ellittiche

Numerose evidenze osservative testimoniano un’evoluzione nelle dimensioni dellegalassie ellittiche tra z ⇠ 2 e z ⇠ 0. Infatti, se si fa un confronto fra le galassie adalto redshift e quelle dotate di massa simile che si trovano nell’universo locale, siriscontra un incremento del raggio caratteristico di un fattore ⇠ 5 (van Dokkum etal. 2008). In particolare, l’universo nei suoi primi 3 Gyr sembra essere costituito dagalassie estremamente compatte, aventi masse & 10

11M� e raggi scala tipicamente

& 1kpc, che invece sono rare a basso redshift. In molti si sono interrogati su qualesia il destino di questi oggetti e presenteremo adesso dei risultati alla luce dei quali siè portati a credere che queste galassie estremamente piccole e massicce costituiscanole regioni centrali delle attuali galassie ellittiche aventi massa dell’ordine di 2� 3⇥10

11M�.In uno studio condotto da parte di Bezanson et al. nel 2009 si è cercato di for-

nire delle relazioni che leghino le galassie primordiali a quelle attuali. I dati raccoltiriguardano le cosiddette galassie red and dead ("red" in quanto sono costituite dastelle vecchie e pertanto sono di colore rosso, "dead" poichè non presentano for-mazione stellare al loro interno) aventi masse ⇠ 10

11M�, e le galassie vicine la cui

massa risulta & 10

11M� per considerare solo le possibili discendenti delle galassie

antiche. In particolare, a partire da misure della luminosità, e utilizzando la rela-zione osservata che lega quest’ultima alla massa delle galassie, sono stati ricostruitii profili della densità di massa di questi oggetti per poter effettuare un confronto.Come si nota dalla figura 3.1, per valori del raggio . 3kpc le densità medie dellegalassie considerate risultano piuttosto simili, mentre si riscontrano differenze chearrivano fino a un paio di ordini di grandezza al di fuori di questa zona. In parti-colare, la somiglianza per r . 3kpc suggerisce l’ipotesi che le galassie più antichepossano costituire le regioni centrali (core) delle galassie vicine e che la loro crescitasi sia verificata accumulando massa prevalentemente all’esterno della zona centrale.Questa modalità di crescita dall’interno verso l’esterno (inside-out growth, in ingle-se) potrebbe dunque contraddistinguere le galassie ellittiche, spiegando l’assenza digalassie compatte nell’universo locale. Nella figura 3.2 invece i punti neri indicanole galassie con z ⇠ 2.3, mentre gli altri simboli fanno riferimento alle galassie vicine,

10

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11

Figura 3.1: Confronto fra la densità stellare media delle galassie compatte (linea nera) e delle ga-

lassie a basso redshift (linee colorate). La linea rossa rappresenta il profilo di densità per le galassie

vicine aventi M > 1011M� , mentre la linea verde e la linea blu fanno riferimento rispettivamente

a quelle con M > 3⇥ 1011M� ed M > 5⇥ 1011M�. (Bezanson et al. 2009)

suddivise in base al campione utilizzato. I simboli riportati in grigio si riferiscono al-le galassie vicine la cui massa è < 10

11M� e che, nel caso in cui siano escluse perdite

di massa, non possono costituire le discendenti delle galassie più antiche. Nella fig.3.2(a) si vede come il raggio tenda ad aumentare con il diminuire del redshift, mentrenella fig. 3.2(b) si nota come la densità di massa valutata entro il raggio effettivoReff risulti molto maggiore per le galassie con z ⇠ 2.3 a differenza di quel che accadeper ⇢(< 1kpc), dove i valori fra le diverse densità risultano essere piuttosto simili.Si noti come le galassie compatte si collochino approssimativamente sulla diagonaledi questo grafico, in quanto hanno Reff ⇠ 1kpc. Nelle figure 3.2 (c-d) viene messoin evidenza lo stesso effetto, stavolta rappresentando la densità di massa entro Reff

oppure entro 1 kpc in funzione della massa in stelle della galassia. Alla luce deidati raccolti, sono stati avanzati dei modelli che siano in grado di render conto delloscenario evolutivo appena discusso. Essi ipotizzano che la crescita sia avvenuta oattraverso episodi di mergers (equal-mass mergers o minor mergers) oppure attra-verso una espansione senza incremento di massa, denominata anche puffing up. Siosservi che con la parola merger si intende la fusione dinamica fra due galassie, lequali possono avere masse simili (caso equal-mass mergers, detti anche major mer-gers), o molto diverse nel caso dei minor mergers. Per quanto riguarda i primi duemodelli, si può avere un’idea di come la crescita nelle dimensioni della galassia daessi predetta sia legata all’incremento di massa sfruttando la conservazione dell’e-nergia cinetica relativa ai moti interni delle stelle. Se si indicano con K1 e con K2 le

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12 CAPITOLO 3. L’EVOLUZIONE DELLE GALASSIE ELLITTICHE

Figura 3.2: I quatto pannelli mostrano le relazioni che intercorrono fra dimensioni e massa delle

galassie (a), densità entro il raggio effettivo e densità entro 1 kpc (b), densità entro il raggio effettivo

in funzione della massa (c), e densità entro 1 kpc in funzione della massa (d). I punti neri indicano

le galassie più antiche mentre gli altri simboli si riferiscono a quelle vicine. Le frecce indicano

l’evoluzione delle galassie prevista dai modelli fondati sui minor mergers (in verde), equal-mass

mergers (in blu) e sul puffing up (in rosso). (Bezanson et al. 2009)

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energie cinetiche interne delle due galassie interagenti e con K1+2 l’energia cineticadella galassia "figlia" otteniamo K1+2 = K1+K2, che può essere riscritta in funzionedelle masse M1,M2,M1+2 = M1 + M2 e delle velocità di dispersione �1, �2 e �1+2

come 12M1+2�

21+2 =

12M1�

21 +

12M2�

22. Nel caso si verifichi un merger fra due oggetti

con massa simile, possiamo considerare M1 = M2 che, sostituito nell’espressioneprecedente, implica �

21+2 = �

21 = �

22. Riscrivendo �

2 ⇠ GM/r si ottiene quindi larelazione

r1+2

r1=

M1+2

M1(3.1)

dalla quale si evince che, in questo tipo di processo, la massa e le dimensioni dellagalassia crescono allo stesso modo, mantenendo immutata la velocità di dispersione.Se la crescita avviene attraverso i minor mergers, nell’equazione con le energie cine-tiche si può considerare �

21 � �

22 e nell’ipotesi che M1

r1� M2

r2si ottiene �2

1+2

�21

⇠ M1M1+2

.Riscrivendo nuovamente la velocità in funzione della massa e del raggio, ricaviamo

r1

r1+2⇠

✓M1

M1+2

◆2

(3.2)

Da questa scrittura si evince come, nel caso di un minor merger, il raggio dellagalassia cresca come il quadrato della massa. Le galassie che si formano a partireda questo tipo di processi presenteranno dunque un incremento delle dimensioni piùsignificativo rispetto a quello della massa. Infine, il modello puffing up prevede unagraduale espansione della galassia innescata da parte di un quasar (QSO) presenteal suo interno, senza alcune ripercussioni sulla massa della galassia ospite.

Per quanto riguarda il modello di crescita fondato sui major mergers, le osser-vazioni mostrano che tra z = 2 e z = 0 si è verificato un aumento nella massa dellegalassie di un fattore ⇠ 2 (van Dokkum et al. 2010), che risulta dunque inferioreall’incremento nelle dimensioni di questi oggetti registrato nello stesso intervallo ditempo (cambiamento di un fattore ⇠ 5). Sembra dunque che massa e raggio delleellittiche non crescano alla stessa maniera e, stando a questo modello, avremmo unadensità numerica di galassie con M ⇠ 10

12M� maggiore rispetto a quella osservata.

Per quanto riguarda lo scenario presentato dal modello puffing up si noti co-me, essendo �

2 / MR

, un aumento considerevole delle dimensioni della galassia amassa fissata implicherebbe una notevole diminuzione della velocità di dispersione.Tuttavia le osservazioni (Cenarro & Trujillo 2009) testimoniano cambiamenti pocosignificativi nei valori di �. Inoltre, questo modello ha la pecca di sottostimare ilvalore della densità in prossimità del nucleo galattico.

Nel caso in cui la crescita avvenga attraverso i minor mergers invece la situazionedelineata dal modello si accorda, perlomeno qualitativamente, con le osservazioniche vogliono un aumento delle dimensioni più vistoso rispetto a quello della massa.In particolare, alcune simulazioni numeriche mostrano come il materiale a bassadensità coinvolto nel processo tenderebbe a raccogliersi negli strati più esterni dellagalassia più massiccia, in accordo con la crescita inside-out (Naab et al. 2009; Oser

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14 CAPITOLO 3. L’EVOLUZIONE DELLE GALASSIE ELLITTICHE

et al. 2012). Tra i modelli presentati dunque, questo sembrerebbe quello che megliosi accorda ai dati raccolti. Tuttavia, alcune recenti osservazioni mostrano comeper z & 1 questo meccanismo risulti insufficiente per spiegare da solo l’alto tassodi crescita delle galassie ad alto redshift (Newman et al. 2012). Notiamo come, innessuno di questi modelli, si faccia menzione della formazione stellare come possibilemodalità di crescita.

E’ in questo scenario che si inserisce il modello di feedback positivo su cuiè incentrato questo lavoro di tesi. Procederemo alla sua descrizione nel capitolosuccessivo.

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Capitolo 4

Il feedback positivo

Il modello di feedback positivo che verrà analizzato in questo capitolo è stato pro-posto da parte di Wakiko Ishibashi e Andrew C. Fabian in una serie di articoli,comparsi a partire dal 2012, con il proposito di fornire una spiegazione alternativache renda conto dello scenario delineato nel capitolo precedente. Esso è incentratosugli effetti che la pressione di radiazione prodotta dall’AGN può generare nel mez-zo interstellare e su come la formazione stellare venga innescata a distanze sempremaggiori dal centro, a mano a mano che il gas e le polveri spazzate via dal nucleoprocedono nella loro espulsione. Una situazione fisica di questo tipo appare con-sistente con la modalità di crescita inside-out di cui si è discusso prima, e questaforma di feedback dovuto alla pressione di radiazione potrebbe rivelarsi una vali-da alternativa al modello di minor mergers nel render conto dell’evoluzione dellagalassie ellittiche con 1 < z < 2.

4.1 Effetto della pressione di radiazione su una nube

di gas e polveri

Per pressione di radiazione si intende la forza per unità di superficie che viene ap-plicata ad un mezzo esposto alla radiazione elettromagnetica. Se indichiamo con f⌫

la forza radiativa che i fotoni a frequenza ⌫ esercitano nei confronti di una singolaparticella esposta alla radiazione, essa può essere valutata come

f⌫ =

dq⌫

dt

(4.1)

dove q⌫ costituisce la quantità di moto che i fotoni trasferiscono alla particella inseguito al processo di scattering o di assorbimento. Supponendo di avere N fotoniinteragenti, ciascuno dotato di un impulso h⌫/c, si ottiene che q⌫ = h⌫N/c. Inparticolare, se i fotoni vengono prodotti da parte di una sorgente monocromaticadotata di luminosità L⌫ che emette radiazione in maniera uniforme in tutte le di-rezioni, potremo indicare con n = L⌫/4⇡r

2h⌫ il numero di fotoni che nell’unità di

15

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16 CAPITOLO 4. IL FEEDBACK POSITIVO

tempo e per unità di superficie arrivano a distanza r. Differenziando l’espressionedi q⌫ abbiamo

dq⌫ =

h⌫

c

dN =

L⌫�dt

4⇡r

2c

(4.2)

dove dN = n�dt rappresenta il numero di fotoni che nell’unità di tempo dt interagi-scono con la particella. Con � si è invece indicata la sezione d’urto che caratterizzail processo, dove per sezione d’urto si intende una sorta di superficie utile che laparticella "offre" ai fotoni. Notiamo che, a livello atomico, indicate con �T e �p lasezione dell’elettrone e del protone, risulta �T ⇠ (mp/me)

2�p dove me ed mp rap-

presentano rispettivamente la massa dell’elettrone e quella del protone. Pertanto,la forza radiativa esercitata sui protoni potrà ritenersi trascurabile. Sostituendo la(4.2) nella (4.1) si ottiene una espressione per la forza radiativa pari a

f⌫ =

L⌫�

4⇡r

2c

(4.3)

Nel caso in cui il mezzo considerato sia dominato da gas utilizzeremo come � lasezione d’urto Thomson dell’elettrone �T ; nel caso in cui sia dominante la presenzadella polvere si adotterà una sezione d’urto che mediamente (su ⌫) vale �d ⇠ 10

3�T

(Fabian 2009). Se la nostra sorgente produce radiazione a diverse lunghezze d’onda,possiamo integrare l’espressione precedente sulla frequenza emessa. Si ottiene dun-que una espressione per la forza radiativa esercitata su di una singola particella paria

frad =L�

4⇡r

2c

(4.4)

dove L costituisce la luminosità totale della sorgente.

4.1.1 Pressione di radiazione su un gas ionizzato: il limite di

Eddington

Supponiamo adesso che la sorgente dia origine ad un campo gravitazionale e che ilmezzo esposto alla radiazione sia un gas ionizzato. La forza gravitazionale applicatadalla sorgente ad una singola particella dotata di massa m che si trovi a distanza r

sarà data da fgrav = GMm/r

2, dove M è la massa della sorgente. Essendo la massadei protoni molto maggiore rispetto a quella degli elettroni, potremo trascurare laforza gravitazionale esercitata nei confronti di questi ultimi e, pertanto, conside-reremo m = mp. Per quanto riguarda l’espressione di frad, essendo lo scatteringcon gli elettroni il processo di diffusione dominante all’interno di un gas ionizzato,prenderemo semplicemente � = �T . La forza radiativa tenderà ad allontanare il gasdalla sorgente, al contrario di quella gravitazionale che tenderà a favorirne il collasso.Possiamo andare a valutare la massima luminosità che la sorgente può avere affinchènon venga impedito il collasso del materiale. Tale luminosità limite prende il nome

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4.1. EFFETTO DELLA PRESSIONE DI RADIAZIONE 17

di limite di Eddington e la si indicherà con LE. Essa corrisponde al valore di L percui si ha l’uguaglianza fra la forza gravitazionale e quella radiativa, ovvero

GMmp

r

2=

LE�T

4⇡r

2c

(4.5)

Risolvendo per LE si ottiene

LE =

4⇡GcmpM

�T

(4.6)

4.1.2 Il limite di Eddington generalizzato

Si consideri adesso una nube di gas e polveri dotata di profondità ottica ⌧⌫ chesi trovi nelle vicinanze di una una certa sorgente e sia A la sua sezione. Possiamovalutare la forza radiativa complessiva agente sulla porzione di gas a distanza r dallasorgente integrando sulle frequenze della radiazione emessa

Frad =

Z 1

0

L⌫A

4⇡r

2c

(1� e

�⌧⌫)d⌫ (4.7)

dove il fattore fra parentesi indica la probabilità di assorbimento che, moltiplicataper A, rappresenta la superficie offerta ai fotoni. Nel caso in cui ⌧⌫ ⌧ 1 (mezzootticamente sottile), sviluppando in serie e

�⌧⌫ ⇡ 1� ⌧⌫ si ottiene

Frad(⌧⌫ ⌧ 1) =

Z 1

0

L⌫A

4⇡r

2c

⌧⌫d⌫ =

L

4⇡r

2c

Ah⌧⌫i (4.8)

dove h⌧⌫i =R10 L⌫⌧⌫d⌫/

R10 L⌫d⌫ rappresenta il valore medio della profondità ottica

sull’intervallo di integrazione. Se invece ⌧⌫ � 1 (mezzo otticamente spesso), essendoe

�⌧⌫ ⇡ 0, l’espressione (4.7) si riduce a

Frad(⌧⌫ � 1) =

Z 1

0

L⌫A

4⇡r

2c

d⌫ =

L

4⇡r

2c

A (4.9)

Nel caso in cui la nostra sorgente eserciti un campo gravitazionale, possiamo scriverela forza di attrazione nei confronti della porzione di nube dotata di massa mc e situataa distanza r come

Fgrav = G

M(r)mc

r

2= G

M(r)m

r

2NA (4.10)

con M(r) massa racchiusa all’interno di una sfera di raggio r, e m ed N rispet-tivamente massa e densità di colonna delle particelle che costituiscono la nube.Analogamente a come si è fatto prima, si può andare a valutare l’espressione dellaluminosità massima che la sorgente può avere affinchè non venga impedito l’accre-scimento del materiale. In questo caso parleremo di limite di Eddington efficaceLEeff

e, a seconda di ⌧⌫ , esso assumerà delle espressioni differenti. Nel caso in cui il

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18 CAPITOLO 4. IL FEEDBACK POSITIVO

mezzo sia otticamente sottile, imponiamo l’uguaglianza fra la forza gravitazionale equella radiativa

G

M(r)mNA

r

2=

LEeff(⌧⌫ ⌧ 1)

4⇡r

2c

Ah⌧⌫i (4.11)

da cui si ottiene

LEeff(⌧⌫ ⌧ 1) =

4⇡cGM(r)mNh⌧⌫i

⇠ 4⇡cGM(r)m

(4.12)

dove si è considerato h⌧i ⇠ N�. Notiamo che, nel caso in cui la nube si trovi nelpotenziale gravitazionale di un buco nero ed il gas risulti ionizzato, possiamo scrivereMBH al posto di M(r) e prendere come valori di � e m quelli di �T e mp. Otteniamoallora una espressione per il limite di Eddington efficace pari a

LEeff=

4⇡GcmpMBH

�T

(4.13)

che è proprio la (4.6) nel caso in cui M = MBH .Procedendo come nel caso ⌧⌫ ⌧ 1, si ottiene per un mezzo otticamente spesso

LEeff(⌧ � 1) = 4⇡cGM(r)mN (4.14)

Si noti come, in questo caso, il limite di Eddington efficace non dipenda dalla sezioned’urto delle particelle presenti nel gas.

4.1.3 La condizione perchè si abbia feedback

Nel modello di feedback positivo da noi considerato, si assiste all’espulsione di unashell di gas e polveri ad opera della pressione di radiazione esercitata dal buconero in accrescimento. Affinchè cominci il processo di espulsione è necessario che ilrapporto di Eddington LAGN/LEeff

risulti maggiore di uno, in maniera tale che laforza radiativa domini su quella gravitazionale. Per quanto concerne l’espressionedi LEeff

da utilizzare, occorre valutare la profondità ottica del gas che circondal’AGN. Assumiamo di avere, nelle vicinanze del buco nero, una nube di gas dotatadi forma sferica. Utilizzando la definizione, abbiamo che la profondità ottica puòessere valutata come

⌧ =

Z 1

r

k⇢g(r)dr (4.15)

con ⇢g densità del gas e k = �/m opacità del mezzo. Assumendo che una galassiapossa essere schematizzata come una sfera isoterma, la sua densità è scrivibile come

⇢(r) =

2

2⇡Gr

2(4.16)

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4.1. EFFETTO DELLA PRESSIONE DI RADIAZIONE 19

con � velocità di dispersione delle stelle al suo interno. Denominato come fg ilrapporto fra la massa del gas e la massa totale della galassia, potremo scrive-re ⇢g(r) = fg⇢(r). Svolgendo l’integrale nella (4.15), otteniamo un valore per laprofondità ottica pari a

⌧ = k

fg�2

4⇡Gr

(4.17)

Notiamo che la profondità ottica diminuisce in funzione del raggio, ed in particolareessa assume il valore di 1 per un certo r = Rc. A questo valore di r viene dato ilnome di raggio critico. Possiamo valutare la sua espressione analitica imponendo lacondizione ⌧(Rc) = 1, da cui si trova

Rc =kfg�

2

2⇡G

(4.18)

Per r < Rc il nostro mezzo risulta essere otticamente spesso e la condizione affinchèil gas venga spazzato via sarà pertanto scritta come

LAGN

LEeff(⌧ � 1)

> 1 (4.19)

La luminosità di un AGN può essere espressa come una frazione � del limite diEddington classico del buco nero, ovvero LAGN = �4⇡cGmpMBH/�T . Tenendoconto di questo e della (4.14), la condizione perchè il gas sia spazzato via è

N <

�mpMBH

�TM(r)m

(4.20)

Possiamo assumere M(r) dell’ordine della massa del bulge, in maniera tale da sfrut-tare il fatto che MBH/M(r) ⇠ 10

�3. Nel caso in cui il gas sia costituito prevalen-temente da idrogeno, otteniamo un valore numerico per la densità di colonna limitedato da NH < 1.5 ⇥ 10

21cm

�2�. Se il gas che circonda il nucleo soddisfa questa

condizione, esso verrà spazzato via. Questo meccanismo riguarda il gas che si trovaentro Rc. Superato questo valore il materiale si fa troppo rarefatto e, poichè lapressione di radiazione non è più in grado di garantire l’espulsione della shell, siha il mescolamento del materiale contenuto al suo interno con il mezzo interstella-re circostante. Successivamente forniremo una stima numerica del raggio critico, evedremo quali indicazioni può fornirci nell’ottica di comprendere il ruolo esercitatodal feedback positivo nell’evoluzione delle galassie.

4.1.4 L’equazione di moto della shell

Esaminato il fenomeno fisico alla base del trasporto della shell, siamo pronti perstudiarne l’equazione del moto. Se indichiamo con Mg(r) la massa del gas racchiusoall’interno della shell avremo

d

dt

[Mg(r)r] =L

c

�G

Mg(r)M(r)

r

2(4.21)

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20 CAPITOLO 4. IL FEEDBACK POSITIVO

Il primo termine al secondo membro rappresenta la forza radiativa agente sul gas,ed è stato ricavato dalla (4.9) sostituendo ad A il valore della superficie della shell,pari a 4⇡r

2. Per quanto riguarda la valutazione della forza gravitazionale, invece, sinoti che la massa totale M(r) contenuta nella shell è data da Mg(r)+MDM(r), doveMDM(r) indica la massa di materia oscura e la massa delle stelle presenti nella shell.Poichè MDM � Mg potremo porre al secondo membro della (4.21) semplicementeM(r) = MDM(r). Se assumiamo che la shell abbia forma sferica, per calcolareMDM(r) possiamo integrare semplicemente la densità di massa della galassia ⇢(r)

che è pari sostanzialmente alle densità di materia oscura e stelle ⇢DM(r). Otteniamoallora

MDM(r) =

Z r

0

⇢(r)4⇡r

2dr =

2�

2r

G

(4.22)

e procedendo in modo simile si trova

Mg(r) =2fg�

2r

G

(4.23)

Se sostituiamo questi valori nell’espressione della forza gravitazionale si ottiene

G

Mg(r)M(r)

r

2= G

Mg(r)MDM(r)

r

2=

4�

4fg

G

(4.24)

Integrando l’equazione del moto fra 0 e t si trova quindi

Mg[r(t)]r(t)�Mg[r(0)]r(0) =

✓L

c

� 4�

4fg

G

◆t (4.25)

Dette r(0) = r0 e r(0) = v0 rispettivamente la posizione e la velocità della shell almomento in cui inizia l’espansione, il primo membro della (4.25) può essere riscrittocome

Mg[r(t)]r(t)�Mg[r(0)]r(0) =2fg�

2r

G

dr

dt

� 2fg�2r0

G

v0 (4.26)

Dopo aver separato le variabili, possiamo procedere ad una seconda integrazioneZ r

r0

2�

2fgr

G

dr =

Z t

0

✓L

c

� 4�

4fg

G

◆t+

2�

2r0fgv0

G

�dt (4.27)

da cui si ottiene

2fg�2

G

✓r

2

2

� r

20

2

◆=

✓L

c

� 4�

4fg

G

◆t

2

2

+

2�

2r0fgv0

G

t (4.28)

Possiamo dunque risolvere l’equazione per r2 e, dopo aver estratto la radice quadrata,troviamo infine

r(t) =

s

r

20 + 2v0r0t+

✓GL

2�

2fgc

� 2�

2

◆t

2 (4.29)

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4.1. EFFETTO DELLA PRESSIONE DI RADIAZIONE 21

Derivando rispetto al tempo possiamo ottenere la velocità della shell

v(t) =

dr

dt

=

v0r0 + t

⇣GL

2�2fgc� 2�

2⌘

rr

20 + 2v0r0t+

⇣GL

2�2fgc� 2�

2⌘t

2

(4.30)

Il valore di t può essere ricavato semplicemente elevando al quadrato la (4.29).Svolgendo i calcoli, si trova

t =

�v0r0 +

rv

20r

20 +

⇣GL

2�2fgc� 2�

2⌘(r

2 � r

20)

⇣GL

2�2fgc� 2�

2⌘ (4.31)

Sostituendo questa espressione nella (4.30) otteniamo una espressione della velocitàin funzione del raggio data da

v(r) =

sr

20v

20

r

2+

✓GL

2�

2fgc

� 2�

2

◆✓1� r

20

r

2

◆(4.32)

Si osservi che per r � r0 la velocità diventa costante ed assume il valore di

v1 =

s✓GL

2�

2fgc

� 2�

2

◆(4.33)

e si noti come questo valore non dipenda dalle condizioni iniziali r0 e v0 e risulti/

pL. A proposito del valore di L abbiamo detto che, affinchè possa cominciare

l’espulsione della shell, si deve avere LAGN/LE(⌧ � 1) > 1 dove, nell’espressio-ne di LE, abbiamo considerato M(r) ⇠ Mb. Se LAGN soddisfa questa condizioneè pertanto garantito il trasporto della shell fintantochè il potenziale gravitazionaledominante è quello di Mb. Nel momento in cui prevale il campo gravitazionale eser-citato dalla materia oscura, affinchè proceda l’espulsione della shell, è necessario chela forza radiativa esercitata dal buco nero sia tale da vincere la forza gravitazionaledi MDM(r). Chiamiamo luminosità critica Lc il valore della luminosità per cui si hal’uguaglianza fra le due forze. Esso può essere ricavato facilmente ponendo ugualea zero il secondo membro della (4.21)

Lc

c

�G

Mg(r)M(r)

r

2= 0 (4.34)

dove ricordiamo che M(r) = MDM(r) e Mg(r) = fgM(r). Tenendo conto della(4.24) si trova dunque

Lc =4fgc�

4

G

' 4.6⇥ 10

46ergs

�1 (4.35)

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22 CAPITOLO 4. IL FEEDBACK POSITIVO

dove si è preso un valore di fg pari al suo valore cosmologico (fg = ⌦b/⌦0 ⇠0.05/0.3 ⇠ 0.16), e � = 200kms

�1

Esaminata la dinamica della shell, andiamo a vedere cosa accade al mezzo in-terstellare nel momento in cui essa lo attraversa e come sia possibile la formazionestellare al suo interno.

4.2 La formazione stellare nell’outflow

Il mezzo interstellare (ISM) di una galassia è ricco di gas freddo (T ⌧ 10

4K) e

di gas molecolare, i quali costituiscono gli ingredienti fondamentali per la nascitadi nuove stelle. Quando questo gas si scontra con la shell in espansione si generaun’onda d’urto che alza la temperatura del gas fino a raggiungere valori dell’ordinedi 106 � 10

7K per poi riabbassarsi a seguito del processo di emissione di radiazio-

ne. Il meccanismo di raffreddamento che entra in gioco a queste temperature è ilbremsstralhung, detto anche radiazione di frenamento. In particolare, il passaggiodella shell può indurre il collasso del gas aumentandone la densità e la pressione,innescando in tale maniera la formazione stellare. Ma andiamo ad esplorare più neldettaglio come avviene il raffreddamento del gas e quali sono le condizioni affinchèuna nube possa collassare.

4.2.1 Effetto del bremsstralhung nel raffreddamento del gas

Per bremsstrahlung si intende l’emissione di radiazione da parte di una carica acce-lerata dal campo coulombiano generato da un’altra carica elettrica. Si consideri, peresempio, un elettrone dotato di massa m che si muove a velocità v sottoposto all’in-terazione coulombiana con uno ione di carica Ze. A seguito della forza attrattivache si esplica fra i due oggetti l’elettrone verrà decelerato, e parte della sua energiacinetica viene convertita in radiazione. Lo ione rimane invece sostanzialmente fermoin quanto la sua massa è molto maggiore rispetto a quella dell’elettrone. Chiamia-mo �v la variazione della velocità dell’elettrone, e supponiamo che l’interazione siatale per cui �v/v ⌧ 1. In particolare, sia b il parametro d’urto che caratterizzail processo. Sotto queste condizioni, la potenza irraggiata per unità di frequenza èdata da

dW (b)

d!

=

8Z

2e

6

3⇡c

3m

2v

2b

2(4.36)

per b ⌧ v/!. Se le nostre due particelle non sono isolate ma si trovano all’internodi un gas, indicate con ne ed ni le densità numeriche degli elettroni e degli ioni,il flusso di elettroni incidente su un singolo ione sarà dato da nev, nell’ipotesi chetutti gli elettroni abbiano la stessa velocità v. Potremo dunque scrivere il numero diinterazioni con parametro d’urto compreso fra b e b + db che il singolo ione compienell’unità di tempo come nev2⇡bdb, dove si è indicato con 2⇡bdb la sezione d’urtoche caratterizza l’interazione. Il numero totale di interazioni con parametro d’urto

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4.2. LA FORMAZIONE STELLARE NELL’OUTFLOW 23

compreso fra b e b + db sarà dunque dato da ninev2⇡bdb. Se si integra la (4.36) sututti i possibili valori di b, si ottiene una espressione per la potenza emessa per unitàdi frequenza e per unità di volume pari a

dW

d!dV dt

=

16⇡e

6

3

p3c

3m

2v

neniZ2gff (v,!) (4.37)

dove

gff (v,!) =

p3

ln

✓bmax

bmin

◆(4.38)

con bmax e bmin rispettivamente valore massimo e minimo del parametro d’urto. Iltermine gff prende il nome di fattore di Gaunt.

Tuttavia, in una situazione più realistica, è lecito aspettarsi che la velocità deglielettroni segua la distribuzione di Maxwell-Boltzmann

f(v) =

⇣m

2⇡kT

⌘ 32e

�mv2

2kT (4.39)

dove T è la temperatura del gas sotto esame. La probabilità dP che l’elettrone abbiauna velocità nel volumetto dello spazio delle fasi d3v sarà dunque data da

dP = f(v)d

3v / e

�mv2

2kTd

3v / v

2e

�mv2

2kTdv (4.40)

in quanto si è riscritto d

3v come 4⇡v

2dv. Se integriamo l’espressione (4.37) su tale

funzione, potremo ottenere la potenza irraggiata da parte degli elettroni che costi-tuiscono il gas. Per quanto riguarda la scelta dei limiti di integrazione, occorre tenerconto del fatto che l’energia h⌫ del fotone che viene emesso nella singola interazionedeve risultare inferiore rispetto all’energia cinetica dell’elettrone. Dalla condizioneh⌫ 6 mv

2/2 ricaviamo un valore minimo per la velocità dato da vmin =

p2h⌫/m.

La potenza totale emessa può essere ottenuta mediando sulla distribuzione dellevelocità nel modo seguente

dW (T,!)

dV dtd!

=

R1vmin

dW (v,!)dV dtd!

v

2e

�mv2

2kTdv

R0

1v

2e

�mv2

2kTdv

(4.41)

Se si sfrutta il fatto che d! = 2⇡d⌫, si ottiene per la (4.41) una espressione pari a

dW

dV dtd⌫

=

2

5⇡e

6

3mc

3

✓2⇡

3km

◆ 12

T

� 12Z

2nenie

� h⌫kTgff (4.42)

che espressa in unità CGS è uguale a

"

ff⌫ =

dW

dV dtd⌫

= 6.8⇥ 10

�38Z

2neniT

� 12e

� h⌫kTgff (4.43)

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24 CAPITOLO 4. IL FEEDBACK POSITIVO

con gff fattore di Gaunt mediato sulla velocità. Se integriamo la (4.43) sullafrequenza, possiamo ottenere la potenza emessa per unità di volume che è datada

"

ff=

dW

dtdV

= 2.4⇥ 10

�27T

12neniZ

2gB (4.44)

dove gB è il fattore di Gaunt mediato sulle frequenze. Può risultare interessanteandare a valutare il tempo di raffreddamento del gas sotto esame. Detta Eth = (ne+

ni)kT3/2 l’energia termica del gas per unità di volume, il tempo di raffreddamento(cooling time) tcool può essere calcolato come

tcool 'Eth

"

ff'

32(ne + ni)kT

"

ff(4.45)

Se assumiamo ni ⇠ ne e prendiamo Z = 1, si ottiene per il cooling time un valorepari a

tcool '3nekT

2.4⇥ 10

�27T

12n

2egB

' 1.8⇥ 10

11T

12

negB

s ' 6⇥ 10

3T

12

negB

yr (4.46)

E’ importante che il gas sia sufficientemente freddo affinchè possa avvenire laformazione stellare al suo interno. Si pensi che le nubi molecolari dalle quali nasconole stelle hanno temperature dell’ordine di 10-20 K. Tuttavia, la temperatura non èl’unico parametro che conta nel determinare il collasso di una nube. Nel paragrafosuccessivo discuteremo quali sono le altre grandezze determinanti.

4.2.2 Condizioni di Jeans per il collasso di una nube di gas

Consideriamo una nube di gas di massa M dotata di forma sferica ed avente raggioinizialmente pari a r. Chiediamoci come variano la sua energia gravitazionale el’energia termica nel momento in cui il raggio diminuisce di dr. Denominate comedEg e dEt le variazioni di tali energie ed, essendo Eg ⇠ �GM2

r, avremo

dEg =GM

2

r

2dr (4.47)

Si noti che questa quantità è negativa per un collasso, in quanto dr < 0. La varia-zione di energia termica può essere valutata come il lavoro termodinamico effettuatodal sistema. Pertanto si avrà

dEt = �pdV = �p4⇡r

2dr = �nkBT4⇡r

2dr (4.48)

dove si è indicato con p la pressione del gas e con dV il volume infinitesimo del gusciosferico compreso fra r ed r� dr. Si è inoltre fatto uso dell’equazione dei gas perfettinella sostituzione p = nkBT , con n numero di particelle per unità di volume. EssendodEt > 0 il sistema tenderà a riscaldarsi per opporsi alla contrazione. Affinchè essaavvenga è dunque necessario che si verifichi una diminuzione dell’energia totale,

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4.2. LA FORMAZIONE STELLARE NELL’OUTFLOW 25

espressa dalla condizione dE = dEg + dEt < 0, ovvero la variazione di energiagravitazionale deve essere superiore a quella di energia termica. Sostituendo a dEg

e a dEt i valori trovati e dividendo per dr otteniamo

GM

2

r

2� nkBT4⇡r

2> 0 (4.49)

Indicata con ⇢ la densità di massa del gas e con m la massa media delle parti-celle che lo costituiscono, possiamo riscrivere n = ⇢/m = M/

43⇡r

3m. Sostituendo

nell’espressione precedente otteniamo una condizione che la massa deve soddisfareaffinchè avvenga il collasso, espressa dalla disuguaglianza

M >

3kBTr

Gm

(4.50)

La quantità al secondo membro viene ribattezzata come massa di Jeans e saràindicata come Mj. Analogamente, possiamo risolvere per il raggio ottenendo

r < rj =GmM

3kBT(4.51)

con rj che è il raggio di Jeans. Se introduciamo ⇢j = M/

43⇡r

3j possiamo trovare un

limite inferiore per il valore della densità della nube, espresso dalla condizione

⇢ > ⇢j =3

4⇡M

2

✓3kBT

Gm

◆3

(4.52)

Nel modello di feedback positivo da noi discusso può avvenire che, a seguito dellacompressione esercitata da parte della shell nei confronti del mezzo interstellare, unanube di gas sia in grado di soddisfare le relazioni precedenti ed inizi a collassare. Leperturbazioni dell’ISM provocate dall’AGN potrebbero dunque innescare episodi diformazione stellare, fornendo un meccanismo che si aggiunge a quello in cui sono iventi liberati nelle esplosioni di supernovae a fare da protagonisti.

4.2.3 Calcolo del tasso di formazione stellare (SFR)

Analizzate le condizioni per il collasso, possiamo adesso dare una stima del tassodi formazione stellare, abbreviato con la sigla SFR (star formation rate), che ci siaspetta nello scenario delineato fino ad ora. Esso può essere valutato come

˙

MF ⇠ ✏FMg(r)

tflow(r)(4.53)

dove ✏F rappresenta l’efficienza di formazione stellare e tflow = r/v(r) indica iltempo che l’outflow (con questo termine si intende il flusso di gas e di polveri inallontanamento dalla galassia) impiega per arrivare a distanza r e costituisce il

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26 CAPITOLO 4. IL FEEDBACK POSITIVO

tempo scala caratteristico del problema. Si noti come attraverso questa espressionesia possibile dare sostanzialmente una stima ad ordini di grandezza dello SFR, inquanto una scrittura più accurata della (4.53) avrebbe dovuto tener conto del fattoche il materiale disponibile per la formazione stellare costituisce solo una parte delgas incluso nella shell. Fatta questa osservazione, possiamo sostituire i valori ditflow = r/v(r) e Mg(r) = 2fg�

2r/G per ottenere

˙

MF ⇠ ✏F2fg�

2

G

v(r) (4.54)

Si noti come ˙

MF risulti proporzionale alla velocità della shell. Se questa espressioneviene valutata per r � r0, essa assume la forma

˙

MF,1 =

˙

MF(r �! 1) ⇠ ✏F2fg�

2

G

v1 = cost (4.55)

Essendo v1 /pL, poichè la luminosità L di un buco nero può essere sempre scritta

come L = �LE / MBH , si ha ˙

MF /pMBH , e dunque ci aspettiamo per una

galassia con un buco nero più massivo un tasso di formazione stellare più elevato.Proviamo adesso a dare una stima dello SFR a partire dalla (4.55). Prendiamo,

come si è fatto in precedenza, fg ⇠ 0.16 e � ⇠ 200kms

�1 e assumiamo che il nostrobuco nero abbia una luminosità L ⇠ 9.2 ⇥ 10

46ergs

�1, tale per cui L > Lc. Pervalori dell’efficienza simili a quelli osservati (✏F ⇠ 0.01� 0.1) si ottiene

˙

MF,1 ⇠ 10� 100M�yr�1 (4.56)

Tali valori corrispondono a quelli riscontrati in alcune delle cosiddette galassie star-bust, dove con questa espressione si indicano quelle galassie che presentano unaattività di formazione stellare particolarmente intensa. Per fare un confronto sipensi che nella Via Lattea si registrano valori dello SFR . 3M�yr

�1.

4.2.4 Discussione sulla zona di formazione stellare

In pratica quello che accade è che, a mano a mano che la shell procede nella suaespansione, L’ISM viene perturbato e la formazione stellare avviene a raggi viavia più elevati. E poichè l’outflow si espande in tutte le direzioni, sembra lecitoavanzare l’ipotesi che le nuove stelle non si formino su un piano privilegiato ma chele loro orbite, distribuite un po’ a caso, contribuiscano alla componente sferoidaledella galassia. Può risultare interessante andare a valutare le dimensioni della zonainteressata dal fenomeno nel modo seguente. Sia R1 la massima distanza raggiuntadall’outflow nel corso della sua espansione. Essa può essere stimata come

R1 ⇠ v1�tAGN =

s✓GL

2�

2fgc

� 2�

2

◆�tAGN (4.57)

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4.2. LA FORMAZIONE STELLARE NELL’OUTFLOW 27

A seconda della luminosità del buco nero, e dunque della sua massa, questa espres-sione può restituire valori che vanno da alcuni kpc, per buchi neri meno massicci,fino a diverse decine di kpc per i buchi neri dotati di massa maggiore. Tali valorisi accordano rispettivamente con le dimensioni dei bulge delle spirali e delle interegalassie ellittiche, suggerendo che l’ipotesi avanzata poco fa possa essere plausibile.Tuttavia, bisogna tener conto del fatto che non tutte le zone della galassia si pre-stano ai meccanismi di formazione stellare appena discussi. Nella zona più interna,infatti, la radiazione dell’AGN riscalda il gas circostante attraverso lo scattering diCompton. Tale processo di diffusione fa in modo che gli elettroni nel gas riceva-no parte dell’energia posseduta dai fotoni emessi dall’AGN. In generale, dette � e�1 le lunghezza d’onda di un fotone rispettivamente prima e dopo un urto con unelettrone, la relazione che lega queste due grandezze è data da

�1 � � = �c(1� cos ✓) (4.58)

dove ✓ è l’angolo fra la direzione del fotone incidente e quella del fotone scatterato e�c = h/mc = 0.02426Å è la lunghezza d’onda Compton per l’elettrone. Dalla (4.58)si evince come �1 > � in adempienza al fatto che il fotone perda parte della propriaenergia durante la collisione. Le dimensioni della zona affetta da riscaldamentoCompton, e dunque esclusa dalla formazione stellare, sono stimate dagli studi diSazonov et al. (2005) dell’ordine di ⇠ 1kpc.

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Capitolo 5

L’effetto del feedback positivo

sull’evoluzione delle galassie ellittiche

In questo capitolo cercheremo di capire se il modello di feedback positivo appenaillustrato possa spiegare lo scenario evolutivo delle galassie ellittiche presentato nelcapitolo 3. Per fare questo verranno discusse le relazioni analitiche ottenute nel capi-tolo precedente, per comprendere se si accordino o meno alle osservazioni effettuatesulle galassie. Il capitolo è suddiviso in paragrafi per meglio evidenziare le questionisalienti.

Incremento della massa in stelle

In primo luogo diamo una valutazione della massa in stelle che un singolo episodiodi feedback positivo aggiunge alla galassia ospite. Per fare questo riprendiamo l’e-spressione del tasso di formazione stellare valutata a grande distanza dal nucleo acui siamo pervenuti nel paragrafo 4.2.3

˙

MF,1 ⇠ ✏F2fg�

2

G

v1 (5.1)

Abbiamo già visto che per fg ⇠ 0.16, � ⇠ 200kms

�1 ed L ⇠ 9.2 ⇥ 10

46ergs

�1, siottiene ˙

MF,1 ⇠ 10 � 100M�yr�1 a seconda del valore di ✏F. Se vogliamo invece

fornire una stima della massa totale in stelle che viene aggiunta durante un interoepisodio di attività del nucleo galattico, possiamo integrare la (5.1) su di un tem-po scala �tAGN pari a quello che un buco nero impiega per bruciare il materialeall’interno del disco di accrescimento. Questo intervallo temporale è detto tempodi Salpeter, e possiamo darne una stima numerica nel modo seguente. Procedendocome per il calcolo di EAGN svolto nella sezione 2.1, esprimiamo la luminosità di unAGN LAGN come

LAGN = ✏

˙

Mc

2=

1� ✏

˙

MBHc2 (5.2)

dove ˙

MBH è il materiale che nell’unità di tempo cade nel buco nero. Tuttavia,sappiamo anche che LAGN = �LE = �4⇡GcmpMBH/�T . Se introduciamo il tempo

28

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scala tE, questa espressione può essere riscritta come

LAGN =

�MBHc2

tE

(5.3)

con tE = �T c/4⇡Gmp. Uguagliando la (5.2) alla (5.3) otteniamo un’equazionedifferenziale a variabili separabili

dMBH

dt

=

1� ✏

�MBH

tE

(5.4)

Dopo aver separato le variabili, se integriamo fra 0 e t troviamo

ln

MBH(t)

MBH(0)=

1� ✏

tE

t (5.5)

da cui si ottiene un’espressione per MBH(t) pari a

MBH(t) = MBH(0)e

t�✏

1�✏tE�

�= MBH(0)e

tts (5.6)

Il termine ts = (✏/1� ✏)tE/� costituisce il tempo scala del processo di accrescimentoed è proprio il tempo di Salpeter nominato poco fa. Il suo valore numerico è datoda

ts =

✓✏

1� ✏

◆tE

=

✓✏

1� ✏

◆�T c

�4⇡Gmp

' 5⇥ 10

7yr (5.7)

dove si è considerato ✏ ⇠ 0.1 e � ⇠ 1. Se prendiamo �tAGN ⇠ ts, otteniamo dunqueper MF,1 un valore dell’ordine di

MF,1 ⇠ ✏F2fg�

2

G

v1�tAGN ⇠ 10

10M� (5.8)

per un valore di ✏F ⇠ 0.1. Questo valore fa riferimento alla massa stellare aggiuntain un singolo evento di feedback. Discutiamo adesso come questo valore possa ac-cordarsi alla crescita in massa di una galassia. Se torniamo alle galassie ellitticheprimordiali di cui si è parlato nel capitolo 3 notiamo come, se si considerano nu-merosi episodi di feedback positivo che si susseguono nella vita di una galassia, unoggetto avente massa iniziale & 10

11M� potrebbe raggiungere un incremento della

massa totale simile a quello osservato, che è pari ad un fattore 2�3 rispetto al valoreiniziale (van Dokkum et al. 2010). Si noti che ha senso l’ipotesi che diversi eventidi feedback possano aver luogo nell’ambito della storia di una galassia, in quantola vita di quest’ultima (miliardi di anni) è molto maggiore rispetto alla durata diun tipico episodio AGN (�tAGN ⇠ 5⇥ 10

7yr). Anche la crescita attraverso i minor

mergers è in accordo con il dato osservativo di van Dokkum et al. (2010), ma nelcapitolo 3 abbiamo accennato a come questo modello risulti insufficiente per spie-gare la rapida crescita delle galassie con z & 1 (Newman et al. 2012). Il feedback

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30 CAPITOLO 5. L’EFFETTO DEL FEEDBACK POSITIVO

positivo potrebbe dunque costituire un meccanismo alternativo per la crescita dellegalassie ellittiche valido soprattutto ad alto redshift, ed in particolare per z ⇠ 2. Sistima infatti che a tale valore di z si collochi l’epoca di maggiore attività dei buchineri supermassicci, e dunque è lecito aspettarsi che gli effetti del feedback siano statimaggiormente significativi in questo periodo cosmologico. Ed è interessante il fattoche, sempre a z ⇠ 2, si registri la massima attività di formazione stellare.

Calcolo di Rc e relazione R /pM

Vediamo adesso cosa sappiamo dire riguardo alle dimensioni delle galassie. Perfarlo, riprendiamo l’espressione del raggio critico a cui siamo pervenuti nella sezione4.1.3 Abbiamo detto, nel capitolo precedente, che il raggio critico definisce unasorta di valore limite per la distanza percorsa dalla shell, in quanto per r > Rc siha ⌧⌫ ⌧ 1, e dunque la pressione di radiazione non è più in grado di spingere ilmateriale all’esterno. Il valore del raggio critico ci fornisce dunque delle indicazionisu quanto sia grande la zona interessata dal meccanismo di feedback e pertantoappare interessante fornirne una stima numerica. Prendiamo fg = 0.16, e k ⇠500cm

2g

�1 che corrisponde ad una situazione fisica dominata dall’assorbimento dapolvere. Questa assunzione è valida purchè non ci si trovi ad una distanza tropporavvicinata dal nucleo. Infatti, nelle immediate vicinanze del buco nero, si toccanotemperature ben al di là della temperatura di sublimazione della polvere e pertanto,su distanze scala dell’ordine del ⇠ pc (Murray et al. 2005), il fenomeno dominantesarà lo scattering da elettroni. Se si prende � ⇠ 200kms

�1 otteniamo

Rc =kfg�

2

2⇡G

⇠ 25kpc (5.9)

Quindi, nell’ipotesi in cui sia dominante l’opacità da polvere, il meccanismo di feed-back non si limita ad interessare una regione ristretta della galassia, ma può averedelle ripercussioni importanti su larga scala, in quanto il valore di Rc che abbiamocalcolato risulta confrontabile con il raggio misurato in diverse galassia ellittiche.

Soffermiamoci adesso sulla dipendenza che lega Rc a �. Nel caso in cui il l’AGNabbia una luminosità LAGN = LE vale la relazione MBH = 2fg�T�

4/⇡G

2mp, che

si ricava imponendo l’uguaglianza fra la quantità di moto dei fotoni ed il momentotrasferito al gas. Da questa espressione possiamo esprimere �

2 in funzione di MBH

e, tenuto conto delle relazioni MBH/Mb ⇠ 10

�3 e �T/�d ⇠ 10

�3, otteniamo unadipendeza fra Rc e Mb del tipo

Rc /pMb (5.10)

Tuttavia abbiamo appena visto che il valore di Rc può fornire una stima del raggiodella galassia. Una relazione della forma R /

pM , dove R e M sono approssimati-

vamente il raggio effettivo e la massa totale della galassia, corrisponde alla relazioneosservata per il raggio e la massa delle galassie ellittiche. Stando alle misure di Shenet al. (2003) si ha infatti, per le ellittiche vicine, R / M

↵ con ↵ = 0.55, dove questo

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valore si riduce a 0.51 per z ⇠ 2 (Krogager et al. 2013). Dunque, anche in que-sto senso, sembra che il feedback positivo possa spiegare le proprietà delle galassieellittiche.

La variazione del contenuto di gas

Esiste un altro dato che porta ad associare questo modello alle galassie ellittiche edha a che fare con l’evoluzione della quantità di gas presente in una galassia. Per ciòche abbiamo detto nel capitolo 4 si assiste, nel corso del tempo, ad una progressivaconversione del gas in stelle. La massa del gas, dunque, si riduce durante l’evoluzionedella galassia. Questo effetto è confermato da alcune misure dalle quali si evincecome le galassie più antiche abbiano effettivamente un contenuto di gas che risultaconfrontabile con la massa stellare racchiusa al loro interno, cosa che invece non siverifica nelle galassie vicine, nelle quali il contributo delle stelle alla massa totale èdominante.

Se ci soffermiamo invece sul materiale che non forma stelle, esso è trascinatodalla shell in espansione a distanze sempre più elevate e viene infine depositato adun raggio dell’ordine di Rc. Alla luce del modello, ci aspettiamo dunque la presenzadi polvere e di gas negli strati più esterni della galassia. Questa fatto è confermato daosservazioni recenti che hanno rinvenuto una quantità significativa di gas freddo nelleregioni periferiche delle galassie ellittiche (Thom et al. 2012; Prochaska, Hennawi& Simcoe 2013). Grazie a questa riserva di gas che può eventualmente alimentare ilbuco nero in epoche successive, appare lecito immaginare uno scenario in cui abbianoavuto luogo diversi eventi di attività del buco nero centrale nella storia evolutiva diuna galassia.

Rapporto con la componente sferoidale

Facciamo adesso alcune riflessioni sui legami esistenti fra la regione interessata dallaformazione stellare e la massa del buco nero. Lo strato più esterno in cui avvieneformazione stellare si colloca ad un un raggio dell’ordine di R1 ⇠ v1�tAGN . No-tiamo che, in generale, risulta R1 . Rc in quanto la durata dell’AGN può limitarela distanza raggiunta dalla shell, arrestandone l’espulsione prima che r ⇠ Rc. Nelparagrafo 4.2.4 abbiamo fatto notare come il valore numerico di R1 possa oscilla-re da diversi kpc a decine di kpc a seconda della massa del buco nero, in quantoR1 /

pL /

pMBH . I valori di R1 più piccoli si accordano alle dimensioni degli

sferoidi delle galassie a spirale, mentre quelli dell’ordine di diverse decine di kpccorrispondono ai raggi osservati delle galassie ellittiche. A partire da questi risultatisi è portati dunque ad associare i buchi neri meno massicci alle galassie a spiralementre le galassie ellittiche ospiterebbero i buchi neri dotati di massa maggiore.Una situazione di questo tipo si accorda a numerose osservazioni come si vede, peresempio, nel lavoro di McConnell & Ma (2013). E’ interessante il fatto che i risultatiosservativi mostrino delle correlazioni esclusivamente fra la massa del buco nero e le

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32 CAPITOLO 5. L’EFFETTO DEL FEEDBACK POSITIVO

dimensioni dello sferoide. Questo fatto, unito alle relazioni di scala fra il buco neroe lo sferoide di cui si è parlato nella sezione 2.1, potrebbe suggerire che il disco edil bulge di una galassia a spirale abbiano una differente origine fisica. Il feedbackpositivo dunque non spiegherebbe solo le caratteristiche delle galassie ellittiche, mapotrebbe avere una importanza determinante anche nell’evoluzione del bulge dellespirali.

Quello appena presentato costituisce sostanzialmente lo stato attuale dei risultatilegati al feedback positivo. Nel prossimo capitolo verrà discusso cosa sarebbe inte-ressante fare in futuro per chiarire meglio alcune questioni. In particolare, si parleràdei possibili sviluppi sia per quanto riguarda l’accuratezza teorica del modello, siaper quanto concerne le verifiche sperimentali a cui sottoporlo.

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Capitolo 6

Conclusioni e possibili sviluppi futuri

Riassumendo quel che è stato fatto in questo lavoro, abbiamo trovato che, se siconsidera l’azione della pressione di radiazione sul gas e sulla polvere che circondaun AGN, essa può innescare la formazione stellare nelle nubi di gas freddo finoa distanze dal nucleo dell’ordine di Rc ⇠ 25 kpc con valori dello SFR di circa˙

MF ⇠ 10 � 100M�yr�1. Avendo Rc un valore confrontabile con il raggio effettivo

delle galassie ellittiche attuali, il feedback positivo può influenzare le proprietà dellegalassie su grande scala e, a causa della massa in stelle MF ⇠ 10

10M� aggiunta in un

episodio di attività del nucleo, se si considerano più eventi di questa natura esso puòspiegare l’incremento di massa di un fattore ⇠ 2-3 riportato dalle galassie ellittichefra z ⇠ 2 e z ⇠ 0. Queste considerazioni, unite agli altri risultati che abbiamopresentato nel capitolo 5, suggeriscono l’esistenza di un legame fra l’attività delbuco nero e la formazione stellare nella galassia ospite assieme all’idea che questolegame possa rendere conto della crescita inside-out delle galassie ellittiche.

E’ interessante notare come, nella prospettiva che il buco nero sia in grado di fa-vorire la nascita di nuove stelle, i buchi neri supermassicci vengano inquadrati sottouna luce diversa rispetto a quel che è stato detto in passato. Secondo il modello difeedback negativo, infatti, il buco nero, spazzando via il gas della galassia, bloccala formazione stellare. Andando ad indagare le ripercussioni che il gas spazzato viapuò avere sull’ISM circostante, il modello di feedback positivo qui discusso non vuoleporsi come una alternativa al feedback negativo, quanto come un completamento diquest’ultimo. A seconda dei casi, è possibile che prevalga l’azione del feedback ne-gativo o positivo, e sarebbe interessante indagare quali condizioni del sistema fisicosotto esame favoriscono l’uno o l’altro meccanismo. Per esempio, i risultati di alcunisimulazioni numeriche suggeriscono che, nelle fasi in cui una galassia è ricca di gas,l’azione del feedback positivo risulti dominante in quanto l’AGN non è in grado diespellere tutto il gas dalla galassia e parte di questo viene convertito in stelle. Alcontrario, quando la maggior parte del gas è stato ormai espulso, il buco nero spazzavia tutto il materiale restante ed il numero di stelle della galassia viene congelato.Comunque, per comprendere se il feedback positivo costituisca un meccanismo fisi-co plausibile e se possa accordarsi alla crescita delle galassie ellittiche, risulta fon-

33

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34 CAPITOLO 6. CONCLUSIONI E POSSIBILI SVILUPPI FUTURI

damentale sottoporre il modello a verifiche sperimentali ulteriori e migliorarne laformulazione analitica.

Per esempio, da un punto di vista sperimentale, sarebbe interessante appro-fondire lo studio congiunto degli outflow e della formazione stellare eventualmentepresente al loro interno. Stando a questo modello, infatti, il valore dello SFR risultaproporzionale alla velocità con cui l’outflow si allontana dalla galassia ( ˙

MF / v(r))e sarebbe utile verificare, a partire dalle misure di ˙

MF e delle velocità degli outflow,se effettivamente sussiste tale relazione. L’espressione di ˙

MF è altresì correlata al-la massa ed alla luminosità del buco nero, e dunque anche lo studio di eventualicorrelazioni fra i parametri strutturali del buco nero e i valori dello SFR sarebbeauspicabile.Inoltre, abbiamo detto che la polvere ed il gas che non sono convertiti in stellevengono depositati da parte della shell negli strati esterni della galassia. Standoad uno scenario di questo genere, dovremmo avere dei "serbatoi"di gas e polvereall’esterno delle galassie, che possono o meno formare stelle. Sarebbe dunque inte-ressante potenziare le osservazioni per mettere in evidenza questo effetto dato che,se effettivamente venisse riscontrata la presenza di tali serbatoi nelle regioni esternedelle galassie ellittiche con 1 < z < 2, questo fatto costituirebbe un punto a favoredel modello, in quanto si accorda al meccanismo di formazione stellare descrittonel capitolo 4. La presenza di polvere nelle regioni esterne darebbe luogo ad unarrossamento dello spettro della galassia in corrispondenza di esse. Tuttavia, è benesottolineare che tale effetto può essere riconducibile anche all’anzianità della popo-lazione stellare ed al contenuto dei metalli nella galassia.

Sotto il profilo del miglioramento del modello, sarebbe utile approfondire lo stu-dio delle orbite percorse dalle stelle che si formano nell’outflow. Un calcolo accuratodel raggio orbitale nelle condizioni fisiche descritte potrebbe consentire ulteriori con-fronti quantitativi con la crescita inside-out delle galassie ellittiche.Per comprendere se il passaggio della shell sia davvero in grado di portare le nubidi gas a soddisfare le condizioni di Jeans, si potrebbe andare a quantificare qual èper esempio l’aumento della densità di una nube indotto dal passaggio della shell, inmaniera tale da appurare se sia effettivamente lecito aspettarsi che le nubi molecola-ri comincino a collassare. E’ altresì possibile che una perturbazione troppo intensadell’ISM provochi la distruzione delle nubi (in questo caso si tratterebbe quindi difeedback negativo), e questo effetto diminuirebbe la frazione di gas che può forma-re stelle con una conseguente sovrastima del SFR valutato con la (4.53). Un’altrasovrastima di ˙

MF potrebbe essere legata al fatto che nel calcolo della espressioneanalitica dello SFR non si è tenuto conto della cosiddetta clumpiness, ovvero delfatto che il gas non è distribuito uniformemente ma in nubi (clumps, in inglese);il materiale disponibile per la conversione non sarebbe quindi l’intero gas presentenella shell.Inoltre, nell’introduzione, abbiamo accennato all’esistenza di ulteriori meccanismi

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di feedback positivo, basati sugli effetti che i getti di materiale e i venti ad altissimavelocità sprigionati dal nucleo attivo possono avere nei confronti del mezzo inter-stellare. Sarebbe interessante valutare qual è l’effetto combinato che la pressione diradiazione, unita ai getti ed ai venti prodotti dall’AGN, possa avere sulla formazionestellare, in maniera tale da tracciare un quadro più completo di quel che avvienenella galassia ospite.Potrebbe infine risultare utile studiare quel che accade al gas e alle polveri che ven-gono spazzate via dalla pressione di radiazione, in quanto il materiale espulso inogni episodio di attività del nucleo galattico contribuisce ad arricchire il contenutodi metalli nella galassia. Il feedback del buco nero potrebbe avere dunque un ruolonon di poco conto nell’evoluzione chimica delle galassie.Tutti questi miglioramenti possono essere ottenuti soltanto con complesse simula-zioni numeriche di fluidodinamica che tengano conto di come avviene il trasportodella radiazione.

Da quanto detto emerge come questo modello sia aperto a sviluppi futuri, siaper quanto riguarda la parte teorica sia nell’ambito delle verifiche sperimentali a cuipotrebbe essere sottoposto. Esistono delle osservazioni che testimoniano la presenzadi regioni di formazione stellare all’interno di galassie attive. Per esempio, i dati diSantini et al. (2012) mostrano valori dello SFR più elevati nelle galassie dotate di unAGN rispetto a quelli registrati nelle galassie inattive con massa simile. Dalle analisidi Rovilos et al. (2012) è emersa invece una correlazione fra il valore specifico delloSFR (sSFR= ˙

M?/M?) e la luminosità in banda X dell’AGN con LX & 10

43ergs

�1 pergalassie con z & 1, correlazione che invece non si trova per oggetti a basso redshifte con luminosità inferiore. Questa situazione è tuttavia in contraddizione con glistudi di Page et al. (2012), secondo i quali la formazione stellare sarebbe addiritturasoppressa per gli AGN con LX > 10

44ergs

�1 e 1 < z < 3. Lo osservazioni appaionodunque ancora parecchio incerte e talvolta conflittuali, come testimoniato da questidati. Ed anche nelle situazioni in cui esiste la presenza congiunta di un AGN e diattività di formazione stellare, non è semplice dimostrare che effettivamente ci siaun nesso causale fra le due categorie di oggetti. Non resta che attendere ulteriorisviluppi per capire se questo nesso ci sia o se invece l’attività del buco nero siacollegata esclusivamente all’arresto della formazione stellare nella galassia ospite.

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Bibliografia

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Marconi A., I buchi neri, Bologna, Il Mulino, 2013

I dati bibliografici indicati qui di seguito fanno riferimento agli articoli citati neltesto che non sono stati consultati direttamente:

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Krogager J.-K., Zirm A. W., Toft S., Man A., Brammer G., preprint (arXiv:1309.6316),2013McConnell N. J., Ma C.-P., ApJ, 764, 184, 2013Murray N., Quataert E., Thompson T. A., ApJ, 618, 569, 2005Naab T., Johansson p. H., Ostriker J. P., ApJ, 699, L178, 2009Newman A. B., Ellis R. S., Bundy K., Treu T., Aèj, 746, 162, 2012Oser L., Naab T., Ostriker J. P., Johansson P. H., ApJ, 744, 63, 2012Page M. J., Symeonidis M., Vieira J. D., Altieri B., et al., Nature, 485, 213, 2012Patel S.G., van Dokkum P. G., Franx M., Quadri R. F., Muzzin A., Marchesini D.,Williams R. J., Holden B. P., Stefanon M., ArXiv e-prints, 2012Prochaska J. X., Hennawi J. F., Simcoe R. A., ApJ, 762, L19, 2013Rovilos E., Comastri A., Gilli R., et al., A& A, 546, A58, 2012Santini P., Rosario D. J., Shao L., et al., A& A, 540, A109, 2012Sazonov S. Yu., Ostriker J. P., Ciotti L., Sunyaev R. A., MNRAS, 358, 168, 2005Shen S., Mo H. J., White S. D. M., Blanton M. R., Kauffmann G., Voges W., Brink-mann J., Csbai I., MNRAS, 343, 978, 2003Thom C. Tumilson J., Werk J. K., Prochaska J. X., Oppenheimer B. D., Peeples M.S., Tripp T. M., Katz N. S., O’Meara J. M., Brady Ford A., Davè R., Sembach K.R., Weinberg D. H., ApJ, 758, L41, 2012van Dokkum P. G., Franx M., Kriek M., Holden B., Illingworth G. D., Magee D.,Bouwens R., Marchesini D., Quadri R., Rudnick G., Taylor E. N., Toft S., ApJ, 677,L5, 2008van Dokkum P. G., Whitaker K. E., Brammer G., Franx M., Kriek M., Labbè I.,Marchesini D., Quadri R., Bezanson R., Illingworth G. D., Muzzin A., Rudnick G.,Tal T., Wake D., ApJ, 709, 1018, 2010

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Ringraziamenti

E’ sera, e probabilmente mi addormenterò prima di aver scritto quello che devo per-chè ieri notte ho dormito poco.Ho una matita in mano. Sono quasi quattro anni che la impugno, quattro anni chedisegno. Quattro anni per tracciare un solco.Lo guardo da vicino, il solco che ho disegnato. E’ diritto per un po’, spesso e de-finito. Poi piega, si spezza, lo perdo in alcuni punti. Lo seguo mentre corre sullamia pelle, lo osservo aggrovigliarsi. Voglio guardarlo per intero. Devo allontanarmiper poterlo fare. E rimango stupita, quando dall’alto mi accorgo che quelle lineespezzate e quei grovigli disegnano un cerchio. Non l’avevo mai visto, un cerchio così.Un cerchio è chiuso, per definizione. Lui invece è aperto in molti punti, oserei direche è squarciato. Non capisco se gli squarci siano delle ferite o delle vie d’uscita.Forse lo sono un po’ tutte e due. Però adesso non è il contorno di questo cerchio,che non è chiuso ma che non è aperto, che mi interessa.Non è il solco, ora.Mi soffermo a guardare ciò che questo cerchio racchiude. Vedo momenti lì dentro,istantanee che corrono veloce. E vedo persone, tante. Sono tutte quelle che mihanno aiutato a disegnare, a tenere in mano la matita, mentre segnava la mia pelle.Ci sono i miei genitori, c’è papà che per telefono mi dice che mi devo ricordare diDidimo Chierico, che devo essere libera, che devo essere padrona, che non devo es-sere schiava. C’è mamma che mi fa trovare la torta di mele la sera in cui arrivo conil treno e mi prepara i panzerotti il giorno dopo, e che al telefono mi dice in questosei proprio come nonna Nina. C’è mio fratello, che troppo poco spesso ho vistosuonare. C’è mia sorella, che non aspetta altro che portarmi a casa della Buky. Miasorella che costantemente mi scrive e mi ascolta e mi parla e mi calma. Poi arrivala piccola Kira, che scende dalla sedia e corre a scondizolare giù per le scale, e miguarda con gli occhi più belli del mondo. Nonno Peppino, che mi chiede se Firenzeè sempre bella. E nonna Nina, che chissà cosa avrebbe detto se avesse saputo chechedda spostaot se ne sarebbe andata settecento chilometri più su.Loro sono tutti lì, nel centro del cerchio.Guardo un po’ più all’esterno. Trovo la mia scuola e la Rosso con le sue collane che,senza saperlo, è stata a fianco a me mentre scrivevo sulla lavagna in molti esami. C’èlei che tiene strette tra le mani le sue lettere bellissime, che rileggo quando propriono, oggi non ce la posso fare. E c’è Carofiglio, che mi piace immaginare quando

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studiava alla Nazionale, e che ora si perde fra le carte e fra i conti ed ha dimenticatoche il suo posto non è dietro ad una scrivania, davanti ad un computer. Se un giornomi capiterà di insegnare qualcosa a qualcun altro, vorrei saperlo fare come voi loavete fatto con me. Tra i banchi trovo Endri, che mi ha detto forse le parole piùbelle che mi siano state dette. Valerio, che c’è, e poi non c’è, ma in fondo è semprelì, anche quando tutto è tutto cambiato.Guardo un po’ più su.Non c’è più il lungomare tutto bianco che corre accanto alla provincia. E’ una tavolaapparecchiata, quella che ho davanti. E’ quasi vuota ormai, ho fatto tardi perchè hopreso il 14 nella direzione sbagliata. E trovo Gaia che ha quasi finito di mangiaree mi dice se vuoi ti faccio compagnia. E non sa che continuerà a farmi compagniail giorno dopo, e quello dopo ancora, non sa che mangeremo insieme ogni sera perquasi quattro anni, che ascolterà le mie turbe su quanto siano freddi i grafici, esu quanto sia meraviglioso quello di cui parlano. In cucina incontro Roberta, conuna sciarpa al collo. La vedo entrare col suo giubbotto rosso al William’s mentreio sono col naso all’insù a guardare la partita della Fiorentina, così ci prendiamo lepatatine fritte durante l’intervallo, con le salse a parte. La rivedo in cucina, un annodopo. Lei che sbuccia le patate per fare lo sformato, io che torno dal laboratoriodi informatica un pomeriggio di gennaio e crollo, per la prima volta. Loro sono lì,prepotentemente intorno al centro.Poi, c’è chi è arrivato un po’ più tardi.Cristina, che incontro sull’autobus e che le viene la tallonite, perchè sennò facciamotardi alla partita contro il Chievo. E La casa in collina, che devo assolutamente leg-gere. Niccolò e l’inizio dell’estate. Segrezio, con le skyppate islandesi e le imitazionie i pezzi e le pezze e le crepes divorate alla Pangoro in diciassette secondi. Pietro,che trova per me le parole giuste al momento giusto. Irez, o Zoetta che dir si voglia,e popopopopopopo ad libitum. Antonella e è proprio uno Jacopo Ortis, sui gradinidi Santo Spirito. Mayra, e il (nostro) segreto di Ponte Vecchio. I Vicini, e cometutto ebbe inizio, romanticamente, da una finestra all’altra.C’è chi è arrivato ancora più tardi.Beatrice e l’aurora boreale è la cosa più bella che abbia mai visto. Vito e Giovanna,che in realtà c’erano già prima ma non valeva, e che meno di tre litri di birra in trenon si può. E le conseguenze poi sono i bollini delle mele Melinda, e le risate che nonfiniscono più. D’altronde l’alcol offre una via privilegiata della conoscenza, o no?Martina ed i trip infiniti di quel sabato sera. Andrea e la chiacchierata scambiataper caso sulle scale del dipartimento, prima di Fisichetta III. C’è anche RamamurtiRobert, e quello che solo io e lui sappiamo. C’è il professor Marconi, con il qua-le mi scuso per non avergli riservato una formula di ringraziamento più formale, eche ringrazio per aver sempre risposto alle mie domande e soprattutto per avermitrasmesso, ad ogni incontro, la tranquillità di cui avevo bisogno. Ci sono poi coseche succedono, e che non puoi decidere quando ti succedono. Per esempio, quandosono le dieci di sera e sei già dentro il letto. E per esempio di nuovo, quando stai

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scrivendo la tesi. E per questo secondo esempio ringrazio Tommaso.In tutto ciò, c’è anche la mia bellissima bicicletta Azzurra, perchè a volte gli oggettisono più che oggetti, che mi ha portato al Piazzale, ad Arcetri ed a Sesto, ognibenedetto giorno per quasi due anni senza marce e senza freni. E mi ha lasciato solouna volta per terra, un martedì sera all’una e mezza di notte in via dello Statuto. Ec’è il Franchi, i colori della curva tra cui mi sono confusa per quattro anni. E quelboato ad ottobre, che non dimenticherò mai.

Siete tutti lì dentro, stretti in quello spazio che mi avete aiutato a circondare. Avreipotuto scegliere altri modi per ringraziarvi. Stasera ho voluto farlo raccontandoalcuni pezzetti di me e di voi che mi sono fermata a raccogliere, e che porterò conme sempre.

E infine c’è lei. Che colora il cerchio ma non è banalmente uno sfondo. Lei cheè stata il mio sogno da quando l’ho vista per la prima volta, a diciassette anni. Chescorre veloce sotto le ruote della mia bicicletta, mentre pedalo verso il ponte di SanNiccolò. Che mi ha regalato i tramonti più belli, con il cielo più limpido e le nuvolepiù rosse che abbia mai visto. Che dolcemente mi culla quando è buio e fa freddo,e siamo soltanto io e lei, lei che mi parla ed io che ascolto. E senza la quale ognisingola parola di questa pagina, ogni singola riga di questo lavoro, quasi ogni partedi quel che sono diventata in questi quattro anni non sarebbe stato.

Firenze, 01.07.14 - 06.07.14

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