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In Russia si assiste a un revival del passato so- vietico sotto molte forme, dal modo in cui ven- gono celebrate certe ricorrenze – a partire dal- la vittoria nella Seconda guerra mondiale (ri- divenuta la sovietica “grande guerra patriottica”) – alla nostal’giya della potenza di un tempo, così evidente in una certa retorica degli uomini al potere e soprattutto in Vladimir Putin. Certo, la Russia era l’Unione Sovietica e per molti russi il crollo dell’Urss ha segnato una significativa perdita di status, di prestigio, nonché di un impero. Ma questo, anziché tranquillizzare gli Stati vicini, crea nuovo allarme, in particolare nel Baltico e in Europa centrorientale. er l’Unione Sovietica il 1991 fu a dir poco un an- no straordinario. L’anno “politico” si aprì nel Baltico, dove Mosca affannosamente tentava di mantenere estoni, lettoni e lituani nell’impero. In Litua- nia venne messo in piedi un Comitato di emergenza, pro- va locale di quello su scala nazionale dell’agosto succes- sivo. Non funzionò. Per la levata di scudi a livello inter- nazionale e per il fatto che i russi, Boris Eltsin in testa, si schierarono a fianco dei baltici dopo la “domenica di sangue”, quel 13 gennaio in cui la segretissima unità Al’- fa del Kgb diede l’assalto alla torre della televisione di Vilnius, circondata da cittadini indifesi, uomini, donne e bambini. Fu un massacro: decine e decine di feriti e tre- dici morti. L’impero sovietico, dissanguato dalle spese militari, stava letteralmente perdendo i pezzi. Il 19 agosto la tele- visione annunciò che il segretario generale del partito, Mikhail Gorbaciov, era malato e pertanto il potere veni- va assunto temporaneamente da un Comitato statale per lo stato di emergenza. Si riproponeva su scala pansovie- tica quello che era stato tentato in Lituania. Sarà il più strano golpe della storia, e si risolverà in tre giorni. El- tsin, che si era asserragliato nella Casa bianca, l’edificio del parlamento sovietico, fu l’indubbio vincitore. Da quel momento in Unione Sovietica iniziò a cambiare tutto. Un nuovo mondo cambiamenti furono tali che alla fine dell’anno l’Unione Sovietica non c’era più: al suo posto quindici nuovi Stati indipendenti. L’uscita dal sistema sovietico non fu semplice e le popolazioni paga- rono un prezzo sociale elevato: bisognava inventare un mercato e allo stesso tempo costruire nuove statualità. A seconda dei luoghi, un processo con dinamiche e moda- lità assai diverse. Nessuno era in grado di afferrarne la complessità e molte furono le ingenuità commesse, a par- tire dall’economia. Molti degli Stati successori dell’Unione Sovietica non erano mai stati indipendenti in epoca moderna. Uno dei primi compiti cui dovettero fare fronte fu la costruzione di identità nazionali indipendenti, un processo che ha DOSSIER P 50 . east . europe and asia strategies numero 38 . ottobre 2011 . 51 inevitabilmente comportato la differenziazione dalla Russia, a dispetto del fatto che le popolazioni erano sta- te fortemente russificate e l’economia sovietizzata. Anche questo processo non è stato omogeneo. I tre Sta- ti del Baltico, Estonia, Lettonia e Lituania, sono stati fa- cilitati. Hanno potuto richiamarsi alla statualità indipen- dente di cui disponevano fino al 1939 (erano stati annes- si all’Unione Sovietica a cavallo della Seconda guerra mondiale, a seguito dei protocolli segreti del Patto Mo- lotov-Ribbentrop) e i nuovi Stati hanno incarnato la con- tinuità con quelli precedenti. I baltici, inoltre, avevano fortemente preservato le proprie tradizioni e mantenuto un saldo legame culturale con l’Europa. Fin da subito in- trapresero senza ambiguità un cammino che rapidamen- te li ha condotti verso la democrazia e il libero mercato. Oggi sono parte naturale delle istituzioni europee e tran- snazionali. Armenia e Ucraina hanno beneficiato delle diaspore, che all’estero hanno contribuito a mantenere vive le lo- ro tradizioni nazionali. Quindici anni fa ci si interroga- va se l’Ucraina sarebbe potuta sopravvivere come Stato indipendente: oggi è una realtà. Altre popolazioni hanno esperito destini ben diversi. Dalla Bielorussia al Turkmenistan i regimi che si sono consolidati al potere hanno ben poco a che fare con la de- mocrazia. Un recente rapporto di Freedom House, Worst of the Worst 2011, classifica Turkmenistan e Uzbekistan tra le nove società più repressive del mondo. L’Azerbai- gian, ricco di idrocarburi, si è trasformato in un petro- Stato autoritario, mentre dal Kazakistan al Tagikistan im- perano le autocrazie. Azerbaigian e Bielorussia oggi so- no certamente due Paesi meno liberi rispetto a venti an- ni fa. I turkmeni indubbiamente godevano di maggiore libertà nella seconda metà degli anni Ottanta, all’epoca di Gorbaciov. I segni del passato sovietico marcano co- me stimmate il presente politico e le istituzioni di una parte di queste nazioni. In Russia oramai si assiste a un revival del passato so- vietico sotto molte forme, dal modo in cui vengono cele- brate certe ricorrenze – a partire dalla vittoria nella Se- conda guerra mondiale (ridivenuta la sovietica “grande guerra patriottica”) – alla nostal’giya della potenza di un tempo, così evidente in una certa retorica degli uomini al potere e soprattutto in Vladimir Putin. È sua l’affermazio- L’Urss è morta? Viva l’Urss La caduta del Muro di Berlino, Raissa e Mikhail Gorbaciov tra la folla. I Nostal’giya di Unione Sovietica? di Fernando Orlandi Publifoto / Lapresse

L’Urss è morta? Viva l’Urss DOSSIER Nostal’giya revival P ... · Molti degli Stati successori dell’Unione Sovietica non erano mai stati indipendenti in epoca moderna. Uno

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In Russia si assiste a un revivaldel passato so-

vietico sotto molte forme, dal modo in cui ven-

gono celebrate certe ricorrenze – a partire dal-

la vittoria nella Seconda guerra mondiale (ri-

divenuta la sovietica “grande guerra patriottica”) – alla nostal’giya della potenza di un tempo,

così evidente in una certa retorica degli uomini al potere e soprattutto in Vladimir Putin. Certo,

la Russia era l’Unione Sovietica e per molti russi il crollo dell’Urss ha segnato una significativa

perdita di status, di prestigio, nonché di un impero. Ma questo, anziché tranquillizzare gli Stati

vicini, crea nuovo allarme, in particolare nel Baltico e in Europa centrorientale.

er l’Unione Sovietica il 1991 fu a dir poco un an-no straordinario. L’anno “politico” si aprì nelBaltico, dove Mosca affannosamente tentava di

mantenere estoni, lettoni e lituani nell’impero. In Litua-nia venne messo in piedi un Comitato di emergenza, pro-va locale di quello su scala nazionale dell’agosto succes-sivo. Non funzionò. Per la levata di scudi a livello inter-nazionale e per il fatto che i russi, Boris Eltsin in testa, sischierarono a fianco dei baltici dopo la “domenica disangue”, quel 13 gennaio in cui la segretissima unità Al’-fa del Kgb diede l’assalto alla torre della televisione diVilnius, circondata da cittadini indifesi, uomini, donnee bambini. Fu un massacro: decine e decine di feriti e tre-dici morti.

L’impero sovietico, dissanguato dalle spese militari,stava letteralmente perdendo i pezzi. Il 19 agosto la tele-visione annunciò che il segretario generale del partito,Mikhail Gorbaciov, era malato e pertanto il potere veni-va assunto temporaneamente da un Comitato statale perlo stato di emergenza. Si riproponeva su scala pansovie-tica quello che era stato tentato in Lituania. Sarà il piùstrano golpe della storia, e si risolverà in tre giorni. El-tsin, che si era asserragliato nella Casa bianca, l’edificiodel parlamento sovietico, fu l’indubbio vincitore. Da quelmomento in Unione Sovietica iniziò a cambiare tutto.

Un nuovo mondocambiamenti furono tali che alla fine dell’annol’Unione Sovietica non c’era più: al suo postoquindici nuovi Stati indipendenti. L’uscita dal

sistema sovietico non fu semplice e le popolazioni paga-rono un prezzo sociale elevato: bisognava inventare unmercato e allo stesso tempo costruire nuove statualità. Aseconda dei luoghi, un processo con dinamiche e moda-lità assai diverse. Nessuno era in grado di afferrarne lacomplessità e molte furono le ingenuità commesse, a par-tire dall’economia.

Molti degli Stati successori dell’Unione Sovietica nonerano mai stati indipendenti in epoca moderna. Uno deiprimi compiti cui dovettero fare fronte fu la costruzionedi identità nazionali indipendenti, un processo che ha

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inevitabilmente comportato la differenziazione dallaRussia, a dispetto del fatto che le popolazioni erano sta-te fortemente russificate e l’economia sovietizzata.

Anche questo processo non è stato omogeneo. I tre Sta-ti del Baltico, Estonia, Lettonia e Lituania, sono stati fa-cilitati. Hanno potuto richiamarsi alla statualità indipen-dente di cui disponevano fino al 1939 (erano stati annes-si all’Unione Sovietica a cavallo della Seconda guerramondiale, a seguito dei protocolli segreti del Patto Mo-lotov-Ribbentrop) e i nuovi Stati hanno incarnato la con-tinuità con quelli precedenti. I baltici, inoltre, avevanofortemente preservato le proprie tradizioni e mantenutoun saldo legame culturale con l’Europa. Fin da subito in-trapresero senza ambiguità un cammino che rapidamen-te li ha condotti verso la democrazia e il libero mercato.Oggi sono parte naturale delle istituzioni europee e tran-snazionali.

Armenia e Ucraina hanno beneficiato delle diaspore,che all’estero hanno contribuito a mantenere vive le lo-ro tradizioni nazionali. Quindici anni fa ci si interroga-va se l’Ucraina sarebbe potuta sopravvivere come Statoindipendente: oggi è una realtà.

Altre popolazioni hanno esperito destini ben diversi.Dalla Bielorussia al Turkmenistan i regimi che si sonoconsolidati al potere hanno ben poco a che fare con la de-mocrazia. Un recente rapporto di Freedom House, Worstof the Worst 2011, classifica Turkmenistan e Uzbekistantra le nove società più repressive del mondo. L’Azerbai-gian, ricco di idrocarburi, si è trasformato in un petro-Stato autoritario, mentre dal Kazakistan al Tagikistan im-perano le autocrazie. Azerbaigian e Bielorussia oggi so-no certamente due Paesi meno liberi rispetto a venti an-ni fa. I turkmeni indubbiamente godevano di maggiorelibertà nella seconda metà degli anni Ottanta, all’epocadi Gorbaciov. I segni del passato sovietico marcano co-me stimmate il presente politico e le istituzioni di unaparte di queste nazioni.

In Russia oramai si assiste a un revival del passato so-vietico sotto molte forme, dal modo in cui vengono cele-brate certe ricorrenze – a partire dalla vittoria nella Se-conda guerra mondiale (ridivenuta la sovietica “grandeguerra patriottica”) – alla nostal’giya della potenza di untempo, così evidente in una certa retorica degli uomini alpotere e soprattutto in Vladimir Putin. È sua l’affermazio-

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La caduta del Muro di Berlino,

Raissa e Mikhail Gorbaciov tra la folla.

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ne che «il collasso dell’Unione Sovietica ha rappresenta-to la più grande tragedia geopolitica del XX secolo». C’èanche molto kitsch in questo revival del passato, da alcu-ni siti web a certi locali di tendenza. La Russia rappresen-ta un caso speciale, perché la Russia era l’Unione Sovie-tica e per molti russi il crollo dell’Unione Sovietica ha se-gnato una significativa perdita di status, di prestigio, non-ché di un impero. E al cinema e in televisione si susse-guono programmi, film e serial che celebrano e inneggia-no al passato (comunista), quando l’Unione Sovietica erauna potenza imperiale. Questo non tranquillizza i vicini,nel Baltico e in Europa centrorientale.

La “nostalgia”ostalgia” è un termine piuttosto recente nel vo-cabolario europeo, coniato dal medico svizzeroJohannes Hofer nella sua Dissertatio Medica de

Nostalgia, pubblicata a Basilea nel 1688. La nostalgia è“la tristezza ingenerata dall’ardente brama di ritornare inpatria”, una malattia che colpiva persone che vivevanolontano da casa. Soltanto nel secolo successivo il termi-ne migra dalla medicina alle arti e alla politica. Sarannoi romantici, in risposta all’illuminismo, che poneva l’ac-cento sull’universalità della ragione, a celebrare la parti-

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L’Urss è morta? Viva l’Urss

IN BASSO Quelli che furono i principali leader dell’Unione Sovietica,

(tra cui Leonid Breznev) mentre assistono, dal balcone

del mausoleo di Lenin, alla sfilata dell’Armata rossa

in occasione delle celebrazioni

dell’anniversario della Rivoluzione di ottobre

nel novembre del 1972 nella piazza Rossa di Mosca.

A FRONTE 12° Congresso straordinario dell’Unione Sovietica

al palazzo dei Congressi del Cremlino.

Nella foto: Mikhail Gorbaciov mentre tiene un discorso.

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gliori. Le repressioni e il gulag, la corruzione e il cinismo,la stagnazione e le enormi spese militari, sono rimossi. Èla conferma, se mai fosse necessaria, che i ricordi sonosottoposti a strani procedimenti, con i quali si abbelli-scono le esperienze vissute. Lo scrittore Thomas Brus-sig, a proposito dei tedeschi dell’Est, ha osservato, ma laconsiderazione vale anche per i russi, che “l’abbellimen-to si insinua di soppiatto nella memoria umana e non silascia sradicare neanche quando si tratta di questionicontroverse come il ricordo del totalitarismo”. Nel ro-manzo In fondo al viale del sole Brussig ha poi scritto cheil ricordo “compie ostinatamente il miracolo di fare pa-ce con il passato, ogni rancore svanisce e il velo della no-stalgia si posa sopra tutto ciò che un tempo veniva per-cepito come doloroso e lancinante”.

La nostal’giya è divenuta un meccanismo per difender-si dal ritmo accelerato del cambiamento vissuto dalla po-polazione. I sondaggi ci dicono che alla nostalgia gene-ralmente non si accompagna il desiderio di fare ritornoalla condizione di vita dell’epoca sovietica, priva di li-bertà, con le code per il cibo e gli alloggi condivisi da piùfamiglie. La nostalgia si nutre anche del fatto che il trau-ma collettivo del passato sovietico è stato a malapena ri-conosciuto e comunque tutti sono stati visti come vitti-me innocenti o rotelle nell’ingranaggio del sistema: ese-guivano solo degli ordini. Esemplare è il film Utomlen-nye solntsem (Sole ingannatore) di Nikita Mikhalkov.Dedicato a quelli che sono stati “bruciati dal sole” dellarivoluzione, presenta una visione nostalgica della vitasovietica negli anni Trenta, in cui piccola nobiltà russaed eroi della rivoluzione vivono felicemente assieme inuna dacia. L’idillio fra il colonnello Sergei Kotov (inter-

DOSSIERL’Urss è morta? Viva l’Urss

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colarità del sentimento, la nostalgia di casa. Con CharlesBaudelaire il termine si libera da ogni riferimento con-creto, a precisi luoghi o a un passato, per assurgere a con-dizione di anelito indefinito.Verso la metà dell’Ottocento la nostalgia viene istituzio-nalizzata nei musei e nelle cronache cittadine: il passa-to diviene un’“eredità”. Come emozione storica è con-temporanea alla nascita della cultura di massa. In Rus-sia, ha osservato Svetlana Boym, gli slavofili “hanno tra-sformato la nostalgia spirituale e la mancanza di coscien-

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SOTTO La bandiera rossa dell’Unione Sovietica sventola

nel corso delle cerimonie per il 90° anniversario

della Rivoluzione d’ottobre. Sullo sfondo il mausoleo di Lenin.

A FRONTE Il presidente russo Boris Elstin negli anni Novanta.

pretato dal regista) e la giovane e bella nobildonna suamoglie viene disturbato dal ritorno di Dmitri, ex amantedella donna e ora agente della Nkvd, la polizia politica.Kotov sarà giustiziato, i suoi familiari arrestati e interna-ti nel gulag, dove la moglie morirà. Dmitri si suiciderà.L’élite sovietica è così ritratta come vittima del regime,non come complice nell’oppressione.

Esiste ancora un’ex Unione Sovietica?vent’anni dalla sua scomparsa esiste ancoraun’ex Unione Sovietica, uno spazio con delle ca-ratteristiche comuni? Vent’anni sono giusto lo

spazio di una generazione che ha raggiunto la maggioreetà, che si è educata e formata in un contesto assertivodelle riconquistate (o costruite ex novo) identità nazio-nali. In questi Paesi si è indebolita l’influenza russa, men-tre hanno iniziato a esercitare un’attrazione culturale,economica e politica altri soggetti, quali l’Unione Euro-pea e, per gli Stati dell’Asia centrale, Cina e Turchia. Al-l’interno di questo processo, in questi vent’anni, si sonoallentati i legami fra la Russia e gli Stati successori del-l’Unione Sovietica, al punto che per alcuni analisti è sem-pre più difficile parlare di spazio postsovietico. Ha osser-vato Thomas De Waal: “Se questi Paesi fossero dei bam-bini, adesso avrebbero vent’anni. Sarebbero abbastanzagrandi per prendere le proprie decisioni, trovare un lavo-ro, acquistare un’automobile e imparare a guidare”.

Chi è nato, cresciuto e educato nell’ultimo ventennio,fa parte di una generazione che l’Unione Sovietica nonl’ha mai conosciuta, mentre ha conosciuto il proprio Pae-se come entità indipendente. In Balkonas (Il balcone),film della giovane regista lituana Giedre Beinoriute, glianni Ottanta rivivono nell’amicizia fra due ragazzini, inun’indefinita città di provincia.

Dopo il divorzio dei suoi genitori l’undicenne Rolanassi trasferisce nell’appartamento di fianco a quello di Emi-lija, sua coetanea. Di notte si parlano attraverso una pre-sa che collega i due appartamenti e di giorno s’incontra-no sul balcone, finché finalmente non si danno un veroappuntamento. Al di là della storia narrata, colpiscel’ambientazione: vestiti retrò, macchine sovietiche arrug-ginite e prefabbricati. Non c’è politica, alla regista inte-ressano i rapporti fra le persone e i valori. Del passatorappresentato non c’è nostal’giya. .

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za storica in caratteristiche dell’animo russo”.C’è davvero nostal’giya dell’Unione Sovietica nella

Russia di oggi? Per alcuni gli anni di Stalin furono quel-li della potenza, e quelli di Leonid Brezhnev e Yuri An-dropov un periodo di stabilità e condizioni di vita mi-

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