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ΤΑΙΖΕΝ ΧΗΑΡΑΧΤΕΡ ΣΤΟΡΨ ΒΟΟΚ ΓΟΔ ΩΑΡΡΙΟΡΣ Opera a cura di Orion81 – www.cavalierizod.com/2 Pagina 79 MITOLOGIA NORRENA Con mitologia norrena, mitologia nordica, mitologia vichinga o mitologia scandinava ci si riferisce alle credenze religiose pre-cristiane e alle leggende di popoli Scandinavi, inclusi quelli che colonizzarono l'Islanda, dove le fonti scritte della mitologia norrena furono assemblate. È la versione meglio conosciuta delle più antica mitologia germanica che include anche la strettamente correlata mitologia anglo-sassone. La mitologia germanica è ricondotta da molti studiosi all'interno dell'ipotetica mitologia indoeuropea. La mitologia norrena non è frutto di una "religione rivelata", in quanto priva di una fondazione storica individuale. Per la maggior parte dell'età vichinga venne trasmessa oralmente e le nostre conoscenze al suo riguardo sono principalmente basate su testi medievali (in particolare le due versioni dell'Edda), compilati successivamente all'introduzione del cristianesimo. Nel folklore scandinavo, queste credenze sono durate a lungo anche successivamente al medioevo, in alcune aree rurali si sono conservate fino ai nostri giorni, venendo di recente rivivificate o reinventate, come l'Ásatrú o Odinismo. FONTI: La maggior parte della mitologia norrena, trasmessa oralmente, è andata persa. Eruditi cristiani ne hanno recuperati e conservati frammenti più o meno corposi. I due nomi principali sono quelli di Snorri Sturluson (compilatore dell'Edda) e Saxo Grammaticus, autore delle Gesta Danorum. Questi autori adottano un'interpretazione evemeristica, per cui le divinità norrene sono eroi umani o sovrani divinizzati.

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MITOLOGIA NORRENA

Con mitologia norrena, mitologia nordica, mitologia vichinga o mitologia scandinava ci si riferisce alle credenze religiose pre-cristiane e alle leggende di popoli Scandinavi, inclusi quelli che colonizzarono l'Islanda, dove le fonti scritte della mitologia norrena furono assemblate. È la versione meglio conosciuta delle più antica mitologia germanica che include anche la strettamente correlata mitologia anglo-sassone. La mitologia germanica è ricondotta da molti studiosi all'interno dell'ipotetica mitologia indoeuropea. La mitologia norrena non è frutto di una "religione rivelata", in quanto priva di una fondazione storica individuale. Per la maggior parte dell'età vichinga venne trasmessa oralmente e le nostre conoscenze al suo riguardo sono principalmente basate su testi medievali (in particolare le due versioni dell'Edda), compilati successivamente all'introduzione del cristianesimo. Nel folklore scandinavo, queste credenze sono durate a lungo anche successivamente al medioevo, in alcune aree rurali si sono conservate fino ai nostri giorni, venendo di recente rivivificate o reinventate, come l'Ásatrú o Odinismo.

FONTI: La maggior parte della mitologia norrena, trasmessa oralmente, è andata persa. Eruditi cristiani ne hanno recuperati e conservati frammenti più o meno corposi. I due nomi principali sono quelli di Snorri Sturluson (compilatore dell'Edda) e Saxo Grammaticus, autore delle Gesta Danorum. Questi autori adottano un'interpretazione evemeristica, per cui le divinità norrene sono eroi umani o sovrani divinizzati.

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L'Edda in prosa fu scritta probabilmente tra il 1222 e il 1225 da Snorri Sturluson (è detta per questo anche Edda di Snorri). Nelle intenzioni dell'autore dovrebbe essere un manuale per aspiranti poeti. La costruzione delle complesse metafore poetiche (note come Kenningar) alla base della poesia norrena, tuttavia, richiede un'ampia conoscenza del retroterra mitologico, che qui Snorri espone estesamente. L'Edda in poesia (detta anche Edda di Sæmundr, in quanto erroneamente attribuita all'erudito Sæmundr il Saggio) fu scritta sempre nel XIII secolo. Tuttavia, i ventinove lunghi poemi che contiene risalgono a epoche di gran lunga anteriori, anche sino al IX o X secolo. Di questi, undici trattano delle divinità, altri di eroi leggendarî, come il celebre Sigurðr, il Sigfrido della germanica Canzone dei Nibelunghi. Oltre a queste fonti sono sopravissute diverse leggende nel folklore orale scandinavo, e centinaia di luoghi nella Scandinavia prendono il nome dagli dei. Esistono anche numerose pietre runiche, o che ritraggono scene della mitologia norrena, come la pesca di Thor, Odino che cavalca Sleipnir, Odino divorato da Fenrir, Hyrrokkin che cavalca verso il funerale di Baldr. In Danimarca è stata ritrovata una pietra che ritrae Loki con mustacchi arricciati come un dandy e le labbra cucite. Ci sono anche immagini più piccole: figurine che ritraggono Odino (con un occhio solo), Thor (con il suo martello) e Freyr.

COSMOLOGIA: Secondo la mitologia norrena la terra si chiama Miðgarðr (lett. "recinto centrale"; vedi anche Terra di Mezzo). Circondata dalle acque, alla sua sommità si trova Asgarðr, la dimora degli dei, raggiungibile unicamente tramite Bifröst, il ponte dell'arcobaleno. I Giganti vivono all'esterno del mondo, al Nord, in un luogo chiamato Jötunheimr ("Paese dei giganti"). La dea Hel governa il sotterraneo regno omonimo, luogo predestinato ai defunti. Nel Sud vi è l'infuocato e misterioso reame di Muspell, il Múspellsheimr dimora dei giganti del fuoco. Ulteriori regioni dell'immaginario norreno sono Álfheimr dimora degli "elfi chiari" (ljósálfar), Svartálfaheimr dimora degli elfi oscuri (ma questa divisione tra elfi è fatta unicamente da Snorri), Niðavellir le miniere dei Nani.

ESSERI SOVRANNATURALI: Le divinità sono divise in due classi: gli Æsir e i Vanir. La distinzione non è tuttavia netta: nel passato remoto le due fazioni si fronteggiarono in guerra, ma in seguito raggiunsero la pace, si scambiarono ostaggi e alcuni membri si unirono in matrimonio. Di determinate divinità non è chiara l'appartenenza a una delle due classi. Alcuni studiosi hanno visto in questo racconto di successione divina una trasposizione dell'invasione delle tribù indoeuropee, che soppiantarono coi loro culti guerrieri le precedenti divinità agricole. Altri studiosi (come Georges Dumézil o Mircea Eliade) considerano la divisione tra Æsir e Vanir come l'espressione di una divisione strutturale delle diverse funzioni (divinità sovrane, guerriere e agricole) tipica delle religioni di supposta derivazione indoeuropea, e interamente spiegabile in tal senso.

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Gli Æsir ed i Vanir sono generalmente nemici degli Jötnar (singolare Jötunn). Paragonabili ai Titani della mitologia greca, vengono chiamati Giganti, anche se alcuni suggeriscono, come alternative, "troll" e "demoni". Da notare comunque che gli Æsir discendono dagli Jötnar, e sia Æsir che Vanir possono unirsi con loro per generare figli, quando non sono dei mostri. Esistono due classi generali di giganti: Hrímþursar, i "giganti di brina", e i Múspellsmegir o "giganti di fuoco" anche detti "Figli di Muspell". Celebri tra gli altri esseri sovrannaturali sono Fenrir il lupo e il Miðgarðsormr, il grande serpente che cinge il mondo, entrambi figli che il dio Loki ha avuto da una gigantessa. Altre creature spesso citate sono Huginn e Muninn ("pensiero" e "memoria"), i due corvi che mantengono informato Odino di tutto ciò che avviene nel mondo. Sleipnir, il cavallo a otto zampe di Odino, anch'esso figlio di Loki. Ratatosk, lo scoiattolo che scorrazza tra i rami di Yggdrasill, l'albero del mondo. Come per molte altre religioni politeistiche, la mitologia presenta una debole opposizione tra Bene e Male, tipica invece delle tradizioni mediorientali. Loki, principio del disordine, in molte occasioni aiuta gli dei con la sua astuzia, ed in altrettante li insulta e ne causa i lutti. I Giganti, non tanto fondamentalmente malvagi, sono piuttosto rudi, vanagloriosi e incivili. L'opposizione è più dunque tra un Ordine e un Caos non impermeabili l'uno all'altro.

VÖLUSPÁ: L'ORIGINE E LA FINE DEL MONDO: L'origine e il destino del mondo sono descritti, anche se in modo molto confuso e criptico, nella Völuspá (La profezia della völva o Profezia della Veggente), contenuta nell' Edda Poetica. Qui Odino evoca lo spirito di una völva (cioè, una veggente) perché gli racconti il passato ed il futuro. Pur riluttante, lo spirito deve cedere alle richieste di Odino, da sempre alla ricerca di nuova conoscenza, finché, dopo aver rivelato tutti i segreti del passato e del futuro, risprofonda nelle tenebre della morte.

IL PASSATO: In principio c'erano il mondo del ghiaccio Niflheimr ed il mondo del fuoco Muspellsheimr e tra di essi Ginnungagap, un "vuoto sbadigliante", nel quale non viveva niente. Qui fuoco e ghiaccio si incontrarono, dando forma al gigante primordiale, Ymir e alla vacca cosmica, Auðhumla il cui latte nutrì Ymir. La mucca leccò il ghiaccio, dando forma al primo dio Buri, che fu il padre di Borr, padre a sua volta del primo Æsir, Óðinn, e dei suoi fratelli, Víli e Vé. Da Ymir discese invece la razza dei Giganti. Quindi i figli di Bor, Óðinn, Víli e Vé, uccisero Ymir e con il suo corpo formarono il mondo. Gli dei regolavano il passaggio dei giorni e delle notti, così come delle stagioni. I primi esseri umani furono Askr ed Embla (frassino e olmo), formati dal legno e portati in vita ancora da Óðinn, Víli e Vé[1]. Sól è la dea del Sole, una figlia di Mundilfœri, data in sposa a Glenr. Ogni giorno cavalca nel cielo sul suo carro trainato da due cavalli chiamati Alsviðr e Árvakr. Sol è perennemente inseguita da Sköll, un lupo che vuole divorarla (probabile spiegazione delle eclissi), e che prima o poi la raggiungerà. Fratello di Sol è Máni, la Luna, anch'egli inseguito da un lupo,

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Hati. Uno scudo, chiamato Svalinn, si interpone tra la Terra e il Sole, per impedire che questi bruci il suolo con la sua eccessiva violenza. La veggente descrive quindi il grande albero Yggdrasill e le tre norne che tessono le trame del fato ai suoi piedi. Quindi descrive la guerra primordiale tra Æsir e Vanir e l'omicidio di Baldr. A questo punto rivolge la sua attenzione al futuro.

L'AVVENIRE: Al termine del tempo le forze del caos prenderanno il sopravvento, spezzando le loro catene. Guidate da Loki, daranno il via al Ragnarök, la battaglia finale tra la luce e la tenebra. Le due forze contrapposte si annienteranno a vicenda, distruggendo con loro l'intera creazione. Dalle sue ceneri, tuttavia, un nuovo mondo risorgerà, una nuova coppia originaria, Líf e Lífþrasir (salvatisi dal Ragnarök nascondendosi nel bosco di Hoddmímir o nel frassino Yggdrasill a seconda delle varie credenze), ripopolerà Miðgarðr, ricominciando così un ciclo di ascesa e decadenza. Gli studiosi discutono sull'eventuale peso di un'influenza cristiana su queste ultime credenze.

RE ED EROI: La mitologia non solo tratta di dei e creature soprannaturali, ma anche di eroi e re. Molti di essi sono probabilmente esistiti e generazioni di studiosi scandinavi hanno tentato di dividere la storia dai miti delle saghe. Gli eroi più famosi sono senza dubbio Sigfrido e Svipdagr, ma anche le Skjaldmö erano protagoniste di molte vicende eroiche.

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ÆSIR E VANIR – LE DIVINITA’ NORRENA

Nel mondo norreno, gli Æsir (al singolare Áss, al femminile singolare Ásynja, al femminile plurale Ásynjur, in anglosassone Ós, dal proto-germanico *Ansuz), sono gli dèi, signori assoluti del cielo. Quella Vanir (al singolare Vanr) è una delle due stirpi della mitologia norrena. Dopo una lunga guerra, e avendo come ostaggio Hœnir e Mímir, i Vanir sono diventati alleati degli Æsir ed insieme lotteranno contro le forze distruttive di Hel nel Ragnarök. Secondo l'interpretazione evemeristica di Snorri Sturluson, gli Æsir erano originari dell'Asia (Asíá in norreno) e da quel luogo si sarebbero spostati seguendo il loro capo Odino verso le terre del nord, fermandosi in Svezia (Svíþjóð). La loro patria d'origine era Ásaland ("terra degli Æsir"), anche chiamata Ásaheimr ("regno degli Æsir"), e capitale di tale regno era Ásgarðr ("recinto degli Æsir") che Snorri curiosamente identifica con Troia. Nel racconto riportato nella Saga degli Ynglingar, Ásgarðr era un centro di culto dove si tenevano solenni sacrifici cui presiedevano dodici sacerdoti (díar o drótnar) che erano nel frattempo i campi a cui spettavano le decisioni. Essi poi sarebbero stati divinizzati dai loro sudditi; nel caso di Odino, in particolare, si dice che, prossimo alla morte, lasciò la Svezia affermando che aveva l'intenzione di tornare nella sua antica patria, detta anche Goðheimr ("paese degli dèi") e i suoi seguaci credettero che da allora egli vivesse in eterno ritornato ad Ásgarðr.

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Nel racconto dell'Edda in prosa, di stampo molto meno evemeristico, Ásgarðr è invece una fortezza celeste, al centro del mondo, che gli dèi hanno costruito per dimorarvi con le proprie famiglie per proteggersi dagli attacchi dei giganti, loro acerrimi nemici. Ad Ásgarðr alla quale si accede solo tramite Bifröst, il ponte arcobaleno, è presente un tempio d'oro detto Glaðsheimr, così come tutte le dimore degli dèi e delle dee. È qui presente anche Hliðskjálf, il trono di Odino.

IL CONFLITTO TRA ÆSIR E VANIR:

La loro supremazia fu stabilita solo dopo la guerra contro i Vanir (un'altra stirpe divina), che ebbe come epilogo la stipulazione di un patto sacro che portò ad una sorta di integrazione. La Völuspá riporta:

« Andarono allora gli dèi tutti

ai troni del giudizio,

divinità santissime

e su questo deliberarono:

se avessero dovuto gli Æsir

un tributo pagare

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o avessero gli dèi tutti

diritto a un compenso.

Levava la lancia Odino e la scagliava nella mischia:

quella fu la battaglia

prima nel mondo;

infranto il riparo di legno

della città degli Æsir

minacciosi poterono i Vanir

porre il piede in campo

Andarono allora gli dèi tutti

ai troni del giudizio

divinità santissime

e su questo deliberarono:

chi avesse nell'aria

immesso il male

e alla progenie dei giganti

dato la compagna di Óðr.

Là solo Thor si levò

gonfio di furore:

non indugiò un istante

quando seppe tali fatti.

Ruppero i giuramenti,

le parole e i sacri voti,

ogni possente patto

che fra loro avevano stretto. »

La presenza di due pantheon distinti nella teologia scandinava è stata variamente interpretata dagli studiosi. Una prima ipotesi, popolare per tutta la prima metà del XX secolo e non ancora completamente tramontata, sosteneva che la compresenza di due distinti gruppi di divinità, gli Æsir ed i Vanir, avesse ragioni storiche legate alle migrazioni delle genti germaniche nel nord Europa ed al loro confronto con le popolazioni autoctone. Tale interpretazione aveva radici molto profonde, giacché rimontava appunto ad opere pseudo-storiche come la Saga degli Ynglingar (cap. 4) di Snorri Sturluson o le

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Gesta Danorum (libro I, 7) di Saxo Grammaticus, in cui si trattava di Æsir e Vanir nei termini di due popolazioni della remota antichità. In particolare, Snorri, dopo aver ricordato la guerra tra Æsir e Vanir, aveva poi narrato di come gli Æsir avessero intrapreso una lunga migrazione che dalla natìa Scizia li avrebbe portati nel Nord Europa. Ma in seguito altri studiosi, tra cui Jan De Vries e Georges Dumézil, notarono un'unità intrinseca nei rapporti tra Æsir e Vanir. I due gruppi apparivano essere, secondo l'opinione di questi esegeti, i termini complementari di una struttura unitaria. Non si trattava dunque di due pantheon distinti ma di un singolo pantheon di natura duale, i cui due gruppi divini erano fortemente caratterizzati in senso funzionale: gli Æsir si occupavano delle sfere del sacro inerenti alla sovranità, alla sapienza, al diritto e alla guerra, mentre i Vanir si occupavano essenzialmente della ricchezza e della fecondità. Il mito della guerra tra le due stirpi semplicemente ne giustificava la coesistenza, quindi la riunione delle diverse funzioni in un sistema unico. Un'analisi più dettagliata, basata sulla comparazione con miti omologhi, mostrò in seguito come entrambi i termini di questo pantheon avessero una medesima origine di matrice indoeuropea. Dumézil indicò molti esempi tratti da varie mitologie, a dimostrare che la struttura complessiva del pantheon germanico - nella compresenza tra Æsir e Vanir - apparteneva in realtà al più antico pensiero mitico indoeuropeo. Dell'importanza degli Æsir, certa in epoca vichinga, testimoniano molti toponimi, come in Svezia: Åsaka, Åslunda, Aspberg; in Norvegia Aaseral (*Ásarall), Oslo (Ósló) ("bosco sacro degli Æsir"); ma anche molti nomi di persona come Ásbjörn, Ásgautr, Ásgrímr, Ásketill, Ásmundr, Ásúlfr, Ásvaldr, come nomi maschili e Ása, Ásbjörg, Ásgerðr, Áshildr, Áslaug e Ásleif, come nomi femminili.

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DIVINITÀ ÆSIR:

ODINO

Odino (norreno Óðinn, anglosassone Woden, tedesco Wotan, longobardo Gòdan) è una delle principali divinità del pantheon norreno, e in particolare dio della guerra, della magia, della sapienza e della poesia. Odino dimora ad Ásgarðr, nel palazzo di Válaskjálf innalzato da lui stesso, dove, seduto sul trono Hliðskjálf, osserva ciò che accade in ciascuno dei Nove Mondi. In battaglia brandisce Gungnir, la sua lancia e cavalca Sleipnir, il suo destriero a otto zampe, nato da una portentosa unione tra il dio Loki (momentaneamente trasformato in giumenta) e il cavallo Svaðilfœri. Figlio di Borr e della gigantessa Bestla, fratello di Víli e Vé, marito di Frigg e padre di molti degli dèi, tra cui Thor, Baldr, Víðarr e Váli. Spesso viene inoltre definito "padre di tutti gli dèi", o addirittura Allföðr ("padre del tutto"). Come dio guerriero raduna gli eroi morti in battaglia nel Valhalla, gli einherjar, presiedendo al loro banchetto. Infine Odino guiderà gli dèi e gli uomini contro le forze del caos nell'ultima battaglia, quando giungerà il Ragnarök, la fine del mondo, nel quale il dio sarà ucciso, inghiottito dal temibile lupo Fenrir, per essere immediatamente vendicato da Víðarr che ne lacererà le fauci dopo avergli piantato un piede nella gola. Un importante tempio di Odino sorgeva ad Uppsala, in Svezia.

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LA SAGGEZZA DI ODINO:

Essendo il più antico degli dèi e il creatore del mondo e di tutte le cose, Odino è il signore della sapienza, conoscitore delle cose antiche e profonde. Egli ha imparato per primo tutte le arti e in seguito gli uomini le hanno apprese da lui. Tra i molti epiteti di Odino, parecchi si riferiscono alla sua immensa sapienza: Fjölnir e Fjölnsviðr ("assai sapiente"), Sanngetall ("che intuisce il vero"), Saðr o Sannr ("che dice il vero"), Forni ("antico") e Fornölvir ("antico sacerdote"), cioè conoscitore di tutte le cose dal principio. La sapienza di Odino è conoscenza, magia e poesia al tempo stesso. Egli non solo conosce i misteri dei Nove Mondi e l'ordine delle loro stirpi, ma anche il destino degli uomini e il fato stesso dell'universo. Odino ama disputare con creature antiche e sapienti. Sotto le mentite spoglie di Gágnraðr ("stanco del cammino") si giocò la vita sfidando a una gara di sapienza il possente gigante Vafþrúðnir, la cui erudizione era rinomata in tutti i Nove Mondi, e dopo una serie di domande sul passato, il presente e il futuro del mondo, a cui il gigante rispose prontamente, Gágnraðr domandò allora che cosa avesse sussurrato il dio Odino a Baldr prima che questi fosse posto sulla pira. Vafþrúðnir a questo punto lo riconobbe, ma aveva ormai perso la gara. Un'altra volta, dicendo di chiamarsi Gestumblindi ("l'ospite cieco"), il dio sfidò un re di nome Heiðrekr ad una gara di indovinelli. Dopo una serie di quesiti a cui il re rispose senza difficoltà, Odino gli pose la medesima domanda che già aveva posto a Vafþrúðnir. A quella domanda il re cercò di ucciderlo, ma il dio gli sfuggì trasformandosi in falco. Odino tiene accanto a sé la testa recisa di Mímir, fonte inesauribile di conoscenza che gli rivela molte notizie dagli altri mondi (Völuspá 45). In un'altra versione (Völuspá 28) dello stesso motivo mitologico, Odino si cava un occhio e lo offre in pegno a Mímir per attingere un sorso di idromele da Mímisbrunnr, la fonte della

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saggezza che il gigante custodisce. L'occhio di Odino rimane, quindi, nella fontana e lo stesso Mímir ne beve ogni giorno l'idromele. Da quella mutilazione derivano gli epiteti di Bileygr ("guercio") e Báleygr ("occhio fiammeggiante").

« Sola sedeva di fuori

quando il vecchio giunse

Yggiungr degli Æsir

e la fissò negli occhi.

- Che cosa mi chiedete?

Perché mi mettete alla prova?

Tutto io so, Odino,

dove tu nascondesti l'occhio

nella famosa

Mímisbrunnr! -

Mímir beve idromele

ogni mattino

dal pegno pagato da Valföðr.

Che altro tu sai? »

LE RUNE: Odino conosce i segreti delle rune, le lettere che, incise sul legno, sulla pietra, sulle lame delle spade, sulla lingua dei poeti, sugli zoccoli dei cavalli, sono l'origine stessa di ogni conoscenza e di ogni potere. Odino ottenne questa sapienza, diventando il primo Erilaz, ovvero il primo "maestro runico", immolando sé stesso in sacrificio a sé stesso. Infatti per apprendere l'arte delle rune e della divinazione rimase appeso a un albero (verosimilmente Yggdrasill) per nove giorni e nove notti. Così nell'Hávamál, 138:

« Lo so io, fui appeso

al tronco sferzato dal vento

per nove intere notti,

ferito di lancia

e consegnato a Odino,

io stesso a me stesso,

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su quell'albero

che nessuno sa

dove dalle radici s'innalzi. »

Al canto 142 invece si trova questa dissertazione:

« Rune tu troverai

lettere chiare,

lettere grandi,

lettere possenti,

che dipinse il terribile vate,

che crearono i supremi numi,

che incise Hroftr degli dèi. »

ODINO, DIO DELLA GUERRA:

Fra le tante figure di divinità guerriere della mitologia norrena, Odino si distingue per essere Sigrföðr ("padre della vittoria"), perché decide nelle battaglie a chi debba andare la vittoria, e Valföðr, ("padre dei caduti"), perché sono suoi figli adottivi tutti coloro che cadono in battaglia. Con questi due nomi egli distribuisce in battaglia la vittoria e la morte: entrambi doni graditi ai guerrieri. Odino è anche il guerriero per eccellenza, che combatte con le sue arti magiche. Molti dei suoi epiteti ricordano questo suo aspetto bellicoso: egli è detto Gunnarr ("signore della battaglia"), Göllnir ("[colui che] è nel frastuono"), Þróttr ("forte"), Atriðr ("[colui che] cavalca in battaglia"), Fráríðr ("[colui che] avanza cavalcando").

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L'infallibile lancia che egli regge in pugno, che gli è stata donata dai nani "figli di ĺvaldi", si chiama Gungnir. Con quella lancia egli iniziò la prima guerra nel mondo, il conflitto tra Æsir e Vanir. Da allora, alla vigilia delle battaglie la rivolge verso la schiera alla quale ha decretato la sconfitta. Egli è detto perciò Dörruðr ("[colui che] combatte di lancia"), Dresvarpr ("[colui che] scaglia la lancia"), Geirloðnir ("[colui che] invita con la lancia"), Biflindi ("[colui che] scuote la lancia"). Odino possiede anche un elmo d'oro, onde per cui è detto Hjálmberi ("[colui che] porta l'elmo"). Odino appare tremendo ai nemici, poiché è esperto nell'arte della trasformazione. Ha in guerra il potere di accecare, assordare o atterrire i nemici, di scatenare il terrore nelle schiere, di rendere le armi inette a ferire come semplici ramoscelli. Nessuno può scagliare così forte una lancia nella mischia senza che lui riesca a fermarla con un solo sguardo. Le sue capacità guerriere hanno una base magica, in quanto dipendono dalla sua conoscenza delle rune e degli incantesimi. Il dio stesso lo ammette nell'Hávamál 148:

« Questo conosco per terzo:

se ho grande urgenza

di incatenare i miei nemici,

io spunto le lame

dei miei avversari:

non mordono più armi né bastoni. »

Lui stesso sceglie chi proteggere nella mischia, infatti nella Saga degli Ynglingar 2 si dice che Odino era solito imporre le mani sul capo dando la benedizione (bjának), e i suoi devoti guerrieri erano certi di ottenere la vittoria. Mediante questa pratica venivano infusi di energie divine, che garantivano l'invulnerabilità e la certezza di uscire sano e salvo dalla battaglia.

« Questo conosco per undicesimo:

se io devo in battaglia

condurre vecchi amici.

sotto gli scudi io canto

ed essi vanno vittoriosi

salvi alla mischia,

salvi dalla mischia:

dovunque salvi giungono. »

Quelli a lui devoti confidano in lui e lo invocano come Sigföðr ("padre di vittoria"), Sighöfundr ("giudice di vittoria"), Sigtýr ("dio di vittoria"), Sigþrór ("proficuo nella

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vittoria"), Sigrunnr ("albero di vittoria") e via dicendo. La tradizione riporta molti esempi di guerrieri che innalzarono sacrifici e invocazioni a Odino per ottenere il successo in battaglia. Ma per gli eletti del dio ottenere la vittoria o morire gloriosamente sono due cose ugualmente desiderabili. I caduti sono a tutti gli effetti i "prescelti" del dio. Odino li accoglie come suoi figli adottivi nel Valhalla, dove essi parteciperanno all'eterno banchetto da lui presieduto. Óðinn è dunque parimenti invocato come Valföðr ("padre dei prescelti"), Valtýr ("dio dei prescelti"), Valkjósandi ("[colui che] sceglie i prescelti"), Valþögnir ("[colui che] accoglie i prescelti") e via dicendo. Ad una veggente risvegliata dal regno dei morti, Odino si presenta come figlio di Valtamr ("aduso [alla scelta] dei prescelti") , ed anche questo in verità è un suo appellativo. È appunto in questo modo, stabilendo a chi tocchi la morte sui campi di battaglia del mondo, che il dio sceglie i suoi campioni, i quali formeranno la schiera degli Einherjar, i guerrieri destinati a formare la sua schiera e lottare al suo fianco nel giorno di Ragnarök. Essi formano l'esercito infernale di anime guidato dallo stesso Odino, che in questa guisa è detto Herföðr ed Herjaföðr ("padre della schiera"), Hertýr ("dio della schiera"), Herjann ("[signore della] schiera") ed Herteitr ("lieto della schiera"). Legati al culto di Odino erano le congregazioni dei guerrieri estatici, gli úlfheðnar ed i berserkr, (letteralmente "lupi mannari" e i "vestiti d'orso"), i quali, prima della battaglia, entravano in uno stato di furia, detto berserksgangr, nel quale cominciavano a ringhiare, sbavare ed a mordere l'orlo degli scudi. Successivamente si gettavano in battaglia urlando, mulinando spade e scuri, facendo il vuoto tutto intorno, insensibili al dolore e alla fatica, per poi crollare esausti. Odino era anche conosciuto come "signore degli impiccati". Fonti primarie[7] affermano che ogni nove anni al tempio di Uppsala si svolgeva un solenne blót (un sacrificio pubblico) nel quale venivano sacrificati al dio schiavi, criminali ed esemplari maschi di animali. Il sacrificio avveniva appendendo o impiccando le vittime a degli alberi, rievocando il sacrificio che il dio compì per ottenere le rune. Nella leggenda popolare Odino è alla testa della caccia selvaggia, un corteo notturno che terrorizza coloro che malauguratamente lo incontrano.

ODINO, DIO DELLA POESIA: Il furore spirituale, di cui Odino è il dio, non si manifesta solo nella battaglia, ma anche nelle composizioni letterarie. Per questo Odino è anche il dio dei poeti. Si narra che parlasse sempre in versi e anche che fu lui a dare inizio nel nord dell'Europa all'arte della poesia, che è potere soprannaturale non lontano dalla stessa magia, perché tra le qualità di poeta, vate, profeta e mago non vi è sostanziale differenza. Odino rubò ai giganti il sacro idromele che oltre a donargli la conoscenza delle rune, gli donò anche l'arte poetica. Si dice che versò parte di quell'idromele sulla Terra, elargendo agli esseri umani il dono inestimabile del canto.

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ODINO, DIO DELLA MAGIA: In quanto patrono della magia, Odino pratica spesso il seiðr, una forma di divinazione che implica comportamenti sessuali giudicati ambigui o vergognosi. Il fratellastro Loki, nella Lokasenna, lo accusa per questo di avere "modi effeminati".

ODINO, IL DIO VIANDANTE:

Con un cappellaccio in testa e un mantello sulle spalle, a volte reggendosi alla sua lancia come ad un bastone, Odino viene dipinto come un dio viandante, che cammina per le vie del mondo. Onde per cui egli è detto anche Vegtamr ("viandante"), Gagnráðr ("[colui che] conosce la via"), Kjalarr ("[colui che va in] slitta"). Egli si muove lungo le strade come un pellegrino, dissimulando il suo aspetto e la sua reale natura. Perciò egli è detto Grímnir ("mascherato"). Ma anche Höttr e Síðhöttr ("lungo cappuccio"), Lóðungr ("[colui che porta] il mantello"), Hrani ("trasandato"). Appare in genere come un uomo maturo, o anziano, con una lunga barba, per cui è detto Hárbarðr ("barba grigia"), Langbarðr ("barba lunga"), Síðgrani e Síðskeggr ("barba cadente"), Hengikjöptr ("gota rugosa"). Odino pertanto è il dio dei viaggiatori e di tutti coloro che si muovono lungo le strade del mondo. Nel corso dei suoi viaggi capita che egli chieda ospitalità per la notte tanto nelle regge dei sovrani quanto nelle case delle persone umili. Egli è anche detto Gestr ("ospite") e infatti in passato ogni straniero veniva accolto in casa in quanto poteva celarsi lo stesso dio sotto mentite spoglie. Sotto il nome di Grímnir, Odino giunse come ospite presso il re Geirrøðr, il quale, sospettoso, lo torturò crudelmente tenendolo incatenato tra due fuochi divampanti. Dopo avergli rivelato i segreti del mondo divino e parte dei suoi numerosi epiteti, Odino gli rivelò infine la sua vera identità: re Geirrøðr corse a liberarlo ma inciampò sulla sua spada e cadde trafitto.

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Così egli assunse il nome di Jálkr quando fu ospite presso le genti di Ásmundr; Sviðurr e Sviðrir presso il gigante Søkkmímir; Bölverkr presso il gigante Suttungr; Göndlir e Hárbarðr quando si presentò in incognito al cospetto degli stessi dèi. Le apparizioni di Odino sono un tema caro alla tradizione nordica. Nella "Saga di Hákon Guttormr e di Ingi" è riferito che, quattro giorni prima della battaglia di Lena (1208), un fabbro ricevette la visita del dio che voleva far ferrare il suo cavallo. Rendendosi conto di avere a che fare con un personaggio soprannaturale, il fabbro gli rivolse molte domande ma il dio, comprendendo di essere stato scoperto, saltò in sella e il suo cavallo balzò oltre un recinto altissimo. Nella "Saga di Bárðr" si racconta che egli comparve all'equipaggio di una nave, nell'aspetto di un uomo guercio, con un mantellaccio azzurro, il quale disse di chiamarsi Rauðgrani. Costui cominciò a insegnare agli uomini il credo pagano e li esortò a fare sacrifici agli dèi. Alla fine un prete cristiano si infuriò e lo percosse con un crocifisso: l'uomo cadde fuori bordo e non tornò più. Si narra che, col nome di Gestr, Odino abbia visitato persino Óláfr Tryggvason, re di Norvegia (995-1000). Il dio si presentò nelle spoglie di un vecchio guercio e incappucciato, il quale, dotato di grande saggezza, poteva raccontare storie di tutti i paesi del mondo. Ebbe un lungo colloquio col re, poi, al momento di coricarsi, se ne andò. Il mattino dopo, il sovrano lo fece cercare, ma il vecchio era scomparso. Tuttavia aveva lasciato una gran quantità di carne per il banchetto del re. Ma re Óláfr, che era cristiano, vietò di mangiare quella carne, perché aveva riconosciuto Odino sotto le spoglie dell'ospite misterioso. Con il medesimo nome di Gestr, Odino comparve ancora, alcuni anni dopo, al cospetto di un successore di Óláfr Tryggvason, re Óláfr II Haraldsson il Santo (1015-1028). Egli giunse alla corte del re sotto l'aspetto di un uomo borioso e scortese. Indossava un cappello a larghe falde che gli nascondeva il volto, ed aveva una lunga barba. Nel corso di un colloquio, Gestr descrisse ad Óláfr la figura di un sovrano dei tempi passati, il quale era così sapiente che il parlare in poesia era altrettanto facile che per gli altri uomini il normale parlare; costui otteneva la vittoria in ogni battaglia e poteva concedere agli altri la vittoria così come a sé stesso, a patto che venisse invocato. Da queste parole, re Óláfr riconobbe Odino, e lo cacciò.

GENEALOGIA:

Progenitori:

I genitori ed i fratelli di Odino, come riportati da Snorri Sturluson nel Gylfaginning, sono:

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Discendenza:

GLI ANIMALI DI ODINO:

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Odino ha al suo seguito diversi animali. Innanzitutto i due corvi Huginn e Muninn (i nomi significano pensiero e memoria), che spedisce ogni giorno in giro per il mondo perché, quando essi ritornano al tramonto, gli sussurrino ciò che hanno visto; e quindi due lupi, Geri e Freki, ai quali getta il suo cibo nelle cene del Valhalla visto che egli si nutre esclusivamente di idromele e di vino. Così si racconta nel poema eddico Grímnismál:

« Geri e Freki

nutre, avvezzo alla guerra,

Heriaföðr glorioso.

Ma soltanto col vino

fiero nell'armatura,

Odino vive per sempre. »

Il legame di Odino con i corvi può riferirsi al suo essere sia una divinità della guerra, sia della morte: i corvi sono gli uccelli che, solitamente, banchettano coi cadaveri dei campi di battaglia. Lo stesso dicasi dei lupi. Nelle kenningar, le metafore poetiche tipiche della poesia scaldica, la battaglia è sovente chiamata "festino dei corvi" o "dei lupi".

I nomi di Odino:

Odino è una delle divinità norrene dotate del maggior numero di nomi. Spesso non è semplice distinguere tra i nomi veri e proprî e gli epiteti. Di molti, inoltre, si ignora l'etimologia. Nell'Edda in prosa, nel XIX canto, c'è una disquisizione notevole dei suoi nomi tratta dal poema eddico Grímnismál. Questa dissertazione è opera del misterioso ospite Grímnir, che il re Geirrøðr sta torturando crudelmente tra due fuochi divampanti; il viandante declama dinanzi all'attonito sovrano i misteri del regno degli dèi e dei Nove Mondi. Alla fine del poema, il prigioniero elenca - in una sequela di cinque fittissime strofe a cui se ne aggiunge una sesta in coda - la lunga lista degli heiti, gli epiteti, con i quali è conosciuto, e solo all'ultima strofa rivela la sua terribile identità:

« Mi chiamo Grímr,

mi chiamo Gangleri,

Herian e Hiálmberi,

Þekkr e Þriði,

Þuðr e Uðr,

Helblindi e Hár;

Saðr e Svipall

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e Sanngetall,

Herteitr e Hnikarr,

Bileygr, Báleygr

Bölverkr, Fiölnir,

Grímr e Grímnir,

Glapsviðr e Fiölsviðr;

Síðhöttr, Síðskeggr,

Sigföðr, Hnikuðr,

Allföðr, Valföðr,

Atríðr e Farmatýr;

con un nome soltanto

non mi chiamo mai

quando io tra le genti viaggio.

Grímnir son chiamato

presso le genti di Geirrøðr,

e Iálkr presso le genti di Ásmundr,

e poi Kialarr,

perché tirai una slitta,

Þrór nelle assemblee

Viðurr nelle battaglie,

Óski e Ómi,

Iafnhár e Biflindi,

Göndlir e Hárbarðr tra gli dèi;

Sviðurr e Sviðrir

sono chiamato presso Søkkmímir,

e ingannai quell'antico gigante

quando io stesso divenni

del prode figlio di Miðviðnir

il solo uccisore.

Óðinn ora io chiamo,

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Yggr un tempo avevo nome;

chiamato Þundr ancor prima,

Vakr e Skilfingr,

Váfuðr e Hroptatýr,

Gautr e Iálkr tra gli dèi,

Ofnir e Svafnir,

i cui pensieri vengono

tutti da me soltanto! »

Non appena Geirrøðr si accorge dell'errore che ha commesso, balza in piedi per liberare il dio, ma inciampa e cade trafitto sulla propria spada.

CULTO DI ODINO

L'origine del culto di Odino:

Secondo il racconto della Saga degli Ynglingar, Ásgarðr era luogo di sacrifici solenni cui presiedevano dodici sacerdoti (detti díar o drótnar) che erano al contempo i capi preminenti cui spettavano le decisioni e i giudizi. Essi sarebbero poi stati divinizzati dai loro sudditi. Nel caso di Odino si dice che, sentendosi prossimo a morire, lasciò la Svezia affermando che sarebbe tornato nella sua antica patria, chiamata Goðheimr ("paese degli dèi"), e i suoi seguaci credettero che allora egli fosse tornato ad Ásgarðr per vivere in eterno.

Nell'antichità:

Nonostante nell'immaginario comune Odino sia spesso considerato la divinità principale del pantheon norreno, la sua preminenza è databile solo nei secoli più tardi del politeismo del Nord Europa, dove comunque non risulta largamente diffusa. Si ipotizza che il culto di Odino provenga dalla Danimarca, da dove, intorno al IV secolo , si sia diffuso nella penisola scandinava, più in Svezia che in Norvegia. Assenti sono invece tracce del culto di Odino in Islanda dove pare (anche tramite lo studio dei toponimi) che fosse di gran lunga prevalente il culto di Thor. Si suppone che gli emigrati scandinavi che colonizzarono l'Islanda fossero specialmente devoti, oltre che a Thor, anche a divinità agricole come Freyja e Njörðr, e che abbandonarono la penisola per contrasti con il re Haraldr Hárfagri (Harald Bellachioma), fervente cultore di Odino. In generale, essendo Odino un dio della guerra e della magia, era particolarmente caro ai guerrieri e agli individui più marginali della società, dove invece gli agricoltori e i proprietari di fattorie preferivano divinità dell'ordine come Thor o della fertilità come Freyja o Freyr. Odino fu dunque particolarmente venerato durante l'epoca vichinga, dai giovani che compivano le spedizioni di saccheggio lungo le coste dell'Europa settentrionale.

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Sacrifici umani:

Raramente, prima o dopo dei combattimenti, si usava sacrificare prigionieri a Odino. È possibile che l'uomo di Tollund, ritrovato nello Jutland nudo e impiccato insieme ad altri sia uno di questi casi. Nel caso specifico dei sacrifici umani a Odino, erano usate tecniche come l'impiccagione, l'impalamento su lance acuminate o la messa al rogo. La Orkneyinga saga cita un ulteriore (e inconsueto) rituale, la cosiddetta "aquila di sangue" consistente nella separazione e successiva apertura delle costole dalla colonna vertebrale.

Proscrizione da parte del Cristianesimo:

Nel corso della cristianizzazione la venerazione nei confronti delle divinità norrene e con esse di Odino non fu completamente estinta. Continuarono ad esistere come icone diaboliche o maligne, un'altra strategia consistette nella progressiva sostituzione delle divinità pagane con figure cristiane. Un ulteriore traccia del proseguimento della tradizione della mitologia norrena sono gli incantesimi di Merseburgo nei quali viene citato Woutan.

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THOR

Thor (norreno Þórr, alto tedesco antico Donar, anglosassone Þūnor , svedese Tor, tedesco Donner) è una delle principali divinità dei Vichinghi, noto come il dio del tuono. La mitologia norrena è ricca di racconti sulle gesta di Thor e sulla sua perenne lotta contro i giganti.

ORIGINI MITOLOGICHE: Figlio di Odino, re degli dèi, e di Jörð, dea della terra, era il più forte degli Æsir e dunque la sua dimora era ad Ásgarðr, nel regno di Þrúðvangar nel castello Bilskirnir. Mentre Odino era considerato re degli dei, Thor era un po' più il dio degli uomini, infatti era molto amato dagli scandinavi, probabilmente più di Odino, tanto che i Vichinghi si definivano Popolo di Thor. Sua moglie si chiamava Sif, ma poco si conosce di lei a parte che avesse i capelli d'oro, fabbricati per lei dai nani dopo che Loki le aveva tagliato i suoi. Con Járnsaxa ebbe come figlio Magni mentre con Sif ebbe Þrúðr e Móði; aveva anche un figliastro Ullr che era in realtà solo figlio di Sif.

GLI OGGETTI DI THOR: La sua forza, già leggendaria, era aumentata da tre oggetti che non abbandonava mai e che lo rendevano quasi invincibile: una cintura che raddoppiava la forza di chi la indossava, un paio di guanti di ferro ed il leggendario martello Mjöllnir. Il suo mezzo di spostamento era un carro trainato da due capre (Tanngnjóstr e Tanngrisnir). Anche questi animali avevano proprietà portentose: spesso Thor quando era in viaggio li mangiava per cena visto che, conservando la pelle e le ossa, il mattino dopo sarebbero stati di nuovo vivi. Nelle sue soventi scorrerie era spesso accompagnato da Loki.

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Nel corso del Ragnarök, Thor ucciderà e sarà ucciso da Miðgarðsormr, il serpente di Miðgarðr (la Terra): Thor ucciderà il serpente, ma, ammorbato dal suo soffio velenoso, farà solo nove passi prima di cadere a sua volta a terra morto.

EPITETI: Ása-Þórr, che significa Thor degli Æsir, il dio più importante. Öku-Þórr (Thor la guida), un riferimento al carro, trainato dalle capre magiche, col quale viaggia per la terra e per il cielo.

BALDR

Baldr (conosciuto anche come Balder o in islandese moderno come Baldur) è una divinità della mitologia norrena, appartenente alla famiglia degli Æsir. Secondogenito di Odino e Frigg, la sua consorte è Nanna, da cui ha il figlio Forseti. Ignoto il significato del nome. Secondo alcuni vuol dire "Signore". Divinità dalla funzione ignota, la sua figura e il suo mito principale fanno immaginare un legame con il Sole. Il più bello degli dèi, Baldr splende di luce propria, i suoi capelli sono candidi come la neve. La sua dimora si chiama Breiðablik, che significa "ampio splendore".

I NOMI DI BALDR: La figura di Baldr è presente in molte legende germaniche, e per questo motivo ha diversi nomi, a seconda della lingua:

• Baldr (in norreno) è il nome che compare nell'Edda in prosa di Snorri Sturluson e nell'Edda poetica

• Phol (in alto tedesco antico) è una figura presente negli Incantesimi di Merseburgo, e viene spesso chiamata, oltre come Phol, anche come Balder

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• Bældæg (in anglosassone) viene citato nelle cronache anglosassoni; sono presenti diverse varianti di questo nome, come ad esempio il latino Beldeyg, presente nell'Historia Brittonum di Nennio, o Beldegg, citato nel Formáli dell'Edda in prosa.

L'UCCISIONE DI BALDR: Il mito principale su Baldr, l'unico d'altra parte pervenutoci, riguarda il suo assassinio. La vicenda comincia coi sogni angoscianti in cui il dio vede preannunciata la propria morte, sogni che confida ai suoi saggi genitori. Suo padre Odino si reca quindi nello Hel, il mondo dei morti, dove ne trova conferma: negli inferi già tutto è pronto per accogliere Baldr, prossimo alla fine. Nel tentativo di scongiurare il destino incombente la madre Frigg raduna a sé tutto quel che esiste al mondo, piante, animali, pietre, elementi, imponendo un giuramento universale: mai nulla dovrà recare del male a Baldr. Da allora gli dei cominciano un gioco, che ripetono ogni giorno al loro consesso. Formano un cerchio intorno a Baldr, lanciandogli qualunque oggetto, armi, pietre, veleni, perché nulla poteva più nuocergli. Loki, l'enigmatico dio del disordine, non gradiva la scena. Tramutatosi in donna mortale, chiamò a sé Frigg, riuscendo, con l'inganno, a carpirle il punto debole del figlio: il vischio, che era apparso troppo giovane alla dea, non aveva giurato. Loki quindi raccoglie una piantina di vischio, torna al consesso degli dei, e si avvicina a Höðr, il fratello di Baldr: Höðr è cieco, non può partecipare al gioco degli dei; Loki quindi afferma di volerlo aiutare, perché possa anch'egli divertirsi come tutti, e far così piacere a suo fratello. Gli mette quindi in mano il vischio e lo guida nel lancio. Il vischio vola verso Baldr come una freccia, trapassandolo e uccidendolo. Gli dei, attoniti, non sanno che dire né che fare. Vi è quindi il funerale di Baldr, cui partecipano creature di ogni tipo, non solo gli dei, ma anche i giganti malvagi, a testimonianza di quanto il dio fosse amato. Odino depose sulla pira funebre Draupnir, mistico anello in grado di generare otto sue copie ogni nove notti. Nel frattempo Hermóðr, figlio di Odino, cavalca verso Hel, nella speranza di far rendere al mondo Baldr. Ma la regina degli inferi pose una condizione: tutti gli esseri della terra, vivi o morti, avrebbero dovuto piangere, dimostrando così il dolore universale per la morte di Baldr. Solo così gli sarebbe stato permesso il ritorno tra i vivi. Gli Asi inviano dunque messaggeri in ogni dove, ottenendo che tutto, uomini, creature fatate e animali, pietre e alberi, piangano per Baldr. Questo finché in una caverna trovano la gigantessa Þökk, che si rifiuta di prendere parte al cordoglio cosmico ("Þökk piangerà lacrime asciutte per il funerale di Baldr"), condannando per sempre il dio alla morte. Secondo alcuni, in realtà, Þökk era Loki sotto mentite spoglie. Il dio Baldr, tuttavia, tornerà successivamente al Ragnarök, quando il vecchio mondo sarà stato consumato, per generare, assieme a suo fratello Höðr e ai due figli di Thor, una nuova stirpe divina.

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NJÖRÐðR

Njörðr (spesso erroneamente anglicizzato in Njord o Njordr) è un dio della mitologia norrena. Appartenente alla stirpe dei Vanir, fu ricevuto come ostaggio in quella degli Æsir per siglare la pace tra le due fazioni dopo la conclusione del conflitto che le divideva. Si dice che Njörðr tornerà tra i Vanir successivamente al Ragnarök. Dio del mare, della fecondità e della ricchezza, Njörðr è il padre di Freyr e Freyja, che ebbe unendosi a sua sorella, il cui nome non ci è stato trasmesso. Questa unione incestuosa era pratica comune presso i Vanir, ma Njörðr dovette rinunciarvi, dato che tra gli Æsir non era accettata. Njörðr divenne quindi lo sposo della gigantessa Skaði. Il dio Loki aveva causato la morte del padre di quest'ultima, il gigante Þjazi, e la figlia, decisa a vendicarlo, aveva accettato, tra le condizioni per una conciliazione, di poter sposare uno degli dèi. Avrebbe dovuto sceglierlo potendo vederne unicamente i piedi. Scelse quindi quello che li aveva più belli, pensando si trattasse di Baldr, mentre invece era Njörðr. Il matrimonio tra Njörðr e Skaði fu molto problematico: lui voleva risiedere nella sua dimora a Nóatún, sul mare, lei nella sua a Þrymheimr, tra le montagne. Si accordarono per trascorrere nove notti alternate tra l'una e l'altra, ma Njörðr continuava a lamentarsi degli ululati dei lupi, mentre Skaði delle strida dei gabbiani. Alla fine Skaði abbandonò Njörðr tornando sulle montagne. Questo episodio è pressoché identico a quello contenuto nella vicenda di Hadingus. Il culto di Njörðr, che si suppone sia molto antico, è attestato da una gran quantità di toponimi. Il più notevole è l'antico nome dell'isola norvegese di Tysnesøy: Njarðarlög. Probabilmente l'intera isola gli era consacrata. Njörðr veniva inoltre invocato nei giuramenti, insieme a Odino e Freyr. Njörðr è quasi sicuramente da mettere in relazione con Nerthus, la divinità germanica del suolo il cui rito, che comprende una processione, è descritto nei dettagli da Tacito. Nonostante la comune etimologia dei nomi i rapporti tra le due

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figure sono però di difficile soluzione, essendo Njörðr divinità maschile e Nerthus femminile. C'è chi ha supposto che anticamente anche Njörðr fosse una divinità femminile, divenuta maschile in seguito (inversione di sesso che coinvolgerebbe anche la consorte Skaði, da maschio a femmina), ma i motivi di questa mutazione rimangono oscuri e inspiegabili. C'è chi ha proposto invece che Njörðr e Nerthus fossero divinità androgine, e che solo in seguito il primo divenne in tutto e per tutto una divinità maschile. Si può infine immaginare che Njörðr e Nerthus formassero una originaria coppia divina maschio-femmina, al pari degli stessi figli di Njörðr, Freyr e Freyja. Stretti sono difatti i legami anche tra Nerthus e Freyr, entrambi divinità della terra e della fecondità e celebrate con una processione. Snorri, nella Saga degli Ynglingar, applicando il metodo evemeristico, dice che Njörðr salì al trono di Svezia successivamente alla morte di Odino; quando anche Njörðr morì, il suo successore fu il figlio Freyr. Prima di morire Njörðr si segnò il petto con la lancia, un rito di consacrazione tipicamente odinico, eseguito nella speranza di poter raggiungere nell'aldilà la divinità suprema.

FREYR

Freyr (talvolta anglicizzato Frey) è una delle più importanti divinità della mitologia norrena. Adorato come un dio della bellezza e della fecondità, Freyr «concede pace e piacere ai mortali». Egli domina sulla pioggia, sullo splendere del sole e il raccolto dei campi. Egli è figlio di Njörðr, fratello di Freyja, figliastro di Skaði. La sua sposa è Gerðr, per amore della quale cedette la sua spada a Skìrnir, oltre al cavallo (presumibilmente il suo fido Blóðughófi) capace di cavalcare attraverso le fiamme. A causa di questo dono, Freyr affronterà il Ragnarök con maggiore pericolo. Suo avversario sarà infatti Surtr, capo dei giganti di fuoco provenienti da Múspellsheimr, contro il quale finirà per soccombere. Il suo nome significa semplicemente signore.

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Gli dèi gli diedero Álfheimr, il reame degli elfi, come un regalo di dentizione. Egli cavalca lo splendente cinghiale d'oro Gullinbursti fatto dai nani, detti "figli di ĺvaldi", e possiede Skíðblaðnir, la nave che ha sempre vento a favore e, in caso di necessità, può essere piegata insieme e portata in una borsa quando non viene usata. Egli ha i servi Skírnir, Byggvir e Beyla. Freyr era soprattutto associato alla Svezia e visto come un antenato della casa reale svedese.

TÝýR

Týr era il dio della guerra nella mitologia norrena, identificato come equivalente di Marte in quella romana, nonché patrono della giustizia. L'Edda poetica lo descrive come figlio di Hymir, mentre nelle tarde edizioni dell'Edda in prosa si afferma che fosse figlio di Odino. Il nome Týr significa "dio" (cfr. Hangatyr, "dio degli impiccati", uno degli epiteti Odino; prabilmente ereditato da Týr nel suo compito di giudice), ma è da notare che diretti riferimenti al dio e l'epiteto di "capo degli dèi" siano tutt'ora oggetto di dibattito. Tale dibattito ha origine nella parola proto-indoeuropea "Dyeu Ph2ter", che insieme a "Pltvi Mh2ter" (Madre Terra), costituivano l'apice della religione indoeuropea. Il termine della divinità maschile, che letteralmente significa "padre degli dèi" è stato successivamente trasformato in "Zeus Pater" attraverso l'uso comune in Grecia e nell'antica Roma, e in seguito si è caratterizzato nelle divinità Zeus e Giove (Iuppiter). Nel mondo germanico il termine che descrive la divinità proto-indoeuropea si è caratterizzato in *deywos e successivamente "Teiwaz" e infine nel proto-germanico Tîwaz; l'evoluzione del nome del dio potrebbe essere passata in una fase intermedia a "Tyz" prima di arrivare al definitivo Týr.

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Il culto di Tîwaz ad un certo punto è stato superato da quello di Odino e Thor, nel periodo precedente le invasioni barbariche. Un riferimento a questi culti non bene definiti nella religione germanica si può notare dal fatto che Thor è per antonomasia il dio del fulmine per questa religione, proprio come la maggior parte degli dèi che possono essere identificati con Týr nella alte religioni: Zeus, Giove, etc. Questo può far supporre che tutte le divinità derivate da quella proto-indoeuropea fossero in antichità possessori del tuono e la sua attribuzione al figlio di Odino sia avvenuta solo in epoca più recente. Rappresenta comunque un dio-guerriero diverso dall'Ares greco, più impetuoso e giovanile; nella mitologia norrena, la figura più simile a questo modello di Dio della Guerra è probabilmente Thor, descritto senza dubbio come il più forte di tutti gli dèi, e questo fatto potrebbe significare un ulteriore collegamento fra queste due divinità. Týr, invece, si presenta come il modello di guerriero maturo ed esperto, più riflessivo e pronto al sacrificio personale. Non a caso, è proprio Týr a combattere contro Fenrir, il lupo infernale, offrendogli un braccio da sbranare (e che così perde per sempre) per riuscire a farlo avvicinare a sufficienza. Un ulteriore collegamento fra la divinità norrena e la divinità proto-indoeuropea si può trovare con la somiglianza del dio nei confronti della controparte vedica Indra: infatti entrambe le divinità hanno un ruolo di guida, enfatizzato durante i periodi di guerra. Tuttavia, benché questa visione si accettata, Odino è descritto come il dio onnisciente del pantheon norreno, e in particolare della stirpe degli Æsir. La più antica testimonianza del dio si trova nel gotico "Tyz" [1]), benché il "Teiw" trovato sull'elmo di Negau possa essere un probabile riferimento a Týr, piuttosto che a un dio generico, e precede il gotico (e il runico) di molti secoli.

BRAGI

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Nella mitologia norrena Bragi è un dio appartenente alla schiera degli Æsir, sposato con Iðunn. Veniva considerato il dio della poesia, e originariamente doveva essere tutt'uno con Odino nella sua qualità di possessore dell'ispirazione poetica, unitamente alla sapienza (di carattere magico), derivatagli dall'idromele. È altresì il consigliere di Odino nel Valhalla. Bragi è solitamente associato a bragr, la parola in norreno che sta per poesia. Non si sa esattamente se il nome del dio deriva da questa parola o sia invece il contrario, cioè che la parola sia nata per descrivere ciò che fa Bragi. Snorri Sturluson scrive nel Gylfaginning dopo aver descritto Odino, Thor e Baldr:

« Uno è chiamato Bragi: è rinomato per la saggezza, e soprattutto per la

scorrevolezza del discorso e dell'abilità con le parole. Conosce la maggior parte

degli scaldi, i quali dopo di lui sono chiamati bragr, e dal suo nome è chiamato

bragr, chi ha un eloquenza maggiore degli altri. Sua moglie è Iðunn. »

Nello Skáldskaparmál Snorri scrive:

« Un giro di parole per Bragi? Chiamarlo marito di Iðunn, primo poeta, dio dalla

lunga barba e figlio di Odino. »

Il Bragi figlio di Odino è citato in maniera incontrovertibile solo in questo unico passo.

HEIMDALLR

Heimdallr (dove il prefisso Heim- significa mondo, il suffisso -dallr è di origine sconosciuta, forse significa luminoso) è uno degli dei della mitologia norrena. Egli è

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il guardiano degli dei e sorveglia il ponte Bifröst. Se qualche pericolo minaccia Ásgarðr, suona il Gjallarhorn. I suoi sensi sono così acuti che può sentire l'erba crescere e può vedere la fine del mondo; Heimdallr ha bisogno di dormire molto poco. Egli era figlio di nove madri diverse, probabilmente le nove figlie di Ægir, ed era il custode del ponte Bifrost insieme al gallo Gullinkamb. soprannominato Dio Bianco, padre di tutti gli uomini e schiavi liberi e nobili, avuti dalle tre unioni con donne mortali. La sua sala era chiamata Himinbjörg (protezione del paradiso) e il suo cavallo era Gultopp (dall'inglese Gold-top). L'Edda in prosa di Snorri Sturluson riporta che un sinonimo per spada è testa di Heimdallr perché Heimdallr fu colpito da una testa di uomo e questo è trattato nel poema Heimdalargaldr, di cui purtroppo non esiste più nessuna copia. Similarmente un sinonimo di testa è spada di Heimdallr. Il significato può essere che Heimdallr era chiamato anche ariete, le armi di un ariete sono le sue corna e la sua testa. Georges Dumézil nel 1959 suggerì che questo potrebbe essere anche il perché Heimdallr era chiamato Dio Bianco. lo pseudonimo di Heimdallr Hallinskíði (bastone piegato) appare come sinonimo di "ariete", forse riferendosi alle corna dell'ariete che sono piegate. Un altro pseudonimo di Heimdallr era Gullintanni (denti d'oro) potrebbe riferirsi al colore giallo che assumono i denti dei vecchi arieti. Dumézil cita la tradizione gallese che dice come le onde dell'oceano vengano in gruppi da nove e che la nona sia l'ariete: Comprendiamo che, qualunque fossero il suo valore mistico e le sue funzioni, l'ambiente della sua nascita ne fece ciò che è, la schiuma bianca del mare, l'ariete prodotto dalla nona onda. Se così è, allora è corretto affermare che egli ha nove madri, poiché una sola non è sufficiente, né due, né tre. L'antica pratica gallese, e quella moderna francese e basca è quella di chiamare le onde con la schiuma bianca pecore.

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HÖÐðR

Höðr (talvolta anglicizzato in Hodur e Hod), nella mitologia norrena, è il fratello cieco di Baldr. Ingannato da Loki finisce per colpire Baldr stesso con un proiettile di vischio causandone la morte. Il dio Höðr, il cui nome significa guerra, si trova in disparte mentre gli dei giocano con Baldr scagliandogli contro degli oggetti per provare la sua invulnerabilità. Il dio Loki, dopo aver scoperto il punto debole di Baldr suggerì al di lui fratello di partecipare alla festa scagliando un morbido proiettile di vischio. Il proiettile trafisse Baldr uccidendolo. L'Edda in prosa, sottolinea la frustrazione degli dei al non potersi vendicare, in quanto all'interno di un santuario:

« Ma nessuno poté reclamare vendetta, poiché quel

posto era un grande santuario. »

Ma Váli, fratello di Baldr e Höðr avrà comunque occasione di uccidere quest'ultimo per vendicare il fratello morto. Höðr termina dunque i suoi giorni in Hel, dal quale comunque è destinato a ritornare dopo il Ragnarök insieme al fratello Baldr, come dio del nuovo mondo rigenerato. Höðr è descritto molto brevemente nell'Edda di Snorri, e la ragione ci viene spiegata nell'Edda stessa:

« Uno degli Æsir è chiamato Höðr ed è cieco. È abbastanza forte, ma gli dei

desiderano che in nessuna occasione si nomini questo dio, perché dell'opera delle

sue mani a lungo sarà tenuta memoria fra gli uomini e gli dei. »

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In una versione teutonica del mito, Höðr uccide Baldr con la spada di Miming.

VÍÐðARR

Víðarr (spesso erroneamente anglicizzato in Vidar o Widar) è una divinità della mitologia norrena. Il suo nome è forse da mettere in relazione con l'aggettivo víðr: "ampio". Detto "il silenzioso", Víðarr è figlio del dio Odino e della gigantessa Gríðr, ed è il più forte tra gli Dèi, dopo Thor. È appunto un Dio della vendetta, uno tra gli Aesir a cui va attribuito un potenziale umano, e non riferito alla natura. La sua dimora si chiama Viði ("boscosa").

« Fra cespugli cresce, ed erba alta,

la terra di Viðarr, e fra boscaglie; là si farà il fanciullo, a dorso di cavallo, abile,

per vendicare il Padre. »

Víðarr prenderà parte al Ragnarök, la fine del mondo, e il suo compito sarà quello di vendicare il padre Odino, divorato dal gran lupo Fenrir. Víðarr schiaccerà la mascella inferiore di Fenrir con un piede e alzerà quella superiore con una mano, fino a spezzarle. È per questo conosciuto come un Dio cangiante, perché è infatti scritto che estenderà il suo corpo fino a toccare le mascelle del lupo, una che tocca il cielo ed una la terra. È per questo considerato un Dio dell' "espansione", forse intesa come crescita personale. Quindi colpirà la bestia al cuore con una spada. Lo stivale con cui Víðarr bloccherà la mascella di Fenrir sarà stata confezionata con gli avanzi di cuoio dalle calzature di tutte le generazioni umane. Forse è a questo che fa riferimento all'uso di gettare scarpe e lembi di pelle sui tumuli dei morti. Víðarr è una delle divinità che sopravviverà al Ragnarök, assieme al fratello Váli, e ai figli di Thor, Móði e Magni, per dare vita a una nuova generazione divina.

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VÁLI

Váli è una divinità della mitologia norrena, figlio di Odino e della gigantessa Rindr. È nato con l'unico scopo di uccidere Höðr per vendicarsi dell'uccisione inconsapevole di Baldr. Crebbe ad un solo giorno dalla sua nascita e uccise Höðr. È destinato a sopravvivere al Ragnarök. Viene menzionato più volte nel Gylfaginning, la prima parte dell'Edda in prosa di Snorri Sturluson, nel canto 36:

« Áli o Váli si chiama un dio, figlio di Odino e di Rindr; è ardito nelle battaglie ed

eccellente tiratore. »

Viene anche menzionato nel canto 53:

« Allora la terra emergerà dal mare e sarà verde e bella, e i campi cresceranno

senza seme. Víðarr e Váli vivranno, poiché non il mare né la fiamma di Surtr avrà

recato loro alcun danno, e abiteranno a Iðavöllr, là dove un tempo fu Ásgarðr, e là

verranno i figli di Thor, Móði e Magni e avranno con sé Mjöllnir. »

Nello stesso canto Snorri fa anche una citazione dal Vafþrúðnismál 51:

« Disse Vafþrúðnir:

"Víðarr e Váli

abitano i santuari degli dèi

quando si spegnerà la fiamma di Surtr.

Móði e Magni

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possederanno il Mjöllnir

di Vingnir, alla fine delle battaglie." »

Nel canto successivo si parla sempre di Váli, sicuramente non si tratta dello stesso personaggio destinato a vendicare Baldr, ma Váli figlio di Loki, il quale venne trasformato in lupo dagli dèi e sbranò il fratello Narfi. Con gli intestini di questi, gli dèi trassero i lacci con cui Loki venne legato. Sigyn, sposa di Loki, gli rimase accanto. Loki ricevette questa punizione per l'uccisione di Baldr e altri numerosi scherzi che il dio fece agli Æsir. Così è scritto nella Völuspá 34:

« [E Váli poterono legare

con ceppi di battaglia.

Molto vennero stretti

i lacci di budello.] »

ULLR

Ullr è una divinità della mitologia norrena. Poco si sa di lui poiché è raramente nominat nelle fonti scritte norrene. Di lui ci parla Saxo Grammaticus in una breve storia (Gesta Danorum libro III, pp. 78-79) in cui viene narrato come un certo Ollerus (versione latinizzata di Ullr) prese il posto di Odino per dieci anni sul trono degli dèi nordici, allorquando lo stesso Odino venne cacciato dagli altri dèi. Maggiori informazioni riceviamo da Snorri

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Sturluson nella sua Edda in prosa. Si sa che è un dio della famiglia degli Æsir, gruppo in cui si trovano altre note divinità norrene come Odino, Thor e Baldr. Secondo la tradizione è figlio di Egil Orvandil e Siv - che poi sarà moglie di Thor. Secondo le teorie più accreditate, il nome Ullr è connesso al gotico wulþus "splendore", all'anglosassone wulðor "gloria" e al latino vultus. Ciò porta ad una caratterizzazione della divinità come luminosa, benevola ed ordinatrice, che si contrappone al carattere cosmico, oscuro, magico e a volte terribile di Odino, la divinità suprema del pantheon norreno. Per quanto riguarda il culto di Ullr si possono dare poche notizie certe - poiché scarsamente documentate. Di sicuro il culto è tra i più antichi in area norrena, ciò si può dedurre dalla frequenza nei toponimi del nome Ullr/*Ullinn, attestati fin dall'era pre-vichinga, cioè anteriori all'800 d.C. Questi toponimi ci fanno dunque risalire ad un epoca di cui si sa poco o nulla riguardo la società, essendo le fonti letterarie tutte posteriori - del XII secolo almeno - anche se inerenti ad eventi risalenti all'epoca vichinga (800-1000 d.C.). Si può però dedurre che fosse una divinità importante, venerata in diversi luoghi. Secondo le fonti scritte, troviamo legati ad Ullr alcuni appellativi, come Bogáss "dio dell'arco", Veðiáss "dio cacciatore" e Önðuráss "dio sciatore", che ci danno chiare indicazioni sulle sue caratteristiche. Era dunque un abilissimo arciere nonché provetto sciatore, quindi strettamente correlato al mondo invernale. L'importanza dell'inverno nella società scandinava è ovvia, essendo nelle lande nordiche tale parte dell'anno particolarmente lunga e difficile da affrontare. Si narra anche, sempre nelle fonti, che nessuno era in grado di competere vittoriosamente con Ullr sugli sci (che, detto per inciso, erano sci da fondo, di cui la Norvegia rappresenta la patria a livello mondiale). I suoi sci erano costruiti con delle ossa e ciò rafforza la teoria che il culto sia molto antico, essendo tale materiale molto diffuso in epoca pre-vichinga, secondo le fonti archeologiche. Altra importante caratteristica era la sua forza ed abilità in battaglia, motivo per cui veniva spesso invocato prima dei combattimenti (da tener presente che comunque moltissime divinità pagane avevano questa caratteristica). Possedeva poi un anello sotto cui si poteva prestare giuramento (Grímnismál, 42: Ullar hylli....ok allra goða "L'amicizia di Ullr...e gli altri déi"), caratteristica anche questa comune a varie divinità. Secondo quanto scritto nel [[Grímnismál]] la sua dimora è Ydalir, "valli del tasso": Ýdalir heita, þar er Ullr hefir sér um görva sali. (Grímnismál, 5: "si chiama Ydalir, dove Ullr ha, lui stesso costruito una dimora") Essendo i migliori archi fabbricati col tasso, ciò non fa che sottolineare il fatto che fosse un abile arciere. Una più pregnante allusione ad Ullr si ha nell'Atlakvida in cui Gudrun, nel maledire il marito traditore Attila, ricordò lui come avesse fatto dei giuramenti al fratello, salvo poi averli in ultimo rinnegati. L'ultimo di questi di giuramenti fu fatto proprio sull'anello di Ullr: at hringi Ullar (Atlakvida, 30: "sull'anello di Ullr") il nome ritorna anche in molte kenningar scaldiche (plurale di kenning, figura retorica usatissima nelle tradizione letteraria scandinava. In pratica una kenning esprime un concetto in altri termini, è una sorta di metafora), anche se esse non aggiungono nulla di nuovo alle caratteristiche della divinità. Per esempio un guerriero può essere chiamato "Ullr della battaglia" o "Ullr delle divinità delle

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battaglie", mentre un poeta poteva avere come appellativo "Ullr della poesia" (Egill Saga, LXXI). Thor viene a sua volta nominato come patrigno di Ullr da uno dei più antichi scaldi. Altre kenning del tipo "nave di Ullr" per campo di battaglia sono di difficile interpretazione e rimandano con ogni probabilità ad un culto ancora più antico e caduto in disuso ormai da tempo.

FORSETI

Forseti (in norreno "colui che presidia", attualmente "presidente" in islandese e faroese) è un dio della mitologia norrena, figlio di Baldr e di Nanna. Dio della giustizia, della pace e della verità, apparteneva alla schiera degli Æsir. La sua casa era Glitnir, il cui nome significa brillante, riferito al soffitto d'argento delle sale e ai pilastri d'oro, che rispecchiavano la luce e potevano essere visti da grande distanza. Forseti era considerato come il più saggio e il più eloquente fra gli dei che dimoravano ad Ásgarðr. Diversamente dal compagno Týr, che sovrintendeva le dispute risolte con uno scrontro, Forseti presiedeva quelle risolvibili attraverso la mediazione. Sedeva nella sua sala, dispensando giustizia a coloro che lo vedevano, e si diceva che fosse capace di trovare sempre una soluzione che soddisfaceva entrambi i contendenti. Come suo padre Baldr, era un dio gentile che amava la pace e tutti coloro che giudicava, potevano vivere in pace finché confermavano la sentenza. Forseti era così rispettato che solo i giuramenti più solenni potevano essere invocati nel suo nome. Non è menzionato come combattente nel Ragnarök, e per la sua natura pacifica, si presume che abbia deciso di non partecipare alla battaglia. Si narra che egli sia stato il capo degli dei o un antenato dei Frisoni.

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Il luogo di adorazione di Forseti era Heligoland. Secondo la leggenda, dodici Asegeir ("anziani") una volta vagarono per tutta la Scandinavia assimilando le leggi locali. Volevano prendere le migliori leggi da ogni tribù e scriverne altre applicabili per tutti loro, per farli convivere in pace. Si dice che dopo aver raccolto le varie leggi da tutte le regioni, si imbarcarono via mare verso una posto lontano dove potevano discutere della scrittura con calma. Tuttavia si alzò una pericolosa tempesta e rimasero così in balia delle onde. Allora invocarono il nome di Forseti per proteggerli dalla morte, e poi videro che una tredicesima apparve nella barca e la guidò verso un'isola deserta. Lì questa persona, presumibilmente Forseti stesso, divise la terra e creò una fonte. Dopo aver consacrato il posto, scrisse un codice di leggi che univa le migliori di quelle locali e improvvisamente scomparve. L'isola divenne un luogo di culto di Forseti e la fonte era il suo luogo sacro. L'integrità dell'isola fu rispettata da tutti i Norsemen e nessun guerriero compì mai una razzia sull'isola per paura di essere trasportato nell'Hel piuttosto che nel Valhalla. Tutte le maggiori assemblee si svolsero in quell'isola. Le dispute venivano risolte alla luce del giorno e mai d'inverno, perché si credeva che l'oscurità facesse una sorta di anatema alla verità, e pertanto la disputa non era risolta correttamente. "Fositesland" è citata da Alcuino come in confinio Fresorum et Danorum. Adamo di Brema identifica "l'isola di Fosite" con Heligoland.

LOKI

Loki, nella mitologia norrena era il dio della grande astuzia, ingegnoso inventore di tecniche e diabolico ingannatore. Era una figura ambivalente nel Pantheon norreno, in taluni miti è compagno di Odino e Thor (e spesso gli dei si cavano d'impaccio grazie alla sua grande astuzia), in altri è colui che attenta all'ordine cosmico, ingannatore maligno e temibile. Dalla

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sua unione con la gigantessa Angrboða nascono: Hel, guardiana del regno dei morti; Fenrir, il grande lupo e il serpente Miðgarðsormr che giace in fondo all'oceano, le cui spire avvolgono la terra. È lui a causare la morte di Baldr, e per questo delitto gli Æsir lo conducono in una grotta del Niflheimr; qui trasformano suo figlio Váli in lupo e lo spingono a divorare il fratello Narvi e con le budella di quest ultimo incatenano Loki a tre pietre appuntite. Un serpente sospeso al di sopra della sua testa cola veleno sopra il suo volto, e lo brucerebbe se Sigyn (sua moglie, il cui nome significa fedele) non raccogliesse le gocce in un bacile. Ma quando il bacile è pieno e Sigyn si allontana per svuotarlo, il liquido di fuoco del veleno fa urlare e scattare Loki, i cui sussulti violenti producono i terremoti. Alla fine del tempo si libererà per prendere parte al Ragnarök, nel quale morirà sconfitto in duello dal dio Heimdallr. Loki è la figura centrale del poema chiamato Lokasenna , che fa parte dell'Edda poetica. In questa opera gli dèi tengono una festa a casa di Barley ("malto"). Loki, dapprima invitato alla festa viene scacciato per i suoi modi fastidiosi. Rientrato in un secondo momento nelle sale del banchetto, si scontra in un serrato scambio di insulti con tutti gli dèi presenti, ai quali vengono rinfacciati i propri vizi dal dio ingannatore. Ultimo scontro è tra il dio Loki e il dio Thor, il quale prevale con la forza bruta, mettendolo in fuga. Raggiunto dagli Æsir, Loki viene giudicato per la morte di Baldr.

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DIVINITA’ ÁSYNJUR: LE DEE NORRENE DONNA

FRIGG

Frigg è una divinità femminile della mitologia norrena, celeste sposa di Odino, Frigg è anche chiamata "signora del cielo", appellativo degno della compagna del più importante degli Asi. Condivide con Odino il seggio di Hlindskialf e ha a sua disposizione una splendida dimora a Fensalir, una delle regioni di Ásgarðr. Frigg è dotata del dono della chiaroveggenza ed è a conoscenza di alcuni dettagli del presente e del futuro che sfuggono persino al marito. Quando Baldr sognò la propria morte fu a Frigg, sua madre, che si rivolse. La dea, per proteggere il figlio, spinse gli oggetti del creato a giurare di non nuocere mai a Baldr. Ma trascurò il vischio e rivelò questa mancanza a Loki, mentre questi era travestito da dama di compagnia. Il dio ingannatore usò dunque questa informazione per architettare la morte di Baldr. Nonostante il dono della veggenza, tuttavia, la dea aspetta fino al banchetto di Barley descritto nel Lokasenna per smascherare il dio Loki. Storicamente, la dea Frigg è un doppione della dea Freyja, essendo entrambe le figura sviluppatesi da un archetipo comune (la *Frigja protogermanica), di cui due esiti diversi sarebbero giunti in Scandinavia in tempi diversi, dando vita a due figure distinte, anche se in buona parte sovrapponibili.

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SÁGA

Nella mitologia norrena, Sága o Saga è una déa appartentente alla schiera degli Æsir, che dimora a Søkkvabekkr. Secondo alcuni studiosi, si tratterebbe di un altro nome per la dea Frigg. Il nome potrebbe significare "colei che vede" o (meno probabilmente) "annunciatrice". Viene menzionata nel Grímnismál:

« Søkkvabekkr si chiama la quarta,

là dove possono gelide

acque intorno mormorare.

Là Óðinn e Sága

bevono tutti i giorni,

lieti, in coppe d'oro. »

Anche Snorri Sturluson, nella sua Edda in prosa menziona questa dea quando le enumera tutte:

« La seconda è Sága, che abita a Søkkvabekkr, una grande dimora. »

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EIR

Eir (che significa "aiuto" o "misericordia" in norreno) è una dea della mitologia norrena. Appartenente alla stirpe degli Æsir, Eir era tra le file delle valchirie per la sua abilità di "scegliere i morti" dal campo di battaglia e di risvegliarli. Le si attribuiscono tutte le doti dell'arte medica, della quale era anche nume tutelare, e in particolare di tutte le erbe medicinali; si narra che fosse addirittura capace di resuscitare i morti. È una delle dee sulla montagna Lyfia. Era buona amica di Frigg ed è menzionata come una delle sue dodici damigelle. Essendo un grande medico, Eir è la patrona di tutti coloro che lavorano nella medicina. Si narra che rigenerasse la salute di tutte le donne che la cercavano e che insegnasse solo alle donne le sue tecniche segrete. Per questo solo le donne potevano intraprendere la via della medicina nella Scandinavia. È soltanto accennata nell'Edda in prosa di Snorri Sturluson e in alcuni kenning.

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GEFJUN

Gefjun è una dea della mitologia norrena, appartenente alla stirpe degli Æsir. Su Gefjun ci è stato tramandato un mito che spiega l'origine del lago svedese Mälaren. Gefjun, sotto le spoglie di una girovaga, aveva intrattenuto il re di Svezia Gylfi e questi volle ricompensarla con tanta terra quanta ne avrebbero arata quattro buoi in un giorno e una notte. Gefjun trasformò i suoi quattro figli (che aveva avuto da un gigante) in buoi e li aggiogò all'aratro, scavando con così tanta forza che il terreno venne invaso dall'acqua del mare, e formò così un lago. La terra scavata fu poi trascinata verso Ovest, in Danimarca, dove andò a formare l'isola di Sjælland, che conta tante baie e tanti promontori quanti ce ne sono nel lago Mälaren. Secondo alcune fonti Gefjun compì quest'impresa su ordine del dio Odino. Gefjun divenne quindi la sposa di Skjöldr, figlio di Odino, con cui andò a vivere a Hleiðr. Nella Lokasenna, il dio Loki accusa Gefjun di essersi concessa a un non meglio definito "bianco giovane", in cambio di un gioiello. Da parte sua, invece, Snorri afferma che Gefjun è vergine, ed è a lei che si rivolgono le donne che muoiono senza aver toccato uomo. Il suo nome può forse essere ricondotto a verbo gefa: "donare". Gefjun potrebbe quindi essere avvicinata alla dea Freyja, che spesso viene appellata come "Gefn", "donatrice": c'è chi suppone in realtà Gefjun non sia altro che una versione danese della stessa Freyja. In ogni caso, il mito dell'aratura ne fa una divinità agricola e della fecondità.

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FULLA

Fulla o Fylla è una divinità femminile della mitologia norrena appartenente agli Æsir. Il suo nome sarebbe collegato con l'aggettivo fullr che significa completo. Viene descritta da Snorri Sturluson con la capigliatura fluente e un nastro dorato tra i capelli. Si preoccupa del cofanetto della padrona Frigg e dei suoi calzari, apparendo così come Gná e Hlín, altre due Æsir. Ma dagli scritti di Sturluson emerge anche che fosse partecipe dei segreti della padrona.

FREYJA

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Freyja è una divinità della mitologia norrena, dapprima della stirpe dei Vanir, ma dopo la pace che concluse il conflitto fra le due stirpi divine, viene mandata dagli Æsir come ostaggio e diviene una di loro. Ha molte manifestazioni ed è considerata la dea dell'amore, della seduzione, della fertilità, della guerra e delle virtù profetiche. È figlia di Njörðr e di Skaði, sorella di Freyr e moglie di Óðr che la lascia per intraprendere lunghi viaggi provocandone un pianto composto da lacrime d'oro. Ne parla l'Edda di Snorri che afferma che la dea ama i canti d'amore e incita gli innamorati ad invocarla; aggiunge anche che Freyja cavalca nei campi di battaglia ed ha diritto alla metà dei caduti che guiderà in battaglia durante il Ragnarök, mentre l'altra metà è del dio Odino. Alla fine della guerra fra i Vanir e gli Æsir va a vivere con il fratello fra questi ultimi. Dimora nel palazzo Sessrumnir, che significa ricco di feste, che si trova in Folkvang; ne esce ogni giorno viaggiando su un carro tirato da due gatti (si presume di razza delle foreste norvegesi). Possiede la collana Brísingamen, forgiata dai nani che gliela donarono a patto che giacesse con loro. Il suo giorno sacro è il venerdì e ne rimane traccia nel termine inglese Friday e in quello tedesco Freitag. Il suo nome, Freyja in norreno, dal significato di Signora, si trova a volte scritto in altre forme (Freia, Freya). Freyja, nella mitologia norrena, viene a volte confusa con Frigga, dea Æsir moglie di Odino.

SJÖFN

Sjöfn è una dea della mitologia norrena. Appartenente alla stirpe degli Æsir, di lei non si sa quasi nulla. Snorri Sturluson dice che è una divinità dell'amore, in grado di infondere tale sentimento in uomini e donne; collega quindi il suo nome al

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sostantivo sjafni: "amore". È invece molto più probabile che il nome di Sjöfn sia da ricondurre o a safi, "linfa", oppure a sefi, "parente".

LOFN

Lofn è una dea della mitologia norrena. Appartenente alla stirpe degli Æsir, di lei non si sa praticamente nulla. Snorri la descrive come dolce e buona, tanto che Odino e Frigg le hanno concesso di poter unire in matrimonio coloro cui ciò fosse negato: per questo motivo Lofn è particolarmente amata dagli uomini. Il suo nome significa "dolce", "consolatrice". Lofn è una dea della mitologia norrena. Appartenente alla stirpe degli Æsir, di lei non si sa praticamente nulla. Snorri la descrive come dolce e buona, tanto che Odino e Frigg le hanno concesso di poter unire in matrimonio coloro cui ciò fosse negato: per questo motivo Lofn è particolarmente amata dagli uomini. Il suo nome significa "dolce", "consolatrice".

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VÁR

Vár è una dea della mitologia norrena. Appartenente alla stirpe degli Æsir, di lei non si sa quasi nulla. Snorri riferisce che Vár sancisce il rispetto dei giuramenti tra uomini e donne, vendicandosi di chi li rinnega. Più propriamente, è la dea dei patti d'amore, e viene difatti invocata come testimone nei matrimonî. Snorri collega il suo nome al termine várar: "giuramenti". È molto più probabile, tuttavia, che "Vár" significhi "benevolente".

VÖR

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Vör è una dea della mitologia norrena. Di lei non si sa praticamente nulla, se non che, almeno secondo la testimonianza di Snorri è tanto saggia e attenta che nulla le sfugge. Il suo nome deriva probabilmente dall'aggettivo varr, che al femminile fa appunto vör: "accorto", "consapevole".

SYN

Syn è una dea della mitologia norrena, appartenente alla stirpe degli Æsir. Di lei non sia quasi nulla. Snorri riferisce unicamente che suo è il compito di guardiana delle soglie, per impedire l'accesso a chi è interdetto. Altro suo ruolo è quello di avvocata nelle assemblee: il suo nome viene difatti invocato quando si voglia respingere un'accusa falsa. Il suo nome significa appunto "ricusa" o "negazione".

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HLÍN

Nella mitologia norrena Hlín è una delle tre serve di Frigg, insieme a Fulla e Gná. Il suo nome significa protettrice e Frigg le diede l'incarico di proteggere gli uomini e consolare i tormentati mortali. Nel Völuspá, Hlín compare anche come altro nome riferito a Frigg stessa.

SNOTRA

Snotra ("saggia") è una divinità della mitologia norrena. Di lei non si sa quasi nulla. Snorri Sturluson riferisce che è molto saggia e nobile d'aspetto, e che dal suo nome

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deriva l'aggettivo snotr, assennato. In realtà è più probabile il contrario, che sia il suo nome a derivare dall'aggettivo stesso. Snotra è nominata anche nelle þulur.

GNÁ

Gná, nella mitologia norrena, è una delle tre serve di Frigg, insieme a Fulla e Hlín. È colei che si preoccupa di svolgere le faccende per la padrona. Probabilmente proprio per questo possiede un destriero capace di cavalcare attraverso l'aria e l'acqua, Hófvarpnir (letteralmente tiratore di zoccoli). È una delle quattordici dee descritte da Snorri Sturluson nella sua Edda.

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VALHALLA

Nella mitologia norrena, Valhalla (o anche Valhöll e Walhalla) è uno dei palazzi dell'Ásgarðr e residenza dei morti gloriosamente in battaglia, gli einherjar. Secondo la tradizione chi muore da eroe viene scortato dalle Valchirie nel Valhalla dove viene accolto da Bragi. Il Valhalla è descritto come un'enorme sala con 540 porte, muri fatti di lance, tetto fatto di scudi e panche ricoperte di armature. Si dice che vi sia posto per chiunque venga scelto e sia più semplice trovare un posto che entrarvi. I guerrieri del Valhalla assisteranno Odino nel Ragnarök, lo scontro finale contro i Giganti. Per prepararsi alla lotta ogni giorno combattono nelle pianure di Ásgarðr ed ogni sera le ferite si rimarginano, le membra si ricompongono ed i guerrieri ritornano nel Valhalla per banchettare con carne di cinghiale e bere idromele.

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ASGARD – ÁSGARÐðR

Ásgarðr (in norreno, spesso traslitterato come Asgard) è nella mitologia norrena la residenza degli Æsir, separato dal mondo dei mortali, Miðgarðr. Originariamente il mondo che chiamiamo Ásaheimr era chiamato Godheimr (casa degli dei), ma come avvenne con Miðgarðr i primi ricercatori confusero la parola per "dèi" con quella della sua casta principale e Godheimr divenne Ásgarðr nella maggior parte delle fonti.

LA COSTRUZIONE:

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I muri che circondano Ásgarðr furono costruiti da un gigante (spesso erroneamente identificato come gigante del ghiaccio), che in cambio avrebbe dovuto ricevere come sposa Freyja ed il sole e la luna. Questo purché il lavoro fosse completato entro sei mesi e senza alcun aiuto da esterni. Il gigante chiese se avesse potuto usare il suo cavallo, Svaðilfari, gli dèi acconsentirono ma questo suo cavallo si rivelò un eccezionale lavoratore, tanto che era il doppio più veloce del suo padrone. Per evitare di onorare l'accordo Loki attrasse lontano il cavallo magico del gigante, trasformandosi in una giumenta. Il lavoro non venne completato in tempo e gli dèi pertanto evasero il pagamento. Thor uccise il gigante e quando Loki uscì dalla foresta diede alla luce Sleipnir, il migliore di tutti i cavalli, che divenne il destriero di Odino.

INTERPRETAZIONE EVEMERISTICA: Nell'interpretazione evemeristica di Snorri, sviluppata nell'introduzione all' Edda e nella Ynglingasaga, la città di Ásgarðr viene identificata con la Troia omerica, dandone così tutto l'aspetto di un mito riallacciato ad altre culture, cosa che, così, lo porta ad affermare che come Troia era sita nel regno di Ásaheimr, posto a nord del Mar Nero, in Scizia.

STRUTTURA: Nota: Si usa il termine sala, secondo l'usanza nordica, per indicare l'edificio principale nel quale avevano luogo i conviti e le feste. Ásgarðr è un'immensa rocca, le cui parti principali sono i 12 palazzi degli dei citati nel Grímnismál.

• Ýdalir, palazzo di Ullr: • Alsheimr, palazzo di Freyr • Válaskjálf, palazzo di Wali con il trono di Odino Hliðskjálf • Sökkvabekkr, palazzo di Sága • Frohheimr, palazzo di Odino con la sala Valhalla • Thrymheimr, palazzo di Skaði • Breiðablik, palazzo di Baldr • Himinbjörg, palazzo di Heimdall • Folkvangar, palazzo di Freyja con la sala Sessrúmnir • Glitnir, palazzo di Forseti • Nóatún, palazzo di Njörðr • Widi, palazzo di Víðarr

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Altri luoghi di rilievo:

• Truðheimr, residenza di Thor con il palazzo Bilskirnir • Fensalir, palazzo di Frigg • Vingólf, la sala riunione di tutti gli dèi • Idafeld, l'officina del fabbro • Bifröst, un ponte fatto da un arcobaleno che congiunge il mondo umano

(Miðgarðr) con Ásgarðr

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RAGNARÖK

« ...liete si apprestano a combattere le Forze del Male e già calpestano il Ponte che

adduce ai Troni degli Dei; il Destino ormai sta per compiersi e Heimdallr, il santo

custode, suona a gran forza il grande corno di guerra; in silenzio, Odino conversa

con la testa di Mimir e da lei cerca consiglio. »

Il Ragnarök (o ragnarøkkr) indica, nella mitologia norrena, la battaglia finale tra le potenze della luce e dell'ordine e quelle della tenebra e del caos, in seguito alla quale l'intero mondo verrà distrutto e quindi rigenerato.

SIGNIFICATO DEL TERMINE E FONTI SCRITTE:

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Il nome è composto da ragna, il genitivo plurale di regin (dèi-poteri organizzati) e rök (fato-destino-meraviglie), poi confuso con røkkr (crepuscolo). Il termine probabilmente più antico è ragnarök, che significa "fato degli dèi". Ragnarøkkr significa invece "crepuscolo degli dèi", ed è quest'ultima la denominazione più celebre del Ragnarök, grazie anche all'opera di Richard Wagner (Götterdämmerung). Gli storici hanno invece corretto quest'ultima traduzione, soprattutto il francese Claude Lecouteux, affermando che il significato vero e proprio sia invece "Giudizio Delle Potenze". Il Ragnarök ci è noto principalmente da tre fonti:

• Völuspá (Profezia della veggente) • Vafþrúðnismál • Gylfaginning (Inganno di Gylfi)

SVOLGIMENTO DEL RAGNARÖK:

Le fonti sul Ragnarök, come quasi tutte quelle sulla mitologia norrena, sono frammentarie, confuse, contraddittorie, ricche di riferimenti criptici e spesso quasi incomprensibili nella loro laconicità. Il Ragnarök verrà preceduto dal Fimbulvetr, un inverno terribile della durata di tre anni, in seguito al quale avverrà la sfascio dei legami sociali e familiari, in un vortice di sangue e violenza al di là di ogni legge e regola.

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Spariranno quindi Sól (il Sole) e Máni (la Luna): i due lupi (Sköll e Hati) che, nel corso del tempo, perennemente inseguivano i due astri finalmente li raggiungeranno, divorandoli, privando il mondo della luce naturale. Anche le stelle si spegneranno. Yggdrasill, l'albero cosmico, si scuoterà, e tutti i confini saranno sciolti: terremoti, alluvioni e catastrofi naturali. Le creature del caos attaccheranno il mondo: Fenrir il lupo verrà liberato dalla sua catena, mentre il Miðgarðsormr emergerà dalle profondità delle acque. La nave infernale Naglfar leverà le ancore per trasportare le potenze della distruzione alla battaglia, al timone il dio Loki. I misteriosi Múspellsmegir cavalcheranno su Bifröst, il ponte dell'arcobaleno, facendolo crollare. Heimdallr, il bianco dio guardiano, soffierà nel suo corno, il Gjallarhorn, per chiamare allo scontro finale Odino, le altre divinità, e i guerrieri del Valhalla. Nel grande combattimento finale ogni divinità si scontrerà con la propria nemesi, in una distruzione reciproca. Il lupo Fenrir divorerà Odino, che quindi sarà vendicato da suo figlio Víðarr. Thor e il Miðgarðsormr si uccideranno a vicenda, e così Týr e il cane infernale Garmr. Surtr abbatterà Freyr. L'ultimo duello sarà tra Heimdallr e Loki, tra i quali la spunterà il primo, quindi il gigante del fuoco Surtr, proveniente da Múspellsheimr, darà fuoco al mondo con la sua spada fiammeggiante. Di seguito, dalle ceneri, il mondo risorgerà. I figli di Odino, Víðarr e Váli, e i figli di Thor, Móði e Magni, erediteranno i poteri dei padri. Baldr, il dio della speranza e Höðr suo fratello, torneranno da Hel, il regno della morte. Troveranno, nell'erba dei nuovi prati, le pedine degli scacchi con cui giocavano gli dèi scomparsi. La stirpe umana verrà rigenerata da una nuova coppia originaria, Líf e Lífþrasir, sopravvissuti nascondendosi nel bosco di Hoddmímir o nel frassino Yggdrasill a seconda dei culti. La rinascita del mondo è tuttavia adombrata dal volo, alto nel cielo, di Níðhöggr, il serpe di Niðafjoll, misteriosa creatura tra le cui piume porterà dei cadaveri.

INTERPRETAZIONI DEL RAGNARÖK: L'assenza di paralleli corrispettivi escatologici nelle altre mitologie europee, cioè la mancanza di narrazioni sulla fine del mondo, ad esempio, in ambiente greco o romano, ha portato diversi studiosi a ipotizzare influssi più o meno decisi, nel Ragnarök, dell'immaginario cristiano, in particolare dall'Apocalisse di Giovanni. L'ipotesi sarebbe corroborata dal fatto che la mitologia norrena sia stata codificata quasi interamente in seguito all'arrivo del cristianesimo nell'Europa settentrionale. Tuttavia, anche e proprio per questo motivo, l'ipotesi rimane tale e priva di una qualunque verifica. Da parte sua, Georges Dumézil, studioso francese dei miti, ha messo in luce le forti somiglianze tra il Ragnarök e, nella mitologia hindu, la battaglia tra Pāndava e Kaurava, così com'è narrata nel Mahābhārata. Così come il Ragnarök sarebbe posto nel futuro, l'analoga battaglia epocale del Mahābhārata si trova nel passato.

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È forse dunque possibile come corrispettivo del Ragnarök in area mediterranea la gigantomachia o la titanomachia, che vedono contrapposti gli dèi olimpici guidati da Zeus contro creature deformi e caotiche.