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Trimestrale di in-formazione dell’Associazione Comunità Shalom di Riva del Garda - TN - Italy Anno V n. 2 - Aprile-Giugno 2010 - Trimestrale - Contiene I.R. Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2 - DCB Trento - Taxe Percue In caso di mancato recapito inviare al C.P.O. di Trento per la restituzione al mittente previo pagamento resi VIA VIA Sulla della PACE PACE Editoriale: Gesù è un mito? Carissimo... Gioia e disciplina della vita 2010 n. 18

N.18 Sulla via della pace 2010

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rivista di in-formazione dell'Associazione Via Pacis

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Trimestrale di in-formazione dell’Associazione Comunità Shalom di Riva del Garda - TN - Italy

Anno V n. 2 - Aprile-Giugno 2010 - Trimestrale - Contiene I.R.Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2 - DCB Trento - Taxe PercueIn caso di mancato recapito inviare al C.P.O. di Trento per la restituzione al mittente previo pagamento resi

VIAVIASulla dellaPACEPACEEditoriale:Gesù è un mito?

Carissimo... Gioia e disciplina della vita

2010n. 18

Le attività di solidarietà promosse dalla Le attività di solidarietà promosse dalla Comunità Shalom sono gestite dallaComunità Shalom sono gestite dallaAssociazione Shalom Associazione Shalom Solidarietà Internazionale - OnlusSolidarietà Internazionale - OnlusViale Trento, 100 - 38066 Riva del Garda (TN) - ItalyViale Trento, 100 - 38066 Riva del Garda (TN) - ItalyTel. +39.0464.555767 - Fax +39.0464.562969Tel. +39.0464.555767 - Fax [email protected]@shalom-i.it

2 Editoriale Gesù è un mito?Gesù è un mito?

Informazione 4 Dal Kenya un segno di speranzaDal Kenya un segno di speranza

9 Visita in BoliviaVisita in Bolivia

17 Bando alle 1/2 misureBando alle 1/2 misure Week-end di formazione per giovani Week-end di formazione per giovani

Testimonianze 7 Ho scoperto la perla preziosaHo scoperto la perla preziosa Non voglio una vita di seconda mano Non voglio una vita di seconda mano

Speciale 13 ProgettiProgetti

Formazione 8 Riconciliazione: respiro di libertàRiconciliazione: respiro di libertà

18 Morte: un valore aggiunto?Morte: un valore aggiunto?

19 6 connesso?6 connesso?

20 Antichi e nuovi carismi insiemeAntichi e nuovi carismi insieme

22 Dare l’animaDare l’anima

23 Missione ad orienteMissione ad oriente

24 Ambasciatori gioiosi di riconciliazioneAmbasciatori gioiosi di riconciliazione

26 Bioetica e globalizzazioneBioetica e globalizzazione

27 Gioia e disciplina della vitaGioia e disciplina della vita

La Comunità Shalom è un’Associazione Privata di Fedeli Laici della La Comunità Shalom è un’Associazione Privata di Fedeli Laici della Chiesa Cattolica e membro della Fraternità Cattolica delle Associazioni Chiesa Cattolica e membro della Fraternità Cattolica delle Associazioni e Comunità Carismatiche di Alleanza di Diritto Pontifi cioe Comunità Carismatiche di Alleanza di Diritto Pontifi cio

Per off erte:Per off erte:CASSA RURALE ALTO GARDA

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c.c. postale n. 14482384intestato a: Associazione Shalom

Solidarietà Internazionale - ONLUS

SOMMARIOSOMMARIO

SULLA VIA DELLA PACETrimestrale di in-formazioneAnno V - n. 2aprile-giugno 2010

Registrazione n. 263 presso ilTribunale di Rovereto (TN) (19.01.2006)

Direttore responsabilePaolo Maino

Direttore di redazioneRuggero Zanon

Equipe di redazionePaola AngerettiNadia ArmelliniLuca FambriGregorio Vivaldelli

EditoreAssociazione ShalomSolidarietà Internazionale - Onlus

Direzione e amministrazioneViale Trento, 10038066 Riva del Garda (Trento) [email protected]. e fax +39.0464.555767

Grafi ca e stampa:Antolini Tipografi a - Tione (TN)

Finito di stamparenel mese di aprile 2010

In copertina:Messaggi di pace sulla spiaggia adriatica

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di Paolo Maino

Editoriale

EDITORIALE

Gesù è un mito?

Attorno all’uomo Gesù di Nazareth si è coagulata la passione di tante ge-nerazioni. Basti pensare che la biblioteca dei libri

scritti sul suo conto è a dir poco immensa. Tanti si sono messi sulle sue tracce, raccogliendo indizi e prove del suo essere realmente esistito, e del suo aver agito nella regione palestinese, agli albori della nostra storia occidentale. Tanto che su di lui possediamo documenti e testimonianze in numero sproporzionatamente maggiore rispetto a qualsiasi altro personaggio storico.A livello storico-critico, quindi, la sua esistenza ed i tratti salienti della sua vicenda sono ben de-lineati; non sono un’ipotesi, o “l’espressione mitica di una forza collettiva”, ma sono un dato di fatto riconosciuto da qualunque serio studioso.Anche la fede in Gesù come salvatore e Figlio di Dio non ha mai oscurato il presupposto che egli sia “nato da donna, nato sotto la legge”, come aff erma Paolo di Tarso; cioè, che sia nato come tutti, che sia cresciuto nel contesto di una società partico-lare come tutti e che come tutti abbia sperimentato la drammati-cità della morte.Ancora oggi, però, vi sono persone che aff ermano che Gesù sia un mito e che non sia un personaggio storico realmente esistito. Certo, ci si può sbizzarrire nell’esibire “codici da Vinci” e documenti “segreti” (tutti rigorosamente smentiti dalle analisi di studiosi accreditati) per proclamare che Gesù è una leggenda e la Chiesa un’associazione per delinquere tutta intenta a tessere una trama giustifi cativa di privilegi di casta.

Eppure vi sono documenti storici indubitabili che parlano del Gesù storico, documenti di valenza pari – se non superiore per numero e varietà – a quelli che narrano di altri personaggi, di cui nessuno si sognerebbe di mettere in dubbio l’esistenza, a meno di non voler de-legittimare il metodo storico stesso.Per non parlare poi degli stessi Vangeli, disseminati di riferimenti storici circostanziati. Del resto, è proprio il fondamento storico, il radicamento nella realtà, che di-stingue il cristianesimo da tutte le altre religioni. Perché allora il ritorno di questo pensiero debole? Dettato da cosa? Propaganda ideologica o semplice ignoranza?In nome di una presunta libertà, torna ciclicamente alla ribalta il desiderio oscurantista di eliminare l’insegnamento della religione cattolica dalle scuole, quasi a voler dimenticare che la realtà culturale italiana è inscindibilmente intrisa di cattolicesimo: dall’arte alla musica, dalla letteratura alla storia, dal diritto alla fi losofi a.Come comprendere Dante, Manzoni e altri autori senza conoscere l’oriz-zonte di senso da cui scaturisce la loro ispirazione, cioè la cultura giudaico-cristiana? Come accostarsi ad un capolavoro come il “Giudizio universale” di Michelangelo senza sapere cosa si sta guardando? E questo vale anche per opere che

apparentemente non hanno niente a che fare con la religione, perché in Occidente, in un modo o nell’altro, tutto parla di cristianesimo.Sembra quasi un destino: fi n dalle sue origini il cristianesimo ha dovuto combattere contro chi cercava di delegittimarlo, ma un conto è farlo con chi onestamen-te cerca di argomentare le sue ragioni, un altro è farlo con chi lo fa per partito preso, acriticamente.Purtroppo l’ideologia acceca e non è disposta ad un confronto serio ed obiettivo. Troppi intellet-tuali che avanzano critiche feroci contro Antico e Nuovo Testamento si vantano di non aver mai letto né l’uno né l’altro. Potrebbero altrimenti scoprire che i Vangeli non hanno la funzione, spesso loro attribui-ta, di autoincensamento da parte della Chiesa: non nascondono, ad esempio, l’umanità fragile di Pietro (il primo Papa), che viene descritto come un traditore; o che gli apostoli - l’élite di governo della comunità - quasi sempre “non comprendevano nulla” di quanto insegnava loro Gesù. Ma forse alcuni non vogliono veramente spendersi per il bene integrale dell’uomo; Gesù infatti e il suo Vangelo contengono i germi per l’aff rancamento da ogni schia-vitù e le ragioni del rispetto di ogni persona: uomo, donna, bambino, giovane, vecchio, ricco, povero, malato, sano, istruito, ignorante, e anche per chi non è cristiano

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Dal 30 gennaio al 5 febbraio 2010 la Comunità Shalom in Kenya ha vissuto una grande grazia: il primo

meeting di formazione tenuto dal fondatore Paolo Maino, dalla dott.ssa Sara Paternoster e dal vicepresidente Gregorio Vivaldelli. È stata l’occasione per trascorre-re assieme del tempo come una vera comunità cristiana, che è alla ricerca della via della pace, del perdono e della riconciliazione.Gli insegnamenti ricevuti durante il ritiro formativo di Nairobi hanno toccato i cuori di tutti i membri, ciascuno in modo diff erente. È un segno reale che Cristo sta lavo-rando dentro di noi attraverso il potere dello Spirito Santo. Alcuni di noi ora hanno avvertito un forte desiderio di pregare le lodi e i vespri giornalmente e riservarsi un tempo personale per la preghiera del rosario. Abbiamo degli incontri comunitari settimanali di pre-ghiera e di rifl essione sulla Parola di Dio e, una volta al mese, un incontro di amicizia comunitaria.I membri sono laici cattolici che stanno cercando di dare una reale testimonianza di fede cristiana nelle condizioni della vita quoti-diana in Kenya. Nairobi è una città stressante con più di 5 milioni di abitanti. La vita a Nairobi è inte-ressante, ma piena di sorprese e soff erenze. È facile udire degli spari o apprendere che un ladro è stato ucciso dalla folla. Gli stessi poliziotti hanno la loro parte nella criminalità. Spostarsi tardi di notte a Nairobi o nei suoi dintorni è rischioso. Gli autobus pubblici possono essere dirottati in qualsia-si momento, mettendo a rischio la vita di molte persone. L’inquietudi-ne sociale sta dilagando in tutto il

INFORMAZIONE

Dal Kenya un segno di speranza

SETE DI RICONCILIAZIONE

“Se chiedeste al popolo kenyota di che cosa necessita il paese dopo il dicembre 2008, all’unisono la risposta sarebbe: pace, relazioni riconciliate e perdono permanente.Come se il fato lo sapesse, nel gennaio 2010 queste stesse parole sono state ripetute più volte durante il ritiro a Nairobi, dove un gruppo di persone spiritualmente motivate sono state aiutate a formarsi grazie a dei relatori venuti dall’Italia. Ognuno dei relatori – il fondatore Paolo Maino, il vicepresidente Gregorio Vivaldelli e la dott.ssa Sara Paternoster - ha saputo spiegare a fondo il signifi cato e l’essenza di queste stesse parole nella nostra vita di cristiani.Mentre i partecipanti ascoltavano attentamente i relatori, alcuni di loro hanno rivisto nelle loro menti le scene di violenza che hanno scosso il nostro Paese lo scorso anno dopo i brogli elettorali, quando duemila persone furono uccise, seimila ferite e più di tre milioni dovettero lasciare le loro case ormai distrutte.Se qualcuno mi chiedesse che cosa ci portiamo via da questa settimana, vi direi che ora noi, membri dell’Associazione Comunità Shalom Kenya, siamo pronti ad iniziare a camminare sulla via della pace”.

Chrispin e Margaret Kakan

Kenya e a Nairobi in particolare.Questa è la nostra realtà. Questo è il mondo che Dio ama e vuole salvare. Citando le parole del fondatore, Paolo Maino, “noi viviamo in questo mondo, che ha i suoi problemi, diffi coltà, storie tristi, paure, confl itti, povertà e molte sfi de”. È vero che la pace è diffi cile da raggiungere a

meno che non sia vissuta come un impegno attraverso il sacramento del perdono e della riconciliazione. È facendo così che possiamo recu-perare la nostra gioia servendo gli ultimi nella nostra comunità.Per conto della Comunità Shalom di Nairobi, invio i nostri ringrazia-menti di cuore a Paolo, Gregorio e

di Peter Onyango

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Sara per la loro importante visita alla nostra comunità. Le vostre parole piene di ispirazione hanno toccato in modo particolare i cuori di ciascuno di noi. La lettura della Parola di Dio, la preghiera, la vita liturgica, l’amicizia e la pace cristia-na stanno mettendo radici a grandi passi dentro la nostra Comunità.Abbiamo appena terminato il percorso preparatorio con i tre giorni di ritiro comunitario. Ora la comunità si sente come una famiglia unita di cristiani cattolici. I doni materiali che la delegazione ci ha portato sono stati distri-buiti fra i bambini più sfortunati. Ogni membro della Comunità sta servendo almeno un bambino orfano, se non di più. Questo è già il segno di una comunità con-sapevole dell’esistenza dei poveri e degli oppressi. In Kenya ci sono molti bambini e donne che vivono in miseria e nella paura. La nostra Comunità ha scelto di essere segno di speranza per molti, di restituire il sorriso sulle facce tristi fra le persone del nostro vicinato. La Comunità Shalom di Nairobi ha scelto di non andare troppo lontano a cercare i poveri. I poveri vivono vicino a noi e noi li cono-sciamo. È attraverso il carisma fon-dativo della Comunità Shalom che noi vogliamo toccare le vite dei poveri proprio come faceva Gesù.Sinceri ringraziamenti ai fondatori della Comunità Shalom, ai quali assicuriamo le nostre preghiere. Stiamo facendo un viaggio molto diffi cile, talvolta molto scoraggian-te e che porta delusioni. Però con la fede in Gesù Cristo e la stretta rela-zione fra di noi ci sentiamo confor-tati e spiritualmente raff orzati.

Mr. Peter OnyangoMs. Adrienne Mushatsi

Ms. Belinda AchiengMr. Chrispin Kakan

Mrs. Margaret KakanMs. Sun Manelle

Mrs. Helen MakanamuMs. Esther Awuor

Ms. Nancy Achieng O.Mr. Lawrence Nyambok

Mrs. Nerea Nyambok

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Ho una grande pace in meHo una grande pace in meCaro Paolo,desidero ringraziarvi per aver dato del vostro tempo per venire da noi in Kenya per la settimana di formazione. È stato un momento meraviglioso, come una partenza per un viaggio importante per la mia vita e per quella degli altri membri della Comunità in Kenya.È stata davvero un’esperienza unica nella mia vita. Siete venuti al momento giusto, proprio quando ne avevo più bisogno. Era un periodo in cui avevo bisogno di sentire quelle parole e di udire la presenza di Dio dentro di me. Ringrazio Dio per aver risposto alla mia supplica. Ho ricevuto molto incoraggiamento e ho imparato a continuare ad apprezzare ogni singolo momento che Dio mi dona. Lui è Dio e prego di poter abitare in Lui per il resto della mia vita.Il tema del perdono e della riconciliazione è stato molto importante. Ci è stato spiegato che il perdono è un processo che dura per tutta la nostra vita. Riconosco che sono una persona molto ferita e che prima di tutto ho bisogno di perdonare me stessa. Ho fatto esperienza di un grande cambiamento in me dopo aver accettato di perdonare anche quelle persone che mai avrei pensato fosse possibile perdonare. Dentro di me ora ho una grande pace. Sia la preghie-ra che la lettura della Bibbia stanno facendo tanto bene alla mia vita. Dio è sempre più presente nella mia vita e ho deciso di permettere allo Spirito Santo di prendere il controllo della mia vita. Ho imparato ad apprezzare che ognuno di noi è stato creato da Dio con uno scopo ben preciso e per dare gloria al Suo nome. È proprio vero, come ci è stato detto, che la riconciliazione è il fondamento della via della pace.Shalom è il più bel posto al quale appartenere.La vita di comunità è davvero incoraggiante. Noi ci apprezziamo l’un l’altro e viviamo come fratelli e sorelle. Siamo uomini e donne di pace. Credo che il fatto di essermi unita a questa comunità sia una chiamata speciale che viene da Dio. Lascio che Dio compia la sua volontà, che è perfetta, nella mia vita, che mi diriga dove Lui vuole e che mi mostri cosa fare ogni giorno a gloria del Suo nome potente. Lui mi ha creata e per Lui vivrò.Ringrazio Dio per voi - Paolo, Gregorio, Sara e Peter - per questa speciale chiamata. Ringrazio Dio anche per Eliana, che non ho incontrato, ma di cui apprezzo molto la chiamata alla riconciliazione. Per quanto riguarda i fratelli e le sorelle in Shalom è meraviglioso averli vicini. Possa il Signore essere con te dovunque tu vada e in tutti i tuoi piani per servirlo ed essere Ambasciatore di pace. Prego che Lui continui a riempirti della sua saggezza, coraggio e parole profetiche, così che noi tutti possiamo vivere una vita gioiosa nel nostro carisma proprio come è scritto nella prima lettera ai Tessalonicesi 5,16 e in quella ai Romani 12,15, e che il modo in cui viviamo sia di esempio per gli altri. Prego perché tutti possiamo esercitarci ad amare, perdonare e sentirci missionari.Grazie perché ci sei.

Nancy Owak

INFORMAZIONE

Kenya

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“Carissimi amici di Shalom, Dopo ventiquattro anni che frequento la Comunità Shalom, vi scopro

sempre aspetti nuovi e profondi. Una miniera nella quale più entro e più scopro la perla preziosa.Nella Comunità ho trovato pienezza di vita e non sento il bisogno di cercare altro, perché mi riempie di amore, mi completa come persona sul piano umano, spirituale, ecclesiale.Mi ha cambiato la vita. Sono sempre stata praticante, ma nella Comunità è cambiata la qualità della mia fede.Mi ha guarita da tante ferite e complessi. È un cammino in crescendo, liberante e gioioso. Quanta grazia! Don Domenico diceva: “guarigione interiore è santità”.È una scuola continua: nelle relazioni fraterne, nei rapporti riconciliati attraverso il perdono dato e ricevuto.Nella Comunità Shalom c’è un percorso di formazione graduale, rispettoso di ogni persona, ma sempre più profondo, entusiasmante, generato dal carisma della Comunità. Si qualifi ca per i rapporti fraterni, riconciliati nel “gareggiare nello stimarci a vicenda”. Così è conseguenza naturale l’attenzione al fratello - vicino e lontano -, tessendo rapporti umani e fraterni con i poveri, non solo di aiuto materiale, ma soprattutto nel cercare di donare speranza, fede, amore.La Comunità Shalom mi ha insegnato ad amare senza pretese. Mi ha affi nato il cuore, aperto la mente, ma soprattutto mi ha insegnato ad amare Dio nei fratelli. Mi ha innamorato della Parola di Dio, dell’Eucaristia, del sacramento della Riconciliazione, dell’adorazione. È una Comunità adorante fi n dall’inizio.Nella Comunità Shalom ho imparato a lodare Dio e come la lode sia salutare a tutti gli eff etti.Ho imparato che la Comunità non è un ideale astratto, ma una realtà concreta, dono di Dio, fatto di persone e rapporti fraterni vissuti, giorno dopo giorno, nella vita ordinaria, camminando sulla via della pace”. Emma

TESTIMONIANZETESTIMONIANZE

Ho scoperto la perla preziosaHo scoperto la perla preziosa

Nel cammino che sto percorrendo all’interno della Comunità Shalom, voglio cercare di non vivere una vita “di seconda mano”, guidata dal pensiero altrui che mi discosta da ciò di cui ho realmente sete. Credo fermamente che ciascuno di noi sia vincolato da molteplici pensieri che ci condizionano a tal punto da non permetterci quasi di respirare.Desidero diventare “protagonista” della mia vita, consapevole di essere costantemente guidata e guardata da Dio. Egli, infatti, quando ancora non ero nata, già mi vedeva e il suo umile sguardo mi condurrà sino all’ultimo dei miei giorni. E parlo di umiltà, un concetto che al giorno d’oggi è quasi assente: ciascuno tende a sentirsi “onnipotente” e crede di essere in grado di proseguire per la propria strada senza l’appoggio di qualcuno che potrebbe far fruttare in noi numerose risorse.Personalmente ritengo di essere così piccola e fragile da poter trovare la forza soltanto nella Parola di Dio, che mi rivela un Dio che si inginocchia davanti a noi peccatori, guardandoci dal basso verso l’alto, un Dio che ci dà ogni giorno la possibilità di ricominciare una vita nuova, un Dio che è amore, speranza e carità. Mi dà pace sapere di poter attingere alla sorgente di questo immenso Amore, l’unico in grado di renderci autentici.

Elisa18 anni

NONNONvoglioVITAunauna

di seconda manodi seconda mano

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Per esprimere l’equilibrio tra la vita interiore ed esteriore, forse l’immagine più chiara e immediata è l’albero. Come si sviluppa un albero? All’inizio c’è un seme. In questa prima fase, quando cioè il seme comincia a germinare, tutto sembra immobile; poi iniziano a formarsi le radici e il fusto.

Con uno stesso movimen-to l’albero spinge le sue radici e i suoi rami. C’è una medesima spinta in giù e in su. La stabilità

della pianta dipende dall’armonia di questo doppio movimento: se ci sono troppe radici, l’albero è smilzo e non rigoglioso; se c’è troppa chioma, l’albero si rovescia.Similmente nella vita dell’uomo: siamo chiamati a crescere in profon-dità ed in ampiezza. Se cerco solo la vita interiore, non mi svilupperò, sarò rachitico; se opererò solo al-l’esterno, morirò. La vita della natura ci è maestra: c’è un primo momento di conversione, di cambiamento, di incontro con Dio, che richiede un fermarsi per lasciar germinare e attecchire il seme. È un tempo in cui tutto sembra fermo, ma è un tempo indispensabile. È il tempo in cui, fuori metafora, si fa ordine nella vita, si prende maggior tempo per pregare, per meditare e rifl ettere, si custodisce questa piccola vita che è iniziata, perché non sia calpestata.

Scendere dentro per Scendere dentro per andare fuori andare fuori Trascorso questo tempo, diverso per ogni persona, vita interiore e vita esteriore procedono in modo simultaneo, armonico: la vita in-teriore - la vita spirituale - spinge verso l’esterno e la vita esteriore spinge in profondità. Scendere dentro di noi per andare fuori di noi. La vita interiore-spirituale diventa l’anima della missione e la missione diventa l’anima della vita interiore. Sono due movimen-ti complementari, non opposti, senza i quali c’è patologia, cioè malattia, disfunzione. Non bisogna aspettare di essere pronti, per andare, per uscire; così come dal-l’uscire bisogna sempre tornare al campo base.

Spiritualità e Spiritualità e quotidianoquotidianoUn chiarimento sul termine “vita spi-rituale”. Quando si parla di spirituali-tà o di persona spirituale si è portati a pensare a una persona evane-scente, disincarnata, non concreta, poco impegnata nella vita. Questo succede molto spesso; riscontriamo il pericolo di spiritualizzare gli eventi normali, umani. Ad esempio: ho una soff erenza derivante da un risenti-mento per un torto subìto e vivo e interpreto questo dolore come una “prova” che Dio mi manda. Oppure

spiritualizzo i sacramenti. Ricordo di una signora che aveva trattato male una persona e che mi disse: “andrò a confessarmi”. Noi, persone che cercano di camminare sulla via della pace, siamo e vogliamo essere radicati nel mondo, laici nel mondo, che vogliono vivere il Cristianesimo, il Vangelo della Pace. In questo ambito la parola magica è equi-librio: tra il pregare e il fare, tra l’impegno e il fermarsi a rifl ette-re. Il nostro modo di procedere dovrebbe essere: pregare–pensare–operare.

FORMAZIONE

Riconciliazione:respiro di libertà

di ElianaAloisi Maino

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Questo necessita un disciplinare la vita, non solo la preghiera. Va di-sciplinata la vita nella quotidianità, operando una pulizia tra necessario e opzionale, tra impegni autentici e riempitivi di vita. Disciplina con il cibo, con la lingua, con la vista, con il tempo, con il denaro, con gli aff etti. Va operata una scelta decisa relazionale nei rapporti in-terpersonali: come ho imparato a pregare anche quando non ne ho voglia, così imparo a tenere rela-zioni anche se non ne ho voglia. È così che la spiritualità diventerà un aspetto “normale” della vita, ed è così che diventeremo persone spi-rituali, perché saldamente radicate nel nostro quotidiano, nel nostro stato di vita, con i piedi per terra e le braccia in cielo: persone spiritua-li, perché guidate - o che vogliono essere guidate - dallo Spirito Santo.

Perdere per trovarePerdere per trovareL’essere umano è tendenzialmente autocentrato, egoista, al centro dell’universo, col desiderio che tutto giri attorno a sé, fermo nel suo mondo e nel suo comodo. Agendo in questo modo, gli sembra di conservare la vita, di non sprecarla, di risparmiarla. È a questo tipo di persona, e cioè a

noi, che si rivolge la Parola: “… chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà”1.Trovo aff ascinante andare a cercare il valore pienamente umano che soggiace agli inviti di Gesù. Quindi mi chiedo: cosa vuol dire trovare e perdere la propria vita? La maggioranza delle persone si è costruita senza un progetto chiaro, senza valori chiari di riferimento, senza conoscere il proprio carat-tere, con attitudini e difetti. Poi le diffi coltà della vita, le soff erenze, hanno favorito delle “scelte di so-pravvivenza”, dei comportamenti reattivi ai disagi della vita, ma non consoni con l’io profondo. Poi, abbiamo cominciato a capire qualcosa di più di noi stessi, abbiamo iniziato a cercare di con-vertire - cambiare - gli atteggiamenti in dissonanza con noi stessi e con il Vangelo. Spesso con tanta fatica. Con l’impressione di perdere la vita. Quando poi siamo riusciti ad agire in coerenza con la verità di noi stessi, ci siamo accorti del ritorno di pace, di gioia e del respiro di libertà. Ci siamo accorti che, cercando di salvare la vita, la perdevamo. Quando, invece,

1 Mt 16,25.

abbiamo cercato di perderla abban-donando quanto ci teneva distanti dal vero io, dal nostro io profondo ed autentico, e siamo andati a rin-forzare la parte vera di noi stessi, l’abbiamo trovata. Chi non accetta di rinunciare a ciò che lo distrugge perde la propria vita. Chi acconsente a vivere secondo la verità profonda, costui trova la vita in abbondanza. Trovare la vita, quindi, è realizzarsi, costruirsi secondo le proprie attitu-dini vere ed ottenere, quale risultato, armonia e consistenza. Questo vuol dire passare dalla super-fi cie alla profondità del cuore. Più mi avvicino al centro profondo della vita, dell’anima, più trovo me stesso e più realizzo la mia vita. Più vivo in radi-calità e in totalità i valori in cui credo, più do pienezza alla mia vita.

Paradosso dell’uomoParadosso dell’uomoCome si realizza l’uomo? Un breve accenno a come siamo fatti. L’uomo è fondamentalmente ambivalente: è attratto dal bene e dal male, dai grandi ideali e dalle meschinità; capace di grandi slanci altruistici e ripiegato su di sé; capace di Dio e di Auschwitz. Nel cuore di ogni uomo convivono luce e tenebra, virtù e peccato, santi e demoni. Siamo fatti così: desidèri infi niti e infi nita paura.

Non c’è relazione significativa senza conflittoe, quindi,senza necessità di riconciliazione

10 Riconciliazione:respiro di libertà

Per illuminare una stanza Per illuminare una stanza non è necessario non è necessario combattere le tenebre, combattere le tenebre, è sufficiente è sufficiente far entrare far entrare sempre più luce.sempre più luce.

Le più grandi aspirazioni devono fare i conti con il mondo del limite. Questa dinamica va accolta, non respinta. Non riusciremo mai a scrollarci di dosso gli aspetti negativi ed essere liberi, puri, total-mente buoni e santi! È un parados-so costitutivo di ogni persona, non collegato alla cultura e al carattere.Questo chiarimento antropolo-gico è funzionale ad una sana accoglienza di sé che non signifi ca una resa incondizionata e senza speranza ai propri difetti e limiti. Accogliere il “grano e la zizzania” dentro di noi vuol dire lasciar cadere ogni pretesa di perfezio-nismo e onnipotenza, e lavorare con energia, fatica e costanza per sviluppare al meglio e al massimo la parte sana di noi. Per illuminare una stanza non è neces-sario combattere le tenebre, è suffi -ciente far entrare sempre più luce. Questi concetti mi rimandano ad un’icona: Gesù in croce tra i due ladroni, con le braccia aperte verso tutti e due, nell’accoglienza di entrambi. È Gesù, nel cuore stesso della nostra divisione, che accoglie la parte buona e la parte cattiva: “Egli è infatti la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, … per riconci-liare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, di-struggendo in se stesso l’inimicizia”2.

Essere in relazioneEssere in relazioneL’uomo è fatto per un fi ne trascen-dente, che va al di là di se stesso. L’uomo si realizza amando, facendo della propria vita un dono di sé, anche se da solo non riesce a rag-giungerlo. Ci accorgiamo di questa legge inscritta in noi dal semplice fatto che, quando facciamo il bene, stiamo bene. Per amare, per fare della vita un dono, c’è bisogno di un tu, di un altro, di altri.L’uomo e la donna, per realizzarsi, sono chiamati quindi a diventare “a somiglianza di Dio”3. Com’è Dio? Il nostro Dio è Trinità: Padre, Figlio e

2 Ef 2,14.3 Gen 1,27.

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Spirito Santo costituiscono un’unica divinità. Il nostro Dio è Uno e Trino, perché ognuna delle Persone divine è in stretta relazione con le altre e in relazione con l’uomo. Il nostro Dio è un Essere in relazione. Allora il fondamento della relazione è Dio: vogliamo essere persone di relazione, perché Dio è così. Non c’è vita senza relazioni. La mancanza di relazioni signifi ca morte, assenza di Dio. La relazione, attraverso il dialogo e la comunicazione, è l’ele-mento fondamentale per crescere nell’unità, pur nella diversità, per raf-forzare la fraternità, la comunione.La persona umana si realizza, quindi, amando, nella relazione e comu-nione. L’uomo si realizza solo nella misura in cui si apre alla relazione, all’incontro. Nella relazione si trova la vera natura dell’uomo4.

Radicalità, passione, Radicalità, passione, responsabilitàresponsabilitàC’è stato un giorno in cui abbiamo avvertito dentro di noi come un’acqua viva, una voce di desiderio che ci chiamava in questa Comunità, ad abbracciare questa spiritualità, a vivere la sequela di Gesù secondo questo modello di via della pace. Per noi avvicinarci al centro dell’ani-ma è vivere con radicalità, passione e responsabilità il nostro carisma, che è un carisma di riconciliazione.• Radicalità: vivere con totalità,

buttandosi completamente. È anche una legge psicologica: più in una realtà ci si impegna e più si sta bene, si matura, ci si sente membra vive, a proprio agio, di casa e non ospiti. Chi si dà poco vive sotto tono e poco contento. La vita va “sprecata” con decisione. Come la donna che spezza il vaso di alabastro

4 BENEDETTO XVI, Caritas in Veritate, 53: “La creatura umana, in quanto di natura spirituale, si realizza nelle re-lazioni interpersonali. Più le vive in modo autentico, più matura anche la propria identità personale. Non è isolandosi che l’uomo valorizza se stesso, ma ponendosi in relazione con gli altri e con Dio. L’importanza di tali relazioni diventa quindi fon-damentale”.

preziosissimo ai piedi di Gesù5. Noi per chi sprechiamo e spez-ziamo la nostra vita?

• Passione: è il sapore della vita. Può essere un’attitudine naturale, o può essere incrementata.

• Responsabilità: è l’abilità nel rispondere agli inviti di Dio, dei fratelli, della Comunità, con creatività e fantasia, con uno sguardo ampio, non limitato al piccolo àmbito personale. È anche fedeltà e perseveranza negli impegni presi.

Ambasciatori di Ambasciatori di riconciliazionericonciliazioneIl carisma che Dio ci ha donato e che vuole che realizziamo è vivere e testimoniare il Vangelo della pace nella continua ricerca di rapporti riconciliati con Dio, con se stessi, con gli altri e con il creato, nella propria quotidianità, stato di vita e professione. È un carisma di relazione e riconciliazione: non c’è relazione senza confl itto e, quindi, senza necessità di riconciliazione.Siamo chiamati a vivere e testimo-niare una santità comunitaria, ad essere ambasciatori di riconciliazio-ne nel mondo, nei nostri quotidiani impegni professionali, familiari e sociali6. Questo richiede il vivere quotidianamente la spiritualità del perdono permanente, elemento

5 Cf Gv 12,1 ss.6 Secondo la parola di san Paolo

2Cor 5,20: «In nome di Cristo siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio!».

Per chi Per chi sprechiamo sprechiamo e spezziamo e spezziamo la nostra vita?la nostra vita?

indispensabile nella spiritualità della riconciliazione. Ciò presuppo-ne una vera e propria conversione alla relazione: non c’è pace senza relazioni. Infatti il nostro carisma è, per sua natura, relazionale: crea fraternità, rimanda alla relazione, rivela una specifi cità del Vangelo da vivere con gli altri. Il mettere in atto il nostro carisma richiede sforzo, collaborazione con la grazia di Dio. Forse è proprio lo sforzo costante la verifi ca della nostra scelta radicale.

Pace e confl ittoPace e confl ittoIl confl itto fa parte integrante della vita relazionale. Avere relazioni signifi ca anche avere confl itti. Non c’è relazione signifi cativa senza confl itto. Anzi sono i con-fl itti, se integrati e metabolizzati, il mezzo di crescita e di maturazione della relazione. Senza confl itto, la relazione rimarrebbe statica e sempre allo stesso punto. Il con-fl itto impone una continua riela-borazione della relazione. C’è la necessità di passare tutta la nostra vita - presente e passata, ogni nostro atteggiamento, comporta-mento, desiderio - al fuoco purifi -catore del nostro carisma. È questo carisma di pace e riconciliazione che verifi ca tutta la nostra esisten-za e la purifi ca. Ci si chiederà: è un comportamento, un atteggiamen-to riconciliato e riconciliante? Crea relazione e comunione? Possiamo verifi care come stiamo seguendo Gesù nel nostro spe-cifi co carisma osservando come passiamo dal nostro cenacolo inte-riore alle piazze del mondo inteso ad ampio raggio, e dalle piazze del mondo al cenacolo interiore, in un rinforzo reciproco. Cenacolo interiore costituito da: rapporto con Dio, vita fraterna, comunione di beni, preghiera comunitaria, frazione del pane, gioia nella con-divisione, amore per ogni forma di povertà, a partire dalla propria. Diventiamo così sempre di più come le vetrate delle chiese: brillano quando fuori c’è il sole, quando tutte le cose vanno bene; ma quando c’è buio, nelle diffi col-tà, la loro bellezza si vede solo se all’interno c’è accesa una luce

FORMAZIONE

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Ci racconta Julian:“Ho toccato con mano la realtà diffi cile del popolo boliviano, in mezzo al quale, nonostante le circostanze avverse, si respira gioia, fede e speranza, che si rifl ettono negli occhi e nel sorriso di ogni persona che si incontra. Durante questi giorni vissuti

con l’instancabile padre Ferruccio, ho constatato come il frutto della nostra carità Shalom sia stato ben utilizzato. Ogni giorno viene assicura-to un pasto a 1500 bambini, si fornisce istruzione nelle due scuole par-rocchiali belle e funzionali, e si dà lavoro alla gente attraverso le coopera-tive e una varietà di altre iniziative. Nelle riunioni e contatti avuti, il Signore mi ha permesso di trasmet-tere il carisma fondativo della Comunità Shalom che anima e muove tutta questa solidarietà, e che è la nostra più grande ricchezza. Con grande gioia ho ricevuto tante espressioni di gratitudine e di aff etto, che estendo a tutti voi. Un incontro molto importante durante la visita è stato quello con S.E. mons. Tito Solari, Arcivescovo di Cochabamba, che ci ha accolto con grande gioia e interesse, col desiderio di conoscere meglio il nostro carisma Shalom. Ecco le sue parole:

dalla Bolivia

INFORMAZIONE

Visita in Bolivia

Julian Ramirez, responsabile della Comunità Shalom in Colombia, assieme all’Arcivescovo di Cochabamba, S.E. Mons. Tito Solari, e a padre Ferruccio Modena

“Ringrazio Dio che ha dato questo carisma della Pace a una comunità laicale, che porta questo spirito ovunque nel mondo. Sono d’accordo con padre Ferruccio Modena nell’esprimere il senso di gra-titudine per il sostegno che questa Comunità, per molti anni, gli ha dato nel suo lavoro come parroco nella periferia, in mezzo a gente povera, attraverso un progetto integrale di risposta ai bisogni vitali delle persone, in particolare per l’istruzione scolastica e la catechesi. Dovete essere certi che la vostra collaborazione è stata ben fatta, è stata affi data in buone mani e viene utilizzata al meglio in favore delle nuove genera-zioni. Voglio ancora esprimere la mia gratitudine insieme al desiderio che la vostra opera continui a svilupparsi, e così possa far arrivare il carisma che vi anima là dove è più necessario. Che Dio vi conceda di moltiplicarvi

con generose vocazioni, professio-nalmente ben formate, ma so-

prattutto ricche di testimonian-za della fede cristiana.

Molte grazie.Mons. Tito Solari”

Dal 6 all’11 marzo 2010, il responsabile della Comunità Shalom per il Sud America, Julian Ramirez Zuluaga, si è recato a Cochabamba, in Bolivia, dove da oltre 25 anni la Comunità Shalom è presente con progetti di carità e formazione attraverso il sostegno alla mensa dei bambini poveri e la costruzione di scuole nelle aree prive di servizi sociali dove opera padre Ferruccio Modena, da quarant’anni in Bolivia.

Com’è nostra consuetudine, desideriamo offrire una breve panoramica dei

progetti che l’Associazione Comunità Shalom ha promosso nel corso dell’anno

2009 ed un elenco dei progetti, già in atto da diversi anni, e tuttora sostenuti

dall’Associazione stessa.

Congo BrazzavilleRiceviamo da Riceviamo da suor Rita Panzarinsuor Rita Panzarin, , responsabile del Centro responsabile del Centro Medico “Don Domenico Medico “Don Domenico Pincelli” di Sembè, brevi Pincelli” di Sembè, brevi notizie telefoniche:notizie telefoniche:“Ora siamo nella stagione Ora siamo nella stagione fredda o delle piogge (da fredda o delle piogge (da ottobre ad aprile) e spostarsi ottobre ad aprile) e spostarsi diventa un dramma sulle piste diventa un dramma sulle piste scivolose. Da giorni stiamo scivolose. Da giorni stiamo aspettando da Ouesso l’arrivo aspettando da Ouesso l’arrivo del chirurgo per operare alcune persone con gravi problemi persone con gravi problemi intestinali. In particolare due intestinali. In particolare due piccoli pigmei, cui stiamo piccoli pigmei, cui stiamo praticando delle trasfusioni, praticando delle trasfusioni, perché anemici, in attesa perché anemici, in attesa che siano operati di ernia che siano operati di ernia ombelicale.ombelicale.Anche i lavori di asfaltatura Anche i lavori di asfaltatura della pista sono fermi a 60 della pista sono fermi a 60 km da qui. Riprenderanno a km da qui. Riprenderanno a maggio. Siamo però molto maggio. Siamo però molto contenti, perché il chirurgo contenti, perché il chirurgo che verrà, già direttore che verrà, già direttore dell’ospedale di Ouesso, si dell’ospedale di Ouesso, si fermerà a lavorare qui ed fermerà a lavorare qui ed avremo così fi nalmente un avremo così fi nalmente un medico fi sso. Dopo diverse medico fi sso. Dopo diverse esperienze, sia con ottimi esperienze, sia con ottimi volontari, sia con medici volontari, sia con medici locali, spesso frenati nel loro locali, spesso frenati nel loro entusiasmo dall’ambiente entusiasmo dall’ambiente troppo isolato, possiamo troppo isolato, possiamo contare su un professionista contare su un professionista preparato e conosciuto, deciso preparato e conosciuto, deciso a fermarsi con noia fermarsi con noi”.”.

IndiaIl Vescovo della diocesi di Il Vescovo della diocesi di

Kumbakonam, Kumbakonam, S.E. Mons. S.E. Mons. Francis AntonisamyFrancis Antonisamy, scrive , scrive

al presidente Paolo Maino: al presidente Paolo Maino: “Grazie molte per quello che Grazie molte per quello che lei rappresenta per la nostra lei rappresenta per la nostra

diocesi, sia da un punto di vista diocesi, sia da un punto di vista spirituale che materialespirituale che materiale”. ”.

Mons. Antonisamy allega, Mons. Antonisamy allega, inoltre, la lunga lettera di inoltre, la lunga lettera di

una studentessa sostenuta una studentessa sostenuta negli studi dall’Associazione negli studi dall’Associazione

Comunità Shalom; Comunità Shalom; ne riportiamo un brevissimo ne riportiamo un brevissimo

stralcio:stralcio:“Il nostro vescovo Il nostro vescovo

Rev. F. Antonisamy è stato Rev. F. Antonisamy è stato molto gentile nell’incontrare molto gentile nell’incontrare

me e la mia famiglia e decidere me e la mia famiglia e decidere di aiutarmi negli studi. Mi di aiutarmi negli studi. Mi

supporta pagando tutte le supporta pagando tutte le spese, incluse le tasse, l’affi tto spese, incluse le tasse, l’affi tto dell’alloggio, l’uniforme, ecc. dell’alloggio, l’uniforme, ecc.

Io so che questa assistenza Io so che questa assistenza fi nanziaria viene dai fi nanziaria viene dai

benefattori e desidero benefattori e desidero davvero ringraziarli per il loro davvero ringraziarli per il loro

meraviglioso e tempestivo meraviglioso e tempestivo aiuto.aiuto.

Sono molto felice di studiare Sono molto felice di studiare e prego per Lei e per e prego per Lei e per

tutti i donatori della Sua tutti i donatori della Sua organizzazione così che Dio organizzazione così che Dio

possa far scendere una pioggia possa far scendere una pioggia di grazie su tutti voi. di grazie su tutti voi.

In futuro sicuramente anch’io In futuro sicuramente anch’io aiuterò altri studenti poveri, aiuterò altri studenti poveri,

ma meritevoli.ma meritevoli.Grazie Grazie

Sinceramente in Cristo.Sinceramente in Cristo.M. Antony Sherly RoseM. Antony Sherly Rose”

COLOMBIAAS 345 – Calarcà – Resp. Julian Ramirez ZuluagaSostegno a bambiniL’intento è di fornire i mezzi concreti – cibo, vestiario, materiale scolastico – ai bambini più poveri, che il responsabile visita regolarmente, insieme alle loro famiglie, per portare un sostegno psicologico e umano.

CONGO BRAZZAVILLEAS 344 – Ouesso – Resp. Mons. Yves Marie MonotCostruzione di una cisterna per l’acqua piovanaSi è provveduto alla costruzione di un bacino per la raccolta dell’acqua piovana per il Seminario propedeutico di Ouesso.

FILIPPINEAS 282 –S. Josè – Mindoro occ. Resp. suor Rosanna FaveroSostegno nello studio per ragazze birmaneAlcune ragazze birmane vengono sostenute nel corso dei cinque anni della Scuola Magistrale, nel duplice intento di assicurare loro una formazione per un futuro dignitoso ed, insieme, prepararle per sostenere altri a crescere nella presa di coscienza dei doveri e diritti nella società.

AS 350 – Manila Resp. suor Rosanna FaveroEmergenza tempesta 2009 Il terribile tifone Ketsana ha provocato una catastrofe immane. L’obiettivo del progetto di emergenza era di promuovere gli interventi più urgenti per le popolazioni colpite, fi nanziando in particolare l’acquisto di medicinali e di prodotti alimentari.

GEORGIAAS 348 – Tbilisi Resp. padre Witold SzulczynskiAcquisto di mobilia per la “Casa per bambini”La casa ospita anziani poveri ed è frequentata da giovani che ricevono un pasto caldo ed imparano un mestiere. Ospita 32 bambini di strada. L’Associazione Shalom fi nanziato l’acquisto di mobili ed arredi vari.

INDIAAS 341 – Kattur (Tamil Nadu) Resp. suor Romana VarkeyRiparazione dell’edifi cio S. Antony per anzianiBenefi ciari del progetto sono anziani poveri o abbandonati dalle famiglie che non sono in grado di prendersene cura. L’edifi cio ospita più di 120 anziani, ammessi e assistiti senza distinzione di casta né di credo religioso.

AS 342 – Kumbakonam Resp. Mons. Francis AntonysamyBorse di studioIl progetto prevede il sostegno nello studio universitario di quattro studenti presso la facoltà di ingegneria.

AS 349 – Diocesi di Chingleput Resp. Mons. A. NeethinathanSostegno ai seminaristi

KENYAAS 339 – Unyolo - Resp. Peter OnyangoAcquisto muccheL’obiettivo del progetto è quello di fornire alle donne, in gran parte vedove per i numerosi confl itti e per l’AIDS, la possibilità di sopravvivere e far crescere dignitosamente i propri fi gli.La costruzione di una stalla, l’acquisto di dieci mucche da latte, lo scavo di un pozzo per l’acqua, l’acquisto del terreno e delle sementi per la coltivazione del foraggio, il fi nanziamento delle spese per le cure veterinarie hanno ridato a queste donne nuova vita e speranza nel futuro.

AS 346 – Unyolo – Resp. Peter OnyangoSostegno del personale dell’asilo ShalomÈ stato fi nanziato il compenso per gli insegnanti e la cuoca della Scuola Materna Shalom.

nuoviPROGETTIPROGETTI

IP

AS 21 – Anciray – Resp. suor Rosanna FaveroSostentamento di una scuola materna per cinquanta bambini.AS 78 – Santa Teresa – Mindoro occ. Resp. suor Rosanna FaveroProgramma di alfabetizzazione dei bambini Mangyans nei primi anni di studio.AS 87 – S. Josè – Mindoro occ. Resp. suor Rosanna FaveroFinanziamento per spese mediche ed acquisto di medicinali.AS 88 – S. Josè – Mindoro occ. Resp. suor Rosanna FaveroSostentamento di una scuola materna.AS 183 – S. Josè – Mindoro occ. Resp. suor Rosanna Favero Sostegno negli studi - alla scuola media e a quella superiore -, vitto e alloggio per sette ragazze “Mangyans”.

AS 110 – Madras – Resp. suor Dominic MaryAcquisto di medicine per prevenire la cecità. AS 256 – Ammanettai-Tanjavur Resp. suor AlangaramSostegno del dispensario medico.AS 313 - Kanchipuram District Resp. fr. L. John BenjaminCostruzione di 30 casette per i dalit, il popolo dei senza casta e senza diritti.

AS 168 – Bujumbura – Resp. padre Vittorio BlasiSostentamento al Centro Shalom Amahoro, che ospita circa 100 ragazzi orfani.

AS 182 – Ortigueira (Paranà) – Resp. Marisa GirardiAlfabetizzazione per i bambini delle favelas, tramite un contributo per l’acquisto di materiale didattico e alimenti.

AS 306 – Sembé – Resp. suor Rita PanzarinPotenziamento e sostegno del Centro Sanitario Shalom “don Domenico Pincelli”.

AS 334 – Mostar – Resp. don Ante KomadinaCorso di formazione all’università per ragazzi bisognosi. AS 336 – Mostar – Resp. suor Arcangela KvesicSostegno degli operatori della casa per anziani.

AS 340 – Unyolo - Resp. Peter OnyangoRiparazione e copertura dell’Asilo ShalomL’asilo Shalom di Unyolo, funzionante ormai da diversi anni, necessitava di urgenti riparazioni al tetto. Si è provveduto all’acquisto del materiale necessario per i lavori.

CONTINUA

AS 20 – Cochabamba Resp. padre Ferruccio ModenaSostegno di 10 mense che distribuiscono ogni giorno un pasto caldo a 1500 bambini.AS 293 – Cochabamba Resp. padre Ferruccio ModenaCostruzione di una scuola in grado di ospitare 90 bambini nell’asilo e circa 700 nella scuola primaria, provvedendo, quindi, all’istruzione di bambini dai 4 ai 14 anni.

Carissimi amici di Shalom,

sono stata in Myanmar (ex Birmania) insieme a una consorella e questa volta è stato possibile visitare la Diocesi di Loikaw nello stato Kayah, area proibita agli stranieri.La cosa più impressionante è vedere gruppi di bambini e donne lavorare nella costruzione di strade, trasportare massi, cucinare l’asfalto al quale uniscono vecchie gomme d’auto... I volti sembravano implorare aiuto ed il mio cuore mi gridava di fermarmi ed ascoltare. Ma devi chiudere occhi e cuore e non guardare. C’era sempre qualcuno che ci osservava.

Potevamo muoverci solo dopo aver chiesto il permesso. Una mattina siamo andate al mercato vicino casa e due uomini ci hanno invitate a rientrare, perché non avevamo il permesso ed avevamo fatto forse duecento metri.È raro che degli stranieri possano arrivare a Loikaw e per questo anche tanti sacerdoti della diocesi sono venuti per incontrarci e sentire notizie, abbiamo accolto con commozione le storie delle loro diffi coltà, espresse con prudenza e dignità e con tanta fede. A Loikaw tutti i sacerdoti devono lavorare nei campi, perché devono dimostrare al Governo che guadagnano il necessario per il loro vivere e per mantenere i tanti ragazzi orfani o poveri che aiutano a studiare. Le loro mani ed il viso bruciato dal sole e dalla fatica dei campi confermavano le loro testimonianze. Eppure li abbiamo visti sereni, uniti e grati al Signore per la protezione e perseveranza. Sapendo che sono originaria dell’Italia hanno goduto nel ricordare le tante esperienze vissute con i missionari italiani che a Loikaw sono stati i primi annunciatori del Vangelo ed hanno lasciato in tutti bei ricordi, fi no all’ultima amara memoria dell’espulsione e del sequestro dei beni religiosi. È meraviglioso vedere come, pur rinchiusa dalle barriere e proibizioni politiche, la fede in Myanmar vive eccome! Ho avuto la gioia di incontrare le famiglie delle ragazze sostenute, che si trovavano anch’esse lì per una visita in famiglia, dopo quattro anni di soggiorno nelle Filippine. Una delle ragazze si è fermata e sta già condividendo le sue conoscenze di computer, insegnando e prendendosi cura di un piccolo centro per computer che il Vescovo ha organizzato e che il Governo ha approvato, a condizione di avere piena conoscenza e controllo sul servizio off erto e sulle persone che ne fanno uso. I soldati hanno il potere di negare il permesso agli stranieri, ma, quando sono gli abitanti di Loikaw a portare la ricchezza dell’educazione, non servono permessi per entrare: porteranno un signifi cativo contributo nel processo di crescita e trasformazione del popolo... perché possiamo anche noi consolare.... con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio...Un abbraccio con tutto l’aff etto umano e spirituale che mi rende vicina.

suor Rosanna Favero

LA FEDE IN MYANMAR VIVE ECCOME!

FilippineBolivia

ColombiaBrasile

Burundi

sostegnoa distanza

borsedi studio

UgandaBosniaKenya

Colombia

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bando

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mis

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½½riconosciuta come atto di sacrifi -cio. È Dio che ascolta ed opera nel momento in cui ci inginocchiamo. Il Sacramento della Riconciliazione è una rinascita che ci dà la possi-bilità di respirare un’aria nuova, quell’aria che è spesso così inqui-nata e soff ocante.La confessione è fruttuosa nel momento in cui, guardandoci dentro, riusciamo ad ammettere tutte quelle cose che costituiscono un peso. Un passo molto impor-tante è, quindi, l’auto-riconciliazio-ne, che ci permette di conoscere l’universo in noi stessi.La riconciliazione ci interroga quo-tidianamente nei rapporti con gli altri. Ogni volta che discutiamo o litighiamo, ognuno è fermamen-te convinto di essere nel giusto. L’umiltà (che non signifi ca rasse-gnazione) gioca un ruolo molto importante, mettendo in campo una buona dose di coraggio, aiu-tandoci a riconoscere che una parte di torto la possediamo anche noi. E ammetterlo implica una grande forza. La due giorni è ci ha posto di fronte ad una domanda: “Cosa

signifi ca vivere una vita di seconda mano?”. Signifi ca vivere secondo il pensiero di altri, senza possedere un ragionamento proprio.L’ideale sarebbe vivere una vita di prima mano, cercando di scegliere con la propria testa.Abbiamo scoperto di essere assetati di conoscenza.E che dire del perdono perma-nente? Ci è stato svelato che esso è il più grande atto di signoria che ciascuno di noi può fare nella propria vita, poiché molte volte viviamo come stranieri a noi stessi. Diventa uno stile di vita nel momento in cui non permettia-mo alla rabbia di mettere radici nel nostro cuore. Ecco allora l’im-pegno a cercare di perdonarci ogni giorno, non sette volte, ma settanta volte sette.Noi giovani non riusciremo mai a ringraziare abbastanza Dio per averci dato la possibilità di far parte della Comunità Shalom. Vogliamo aff ermare continuamen-te il nostro “sì!” alla sua chiamata, in modo che ci renda testimoni della pace e dell’amore disinteres-sato

-

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ElisaElisaCasarini

Casarini

didi

GiovaniGiovani

INFORMAZIONE

Nei giorni del 6 e 7 marzo 2010 noi giovani della Comunità Shalom abbiamo avuto la pos-sibilità di trascorrere un

week-end di formazione guidato da Paolo Maino, Mariarita Cazza-niga e Gregorio Vivaldelli. È stata l’occasione per allontanarci da tutti quei rumori quotidiani e svin-colarci dall’oppressione di tanti pensieri e tante “chiacchiere”, che non ci permettono di fare un uso libero della nostra ragione.Abbiamo aff rontato il tema della riconciliazione, che ci ha inter-rogato personalmente, facendo suscitare in noi una moltitudine di domande. La riconciliazione è parte integrante della nostra esistenza, è la possibilità che Dio ci off re ogni giorno di ricomincia-re da capo. È un grande atto di coraggio ed umiltà, in quanto ci riconosciamo peccatori davanti a un Dio che tutto perdona. La fatica stessa dell’andare a confessarsi da qualcuno che consideriamo un uomo come tanti altri viene

di form

azione

per giovani

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FORMAZIONE

Giovani

Non riesco proprio ad abituarmi all’ideache uno possa morire giovane.Silvia aveva venticinque anni; ch’io ricordi, rideva sempre; era una furia scatenata quando giocava a basket e si è fermata per sempre su una maledetta curva mal presa con lo scooter.Claudia ne aveva diciannove di anni ed èmorta di cancro, dopo poche settimanedalla diagnosi.Silvia era tutta un cercare, la sua vitaera tutta un punto interrogativo e se n’èandata come chi lascia tutto in sospeso;Claudia, in così poco tempo, mi ha dato rispostee grande pace.Non penso di averle conosciute per caso; ero solo unloro insegnante, ma mi hanno dato e insieme strappatovia qualcosa. Non erano figlie mie, e allora perchéanch’io sento un mancare dentro?

Da: Tiziano Civettini, Un posto a occidente, Àncora, Milano 2005

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MORTE:MORTE:un valoreun valore Questo mese è

successo un fatto davvero

triste, che mi ha fatto rifl ettere molto... È morto un ragazzo di 18 anni che stava nella classe a fi anco alla mia. Avreste dovuto sentire il clima che c’era a scuola nei giorni successivi a questa tragedia: c’era un silenzio di tomba ed eravamo tutti molto tristi. E sì che non lo conoscevamo mica tutti! Alcuni non avevano nemmeno presente chi fosse! Tra compagni di classe ci siamo chiesti quale fosse davvero il motivo di questa tristezza generale. Ci siamo resi conto che non era la pena per il ragazzo o per i suoi famigliari… la cosa che ci colpiva di più era vedere i suoi compagni che piangevano, i fi ori intorno al suo banco che ora rimarrà per sempre vuoto, il lenzuolo appeso a una fi nestra con la scritta: “Luca, non ti dimenticheremo”. Rifl ettendo a casa, ho capito che in fondo noi giovani (e forse non solo noi) non siamo abituati a pensare alla morte. La evitiamo, vogliamo poter essere convinti che tanto è lontana, che tanto per il momento non ci può toccare. Ecco perché quando la sentiamo così vicina rimaniamo sconvolti. Luca è morto, e aveva 18 anni. Avrei potuto essere io al suo posto, avrebbe potuto esserci il mio compagno di banco, o quella tizia della 3c che sembra così simpatica, o il ragazzo che mi supera tutte le volte che sono in fi la per prendere il cappuccino. Insomma, poteva succedere a chiunque, perché in fondo, anche se siamo giovani, non siamo immortali, e prima o poi dobbiamo capirlo.

?

Non dobbiamo fare delle cavolate assurde credendo che tanto non ci potrà succedere niente di grave, perché non è vero.Pensare a tutte queste cose mi ha portato a chiedermi: e se invece fosse successa una cosa del genere a quella compagna con cui ho litigato l’altro giorno? E se fosse successa a una persona a cui poco tempo prima avevo detto “non voglio più vederti!”? E se fosse morta una mia cara amica, senza che le avessi mai detto che le volevo bene?Tutte queste domande mi spaven-tavano, e davano alla morte un aspetto ancora più angosciante. Ma poi credo di aver capito che anche da questa situazione, che sembra essere la più brutta che si possa immaginare, posso trarre dei buoni insegnamenti. Infatti, dopo aver rifl ettuto, mi sono chiesta: se io accetto l’idea che la morte è una tappa inevi-tabile della mia esistenza, e che potrebbe arrivare da un momento all’altro, la vita non ottiene forse ancora più valore? Non mi rendo meglio conto che ogni giorno passato su questa terra è un dono prezioso? Non diventa più importante trat-tenere l’ira, sforzarsi di tenere rapporti riconciliati con tutti? Non diventa meno scontato il fatto di poter avere vicino le persone a cui voglio bene? E dunque non diventano queste ancora più preziose per me?

di di ChiaraChiara

BrighentiBrighenti

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6di di Mariateresa

Mariateresa

TonelliTonelli

Connesso

“ acebook, Netlog, Badoo, acebook, Netlog, Badoo, Twitter”... è scoppiata Twitter”... è scoppiata l’era dei social network.l’era dei social network.Ma cosa sono in Ma cosa sono in realtà? Sono dei realtà? Sono dei

portali sociali che contano portali sociali che contano milioni di persone iscritte in milioni di persone iscritte in tutto il mondo.tutto il mondo.Si possono caricare delle foto, scambiare Si possono caricare delle foto, scambiare informazioni, e ci si può iscrivere ad alcuni informazioni, e ci si può iscrivere ad alcuni gruppi, ritrovare delle persone di cui si sono gruppi, ritrovare delle persone di cui si sono persi i contatti, mantenerli con i conoscenti persi i contatti, mantenerli con i conoscenti e conoscere nuova gente; il che appare positivo.e conoscere nuova gente; il che appare positivo.Gli informatici sono entusiasti: ‘il web fa sempre più progressi’. Gli informatici sono entusiasti: ‘il web fa sempre più progressi’. Ma con il passare del tempo questi siti diventano una vera e propria Ma con il passare del tempo questi siti diventano una vera e propria mania: una persona iscritta ci trascorre mediamente due ore al giorno, mania: una persona iscritta ci trascorre mediamente due ore al giorno, senza contare quelli che vi restano connessi per tutto il giorno.senza contare quelli che vi restano connessi per tutto il giorno.Iniziano così le polemiche: spesso è usato nei posti di lavoro senza Iniziano così le polemiche: spesso è usato nei posti di lavoro senza permesso, la gente ci passa troppo tempo e, soprattutto, c’è il grave permesso, la gente ci passa troppo tempo e, soprattutto, c’è il grave rischio che dietro ad una pagina digitale possa nascondersi chiunque.rischio che dietro ad una pagina digitale possa nascondersi chiunque.Credo che la tecnologia e l’informazione siano dei beni preziosi che Credo che la tecnologia e l’informazione siano dei beni preziosi che vanno usati, ma in maniera utile ed intelligente.vanno usati, ma in maniera utile ed intelligente.Ormai questi social network sono divenuti una vera e propria sorta di Ormai questi social network sono divenuti una vera e propria sorta di ‘droga’ per le persone iscritte: è possibile trascorrere ore intere incantati ‘droga’ per le persone iscritte: è possibile trascorrere ore intere incantati a guardare una pagina web? a guardare una pagina web? Credo sarebbe più utile uscire per parlare e prendere un caff è con un Credo sarebbe più utile uscire per parlare e prendere un caff è con un amico. Quando dialogo con una persona mi piace guardarle il viso, ac-amico. Quando dialogo con una persona mi piace guardarle il viso, ac-corgermi delle sue espressioni, del movimento dei suoi lineamenti. corgermi delle sue espressioni, del movimento dei suoi lineamenti. Il rischio dei social network è l’annullamento totale della comunicazione.Il rischio dei social network è l’annullamento totale della comunicazione.Anch’io possiedo un profi lo su Facebook. Quando mi connetto ogni Anch’io possiedo un profi lo su Facebook. Quando mi connetto ogni tanto mi chiedo se sto parlando con una persona o con un altro “profi lo tanto mi chiedo se sto parlando con una persona o con un altro “profi lo Facebook”. Le immagini scorrono sul video più velocemente di quanto Facebook”. Le immagini scorrono sul video più velocemente di quanto possa percepirle il mio cervello e mi chiedo se non rischio di farmi possa percepirle il mio cervello e mi chiedo se non rischio di farmi prendere dal vortice della comunicazione o della non-comunicazione.prendere dal vortice della comunicazione o della non-comunicazione.Non mi sono ancora fermata a pensare, che già il “bip” del cellulare mi Non mi sono ancora fermata a pensare, che già il “bip” del cellulare mi avverte che ho un sms a cui rispondere: non ho tempo per fermarmi...avverte che ho un sms a cui rispondere: non ho tempo per fermarmi...

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Antichi e nuovi carismi insieme

IN-FORMAZIONE

Le famiglie religiose, i Movimenti e le Nuove Comunità presenti nel territorio dell’Arcidiocesi di Trento si sono ritrovati a Cadine (Tn), sabato 20 febbraio 2010, per rifl et-tere sul tema: Antichi e nuovi carismi insieme per un’unica missione.

La variegata e dinamica realtà trentina era stretta, con amore fi liale, attorno al suo Pastore, S.E. l’Arcivescovo Mons. Luigi Bressan, che ha rivolto all’assemblea queste parole:

“Molti studiosi si domandano quando è stata fondata la Chiesa. La Chiesa è costantemente fondata e generata; basta vedere

come lo Spirito Santo, senza negare i vecchi carismi, continua a suscitar-ne di nuovi: nuovi modi per servire la Chiesa, per testimoniare la Buona Novella, secondo la fi losofi a del momento storico che stiamo vivendo. Di fronte al consumismo odierno, è bene saper reagire e mostrare

la libertà. Di fronte al materialismo che imperversa, è necessa-rio mostrare la spiritualità. Di fronte all’individualismo che

pervade quest’epoca, c’è bisogno di un nuovo sviluppo del concetto di uomo che, chiuso nell’egocentrismo, diventa

dannoso per la persona e per l’intera società.Ecco che i doni ricevuti da Dio non sono per se

stessi (anche se passano, certamente, per la singola persona); il carisma non è per il movimento che lo ha ricevuto (anche se passa attraverso di esso), ma è per la Chiesa, anche se nemmeno la Chiesa è fi ne a se stessa!

La comunione tra movimenti, comunità, famiglie reli-giose e parrocchie, rifl ette la Trinità, ma noi siamo per

il mondo. Guai all’essere autoreferenziali, perché non siamo più nemmeno cristiani. Il nostro

essere missionari ci fa essere per gli altri. E questa spinta all’esterno è nella natura stessa del nostro battesimo che non ci collega con un Dio soli-tario, ma ci inserisce nella vita di un Dio che è dono costante agli altri,

un Dio che è comunione. Il cristia-nesimo può essere solo aperto al servizio.

Esprimo profonda riconoscenza a Dio e grande gioia per il fatto di trovarmi in questa diocesi che ha una realtà così dinamica”.

Il concetto di missionarietà e comunione è stato approfon-dito anche nell’intervento del vicepresidente della Comunità Shalom, il biblista Gregorio

Vivaldelli, dal titolo: Gareggiate nello stimarvi a vicenda (cfr Rm 12,9-18).

Nuovi e antichi carismi sono risposte provvidenziali dello Spirito. Ogni carisma cerca di dire agli altri l’urgenza di fare un’esperienza personale con Gesù, di scoprire la Chiesa come una grande e bella famiglia che Dio ha suscitato per l’umanità, la gioia di testimoniare il Vangelo con la Chiesa, per la Chiesa, nella Chiesa.È la Chiesa stessa, nella persona dei pastori, che sente l’urgenza di spingerci in profonda e reale comunione tra noi, obbligandoci ad alzare lo sguardo dalla nostra realtà comunitaria per guardare alla bellezza dell’altra associazione, movimento, famiglia religiosa. È necessario scoprire la comple-mentarità che esiste tra noi. Questo atteggiamento deve eff ettivamen-te mostrare al mondo che gareg-giamo nello stimarci a vicenda.Come ogni scritto, anche il capitolo 12 della Lettera ai Romani risponde ad una domanda e, se non si comprende la domanda, si rischia di far dire al testo quello che il testo non vuol dire.

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E questa è la domanda cui vuole ri-spondere: Qual è la vera carità che ci deve essere tra i membri di una comunità ecclesiale?“La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con aff etto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda” (Rm 12,9).Il principio generale è che l’amore, la carità, non contempla l’ipocrisia; è incompatibile con la fi nzione, perché l’ipocrita è contraddittorio: con le parole dice una cosa, ma con la vita, con gli sguardi, con i gesti, ne dice un’altra, recita una parte.San Paolo dà l’antidoto alla fi nzione, che è virus letale per la carità: Gareggiate nello stimarvi a vicenda. Ma il primo invito è: amatevi gli uni gli altri con aff etto fraterno.Affi nché l’amore regni nelle nostre comunità, è necessario iniziare ad amarci umanamente, cioè con atti di cortesia, con gesti molto concreti e molto umani, dicendo la cosa giusta o sapendo tacere al momento opportuno. Perché la grazia non prescinde mai dalla natura. Così se non mi sforzo di limare quell’aspetto del mio carat-tere che urta l’altro, sarà diffi cile che l’amore di Dio possa venire nel mio cuore.Forse la traduzione più corretta del “gareggiate” è: prevenite-vi, precedetevi, anticipatevi nel rendervi amore tra comunità, tra famiglie religiose, tra movimen-ti… è questo il dinamismo che dovrebbe animare la comunità ecclesiale.Non è facile applicarlo, non è facile dire: “Il tuo carisma, in certi ambiti, vale molto, ma molto di più del mio e io ne sono contento!”.Ecco cosa dobbiamo cercare di fare: anticipare gli altri nelle parole, ma soprattutto nelle azioni, negli atteggiamenti, perché questi at-teggiamenti innervano la nostra quotidianità.Nella mentalità del mondo che continua a dirci in tutti i modi che è essenziale aff ermare la nostra personalità, che ciò che conta

siamo noi (e basta), pur amando il contesto storico in cui siamo stati chiamati a vivere, non vogliamo conformarci alla mentalità di questo mondo, il quale gareggia sì, ma nel parlare male di tutti e di tutto, nell’evidenziare le debolezze altrui.Noi vogliamo fare il contrario: mettercela tutta per trovare il lato bello di chi ci sta attorno. E per fare questo dobbiamo cambiare modo di pensare e trasformarlo in stile di vita.Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto (Rm 12,15).Questo “rallegratevi” fa venire in mente immediatamente il saluto dell’angelo a Maria; anche noi abbiamo il desiderio di essere pieni di grazia.È interessante notare come San Paolo metta prima la condivisio-ne della gioia e poi quella del dolore.Mentre, infatti, il mio essere vicino a chi è nel dolore può anche essere falso, la condivisione della gioia non può mai essere falsa: o la si condivide pienamente o non la si condivide.La prova eff ettiva dell’essere creatura nuova è l’esser pienamen-te contento per l’altro. Se so gioire con chi è nella gioia, allora sono proprio una persona di Spirito Santo, perché mi metto al secondo posto e innalzo l’altro al primo.Rallegrarsi della gioia degli altri signifi ca allora mettere gli altri al primo posto, esige decidere quale dei tre personaggi della Parabola del Padre Misericordioso vogliamo essere:l quando siamo il fi glio minore,

abbiamo bisogno di rientrare in noi stessi;

l quando siamo il Padre miseri-cordioso, desideriamo essere in grado di recuperare la parte persa, perché il Padre va al di là di ciò che è stato;

l quando siamo il fi glio maggiore, manifestiamo una radicale incapacità a gioire (com’è possibile che quello lì…), diventiamo nervosi quando si parla di perdono o verso chi

perdona. Siamo fi gli maggiori quando cerchiamo di eviden-ziare i lati deboli dell’altro, quando non ci va mai bene nulla, quando diventiamo osservatori esterni che si pongono al di fuori di una certa situazione per giudicare chi vi sta dentro, quando passiamo il tempo ad arrabbiarci e la-mentarci, quando diventiamo “paladini del capretto” rivendi-cando sempre ciò che abbiamo fatto e mai quanto gli altri hanno fatto per noi, quando perdiamo la memoria riguardo al bene ricevuto.

È interessante notare che non si sa come vada a fi nire la parabola: il fi glio maggiore entra o no alla festa? Accetta o no l’invito del Padre? Non lo sapremo mai…Questa gara tra comunità e mo-vimenti non è altro che il pensare bene degli altri, il cogliere l’onorabi-lità del carisma degli altri, anche se vi sono le inevitabili fragilità umane.Chiediamo aiuto allo Spirito Santo, affi nché possa insegnarci a pensare bene dell’altro; chiediamogli l’aiuto a far diventare stile di vita questo atteggiamento, per compiere il servizio che ci è proprio all’interno della Chiesa e perché sia possibile camminare insieme

Il vicepresidente della Comunità Shalom, Gregorio Vivaldelli

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Il labirinto

Nel nostro labirinto quotidiano, troviamo, questa volta, una parola. È uno strano destino quello delle

parole: sono state inventate per defi nire una cosa, ma possono fi nire invece per creare confusione.La parola è anima: è antica, ma tanti la usano anche adesso, anche se il signifi cato che intendono non è sempre il medesimo; anzi, a volte è l’opposto di quanto si crede.C’è confusione riguardo all’ani-ma. La confusione può essere innocua, come quella di uno scrit-tore francese, che racconta di uno scienziato impegnato in un singo-lare esperimento: pesare su una bilancia un certo numero di mo-ribondi prima e dopo il trapasso, per vedere se c’era eff ettivamente variazione… ma l’anima non si misura in grammi. In certi gruppi, ormai solo nominalmente cristiani, l’anima è considerata come una specie di energia cosmica. Quella dei morti si può intercettare per ottenere notizie dall’aldilà e dai propri cari. E quante persone angosciate cadono in questo inganno!Per altri l’anima non è altro che l’intelligenza umana, la consape-volezza di sé, il gusto, la fantasia, il genio. Ma se fosse solo questo, una persona, privata delle sue doti psichiche, per una malattia o per un grave incidente, rischierebbe di essere considerata non più umana,

Dare l’anima

diTiziano Civettini

FORMAZIONE

non più sensatamente o comple-tamente viva.La Bibbia, il grande “codice” del-l’umanità, che prima di parlare di Dio parla dell’uomo, usa diversi termini per descriverlo: dice “carne” per sottolineare la sua de-bolezza, i suoi limiti, la sua desti-nazione a morire; dice “cuore” per aff ermare la sua dimensione intel-ligente e libera; dice “spirito” per esaltarne talvolta la forza e la con-sistenza; dice “anima” per cantare la sua provenienza dal Vivente che è Dio. L’uomo è tutto questo, e quanto siano complesse le sue profondità lo sapevano bene gli antichi e anche la moderna psico-logia non fa altro che sistematizza-re alcuni aspetti, senza mai poter esaurire il mistero che siamo noi.Per conservare questa complessità e questo mistero, si può aff ermare che ogni uomo, donna, vecchio, bambino, di qualsiasi età, con-dizione e religione, è un’anima, perché è provvisto della singolare possibilità di mettersi in relazione personale con il suo Creatore. Per questo ogni nostra fi bra grida: “per sempre”!In eff etti ciascuno di noi è immor-tale, in forza del sì defi nitivo di Dio, dato personalmente ad ogni essere umano che Egli chiama all’esistenza. Dio, insomma, ci ha giurato eterna fedeltà e questo

è il fondamento della speranza per quello che ci aspetta nell’altro mondo, ma anche dell’onore e del rispetto che dobbiamo darci reci-procamente in questo.Si apre così la possibilità di un nuovo umanesimo, nel quale ogni gesto di amore verso un proprio simile - anche il più “terra terra” - è un atto spirituale, un diventare ciò che già siamo: può essere un aiuto concreto in un momento di diffi coltà, un primo passo per riallacciare una relazione rovinata, una visita ad un malato, o “anche solo un bicchiere di acqua fresca” a uno che ha sete, come dice Gesù nel Vangelo.Possiamo allora puntare all’essen-ziale: non si tratta più di cercare l’anima, ma di “dare l’anima”, per mia moglie, mio marito, i miei fi gli, la mia comunità. Dare l’anima nel mio lavoro, nella mia preghie-ra, nello svegliarmi la mattina e nell’addormentarmi la sera e nel cercare umilmente vie di pace.C’è sempre la possibilità di ritro-varsi ingolfati in cose meschine, che la nostra anima non vorrebbe, eppure si fanno, ma la saggezza consiste nel ricominciare daccapo, dando l’anima. E il bello è che non siamo soli: ogni piccolo sforzo nella direzione giusta contribuisce a ri-animare un mio fratello nel mondo

Il labirinto

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L’areopago

La diff usione del Cristiane-simo nell’impero romano fu tutto sommato rapida ed incisiva, nonostante le diffi coltà e le persecuzioni,

che si alternavano a periodi di tol-leranza. Nell’impero i primi cristiani trovarono un terreno complessi-vamente favorevole: un vastissimo territorio in pace, con ottime comu-nicazioni, solo due lingue princi-pali (il latino e il greco), una buona amministrazione e correnti cultu-rali - come la fi losofi a stoica - ben disposte verso la nuova religione. Spesso si dimentica che vi fu anche un’espansione del Cristianesimo ad oriente, e che questa incontrò diffi -coltà ben maggiori. Il confi ne orien-tale dell’impero romano all’epoca correva a nord della Mesopotamia, attuale Iraq, in parte lungo il fi ume Eufrate. Al di là si trovavano popoli, alcuni rappresentanti dei quali - secondo gli Atti degli Apostoli - erano stati testimoni della Pente-coste: “Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia” (At 2,9). I Parti erano fi eri nemici dei Romani. I cristiani della Siria non esitarono a varcare quel confi ne, luogo di frequenti guerre, per annunciare il Vangelo a questi popoli. Essi erano visti con sospetto, perché venivano dal territorio nemico. Le diffi coltà aumentarono qualche secolo dopo, quando quei terri-tori furono sotto il dominio della dinastia persiana dei Sassanidi, che tentava d’imporre la religione di stato, il Mazdeismo. Nel frattempo il Cristianesimo era diventato reli-gione uffi ciale dell’impero romano-bizantino, e questo rendeva ancor più facile vedere i Cristiani come agenti nemici. Vi furono dunque persecuzioni con numerosi martiri. La Chiesa di Persia si trovò sempre

più isolata dal restante mondo cristiano; a ciò si aggiunsero incom-prensioni dottrinali, dovute anche alla diversità di lingua. Nel 431, la non accettazione delle conclusio-ni del Concilio di Efeso (a cui non aveva partecipato) sancì il distacco formale di questa Chiesa, che da allora fu detta, erroneamente, Chiesa Nestoriana; il nome corretto è Chiesa Assira d’Oriente. Due secoli dopo, Mesopotamia e Persia vennero invase dagli Arabi ed iniziò il dominio islamico; di nuovo i cri-stiani si trovarono in una situazione di discriminazione. Se si eccettua l’Armenia, dove il Cristianesimo divenne religione di stato ancor prima che nell’Impero Romano, i cristiani d’oriente hanno avuto una storia completamen-te diversa da quelli d’occidente: sono sempre stati minoranza, hanno sempre abitato in paesi la cui cultura dominante e la legi-slazione erano loro estranee, non orientate dai valori del Vangelo. Eppure, è stupefacente come, no-nostante questa situazione diffi cile e precaria, essi svilupparono una straordinaria azione evangelizzatri-ce. In pochi secoli, lungo le vie com-merciali della seta e delle spezie, le missioni della Chiesa di Persia arri-varono fi no all’Afghanistan, all’India meridionale, all’Asia centrale, al Tibet, alla Cina. A Xian, anticamen-te Chang’an, capitale della Cina ai tempi della dinastia T’ang, è stata

trovata una stele, scritta in siriaco, risalente all’anno 781. In essa si commemora l’arrivo in Cina dalla Persia, nel 635, della “religione radiosa”, e di come l’Imperato-re, esaminatala, l’avesse trovata “spirituale e mistica” e le avesse concesso libero corso nell’impero. Nella stessa Xian esiste un edifi cio, la Pagoda Daqin, che porta ancora i segni della sua origine cristiana, anche se in seguito divenne tempio buddhista. Ancora tra il 1200 ed il 1400 i viaggiatori europei, come Marco Polo, incontravano spesso in Asia centrale, tra i mongoli, gruppi di cristiani “nestoriani”. In seguito, le persecuzioni causaro-no la scomparsa di questi cristiani da gran parte delle regioni dove essi avevano portato il Vangelo. Oggi, a seguito della guerra del Golfo del 2003 e del fondamentalismo islamico, la loro esistenza è minac-ciata anche in Iraq, loro terra d’origi-ne. Per loro è importante la nostra solidarietà, ma per noi è fonda-mentale il loro esempio. Tendiamo troppo spesso a confondere l’evan-gelizzazione con forme di colo-nizzazione e di conquista, perché talvolta in occidente i due fenomeni sono stati paralleli. La vicenda delle antiche Chiese d’Oriente ci mostra invece che l’evangelizzazione è tutt’altro: anche se in minoranza, discriminati e perseguitati, è possi-bile diff ondere con coraggio la bella notizia di Gesù salvatore

L’areopago

Missionead oriente

diWalter Versini

FORMAZIONE

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19La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi». 22Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; 23a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimet-terete, resteranno non rimessi».

(Gv 20,19-23)

diGregorio Vivaldelli Ambasciatori

gioiosidi riconciliazione

Quanto amo la tua Parola, Signore

Dopo l’esperienza degli eventi pasquali, siamo incamminati verso il giorno di Pentecoste, nel quale si celebra il

grande dono dello Spirito Santo che Dio fa alla sua Chiesa. Il brano evangelico che abbiamo tratto dal Vangelo secondo Giovanni permette di comprendere la di-mensione gioiosa del dono dello Spirito Santo che Gesù fa ai suoi discepoli.La sera di quello stesso giorno. “Quel giorno” sta per tramonta-re. Le tenebre dell’incapacità di credere all’annuncio della resur-rezione del Maestro stanno avvol-gendo non solo “quel giorno”, ma anche “quella piccola comunità” di discepoli del Cristo.il primo dopo il sabato. Giovanni precisa che “quel giorno” deve essere messo in stretta relazione con la novità dell’evento pasquale, con il giorno della resurrezione dai morti di Gesù di Nazaret

(cfr Gv 20,1: «Nel giorno dopo il sabato, Maria di Magdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro»).mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i disce-poli. Giovanni, con questa notizia, dà sfogo alla sua vena ironica. Qual è la reazione dei discepoli alla testimonianza di Maria di Magdala di «aver visto il Signore» (Gv 20,18)? Chiudono bene le porte del luogo dove erano rifugiati! Ciò che colpisce il lettore del Vangelo di Giovanni è che tra costoro ci sono anche Pietro e il “discepolo amato”, i quali avevano

potuto appurare che al sepolcro era veramente successo qualcosa (cfr Gv 20,3-10) che avrebbe dovuto far ricordare loro la promessa di Gesù (cfr Gv 14,3).per timore dei Giudei. Ecco il motivo del loro nascondersi. In questo modo i discepoli ri-conoscono ai Giudei un potere superiore a quello di Dio. Con questo gesto è come se i disce-poli dicessero: “Cosa può fare Dio per noi ora? Sembra proprio che non possa fare nulla. Sappiamo, invece, cosa possono farci i Giudei se andiamo in giro a dire che Gesù è risorto dai morti, per cui: chiudi in fretta tutte le porte!”. È

FORMAZIONE

Quanto amo la tua Parola, Signore

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riesce ad essere presente in mezzo alla comunità dei suoi discepoli al di là di tutte le fragilità che essa può sperimentare, o di tutti i ten-tativi di nascondersi nelle proprie paure. La presenza del Risorto è percepita dai discepoli dal fatto che Gesù, il quale si era defi nito «la porta» (cfr Gv 10,7), riesce a passare attraverso le “porte” chiuse del loro cuore. Questo è veramente un Vangelo, vale a dire una Buona Notizia.disse: «Pace a voi!». Con queste parole Gesù non promette una vita al riparo da lotte o da confl itti, ma comunica la letizia che si viene a creare nel cuore del discepo-lo che, riconoscendo la propria paura e la propria inadeguatezza, non esita a proclamare la propria fi ducia in un Dio Padre che ha vinto il mondo grazie ad una mise-ricordia imprevedibile.mostrò loro le mani. Giovanni riaff erma così l’autorità di Gesù in quanto Figlio: «Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa» (Gv 3,35); «il Padre gli aveva dato tutto nelle mani» (Gv 13,3). Secondo Giovanni, quando la comunità dei discepoli che vive nel mondo vede le mani crocifi sse del proprio Signore sa di poter contare su una protezione che non verrà mai meno, perché in grado di amare «sino alla fi ne» (Gv 13,1).e il costato. Dal costato sono usciti il sangue e l’acqua (cfr Gv 19,34) che “partorirono” la comunità dei discepoli di Cristo. Guardare al costato trafi tto per amore permette alla comunità impaurita di rinascere.i discepoli gioirono al vedere il Signore. È l’emozionante momento del riconoscimento del Maestro. Questa “gioia” per Giovanni è la più bella conferma che Gesù mantiene le sue promesse: «vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia» (Gv 16,22). È la gioia di aver in-contrato un Dio talmente «ricco di misericordia» che «da morti che eravamo per i nostri peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo» (Ef 2,4).Come il Padre ha mandato me,

anch’io mando voi. L’autorità di Gesù viene ora trasferita in-tegralmente sulla comunità dei discepoli. Il compito missionario di testimoniare il grande desiderio del Padre di riconciliare a sé e tra loro gli uomini, da Gesù ora passa alla comunità. Ogni nostro piccolo e quotidiano gesto di riconciliazio-ne diventerà manifestazione della misericordia di Dio.alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo. Il termine origina-le utilizzato per esprimere il gesto di alitare da parte di Gesù sui suoi discepoli è lo stesso che l’antica traduzione greca, cosiddetta dei Settanta, usa per evocare il primo soffi o di Dio sull’uomo: «e Dio soffi ò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente» (Gen 2,7). Come attestato nella professione di fede presente nel Credo: lo Spirito Santo dà la vita. Ecco perché il dono dello Spirito Santo è il dono per eccellenza: senza di Lui la comunità dei disce-poli di Gesù non solo non soprav-vivrebbe, ma semplicemente non sarebbe.a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi. Diversamente da Mt 18,18, che prevede un trasferimento di autorità, qui Giovanni si riferisce ad una condizione senza la quale la comunità dei discepoli di Gesù non può vivere il comandamento dell’amore (Gv 13,34), cioè non può essere una comunità del Risorto. Per Giovanni, il dono dello Spirito Santo permette ai membri della comunità di ammettere i propri peccati e i propri limiti, senza però fi ssarsi su di essi mediante rancori e divisioni e, attraverso il perdono e la riconciliazione vicendevoli, riconoscere la facilità di sbaglia-re della propria comune natura umana.Questa è la gioia che il dono dello Spirito Santo da parte del Risorto suscita all’interno di una comunità che ha il coraggio di riconoscere le proprie fragilità: la gioia di ri-cercare nella propria quotidianità rapporti riconciliati con Dio, con gli altri e con se stessi

un momento tragico per la vita di questa comunità di discepoli. Tragico, ma non privo di nuove possibilità di vita. Infatti, nono-stante questa drammatica somma di defezioni, i discepoli sono ancora insieme. Questa piccola comunità continua a rimanere unita, nonostante l’umiliante con-statazione delle proprie debolez-ze. Sembra quasi che per Giovanni il restare insieme sia una condi-zione indispensabile affi nché i discepoli possano sperimentare la salvezza da parte di Gesù Risorto.venne Gesù, si fermò in mezzo a loro. Il dato fondamentale regi-strato dall’evangelista è che Gesù

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Quando, nel 1971, l’on-cologo V. Potter usò per la prima volta il termine “bioetica” e, nello stesso anno,

veniva inaugurato a Washington il Kennedy Institute per la ricerca bioetica, l’idea che sosteneva questa nuova disciplina aveva un orizzonte globale, con grande attenzione non solo nei confronti dell’etica medica, ma anche del-l’etica della terra, della natura, della popolazione, del consumo delle risorse.In una prospettiva internazionale, i primi studiosi di bioetica critica-vano, ad esempio, le politiche che promuovevano la contraccezione nei paesi poveri, senza preoccu-parsi del loro sviluppo socioeco-nomico e culturale, e ritenevano parte integrante della bioetica la cura della salute a livello mondiale. Nei decenni successivi, tuttavia, prevalse il modello biomedico, che recepiva problematiche emergenti e scottanti, quali la ricerca speri-mentale su persone incapaci di consenso, la procreazione assistita, l’uso di tessuti embrionali per la ricerca, l’eutanasia, l’aborto.Nell’ultimo decennio però sono

sorti Comitati di Bioetica non solo nei Paesi più sviluppati e tecno-logicamente avanzati – e, quindi, più sensibili all’impatto delle bio-tecnologie sulla vita umana –, ma anche in seno alle grandi organiz-zazioni internazionali come l’ONU e l’UNESCO. I membri di questi Comitati provengono da tutti i paesi del mondo e nelle discussio-ni portano la loro esperienza e la loro sensibilità culturale. Problemi come l’accanimento terapeutico o la procreazione assistita possono essere importanti per i Paesi ricchi, ma nei Paesi poveri prevale l’inte-resse per problemi diversi, quali l’allocazione delle risorse sanitarie in una situazione di scarsa disponi-bilità di medicinali e cure, o l’acces-so a un’alimentazione adeguata e all’acqua potabile. La globalizzazione dell’informa-zione acuisce poi il senso di ingiu-stizia presso le popolazioni più povere, che vedono morire i loro malati per patologie quali la tuber-colosi o l’AIDS, curate ormai senza problemi nei paesi sviluppati.La Dichiarazione Universale sulla Bioetica e i Diritti Umani, adottata dall’UNESCO nel 2005 dopo alcuni anni di laborioso confronto fra rappresentanti di culture e sensibi-lità diverse, pone al centro anche questi problemi, riconoscendo che la bioetica deve occuparsi di tutto

diMaria Luisa Toller

FORMAZIONE

Bioetica e globalizzazione

Le sfi de della vita

il genere umano, e non solo di una parte privilegiata di esso. Nel preambolo della Dichiara-zione, inoltre, si aff erma che “le questioni etiche poste dai rapidi progressi della scienza e le loro applicazioni tecnologiche dovreb-bero essere esaminate tenendo in debita considerazione la dignità della persona umana ed il rispetto universale ed eff ettivo dei diritti umani”, e si fa esplicito riferimento alla Dichiarazione Universale dei diritti umani del 1948. Frutto del confronto fra tutte le posizioni fi losofi che, etiche e religiose del mondo attuale, la Dichiarazione sulla Bioetica presenta alcuni aspetti lacunosi e problematici, ma nel contempo elementi validi e fecondi, che vengono proposti come guida alle legislazioni nazio-nali ed internazionali. Il consenso informato e la prote-zione di chi non è in grado di darlo, la condivisione dei benefi ci della medicina e della ricerca, la prote-zione dell’ambiente e delle gene-razioni future, il rispetto della vita umana, sono valori universalmente condivisibili che la Dichiarazione promuove, valorizzando anche le domande poste dai Paesi emergen-ti ed in via di sviluppo, accogliendo quanto della dignità umana e delle diverse culture costituisce “patri-monio” comune e giova alla pace

“...le questioni etiche... dovrebbero essere esaminate tenendo in debita considerazione la dignità della persona umana...”

(dal Preambolo della Dichiarazione Universale sulla Bioetica)

Le sfi de della vitaLe sfi de della vita

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Carissimo,sei proprio carino quando ti arrabbi. Forse hai dimenticato una delle prime cose che ti

scrivevo e cioè che la gioia non è un frutto così “spontaneo” come si pensa. Sì, è proprio così come hai intuito: in essa c’entrano un po’ di disciplina (che termine terribile!) e un po’ di igiene della mente e della vita. Come il benessere fi sico è il risultato di molti fattori (nutri-mento adeguato, stile di vita sano, ambiente a misura d’uomo, aff etti e relazioni…), così anche la gioia è il prodotto di scelte e opzioni. La volta scorsa ti scrivevo come il contrastare la paura sia propedeu-tico al vivere sereni. Anche il vivere il momento presente lo è, senza la-sciarsi ingolfare dai “se” e dai “ma”. La gioia c’entra poi con il realizzare quello per cui siamo stati attrezza-ti e, quindi, con il traffi care i propri doni, talenti e attitudini. È anche in relazione con la coerenza di vita e cioè con il vivere in armonia con la scelta di fondo; pure con il fare il bene, con la corretta visione di sé, con l’accettazione del proprio passato, con l’assunzione respon-sabile degli errori commessi, con l’accoglienza di sé e degli altri, con

il rapporto con Dio, con il creato, con le creature.E poi è soprattutto in rapporto con una sana ecologia della mente. Come posso essere nella gioia, se la mia mente è inquinata? se con-tinuamente produce scorie nocive e tossiche? A cosa mi riferisco? Ad uno stile di vita e di linguaggio che è diventato quasi universale: la lamentela, il brontolare, il criticare, il pretendere… Ma anche ad una ridda incontrollata di pensieri.Come è impossibile star bene se l’ambiente in cui si vive è conta-minato, così è per la mente: se è inquinata, lo sarà anche lo spirito e il morale.Prova ad osservare a cosa pensi, cosa scorre a getto continuo e in-disturbato nella tua testa quando sei in fi la alla cassa del supermer-cato, o guidi la macchina, o parli con qualcuno, o preghi: con chi parli? a chi ti rivolgi?Sarai stupito da quanto scoprirai e potrai operare una pulizia di quanto contrasta la serenità e la gioia.Ad esempio ti accorgi che, in fi la alla cassa di uno sportello, maledici e imprechi, con l’evidente risultato di innervosirti e irritarti. Che fare? Scegliere di aff rontare

di ElianaAloisi Maino

Carissimo...Carissimo...

Carissimo...

FORMAZIONE

Gioia e disciplinadella vita

razionalmente quella situazio-ne. Un “respirare a fondo”, fi sico o mentale, respingendo ogni pensiero negativo ed accettando la situazione di disagio. Perché non utilizzare quel tempo che, con o senza rabbia, dovrai aspet-tare, per parlare con Dio, o per guardare con occhi benevoli chi è in fi la con te, o per fare il punto della giornata o degli impegni? Il tempo passerà prima e il cuore non si incresperà. Potrebbe anche succedere un contagio di serenità dentro e fuori di te. Così quando ti capiterà di sorpren-dere pensieri negativi contro di te o contro gli altri, o paragoni (quasi sempre fonte di depressione, vit-timismo e autocommiserazione, ecc.), potrai decidere di non accon-discendervi ed eliminarli. Come? “Bene-dicendo” e contrastandoli con una parola positiva e, perché no, con una Parola del Vangelo. I pensieri abituali scorrono lungo strade conosciute, confortevoli e comode. Ci sarà bisogno, quindi, di un po’ di pazienza e di perseve-ranza per scardinarli. Ma ti assicuro che ne vale proprio la pena!Buon lavoro mio caro. Sono con te. Sempre tua Eliana

La paura mi fa ripiegare su me stesso? La fiducia mi permette di alzare gli occhi.

Strumenti di paceStrumenti di pace

È stato pubblicato a febbraio 2010, in un’edizione completamente nuova, con 224 voci e 160 autori, il nuovo Dizionario dei temi teologici della Bibbia della San Paolo.A cura di Romano Penna, Giacomo Perego e Gianfran-co Ravasi, il volume di 1640 pagine dà

spazio ai temi e alle grandi sezioni della Scrittu-ra, accostata in chiave teologica, tenendo conto dei più recenti studi del settore. L’opera si segnala per l’importanza internazio-nale degli autori coinvolti (italiani, tedeschi, inglesi, francesi, portoghesi e spagnoli). La Comunità Shalom è orgogliosa di segnalare che tre temi biblici presenti nel Dizionario sono stati affi dati al suo vice-presidente, il biblista Gregorio Vivaldelli. I tre temi sono: “Sposo e sposa nella Bibbia”; “Il matrimonio nel-l’Antico Testamento” e “La famiglia nella Bibbia”.

assicuriamo il sostentamentol delle mensemense di Padre Ferruccio Modena in BoliviaBolivia, l del Centro Shalom-Amahoro in BurundiBurundi, l del Centro di attività e formazioneformazione in ColombiaColombia, l dei progetti di solidarietàsolidarietà di suor Rosanna nelle FilippineFilippine,l dei numerosi progetti dell’IndiaIndia, dell’UgandaUganda, del KenyaKenya…

La tua fi rma5 x mi lle

Mario Rossi9 3 0 0 6 8 8 0 2 2 8

Codice fiscale dell’Associazione Shalom Solidarietà Internazionale

Il contribuente ha la possibilità di destinare una quota pari al 5 per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche a sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS). All’interno della dichiarazione dei redditi (CUD - 730 - UNICO) c’è una sezione in cui specificare la scelta per la destinazione del 5 per mille dell’IRPEF. Il contribuente deve apporre la propria firma nel riquadro corrispondente ed indicare il codice fiscale del soggetto beneficiario indicare il codice fiscale del soggetto beneficiario (vedi esempi).

a sostegno dell’Associazione Shalom

Solidarietà Internazionaleonlus

il tuoCONaaiiutouto

Gregorio Vivaldelli - Jean-Baptiste ÉdartTra moglie e marito… Matrimonio e famiglia nella BibbiaPagine 64

Il nuovo libro del vice-presidente della Comunità Shalom Gregorio Vivaldelli, scritto insieme al sacerdote della Comunità dell’Emmanuel don Jean-Baptiste Édart, nasce dall’esigenza di capire e approfon-dire come le relazioni familiari, tanto im-portanti nella vita personale e nel tessuto sociale, siano descritte dalla Bibbia.Quale ruolo occupano i rapporti familiari e di coppia nella Sacra Scrittura? Come si pone Dio di fronte ad esse? Cosa dicono sul matrimonio e sui suoi momenti critici le pagine della Bibbia? La Scrittura parla della

famiglia con molto realismo: gioie e dolori, ansie e successi, diffi coltà e soddisfazioni sono narrati con lo spessore di chi ne ha fatto esperienza diretta. Sposi, genitori, fi gli… vengono descritti nel loro relazionarsi, caratterizzato dalla quotidiana sfi da di un’umana libertà e responsabili-tà spesso esposte all’eterno confl itto tra bene e male.La rifl essione raccolta in questo libro riprende la voce “Matrimonio (NT)” di J.B. Édart e le voci “Famiglia”, “Matrimonio (AT)” e “Sposo e sposa” di G. Vivaldelli redatte per il Dizionario Temi Teologici della Bibbia (San Paolo 2010).