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1 Oncologia medica 13/10/2015 Prof. Adamo Introduzione Se vi ricordate, io vi ho fatto una chiacchierata introduttiva che aveva lo scopo di avvicinarvi a questo corso che stiamo intraprendendo. Allora torno un momento a rispolverare questa dimensione del problema “cancro”, che non è una moda ma è purtroppo una malattia sociale di grandissima importanza e con un aumento costante dell’incidenza in tutto il mondo. Se da un lato abbiamo un’incidenza in aumento, dall’altro lato abbiamo anche dei progressi in termini di terapia. Noi oggi parliamo di curabilità in un buon numero di tumori, e riusciamo a parlare di guarigione in un altro buon numero di tumori. Questo dipende da alcune cose che abbiamo visto la scorsa volta, come i tempi di diagnosi (precocità diagnostica), le dimensioni del tumori, la corretta impostazione della strategia terapeutica e quindi il coinvolgimento di tutti gli attori che devono lavorare dalla prevenzione alla diagnosi, alla stadiazione, alla scelta terapeutica. E poi ancora altrettanto importante è il follow-up del paziente guarito - o altrimenti curato (quello che poi a lungo termine diviene un guarito o un “lungo sopravvivente”, perché noi abbiamo pazienti in ottime condizioni in cui abbiamo controllato la malattia e che vivono benissimo. Voi li incontrate per strada e non sapete che hanno un “tumore controllato”, e ce ne sono tantissimi in giro). Tutto questo passa attraverso alcune importanti valutazioni in campo epidemiologico, come incidenza, prevalenza e mortalità. Il nostro compito principale è salvare vite, che vuol dire incrementare la sopravvivenza, la curva della sopravvivenza, visto che non riusciamo ad abbattere (soprattutto per alcuni tumori) la curva dell’incidenza.

Oncologia medica 13/10/2015 Prof. Adamojavadevil.altervista.org/sbob/5a1sS/oncoEmato/oncoMedica/03canB... · Questa slide è del 2006, ma guardate. ... perché se presa con una certa

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Oncologia medica

13/10/2015

Prof. Adamo

Introduzione

Se vi ricordate, io vi ho fatto una chiacchierata introduttiva che aveva lo scopo di avvicinarvi a

questo corso che stiamo intraprendendo. Allora torno un momento a rispolverare questa

dimensione del problema “cancro”, che non è una moda ma è purtroppo una malattia sociale di

grandissima importanza e con un aumento costante dell’incidenza in tutto il mondo.

Se da un lato abbiamo un’incidenza in aumento, dall’altro lato abbiamo anche dei progressi in

termini di terapia. Noi oggi parliamo di curabilità in un buon numero di tumori, e riusciamo a

parlare di guarigione in un altro buon numero di tumori. Questo dipende da alcune cose che

abbiamo visto la scorsa volta, come i tempi di diagnosi (precocità diagnostica), le dimensioni del

tumori, la corretta impostazione della strategia terapeutica e quindi il coinvolgimento di tutti gli

attori che devono lavorare dalla prevenzione alla diagnosi, alla stadiazione, alla scelta terapeutica.

E poi ancora altrettanto importante è il follow-up del paziente guarito - o altrimenti curato (quello

che poi a lungo termine diviene un guarito o un “lungo sopravvivente”, perché noi abbiamo pazienti

in ottime condizioni in cui abbiamo controllato la malattia e che vivono benissimo. Voi li

incontrate per strada e non sapete che hanno un “tumore controllato”, e ce ne sono tantissimi in

giro).

Tutto questo passa attraverso alcune importanti valutazioni in campo epidemiologico, come

incidenza, prevalenza e mortalità. Il nostro compito principale è salvare vite, che vuol dire

incrementare la sopravvivenza, la curva della sopravvivenza, visto che non riusciamo ad abbattere

(soprattutto per alcuni tumori) la curva dell’incidenza.

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Guardate ad esempio queste slide, una per il maschietto ed una per la femminuccia. Il carcinoma

bronchiale nell’uomo ha un’incidenza di circa il 14%, mentre la mortalità si aggira attorno al 31%.

Non ci siamo! Colon-retto: abbiamo guadagnato un 3-4% (incidenza = 12%; mortalità = 9%), che

sembrano numeretti semplici ma significano milioni di uomini. Abbiamo guadagnato tantissimo

nella prostata: 29% (incidenza) VS 11% (mortalità), tant’è vero che nella prostata abbiamo

sopravvivenze lunghissime, guarigioni.. abbiamo gente da 75 fino a 90 anni.

Andiamo nelle donne: il tumore che ci interessa di più è quello della mammella. Abbiamo

guadagnato? Sì: 40% di incidenza VS 15% di mortalità (anche se i dati sono un po’ vecchi e

l’incidenza ora è leggermente maggiore). Tanto è vero che vi ho fatto vedere come in tutti gli stadi

riusciamo a curare il (quasi) 60% di tutti i tumori, e l’80-90% di quelli in stadio I e II. Tumore del

polmone della donna: ha raggiunto e quasi superato il corrispettivo tumore nell’uomo, e anche qui

come sopravvivenza non ci siamo.. L’utero: guadagniamo. 6% contro 2%. Non guadagniamo

invece nell’ovaio (4% contro 5%), ma considerate che sono stati fatti enormi progressi! Pensate che

nel 1950 la sopravvivenza a 5 anni del tumore dell’ovaio metastatico era solo del 5% mentre ora,

2015, è del 53%. Però purtroppo ne muoiono ancora tantissimi.

Questo per dire dove dobbiamo mirare.

Andiamo a focalizzare il nostro problema in Italia. Questa slide è del 2006, ma guardate. Che cosa

si aspettava nel 2006 per il 2010? Si aspettavano 270.000 nuovi casi di tumori. Sono stati 285.000.

Quindi la proiezione era buona, ma la realtà ha superato anche questa.

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Carcinoma mammario

E allora, entriamo nell’argomento di oggi. In Europa l’incidenza è più o meno simile (leggermente

superiore) a quella del Nord America, che per noi è un modello di riferimento.

Il tumore mammario è una malattia di rilevanza sociale. In Italia siamo intorno ai 30.000-32.000

nuovi casi l’anno. I decessi fortunatamente sono in discesa. La probabilità di ammalarsi è questa: 1

donna su 13 (6,3%), ma si parla di 1:12 ed anche 1:10 nei prossimi 10 anni (2025). Ma questo non

vuol dire nulla, perché se noi diagnostichiamo i tumori in una fase inizialissima, guariamo! Lo

stadio I ha la guarigione al 90% e passa.

Gli screening ormai sono una realtà, funzionano in moltissime regioni, ma purtroppo ci sono

ancora molte regioni in cui lo screening ancora non funziona. Il non funzionamento di uno

screening può passare attraverso varie motivazioni. Una prima motivazione può essere legata ad

una scarsa sensibilizzazione della popolazione. E quindi poche campagne per far conoscere lo

screening, poche pubblicità (c’è più pubblicità che so.. per un biscotto, per una macchina, che non

per il tumore della mammella, del colon, della prostata, della cervice, dove veramente possiamo

guarire le persone). Io rimasi colpito una ventina di anni fa, mi trovavo a New York col mio

carissimo amico Puccio, quando entrando in un drug store (come la Coin, la Rinascente) vidi un

cartellone con scritto: “se ti vuoi fare una visita alla mammella vai in fondo, in the corner, e lì trovi

tutto”.. e c’era una dottoressa che faceva le visite, una mammografia e un’ecografia. Questo è un

esempio estremo, ma da noi ci sono delle difficoltà, anche se devo dire che negli ultimi dieci anni si

è mosso qualcosa nei confronti dello screening da parte dello Stato. Arrivano anche a casa le lettere

con l’invito ad eseguire esami di screening come la visita mammografica, il sangue occulto nelle

feci etc.

L’incidenza è maggiore al Nord Italia rispetto al Centro e al Sud (gradiente Nord-Sud), però

“purtroppo” muoiono più donne al Sud. Il primo motivo è che arrivano più tardi alla diagnosi.

Ecco, la sensibilizzazione al Nord ha attecchito meglio.

Vi porto un esempio di quello che può succedere. Ieri nella mia stanza viene una signora, moglie

di un collega medico (mio carissimo amico) e con figlio chirurgo, che è stata operata di tumore

della mammella 20 mesi fa, curata, ed era una donna con tumore mammario ad altissimo rischio

perché aveva 8 linfonodi interessati, invasione vascolare e linfatica.. un tumore T3 (superiore a 5

cm). Abbiamo fatto una gran chemioterapia, abbiamo fatto tante cose, e lei era stata avvertita che

era una persona ad alto rischio e che doveva venire a dei controlli molto stretti, seriati. Finita la sua

terapia praticamente la perdiamo di vista. Non ha fatto determinati controlli e per carità, la

malattia sarebbe ricomparsa lo stesso, ma forse l’avremmo colta prima nella ricaduta.. ecco, questo

era un tumore con atteggiamento basal-like, che insieme ai tripli negativi e a quelli che esprimono

c-erbB2 sono quelli più aggressivi e che a 20 mesi hanno un rischio di ricaduta superiore al 50%. E

quindi l’avevamo messa in guardia, lei e la famiglia. Finiamo la terapia e la perdiamo di vista. Io la

vedo ieri e mi spunta con due metastasi cerebrali. Ora, non è che non sarebbe ricomparsa la

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malattia, ma lei ha trascurato delle indagini e (per paura, per tante motivazioni) ha trascurato una

certa sintomatologia presente da circa 6 mesi. Una sintomatologia di tipo neurologico, con dolore

cervicale, vertigini, mal di testa, tremore della mano.. tutto questo da 6-7 mesi! Quindi se noi

l’avessimo controllata prima forse avremmo colto una sola metastasi e magari piccolina! E oggi

una metastasi unica si insegue, anche a livello cerebrale, e si può operare (se piccola), o si può

trattare con una radioterapia stereotassica, una cyber-knife.. poi la malattia si blocca con altri mezzi

e si può cronicizzare, si può allungare la sopravvivenza!

Questi sono aspetti estremi, ma è importante capire il concetto della sensibilizzazione, della

conoscenza. Noi lo diciamo, ma la collaborazione ci dev’essere anche a livello familiare, e a livello

del medico di base. Cioè il collega che se le mette nel computer, noi abbiamo sempre detto loro di

fare degli alert, cioè ogni sei mesi compare un pallino rosso in corrispondenza del paziente che

deve andare a fare un controllo di follow-up.

Qui vedete l’incidenza in diversi Paesi del mondo. Vedete come negli USA (linea arancione / grigia

se stampate in bianco e nero) questa curvetta dell’incidenza sia più alta. Ci sono varie motivazioni

per questo. Sicuramente ci sono motivi genetici e motivi ambientali. Tra questi dobbiamo

considerare ad esempio l’esposizione a fattori ormonali: la cultura della contraccezione orale è

stata molto forte negli USA mentre è stata meno forte nell’Europa, e questa è stata sicuramente nel

tempo una protezione, perché se presa con una certa regolarità la pillola protegge dal carcinoma

mammario, dal tumore ovarico (ancor di più).. però stiamo parlando di dosaggio estrogenico di

basso grado, sicuramente inferiore a quello che veniva somministrato in passato. Comunque,

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fondamentalmente dovete pensare a differenze di tipo genetico e ambientale [non mi pare che

esistano altre categorie di fattori di rischio].

Noi possiamo anche, con i dati che abbiamo, ricavare un rischio in base all’età.

Se andiamo nella quarantenne, i rischi dai 30 ai 40 anni sono piuttosto bassi, però già da 40 a 50 e

poi da 50 a 60 anni il rischio è notevolmente aumentato. Il ventennio 50-70 anni è il periodo col

maggior rischio di sviluppare un carcinoma della mammella - anche se noi oggi vediamo

moltissimi tumori anche tra i 30 e i 40 anni.

Vediamo cosa ha fatto lo screening. Anzi, vediamo cosa hanno fatto tanto lo screening quanto

l’introduzione della terapia adiuvante.

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Io vi ho sempre detto: da un lato incidenza, dall’altro lato mortalità. E vi ho detto che le armi

nostre per abbassare questo parametro (mortalità) sono lo screening (quindi la prevenzione), la

giusta strategia terapeutica e il monitoraggio. La terapia adiuvante (terapia sistemica

complementare o profilattica) è basata sugli aspetti biologici e prognostici della malattia, cioè

malattie più a rischio (di recidiva) devono avere certi tipi di trattamenti, malattie meno a rischio

possono anche non avere nessun trattamento successivo oppure un trattamento meno aggressivo.

Dunque, che cosa hanno fatto screening e terapia adiuvante? Questa (slide) è una proiezione

importante, dal ’75 al 2000. Da una parte c’è la prevenzione (screening), dall’altra c’è la terapia

(adiuvante, con chemio-/radio-/ormono-terapia, e oggi anche terapie biologiche a bersaglio

molecolare). Quindi, se faccio bene queste due cose, cosa ottengo? Screening e terapia adiuvante

mi abbattono notevolmente la mortalità (linea azzurra / grigia se in bianco e nero), e di questo

intervallo rispetto alla mortalità in assenza di screening e terapia adiuvante (linea viola / grigia in

bianco e nero) il 46% è da attribuire ai benefici dello screening, mentre il restante 54% va attribuito

alla terapia adiuvante. Dunque questi due elementi sono fondamentali nell’obiettivo di abbattere il

tasso di mortalità.

Un altro aspetto fondamentale nel parlare del carcinoma della mammella è quello di conoscere

bene (oltre agli aspetti istologici, biologici, prognostici) la storia naturale di questa malattia.

E la storia naturale passa attraverso alcuni aspetti che bisogna conoscere. Un aspetto importante è

l’ultimo di questa diapositiva: Il lungo periodo preclinico rende possibile una diagnosi precoce. Una

visita clinica non può farti vedere un nodulo inferiore agli 8-9 mm, anche fatto da una mano molto

esperta. L’ecografia ti può fare vedere un nodulo di 5-6 mm, e lo stesso per la mammografia (anche

se per alcune situazioni particolari possiamo usare anche la RMN). Però per arrivare a 5-9 mm c’è

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dunque un arco di tempo molto lungo, e vi ho detto la scorsa volta come il periodo preclinico può

essere estremamente lungo o breve a seconda dei tumori e che passa attraverso quei momenti che

ho definito “fase dormiente, dormance face” in cui il cluster cellulare è fermo in G0. Da qui può

arrivare lo stimolo proliferativo, e quel cluster comincia a crescere, a proliferare, a creare

l’arborizzazione della neoangiogenesi, e in tutto questo fino a che il cluster di cellule non diventa

talmente grande da invadere le vie linfatiche ed ematiche, purtroppo possono avvenire, a 20-30

duplicazioni, le così dette micrometastasi. Quindi tutto questo bisogna considerarlo, perché nel

programmare il monitoraggio bisogna tenere conto di questi tempi più o meno lunghi.

Naturalmente poi in questa storia naturale c’è una variabilità che è legata a fattori genetici. Nasce

dalla suscettibilità genetica, nasce dall’espressione molecolare di certi tipi di tumore, nasce da

quella “lotta” tra quelli che sono gli oncogèni e gli oncosoppressori (e fino a quando questo

equilibrio funziona, la malattia viene controllata e non si manifesta).

Una volta se il tumore non era clinicamente evidente non ce lo dimostrava nessuno, non c’era

neanche la mammografia. Ora abbiamo la mammografia, l’ecografia, la RMN, e dunque la

possibilità di individuare tumori leggermente superiori ai 5 mm. E allora diventa molto importante

diagnosticare precocemente questo tipo di tumore.

Altri fattori di rischio sono fattori di rischio in senso lato, ma anche questi devono risvegliare le

coscienze. Perché se ad esempio dentro una famiglia ci sono stati 2 casi di tumori della mammella,

o un caso di tumore dell’ovaio, o del colon, come si fa a non andare a fare dei controlli, o a non

consigliare alle giovani donne di quella famiglia di andare a farsi una banale ecografia al seno?

Banane! Voi lo sapete che si tratta di una banale ecografia al seno. Però una banale ecografia che tu

puoi ripetere anche una volta l’anno ti può far cogliere una malattia in fase iniziale, specialmente

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nelle giovani donne, dove un ecografo ad alta risoluzione (quasi paragonabile ad una TC) in mani

esperte permette delle diagnosi molto eleganti.

Quindi: storia personale, storia della famiglia, esposizione molto prolungata agli ormoni (es.

menarca precoce o menopausa tardiva) in soggetti predisposti. O per esempio, voi sapete che oggi

c’è questa tendenza a procreare molto più tardivamente di quanto non si facesse un tempo, per

motivazioni sociali che conosciamo benissimo. Ma comunque, un buon numero di queste donne si

sottopongono a dei programmi di stimolazione ormonale particolarmente violenti.. e allora non di

rado, andando a fondo nella storia di pazienti che vengono da noi con un tumore al seno, si scopre

che queste donne hanno avuto in passato e per parecchio tempo una stimolazione ormonale

importante perché non riuscivano ad avere figli. E talvolta (non nei centri meglio organizzati)

questi programmi di stimolazione ormonale vengono eseguiti senza un’ecografia di base, un

dosaggio ormonale di base o una mammografia. Tu non puoi esporre una giovane donna di 35-38

anni a una scarica ormonale paurosa solo perché non ha mai avuto bambini. E se quella donna è

portatrice anche di una displasia mammaria benigna però complessa, caratterizzata da cisti alla

mammella, da fibroadenomi, che si possa trasformare sotto lo stimolo ormonale non è una cosa

così rara, e allora il minimo che devo fare a questa donna prima di iniziare qualsiasi cosa è un

dosaggio ormonale di base, un’ecografia ed una mammografia.

Ritornando al goal di una mammografia in uno screening, sottolineiamo che essa è in grado di

ridurre la mortalità in questo arco di età (50-69 anni) in una percentuale significativa.

Ancora, altro importante aspetto. Parlavo della familiarità. Se abbiamo nell’ambito della famiglia

(allargata) un tumore anche ovarico o colorettale, be’ lì c’è una instabilità mutazionale: andiamo a

cercare se c’è qualcosa che non va tanto bene. E questi casi sono tanti.

Al di là del fatto che possiamo andare a cercare i geni BRCA1 e 2… Questi sono due geni

oncosoppressori molto importanti, che se mutati aumentano il rischio (80-90%) di sviluppare in 20-

30 anni un tumore della mammella, ma anche ovarico e colorettale. Però questo va preso nella

giusta dimensione: negli anni ’80 ci fu un’esplosione di questa ricerca del BRCA1 e 2, prima nella

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paziente con cancro e poi nelle sue familiari (se positivo nella paziente). Questo però creò un

grande problema sociale, perché la scoperta di donne che avevano a 25-30 anni questi geni mutati

portò spesso al licenziamento (da industrie etc) di queste donne per la possibilità che morissero

nell’arco di 20-30 anni. Questo ha portato alla chiusura immediata di questo screening negli USA,

però chi sa di questa possibilità deve consigliare questo esame ai soggetti più a rischio.

Naturalmente questo esame va inserito in un percorso molto attento, in cui accanto all’oncologo c’è

il genetista, lo psicologo, perché non bisogna cadere nell’altro aspetto negativo: “io so di avere la

mutazione del gene, mi viene il cancro e muoio”.. No. “Sono una persona ad altissimo rischio, mi

faccio dei controlli, e se mi faccio i controlli in maniera ravvicinata e costante becco il tumore a 5

mm e mi salvo”. Questo è il concetto.

La prevalenza dei geni BRCA1 e BRCA2 mutati è del 12-14% nei tumori della mammella, 12%

nell’ovaio, e nel colon [non lo dice]. Comunque, c’è questa triade di tumori più frequenti e causati

da BRCA mutato. Questo 12-14% costituisce dunque quella porzione di tumori ereditari, mentre il

restante 86-88% rappresenta le forme sporadiche.

Poi in base all’analisi genetica si può fare anche prevenzione [primaria]: conoscete tutti il caso di

Angelina Jolie, che avendo diversi casi in famiglia (la mamma, la zia, la nonna) e risultando

positiva sia a BRCA1 che a BRCA2 si è fatta operare di mastectomia e ovariectomia bilaterali.

Questo è ammesso negli USA, ma non ancora in Europa.

Se viene una donna a fare una visita clinica, io non posso limitarmi alla palpazione della sola

mammella. Come fai a trascurare i linfonodi ascellari, i sovraclaveari, i laterocervicali? Ci metti

solo 10 minuti in più, e se becchi un linfonodo (positivo) devi approfondire!

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Come si può presentare un tumore della mammella? Per noi l’ideale è: “sono andato

dall’ecografista, il quale mi ha visto una formazione di 7 mm. Che faccio?” “Fai una mammografia,

e se non si vede, fai la RMN (perché magari è una donna di 35-38 anni)”. Questo è l’ideale, non un

tumore visibile ad occhio nudo (in quanto determina un aumento volumetrico della mammella)!

Nel primo caso, in tre giorni mandi la donna al chirurgo e nel 90% dei casi è salva.

Però la clinica ci dice che le manifestazioni possono essere tante. Ancora arriva gente col nodulo,

che se l’è sentito facendosi la doccia, o arriva perché sente un linfonodo, o ancora peggio perché

vede un’ulcerazione (ma è chiaro che in questo caso non ti sei mai guardata).. o arriva perché ha

una secrezione dal capezzolo, ma in questo caso non bisogna allarmarsi, in quanto nella maggior

parte dei casi le secrezioni sono benigne e anche quando viene fuori una secrezione ematica, nel

50% dei casi è un papilloma dei dotti (benigno!). Tumori di maggiori dimensioni (veri e propri

“cancri”) sono più rari ormai, ma li stanno ricominciando a vedere in America, a causa della

migrazione massiva di ispanici.. e presto toccherà rivederli anche a noi. Gente che non ha mai fatto

controlli, e che oltre a tumori mammari ha anche un’alta prevalenza di carcinomi della cervice.

Ma nemmeno questo…

…vogliamo vedere!

Perché questo è un tumore di 5 cm, è già un T3, può avere già 7 linfonodi (N3), può avere invaso i

linfatici, i vasi ematici.. è indubbio: non può essersi fermato lì. Questo è già una malattia: non

abbiamo fatto diagnosi precoce.

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Questo è un algoritmo, un iter diagnostico. Bisogna fare le indagini corrette, bisogna fare i percorsi

corretti. Capire se è una lesione cistica, fibrotica.. Oggi si fa tutto contemporaneamente,

consensualmente, cioè esci dalla macchina della mammografia digitale ad alta risoluzione e passi

nella stanzetta bellina accanto dove il collega radiologo bellino ti completa l’indagine con una

ecografia. Già il quadro ce l’hai, e se poi hai un sospetto cerchi di identificare ciò di cui si tratta. Se

è una cisti puoi fare una aspirato, e analizzi il liquido (sono quasi sempre negative).

Se ha una componente fibrosa, fibro-elastica, duro-elastica, devi arrivare ad una diagnosi di

completezza. Il primo momento di questa è quella che noi oggi chiamiamo core-biopsy. Cosa

estremamente banale, perché oggi si può fare ecoguidata o mammoguidata (con mammografie

stereotassiche o anche il mammotomo: strutture in cui imposti il punto esatto in cui fare biopsia,

ed è il computer che ti mette l’aghetto esattamente in quel punto). Quindi nello spazio di una

settimana -e anche meno- hai la diagnosi.

Sul frustolo che tira fuori una biopsia stereotassica, un mammotomo o anche una pistola (fatta da

uno competente.. allora lo facevamo noi oncologi, io l’avrò fatta centinaia di volte), oggi puoi avere

tutto il pedigree di quel tumore. Tutto. Perché su quel pezzetto il patologo ti può dare tutti i tipi di

informazione che ti servono: il tipo di tumore, l’atteggiamento di aggressività biologica,

l’espressione recettoriale.. di più! Possiamo fare fino al profilo genetico, tiriamo fuori anche il

DNA, l’RNA, i microRNA, e questo sarà il futuro (non è ancora la routine, mentre l’assetto

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biomolecolare con immunoistochimica lo è). E allora con meno di 1 cm di tessuto il patologo mi

dice tutto, e io da lì mi oriento. Comincio la strategia.

Perché devo fare una stadiazione, la completo, e come la completo? Con un paio di indagini

estremamente semplici. Cosa vuol dire stadiare? Vuol dire quantizzare il tumore, ma anche sapere

dove va il tumore in base alla sua storia naturale. Dove va più facilmente la mammella? Alle ossa,

all’encefalo, al fegato, ai linfonodi e al polmone. Per cui al limite con una radiografia banale,

un’ecografia banale e una scintigrafia ossea (se proprio la voglio fare) porto la paziente in 72h

all’intervento chirurgico.. Non più in due mesi! Se ci metto due mesi, quel tumore che era 7 mm, se

il tempo di duplicazione (per il viraggio della neoangiogenesi) è diventato un tempo non più di

360 giorni (per duplicare, ovvero per raddoppiare le sue dimensioni) ma è diventato 20 giorni, in

sessanta giorni è triplicato! Cioè: era 1 cm, ora sono 3 cm! E in 1 cm ci sono un miliardo di cellule

neoplastiche, se vado a 3 cm potete immaginare [dovrebbe fare 3 miliardi].

E allora i tempi sono fondamentali. I percorsi sono fondamentali. E la responsabilità del medico è

quella di indirizzare la persona verso i posti giusti, competenti. Non “vai a farti questa cosa qua,

poi torna da me, poi vai a farti questa cosa qua e poi di nuovo da me”.. non va bene! Questo era il

passato. Oggi anche in questa città ci sono dei percorsi, dei PDTA (percorso diagnostico

terapeutico assistenziale) dove la paziente entra (da noi al Papardo può entrare da 3 parti:

senologia radiologica, oncologia medica e dal chirurgo / o parte dal medico di famiglia)…

I percorsi oggi fanno parte degli obiettivi delle aziende universitarie e non universitarie. Sono

obiettivi dei direttori sanitari. L’assessorato regionale ha capito questa cosa e sta cercando di farla

attuare. Il percorso ti porta a: fare diagnosi corretta, ridurre la tempistica e lavorare nel modo più

corretto per raggiungere l’obiettivo. Sono stato chiaro in questo discorso?

E allora: core-biopsy, biopsia escissionale, citologia.. Si possono fare tante cose, però senza dubbio

la cosa più moderna e più facile è la core-biopsy.

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Ecco l’anatomia patologica. Però questa è una classificazione piuttosto grossolana, noi oggi

lavoriamo con le classificazioni biomolecolari, lavoriamo ai fini delle terapie, ma anche ai fini

dell’individuazione del tipo di tumore [pazzesco]. Più mucina c’è più il tumore è difficile da

trattare; poi ci sono le forme un po’ strane, un po’ rare.

Com’è la percentuale d’incidenza?

Vedete, l’80% è il carcinoma duttale infiltrante. 10% il lobulare, e il midollare 5%.

Ora con questa semplice tabella voglio farvi vedere come noi, con poche cose, possiamo già

individuare i fattori di rischio e i fattori prognostici. Perché batto molto con questi fattori

prognostici, perché li chiedo spesso anche agli esami? E poi ci sono anche i fattori predittivi, che

servono a capire se una terapia funziona, e se io posso prevedere il risultato di trattamento. Il

fattore prognostico è fondamentale, perché è da lì che nasce un programma terapeutico, ed è anche

la prima cosa che ti chiede un paziente! Il paziente ti chiede la prognosi! Seduto di fronte a te, ti

dice: “ma adesso che succede? Cosa devo fare? Qual è la mia sorte?”. La sorte passa attraverso i

fattori prognostici, che sono quelli legati alla persona (ad esempio la comorbilità), e quelli legati

alla malattia. Alcuni di questi fattori ci possono chiarire bene quale può essere l’evoluzione.

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Il numero di linfonodi. Importante! Quando va controllato il linfonodo sentinella? (Sapete che il

linfonodo sentinella è iniziato con la mammella, ma oggi si fa anche col melanoma, col colon-retto,

col polmone addirittura! Con l’ovaio..). Una volta non si cercava, ora perché si fa? Dipende da T. Si

cerca in base al T (del sistema TNM). C’è gente che lo controlla con un T3: ma che lo fai a fare?

Perdi solo tempo! In quel caso meglio fare prima una PET, che se risulta negativa a livello ascellare

e sopraclaveare, allora hai una maggiore indicazione a controllare il sentinella. Ma in linea

generale ha senso farlo nel T1, e forse nel T2 (anche se ci sono molte controversie). Quindi

fondamentalmente T1a e T1b.

Se è negativo il primo, mi posso fare un secondo per essere sicuro, e se sono negativi ho

risparmiato alla donna una linfadenectomia. Mentre come dicevamo, se i linfonodi sono

interessati, il numero di linfonodi colpiti dalla malattia (metastasi) diventa prognosticamente

rilevante. Un N0 sicuramente ha un più basso rischio rispetto ad un N1 (che mi va da 1 a 3

linfonodi) e rispetto ad un N2 o un N3 (che sono più di 3 linfonodi). Cambia completamente il

rischio di questa donna.

Dimensioni del tumore. Ne abbiamo parlato! Una cosa è avere un T1, un’altra avere un T2, un T3,

poi non parliamo del T4 (malattia localmente avanzata).

Invasione linfatica e vascolare.

E poi queste sono tutte risposte che noi attendiamo dal patologo. Questo dev’essere scritto sul

referto. È il minimo “sindacale”, chiamiamolo così, che dobbiamo leggere su un referto:

• Il tipo istologico

• Il grading (G1, G2, G3)

• Il grading nucleare

E poi andiamo a vedere le espressioni recettoriali. Queste sono le espressioni del tumore, che ci

fanno capire con che tumore abbiamo a che fare. Se questo ha un 90% o 100% di recettori per gli

estrogeni e per i progestinici, che vuol dire? Che è ben differenziato. Si ricorda da dove è nato. E in

genere questo è facile che si accoppi con che cosa? Un indice di proliferazione basso. Un Ki67 basso

(si fa in immunoistochimica).

Però poi ci sono le varianti: 90% di espressione recettoriale e 40% di Ki67. Questo è un tumore

strano! Che vuol dire? Che tumore ho? Questa è espressione di eterogeneità intratumorale, e qua

cominciano i guai, perché c’è una popolazione che risponde molto bene agli ormoni, però ho anche

una popolazione che mi sfuggirà.

Altra cosa che può succedere: questo è c-erbB2 (HER2/neu), l’oncogène più cattivo della

mammella. È un oncogene terribile che innesca due processi proliferativi particolarmente violenti:

quello della famiglia EGFR ed anche quello del VEGF. Allora io posso avere una buona

espressione recettoriale ma al contempo un’elevata espressione di c-erbB2. Cambia la prognosi!

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La migliore prognosi qual è secondo voi? A quale paziente possiamo dire: “lei è una low risk”?

Come T come dev’essere? 1. Come N? 0. M ovviamente 0. Espressione dei recettori molto alta.

Bassa Ki67. HER2/neu neugativo. E niente invasione vascolare e linfatica. Mettiamoci anche il

grading: G1 o massimo G2.

Perché io posso avere un T1 ma con grading G3, ki67 al 40%, recettori al 40% (estrogeni) e 40%

(progestinici), e questo non è più low risk, è un medio risk. Cambiano la prognosi e la terapia.

Il grading nucleare non è la routine, ma più in là potrà essere trasformato in routine quando si sarà

in grado di valutare in maniera efficace l’espressione cellulare dei miRNA, alcuni microRNA

aggressivi.

Ed ecco la classificazione che usiamo oggi per scegliere le strategie terapeutiche (classificazione

biomolecolare che praticamente subisce modifiche ogni 2 anni circa, con i nostri consensus/panel).

Luminale è la ghiandola mammaria, la struttura di base della mammella. Cos’è il luminal A?

recettori molto positivi, HER2 negativo, e ki67 sotto il 14%.

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Nel luminal B già ne distinguiamo due: uno puro, e uno con espressione di HER2. Nel luminal B

puro ho l’espressione recettoriale (non altissima), HER2 negativo, però arriva un ki67 alto. O posso

avere un G3. Nel luminal B misto (o meglio “HER2 positivo”) trovo invece positività recettoriale,

ki67 alto o basso (non importa), però ho l’espressione amplificata per il c-erbB2 (HER2), la

oncoproteina aggressiva, che quindi mi cambia la storia. La prognosi è quasi simile a quella del

basal-like e del triplo negativo.

In questa invece (nella slide: “Erb-B2 overexpression”), dove c’è una massima espressione del c-

erbB2, di tutto il resto (recettori etc) me ne posso anche fregare. Ma in genere questo esprime solo

quello (c-erbB2), i recettori non ci sono, il ki67 quasi sempre è molto alto, e questo tumore insieme

al triplo negativo costituiscono le due forme più aggressive in assoluto.

Triplo negativo: cosa vuol dire? Che non esprime né recettori per gli estrogeni, né per i

progestinici, né c-erbB2. Però si accompagna ad alcuni aspetti come un ki67 quasi sempre molto

alto, e alcuni aspetti basali, che portano la cellula ad assomigliare ad una cellula staminale. Quindi

una cellula più aggressiva, meno differenziata.

Questo è uno studio che ha cercato, in maniera retrospettiva, di evidenziare l’evoluzione della

curva di sopravvivenza a seconda dell’espressione molecolare.

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• Luminal A (curva blu scuro / molto grigia): ottima sopravvivenza.

• Basal like (triplo negativo: curva rossa / un po’ meno grigia): sopravvivenza più scarsa.

• Luminal B con componente enriched (curva rosa / poco grigia): guardate che differenza di

curve. Qua ci dobbiamo lavorare sopra. Fortunatamente oggi riusciamo a portare questa

curva -tramite il trastuzumab- molto più alto. Abbiamo recuperato il 58%! (terapia

adiuvante). Negli ultimi 3 anni, al Papardo, di tutte le pazienti c-erbB2 enriched trattate con

trastuzumab abbiamo avuto una sola ricaduta. La stessa cosa purtroppo non la possiamo

dire con il triplo negativo, dove ancora non c’è un farmaco che ci permetta di spostare

questa curva verso l’alto.

È chiaro che la terapia adiuvante va fatta con le giuste tempistiche. Se mi arriva una paziente dopo

4 mesi dall’intervento, è biologicamente lontana dall’ottenere questi risultati, perché in quei 4 mesi

in cui non è stata trattata purtroppo la malattia può aver dato tante duplicazioni, e posso avere

molte più micrometastasi.. e il mio trattamento è fallimentare.

Questa slide perché ve la porto? Perché è importante conoscere la topografia e i rapporti

dell’organo di cui andiamo a studiare i tumori. Guardate che rete linfatica che c’è attorno alla

mammella! E avete presente un’immagine topografica di una rete linfatica dello stomaco? È

spaventosa. Cioè lo stomaco è praticamente immerso e coperto da una rete di linfonodi e linfatici.

Questo cosa vi fa capire? Che se un tumore dello stomaco già diventa di 1-1,5 cm, ad infiltrare un

vaso linfatico ci mette un attimo.

E anche questa della mammella è una rete importante. Ed ecco che diventa importante andare a

controllare non solo i linfonodi ascellari, sopraclaveari, laterocervicali, ma ad esempio tumori dei

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quadranti interni (perché sapete che nella maggior parte dei casi i tumori interessano il quadrante

supero-esterno della mammella, ma non è sempre questo il caso) mi devono far pensare di

controllare i linfonodi della catena mammaria interna. E in questi casi io faccio fare sempre una

TC, una PET (se ho un tumore aggressivo), perché devo sapere sin dall’inizio se c’è una mammaria

interna già interessata, dove non ci posso arrivare chirurgicamente ma magari ci posso arrivare

con la radioterapia (a complementare la chirurgia).

Tadà! Certamente anche nel tumore della mammella noi dobbiamo tenere conto dello stadio

(TNM).

Lo stadio 0 in genere è dovuto a colpi di fortuna, ai cosiddetti “incidentalomi”.

Noi vorremmo stare nello stadio I o massimo nello stadio IIA. Qui possiamo arrivare a quell’80-

90% di guaribilità. E poi ci sono tutti gli altri stadi, che vediamo rapidamente in maniera

fotografica.

Nel primo stadio (Stage I) possiamo avere un T1a, meno di 0,5 cm. T1b, che sta tra 0,5 e 1 cm. E

T1c, che sta tra 1 e 2 cm.

Lo stadio IIA come lo possiamo rappresentare? Potrebbe essere un T0-T1 ma che ha già un

linfonodo, oppure un T2 con N0. Siamo sempre in IIA.

IIB: posso mantenere quel T2 ma con un linfonodo (N1), oppure posso avere un T3 (> 5cm) con N0

ed M0. Questi casi esistono, e siamo sempre nel IIB: sono tumori recuperabili.

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Ma sono recuperabili anche i III! Questo è un IIIA, che può essere un T3 con linfonodi (N1 o N2),

oppure può essere T0/T1/T2 ma con N2.

Il IIIB può essere qualsiasi tipo di T ma che mi ha dato N3 (linfonodi sopraclaverari), oppure un

T4 (ricordatevi che il T4 è un tumore -tutti i tumori in genere- che abbia infiltrato una struttura

vicina, contigua. Può dunque essere anche un tumore di 0,5-1 cm, ad esempio un tumore del

polmone, ma che tuttavia ha infiltrato la pleura o le coste) con un N qualsiasi - ma ancora M0.

Io vi ho detto che lo stadio I e II sono recuperabilissimi.. ma anche il IIIA (un po’ più difficile il

IIIB), e attraverso che cosa? Attraverso quella che noi chiamiamo terapia neo-adiuvante (o terapia

primaria), che mi porta a ridurre il tumore, a farlo rientrare nei termini della operabilità e della

chirurgia conservativa (quadrantectomia). Facciamo la famosa core-biopsy, e ci rendiamo conto

che questo è un tumore che non va operato, ma va prima trattato. Stiamo super attenti a stadiarlo

correttamente, tramite PET e TC per controllare che non ci siano metastasi, e se si tratta di uno

stadio III iniziamo con la terapia neo-adiuvante.

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Ricapitoliamo quanto detto. Vi faccio vedere questa curva:

Questa è la curva con la sopravvivenza (a 5 anni) ed il numero dei linfonodi. Con 0 linfonodi ho il

massimo della sopravvivenza, ma già con 6-10 linfonodi siamo ad un 35% di sopravvivenza a 5

anni. Poi ci metto le terapie e questo lo recupero, però questo è quello che succede senza terapia.

Andrea Turano