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ANNO 87 • n° 1003 • € 3,00 • Poste Italiane s.p.a. • sped. in a.p. • D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art.1, comma 1, DCB VERONA il piccolo missionario CONtIENE I.P. gen 2013 - n. 1

PM di gennaio 2013

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Tutte le novità del numero di gennaio del PM, il primo del 2013

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il piccolo missionario

Attualità La terra di Gesù

Intervista

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gen 2013 - n. 1

1 Gennaio Giornata mondiale per la Pace6 Gennaio epifania e Giornata dell’infanzia missionaria13 Gennaio 99ma Giornata mondiale del migrante e del rifugiato

27 Gennaio Giorno della Memoria, in ricordo delle vittime dell’olocausto31 Gennaio Giornata mondiale dei malati di lebbra

... tanto x cominciare

... tantoper cominciare a cura di p. Elio Boscaini

L’ anno nuovo nasce sotto i migliori auspici perché vi si celebra la Giornata mondiale della pace.

Papa Benedetto gli ha dato un titolo preso dalla beatitudine Beati gli operatori di pace (Mt 5, 9). Che è anche il tema del suo mes-saggio per questa giornata: tutti siamo re-sponsabili della costruzione della pace. Per-ché la pace va costruita giorno dopo giorno, come una casa fondata sulla pietra. E i pila-stri? Già ce li aveva indicati papa Giovanni XXIII, che 50 anni fa, nell’enciclica Pacem in terris, li definiva così: verità, libertà, giustizia, amore cioè solidarietà. La verità è quella della persona in quanto tale, e non perché bene-stante, colta, sana...Libertà è non violenza che ri-conosce le ragioni di chi le ha, soprattutto dei più deboli, e ri-chiede maggiore intelligenza nell’azione. La giustizia è quella che fa l’in-teresse dell’altro. Purtroppo un quinto dell’umanità sembra fare i propri interessi a spese degli altri quatto quinti.La pace infine si fonda sull’amo-re o solidarietà che, soprattutto per noi popoli più fortunati, è un dovere di giustizia. Assieme all’augurio per un 2013 di pace, cominciamo bene questo nuovo anno con alcune novità sul PM. Prende il via la rubrica E tu lo sai, sulle “grandi” domande della vita; e P-Rate che esplora il mera-viglioso mondo della Rete. Sempre nuovi stimoli per conoscere, capire, agire. Pace a tutti i ragazzi e le ragazze di buona volontà.

Buon 2013 di pace!

Gen 2013

Beati gli operatori di pace

Attualità

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a cura di Chiara Milano

T utti siamo indispensabili per realizzare un sogno di pace: è il messaggio che ha lanciato

Papa Benedetto XVI nel suo discor-so per la celebrazione del 1° gennaio 2013 della “Giornata Mondiale per la Pace”. La pace deve passare attra-verso il rispetto della dignità umana e della libertà religiosa, perché troppe guerre si scatenano per la mancanza di questi diritti.In questi giorni di festa non tutti avranno la possibilità di trascorrere momenti piacevoli in compagnia del-la famiglia, nonostante ci si stia pre-parando per la solennità dell’Epifania del 6 gennaio (per i cattolici) o per il giorno di Natale del 7 gennaio (i cri-stiani ortodossi). Ma che festa può esserci in Medio Oriente, dove le lotte tra Israele e Palestina diventano ogni giorno più sanguinose e la spe-ranza di dialogo tra i due popoli si fa sempre più debole?

Soldati israeliani ad un checkpoint

Ragazzi palestinesi giocano “alla guerra”

a cielo aperto

Prigioni

Non fiorisce la pace nella terra di Gesù

Gen 2013

MURO: barriera di 800 km costruita nel 2002 in Cisgiordania (West Bank)dagli Israeliani per limitare le loro terre. In real-tà ha ridotto ancora la parte palestinese, con passaggi sorvegliati (checkpoint) che limitano i movimenti arabi, impedendo la-voro e cure sanitarie.

La sagoma grigia del muro colorata dai bimbi di una scuola materna

I veronesi “pellegrini di pace” nel deserto della Palestina

SULLE ORME DI GESÚ

CERCANDO LA PACE

Gianni è uno dei 17 pellegrini partiti da Verona per un viaggio di otto giorni in Palestina. Il percorso è stato intitolato “Camminando da Nazareth a Gerusa-lemme” e si è snodato per 80 km lun-go le strade delle zone montuose tra Galilea e Giudea, in territori poco fre-quentati dai turisti. Un’esperienza par-ticolare quella di Gianni, perché è inte-ressante visitare i luoghi dell’infanzia di Gesù, i villaggi in cui è passato, ha predicato, ha sofferto, è morto ed è risorto. Ma il dramma che da sessant’anni si sta vivendo in queste terre è forse l’aspetto che più col-pisce. Mai come qui si desidera trovare un accordo che porti la pace e l’armonia, anche se le religioni sono diverse, perché questi sentieri tramandano storie che abbraccia-no ebrei, cristiani e musulmani. Tutti sotto lo stesso cielo, divisi da un muro, con i piedi su una terra che ciascuno considera propria: questo sembra essere il problema che scatena ogni giorno episodi di odio e intolleranza.

OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina): organizzazione politica e paramilitare palestinese, considerata la legittima rappresentante del popolo palestinese.

CARTA BLU: documento rilasciato ai pa-lestinesi nati e residenti a Gerusalem-me, che permette di entrare ed uscire dalla città. Chi perde la carta non può più tornare a casa propria.

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Un po' di spensieratezza tra i bambini di Gaza

UNA TERRA CONTESA, IN 7 FLASH

• Fine ’800: il giornalista ebreo austriaco Teodor Her-zl afferma la necessità di realizzare uno stato per gli Ebrei in Palestina, perché “solo nella terra degli avi promessa da Dio, gli Ebrei potranno sentirsi uguali a tutti gli altri popoli e non essere discriminati”. Da questo concetto nasce il Sionismo.

• 1917-1929: La Gran Bretagna appoggia il progetto sionista, sperando nell’appoggio degli ebrei per il controllo sulla Palestina e sul Canale di Suez. Comin-cia l’immigrazione del popolo di Israele, che nel 1929 conta circa 170mila abitanti sul suolo arabo.

• 1932-1939: con il Nazi-fascismo in Europa e la perse-cuzione degli ebrei, aumenta il numero di immigrati in terra di Israele. La maggior parte delle terre degli arabi viene occupata e il rapporto tra i due popoli – ebreo e palestinese – inizia ad avere problemi. Nasce l’Intifada (lotta palestinese per difendere i terreni e le risorse economiche), a cui gli ebrei rispondono con massacri sui civili arabi e nuove occupazioni.

• 1947-1949: l’Inghilterra rinuncia alla Palestina. Inter-vengono le Nazioni Unite con il Piano di Spartizione della Palestina, per la formazione di due stati, Israele e Palestina. Il territorio non viene spartito ugualmen-te (gli ebrei erano solo il 30% del totale), quindi la so-luzione non viene accettata dagli arabi e le lotte pro-seguono. Il 15 maggio 1948 nasce lo Stato di Israele, che però allarga i suoi confini con azioni terroristiche. Inizia la Prima Guerra Arabo-Israeliana. La coalizione araba (Egitto, Giordania, Siria e Iraq) esce sconfitta e cede parte dei territori al vincitore Israele.

• 1967: con la Guerra dei Sei Giorni, Israele espan-de ancora il suo dominio e aumentano i profughi ara-bi. Le Nazioni Unite tentano invano di convincere gli ebrei a ritirarsi dai territori palestinesi (Cisgiordania e Striscia di Gaza) occupati. Inizia la strategia di oc-cupazione dei coloni ebrei che continua ancora oggi. Nasce l’Organizzazione per la liberazione della Pa-lestina ( OLP ) con Yasser Arafat presidente.

• 1974-1993: i palestinesi chiedono di poter realizzare un loro stato a fianco di Israele nei Territori Occupati (Gaza e Cisgiordania). Dopo altri episodi di violenza e resistenza, si arriva agli Accordi di Pace di Oslo (1993) tra Arafat e i primi ministri israeliani Peres e Rabin, con l’impegno di ristabilire l’ordine delle terre senza insediamenti abusivi dei coloni. Nel 1995, però, Rabin viene ucciso e decade il processo di pace.

• Dal 1995 ad oggi: la situazione continua a peggio-rare, gli scontri sono sempre più sanguinosi e le prospettive di accordi sempre più lontane. La popo-lazione palestinese vive in condizioni drammatiche, in prigioni a cielo aperto, senza libertà e tante restri-zioni di movimento.

N on è diff ici le in-contrare Cristian Savani e chieder-

gli un’intervista. Soprattut-to quando si ha l’aiuto della sua simpatica e coraggiosa zia, suor Maria Savani, mis-sionaria comboniana nello Zambia dal 1977. Questa breve intervista al nipote, campione della pallavolo mondiale, la dobbiamo so-prattutto a lei. Ma anche alla disponibilità di Cristian, sempre a suo agio quando si tratta di incontrare bambi-ni e ragazzi.

Gen 2013

Intervista a cura di Pablo Sartori

Il PM incontra il capitano della nazionale di volley

Le schiacciatone

di Savo

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Savo: vai con la prima… Una breve presentazione?Ciao a tutti, ragazzi. Mi chiamo Cristian Savani e sono il Capitano della Nazionale italiana di Pallavolo non-ché uno degli schiacciatori della squadra. Ho 31 anni e gioco a questo sport da quando ne avevo 13. Prima di tutto vi confido una curiosità: anch’io, alla vostra età, leggevo PM Il Piccolo Missio-nario e mi piaceva tantissimo. vi scrivo oggi, a Olimpiadi appena concluse, per raccontarvi la mia esperienza sportiva e di valori che mi ha portato da un campetto dell’oratorio a vincere la meda-glia di bronzo alle ultime olimpiadi di Londra.Tu sei considerato uno sportivo modello, in tutti i sensi. Come sei riuscito a raggiungere questo traguardo?Molti ragazzi mi chiedono un consiglio su come diventare un campione nello sport. Beh, io penso che non esista una ricetta segreta, ma personalmente ciò che mi ha spinto in tutti questi anni è stato il sogno. Il mio personale sogno fin da bambino era andare alle olimpiadi e dopo 17 anni finalmente l’ho realizzato. Quindi non smettete mai di credere nel vostro sogno, alimentate-lo ogni giorno, custoditelo gelosamente e vedrete che con tanto sacrificio e impegno un giorno lo realizzerete.Come hai superato le immancabili difficoltà, sia nella tua carriera di atleta che nella vita?Il percorso che mi ha portato fino ai giochi olimpici, non è stato facile, ho affrontato tante difficoltà, anni di sacrifici e a volte an-che delusioni. Chi mi ha fatto andare avanti è stata la mia fami-glia, mi è stata vicina e mi ha aiutato. L’affetto e l’amore che mi hanno trasmesso i miei cari, hanno fatto sì che riuscissi a supera-re ogni difficoltà, quindi è importantissimo, non dimenticarsi mai da dove si viene e le persone che veramente ci vogliono bene.Per questo vi consiglio tantissimo di praticare uno sport, uno qualsiasi, perché è una scuola di vita. Io personalmente sono cresciuto tantissimo, oltre che come atleta anche come uomo. Lo sport vi aiuta a mantenere una vita attiva e sana, e ma-gari visto i tempi che corro-no, vi aiuta a stare lontano da tutte quelle tentazioni (droga, scommesse ecc.) che mette-rebbero la vostra vita su un bi-nario senza via d’uscita.

con affetto,Savo

L'esultanza per il bronzo di Londra e la dedica di

Savo e di tutta la squadra all'indimenticabile Vigor

"Bovo" Bovolenta

Soprannome Savo

Luogo di nascita Castiglione delle Stiviere (MN)

Data di nascita 22/02/1982

Stato civile sposato

Altezza 196 cm

Ho scelto il volley perché… mi piace e mi dà soddisfazioni

Ruolo schiacciatore

Dedicherei una vittoria importante a i miei genitori

Titolo di studio tecnico elettronico

Un pregio semplicità

Un difetto testardaggine

Adoro andare al lago di Garda

Detesto le persone false

Hobby film e musica

Piatto preferito tiramisù

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... che a volte le domande sono più belle delle risposte? E chi l’ha detto che non è

così? Ti piacerebbe leggere una rubrica fatta ogni volta di una domanda strana, tipo

quella che comincia oggi su questo giornalino? Sarà poi così difficile scrivere dei

racconti fatti tutti di domande? Pieni di punti interrogativi? Curiosi, misteriosi, dub-

biosi? Sarebbe bello, no? E poi, non è forse vero che di solito sono più belle le do-

mande delle risposte? Meglio i dubbi delle certezze? Provo a fare degli esempi?

È vero che i Rom hanno diritto a mettersi sempre in cammino ma pure, ogni tanto, se

ne hanno voglia, a fermarsi da qualche parte? Sarà più facile, prima o poi, spostarsi

da Sud a Nord? Dove si potranno mai mettere le scorie nucleari? Vi viene in mente

qualche posto? Esistono guerre giuste? Cosa mi dite? L’acqua non è di tutti? E allo-

ra? Ne volete ancora?

Consumare non significa consumarsi? Prendere e buttar via non è buttarsi via? Non

dovrebbero essere gratuiti, i farmaci, per chi non ha i soldi per comprarli? Devono

lavorare i bambini? La donna deve essere sfruttata dall’uomo? Quanti sanno che

lavoro facevano i nonni? Da dove venivano? Che vita hanno fatto? E quando ci fanno

domande così, senza preavviso, come ci sentiamo? Disorientati dal dubbio, pietrifi-

cati dalla sorpresa? Avviliti, sopraffatti? Abbandonati da terra in alto mare?

Pensate che potranno ancora ridere e sussurrare le bocche che hanno urlato di pau-

ra? Riusciranno ancora ad ascoltare una ninna nanna le orecchie che hanno udito le

bombe? Annuseranno di nuovo il profumo del pane le narici che sniffavano colla?

S’incanteranno ancora gli occhi che hanno fissato la morte? Quale crema potremo

mai mettere sulle mani dei bambini che fabbricano mattoni? E sulle dita di quelli

che schiacciano il grilletto di un mitra? Vi viene in mente qualche risposta? No?

Ma noi abbiamo altri problemi, mi direte, lavoriamo tanto, andiamo a scuola, non

è vero? E c’è pure da pensare alle vacanze, giusto? Ma quando andremo in vacan-

za come ci saluteranno le mani tagliate dei bambini di strada? Come giocheranno

con noi quelli che cuciono scarpe e palloni, e con quei palloni provano a giocare,

a cura di Antonio Ferrara

E tu, lo sai…

E tu, lo sai...

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e calciano con l’unico piede libero, per-ché l’altro è incatenato al tavolo da lavo-ro? E quelli che ormai l’altro piede non ce l’hanno più, perché una mina glielo ha mangiato, e ballano come ballerini tristi, saltellando su una sola gamba?Cosa possiamo farci, noi? Niente, no? Non facciamo forse il nostro dovere? E cosa c’entriamo, noi, con quelli che dormono nelle stazioni, che piangono nelle prigio-ni, che muoiono nelle fogne? O con quelli legati sotto i camion per passare il con-fine? Quelli appesi a una fune a traino di una nave o dietro il motore di un aereo di linea? O quelli nei container? Allora sba-gliano i bambini che si fidano e si affidano

ai grandi? Sbagliano quelli che chiedo-no perché, con gli occhi che bruciano

come soli e le voci che s’incurvano in un punto di domanda?

Non lo so, io, io non le conosco, le risposte, mi credete? Penso solo che bisogna imparare a fare più domande, delle buone do-mande, non siete d’accordo? Non vedete che per chi non vuole o non può non c’è più spazio? E non è vero, allora, che le domande sono sem-pre più belle delle risposte? Saranno sempre così in po-chi a farsi tante domande? Che ne dite? Non possia-mo spostarci, dalla fatica dei come, verso la poesia dei perché? Non possiamo farci domande assurde e necessarie, senza soldati e sentinelle? Non possiamo chiederci cose belle e stra-ne? Portando magari una carezza ai bambini, e qual-

che schiaffone agli adulti?

a cura di Annalisa MirabellaP-Rate P-Rate

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T utti a bordo! Oggi si salpa con questa nuova rubrica con cui navigheremo a vele spiegate nel Mar Web. Il titolo è la combi-

nazione di due parole inglesi: “people” (gente) e “to rate” (valutare). ricorda chiaramente la pa-rola “pirata”, e piratesco infatti vuole essere lo spirito con cui vi accompagneremo in questa avventura. Noi infatti siamo pirati, ma di quelli buoni, la cui missione è quella di viaggiare per esplorare isole digitali, incontrare cyber tribù amiche e cercare tesori sepolti in fondo al mare

cibernetico.Il nostro viaggio inizia nell’arcipela-

go delle isole di Social Network, in italiano “rete sociale”. Ma che cos’è una rete sociale? In gene-rale ogni legame – di amicizia, di amore, di lavoro – che si viene a

creare tra un gruppo di persone può essere definito tale. Quindi, così

come nella vita reale intratteniamo alcune di queste relazioni, anche in internet, navigando su siti appositi, possiamo metterci in contat-to con altre persone creando o entrando a far parte di un gruppo con cui condivi-diamo gli stessi interessi, ad esempio musicali (Last.fm), artistici (deviantArt)

o letterari (aNobii), solo per citarne alcuni.Dall’invio della prima mail tra due persone, av-venuto nel lontano 1971, all’instant messaging (messaggistica istantanea)di ICQ nei primi anni ‘90, la possibilità di condividere messaggi e file di varia natura, e di creare quindi delle reti so-ciali, si è evoluta di anno in anno sempre in più, fino alla nascita di MySpace nel 2003 e di Twit-ter nel 2006, piattaforme che hanno integrato la messaggistica con video, immagini, file musi-cali (mp3) in una formula “tutto incluso”.Il primo porto che visitiamo si chiama Facebo-ok. Nato nel 2004 per collegare tra loro gli stu-denti universitari americani, ha poi riscosso un tale successo da essere aperto a tutti gli uten-ti del mondo, che oggi sono più di 900 milioni. Cosa ne ha determinato la fama planetaria ? La facilità di ritrovare vecchie amicizie e la possibi-lità di allacciarne delle nuove ci ha reso tutti un

Pescando nella retePescando

nella rete

a cura di Annalisa MirabellaP-Rate

a cura di Annalisa MirabellaP-Rate

po’ più vicini e immediatamente rintracciabili.Ma la parola chiave dei social network come Twitter, Myspace, Tumblr, etc., giusto per cita-re i più famosi oltre a Facebook, è condivisio-ne. Condividere significa far sapere agli “amici” i propri pensieri, pubblicare foto, comunicare in tempo reale i luoghi in cui ci si trova e riportare attraverso i links (i collegamenti) le notizie, i vi-deo e la musica reperiti in rete. rendere parte-cipi altre persone della propria vita è divertente; tuttavia, in rete, navigano purtroppo anche molti pirati cattivi il cui mestiere è rubare le nostre

identità (nome, cognome, luogo di nascita, in-dirizzo ecc...) per farne un uso sgradevole, ad esempio prendendo in giro un nostro amico a nome nostro.Ma nella rete si aggirano loschi pirati ancora più pericolosi, che con facili promesse o foto scon-venienti ci contattano per un incontro nella vita reale. Non appena capiamo chi sono, bisogna che ne parliamo subito con un adulto. Quindi le-viamo l’ancora e allontaniamoci da loro!La nostra privacy è un tesoro da custodire con cura, perché i pirati mal-vagi sono sempre in ag-guato per portacelo via.E adesso mollate gli or-meggi: si riparte! Capi-tan Cap_Anna vi aspet-ta sul prossimo numero con una nuova avventu-ra digitale!

Il pluri-milionario Mark Zuckerberg, che nel 2004 concepì l'idea di Facebook

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4a parte

sceneggiatura di Elle Esse - Disegni di C. Bighignoli

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16 FINE

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B ucarest 1904. Il giovane Henri Coanda (ha vent’anni) viene mandato dall’eserci-to in Germania, a studiare in una scuola

militare. Sin da bambino è affascinato dal vento, dal volo, e per l’esercito rumeno costruisce un aeroplano-missile.Ma Henri non si trova poi molto bene nell’arti-glieria, e presto abbandona l’esercito emigran-do in Francia, a studiare e costruire aeroplani.In una fiera a Parigi nel 1910, a 24 anni, Coanda

espone un aeroplano che ha costruito insieme all’italiano Giovanni Caproni. Anche se l’aeropla-no di Coanda non funziona ancora bene, incor-pora l’effetto che prende il suo nome: l’effetto Coanda, che descrive il moto di un getto di flui-do in un fluido (come vedremo negli esperimenti, un getto di fluido segue le superfici curve). Henri Coanda è dunque un inventore, si occupa perfino di scaldabagni a energia solare e di tec-niche per desalinizzare l’acqua. Ma soprattutto, è un pioniere nell’aerodinamica. Anche noi a Spazzascienza possiamo osserva-re molti effetti dell’aerodinamica con i materiali di recupero. Penne di plastica, lattine, filo, fogli di carta. Nelle nostre ricerche saremo confortati dall’inventore rumeno-francese, che una volta disse: “Gli aeroplani che costruiamo oggi sono solo il perfezionamento degli aeroplani di carta con cui giocano i bambini”.

a cura di Beniamino DaneseSpazzascienzaCannucce, lattine e aeroplani

Il filetto-fluidoOccorrente: l’involucro di una penna o una

cannuccia; filo da cucire; nastro adesivo.

Inserire il filo nella cannuccia, e attaccar-

lo con il nastro adesivo. Ecco fabbricato.

Quando si soffia nella cannuccia il filo è tra-

scinato nel flusso d’aria, e ci permette così

di “visualizzare” il flusso d’aria, sia che sof-

fiamo in alto, sia in basso.

Il filetto-fluido e le superfici

Cosa succede quando un getto di fluido

sfiora una superficie curva? Possiamo ve-

derlo soffiando con la cannuccia verso una

bottiglia. Ecco un effetto strano: il getto non

va dritto, ma segue la curva! È l’effetto Co-

anda, che ci viene confermato dal filo che,

nel flusso d’aria, avvolge la bottiglia. Quan-

do la bottiglia spinge l’aria in basso, riceve

una spinta in alto. Le ali degli aerei funzio-

nano in questo modo. Gli alettoni delle au-

tomobili, al contrario: spingono l’aria in alto

(anche i getti dai tubi di scappamento), e

l’automobile è schiacciata contro il terreno

e non perde aderenza.

La pallina controvento

Con questo sistema possiamo soffiare contro

una pallina, sospingendola dalla parte op-

posta, come se si muovesse controvento! Per

fare questo abbiamo bisogno di una specie

di rotaia (può andare bene la copertina rigi-

da di un libro) e dobbiamo soffiare non pro-

prio controvento, ma a circa 60 gradi.

Gli alettoni degli aerei

Gli alettoni degli aeroplani di carta mostra-

no un effetto analogo. Se arricciamo, anche

poco, le ali all’insù, l’aria verrà deviata in

alto, la coda dell’aereo spinta in basso, e

il muso dell’aereo in alto. Se le arricciamo

verso il basso, la coda sarà spinta in alto e

l’aereo di carta cadrà in picchiata.

Gen 2013

All'operaCannucce, lattine e aeroplani

... con la sabbia il fenomeno

non si verifica...Il fluido sembra "incollato" alla

superficie curva...

Il filo mostra chiaramente l'andamento del flusso d'aria