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CUP: B73D09000380006
DRD n° 195 del 22/11/2013 PSR Campania 2007-2013 mis. 124 (ambito PIF)
RELAZIONE FINALE
82100 Benevento – Piazza Arechi II, Palazzo De Simone P.I. 01114010620 Tel. 0824/305210-12-14 fax 0824/305229
e-mail [email protected] – P.E.C. [email protected]
Indice
Introduzione: la misura 124 dei P.I.F……..………………………………………………..4
1. Analisi economico-agraria, di Giuseppe Marotta, Concetta Nazzaro, Francesco
Frattolillo, Valentina Iacoviello, Alessia Lombardi, Francesca Rivetti, Marcello Stanco,
Konstantinos Karantininis
1.1 Introduzione………………………………………………………………………………6
1.2 Theoretical background………………………………………………………………….8
1.2.1 L’innovazione agroalimentare nell’ottica della responsabilità sociale……........11
1.2.2 L’innovazione nel comparto vitivinicolo: verso un processo di filiera……...….17
1.3 L’innovazione implementata nella filiera vitivinicola oggetto di indagine: il
framework teoororico…………………..…………………………………….…………21
1.4 Obiettivi e finalità della ricerca…………………..……………………………….........23
1.5 Metodologia……………………………………………………………………………...24
1.6 Risultati e discussione…………………………………………………………………..27
1.6.1 Lo sviluppo del nuovo prodotto agroalimentare: un processo collettivo…...….28
1.6.2 Il valore creato: effetti interni ed esterni………………....……………………...34
1.7 Conclusioni……………………….……………………………………………………...39
Bibliografia………………………………………………………………………………….41
2. Analisi economico-finanziaria, di Arturo Capasso e Giacomo Pascarella
2.1 Introduzione……………………………………………………………………………..47
2.2 Obiettivi e finalità della ricerca……………………..………………………………….50
2.3 Metodologia.......................................................................................................................51
2.4 Risultati e discussione…………………………………………………………………..53
2.5 Conclusioni…………………………………………………………................................69
Bibliografia………………………………………………………………………………….67
3. Analisi organizzativo-aziendale, di Vincenza Esposito e Luigi Capobianco
3.1 Introduzione……………………………………………………………………………..70
3.2 Theoretical background………………………………………………………………...72
3.2.1 Il concetto di integrazione delle conoscenze……………………...……………....73
3.2.2 Integrazione di conoscenze e azione organizzativa di progetto…………………75
3.3 Obiettivi e finalità della ricerca…………………………………………...……………78
2
3.4 Metodologia………………….…………………………………………………………..79
3.5 Risultati e discussione………………………………………………………………..…82
3.5.1 Il contesto della ricerca………...………………………………………………….82
3.5.2 Fasi del progetto e meccanismi d’integrazione delle conoscenze………...……..84
3.6 Conclusioni……………………………………………………………………………....92
Bibliografia………………………………………………………………………………….93
4. Analisi di marketing e strategie di comunicazione, di Antonella Garofano e Maria
Rosaria Napolitano
4.1 Introduzione……………………………………………………………………………..97
4.2 Theoretical background………………………………………………………………...99
4.3 Obiettivi e finalità della ricerca..……………………………………………………...101
4.4 Metodologia…………………………………………………………………………….102
4.5 Risultati e discussione…………………………………………………………………109
4.5.1 Il comportamento di acquisto e di consumo: l’analisi della domanda..............109
4.5.2 La segmentazione dei consumatori campani……………………...…………....125
4.5.3 Il ruolo del terroir nelle percezioni dei produttori: l’analisi dell’offerta……..129
4.6. La strategia di marketing per il nuovo prodotto………………………………..…..132
4.6.1 Il marketing mix………………...………………………………………………..133
Bibliografia…………………………………………………………………………….......138
3
Il presente Report espone i risultati della ricerca svolta dal Dipartimento di Diritto, Economia, Management e Metodi Quantitativi (DEMM), dell’Università del Sannio, nell’ambito del Progetto V.I.T.I.S. “Valutazione dell’attitudine delle uve Falanghina e Aglianico coltivate nel Sannio, alla produzione di vino spumante di qualità" - CUP: B73D09000380006; DRD n° 195 del 22/11/2013 - PSR Campania 2007-2013 mis. 124 (ambito PIF).
Il Progetto, con soggetto capofila la Cooperativa vitivinicola “La Guardiense”, e Responsabile Scientifico il prof. Giuseppe Marotta, ha visto coinvolte le seguenti Unità di Ricerca:
Università degli Studi di Napoli “Federico II” - Portici - (referenti proff. Luigi Frusciante, unità Genetica, e Luigi Moio, unità Enologia);
Università degli Studi del Sannio (referente prof. Giuseppe Marotta).
Nello specifico, l’Unità di Ricerca DEMM dell’Università del Sannio, risulta essere composta da: gruppo economico-agrario Giuseppe Marotta Concetta Nazzaro Francesco Frattolillo Valentina Iacoviello Alessia Lombardi Francesca Rivetti Marcello Stanco Konstantinos Karantininis gruppo economico-finanziario Arturo Capasso Giacomo Pascarella gruppo organizzativo-aziendale Vincenza Esposito Luigi Capobianco gruppo marketing Maria Rosaria Napolitano Antonella Garofano
4
Introduzione: la misura 124 dei Progetti Integrati di Filiera
La misura 124, attivabile nell’ambito dei Progetti Integrati di Filiera, riguardante la “Cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti, processi e tecnologie nei settori agricolo e alimentare e settore forestale” ha la finalità di promuovere la collaborazione tra tutti i segmenti della filiera, incentivando la cooperazione tra produttori, imprese di trasformazione, operatori commerciali e strutture operanti nell’ambito della ricerca e della sperimentazione, al fine di individuare e sviluppare percorsi innovativi. Tale misura, quindi, presenta degli obiettivi volti ad aumentare la competitività del settore agricolo attraverso una serie di azioni riguardanti:
- l’introduzione di nuove tecnologie ed innovazioni di prodotto e di processo tese a rendere più dinamiche le filiere caratterizzate da una bassa innovazione;
- l’internazionalizzazione delle imprese e delle loro produzioni; - la maggiore sicurezza sul lavoro, l’igiene e il benessere degli animali; - la promozione e l’introduzione di innovazioni nella fase di commercializzazione
attraverso la creazione di reti o circuiti brevi; - la diffusione di tecnologie che utilizzano prodotti agricoli e residui per la produzione
di imballaggi e biopolastiche e, in generale, quelle innovazioni di processo e di prodotto che possano arrecare benefici anche all’ambiente;
- il miglioramento della corrispondenza dei prodotti e dei processi agli standard qualitativi richiesti dal mercato;
- la promozione di iniziative che introducano innovazioni di processo e di prodotto, atte a ridurre l’impatto ambientale delle colture ed il risparmio idrico ed energetico.
Tutti gli interventi e la sperimentazione di nuovi prodotti o processi produttivi, si basano sul principio della sostenibilità, al fine di garantire la tutela ambientale e la salvaguardia delle risorse naturali e della biodiversità, che rappresenta la priorità tematica, a valenza orizzontale, di tutte le misure attivabili nell’ambito dei Progetti Integrati. La specifica misura, proprio attraverso la cooperazione, intende incentivare la creazione di solide reti relazionali tra istituti di ricerca, Università e imprenditori che operano nella filiera, che sono interessate ad incrementare il valore delle produzioni e la redditività dei prodotti e servizi aziendali. La creazione di solide reti relazionali può favorire, inoltre, sia l’attivazione di meccanismi di emulazione e moltiplicazione di comportamenti collaborativi e innovativi, sia effetti di ricaduta più ampi lungo le filiere e i territori rurali1. Va detto che la misura 124 ha contribuito a coprire anche operazioni preliminari quali: la progettazione, lo sviluppo e il collaudo di prodotti, processi e tecnologie, nonché gli investimenti di carattere materiale e/o immateriale connessi alla cooperazione, precedenti all’uso commerciale delle innovazioni, oltre che servizi di consulenza di base.
1 Cristiano S., Proietti P. (2013), Farm Innovation through Rural Development Programmes: experiences and pathways of innovation in Italy, paper presentato al 21st Esee, Antalya, Turkey, 2-6 September 2013
5
1. Analisi Economico-Agraria
di Giuseppe Marotta, Concetta Nazzaro, Francesco Frattolillo, Valentina Iacoviello,
Alessia Lombardi, Francesca Rivetti, Marcello Stanco, Konstantinos Karantininis
1.1 Introduzione: la misura 124 e il Progetto VITIS
Gli ultimi decenni hanno fatto registrare un cambiamento nei modelli di acquisto e di
consumo, specialmente per effetto di una maggiore sensibilità dei consumatori rispetto a
tematiche che investono la tutela dell’ambiente e del territorio nonché la salvaguardia delle
tradizioni rurali. Il consumatore, che alcuni studiosi hanno definito “cittadino-consumatore”
critico e responsabile (Marotta & Nazzaro, 2012), è particolarmente attento a scegliere
prodotti realizzati tenendo conto di tali questioni, dando prova di favorire lo sviluppo
sostenibile, anche fornendo informazioni dettagliate sulla provenienza delle materie prime, di
tutelare la sfera etica e di valorizzare la cultura del territorio. Agli occhi di questa nuova
figura di consumatore il prodotto assume una valenza del tutto nuova, non essendo
unicamente finalizzato a soddisfare i propri bisogni; viene piuttosto considerato un mezzo
attraverso il quale soddisfare le nuove esigenze emerse in considerazione della nozione di
valore sociale che crea.
Alla luce di questi mutamenti, i soggetti istituzionali, l’UE fra tutti, hanno cercato di creare le
condizioni affinché le imprese agroalimentari potessero operare facendo leva sulle nuove
esigenze rinvenibili nel mercato. Alcuni interventi, tra cui la riforma della Politica Agricola
Comunitaria (PAC), vanno letti in tale ottica.
Questo apre nuovi scenari e crea opportunità di business per le imprese agricole
multifunzionali (Marotta & Nazzaro, 2013), che operano nel’ottica della sostenibilità e della
responsabilità sociale e che sono in grado di creare prodotti che veicolino valori immateriali
legati alla sfera sociale e che tutelino l’ambiente. Tali imprese, facendo sulla propria capacità
6
di innovazione, potranno quindi tentare di costruire un vantaggio competitivo difendibile
attraverso la realizzazione di innovazioni di prodotto e di processo nell’ottica della
sostenibilità, con un ritorno potenzialmente significativo in termini di reputazione (Marotta &
Nazzaro, 2012).
Sulla base di queste premesse, nell’ambito dell’area di competenza di Economia
Agroalimentare si è provveduto ad analizzare il progetto V.I.T.I.S., dedicato allo sviluppo di
un nuovo prodotto, considerando le singole fasi che lo caratterizzano, esaltando la
cooperazione tra i diversi attori della filiera, valutando il ruolo di ogni soggetto coinvolto nel
processo nonché le esternalità potenzialmente derivanti dalla sua realizzazione e diffusione.
Lo studio è articolato come segue. Nel paragrafo 1.2 si presenta il background teorico su cui
si è costruita l’indagine, e in particolare: è realizzata innanzitutto una panoramica sugli
aspetti relativi alla letteratura sull’innovazione che saranno al centro dello studio; ci si
concentra quindi sull’innovazione concepita nell’ottica della Responsabilità Sociale, con
riferimento specifico al comparto agroalimentare, e considerando gli elementi del valore che
scaturiscono dai progetti di innovazione; ci si sofferma sulle caratteristiche dell’innovazione
nel settore vitivinicolo si enfatizza il carattere collettivo e socialmente responsabile che la
connota sempre più; nel paragrafo 1.3 si presenta il framework teorico di riferimento, che fa
riferimento al tipo di innovazione al centro dello studio, ossia l’innovazione sostenibile di
filiera, rispetto alla quale sono esaltati gli aspetti della cooperazione e della Responsabilità
Sociale. Il paragrafo 1.4 è dedicato all’obiettivo della ricerca, che si sostanza nell’analisi del
progetto d’innovazione concepito nell’ottica della CSR e delle esternalità derivanti dallo
stesso, e rispetto al quale vengono individuati gli elementi oggetto d’indagine. Nel paragrafo
1.5 si provvede ad illustrare la metodologia d’indagine seguita soffermandosi sulle fasi che
hanno caratterizzato la ricerca. Il paragrafo 1.6 presenta i risultati dell’indagine empirica, che
7
vengono discussi alla luce di quanto riportato in teoria. Infine, nel paragrafo 1.7 si riportano
le conclusioni dello studio.
8
1.2. Theoretical background
Questo lavoro si fonda su una base teorica che investe sia gli studi sull’innovazione sia i
contributi concernenti la creazione di valore, con specifico riguardo alla letteratura sviluppata
in ambito agroalimentare in generale e nel comparto vitivinicolo in particolare.
Quanto all’innovazione, diversi sono stati gli ambiti della letteratura presi in considerazione,
necessari per impostare l’indagine empirica. Innanzitutto, si è fatto riferimento agli studi
pioneristici sul ruolo dell’innovazione ai fini dello sviluppo economico (Schumpeter, 1934,
1942), a partire dai quali si è destata l’attenzione degli studiosi, che nel corso degli scorsi
decenni hanno sviluppato una vasta letteratura sia in ambito economico che manageriale. Al
sempre maggior interesse attorno al tema si è accompagnata una crescente complessità dello
scenario competitivo, caratterizzato sempre più da turbolenza e incertezza, che ha esaltato il
ruolo dell’innovazione quale leva chiave della competizione, mediante la quale le imprese
hanno la possibilità non solo di affrontare, ma anche di anticipare i mutamenti del mercato.
Questo ha contribuito allo sviluppo di una serie di studi che prendono a riferimento la
capacità d’innovazione delle imprese (si vedano ad esempio Forsman, 2011; Prajogo &
Ahmed, 2011; Rohrbeck & Gemünden, 2011), indispensabile per poter costruire un
vantaggio competitivo durevole (Barney, 1991), strettamente connessa al bagaglio di risorse e
competenze di cui dispongono e che devono essere in grado di arricchire continuamente in
modo dinamico (Eisenhardt & Martin, 2000; Teece, Pisano, & Schuen, 1997).
Rilevata l’estrema importanza dell’innovazione ai fini della competizione nell’attuale
scenario competitivo e individuati i fattori che contribuiscono a rendere l’impresa in grado di
innovare continuamente, sfruttandola come leva fondamentale per porsi in una condizione di
vantaggio rispetto alla concorrenza, ci si è concentrati sulla letteratura concernente le
molteplici forme dell’innovazione. Riprendendo quanto affermato da Schilling (2009, pp. 60-
67), l’innovazione può essere:
9
• di prodotto o di processo, a seconda che si sostanzi in un nuovo prodotto o investa un
particolare processo;
• radicale o incrementale, in base al grado di novità;
• competence enhancing o destroying, in funzione dell’effetto che produce sulla base
di conoscenza;
• architetturale o modulare, considerando l’architettura in cui si inserisce.
Un’altra branca della letteratura sull’innovazione, ampiamente investigata in quanto ritenuta
di grande importanza ai fini dello studio, consiste nel complesso degli studi sviluppati con
riferimento al processo di sviluppo di un nuovo prodotto (“New Product Development”). Ci
si è focalizzati sia sui modelli sequenziali (si veda sul punto Cooper, 1995) che sui modelli
paralleli (Schilling, 2009). Questo ha consentito di concentrarci sulle singole fasi che
compongono il processo, rinvenendone obiettivi e specificità, ma anche di apprezzare i
benefici connessi ad una parziale sovrapposizione delle stesse, alla luce delle problematiche e
le esigenze generalmente connesse al New Product Development (tra cui il contenimento dei
tempi e dei costi, connesso, tra gli altri, alla necessità di centrare i bisogni dei consumatori ed
al raggiungimento di determinati standard qualitativi).
La collaborazione ai fini dell’innovazione, altro topic di grande rilievo ai fini della ricerca, è
largamente enfatizzata negli studi. Il processo innovativo il più delle volte è realizzato in
collaborazione con altre imprese, ma anche interagendo con clienti, istituzioni, università e
centri di ricerca, parchi scientifici e tecnologici, etc. I motivi che portano a cooperare con
diversi soggetti sono da ricondurre al fatto che spesso le singole imprese non possiedono
risorse e competenze sufficienti a realizzare in house l’intero processo innovativo. La
cooperazione porta con sé sì benefici, ma è altresì accompagnata da aspetti critici che devono
essere necessariamente disciplinati. Infatti, potrebbero manifestarsi problemi in grado di
mettere a repentaglio la riuscita dei progetti e di creare pericoli per quel che concerne il
10
patrimonio di risorse e competenze delle singole imprese, per effetto di potenziali
comportamenti opportunistici. Questo rende necessario disciplinare adeguatamente le
relazioni, renderle funzionali rispetto agli specifici obiettivi da raggiungere nelle singole fasi
del processo e a valle dello stesso, predisporre adeguate modalità di verifica, specificare a
livello contrattuale tutto quel che concerne la condivisione di risorse e competenze.
Un aspetto centrale della ricerca concerne la creazione di valore, variamente inteso.
L’innovazione, come ampiamente enfatizzato in letteratura (si vedano ad esempio Drucker,
1985; Teece, 1986; Jacobides, Knudsen & Augier, 2006), è di per sé strumentale alla
creazione di valore. Quel che risulta di particolare interesse ai fini della ricerca è l’enfasi sul
fatto che non viene creato unicamente valore per i destinatari dell’output e per l’impresa, ma
si generano effetti anche per altri soggetti, che spesso sfuggono ad ogni considerazione in
sede di pianificazione. Questo perché molte innovazioni sono in grado di dar vita alle
cosiddette “esternalità”. Il concetto di esternalità, ampiamente dibattuto da più di un secolo,
può essere in generale inquadrato in funzione degli effetti, positivi o negativi, che non sono
conseguenti alle decisioni dei soggetti che li sopportano (Fariselli, 2014). Nel corso del
tempo sono state proposte diverse tassonomie di esternalità, la cui trattazione esula dagli
scopi di questo lavoro, specialmente in ambito economico (tra i molti contributi, si vedano ad
esempio Johansson, 2005; Scitovsky, 1954; Sterner, 1992). Il concetto di esternalità, in
generale, è molto ampio e investe diversi ambiti di ricerca. Il focus in questo lavoro è sulle
esternalità positive derivanti dall’innovazione. Questi effetti, che possono manifestarsi
rispetto a diversi soggetti, legati o meno all’impresa possono generare per l’impresa problemi
di appropriabilità (es. Teece, 1986). Più recentemente, estendendo il concetto di valore oltre il
profitto, si sono esaltati i contenuti immateriali legati alla realizzazione e alla diffusione
dell’innovazione e si è sempre più posta l’attenzione non semplicemente sui diversi tipi di
soggetti che vengono investiti da tali effetti, ma anche sul territorio e sull’ambiente in
11
generale. L’enfasi sui contenuti immateriali relativi all’innovazione si deve all’affermazione
del paradigma basato sulla conoscenza (es. Grant, 1996), nel corso degli scorsi decenni.
L’ampliamento del tipo di effetti da considerare nel pianificare l’innovazione e del ventaglio
dei destinatari è invece riconducibile alla Corporate Social Responsibility, che ha posto le
imprese dinanzi a nuove sfide, legate alle ripercussioni che, attraverso la propria attività,
possono avere rispetto alle sfere ambientali e sociali.
In definitiva, la letteratura sviluppata con riferimento all’innovazione, relativa alle specifiche
forme, al processo, alla collaborazione, alla creazione di valore e alle esternalità, ha costituito
un primo substrato teorico su cui si è costruito lo studio, riferito allo sviluppo di un nuovo
prodotto.
Il prosieguo del paragrafo andrà ad inquadrare l’innovazione nell’ottica della Responsabilità
Sociale (CSR), con specifico riferimento al comparto agroalimentare, e successivamente
tenterà di cogliere le peculiarità dell’innovazione in ambito vitivinicolo, soffermandosi sul
concetto di innovazione di filiera.
1.2.1 L’innovazione agroalimentare nell’ottica della responsabilità sociale
Come accennato in precedenza, in tempi relativamente recenti si è affermato negli studi
d’impresa il concetto di Corporate Social Responsibility (CSR). Molteplici definizioni sono
state proposte nel corso del tempo, anche grazie alla precisa volontà di inquadrare la
Responsabilità Sociale da parte della Commissione Europea, che si è mostrata
particolarmente impegnata a promuovere i temi legati alla tutela del paesaggio e del territorio
in generale, l’attenzione alle ripercussioni sulla società, e la loro integrazione nelle strategie
delle imprese. Nel Libro Verde della Commissione Europea (2001, p. 7) la responsabilità
sociale è vista come: “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche
delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”. In
12
quest’ottica, “essere socialmente responsabili significa non solo soddisfare pienamente gli
obblighi giuridici applicabili, ma anche andare al di là investendo “di più” nel capitale
umano, nell’ambiente e nei rapporti con le altre parti interessate” (Libro Verde della
Commissione Europea, 2001, p. 7). Ne discende la necessità, per le imprese, di predisporre
prassi definite “socialmente responsabili”, che coinvolgono primariamente i dipendenti, e
“prassi ecologiche responsabili”, concernenti l’ambiente e le risorse naturali di cui l’impresa
si serve, entrambe considerate strumentali a competere in uno scenario sempre più instabile,
con particolare attenzione alle tematiche sociali (Libro Verde della Commissione Europea,
2001, p. 8). Partendo da tali considerazioni, il concetto di Responsabilità Sociale è stato
sviluppato e precisato da Molteni (2004, p. 4) che la concepisce come una “tensione
dell’impresa (…) a soddisfare in misura sempre crescente, andando al di là degli obblighi di
legge, le legittime attese sociali e ambientali, oltre che economiche, dei vari portatori
d’interesse (o stakeholder) interni ed esterni, mediante lo svolgimento delle proprie attività”.
Successivamente, la Commissione Europea ha proposto una nuova definizione, mediante la
quale la responsabilità sociale è vista come “la responsabilità delle imprese per quanto
concerne il loro impatto sulla società”, per affrontare le quali non basta il rispetto della
normativa, ma è necessario che le imprese integrino le “questioni sociali, ambientali, etiche,
ovvero le questioni riguardanti i diritti dell’uomo e i consumatori, all’interno delle proprie
strutture gestionali e delle proprie strategie di base, in stretta collaborazione con i propri
partecipanti interessati, allo scopo di: – massimizzare la creazione di un valore condiviso per
i propri partecipanti interessati/proprietari nonché per altri partecipanti interessati e per la
società più in generale; – individuare, prevenire e mitigare i loro possibili effetti negativi”
(Comunicazione della Commissione Europea, 24 ottobre 2011, p. 7).
Gli aspetti legati all’integrazione nelle strategie e alla creazione di valore sono diventati
sempre più centrali nel dibattito in ambito accademico e intorno ad essi si sta concentrando
13
l’attenzione di gran parte degli studiosi. La Responsabilità Sociale è stata così definita come
“una strategia di sviluppo competitivo che fa leva sull’idea che le imprese possano farsi
carico di bisogni sociali più ampi, andando oltre la sola sfera economica” (Marotta &
Nazzaro, 2012, p. 31). In altre parole, sarebbe inquadrabile nell’ambito delle strategie
competitive dell’impresa, strumentale pertanto al conseguimento di un vantaggio competitivo
sostenibile, con effetti sulla performance, e si fonderebbe sulla generazione di benefici
collettivi, seguendo schemi cosiddetti di “common law” (Marotta & Nazzaro, 2012). Operare
nell’ottica della CSR significa tendere ad ampliare il portafoglio di valori, definito come
“l’insieme dei valori materiali e immateriali creati dall’impresa, su cui essa costruisce il suo
posizionamento di mercato e il suo ruolo sociale” (Marotta e Nazzaro, 2012, p. 40).
Il comparto agroalimentare è sicuramente tra i maggiormente coinvolti nell’ambito del
dibattito sulla Responsabilità Sociale. Questo è dovuto a molteplici motivi, riconducibili
prevalentemente ad aspetti problematici che si associano alla competizione e più in generale
alla gestione di tali imprese. Ciò crea “aspettative” da parte degli stakeholder e pone le
imprese agroalimentari dinanzi alla necessità di operare nell’ottica della Responsabilità
Sociale, poiché si rende necessario difendere la loro “licenza di operare” (Heyder &
Theuvsen, 2009; Wiese & Toporowski, 2013). Nello specifico, come fa notare Hartmann
(2011, p. 310) tra gli aspetti problematici di cui sopra è possibile rinvenire i seguenti: le
imprese sono fortemente dipendenti da risorse naturali da utilizzare nel processo produttivo,
con un potenziale impatto sull’ambiente, che dovrebbero tentare di contenere il più possibile;
in secondo luogo, sono poste dinanzi a problematiche di carattere sociale che si inseriscono
nelle dinamiche competitive; infine, devono misurarsi con questioni etiche che concernono
prevalentemente il mercato di approvvigionamento.
Ma come si lega l’innovazione alla Responsabilità Sociale? Ai fini dello studio,
l’innovazione è considerata un mezzo che consente alle imprese del comparto di tendere al
14
conseguimento di un vantaggio competitivo concepito nell’ottica della CSR. Questo è
evidente se si considera che nell’agroalimentare è possibile cogliere, ancor più rispetto ad
altri comparti, l’importanza delle esternalità che si legano al processo innovativo e alla
diffusione delle innovazioni, che si riflettono sull’ambiente, sul territorio, sulla società in
generale. Un altro aspetto di innegabile rilievo, che consente di cogliere il legame tra
innovazione e CSR, concerne la nascita di una nuova figura di consumatore, particolarmente
attento alle questioni legate alla Responsabilità Sociale, dalla cui considerazione dipendono
le proprie scelte di consumo, che gli studiosi hanno definito “cittadino critico e responsabile”
(Marotta & Nazzaro, 2012). Progetti d’innovazione finalizzati alla realizzazione di nuovi
prodotti/processi centrando le questioni ambientali e sociali evidenziate dalla letteratura sulla
CSR dovrebbero quindi costituire, in quest’ottica, uno strumento imprescindibile ai fini di un
vantaggio competitivo durevole.
Sulla base di queste osservazioni è possibile comprendere perché gli studiosi hanno
cominciato ad interessarsi all’innovazione nell’ottica della Responsabilità Sociale con focus
specifico sull’agroalimentare. Sebbene ad oggi non siano rinvenibili molti contributi sul
tema, va registrato il tentativo di proporre alcuni concetti di innovazione che incorporino le
tematiche centrali proposte nell’ambito della letteratura sulla CSR, tenendo conto delle
peculiarità del comparto. Tra questi emerge il concetto di “eco-innovation” (Klemmer et al.,
1999; Rennings, 2000).
Come sottolinea Rennings (2000, p. 322), l’elemento qualificante delle eco-innovation,
realizzabili sia in ambito profit che no-profit, collocabili o meno sui mercati, di varia natura
(tecnologica, sociale, etc.), consiste nel fatto che contribuiscono a pervenire “ad una
riduzione degli oneri ambientali o a target di sostenibilità ecologicamente specificati”. Questo
anche grazie al contenimento dell’utilizzo delle risorse naturali (EIO, 2011:VII). In generale,
a questo tipo di innovazioni si riconduce il cosiddetto “problema di doppia esternalità”
15
(Rennings, 2000), che determina “spillover positivi sia nella fase di innovazione che di
diffusione (…) [e] gli spillover positivi nella fase di diffusione sembrano dovuti ad un minore
ammontare di costi esterni, comparati ai beni ed ai servizi sul mercato” (Rennings, 2000, p.
325). Questo consente di cogliere la potenziale importanza di tale tipo di innovazioni, la cui
realizzazione dovrebbe essere incentivata dai policy makers, orientando opportunamente le
politiche pubbliche (Blasi et al., 2014). Va sottolineato, comunque, che questo impegno
dovrebbe essere associato ad un tentativo di superare la scarsa familiarità con l’innovazione
che caratterizza molte imprese, di norma piccole o piccolissime e connotate da una scarsa
base tecnologica (Blasi et al., 2014, p. 2). A tal fine potrebbe tornare utile predisporre
specifici programmi di apprendimento volti ad alfabetizzare le imprese con riferimento ai
progetti di innovazione e ai benefici della collaborazione con potenziali partner, in grado di
metterle nelle condizioni di innovare.
Al di là degli sforzi definitori, alcuni studiosi hanno cercato anche di comprendere quali
fossero i fattori che favoriscono la realizzazione di questo tipo di innovazioni. Muscio et al.
(2013, pp. 345-347), con particolare riferimento al comparto vitivinicolo, sottolinea
l’importanza di: aspetti regolatori, caratteristiche della domanda, opportunità di mercato,
utilizzo efficiente delle risorse, caratteristiche organizzative e strutturali. Si tratterebbe dei
“driver” che indurrebbero le imprese a sviluppare eco-innovation, secondo pratiche che non
sono state ancora oggetto approfondito di studio (Muscio et al., 2013, p. 347). Infatti,
estremamente esigui sono i contributi che esaminano le modalità attraverso cui tali imprese
innovano e quali aspetti impattano sulla loro capacità di innovazione. Un esempio è dato dal
contributo di Muscio et al. (2013, p. 355), che esplorano il legame tra caratteristiche delle
imprese vitivinicole e probabilità di sviluppare questo tipo di innovazioni. Secondo gli
Autori, la dimensione delle imprese e gli investimenti in ricerca e sviluppo non impattano
sull’attività di eco-innovation, che risulta invece influenzata dalla natura delle imprese e dalla
16
partecipazione a programmi di sperimentazione scientifica (Muscio et al., 2013, p. 355). Un
altro interessante aspetto emerso concerne l’impossibilità di considerare l’eco-innovation in
modo avulso rispetto alle altre innovazioni riconducibili alle imprese, poiché va considerata
frutto della capacità di innovazione associabile all’impresa (Muscio et al., 2013, p. 355).
Accanto al concetto di eco-innovation è stato introdotto quello di “innovazione sostenibile”
(Sarkis et al., 2010; Wüstenhagen et al., 2008). Non è ancora ben chiaro quali siano le
differenze tra i due tipi di innovazione, e in molti casi le due espressioni sono utilizzate in
modo intersostituibile. Quel che viene messo in evidenza, nel definire l’innovazione
sostenibile, è il ruolo di “driver chiave per l’impresa sostenibile” (Sarkis et al., 2010, p. 13),
ossia di strumento che consenta di competere nell’ottica della sostenibilità, il che è
pienamente riconducibile anche al concetto di eco-innovation. Inoltre, un aspetto che viene
enfatizzato nella nascente letteratura concerne il fatto che tale tipo di innovazione riesce a
coniugare il concetto di sostenibilità, “una condizione ideale di equilibrio (…) [con] lo
sviluppo sostenibile [che] è un percorso che va dagli attuali insostenibili sistemi socio-tecnici
verso tale equilibrio” (Sarkis et al., 2010, p. 3). Più specificamente, riportando quanto
affermato dall’Autore, “mentre la sostenibilità è relativa all’equilibrio e alla permanenza,
l’innovazione è relativa al cambiamento del modo in cui le cose sono fatte. È una forma di
apprendimento per risolvere specifici problemi in un contesto altamente differenziato e
volatile (Dicken, 2006), ed implica incertezza relativamente agli effetti. L’innovazione
finalizzata a fornire nuove tecnologie come una soluzione per proteggere gli ecosistemi può
spostare l’uso delle risorse e impattare su sistemi sociali e naturali in modi nuovi e
inaspettati” (Sarkis et al., 2010, p. 2).
Come visto, la letteratura che mira ad inquadrare l’innovazione nell’ottica della sostenibilità,
specialmente in ambito agroalimentare, è ad oggi estremamente scarna. Tuttavia, va
registrato lo sforzo degli studiosi di introdurre concetti relativi a tipi di innovazione che
17
incorporino elementi tipici della sostenibilità e della Responsabilità Sociale e di cominciare
ad interrogarsi sui fattori che stimolano ed influenzano l’attività innovativa dell’impresa. Gli
spazi d’indagine sono enormi, e gli studiosi del comparto agroalimentare sono chiamati a
discernere tutti gli aspetti che si legano ad un tema sempre più d’interesse per gli stessi
practitioners e policy makers.
1.2.2 L’innovazione nel comparto vitivinicolo: verso un processo di filiera
L’importanza dell’innovazione nel comparto vitivinicolo è stata lungamente sottovalutata (si
veda sul punto Aylward, 2005) e soltanto negli scorsi anni gli studiosi si sono resi conto di
quanto possa essere importante per competere in uno scenario sempre più turbolento. Giuliani
(2008, p. 13) nota, in particolare, che le principali innovazioni introdotte hanno riguardato il
processo di produzione e, sottolineando che “questo ha cambiato il modo in cui i produttori di
vino operano, al punto che il comparto vitivinicolo non è più un comparto tradizionale in cui
predomina la conoscenza tacita. (…) Come risultato di ciò, questo settore ha subito un
periodo di cambiamento dinamico nei metodi e nelle tecnologie di produzione”. Inoltre,
sempre maggiore è il peso che sta rivestendo la realizzazione di nuovi prodotti e il
miglioramento di quelli esistenti (cit.).
La presa di coscienza dell’importanza e del potenziale attribuibile all’innovazione, gli
studiosi hanno cominciato ad interrogarsi sulle dinamiche, sulle pratiche strumentali alla
realizzazione di specifici progetti nonché sulle caratteristiche in generale attribuibili
all’innovazione nel comparto. Anche in questo caso la letteratura non è ancora consolidata,
sebbene sia possibile rintracciare contributi che stanno contribuendo ad un significativo
avanzamento degli studi.
Un primo aspetto che si è cercato di chiarire concerne le caratteristiche dell’innovazione. Sul
punto, partendo da quanto affermato da Smith (2007), Doloreux & Lord-Tarte (2013, p. 176),
18
sottolineano che l’innovazione “è complessa e sofisticata. Si basa su conoscenza tecnologica
per lo sviluppo tecnologico con riferimento a fermentazione, vinificazione, botanica e
gestione del suolo, così come su conoscenza di business e manageriale per la vendita di vino
e la commercializzazione”. Queste osservazioni consentono di cogliere un aspetto
fondamentale che caratterizza l’innovazione nel comparto, ossia l’eterogeneità della
conoscenza che si rende necessaria per portare avanti specifici progetti, che coinvolge diversi
ambiti disciplinari anche lontani tra loro. Partendo da quanto notato da Doloreux & Lord-
Tarte (2013), è possibile comprendere che si tratta di conoscenza, tacita ed esplicita (Nonaka
& Takeuchi, 1995), relativa ad ambiti che riguardano il processo di produzione, concernenti
ad esempio la genomica e l’enologia, estendendosi sino al mercato. Quanto all’ultimo
aspetto, va precisato che l’acquisizione di conoscenza dai consumatori è indispensabile non
solo per comprendere quali siano le caratteristiche del prodotto ricercate, creando le premesse
per avere successo sul mercato (es. Doloreux & Lord-Tarte, 2013); sarebbe invece opportuno
predisporre adeguati meccanismi di customer knowledge management (es. Garcia-Murillo &
Annabi, 2002; Gibbert et al., 2002) che consentano, attraverso l’interazione con il
consumatore, di acquisire conoscenza che possa essere utile all’impresa al di là degli specifici
progetti.
Un tratto evidente che caratterizza l’innovazione è dato quindi dall’eterogeneità della
conoscenza da impiegare nei progetti nel comparto, accompagnata dalla molteplicità delle
risorse indispensabili per realizzarli. Questo, anche alla luce di alcune caratteristiche
strutturali che caratterizzano il settore, come la dimensione delle imprese, generalmente
piccole o piccolissime e fortemente specializzate (Pacman Newsletter, 2012), quindi
difficilmente in grado di realizzare in house gli specifici progetti, consente di cogliere un
aspetto fortemente caratterizzante le attività innovative. Si tratta del carattere “collettivo”
19
dell’innovazione in ambito vitivinicolo, la quale il più delle volte coinvolge molteplici
soggetti nella filiera (potendo estendersi anche al di là della stessa) (Rebelo & Muhr, 2012).
L’innovazione si realizza nell’ambito di network che “sono più frequenti nella parte superiore
della filiera, collegando viticoltori e produttori di vino, vale a dire network di produzione, ma
si trovano anche nelle fasi di distribuzione e fornitura di servizi (Caffagi & Imacieli, 2010)”
(Rebelo & Muhr, 2012, p. 112). Come precisano Rebelo e Muhr (2012), tali network possono
essere di vario genere (contrattuali, organizzativi e misti); costituiscono l’ambiente in cui
vengono condivise risorse e conoscenza tra i vari soggetti che vi si inseriscono, ognuno con
un preciso ruolo nell’ambito dei progetti (Velluzzi, 2010; Giuliani & Bell, 2005, in Doloreux
& Lord-Tarte, 2013, p. 176).
La letteratura non sembra offrire ulteriori evidenze, ma dalla breve rassegna risulta evidente
che l’innovazione sta diventando un tema di grande interesse tra gli studiosi focalizzati sul
comparto. Ad oggi il tratto maggiormente significativo emerso, ossia il carattere “collettivo”
dell’innovazione (Doloreux & Lord-Tarte, 2013) può costituire la prospettiva attraverso cui
approcciare lo studio del processo di innovazione in ambito vitivinicolo. I diversi soggetti che
partecipano ai progetti di innovazione tipicamente si fanno carico soltanto di una parte del
rischio e si appropriano di una fetta del valore creato. Ognuno ha compiti ben definiti e
fornisce al progetto specifiche risorse, conoscenze e competenze. Si tratta, come accennato,
di un insieme eterogeneo di soggetti, che interagiscono ai fini del conseguimento di un
obiettivo comune, e le cui relazioni possono essere più o meno disciplinate formalmente nel
dettaglio. Il dibattito, estremamente recente, sulla cooperazione ai fini dell’innovazione in
ambito vitivinicolo si è concentrato sulle problematiche connesse all’interazione tra i soggetti
che prendono parte al processo, con particolare enfasi su quelli esterni al settore (Lambrecht
et al., 2014). L’interazione è spesso difficile soprattutto a causa del fatto che molti operatori
del settore non hanno una base di conoscenze sufficiente ad interagire costantemente con
20
coloro che sono “esterni” rispetto ad esso (ad esempio i policy makers e le università)
(Lambrecht et al., 2014). Questo costituisce un limite importantissimo che impedisce alle
imprese di beneficiare appieno di tali relazioni.
L’interazione può realizzarsi attraverso relazioni verticali o orizzontali. Gli studiosi
forniscono osservazioni molto interessanti sulle relazioni di filiera in ambito vitivinicolo.
Come notato da Kühne et al. (2010, p. 2): “le reti orizzontali sono costituite da imprese
appartenenti allo stesso settore, quindi principalmente concorrenti o pari. Le reti verticali
sono composte dai vari partner della catena agroalimentare coinvolti in tutti i flussi, a monte
e a valle, di prodotti, servizi, risorse finanziarie e informazioni. La rete verticale comprende
tutte le organizzazioni dalla filiera diretta (fornitore, produttore alimentare, cliente) alla filiera
estesa (fornitori di fornitori e clienti di clienti) (Van der Vorst, 2000;. Mentzer et al, 2001).
Oltre a ciò, terze parti stanno contribuendo alla filiera, come ad esempio fornitori di servizi
finanziari, fornitori di logistica di terze parti, e imprese che realizzano ricerche di mercato
(Van der Vorst, 2000; Mentzer et al., 2001)”.
Le relazioni, come già accennato, possono essere formali o informali. Gellyinck et al. (2011,
p. 15) sottolineano che “i fornitori, i produttori di alimenti e i clienti nelle filiere alimentari
tradizionali regolano le loro relazioni principalmente attraverso rapporti non contrattuali con
partner in grado di fornire una certa qualifica o una certificazione di terze parti”; questo
significa che le relazioni informali sono piuttosto consuete nel comparto.
La scarna letteratura offre alcune evidenze sul legame tra le relazioni nella filiera e la
capacità d’innovazione dell’intera filiera (Kühne et al., 2010). In particolare, è stato
dimostrato da Kühne et al. (2010, p. 15) che la capacità d’innovazione di filiera dipende
dall’interazione tra i diversi operatori nonché che il ruolo del networking a livello orizzontale
risulta, ai fini di un rafforzamento di tale capacità, particolarmente importante. Ulteriori
evidenze hanno portato gli studiosi a definire una tipologia di filiere nell’agroalimentare,
21
sulla base del livello di performance dell’innovazione, considerando anche alcune
caratteristiche del settore (Gellynck et al., 2011, p. 14).
Questi sono i principali aspetti ad oggi esplorati dagli studiosi, che hanno consentito di
cogliere, partendo dalla rilevazione del carattere “collettivo” dell’innovazione nel comparto
(Doloreux & Lord-Tarte, 2013), il fatto che essa si manifesta spesso come frutto di uno
sforzo che coinvolge i diversi operatori della filiera e spesso si estende a terze parti. È
possibile affermare, quindi, sulla base di quanto affermato in letteratura (Kühne et al., 2010),
che le innovazioni in ambito vitivinicolo sono qualificabili frequentemente come
“innovazioni di filiera”.
1.3. L’innovazione implementata nella filiera vitivinicola oggetto di indagine:
il framework teorico
A partire dalla letteratura sull’innovazione inquadrata nell’ottica della responsabilità sociale,
sulla creazione di valore e sul processo di filiera, alla quale sono stati dedicati i precedenti
sottoparagrafi, si è costruito il framework teorico su cui si baserà l’indagine empirica.
Oggetto d’indagine del presente lavoro sarà la realizzazione di filiera nell’ottica della
responsabilità, che è possibile quindi definire “sostenibili” (o “socialmente responsabili”). Si
prenderanno in considerazione le modalità attraverso cui tali innovazioni vengono realizzate
nella filiera vitivinicola nonché le esternalità che ne derivano. Le innovazioni “sostenibili”
sono promosse da imprese vitivinicole socialmente responsabili, che “introducono
componenti di valore sociale nel loro portafoglio di valori, chiaramente riconoscibili, che
assumono una precisa connotazione nella strategia di sviluppo aziendale orientata alla
creazione di valore nel medio-lungo periodo (Marotta & Nazzaro, 2014, p. ?). Sono
generalmente frutto della collaborazione tra i soggetti nella filiera (Fig. 1), che tendono a
realizzare strategie competitive di carattere collettivo nell’ottica della sostenibilità.
22
Fig. 1.1 - Innovazioni sostenibili nella filiera agroalimentare
Fonte: ns elaborazione
Nell’ambito della filiera, a titolo esemplificativo, abbiamo evidenziato la presenza di un certo
numero di operatori (chain operators), che si collocano tra le farm, e l’impresa leader
socialmente responsabile (socially responsible leader company). L’impresa leader è
generalmente il promotore dei progetti d’innovazione, a cui concorrono anche gli altri
soggetti facenti parte della filiera, che pertanto devono essere mossi da obiettivi comuni
nell’ottica della responsabilità sociale.
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Farm AA
23
Realizzando innovazioni sostenibili, le imprese del comparto creano sì valore economico, che
si traduce in maggiori profitti, ma anche valore sociale, a beneficio della collettività, rispetto
al quale vengono coinvolti valori immateriali (Marotta & Nazzaro, 2012, p. 36). Questo
perché, mediante la realizzazione e la diffusione di tali innovazioni, si generano esternalità
positive che si riflettono sull’ambiente, sul territorio, sulla società, ma producono altresì un
effetto indiretto sulle imprese stesse si fanno promotrici dei progetti, in termini di reputazione
(Marotta & Nazzaro, 2012, p. 40). Va sottolineato che le imprese, anche in virtù
dell’eterogeneità del valore creato, riescono ad appropriarsi solo di una parte dello stesso.
La necessità di una costante interazione tra molteplici soggetti nel corso del progetto di
innovazione e le molteplici dimensioni del valore scaturente dallo stesso rendono opportuno
mettere a punto appropriati meccanismi di governance. Ciò si rende indispensabile per
regolare opportunamente le relazioni, in modo da evitare problemi riconducibili a potenziali
comportamenti opportunistici nonché al fine di preservare il raggiungimento degli obiettivi
del processo di innovazione in termini di valore creato. Per quanto riguarda l’ultimo aspetto,
Marotta e Nazzaro (2012, p. 43) concepiscono i meccanismi di governance ai fini
dell’”ottimalità del valore creato”.
Sulla base di queste osservazioni verrà costruita l’indagine empirica, i cui obiettivi verranno
specificati nel seguente paragrafo.
1.4 Obiettivi e finalità della ricerca
Il presente studio, nella parte di competenza del gruppo di Economia Agroalimentare, si pone
l’obiettivo di esaminare il progetto V.I.T.I.S., ossia un progetto d’innovazione nel settore
vitivinicolo, concepito nell’ottica della Responsabilità Sociale. Si tratta di un progetto
promosso da un’azienda campana leader nel settore, nell’ambito del quale, come si vedrà,
costituisce una delle più importanti realtà imprenditoriali d’Italia.
24
Facendo riferimento al framework teorico proposto nel precedente paragrafo, verrà analizzato
il processo di sviluppo del prodotto che costituisce l’output del progetto, ossia un “vino
spumante di qualità prodotto con uve Falanghina e Aglianico, coltivate nel Sannio”. Al di là
dell’esame delle singole fasi che rientrano nel processo di sviluppo del prodotto, ad essere
oggetto approfondito di studio saranno gli aspetti legati a:
- cooperazione tra i soggetti che popolano la filiera vitivinicola, coinvolti a vario titolo
nell’ambito del processo, e con soggetti esterni alla stessa;
- effetti legati all’innovazione introdotta, nell’ottica della creazione del valore.
Considerando quanto evidenziato nel paragrafo 2, con riferimento al primo punto si porrà
l’enfasi sulle relazioni orizzontali e verticali, interne ed esterne rispetto alla filiera, e si
considererà il ruolo dei singoli soggetti coinvolti. Per quanto riguarda il secondo punto,
verranno esaminati i diversi effetti che si legano all’innovazione, sia in interni (ad esempio la
riduzione dei costi di produzione, l’incremento del fatturato, etc.), che esterni (in termini di
esternalità positive rispetto all’ambiente, al territorio, alla società in generale). Per quel che
concerne gli effetti esterni, si considereranno in particolare:
- il potenziale impatto sull’ambiente del minor utilizzo di agenti chimici e del minor
dispendio di risorse naturali nel processo produttivo;
- il potenziale impatto sull’economia del territorio della diffusione del nuovo prodotto, che si
fa veicolo della conoscenza del territorio, in termini di crescita dell’occupazione e di un
incremento dei flussi turistici, grazie al fenomeno del wine tourism.
1.5 Metodologia
La ricerca si è svolta nel periodo maggio 2014 - settembre 2015, secondo lo schema proposto
nella tabella 1.1.
25
I primi mesi (da maggio a settembre 2014) sono stati dedicati essenzialmente ad attività di
analisi della letteratura sui temi costituenti l’oggetto di indagine. Ad essere stati esaminati
sono i contributi sviluppati con riferimento a:
• modelli di creazione del valore, con specifico riferimento al comparto vitivinicolo;
• innovazione, sia di prodotto e di processo, e caratteristiche del processo innovativo
nell’ambito del comparto vitivinicolo;
• caratteri di innovatività concernenti i prodotti vitivinicoli;
• esternalità scaturenti dai progetti di innovazione nel comparto di riferimento;
• aspetti legati alla sostenibilità dell’innovazione.
Tab. 1.1 - L’iter della ricerca
Parallelamente è stata effettuata una raccolta di dati secondari concernenti le imprese
vitivinicole operanti in Campania, al fine di cogliere la struttura del comparto e le
caratteristiche di base delle singole unità.
• Ricerca bibliografica Fase 1a
• Analisi della letteratura Fase 1b
• Raccolta e analisi di dati secondari Fase 2
• Design della ricerca Fase 3
• Raccolta di dati primari Fase 4
• Analisi dei dati Fase 5
• Redazione report ricerca Fase 6
26
Lo studio della letteratura e l’analisi dei dati di cui sopra hanno costituito la base su cui si è
costruita l’indagine empirica. Hanno consentito, in particolare, di avere consapevolezza delle
problematiche e degli aspetti da indagare con riferimento specifico alla realtà imprenditoriale.
Vista la complessità del tema, e in considerazione della novità dello stesso, si è optato per un
metodo qualitativo. Si è realizzato un caso di studio (Yin, 1994) concernente un progetto di
innovazione socialmente responsabile che vede come capofila un’azienda del Beneventano
costituente da diversi decenni un punto di riferimento imprescindibile nel comparto: la
Cooperativa “La Guardiense”. Il progetto in questione, “Valutazione dell’attitudine delle uve
Falanghina ed Aglianico, coltivate nel Sannio, alla produzione di vino spumante di qualità” si
caratterizza per essere stato concepito nell’ottica della cooperazione tra i diversi operatori
della filiera, che concorrono, con diversi ruoli, alla realizzazione del nuovo prodotto.
Grazie alla disponibilità del management della Cooperativa “La Guardiense”, si sono resi
disponibili dati secondari (bilanci e altri documenti interni) che hanno consentito di
sviluppare una certa conoscenza della realtà aziendale. Sono state inoltre realizzate diverse
visite presso la sede della Cooperativa, nel corso delle quali si è fatto leva sul metodo di
osservazione non partecipante per comprendere come fossero realizzati alcuni processi, tra
cui quello di produzione. Grande peso, ai fini della raccolta di dati primari, hanno rivestito i
focus group, realizzati sia con riferimento agli altri componenti del gruppo di ricerca, in
particolare genetisti e enologi, che al personale della Cooperativa. Le interviste “interne” al
gruppo scientifico sono state strumentali a discernere alcuni aspetti fortemente tecnici,
concernenti specifiche fasi del processo innovativo di competenza delle anime genetiche ed
enologiche, in modo da comprendere appieno quale fosse il ruolo spettante alle diverse aree
di competenza nello sviluppo dell’innovazione, nonché ad avere un’idea dei possibili benefici
per l’azienda ed il territorio in termini di economie interne ed esternalità. Gli incontri con il
personale dell’azienda, invece, hanno consentito di discutere di tutto ciò che ruota attorno al
27
processo di produzione, alla cooperazione tra i soci e con gli altri operatori di filiera, di
indagare approfonditamente le economie interne e le esternalità legate al progetto. Le
interviste sono durate tra i 90 e i 120 minuti; in totale stati realizzati dieci incontri. È stata
quindi condotta l’attività di trascrizione delle stesse.
I dati, così raccolti, sono stati analizzati ed incrociati, al fine di esplorare i temi centrali della
ricerca. Nel dettaglio, si è:
- valutata l’innovazione di prodotto;
- valutata la sostenibilità economica dell’innovazione di prodotto;
- effettuata l’analisi delle economie interne e delle esternalità derivanti dall’innovazione;
- valutato l’ingresso in nuovi mercati e l’impiego di peculiari modalità di
commercializzazione.
1.6 Risultati e discussione
Il progetto V.I.T.I.S. è strumentale alla realizzazione di un’innovazione di prodotto in ambito
vitivinicolo. Il nuovo prodotto, un vino spumante realizzato con uve Falanghina e Aglianico,
coltivate nel Beneventano, si caratterizza prevalentemente, come sarà in seguito meglio
specificato, per alta qualità e notevole tipicità. Il nuovo prodotto è sviluppato grazie al
partenariato tra i seguenti soggetti: la Cooperativa “La Guardiense”, capofila del progetto,
con i propri soci, il Dipartimento di Agraria dell’Università di Napoli Federico II, sedi di
Portici e Mercogliano, il Dipartimento DEMM dell’Università del Sannio. A tali soggetti se
ne sono poi affiancati altri, che hanno fornito un supporto tecnico-specialistico indispensabile
per completare determinate fasi del progetto. Ciascuno degli attori coinvolti ha apportato
specifiche competenze e si è inserito in determinate fasi del processo di innovazione. Il
progetto, quindi, si connota indubbiamente per la compartecipazione di più soggetti, che sono
28
stati chiamati ad interagire costantemente nel corso delle sperimentazioni, tendendo verso un
obiettivo comune.
Altro aspetto rilevante concerne le economie interne, concernenti i soci e la Cooperativa, ed
esterne, relative all’ambiente ed al territorio in generale, derivanti della realizzazione del
prodotto e che verranno valorizzate appieno mediante la sua produzione e diffusione. Si
tratta, come si vedrà, di effetti che si manifestano sia con una riduzione dei costi di
produzione e un potenziale incremento di produttività, per quel che riguarda gli effetti interni,
sia con un incremento dei flussi turistici, con conseguenti positive ricadute occupazionali, e
una riduzione dell’inquinamento. Ciò lascia ben intendere quale possa essere l’impatto, in
termini di effetti interni ed esterni, derivante dall’introduzione del nuovo prodotto sul
mercato.
Il prosieguo del paragrafo è così articolato: inizialmente si illustrerà il processo di
innovazione attraverso le principali fasi che lo hanno caratterizzato e le aree di competenza
coinvolte, cercando di comprendere quale sia stato il ruolo dei principali soggetti coinvolti.
Successivamente ci si soffermerà sugli effetti, interni ed esterni, che è presumibile si
legheranno alla produzione e alla diffusione del nuovo prodotto, e che risaltano in
considerazione delle diverse dimensioni del valore coinvolte nel processo di innovazione.
1.6.1 Lo sviluppo del nuovo prodotto agroalimentare: un processo collettivo
Come già accennato in precedenza, il processo di sviluppo del nuovo prodotto, vino
spumante ottenuto da uve Falanghina e Aglianico coltivate nel Sannio Beneventano, è stato
frutto di un’intensa collaborazione tra i soggetti che hanno costituito il partenariato, ma anche
tra costoro e altri agenti esterni. È pertanto inquadrabile come un processo di sviluppo
“collettivo”, che discende dall’interazione tra le diverse parti coinvolte, ognuna portatrice di
particolari competenze indispensabili per realizzare specifiche fasi. Tale caratteristica si è
29
resa necessaria proprio in virtù della complessità e dell’eterogeneità di tali competenze, che
avrebbero reso estremamente difficile uno sviluppo stand alone.
Lo sviluppo del nuovo prodotto agroalimentare può essere articolato in tre momenti
principali, che possono essere sommariamente descritti come segue: una fase “di campo”, in
cui si sono concentrate tutte le attività strumentali alla produzione di uva da utilizzare per la
realizzazione del prodotto; una fase “di cantina”, dedicata alla trasformazione dell’uva; una
fase di commercializzazione del nuovo prodotto, che ad oggi non risulta compiuta, per cui
non viene analizzata analiticamente. A queste si aggiunge la valutazione dell’innovazione,
che ne ha preso in esame la fattibilità economica, le esternalità riconducibili alla stessa, le
dinamiche organizzative sottese all’intero processo. Ciascuna fase del processo è stata
caratterizzata dall’utilizzo prevalente di competenze riconducibili ad aree disciplinari diverse,
ma in un’ottica di reciproca integrazione. Il prosieguo del paragrafo prenderà in
considerazione gli aspetti più rimarchevoli concernenti il processo di innovazione,
riconducibili prevalentemente alle sperimentazioni in ambito genetico ed enologico.
Fig. 1.2 - Le principali fasi del processo di innovazione
Fase di campo
Fase di cantina
Commercializzazione
30
La sperimentazione genetica
Le attività rientranti nella fase “di campo” di competenza di un gruppo di genetisti del
dipartimento di Agraria dell’Università Federico II possono essere schematizzate,
evidenziandone gli aspetti essenziali, come riportato nella tabella 1.2.
Tab. 1.2 - Gli aspetti chiave della sperimentazione genetica
• Figure chiave: viticoltori, genetisti.
• Attività chiave sperimentazione: mappatura del genoma, analisi globale del trascrittoma, analisi del
metaboloma.
• Competenze chiave: competenze tecnico-specialistiche, di ambito genomico e agricolo; competenze
relazionali.
• Obiettivo delle attività di sperimentazione: identificare le caratteristiche di tipicità, che rendono “unici” i
vitigni, consentendo di identificarli come vitigni “sanniti”. Comprendere come si esprimono i geni
interagendo con il territorio, fino ad arrivare ad individuare le condizioni che favoriscono la qualità del
prodotto “uva”.
• Sequenza delle attività realizzate:
1) campionamento del materiale vegetale in 5 fasi fenologiche: riposo, prefioritura, fioritura, invaiatura e
maturazione;
2) congelamento dei campioni ed estrazione degli acidi nucleici;
3) analisi del materiale strumentali a: identificazione dei metaboliti primari, secondari e volatili,
sequenziamento di genoma e trascrittoma.
Le singole attività in cui si è declinata la sperimentazione di competenza dell’area genetica
sono analizzate nel dettaglio di seguito. Va sottolineato che per effettuare la sperimentazione
si è seguito un protocollo innovativo già utilizzato in Italia, ma mai collaudato sul territorio
sannita né con riferimento ai vitigni in questione, e migliorato dal punto di vista tecnologico
rispetto ai precedenti utilizzi.
31
Per quanto riguarda i campionamenti del materiale vegetale, si è deciso di effettuarli in due
aree diverse, una collinare ed una in pianura, in modo da rintracciare le differenze nella
descrizione e nel comportamento dei geni. Sono stati effettuati in cinque fasi fenologiche, e
specificamente: riposo, prefioritura, fioritura, invaiatura e maturazione. Con riferimento a
ciascuna delle fasi fenologiche, il gruppo di ricerca ha interagito costantemente con l’Azienda
e con alcuni soci coinvolti nella sperimentazione per individuare il momento migliore per
realizzare il campionamento del materiale. Al campionamento hanno seguito
immediatamente il congelamento del materiale, dal quale sono stati poi estratti gli acidi
nucleici, e le analisi sullo stesso. I risultati delle analisi sono stati poi studiati
approfonditamente. Si è così arrivati al sequenziamento del genoma e del trascrittoma, che
hanno consentito di comprendere le modalità d’interazione dei geni con la particolare area, al
fine di individuare le caratteristiche ambientali che impattano sui vitigni nello specifico
territorio.
Come detto, sono stati coinvolti nella sperimentazione alcuni soci della cooperativa. Inoltre,
fondamentale ai fini delle analisi è stato il coinvolgimento di un laboratorio di genomica
facente capo all’Università di Verona e dell’Enea di Roma. Questo ha richiesto notevoli
capacità relazionali da parte di tutti i soggetti coinvolti, che si sono rese necessarie per
“dialogare” continuamente nel corso di tutta la sperimentazione.
I risultati della sperimentazione, e in particolare la mappatura del genoma e del metaboloma,
hanno posto le basi per la produzione di un vino spumante di qualità. La comprensione delle
modalità di interazione dei geni con le caratteristiche del territorio di riferimento ha reso
possibile individuare le attività da realizzare, il modo in cui farlo e lo scadenzamento
temporale delle stesse che favoriscono l’ottenimento di un prodotto di alta qualità, scarti
minimi e un contenuto utilizzo di sostanze chimiche potenzialmente inquinanti.
32
La sperimentazione enologica
Le attività di sperimentazione che ricadono nell’area enologica hanno risposto all’obiettivo di
ottenere un vino di alta qualità e tipico dell’area sannita, come specificato nella tabella 1.3. Il
gruppo di lavoro che si è occupato di tale insieme di attività è composto da enologi facenti
parte del Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II, che nelle prime fasi della
sperimentazione hanno lavorato in costante contatto con viticoltori soci della cooperativa
nonché con personale alle dipendenze della stessa con competenze di stampo enologico. La
sperimentazione ha investito sia la fase di campo, ossia di coltivazione, che quella di cantina
o di trasformazione.
Tab. 1.3 - Gli aspetti chiave della sperimentazione enologica
• Figure chiave: viticoltori, enologi
• Attività chiave sperimentazione: individuazione di aree particolarmente vocate all’ottenimento di basi
spumante di alta qualità; selezione dei lieviti ed utilizzo degli stessi; prove di spumantizzazione finalizzate
all’ottenimento di una miscela ottimale tra vini Falanghina e Aglianico e analisi chimico-sensoriale;
definizione di protocolli di lavorazione.
• Competenze chiave: competenze tecnico-specialistiche, di ambito enologico e agricolo; competenze
relazionali.
• Obiettivo delle attività di sperimentazione: realizzazione di un vino che sia di alta qualità e caratterizzato da
una forte “tipicità”.
• Sequenza delle attività realizzate:
1) Definizione del progetto e scelta dei siti
2) campionature
3) monitoraggio della cinetica di maturazione dell’uva
4) preparazione del mosto mediante pressatura
5) scelta e inoculo dei lieviti
6) fermentazione, con monitoraggio continuo fisico-chimico
7) prove di spumantizzazione dei vini base
8) definizione di protocolli di lavorazione standard.
33
Nel dettaglio, si è proceduto a scegliere quattro siti che si riteneva presentassero le
caratteristiche ideali per la coltivazione di uve Falanghina e Aglianico da utilizzare come
base. Si è provveduto poi a monitorare la cinetica di maturazione dell’uva, interagendo
costantemente con i viticoltori, in modo da individuare il momento più opportuno per la
raccolta. Sono state quindi effettuate le campionature ed il mosto è stato preparato mediante
pressatura. Un momento chiave della sperimentazione ha riguardato la scelta dei lieviti da
inoculare. Sono state fatte prove con due lieviti: uno commerciale, poi scartato, ed un altro
selezionato dalla microflora del Vesuvio, che è stato ritenuto più adatto ai fini della
realizzazione del prodotto. Alla scelta dei lieviti ha fatto seguito la fermentazione,
caratterizzata da un continuo monitoraggio fisico e chimico, relativo a zuccheri e
temperatura, nonché sensoriale. La preparazione del vino base è avvenuta in modo da
eliminare residui zuccherini. In particolare, grazie alla fermentazione omano lattica, si è
cercato di ridurre il livello degli acidi. In totale sono stati preparati due vini base per sito, uno
per ciascun vitigno, per un totale di otto; inoltre, è stata effettuata una replica della
sperimentazione, per cui si è arrivati a sedici vini base. Preparati i vini base e selezionati
lieviti per la seconda fermentazione alcolica, ha avuto inizio la fase di spumantizzazione
secondo il metodo classico, con presa di spuma e maturazione del vino rifermentato sugli
stessi lieviti. I risultati della sperimentazione ad oggi non possono essere apprezzati appieno,
dovendo trascorrere ancora un lungo periodo affinché il prodotto possa ritenersi pronto.
Parallelamente alle sperimentazioni effettuate presso il dipartimento di Agraria
dell’Università Federico II, sede di Mercogliano, è stata realizzata, per una comparazione,
una prova di spumantizzazione presso la Cooperativa, in autoclave. A valle, completato l’iter,
si potrà effettuare un confronto tra gli spumanti così realizzati.
34
Quanto agli attributi di “tipicità” da conferire al prodotto, si è fatto riferimento ai disciplinari
di produzione per vini DOC Falanghina e Aglianico, che orientano tutta l’attività di
produzione definendo le norme a cui attenersi sia per quanto riguarda gli aspetti qualitativi
che per quelli quantitativi, sia infine per valorizzare il legame con il territorio. Nel rispetto di
quanto stabilito dai disciplinari, si è lavorato al fine di definire protocolli di lavorazione
strumentali all’ottenimento di un prodotto di alta qualità, puntando sulla massima efficienza
ed efficacia dei metodi di produzione. In particolare, grazie all’interazione con i genetisti, si
sono comprese la tempistica e le modalità ottimali relative alle attività di campo.
Fig. 1.3 - Il processo di sviluppo del nuovo prodotto agroalimentare
Fonte: ns elaborazione
35
1.6.2 Il valore creato: effetti interni ed esterni
L’innovazione derivante dalla realizzazione del progetto V.I.T.I.S. sarà origine di effetti che
andranno a beneficio non solo della Cooperativa e dei singoli soci, ma anche dell’ambiente,
dell’economia locale e del territorio nel suo complesso. Si parla, come già specificato in
precedenza, di effetti interni ed esterni. Come si vedrà, il progetto è un chiaro esempio di
come un’innovazione possa arrecare beneficio non solo a chi la promuove, dando vita ad una
serie di ripercussioni all’esterno, alcune dei quali di difficile previsione.
La possibilità che si verifichino determinati effetti è apprezzabile considerando le attività che
ricadono nella sperimentazione. Innanzitutto, i risultati della sperimentazione dell’area
genetica, e in particolare la mappatura del genoma e del metaboloma, hanno consentito di
arrivare a determinare, nell’ottica della qualità del prodotto, ma anche della massima
efficacia ed efficienza del processo produttivo, valorizzando la strategia di responsabilità
sociale: le attività, in termini di modalità e tempistica, da realizzare nella fase di campo. Ciò
si è reso possibile grazie all’interazione non solo con i viticoltori soci della Cooperativa, ma
anche con i ricercatori competenti dell’area enologica. I risultati della sperimentazione hanno
quindi messo i viticoltori nelle condizioni di sapere cosa fare, quando e come farlo per
arrivare a soddisfare i seguenti obiettivi: alta qualità del prodotto, riduzione degli scarti,
limitato impiego della chimica. Questo si ritiene che possa contribuire non solo ad un
contenimento dei costi di produzione, ad un incremento delle vendite, difficili da determinare
con precisione, ma anche determinare un impatto ambientale molto ridotto.
Al raggiungimento di tali obiettivi concorrono anche le attività di competenza dell’area
enologica, che sembrano impattare in particolare sulla riduzione dell’impatto ambientale in
fase di trasformazione, grazie al limitato impiego di agenti chimici.
Va sottolineato, comunque, che la riduzione dell’impatto ambientale si amplifica grazie alla
realizzazione di specifici investimenti da parte della Cooperativa. Infatti, nel corso degli anni
36
l’Azienda ha mostrato una costante attenzione all’innovazione nell’ottica della sostenibilità,
che si è tradotta in diverse sperimentazioni, volte a definire metodi innovativi in sede di
trasformazione con la finalità di ridurre l’impatto ambientale. Sono stati così realizzati
importanti investimenti in impianti di produzione, alimentati attraverso l’uso di energia
rinnovabile. In particolare, è stato realizzato un impianto fotovoltaico innovativo che oggi
viene utilizzato per alimentare il processo produttivo e che sarà impiegato anche nella nuova
produzione, determinando anch’esso al contenimento degli effetti negativi in termini di
inquinamento.
Un altro potenziale effetto derivante dall’innovazione introdotta, e in particolare
all’incremento del volume di produzione, è dato dal possibile incremento del personale nella
fase di coltivazione e di cantina. Sul punto, l’Azienda ritiene che la forza lavoro attuale possa
consentire ampiamente di far fronte alla nuova produzione, per cui al momento non si ritiene
possano manifestarsi effetti di questo genere.
Un’ulteriore serie di potenziali effetti è legata alla diffusione del prodotto come veicolo del
territorio. Il nuovo prodotto è infatti concepito come strumento attraverso il quale diffondere
la conoscenza dell’area territoriale di riferimento. Questo grazie al forte tratto di tipicità che
si è conferito al vino spumante da uve Falanghina e Aglianico, grazie soprattutto alle
sperimentazioni realizzate da parte del gruppo di genetisti ed enologi (estremamente
importanti a tal fine, ad esempio, la mappatura del genoma e del metaboloma, la
considerazione di diversi siti dell’area di riferimento), ma in prospettiva anche alle attività
riconducibili all’area marketing, con campagne promozionali volte a far emergere tale
carattere come elemento di differenziazione del prodotto. La percezione del prodotto come
“tipico” del territorio sannita e la diffusione dello stesso anche oltreconfine dovrebbero
destare nei consumatori interesse verso l’area di riferimento. Questo si potrebbe tradurre in
un incremento dei flussi turistici, soprattutto legati al fenomeno del wine tourism, che
37
l’Azienda sarebbe pronta a fronteggiare. Infatti, la Cooperativa da diversi anni organizza
eventi e percorsi legati al turismo del vino, per cui non è assolutamente nuova a questo tipo di
avvenimenti. Tuttavia, come sottolineato dal personale dell’Azienda, un incremento notevole
delle presenze potrebbe rendere necessario assumere nuove unità dedicate esclusivamente al
settore ospitalità, il che si configurerebbe come un ulteriore effetto legato all’innovazione.
In definitiva, è possibile schematizzare gli effetti derivanti dall’innovazione come segue:
• effetti interni: incremento delle vendite e riduzione dei costi di produzione;
• effetti esterni: riduzione dell’impatto ambientale, incremento occupazionale, crescita
dei flussi turistici.
Determinati i possibili effetti interni ed esterni, si è cercato di procedere ad una
quantificazione degli stessi (Fig. 1.4).
Fig. 1.4 - Effetti interni ed esterni
Fonte: ns elaborazione
38
Innanzitutto, con riferimento agli effetti interni, si è effettuata una stima relativa
all’incremento delle vendite riconducibile all’immissione sul mercato del nuovo prodotto
realizzato in seno al progetto. Si ritiene che esso possa determinare nei prossimi tre anni un
incremento del 30% delle vendite concernenti lo spumante, ammontante a circa 400.000€.
In secondo luogo, sempre relativamente agli effetti interni, si è concentrata l’attenzione sugli
effetti che l’innovazione introdotta potrebbe avere sui costi di produzione. Sul punto va fatto
un discrimine tra riduzione dei costi di produzione per le aziende socie e per la Cooperativa.
Va sottolineato che le uve destinate alla spumantizzazione sono raccolte anticipatamente
rispetto a quanto dovrebbe essere fatto normalmente. Tale pratica fa sì che le uve subiscano
meno trattamenti, determinando un risparmio per le aziende socie; inoltre, le uve arrivano in
cantina con una minore carica microbiologica, consentendo un minor utilizzo di sostanze
chimiche in fase di fermentazione, il che si traduce in minori costi per l’azienda. L’utilizzo di
impianti ad alta tecnologia, e in particolare del filtro tangenziale isobarico, fanno sì che vi sia
un abbattimento dei costi di filtrazione (-10%, pari allo 0,5% dei costi totali).
Complessivamente, vi sarà una riduzione del 20% dei costi di trattamento per la Cooperativa
(-5% dei costi totali). Inoltre, in fase di trasformazione, l’utilizzo dell’impianto fotovoltaico
determina un abbattimento del 15% dei costi di energia. Infine, sempre in fase di
trasformazione, il recente potenziamento tecnologico dell’impianto di spumantizzazione,
consente un abbattimento dei costi di produzione nella fase di refrigerazione dei mosti.
Passando agli effetti esterni, si è considerato innanzitutto il ridotto impatto ambientale
riconducibile al minor utilizzo di sostanze chimiche nel corso del processo di produzione
nonché all’utilizzo di impianti all’avanguardia che funzionano mediante l’utilizzo di energia
pulita. Il fatto che le uve arrivino in cantina con una minore carica microbiologica, come
specificato sopra, consente una fermentazione più “pulita” e quindi un ridotto impiego di
agenti chimici. Un ulteriore impatto è riconducibile alla maggiore efficienza in fase di
39
refrigerazione dei mosti, a cui si è fatto cenno in precedenza, che non implica unicamente un
abbattimento dei costi di produzione ma anche una riduzione dell’impatto ambientale. Inoltre,
l’utilizzo dell’impianto fotovoltaico in fase di trasformazione si prevede possa determinare
nei prossimi 30 anni, in base a studi condotti in sede di progettazione, una riduzione
dell’immissione di anidride carbonica in atmosfera di 2.000 tonnellate, oltre a 2.500 kg di
anidride solforosa e 100 kg di polveri sottili.
Sempre nell’ambito degli effetti esterni, va sottolineato che la diffusione del nuovo prodotto,
quale veicolo di conoscenza del territorio in quanto fortemente “tipico”, potrà determinare,
come detto precedentemente nel paragrafo, una crescita dei flussi turistici legati al wine
tourism nel territorio del Beneventano e di Guardia Sanframondi in particolare. L’Azienda è
già abituata a confrontarsi con fenomeno del turismo del vino, e attualmente i flussi in entrata
ammontano a 2.000 unità all’anno. Sono organizzati diversi eventi, tra cui visite guidate in
cantina, che consentono al turista di seguire le fasi di produzione, e degustazioni guidate. Si
ipotizza che, grazie alla diffusione del nuovo prodotto, i flussi turistici possano aumentare di
1.000 unità annue entro il prossimo triennio. Questo indubbiamente porrà l’Azienda nella
necessità di amplificare i propri sforzi nella gestione dei flussi, anche mediante
l’organizzazione di ulteriori eventi. Ciò, si ritiene, possa avere un impatto occupazionale sul
territorio, difficilmente quantificabile, oltre che incrementare il personale alle dipendenze
dell’Azienda. Con riferimento a quest’ultimo punto, il management ritiene di poter assorbire
tre nuove unità nel settore ospitalità della Cooperativa.
1.7 Conclusioni
Il progetto V.I.T.I.S. ha portato alla realizzazione di un nuovo prodotto al quale hanno
cooperato diversi soggetti, appartenenti non solo al mondo imprenditoriale, ma anche
scientifico. Nel nuovo prodotto sono condensati elementi di forte tipicità, che lo rendono
40
veicolo di conoscenza del territorio d’origine. Tale prodotto si ritiene possa essere l’origine di
una serie di ricadute positive, che si ripercuoteranno non solo direttamente sull’Azienda
capofila e sulle socie, ma anche sull’economia del territorio e sull’ambiente.
In seno al progetto, la ricerca di competenza dell’area economico-agraria ha preso a
riferimento sia le fasi salienti del processo di innovazione, esaltando il ruolo dei diversi
soggetti coinvolti, sia gli effetti interni ed esterni legati allo stesso, enfatizzando le diverse
dimensioni del valore creato. Nell’esaminare il processo di innovazione si è tenuto conto di
un framework teorico concepito nell’ottica dell’innovazione sostenibile di filiera, frutto di
una strategia condivisa dai singoli soggetti che la compongono.
Per quanto riguarda le fasi salienti del processo di innovazione, si sono individuate nella
sperimentazione genetica e enologica, che hanno gettato le basi per la realizzazione di un
prodotto caratterizzato da alta qualità e forte tipicità, consentendo altresì di innescare effetti
legati ad un risparmio di costi e ad un minor impiego di agenti chimici nel corso della
produzione di uva e della trasformazione. A tali sperimentazioni hanno contribuito diversi
soggetti: due gruppi di ricercatori che fanno capo al Dipartimento di Agraria dell’Università
Federico II, che hanno collaborato con altri agenti esterni al progetto, l’Azienda capofila e le
socie. La ricerca è stata altresì supportata da indagini condotte in ambito economico-
aziendale, che hanno provato la fattibilità economica dell’innovazione, ma anche le
implicazioni organizzative e di marketing.
Passando agli effetti legati alla realizzazione e alla diffusione del nuovo prodotto, si ritiene
che possano essere così schematizzati: effetti interni, per la Cooperativa ed i soci,
riconducibili alla potenziale riduzione dei costi di produzione e all’incremento del fatturato;
effetti esterni, dovuti ad un ridotto impatto ambientale, ad un incremento dei flussi turistici ed
al conseguente impatto occupazionale. L’incremento dei flussi turistici, in particolare, sarà
determinato dalla diffusione della conoscenza del territorio attraverso il nuovo prodotto.
41
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47
2. Analisi economico-finanziaria
di Arturo Capasso e Giacomo Pascarella
2.1 Introduzione
La Break Even Analysis (BEA) è una tecnica utilizzata per valutare in via preventiva o
consuntiva gli effetti di determinate scelte aziendali sul reddito attraverso le variazioni delle
vendite, dei costi fissi, dei costi variabili e dei prezzi. Essa permette di studiare, in un dato
momento, il comportamento delle relazioni tra costi totali, ricavi totali e risultati economici2.
Basandosi sulla classificazione tra costi variabili e fissi, la tecnica consente di determinare
matematicamente e graficamente il punto di equilibrio ovvero il punto in corrispondenza del
quale si realizza un dato un volume di produzione in grado di garantire l’uguaglianza tra costi
totali e ricavi totali. In altre parole, consente di conoscere come deve modificarsi il livello di
output per raggiungere il pareggio tra costi e ricavi totali e ottenere prefissati obiettivi di
profitto.
La determinazione matematica dei volumi di produzione e di vendita per coprire tutti i costi
di gestione passa attraverso l’equazione fondamentale del conto economico in ipotesi di utile
pari a zero. Tale concetto si realizza ponendo la condizione di uguaglianza tra ricavi totali
(RT) e costi totali (CT).
Equazione fondamentale:
RT=CT
dove
CT = Costi fissi + Costi Variabili
2 F. Lizza, Break even analysis e controllo di gestione, Clua, Ancona, 1992; G.M. Golinelli, Struttura e governo dell’azienda, Cedam, Padova, 1992; S. Beretta, L’analisi costi volumi risultati, in Misurazione d’azienda, Giuffrè, Milano, 1998.
48
Se indichiamo con:
p il prezzo per unità prodotta
x la quantità di prodotto realizzata
otteniamo che:
Ricavi Totali = px
Assumendo che:
Costi fissi = a
Costo variabile unitario = b
Costi variabili totali = bx
l’equazione del BEP sarà
px = a + bx
oppure, risolvendo per x
𝑩𝑬𝑷 = x = a(𝑝−𝑏)
𝑩𝑬𝑷 = CF(𝑃𝑉𝑈−𝐶𝑉𝑈)
Il denominatore della formula (PVU-CVU) rappresenta anche il margine di contribuzione
unitario ovvero contributo che la vendita di ogni unità apporta alla copertura dei costi fissi e
alla formazione del profitto dopo la copertura dei suoi costi variabili.
49
Fig. 1 – Rappresentazione grafica del Break Even Point
Per la rappresentazione grafica del Break Even Point (BEP) bisogna riportare sull’asse delle
ascisse le quantità (X), mentre sull’asse delle ordinate i costi e i ricavi. I costi fissi sono
rappresentati da una retta parallela all’asse delle ascisse, mentre i costi variabili vengono
rappresentati da una funzione ad inclinazione positiva con partenza dall’origine degli assi
cartesiani. I costi fissi non variano al variare di un determinato livello di produzione
programmato. I costi variabili, in genere, variano in misura proporzionale al variare delle
quantità prodotte. La curva dei costi totali mantiene la stessa inclinazione e origine di quella
dei costi variabili. Infine, si riporta la curva dei ricavi totali con partenza dall’origine degli
assi in ipotesi di produzione pari a zero e inclinazione dettata dal prezzo unitario del prodotto.
Il punto P rappresenta il punto di pareggio ovvero il punto in corrispondenza del quale i
ricavi totali eguagliano i costi totali e il reddito è pari a zero. Qualsiasi combinazione
produttiva a destra del BEP ricade nell’area dei profitti, mentre a sinistra è soggetta a reddito
negativo.
50
Nel caso di un’azienda multiprodotto occorre sostituire nella formula ai valori unitari di
prezzo (PVU) e costo variabile (CVU), rispettivamente, i valori medi ponderati PMP e
CVMP calcolati sulla base del mix dei volumi3.
𝑩𝑬𝑷𝒎𝒑 =CF
∑ (𝑃𝑉𝑚𝑝 − 𝐶𝑉𝑚𝑝)
2.2 Obiettivi e finalità della ricerca
Il presente lavoro ha come obiettivo l’analisi economico-finanziaria per la produzione di vini
spumanti secondo il metodo Classico e il metodo Charmat. Più nello specifico il lavoro si
propone di realizzare:
A) il calcolo del punto di pareggio al fine di individuare la quantità minima che
garantisce un pareggio tra i costi (fissi e variabili) e i ricavi aziendali;
B) la valutazione degli investimenti attraverso l’uso delle tecniche di Capital
Budgeting.
La valutazione della fattibilità economico-finanziaria di un progetto si fonda sullo sviluppo di
un modello economico-finanziario che consente di valutare correttamente, sulla base di
ipotesi di ingresso fornite dall’azienda, la convenienza economica e la sostenibilità
finanziaria della produzione degli spumanti.
La convenienza economica deve intendersi come la capacità di creazione del valore e la
generazione di un livello di redditività adeguato alle aspettative aziendali. La sostenibilità
finanziaria, invece, è la capacità di generare flussi monetari necessari a garantire il rimborso
degli eventuali finanziamenti richiesti.
Il raggiungimento di tali obiettivi ha richiesto lo sviluppo di una pluralità di attività quali:
1. La determinazione dei costi fissi e dei costi variabili,
3 Poiché il BEP può essere espresso anche in termini di fatturato, in tal caso i valori medi ponderati devono essere calcolati sulla base del mix dei valori di fatturato. A. M. Arcari, Programmazione e controllo, McGraw-Hill, Milano, 2010.
51
2. La determinazione dei ricavi totali,
3. Il calcolo del punto di pareggio e del margine di contribuzione,
4. La misurazione delle potenzialità economico-strutturali del processo di produzione.
Nello specifico lo studio ha richiesto:
• l’esame della letteratura;
• l’analisi dei dati di bilancio al fine di individuare le principali voci di costo e
ricavo;
• l’analisi del processo produttivo e delle diverse linee di produzione allo scopo di
individuare le principali direttrici di costo;
• la determinazione, in modo dettagliato, dei costi della produzione e la successiva
determinazione della loro natura (ovvero se trattasi di costi fissi o variabili),
• l’individuazione dei costi e dei ricavi imputabili alla “Linea vini spumanti prodotti
con metodo classico” e alla “Linea vini spumanti prodotti con il metodo Martinotti
o Charmat”;
• la realizzazione di una “matrice costo-risorse e attività” di tutte le linee di
produzione, compresa quella oggetto di studio, al fine di tracciare i costi fissi diretti
e indiretti sulle due linee di produzione definite.
2.3. Metodologia
Il percorso metodologico seguito è stato quello tipico di una ricerca sul campo, a diretto
contatto con il management aziendale. Tutte le attività, infatti, sono state svolte presso “La
Guardiense” a stretto contatto con i responsabili e i dipendenti esperti in materia della stessa
Cooperativa.
Ogni incontro ha avuto ad oggetto una tematica specifica, seguendo una schematicità utile
alla individuazione dei processi e dei costi ad essi connessi.
52
Nello specifico il primo incontro ha avuto ad oggetto l’analisi del processo produttivo, al fine
di comprendere la specificità operativa della Guardiense e l’importanza che la produzione di
spumanti ha all’interno della gestione tipica dell’impresa.
Successivamente con il management aziendale si è proceduto all’analisi dei dati di bilancio,
per la determinazione dei costi diretti e indiretti, nonché per la determinazione dei ricavi
imputabili alla produzione di vino e di quelli attribuibili alla produzione di spumanti.
Altri incontri hanno avuto ad oggetto l’individuazione delle principali direttrici di costo e
l’analisi dettagliata di alcuni costi produzione, per determinare e verificare i costi fissi e
quelli variabili.
Ulteriori meeting con il management sono stati necessari per la focalizzazione dello studio
sulle linee spumanti e la realizzazione della matrice costo-risorse e attività delle linee di
produzione oggetto del lavoro.
Il prospetto sottostante indica le attività effettivamente svolte e quelle da dover realizzare nel
prosieguo, successivamente alla messa a disposizione di dati da parte della Guardiense.
ATTIVITA’ SVOLTE
INDIVIDUAZIONE DEI RICAVI PER LA PRODUZIONE DI SPUMANTE
INDIVIDUAZIONE DEI COSTI FISSI E DEI COSTI VARIABILI IMPUTABILI ALLA
PRODUZIONE DI SPUMANTI
INDIVIDUAZIONE DEL BEP
CALCOLO DEL MARGINE DI CONTRIBUZIONE
ATTIVITA’ IN CORSO
CALCOLO DEL VAN DELL’INVESTIMENTO PER LA PRODUZIONE DELLO SPUMANTE
CON IMPIANTO EX NOVO
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2.4 Risultati e discussione
La cooperativa produce e commercializza vino sfuso, vino imbottigliato e vini spumanti. In
particolare, l’azienda offre i vini fermi imbottigliati in tre diverse linee destinate a differenti
target commerciali: Janare, Fremondo e Guardiense-Antiche Torri.
I vini spumanti si caratterizzano principalmente per il metodo di lavorazione: metodo
Classico e metodo Martinotti o Charmat. Le “bollicine” prodotte col metodo Martinotti sono
cinque (Quid spumante brut di falanghina; Quid spumante brut rosato, Quid spumante dolce
di falanghina, Quid Aroma spumante dolce, Teano spumante extra dry rosato), mentre il
Cinquantenario di falanghina rappresenta la linea di prodotti spumante realizzato col metodo
classico.
Alla richiamata produzione, di recente, l’azienda ha affiancato vini frutto dei c.d. “Progetti
Speciali”: Calvese-falanghina e Coste del Duca-Aglianico, prodotti senza solfiti aggiunti
(ProgettoWRT) e lo splendido Aglianico figlio del progetto “I mille per l’aglianico”.
La Cooperativa, infine, vende sottoprodotti (fecce e vinacce), prodotti ad uso agricolo
(destinati ai soli soci e con margini minimi) e grappa (produzione davvero trascurabile dal
momento che il fatturato ammonta a €9.405, dati 2014).
La vendita all’ingrosso di vino sfuso rappresenta circa il 47,40% delle vendite totali,
l’imbottigliato all’incirca il 42%, mentre la vendita al dettaglio di vino sfuso, imbottigliato e
altri prodotti pressappoco il 5,5%.
Impianti e macchinari sono utilizzati in comune per tutte le produzioni. Relativamente alla
produzione di spumanti, invece, gli stessi risultano completamente ammortizzati.
La Cooperativa nel corso degli anni si è attivata per la realizzazione di un sistema di controllo
di gestione al fine di migliorare i processi gestionali e razionalizzare l’uso delle risorse.
Attualmente, tuttavia, l’azienda non impiega tecniche BEA per valutare in via preventiva o
consuntiva gli effetti di determinate scelte aziendali sul reddito attraverso le variazioni delle
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vendite, dei costi fissi, dei costi variabili e dei prezzi. Qualsiasi decisione di convenienza
economica è, così, demandata all’intuizione e all’esperienza del management.
Limitando lo studio alla sola ricerca del punto di pareggio, trattandosi di un’azienda
multiprodotto, la letteratura in materia suggerisce che, in mancanza di dati analitici e di
appropriati driver in grado di tracciare sulle diverse produzioni i costi fissi comuni, l’analista
può determinare il suo break even point a valori medi ponderati calcolati sulla base del mix di
volumi oppure in termini di fatturato. Tali determinazioni richiedono, in ogni caso, la
capacità di individuare per ogni prodotto i suoi costi variabili, il prezzo di vendita e la
percentuale di fatturato attribuita a ciascun prodotto. La possibilità di calcolare il break even
a livello di singolo prodotto o di singola area di business, senza ricorrere a valori medi
ponderati, è subordinata invece alla disponibilità di informazioni di costo fisso specifico di
prodotto o di singola area di business.
Partendo dai dati di bilancio (Tabella 2.1), ai referenti aziendali è stato richiesto un dettaglio
dei costi della produzione (Tabella 2.2) al fine di valutare la possibilità di determinare un
BEP per singolo prodotto anziché su valori medi ponderati.
Lo studio del prospetto analitico dei costi della produzione ha rappresentato il secondo
momento fondamentale del lavoro: attraverso una serie di incontri e di verifiche su dati
disponibili, si è cercato di comprendere la loro natura di costi fissi o variabili, nonché, sempre
rispetto alle linee di produzione, la loro natura di costi diretti ovvero indiretti. La figura 2.2
descrive il processo di ripartizione dei costi della produzione operata al fine di determinare
BEP separati per le due linee di produzione spumanti.
Attraverso la realizzazione di una matrice costo-risorse-attività i costi della produzione sono
stati suddivisi prima sulle due linee di produzione vino sfuso e vino imbottigliato.
Successivamente, i costi di quest’ultima, sono stati ripartiti tra imbottigliato vino e
imbottigliato spumante. Infine, si è definito il costo di produzione delle due produzioni di
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spumante metodo Classico e metodo Charmat ripartendo tra gli stessi i costi di produzione
dell’imbottigliato spumante. A questo punto, un primo obietto del lavoro poteva considerarsi
centrato in quanto era adesso possibile effettuare analisi di convenienza economica sulle
produzioni di spumante, anche alla luce del nuovo investimento in fase di realizzazione.
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Tab. 2.2 – Dettaglio dei costi della produzione
FATTORI DELLA PRODUZIONE COSTOMaterie prime, suss idiarie di consumo e merci 8.591.002Uva conferi ta 6.117.702Acquis to vino 215.600Acquis to materie aus i l iarie 2.128.710Acquis to mosto concentrato 381.398Acquis ti materie suss idiarie 24.146 Altri servizi 70.163Confezioni e imbal l i 181.887 Lavorazioni di terzi 3.584Acquis ti imbal laggi vari 5.057 Spese posta l i 4.160Acquis ti Tappi 216.727 Spese bancarie 24.089Acquis to etichette 180.134 Premi di ass icurazioni non obbl igatorie 32.216Acquis to vetro 718.037 Pul izie e vigi lanza 4.429Acquis ti capsule 60.811 Servizi smaltimento ri fiuti 1.685Acquis ti pedane 26.136 Godimento beni di terzi 21.146Acquis ti interfa lde 23.771 Canoni di locazione di immobi l i 14.409Acquis ti Prodotti Enologici 310.606 Canoni di locazione di attrezzature 6.737Acquis to a l tri prodotti 128.990 Tir imbottigl iamento 3.900Acquis to beni e attrezzatura minuta 832 Cassoni di fferenziata 2.837Combustibi l i per lavorazione 2.600 Personale 823.989Acquis to materia le pubbl ici tario 29.460 Personale impiegatizio 355.386Acquis ti prodotti a l imentari 4.426 Personale opera io a tempo indet. 178.295Materia le vario di consumo 87.914 Personale opera io a tempo deter. 290.308Abiti da lavoro 3.758 Ammortamenti e sva lutazioni 162.890Acquis to ferti l i zzanti 28.118 Ammortamenti immateria l i 6.048Acquis to antiparass i tari 166.357 Altre sva lutazione del le imm. 0Acquis to barbatel le 4.219 Svalutazione credi ti 156.842Acquis ti dis ti l lati 63.419 Ammortamenti materia l i 727.437Abbuoni e arrotond.attivi su acquis ti -28 Amm.to fabbricati s trument. 100.848Servizi 2.287.843 Amm.to impianti e macchinari 588.443Costi per utenze 224.181 Amm.to mobi l i e macchine da uffic. 11.250Costi per consulenze 344.005 Amm.to autovetture 4.013Costi di manutenzione (ordinaria , ri feri ti a impianti 181.474 Amm.to autoveicol i 5.458Compens i organi socia l i 100.297 Amm.to barriques 6.791Spese commercia l i 1.367.723 Amm.to fusti 10.634Pubbl ici tà , inserzioni e affi s s ioni 26.058Contributi promozional i 154.124Fiere, mostre, convegni deducibi l i 54.245Spese commercia l i varie 17.524Ass icurazione credi ti 26.278Provvigioni pass ive 675.807Spese di trasporti 326.149Quote ENASARCO 28.975Indennita cessaz.rapporto di agenzia 12.312Spese di rappresentanza 46.251
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Fig. 2.2 – Il work flow dello studio
Mediante il direct trace e il driver tracing, i costi della produzione sono stati prima di tutto
imputati e ripartiti tra le due principali aree di business della Cooperativa di vino sfuso e vino
imbottigliato (quest’ultima comprende anche le quantità che nel processo produttivo verranno
trasformate in spumante). La tabella 3 illustra il risultato di questa operazione. Laddove la
risorsa è utilizzata in comune, si può affermare che il criterio prescelto risulta piuttosto
appropriato. Ciò vale principalmente per le materie prime, sussidiarie di consumo e merci,
per l’aggregato “godimento beni di terzi”, per i costi del personale (ripartiti sulla base di
tabelle di rilevazione interne della Cooperativa), per gli ammortamenti (i vini impiegano tutti
gli stessi impianti) e per le spese commerciali. Mentre, per quanto riguarda l’aggregato “altri
servizi”, i costi per utenze, consulenze, manutenzione e per compensi agli organi collegiali, si
è adottato un criterio soggettivo (che poco rispetta il principio funzionale o causale), ma che è
in linea con quanto si sarebbe probabilmente fatto in fase di avvio di un sistema di contabilità
analitica dei costi. Infine, i costi per acquisto di fertilizzanti, antiparassitari, barbatelle e
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distillati non sono stati imputati ad alcuna produzione in quanto prodotti collaterali venduti
direttamente ai soci e alla clientela (per i distillati) e non impiegati nella produzione.
La tabella 2.4 mostra, invece, la ripartizione dei costi operata tra imbottigliato vino e
imbottigliato spumante. In pratica, si è trattato di tracciare alle due linee di produzione,
mediante la scelta di opportuni drivers, la quota di costo che nella precedente fase era stata
attribuita all’imbottigliato vino. Si ricorda, infatti, che l’imbottigliato vino comprende sia il
quantitativo destinato alla produzione di vini che di “bollicine”. In merito ai criteri utilizzati,
in aggiunta a quanto in precedenza già detto, riteniamo che qualche precisazione sia doverosa
per i “canoni di locazione di immobili”. Si tratta, in sostanza, del punto vendita di Benevento
i cui locali sono stati presi in affitto dalla Cooperativa. Premesso che il costo del locale è
comune alle due linee di produzione, gli ettolitri di vino e spumanti venduti rappresentano un
criterio appropriato di ripartizione in quanto il consumo della risorsa (il locale) è legato
maggiormente al quantitativo piuttosto che al valore del venduto (peraltro, quest’ultimo
anche noto all’azienda).
In tabella 2.5, infine, viene illustrato il processo che ha portato alla definizione del costo dei
fattori produttivi impiegati per la produzione di spumanti con metodo classico e con metodo
Charmat. Confezioni e imballi, tappi, etichette, bottiglie e capsule sono stati considerati
diretti in quanto differenziati per le due linee di prodotti. Acquisto di beni e attrezzatura
minuta, nonché i combustibili per lavorazione vengono impiegati esclusivamente per la
produzione di spumante con metodo Charmat. Allo stesso modo le consulenze enologiche
(lavorazioni di terzi) sono state imputate esclusivamente all’unica linea di produzione che ne
ha richiesto l’impiego.
Con i dati così originati è stato, successivamente, possibile effettuare la distinzione in costi
fissi e variabili (Tabella 2.6) e procedere al calcolo del BEP per le due linee di produzione
(Tabella 2.7), sapendo che il Cinquantenario di falanghina prodotto col metodo classico viene
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venduto al prezzo medio di 9,99 euro, mentre i prodotti dal metodo Charmat a €3,42 (il
prezzo di vendita è unico per tutti gli spumanti della linea in quanto le differenze di prodotto
sono finalizzate esclusivamente a soddisfare le preferenze dei consumatori).
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Tab. 2.3 – La ripartizione dei costi tra vino sfuso e vino imbottigliato
FATTORI DELLA PRODUZIONE COSTOCRITERIO DI
RIPARTIZIONEMISURA
DRIVER SFUSOMISURA DRIVER IMBOTTIGLIATO
% RIPARTO VINO SFUSO
% RIPARTO VINO IMBOTTIGLIATO
QUOTA COSTO VINO SFUSO
QUOTA COSTO VINO IMBOTTIGLIATO
Materie prime, sussidiarie di consumo e merci 8.591.002 68,94% 31,06% 5.922.209 2.668.793Uva conferita 6.117.702 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 4.994.021 1.123.681Acquisto vino 215.600 Direct Trace 215.600Acquisto materie ausil iarie 2.128.710 29,83% 70,17% 634.953 1.493.757Acquisto mosto concentrato 381.398 Direct Trace 100,00% 381.398Acquisti materie sussidiarie 24.146 Direct Trace 100,00% 24.146Confezioni e imballi 181.887 Direct Trace 100,00% 181.887Acquisti imballaggi vari 5.057 Direct Trace 100,00% 5.057Acquisti Tappi 216.727 Direct Trace 100,00% 216.727Acquisto etichette 180.134 Direct Trace 100,00% 180.134Acquisto vetro 718.037 Direct Trace 100,00% 718.037Acquisti capsule 60.811 Direct Trace 100,00% 60.811Acquisti pedane 26.136 Direct Trace 100,00% 26.136Acquisti interfalde 23.771 Direct Trace 100,00% 23.771Acquisti Prodotti Enologici 310.606 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 253.555 57.051Acquisto altri prodotti 128.990 60,19% 39,81% 77.636 51.354Acquisto beni e attrezzatura minuta 832 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 679 153Combustibil i per lavorazione 2.600 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 2.122 478Acquisto materiale pubblicitario 29.460 Direct Trace 100,00% 29.460Acquisti prodotti alimentari 4.426 Direct Trace 100,00% 4.426Materiale vario di consumo 87.914 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 71.766 16.148Abiti da lavoro 3.758 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 3.068 690Acquisto ferti l izzanti 28.118 Non ImputabileAcquisto antiparassitari 166.357 Non ImputabileAcquisto barbatelle 4.219 Non ImputabileAcquisti disti l lati 63.419 Non ImputabileAbbuoni e arrotond.attivi su acquisti -28 Non ImputabileServizi 2.287.843 37,05% 62,95% 847.625 1.440.218Costi per utenze 224.181 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 183.004 41.177Costi per consulenze 344.005 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 280.819 63.186Costi di manutenzione (ordinaria, riferiti a impiant 181.474 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 148.141 33.333Compensi organi sociali 100.297 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 81.875 18.422Spese commerciali 1.367.723 7,27% 92,73% 99.436 1.268.287Pubblicità, inserzioni e affissioni 26.058 Direct Trace 100,00% 26.058Contributi promozionali 154.124 Direct Trace 100,00% 154.124Fiere, mostre, convegni deducibil i 54.245 Direct Trace 100,00% 54.245Spese commerciali varie 17.524 Direct Trace 100,00% 17.524Assicurazione crediti 26.278 Direct Trace 100,00% 26.278Provvigioni passive 675.807 Direct Trace 14,71% 85,29% 99.436 576.371Spese di trasporti 326.149 Direct Trace 100,00% 326.149Quote ENASARCO 28.975 Direct Trace 100,00% 28.975Indennita cessaz.rapporto di agenzia 12.312 Direct Trace 100,00% 12.312Spese di rappresentanza 46.251 Direct Trace 100,00% 46.251Altri servizi 70.163 77,46% 22,54% 54.350 15.813Lavorazioni di terzi 3.584 Direct Trace 100,00% 3.584Spese postali 4.160 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 3.396 764Spese bancarie 24.089 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 19.664 4.425Premi di assicurazioni non obbligatorie 32.216 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 26.299 5.917Pulizie e vigilanza 4.429 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 3.615 814Servizi smaltimento rifiuti 1.685 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 1.376 309Godimento beni di terzi 21.146 73,65% 26,35% 15.574 5.572Canoni di locazione di immobili 14.409 Hl Venduti 351 151 69,92% 30,08% 10.075 4.334Canoni di locazione di attrezzature 6.737 81,63% 18,37% 5.500 1.237Tir imbottigliamento 3.900 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 3.184 716Cassoni differenziata 2.837 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 2.316 521Personale 823.989 47,22% 52,78% 389.048 434.941Personale impiegatizio 355.386 % Tempo 44,10% 55,90% 156.730 198.656Personale operaio a tempo indet. 178.295 % Tempo 31,84% 68,16% 56.773 121.522Personale operaio a tempo deter. 290.308 % Tempo 60,47% 39,53% 175.545 114.763Ammortamenti e svalutazioni 162.890 0,80% 99,20% 1.300 161.590Ammortamenti immateriali 6.048 Direct Trace 100,00% 6.048Altre svalutazione delle imm. 0Svalutazione crediti 156.842 Direct Trace 0,83% 99,17% 1.300 155.542Ammortamenti materiali 727.437 575.144 152.293Amm.to fabbricati strument. 100.848 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 82.325 18.523Amm.to impianti e macchinari 588.443 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 480.360 108.083Amm.to mobili e macchine da uffic. 11.250 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 9.184 2.066Amm.to autovetture 4.013 Hl Prodotti 109.313 24.596 81,63% 18,37% 3.276 737Amm.to autoveicoli 5.458 Direct Trace 100,00% 5.458Amm.to barriques 6.791 Direct Trace 100,00% 6.791Amm.to fusti 10.634 Direct Trace 100,00% 10.634
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Tab. 2.4 – La ripartizione dei costi tra imbottigliato vino e imbottigliato spumante
FATTORI DELLA PRODUZIONE COSTOCRITERIO DI
RIPARTIZIONE
MISURA DRIVER IMBOTTIGLIATO
VINO
MISURA DRIVER IMBOTTIGLIATO
SPUMANTE
% RIPARTO IMBOTTIGLIATO
VINO
% RIPARTO IMBOTTIGLIATO
SPUMANTE
QUOTA COSTO IMBOTTIGLIATO
VINO
QUOTA COSTO IMBOTTIGLIATO
SPUMANTEMaterie prime, sussidiarie di consumo e merci 2.668.793 90,34% 9,66% 2.410.958 257.835Uva conferita 1.123.681 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 1.045.237 78.444Acquisto vino 0Acquisto materie ausil iarie 1.493.757 88,23% 11,77% 1.317.951 175.806Acquisto mosto concentrato Acquisti materie sussidiarie 24.146 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 22.460 1.686Confezioni e imballi 181.887 Direct Trace 77,31% 22,69% 140.624 41.263Acquisti imballaggi vari 5.057 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 4.704 353Acquisti Tappi 216.727 Direct Trace 85,44% 14,56% 185.165 31.562Acquisto etichette 180.134 Direct Trace 94,62% 5,38% 170.441 9.693Acquisto vetro 718.037 Direct Trace 89,81% 10,19% 644.900 73.137Acquisti capsule 60.811 Direct Trace 82,49% 17,51% 50.165 10.646Acquisti pedane 26.136 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 24.311 1.825Acquisti interfalde 23.771 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 22.112 1.659Acquisti Prodotti Enologici 57.051 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 53.068 3.983Acquisto altri prodotti 51.354 93,02% 6,98% 47.769 3.585Acquisto beni e attrezzatura minuta 153 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 142 11Combustibil i per lavorazione 478 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 444 33Acquisto materiale pubblicitario 29.460 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 27.403 2.057Acquisti prodotti alimentari 4.426 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 4.117 309Materiale vario di consumo 16.148 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 15.021 1.127Abiti da lavoro 690 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 642 48Acquisto ferti l izzanti Non ImputabileAcquisto antiparassitari Non ImputabileAcquisto barbatelle Non ImputabileAcquisti disti l lati Non ImputabileAbbuoni e arrotond.attivi su acquisti Non ImputabileServizi 1.440.218 92,79% 7,21% 1.336.343 103.875Costi per utenze 41.177 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 38.302 2.875Costi per consulenze 63.186 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 58.775 4.411Costi di manutenzione 33.333 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 31.006 2.327Compensi organi sociali 18.422 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 17.136 1.286Spese commerciali 1.268.287 93,02% 6,98% 1.179.749 88.538Pubblicità, inserzioni e affissioni 26.058 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 24.239 1.819Contributi promozionali 154.124 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 143.365 10.759Fiere, mostre, convegni deducibil i 54.245 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 50.458 3.787Spese commerciali varie 17.524 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 16.301 1.223Assicurazione crediti 26.278 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 24.444 1.834Provvigioni passive 576.371 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 536.135 40.236Spese di trasporti 326.149 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 303.381 22.768Quote ENASARCO 28.975 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 26.952 2.023Indennita cessaz.rapporto di agenzia 12.312 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 11.453 859Spese di rappresentanza 46.251 Hl prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 43.022 3.229Altri servizi 15.813 71,94% 28,06% 11.375 4.438Lavorazioni di terzi 3.584 Direct Trace 100,00% 3.584Spese postali 764 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 711 53Spese bancarie 4.425 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 4.116 309Premi di assicurazioni non obbligatorie 5.917 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 5.504 413Pulizie e vigilanza 814 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 757 57Servizi smaltimento rifiuti 309 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 288 22Godimento beni di terzi 5.572 72,18% 27,82% 4.021 1.550Canoni di locazione di immobili 4.334 Hl Venduti 100 51 66,23% 33,77% 2.870 1.464Canoni di locazione di attrezzature 1.237 93,02% 6,98% 1.151 86Tir imbottigliamento 716 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 666 50Cassoni differenziata 521 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 485 36Personale 434.941 91,38% 8,62% 397.444 37.497Personale impiegatizio 198.656 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 184.788 13.868Personale operaio a tempo indet. 121.522 % Tempo Speso 90 10 90,00% 10,00% 109.370 12.152Personale operaio a tempo deter. 114.763 % Tempo Speso 90 10 90,00% 10,00% 103.287 11.476Ammortamenti e svalutazioni 161.590 93,28% 6,72% 150.732 10.858Ammortamenti immateriali 6.048 Direct Trace 100,00% 6.048Altre svalutazione delle imm.Svalutazione crediti 155.542 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 144.684 10.858Ammortamenti materiali 152.293 142.878 9.415Amm.to fabbricati strument. 18.523 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 17.230 1.293Amm.to impianti e macchinari 108.083 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 100.538 7.545Amm.to mobili e macchine da uffic. 2.066 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 1.922 144Amm.to autovetture 737 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 686 51Amm.to autoveicoli 5.458 Hl Prodotti 19.041 1.429 93,02% 6,98% 5.077 381Amm.to barriques 6.791 Direct Trace 100,00% 6.791Amm.to fusti 10.634 Direct Trace 100,00% 10.634
63
Tab. 2.5 – Determinazione del costo delle linee di produzione spumanti
FATTORI DELLA PRODUZIONE COSTOCRITERIO DI
RIPARTIZIONE
MISURA DRIVER SPUMANTE METODO
MARTINOTTI
MISURA DRIVER SPUMANTE METODO CLASSICO
% RIPARTO METODO
MARTINOTTI
% RIPARTO METODO CLASSICO
QUOTA COSTO METODO
MARTINOTTI
QUOTA COSTO METODO CLASSICO
Materie prime, sussidiarie di consumo e merci 257.835 88,57% 11,43% 228.359 29.475Uva conferita 78.444 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 77.346 1.098Acquisto vinoAcquisto materie ausil iarie 175.806 83,89% 16,11% 147.478 28.328Acquisto mosto concentrato Acquisti materie sussidiarie 1.686 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 1.662 24Confezioni e imballi 41.263 Direct Trace 25.712 15.551Acquisti imballaggi vari 353 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 348 5Acquisti Tappi 31.562 Direct Trace 29.947 1.615Acquisto etichette 9.693 Direct Trace 8.621 1.072Acquisto vetro 73.137 Direct Trace 63.693 9.444Acquisti capsule 10.646 Direct Trace 10.133 513Acquisti pedane 1.825 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 1.799 26Acquisti interfalde 1.659 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 1.636 23Acquisti Prodotti Enologici 3.983 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 3.927 56Acquisto altri prodotti 3.585 98,62% 1,38% 3.535 50Acquisto beni e attrezzatura minuta 11 Direct Trace 100,00% 11Combustibil i per lavorazione 33 Direct Trace 100,00% 33Acquisto materiale pubblicitario 2.057 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 2.028 29Acquisti prodotti alimentari 309 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 305 4Materiale vario di consumo 1.127 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 1.111 16Abiti da lavoro 48 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 48 1Acquisto ferti l izzanti Acquisto antiparassitari Acquisto barbatelle Acquisti disti l lati Abbuoni e arrotond.attivi su acquisti Servizi 103.875 95,20% 4,80% 98.887 4.988Costi per utenze 2.875 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 2.834 40Costi per consulenze 4.411 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 4.349 62Costi di manutenzione (ordinaria, riferiti a impia 2.327 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 2.294 33Compensi organi sociali 1.286 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 1.268 18Spese commerciali 88.538 98,60% 1,40% 87.299 1.239Pubblicità, inserzioni e affissioni 1.819 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 1.794 25Contributi promozionali 10.759 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 10.609 151Fiere, mostre, convegni deducibil i 3.787 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 3.734 53Spese commerciali varie 1.223 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 1.206 17Assicurazione crediti 1.834 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 1.809 26Provvigioni passive 40.236 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 39.673 563Spese di trasporti 22.768 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 22.450 319Quote ENASARCO 2.023 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 1.994 28Indennita cessaz.rapporto di agenzia 859 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 847 12Spese di rappresentanza 3.229 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 3.184 45Altri servizi 4.438 18,97% 81,03% 842 3.596Lavorazioni di terzi 3.584 Direct Trace 100,00% 3.584Spese postali 53 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 53 1Spese bancarie 309 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 305 4Premi di assicurazioni non obbligatorie 413 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 407 6Pulizie e vigilanza 57 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 56 1Servizi smaltimento rifiuti 22 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 21 0Godimento beni di terzi 1.550 94,37% 5,63% 1.463 87Canoni di locazione di immobili 1.464 Hl Venduti 48 3 94,12% 5,88% 1.378 86Canoni di locazione di attrezzature 86 98,60% 1,40% 85 1Tir imbottigliamento 50 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 49 1Cassoni differenziata 36 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 36 1Personale 30.363 115,07% 8,42% 34.940 2.557Personale impiegatizio 13.868 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 13.674 194Personale operaio a tempo indet. 12.152 % Tempo Speso 9 1 90,00% 10,00% 10.937 1.215Personale operaio a tempo deter. 11.476 % Tempo Speso 9 1 90,00% 10,00% 10.329 1.148Ammortamenti e svalutazioni 10.858 184,14% 2,56% 19.995 278Ammortamenti immaterialiAltre svalutazione delle imm.Svalutazione crediti 10.858 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 10.706 152Ammortamenti materiali 9.415 9.289 126Amm.to fabbricati strument. 1.293 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 1.275 18Amm.to impianti e macchinari 7.545 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 7.440 106Amm.to mobili e macchine da uffic. 144 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 142 2Amm.to autovetture 51 Hl Prodotti 1.409 20 98,60% 1,40% 51 1Amm.to autoveicoli 381 Direct Trace 100,00% 381 0Amm.to barriques 0 0 0Amm.to fusti 0 0 0
64
Tab. 2.6 – Classificazione costi fissi e costi variabili
COSTI FISSI COSTI VARIABILI COSTI FISSI COSTI VARIABILI
Uva conferi ta 77.346 1.098 77.346 1.098
Acquis ti materie suss idiarie 1.662 24 1.662 24
Confezioni e imbal l i 25.712 15.551 25.712 15.551
Acquis ti imbal laggi vari 348 5 348 5
Acquis ti Tappi 29.947 1.615 29.947 1.615
Acquis to etichette 8.621 1.072 8.621 1.072
Acquis to vetro 63.693 9.444 63.693 9.444
Acquis ti capsule 10.133 513 10.133 513
Acquis ti pedane 1.799 26 1.799 26
Acquis ti interfa lde 1.636 23 1.636 23
Acquis ti Prodotti Enologici 3.927 56 3.927 56
Acquis to beni e attrezzatura minuta 11 11 0
Combustibi l i per lavorazione 33 33 0
Acquis to materia le pubbl ici tario 2.028 29 2.028 29
Acquis ti prodotti a l imentari 305 4 305 4
Materia le vario di consumo 1.111 16 1.111 16
Abiti da lavoro 48 1 48 1
Costi per utenze 2.834 40 2.834 40
Costi per consulenze 4.349 62 4.349 62
Costi di manutenzione 2.294 33 2.294 33
Compens i organi socia l i 1.268 18 1.268 18
Pubbl ici tà , inserzioni e affi s s ioni 1.794 25 1.794 25
Contributi promozional i 10.609 151 10.609 151
Fiere, mostre, convegni deducibi l i 3.734 53 3.734 53
Spese commercia l i varie 1.206 17 1.206 17
Ass icurazione credi ti 1.809 26 1.809 26
Provvigioni pass ive 39.673 563 39.673 563
Spese di trasporti 22.450 319 22.450 319
Quote ENASARCO 1.994 28 1.994 28
Indennita cessaz.rapporto di agenzia 847 12 847 12
Spese di rappresentanza 3.184 45 3.184 45
Lavorazioni di terzi 3.584 0 3.584
Spese posta l i 53 1 53 1
Spese bancarie 305 4 305 4
Premi di ass icurazioni non obbl igatorie 407 6 407 6
Pul izie e vigi lanza 56 1 56 1
Servizi smaltimento ri fiuti 21 0 21 0
Canoni di locazione di immobi l i 1.378 86 1.378 86
Tir imbottigl iamento 49 1 49 1
Cassoni di fferenziata 36 1 36 1
Personale impiegatizio 13.674 194 13.674 194
Personale opera io a tempo indet. 10.937 1.215 10.937 1.215
Personale opera io a tempo deter. 10.329 1.148 10.329 1.148
Svalutazione credi ti 10.706 152 10.706 152
78.936 295.419 6.832 30.427
METODO MARTINOTTI METODO CLASSICO
TOTALE
FATTORI DELLA PRODUZIONEQUOTA COSTO
METODO MARTINOTTIQUOTA COSTO
METODO CLASSICO
65
Tab. 2.7 – Il break even point con margine di contribuzione
Dalla lettura dei dati in tabella 2.7 si evince distintamente che il BEP dello spumante
realizzato con metodo classico è negativo. Osservando i margini di contribuzione, il prospetto
chiarisce come ogni unità prodotta/venduta di spumanti realizzati col metodo Charmat
contribuisce alla copertura dei costi fissi aziendali in misura di 1,84 euro, mentre ciascuna
bottiglia di Cinquantenario di falanghina prodotta e venduta “assorbe” risorse finanziarie in
ragione di €1,42 ad unità, nonostante il suo prezzo di vendita di circa tre volte quello del
primo prodotto. Limitando l’osservazione alla sola produzione di spumanti, i dati
suggeriscono che i prodotti a metodo Charmat, oltre alla produzione del reddito,
contribuiscono alla copertura di quella parte di perdita generata dalla vendita di ciascuna
bottiglia di Cinquantenario.
A questo punto potrebbe risultare utile per l’azienda conoscere il giusto mix di produzione
per garantirsi profitti nulli. I costi fissi diventano comuni per entrambe le linee di prodotti, si
conoscono i prezzi unitari, i costi variabili unitari e i volumi di vendita degli stessi (Tabella
2.8).
Tab. 2.8 – Prospetto per il calcolo del punto di pareggio in termini di quantità
PRODOTTI METODO MARTINOTTI METODO CLASSICO
CF 78.936 6.832CVU 1,57 11,41PUV 3,42 9,99BEP 42.819MdC 1,84 -1,42
PRODOTTI VOLUMI DI VENDITA MIX % SU VOLUMI PREZZOCOSTO
VARIABILE
COSTI FISSI
TOTALIM-MARTINOTTI 187.867 98,60% 3,42 1,57M-CLASSICO 2.667 1,40% 9,99 11,41
190.533 100%
85.768
66
Applicando la formula vista in precedenza:
𝑩𝑬𝑷𝒎𝒑 =CF
∑ (𝑃𝑉𝑚𝑝 − 𝐶𝑉𝑚𝑝)
sostituendo ai dati richiesti i valori in tabella 8,
𝑩𝑬𝑷𝒎𝒑 =85.768
[(3,42− 1,57) ∗ 98,60%] + [(9,99− 11,41) ∗ 1,40%
è stato possibile determinare la quantità a valori medi ponderati calcolata sul mix di volumi:
𝑩𝑬𝑷𝒎𝒑 = 47.706
Sapendo la percentuale di vendita di ciascuna produzione, i successivi steps sono stati la
determinazione delle unità di pareggio per linea (Tabella 2.9), il calcolo del margine di
sicurezza (Tabella 2.10) e la verifica del risultato attraverso il prospetto con margine di
contribuzione (Tabella 2.11). Premesso che la Cooperativa opera con un ampio margine di
sicurezza, osservando la tabella 11 si può comprendere l’utilità dell’esercizio svolto: per
coprire le perdite derivanti dalla realizzazione dello spumante prodotto con metodo classico
occorre produrre e vendere un quantitativo più elevato di prodotti “Martinotti” dal momento
che, attraverso i propri ricavi, deve contribuire alla copertura di parte dei costi variabili
generati dalla commercializzazione del prodotto con “Metodo Classico”. Ovviamente, poi, ad
ogni composizione di mix di prodotti, saranno associati diversi punti di pareggio in termini di
quantità e differenti risultati economici.
Tab. 2.9 – Quantità di pareggio per linea di produzione
PRODOTTI BEPmp MIX % SU VOLUMI MIX PRODOTTI
M-MARTINOTTI 98,60% 47.038M-CLASSICO 1,40% 668
100%
47.706
67
Tab. 2.10 – Calcolo del margine di sicurezza
Tab. 2.11 – Prospetto con margine di contribuzione
2.5 Conclusioni
L’attività di ricerca svolta dimostra che nella produzione degli spumanti la Guardiense
riesce a coprire totalmente i costi sostenuti e a collocarsi nell’area dei profitti.
Considerando l’ipotesi che la quantità venduta corrisponda alla quantità prodotta, si
evince che la produzione di spumanti è pari a circa 190.500 bottiglie a fronte di un
punto di pareggio unico per le due linee di spumanti di 47.706 bottiglie (cfr. tabella 8). Il
dato aggregato, però, non fa emergere le difficoltà legate alla produzione dello
spumante metodo Classico. Difatti, con la struttura dei costi aziendali alla data del
31/07/2014, realizzare tale prodotto non è remunerativo, ciò a causa degli elevati costi
variabili di produzione, che rappresentano circa l’81,6% dei costi totali del
Cinquantenario. Dai colloqui avuti con il management aziendale, è emerso, però, che la
caratterizzazione di questo prodotto, in termini di qualità e packaging, è nota e,
peraltro, desiderata al fine di migliorare l’immagine percepita dal consumatore. In altre
PRODOTTI BEPmp Q-venduta MARGINE DI SICUREZZA
M-MARTINOTTI 187.867M-CLASSICO 2.667
190.533
47.706 142.827
M-MARTINOTTI M-CLASSICO TOTALERICAVI 160.683 6.671 167.354COSTI VARIABILI 73.967 7.618 81.586MdC 86.715 -947 85.768COSTI FISSI TOTALI 85.768REDDITO NETTO 0
68
parole, il prodotto è strumentale alla creazione di una strategia di leadership
territoriale, indipendentemente dal processo di razionalizzazione dei costi operato
nell’ultimo biennio.
Per contro, lo spumante metodo Martinotti garantisce una buona redditività, dimostrata
anche dal margine di contribuzione unitario, che potrebbe addirittura migliorare se
l’azienda modificasse la struttura dei costi. Dalla ripartizione dei costi operata, infatti,
emerge che il 79% dei costi di produzione sono variabili, il che rende difficile sfruttare
le c.d. economie di scala.
Inoltre, analizzando il prospetto della ripartizione tra le due linee di produzione in
esame, emerge il peso significativo delle seguenti voci sul totale dei costi variabili:
1. confezioni e imballi, pari a 51,10% per il metodo Classico;
2. acquisto vetro, 21,5% per il metodo Martinotti;
3. acquisto tappi, 10,1% sempre per il metodo Charmat.
L’attività di ricerca potrebbe svilupparsi considerando gli ulteriori e nuovi investimenti
che il management sta realizzando sulle linee di produzione degli spumanti. Questo
comporterà un nuovo calcolo del BEP sulle produzioni osservate e la valutazione dei
nuovi investimenti secondo le tecniche del Capital Budgeting.
69
Bibliografia
Anthony R.N., Controllo di gestione per il settore non profit, McGraw-Hill, Milano, 1992.
Arcari A. M., Programmazione e controllo, McGraw-Hill, Milano, 2010.
Brusa L. 1995, Contabilità dei costi, Giuffrè Editore, Milano, 1995.
Golinelli G.M., Struttura e governo dell’azienda, Cedam, Padova, 1992; S. Beretta, L’analisi
costi volumi risultati, in Misurazione d’azienda, Giuffrè, Milano, 1998.
Lizza F., Break even analysis e controllo di gestione, Clua, Ancona, 1992;
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Shim, Jae K., Cost Accounting for Managers: A Managerial Emphasis, 5th ed. (California:
Delta Publishing).
Siegel, Joel, and Shim, Jae K., Barron’s Accounting Handbook (New York: Barron’s, 2005).
70
4. Analisi Organizzativo-Aziendale
di Vincenza Esposito e Luigi Capobianco
3.1 Introduzione
Lo studio descritto in questa sezione è finalizzato all’interpretazione e alla rappresentazione
delle caratteristiche del modello organizzativo emergente e le forme di cooperazione tra gli
altri soggetti coinvolti attivamente nella realizzazione del Progetto V.I.T.I.S.. In particolare,
la ricerca analizza il ruolo dei meccanismi d’integrazione delle conoscenze adottati nelle fasi
di progettazione esecutiva e in quella di attuazione del progetto di ricerca tra l’azienda
capofila, la Cooperativa La Guardiense, e gli altri attori (istituzionali e universitari) coinvolti
nel processo di valutazione dell’attitudine delle uve Falanghina e Aglianico coltivate nel
Sannio rispetto alla possibilità di produrre con esse vino spumante di qualità.
La ricerca approfondisce la letteratura teorica di riferimento sul concetto di integrazione delle
conoscenze, con particolare riguardo per l’adozione di differenti meccanismi organizzativi a
livello inter-organizzativo. La principale questione alla base di questa ricerca è il provare a
comprendere quali siano le combinazioni di meccanismi di coordinamento più adatte per
promuovere l’integrazione delle conoscenze nell’ambito di una collaborazione strategica fra
un’azienda e diversi dipartimenti accademici.
L’esperienza di progetto selezionata come caso studio offre un quadro coerente, differenziato
e ricco di informazioni idonee all’esplorazione del fenomeno in oggetto. Si sono utilizzate tre
tecniche di raccolta dati: analisi dei documenti interni, visite sul campo e interviste semi-
strutturate. L’analisi documentale è stata utilizzata al fine di ottenere una conoscenza
approfondita della struttura organizzativa e per individuare sia eventuali problematiche
correlate al coordinamento, sia implicazioni concernenti il controllo in merito alla creazione
di conoscenza. Le osservazioni e le visite sul campo condotte nei laboratori di ricerca
71
universitari e nella sede operativa dell’azienda sono state compiute al fine di ricavare
maggiori informazioni riguardo sia questioni culturali, sia eventuali criticità legate al
processo di analisi, e a quello di generazione e diffusione delle conoscenze relative alle
materie prime, ai prodotti e al loro potenziale commerciale.
Le implicazioni di questo studio riguardano principalmente una migliore comprensione delle
scelte adottate a livello inter-organizzativo in termini di processi d’integrazione della
conoscenza. Lo studio ha permesso di migliorare la comprensione della cooperazione inter-
organizzativa a livello di progetto sotto almeno due punti di vista. In primis, si osservi che
solo pochi studi precedenti hanno adottato l’intelaiatura del progetto di ricerca per far luce sui
meccanismi di coordinamento inter-organizzativi intercorrenti fra imprese e università.
Inoltre, lo studio ha un ruolo esplorativo in termini di analisi, che può essere utile per
generare ipotesi di ricerca in lavori futuri, mettendo insieme le caratteristiche peculiari dei
progetti inter-organizzativi con lo sviluppo di processi d’integrazione della conoscenza.
I risultati della ricerca possono essere giudicati utili per altre imprese operanti nello stesso
settore, ma anche per i policy maker che vogliono stimolare questa industria. I produttori
vitivinicoli sono in questo periodo alle prese con un rallentamento globale del consumo di
vino e con una competizione sempre più spinta, e ciò li ha spronati a intensificare gli sforzi
compiuti per migliorare la qualità di prodotto e per tentare l’ingresso in redditizie nicchie di
mercato nel commercio internazionale. Per questi motivi, il comparto vitivinicolo è stato
coinvolto in un profondo processo d’innovazione nel cui ambito i processi d’integrazione
della conoscenza vanno assumendo un ruolo via via più importante. Nel presente lavoro si
prova quindi a comprendere come i collegamenti fra università e imprese possano
potenzialmente rappresentare un’imperdibile opportunità di creazione di conoscenza.
72
3.2 Theoretical background
Il comparto vitivinicolo si caratterizza per un complesso e ricercato insieme di conoscenze
facenti capo a molte aree tecnologicamente differenti, come la fermentazione e la produzione
del vino da una parte, e le competenze manageriali inerenti la vendita del prodotto finito
dall’altra (Doloreux et al., 2013).
Questo settore ha subito negli ultimi decenni un rilevante processo d’innovazione tecnologica
e manageriale al cui interno l’integrazione delle conoscenze a livello inter-organizzativo
riveste un ruolo sempre più influente (Pezzillo Iacono et al., 2013). In particolare, si osserva
come la maggior parte dei progressi in termini di ricerca agronomica, chimica o
ingegneristica sul mondo del vino si basino sulle scienze applicate correlate al dominio
accademico (Paul, 2002).
Un numero crescente di studi manageriali documenta la rilevanza delle connessioni fra
università e imprese nel settore del vino (McDermott et al., 2007; Morrison e Rabellotti,
2007; Smith, 2007; Aylward, 2003). Giuliani e Arza (2009) affermano che le imprese
vitivinicole non si rapportano all’università per completare il loro bagaglio di conoscenze,
quanto piuttosto per rafforzare le loro capacità di produrne di nuova. Queste imprese, infatti,
elaborano internamente le conoscenze acquisite dalle università e le sfruttano nei loro
processi di produzione e/o innovazione, aprendo così la strada alla generazione di nuove
abilità e competenze.
I ricercatori universitari, in generale, offrono ad esempio consulenze tecniche sia formali sia
informali ai produttori su tematiche che vanno dal come riconoscere e trattare particolari
parassiti, a come analizzare un terreno. Per questi motivi, le università sono viste come una
vera e propria sorgente di conoscenze e competenze, con cui le imprese possono intrattenere
attività di ricerca congiunta. Da qui la conclusione che un’innovazione di successo non
dipenda esclusivamente dalle capacità tecnologiche dell’impresa o dalle potenzialità del
73
mercato, quanto piuttosto dagli sforzi in termini d’integrazione delle conoscenze, in un’ottica
di mobilitazione e combinazione di un vasto set di competenze eterogenee (Sammarra e
Biggiero, 2008; Acworth, 2008).
3.2.1 Il concetto di integrazione delle conoscenze
L’integrazione delle conoscenze (Knowledge Integration, KI) è un tradizioale argomento di
ricerca in diversi ambiti scientifici. Tell (2011) ha individuato più di trenta definizioni
pertinenti a campi come teoria dell’organizzazione, sviluppo nuovi prodotti, sistemi
informativi, Project Management, gestione delle risorse umane e business internazionale. In
una tale eterogeneità, secondo Tell (2011), è possibile isolare tre principali significati di
ricerca:
1. Condividere o trasferire la conoscenza;
2. Utilizzo di conoscenze simili/correlate;
3. Combinazione di conoscenze specialistiche, differenti, tuttavia complementari.
In questo studio si propone di adottare il terzo approccio tra quelli indicati in precedenza,
identificando l’integrazione delle conoscenze come una combinazione di conoscenze
specialistiche e differenziate. Seguendo questa prospettiva, il principale motivo per cui le
imprese tendono a integrare le proprie conoscenze è l’efficienza. La riduzione dei costi,
infatti, è l’obiettivo che le organizzazioni dovrebbero raggiungere per sfruttare al meglio il
vantaggio della specializzazione. A tal proposito, Grant afferma (1996:113): “Considerati i
guadagni in termini di efficienza dovuti alla specializzazione, è compito fondamentale
dell’organizzazione il coordinamento di sforzi di molti specialisti diversi”.
Come testimoniato nella revisione della letteratura compiuta da Tell, in tutte e tre le accezioni
la KI va ben oltre l’assegnazione dei compiti, andando a toccare molti altri elementi e
variabili. Ad esempio, Mitchell (2006:923) afferma: “L’accesso a della conoscenza esterna
74
rappresenta un trasferimento dall’esterno verso l’interno della stessa, mentre l’integrazione
di conoscenze interne rappresenta un trasferimento di conoscenza da e verso l’interno”.
Mitchell adotta un approccio cognitivo e considera la conoscenza come un oggetto gestito a
livello individuale. Huang e Newell (2003:167) asseriscono invece che l’integrazione delle
conoscenze sia “un processo continuato e collettivo di costruzione, articolazione e
ridefinizione di convinzioni condivise attraverso l’interazione sociale dei membri di
un’organizzazione”.
Nonostante la complessità e varietà del concetto di KI, un punto comune alle definizioni e
agli sforzi di concettualizzazione teorica concerne il processo di divisione del lavoro nel
processo di genesi della conoscenza e la conseguente necessità d’integrazione tra gli attori
che vi hanno preso parte. Come affermato da Tell (2011): la letteratura sul tema
dell’integrazione delle conoscenze non tratta principalmente del ‘problema economico della
cooperazione’, ad es., incentivare l’allineamento fra agenti economici, ma si focalizza
piuttosto sul ‘problema del coordinamento’, ad es, come le conoscenze differenziate possono
essere efficacemente integrate nelle attività economiche (Grant, 1996; Roberts, 2004). Per
comare questo gap, è necessario esaminare il funzionamento dei meccanismi di integrazione,
al fine di facilitare i processi di integrazione delle conoscenze. La finalità specifica del
presente studio è in effetti la comprensione del ruolo di alcune soluzioni organizzative di
supporto alla cooperazione tra attori e delle criticità che si riferiscono al coordinamento in un
processo di KI nell’impostazione di un progetto: il progetto infatti, come affermano
Söderlund and Tell (2011), rappresenta un tipico scenario di creazione di KI e nonostante vi
siano molti studi sui processi di integrazione della conoscenza, ben pochi hanno riguardato lo
studio del processo di KI in un progetto di ricerca.
75
3.2.2 Integrazione di conoscenze e azione organizzativa di progetto
L’integrazione della conoscenza è spesso necessaria nell’impostazione dei progetti per
garantire un coordinamento appropriato e un efficace raggiungimento degli obiettivi. Le
preparazioni dei progetti sono spesso caratterizzate da forti tensioni: necessità di
coordinamento delle attività e di integrazione delle conoscenze, da un lato, e decentramento e
autonomia lavorativa, dall’altra. Anche le caratteristiche dei progetti possono influenzare
l’integrazione delle conoscenze: i limiti temporali permettono alle persone di essere coinvolte
più velocemente, così come di raggiungere risultati migliori. Ciononostante, la condivisione
delle conoscenze potrebbe essere superficiale. L’esperienza specifica non è trasmessa
automaticamente all’interno del progetto o attraverso strutture di progetti.
Sono necessari degli opportuni meccanismi di coordinamento per garantire che le attività
progettuali siano implementate in ossequio delle interdipendenze esistenti. Pianificazione
condivisa, assegnazione delle mansioni, riunioni, strutture sociali, sono tutti esempi di
specifiche caratteristiche del progetto che permettono alle persone di creare e condividere
conoscenza organizzativa. Un progetto genera specifiche opportunità di integrare conoscenze
diverse. La sfida dell’integrazione delle conoscenze risiede nella combinazione di conoscenze
individuali al fine di creare conoscenza collettiva. Tale processo implica interazioni fra
possessori individuali di conoscenza specifica e membri di squadre di progetto.
Numerose ricerche in passato hanno investigato il processo d’integrazione delle conoscenze
nell’impostazione dei progetti. Si sono raggiungi numerosi risultati riguardo il processo di
integrazione e i fattori che lo influenzano; ciò permette di rapportarsi agli aspetti relazionali
del processo. Huang e Newell (2003) suggeriscono che i membri dei team di progetto
debbano possedere conoscenze e competenze varie e specifiche; di modo che i team possano
avere accesso a diverse basi di conoscenza, ma devono altresì risolvere i problemi
dell’integrazione dovuti a prospettive diverse. Nella letteratura esistente sono state poste delle
76
questioni di ricerca concernenti la gestione dell’integrazione delle conoscenze a diversi livelli
in un progetto. Ad esempio, Fong (2003) mostra come siano necessari dei meccanismi di tipo
“boundary spanners” nei progetti disciplinari per gestire al meglio conoscenze e competenze
differenziate.
Nel contesto di sviluppo nuovo progetto, Enberg et al. (2006) sottolineano l’importanza
dell’accumulo dell’esperienza da parte degli individui e il ruolo complementare del collettivo
per l’articolazione della conoscenza. Essi propongono un modello iterativo delle dinamiche
individuo/gruppo basato sull’interazione e sull’azione e dipendente dalle caratteristiche delle
mansioni per comprendere l’integrazione delle conoscenze. I loro principali risultati
suggeriscono che l’integrazione delle conoscenze in un progetto non abbia bisogno di
uguaglianza nella partecipazione. Schmickl e Kieser (2008) argomentano che le persone non
sempre necessitano di un apprendimento di tipo “cross-learning” per fornire prestazioni più
efficaci; piuttosto, queste preferiscono integrare le proprie conoscenze attraverso meccanismi
strutturali. Tell (2011) elenca tre tipologie di fattori che influenzano l’integrazione della
conoscenza: caratteristiche delle mansioni (complessità, incertezza, novità, eterogeneità),
caratteristiche della conoscenza (intera o esterna, tacita o esplicita, correlata o non correlata),
e caratteristiche relazionali (capitale sociale, livello d’interazione, storia).
Fra tutti i fattori che influenzano il processo d’integrazione delle conoscenze nei progetti,
molti (ad es. mancanza di familiarità o conoscenza fra le persone, lingue differenti,
sensemaking, mancanza di fiducia, distanza fisica) possono provocare un fallimento in questo
scopo.
Grant (1996, p. 114) identifica quattro modalità diverse per ottenere un’integrazione delle
conoscenze efficace: regole e orientamento, sequenziamento, routine, problem solving di
gruppo e decision making:
77
1. Regole e direttive: includono piani, programmi, previsioni, regole, politiche e
procedure, e informazioni standardizzare e sistemi di comunicazione (Van de Ven et
al., 1976, p. 323) e si può guardare ad esse come standard che regolano le interazioni
fra individui.
2. Sequenziamento: che comporta un’organizzazione delle attività in una sequenza di
tempo modellata, in modo che l’input di ogni specialista avvenga indipendentemente
attraverso l’assegnazione di uno spazio di tempo separato.
3. Routine: Una routine è “un modello relativamente complesso di
comportamento…innescato da un numero relativamente ridotto di segnali d’avvio o
scelte e funzionante come unità riconoscibile in uno stile relativamente automatico”
(Winter, 1986, p. 165).
4. Problem solving di gruppo e decision making: che si concretizza in una variegata
combinazione di soluzioni di coordinamento £attraverso il confronto diretto” come, ad
esempio l’interazione faccia a faccia tra soggetti nel corso di una riunione). Alcuni
compiti possono richiedere delle forme d’integrazione più personali e più basate sulla
comunicazione. Galbraith (1973) indica il bisogno di affiancare a un coordinamento
“impersonale” effettuato attraverso regole e piani dei modelli coordinamenti di tipo
“personale” e di “gruppo”, quest’ultimo tipo avente la forma delle riunioni.
Nella letteratura concernente il dominio di ricerca Università-Industria la questione della
conoscenza è stata studiata all’interno di un framework ben definito. Molti studiosi hanno
provato a guardare al processo di creazione/trasformazione della conoscenza, adottando il
ben noto modello SECI al fine di interpretare i loro dati (Hermans e Castiaux, 2007;
Matysiewicz e Smyczek, 2013). Questa prospettiva considera le anzidette tipologie di attività
di ricerca nel seguente modo: “Una collaborazione fra università e/o industria può assumere
forme molto diverse, compresi programmi di ricerca congiunta, finanziamenti aziendali di
78
ricerche accademiche e consulenze fornite dallo staff accademico” (Matysiewicz e Smyczek,
2013: 110). Il project team di ricerca è visto come una sorta di comunità di pratica, mentre a
volte lo stesso si rappresenta meglio attraverso l’idea di comunione di pratica (Lindvist,
2005). Questo tipo di gruppo è altamente autonomo dal punto di vista della fissazione degli
obiettivi, in termini di tempi, risorse finanziarie e qualità dell’outcome. È composto di
membri che rappresentano diverse specializzazione con differenti basi e modalità di
interpretazione delle esperienze. (Lindvist, 2005). In tali contesti non c’è particolare bisogno
di avere scambi di conoscenza mentre il ruolo del coordinamento emerge come molto
significativo, e fissati esplicitamente, specifici obiettivi di progetto rivestono grande
importanza nell’abilitazione della attività di coordinamento (Lindvist, 2005).
Nel presente studio si intende discutere di come diversi membri del progetto di ricerca
conducano il loro lavoro nei diversi momenti della ricerca, investigando sul come e quando
essi abbisognino di sovrapposizione o integrazione delle conoscenze. Infine, s’intende
scoprire quali tipi di meccanismi d’integrazione sono adottati quando questo processo si
rende necessario.
3.3 Obiettivi e finalità della ricerca
Il sotto-programma di ricerca realizzato nell’ambito degli studi organizzativi ha mirato a
rappresentare e indagare le modalità di coordinamento e integrazione sviluppate in seno al
progetto tra i partner istituzionali e quelli aziendali allo scopo di sostenere al meglio le
attività di sperimentazione e di innovazione nella produzione di vino spumante di qualità con
vitigni autoctoni. In particolare gli obiettivi del sotto-programma sono stati:
A) Analizzare ed interpretare i modelli organizzativi sottostanti ai processi di produzione e
di innovazione selezionati come focus del progetto di ricerca;
79
B) Interpretare i fenomeni e le soluzioni organizzative adottate dai partecipanti al progetto
per il coordinamento delle attività specialistiche utili alla sperimentazione, il controllo
delle relazioni inter-organizzative e la condivisione delle conoscenze generate,
utilizzando la prospettiva teorica tracciata in precedenza per indagare il tema
dell’integrazione delle conoscenze.
Il valore atteso dalla ricerca in esame è stato correlato alla possibilità di codificare e
modellizzare le prassi e le soluzioni di coordinamento, adottate in via sperimentale
nell’ambito del macro-progetto di ricerca, tra i partner universitarie e aziendali e contribuire,
in tal modo, all’avvio di un processo di knowledge creation e knowledge sharing sui processi
di innovazione attuati, sui risultati conseguiti e le criticità riscontrate.
3.4 Metodologia
L’analisi empirica è stata basata su un’indagine qualitativa. Si è analizzato il materiale
raccolto empiricamente presso la Cooperativa “La Guardiense”, una media impresa
vitivinicola che si trova nella regione del Sannio. Lo studio è stato sviluppato nell’ambito di
un sondaggio più ampio condotto all’interno dell’industria del vino sannita, finanziata dal
MIUR.
Si è scelta questa Azienda in particolare come caso studio poiché ha offerto un’impostazione
di base molto ricca per lo studio della conoscenza. Sulla base delle informazioni reperite
tramite il sondaggio precedente (Pezzillo Iacono et al., 2013), l’Azienda ha dimostrato,
attraverso significative innovazioni di prodotto e di processo in termini sia di tecnologia che
di “semantica”, di avere una forte trazione verso l’internazionalizzazione e un approccio
cosciente verso l’acquisizione di conoscenza sia implicita sia esplicita. In aggiunta, il
modello organizzativo – una cooperative viti-vinicola – è piuttosto comune sia in Italia che
80
nell’area locale. In Italia, le cooperative processano circa il 60% della produzione d’uva e
sono responsabili di una consistente fetta di produzione di vino nella regione del Sannio.
Il ricorso a un caso studio forte è consigliato quando i confini fra fenomeno e contest non
sono interamente ovvi, ad esempio, in merito alla relazione fra meccanismi di coordinamento
e integrazione delle conoscenze (Dubois e Gadde, 2002). Ciò è in linea con Dyer e Wilkins
(1991), i quali hanno sostenuto la causa dei casi studio intensi, raccomandando ai ricercatori
di considerare i benefici derivanti da “lo studio accurato di un singolo caso che porta [loro] a
vedere nuove relazioni teoriche nuove e mettere in discussione quelle già note” (p. 614). Si
sono usate tre tecniche di raccolta dati: analisi della documentazione interna,
visite/osservazioni sul campo e interviste semi-strutturate. L’analisi documentale ha
permesso la comprensione della struttura del progetto e l’identificazione delle questione
correlate all’integrazione delle conoscenze. Le osservazioni sono state compiute per esplorare
cultura, responsabilità e questioni relative al coordinamento afferenti ai diversi partner del
progetto. Si sono condotte sei interviste semi-strutturate con il presidente della Cooperativa e
con 5 ricercatori del dipartimento di Agraria coinvolti con responsabilità formali
nell’attuazione del progetto. Tutte le interviste sono state registrate. Esse hanno puntato a
ottenere dati sulle fonti di conoscenza e sull’adozione di differenti tipologie di meccanismi di
coordinamento. La raccolta di dati ha interessato il periodo Ottobre 2014 - Aprile 2015.
La prima fase di ricerca bibliografica, finalizzata a definire i paradigmi teorici utili a
interpretare il fenomeno, ha consentito di analizzare le pratiche connesse alla generazione e
condivisione della conoscenza, al coordinamento e al controllo organizzativo in condizioni di
stabilità operativa e/o di innovazione. In seguito si è proceduto alla definizione dell’impianto
teorico e metodologico selezionato dal gruppo di ricerca organizzativa, per la comprensione
delle dinamiche e delle azioni messe in campo nella definizione del progetto di
sperimentazione sulla spumantizzazione di vino prodotto con uve autoctone. Si sono quindi
81
potute definire le variabili e le relazioni di causa-effetto da indagare attraverso le attività di
studio e di ricerca empirica. A tal fine, mediante il coordinamento con i partner del Progetto,
si è compiuta un’analisi field, corredata da interviste ai referenti dei diversi gruppi di ricerca e
a quelli dell’Azienda capofila, le quali hanno permesso l’osservazione diretta delle varie fasi
di implementazione della sperimentazione.
In particolare, grazie alle interviste condotte con il gruppo di lavoro afferente all’area
genetica del Dipartimento di Agraria è stato possibile raccogliere gli elementi utili non
soltanto alla ricostruzione delle principali ripercussioni in termini di validazione scientifica
dell’attività di sperimentazione, ma anche ad evidenziare le dinamiche di interazione con il
gruppo di lavoro dell’area enologica dello stesso Dipartimento universitario. Con
quest’ultimo gruppo di ricercatori si è quindi provveduto a raccogliere ulteriori informazioni
utili a ricostruire gli impatti organizzativi della sperimentazione, con particolare focus sulla
possibilità di generare dei protocolli di lavorazione standard mirati all’ottenimento di prodotti
di qualità. Tutto ciò con l’obiettivo di comprendere le scelte adottate in termini di
integrazione della conoscenza e di cooperazione inter-organizzativa, soprattutto alla luce
della diversa natura dei soggetti coinvolti. L’innovazione di processo, infatti, è analizzata
soprattutto nell’ottica degli sforzi di integrazione delle conoscenze, i quali risultano
fondamentali per garantire un coordinamento appropriato e un raggiungimento degli obiettivi
efficace, contestualmente alla capacità tecnologica e alle potenzialità del mercato. In questo
senso, l’indagine qualitativa ha consentito la comprensione delle dinamiche e
l’identificazione delle questioni relative ai meccanismi di condivisione della conoscenza e al
coordinamento tra i diversi gruppi di lavoro. L’analisi e l’interpretazione combinata di dati
economici, informazioni tecniche e previsioni, raccolti mediante gli incontri di cui sopra, ha
permesso, invece, la valutazione della portata innovativa della sperimentazione, nonché di
82
evidenziare la sua originalità in termini sia in termini di coinvolgimento dei partner sia di
contributi teorici apportati agli studi in materia.
3.5 Risultati e discussione
L’attività di ricerca descritta e il caso di studio elaborato hanno condotto all’elaborazione di
due paper discussi nell’ambito di due convegni di cui uno nazionale e uno internazionale.
1. International Forum on Knowledge Asset Dynamics, Bari, Giugno 2015;
2. Workshop on “Business Model and Business Sustainability”, Kore University, Enna
(italy), 19th–20th june 2014.
Dalla discussione in seno alla comunità scientifica di riferimento per gli studi organizzativo
sono emerse considerazioni e proposte per rivisitare i paper prodotti e pervenire ad un terzo
paper attualmente in fase di seconndo referaggio da parte della rivista internazionale
Measuring Business Excellence.
3.5.1 Il contesto della ricerca
Il progetto di ricerca VITIS è nato dalla collaborazione fra la Regione Campania, l’azienda
cooperativa La Guardiense e due Dipartimenti dell’Università, Università Federico II
(Scienze Naturali) e l’Università del Sannio (Dipartimento di Management).
La Guardiense è il partner capofila, l’unico operante come un’azienda commerciale.
Quest’impresa tipicamente mette insieme un gran numero di operatori attivi nel comparto
viti-vinicolo (agricoltori, produttori di vino) in un’ampia area geografica.
Attraverso questo progetto la Regione Campania esercita il suo ruolo di policy maker, con
l’obiettivo di favorire lo sviluppo della filiera produttiva nel Sannio specialmente nelle
varietà di vino Aglianico e Falanghina.
83
Le attività incluse nel progetto sono: a) ricerca di base; b) analisi e c) sperimentazione di
innovazioni di processo e prodotto.
Gli obiettivi del progetto sono stati:
1. Razionalizzazione dei prodotti nella filiera produttiva vitivinicola;
2. Sviluppo delle piene potenzialità dei prodotti esistenti;
3. Sviluppo di nuovi prodotti.
Con riferimento al primo obiettivo, il progetto ha mirato a sviluppare conoscenze peculiari
riguardanti le coltivazioni tradizionali de La Guardiense (tassi di crescita sui diversi suoli,
riguardanti sia gli alberi che i grappoli) al fine di migliorare la distribuzione sull’ampia area
del Sannio, così come di mettere in luce la rilevanza delle tecniche adottate in passato.
Per ciò che attiene invece al secondo obiettivo, il progetto ha puntato a creare conoscenze
idonee a rinforzare la peculiare identità delle uve e dei vini di questa specifica filiera
produttiva, rafforzandole attraverso delle iniziative di marketing mirate.
Infine, il progetto ha avuto ad obiettivo anche la generazione e l’integrazione delle
conoscenze derivanti dalla produzione di vino spumante a partire dalle uve locali attraverso
un processo innovativo.
I pacchetti di lavoro del progetto sono stati:
- programmazione del progetto ed esecuzione
- studio e analisi del genoma delle uve
- sperimentazione produttiva di vino spumante
- miglioramenti di progetto e di prodotto relativi a vini già prodotti e venduti dall’Azienda.
84
3.5.2 Fasi del progetto e meccanismi d’integrazione delle conoscenze
Per ogni pacchetto di lavoro si descrivono gli obiettivi principali, le esigenze in termini di
integrazione delle conoscenze e i meccanismi organizzativi messi in campo per gestire tali
questioni.
A. Programmazione del progetto ed esecuzione
A seguito di una complessa decisione e una pianificazione di processo che ha interessato un
arco temporale di molti mesi, la Regione Campania ha finanziato il progetto di ricerca e
sviluppo proposto da La Guardiense e dalle due compagini universitarie.
Da principio i contenuti e gli obiettivi del progetto necessitarono di allineamento con un più
ampio processo di programmazione e allocazione di risorse europee, fornite per favorire lo
sviluppo di aree disagiate del Sud Italia.
La configurazione finale del progetto è stata raggiunta attraverso il mutuo coordinamento di
una pluralità di attori: dirigenti regionali e nazionali incaricati della gestione di fondi europei,
figure manageriali de La Guardiense, rappresentanti di associazioni professionali a supporto
del processo di pianificazione strategica della Regione Campania, membri delle Università
partecipanti ed esperti del settore nel campo delle tecnologie e delle tecniche della
coltivazione dell’uva.
In questa fase l’esigenza di integrazione di conoscenze disponibili presso i vari attori
coinvolti è stata correlata alla necessità di stabilire un progetto allo stesso tempo realizzabile
per le aziende ma anche rilevante per le esigenze delle istituzioni partecipanti.
La visione strategica del policy maker girante intorno allo sviluppo di una filiera produttiva
vitivinicola locale ha avuto bisogno di essere integrata con quella più tecnica (apportata
dall’Azienda che stava progettando investimenti futuri) e quella più scientifica appartenente
ai ricercatori coinvolti nella sperimentazione.
85
Al fine di ottenere la massima fattibilità, l’analisi di dati economici di derivazione Regione
Campania ha avuto bisogno di interpretazione e allineamento sia con i processi di sviluppo
prodotto che con le dinamiche organizzative interne de La Guardiense.
I meccanismi organizzativi adottati in questa fase sono stati: a) analisi e interpretazione
combinata di dati economici, previsioni e informazioni tecniche riguardanti le innovazioni di
progetto prefigurate; b) valutazione e negoziazioni fra differenti strade percorribili.
In entrambi i casi la soluzione di coordinamento adottata è consistita di strumenti tradizionali
e standardizzati (come Diagramma di flusso, Diagramma di GANTT, controllo di budget e
WBS).
B. studio e analisi del genoma delle uve
Il Dipartimento universitario di scienze agrarie ha coordinato per 12 mesi una sezione del
progetto riguardante la mappatura e la trascrizione del genoma delle uve prodotte nei territori
coltivati da La Guardiense. Più precisamente, la trascrizione del genoma delle uve è stata solo
avviata ma non ancora conclusa poiché ciò sarebbe possibile soltanto qualora si ripetesse lo
studio su tutti le parti di terreno coltivate da La Guardiense.
La trascrizione del genoma del vino è un’iniziativa originale che è tuttora ai suoi primordi in
Europa. È un’attività molto complessa poiché gli esperti hanno bisogno di tracciare tutti gli
step evolutivi dell’albero di vite ricorrendo a dei metodi rigorosi per evitare possibili
alterazioni provocate da una varietà di fattori esterni.
Il raggiungimento di un obiettivo così complesso potrebbe arrecare importanti vantaggi per le
aziende coinvolte, giacché permette di definire scientificamente l’identità delle viti,
rafforzando i tratti unici di ciascuna di esse e definendo così un forte legame con i terroir
locali.
86
Da un punto di vista tecnico, foglie e gemme sono asportate a giugno; in seguito, uve e foglie
sono raccolte in passi susseguenti al processo di maturazione, fino allo stato di potatura,
quello finale, mutualmente condiviso dal produttore e dall’enologo. Durante tutti gli step, si
rendono necessarie delle peculiari tecniche di raccolta, conservazione e trasporto per
prevenire ogni tipo di contatto e alterazione con agenti esterni.
Mentre si eseguiva la campionatura del materiale organico, ci sono state numerose interazioni
fra i partner di progetto. Il team dei biologi dovette impostare i dettagli della campionatura
(intervalli temporali e metodi di selezione dei materiali), mentre si interagiva con i produttori
coinvolti nelle differenti varietà di vino per molti giorni nelle settimane programmate.
Lo sviluppo dinamico della pianta, che è stato disegnato e standardizzato in anticipo
dell’enologo al fine di prelevare i campioni nei momenti cruciali, mostra specifiche
variazioni che il produttore interpreta e ritiene basate sulle informazioni che egli sostiene,
innanzitutto, propria conoscenza sulla varietà di vino e sul suolo in oggetto.
In particolare, decidere il momento più efficace per la raccolta del campione nei stadi di
sviluppo, il livello di altezza su cui tagliare il grappolo, e le sotto-aree da dove scegliere i
diversi campioni, ha richiesto di affiancare alla conoscenza scientifica del ricercatore quella
esperienziale propria del produttore.
L’approccio al coordinamento adottato è stato quello di organizzare un gruppo di lavoro
composto di biologi e produttori, al fine di condurre al meglio le varie attività di
campionatura. Dei giovani ricercatori esperti nello studio delle caratteristiche della vite,
unitamente a dei produttori dotati di un’esperienza maggiore proprietari di terreni agricoli e
membri di vecchia data della Cooperativa, hanno messo a punto un piano di visite alle viti,
durante un numero variabile di giorni intorno ad un data fissata nel progetto stesso.
Attraverso l’osservazione diretta, queste visite sono servite per stabilire gli intervalli
temporali esatti e le procedure tecniche necessarie per l’implementazione delle attività.
87
Una volta che le varie campionature si sono concluse – e immediatamente dopo l’ultimo
campione è stato raccolto – i biologi specialisti hanno condotto le loro analisi e
rappresentazioni e inviato i dati ad un centro specializzato operante a livello nazionale per la
trascrizione finale del genoma delle varietà di uve analizzate.
C. Sperimentazione produttiva di vino spumante
Tutto il team di progetto ha lavorato per 18 mesi sulla sperimentazione di un nuovo prodotto:
un vino spumante realizzato a partire da uve Aglianico e Falanghina del Sannio di viti già
adulte di circa 1000 membri della Cooperativa, con produzioni di successo sia a livello di
mercato nazionale che internazionale.
L’obiettivo è stato quello di identificare le aree del Sannio più appropriate per la produzione
di vino spumante, e la migliore combinazione fra i vini base Falanghina e Aglianico per
ottenere uno spumante di qualità.
Le analisi e gli studi sono stati condotti sia sul campo sia in laboratorio, e insieme a tutte le
fasi del processo produttivo del vino spumante realizzato con tecniche tradizionali, accanto
alla produzione di altri vini già inclusi nella gamma.
I ricercatori hanno condotto le loro attività di potatura, raccolta, schiacciamento,
fermentazione, imbottigliamento e conservazione. Al momento di disegnare il progetto, il
team era in attesa degli ultimi risultati delle analisi sul prodotto finito al termine del periodo
di maturazione, il quale non dura meno di 12 mesi.
In ogni stadio del processo di vinificazione, i ricercatori hanno condotti campionature, analisi
sul campo e test in laboratorio al fine di rappresentare le caratteristiche delle uve e del vino
spumante.
88
L’interazione fra specialisti (enologi e biologi) e i produttori è servita per interpretare i dati
delle analisi di laboratori sull’ipotesi di ottenere un vino spumante ideale attraverso
l’intreccio di due uve diverse.
A causa della mancanza di un vino “prototipo”, lo scambio fra i membri del gruppo di lavoro
si è basato sulla creazione di una serie di ipotesi su: a) la migliore origine delle uve fra le
tante varietà disponibili; b) la combinazione ottima delle uve; c) le migliori tecniche di
coltivazione possibili; d) le soluzioni tecniche ottimali per la gestione del processo di
realizzazione dello spumante.
L’obiettivo comune di raggiungere un protocollo sperimentale ha condotto numerose
iniziative di scambio.
L’esperienza precedente comune fra i membri della ricerca permette la creazione di modelli
comportamentali e procedurali ricorrenti. Allo stesso tempo, gli specialisti nelle scienze
sociali hanno operato con una differente forma d’integrazione con i ricercatori in
management. In questo caso, l’approccio adottato per integrare e generare conoscenze sul
nuovo prodotto è stato quello di condurre delle sessioni preliminari per diffondere i dati del
test e una “nuova codificazione” delle proprietà delle uve e dei vini spumanti oggetto della
sperimentazione.
I ricercatori hanno dovuto coniare termini ed aggettivi ad hoc per rappresentare i risultati
delle loro analisi, al fine di garantire l’allineamento con i ricercatori di organizzazione e
marketing nella comprensione del fenomeno che si sviluppava nel progetto.
Il gruppo di lavoro ha dovuto coniare termini ad hoc anche per identificare le procedure e le
attività tipiche necessarie alla conduzione del processo produttivo, e aggettivi collettivi per
codificare gradualmente l’identità del vino spumante. Ciò ha reso possibile di offrire alle
attività di test un’altra fonte informativa non tanto correlata al prodotto in oggetto, quanto alla
89
sua identità agli occhi del consumatore, il suo posizionamento di mercato in relazione ai
concorrenti, e alla sostenibilità economica di una sua produzione futura.
D. Innovazioni di processo e di prodotto relativi a vini già prodotti e venduti dall’Azienda
La profonda analisi delle proprietà organolettiche ed enologiche delle uve e dei vini prodotti
durante le sperimentazioni al fine di tracciare il genoma delle varietà vinicole della
Cooperativa ha permesso l’accesso a delle basi informative di particolare valore, utili per
rivedere e migliorare gli attuali processi produttivi e i prodotti dell’Azienda.
La rappresentazione dei risultati scientifici ha reso possibile la conferma di numerose
intuizioni rivelate dall’esperienza dei produttori e degli enologi. In alcuni casi, ad esempio,
l’altitudine del terreno può avere un importante impatto sul livello degli zuccheri e di altri
composti presenti nell’uva, con un chiaro effetto sul potenziale del processo di vinificazione.
In altri casi, le specifiche tecniche di coltivazioni possono avere un’influenza, migliorando
consistentemente la qualità delle uve. Soprattutto nelle ultime campionature, i mosti hanno
evidenziato particolari specificità fra le uve provenienti da terreni diversi.
Ciononostante in tutti questi casi, la diffusione di nuova conoscenza scaturente dai test di
laboratorio sulle proprietà dei campioni di uve ha avuto ricadute a cascate nei processi di
integrazione delle prospettive tecniche e commerciali fra i produttori, e fra produttori ed
esperti esterni (enologi ed esperti in materia manageriale), il cui aiuto è invocato al fine di
apportare esperte consulenze nei processi sia di vinificazione sia di vendita.
Sono stati lanciati dei workshop con i produttori al fine di divulgare i risultati ottenuti dai test
laboratoriali, così come dei focus group frequentati dai manager della Cooperativa, produttori
ed enologi interni, per stabilire delle comuni interpretazioni sulle caratteristiche e le
potenzialità delle uve e delle viti.
90
Uno specifico focus group è stato organizzato in tre diversi stadi del progetto, con il
coinvolgimento di ricercatori, manager delle Cooperativa ed enologi di comprovata
esperienza internazionale prelevati all’esterno dell’Azienda, con la finalità di impostare un
piano di sviluppo dei modelli organizzativi e produttivi in generale.
91
Tab. 3.1 – I meccanismi di coordinamento adottati nel progetto per integrare le conoscenze
Fase del progetto Attività Strumento
Meccanismi di integrazione
dominanti (Grant, 1996)
Programmazione ed esecuzione del
progetto
a) analisi ed interpretazione congiunta dei dati
economici, delle previsioni e delle informazioni
tecniche relative ai processi di innovazione immaginati.
b) valutazione e negoziazioni fra le strade
alternativamente percorribili
Diagramma di flusso Diagramma di GANTT Controllo di budget WBS
Regole
Studio ed analisi del genoma delle
uve
Giovani ricercatori esperti nello studio delle
caratteristiche della vite, unitamente a dei produttori
dotati di un’esperienza maggiore proprietari di
terreni agricoli e membri di vecchia data della
Cooperativa, hanno messo a punto un piano di visite alle
viti, durante un numero variabile di giorni intorno
ad un data fissata nel progetto stesso
Riunioni tradizionali
Problem solving di gruppo, decision
making e sequenziamento
Sperimentazione produttiva di vino
spumante
Interazioni faccia a faccia fra specialisti afferenti a
domini tecnici complementari (enologi e
biologi). Esperienze in comune precedenti hanno permesso la creazione di
modelli procedurali e comportamentali ricorrenti.
Validazione di un protocollo di ricerca
nel tempo Routine
Miglioramenti di progetto e di
prodotto relativi a vini già prodotti e
venduti dall’Azienda
Divulgazione dei risultati ottenuti dai test
laboratoriali. Inquadramento delle
interpretazioni comuni circa le caratteristiche e le
potenzialità di uve e viti.
Workshop interni Focus group
Problem solving di gruppo e decision
making
92
3.6 Conclusioni
Le implicazioni di questo studio sono anzitutto correlate a una migliore comprensione delle
scelte adottate a livello inter-organizzativo in termini di processi d’integrazione delle
conoscenze. Lo studio ha reso possibile espandere la comprensione della cooperazione inter-
organizzativa sotto due aspetti. Innanzitutto, va notato come solo un esiguo numero di studi
ha adottato l’intelaiatura del progetto al fine di investigare i meccanismi di coordinamento
esistenti fra Università e imprese.
In seguito, lo studio ha un ruolo esplorativo di analisi, il che può essere utile per la
generazione di ipotesi ricerca in lavori futuri, collegando le caratteristiche dei progetti inter-
organizzativi con i processi di sviluppo e integrazione delle conoscenze.
I nostri risultati possono essere utili per altre imprese operanti nello stesso settore, ma anche
per il policy maker che intende stimolare questo comparto.
I produttori vitivinicoli sono in questo periodo alle prese con un rallentamento globale del
consumo di vino e con una competizione sempre più spinta, e ciò li ha spronati a intensificare
gli sforzi compiuti per migliorare la qualità di prodotto e per tentare l’ingresso in redditizie
nicchie di mercato nel commercio internazionale.
Per questi motivi, il comparto vitivinicolo è stato coinvolto in un profondo processo
d’innovazione nel cui ambito i processi d’integrazione della conoscenza vanno assumendo un
ruolo via via più importante. Nel presente lavoro si prova quindi a comprendere come i
collegamenti fra università e imprese possano potenzialmente rappresentare un’imperdibile
opportunità di creazione di conoscenza.
93
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97
4. Analisi di Marketing e strategie di comunicazione
di Antonella Garofano e Maria Rosaria Napolitano
4.1 Introduzione
Lo scenario competitivo nel settore del vino ha raggiunto livelli di complessità
paragonabili a quelli di industrie meno tradizionali, in conseguenza di cambiamenti radicali
che hanno caratterizzato negli ultimi anni sia il fronte dell’offerta che quello della domanda. I
produttori dei paesi europei che tradizionalmente hanno dominato il mercato a livello
internazionale – come Italia, Francia e Spagna – si sono trovati a fronteggiare la pressione
competitiva esercitata dai produttori del cosiddetto “nuovo mondo” – Australia, Cile,
Argentina, California e Sud-Africa, solo per citarne alcuni (Anderson, 2004). A ciò si è
aggiunto una crescita del peso della moderna distribuzione organizzata, che ha apportato le
proprie logiche nella filiera, con effetti talvolta dirompenti (Mattiacci et al., 2006). Sul fronte
della domanda si è assistito all’evoluzione dei processi e degli stili di consumo, con la
progressiva sostituzione di modelli tradizionali con modelli sperimentali e la sempre
maggiore influenza di fattori inerenti la sfera dei bisogni psicologici e sociali (Smith,
Solgaard, 2000; Groves, Charters, Reynolds, 2000; Moulton e Lapsley, 2001; Howard e
Stonier, 2002). Inoltre, per effetto della globalizzazione, si è assistito ad una progressiva
riduzione delle differenze negli stili di consumo tra aree geografiche, con l’affermazione di
“gusti internazionali” di consumo tra i diversi paesi produttori (Smith e Mitry, 2007). Nel
contempo, la qualità del prodotto è divenuto un elemento determinante nel processo di
acquisto, specialmente nei paesi tradizionalmente caratterizzati da volumi più elevati di
consumo, dove i clienti orientano le proprie scelte verso vini per i quali il “locus” di
produzione viene ad avere una propria specifica riconoscibilità (Mattiacci, 2004). La
dialettica globale-locale si afferma, pertanto, in questo settore come una variabile dagli effetti
98
particolarmente significativi e raramente riscontrabili in altri ambiti competitivi.
In questo scenario estremamente dinamico, la sfida che si trovano a fronteggiare i
produttori è di dimostrare capacità di “ascolto del cliente”, individuandone aspettative,
bisogni e percezioni. In particolare, l’acquisizione di una conoscenza approfondita circa il
profilo socio-demografico e le principali componenti del processo di acquisto e di consumo
costituiscono una necessità ineluttabile ai fini della corretta pianificazione ed
implementazione di strategie competitive efficaci (posizionamento, comunicazione,
promozione etc.).
In questo contesto si inserisce l’attività di ricerca svolta dal gruppo Marketing e
Comunicazione afferente al DEMM nell’ambito del progetto “V.I.T.I.S”, finalizzato alla
valutazione dell’attitudine delle uve Falanghina ed Aglianico, coltivate nel Sannio, alla
produzione di un vino spumante di qualità. Il progetto, infatti, rappresenta un caso di
particolare rilievo, date le potenzialità che le specifiche caratteristiche ambientali e strutturali
locali, unitamente alle tecniche di produzione adottate, rivestono per il conseguimento di un
vantaggio competitivo duraturo nel panorama sempre più complesso del sistema vitivinicolo
nazionale e internazionale.
Alla luce di queste considerazioni introduttive, nell’ambito dell’area Marketing e
Comunicazione si è proceduto ad un’analisi della domanda – realizzata attraverso
un’indagine sul campo finalizzata ad individuare distinti gruppi di clienti connotati da un
punto di vista socio-demografico e comportamentale – a cui è stata affiancata un’analisi
dell’offerta, indirizzata a comprendere in che modo il concetto di terroir viene utilizzato per
comunicare l’unicità e l’irripetibilità di un vino, ovvero di uno spumante, fortemente legato al
proprio luogo d’origine.
Dopo una sintetica analisi del background teorico di riferimento, nei paragrafi che seguono
vengono più dettagliatamente illustrati gli obiettivi e la metodologia della ricerca e vengono,
99
successivamente, presentati i risultati relativi all’indagine sul campo. Infine, vengono
discusse le implicazioni del percorso di ricerca per la Cooperativa “La Guardiense”.
4.2 Theoretical background
Come è noto dalla fiorente letteratura sul marketing del vino, i nuovi stili di consumo sono
caratterizzati da una forte componente edonistica, che rende necessarie strategie di
differenziazione basate su dimensioni simboliche e psicologiche. Accanto al prezzo, infatti,
numerosi sono gli attributi del prodotto in grado di influenzare significativamente la
decisione d’acquisto, resa particolarmente complessa dalla natura intrinsecamente cognitiva
del vino (Mattiacci et al., 2006). Tra questi, il luogo d’origine emerge come un fattore in
grado di conferire unicità al prodotto non soltanto per via delle caratteristiche organolettiche
che mutano in base alla provenienza geografica ma anche, e soprattutto, per l’irripetibilità
delle componenti intangibili racchiuse nella terra che genera un vino.
Come evidenziato dai numerosi contributi sul comportamento d’acquisto del vino (Lockshin,
2003; Orth et al., 2005; Charters e Pettigrew, 2006; Mattiacci et al., 2006), una migliore
conoscenza del prodotto da parte del consumatore generalmente determina un maggior livello
di coinvolgimento e la reputazione del luogo d’origine diventa uno dei principali fattori che
guidano la scelta. La crescente importanza attribuita al legame tra vino e territorio di origine
ha determinato un rinnovato interesse intorno al “terroir”, concetto dal forte potere evocativo
che ha avuto origine in Francia nella metà del XIX secolo e ancora oggi è utilizzato per
connettere i prodotti, in particolar modo quelli agroalimentari, ad uno specifico luogo
(Spielmann e Gélinas-Chebat, 2012).
Negli ultimi anni, numerosi studi incentrati sul vino hanno contribuito a svelare le molteplici
dimensioni del terroir, riconducibili non solo alle condizioni ambientali e pedoclimatiche in
cui le uve sono coltivate, ma anche ai fattori umani, storici e culturali che direttamente o
100
indirettamente influenzano le caratteristiche dei vini legati a uno specifico territorio (Morlat,
1989; Vaudour, 2001, 2002; Deloire et al., 2005; Charters, 2006; Fort e Fort, 2006; Van
Leewen e Seguin, 2006; Spielmann e Charters, 2013). Ciò nonostante, intorno al concetto di
terroir persiste tuttora una notevole ambiguità, come dimostrano le differenze riscontrate in
letteratura nella percezione che ne hanno le diverse categorie di soggetti che intervengono
nella produzione e nel consumo del vino (Spielmann e Gélinat-Chebat, 2012).
Nell’ambito degli studi manageriali, diversi sono i contributi che hanno investigato il
concetto di terroir nell’intento di descriverne le molteplici dimensioni e approfondirne le
potenzialità quale strumento di differenziazione nell’ambito di una più ampia strategia di
marketing del vino (Charters, 2006; Fort e Fort, 2006). Negli ultimi anni, infatti, il terroir è
stato indagato tra i fattori di scelta a disposizione del consumatore di vino nell’ambito del più
ampio filone di studi finalizzati ad analizzare empiricamente il legame esistente tra
l’immagine di un’area territoriale e le percezioni dei consumatori circa la qualità del vino che
in essa affonda le proprie radici (Johnson e Bruwer, 2007, 2010).
Al contempo, molti studi sono stati realizzati negli ultimi anni a livello nazionale ed
internazionale con l’obiettivo di pervenire ad una segmentazione del mercato del vino in
grado di evidenziare diverse modalità di fruizione del prodotto (ad esempio: Johnson et al.,
1991; Bruwer et al., 2002; Thach e Olsen, 2006; Mattiacci et al., 2006; Kolyesnikova et al.,
2008). Diverse sono le prospettive adottate in questi studi, riconducibili alle tradizionali
variabili di segmentazione note nella letteratura di marketing: geografica, demografica,
psicografica e comportamentale (Kotler e Keller, 2006).
Alla luce di queste considerazioni, si è ritenuto opportuno adottare la prospettiva
comportamentale e considerare, dunque, l’intero processo di acquisto e consumo, con un
approccio di tipo olistico volto ad indagare contestualmente diverse variabili che incidono sul
processo di scelta del consumatore. Contestualmente, dato il focus del progetto in cui si
101
inserisce l’attività di ricerca in oggetto, si è inteso comprendere l’analisi delle percezioni e
delle interpretazioni del concetto stesso di terroir da parte di una categoria specifica di
soggetti in grado di influenzare il legame tra un vino e il luogo in cui esso ha origine: i
produttori, la cui prospettiva è stata finora abbondantemente trascurata dalla letteratura.
4.3 Obiettivi e finalità della ricerca
Le attività di ricerca dell’area Marketing e Comunicazione sono state finalizzate al
raggiungimento dei seguenti obiettivi: analisi del mercato e dell’ambiente di marketing
attuali, alla ricerca di opportunità attrattive per il nuovo prodotto oggetto di sperimentazione;
definizione della strategia di targeting più adeguata al nuovo prodotto e del posizionamento
competitivo che si intende raggiungere; determinazione del mix comunicazionale più adatto
al mercato target.
A tal fine, è stata realizzata in primo luogo un’ampia rassegna della principale letteratura
esistente sul marketing del vino, sinteticamente discussa nel paragrafo precedente, con
particolare attenzione alle seguenti tematiche: comportamento di acquisto e consumo nel
mercato del vino; ruolo del territorio e delle denominazioni di origine nelle strategie
competitive e di comunicazione adottate nel settore vitivinicolo. In secondo luogo, si è
proceduto alla raccolta di dati secondari sui livelli di consumo di vino e spumante e relativi
trend di crescita nei mercati nazionali e internazionali.
Al fine di pervenire ad una più chiara identificazione di principali fattori di scelta nel mercato
del vino, i dati secondari sono stati integrati con dati primari sui consumatori finali,
finalizzati a ricostruire il comportamento del consumatore nelle diverse fasi, dalla percezione
del bisogno alla ricerca di informazioni, dalla valutazione delle alternative fino al
comportamento post-acquisto.
102
In terzo luogo, sono state realizzate interviste in profondità finalizzate a comprendere le
percezioni dei produttori vitivinicoli locali in merito alle potenzialità del terroir quale fonte di
vantaggio competitivo e sulle strategie di marketing adottate per valorizzare e comunicare il
legame tra vino e territorio di origine.
4.4. Metodologia
Con specifico riferimento all’analisi di mercato, la ricerca sul campo ha inteso indagare le
principali componenti del processo di acquisto e di consumo del vino, acquisire informazioni
riguardanti il profilo socio-demografico dei responsabili dell’acquisto del vino, che siano allo
stesso tempo utilizzatori del prodotto, ed infine evidenziare le differenze tra diversi segmenti
di domanda. Le informazioni raccolte attraversano, infatti, tutte le fasi del processo di
acquisto e consumo del prodotto – dal comportamento pre-acquisto al comportamento post-
acquisto – e hanno consentito di definire il profilo di quattro diversi segmenti di acquirenti e
consumatori di vino.
Figura 4.1 – Le fasi del processo di acquisto e di consumo del vino: il concept dell’indagine
Comportamento post-acquisto
Fedeltà alla
marca
Utilizzo del prodotto
Occasioni a
di consumo Vissuto del
prodotto
Decisione e Acquisto
Luogo di
acquisto Fattori di
scelta Spesa
Valutazione delle alternative
Tipologia di
vino Provenienza
del vino
Ricerca delle informazioni
Natura delle
fonti (interne, esterne)
Percezione del bisogno
Natura delle
motivazioni (utilitaristiche, sociali, esperienziali, etc.)
103
L’obiettivo risponde alla consapevolezza ormai maturata negli operatori di marketing circa
l’opportunità di focalizzare l’attenzione sull’intero processo decisionale dei clienti piuttosto
che sulla sola decisione d’acquisto e fare ricorso all’indispensabile processo di
segmentazione del mercato. In accordo con la letteratura di marketing, si è dunque proceduto
a scomporre il processo decisionale in sei stadi, per ciascuno dei quali sono stati valutati i
principali profili di scelta e comportamento. Al fine di pervenire ad una più approfondita
conoscenza delle caratteristiche della domanda, si è inoltre effettuata una ricostruzione dei
profili caratterizzanti i diversi segmenti di acquirenti e consumatori, indispensabile per
orientare la formulazione e implementazione di strategie di marketing specifiche per ciascuno
di essi. La metodologia di analisi dei dati raccolti è stata, dunque, integrata dall’impiego della
cluster analysis, che ha consentito di individuare i gruppi di clienti più significativi,
evidenziando i diversi modi di fruire il prodotto vino.
Sotto il profilo della struttura e dei contenuti, il concept dell’indagine è stato dunque
definito con l’intento di fornire informazioni riguardanti il profilo socio-demografico
dell’acquirente e consumatore del vino e le principali componenti del processo di acquisto e
di consumo del prodotto stesso. Come noto, il processo di acquisto ha inizio molto prima
della decisione vera e propria e presenta conseguenze di estremo interesse che perdurano nel
tempo. In tal senso, a partire dalla letteratura di marketing, tale processo è stato scomposto in
sei fasi (Figura 4.1):
• la percezione del bisogno: fa riferimento ai diversi fattori situazionali e agli stati
mentali che innescano il processo decisionale che conduce all’acquisto. Sono state oggetto di
rilevazione le principali motivazioni alla base della scelta di acquistare un vino/spumante,
facendo riferimento alle seguenti componenti: la componente utilitaristica (es. per
accompagnare i pasti, perché fa bene alla salute), la componente sociale (es. perché bevuto da
104
parenti e amici, per motivi di status e prestigio) e la componente culturale ed esperienziale
(es. per apprezzarne le proprietà organolettiche, per gratificazione personale);
• la ricerca delle informazioni: comprende l’insieme delle azioni intraprese dal cliente
potenziale per l’individuazione del prodotto più idoneo alla soluzione del problema percepito.
La rilevazione ha avuto ad oggetto le principali fonti di informazione dell’acquirente,
ricondotte a due macro-categorie: le fonti di natura interna o empiriche, riconducibili alle
esperienze di consumo già avute in passato, e le fonti di natura esterna, a loro volta
suddivisibili in fonti personali (ossia parenti e amici, la cui opinione è in grado di influenzare
il potenziale acquirente), fonti commerciali (ossia informazioni fornite attraverso le diverse
leve di comunicazione utilizzate dai produttori) e fonti pubbliche (ossia le forme di
comunicazione non direttamente controllate dai produttori: film, libri etc.);
• la valutazione delle alternative: riguarda l’insieme dei prodotti che compongono il
“consideration set” tra cui l’acquirente sceglie l’alternativa che meglio risponde alle sue
esigenze. Con riferimento a tale aspetto, l’indagine ha considerato la tipologia e la
provenienza del vino abitualmente acquistato. È stata inoltre indagata l’immagine percepita
delle diverse regioni italiane rispetto al vino, cercando di individuare le regioni più
direttamente e spontaneamente associate dai consumatori al vino (“top of mind”).
• la decisione e l’acquisto: il riferimento è all’insieme delle scelte e delle azioni che
conducono all’effettivo acquisto del prodotto. Sono state, dunque, oggetto d’indagine il luogo
in cui il vino viene acquistato, i fattori di scelta considerati al momento dell’acquisto e la
spesa media sostenuta per l’acquisto;
• l’utilizzo del prodotto: include l’insieme dei fattori che nel complesso determinano le
modalità di consumo del vino. In particolare sono stati oggetto d’indagine le occasioni di
consumo, anche in relazione alla frequenza di consumo e il vissuto del vino, ovvero gli
attributi che vengono associati al vino e che ne determinano l’esperienza di consumo;
105
• il comportamento post-acquisto: come noto, la soddisfazione rispetto al prodotto
conduce al riacquisto. Con riferimento a questo aspetto, è stata indagata in particolare la fedeltà
dichiarata alla marca di vino abitualmente acquistata.
Con riferimento al disegno della ricerca, la popolazione target dell’indagine è composta
dagli acquirenti e consumatori di vino. In particolare, l’indagine è stata focalizzata sui
responsabili dell’acquisto di vino, che fossero a loro volta user del prodotto, residenti nella
regione Campania. Al fine di garantire l’appartenenza degli intervistati alla popolazione sono
state predisposte alcune domande iniziali con funzione di “filtro”: solo coloro che hanno
dichiarato sia di acquistare che di consumare vino sono stati oggetto dell’indagine; inoltre,
solo ai residenti in Campania è stato sottoposto il questionario.
La numerosità campionaria è pari a 630 individui. La procedura di campionamento
adottata è stata di tipo non probabilistico “per quote”. Al fine di garantire sufficiente ed
equilibrata rappresentatività qualitativa alla popolazione regionale, sono state pre-
determinate delle quote di interviste da realizzare in ciascuna provincia. Le quote sono
state, in particolare, fissate in modo da rispecchiare il più possibile la distribuzione della
popolazione regionale tra le province stesse. Gli intervistatori sono stati pertanto suddivisi
in gruppi e localizzati in punti strategici dei capoluoghi di provincia per intercettare
facilmente le persone da intervistare.
Con riferimento allo strumento di rilevazione, si è utilizzato un questionario strutturato,
contenente domande a risposta multipla relative alle diverse fasi del processo di acquisto del
vino. Nell’ultima sezione sono state rilevate le principali caratteristiche socio-demografiche
degli intervistati. Infine, il metodo di contatto prescelto nell’indagine è stato la
somministrazione personale: ciascun intervistatore è stato incaricato di intercettare le persone
– con arbitrarietà nella scelta, ma nel rispetto delle quote pre-fissate – ottenere
l’autorizzazione a partecipare all’indagine, formulare le domande filtro e proseguire
106
nell’intervista in caso di sussistenza dei requisiti richiesti. Tale procedura ha consentito di
ridurre al minimo il numero di risposte mancanti.
Le caratteristiche del campione
Dal punto di vista socio-demografico, il campione ottenuto risulta prevalentemente
composto da maschi, che rappresentano il 63% degli intervistati, a fronte del 37% di donne.
Gli intervistati sono rappresentativi di ogni fascia d’età, con una prevalenza del segmento
medio-giovane; la fascia 25-44 anni rappresenta infatti il 50% del totale (Figura 4.2).
Figura 4.2 – Distribuzione degli intervistati per classe di età
Il livello culturale degli intervistati risulta mediamente elevato: oltre il 30% ha conseguito
una laurea o un titolo post-laurea e ben oltre l’80% possiede almeno un diploma di scuola
media superiore. Il profilo occupazionale vede prevalere tra gli intervistati gli impiegati (20%
circa), gli imprenditori e i liberi professionisti (17%), gli studenti (16%), i commercianti
(9%), gli operai (7%), i pensionati (6%).
Con riferimento alla residenza, il campione riflette per grandi linee la distribuzione della
popolazione tra le province campane4. Prevalgono, pertanto, i residenti a Napoli e provincia,
4 In base agli ultimi dati disponibili sulla popolazione regionale, l’esatta suddivisione tra le province risulta essere la seguente: Napoli 52,8%; Salerno 19,2%; Caserta 15,5%; Avellino 7,5%; Benevento 4,9%.
18-24 anni 14%
25-34 anni 31% 35-44
19%
45-54 19%
55-64 11%
Oltre 65 6%
107
che rappresentano il 38% degli intervistati; seguono i residenti a Salerno e provincia (21%), a
Caserta e provincia (18%), ad Avellino e provincia (13%) e, infine, a Benevento e provincia
(10%) (Figura 3).
Figura 4.3 – Distribuzione degli intervistati per provincia di residenza
Tutti gli intervistati sono acquirenti e consumatori di vino. In particolare, si riscontra una
leggera prevalenza degli acquirenti occasionali – coloro i quali acquistano vino almeno una
volta al mese o più raramente – che rappresentano il 57% degli intervistati, mentre gli
acquirenti abituali – coloro i quali acquistano vino almeno una volta a settimana o
quotidianamente – rappresentano il 43% (Figura 4.4). Con riferimento, invece, alla frequenza
di consumo si riscontra una netta prevalenza degli “heavy user” – coloro i quali consumano
vino almeno una volta a settimana o quotidianamente – che rappresentano il 68% degli
intervistati, mentre i consumatori moderati – coloro i quali bevono vino almeno una volta al
mese o più raramente – rappresentano il 32% (Figura 4.4).
Figura 4.4 – Distribuzione degli intervistati per frequenza di acquisto e di consumo
Frequenza di acquisto:
Quotidianamente 8%
Almeno 1 volta a settimana
35%
Almeno 1 volta al mese 25%
Raramente 32%
Avellino e provincia 13%
Benevento e provincia 10%
Caserta e provincia 18%
Napoli e provincia 38%
Salerno e provincia 21%
108
Frequenza di consumo:
A fronte di un consumo regolare ed abituale, si riscontra pertanto una frequenza di
acquisto più “diluita”, ad indicare la tendenza a comprare più unità di prodotto in ciascuna
occasione di acquisto. In particolare, dall’incrocio delle variabili – frequenza di acquisto e
frequenza di consumo – emerge come la maggioranza dei consumatori abituali tenda a
comprare il vino settimanalmente.
4.5 Risultati e discussione
Di seguito vengono presentati e discussi i risultati dell’indagine compiuta sia per analizzare il
lato della domanda e, dunque, per identificare i principali segmenti di consumatori attraverso
le principali variabili comportamentali, sia per analizzare il lato dell’offerta, ossia per
cogliere le percezioni degli imprenditori locali riguardo alle potenzialità di un vino/spumante
strettamente connesso al luogo d’origine, nonché per indagare lo stato dell’arte delle politiche
integrate finalizzate a migliorare l’immagine dell’area e con essa la competitività delle
eccellenze locali.
4.5.1 Il comportamento di acquisto e di consumo: l’analisi della domanda
In coerenza con le finalità della ricerca, sono state raccolte informazioni relative a
ciascuno dei sei stadi in cui il processo decisionale e di consumo è stato scomposto:
percezione del bisogno; ricerca delle informazioni; valutazione delle alternative; decisione e
Quotidianamente 35%
Almeno 1 volta a settimana
33%
Almeno 1 volta al mese 11%
Raramente 21%
109
acquisto; utilizzo del prodotto; attitudini post-acquisto. Si presentano nel prosieguo i
principali risultati ottenuti.
La percezione del bisogno
Al fine di valutare il tipo di bisogno a cui corrisponde l’acquisto del vino, sono state
oggetto di indagine le motivazioni alla base della decisione di procedere all’acquisto. La
spinta principale all’acquisto risulta essere per la maggioranza degli intervistati (66% del
campione) il desiderio di accompagnare i pasti; altra motivazione ricorrente (indicata dal
33% degli intervistati) è il fatto che è bevuto dalla famiglia, partner o amici; per regalarlo
(28%); e perché è preferito rispetto ad altre bevande alcoliche (22%). Significativa è anche la
quota di coloro che acquistano vino perchè fa bene alla salute (15%), per abitudine (9%),
perché è gratificante (8%) e per apprezzarne le proprietà organolettiche (8%). Meno citate
invece altre motivazioni, come quelle di prestigio sociale (4%). A livello emotivo-spontaneo
l’acquisto del vino è dunque motivato innanzitutto dalla possibilità di abbinamento con il
cibo e, più in generale, dalle abitudini familiari, che segnalano uno spiccato desiderio di
feeling personale e sociale.
Figura 4.6 – Distribuzione degli intervistati per motivazione prevalente dell’acquisto del vino
0 10 20 30 40 50 60 70 80
Altro
Status e prestigio sociale
Proprietà organolettiche
Gratificazione
Abitudine
Salute
Preferenza rispetto ad altre bevande
Regalo
Bevuto da famiglia/partner/amici
Accompagnare i pasti
Acquirenti occasionali
Acquirenti abituali
110
Alcune divergenze si registrano laddove si considerino separatamente gli acquirenti
abituali e quelli occasionali (Figura 4.6). Da notare infatti come per gli acquirenti occasionali
risulti maggiormente marcata l’influenza di famiglia e amici, così come la scelta del vino
come regalo. Per gli abituali acquirenti sono invece più marcate le motivazioni “cognitive” e
razionali: salute, proprietà organolettiche, preferenza rispetto ad altre bevande alcoliche.
La ricerca delle informazioni
Con riferimento al principale mezzo utilizzato per acquisire informazioni sul vino, dai
risultati dell’indagine emerge con assoluta evidenza il ruolo fondamentale delle fonti
empiriche e personali: le precedenti esperienze di acquisto e consumo rappresentano la fonte
di informazioni più citata (68% degli intervistati), seguita dal passaparola di amici e parenti
(58% degli intervistati) e dalle sagre (20% circa del campione). I risultati dell’indagine
evidenziano la scarsissima penetrazione delle tradizionali forme di comunicazione “above the
line”: spot televisivi (4%) e radiofonici (0,3%) e manifesti pubblicitari (2%). Molto limitato
risulta anche il ruolo dei quotidiani e settimanali (3%). Relativamente più significativa è,
invece, la percentuale di coloro che consultano riviste specializzate (7%). Rilevante, ma
tuttora non paragonabile alle fonti personali, risulta essere il ruolo di Internet quale strumento
d’informazione in questo mercato: rappresenta, infatti, il canale utilizzato per documentarsi
dal 9% degli intervistati.
Figura 4.7 – Distribuzione degli intervistati per fonte d’informazione sul vino
0 10 20 30 40 50 60 70 80
Spot in radio
Manifesti pubblicitari
Spot in TV
Riviste specializzate
Passaparola di Parenti/amici
Acquirenti occasionali
Acquirenti abituali
111
Il ruolo di Internet sembra essere più significativo con riferimento agli acquirenti
occasionale, dato che, come ampiamente prevedibile, le fonti impersonali rivestono un peso
relativamente maggiore per chi ha avuto minori esperienze dirette di consumo (Figura 4.7).
Il peso delle tradizionali fonti di natura commerciale e pubblica, in definitiva, è piuttosto
limitato rispetto alle fonti di natura interna, a quelle personali e, anche se in modo meno
evidente, rispetto al canale web.
La valutazione delle alternative
Nella valutazione delle alternative sono state indagate la tipologia e la provenienza del
vino prevalentemente acquistato. Con riferimento alla tipologia prescelta, la maggioranza
degli intervistati (70%) ha espresso una preferenza per il vino rosso, rispetto al vino bianco
(acquistato in prevalenza dal 20% del campione), al rosato (2% circa) o allo spumante (5%
circa) (Figura 8).
Figura 4.8 – Distribuzione degli intervistati per tipologia di vino acquisita in prevalenza
Con riferimento alla provenienza del vino, la maggioranza degli intervistati (oltre il 60%)
dichiara di acquisire esclusivamente vini italiani. Molto significativa la percentuale di coloro
i quali acquistano, in particolare, solo vini campani (20% circa). Tale percentuale risulta
Rosso 70%
Bianco 21%
Rosato 2%
Spumante 5%
Altro 2%
112
essere superiore a quella di coloro che scelgono indifferentemente tra vini di provenienza
nazionale e internazionale (16%). Praticamente nulla l’incidenza di coloro che hanno
dichiarato di preferire esclusivamente i vini stranieri (0,2%) (Figura 9). Sicuramente i risultati
dell’analisi risentono della circostanza che la stessa sia stata focalizzata in Campania.
Orgoglio campanilistico e vicinanza/conoscenza condizionano senza dubbio le scelte di
acquisto. Sembra tuttavia emergere una spiccata e convinta predilezione per i vini nazionali e,
in particolare, per quelli regionali da parte dei consumatori campani.
Figura .4.9 – Distribuzione degli intervistati per provenienza del vino acquisito in prevalenza
Una conferma ulteriore di quanto appena asserito sembra derivare dall’analisi
dell’immagine delle regioni italiane rispetto al vino. Come noto, nel processo che conduce
dalla valutazione delle alternative alla decisione di acquisto un ruolo assolutamente critico è
svolto dall’immagine percepita delle diverse alternative considerate; in tal senso, si è
proceduto anche ad indagare quanto l’immagine delle diverse regioni italiane fosse associata
dagli intervistati al vino, per interpretarne le scelte d’acquisto. Tale analisi sembra
confermare i risultati prima commentati: la preferenza per i vini italiani e campani in
particolare è “giustificata” da un’immagine molto positiva della regione associata dagli
Solo vini campani 20%
Solo vini italiani 64%
Solo vini stranieri 0%
Indifferentemente vini italiani e stranieri
16%
113
intervistati al vino. Alla domanda “qual è la regione italiana che più associa al vino?” la
maggioranza degli intervistati ha indicato, infatti, la Campania (41%), seguita da Toscana
(28%) e Piemonte (8%), che distanziano abbondantemente le altre regioni citate.
Focalizzando l’analisi sulla nostra regione, ad un maggior livello di dettaglio è stato
chiesto agli intervistati quale fosse la provincia campana più immediatamente associata al
vino (“top of mind”): Avellino risulta essere nell’immaginario degli acquirenti e consumatori
di vino campani la provincia più legata a questo prodotto, essendo stata indicata da oltre la
metà degli intervistati (55% circa); segue la provincia di Benevento (37% circa); mentre tra
gli attributi che connotano l’immagine delle altre province non sembra esserci con particolare
forza il vino (Figura 4.10).
Figura 4.10 – Regioni italiane e province campane più associate al vino (“top of mind”)
La decisione e l’acquisto
Sono stati oggetto dell’indagine il luogo in cui il vino viene acquistato, i fattori di scelta
considerati al momento dell’acquisto e la spesa media sostenuta per l’acquisto. Dai risultati
Salerno 4%
Caserta 1,4%
Benevento 37,5%
Avellino 54,6% Napoli
2,5%
Piemonte 7,1%
Toscana 28,4%
Campania 41,6%
114
raccolti emerge con una certa evidenza il ruolo della grande distribuzione organizzata (GDO)
nel processo di acquisto del vino (indicata dalla maggioranza degli intervistati, oltre il 38%):
in particolare come primo e più ricorrente luogo di acquisto del vino è stato indicato il
supermercato o ipermercato (38,4%), mentre del tutto trascurabile è il peso del discount
(0,1%), a testimonianza forse di una diffusa attenzione alla qualità del prodotto. Il canale che
emerge immediatamente dopo è l’acquisto diretto presso il produttore o la cantina (indicato
dal 28% degli intervistati). Di peso leggermente inferiore, ma comunque ragguardevole,
risulta essere il canale horeca (adoperato dal 23% circa del campione): in particolare, il 18%
circa acquista vino prevalentemente in enoteca o wine bar, mentre il 5% è solito acquistare
vino al ristorante o in hotel. Meno significativi risultano essere gli altri luoghi di acquisto. Tra
questi sembra mantenere un ruolo non trascurabile la distribuzione non organizzata (il
piccolo negozio di alimentari è prescelto come più ricorrente luogo di acquisto dal 5,5% degli
intervistati), a fronte di canali alternativi che non sembrano recitare un ruolo di primo piano
(Internet, ad esempio, è indicato solo dallo 0,1% del campione).
Alcune differenze sembrano emergere laddove si considerino separatamente gli acquirenti
abituali e quelli occasionali (Tabella 4.1). Per gli acquirenti abituali la distribuzione
organizzata rappresenta in assoluto il luogo preferenziale d’acquisto (indicato dalla metà
circa degli intervistati riconducibili a questa categoria); segue il canale horeca (che è
prescelto da poco più del 20% degli intervistati, laddove si considerino congiuntamente
enoteche e ristoranti), che quasi si equivale con l’acquisto diretto presso il produttore
(indicato da poco meno del 20%). Per gli acquirenti occasionali, invece, è proprio l’acquisto
diretto in cantina il canale che emerge come prioritario (indicato da oltre il 30%); segue la
distribuzione organizzata e il canale horeca (che, essendo indicato da oltre il 24%, riveste per
questa categoria di intervistati un peso relativamente maggiore). Tali dati sembrano indicare
una maggiore capacità di autodeterminazione da parte dell’acquirente abituale, che,
115
basandosi sulle sue precedenti esperienze d’acquisto, ricorre alla distribuzione consapevole di
cosa cerca. Al contrario, l’acquirente occasionale si basa maggiormente sulla conoscenza e i
consigli del produttore ovvero del personale addetto alla ristorazione.
Tabella 4.1 – Distribuzione degli intervistati per luogo di acquisto del vino
Quanto appena affermato sembra trovare conferma dall’analisi dei fattori di scelta
considerati al momento di effettuare l’acquisto. Se si considerano gli acquirenti che sono
soliti ricorrere alla distribuzione organizzata (Tabella 4.2) emerge con immediatezza come il
prezzo, la qualità e la provenienza geografica del vino siano i fattori determinanti per la scelta
del prodotto. Tutti e tre questi fattori sembrano avere un peso ancora maggiore per gli
acquirenti abituali, che, con ogni probabilità, conoscono il prodotto che acquistano e sono in
grado di valutare le diverse offerte in base al prezzo.
Dove acquista
prevalentemente il vino?
Totale
Intervistati
Acquirenti
abituali
Acquirenti
occasionali
Supermercato/Ipermercato 38,4% 47,5% 32,6 %
Produttore/Cantina 28,2% 18,9% 33,9 %
Enoteca/Wine Bar 17,7% 18,4% 17,3 %
Negozio di alimentari 5,5% 8,4% 3,9 %
Ristorante/Hotel 5,2% 2,6% 6,8 %
Trattoria/Osteria/Agriturismo 1,7% 1,6% 1,8 %
Altro 1,7% 1,3% 1,8 %
Sagre/Fiere 0,9% 0,8% 1,1 %
Pizzeria 0,5% 0,3% 0,6 %
Discount 0,1% 0,2% 0 %
Internet 0,1% 0% 0,2 %
TOTALE 100,00% 100% 1100%
116
Tab. 4.2 – Distribuzione degli intervistati che acquistano il vino prevalentemente presso la
GDO per fattore di scelta principale
Relativamente più importanti risultano invece essere per gli acquirenti occasionali rispetto
agli acquirenti abituali fattori quali la presenza di certificazione di qualità (IGT, DOC,
DOCG), la marca, le promozioni e i consigli di parenti e amici, tutti segnali “indiretti” che
guidano la scelta da parte di chi ha meno dimestichezza con il prodotto. Tali fattori, tuttavia,
Quando acquista il vino al
supermercato/ipermercato, in
base a quale fattore sceglie?
Totale intervistati
che acquistano al
supermercato/
ipermercato
Acquirenti
abituali
Acquirenti
occasionali
Prezzo 30,6% 32,6% 28,7%
Qualità 28,7% 30,1% 26,8%
Provenienza geografica 15,0% 16,4% 13,9%
Certificazione di qualità 6,3% 5,1% 7,8%
Marca 5,2% 2,3% 6,9%
Tipologia di vitigno 4,1% 4,3% 3,9%
Soddisfazione precedenti
acquisti 2,7% 3,1% 2,7%
Abbinamento con il cibo 2,2% 2,3% 2,1%
Promozioni 1,4% 1,1% 1,9 %
Gusto/sapore/odore 1,1% 1,2% 1,0 %
Consigli partner/parenti/amici 1,1% 0,5% 1,9 %
Fiducia nel produttore 1,1% 0,9% 1,7%
Gradazione alcolica 0,5% 0,1% 0,6%
Confezione/bottiglia 0% 0% 0%
Altro 0% 0% 0%
TOTALE 100,00% 100% 100%
117
al pari degli altri esaminati, rivestono in generale un peso di gran lunga inferiore ai primi tre
menzionati. Se si considerano invece gli acquirenti che sono soliti acquistare il vino nel
canale horeca (Tabella 4.3) emerge come fattore più importante la qualità del prodotto,
mentre il prezzo riveste un ruolo relativamente meno decisivo.
Tab. 4.3 – Distribuzione degli intervistati che acquistano il vino prevalentemente nel canale
horeca per fattore di scelta principale
118
Si conferma tra i fattori di scelta più importanti la provenienza geografica del prodotto –
una variabile che sembra essere realmente determinante per tutti gli acquirenti – e, più in
generale, sembrano assumere maggior peso anche altre variabili decisionali. In particolare, i
consigli del sommelier e del ristoratore diventano, al pari dei consigli di parenti e amici, un
fattore di scelta molto rilevante, specie per gli acquirenti meno regolari. Come prevedibile,
anche la tipologia di vitigno e l’abbinamento con il cibo diventano fattori prioritari di scelta,
molto più frequentemente citati rispetto agli acquirenti presso la GDO.
Un ulteriore fattore indagato con riferimento alla fase di acquisto del prodotto è relativo
alla spesa in media sostenuta dagli intervistati per una bottiglia di vino. Ovviamente i risultati
risultano fortemente influenzati dal luogo di acquisto solitamente utilizzato (Figura 4.11).
Figura 4.11 – Distribuzione degli intervistati per spesa media per bottiglia di vino
Acquisto al supermercato/ipermercato:
Acquisto in enoteca/hotel/ristorante:
La quasi totalità di coloro i quali sono soliti acquistare il vino presso la GDO (88%)
dichiara di non spendere più di 10 € per una bottiglia, con una piccolissima fetta di
consumatori (3%) che solitamente supera i 15 €. In particolare, per questa categoria di
Meno di 3 € 15%
3-6 € 44%
7-10 € 29%
11-15 € 9%
Oltre 15 € 3%
Meno di 6 € 6%
7-15 € 55%
16-25 € 27%
26-35 € 7%
Oltre 35 € 5%
119
acquirenti la fascia di spesa più frequentemente citata (44% circa) è quella compresa tra 3 e 6
€. Le risposte cambiano sensibilmente per gli acquirenti che solitamente acquistano il vino
presso il canale horeca: in questo caso, la quasi totalità degli intervistati (89%) sostiene una
spesa che mediamente risulta essere superiore ai 25 € e una fetta non trascurabile (il 5%
circa) spende abitualmente oltre 35 €. In particolare, la fascia di spesa più citata risulta essere
in questo caso quella compresa tra 7 e 15 €.
Dai risultati, nel complesso, emerge il peso che hanno nelle scelte del consumatore i
luoghi tradizionali di acquisto, mentre sembrano ancora “stentare” i canali alternativi e, tra
questi, Internet in primo luogo. Anche i fattori di scelta sembrano rispecchiare un
comportamento piuttosto “tradizionale” con una grossa attenzione per la qualità e,
soprattutto, la provenienza del prodotto acquistato. Il comportamento tende tuttavia a variare
sensibilmente in relazione al canale di acquisto, cosa che viene evidenziata dalla differente
propensione alla spesa mostrata tra gli acquirenti che ricorrono alla GDO e quelli che
ricorrono al canale horeca. Appare dunque fondamentale cercare di incrementare il valore
creato per i clienti attraverso l’evoluzione da un approccio “di massa”, finalizzato unicamente
a creare consapevolezza e conoscenza del prodotto verso un pubblico indifferenziato, ad una
strategia “personalizzata”, in grado di creare preferenza attraverso la proposta di soluzioni ad
alto valore aggiunto nei confronti di segmenti specifici di clientela.
La fase di consumo
Sono stati oggetto d’indagine le occasioni di consumo, indagate anche in relazione alla
frequenza di consumo, e il vissuto del vino, ovvero le percezioni in merito alle connotazioni
del prodotto che ne determinano l’esperienza di consumo. Con riferimento alle occasioni in
cui il vino viene abitualmente bevuto, oltre la metà degli intervistati (58% circa) ha fatto
riferimento alla presenza di ospiti a casa; poco meno quelli che hanno genericamente indicato
120
di consumare vino a casa durante i pasti (50%) oppure fuori con amici o parenti (47%). Molto
citate anche altre motivazioni, quali la partecipazione a feste informali con amici o parenti
(30%) e ad eventi importanti e formali (22%). Meno citate altre motivazioni che rimandano
ad uno uso meno “tradizionale” del vino: solo una piccola fetta degli intervistati, ad esempio,
è solito bere vino come aperitivo (6%) o dopo il lavoro per rilassarsi (2%). Tali risposte
sembrano essere perfettamente in linea con le motivazioni d’acquisto precedentemente
indagate e commentate.
Alcune interessanti differenze emergono in merito alle occasioni di consumo laddove si
considerino separatamente gli utilizzatori regolari di vino – coloro i quali lo consumano
almeno una volta a settimana o quotidianamente – e i consumatori moderati – coloro i quali
bevono vino almeno una volta al mese o più raramente (Figura 4.12). Se ne deduce che, come
prevedibile, il consumo casalingo, per accompagnare i pasti (61%) o per ricevere ospiti
(58%), rappresenta l’occasione più frequente per i bevitori regolari, con una percentuale
significativa che indica pure i pranzi o le cene fuori casa con amici e parenti (45%). Per i
consumatori moderati, invece, sono le occasioni “speciali”, come la visita di ospiti a casa
(61%), i pranzi o le cene fuori casa (50,5%), le feste (36,5%) e gli eventi importanti (28,5%)
a rappresentare il pretesto per bere vino. In generale, dunque, sembrano recitare un ruolo più
significativo per i bevitori moderati le occasioni che rimandano ad un consumo di status e di
immagine, rispetto ai bevitori abituali, maggiormente legati al piacere e gusto del prodotto.
121
Figura 4.12 – Distribuzione degli intervistati per occasioni di consumo del vino
Un ulteriore fattore indagato è relativo al vissuto del prodotto vino. In particolare sono
state sottoposte agli intervistati alcune affermazioni associate al consumo del vino ed è stato
richiesto di esprimere un giudizio di accordo/disaccordo utilizzando una scala a 5 punti (dove
il valore 1 = per niente d’accordo; il valore 5 = molto d’accordo). Ne emerge una percezione
generalizzata estremamente positiva del vino, che ne “giustifica” la scelta di consumo, in
quanto prodotto della tradizione, adatto ad accompagnare la dieta mediterranea, genuino e
salutare; al contrario, non viene percepito come prodotto sofisticato o adatto solo ad
occasioni speciali, così come non sembra essere considerato il motivo principale in funzione
del quale scegliere la meta di un viaggio (Figura 4.13).
0 10 20 30 40 50 60 70
Altro
Dopo il lavoro per rilassarsi
Come aperitivo
A feste informali con amici/parenti
Quando ci sono ospiti a casa
Consumatori moderati
Consumatori regolari
122
Figura 4.13 – Distribuzione degli intervistati per vissuto del prodotto vino
In particolare, il vino viene considerato: “un prodotto della nostra tradizione”(il 72% degli
intervistati ha indicato il valore 5 per questa affermazione); “adatto a molti piatti” (il 61%
degli intervistati ha indicato il valore 5 per questa affermazione); “più salutare di altre
bevande alcoliche” (il 48% degli intervistati ha indicato il valore 5 per questa affermazione).
Il vino non viene considerato: “solo per occasioni speciali”(il 63% degli intervistati ha
indicato il valore 1 per questa affermazione); “un buon motivo per scegliere la meta di un
viaggio” (il 59% degli intervistati ha indicato il valore 1 per questa affermazione); “un
prodotto giovane e moderno” (il 53% degli intervistati ha indicato il valore 1 per questa
affermazione).
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70%
1
4
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%
1
4
Il vino è adatto a molti piatti: Il vino è un prodotto della tradizione:
0% 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35% 40%
1
4
0% 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35% 40% 45% 50%
1
4
Il vino è genuino e naturale: Il vino è elegante e sofisticato:
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60%
1
4
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70%
1
4
Il vino è più salutare di altri alcolici: Il vino è solo per occasioni speciali:
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60%
1
4
0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70%
1
4
Il vino è un prodotto giovane e moderno: Il vino è un buon motivo per un viaggio:
123
Il comportamento post-acquisto
Quale fase conclusiva del processo di acquisto e di consumo, è stata indagata la fedeltà
dichiarata alla marca del vino abitualmente acquistata. Ne è emersa una spiccata tendenza tra
gli intervistati a scegliere tra 2-3 marche di riferimento, rispetto alle quali dunque viene
dichiarata una notevole fedeltà (Tabella 4.4). Non trascurabile la percentuale di coloro i quali
acquistano sempre e soltanto la stessa marca (15% circa), che risulta tuttavia inferiore alla
percentuale di coloro i quali non dichiarano alcuna fedeltà comportamentale, ma scelgono di
volta in volta a seconda della disponibilità del venditore o di altri fattori (18% circa).
Tabella 4.4 – Distribuzione degli intervistati per fedeltà dichiarata alla marca del vino
Alcune significative differenze emergono dall’analisi disgiunta degli acquirenti abituali e
di quelli occasionali. Pur risultando confermata per entrambe le tipologie di consumatori la
tendenza a scegliere tra un ristrettissimo set di alternative, risulta essere più elevata tra gli
acquirenti abituali la percentuale dei fedeli ad una marca ben precisa (17% rispetto al 14%
degli acquirenti occasionali); viceversa la percentuale di coloro che acquistano la marca che
Con riferimento alla
marca del vino, Lei:
Totale
Intervistati
Acquirenti
abituali
Acquirenti
occasionali
Acquista sempre la
stessa marca 15,4% 16,6% 13,7%
Cambia tra 2-3 marche 66,2% 71,9% 62,8%
Prende la marca che
capita 18,4% 11,3% 23,5%
TOTALE 100,00% 100% 1100%
124
capita tra gli acquirenti occasionali risulta essere più che doppia rispetto agli acquirenti
regolari (23% rispetto all’11%)
Nel complesso, emerge dall’analisi dei comportamenti post-acquisto un approccio
piuttosto abituale e fedele, con la scelta del vino da acquistare concentrata su poche marche
ricorrenti, rispetto alle quali si è maturato un certo livello di fiducia e soddisfazione.
4.5.2 La segmentazione dei consumatori campani
Dopo aver analizzato i profili comportamentali legati al consumo di vino, si è provveduto
all’individuazione dei principali segmenti di domanda, allo scopo di supportare la definizione
di strategie di marketing specifiche per ciascuno di essi.
Dal punto di vista metodologico, l’elaborazione è stata condotta mediante gli step tipici
della cluster analysis secondo il metodo gerarchico; i diversi segmenti sono stati ottenuti
considerando come variabili di input le caratteristiche demografiche e le diverse fasi dal
processo di scelta e utilizzo del vino. Allo scopo di favorire una più chiara interpretazione
delle caratteristiche della domanda, i diversi segmenti emersi dall’analisi sono stati collocati
all’interno di una mappa a due fattori (Figura 4.13), ciascuno dei quali sintetizza le
dimensioni che sembrano meglio caratterizzare il profilo del consumatore di vino campano.
La prima dimensione prescelta – rappresentata sull’asse verticale della mappa – si presta
alla lettura delle caratteristiche psicografiche e motivazionali del consumatore. All’estremo
superiore dell’asse si collocano gli individui caratterizzati da un atteggiamento maggiormente
improntato alla tradizione, per i quali il consumo del vino risponde prevalentemente a
motivazioni di natura funzionale (es. accompagnare i pasti, abitudine, salutismo, etc.) e le cui
modalità di acquisto e consumo sono improntate ad un atteggiamento più razionale e
conservatore. All’estremo inferiore dell’asse si collocano invece gli individui che
manifestano una più spiccata tendenza verso l’edonismo; tale attitudine si riflette sia nelle
125
motivazioni di acquisto, che di norma sono maggiormente connesse a fattori di natura
esperienziale (status, prestigio sociale, convivio, etc.), sia al processo di scelta, nel quale si
registra il prevalere di criteri di natura premium (es. marca, provenienza geografica,
abbinamento con il cibo, etc.), sia infine nelle modalità di acquisto, per il quale si rileva
l’utilizzo prevalente di punti vendita a più elevata specializzazione.
La seconda dimensione prescelta – rappresentata sull’asse orizzontale della mappa – si
presta invece alla lettura dei luoghi prevalenti in cui avviene il consumo del vino. All’estremo
sinistro dell’asse si collocano dunque gli individui i quali consumano il vino prevalentemente
in casa, mentre all’estremo opposto vi sono invece coloro che associano il consumo di vino a
luoghi ed occasioni non domestiche (es. ristorante, feste, etc.).
Sulla base delle dimensioni analitiche individuate sono stati definiti quattro segmenti di
visitatori, rappresentati nella mappa sottostante.
Figura 4.13 – I principali segmenti di consumatori in Campania
126
Gli Spartani
Si tratta di individui caratterizzati da un’età medio-alta (in prevalenza 45 anni e oltre) e da
un livello di istruzione leggermente inferiore alla media degli intervistati. Prevalentemente di
sesso maschile, i membri di tale segmento sono forti estimatori del vino, che consumano
quotidianamente in occasione del pranzo e della cena in quanto ne apprezzano le proprietà
organolettiche e lo prediligono rispetto altre bevande di accompagnamento dei pasti. Il loro
comportamento di acquisto è fortemente improntato al tradizionalismo; gli spartani sono
infatti sono scarsamente influenzati dai principali mezzi di comunicazione e poco propensi ad
affidarsi ai suggerimenti di parenti e amici. Le principali fonti di informazione sono infatti
rappresentate dalle precedenti esperienze con il prodotto. Una logica conseguenza è l’elevato
livello di fidelizzazione: i membri di tale segmento si caratterizzano infatti per una scarsa
attitudine al cambiamento e tendono ad acquistare sempre lo stesso brand, scegliendo in
massima parte vini locali, che spesso acquistano direttamente presso le cantine.
Gli spartani rappresentano il 22,7% del totale dei consumatori campani intervistati.
Gli Eclettici
E’ il segmento caratterizzato da maggiore varietà nelle scelte di acquisto e consumo; di
sesso maschile o femminile e di età compresa tra i 45 e i 54 anni, gli eclettici si caratterizzano
per un livello di scolarizzazione medio-alto. Il consumo del vino è associato a diverse
occasioni, indifferentemente in casa o presso i locali pubblici; si tratta, infatti, di forti
estimatori di tale bevanda, che considerano genuina e naturale. Il loro comportamento di
acquisto è prevalentemente orientato verso attributi funzionali: il principale criterio di scelta è
infatti rappresentato dal rapporto prezzo/qualità, pur con una discreta attenzione verso
l’immagine luogo di produzione. Per quanto concerne le fonti di informazione, gli eclettici
presentano caratteristiche in gran parte simili agli spartani: al pari di questi ultimi, sono infatti
127
poco attenti sia alle tradizionali forme di comunicazione commerciale che alle fonti personali
rappresentate dal passaparola di parenti e amici, e preferiscono scegliere i prodotti da
consumare sulla base della propria esperienza. Pur essendo tendenzialmente fedeli, restano
tuttavia aperti alle novità e al cambiamento, scegliendo il vino da consumare tra 2-3
alternative differenti.
Gli eclettici rappresentano il 33,5% del totale degli intervistati
I Viveur
Si tratta del segmento di consumatori più edonista. In massima parte giovani (meno di 34
anni), uomini o donne, i viveur consumano il vino quasi esclusivamente fuori casa, in
occasione di feste e cene con gli amici. Per i membri di tale gruppo il vino rappresenta uno
status symbol e, in quanto tale, lo utilizzano come strumento di affermazione della propria
immagine sociale. Di conseguenza, il comportamento di acquisto e consumo riflette in
massima parte attributi di tipo aspirazionale: i viveur infatti traggono piacere e soddisfazione
dalla scelta della marca “giusta” con cui accompagnare i propri momenti conviviali e
prediligono prodotti di brand molto noti e di prezzo elevato, associando ad essi una maggiore
qualità. Oltre alla notorietà di marca e al prezzo, tra gli attributi di scelta principali un ruolo
preminente spetta anche all’immagine del luogo di provenienza del prodotto e alle possibilità
di abbinamento con il cibo. A tali attributi di scelta in molti casi non corrisponde tuttavia una
reale e profonda conoscenza del prodotto, trattandosi in molti casi di consumatori alle prime
fasi del processo di consumo del vino. Di conseguenza, i viveur pongono in essere un’intensa
attività di raccolta delle informazioni e sono fortemente influenzati da soggetti esterni, tra cui
in particolare i sommelier e coloro che considerano come opinion leader.
Tale segmento rappresenta il 23,7% del totale degli intervistati.
128
I Casalinghi Conviviali
Tale segmento è composto prevalentemente da individui di sesso femminile, di età compresa
tra i 35 e i 54 anni e con un elevato livello di istruzione. Analogamente ai viveur, i membri di
tale segmento associano il vino ad occasioni di socialità e limitano il consumo del prodotto
prevalentemente a questi momenti. A differenza del segmento precedente, tuttavia, i
casalinghi conviviali preferiscono trascorrere i propri momenti conviviali in casa, ospitando o
visitando parenti e amici, in massima parte durante il fine settimana, per condividere pranzi e
cene. Il loro comportamento di acquisto riflette una visione più “matura” del prodotto: poco
influenzati dalle diverse forme di comunicazione, sia commerciali che personali,
attribuiscono un’importanza preminente all’immagine del luogo di provenienza, che
considerano come la principale garanzia di qualità, pur mantenendo una discreta attenzione
alla variabile prezzo. In quanto consumatori “esperti”, i casalinghi conviviali si caratterizzano
per una buona conoscenza delle diverse alternative di prodotto ed un comportamento di scelta
alquanto deciso; il loro consideration set è infatti limitato ad una ristretta cerchia di brand, tra
i quali alternano la scelta finale.
I casalinghi conviviali rappresentano il 33,5% del totale dei consumatori regionali
intervistati.
4.5.3. Il ruolo del terroir nelle percezioni dei produttori: l’analisi dell’offerta
Pur essendo la Valle Sannita un’area vocata tradizionalmente alla coltivazione della vite e
alla produzione del vino, i produttori locali hanno faticato a lungo per scrollarsi di dosso
un’immagine associata più ai volumi della produzione realizzata rispetto all’intera regione
(oggi oltre il 50%) che non al valore organolettico dei vini realizzati. Negli ultimi decenni,
tuttavia, si è registrato un graduale miglioramento dell’immagine territoriale agli occhi di
129
esperti ed eno-appassionati, con evidenti effetti positivi sulle percezioni degli stessi in merito
alla qualità dei vini del territorio.
Accanto ai notevoli investimenti realizzati dalle aziende locali per innovare i propri processi
produttivi, un passo decisivo per migliorare il posizionamento dell’area vitivinicola sannita e
rafforzarne la competitività rispetto ad altri territori dalle caratteristiche simili è stato il
riconoscimento delle denominazioni di origine, attribuite ai vini del Sannio prodotti seguendo
specifici disciplinari. Un’ulteriore spinta in questa direzione è provenuta dalla costituzione
nel 1999 del “Sannio Consorzio Tutela Vini”, che oggi raccoglie oltre 400 membri tra
viticoltori e imprenditori vinicoli. Sin dalla costituzione, il Consorzio ha offerto un contributo
fondamentale alla tutela e alla valorizzazione delle denominazioni di origine dell’area, oggi
riconducibili alle seguenti: Aglianico del Taburno DOCG; Falanghina del Sannio DOC;
Sannio DOC; Benevento IGT.
L’intensa relazione che intercorre tra la “terra” e il vino, tuttavia, non può essere letta e
interpretata solo attraverso l’etichetta posta sulla bottiglia per contrassegnarne l’origine, ma
necessita di un’analisi più profonda, che consenta di cogliere appieno l’anima di un territorio
e le molteplici sfaccettature attraverso cui essa si manifesta. Da qui il dibattito sempre più
vivace sul concetto di terroir, che negli ultimi tempi ha coinvolto anche i produttori del
Sannio, concordi nel legare saldamente la tipicità e l’unicità dei propri vini agli elementi
distintivi del territorio di appartenenza.
A partire da queste considerazioni, attraverso una serie di interviste in profondità con
proprietari e manager di 15 imprese vitivinicole del Sannio beneventano - che hanno
ovviamente coinvolto anche i vertici aziendali della Cooperativa “La Guardiense” - si è
tentato di identificare i valori che i produttori associano al concetto di terroir e comprendere
in che modo esso può essere utilizzato per comunicare l’unicità e l’irripetibilità di un vino
fortemente legato al proprio luogo d’origine. Dalle interviste realizzate emergono definizioni
130
di terroir talvolta nebulose e piuttosto diverse tra loro. Al termine terroir, infatti, gli
intervistati associano prevalentemente i diversi elementi dell’ambiente fisico, la cui ottimale
combinazione in una terra vocata crea le condizioni per la produzione di vini dalla personalità
unica ed irripetibile. L’analisi condotta ha anche rivelato che in molti casi il termine terroir è
usato come sinonimo di territorio, mentre a volte esso rappresenta una sorta di fotografia in
grado di catturare ciò che il Sannio vitivinicolo rappresenta nell’immaginario degli
imprenditori. Il peso della componente umana nell’identità del terroir, invece, è messo in
evidenza solo in alcuni casi. Sebbene l’analisi condotta abbia evidenziato l’esistenza di un
legame profondo e indissolubile tra i produttori vitivinicoli e la loro terra, davvero poche
sono le iniziative collettive poste in essere per valorizzare l’immagine dell’intera area e, in tal
modo, migliorare le percezioni dei consumatori circa la qualità e l’identità dei prodotti locali.
Significativo è stato il contributo offerto dalla Cooperativa “La Guardiense” alla
riqualificazione del paesaggio vitivinicolo nonché al progresso tecnologico-produttivo
dell’intera area. Ancora carenti, però, appaiono le azioni collettive finalizzate a valorizzare il
terroir in un’ottica integrata, ovvero in grado di connettere ambiente, cultura e storia per
rafforzare il vantaggio competitivo non della singola azienda ma dell’intera area di
riferimento. La necessità di progetti comuni per migliorare la reputazione del territorio e del
vino, in un circuito virtuoso di rafforzamento reciproco, è avvertita in modo sempre più
pressante dagli imprenditori intervistati, molti dei quali lamentano lo svantaggio di
appartenere ad un’area vitivinicola il cui richiamo territoriale non è paragonabile a quello
delle cosiddette top wine regions.
4.6. La strategia di marketing per il nuovo prodotto
Dall’analisi discussa nei paragrafi precedenti sono emerse indicazioni utili alla formulazione
di una strategia di marketing finalizzata a creare valore per il mercato target, costituito
131
prevalentemente dai potenziali acquirenti che attribuiscono alla tipicità e al legame con il
territorio un ruolo di particolare rilievo nel processo di acquisto e consumo di un vino.
La segmentazione basata sull’intero processo di acquisto e consumo ha consentito di
identificare segmenti di mercato distinti, con evidenti implicazioni per la strategia di
marketing da seguire e per le politiche di marketing operativo da attuare.
La Cooperativa “La Guardiense” ha adottato negli ultimi anni una strategia di marketing
differenziato ed è presente in più segmenti di mercato con vini differenti per ciascun
segmento. In linea con tale strategia, il nuovo prodotto potrà agevolmente inserirsi nel già
ampio ed eterogeneo portafoglio aziendale, e sarà indirizzato al segmento che occupa la
fascia medio-alta del mercato.
Dopo aver identificato bisogni e aspettative dei consumatori potenzialmente interessati al
prodotto oggetto di sperimentazione, la strategia di marketing da porre in essere per il lancio
del prodotto stesso sul mercato dovrà essere orientata alla definizione di un posizionamento
chiaro e univoco, in modo che i consumatori-obiettivo riconoscano l’immagine distintiva e
quindi le qualità superiori di un vino-spumante di qualità prodotto con sole uve coltivate nel
Sannio.
La strategia di marketing per il lancio del nuovo prodotto dovrà, dunque, essere progettata e
tradotta sul piano operativo in modo che la sua immagine occupi un posto ben definito nelle
menti dei consumatori del segmento-obiettivo. A tal fine, sarà necessario definire e
comunicare somiglianze e differenze tra il prodotto e i concorrenti. Nello specifico, la
definizione della strategia di posizionamento richiederà la determinazione di uno schema di
riferimento competitivo, l’identificazione degli elementi di parità e di differenza ottimali da
associare al prodotto, la creazione di un brand (da inserire nell’architettura di marca
complessiva dell’azienda) che sintetizzi il posizionamento e l’essenza del nuovo prodotto.
132
Il brand così identificato diventerà quindi la promessa al mercato e il payoff (ovvero il
vantaggio, costituito in questo caso dal legame inscindibile del vino-spumante con il territorio
in cui le uve sono coltivate e raccolte), in altri termini il rendimento per il consumatore che
sceglie il prodotto. Il payoff dovrà dunque essere racchiuso in un messaggio che esprima con
massima sintesi ciò che il prodotto offre in modo unico e distintivo rispetto ai concorrenti,
evidenziandone il carattere altamente innovativo e al contempo valorizzando il legame con il
territorio e con la tradizione che da sempre contraddistinguono la politica aziendale.
In tale direzione, emerge in tutta evidenza la necessità di utilizzare in maniera coerente e
coordinata le leve del marketing mix al fine di sostenere il posizionamento competitivo del
vino spumante di qualità oggetto della sperimentazione, il cui vantaggio rispetto ai prodotti
concorrenti dovrà essere necessariamente basato su una strategia di differenziazione.
4.6.1 Il marketing-mix
Le attività di marketing da realizzare per ottenere un posizionamento di successo per il nuovo
prodotto sono sintetizzabili nelle cosiddette quattro P, da combinare opportunamente nel
marketing-mix: prodotto, prezzo, promozione (intesa nel senso più ampio di comunicazione)
e distribuzione (place).
Prodotto
Uno degli elementi che dovrà contraddistinguere fortemente il nuovo prodotto da lanciare sul
mercato è la capacità di far emergere l’identità del luogo di origine. Il rispetto della terra e
della tradizione ma al contempo la capacità di accogliere sempre nuovi sfide e promuovere
innovazione e cambiamento per migliorare la qualità dei prodotti. L’incontro tra tradizione e
innovazione, lo sguardo fiero dei soci che accettano la sfida dell’innovazione e si aprono al
futuro, mantenendo saldamente il legame con la propria terra e con il proprio passato. Il
133
nuovo prodotto dovrà esprimere questi valori ed esservi fedele, riuscendo a manifestare la
propria personalità e il proprio carattere attraverso le caratteristiche tangibili e intangibili che
lo contraddistinguono. Fondamentale, in tal senso, il ruolo del packaging e dell’etichetta, che
accanto alle caratteristiche tecniche del vino e ai servizi annessi costituiscono il prodotto
“ampliato” oggetto delle attività di marketing operativo da realizzare per un efficace
posizionamento. Particolare attenzione, dunque, dovrà essere posta verso il packaging,
l’etichetta e l’esposizione del prodotto, da progettare in maniera unitaria e coerente quali
elementi estetici che guideranno il comportamento d’acquisto del vino.
Accanto alla primaria funzione tecnica della bottiglia, come di tutto il packaging, ovvero
quella di confezionare e conservare il vino nel miglior modo possibile, occorrerà operare
scelte che riflettano la strategia di marketing prescelta per il prodotto. In particolare,
l’etichetta dovrà riflettere lo stile distintivo del nuovo prodotto, assolvendo non solo alla
fondamentale funzione informativa secondo l’apposita normativa, ma comunicando
attraverso forma, colori e qualità del supporto un’immagine coerente con il posizionamento
prescelto e con il mercato cui si rivolge.
Particolare attenzione dovrà essere posta anche alle scelte relative al branding, ovvero alla
marca con cui commercializzare il nuovo prodotto rispetto a quelle già esistenti ovvero alla
marca aziendale (corporate brand). Dato il discreto successo riscosso negli ultimi anni dalla
linea top della Cooperativa (Janare) e considerati gli investimenti in marketing e
comunicazione realizzati per accrescere la brand awareness e migliorare la brand image
dell’intera linea, sembrerebbe opportuno utilizzare proprio questo brand (il più consolidato
nel portafoglio prodotti aziendale) per introdurre il nuovo prodotto, operando un’estensione
di marca che, tuttavia, dovrebbe caratterizzarsi per la combinazione di vecchi e nuovi
elementi (con un naming specifico che richiami le caratteristiche uniche e distintive del
nuovo prodotto) in un’architettura di marca idonea ad evitare cannibalizzazioni.
134
Prezzo
Come è facile immaginare, il prezzo di vendita del nuovo prodotto dovrà essere definito in
funzione del posizionamento desiderato, del mercato target e dei prodotti concorrenti. Date le
caratteristiche specifiche del prodotto, particolare attenzione dovrà essere posta per
identificare il prezzo psicologico che i clienti target sono disposti a pagare, considerando che
essi interpretano il prezzo nel quadro di una forbice di accettabilità, che sistematicamente
vede associare un prezzo elevato ad un simbolo di qualità. Ferma restando la necessità di
considerare, accanto alla domanda e alla concorrenza, il prezzo di costo quale variabile
essenziale nella determinazione del prezzo, alcune indicazioni sono utili a identificare le
componenti essenziali del prezzo psicologico, che assumono centrale rilevanza nelle
decisioni d’acquisto dei clienti target.
Sebbene il prezzo sia strettamente connesso al canale di distribuzione, il prezzo tondo
(ovvero a cifre intere) è generamente associato ad un’immagine di cattiva qualità o, al
contrario, a quella di un prodotto troppo caro, secondo un meccanismo sostanzialmente
inconscio che porta automaticamente a non valorizzare il prodotto.
Ad ogni modo, la strategia di pricing da preferire per il lancio del nuovo prodotto dovrebbe
essere tesa a “scremare” il mercato, attraverso l’applicazione di un prezzo inizialmente
elevato, riservato ai clienti che percepiscono il valore del nuovo prodotto, frutto di un
processo di innovazione adeguatamente comunicato. Ciò non esclude la possibilità di
procedere successivamente a progressive riduzioni, sia per rendere accessibile il prodotto a
fasce più ampie di consumatori, sia per evitare che lo sviluppo del mercato sia guidato da
imprese potenziali “imitatrici” che si presentano con prezzi più contenuti.
Nel caso del vino-spumante oggetto di sperimentazione, la scelta di una strategia di
scrematura del mercato – da applicare a margine di un’attenta analisi dei costi – troverebbe
135
giustificazione nel contenuto fortemente innovativo del prodotto e nei connessi elementi di
differenziazione di difficile imitabilità nel breve periodo.
Promozione (Comunicazione)
Dato l’elevato valore attribuito dal cliente target agli elementi che meglio esprimono l’unicità
e l’irripetibilità di un vino-spumante prodotto con particolari uve coltivate in un’area
specifica, appare indispensabile identificare e adoperare un mix di strumenti che, in maniera
sinergica e coerente, riescano a comunicare tali elementi. In tale direzione, assumono
particolare rilievo la promozione di attività di valorizzazione del territorio, nonché
l’organizzazione di visite in cantina ed eventi che consentano al cliente di entrare in contatto
diretto con il prodotto. Al fine di stimolare contestualmente la percezione cognitiva ed
emozionale del prodotto, si rende opportuno sviluppare una strategia di comunicazione che
agisca su svariati mezzi di comunicazione, attraverso cui veicolare un messaggio chiaro e
coerente. Tale messaggio, oltre ad informare il cliente sui benefici di un prodotto così
indissolubilmente legato al territorio di origine, dovrà essere in grado di stimolarne la
curiosità attraverso associazioni sempre nuove tra il mondo del vino e i diversi aspetti della
vita dell’individuo.
Il mix comunicazionale da utilizzare per il lancio del nuovo prodotto non dovrebbe in ogni
caso trascurare gli strumenti tradizionali, in primis le inserzioni su guide o riviste
specializzate, senza sottovalutare le opportunità offerte dalla presenza su alcuni canali
televisivi tematici, generalmente più accessibili rispetto alla pubblicità sui più noti mezzi
nazionali. Le indicazioni emerse dall’analisi, inoltre, confermano solo in parte l’efficacia e le
potenzialità di Internet e dei diversi strumenti del marketing online per raggiungere il mercato
target in maniera interattiva e dinamica. Emerge con forza, come si è anticipato, la necessità
di comunicare il vino-spumante esaltandone l’aspetto conviviale e relazionale, possibilmente
136
nel contesto territoriale d’origine, affiancando agli eventi indoor (da svolgere all’interno della
cantina) una di serie attività outdoor, finalizzate non solo a far conoscere il nuovo prodotto
ma anche a promuovere e migliorare la reputazione dell’area territoriale in cui esso affonda le
proprie radici.
Place (Distribuzione)
Affinché la strategia di comunicazione da pianificare e implementare per il lancio del nuovo
prodotto si riveli efficace, tuttavia, è indispensabile che essa sia opportunamente mirata verso
il target di riferimento e, soprattutto, che sia coerente con le decisioni relative alle altre leve
del marketing mix. Nello specifico, per la distribuzione del nuovo prodotto dovrebbero essere
preferiti canali specializzati, con una forte attenzione alla dimensione del servizio.
L’obiettivo dell’azienda, infatti, dovrà essere quello di offrire al cliente non un semplice
prodotto ma una vera e propria esperienza, affiancando all’offerta enologica quella
gastronomica nell’ambito di speciali eventi di degustazione e garantendo costantemente la
presenza di personale competente e informato.
137
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