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Edizioni Ambiente novembre-dicembre 2012 n. 200-201 (11-12/12) mensile Euro 24,00 Registrazione Tribunale di Milano n. 451 del 22 agosto 1994. Poste italiane spa – Spedizione in abbonamento postale – Dl 353/2003 (conv. in legge 46/2004) articolo 1, comma 1, DCB Milano Speciale novembre-dicembre 2012 Codice ambientale Il testo armonizzato del Dlgs 152/2006 su rifiuti e bonifiche L’intervento La bonifica dei siti contaminati: alcuni nodi rimasti ancora aperti di Fabio Anile pag. 2 Materia organica nel suolo e compostaggio: tabella di marcia al rallentatore di Massimo Centemero 5 Tracciabilità (Sistri e formulari), gli ambulanti e i problemi della raccolta di Paola Ficco 7 Autorizzazioni: il nodo gordiano del coordinamento tra autorizzazione al trattamento, Via e Aia di Leonardo Filippucci 10 I reati in materia di rifiuti nel Codice ambientale: le prospettive di modifica di Pasquale Fimiani 14 Riciclaggio senza volatilità di Massimo Medugno 20 Bonifiche siti inquinati: luci e ombre dei nuovi interventi normativi di Loredana Musmeci 24 Recupero e recupero agevolato di Maria Letizia Nepi 26 Rifiuti pericolosi o non pericolosi? Tra il serio e il faceto le peripezie del quotidiano di Claudio Rispoli 29 Servizi pubblici locali ancora privi di una legge organica. Delega di funzioni e attribuzioni senza regole di Gabriele Taddia 32 Legislazione Struttura della Parte quarta del Dlgs 152/2006 37 Sommario della Parte quarta del Dlgs 152/2006 38 Dlgs 3 aprile 2006, n. 152 (Stralcio) 40 Allegati 118

Rifiuti n. 200/201 speciale novembre/dicembre 2012

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Lo speciale celebra i diciott'anni della Rivista Rifiuti - Bollettino di informazione normativa con la pubblicazione del testo aggiornato, coordinato e annotato del Dlgs 152/2006 (cd. Codice ambientale), accompagnato da un “cahier de doléances” con i punti critici e le questioni ancora aperte redatto dai più importanti esperti del settore.

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Edizioni Ambiente

RIFIUTIbollettino diinformazionen o r m a t i v a

novembre-dicembre 2012 n. 200-201 (11-12/12)

mensile Euro 24,00Registrazione Tribunale di Milano n. 451 del 22 agosto 1994. Poste italiane spa – Spedizione in abbonamento postale – Dl 353/2003 (conv. in legge 46/2004) articolo 1, comma 1, DCB Milano

Speciale novembre-dicembre 2012

Codice ambientaleIl testo armonizzato del Dlgs 152/2006 su rifiuti e bonifiche

L’intervento

La bonifica dei siti contaminati: alcuni nodi rimasti ancora aperti di Fabio Anile pag. 2

Materia organica nel suolo e compostaggio: tabella di marcia al rallentatore di Massimo Centemero 5

Tracciabilità (Sistri e formulari), gli ambulanti e i problemi della raccolta di Paola Ficco 7

Autorizzazioni: il nodo gordiano del coordinamento tra autorizzazione al trattamento, Via e Aia di Leonardo Filippucci 10

I reati in materia di rifiuti nel Codice ambientale: le prospettive di modifica di Pasquale Fimiani 14

Riciclaggio senza volatilità di Massimo Medugno 20

Bonifiche siti inquinati: luci e ombre dei nuovi interventi normativi di Loredana Musmeci 24

Recupero e recupero agevolato di Maria Letizia Nepi 26

Rifiuti pericolosi o non pericolosi? Tra il serio e il faceto le peripezie del quotidiano di Claudio Rispoli 29

Servizi pubblici locali ancora privi di una legge organica. Delega di funzioni e attribuzioni senza regole di Gabriele Taddia 32

Legislazione

Struttura della Parte quarta del Dlgs 152/2006 37

Sommario della Parte quarta del Dlgs 152/2006 38

Dlgs 3 aprile 2006, n. 152 (Stralcio) 40

Allegati 118

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 200. Ebbene  sì,  questo  è  il  numero  200  della  Rivi-sta “Rifiuti-Bollettino di informazione normativa”. Trasfor-mando il numero in tempo, con il 200 si celebra il 18° anno. Come dire:  si è  raggiunta  la maggiore età. 18 anni che, da e con queste pagine, si parla di rifiuti, si interloquisce con i Letto-ri, si semina conoscenza e si sollevano interrogativi. 18 anni so-no tanti per una persona, figuriamoci per una testata così spe-cializzata e speciale come è questa Rivista che, avendo visto di tutto durante la sua breve ma lunga vita, è la memoria storica del settore dei rifiuti e il punto di riferimento per i tanti, tantis-simi Lettori che la premiano con una sempre maggiore fedeltà, un’adesione intelligente e costruttiva e, perché no, con affetto.In  18  anni  si  è  assistito  alle  molte  modifiche  legislative  del-la gestione dei rifiuti e, anche attraverso  le risposte ai quesiti e le rubriche, si è scesi nel concreto delle problematiche, dan-do vita ad un dialogo serrato con chi opera. Molte modifiche, si è appena detto, forse troppe, perché non sempre risolutive di problemi che, quasi endemici, restano ancora oggi sul tappeto.Pertanto, in questo specialissimo numero della Rivista, dove si pubblica il testo armonizzato e annotato del “Codice ambienta-le”, Parte IV, nella sua versione vigente dopo le numerosissime modifiche intervenute, si pubblica anche una sorta di “cahier de doléances”  recante  i  punti  critici  che  restano  sul  tappe-to, nonostante le modifiche. Un’agenda a “costo zero” e redatta con cura che il Decisore politico e amministrativo centrale non può e non deve più ignorare. Questo Paese deve ripartire e l’in-telligenza di sistema dei vari livelli della Pa si deve vedere, deve riappropriarsi di tutta la sua capacità di essere un regista socia-le e non una squallida comparsa di una pièce di quart’ordine.È  incredibile,  se  ci  si  pensa, a quanta  energia umana  impe-gnano i rifiuti; ci sono eserciti di persone che, a vario titolo, se ne occupano. Eppure i rifiuti sono sempre un problema e dif-ficilmente  riescono a diventare quello  che  sono: una  risorsa. Nell’“Uomo senza qualità” Robert Musil scriveva che “si po-trebbero classificare le attività umane secondo il numero

di parole di cui necessitano: più gliene occorrono e più c’è da pensare male della loro qualità”. Secondo questo (condi-visibile) canone, la legislazione di riferimento, nazionale e lo-cale (vista la mole di inchiostro di cui si compone e che sempre scatena in termini di prassi, giurisprudenza e dottrina), in una graduatoria ideale andrebbe ad occupare sicuramente uno de-gli ultimi posti.Sul punto, infatti, l’azione è quasi sempre senza uno scopo pre-ciso; nel caso (remoto) in cui uno scopo ce l’abbia, l’azione che ne deriva è  talmente  labile e  inconsistente che  i risultati sono decisamente scarsi. Quando le Regioni o le Province autonome battono i pugni e decidono che bisogna fare qualcosa di deci-sivo, emanano una bella legge contraria ai dettami della legi-slazione nazionale e, ovviamente, arrivano gli strali della Cor-te costituzionale. Altri costi si aggiungono così al bulimico con-to a carico del cittadino. Questo il fronte politico/legislativo; il fronte  politico/amministrativo,  invece,  si  impasta nella  farra-gine della burocrazia, si arricchisce con la singolarità del pen-siero di ciascuno dove ogni Autorità di controllo ha una visio-ne e una lettura diversa dello stesso fenomeno. Sicché il ritardo nel procedimento amministrativo si realizza in tutto il suo ful-gore; mentre le paure e i sospetti si alimentano reciprocamente. Insomma, una grandiosa azione totalmente parallela a quella che servirebbe. Un’azione parallela che produce sfiducia e para-lisi degli investimenti, che induce perdita di posti di lavoro, che non giova a nessuno, neanche all’ambiente. Sotto il profilo tec-nico questa condotta non è un reato, però uccide i meccanismi della crescita e della ripresa.E allora, per giustificare  ritardi  e puntigli  e prese di posizio-ne e chi più ne ha più ne metta, arriva l’arma del diritto fino ai denti, si scomodano commi, pandette e sentenze. È così che la legge da madre diventa matrigna, trasformandosi  in sciat-ta scoria verbale.

Paola Ficco

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bollettino di informazione norm

ativa n. 200-201 (11-12/12)

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RIFIUTI

L’intervento

La bonifica dei siti contaminati:

alcuni nodi rimasti ancora aperti

di Fabio AnileAvvocato in Roma

Com’è noto, i numerosi interventi legislativi che si sono succeduti nel corso di questi anni a modificare questa o quella parte del Dlgs 152/2006 hanno anche riguardato la disciplina sulla bonifica dei siti contaminati.E, tuttavia, rimangono ancora aperte alcune problematiche di ca-rattere generale che meritano di essere ricordate, quantomeno per stimolare una riflessione.

Un primo profilo che si vuole evidenziare attiene alla codificazio-ne, all’interno del Dlgs 152/2006 delle due discipline – quella sulla bonifiche e quella sulla responsabilità per danno ambientale – re-canti regimi giuridici autonomi, sebbene entrambi volte a regola-re procedure, obblighi e responsabilità derivanti da uno stesso fat-to di inquinamento.Si tratta, a nostro avviso, di una dicotomia che merita di essere su-perata, a favore di un testo normativo unitario.

Senza entrare nel dettaglio di quelle che sono le aree di sovrappo-nibilità delle due discipline (1), basti qui evidenziare l’identità del-le matrici ambientali  tutelate dalle due discipline (2),  laddove  il terreno,  in particolare,  è  tutelato  secondo  lo  stesso approccio an-tropocentrico (3).Ancora, quanto alle “misure di prevenzione” si rileva un’identità sostanziale tra quanto previsto dall’articolo 240, lett. i) in materia di bonifica e l’analoga nozione contenuta nell’articolo 302, comma 8, in materia di danno all’ambiente.Analoghi profili di sovrapposizione si rinvengono inoltre nelle defi-nizioni di “ripristino”, rispettivamente contenute nell’articolo 240, lett. q) (“recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilità per la destinazione d’uso conforme agli strumenti urbanisti-ci”) e nell’articolo 302, comma 9, Dlgs 152/2006 (“eliminazione di qualsiasi effetto rischio di effetti nocivi per la salute umana e l’integrità ambientale…”).

Al  riguardo (4),  è  bene  ricordare  che  già  nel  parere  favorevole “condizionato”, reso dalla Commissione VIII della Camera, in da-ta 27 giugno 2007 (Atto n. 96), sullo Schema di decreto legislativo concernente ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si chiedeva che fosse “inoltre rivista… la coerenza con la disciplina del «danno ambientale» e con quella della tutela delle acque, nonché tenendo conto della normativa europea in materia e della futura direttiva comunitaria per la prote-zione dei suoli, anche anticipandone alcuni contenuti. Si se-

(1)  Per  una  disamina  più  ampia, ci  sia  consentito  rinviare  a  F.  Anile, Danno ambientale: le nuove nor-me. Disciplina per la tutela risar-citoria e il raccordo con il sistema delle bonifiche,  Edizioni  Ambiente, 2007, pag. 90 ss.(2) Come  il  più  contiene  il meno,  la disciplina  sul  danno  ambientale  ha evidentemente  un  campo  di  applica-zione più esteso  rispetto a quello del-la  bonifica,  includendovi  le  specie  ed habitat naturali protetti e le acque co-stiere: si veda l’articolo 240, comma 1, lett. a) e 300, Dlgs 152/2006.(3)  Ciò  che  è  importante  sottolinea-re  è,  in  particolare,  l’identità  dell’ap-proccio di tutela adottato dalle due di-scipline rispetto alla matrice acque – in chiave ecocentrica (ovvero la risor-sa è  tutelata per  le  sue caratteristiche quali-quantitative)  –  ed  antropocen-

trica nel caso del terreno (ove, invece, la  contaminazione  assume  rilevanza solo se ed in quanto comporti rischi di natura sanitaria). L’impostazione an-tropocentrica della disciplina sulla di-sciplina  sulla  bonifica  dei  siti  conta-minati si ricava peraltro anche dai cri-teri generali per l’analisi di rischio sa-nitario ambientale sito-specifica, con-tenuti nell’allegato 1 alla Parte IV, ove i  bersagli  della  contaminazione  sono individuati nei  residenti e/o  lavorato-ri  che  vivono  o  sono  presenti  nel  sito o fuori sito.(4)  E  d’altronde,  anche  la  direttiva comunitaria  sulla  responsabilità  am-bientale,  2004/35/Ce,  recepita  nella Parte  IV  del  Dlgs  152/2006,  contiene un esplicito riferimento ai “siti conta-minati che comportano rischi signi-ficativi per la salute…” (si veda il 1° Considerando).

Link di approfondimento

Per un approfondimento, si veda su questa Rivista, n. 198 (ottobre 2012), p. 44 ss.: “Bonifica e sistema 231: i rapporti nel ca-so di omessa comunicazione dell’evento di contaminazione”, di Pasquale Fimiani.

In occasione della Fiera Ecomondo (Rimi-ni, 7-10 novembre 2012) Edizioni Ambien-te organizza presso il proprio stand (padi-glione B3 – stand 012) sette seminari bre-vi. In particolare si segnala: “La bonifica e la responsabilità del proprietario del sito non responsabile dell’inquinamento”, giovedi 8 novembre, ore 15:00 – 16:30.Relatore: Fabio Anile.Per iscrizioni: http://www.reteambiente.it/convegni-ecomondo/

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L’intervento Bonifichebollettino di inform

azione normativa n. 200-201 (11-12/12)

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RIFIUTI

gnala, in sostanza, la necessità di… stabilire un regime cer-to per le bonifiche dei siti inquinati, il quale, in ossequio ai cri-teri di coerenza con le direttive comunitarie e con il necessa-rio carattere unitario, coordinato e integrato, della normativa ambientale, superi i due diversi e paralleli regimi giuridici per le bonifiche e per il danno ambientale attualmente disciplina-ti dal decreto legislativo n. 152 e disponga, al contrario, una effettiva integrazione fra queste due parti”.

Un memento per il Legislatore, affinché ponga rimedio alla per-durante stratificazione normativa, a favore di una reale semplifica-zione e razionalizzazione della materia.

Il regolamento sugli interventi di bonifica di aree agricoleAltro tema di carattere generale riguarda la mancata adozione del regolamento sulle aree agricole.Sebbene l’articolo 17 del Dlgs 22/1997 prevedeva già l’adozione di uno  specifico  regolamento  relativo  agli  interventi  di  bonifica  in aree  agricole  –  ed  analoga  previsione  si  ritrova  all’articolo  241, Dlgs  152/2006  –  a  distanza  di  quasi  15  anni  l’atteso  provvedi-mento non è ancora stato adottato, con la conseguenza di rendere inapplicabile la disciplina della bonifica a tali siti.

Si tratta, a nostro avviso, di una ritardo imbarazzante, che merita di essere recuperato quanto prima, al fine di garan-tire la necessaria tutela anche ai siti posti in aree agricole, evitando peraltro che la lacuna normativa produca pericolo-se fughe in avanti da parte della giurisprudenza.

Merita  infatti  ricordare  che,  sebbene  con  una  prima  pronuncia il  Tar  Lombardia,  avesse  precisato  che “in difetto di normati-va specifica, ai terreni agricoli non possono applicarsi auto-maticamente – cioè senza una specifica motivazione che dia conto della necessità di bonifica in rapporto a particolari li-velli di contaminazione – i valori dettati per terreni a desti-nazione diversa” (5), con una successiva sentenza del Tar Um-bria si è invece ritenuto che sia da “condividersi l’avviso dell’Isti-tuto Superiore di Sanità (cfr. nota prot. 051899 in data 6 no-vembre 2003), nel senso che, in attesa di una revisione del Dm 471/1999 che consideri espressamente anche gli standard di qualità per i suoli agricoli, per questi ultimi trovano appli-cazione i valori della colonna A, tenuto conto che “i valori di concentrazione per i parametri ivi citati possono essere consi-derati sufficientemente cautelativi anche in relazione a sce-nari multipli di esposizione umana (ingestione, inalazione e contatto dermico) sia di tipo diretto che indiretto”.Conclude  il  Tar  affermando  che “Una diversa interpretazione

condurrebbe a ritenere, nella maggior parte dei casi, non operativa la normativa sulle bonifiche, senza apprezzabili ra-gioni di tutela di interessi pubblici o privati” (6).

Il regime giuridico delle acque emunteRimane ancora  aperta  la problematica  concernente  la qualifica-zione giuridica delle acque emunte,  che – com’è noto –  tanto  il Ministero quanto le autorità locali, definiscono, sempre e comun-que, “rifiuti liquidi”: ciò che si verifica anche nei casi in cui le ac-que emunte vengono prelevate ed avviate a depurazione, senza so-luzione di continuità, mediante tubatura.In  materia  è  emerso  un  contrasto  nella  giurisprudenza  ammi-nistrativa  tra  la  tesi  (minoritaria (7))  che  sostiene  l’ascrivibilità tout court delle acque emunte al novero dei rifiuti e la diversa te-si (maggioritaria (8)) secondo cui le acque emunte possono, a de-terminate condizioni, essere assoggettate alla sola disciplina delle acque reflue industriali.

La conseguenza pratica che deriva è che, nel primo caso, le acque emunte dovranno essere scaricate rispettando i più rigorosi limiti di cui all’allegato 1 al Dm 471/1999, mentre nel secondo caso, oc-correrà rispettare i limiti di emissione delle acque reflue industriali di cui alla tabella 3, allegato 5 alla Parte II, Dlgs 152/2006.

Sembra aderire a quest’ultima opzione – peraltro, da noi  condivi-sa (9) – anche il Governo, che con il disegno di legge (c.d. Sempli-ficazioni-bis) recante “Nuove disposizioni urgenti di semplificazio-ne amministrativa a favore dei cittadini e delle imprese”, in questi giorni sta proponendo una revisione dell’articolo 243, Dlgs 152/2006.Di fatto, la disposizione (costituita da 6 commi) riscrive integral-mente il vigente articolo 243, Dlgs 152/2006, avendo cura di pre-cisare (al comma 4) che “Le acque emunte convogliate tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il punto di prelievo di dette acque con il punto di immissione delle stesse, previo trattamento di depurazione, in corpo ricettore, sono assimilate alle acque reflue industriali che provengono da uno scarico e come tali soggette al regime di cui alla Parte III del presente Decreto”.

Il reato di omessa bonificaNon  meno  importante  riteniamo  sia,  infine,  un  intervento  rifor-matore della fattispecie penale posta a presidio dell’obbligo di boni-fica (articolo 257, Dlgs 152/2006), che risulta evidentemente priva di deterrenza e complessivamente peggiorata rispetto alla previgen-te fattispecie di cui all’articolo 51-bis, Dlgs 22/1997 (10).

Ed infatti, nell’attuale configurazione (11), il reato di omessa bo-nifica è:

(5) Tar Lombardia, sentenza 11 novem-bre 2003, n. 4982, in reteambiente.it.(6)  Tar  Umbria,  sentenza  8  aprile 2004, n. 168, in reteambiente.it(7) Tar Sardegna,  sez.  II,  sentenza 21 aprile  2009  n.  549;  Tar  Sicilia,  Paler-mo, sez. I, sentenza 20 marzo 2009, n. 540,  Tar  Toscana,  Sez.  II,  19  maggio 2010, n. 1523; Tar Lombardia, Brescia, sez.  I, ord. n. 117/2010; Tar Lazio, Ro-ma, sez. II, 16 maggio 2011, Tar Tosca-na Sez. II, 6 ottobre 2011, n. 1452.(8)  Tar  Sicilia,  Catania,  ordinan-za  7  giugno  2007  n.  788;  Tar  Catania 17 giugno 2008, n. 1188; Tar Catania, sentenza  29  gennaio  2008  n.  207;  Tar 

Friuli-Venezia  Giulia,  Sez.  I,  26  mag-gio 2008, n. 301; Tar Calabria, sentenze del  23 maggio 2008, nn.  1068  e 1069, nonché Tar Campania, Sez. V, 21 mar-zo 2012, n. 1398.(9) Si veda F. Anile, Bonifiche dei Sin e acque di falda emunte: la giuri-sprudenza formatasi sull’artico-lo 243, Dlgs 152/2006  in  questa Ri-vista  n.  166/2009,  nonché Quale re-gime giuridico per le acque di fal-da emunte?  (esame  della  giuri-sprudenza  formatasi  sull’artico-lo  243  Dlgs  152/2006),  in  lexambien-te.it. Si veda anche F. Peres, T.U.: qua-li cambiamenti per la bonifica e

la gestione delle acque di falda?̧   in Ambiente&Sviluppo”,  2006,  p.  23;  M. Busà, Le acque di falda emunte nel procedimento di bonifica sono quali-ficabili come acque reflue industria-li? in unitel.it e F. Giampietro, Le acque di falda: scarichi o rifiuti?  in  giuri-stiambientali.it.(10)  Sull’argomento,  Fabio  Anile, La difficile applicazione della disci-plina penale della bonifica dei si-ti contaminati, ex articolo 17, dlgs. n. 22/97: irretroattività del fatto o di diritto?  (Commento  a  Corte  Cass. 28  aprile  2000,  ric.  Pizzuti),  in  Cass. Pen., XLII, Fasc. 9-2002. Per una com-

piuta  disamina  delle  posizioni  assun-te  dalla  dottrina  sulla  qualificazione giuridica dell’articolo 51-bis, si veda S. Beltrame  in Gestione dei rifiuti e si-stema sanzionatorio,  CEDAM,  2000, pag. 386 e ss.(11)  Si  vedano  in  particolare,  i  con-tributi  di  V.  Paone,  Il reato di omes-sa bonifica secondo i recenti orien-tamenti della Cassazione (sentenza “Montigiani”), in Ambiente&Sviluppo, n.  2/2008,  pp 119  e  ss.,  ed A.  L.  Vergi-ne,  Il reato di omessa bonifica, due decisioni interrompono il prolunga-to silenzio,  in  Ambiente&Sviluppo,  n. 22/2009, pag. 981 ss..

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bollettino di informazione norm

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RIFIUTI

L’intervento

Autorizzazioni: il nodo gordiano del

coordinamento tra autorizzazione al

trattamento, Via e Aia

di Leonardo FilippucciAvvocato in Macerata

A  distanza  di  oltre  cinque  anni  dalla  pubblicazione  del  Codice dell’ambiente e a dispetto delle numerosissime e talvolta sostanzio-se modifiche apportate dal Legislatore sia alla Parte quarta sia alla Parte seconda, ancora oggi interpreti e operatori si trovano di fron-te,  in materia autorizzatoria, a un vero e proprio nodo gordiano, costituito dal  coordinamento  tra  le  procedure autorizzatorie  pre-viste dal Capo IV del Titolo I della Parte quarta (articoli 208 e se-guenti) e le procedure di Via ed Aia disciplinate rispettivamente dai Titoli III e III-bis della Parte seconda.Il problema scaturisce dal fatto che la Parte quarta detta un regi-me autorizzatorio (ordinario o semplificato) astrattamente appli-cabile alla realizzazione e all’esercizio di tutti gli impianti che ef-fettuano operazioni di recupero o smaltimento, mentre alcuni im-pianti di trattamento rifiuti risultano annoverati tra le opere sog-gette a screening (1) o a Via (2) ovvero figurano tra i cd. com-plessi Ippc (3).

(1) Ai sensi dell’allegato IV alla Parte seconda  del  Dlgs  152/2006  sono  sog-getti  a  screening  in  sede  regionale  i seguenti impianti di trattamento:“r) impianti di smaltimento di ri-fiuti urbani non pericolosi, me-diante operazioni di incenerimen-to o di trattamento, con capacità complessiva superiore a 10 t/gior-no (operazioni di cui all’allegato B, lettere D2 e da D8 a D11, della Parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152); impianti di smaltimento di rifiuti non pericolo-si, mediante operazioni di raggrup-pamento o di ricondizionamento preliminari, con capacità massima complessiva superiore a 20 t/giorno (operazioni di cui all’allegato B, let-tere D13 e D14 del decreto legislati-vo 152/2006);s) impianti di smaltimento di rifiu-ti speciali non pericolosi, con capa-cità complessiva superiore a 10 t/giorno, mediante operazioni di in-cenerimento o di trattamento (ope-razioni di cui all’allegato B, let-tere D2 e da D8 a D11, della Par-te quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);t) impianti di smaltimento di rifiu-ti speciali non pericolosi mediante operazioni di deposito preliminare con capacità massima superiore a 30.000 m3 oppure con capacità su-periore a 40 t/giorno (operazioni di cui all’allegato B, lettera D15, della Parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);u) discariche di rifiuti urbani non pericolosi con capacità complessiva inferiore ai 100.000 m3 (operazioni di cui all’allegato B, lettere D1 e D5, della Parte quarta del decreto legi-slativo 3 aprile 2006, n. 152); […]z.a) Impianti di smaltimento e re-cupero di rifiuti pericolosi, median-te operazioni di cui all’allegato B, lettere D2, D8 e da D13 a D15, ed all’allegato C, lettere da R2 a R9, della Parte quarta del decreto legi-slativo 3 aprile 2006, n. 152.z.b) Impianti di smaltimento e re-cupero di rifiuti non pericolosi, con capacità complessiva superiore a 10 t/giorno, mediante operazioni

di cui all’allegato C, lettere da R1 a R9, della Parte quarta del decre-to legislativo 3 aprile 2006, n. 152.”.(2) Ai sensi dell’allegato III alla Par-te seconda del Dlgs 152/2006 sono ne-cessariamente  soggetti  a  Via  in  sede regionale  i  seguenti  impianti  di  trat-tamento:“m) Impianti di smaltimento e re-cupero di rifiuti pericolosi, median-te operazioni di cui all’allegato B, lettere D1, D5, D9, D10 e D11, ed all’allegato C, lettera R1, della Par-te quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.n) Impianti di smaltimento e recu-pero di rifiuti non pericolosi, con capacità superiore a 100 t/gior-no, mediante operazioni di ince-nerimento o di trattamento di cui all’allegato B, lettere D9, D10 e D11, ed all’allegato C, lettere R1, della Parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.o) Impianti di smaltimento dei ri-fiuti non pericolosi mediante opera-zioni di raggruppamento o ricondi-zionamento preliminari e deposito preliminare, con capacità superio-re a 200 t/giorno (operazioni di cui all’allegato B, lettere D13 e D14, del-la Parte quarta del decreto legislati-vo 3 aprile 2006, n. 152).p) Discariche di rifiuti urbani non pericolosi con capacità complessiva superiore a 100.000 m3 (operazioni di cui all’allegato B, lettere D1 e D5, della Parte quarta del decreto legi-slativo 3 aprile 2006, n. 152): di-scariche di rifiuti speciali non peri-colosi (operazioni di cui all’allegato B, lettere D1 e D5, della Parte quar-ta del decreto legislativo 152/2006), ad esclusione delle discariche per inerti con capacità complessiva si-no a 100.000 m3.q) Impianti di smaltimento di ri-fiuti non pericolosi mediante ope-razioni di deposito preliminare, con capacità superiore a 150.000 m3 oppure con capacità superiore a 200 t/giorno (operazioni di cui all’allegato B, lettera D15, della Par-te quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152); […]aa) Impianti di smaltimento di ri-

Link di approfondimento

In occasione della Fiera Ecomondo (Rimini, 7-10 novembre 2012) Edizioni Ambiente or-ganizza presso il proprio stand (padiglione B3 – stand 012) sette seminari brevi. In par-ticolare si segnala: “Impianti a biomassa; il regime amministrativo delle autorizzazioni tra Dlgs 387/2003 e ‘Decreto Romani’”, venerdi 9 novembre, ore 12:00 – 13:30.Relatore: Leonardo Filippucci.Per iscrizioni: http://www.reteambiente.it/convegni-ecomondo/

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L’intervento Autorizzazionibollettino di inform

azione normativa n. 200-201 (11-12/12)

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RIFIUTI

Nelle more di un auspicabile intervento chiarificatore, si tratta di capire sin d’ora quale procedura sia applicabile in caso di sovrapposizione delle varie normative, quali effetti produca il provvedimento di autorizzazione e quali sanzioni di natura amministrativa e/o penale siano applicabili in ca-so di violazione del medesimo provvedimento.

In  primo  luogo,  si  osserva  che,  qualora  il  progetto  sia  tra  quel-li  soggetti a  screening,  la procedura di  verifica di assoggettabili-tà di cui all’articolo 20, Dlgs 152/2006 deve precedere la procedu-ra  di  autorizzazione,  quale  che  essa  sia.  Infatti,  poiché  lo  scree-ning è finalizzato a stabilire se il progetto debba essere assogget-tato o meno alla più complessa procedura di Via, proprio al fine di garantire il coordinamento tra la (solo eventuale) procedura di Via e le altre procedure autorizzatorie, occorre preliminarmente risol-vere la questione se l’impianto possa produrre effetti negativi signi-ficativi sull’ambiente e se pertanto debba esperire anche la proce-dura di Via.Del principio testé enunciato si ha conferma non solo nell’ultimo periodo del  primo  comma dell’articolo 10, Dlgs 152/2006  (intro-dotto dal Dlgs 128/2010),  secondo  il  quale “qualora si tratti di progetti rientranti nella previsione di cui al comma 7 dell’ar-ticolo 6, l’autorizzazione integrata ambientale può essere ri-lasciata solo dopo che, ad esito della verifica di cui all’articolo 20, l’autorità competente valuti di non assoggettare i progetti a Via”, ma anche nell’ultimo periodo del quarto comma dell’artico-lo 12, Dlgs 387/2003 (introdotto dal Dlgs 28/2011), il quale, in ma-teria di autorizzazione unica alla realizzazione e all’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rin-novabili, stabilisce che, “fatto salvo il previo espletamento, qua-lora prevista, della verifica di assoggettabilità sul progetto pre-liminare, di cui all’articolo 20 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, il termine massimo per la conclusione del procedimento unico non può essere su-periore a novanta giorni, al netto dei tempi previsti dall’arti-colo 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successi-ve modificazioni, per il provvedimento di valutazione di im-patto ambientale”.

Qualora un impianto di trattamento, a seguito di screening o per diretto assoggettamento normativo, debba esperire la procedura di Via, occorre capire come tale procedura si coordini con quelle pre-viste dalla Parte quarta del Codice ambientale.Prendendo anzitutto in esame la procedura cd. ordinaria contem-plata dall’articolo 208, il primo comma di tale disposizione – nel-la formulazione originaria rimasta nel tempo immutata – stabili-

sce che, “ove l’impianto debba essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi della normati-va vigente, alla domanda è altresì allegata la comunicazio-ne del progetto all’autorità competente ai predetti fini; i termi-ni di cui ai commi 3 e 8 restano sospesi fino all’acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale ai sensi della Parte seconda del presente decreto”.In  base  alla  citata  disposizione,  dunque,  il  procedimento  di  cui all’articolo 208, pur sostituendo a ogni effetto visti, pareri, autoriz-zazioni e concessioni di organi  regionali, provinciali  e  comunali (si veda il comma 6), non arriva ad assorbire l’atto conclusivo della procedura di Via, il quale mantiene la sua natura di provvedimen-to necessariamente presupposto al  rilascio dell’atto che autorizza la realizzazione dell’opera.

A  fronte di ciò, occorre domandarsi  se quanto previsto dal primo comma dell’articolo 208, Dlgs 152/2006 possa ritenersi  implicita-mente superato per effetto del Dlgs 4/2008, il quale, nel riscrivere integralmente la Parte seconda del Codice ambientale, ha stabili-to, in ossequio a un’esplicita indicazione contenuta nella legge-de-lega (4), che il provvedimento di Via sostituisce o coordina tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e as-sensi comunque denominati in materia ambientale, necessari per la realizzazione e  l’esercizio dell’opera o dell’impianto (si vedano gli articoli 5, lett. o) e 26, comma 4, Dlgs 152/2006).

In  altri  termini,  occorre  chiedersi  se,  ed  eventualmente  come,  il provvedimento di  Via  possa  sostituire  o  coordinare  anche  l’auto-rizzazione di cui all’articolo 208, Dlgs 152/2006 oppure se, in os-sequio a quanto ancora oggi stabilito dal primo comma di tale ar-ticolo, la Via debba avere luogo prima e separatamente rispetto al procedimento di autorizzazione ordinaria.È certamente questo il punto più spinoso.Infatti,  a  dispetto  della  petizione  di  principio  contenuta  nell’ar-ticolo 4, comma 2, Dlgs 152/2006 (secondo cui “il presente de-creto individua, nell’ambito della procedura di Valutazione dell’impatto ambientale modalità di semplificazione e coor-dinamento delle procedure autorizzative in campo ambien-tale, ivi comprese le procedure di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, in materia di prevenzione e riduzio-ne integrate dell’inquinamento, come parzialmente modi-ficato da questo decreto legislativo”),  la  vigente  versione  del-la  Parte  seconda  non  chiarisce  affatto  secondo  quali  meccani-smi di semplificazione e coordinamento procedimentale il prov-vedimento di Via possa assorbire le varie autorizzazioni ambien-tali, inclusa l’Aia.

fiuti mediante operazioni di iniezio-ne in profondità, lagunaggio, scari-co di rifiuti solidi nell’ambiente idri-co, compreso il seppellimento nel sot-tosuolo marino, deposito permanen-te (operazioni di cui all’allegato B, lettere D3, D4, D6, D7 e D12, della Parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152).”.(3) Ai sensi dell’allegato VIII alla Par-te seconda del Dlgs 152/2006 sono sog-getti ad Aia i seguenti impianti di trat-tamento:“5. Gestione dei rifiuti. Salvi l’articolo 11 della direttiva 75/442/Cee e l’arti-colo 3 della direttiva 91/689/Cee, del 12 dicembre 1991 del Consiglio, rela-tiva ai rifiuti pericolosi5.1. Impianti per l’eliminazione o il

ricupero di rifiuti pericolosi, della li-sta di cui all’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/Cee quali defi-niti negli allegati II A e II B (operazio-ni R 1, R 5, R 6, R 8 e R 9) della di-rettiva 75/442/Cee e nella direttiva 75/439/Cee del 16 giugno 1975 del Consiglio, concernente l’eliminazio-ne degli oli usati, con capacità di ol-tre 10 tonnellate al giorno.5.2. Impianti di incenerimento dei rifiuti urbani quali definiti nel-la direttiva 89/369/Cee dell’8 giu-gno 1989 del Consiglio, concernen-te la prevenzione dell’inquinamen-to atmosferico provocato dai nuovi impianti di incenerimento dei rifiu-ti urbani, e nella direttiva 89/429/Cee del 21 giugno 1989 del Consiglio,

concernente la riduzione dell’inqui-namento atmosferico provocato da-gli impianti di incenerimento dei ri-fiuti urbani, con una capacità supe-riore a 3 tonnellate all’ora.5.3. Impianti per l’eliminazione dei rifiuti non pericolosi quali defini-ti nell’allegato 11 A della direttiva 75/442/Cee ai punti D 8, D 9 con capacità superiore a 50 tonnellate al giorno.5.4. Discariche che ricevono più di 10 tonnellate al giorno o con una capa-cità totale di oltre 25.000 tonnella-te, ad esclusione delle discariche per i rifiuti inerti.”.(4)  Ai  sensi  dell’articolo  1,  comma  9, lett. f) della legge 15 dicembre 2004 n. 308  (Delega  al  Governo  per  il  riordi-

no,  il  coordinamento  e  l’integrazione della  legislazione  in  materia  ambien-tale e misure di diretta applicazione) è stato impartito al Governo l’obiettivo di “adottare misure di coordinamen-to tra le procedure di Via e quelle di Ippc nel caso di impianti sottoposti ad entrambe le procedure, al fine di evitare duplicazioni e sovrappo-sizioni” e di “accorpare in un unico provvedimento di autorizzazione le diverse autorizzazioni ambientali, nel caso di impianti non rientran-ti nel campo di applicazione della direttiva 96/61/Ce del 24 settembre 1996 del Consiglio ma sottoposti a più di un’autorizzazione ambienta-le settoriale”.

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bollettino di informazione norm

ativa n. 200-201 (11-12/12)

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RIFIUTI

L’intervento

I reati in materia di rifiuti nel

Codice ambientale: le prospettive

di modifica

di Pasquale FimianiSostituto Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione

È opinione diffusa che il sistema sanzionatorio ambientale, in ge-nere,  e  quello  dei  rifiuti,  in  particolare,  sia  inadeguato,  special-mente in relazione a quegli illeciti che non consistono nella mera violazione di norme procedimentali o gestionali, ma aggrediscono alla radice beni fondamentali quali l’ecosistema, la salute e la pub-blica incolumità (si pensi, nella materia dei rifiuti, al loro abban-dono o deposito incontrollato, alla violazione del divieto di misce-lazione dei rifiuti pericolosi, all’apertura e gestione di discarica non autorizzata ed in generale alle altre ipotesi di illecita gestione di ri-fiuti, nonché alla contaminazione dei siti ad un livello tale da ren-dere obbligatoria la bonifica).In effetti, vari sono gli elementi che contribuiscono a fondare tale convincimento di inadeguatezza:• l’assenza nel codice penale di specifiche figure di delitti in mate-ria di ambiente;•  la  natura  contravvenzionale  della  quasi  totalità  delle  fattispe-cie previste dalla normativa speciale (l’unico delitto ambientale nel Dlgs 152/2006 è quello di cui all’articolo 260);• l’impossibilità, salvo che per quest’ultima fattispecie, di utilizza-re strumenti investigativi quali le intercettazioni e di applicare mi-sure cautelari;•  i  tempi brevi di prescrizione delle  fattispecie  contravvenzionali (secondo l’articolo 157 C.p. la prescrizione estingue il reato decor-so un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quat-tro anni se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria. L’articolo 161 prevede che, in caso di interruzione del corso della prescrizione, in nessun caso l’interruzione della pre-scrizione può comportare l’aumento di più di un quarto del tempo necessario a prescrivere, salvi i casi di recidiva).

In verità, nonostante il fallimento dei reiterati tentativi di introdur-re nel codice penale i delitti in materia ambientale (1) alcuni se-gnali di inversione di tendenza sembrano scorgersi.In primo luogo, la previsione come delitto delle attività organizza-te per il traffico illecito di rifiuti, di cui all’articolo 260 Codice am-bientale, ha consentito, stante l’ampiezza della fattispecie di illeci-to e della relativa  interpretazione giurisprudenziale,  il  suo ampio utilizzo in una pluralità di situazioni. Ed infatti, secondo la giuri-sprudenza della Suprema Corte (2):•  l’offensività  della  condotta  non  riguarda  necessariamente  la messa in pericolo della incolumità pubblica, evento peraltro ordi-nariamente prodotto ed, in tal caso, oggetto di valutazione da par-te del Giudice;• l’elemento oggettivo prevede una attività di gestione dei rifiuti or-ganizzata con allestimento preventivo dei mezzi necessari, mentre sotto il profilo soggettivo è richiesto il dolo specifico di conseguire un ingiusto profitto, che può concretizzarsi sia in maggiori ricavi sia in minori costi;• non è richiesta una pluralità di soggetti agenti, trattandosi di fat-tispecie monosoggettiva, mentre è richiesta una pluralità di opera-zioni in continuità temporale relativa ad una o più delle diverse fa-si in cui si concretizza ordinariamente la gestione dei rifiuti;• non è necessario un danno ambientale né la minaccia grave di danno ambientale, atteso che la previsione di ripristino ambientale contenuta nel comma quarto del citato articolo non muta la natu-ra del reato da reato di pericolo presunto a reato di danno;

(1) Per una quadro storico si rinvia al nostro, Delitti ambientali: qualcosa si muove,  in questa Rivista, n.  142 – luglio 2007, a commento del disegno di legge governativo recante “Disposizioni concernenti  i delitti contro  l’ambiente. Delega al governo per il riordino, il co-

ordinamento  e  l’integrazione della  re-lativa  disciplina”  presentato  al  Consi-glio dei Ministri del 24 aprile 2007.(2)  Ex multis,  Cass.  Sez.  III,  n. 4503/2006,  n.  12433/2006,  n. 35222/2006,  n.  41513/2010  e  n. 15630/2011.

Link di approfondimento

In occasione della Fiera Ecomondo (Rimi-ni, 7-10 novembre 2012) Edizioni Ambien-te organizza presso il proprio stand (padi-glione B3 – stand 012) sette seminari bre-vi. In particolare si segnala: “La responsa-bilità amministrativa delle Società e il rea-to ambientale: il Dlgs 231/2001. I reati pre-supposto. Il valore della delega di funzio-ni. I contenuti del modello organizzativo e la sua funzione esimente”, venerdi 9 novem-bre, ore 10:00 – 11:30.Relatori: Andrea Sillani e Gabriele Taddia.Per iscrizioni: http://www.reteambiente.it/convegni-ecomondo/

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L’intervento Sanzionibollettino di inform

azione normativa n. 200-201 (11-12/12)

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RIFIUTI

• il delitto si configura anche nel caso in cui l’attività oggetto di valutazione da parte del giudice penale sia svolta  in presenza di autorizzazione, anche se “ai fini della qualificazione del rea-to deve ritenersi dotata del carattere dell’abusività la gestio-ne di rifiuti caratterizzata da una totale inosservanza del-la normativa vigente per lo più in difetto delle prescritte au-torizzazioni concretizzatasi per lo più in una fittizia attività di recupero”;• la nozione di ingente quantitativo deve essere riferita al quanti-tativo di materiale complessivamente gestito attraverso una plura-lità di operazioni che, se considerate singolarmente, potrebbero es-sere di entità modesta. Tale  requisito non può peraltro essere de-sunto  automaticamente  dalla  stessa  organizzazione  e  continuità dell’abusiva gestione di rifiuti.

Inoltre,  in  via  giurisprudenziale,  il  vuoto  di  tutela,  in  presen-za  di  gravi  e  diffusi  fenomeni di  inquinamento,  è  stato  colma-to con la configurabilità in tali casi del reato di disastro, sia do-loso che colposo (rispettivamente articoli 434 e 449 C.p.), la cui applicabilità alla materia ambientale è stata avallata anche dal-la Corte costituzionale con la sentenza n. 327/2008. In particola-re, “il requisito che connota la nozione di disastro è la poten-za espansiva del nocumento e l’ attitudine a mettere in peri-colo la pubblica incolumità come emerge dai lavori prepara-tori del codice penale. Il termine disastro implica sia cagio-nato un evento di danno o di pericolo per la pubblica inco-lumità straordinariamente grave e complesso, ma non ecce-zionalmente immane; pertanto è necessario e sufficiente che il nocumento abbia un carattere di prorompente diffusione che esponga a pericolo, collettivamente, un numero indeter-minato di persone. Il reato ricorre pertanto nel caso di una imponente contaminazione di siti realizzata mediante l’ac-cumulo sul territorio e lo sversamento nelle acque di ingen-ti quantitativi di rifiuti speciali altamente pericolosi. Tali con-dotte hanno insita una elevata portata distruttiva dello am-biente con conseguenze gravi, complesse ed estese ed hanno una alta potenzialità lesiva tanto da provocare un effettivo pericolo per la incolumità fisica di un numero indetermina-to di persone” (3).

Va,  poi,  segnalato  il  recente  allargamento  all’ambiente  dei  reati presupposto della responsabilità degli enti nella materia dei rifiu-ti, ai sensi dell’articolo 25-undecies, del Dlgs 8 giugno 2001, n. 231 (4). I reati presupposto della responsabilità degli enti nella materia dei rifiuti, secondo l’articolo 25-undecies del Dlgs 8 giugno 2001, n. 231, sono i seguenti:• raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed inter-mediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione (articolo 256, comma 1, lettere a) e b);• realizzazione o gestione di una discarica non autorizzata (arti-colo 256, comma 3, primo periodo);– realizzazione o gestione di una discarica non autorizzata desti-nata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi (articolo 256, comma 3, secondo periodo);

• inosservanza delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione al-la gestione di una discarica o alle altre attività concernenti i rifiuti (articolo 256, comma 4);• miscelazione non consentita di rifiuti (articolo 256, comma 5);• deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sani-tari pericolosi (articolo 256, comma 6, primo periodo);• predisposizione, nel sistema incentrato sui formulari, di un cer-tificato di analisi di rifiuti recante  false  indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiu-ti ed uso di un certificato falso durante il trasporto (articolo 258, comma 4)• traffico illecito di rifiuti (articolo 259, comma 1);• attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (articolo 260);•  predisposizione  di  un  certificato  di  analisi  di  rifiuti,  utilizza-to nell’ambito del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiu-ti recante false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sul-le caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi inserisce un cer-tificato falso nei dati da fornire ai fini della tracciabilità dei rifiuti (articolo 260-bis, comma 6);•  trasporto  di  rifiuti  pericolosi  non  accompagnato  con  la  copia cartacea della scheda Sistri – Area movimentazione e, ove neces-sario sulla base della normativa vigente, con la copia del certifica-to analitico che identifica le caratteristiche dei rifiuti (articolo 260-bis, comma 7, secondo periodo);• uso, durante il trasporto di rifiuti soggetto al Sistri, di un certifi-cato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti trasportati (articolo 260-bis, comma 7, terzo periodo);• trasporto di rifiuti con una copia cartacea della scheda Sistri – Area Movimentazione fraudolentemente alterata (articolo 260-bis, comma 8, primo periodo);• trasporto di rifiuti pericolosi con una copia cartacea della scheda Sistri – Area Movimentazione fraudolentemente alterata (articolo 260-bis, comma 8, secondo periodo).

In materia di bonifica sono reati presupposto della responsabilità degli enti quelli di cui all’articolo 257, commi 1 e 2 e quindi:• inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali e delle acque sotterranee ed omissione della relativa comunicazione agli enti competenti;• omessa bonifica in conformità al progetto approvato dall’auto-rità  competente  nell’ambito  del  procedimento  di  cui  agli  artico-li 242 e seguenti.

Il sistema “231” applicabile a tutti questi reati, si fonda sui seguen-ti principi base:• prevede espressamente sanzioni pecuniarie ed interdittive, non-ché la possibilità di confisca;•  si  applica  agli  enti  forniti  di  personalità  giuridica,  alle  società (anche unipersonali  e partecipate da enti pubblici),  alle associa-zioni (anche prive di personalità giuridica), ma non alle imprese individuali (secondo l’orientamento prevalente e preferibile);• implica, quali criteri di imputazione della responsabilità da re-ato degli enti:

(3)  Cass.  pen.,  Sez.  III,  n. 9418/2008.  Conforme  Sez.  III,  n. 46189/2011, secondo cui “è necessa-rio e sufficiente che il nocumento abbia un carattere di prorompente diffusione che esponga a pericolo, collettivamente, un numero inde-terminato di persone che l’eccezio-nalità della dimensione dell’even-

to desti un esteso senso di allar-me, sicché non è richiesto che il fat-to abbia direttamente prodotto col-lettivamente la morte o lesioni al-le persone, potendo pure colpire co-se, purché dalla rovina di queste effettivamente insorga un pericolo grave per la salute collettiva; in tal senso si identificano danno am-

bientale e disastro qualora l’atti-vità di contaminazione di siti de-stinati ad insediamenti abitativi o agricoli con sostanze pericolose per la salute umana assuma con-notazioni di durata, ampiezza e intensità tale da risultare in con-creto straordinariamente grave e complessa, mentre non è necessa-

ria la prova di immediati effetti le-sivi sull’uomo”.(4) Per un quadro generale si rinvia al nostro Ecoreati: si estende all’am-biente la responsabilità ammini-strativa del “231”, in questa Rivista, n. 188 – ottobre 2011 ed ai successivi approfondimenti mensili nello spazio dedicato “Focus 231Ambiente”.

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RIFIUTI

L’intervento

Riciclaggio senza volatilità

di Massimo MedugnoDirettore generale Assocarta

PrologoÈ notizia dei primi giorni di ottobre: le autorità inglesi stanno scri-vendo a coloro i quali esportano i rifiuti affinché l’allegato VII del regolamento 1013/2006/Ce sulla spedizioni dei rifiuti, che accom-pagna le spedizioni, venga compilato in maniera completa.La lettera fa seguito alla sentenza della Corte di Giustizia europea del 29 marzo 2012 (causa C-1/11) che ha stabilito che nell’allega-to VII deve essere indicato anche il produttore dei rifiuti. L’iniziati-va delle autorità inglesi si inserisce in un contesto particolarmente complesso: l’introduzione di un’alta tassazione in discarica che più che incentivare il recupero e il riciclo sta spingendo l’export verso i Paesi del Nord Europa con capacità di incenerimento in eccesso.Può bastare questo caso per evidenziare quanto e come il merca-to dei rifiuti siano influenzato da politiche nazionali ed europee… E come sia necessario che ci siano degli obiettivi chiari perseguiti con politiche coerenti.

La società del riciclaggioL’“ordine di priorità” nella gestione dei rifiuti, più che essere “ga-rantito” dall’articolo 4 della Direttiva  rifiuti  (2008/98/Ce) che  lo indica  espressamente  (i  cd.  “five-steps”:  prevenzione,  riutilizzo, riciclo, recupero e smaltimento) e dall’articolo 179, comma 1 del Dlgs 152/2006, è, in realtà, reso concreto dall’articolo 11, comma 2 della direttiva medesima e dall’articolo 181 del decreto legislativo di recepimento italiano (Dlgs 152/2006).Questi articoli, infatti, introducono degli obiettivi vincolanti per la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio, che verranno verificati dalla Commissione Ue e rispetto ai quali gli Stati membri dovran-no inviare una relazione alla stessa. Il quadro è completato dalla previsione dell’istituzione obbligatoria della raccolta differenziata, obbligo giuridico peraltro già esistente in Italia. Ma più che l’“ordi-ne di priorità”, sarà il rispetto degli obiettivi vincolanti previsti che consentirà all’Unione Europea di avvicinarsi a una vera “società del riciclaggio” (1).

Per rafforzare il riutilizzo, la prevenzione, il riciclaggio e le altre forme  di  recupero  dei  rifiuti,  gli  Stati  membri  possono  adottare misure legislative o non legislative volte ad assicurare che qualsia-si persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbri-chi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti (produttore del pro-dotto) sia soggetto ad una responsabilità estesa del produttore. Ta-le responsabilità include la successiva gestione del rifiuto (artico-lo 8, comma 1).Nell’applicare  la  responsabilità  estesa  del  produttore,  gli  Stati membri terranno conto della fattibilità tecnica e della praticabilità economica nonché degli impatti complessivi sociali, sanitari e am-bientali,  rispettando  l’esigenza di  assicurare  il  corretto  funziona-mento del mercato interno (articolo 8, comma 3).

Sembra, quindi, emergere quanto segue:• è fondamentale il collegamento tra raccolta dei rifiuti e industrie che riciclano. L’industria è considerato l’“asset” fondamentale per realizzare la società del riciclaggio con un alto livello di efficienza delle risorse. Questo è il senso del passaggio riguardante il “(….) fine di soddisfare i necessari criteri qualitativi per i settori di riciclaggio pertinenti” (articolo 11, comma 1);• la eventuale responsabilità estesa del produttore si riferisce a sog-getti  industriali  che  fabbricano ed  immettono  i beni  sul mercato 

(1)  Si  veda  CEPI  Guidelines  for Transposition  and  Implementation of the Waste Directive 2008/98, Bru-

xelles, 2009 consultabile su www.ce-pi.org., sul punto pag. 11

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L’intervento Riciclaggiobollettino di inform

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RIFIUTI

e riguarda anche la successiva gestione del rifiuto; ai gestori am-bientali  spetta,  invece,  il  compito  precipuo  di  fornire  i  necessari servizi ai produttori;• in ogni caso la direttiva e, quindi, il Dlgs di recepimento intro-ducono degli obiettivi di riciclaggio vincolanti.

I produttori e i settori industriali che riciclano sono, quindi, i rife-rimenti essenziali nella società del riciclaggio prevista dalla diret-tiva. Fondamentale sarà, quindi, che la raccolta consenta adeguati standard qualitativi: ciò ovviamente sarà più semplice per le filiere “chiuse” (dove cioè il produttore è anche un riciclatore).Ai produttori spetterà il compito fondamentale (nel caso di respon-sabilità estesa del produttore) di organizzare il sistema e di gestire direttamente il rifiuto avvalendosi ovviamente dei fornitori di ser-vizi, in maniera tale che possano essere raggiunti gli obiettivi am-bientali previsti in materia di riciclaggio. I fornitori di servizi sono però operatori economici essenziali; sono loro che forniscono ser-vizi a impianti che effettuano il riciclaggio e il recupero e che in-cludono  raccolta,  trasporto  e  stoccaggio,  ma  anche  cernita,  sele-zione e le attività in comunicazione o autorizzate che portano alla produzione di materie prime secondarie.

Ma a quali condizioni verranno raccolti i rifiuti nel territorio eu-ropeo? Seguendo quali regole di responsabilità ambientale? A quali condizioni potranno essere esportati fuori dall’Europa?Queste materie prime, infatti (siano esse classificate rifiuti o me-no, ma merceologicamente note come carta da macero,  rottami, residui plastici eccetera), sono molto importanti per l’industria ma-nifatturiera europea. E proprio in Europa assistiamo al maggiore impulso verso la “Recycling Society” e a sistemi di raccolta diffe-renziata secondo regole di responsabilità ambientale che coinvol-gono produttori, distributori ed anche i normali cittadini. Cresce la raccolta differenziata (si veda l’Italia), ma cresce anche l’export dei rifiuti raccolti verso l’estero. Di fatto il 10-15% del materiale espor-tato fa il prezzo per tutti i materiali commercializzati nel territorio nazionale. Prezzi che risentono degli acquisti massicci o meno di competitors extra Ue, con andamenti a volte estremamente volatili. Evidente che dette condizioni non favoriscono le capacità di riciclo installate in Europa e in Italia.

Riciclaggio e mercatoIn  un  quadro  come  questo,  caratterizzato  da  una  regolazione importante  che  disciplina  la  responsabilità  del  produttore  e  fissa obiettivi di riciclaggio e di riutilizzo da raggiungere (solo per citare alcune fattispecie…), resta ancora da chiarire come conciliare tut-to ciò… con il mercato.Soprattutto,  la  questione  è  se  i  meccanismi  del  mercato  siano  in grado di assicurare il raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio  che l’ordinamento europeo e nazionale considera rilevanti per ten-dere verso “una società europea del riciclaggio con un alto li-vello di efficienza delle risorse” (Considerando n. 28 sopra citato).Una  prima  risposta  all’interrogativo  può  apparire  scontata:  se il  mercato  fosse  stato  in  grado  di  garantire  detti  obiettivi  non avremmo avuto bisogno di una direttiva. Ad esempio, non ci sa-rebbe stato bisogno di una disposizione come quella dell’articolo 221, comma 2, Dlgs 152/2006 pone a carico dei produttori “l’ob-bligo del ritiro dei rifiuti di imballaggio primari o comun-que conferiti al servizio pubblico e raccolti in modo diffe-renziato”.

Ci può essere, poi, qualche considerazione più sofisticata che tie-ne  conto  dell’azione  dell’Antitrust  in  materia.  Nell’indagine  co-noscitiva sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggio del 14 ago-

sto 2008, ad esempio,  l’Antitrust  segnala, come alternativa con-correnziale  alle  modalità  attuali,  che  per  l’assegnazione  dei  ri-fiuti  da  imballaggi di propria  competenza  si  provveda a mezzo di aste. In questo modo, ferma restando la necessità di organiz-zare le aste in maniera efficiente e non pregiudizievole per le po-litiche di approvvigionamento delle imprese interessate, verrebbe-ro evitate le opacità riscontrate nelle assegnazioni e i negativi ef-fetti di condizionamento della disponibilità degli input produttivi, oltre a consentire una miglior valorizzazione della materia pri-ma secondaria.

Ma le aste possono assicurare il raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio, garantire che, in qualche modo, il riciclo extra Ue ven-ga effettuato con modalità simili a quelle usate in Europa e ciò av-venga, infine, senza pregiudizio per le politiche di approvvigiona-mento delle imprese interessate?È indubitabile che nei periodi di mercato “forte” le aste di vendita permetterebbero ai Comuni di incrementare i loro ricavi, aumen-tando i costi per i “riciclatori” ed esasperando la volatilità.Viceversa, se si obbligassero i “riciclatori” a bandire aste di acqui-sto, il rapporto di forza si invertirebbe a scapito dei ricavi dei Co-muni, i quali dovrebbero tra loro competere per trovare uno sbocco alternativo alla discarica.Insomma, l’asta non permette mai di migliorare le condizioni di un  soggetto  senza  peggiorare  quelle  dell’altro  e  per  questo  moti-vo non può essere considerata uno strumento allocativo efficiente. Nella misura in cui l’asta è uno strumento per concentrare l’offer-ta in un solo banditore, l’“asta per la vendita” rappresenta un me-todo di fissazione del prezzo che richiama lo schema concettuale del monopolio; l’“asta per l’acquisto” punta invece sulla frammen-tazione dell’offerta ed evoca il monopsonio (ovvero un unico com-pratore e molti venditori). In entrambi i casi è inevitabile una per-dita di benessere sociale in considerazione del surplus che l’acqui-rente (il venditore) lascia inevitabilmente sul campo rispetto alla condizione teorica di equilibrio concorrenziale.Peraltro,  l’applicazione dell’asta al  rifiuto mette  in discussione  la concezione che la stessa sia uno strumento virtuoso per eccellen-za, in quanto non tiene conto che il rifiuto è un bene con partico-lari caratteristiche. Infatti:• è in parte indeterminato;• le caratteristiche potrebbero dipendere da contingenze future;•  è  certamente  dipendente  dall’appropriata  esecuzione  di  servizi di allestimento;•  l’uso  è  condizionato  dalle  specifiche  esigenze  impiantistiche dell’utilizzatore;• è assoggettato ad una serie di prescrizioni (ad esempio obiettivi di riciclaggio per ogni Stato membro).

Autosufficienza e prossimitàNell’articolo 16 della nuova Direttiva rifiuti resta fermo il principio secondo il quale gli Stati membri adottano le misure per la crea-zione di una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimen-to di rifiuti e di recupero dei rifiuti urbani non differenziati (“pro-venienti dalla raccolta domestica”). Ciò  introduce due  signifi-cative novità.La prima è la possibilità di limitare le spedizioni in uscita dei rifiu-ti per motivi ambientali ovvero qualora detti rifiuti non siano re-cuperati con standard equivalenti a quelli europei secondo quanto previsto dal regolamento 1013/2006/Ce. Non si tratta della prima volta che le normative comunitarie si occupano di questa materia e si tratta di una affermazione piuttosto significativa.La  seconda,  in deroga al medesimo regolamento,  riguarda  la  fa-coltà di limitare le spedizioni in entrata dei rifiuti destinati ad im-

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bollettino di informazione norm

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RIFIUTI

L’intervento

Bonifiche siti inquinati: luci e ombre dei nuovi

interventi normativi

di Loredana MusmeciCapo Dipartimento Ambiente e Prevenzione primaria

Istituto Superiore di Sanità

Negli ultimi mesi si sono succeduti moltissimi e spesso non coor-dinati interventi normativi in materia ambientale: alcuni di questi riguardano anche le bonifiche dei siti inquinati.Gli interventi sulle bonifiche hanno riguardato fondamentalmen-te i seguenti aspetti:• i riporti e le terre e rocce da scavo;• la messa in sicurezza operativa (Miso);• la progettualità per fasi;• i criteri per la definizione del perimetro interessato dai Siti di bo-nifica di interesse nazionale (Sin);• la gestione delle acque sotterranee emunte (ex articolo 243).

Tali interventi normativi hanno interessato alcuni problemi sicu-ramente  importanti per  le procedure di bonifica dei  siti  inquina-ti, soprattutto per  i grandi siti (Sin), ma essendo interventi setto-riali e non coordinati, lasciano praticamente invariate alcune del-le problematicità che di fatto rendono difficoltose le citate procedu-re di bonifica.

Indubbiamente il problema di cosa si debba intendere per “materiali di riporto” e di come quest’ultimi vadano gesti-ti, soprattutto quando trattasi di “riporti storici”, è un aspet-to centrale: gli interventi normativi che si sono succeduti ne-gli ultimi mesi contribuiscono a chiarire alcuni aspetti, ma rimangono aperti ancora alcuni problemi. Vediamo quali.

1) Quando si accerti nel suolo e sottosuolo la presenza di materiale di riporto (riporti storici o non storici) in banco, si applica ugual-mente quanto previsto dalla legge 24 marzo 2012, n. 28? Cioè van-no ugualmente considerati come se fossero suolo ed a essi si appli-ca, quindi, la procedura di analisi di rischio?Tale  problema  riveste  un’importanza  fondamentale  in  quanto l’analisi di rischio prevista nel Dlgs 152/2006 è una procedura ido-nea per essere applicata a un suolo e non a un materiale di ripor-to, prevedendo ad esempio l’individuazione di una serie di caratte-ristiche chimiche e chimico-fisiche tipiche di un suolo ma non ap-plicabili ad un materiale di riporto.Inoltre per materiale di riporto si considerano materiali litoidi, ma-teriali  di  demolizione,  pietrisco  tolto  d’opera,  conglomerati  bitu-minosi, scorie e coppe di fonderia, detriti, eccetera. Detti materiali hanno normalmente una granulometria grossolana e consideran-doli come “suolo” l’accertamento analitico andrà effettuato sulla frazione fine (Ø< 2 mm) e il risultato riferito alla totalità dei ma-teriali con diametro fino a 2 cm; ciò comporterà di fatto un effet-to  diluizione  per  l’accertamento  della  contaminazione,  in  quan-to  i materiali  sopraelencati hanno mediamente una granulome-tria grossolana e quindi  la  frazione con diametro delle particelle inferiore a 2 mm sarà costituita da una percentuale esigua, mentre la maggior parte sarà costituita da materiale grossolano sul quale non verranno eseguite le determinazioni analitiche.Nel caso dei materiali di riporto sarebbe stato più corretto defini-re una modalità di caratterizzazione “ad hoc”, ricorrendo anche a test di cessione per valutare il potenziale rischio di cessione di so-stanze inquinanti all’ambiente e definendo valori limite di concen-trazione specifici per le sostanze eluite.

2) Altro problema ancora aperto è quello in cui ci si trova qualora, attraverso l’applicazione dell’Analisi di rischio (Adr), si ottengano Csr inferiori alla Csc. Tale caso non è infrequente e pone un problema giuridico di notevole  importanza,  in quanto è  il  superamento del-la Csc che fa scattare l’obbligo dell’applicazione di una procedura di Adr e l’ottenimento di Csr inferiori alla Csc potrebbe comportare che chi si trova nella condizione in cui se alcuni parametri risultano vi-

Link di approfondimento

In occasione della Fiera Ecomondo (Rimi-ni, 7-10 novembre 2012) Edizioni Ambien-te organizza presso il proprio stand (padi-glione B3 – stand 012) sette seminari bre-vi. In particolare si segnala: “La bonifica e la responsabilità del proprietario del sito non responsabile dell’inquinamento”, giovedi 8 novembre, ore 15:00 – 16:30.Relatore: Fabio Anile.Per iscrizioni: http://www.reteambiente.it/convegni-ecomondo/

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L’intervento Bonifichebollettino di inform

azione normativa n. 200-201 (11-12/12)

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RIFIUTI

cini al valore limite (Csc) non deve fare alcunché, mentre chi supe-ra tale valore limite anche per piccoli incrementi, dovendo effettua-re una Adr per i parametri che superano la Csc, potrebbe ottenere Csr inferiori anche di svariati ordini di grandezza alla Csc; ciò in parti-colare per le sostanze cancerogene e dotate di una certa volatilità.Indubbiamente tale problematica riveste un ruolo centrale e di dif-ficile  interpretazione  dal  punto  di  vista  giuridico-amministrati-vo. Pertanto,  ritenendo già sufficientemente cautelative per  la  sa-lute umana le Csc oggi elencate nell’allegato 5 della Parte IV, Dlgs 152/2006, e in linea con i valori di screening adottati da altri Pa-esi europei ed extraeuropei, sarebbe stato opportuno fissare criteri che permettono una applicazione flessibile dell’Adr utilizzando ap-procci pragmatici  e valutando  la  sito  specificità affermando con-testualmente che, ove la Csr ottenuta sia inferiore alla Csc, ai fini della definizione degli obiettivi di bonifica si adotta la Csc.

3)  Rimane  oggi  ancora  aperta  la  problematica  della  definizione delle misure di  sicurezza d’emergenza; esse vanno  infatti adotta-te al verificarsi dell’evento che potenzialmente può contaminare le matrici ambientali, e anche nel caso delle contaminazioni storiche ove queste possano comportare un rischio di aggravamento della contaminazione stessa.Nell’allegato  3,  che  definisce  gli  interventi  di  bonifica  e  di  mes-sa in sicurezza d’urgenza, operativa o permanente, viene riportato tra i possibili interventi di messa in sicurezza d’emergenza anche l’installazione di trincee drenanti; ciò crea una contraddizione in quanto tale ultimo intervento attiene più ad una messa in sicurez-za permanente e/o operativa soggetta a valutazione e approvazione da parte degli enti competenti, piuttosto che ad una messa in sicu-rezza d’emergenza da attuare in tempi brevissimi e non soggetta a valutazione ed approvazione.

4) Continuano a mancare i criteri con cui accertare le contamina-zione dei suoli agricoli e ciò porta ad una discrezionalità nelle de-cisioni di quando e come intervenire su detti suoli agricoli.

5) La legge 7 agosto 2012, n. 134, di conversione del Dl 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese) ha introdot-to alcune importanti modifiche in merito ai criteri di individua-zione dei Siti di interesse nazionale. Tale legge all’articolo 36-bis, commi 2-3-4, afferma che “Con decreto del Ministero dell’am-biente e della tutela del territorio e del mare, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del-la legge di conversione del presente decreto, sentite le regio-ni interessate, è effettuata la ricognizione dei siti attualmen-te classificati di interesse nazionale che non soddisfano i re-quisiti di cui all’articolo 252, comma 2, del decreto legislati-vo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dal comma 1 del presente articolo.Su richiesta della Regione interessata, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti gli Enti locali interessati, può essere ridefinito il perimetro dei siti di interesse nazionale, fermo restando che rimangono di com-petenza regionale le necessarie operazioni di verifica ed even-tuale bonifica della porzione di siti che, all’esito di tale ridefi-nizione, esuli dal sito di interesse nazionale.All’attuazione delle disposizioni del presente articolo si provve-de con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibi-li a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.”Così come formulato tale comma non è chiaro; non si compren-de infatti se la redifinizione dei Sin debba avvenire adottando con-testualmente (o meno) tutti i criteri oggi riportati nell’articolo 252 del Dlgs 152/2006. Ove l’interpretazione fosse che vadano applica-ti tutti i 6 punti (da a) a f)), compreso quello che stabilisce che per essere un Sin gli interventi devono riguardare siti compresi nel ter-ritorio di più Regioni, rimarrebbe praticamente un unico Sin (l’Ac-na di Cengio e Saliceto).

Ovviamente  si  ritiene  che non  fosse  questa  l’intenzione  del  Legi-slatore, ma l’articolo è formulato in maniera decisamente infelice.

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bollettino di informazione norm

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RIFIUTI

L’intervento

Recupero e recupero agevolato

di Maria Letizia NepiSegretario Fise Unire – Confindustria

La direttiva 2008/98/Ce, recepita in Italia con il Dlgs 205/2010, po-ne al 2020 ambiziosi obiettivi di riciclaggio e di preparazione per il riutilizzo. Relativamente ai rifiuti domestici e tipologie similari, il nuovo articolo 181 del Codice ambientale prevede un obiettivo pa-ri al 50%, che si riferisce come minimo a carta, metalli, plastica e vetro; per i rifiuti inerti da costruzione e demolizione, un obiettivo pari al 70% in peso delle quantità prodotte.La  disciplina  sugli  pneumatici  fuori  uso  (articolo  228  del  Dlgs 152/2006 e relativo decreto attuativo, Dm 82/2011) prevede inoltre elevatissimi obiettivi di gestione per i Pfu (80% al 2012 e 100% al 2013 del quantitativo immesso al consumo).Infine, per quanto riguarda i rifiuti elettrici ed elettronici, la nuova direttiva Raee 2012/19/Ce, che dovrà a breve essere recepita nel no-stro ordinamento (entro il 14 febbraio 2014), pone da subito dei tar-get  tutt’altro semplici da conseguire: 45% dal 2016 e 65% dal 2019 dell’immesso sul mercato, come obiettivo di raccolta; obiettivi di ri-ciclaggio dal 50% al 75% articolati secondo le categorie di apparec-chiature, a partire da agosto 2012, e crescenti per gli anni successivi.

Come far fronte ad impegni che coinvolgono così profondamente, e così a largo raggio, il settore della gestione dei rifiuti, è un inter-rogativo che a tutti i livelli ci poniamo, sia per evitare costose fu-ture procedure di infrazione, ma soprattutto per consentire final-mente al settore italiano della gestione dei rifiuti di svolgere appie-no quella funzione utile all’economia, consistente nel mettere a di-sposizione risorse indispensabili agli altri settori produttivi, in mo-do da contribuire alla realizzazione di una “Società che ricicla” e, non ultimo, al superamento della crisi.

È ormai diffusa la consapevolezza che, per concorrere a queste importanti finalità, è essenziale stimolare in Italia una domanda “qualificata” dei materiali riciclati e dei pro-dotti da questi ottenuti, ossia informata e basata su standard qualitativi di riferimento oggettivi.

Per questa ragione, va sostenuto l’intento delle disposizioni conte-nute nella proposta di  legge “Ambiente” (AC 4240-B, al momen-to  fermo  all’esame  della  competente  Commissione  della  Came-ra dei Deputati), che mirano a stimolare il mercato dei materiali e prodotti ottenuti dal riciclo dei rifiuti conformi a standard specifi-ci, attraverso, da un lato, la definizione di capitolati d’appalto per le opere pubbliche che prevedano l’impiego preferenziale di prodot-ti ottenuti dal riciclaggio di pneumatici e di rifiuti da costruzione e demolizione (articolo 3, comma 1, lett. d) punto 1) e, dall’altra, l’impiego di prodotti riciclati negli acquisti degli enti pubblici e pri-vati, in particolare attraverso la domanda pubblica e privata di tali materiali e prodotti (lett. e)).

Si consideri che in alcune applicazioni (es. superfici sportive o sot-tofondi stradali) l’utilizzo di materiale riciclato (granulo in gom-ma o aggregato) risulta meno costoso di quello del corrisponden-te materiale vergine e che l’impiego di riciclato conferisce al ma-nufatto finale caratteristiche migliori rispetto ai prodotti “conven-zionali”: è il caso delle fondazioni stradali realizzate con aggrega-ti  riciclati,  che presentano  caratteristiche  di  portanza  della  strut-tura migliori di quelle ottenibili con materiali vergini, oppure de-gli  asfalti  modificati  con  polverino  di  gomma  riciclata,  utilizza-ti in tutto il mondo per migliorare la resistenza alla fessurazione e all’ormaiamento, con migliorate capacità fono-assorbenti e di fre-nata del pneumatico sull’asfalto.

Lo  strumento  che,  in  relazione  alle  citate  finalità,  appare  come particolarmente  idoneo  per  l’introduzione  delle misure  in  esame 

Link di approfondimento

Il quadro delle norme in tema di recupe-ro agevolato costantemente aggiornato: “Speciale recupero agevolato rifiuti non pericolosi”

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L’intervento Recuperobollettino di inform

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RIFIUTI

è  l’accordo  di  programma,  già  previsto  all’articolo  206  del  Dlgs 152/2006 che, secondo la modifica contenuta nel disegno di legge, verrebbe integrato prevedendo tra l’altro che gli accordi ed i con-tratti di programma, ove necessario e fattibile da un punto di vista tecnico ed economico, possano stabilire percentuali minime di im-piego di materiali e prodotti recuperati.

Ancora  nell’ottica  di  favorire  il  raggiungimento  dei  target  di  ri-ciclaggio  fissati  dalla  normativa  nazionale  ed  europea,  appaio-no di importanza rilevante alcune disposizioni settoriali contenu-te nella citata proposta di legge AC 4240-B, come quelle in mate-ria di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (articolo 17) in quanto tese a risolvere alcuni problemi operativi e interpre-tativi collegati alla raccolta dei Raee da parte dei distributori e dei centri di raccolta comunali, in modo da rendere più fluido ed effi-ciente il sistema di intercettazione di tali tipologie di rifiuti e quin-di aumentarne la raccolta.

Altrettanto  fondamentale, a parere di  chi  scrive,  è  la modifica di cui all’articolo 16, comma 3, che consente di superare un “impas-se”  normativo  relativo  alle  cd.  “Mps  previste  nelle  autorizzazio-ni”:  il riferimento,  fatto dal vigente Dl 172/2008, all’articolo 181-bis Codice ambientale (ormai abrogato) in luogo del nuovo artico-lo 184-ter costituisce un ostacolo normativo al ricorso all’autoriz-zazione ordinaria per recuperare e quindi produrre un nuovo ma-teriale o prodotto non previsto nel Dm 5 febbraio 1998. Tale ultimo decreto costituisce attualmente, come noto, la base di riferimento, oltre che per le procedure agevolate, anche per l’End-of-waste na-zionale, ossia prodotti e materiali provenienti da un’operazione di recupero che fuoriescono dal regime dei rifiuti. La modifica richia-mata  fornisce  il  fondamento  giuridico  necessario  per  poter  pro-cedere al rinnovo di quelle autorizzazioni che prevedono, appun-to, m.p.s. ulteriori, o ottenute con procedimento diverso, rispetto a quelle del citato decreto: tenuto conto dell’obsolescenza di quest’ul-timo, tale esigenza è particolarmente avvertita soprattutto in quei settori che hanno goduto di una forte evoluzione tecnologica, so-prattutto in termini di possibili applicazioni dei materiali recupe-rati, evoluzione con cui purtroppo l’aggiornamento della normati-va tecnica non tiene il passo.

In proposito, si coglie l’occasione per sottolineare l’urgenza e l’indifferibilità dell’adozione del decreto, previsto dall’ar-ticolo 184-ter comma 2, avente ad oggetto i criteri specifici per l’End-of-waste (nel rispetto delle condizioni dettate dal diritto europeo).

A tale riguardo, oltre ad una generale opera di manutenzione e ag-giornamento dei limiti e degli standard contenuti nel citato Dm 5 febbraio 1998, onde consentire un utilizzo efficace ed efficiente dei materiali Eow, si assume come particolarmente urgente la defini-zione di una disciplina a livello nazionale dei materiali recuperati utilizzabili in determinate attività industriali che comportano un successivo contatto con le matrici ambientali e le cui caratteristi-che di composizione non sono di  immediata e precisa  individua-zione. Ciò non solo perché a tali cicli possono essere destinati ma-teriali provenienti dai più svariati processi produttivi, con caratte-ristiche chimico-fisiche molto diverse, ma anche perché non sem-pre sono disponibili standard tecnici di riferimento salvo, in alcu-ni casi, requisiti prestazionali: in questi casi, il mancato riferimen-to a parametri specifici, che  tengano conto anche della composi-zione dei rifiuti di origine, può determinare rischi per l’ambiente e la salute sia nell’immediato utilizzo della materia prima seconda-ria sia in quello successivo dei prodotti realizzati a partire da essa.

Per altro verso, esistono una serie di materiali e di applicazioni or-mai consolidate e prive di rischio per l’ambiente che non sono as-solutamente contemplati dal vigente decreto sul recupero di mate-ria (ma dovrebbero trovare spazio nel futuro decreto Eow) costrin-gendo sia chi produce sia chi successivamente trasporta, vende, im-piega gli stessi materiali a gestirli come rifiuti, con conseguenti ag-gravi di costi e minore competitività, soprattutto in confronto agli operatori esteri, soggetti a normative spesso totalmente diverse.

Un  problema  diffuso  a  livello  nazionale  ed  emerso  con  evidenza soprattutto di recente, che condiziona fortemente anche il merca-to del recupero, riguarda la eterogeneità delle autorizzazioni, che sta creando, in particolare con l’applicazione dell’Aia,  forti diffor-mità di condizioni operative e di mercato tra impianti che svolgo-no la stessa attività.Il  problema nasce  soprattutto dal  fatto  che alcune discipline,  tra cui ad esempio quella che regolamenta l’Ippc, individuano il pro-prio campo di applicazione facendo riferimento alla “codificazio-ne” (operazioni di smaltimento e recupero) di cui agli allegati B e C della Parte IV del Dlgs 152/2006: tuttavia l’assegnazione da par-te dell’autorità competente della lettera (D o R) che individua l’at-tività svolta non avviene in modo omogeneo, e pertanto sono as-sai diffusi casi di aziende che, pur svolgendo la stessa attività indu-striale hanno ricevuto da parte dell’autorità competente una diffe-rente codificazione, e in base ad essa possono rientrare o meno nel campo di applicazione della norma Ippc. Per ovviare a tali diffor-mità, che provocano distorsioni della concorrenza e disparità del li-vello di  tutela ambientale,  è necessario dare attuazione alla nor-ma che prevede  la definizione di  linee guida nazionali  sui  crite-ri di riferimento per l’assegnazione, in modo univoco e omogeneo, della codifica e dei  titoli autorizzativi. Nonostante  infatti  l’artico-lo 195, comma 2, del Codice ambientale alle lettere t) ed u) preve-da, tra i compiti dello Stato, quello di predisporre delle linee gui-da per l’individuazione di una codifica omogenea per le operazio-ni di recupero e smaltimento, da inserire nei provvedimenti auto-rizzativi, e l’individuazione di contenuti tecnici minimi degli stes-si provvedimenti autorizzativi, il Governo non ha ancora provvedu-to in tal senso.

Un’altra carenza nel contesto giuridico ed operativo, causa-ta dalla mancata attuazione di norme previste dal Legisla-tore fondamentali per il buon funzionamento del sistema di gestione dei rifiuti, è rappresentata dall’assenza del decre-to sull’assimilazione dei rifiuti speciali da attività economi-che ai rifiuti urbani che in alcune Regioni del territorio ita-liano ha raggiunto livelli tali che una quota rilevante (30-40%) dei rifiuti urbani è rappresentato da rifiuti specia-li assimilati.

La gestione di detti rifiuti viene effettuata in regime di privativa co-munale e quindi con l’obbligo, da parte del produttore dei mede-simi  rifiuti,  di provvedere al  loro corretto  recupero o  smaltimen-to  non  attraverso  la  scelta  dell’azienda  che  offre  il miglior  servi-zio,  ma  con  esclusivo  conferimento  al  gestore  dei  servizi  pubbli-ci. Le modifiche al Dlgs 152/2006 contenute nella Manovra econo-mica di cui al decreto-legge 201/2011 hanno portato alla soppres-sione di  riferimenti  e  limiti oggettivi per  l’assimilazione, quali  le soglie relative alla superficie (si veda la modifica all’articolo 195, comma 2, lett. e)).L’assenza di concorrenza nel settore della raccolta e dell’avvio a re-cupero (in passato,  invece,  il  recupero era espressamente escluso dalla privativa – si veda l’articolo 21, comma 7, del Dlgs 22/1997) implica la maggiorazione degli oneri a carico dei produttori dei ri-

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bollettino di informazione norm

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RIFIUTI

L’intervento

Servizi pubblici locali ancora privi

di una legge organica. Delega di funzioni

e attribuzioni senza regole

di Gabriele TaddiaAvvocato in Ferrara

La travagliata storia della normativa relativa ai servizi pubblici di rilevanza economica è ancora  lontana dal vedere un esito positi-vo. Come noto, dopo l’approvazione dell’ormai… famigerato arti-colo 23-bis (1) e del relativo regolamento di attuazione (2), il set-tore  sembrava  aver  trovato  un  pur  discutibilissimo  assetto  attor-no a un sistema normativo indirizzato alla massima privatizzazio-ne del settore e a una presenza sempre più marginale del pubbli-co. Successivamente, l’esito dei referendum del giugno 2011 aveva comportato l’abrogazione dell’intera normativa di riferimento, e il settore dei servizi pubblici locali di rilevanza economica era torna-to ad essere governato in sostanza dalle disposizioni comunitarie. Tempo un mese e il Governo aveva riproposto – con decreto legge (3) poi successivamente convertito – di fatto la stessa identica nor-mativa appena abrogata dalle consultazioni referendarie. A seguito di ciò, la Corte Costituzionale su ricorso di diverse Regioni, nel lu-glio di quest’anno ha (giustamente) dichiarato la illegittimità co-stituzionale  delle  nuove  disposizioni  in  quanto  sostanzialmente identiche a quelle appena abrogate dai referendum.

Il risultato di questo rincorrersi di norme e abrogazioni ha comportato il fatto che un settore di vitale importanza per la vita dei cittadini come quello dei servizi pubblici locali di ri-levanza economica, è ancora privo di una regolamentazio-ne organica e soprattutto di una visione di lungo periodo, e giuridicamente è affidato solamente alla pur ottima normati-va comunitaria in quanto l’abrogazione referendaria e quel-la della Corte non hanno comportato la riviviscenza delle di-sposizioni precedentemente in vigore.

È però evidente che un paese moderno deve necessariamente avere una visione strategica e di lungo periodo in tema di servizi pubbli-ci: servizio idrico, energia, raccolta, trasporto e smaltimento rifiu-ti in primo luogo, servizi che non possono essere affidati obbligato-riamente per legge a operatori privati.Cosa chiedere dunque al Parlamento per la regolamentazione dei servizi pubblici? Poche cose ma chiare:•  la  limitazione  degli  affidamenti  diretti  a una  soglia  economi-ca minima, ma che consenta alle amministrazioni locali di gesti-re con agilità i servizi più comuni e di minore impatto economico: in coerenza con le disposizioni comunitarie, la regola deve essere quella della gara a evidenza pubblica per tutti i servizi;• la limitazione degli affidamenti in house non può avvenire con l’imposizione dell’acquisizione di un socio privato. Deve essere pre-vista la facoltà di ingresso del socio privato e non l’obbligo, e vanno definiti in primo luogo i parametri economici di ingresso e uscita dell’eventuale socio privato operativo: ciò per tutelare sia il valore commerciale dell’azienda pubblica, sia per tutelare gli investimen-ti del socio privato. Il servizio in house deve avere le caratteristiche disegnate dalla normativa europea, in primo luogo con riferimen-to al controllo analogo. Non ha alcun senso proibire in assoluto le gestioni in house che hanno fornito buona prova di qualità sul ter-

(1) Dl 25 giugno 2008, n. 112 (So n. 147  alla  Gu  25  giugno  2008  n.  152) convertito,  con  modificazioni,  dal-la legge 6 agosto 2008, n. 133 (So n. 196  alla  Gu  21  agosto  2008),  e  suc-cessive  modificazioni  recante  Di-sposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la pere-quazione tributaria.(2) Dpr 7 settembre 2010 n. 168 (Gu 

12 ottobre 2010 n. 239) recante Rego-lamento in materia di servizi pub-blici locali di rilevanza economica, a norma dell’articolo 23-bis, com-ma 10, del decreto-legge 25 giu-gno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.(3) Si veda dello stesso Autore su que-sta Rivista, n. 187 (08-09/11) pagina 5 e seguenti “I servizi pubblici locali do-po il Dl 138/2011: cosa (non) cambia”

Link di approfondimento

In Osservatorio di normativa ambientale (reteambiente.it) “L’affidamento dei servizi locali, le novità e il quadro normativo”.

In occasione della Fiera Ecomondo (Rimi-ni, 7-10 novembre 2012) Edizioni Ambiente organizza presso il proprio stand (padiglio-ne B3 – stand 012) sette seminari brevi. In particolare si segnala: “Il servizio pubblico di gestione dei rifiuti:il punto sulla situazio-ne”, giovedi 8 novembre, ore 10:00 – 11:30.Relatore: Gabriele Taddia.Per iscrizioni: http://www.reteambiente.it/convegni-ecomondo/

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L’intervento Servizi pubblici localibollettino di inform

azione normativa n. 200-201 (11-12/12)

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RIFIUTI

ritorio: altro è prevedere forme di controllo maggiori per le società che operano con questo tipo di affidamenti;• il servizio pubblico di regola deve essere sotto  il controllo della Pubblica amministrazione affidataria. La regola non può essere la privatizzazione del servizio;• il criterio di affidamento in base a gara a evidenza pubblica non può  essere  il  massimo  ribasso,  che  comporta  necessariamente  e sempre uno scadimento della qualità dei servizi. L’offerta economi-camente più vantaggiosa deve privilegiare la qualità del servizio in rapporto alla tariffa praticata;• nel servizio di raccolta, trasporto e smaltimento rifiuti deve es-sere imposto un livello minimo elevato di raccolta differenziata e l’incremento della differenziata deve essere legato ad una diminu-zione dei costi tariffari;• vanno reintrodotte le incompatibilità a ricoprire la carica di am-ministratore di società che gestiscono servizi pubblici locali per chi ricopre o ha ricoperto nei tre anni precedenti cariche elettive o co-munque nell’ambito delle amministrazioni locali.

Poche cose ma chiare e approvate rapidamente, senza ulteriori col-pi di mano per reintrodurre un sistema che non è in realtà votato alla concorrenza ma semplicemente alla privatizzazione.

La delega di funzioniIl Dlgs 152/2006 e  i  successivi  interventi  legislativi hanno lascia-to un incomprensibile vuoto nell’ambito della delega di funzioni. Come noto con questo strumento è possibile che il soggetto tenu-to all’adempimento di un obbligo in campo ambientale possa tra-sferire tale incombente a carico di un altro soggetto, il quale ne di-venta responsabile anche penalmente. Si tratta di un concetto e di uno  strumento  ampiamente  conosciuto  e  ammesso  dalla  giuri-sprudenza della Cassazione,  che  costituisce  l’attuazione di un  si-stema di governance aziendale divenuto assolutamente necessario nelle aziende di medio-grandi dimensioni e in quelle la cui attivi-tà comporta rischi ambientali rilevanti indipendentemente dal nu-mero di addetti impiegati.

Ciò a maggior ragione nell’ottica della implementazione di un modello organizzativo ai sensi del Dlgs 231/2001 che consenta un effettivo controllo su tutta l’attività aziendale, proprio in considerazione del fatto che i reati ambientali so-no ora ricompresi nel novero dei reati presupposto per l’ap-plicazione delle sanzioni amministrative all’azienda.

Purtroppo  il  Legislatore  non  ha  mai  regolamentato  l’attribuzio-ne della delega ambientale, come invece accaduto nell’ambito del-

la sicurezza sul lavoro con il Dlgs 81/2008: si tratta di disposizioni semplici, che però consentono di stabilire regole certe per l’attribu-zione e la gestione di uno strumento così importante come la dele-ga di funzioni, potendosi anche prevedere casi espliciti di esclusio-ne dalla possibilità di attribuire la delega, escludendo alcune cate-gorie di aziende o alcuni adempimenti particolari, posto che la re-gola è il libero trasferimento delle funzioni.Mutuando la normativa già predisposta nel campo della sicurez-za, diviene  semplice disegnare  i  requisiti di  validità della delega ambientale.

La delega di funzioni da parte del soggetto tenuto ad adempimenti in campo ambientale, ove non espressamente esclusa, deve ritener-si ammessa con i seguenti limiti e condizioni:a) che essa risulti da atto scritto recante data certa;b)  che  il  delegato  possegga  tutti  i  requisiti  di  professionalità  ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;c)  che  essa  attribuisca  al  delegato  tutti  i  poteri  di  organizzazio-ne, gestione e controllo  richiesti dalla  specifica natura delle  fun-zioni delegate;d) che essa attribuisca al delegato l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate;e) che la delega sia accettata dal delegato per iscritto.

Alla delega deve essere data adeguata e tempestiva pubblicità.La delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al delegante in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite. L’obbligo si intende assolto in caso di ado-zione ed efficace attuazione del modello organizzativo previsto dal Dlgs 231/2001.Il soggetto delegato può, a sua volta, previa intesa con il delegante, acquisire specifiche funzioni in materia ambientale alle medesime condizioni previste per la delega principale. Il soggetto al quale sia stata conferita la delega di cui al presente comma non può, a sua volta, delegare le funzioni delegate.

Non si capisce sinceramente perché il Legislatore abbia inteso la-sciare  completamente  senza  regole  questo  tipo  di  regolamenta-zione degli assetti societari, anche tenendo conto del fatto che le scritture ambientali (formulari e registri soprattutto), non vengo-no mai gestiti sotto il diretto controllo dell’organo amministrati-vo, che però ne risponde pienamente, sia dal punto di vista penale che amministrativo. La regolamentazione dell’attribuzione della delega di funzioni appare pertanto un provvedimento così sem-plice, ma contemporaneamente efficace, da non poter più esse-re differito.

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