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SABINA NUTI DELL'ISTITUTO DI MANAGEMENT DEL LA SANTANNA Ancentivi solo a chi li men*ta davvero Solo così sono uno s di F RANCESCA BIANCHI «QUANTITAVI, pubblici e basa- ti sul confronto. In caso contrario non siamo di fronte a obiettivi o in- centivi sfidant ». A segnare la dire- zione per la pubblica amministra- zione è la professoressa Sabina Nu- ti, responsabile del laboratorio Mes dell'Istituto di Management della Scuola Sant'Anna che da an- ni si occupa della valutazione della performance per varie regioni ita- liane, territorio per territorio. «E la sanità insegna» ripete. Professo re ssa, come vengo- no definiti obiettivi e pre mi negli enti pubblici? «Normalmente, c'è una interlocu- zione tra chi definisce gli obiettivi e chi li riceve, un meccanismo di negoziazione in cui è in gioco il fat- tore motivante». In che senso? «Se l'incentivo è troppo facile da raggiungere, il dipendente o il diri- gente non si impegnerà adeguata- mente per il suo raggiungimento. Allo stesso modo se è troppo facile e non richiede alcuno sforzo. Il no- . >> do è, quindi, individuare un obietti- vo sfidante e ciò è possibile solo con il confronto. Nel settore priva- to è sostanzialmente semplice per- ché esiste la competizione del mer- cato. Nel pubblico, invece, apparen- temente non c'è alcun mercato al quale riferirsi». Che fa pertanto? «Per le pubbliche amministrazioni serve un sistema di misurazione a confronto. Grazie al confronto si possono fissare obiettivi differen- ziati in base al punto di partenza di ciascuno e in cui il livello di rag- giungimento in media si attesti in- tomo al 60 - 70 %. Un obiettivo in- fatti , affinché metta realmente in moto una sfida e sia motivante, de- ve essere raggiungibile ma non da tutti. E' questo lo strumento per uscire dall'autoreferenzialità». ' quindi possibile un confron- to tra enti pubblici? «Certa Gli uffici comunali di Pisa non funzionano in maniera così di- versa da quelli di Lucca o di altre città... La sanità, come dicevo, inse- gna. E un cambio di passo necessa- rio». Alla se, pe ° , serve una vo- lontà politica fo rte. «E' fondamentale. Come lo è il ren- dere pubblici tutti i dati raccolti: la vera leva che fa lavorare bene le per- sone è la reputazione, in particola- re tra gli operatori pubblici. Non è vero che viviamo in un mondo di fannulloni, io non ci credo: siamo, invece, circondati da dipendenti che desiderano fare bene il proprio lavoro. Quindi: senza aver paura di premi e incentivi, devono pero esse- re assegnati solo a chi a se lo meri- ta».

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SABINA NUTI DELL'ISTITUTO DI MANAGEMENT DEL LA SANTANNA

Ancentivi solo a chi li men*ta davveroSolo così sono uno s

di FRANCESCA BIANCHI

«QUANTITAVI, pubblici e basa-ti sul confronto. In caso contrarionon siamo di fronte a obiettivi o in-centivi sfidant ». A segnare la dire-zione per la pubblica amministra-zione è la professoressa Sabina Nu-ti, responsabile del laboratorioMes dell'Istituto di Managementdella Scuola Sant'Anna che da an-ni si occupa della valutazione dellaperformance per varie regioni ita-liane, territorio per territorio. «E lasanità insegna» ripete.

Professoressa, come vengo-no definiti obiettivi e preminegli enti pubblici?

«Normalmente, c'è una interlocu-zione tra chi definisce gli obiettivie chi li riceve, un meccanismo dinegoziazione in cui è in gioco il fat-tore motivante».

In che senso?«Se l'incentivo è troppo facile daraggiungere, il dipendente o il diri-gente non si impegnerà adeguata-mente per il suo raggiungimento.Allo stesso modo se è troppo facilee non richiede alcuno sforzo. Il no-

.>>

do è, quindi, individuare un obietti-vo sfidante e ciò è possibile solocon il confronto. Nel settore priva-to è sostanzialmente semplice per-ché esiste la competizione del mer-cato. Nel pubblico, invece, apparen-temente non c'è alcun mercato alquale riferirsi».

Che fa pertanto?«Per le pubbliche amministrazioniserve un sistema di misurazione aconfronto. Grazie al confronto sipossono fissare obiettivi differen-ziati in base al punto di partenza di

ciascuno e in cui il livello di rag-giungimento in media si attesti in-tomo al 60 - 70 %. Un obiettivo in-fatti , affinché metta realmente inmoto una sfida e sia motivante, de-ve essere raggiungibile ma non datutti. E' questo lo strumento peruscire dall'autoreferenzialità».

' quindi possibile un confron-to tra enti pubblici?

«Certa Gli uffici comunali di Pisanon funzionano in maniera così di-versa da quelli di Lucca o di altrecittà... La sanità, come dicevo, inse-gna. E un cambio di passo necessa-rio».

Alla se, pe ° , serve una vo-lontà politica forte.

«E' fondamentale. Come lo è il ren-dere pubblici tutti i dati raccolti: lavera leva che fa lavorare bene le per-sone è la reputazione, in particola-re tra gli operatori pubblici. Non èvero che viviamo in un mondo difannulloni, io non ci credo: siamo,invece, circondati da dipendentiche desiderano fare bene il propriolavoro. Quindi: senza aver paura dipremi e incentivi, devono pero esse-re assegnati solo a chi a se lo meri-ta».

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Antonio lavarone /intervistato da Vittorio Zincone

« cervelli non fuggono:vanno dove si crede,

investe,e si nella el«È dal Rinascimento che la patria degli è il mondo», osserval'oncologo che ha denunciato il nepotismo nelle università italiane,poi emigrato negli Usa. «II nostro Paese, per ora, è fermo alle promesse»

n on ama la retorica sui cervelli in fuga. E con l'Italia haun rapporto di autentico odi et amo: spera di rientraretrionfante, ma non vede grandi speranze all'orizzonte.Soprattutto per il Meridione. Antonio lavarone, oncolo-

go al Columbia University Medical Center, è celebre per aver denun-ciato il nepotismo scientifico delle università nostrane e per i suoistudi americani: a inizio gennaio 2016, insieme con Anna Lasorella,compagna di vita e di provette, ha pubblicato su Nature una ricercacon cui ha isolato la proteina Id2 che accelera il moltiplicarsi di cel-lule tumorali maligne nel cervello. Spiega: «Grazie alla possibilità disequenziare il Dna e le proteine che si trovano in un tumore, possia-mo individuarne le alterazioni genetiche e bombardarle con terapiepersonalizzate». Boom. «In questo modo si possono affrontare an-che tumori che fino ad oggi non hanno reagito alle chemioterapie ealle radioterapie».Intervista via Skype. lavarone è nel suo studio di New York. Il tavoloè sommerso dai documenti. A un certo punto, il medico/scienziatogira il computer portatile e con la telecamerina inquadra i palazzifuori dalla finestra: «Sono le sedi delle start up, gli incubators. Usanole nostre ricerche per sviluppare farmaci». Nel mondo di lavaronele cose sembrano molto semplici: la buona ricerca attrae ricercatoritalentuosi, è una calamita per finanziamenti e sforna cure efficaci. Inquesto mondo non c'è spazio per i raccomandati e nemmeno per leamministrazioni chiacchierone che annunciano progetti e poi noncombinano nulla. Dice: «Lei non sa quante fregature ho preso in Ita-lia».Quante?<4ante. La più incredibile nel 2oog/io. Insieme con il Comune e conla Provincia di Benevento, e con la Regione Campania, cominciai aragionare sulla possibilità di realizzare un centro di ricerca: il Medi-terranean Institute of Biotechnology (Mib)».Un nome altisonante.«Doveva costare non so quanti milioni. Sono stati spesi cinquanta-mila euro per uno studio di fattibilità e poi... puff.Il progetto è sparito».Si è infranta la sua occasione di tornare in Ita-lia?«No. Si è infranta la possibilità di attrarre ricerca-tori e fondi, in un territorio che avrebbe bisognosoprattutto delle cure prodotte dalla ricerca. Iosono un disperato che vorrebbe fare qualcosa per

il Sud. Lo sa che dopo gli annunci strombazzati sui giornali mi han-no cominciato a chiamare molti studenti per chiedermi di lavorare alMib? Erano convinti che fosse già operativo. Invece...».Lei ha fatto parte anche di una task force di scienziati messa sudal governo Monti.«Ci fu un bell'incontro con vari ministri. Caduto Monti... si è sgreto-lata anche la task force. I governi promettono, ma raramente man-tengono. Con grande sfacciataggine, dal 2000 a oggi, ho scritto a tuttii premier per suggerire loro di non gettare soldi in strutture univer-sitarie fallimentari e per suggerirgli di indirizzare i finanziamentiverso progetti di respiro internazionale».Che cosa le hanno risposto?«Poco o niente. Quasi tutti propongono piccoli provvedimenti per ilrientro dei cosiddetti cervelli in fuga. Finzioni. Prese in giro. Ma vera-mente pensano che un ricercatore qualificato torni per un contrattoda 50o euro al mese? Purtroppo le opportunità in Italia non parlanola lingua del mondo scientifico».Faccia lei da interprete.«Bisognerebbe smettere di parlare di cervelli in fuga. È dal Rinasci-mento che la patria degli scienziati è il mondo. E l'Italia dovrebbepuntare ad attrarre i migliori cervelli del mondo, non solo il mioo quello di altri italiani. Solo così si può attivare una crescita. L'in-dustria non bussa alla porta di un laboratorio perché dentro c'è ilparente di un politico. L'industria cerca opportunità commerciali equeste si trovano dove la ricerca è avanzata. Per attrarre cervelli servo-no progetti seri e internazionali. Gli stessi che producono cure speri-mentali efficaci. Se ci fosse una grande struttura nel Sud Italia che sioccupa di tumori al cervello, molti meridionali si risparmierebberoinutili viaggi della speranza in America».Riceve molte lettere con richieste d'aiuto dall'Italia?«Cinque/dieci al giorno. Cerco di spiegare che per studiare le loromalattie ho bisogno di campioni tumorali ben conservati. Ho ancheparlato con alcune strutture ospedaliere spiegando che se avessero

Al mio sognoè quello di portarenel Beneventanotutti idel lavoro fattoin America»

comprato i macchinari per ibernarli, poi avrei se-guito io il trasporto dei campioni negli Stati Uniti.Crede che abbiano fatto qualcosa? No. Mi fa rab-bia perché oggi le cure ci sono. Sono lì. Ma nonsono cure di routine. C'è bisogno di tanta ricerca».Come si passa dall'individuazione della protei-na 1d2 alla cura di un paziente malato di cancroal cervello?

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Una partita vinta in trasfertaAntonio lavarone è nato a Montesarchio nel 1963. Si è laureato all'UniversitàCattolica di Roma. Fino al 1999 ha lavorato all'ospedale Gemelli. Attualmenteè professore di Patologia e Neurologia al Columbia University Medicai Centredi New York.

«Quando ci vengono forniti i campioni da una sala operatoria, noi Epurifichiamo, grazie alla presenza della proteina Id2 individuiamole cellule staminali tumorali e le mettiamo nel cervello di un topo».Gli animalisti saranno contenti di questa notizia.«C'è una regolamentazione ferrea. I topi vivono coccolati come in unhotel a cinque stelle».Fino a quando non iniettate loro un glioblastoma.«Si chiama tumor avatar. È un clone del cancro che ci permette disperimentare farmaci con il cosiddetto Co-Clinical Trials: invece didare il farmaco al malato lo si sperimenta prima sul cervello del topodove abbiamo fatto crescere lo stesso tumore del paziente. In questomodo si arriva a personalizzare le terapie. Il mio sogno è portare tut-to questo nel Beneventano».La sua infanzia a Benevento.«Felice. Mio padre era pediatra e immaginava anche per me un futu-ro da medico cittadino».Lei era adolescente negli Anni 70.«Tempi di grandi ideologie e opposti schieramenti. Frequentavo imovimenti culturali della nuova destra. Leggevamo Alain de Benoist.Tra i leader c'era Marco Tarchi».Università?«Un anno a Napoli e poi a Roma: medicina alla Cattolica del SacroCuore. Nel aggi partii per gli Stati Uniti. Sono rientrato quattro annidopo per partecipare alla realizzazione di un centro di ricerca dedica-to ai tumori infantili al Gemelli, sponsorizzato dalla Banca d'Italia».Nel 2000 è tornato a New York.«II perché, lo avrà letto sui giornali».Denunciò un caso di nepotismo : il primario vi aveva imposto difar firmare una ricerca anche a suo figlio.«Fosse stata solo una. Ci ripenso con tristezza: io e Anna pensavamoche le istituzioni universitarie avrebbero preso le nostre difese».Invece...«Ricevemmo molta solidarietà privata, ma pubblicamente restaro-no tutti zitti, in difesa dei feudi universitari. Dicevano: "Ma che viimporta?"».Già. In che modo vi danneggiava far firmare una ricerca anche alfiglio del primario?

«In che modo? Quell'imbroglio abbatteva la nostra credibilità. Nelmondo scientifico internazionale la credibilità è tutto».Vita da scienziato della medicina: più ore in laboratorio o davantia un computer nel suo ufficio?«Una giusta media. I momenti più calmi per approfondire la ricercasono quelli nei weekend. Durante la settimana ci sono anche lezioni,meeting, riunioni per reperire fondi».Lei si occupa di reperire fondi?«L'Università mi tiene anche perché porto soldi. Io pago Il mio sti-pendio e i miei progetti di ricerca attraverso un finanziamento delNational Institute of Health».È un ente pubblico?«Sì. Se io cambio università, i soldi vengono con me. Le Universitàfanno a gara per accaparrarsi i migliori ricercatori anche perché por-tano con sé molti finanziamenti».Lei ha figli?«No».Ha sacrificato la paternità sull'altare della medicina?«Diciamo che Il mio pensiero è rivolto quasi sempre ai passi scien-tifici successivi da fare. Le nostre scoperte sono importanti, ma losono soprattutto perché conducono a una nuova ricerca, a una nuo-va frontiera».A cena col nemico?«Con Eugenio Scalfari».Condividerebbe un pasto con Renato Mastrangelo, il primario diOncologia che lei denunciò per nepotismo?«Non ci sarebbe grande conversazione. Quindi direi di no».Quella vicenda portò a denunce e querele. Che cosa hanno stabi-lito i tribunali?«Che avevamo ragione io e Anna e che il sistema universitario delGemelli era infiltrato dal nepotismo».Qual è l'errore più grande che ha fatto?«Non aver anticipato di qualche anno la decisione di trasferirmi all'e-stero».Che cosa guarda in tv?«L'O'Reilly Factor, trasmissione tosta di uno dei più popolari gior-nalisti americani».B libro preferito?«II Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien e Il Corsaro Nero di EmilioScllari».B film?«Novecento. Da bambino anche io suonavo Il pianoforte».La canzone?«La canzone dell'amore perduto di Fabrizio De André. Mi fa tornarein mente la tristezza che provo per il mio Paese. Io sono molto lega-to all'Italia e a Benevento. Quando posso mi guardo anche le partitedella squadra campana».B Benevento gioca in Lega Pro (la vecchia serie C). Meglio un No-bel o il Benevento che vince lo scudetto di serie A?«Lo scudetto. Ma solo se accompagnato dalla costruzione di un cen-tro di ricerca internazionale per la cura dei tumori a Benevento».Conosce i confini della Libia?«Certo. L'Egitto, l'Algeria... Mio nonno viveva a Bengasi».Quando la Libia era una colonia italiana?«Sì. Dirigeva l'ufficio postale cittadino».Conosce l 'articolo 9 della Costituzione?«No. Ammetto di no».È quello che dice che la Repubblica promuove lo sviluppo dellaricerca scientifica.«Eh, che bello se fosse vero!».

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Le startup sono un affarenon solo per i più giovaniIl 44,2®/0 di chi ha avviato una azienda ha da 36 a 50 anni

Luisanna Benfattomon Avere 95 anni e parlare di fu-turo si può. Lo fa Marino Goli-nelli, imprenditore e fondatoredella casa farmaceutica AlfaSigma, che investe di filantropooffre formazione gratuita ai gio-vani che aspirano a creare im-prese. Se Golinelli è una figuraunica, non sono invece pochi gliimprenditori senior che, per ne-cessità o voglia di cambiamen-to, decidono di dare seguito allaloro esperienza professionaleattraverso una startup. Ecco idati del fenomeno. Una ricercadel 2o15 condotta da Italia Star-tup ha evidenziato ilprofilo tipi-co dello startupper italiano: il66% ha un'età compresa fra i30e i 49 anni dove però gli over 50sono il 14,4% egli over 6o i13,8° o.I numerici dicono che il neoim-prenditore, quando crea unanuova azienda, è stato spessoimpegnato per un periodo inun'altra attività. Altri studi delGlobal Entrepreneurship Mo-nitor, citati dall'Osservatorio

Senior, hanno riportato che nel-la fascia 55-64 anni si concentrail 14% circa della nuova impren-ditorialità. Secondo i dati diUnioncarnere, poi, il 44,2% dichi ha avviato una nuova impre-sahada36a5oanni,i137°roda18ai35 anni, il 18,8%io più di 55. Per Al-berto Carpaneto, direttore dellafondazione Human+, il dato in-teressante è proprio quello deisenior: «Questi signoritestimo-nian o ch enon esiste un'e tà ide a-le per fare impres a, e se c'è, non èquella deiventenni. Gli impren-ditori "anta" sono molto spessolavoratori dipendenti, managero quadri che importano il loroknow how in nuove startup (ili9°o dei dirigenti che perde l'in-carico ritrovaunlavoro come ti-tolare e/o socio di un'impresa -dato Manageritalia). I seniorstartupper sono anche profes-sori universitari che mettono afrutto anni di ricerca creandonuovi prodotti, persone dallagreen mentality o che hanno uninteresse specifico per l'ICT ca-

paci di trasformare questa pas-sione in un business, oppurequelli che provengono da espe-rienze nel settore no profit».Tutti questi profili hanno unelemento in comune: la capaci-tà di creare squadre di lavoromiste per competenze e età. Ti-picamente le startup create daisenior si avvalgono dell'appor-to tecnico scientifico innovati-vo di giovani professionisti. Eproprio a team così eterogeneiche gli angel investors sono in-teressati, come Giancarlo Roc-chietti, presidente del Club de-gli Investitori: «Un esempio distartup riuscita che finanziamoè Directa Plus, azienda pionieradel grafene, fondata da GiulioCesareo, classe `55. Ingegnerecon 3o anni di esperienza che aComo si è attorniato di uno staffdi giovani per dare vita a unastartup che ora è già un'impre-sa». Nonostante i settori che be-neficiano dei finanziamenti de-gli investitori siano ICT 40%,terziario 15% e commercio lo%,

e l'età degli startupper su cui siinveste non vada oltre i 55 anni,sembraesserci spazio per lo svi-luppo di una Silver Valley. Adaffermarlo, Paolo Anselmo,presidente di Iban (Italian Busi-ness Angel Network): «Gli in-vestitori fino ad ora hanno cre-duto poco al segmento non-profit, sanità, welfare, cura deglianziani, poiché si ritiene non siascalabile e generi pochi ricavi,anche se penso potrebbe averemargini interessanti di crescita.Nutriamo invece dubbi versogli startupper sessantenni. Riu-sciranno a dedicarsi con lo stes-so entusiasmo per altri 5 0 7 anniallo sviluppo delle proposteavanzate e con quali ritmi?». Ilmercato c'è, come pure la for-mazione. Manageritalia propo-ne agli ex manager diverse of-ferte per il reinserimento siaperlo sviluppo di neoimprese, siaper il supporto volontario aonlus e startup.

startup i(sole24ore.comORI PRO DI ZIO NE RISE RVATAJ

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La fotografia

L'IDENTIKIT LE MOTIVAZIONI

L'età livello di istruzione Cenere Nazionalità eonosCen7,3opporti!nità di mercato

100% 100ß® Ir;s+ 6 100%Fino Licenza Uomo Italianaa 35 anni media 71,2% 94,8°o37,0% 19,6%

Da 36a 50 anni44,2%

Oltre50 anni18,8%

[Fonte: Unionces ere

Qualificaprofess.13,4%

I Diploma48,5°o

Laurea18,6%

Donna28,8%

Ue 282,3%

Extra-Ue-12,9%

j or ace.am rtizeed e I rrie ir_c )er sali

r_onseg,nre il suo_:essooersonale ed economico

Insodriistazìo e verso< il precedente Lavoro

Idea innovativa 4.0

Necessità di trov;_re I7,6"oo un nuovo iavorea

Uiliicoltä a trcn'areur lavoro dipendente

xx Altro 12,2":,

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La storia

«Una nuova vita in Olanda dopo cinque mesi in radio»vevo appena finito di studiaree non sapevo bene cosa fare».E così che Francesca Spanò,

palermitana, 25 anni, a pochi giorni dallalaurea in Comunicazione presa a Paviasi è ritrovata immersa in un lavoro vero,

!% e in una nuova vita. Ad Amsterdam.Radio Francesca Tutto è iniziato con un tirocinio nell'ambitoSpanò dei progetto Erasmus+ a «RadioPizza(foto Marco Alfa Olanda», emittente radio nata per dar voce

agli italiani nel mondo. Partita a maggio 2015,fino allo scorso settembre Francesca si èoccupata dei palinsesti, delle interviste edello speakeraggio. Al termine del periodoprevisto, le è stato proposto di restare.Consiglierebbe questa esperienza?«Decisamente: cambiale priorità, leprospettive, la vita».

A. D. G.LI RIPRCCUZiONF RISERVATA

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Il successo in Europadei giovani italiani:

metà .a m ® parteviene poi assunto«Sono ben preparatidai nostri licei»

Né choosy, né in fuga. I ra-gazzi italiani che si sistemanoall'estero sono semplicementebravi. I 7o mila laureati cheogni anno partono in cerca dicondizioni migliori, di paga odi vita, sanno farsi valere e conpoco sforzo si conquistano lastima dei datori di lavoro (euna carriera). La conferma inun'analisi della Commissioneeuropea sull'impatto di «Era-smus+», ultimo nato e moltoamato tra i programmi per lamobilità che, erede dello stori-co Erasmus (nato per agevola-re esperienze di studio all'este-ro durante gli anni dell'univer-sità), consente scambi edesperienze di lavoro, general-mente della durata di sei mesi,a giovani lavoratori, volontari,insegnanti.

Un programma che sembrafar bene soprattutto agli italia-ni: 6 mila quelli impegnati inattività di tirocinio, secondisolo ai turchi per numero dicandidature presentate. Il fo-cus della Ue sottolinea che peri giovani del Sud dell'Europa siriducono i tempi di disoccupa-zione e che gli italiani sonoquelli con gli esiti migliori: do-po il tirocinio, il r;1% riceveun'offerta di lavoro dall'impre-sa che l'ha ospitato. La mediaeuropea è del 30%.

Dati che il direttore del-l'Agenzia Nazionale Erasmus+Indire, Flaminio Galli, coni-

menta in chiave politica: «Vi-viamo un momento storico incui torna la tentazione di alza-re frontiere e steccati, mentrela mobilità degli studenti e deidocenti rafforza l'identità co-mune europea, migliora lapreparazione individuale e fa-vorisce l'occupazione».

Ivano Dionigi, ex rettoredell'Alma Mater di Bologna eda ottobre presidente di Alma-laurea, li legge come confermadi un fenomeno tutto italiano:un flusso netto di capitaleumano altamente qualificato,fortemente sbilanciato in unasola direzione. Lo scambionon è più scambio, insomma,ma drenaggio. «Una perditasecca di risorse umane per ilPaese», dice. Fuga, appunto,non interazione, come invecesarebbe nelle intenzioni dellaUe. «Che i nostri ragazzi sianoapprezzati e si facciano valeremi allieta, non mi sorprende emi fa arrabbiare diceperché il Paese è maledetta-mente noncurante di loro».

Sul perché vengano premiatinon ha dubbi: «Sono più bra-vi». E lo sono perché «in Italiaabbiamo i licei migliori delmondo, e i nostri studenti so-no più flessibili». Abbiamomeno laboratori e risorse, mapiù linguaggi, «combiniamomeglio le due culture, le hu-manities e le scienze». L'anali-si della Ue mette in luce anchealcune caratteristiche psicolo-giche: i candidati dell'area Eu-ropa del Sud, più dei coetaneidi altre aree geografiche e piùdi quelli che non hanno inten-zione di partire, mostrano piùmarcati tratti di personalità inaree ritenute importanti daidatori di lavoro: fiducia in sestessi, serenità, determinazio-ne, energia, curiosità.

Ma se è consolatorio ricono-scere le peculiarità del nostrosistema formativo, che fa sìche riassume Dionigi «lasoluzione tecnica a un proble-ma un imprenditore magari lachiede a un tedesco, ma perstendere la relazione preferi-sce un italiano», resta il fattoche l'emigrazione dei nostri

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giovani professionisti è un bu-co nero. E se lo studio e il lavo-ro all'estero diventano il desti-no finale del percorso formati-vo, anziché rappresentarneuna tappa, è perché fuori daiconfini si trovano servizi mi-gliori e aiuti allo studio: «I ra-gazzi imparano le lingue, nonpagano le tasse e trovano lavo-ro», sintetizza Dionigi. Cheuna soluzione ce l'ha: «Inizia-mo con il garantire il primotriennio di studi universitarigratuito per tutti». Con l'obbli-go di frequentare e di sostene-re gli esami nei tempi previsti.Poi, certo, serve un mercatodel lavoro più equo, dove tuttiabbiano le giuste tutele, servedebellare nepotismo e baro-nie. Poi si potrà andare al-l'estero «per completare glistudi e perfezionarsi, trovareun primo o magari un secon-do lavoro e, alla fine, tornare inpatria, per mettere a frutto leesperienze accumulate e occu-pare posizioni di maggiorevantaggio e responsabilità».

Antonella De Gregorio© RIPRODUZIONE RISERVATA

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1 su 391 ,tudentl che rlce ronounoFFerta di a.orodall r-enda i r i (- ui nl onoII tirocinio Era,mu

Creato nel1987, ilprogettoErasmus dà lapossibilità auno studenteuniversitariodell'Unioneeuropeadi effettuare inuna universitàstranieraun periododi studiolegalmentericonosciutodal proprioateneo.L'Erasmus+,nato nel 2014,consentescambied esperienzedi lavoro,generalmentedella duratadi sei mesi,a laureati,giovanilavoratori,volontari,insegnanti

L'Erasmusdeveil suo nomea Erasmoda Rotterdam(sopra), filosofoe teologoolandese, natoa Rotterdama metàdel XV secolo

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teli Europa 51% 47%In Italia in Pc)rt_'=all,_)

II tasso di disoccupazione a 12 mesi dalla laurea

udenti Era,nnu, on Era,mu,

Il kl l I ili 'p,l „ I illkk'p;l I ili 'p;l I Ik' I

d'Art ,

Ex studenti4%M,1 Federica

iviognerini42 anni, Altorappresentantedell'Ue per gliAffari esterie la sicurezza.Ha scritto la tesiin Filosofiapolitica durantel'Erasmusad Aix-en-Provence. Tema:religionee politicanell'Islam

Cecilial str

47 anni, svedese,commissarioeuropeo per ilCommercio.Ha studiatoall'Universitàdi Göteborg tra il1991 e il 1994facendo in queglianni ancheun'esperienzadi progettoErasmus a Parigi,alla Sorbona

And reaS ironi51 anni, rettoredell'UniversitàBocconi:«L'Erasmusa Barcellonanel 1987fu la mia primaesperienzainternazionale. Inquella occasionecompresi ilvalore aggiuntodi esperienzedi questo tipo»

Jyrkitainen

44 anni, expremierfinlandese, oravicepresidentedellacommissione Ueper il Lavoro.Nel '95 ha fattoun Erasmusa Leicester,in Inghilterra:«Ho capito lì cosavuoi dire essereparte dell'Ue»

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STUSTUDIO E LAVORO

GLI STUDENTI E1 i . _TJS?ITALIANI I)A PRF MI0

di BeppeSevergnini

opo iltiroci-n i oEra -smus+,

i il 51%dei ragazzi italiani riceveun'offerta di lavoro dall'im-presa che l'ha ospitato. La me-dia europea è del 3091». Sor-prendente? Per nulla. Impor-tante? Ovviamente. Motivod'orgoglio? Certo. E causa d'al-trettanto imbarazzo.

Significa che, all'estero, i ra-gazzi italiani trovano il terre-no adatto: e crescono. Vengo-no dalle nostre buone scuolesuperiori, dove s'impara;escono da università dove sistudia con molti bravi docentie si lotta con alcuni altri, sciat-ti ed egoisti; provengono dafamiglie dove, a cena, si discu-te e si ragiona; arrivano da cit-tà dove secoli di genio hannolasciato traccia, e lanciano sfi-de silenziose.

Il successo internazionaledei nostri giovani connazio-nali, quindi, non stupisce. Intrent'anni di viaggi - e inquasi diciott'anni di «Ita-liani» su Corriere.it! - horaccolto innumerevoli provedelle loro qualità.

I diciassettenni che trascor-rono il quarto anno delle su-periori all'estero risultano,quasi sempre, tra i miglioridella classe (dovunque siano,nonostante le difficoltà postedalla nuova lingua). Le univer-sità sono piene di giovaniconnazionali, che non hannoalcuna difficoltà a emergere,anche nelle sedi più competi-tive. Nel mondo della ricercaaccade la stessa cosa. Soprat-tutto in campo scientifico.L'ho visto a Cambridge (UK) e

a Cambridge (Massachuset-ts), in California e in Svezia, inSpagna e in Olanda. Aprite laporta di qualsiasi laboratorio:ci troverete un computer, unapianta verde e un giovane ita-liano.

Alcuni Paesi - più abili opiù lungimiranti: fate voi -hanno capito la preparazionee l'elasticità mentale dei gio-vani italiani, e hanno comin-ciato a reclutarli in modo si-stematico. Il drenaggio deinostri medici verso la Svizze-ra, la Germania e in RegnoUnito è evidente. Noi li for-

PreparazíonePaesi più lungimirantihanno capitol'elasticità mentaledei nostri giovani

miamo e li educhiamo, a uncosto collettivo non indiffe-rente. A Basilea, Bellinzona,Londra e Monaco di Bavieragli danno un lavoro: e se litengono.

Qualcuno dirà: si chiamaEuropa! Vero: ma l'Europa èuna rotatoria, non un sensounico. Un modo per trattene-re i giovani italiani e attirare igiovani stranieri esiste, ovvia-mente. Basta coinvolgerli, esmettere di pensare che oc-corra avere 40 anni per pro-porre cose sensate. Basta re-tribuirli adeguatamente,quando le proposte diventanoun lavoro (medici e ingegneriguadagnano il 30% in menorispetto alla Germania). Bastagratificarli, assegnando ruoli,gradi e qualifiche opportune.Il «sentimento italiano senzanome» di cui parlava Goffre-do Parise - la trama sensuale

e imprevedibile della nostravita quotidiana - farà il resto.

Diciamolo: è ora di cambia-re. Da anni l'Italia s'è inventataun nuovo, masochisticosport: il salto triplo generazio-nale. I nostri ragazzi lascianoil sud, rimbalzano a Milano oa'T'orino e finiscono sparsi perl'Europa. Oppure partono daPiemonte, Lombardia e Vene-to e finiscono prima a Londrapoi negli Usa o in Asia. Moltinon torneranno. Li abbiamoeducati e delusi: ci meritiamoquanto è accaduto. Ma non ètardi per rimediare. Ripetia-molo: basta apprezzarli, moti-varli, pagarli. E tenerli al ripa-ro dalle patetiche astuzie chesegnano la nostra vita colletti-va. A quaranta o a sessant'anniun italiano, ormai, certe cosele sopporta. A venticinque no:e fa bene.

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Rìcerca europea.Carrozza alla guídadel velutaterì

è pisana la guida dellacommissione che valuterà idue `progetti di frontiera"della ricerca europeafinanziati ciascuno cosa unmiliardo in dieci anni. Mariachiara carrozza, ex ministroper l'Istruzione e docente dellaScuola Superiore Sant'Anna diPisa, è stata nominatapresidente della commissionechiamata a valutare losviluppo dei due progetti delprogramma Horizon 2020,avviati entrambi nel 2013 erelativi a settoridell'innovazione. il primoprogetto punta a realizzare unsupercomputer ispirato alcervello umano per conoscerepiù afondo il più complessodegli organi, il secondo puntaallo studio e all'utilizzo delgrafene, il materiale spessocome un atomo che potràsostituire il silicio e chepromette di rivoluzionaremolti settori della tecnologia.Un grande riconoscimento perla deputata Pd. "Sonoorgogliosa di aver ricevutoquesto incarico e faró del miomeglio per rispondere agliobiettivi fissati con le lineeguida della valutazioneeuropea", dice carrozza. Conun incontro già fissato aBruxelles, la commissionedovràfornire entro dicembre2016 una prima valutazione.

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Verso l'approvazione del correttivo che permette i rinnovi dei contratti anche dove è stato sforato il Patto ne 12015

Città e Province, salvagente per i precariGianni TrovatiMILANO

Sembra invia di soluzioneil pasticcio del Milleproro-ghe che nella versione appro-vata dal Governo impedisce laproroga dei contratti precarinelle Città metropolitane enelle Province, la maggioran-za, che hanno sforato il Pattodi stabilità del 2015.

Il problema (segnalato sulSole 24 Ore del 13 gennaio) ri-guarda i circa 2mila precari de-gli enti di area vasta e nasce daun intervento "sfortunato" neltesto originale, con cui si è fattaslittare da fine 2015 afine 2016laderoga introdotta lo scorso an-no per evitare il blocco dei rin-novi contrattuali nelle ammi-nistrazioni che non avesserorispettato i vincoli di finanzapubblica. Quella regola, scrittaall'inizio dell'anno scorso, siri-

ferivaperò al mancato rispettodel Patto di stabilità nel 2014, eovviamente non prendeva inconsiderazione gli eventualisforamenti che si sarebberoverificati aconsuntivo del 2015.Il risultato, paradossale, è chela possibilità di confermare ilpersonale precario rimarreb-be nelle 33 amministrazionifuori regola due anni fa, ma so-lo nel caso in cui non rientrinofra le oltre 70 che invece nonhanno centrato gli obiettivi loscorso anno: la catena dei tagli,infatti, ha moltiplicato la platea

Per gli enti metropolitaniil presidente Anci Fassinochiede al Governo di rivederela dotazione delle risorsee i rapporti con le Regioni

degli inadempienti.L'emendamento, destinato

a rientrare nel pacchetto ri-stretto dei correttivi che sa-ranno imbarcati nella legge diconversione, estenderà la de-roga agli sforamenti del 2015,traducendo in pratica quellache era l'intenzione della nor-ma originaria. Continua, inve-ce, la discussione sugli altricorrettivi del capitolo enti lo-cali, a partire dalla possibileestensione degli strumenticon cui finanziare i recuperidel salario accessorio illegitti-mo erogato da molti enti localinegli scorsi anni: sulla propo-sta, che in pratica consentireb-be di dedicare a questo obietti-vo i risparmi prodotti da tutti ipiani di razionalizzazione de-gli ultimi anni e quelli creatidalla rinuncia «temporanea» e«volontaria» agli spazi di turnover, si è registrata qualcheimportante apertura all'inter-no del Governo, mamanca l'ul-tima parola dell'Economia.Sempre a Via XX Settembre,poi, si gioca la partita sulla ri-modulazione delle sanzioniper le Città e le Province chenon hanno rispettato il Patto.

La richiesta di azzeramentodelle sanzioni per le Città è ri-suonata ieri a Firenze, nellaprima delle due giornate delForum che l'associazione deiComuni sta dedicando alle ri-cette per il decollo dei nuovienti. «Sul tema risorse ci ap-prestiamo ad aprire subito unconfronto con il Governo», incui andrà portata avanti anchela definizione di «misure isti-tuzionali cocrentinel rapportocon le Regioni». In fatto di bi-lanci, l'azzeramento dei tagliarrivato con la manovra 2016

è un passo in avanti, ma non èancora sufficiente».

[email protected] PRO D UZPONE RISERVATA

Le Città metropolitane sono ilnuovo ente di area vasta che conla riforma Delrio ha sostituito leProvince di Torino, Milano,Genova, Venezia, Bologna,Firenze, Roma, Napoli, Bari eReggio Calabria. A queste siaggiungono nelle Regioniautonome le Città di Cagliari,Palermo, Catania e Messina.Hanno funzioni dipianificazione strategica e diprogrammazione su trasporto,viabilità e gestione delterritorio.

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Innovazione, primo ok al Piano strategicoVENEZIA - Via libera in Commissione regionale al Pianostrategico per ricerca scientifica, sviluppo tecnologico einnovazione 2016-2018. E' uno «strumento fondamentale -ha detto l'assessore competente, Roberto Marcato - affin-ché il Veneto mantenga la sua posizione di eccellenza nelpanorama nazionale e aumenti la sua competitività a livellointernazionale». Con un importo previsto di 114 milioni laRegione contribuisce al sistema della ricerca e ai targetfissati dalla Strategia Europa 2020 e 96.500.000 curodell'Obiettivo 3. sono dedicati alla competitività. RICERCA Dalla Regione 114 milioni.

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Le idee a caccia di fin entiQuindici giovani imprese, start up del Polo di Navacchio, si sono presentate agli investitoridi Carlo Palotti1 CASCINA

dente della Polo Navacchio Spa- anche noi come gestori deglispazi e dell'incubatore fatturia-mo tra il milione e mezzo e idue milioni di euro. Mentre lenostre strutture sono al com-pleto, compreso il quarto lottodel centro aperto meno di unanno fa».

Il Polo Tecnologico quindi èuna realtà economica del terri-torio. «I1 centro di Navacchio -continua Di Benedetto - può es-sere paragonato ad una inediaimpresa italiana, con in più, un

potenziale di crescita non equi-parabile a quello di un'aziendadi dimensioni simili. Il nostro èun ecosistema distribuito, que-sto genere d'incontri sono utilianche per mettere in contattodiretto le diverse esperienze,magari per avviare collabora-zioni». Ma non è tutto gira co-me dovrebbe e Andrea Di Bene-detto sa su chi puntare il dito.«In Italia - spiega - da tre anniabbiamo una delle legislazionipiù avanzate al mondo in mate-ria di startup. Ciò che manca è

l'attenzione della politica, cheda sempre considera le piccolee inedie imprese come un pesoe non come una risorsa su cuiinvestire. La ricetta è a portatadi mano: nel 2016 l'innovazio-ne non si fa con le grandi azien-de, ma incentivando la parteci-pazione di realtà giovani e dina-miche. In questo senso baste-rebbe ripensare il sistema deibandi pubblici, rendendoli piùattenti alle piccole imprese di-slocate sul territorio».

Eppur si muove. Con un incon-tro all'incubatore del Polo Tec-nologico dal titolo "Make up",15 giovani imprese si sono pre-sentate al pubblico degli inve-stitori. Per le startup domicilia-te a Navacchio e nelle tre sedidistaccate del Polo di Cecina,Rosignano e San Marino, è sta-ta l'occasione per illustrare ipropri piani di sviluppo e perstringere future collaborazioni.Nei tre minuti a disposizioneogni relatore ha messo sul piat-to l'attività principale (il corebusiness) dell'azienda: dall'ap-plicazione della BeeApp chetrasforma il cellulare in una ba-checa con notifiche microloca-lizzate, ai dissuasori per volatilie animali selvatici da utilizzarenegli aeroporti della Digital Mi-racle. Dal servizio che trova iti-nerari campestri e cibo a chilo-metri zero studiato Foodsouve-nirs, aTelegalileo, laweb tv chepunta a divulgare ed avvicinareil grande pubblico al inondodella scienza applicata. Non so-no mancate innovazioni mec-caniche, come i sistemi di pun-tamento per le parabole monta-te sui camper pensati e realizza-ti dalla Ma-ve international, o isensori per il conteggio del gasdomestico (che si montasull'impianto senza sforzo) svi-luppati a Navacchio dalla Ze-nUp.

In un'Itali a fiaccata dall'eco-nomia ristagnante, definitaspesso "al palo" per idee e inno-vazione, la giornata messa inprogramma dall'amministra-zione del Polo Tecnologico hamostrato l'altra faccia della cri-si. Nell'ultimo anno di attività,le 60 aziende insediate e chegravitano sul centro di Navac-chio (e che impiegano 600 lavo-ratori), hanno fatturato circa 40milioni di euro. «Non solo - di-ce Andrea Di Benedetto, presi-

I giovani imprenditori che hanno presentato agli investitori i prodotti delle loro start up

ORIPRODUZION E RISERVATA

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Orfano del posto fisso, maschio e laureatoquattro milioni di imp renditori di se stessi

La fondazione Trentin rivela:hanno tra i 30 e i 45 anniLe donne raggiungono il 41%

Francesco Pacifico

Negli anni Ottanta danno l'avvio aquel fenomeno, l'auto-iinprendito-ria, che è alla base del rainpantismodei tempi, all'uscita dalla dicotomiafabbrica-ufficio statale. Negli anni2000 rispondono, con costi bassi edestrema flessibilità, alla fine del postofisso. Alla fine della grande crisi per-mettono agli over 50 di avere un reddi-to, nonostante il mercato del lavoro liabbia espulsi. In Italia le partite Iva so-no poco meno di quattro milioni (3,9per la precisione). Prima della reces-sione erano almeno mezzo milione inpiù, poi la mancanza di opportunità, ipaletti sulla monocommittenza e gliincentivi a contratti stabili introdottidalla Fornero in poi hanno cambiatoquesti numeri.

Parliamo di un esercito tanto com-posito, che ha un solo comune deno-minatore: nessun partito, sindacato oassociazione è mai riuscito a rappre-sentarlo in toto. Ora ci prova MatteoRenzi, creando quello Statuto di diritti

che è uno dei più grandi lasciti di Mar-co Biagi.

In questo mare magnum ci sonoagenti immobiliari, fornitori di servizialle imprese, artigiani, start up tecnolo-giche nate sotto la formula di ditte indi-viduali, agricoltori, professionistiiscritti agli ordini (gli unici a crescerein questi anni), addetti delle costruzio-ne e i troppi (rispetto a quelli che ilmer-cato può assorbire) lavoratori dell'in-dustria della conoscenza.

Una ricerca della fondazione Bru-no Trentin ha scoperto che il 53 percento è laureato. La maggioranza, stra-no a dirsi nell'Italia gerontocratica, hatra i 30 e i 45 anni. I maschi, con il 58,4per cento, sono più delle donne (41,6).

Bassi i redditi : il 45 per cento non gua-dagna più di 15 mila curo lordi l'anno.Va detto, però, che molti preferisconorestare sotto questo tetto per usufruiredelle agevolazioni fiscali garantite dalregime dei minimi . Per tutti, partiteIvaricche e povere, èprevistounpicco-lo salasso quando si devono pagare icontributi : l'aliquota è del27,7 per cen-to alle gestioni separate per pensioniche - già prima dell'introduzione delcontributivo - erano da faine.

La Cgia di Mestre ha scoperto che,in proporzione alle dinamiche econo-miche, in questi anni si è fatto maggio-re ricorso allo strumento proprio nelMezzogiorno . Contro una crescita na-

zionale del 19,2 per cento, e partendodalle iscrizioni alle gestioni separate,infatti, tra il 2010 e il 2014 questi auto-nomi sono aumentati del 44,8 per cen-to in Sicilia, de137,2 in Puglia e del 36,1in Basilicata. Per la cronaca sono ad-detti al turismo (come le guide), grafi-ci-pubblicitari, consulenti di investi-mento, consulenti tributari o educato-ri. A riprova che l'industria nell'areasta scappando.

Molto mobile è anche il quadro del-laCampania. L'associazione naziona-le dei consulenti del lavoro ha calcola-to che nei primi nove mesi del 2015 lepartite Iva sono cresciute nella provin-cia di Benevento del 12,29 per cento,in quella di Napoli dell' 11, nel Caserta-no del 7,85 e a Salerno del5,93. In con-trotendenzal'Irpinia: -1,39. Ma questinumeri finiscono anche per dimostra-re il fallimento dell'introduzione delJob Ac t, che incentiva le aziende ad as-sumere a tempo pieno.

Il dato più interessante, però, dalpunto di vista economico quanto so-ciologico per provare a decifrare que-sto mondo l'ha dato nei giorni scorsi ilministero delle Finanze. Da gennaio anovembre del 2015, fa sapere via XXsettembre attraverso la sua anagrafetributaria, gliunder35 che hanno aper-to una partita Iva sono stati 153.902:cioè il 15,6 per cento in meno rispettoa quanto avvenuto allo stesso periodo

del2014. Parallelamente gli over 50, in-vece, a scegliere questastradasono sta-ti oltre 52mila, con una crescita supe-riore al 6 per cento. Che sale al 20, se siconsiderano (cori 15mila iscrizioni inpiu) i sessantacinquenni.

Dietro questi numeri non c'è sol-tanto un bilanciamento al ribasso trapadri e figli. C'è la necessità di chi nonè rientrato in azienda dopo la cassa in-tegrazione ed è troppo giovane per lapensione, e comunque deve trovareuna soluzione per arrivare alla pensio -ne.

Atutti loro il ministero delle Finan-ze fornisce un codice di undici nume-ri, la partita Iva, per inquadrarli dalpunto di vista fiscale e contributivo nelerodo più agile e snello. Forse troppo,visti che non sono mancati abusi. Tan-to che Susanna Camusso ha fatto am-menda: «Abbiamo sbagliato a nonusa-re la forza collettiva dei più garantitiper difendere anche le persone senzacontratto o con un contratto atipico».Ha fatto ammenda perché il sindacatonon ha mai voluto guardare a quelloche succedeva oltre il contratto nazio-nale.

Il Nidil, la sigla che per la Cgil si oc-cupa degli atipici, ha calcolato che al-meno il 40 per cento delle partite Ivasono false, perché c'è un solo commit-tente. Costanzo Rarici e Lara Maestri-pieri del Laboratorio politiche socialidel Politecnico di Milano, hanno ipo-tizzato invece abusi nel 12 per centodei casi, quindi 400mila persone. Inogni caso lavoratori vittime di datoriche vogliono risparmiare su tasse econtributi e pensano di disfarsene piùfacilmente.

L'allarmeUn'indaginedella Cgilha scopertol'esistenzadi molti«falsi»tra gli atipici

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Quiz sbagliati per diventare medici :oltre al «d'anno» la beffa per chi paga

Gli aspiranti dottori sborsano 300 europer un esame inutile e pieno di errori

Michelangelo Bonessa

Il ministro dell'IstruzioneStefania Giannini cade sui testdi medicina. Il 4 febbraio infattimigliaia di nuovi dottori affron-teranno la prova per l'abilitazio-ne alla professione, in Italia sene laureano ogni anno circa no-vemila, ma l'esame a quiz è fini-to al centro delle critiche per glierrori riscontrati dagli stessiaspiranti medici. E non è nem-meno la prima volta, già lo scor-so anno qualcuno aveva alzatola voce: domande con errori damatita rossa, ripetitive e a voltepure contraddittorie. Un insul-to doppio per i giovani che siapprestano a entrare nel mon-do del lavoro: oltre a sei anni,

quando va bene, di laurea concosti che non tutti si possonopermettere, sono costretti a ver-sare anche 330 euro più una tas-sa amministrativa per un esa-me che in molti reputano inuti-le. E in più i quesiti sono scrittisenza rigore.

Se non fossimo in Italia sareb-be anche normale la rispostadel Ministero: «Non ce ne occu-piamo noi, ma l'ordine dei me-dici». Peccato che dall'ordinedei medici di Milano se la rida-no: «Saremmo ben felici se glierrori fossero da imputare a noi- spiega il presidente RobertoCarlo Rossi -. I quiz vengonopreparati a Roma che poi li giraal Consorzio Cineca che a suavolta li invia agli atenei». Sonosettemila domande, pubblicatesul sito del Miur due mesi pri-ma della prova, tra cui poi nevengono scelte 180 da sottopor-re agli esaminandi.

Di per sé sarebbe già un «esa-me a prova di cretino» dice trail serio e il faceto Rossi, vistoche è sufficiente una memoriaallenata per superarlo, poi «mipare che da quanto abbiamo vi-sto anche la turnazione dei que-siti sia tra il 10-15 per cento, bi-sognerebbe aumentare sia laquota totale che il ricambio». E

il problema non è nemmenonuovo: già l'anno scorso una let-tera aperta aveva chiesto un in-tervento del Ministero, ma paresenza esito. E allora via a do-mande con scritto: «Le seguenticondizioni d'anno un'immagi-ne...». «Cellule eucariote» chein rigurgito di insegnamenti reli-giosi diventano «eucaristiche».E via così di strafalcioni.

Per di più in diversi casi glierrori erano stati segnalati giàun anno fa, eppure né al Mini-stero, né al Cineca le hanno cor-rette. Un comportamento cheappare singolare almeno perl'ente bolognese: il consorziouniversitario dovrebbe avereun occhio di riguardo visto che,poco più di un anno fa, si dimi-se il suo presidente proprio peruno scandalo sui test d'ingressoalle scuole di specializzazione.E invece pare proprio di no. An-zi, siamo nella paradossale si-tuazione in cui nemmeno si sadi preciso chi sia a preparare lefamose domande. «Ma allora itrecento euro a chi vanno?», sichiedono su internet gli studen-

II ministero incolpal'Ordine professionale,che respinge al mittente

ti. Non pare certo nemmenoquesto aspetto. Così come nes-suno pare sapere chi abbia co-perto le statue per la visita delpresidente iraniano Rohani.

E intanto si è persa nei mean-dri delle promesse e della buro-crazia l'idea avanzata da qual-cuno della laurea abilitante,cioè un esame unico a fine ciclodi studi che permette di ottene-re il titolo e contestualmentel'abilitazione. L'anno scorso se-condo alcuni rumors il Miurera intenzionato a procedere inquesto senso, poi si è perso tut-to nel dimenticatoio. Una solu-zione che ha già molti sostenito-ri. E non solo tra gli studenti:anche parecchi docenti e medi-ci d'esperienza considerano iltest dell'abilitazione inutile. In-vece ora siamo punto e a capocon test nel mirino delle criti-che degli studenti che «d'anno»di matto per superare l'ennesi-mo, costoso, esame.

3rafalaoni ministeriali

r t .. JSSA Errori AG UR 310 Aria» C U'1A Nessuno sembra essersioœsì gridano vendetta e ,erea»pari non sono accorto di questa evidente contraddizione

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I RICERCAAIRC ]

NUOVE CUREPER IL TUMOREAL FEGATO

Ancora oggi, e nonostante la tendenza aun lieve miglioramento, la sopravvivenzaa cinque anni dalla diagnosi di tumore alfegato è attorno al 15-16 per cento, e leterapie farmacologiche, comprese quellepiù nuove, non sono soddisfacenti. Ma unascoperta fatta dai ricercatori dell'Univer-sità di Firenze guidati da Fabio Marra, epubblicata sulla rivista Gut, lascia intra-vedere qualche speranza. «Ciò che abbia-mo visto nei tessuti dei malati» spiegaMarra «è che una proteina chiamata Erk5è molto più espressa nelle cellule tumora-li e in quelle dei tessuti circostanti, cirro-tici, che in quelle sane e che, almeno invitro e negli animali, la sua soppressione,

o il blocco della sua normale attività, sonoassociati a un rallentamento, quando nona un'inibizione, della crescita del tumore,senza effetti collaterali di rilievo».Lo studio, finanziato dall'Associazioneitaliana per la ricerca sul cancro, è statofatto in collaborazione con al-cuni ricercatori di Harvard,che hanno messo a punto unfarmaco, per ora sperimentale,che blocca specificamenteErkS; se le fasi successive dellasperimentazione dovesseroconfermare il suo ruolo e l'effi-cacia del farmaco, potrebberoaprirsi nuove prospettive diterapia.

Nel frattempo, però, ciò sucui Marra, epatologo dell'O-spedale di Careggi di Firenze,insiste, è la prevenzione, per-ché più di altri, il tumore delfegato è legato allo stile di vita:

infezioni virali, fumo, abuso di alcol e, inmisura sempre più preponderante, ecces-so dipeso aumentano molto il rischio. «Gliitaliani colpiti dalla malattia sono più di20mila, e i nuovi casi oltre 12mila ognianno» spiega Marra. «Di questi, alcuni

DOMANI 30 GENNAIOIN 2.500 PIAZZE ITALIANE

SARANNO IN VENDITAA 9 EURO LE RETICELLEDI ARANCE DELLAIRC(WWW.AIRC.IT) PER

RACCOGLIERE FONDIA FAVORE DELLA

RICERCA E INFORMARESUI BENEFICI DI

UN'ALIMENTAZIONESANA

come quelli legati alle infez ionida epatite Ae B o all'alcol sonoin calo, ma quelli associati auna dieta scorretta, causa pri-ma dell'accumulo di grasso nelfegato (la steatosi epatica) so-no in aumento - e si teme chelo saranno molto nei prossimianni, in tutti i paesi occidenta-li, proprio per lo scadimentodella dieta. La steatosi è insi-diosa perché non dà sintomi,ed è spesso sottovalutata, maper fortuna è anche evitabile:con un'alimentazione equili-brata, e con uno stile di vitasano». (agnese codignola)