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CATERINA ALIBERTI EMILIA CALZETTA DAVIDE CAMMAROTA GIOVANNI CITRO FRANCESCO D’ARIENZO MARIO GAROFALO FRANCESCO INNELLA LUIGI NOVI GIUSEPPE NUNZIANTE NADIA RUMMA GIOVANNI SALERNO F ABRIZIO SANTORIELLO SALVATORE SCANNAPIECO FRANCESCO SOFIA F ABIO VITOLO VINCENZO VITOLO Il Tecnico del Mare tra alimentazione, pesca e ambiente a cura di Giovanni Citro Nadia Rumma Francesco Sofia Nella sede dell’ISIS “Giovanni XXIII” Maggio 2010

TECNICO DEL MARE, TRA PESCA, ALIMENTAZIONE E AMBIENTE

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a cura di Giovanni Citro Nadia Rumma Francesco Sofia

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CATERINA ALIBERTI EMILIA CALZETTA DAVIDE CAMMAROTA GIOVANNI CITRO FRANCESCO D’ARIENZO

MARIO GAROFALO FRANCESCO INNELLA LUIGI NOVI GIUSEPPE NUNZIANTE NADIA RUMMA GIOVANNI SALERNO FABRIZIO SANTORIELLO SALVATORE SCANNAPIECO

FRANCESCO SOFIA FABIO VITOLO VINCENZO VITOLO

Il Tecnico del Mare

tra alimentazione, pesca e ambiente a cura di

Giovanni Citro Nadia Rumma Francesco Sofia

Nella sede dell’ISIS “Giovanni XXIII”

Maggio 2010

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Indice

NADIA RUMMA, FRANCESCO SOFIA, Introduzione 3

GIOVANNI CITRO, Da Operatore del Mare a Tecnico del Mare 6

LUIGI NOVI, Per una corretta alimentazione 11

FRANCESCO D’ARIENZO, GIUSEPPE NUNZIANTE,

Aspetti salutistici dei prodotti ittici nutrienti e fabbisogni 13

GIOVANNI CITRO, Omega 3: questi sconosciuti 17

FABRIZIO SANTORIELLO, Popolazione e consumo di prodotti ittici 20

FABIO VITOLO, VINCENZO VITOLO Le tonnare della Costa d’Amalfi (secc. XVII-XIX) 22

FRANCESCO SOFIA, «Si levò una gran tempesta à segno di ponente et lebeccio»: burrasche contro le coste cilentane in età moderna (secc. XVII-XVIII)

27

CATERINA ALIBERTI, FRANCESCO INNELLA, Pesca ed alimentazione nel Salernitano tra Ottocento e Novecento 39

FABIO VITOLO, VINCENZO VITOLO, Un’esperienza di studio nell’Archivio di Stato di Salerno 44

FABRIZIO SANTORIELLO, I Database 59

EMILIA CALZETTA ET ALII

L'ambiente marino costiero tra la foce dell'Irno e la foce del Picentino: un modello di rappresentazione di SEGNALI da sensori ambientali

65

GIOVANNI SALERNO, Il settore peschereccio salernitano: analisi e prospettive 97

MARIO GAROFALO, DAVIDE CAMMAROTA, L’IREPA 119

SALVATORE SCANNAPIECO, Le funzioni del marketing nell’impresa di acquacoltura

120

Le attività e i progetti dell’ISIS “Giovanni XXIII” (sede Barra) negli anni scolastici 2008-09 e 2009-2010

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Gli Autori 127

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Introduzione

di Nadia Rumma e Francesco Sofia

I lavori che qui si presentano sono stati svolti nell’ambito di un progetto svolto nell’anno scolastico 2009-2010 e ristretto esclusivamente alla classe V^ Tecnico del Mare. Gli studenti hanno partecipato con interesse, per alcuni davvero rimarchevole, e, in ogni caso, si sono avvicinati a problematiche per loro nuove, sulle quali hanno potuto riflettere. Il progetto è stato articolato seguendo 4 percorsi:

1. Alimentare, con particolare attenzione alla dieta e agli aspetti salutistici dei prodotti ittici).

2. Storico-professionale (tonnare, analisi delle documentazioni esistenti negli archivi, la navigazione e le reazioni dei marinai in situazioni estreme).

3. Ambientale (inquinamento, misurazione e rilevazione delle acque costiere, database).

4. Economico-produttivo (il settore peschereccio attuale e le prospettive future, le strategie di marketing).

Ne diamo brevemente conto. In apertura, il prof. Giovanni Citro, che del corso per Operatore del Mare e per Tecnico del Mare è stato membro del gruppo nazionale che ha ne ha posto le basi per l’ideazione e la realizzazione, ne chiarisce le finalità ed obiettivi (figura professionale con competenze nei settori della nautica da diporto e dell’acquacoltura). Allo stato attuale, dopo il riordino degli istituti superiori (cf. i Regolamenti di riordino, del 15/03/2010, i cui caratteri originali, secondo le indicazioni del MIUR, sono, tra gli altri: qualità e modernizzazione, eliminazione della frammentazione e riduzione del quadro orario, apertura al mondo del lavoro, dell’impresa, al superamento dell’ormai datato rifiuto dell’alternanza scuola-lavoro-formazione-apprendimento in azienda) e il rapporto da consolidare o da istituire con l’ente Regione, la rilettura del curriculo risalente a vari anni fa può essere utile per la rimodulazione professionale a venire. Gli studenti Luigi Novi, Francesco D’Arienzo, Giuseppe Nunziante, Fabrizio Santoriello (che si sono documentati anche in rete) descrivono quella che dovrebbe essere una dieta corretta, il valore nutritivo dei consumi ittici, i diversi

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contenuti lipidici, il ruolo degli acidi grassi polinsaturi, gli effetti dell’abbassamento del colesterolo nelle popolazioni i cui consumi ittici risultano maggiori e frequenti. Riprende la questione con riferimento ai polinsaturi il prof. Citro, che, forte anche della sua esperienza diretta sul campo quale consulente e ricercatore per aziende, tratta degli omega 3 nei pesci e della loro utilità. Nell’uomo sembra che dislessia, demenza senile e schizofrenia siano associabili a bassi livelli di omega 3 nella dieta. Rileva che buoni livelli di omega 3 nell’organismo possono migliorare lo stato dell’umore, riducendo nel contempo la percezione di sensazioni negative, mentre negli anziani gli omega 3 aiutano a conservare la memoria ed a prevenire l’Alzheimer, promuovendo la produzione di Brain derived neurotrophic factor che favorisce il formarsi di nuovi neuroni. Per il percorso 2 gli studenti Fabio e Vincenzo Vitolo tracciano un quadro organizzato e preciso delle tonnare nella Costa d’Amalfi dal Seicento all’Ottocento, mostrando di aver lette e ben comprese le recenti ricerche pubblicate sull’argomento. Il prof. Francesco Sofia anticipa alcuni risultati, a partire da una documentazione del tutto inedita, di una ricerca su avvenimenti e timori sempre presenti nell’orizzonte materiale e mentale degli uomini di mare dell’età moderna: le burrasche, i naufragi, le modalità per sopravvivere e scampare alla morte, i tentativi di salvare le merci. Caterina Aliberti e Francesco Innella, funzionari dell’Archivio di Stato di Salerno, presentano una serie di documenti riguardanti la pesca, le tecniche e le attrezzature, i consumi, lo stato delle acque, le regolamentazioni, sui quali gli studenti si sono esercitati nella lettura, nell’individuazione dei problemi e nell’interpretazione complessiva. Ancora Fabio e Vincenzo Vitolo hanno, poi, ripreso gli stessi materiali legati alle attività marittime, fornendone una elencazione cronologica e per settori. Il percorso 3 comprende un lavoro di Fabrizio Santoriello, che chiarisce le caratteristiche del Database necessario per il rilevamento di dati relativi al SeaLab. La professoressa Emilia Calzetta (con altri studiosi) del SeaLab, in un articolato saggio, ne definisce i fini (a cominciare dall’inquinamento), l’utilità, gli aspetti, le modalità di funzionamento anche tecnico (i sensori), concludendo che: “dal modello del progetto “SEA HORSE” si potrebbero sviluppare in futuro dei progetti di didattica ed educazione ambientale indirizzati alle scuole superiori di Salerno, utilizzando il modello come mezzo di divulgazione della conoscenza e l’ambito marino-costiero della città come strumento per aumentare la consapevolezza delle questioni ambientali relative al mare, alla costa e al territorio della città di Salerno. Il modello si configura come uno strumento educativo multimediale, motivante ed efficace per avvicinare gli alunni delle scuole superiori alle scienze ambientali”. Il percorso 4 si compone di 2 saggi. Il dottor Giovanni Salerno, segretario generale e coordinatore dell’IREPA, prende in esame lo stato presente della

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pesca nel Salernitano con largo sussidio di tabelle (le caratteristiche tecniche della flotta del comparto di Salerno, tonnellaggio, ricavi e prezzi, pescato, quantità e qualità), analizza i processi produttivi, delinea gli obiettivi specifici di sviluppo territoriale, introduce alle nuove professioni (tra le quali: l’addetto al pescaturismo e l’RGP, responsabile di gestione della pesca). Alcuni di questi temi sono stati oggetto di un seminario tenutosi presso l’IREPA e destinato agli studenti della V^ A Tecnico del Mare. Gli studenti Davide Cammarota e Mario Garofalo hanno compilato una sintetica scheda sull’attività e i compiti scientifici dell’IREPA. Infine, il prof. Salvatore Scannapieco delinea le modalità del marketing di una possibile impresa di acquacoltura, differenziandole in base a tutta una serie di parametri. Si aggiunge che per il lessico specifico in Lingua inglese la revisione è stata operata dalla professoressa Nadia Rumma. L’impaginazione e la grafica sono state in parte effettuate nel laboratorio di Informatica della sede Barra dell’ISIS “Giovanni XXIII”. I curatori e gli autori ne sono riconoscenti al responsabile Massimo La Via. Un ringraziamento sentito, doveroso, e per nulla formale, va, da parte di tutti, al Dirigente scolastico, prof. Domenico Festa, che ha accettato, appoggiato e favorito costantemente sia il progetto che qui si è materializzato, sia le altre attività dell’ISIS “Giovanni XXIII”.

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Da Operatore del Mare a Tecnico del Mare

di Giovanni Citro

OPERATORE DEL MARE - PROFILO PROFESSIONALE L’Operatore del mare è una figura professionale delle conoscenze, delle abilità, delle capacità di pensiero e di scelta, idonee all’inserimento nel mondo del lavoro nei settori occupazionali:

Del traffico e della pesca, in acque marittime ed interne (lacuali, fluviali e lagunari), per l’esercizio delle attività connesse con il traffico, il diporto nautico e la pesca;

Dell’acquacoltura; Dell’industria della trasformazione, conservazione e commercializzazione

dei prodotti ittici.

Rispetto al primo dei due settori occupazionali elencati, l’operatore del mare possiede almeno i requisiti culturali e specifici richiesti dalla normativa nazionale per conseguimento dei titoli professionali di “Padrone marittimo di prima classe per il traffico e per la pesca” ed i requisiti per il conseguimento del titolo professionale di “Meccanico navale di prima classe specializzato”. È in grado di affrontare l’esame per il titolo professionale di conduttore delle imbarcazioni da diporto adibite al noleggio per le acque marittime ed interne. Al riguardo, l’istituto professionale si adopera ad espletare tutte le formalità richieste dalla legge per la partecipazione agli esami e presenta candidati alle sessioni d’esame, presso le sedi e nei periodi indicati dall’ art. 283 del regolamento per l’esecuzione del codice della navigazione, prima della conclusione del corso di qualifica. Nel campo invece dell’acquacoltura, collaterale e contiguo a quello della pesca, questa figura professionale è in grado di svolgere, con margini valutativi e nell’ambito delle direttive e delle istruzioni ricevute, attività di gestione e manutenzione degli impianti marini, lagunari e vallivi. OBIETTIVI GENERALI L’ipotesi progettuale s’inserisce in un quadro di formazione quinquennale,

Giovanni Citro

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costituito nell’insieme da un triennio iniziale, che porta alla qualifica di “Operatore del mare”, e da un biennio post qualifica per “ Tecnico del mare”. Essa prefigura, tra i suoi obbiettivi primari, la ridefinizione nei profili professionali legati alla cultura del mare, intesa nella sua accezione più ampia. Una cultura invero trascurata nel nostro Paese, stando al comune sentire e dai risultati di indagini anche recenti, condotte da centri di ricerca affermati in campo nazionale (*). Oggi, la necessità di trovare vie di comunicazione alternative alle autostrade, oramai prossime alla saturazione giustapposta alla necessità di limitare al massimo i danni arrecati all’ecosistema dai carichi inquinanti immessi nell’atmosfera dai gas di scarico e dai rumori prodotti dai T.I.R. e dai treni, unita a quella di soddisfare la domanda di una formazione qualitativamente migliore nei settori della pesca e del diporto nautico, rappresentano segnali da non sottovalutare se si vuole recuperare un’immagine positiva del mare, non solo come risorsa naturale, ma anche come ambiente di lavoro. Un luogo in cui le capacità manageriali, di organizzazione e di ricerca, amalgamate da un’intelligente utilizzazione dei mezzi informatici e telematici, consentiranno lo sviluppo di attività produttive meno disagevoli e più redditizie rispetto a quelle conservate nell’immaginario collettivo. Il presente progetto, perciò, cerca di fornire un onesto ma utile contributo alla soluzione di questi annosi problemi ipotizzando una figura professionale di “operatore del mare” moderna, flessibile, adattativa, che raggruppa in sé le conoscenze e le abilità prima diluite nei corsi di qualifica per padrone marittimo, meccanico navale e radiotelegrafista di bordo. Una figura che si proietta altresì verso il conseguimento dei titoli professionali maggiori, di aspirante capitano di lungo corso e di aspirante capitano di macchina, al presente appannaggio dei soli diplomati degli istituti tecnici nautici, mediante la robusta presenza nell’impianto formativo di materie quali le discipline nautiche, le macchine marine ed i sistemi tecnici di bordo, il diritto e l’economia della navigazione. Nel contempo, il progetto prefigura una formazione aperta alle attività della Pesca Responsabile, una pesca cioè con competenza e razionalità, al fine di tutelare e proteggere le risorse naturali, in ossequio alle raccomandazioni degli organismi internazionali di settore (**). Il piano di studio tende altresì a favorire la rimozione di quegli ostacoli, di carattere culturale o di costume, che di fatto limitato lo sviluppo della nautica da diporto in Italia. Un settore ancora oggi erroneamente considerato da una prerogativa di una piccola élite, e perciò mortificato negli interventi educativi a sostegno di un’ampia diffusione della cultura del diportismo. In coerenza con l’obbiettivo dell’innalzamento dell’obbligo scolastico, è stata ampliata grandemente la base culturale dell’impianto formativo, superando l’originaria impostazione dei corsi di qualifica per “ Padrone marittimo” e “ Meccanico navale” la quale, per essere quasi esclusivamente composta di

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attività manualistico–addestrative, sarebbe risultata oggi poco idonea a conferire ai diplomati il giusto atteggiamento mentale per affrontare e risolvere i problemi di vita e di lavoro. Per questo, l’ipotesi progettuale è concepita in modo da soddisfare armonicamente ed integralmente di tipo linguistico – letterario, giuridico – economico, scientifico, tecnico e pratico che sono richiesti dalle varie figure professionali dinanzi delineate. La formazione di base vuole fornire allo studente, in aggiunta alle fondamentali conoscenze, esperienze e motivazioni che afferiscono all’area della persona (di tipo teoretico, scientifico, etico, estetico, espressivo) e all’area del cittadino (di tipo relazionale, comunicativo, sociale, civico, politico, organizzativo), gli aiuti sistematici ai programmi per sviluppare nel giovane le capacità progettuali operative e produttive ascrivibili all’area del lavoratore. In particolare, per la dimensione del lavoratore, l’ipotesi tende a favorire la crescita dell’autonomia di pensiero e di giudizio, la revisione critica del proprio operato di fronte a prove ed argomenti convincenti , lo spirito d’intraprendenza ed il gusto della ricerca. Attraverso un “iter” formativo compatto, costituito da discipline ridotte nel numero – undici materie nei primi due anni del corso di qualifica e dieci in tutto nella terza classe e nel post qualifica – e sempre le stesse nell’arco del quinquennio, strutturato per blocchi tematici ed allargato ad esperienze pratiche di lavoro, si intende conferire a quanti conseguono la qualifica prima, ed eventualmente poi la maturità, gli strumenti per affrontare con competenza e consapevolezza i nodi concettuali, le reti di relazione, le difficoltà ed i rischi insiti nelle attività afferenti nei vari settori occupazionali. La progressione delle conoscenze, dalla prima alla quinta classe, è articolata in maniera take da consentire, a quanti abbandonano gli studi prima del termine, d’inserirsi ugualmente e senza traumi nel mondo del lavoro, per svolgere attività meno impegnative sotto l’aspetto teorico di quelle sottese ai diplomi, ma non meno gratificanti sul piano della realizzazione personale, quali le attività di “marinaio autorizzato al traffico od alla pesca”, “motorista abilitato”, “ padrone marittimo di seconda classe” o “meccanico navale di prima classe”. Lavori che, al presente, per essere svolti, non richiedono ancora un titolo di studio superiore alla licenzia media, ma presumibilmente, in un futuro oramai prossimo, saranno oggetto di rivisitazione nei requisiti culturali validi per sostenere gli esami professionali, a causa soprattutto della crescente complessità delle tecnologie impiegate a bordo e dell’aumento volume del traffico mondiale. Tecnico del mare - Profilo professionale il tecnico del mare è una figura professionale polivalente in possesso di conoscenze, competenze ed abilità volte allo svolgimento di attività

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ecocompatibili: sulla pianificazione di una traversata; nella conduzione, governo e regolazione delle strumentazioni di plancia di

navi adibite al traffico, al diporto e alla pesca; sulla condotta delle macchine e degli impianti presenti su navi dotate di

apparati motori di qualsiasi potenza; sulla gestione, manutenzione degli impianti di acquacoltura, nella

riproduzione e allevamento, con autonomia organizzativa e responsabilità gestionale;

sulla conservazione e commercializzazione degli organismi acquatici; sulla ottimizzazione delle tecniche di pesca, nel rispetto del Codice per la

Pesca Responsabile.

Obiettivi generali di apprendimento Il corso post qualifica integra l'impegno formativo del precedente triennio degli studi, caratterizzandolo sia nell'area della formazione generale della persona sia nell'area della professionalizzazione. Come già riferito nelle Finalità dell'indirizzo Marittimo, in quest'ultimo segmento scolastico “la formazione, in aggiunta ad una configurazione culturale più solida ed approfondita, e ad una migliore organizzazione delle conoscenze, tende a definire un insieme di valori etici, conoscenze, esperienze professionali, sociali e relazionali, in grado di aiutare lo studente ad interagire criticamente con l'ambiente, a guidarlo nell'appropriazione di un'identità personale proiettata al futuro, aperta al cambiamento ed all'innovazione, padrona delle informazioni e delle forme indispensabili all'ingresso nella vita attiva, consapevole dei propri mezzi ma disponibile a comprendere le ragioni degli altri”. Per raggiungere questo ambizioso traguardo, le discipline tutte, comuni ed indirizzo, congiuntamente all'area di professionalizzazione, concorrono a favorire lo studente il potenziamento e l'estensione del dominio culturale, come pure lo sviluppo di più elevati valori spirituali, attraverso una scelta oculata e motivata degli obbiettivi e dei contenuti didattici ed utilizzando al meglio ogni sollecitazione proveniente da metodi ed oggetti di ricerca culturalmente significativi. Nel rimandare ai capitoli riguardanti le singole discipline per la lettura degli obiettivi specifici dell'apprendimento, di seguito vengono elencati alcuni degli obiettivi comuni alle discipline di indirizzo. Al termine del biennio post qualifica, lo studente deve essere in grado di:

rilevare il possesso di livelli più elevati di astrazione e formalizzazione. rivelare l'attitudine a riesaminare criticamente e a sistemare logicamente

le conoscenze acquisite; identificare il problema di un insieme conflittuale di dati, e formulare

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idonee ipotesi di soluzione; scegliere tra diverse schematizzazioni esemplificative la più idonea alla

soluzione di un problema reale; organizzare le conoscenze in maniera autonoma; costruire schemi concettuali complessi; affrontare con flessibilità situazioni nuove di natura scientifica o tecnica; stimare gli ordini di grandezza prima di usare strumenti o effettuare

calcoli; esaminare dati e ricavare informazioni significative da tabelle, diagrammi

ed altra documentazione; valutare l'attendibilità dei dati strumentali e la precisione dei metodi di

calcolo e dedurne le conseguenze; comunicare correttamente i risultati di prove, esperienze, esercitazioni e

procedure. (*) Rapporto CENSIS su “Economia del mare e sviluppo del Paese”, 7 novembre 1966. (**) si annovera, tra queste raccomandazioni, il Codice per la Pesca Responsabile, pubblicato dalla F.A.O. nell’ottobre 1995.

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Per una corretta alimentazione

di Luigi Novi Una corretta alimentazione comprende una buona conservazione dello stato di salute dell’individuo; quindi l’alimentazione deve essere varia e sufficiente per soddisfare il nostro fabbisogno energetico e nutrizionale. Ogni sostanza nutritiva ha funzioni specifiche grazie alla digestione e all’assorbimento che sono influenzate da diversi fattori. Il fabbisogno nutritivo varia da persona a persona. Dato che non esiste un regime alimentare valido per tutti i paesi,i parametri alimentari vanno sviluppati a partire dalle caratteristiche alimentari e dalle particolarità delle varie popolazioni. L’attuale dieta occidentale è caratterizzata da un aumento di grassi e carboidrati, con gravi rischi cardiovascolari ipercolesterolemie. Secondo gli studi fatti dall’American Cancer Society per una corretta alimentazione bisogna ridurre le calorie e aumentare il consumo di vegetali, frutta e pesce. Nei paesi in via di sviluppo migliaia di persone soffrono di denutrizione cronica;altri di malnutrizione acuta e milioni di bambini di malnutrizione proteico-energetica a causa degli effetti della fame. La malnutrizione può avere conseguenze gravi fin dal concepimento. Prima si era parlato della grande importanza alimentare dei prodotti ittici, proteine, vitamine ed acidi grassi essenziali. A tal fine è importante evidenziare che il 60% della produzione ittica mondiale proviene dai paesi in via di sviluppo. La pesca infatti rappresenta la fonte di alimenti di elevato valore nutrizionale,di reddito e di occupazione. In Asia la produzione acquatica fornisce quasi il 30% delle proteine animali totali. Molto importante è anche l’acquacoltura considerato un mezzo migliore per conservare e incrementare le riserve di pesce di mare e di acqua dolce. Oggi essa è un’industria fiorente soprattutto in Asia, America Latina, America del Nord e in Europa. In molti paesi dell’Africa, dove l’alimentazione principale è basata soprattutto su cereali e tuberi, si configurano quadri di malnutrizioni legati essenzialmente a carenze energetiche e proteiche. Le difficili condizioni delle distese aree del continente africano fanno sì che solo una piccola parte di esse possa disporre di grande quantità di pescato per trarne da esso i benefici di un corretto apporto di aminoacidi essenziali, acidi grassi polinsaturi, Sali minerali e vitamine. Al contrario, in alcuni paesi in via di sviluppo del continente asiatico, il pesce è un alimento tradizionalmente consumato anche con il ricorso a particolari metodi di

Luigi Novi

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preparazione. Ciò nonostante problemi endemici di carenze nutrizionali riguardanti ad esempio le vitamine e lo iodio, non possono che farci capire quanto una dieta varia e bilanciata assicuri uno stato di equilibrio metabolico necessario per il benessere dell’organismo. In questo contesto, i prodotti ittici rappresentano una risorsa soprattutto per il loro contenuto in proteine ad elevato valore biologico, oltre che per quello in acidi, grassi polinsaturi, minerali e vitamine importanti per la crescita ed il mantenimento in buona saluta di ogni fascia di età. A tal proposito, è significativo considerare che la modulazione degli acidi grassi alimentari attraverso la riduzione dei grassi saturi ed eventualmente un aumento degli acidi grassi mono o polinsaturi possono ridurre la pressione sanguigna in pazienti ipertesi, ridurre le conseguenze dell’iperlipemia postprandiale e modulare la struttura e la funzione cellulare che ha conseguenze metaboliche in tutte le cellule del corpo. Il ruolo stesso che hanno queste molecole nel controllo, quasi generalizzato delle funzioni corporee e la richiesta che i diversi organi ne fanno per espletare le loro normali funzioni, spiegano quindi l’implicazione degli acidi grassi polinsaturi n-3 in numerose malattie.

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Aspetti salutistici dei prodotti ittici nutrienti e fabbisogni

di Francesco D’Arienzo e Giuseppe Nunziante

L’energia e le sostanze nutritive necessarie ad un organismo sano si ottengono direttamente dagli alimenti. Le sostanze nutritive che si trovano negli alimenti sono le stesse sostanze chimiche che compongono, in misura diversa , il nostro corpo. In esso agiscono essenzialmente in tre modi : apportando i materiali per la costruzione ed il mantenimento dei tessuti corporei (funzione costruttrice); assicurando l’energia necessaria per lo svolgimento delle sue attività (funzione energetica); fornendo le sostanze atte a regolare i processi biologici che si svolgono nell’organismo (funzione regolatrice, protettiva). Tali sostanze sono : acqua, carboidrati, proteine, grassi, vitamine, sali minerali. Le persone sane, indistintamente, hanno bisogno degli stessi nutrienti per tutta la vita, ma la loro quantità varia in funzione dell’età, del sesso, delle condizioni climatiche, dell’attività fisica e di particolari situazioni fisiologiche (gravidanza, allattamento, crescita, invecchiamento, ecc). I bisogni fisiologici di nutrienti corrispondono alle quantità minime giornalmente necessarie per permettere lo svolgimento corretto di tutte le funzioni vitali. Tutti i nutrienti devono essere assunti giornalmente in rapporti adeguati. L’energia è indispensabile per ogni attività del corpo in quanto consumiamo energia in ogni momento, per camminare, compiere lavori, ma anche per attività meno evidenti come la respirazione, il battito cardiaco, ecc). Il fabbisogno energetico viene definito come l’apporto di energia di origine alimentare necessario a compensare il dispendio energetico di individui che mantengono un livello di attività fisica sufficiente per partecipare attivamente alla vita sociale. I valori dei fabbisogni energetici raccomandati dalla Società Italiana di Nutrizione Umana e dalla Commissiono of the European Communities (1993) per le varie fasce di età prevedono, per gli adultiche conducono attività fisica leggera, valori da 2.250 kcal/giorno per un uomo di 55-60 kg di peso a 2.545-2.749 kcal/giorno per un uomo di peso 80-85 kg. Per le donne che praticano attività fisica leggera con peso di 45-50 kg si prevede un fabbisogno energetico compreso tra le 1.645-1.795 kcal/giorno e le 1.980-2.165 kcal/giorno per le donne di 65/70 kg. Qualora l’attività fisica fosse pesante, il fabbisogno in kilocalorie giornaliere aumenta. La sintesi proteica è un processo che costa energia e in tal modo condiziona il fabbisogno energetico quindi la disponibilità di energia influenza il metabolismo proteico ed il metabolismo di tutto l’organismo. Oltre all’apporto quantitativo delle proteine bisogna ricordare l’importanza dell’apporto qualitativo. Gli

Francesco D’Arienzo e Giuseppe Nunziante

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aminoacidi che entrano nella loro composizione sono venti, di essi la metà può essere sintetizzata dall’organismo (aminoacidi non essenziali); degli altri dieci (aminoacidi essenziali perché l’organismo non è in grado di sintetizzarli) otto sono indispensabili in tutti i periodi della vita, due (arginina ed istidina) sono indispensabili per il bambino. Gli aminoacidi essenziali devono essere assunti con la dieta. Al concetto quindi di fabbisogno proteico, si associa il concetto di fabbisogno di aminoacidi essenziali. Posseggono queste caratteristiche e sono pertanto considerate di eccellente qualità, le proteine del pesce, delle carni di animali terrestri, dell’uovo, del latte mentre le proteine vegetali richiedono integrazione per la carenza di taluni aminoacidi essenziali. L’acqua è il costituente corporeo presente in maggiore quantità nel nostro organismo (l’80% del corpo del bambino, e il 65% di quello di un adulto sono formati da acqua) e diminuisce progressivamente con l’età e/o con l’aumentare dei depositi adiposi. L’acqua viene persa, con la respirazione, il sudore, con le urine, e continuamente rimpiazzata sia introducendola con le bevande che con gli alimenti. E’ un nutriente essenziale, se ne sospendiamo l’introduzione in pochissimi giorni sopravviene la morte, proprio perché i nostri tessuti si impoveriscono d’acqua a tal punto che vengono bloccate tutte quelle reazioni chimiche che sono alla base della vita e che solo in presenza di acqua avvengono regolarmente. Il turnover giornaliero di acqua corrisponde al 15% del peso corporeo nei primi mesi di vita e al 6-10% del peso corporeo nell’adulto. I carboidrati hanno la funzione principale di fornire energia. Con questo nome sono compresi più o meno complessi come l’amido, il lattosio contenuto nel latte, il glucosio e fruttosio della frutta, lo zucchero con cui usualmente dolcifichiamo (saccarosio). La gran parte dei carboidrati presenti negli alimenti è demolita durante il processo di digestione per liberare il glucosio che viene utilizzato dall’organismo a fini energetici. L’amido essendo composto da numerose molecole di glucosio, richiede una digestione più complessa tale da consentire un assorbimento lento e graduale. E’ pertanto consigliabile consumare polisaccaridi (pane, pasta, patate, riso, ecc) piuttosto che saccarosio, contenuto soprattutto nei dolci, che essendo facilmente digeribile viene assorbito rapidamente provocando quindi un’immediata elevazione della glicemia ed una brusca stimolazione del pancreas. Vitamine. Sono sostanze chimiche molto diverse l’una dall’altra. Esse si trovano sia negli alimenti di origine animale (lette, uova, pesce, carni, formaggi) sia nella frutta e nella verdura. Tra le vitamine liposolubili, la vitamina A è indispensabile per il meccanismo della visione per il differenziamento cellulare e l’integrità del sistema immunitario. L’azione biologica della vitamina E è dovuta principalmente alle sue proprietà antiossidanti prevenendo la propagazione dell’ossidazione degli acidi grassi polinsaturi (PUFA). Sali Minerali. Si tratta di sostanze che svolgono ben definite funzioni nell’organismo e debbono essere introdotte quotidianamente perché l’organismo

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li elimina e li rinnova in continuazione. Il calcio ad esempio è importantissimo per la formazione ed il mantenimento dell’integrità delle ossa e dei denti, il ferro essenziale per assicurare il trasporto dell’ ossigeno ai tessuti, il sodio, il potassio il fosforo, lo iodio la cui carenza può provocare il gozzo. Grassi o Lipidi. La maggior parte di essi sono costituiti dall’unione di glicerolo e acidi grassi. E’ proprio il tipo di acidi grassi a far si che un grasso si presenti solido (come il burro, lo strutto, il lardo o il grasso dei bovini) o liquido (come l’olio di oliva, di semi, l’olio di pesce) a temperatura ambiente (20°C). Nel primo caso il grasso è ricco in acidi grassi saturi (non contengono cioè doppi legami nella molecola), nel secondo caso di acidi grassi insaturi (contengono doppi legami nella molecola). I grassi sono essenziali in una dieta equilibrata. I lipidi hanno inoltre la funzione di apportare energia, forniscono 9 kilocalorie per grammo, veicolano le vitamine liposolubili A, E, D; in più danno sapore al cibo. Un altro tipo di sostanza grassa, presente in tutte le cellule (nelle quali svolge funzioni essenziali per la vita) e nel sangue, è il colesterolo, il quale viene sintetizzato dagli organismi animali, e quindi anche dall’uomo a partire dal precursore acetil-CoA che rappresenta il catabolita ai tre metabolismi (proteine, carboidrati e lipidi). Quando al quantità di colesterolo nel sangue dell’uomo raggiunge valori elevati, aumenta il pericolo che si verifichino danni a carico di importanti arterie di organi vitali, tali da facilitare, in associazione con altri tipi di rischio, quali fumo, vita sedentaria, la comparsa di gravi malattie. Esso è contenuto unicamente negli alimenti di origine animale, in quantità molto variabili. Le sostanze nutritive sono presenti in tutti gli alimenti, ma in quantità diverse questo significa che “l’alimento completo” non esiste, cioè nessun alimento contiene tutte le sostanze nutritive nella quantità giusta che sia quindi in grado di soddisfare da solo le nostre necessità nutritive, quindi bisogna mangiare in modo variato. Il pesce è un alimento di buon valore nutritivo. Il maggior componente è l’acqua, il contenuto in proteine varia tra la specie oscillando da 15 a 23 grammi per 100 grammi; tali proteine sono di elevata qualità, paragonabile a quella di altre carni bilanciate dal punto di vista della composizione in aminoacidi essenziali. Pesci provenienti da acquacoltura di tipo intensivo, cioè alimentati regolarmente con dieta artificiale (mangimi), ricca in energia e nutrienti generalmente hanno più grasso dei pesci selvaggi che invece sono sottoposti a maggiori variazioni ambientali e di disponibilità alimentare. Il diverso contenuto lipidico ha suggerito di dividere i pesci in :

Magri (tenore in grassi inferiore a 3 %): merluzzo; Semigrassi (grassi tenore in grassi 3-8 %): triglia, cefalo, dentice, trota; Grassi (tenore in grassi superiore all’8 %): anguilla, sgombro.

I pesci hanno una maggiore quantità di acidi grassi polinsaturi. Le sostanze minerali variano nei diversi tipi di pesce, tuttavia esse sono presenti nelle loro carni in quantità superiore (1,0-1,5 g/100 g di parte edibile) tra esse meritano

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menzione il selenio la cui importanza alimentare è stata messa in luce solo di recente, che svolge un’azione di protettiva nelle ossidazioni cellulari, lo iodio (nei pesci di mare) spesso carente in molte scelte alimentari, il fosforo, il calcio, lo zinco ma il ferro è contenuto in quantità inferire rispetto alla carne di altri animali. Nei pesci grassi (sgombro, anguilla) si può segnalare una discreta presenza di vitamine E e A nel tessuto muscolare mentre nei pesci magri (merluzzo) quest’ultima è abbondante nel fegato dove è presente anche la vitamina D. La peculiare abbondanza di acidi grassi polinsaturi, il basso contenuto in colesterolo e quello alto in fosfolipidi, la ricchezza in sali minerali, l’elevata digeribilità e masticabilità fanno del pesce un alimento adatto a tutte le fasce di consumatori. In passato i prodotti ittici rientravano abitualmente nell’alimentazione delle popolazioni costiere e per gli abitanti in aree distanti dalla costa rappresentavano un alimento legato solo ad occasioni particolari, nel corso degli ultimi anni il consumo di prodotti ittici è andato aumentando fino ad arrivare a 23 kg annui per persona. Per quanto riguarda il primo punto è stato determinante lo sviluppo dell’acquacoltura che ha reso possibile la presenza costante durante tutto l’arco dell’anno, sui nostri mercati, di alcune specie sia di acqua dolce (trote) sia di acqua salata o salmastra. I nutrizionisti ed i medici che studiano i complessi rapporti tra alimentazione e salute concordano sul consiglio di mangiare più pesce. Il pesce infatti costituisce una valida alternativa ad altri cibi proteici come uova, formaggi ed altre carni che consumiamo abitualmente (bovino, pollo, ecc), fornendo allo stesso modo proteine di elevata qualità un elevato tenore di importanti elementi minerali e possedendo in più una composizione dei grassi particolare che li differenzia dagli altri alimenti precedentemente elencati. Questi grassi sono ricchi di acidi grassi polinsaturi, in buona parte a catena lunga (20,22 atomi di carbonio), e fra questi di particolare rilevanza quelli della serie n-3 in particolare l’acido eicosapentaenoico (EPA) e l’acido docosaesaenoico (DHA) (C22:6 n-3) dei quali i prodotti ittici sono l’unica fonte alimentare significativa. Il livello di acidi grassi n-3 nelle diete convenzionali è molto modesto.

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Omega 3: questi sconosciuti

di Giovanni Citro

Esistono, al momento circa diecimila pubblicazioni scientifiche su queste molecole organiche, vista la vastità della bibliografia di riferimento e tenendo conto che l’obbiettivo del presente articolo è quello di stimolare una riflessione attenta sull’alimentazione sana soprattutto nei giovani, ritengo che una trattazione razionale dell’argomento possa essere fatta attraverso dei flash che tentano di dare risposta ai quesiti fondamentali. Che cosa sono gli omega 3? Gli omega 3 sono costituiti fondamentalmente da tre acidi grassi polinsaturi :

- l’acido linolenico - L’acido eicosa pentaenoico EPA - L’acido docosa esaenocio DHA

Dove si trovano gli omega 3? Gli alimenti che contengono omega 3 sono pesci e crostacei, semi e olio di lino, mandorle noci e nocciole, vegetali a foglia verde, alcuni legumi ed alcune alghe. A cosa servono gli omega 3? Iniziarono negli anni 70 gli studi su di una popolazione la cui alimentazione era caratterizzata da elevato consumo di pesce (gli inuit) ed un bassa incidenza di malattie cardiovascolari. Gli acidi grassi essenziali sono saliti alla ribalta quando nel 1999 una rivista scientifica specializzata ha pubblicato i risultati di una sperimentazione condotta su circa 11 mila pazienti colpiti da infarto del miocardio. Questi opportunamente trattati con omega 3 insieme ad un regime dietetico equilibrato hanno fatto registrare una forte diminuzione della mortalità. La cultura alimentare italiana da alcuni decenni è stata sempre e più influenzata dai modelli di consumo americani con l’uso di cibi raffinati privi di fibre e sempre più poveri di nutritivi essenziali e strategici come gli omega 3. Questi sono fondamentali per l’alimentazione dell’uomo a partire dallo sviluppo del feto nel grembo materno quando buoni livelli di acidi grassi omega 3 (assicurato un tempo dall’allattamento al seno materno fino ad un anno di vita del bambino)determinano un migliore sviluppo neuronale ed in genere un miglioramento nel quoziente intellettivo dei giovani individui. Gli omega 3 sono talmente importanti nello sviluppo del feto che madre natura ha predisposto dei meccanismi tali che sé questi acidi grassi mancano o scarseggiano nella dieta della mamma vengono “rubati” dal feto e talvolta, questo porta le donne alla depressione post partum. Questa patologia che

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colpisce il 10-15% delle donne è molto rara nelle aree in cui si è soliti consumare pesce. Negli animali è scientificamente dimostrato che carenze di omega 3 comportano una diminuzione nelle capacità cognitive, di apprendimento e della memoria. Nell’uomo sembra che dislessia, demenza senile e schizofrenia siano associabili a bassi livelli di omega 3 nella dieta. Sembra invece che buoni livelli di omega 3 nell’organismo possano migliorare lo stato dell’umore riducendo nel contempo la percezione di sensazioni negative. Per quanto riguarda le malattie cardiovascolari numerose esperienze mediche hanno dimostrato che l’assunzione regolare di omega 3 e vitamina E hanno ridotto significativamente la mortalità da infarto nei soggetti a rischio perché hanno azione antiaggregante piastrinica quindi si riduce la possibilità di formazione di coaguli nel sangue. D’altra parte è notorio che i giapponesi ed alcune popolazioni nordiche, come gli esquimesi sono tra i popoli più longevi e meno colpiti da malattie cardiovascolari per effetto dell’elevato consumo di pesce nella loro dieta. Gli omega 3 controllano i trigliceridi a livello plasmatico e migliorano la pressione arteriosa mantenendo fluide ed elastiche le membrane cellulari. Essi sono molecole che entrano nella costituzione delle membrane cellulari e sono determinanti per la sintesi di molecole importantissime come le prostaglandine e l’emoglobina del sangue. Importanti studi hanno dimostrato che il cervello può rimanere giovane (o invecchiare più lentamente) sé oltre ad allenarlo si assumono acidi grassi omega 3 e si fa attività fisica aerobica, (camminare, pedalare, nuotare ecc).Gli acidi grassi essenziali omega 3 costituiscono un quinto del nostro cervello ed il 30% dei grassi del plasmalemma dei neuroni (cellule nervose) è costituita da DHA uno dei due omega 3 a catena lunga. Proprio questa molecola ha la capacità di rendere le membrane dei neuroni più fluide e di favorire gli scambi di informazione fra un neurone e l’altro, un processo fondamentale per l’efficienza del nostro sistema nervoso, in particolare delle abilità cognitive. Negli anziani gli omega 3 aiutano a conservare la memoria ed a prevenire l’Alzheimer, inoltre promuovono la produzione di Bdnf (Brain derived neurotrophic factor) che favorisce il formarsi di nuovi neuroni e le sinapsi. Negli atleti si è notato che assunzioni regolari di omega 3 portano a riduzione dei tempi di reazione muscolare, cosa importante negli sport individuali come tennis, nuoto, judo ecc. Inoltre questi composti organici diminuiscono lo stato infiammatorio dell’organismo ed i tempi di ripresa dopo uno strappo o un incidente sportivo. Altro effetto è l’aumento delle masse muscolari importante nelle discipline dove sono fondamentali la forza e la potenza fisica. Sperimentazioni scientifiche hanno evidenziato l’effetto produttivo che hanno gli acidi grassi polinsaturi omega 3 ed omega 6 sui tumori maligni del seno e del colon. EPA e DHA

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inibiscono la crescita in vitro delle cellule del tumore della mammella. Il tumore del colon è associato all’aumento di escrezione degli acidi biliari secondari e degli steroli nel lume del colon. Alcuni ricercatori hanno evidenziato su di un gruppo di volontari che si sono sottoposti ad una dieta ricca di omega 3 che l’escrezione degli acidi biliari e del 4-colesten 3one risultavano significativamente ridotte. Infine numerosi studi hanno sottolineato gli effetti preventivi e terapeutici dell’EPA e del DHA in diverse patologie come l’asma, l’artrite reumatoide, l’osteoartrite, l’insufficienza renale cronica, la malattia di Crohn, sclerosi multipla, schizofrenia e diverse forme neoplastiche. L’assunzione di acidi grassi essenziali raccomandata dalla commissione salute della UE e dalle principali associazioni mondiali di alimentazione corrispondono ad un dosaggio quotidiano di almeno 200mg di DHA, quantità assicurata da circa 2 assunzioni settimanali di pesce azzurro. Chi non consuma pesce, ai fini di una corretta alimentazione deve assumere integratori che contengono EPA e DHA. È indubbio che gli acidi grassi essenziali omega 3 e omega 6 non sono l’elisir di lunga vita, ma sicuramente insieme ad uno stile di vita sano aiutano la sofisticatissima macchina umana a rispondere in modo corretto e rapido ai numerosi insulti esterni ai quali è sottoposta bloccando o ritardando significativamente l’innesco di patologie che possono alla fine del loro ciclo risultare altamente invalidanti o addirittura mortali per l’individuo.

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Popolazione e consumo di prodotti ittici

di Fabrizio Santoriello

L’aumento della popolazione e l’eccessiva domanda hanno portato negli ultimi anni al miglioramento delle tecnologie di pesca e ad un conseguente eccessivo sforzo di cattura che ha gravemente ridotto le riserve ittiche. Una recente sessione della FAO Committee on Fisheries (COFI) ha messo in luce il ruolo complementare dell’acquacoltura nella produzione di pesce per l’alimentazione umana e la sua capacità di alleviare la povertà in molte aree rurali. La promozione ad un’acquacoltura sostenibile è divenuta un’esigenza sia nei Paesi a più alto reddito sia nei Paesi Terzi dove tali produzioni, che spesso costituiscono un’integrazione ad una dieta carente di importanti principi nutritivi (proteine di buon valore biologico, acidi grassi essenziali, ferro, ed altri nutrienti minerali), sono in molti casi ottenute attraverso forme di acquacoltura integrata o altre piccole realtà produttive, con l’impiego di tecnologie tradizionali di tipo estensivo. Nelle Società Sviluppate, invece, il soddisfacimento dei bisogni primari è stato ampiamente raggiunto ed i consumatori occidentali hanno modificato le aspettative rivolgendo la loro attenzione alla qualità dei prodotti, alla loro salubrità e ai modelli di vita più appaganti. Il pesce, ma più in generale i prodotti ittici, forniscono proteine di elevato valore biologico, bilanciate nella composizione in amminoacidi essenziali, ricche di metionina e lisina. Tale fattore rende i prodotti ittici importanti non solo per l’alimentazione della popolazione dei Paesi industrializzati, ma anche per quella delle popolazioni più povere, la cui dieta è spesso basata sul consumo dei tuberi o cereali, nei quali tali amminoacidi sono limitati. I prodotti ittici sono anche caratterizzati da una composizione dei grassi particolari che lì differenzia dai Vertebrati omeotermi. Questi sono ricchi di acidi polinsaturi, in buona parte a catena lunga 20,22 atomi di carbonio, e fra questi di particolare rilevanza sono quelli della serie Ω3, in particolare l’acido eicosapentaenoico (EPA) e l’acido docosaesaenoico (DHA) dei quali i prodotti ittici sono l’unica fonte alimentare significativa. L’assunzione abituale di pesce è in grado di determinare un abbassamento del livello di trigliceridi e del colesterolo diminuendo quindi i fattori di rischio coronario. Tali acidi grassi, uniti ad un’alimentazione equilibrata, possono quindi contribuire alla prevenzione delle malattie cardiovascolari. Per questi motivi, l’American Dietetic Association include i prodotti ittici tra i functional foods e la quantità di acidi grassi n-3 da inserire nella dieta

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giornaliera (1g/giorno). Le sostanze minerali sono presenti nei diversi tipi di pesce in quantità superiore a quella degli animali terrestri, come ad esempio il selenio, lo iodio, il fosforo e lo zinco. Nei pesci grassi si può segnalare una discreta presenza di vitamina A ed E nel tessuto muscolare mentre nei pesci magri la vitamina A è abbondante nel fegato dove è presente anche la vitamina D. Mentre molluschi e crostacei hanno una composizione simile al pesce magro, i loro grassi sono anch’essi ricchi di polisaturi, in particolare n-3. I molluschi bivalvi sono anche ricchi di ferro, magnesio e zinco. In Europa ed in particolare in Italia il consumo pro capite di prodotti ittici è andato aumentando fino ad arrivare a 23 kg annui. A fronte di questa domanda, l’acquacoltura ha fornito un contributo fondamentale rendendo possibile la presenza costante sui nostri mercati, nella pezzatura desiderata, di trote, spigole ed orate anguille ma anche di nuove specie da acquicoltura come i saraghi, dentici e pagelli. Inoltre ricorriamo sempre di più anche all’importazione, sia dai Paesi Comunitari che dai Paesi Terzi come Grecia, Tunisia, Turchia, Malta, creando molto spesso anche problemi di competizione con le produzioni nazionali. Le differenti modalità di allevamento: estensivo, intensivo in gabbia in mare o in vasca, semi- intensivo aprono interessanti prospettive di controllo della qualità del pesce prodotto. Oltre ai fattori generici, il differente tipo e modalità di alimentazione, la densità dei pesci nelle vasche o nelle gabbie, l’attività natatoria e vari fattori ambientali come temperatura, salinità, pH e ossigenazione, che possono influenzare le caratteristiche organolettiche (colore, aroma, texture) ed entro certi limiti la composizione chimica dei pesci, in particolare la componente lipidica.

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Le tonnare della Costa d’Amalfi

di Fabio Vitolo e Vincenzo Vitolo

Dopo la riproduzione, i branchi di tonni si disperdono nel Mediterraneo, chi verso la Sicilia e Sardegna, chi verso la Calabria meridionale (golfo di S.Eufemia), chi verso i due golfi, quello di Salerno e quello di Napoli. Questi due golfi sono ricchi di sardine e acciughe, ghiotto richiamo per i grandi pelagici. L'intera penisola Amalfitano-Sorrentina era ricca di tonnare, di cui alcune attive fino agli anni '50, specie sulla costa di Amalfi, tra Capo d'Orso e Punta della Campanella. Qui c'erano tonnare a impianti fissi, che venivano calate in mare in aprile e pescavano fino a ottobre. Le dimensioni della rete, rispetto alle tonnare di Sicilia, erano più piccole, si chiamavano TONNARELLE ALL'ITALIANA. Si pescavano pelagici anche più piccoli: tonnetti, ricciole, lampughe, stelle, ecc. La coda delle tonnarelle non superava 1 miglio. La tonnarella era comandata dal capo arrais, che impiegava una ciurma di circa 18/20 elementi. Le più antiche notizie sulla pesca dei tonni riguardano Cetara. Le cetariae sono vasche in muratura, dove veniva prodotta la colatura, ottenuta dalla macerazione di vari pesci. Questa salsa pregiata, in epoca romana, veniva conservata in apposite anfore e dalla vicina Pompei si esportava in tutto il Mediterraneo. Le più importanti abbazie del Sud esercitavano diritti di pesca su vasti tratti di costa amalfitana, tra cui l'abbazia di Cava dei Tirreni, i cui diritti arrivavano fino alla Puglia. Notizie sulle antiche tonnare amalfitane si hanno anche nel XVII sec., attraverso i pescatori delle tonnare. I pescatori pretendevano che altre barche da pesca non si avvicinassero e non disturbassero la loro attività. Per cui tra una tonnara e un'altra c'era ampio spazio. Per esempio, c'erano questioni complesse tra i pescatori con le lampare di Cetara contro la tonnara di Erchie. Oggi c'è un problema analogo tra i pescatori per la sopravvivenza delle specie ittiche. In Costiera Amalfitana sono state attive, in vari periodi le seguenti tonnare a partire da Levante:

1. Tonnara di Erchie(Maiori) 2. Tonnara di S.Croce(Amalfi) 3. Tonnara di Conca Marini 4. Tonnara di Praiano 5. Tonnara di S.Elia o dei Galli(Napoli)

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6. Tonnara di Mortelle (Nerano) Il flusso migratorio dei pelagici nel golfo di SA avviene da Est a Ovest, cioè in senso contrario ai venti. I flussi migratori risalgono dal basso all'alto Tirreno, nuotano in acque profonde, arrivano al Golfo di Salerno e trovano alti fondali verso Vietri sul Mare. Da qui risalgono da Est verso Ovest fino a Capo D'Orso, dov’era posta la tonnara di Erchie, attraversando l'ansa di Maiori si riavvicinano alla costa verso S. Croce, passando per Conca dei Marini fino a Praiano. Dopo l'ansa di Positano arrivano a punta S.Elia a largo dell'arcipelago dei Galli. Poi puntano all'estremo Ovest, dove c'era la tonnara di Mortelle, poco prima di Punta Campanella che delimita il Golfo di Salerno. TONNARA DI ERCHIE (o di Cetara) E' la più antica della costa d'Amalfi, è anche chiamata tonnara di Cetara. Come già detto il nome Cetara proviene da Cetariae, antiche vasche in muratura dove si salavano i pesci. In tutto il Mediterraneo è ricorrente questa parola, per esempio, a Ischia nel comune di Forio c'è la località Citàra, perchè c'è una tonnara. In Sardegna al porto di S.Stefano, lo stesso. Per la profondità dei fondali a Erchie veniva calata una Tonnara che è stata attiva fino agli anni '50. Anche qui c'era il divieto di pesca nelle acque vicine, per cui i pescatori di Cetara e Vietri non potevano pescare. La zona era molto pescosa e richiamava paranze e tartane anche da lontano, come da Ischia, Procida, Gaeta. La tonnarella all'italiana aveva il pedale, che partiva dagli scogli della torre di Erchie, al centro della piccola Baia, la rete era lunga 600 m, veniva calata in mare ad aprile e tolta a settembre, perchè le mareggiate potevano romperla. Aveva la bocca sia a levante che a ponente. Il divieto degli altri tipi di pesca partiva dal faro di Capo d'Orso e finiva ai due fratelli di Vietri. Le reti si montavano sulla spiaggia di Erchie; quando finiva la pesca dei tonni, scendevano a mare i gozzi e le paranze per altri tipi di pesca. Questa pesca ai tonni, come ho detto, è stata attiva fino agli anni '50. La coda si ricavava da fibre raccolte sulle colline dei dintorni e venivano lavorate dalle donne, si chiamavano le cordelle. I galleggianti erano pacchi di sughero detti biasimi. Le barche utilizzate per la pesca si chiamavano: 1) usciere, di 20 metri di lunghezza, con 8 uomini detti tonnaroti , che, tirando 8 cime, chiudevano la porta d'ingresso ai pesci, sollevando la rete dal fondo. 2) Capo arrais o vascello, più grandi, erano ormeggiate con robuste cime a ponente della rete. Le cime erano legate al barcone, a poppa e a prora con le cornacchie. Non c'era equipaggio, i vascelli servivano solo per dare peso alla camera della morte, detta leva. 3) La guardia, una piccola barca messa al centro della rete, con 2 tonnaroti a

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bordo, dette le guardie, che attraverso gli specchi controllavano i movimenti dei pesci e comandavano la chiusura della porta. 4) La muciara, piccola barca con 4 tonnaroti, che calavano la porta sul fondo. Nei periodi di maggior lavoro si utilizzavano anche le lance o gozzi, per trasportare altri uomini dalla spiaggia di Erchie o Cetara, oppure la veloce barca del capo arrais con 4 rematori. La tonnara era munita ogni 10 braccia (13m) di una croce con cavi o mazzere nelle due opposte direzioni per contrastare le correnti. Le mazzere di ponente erano più pesanti, perchè in quel luogo le correnti erano di ponente, specie il maestrale in estate. La coda era in posizione verticale grazie a numerose mazzere di un quintale l'una. TONNARA DI AMALFI Da Capo d'Orso a Capo Conca (vicino Amalfi) c'era una tonnara, detta di Vettica o di S.Croce. Era situata ad un miglio dalla spiaggia di Amalfi. Come per le altre tonnare, c'era bisogno di una vasta spiaggia per preparare le lunghe reti e di vario materiale. Si utilizzavano anche alcuni magazzini sulla spiaggia di Amalfi. Alcuni imprenditori prendevano in affitto la tonnara, come i calabresi, che si imparentavano con le famiglie della costiera. Oggi infatti non è difficile trovare cognomi calabresi nella costa amalfitana. Negli anni del Decennio francese c'erano molte difficoltà della navigazione ad Amalfi. Lo stretto di Capri era minacciato dai corsari, spinti a tale attività dai Borboni. Le tonnare della costiera avevano difficoltà nel vendere i prodotti via mare. Quindi i viaggi avvenivano via terra, attraverso il Valico di Chiunzi o attraverso i monti di Agerola, per arrivare a Napoli. L'eruzione del Vesuvio del 1805 spinse col vento le ceneri sulle tonnare, per il peso fecero cascare a fondo le reti. Per ben 15 giorni non fu possibile pescare nel miglior periodo di pesca. TONNARA DI CONCA Alla fine del '700 un viaggiatore, Henry Swinburne, si imbarcò ad Amalfi su un gozzo a remi e andò a Capri. Si fermò per disegnare la veduta di Amalfi, divenuta in seguito famosa. Verificando il luogo, oggi ci rendiamo conto che il viaggiatore si trovava sulla tonnara. Conversò coi tonnaroti ed ebbe molte notizie sulle origini del tonno. La tonnarella era costituita da una grande rete verticale per catturare i pesci che partivano dalla costa verso il largo. Al termine c'era un complesso di reti dove i tonni entravano e si catturavano. La rete non superava gli 800 m., mentre era profonda 50 m. Era sostenuta da galleggianti come i sugheri e tesa a fondo con le mazzere, a distanza di 4 passi. Queste pietre venivano prelevate dalle spiagge vicine insieme ai carichi di legname di castagno che venivano da S. Croce. La rete di sbarramento (pedale) veniva

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incatenata agli scogli o a una vecchia costruzione detta "palazzo del Duca". La rete era formata da fibre vegetali (libani) provenienti dal Cilento. La fine della rete era detta isola, sembrava una vera isola circondata da galleggianti e barche di servizio. L'isola era formata da reti di cocco e cime di canapa, sembrava una piccola città realizzata in acqua, con ingressi, camere, porte. L'imboccatura principale detta foratico era rivolta a levante, perchè i pesci risalivano da est a ovest. Un anziano pescatore, a terra , nella piccola marina di Conca avvistava i branchi e dava ordine di sbarrare l'uscita della camera principale e i pesci erano in trappola. A questo punto, i pescatori sollevavano il fondo della rete sulla barca. I pesci venivano coppiati, cioè catturati col coppio (retino). Quando nella rete c'erano grandi branchi di pesci, la popolazione di Conca era mobilitata con suoni di campane e grida. Tutti partecipavano alla pesca e venivano ricompensati con prezzi più bassi. I pesci si caricavano sulle barche veloci verso Salerno e Napoli. Se i tonni erano grossi, sulla spiaggia erano sventrati e lasciati appesi per la coda a spurgare nell'appiccatoio, in riva al mare, dove oggi c'è un noto ristorante. Le barche usate si chiamavano usciere, di circa 20 tonnellate di stazza e una detta capo arrais. C'erano poi altre barche dette chiara e musciara, 2 bilancelle o paranzelle a vela, adibite con i gozzi al trasporto del prodotto, con 6-8 rematori. La vicina spiaggia della Vite, più grande di Marina di Conca, serviva per preparare le reti. Oggi questa spiaggia non è più unita a Marina di Conca per la presenza di un ingombrante albergo, che ha inglobato la tonnara. L'edificio, detto Tonnarella dai vecchi pescatori, è chiamato ancora "il palazzo del Duca". C 'era anche un piccolo edificio sulla spiaggia per la contabilità della tonnara che è stato distrutto dalla frana del 1996. Esisteva un ufficio doganale per il commercio, detto dogana, infine una piccola cappella alla Madonna della Neve, a cui pescatori erano molto devoti, la sua immagine veniva portata su una barca come fortuna per la tonnara. Ancora oggi, ai primi di giugno, qualche pescatore riesce a pescare con la lenza un grosso esemplare di tonno che percorre le antiche rotte. TONNARA DI PRAIANO A poca distanza da Conca veniva calata la tonnara di Praiano. Un interessante raffigurazione dell'800 ci fornisce informazioni sulla tonnara di Praiano. La raffigurazione è approssimativa, interessante risulta quella del borgo marino a servizio delle operazioni di pesca e dello scaricaturo per il legname di Agerola. Oltre alla torre, si identificano le chiesette col campanile, i magazzini dei pescatori che oggi sono occupati da ristoranti. A breve distanza dalla battigia è ormeggiato un veloce gozzo a 4 remi dal capo arrais. Molto interessanti, nel disegno, sono le teleferiche che collegano Marina di Praiano coi monti di

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Agerola, usate per il trasporto di legname. Legna che veniva usata per la costruzione delle barche, sulla spiaggia. Con la disastrosa frana del 1924, che distrusse Marina di Praia non si ha più notizia della tonnara di Praiano. TONNARA DI S.ELIA E' detta anche delli Galli, era raggiungibile solo via mare e si trovava nel canale fra gli isolotti e Punta S. Elia Via terra si raggiungeva (ancora oggi) attraverso un tortuoso sentiero che parte da Belvedere di Fontanelle, in provincia di Napoli. Fu anche antico approdo delle navi di contrabbandieri e di pirati. Nel maggio del 1806 gli Inglesi occuparono Capri per controllare il traffico marittimo dei golfi di Salerno e di Napoli. La regina aveva fatto liberare più di 100 condannati da S. Stefano e li aveva trasferiti a Capri, per rubare in terraferma. A capo c'era il brigante Giuseppiello, mentre Fra Diavolo rubava sulle montagne di Agerola. Nel 1808 arrivarono i francesi, il fenomeno diminuì, cessando con l'uccisione di Giuseppiello e di un altro brigante detto Codino di cane. Qualche miglio più a levante della tonnara di S. Elia vi era lo scaricaturo, era una via mulattiera, provvista di dogana, che arrivava fino a Napoli. Fu poi sostituito dalla strada Amalfi-Positano-Sorrento. Lo scaricaturo era utile nelle giornate ventose in cui il maestrale rendeva impossibile alle tartane a vela risalire il vento contrario. TONNARA DI MORTELLA Era la tonnara più a ovest del golfo di Salerno. L'unica testimonianza della tonnara si trova nella chiesetta dedicata a S. Antonio. In un medaglione sono disegnati alcuni pesci tipici della tonnara, quali il pesce spada, il tonno gigante, i palamiti. Alla fine del 1902 la tonnara fu sommersa per poi essere recuperata in tutte le parti recuperabili, cioè le robuste cime principali, galleggianti di legno, àncore e molte parti del corpo principale. A causa degli insopportabili costi di manodopera oggi si ricorre a reti di nylon, più economiche.

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«Si levò una gran tempesta à segno di ponente et lebeccio»: burrasche contro le coste cilentane in età moderna (secc. XVII-XVIII)1

di Francesco Sofia

«Raramente il Mediterraneo è un mare tranquillo, disponibile all’uso. Anzi, è uno dei più soggetti a fortunali improvvisi».

(F. BRAUDEL, Il Mediterraneo. Lo spazio, la storia, gli uomini, le tradizioni, Bompiani, Milano 1992)

Fu buon tempo sino all’incontro dello Sele nel golfo di Salerno, erano a mare largho che posseva essere mezza notte è sopragionta burrasca di vento à segno di greco et tramontana per il che il mare se fe burrascoso di modo tale che di continuo entrava dentro la feluca. La feluca Spirito Santo era partita, insieme con altre feluche2, venerdì 17 novembre del 1623 da Napoli alle vinti hore circa3. Destinazione: Messina. Padron Francesco Gallo, scillitano, era comandante esperto del mare e della stagione. C’erano bonaccia e una gran chiarìa. A bordo parecchie robbe, in conto di vari mercanti di Messina: un barile con 50 libbre di una merce preziosa: zafferano d’Abruzzo; una cascia con cappelli, 5 balle di tarantola4, un’altra cassa di 60 veli di Pollonia, panno di Cerreto in pezze, altri tessuti e stoffe (tra cui peluzzo5 in balle), un fanghotto di altro zafferano (per libbre 100), telerie (raggruppate in colli), filo tinto, altre casciette, ampollette varie. E, poi, 3 boffette6 di noce, alcuni quadri, un inginocchiaturo, 2 sartanie7 di ferro. I passeggeri erano insolitamente numerosi e turbolenti: 13 scholari d’età perfetta, un figliolo minore, un padre gelormita, un padre agostiniano. La navigazione 1 In memoria di Ciro Borgherese e delle nostre conversazioni. La versione definitiva (e molto più ampia) di questo lavoro è in corso di stampa a cura del Ministero dei Beni Ambientali e Culturali, nell’ambito del progetto Archeomar, diretto e coordinato dall’arch. Antonia Pasqua Recchia (Dir. Gen. MIBAC) e dal prof. Luigi Fozzati (Univ. Venezia). 2 Agli inizi si trattava di un grosso palischermo coperto, trasportato dalle galee per i servizi minori: con 3/5 banchi, cioè 6 o 10 remi, una sola vela latina, senza coperta. Nel Mediterraneo, era un bastimento di piccolo cabotaggio, da 30 a 50 tonnellate, pontato, con una vela latina, a volte con una seconda vela latina più piccola all’estrema poppa (mezzanella) e il polaccone. Nella nomenclatura italiana dei tipi d’attrezzatura dei velieri, la feluca viene indicata come un piccolo bastimento pontato con due alberi a calcese con vele latine, senza asta di fiocco. 3 ARCHIVIO DI STATO DI SALERNO (d’ora in poi: ASS), Pollica, Vecchio Versamento (d’ora in poi: VV), notaio Silvestro Pisano, 887, 18.11.1623. 4 Panno di lana (chiamato «taranta»), diffuso sin dal Medioevo, serviva per la produzione di massa di vivaci coperte con decori a motivi floreali o geometrici. 5 Panno finissimo. 6 Tavoli. 7 Padelle per friggere.

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andò tranquilla, oltrepassando le bocche di Capri, e tenendosi distanti dal porticciolo di Vietri e da Salerno. Il tempo si manteneva buono. Fu quando arrivarono all’incontro della foce del Sele, a mare largho, che sopraggiunse rapida ed impetuosa borrascha di vento. La situazione peggiorò ulteriormente. Mentre i ragazzi e i padri, atterriti, pregavano, il comandante e l’equipaggio, tutta gente usa alle tempeste, fecero consulto, e, vedendo che non se possevano salvare senza che non avessero fatto getto et alleggio8, dunque liberarono la barca di tutto quello che potettero, per farla risollevare: un albero, una tenna di panno, un remo dello mezzo, due banchi di voga, due prodesi, varie robbe di marinai (cappotti nuovi di panno, sacchi, gepponi, calze, un ferraiolo d’arbascio9), vestiti e bauli dei passeggeri. Poiché questo non bastò, buttarono infine tutto il carico (salvando un po’ di barili di zafferano, una cassetta, una boffetta). Finalmente la barca si risollevò e potè raggiungere di notte la marina di Acciaroli. Giusto il tempo di respirare un poco, e il patrono, l’equipaggio e i passeggeri andarono dal notaio per dichiarare formalmente – giurarono, toccando le carte – quanto era successo e la perdita del carico10. Anche se le robe erano affondate, la barca era salva e loro se l’erano cavata senza perdite di vite umane. Non così bene era andata nel dicembre (un mese decisamente poco adatto alla navigazione) del 1620: la feluca Santa Maria di Portosalvo, di cui era comandante Placido Cosentino, pure lui di Scilla11, con 5 marinai salpò da Reggio Calabria. Il carico si componeva di ballette di seta, fanghotti per varie centinaia di libbre, un cofanetto di granate, un sacchetto di denari di un sacerdote. Fece scalo a Gioia, Rosarno (dove caricò 50 tomoli di orzo), Paola. Aveva 13 passeggeri; navigò il 14 e il 15. La sera del 15, a mezza hora di notte, all’incontro del capo di Ascea, sorse borrascha et venti di segno di mezzogiorno. Padrone e marinai decisero di cercare ricovero in Acciaroli. Ma numerosi colpi di mare d’uno canto a l’altro portarono la barca sugli scogli: ballette e fanghotti se n’andorno a mare, si perse l’orzo. Andarono sott’acqua l’argano, le taglie, due timoni e lo caldaro. Si perse il denaro contante et de più in detto naufragio ci son morti tre passagieri uno scolaro, uno monaco et uno preite, sotterati nel Monasterio di Lacciaroli, ma il preite non s’è trovato nemeno morto, un altro passegero sta molto male […] per tutto il di sequente con ogni diligentia il patrone et soi marinari sono andati cercando per il mare. La feluca rimase 8 Sgravio di tutto o di parte del carico per alleggerire la nave. 9 Sorta di mantello di arbascio, che era un panno grossolano, ottenuto dalla lana più rustica, ma abbastanza impermeabile all’acqua. 10 Ad Acciaroli, padron Francesco Gallo si era trovato in altra situazione pericolosa il 20 marzo 1620 (doi colpi di mare introrno dentro la feluca et la portò sopra le pietre con pericolo di sfondare), in ASS, Pollica, VV, notaio Silvestro Pisano, 887, 20.03.1620. 11 ASS, Pollica, VV, notaio Silvestro Pisano, 887, 17.12.1620.

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completamente sfasciata, impossibilitata a navigare. Il preite entrò nelle fantasie funeree della gente del posto. Quando s’avvicinava la burrasca, c’era chi lo vedeva comparire nelle acque; le donne si affrettavano, segnandosi. Più di centocinquanta anni dopo, un altro fatto destò impressione e rimase soprattutto nella memoria dei vecchi di Ascea, che ne raccontavano ai giovani per ammonirli a guardarsi dall’entrare in acqua sconsideratamente, e dei ragazzi che ne chiedevano spesso12. Accadde ai primi di gennaio del 1777, sulla galeotta13 (a 2 alberi) S. Maria del Soccorso e S. Francesco di Paola, salpata il 22 dicembre del 1776 da Augusta di Sicilia, con un carico di formaggio e altre imbasciate. A bordo, oltre il comandante e 9 marinai14, i passeggeri: l’eccellentissimo Signor Teodoro Martelli di Pezzagrande di Augusta, l’eccellentissimo Benedetto Di Stefano, capitano del Reggimento di Regal Borbone, residente di guarnigione in Augusta, e Domenico Galeani, cadetto del battaglione del regal Ferdinando. Il 22 sera la galeotta giunse a Trezza; la mattina seguente partì sul far del giorno; il 24 era alla Torre del Faro, dove si trattenne per causa del tempo cattivo sino al 31 dicembre. A Capodanno del 1777, poiché il tempo era buono, atto al navigare, l’aria serena ed il mare in calma, vedendo che tutte l’altre barche, che anco erano ivi ricapitate per li cattivi tempi, si partivano per gli loro cammini, si risolse con il consiglio del Padrone e marinari di partire, e così nel nome del Signore s’imbarcarono sopra detta barca e si fece vela. Si navigò felicemente con il vento a levante per tutto il giorno. Alle hore sette della notte si mutò il vento ed uscì a libeccio e mezzogiorno con grugni di neve ed acqua dal cielo e tutto in un tempo avanzò il mare ed il vento era cresciuto ed avanzato di tal maniera che li gran colpi ed onde montavano dalla Poppa alla Proda, e se non era per l’accortezza e la vigilanza del Padrone e marinai che buttavano l’acqua, che entrava al certo sarebbero tutti andati al fondo, onde non potendo più resistere all’impeto del mare e del vento, perchè […] perdute aveano le vele per la gran furia de venti e rimasti solo colla controveletta si viddero più volte in periculo di andare a fondo e perdere la vita la barca e merchanzia. Alla fine, non sapendo per l’oscurità della notte dove con detta barca fossero e correndo tutta via il pericolo, si posero alla descrizzione de venti, e dopo corsi per qualche tempo, fece un lambo, e si accorsero delle montagne, e posta la prora verso la terra, in dove anco il vento li portava e per miracolo del Signore e S. Avocati verso ore due di mattina giunsero a terra, e nel luogo dove approdavano a secco, il mare frangeva da circa un miglio e mezzo fuora. 12 ASS, Ascea, VV, notaio Francesco Basile, 23, 05.01.1777. 13 Era un bastimento sottile, leggero e veloce, caratterizzato da un minor pescaggio rispetto alla classica galea da guerra; a vela ed a remo, aveva un solo albero, il maestro (spesso mancava il trinchetto), una sola coperta, portava da 14 a 20 banchi, un solo remo ed un solo vogatore per banco. 14 Francesco D’Amato di Vietri era il comandante; i marinai: Domenico Benincasa, Leonardo D’Amato, Nicola Della Monica, Giuseppe Di Martino, Angelo Di Mauro, Fortunato Di Mauro, Angelo Greco, Nicola Ruciola, Onofrio Savastano.

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Qui la situazione si complicò ulteriormente. Come che la notte era oscura non sapendo dove approdati erano, ed essendo incimbati nel secco, li cavalloni ed il mare di continuo li sbatteano, e fra di tanto essendo la barca arenata, s’inversò, ed i cavalloni del mare entravano dentro, e perchè la barca si era sversata, conforme venivano li colpi del mare, questi si prendeva forme di cacio ed altre imbasciate e così sbattuti per quello altro poco di notte, al fare del giorno si accorsero essere giunti nella spiaggia dell’Ascea, alla fiumarella. Nel vedere la spiaggia, sebbene il mare anco da terra più frangeva, furono costretti, marinari e passeggeri, a carne nuda buttarsi a nuoto per salvarsi. Prima, però, guardarono attentamente, pronti per potersi salvare la vita; ma il cadetto don Domenico, fidandosi della sua gioventù, non ostante che pregato fosse dal Signor Capitano, Patrone e marinari, a non buttarsi se prima non si pigliava bene il lido, il medesimo forzosamente pria del tempo, e pria di ogn’altro si volle [tuffare] dalla parte dell’albore di mezza poppa, e non tanto buttato se lo presero l’onde, e non più si vidde, non ostante le più fine diligenze usate non si potè questo rinvenire. La barca andò ad arenarsi avanti più a terra, nuotarono tutti, e diedero di piglio a salvare la mercanzia, stante la barca era rimasta fuori la spiaggia al secco, e, mentre li continui colpi del mare siccome l’aprivano e la scassavano da poppa a proda, e così ancora si pigliavano quella robba, e perdevano e carico ed imbasciate, detto Padrone e marinari si adattavano e faticavano mezzi morti per salvare la mercanzia, perchè non vi era speranza di salvare la barca stante li gran colpi di mare, che l’aveano aperta. […] Accorsero in ajuto molte gente della Terra d’Ascea, anzi il Padrone e marinari, in vedere tanta gente, datosi più animo ed uniti con detta gente, fecero cuore fra di loro, e li riuscì salvare quanto poteano. Recuperarono dei barili di moscato, del cacio, porzione di ordigni e attrezzi, qualche panno di padrone e marinari, pochi piatti e candelieri di stagno, una cioccolatiera, una tiella e pozonetti15 di rame, una graticola di ferro, una cocchiara, una scatola con scuffie di donna (trovata e restituita dalla gente d’Ascea), un’altra scatola chiusa e sigillata, due cognette di alici, 14 quadricelli rappresentanti le 4 parti del mondo. Lo scafo della galeotta si bruciò per essere inabile. Un passeggero tenne in suo potere qualcosa del cadetto morto annegato: due materazzi con gli scanni di ferro, una manta imbottita, due cassette. Questi supra raccontati sono solo alcuni esempi, che danno una caratterizzazione delle difficoltà in cui si trovavano le imbarcazioni e delle modalità di reazione. Dopo la burrasca e la perdita (parziale o totale) del carico o della barca, padrone e una parte dei marinai (poche volte anche i passeggeri) andavano da un notaio. Lo si faceva per rendere una dichiarazione formale (declaratio o protestatio) che sarebbe servita, una volta arrivati a destinazione, nei confronti del destinatario

15 Secchielli.

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del carico e di colui che aveva noleggiata l’imbarcazione16. 1. La tempesta, per come risulta dagli istrumenti notarili, è una descrizione soggettiva, non un evento oggettivamente misurabile e classificabile, cioè rapportabile ad una scala. Le frasi e le parole, oltre tutto scritte e filtrate dai notai e dai loro giovani di studio, si ripetono con una certa regolarità e risultano solitamente le stesse, inseribili in un insieme lessicale (e grammaticale) caratterizzato da non molte variazioni17. Talvolta, però, la descrizione, come risulta dagli esempi riportati all’inizio di questo lavoro, fuoriuscendo dal burocratese notarile, è più dettagliata, facendo emergere elementi di soggettività non suggeriti o filtrati dal notaio, ma probabilmente scritti sotto dettatura o richiesti espressamente dagli scampati al naufragio. Seguiamo un’altra di queste peripezie raccontata più analiticamente. Nella burrasca insorta il 2 gennaio del 1739, l’aria era oscurata di modo che non vedevano più la terra, né sapevano in qual posto si ritrovavano, dubitando della propria vita, sì perché il mare sempre ingrossava e l’aria era oscurata giudicarono mettere la proda per il maestro per l’isola di Capri, ò pure le montagne della Costiera d’Amalfi, e sfuggire le montagne di Palinuro et Infreschi per il periculo di ivi naufragarsi. Mentre navigavano verso Capri, [...] di continuo [sopraggiungevano] borrasche con venti impetuosi di libeccio in testa all’isola di Licosa [...], cominciarono a vedere la terra, [...] fecero forza di montare l’isola ma ciò non fu possibile, sopragiunse un’altra tempesta di mare, con venti, tuoni, acque ed un’oscurità tanto grande dell’aria [...] appena fuori il Capo della Ponta di Pioppi si ritrovarono dentro i frangenti della marina di Casalicchio, il vento portò il bastimento dentro i frangenti, s’arenò, si sfondò, si riempì d’acqua, si salvarono con lo schiffo18. Si notino i perfetti verbali in successione veloce e serrata. Dalle dichiarazioni è stato possibile individuare 138 burrasche o situazioni di maltempo dal 1616 al 1802. Si concentravano, colpendo con forza, nelle stagioni di autunno ed inverno, mentre in estate erano rare19. Considerando i mesi, quelli con maggior frequenza risultano: ottobre, novembre, gennaio e febbraio20.

16 Per il tratto di mare tra Sicilia e Calabria, cf. G. CINGARI, Uomini e navi nell’area dello stretto di Messina, in Le genti del mare Mediterraneo, a cura di R. Ragosta, II, Lucio Pironti editore, Napoli 1981, pp. 1003-1029. Per l’Adriatico e lo Ionio, cf. G. D. PAGRATIS, “Le fortune di mare”. Incidenti della navigazione mercantile nei mari Ionio e Adriatico (1611-1795), in ISTITUTO INTERNAZIONALE DI STORIA ECONOMICA “F. DATINI” PRATO, Ricchezza del mare. Ricchezza dal mare. Secc. XIII-XVIII, Atti della “Trentasettesima Settimana di Studi”, 11-15 aprile 2005, a cura di Simonetta Cavaciocchi, II, pp. 841-861. Per le coste del Crotoniate, vari dati si rilevano da: http://www.laprovinciakr.it/Viaggiando/medioevo/naufragi.htm. 17 Cf. Tabella (d’ora in poi: Tab.)1. 18 ASS, Pollica, VV, notaio Pietro Antonio Voso, 934, 13.01.1739 (si tratta del S. Andrea e S. Anna di padron Costantino Cacace di Castellammare di Stabia, carico di orzo e avena). 19 Cf. Tab. 2 20 Cf. Tab. 3.

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Quegli uomini di mare facevano molta attenzione al regime dei vènti e al loro soffiare, indicandone spesso al notaio le caratteristiche e la direzione. In effetti, in più di 1/5 dei casi (31) era il vento di ponente et libeccio che li sferzava. Il libeccio, da solo, pure li tormentava. E poi: ponente e maestra, greco e levante, mezzogiorno e libeccio, scirocco e mezzogiorno. La realtà era anche che andavano incontro a più venti provenienti dai diversi quadranti. Uno schifazzo21 maltese, con un carico di vino, diretto da Tropea a Napoli, nell’arco di pochi giorni a maggio del 1795, dovette affrontare, in successione, venti di ponente, maestro, scirocco e levante, e poi una tramontana forte e impetuosa, un mare bastantemente gonfio e superbo con imminente pericolo di naufragio, una forte e superba burrasca fuori del golfo di Policastro. Padrone e marinai gettarono, prima di riparare a Palinuro: olio, focone, falanghe, argano, bottazze di acqua, la barchetta, remi e capi22. 2. Gli approdi cilentani23 di riferimento risultano essere, in massima parte, due: quello degli Infreschi (a Camerota) e Palinuro, e poi, ma in misura più ridotta, Acciaroli24. Poteva accadere che le difficoltà insorgessero o si complicassero proprio nel porticciolo, dato il numero elevato di barche lì riparate oppure nell’entrare in quello che si riteneva essere un luogo sicuro. Essere in porto non garantiva una assoluta sicurezza, o per la presenza di malintenzionati, o per difficoltà di manovra. A marzo 1692, ingrossatosi il mare con venti di mezzogiorno e libeccio, alla marina di Ascea, la feluca di padron Francesco Brando di Maratea, all’entrare nel porto di Acciaroli, s’incagliò sopra le scoglie e naufragò, se sformò, se fracassò, corsero una quantità di marinari con due feluche la ormeggiate e barche da pesca de Cetara, e il caporale Mario Tipaldi con uno gozzariello, la feluca è stata tirata sfracassata sulle falanche25. La tempesta di mare e venti, del febbraio 1697, che scippò 4 ciappe di ferro ad una barca legata avanti il suffondico in detta maritima [Camerota] presso la Chiesa di S. Nicola dove stavano altre 3 feluche, con tutto che stava legata ad un piede di olivo, arrivò alla taverna della marina e si pigliò la capanna coverta ad embrici et se ne scippò le muraglie26. La sera del 24 marzo del 1708, a Palinuro, quando, verso l’hora del Avemaria, si mosse un cattivo tempo di tuoni e lampi e ario oscuro con borasche di cielo et

21 Usato principalmente in Sicilia per i piccoli trasporti locali. Si potrebbe dire che si trattava di un’imbarcazione del Trapanese. Il trasporto aveva per oggetto sale, vino, ortaggi, pesce, zolfo e materiali per costruzione. Oltre a questo, gli schifazzi venivano impiegati per la pesca. 22 ASS, Centola, Nuovo Versamento (d’ora in poi: NV), notaio Andrea Fusco, 25/11, 11.05.1795. 23 Cf. Figura 1. 24 Cf. Tab. 4. 25 ASS, Pollica, VV, notaio Giovan Battista Voso, 920, 15.03.1692. 26 ASS, Camerota, VV, notaio Gennaro Romanelli, 63, 08.02.1697.

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venti spossessati di ponenti à maestri ed era un grandissimo tempo cattivo, c’erano 3 navi e 17 tartane27. A settembre del 1747, agli Infreschi, mentre il mare era fortunale e l’equipaggio era costretto a tirare in salvo una galeotta, un marinaio durante il lavoro se n’è andato in Paradiso28. Nel luglio del 1748, la feluca di Domenico Ferraiolo di Napoli prima fu trattenuta a Pioppi da un vento impetuoso di ponente, poi questa mattina [21 luglio] essendo calmato il vento partiti dalla marina di Pioppi, con aria serena, bonaccia, fuori la marina di Acciaroli è sopraggiunto in un subbito il vento di ponente e di libeccio, il mare è ingrossato, all’intrare nel Porto [di Acciaroli] è sopraggiunto il mare burrascoso ed al primo colpo hà levato il timone e poi hà portato la Filuca sopra lo scoglio di levante della Marina, ed è andata traversa sopra lo scoglio e si è sfondata ed empita d’acqua, chiamato aggiuto alle gente, è arrivato Domenico Tipaldi, capitano della torre della marina con barchetta e figli et altri huomini della barca della Guardia. La mercanzia si salvò; la feluca fu portata in terra sfondata in buona parte fracassata, sotto una carena […] ci vuole il piano nuovo. Fu valutata la spesa a ducati 50,00, più la paga a chi aveva dato aiuto. Si salvarono pochi oggetti di un certo valore: un bacile, un vocale, una giarretta, due candelieri, una saliera, un secchietto, due cocchiaroni, una sottocoppa, tre bicchieri, tutti d’argento29. Nel 1769, un bastimento, già malconcio per il grandissimo mare, vento e pioggia […] nel mentre stava ben angorato in questo porto di Palinuro essendoli prima sigato la gommola dell’angora della speranza dalle licature che vi sono […] si tirò l’altri capi andiede a fragassarsi vicino all’Arena di detto porto e propriamente sopra le scoglie in una parte che non si può ricuperare alla Rocca30. Serio fu l’incidente occorso a Palinuro nel 178131. Qui la marticana32 di Michele Montefusco (partito il 2 febbraio da Napoli per imbarcare olio a Pisciotta, che caricò a bordo il 5) trovò, a partire dal 17 febbraio, tempo dirottissimo di ponente e libeccio, acqua da cielo, borrasca, venti di ponente e maestro traversia di questo porto. Crebbe ancora di più la tempesta, sicché, alle ore due di notte, un bastimento genovese ancorato si rompè ad acqua, urtò contro la

27 ASS, Centola, VV, notaio Antonio Colella, 196, 25.03,1708. 28 ASS, Camerota, VV, notaio Francesco Maiuri, 21.04.1747. 29 ASS, Pollica, VV, notaio Pietro Antonio Voso, 937, 21/07/1748. 30 ASS, Pisciotta, NV, notaio Giuseppe De Agostini, 219/3, 11.10.1769. 31 ASS, Pisciotta, NV, notaio Giuseppe De Agostini, 219/15, 01.03.1781. 32 La marticana (o martingana), diffusa sia in acque tirreniche che in Adriatico, veniva utilizzata per il trasporto di merci, per distanze notevoli. Si trattava di bastimento con ruota di prora molto curva, che terminava con uno sperone del tipo usato sulle galee, e poppa a cuneo; la sezione trasversale era stellata. A prora e a poppa, le marticane tipiche presentavano due concavità del capo di banda. Diversi autori ritengono che la marticana fosse, per quanto riguarda lo scafo, assimilabile alla tartana. La caratteristica che le differenziava era l’alberatura. Le tartane erano attrezzate tipicamente a vela latina, quasi sempre su un solo albero, le marticane portavano invece un albero maestro a vela quadra, e all’estrema poppa un alberello a vela latina o aurica.

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murata della marticana. Padron Michele secondo l’arte maritima stimò mollare li suoi capi di poppa acciò il bastimento genovese avesse avuto libero il passaggio senza di nuovo urtare. Un bastimento procidano (di padron Geronimo Scotto) urtò la marticana con lo sperone. Il 25 febbraio, essa imbarcò altri fusti di vino, ma per il tempo cattivo non potè salpare fino al 28 a causa dei venti di mezzogiorno e libeccio, e poi di ponente e maestro, li quali venti sono contrarij e fanno traversia in questo Porto. Entrò in porto un bastimento sorrentino, che, non potendo reggere al mare e alle tempeste, andò a investire nelle arene. Padron Michele si premunì e cautelò la marticana con 3 ancore da prora e una da poppa, oltre i 4 capi ligati alla Rocca o sia Montagna, ed avendo resistito quanto potè e vedendo l’evidente pericolo di perdere colla sua marticana anche la vita, fu costretto di abbandonare colla sua ciurma calandosene a terra verso le ore 24. Fu un terremoto di mare conforme volgarmente suol dirsi. Esso padrone vidde con proprij occhi che la marticana strappò e strascinò tutte l’angore, ed andò a urtare nelle montagne, ed in quest’atto si ruppero li capi ligati alla Rocca o Montagna e la marticana andiede a investire nelle arene di questo Porto, che fu Grazia speciale del nostro Iddio. Il facoltoso operatore interessato al traffico, il Signor D. Gennaro Vetere33, zio di D. Francesco Vetere, che dimorava in Pisciotta, dubitandosi qualche sinistro, mandò nel medesimo dì 28 febbraio in questo Porto due accorte Persone, padron Tommaso Martucciello e padron Gaetano Tambasco, li quali di tutta fresca giunsero verso un’ora di notte, e ritrovorno che poc’anzi era accaduta la disgrazia della marticana naufragata, e però immediatamente li suddetti padroni mandarono l’avviso a Gennaro Vetere, il quale stammatina per tempo con sessanta e più persone e quattro mastrodascia e padroni di barche si è portato in Palinuro per dare quel riparo, ed aiuto che si poteva per il ricupero della mercanzia, come infatti oggi primo marzo dopo essersi fatte due grandi aperture al fianco, o sia murate ed alla coverta, è riuscito di recuperare molti fusti di olio e perchè attualmente tuttavia si fatica per lo ricupero di detti olii non ha potuto individuare tutto il danno sofferto e le quantità delle mercanzie, mentre il vino è tutto perso. 3. Le imbarcazioni in difficoltà erano quelle di piccolo cabotaggio tipiche del Tirreno e dello Ionio: feluche, tartane34, marticane, pinchi35, gozzi36, vascelli, 33 Gennaro Vetere, nel 1771, insieme con Gennaro Pinto, Vito Percopo, Carlo Casaburi, era subaffittatore dell’arrendamento del Tabacco per il Vallo di Policastro; nel 1791, fu sovrintendente a Palinuro all’imposizione di grana 52,5 a tomolo di sale (ASS, Pisciotta, NV, notaio Giuseppe De Agostini, 219/25, 27.02.1791). 34 La tartana era il tipico bastimento da carico nel Mediterraneo, con un solo albero a calcese e una vela latina, simile a quella delle galee, guarnita nello stesso modo, con sartie a colonna. Vi si aggiungeva davanti un fiocco, che si murava all’estremità della freccia o bittalò, posta orizzontalmente verso prua, a prolungamento del tagliamare (che fungeva da latrina). Quando il vento era alquanto forte, le tartane portavano una vela quadra chiamata «trevo». Talvolta era attrezzata con albero di maestra e albero di trinchetto, oppure albero di mezzana. Alla Marina di Vietri, nel golfo di Salerno, nel Settecento, c’era una intensa attività cantieristica che vedeva la costruzione, in primo luogo, di tartane (cf. F. SOFIA, La costruzione di tartane sulla marina di Vietri (1711-1760), in La costa d’Amalfi nel secolo XVIII, a cura di F. Assante, I, Centro di Storia e Cultura Amalfitana, Amalfi 1988,

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galeotte, polacche37, più qualche naviglio non bene – o non del tutto – specificato (del tipo: barcella38, cimba39, barca, bastimento)40. Al primo posto nell’affrontare le tempeste c’erano tartane e feluche, poi marticane, barche, pinchi, e così via.

Francesco Sofia

Fig. 1. Particolare dell’area cilentana, dalla cartina a pag. 166 di Gio. Battista Pacichelli, Il Regno di Napoli in prospettiva (Napoli, 1702, rist. anastatica Forni, Bologna 1975) - Prov. di Principato Citra - Stamperia di Michele Luigi Mutio, Napoli 1702.

Tab. 1 Il lessico delle tempeste

Il mare Il/i vento/i L'evento meteorologico Le precipitazioni

baldanzoso e cattivo avanzava assai aere intorbidato acqua da cielo

baldanzoso e forte burrasche di vento aria cattiva acqua di cielo e grondante

burrascoso burrascoso/i aria di burrasca acqua piovana

pp. 603-629). 35 Bastimento a vele latine, con carena ampia, a fondo piatto, poppa molto alta, di solito fornito di 3 alberi con antenne, della portata di 150, a volte di 200 e 300 tonnellate. 36 Avevano prua e poppa aguzze, andavano a remi o con piccola vela; erano anche barche con le quali i pescatori facevano la guardia, per osservare quando venivano i tonni. 37 Costruite come il pinco, con due alberi a pible e uno di mezzana, con coffa e albero di gabbia e un bompresso corto. 38 Barca piccolissima. 39 Barca di piccole dimensioni, ovvero imbarcazione usata dall’equipaggio di una nave ormeggiata. 40 Cf. Tab. 5.

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cattivo cattivo/i aria inturbinata burrasca d'acqua

cavalloni spessi contrario/j aria oscura burrasca di grandine

crebbe crebbero aria oscurata burrasca di tuoni e lampi

dava gran fastidio fiero/i borrasca fiera e impetuosa burrasca forte di acqua

feroce e forte forte/i burrasca forte gran nebbia causata dall'acqua di cielo

fiero fortunale burrasca forte e superba gran quantità d'acqua di cielo

fortunale furioso burrasca impetuosa grande temporale con acqua di cielo

furioso gagliardo burrasca pessima grugni di neve

gagliardo gran copia burrasca volgarmente detta cora di zefra

nube di neve

gonfio gran fulmine di vento burrasche grandissime piogge continuate

gran marigiata grande fortuna grossa pioggia grande

grande grande potenza fortunale tempesta di tuoni e lampi e acqua

grosso grave corrente gran tempo cattivo tempesta grande d'acqua di cielo

grosso e contrario impetuoso diluvio di vento l'aria si turbò tempesta impetuosa d'acqua, grandini, tuoni

impetuoso impetuoso/i maltempo temporale di botto

ingolfato improvviso si guastò il tempo tuoni

l'onde passavano dall'una all'altra parte

mutazione di venti tempesta tuoni e acqua

malissimo tempo di mare rinforzati e spotestati tempesta di venti, di mare, acqua di cielo

tuoni e grandini con zifra

maltempo grande di mare rinfrescato e impetuoso tempesta fiera di vento e mare tuoni e lampi con grandini

minacciava naufragare rivoltati tempesta grande una tropea, con tuoni, acqua dal cielo

rotto alle tempeste spotestato/i tempesta grandissima

saliva strepitoso tempesta grandissima e procellosa

s'avanzò tempesta tempesta grossa, impetuosa, fierissima

s'avanzò cattivamente tempestoso/i tempi cattivi

si guastò una zifra di vento venne sopra tempi cattivissimi

si turbava varie sorti tempi superbi e gonfi

s'ingrossò tempo grosso

spotestato tempo triste

superbo trapazzo

tempestoso

tempestoso e grandissimo

un terremoto di mare

Tab. 2

Distribuzione stagionale delle tempeste*

Stagione N°

primavera 29 21,0% estate 16 11,6% autunno 47 34,1% inverno 46 33,3% 138 100,0% *Non calcolate quelle ripetute.

Tab. 3

Distribuzione mensile delle tempeste*

Mese N°

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1 14 10,1% 2 14 10,1% 3 13 9,4% 4 11 8,0% 5 10 7,2% 6 4 2,9% 7 8 5,8% 8 2 1,4% 9 13 9,4% 10 20 14,5% 11 16 11,6% 12 13 9,4%

138 100,0% *Non calcolate quelle ripetute.

Tab. 4

Approdi e porticcioli cilentani*

Università Località N° Tot.

Ascea 1 0,7% Ascea La Fiumarella 1 0,7% Ascea Marina di monticello 1 0,7% 3 2,0% Camerota in litore Marcellino 3 2,0% Camerota Infreschi 62 41,9% Camerota La Calancha 1 0,7% Camerota Lentiscosa 1 0,7% Camerota marina 3 2,0% 70 47,3%

Castellabate 2 1,4%

Castellabate marina del Pozzillo 2 1,4% Castellabate S. Marco di Castellabate 1 0,7% 5 3,4% Centola Palinuro 45 30,4% 45 30,4% Pisciotta Marina 4 2,7% 4 2,7% Pollica Acciaroli 12 8,1% 12 8,1% Pollica Casalicchio 3 2,0% Pollica Casalicchio/Marina S. Maffeo 1 0,7% 4 2,7% Pollica marina 1 0,7% Pollica marina del Capo della Ponta 1 0,7% Pollica Pioppi 3 2,0% 5 3,4% totale 148 100,0% 148 100,0% *Sono calcolati tutti gli approdi, anche per la stessa imbarcazione.

Tab. 5

Tipologia delle imbarcazioni*

Tipo N°

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barca 17 11,6%

barca latina 1 0,7%

barcella 1 0,7%

bastimento 8 5,5%

brigantino 1 0,7%

cimba 3 2,1%

feluca 30 20,5%

feluca a 3 alberi 1 0,7% feluca latina 1 0,7%

galeotta 2 1,4%

gozzo 1 0,7% mariella 1 0,7% martincana 22 15,1% pinco 12 8,2% polacca 8 5,5% schifazzo 2 1,4% tartana 31 21,2% tartanella 1 0,7% trabiccolo 1 0,7% vascello 2 1,4%

totale 146 100,0% *Con esclusione dell’imbarcazione ripetuta.

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Pesca ed alimentazione nel Salernitano tra Ottocento e Novecento

di Caterina Aliberti e Francesco Innella

La prima cosa che emerge dalla lettura dei documenti è che sia a Salerno che nel Cilento e nella costiera amalfitana il pesce consumato era quello che veniva prevalentemente pescato in mare, tanto che in una relazione del Sindaco di Salerno al Prefetto si deduceva che il consumo medio era di 600 quintali di cui 540 di mare41 e 249 di pesce salato ed affumicato, o sott’olio e ciò si spiega per il fatto che nelle zone più interne, dove non era possibile sia l’approvvigionamento che il commercio di pesce fresco, si consumava, di conseguenza, il pesce conservato, sotto diverse forme: baccalà, alici salate, sarde e tonnina (che era un prodotto che si otteneva dalle carni del tonno rosso che veniva pescato nei periodi da maggio a giugno, quando si avvicinava alla costa per deporre le uova). L’uso di mangiare alimenti conservati con la salagione era molto diffuso, perché tale metodo permetteva una lunga conservazione di un alimento così delicato e facilmente deteriorabile. La salagione del pesce avveniva a Salerno e nella costiera amalfitana ed in particolare a Cetara, dove tutta la popolazione traeva sostentamento da questa industria che comunque era regolata da norme di polizia municipale tendenti a salvaguardare la salute dei cittadini, in quanto questo metodo era la causa della insalubrità dell’aria per il fetore emesso dalla macerazione delle alici42. Il 15 dicembre 1834 fu emanato dal Governo Borbonico un regolamento per la salagione dei pesci di cui sono interessanti alcuni articoli che vale la pena riportare. Art. 1 Tutti quelli che vogliono intraprendere la salagione dei pesci, dovranno fare la dichiarazione al fondaco o alla dogana del luogo dove intendono stabilire la salagione. Art. 4 Quando la salagione sarà stata eseguita ed il pesce sarà pronto per mettersi in commercio, l’imprenditore prima che i barili, le botti ed altri recipienti siano chiusi, inviterà gli impiegati della dogana a controllare che i recipienti siano pieni di pesce salato. Tali recipienti porteranno a fuoco le lettere S.P.N. che significano Salagione Privilegiata Napoletana.

41Prefettura I serie b 678 flo7. 42 Intendenza, b.2415, flo 6.

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Ma alcuni comuni del salernitano, e specialmente quelli costieri, non si limitavano ad indicare il consumo, fornivano anche dei dati interessanti sulle condizioni della pesca. Il comune di Amalfi43, infatti, per l’anno 1871 elaborava un quadro statistico da cui si evinceva l’esistenza di due tipi di barche da pesca: i gozzi e le menaidi. Le reti utilizzate per la pesca erano due: i laccioli e le menaidi. Il pesce importato era di quintali 100. Non esisteva nessun stabilimento idoneo per la salagione in maniera permanente, e solo nella stagione della pesca delle acciughe veniva messo sotto sale una piccola quantità del prodotto. Una segnalazione veniva inviata il 25 aprile 1877 da alcuni pescatori salernitani al Prefetto e da quest’ultimo al sindaco e riguardava la pesca dei bianchetti44, che era stata interdetta dalle autorità. I pescatori salernitani chiesero al Ministero d’Agricoltura e Commercio che fosse tolto il divieto della pesca dei bianchetti, affermando che i pesci così denominati non erano neonati di sardine, acciughe o altri, ma pesci adulti e perciò la pesca di essi non poteva recar alcun danno. Ma il Ministero decise di inviare a Salerno, in qualità di perito, il professore Costi che, dalle analisi effettuate, giunse alla conclusione che: “i bianchetti sono proprio i neonati delle sardine la cui pesca è vietata” e dopo tale giudizio la domanda dei pescatori fu rigettata. Una cattiva abitudine esisteva a Salerno agli inizi del ‘900, ma anche verso la fine dell’Ottocento ed era quella della pesca con la dinamite45. Già l’articolo 5 della legge del 4 marzo 1877 vietava l’uso della dinamite. “E’ proibita la pesca con la dinamite e con altre materie esplodenti, ed è vietato gettare od infondere nelle acque materie atte ad intorpidire, stordire od uccidere i pesci e gli altri animali acquatici. E’ pure vietata la raccolta degli animali così storditi ed uccisi”. In un esposto al Prefetto dell’11 maggio 1906 alcuni pescatori salernitani denunciavano che “è inveterato in questo golfo l’uso della pesca con la dinamite, causando spesso delle serie disgrazie e distruggendo ogni specie di pesce nel migliore del suo genere. Autori principali di tanto reato sono due noti pescatori di Salerno, di cui si avevano le generalità, i quali sotto gli occhi dei funzionari previsti a tale repressione, se la ridono, sparando a destra e a manca in quasi tutti i giorni”. Invece nelle zone interne e mal collegate con la fascia costiera, si consumava soprattutto pesce d’acqua dolce, come anguille e gamberi. Interessante, a riguardo, è la relazione dell’ingegnere capo del Corpo Reale del Genio Civile “sulla razionale coltivazione dei pesci nei principali fiumi della provincia, che per le loro caratteristiche potevano essere utilizzati per incrementare le specie di pesci presenti. Questi fiumi erano il Sarno, fiume storicamente famoso per la pesca dei gamberi e il fiume Picentino che, per la presenza di canne lungo le 43 Prefettura, I serie, b. 678, flo7. 44 Prefettura, Gabinetto, b. 679, flo 3. 45 Prefettura, Gabinetto, b. 680, flo 4.

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sponde laterali, costituiva un habitat naturale”46. E per effettuare la pesca fluviale si adoperavano diversi strumenti che cambiavano a secondo del luogo dove venivano usati47. Nel distretto di Salerno, come strumenti di pesca fluviale, venivano usati: “il cuoppo che era una piccola rete di forma conica sospesa all’estremo di un palo di legno e che si adoperava nei corsi d’acqua di pochissima profondità. La nassa, attrezzo costruito in vimini di forma conica e si adoperava in un punto qualunque del corso d’acqua in direzione orizzontale. Il rullo che è una rete della lunghezza di tre metri e dalla larghezza di metri cinque, all’esterno è collocato un palo di legno ricurvo al quale è affidato una forte corda e si colloca contro corrente. Nel distretto di Vallo veniva adoperata la guala, che era una rete di forma conica assicurata alla base da un cerchio di legno del diametro variabile di metri 1 e 50 fino a 3. Il filancione che era una corda di canapa alla quale erano sospese altre cordicelle alla estremità di ciascuna delle quali vi è attaccato un piccolo filo di ferro della lunghezza di circa due centimetri, piegato ad angolo ottuso il quale viene rivestito con un vermiciattolo. Nel distretto di Eboli si usava il ritone. Rete dalla lunghezza di metri 2 e dalla larghezza di metri 20 e veniva usato quando i fiumi si gonfiavano, dopo le grosse intemperie; martuvillo, rete a forma di imbuto che veniva messa di traverso nel fiume; iacchio, rete con piombi attaccati alla periferia che si adoperava gettandola nell’acqua in modo che si allargava. Nel distretto di Sala Consilina la rete più diffusa era denominata la sequenza, rete sostenuta da due bastoni in croce la quale misura la sezione del corso d’acqua, dove si fissa verticalmente. Grande importanza fu data dal Ministero dell’ Agricoltura, Industria e Commercio, al ripopolamento dei pesci di fiume. Anche nella provincia di Salerno, fu chiesto ai sindaci di tutto il circondario di far conoscere le condizioni di pescosità dei fiumi stessi. Il comune di San Marzano sul Sarno comunicò al Prefetto un dato molto importante riguardante il fiume Sarno; il documento si riferisce al 26 novembre 1892. “Il fiume Sarno che attraversa la campagna di questo Comune ed i molteplici canali di scolo che vi si immettono sia di privata proprietà, sia dell’Amministrazione delle Bonifiche, si prestano alla pescosità. Abbiamo in dette acque l’anguilla, la sardella fluviale, la trota, granchi e granchi fluviali Sarebbe molto gradito che si pratichi il ripopolamento e la immissione dei pesci48. Un discorso a parte meritano le tonnare della costiera amalfitana e di quella cilentana Si definisce tonnara l'insieme di reti particolarmente conformate che vengono usate per la pesca del tonno; con lo stesso nome si indica in Italia 46 Prefettura, I serie, b. 680, flo 3. 47 Prefettura, I serie, b.679, f.lo 5. 48Prefettura, b. 680, flo 3.

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meridionale, per estensione, il luogo in cui la si usa nella pratica. Omero e Plinio scrivono già sulle tonnare di Sicilia. Gli antichi la praticavano su larga scala, soprattutto a Gibilterra e nell'Ellesponto. Gli Arabi l’hanno introdotta in Spagna e in Sicilia. A Praiano, già dal ‘500, comprovata da atti notarili, era impiantata una tonnara da metà aprile a fine agosto, che era di proporzioni piuttosto piccole e permetteva poco pescato49. Anche nel Cilento vi erano tonnare, quella più antica era in località l’Infreschi, nel comune di Camerota, dove, oltre ai tonni, venivano pescati grossi pesci spada, la tonnara di Agropoli, quella di Castellabate e la tonnara di Palinuro, di proprietà dei principi Doria50. Agli inizi del ‘900 la legge dell’11 luglio 1904, conteneva una serie di provvedimenti a favore dei pescatori e dell’industria peschereccia e proponeva ed incoraggiava l’istituzione di una scuola pratica di pesca e di acquicoltura, dove si dovevano impartire insegnamenti inerenti alla professione dei pescatori, e fornire delucidazioni sulle norme che regolavano la pesca ed incoraggiare la costituzione di società di pescatori51. E c’era la possibilità di ricevere sussidi dal Ministero della Pubblica Istruzione. Le materie che venivano insegnate erano inerenti strettamente al profilo professionale dei pescatori. Con l’anno finanziario 1908-1909 fu disposto un sussidio di lire 1.000 a favore di Istituzioni ed Enti Morali, che dovevano provvedere a trovare i locali idonei dove svolgere le lezioni. In Italia agli inizi del ‘900 esistevano varie Società di Mutuo Soccorso, che avevano numerose analogie con quelle che, nello stesso periodo, erano sorte in Inghilterra prima, e nel resto d’Europa dopo. Nate dalla impellente necessità di far fronte al primo e tumultuoso affermarsi del sistema industriale, sorgevano come difesa dei ceti meno abbienti. A Salerno nel 1905 ne esisteva una che si chiamava “Figli del Mare” e che era composta da circa 1500 soci e “aveva lo scopo di difendere la causa dei lavoratori del mare e di tutelare i loro diritti”. “Nella Assemblea Generale del 19 marzo 1905, dopo aver ringraziato il Re ed il Governo per l’interessamento sposato nel difendere la causa dei lavoratori del mare fa voti che il divieto di pesca colle paranze a vela nel Golfo di Salerno sia stabilito dal marzo al 30 settembre di ogni anno e che la distanza da terra nei mesi in cui la pesca sarà permessa sia portata a 3 miglia marittime”52. Nel 1879, il Ministero d’Agricoltura industria e Commercio, pubblicò degli Schemi di regolamenti sulla Legge della Pesca, che erano rivolti ai Consigli Provinciali, alle Camere di Commercio e Capitani di Porto. Dopo gli articoli sulle disposizioni generali sulla pesca, il Titolo II del Regolamento articolo 16, 49Pianta della tonnara di Praiano, Intendenza, b. 784, flo 9. 50Prefettura, I serie, b. 679, flo 4. 51Prefettura, b. 6860, f.lo 10. 52Prefettura, I serie, b.680, f.lo 4.

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vietava l’esercizio della pesca dei pesci in generale dal primo febbraio al primo giugno e stabiliva che le reti a strascico si dovevano adoperare ad una distanza di tre chilometri dalla costa ed a una profondità non minore di 12 metri. Il Titolo III all’articolo 25 regolava la pesca dei crostacei e dei molluschi, le aragoste non potevano essere messe in commercio se non raggiungevano almeno 18 centimetri di lunghezza. Il Titolo IV del regolamento indicava la suddivisione dei distretti di pesca, in base al Regio decreto del 10 febbraio 1878, n. 4294, serie Seconda, che “per gli effetti dell’articolo139 del codice della marina mercantile il litorale dello Stato è ripartito in sei distretti di pesca determinati nel modo seguente:

Il primo distretto comprende tutto il litorale dei compartimenti marittimi di Porto Maurizio, Savona, Genova, Spezia e Livorno:

Il secondo distretto comprende Portofferraio, Civitavecchia, Gaeta e Napoli

Il terzo distretto Castellammare di Stabia, Pizzo e Taranto Il quarto Bari Ancona Rimini Venezia Il quinto La Maddalena e Cagliari Il sesto Messina, Catania, Porto Empedocle, Trapani e Palermo

Per quando riguarda il secondo distretto l’articolo 16 del regolamento prevedeva che da Napoli fino a punta Campanella ed a Capo Miseno era proibita la pesca delle vongole e dal primo al trenta aprile quella dei cannolicchi e datteri di mare. Nelle disposizioni generali per la pesca fluviale l’art. 2 prevedeva che nei luoghi in cui le acque dolci erano in comunicazione con quelle salate, le discipline sulla pesca fluviale e lacuale si applicavano fin dove cominciava la giurisdizione delle autorità marittime. L’art. 6 proibiva la pesca della trota dal 15 novembre al 15 gennaio e quelle di altre specie dal 15 marzo al 15 giugno e quella dei gamberi dal 1 settembre a tutto aprile. L’art. 8 vietava di smuovere il fondo delle acque e di estirpare le radici bagnate da esse. L’art. 11 proibiva di prosciugare o divergere le acque dei fiumi, torrenti, corsi e bacini d’acqua allo scopo di agevolare la pesca. Era pure vietato di collocare reti ed altri ordigni ad una distanza di metri 20 dalle scale di monta, dai graticci degli opifici e dei canali, dalle chiuse o cateratte e dai salti d’acqua e a monte dei molini natanti. L’articolo 19 vietava l’introduzione di nuove specie di pesci in un bacino o corso d’acqua senza averne avuto per prima la licenza. Verso la fine dell’Ottocento lo sviluppo dei mezzi meccanici che interessò soprattutto la grossa marineria dell’Atlantico, ebbe ripercussioni anche nei mari italiani dove vi furono esperimenti anche governativi con premi all’esercizio dei motopescherecci; i premi ai migliori tipi e soprattutto standardizzazione del naviglio in quattro tipi fondamentali che più si adattavano alle nostre acque: per

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la pesca ravvicinata, per quella di altura, per la grande pesca oceanica e per quella adriatica. Nell’ordinamento giuridico attuale la pesca ha due fonti principali: il testo unico delle leggi sulla pesca approvata con R.D. dell’8 ottobre 1931, n.1604 e gli articolo 139-149 del Codice della marina mercantile.

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Un’esperienza di studio nell’Archivio di Stato di Salerno

di Fabio Vitolo e Vincenzo Vitolo All'Archivio di Stato abbiamo consultato vari documenti, il primo è relativo al consumo di pesca. Risale dal 1869 sul consumo del pesce. Si dice che il pesce fresco pescato è di 540 quintali e c'è un consumo di pesce d'acqua dolce di circa 60 quintali. Il valore complessivo del pescato è di 25 mila lire. Sempre sul consumo c'è una relazione che risale al 1871: a Salerno il pesce di mare è maggiormente consumato rispetto a quello di acqua dolce. Ci sono informazioni per il pesce fresco. Il terzo documento non solo ci dice il consumo di pesce, ma ci dà anche informazioni importanti, sui tipi di imbarcazioni che si utilizzavano (come il gozzo, le menaidi), poi quali tipi di reti venivano usate, e il numero delle reti. Ci dice anche la quantità (100 quintali di pesce). Un altro documento ci presenta dati statistici sulle condizioni di Amalfi. Siccome gli abitanti sfruttano il pescato, non ci sono operai stabili. Sempre per il consumo c'è un altro documento: la protesta del sindaco di Salerno (la data è il 25 aprile 1887), riguarda il divieto di pesca dei bianchetti, che non sono pesci come sardine e acciughe, ma pesci adulti e vanno pescati. Il comune di Salerno esegue una perizia che conclude che non si possono pescare, perché derivano dalle acciughe; in allegato un manifesto che abbiamo letto e fotografato, un’ordinanza a firma del Prefetto, in cui c'è tutto il regolamento della pesca. Il perito scrive testualmente che va rigettata la domanda dai pescatori perché i bianchetti derivano dalle sardine. La pesca con la dinamite compare in un documento del 1910, c'è un danno economico e quindi c'è una denuncia da parte dei pescatori. La prefettura scrive al distretto di Salerno, distretto di Vallo, distretto di Eboli, distretto di Sala Consilina, invece per la pesca fluviale ci spiega quali sono le reti che venivano usate: cuoppo, nassa, vertolillo, rullo e londro. Nel distretto di Vallo veniva usata la rete guala, il coppo e il filaccione. A Eboli c'è il ritoni, la guda, la martuvilla, l'imbrosto, lo iarchio, e le nasse. Nel distretto di Sala Consilina, ci sono le nasse. Ci sono altri due documenti, il primo riguarda il municipio di san Marzano sul Sarno, sul popolamento dei pesci e risale al 6 novembre1892, nel fiume Sarno c'erano pesci come l'anguilla e l'orata che adesso non ci sono più, bisogna sapere in che condizioni era il fiume, risale al 29 febbraio 1892. Un altro manifesto che abbiamo fotografato risale al 22 marzo 1891: a che città appartengono le varie tonnare (Maiori, ecc.), e le concessioni.

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La scuola pratica dei pescatori è in un altro documento, prima i pescatori che ritornavano dal viaggio di mare, al loro ritorno si è pensato di aprire una scuola pratica proprio per i pescatori e vengono anche pagati, ma piano piano le cose non vanno bene. Abbiamo visto anche uno schema di regolamento per l'applicazione della legge del 4 marzo 1887m numero 3706, serie 2°, sulla pesca nella parte riguardante la pesca marina. Nel 1879 il ministero di industria e commercio pubblica degli schemi di regolamento sulla legge della pesca rivolti ai consigli provinciali, alle camere di commercio e ai capitani di porto. Al titolo 2° si dice che c'è la disposizione relativa alla pesca e ai pesci in generale dal 1° febbraio al 1° giugno, in quel periodo c'è un fermo della pesca sull'articolo 16 e le reti a strascico si devono adoperare ad una distanza di 3 km dalla costa e ad una profondità non minore di dodici miglia. L'articolo 25 del titolo 2° capo 2 parla della pesca dei crostacei e dei molluschi, ma anche le aragoste, spiega che essi non possono essere messi in commercio se non raggiungono almeno 18 cm di lunghezza. C'è anche il titolo 4 della legge, ci parla dei distretti di pesca, sono definiti distretti di pesca quelli presenti nel regio decreto del 10 febbraio 1878, numero 4294 serie 2°. Per quanto riguarda il 2° distretto che va da Porto Ferraio a Napoli, l'articolo 46 prevede che da Napoli fino a punta Campanella sia proibita la pesca delle vongole dal 1° al 30 aprile e quella dei cannolicchi e datteri di mare. Sempre sulle disposizioni generali per la pesca fluviale l'articolo 2° prevede che nei luoghi in cui le acque dolci siano in comunicazione con quelle salate, le discipline sulla pesca sono di giurisdizione di autorità marittime. L'articolo 8 dice che è vietato smuovere il fondo delle acque e di estirpare le radici bagnate da esse. L'articolo 11 proibisce di prosciugare le acque dei fiumi, torrenti, corsi e bacini d'acqua allo scopo di agevolare la pesca. E’ pure vietato collocare reti ed altri ordigni ad una distanza di 20 m dalle scale di Monta, dai graticci dei canali, dalle chiuse e dai salti d'acqua a monte dei molini natanti. L'articolo 19 dice che è vietato introdurre una nuova specie di pesci in un bacino senza aver riportato la licenza del prefetto, il quale prima di accordarla sentirà il parere della deputazione provinciale. Verso la fine dell'800 lo sviluppo dei mezzi meccanici che interessò la grossa marineria dell' Atlantico, ebbe ripercussioni anche nei mari italiani e anche governativi, con premi all'esercizio dei motopescherecci, premi ai migliori tipi, e soprattutto standardizzazione del naviglio in quattro tipi fondamentali, si adattavano alle nostre acque, uno per la pesca ravvicinata, per quella di altura, per la grande pesca oceanica e per quella adriatica. Nell'attuale ordinamento si hanno due fondi principali: il testo unico delle leggi

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sulla pesca, fu approvato con decreto dell'8 ottobre 1831 numero 1604, ci sono anche gli articoli 139 e 149 del codice della marina mercantile. REGOLAMENTO SULLA SALAGIONE DI PESCI (15 DICEMBRE 1834): ARTICOLO 1: tutti quelli che vogliono intraprendere la salagione dei pesci, dovranno fare la dichiarazione al sindaco o alla dogana del luogo dove intendono stabilire la salagione. La dichiarazione deve contenere il nome e cognome dell'imprenditore, il tempo entro cui sarà fatta la salagione ed il luogo scelto. ARTICOLO 4: Quando la salagione sarà stata eseguita ed il pesce sarà pronto per mettersi in commercio, l'imprenditore prima che i barili, le botti, ed altri recipienti siano chiusi, deve invitare gli impiegati della dogana a controllare che i recipienti siano pieni di pesce salato. Tali recipienti porteranno a fuoco le lettere S. P. N che significa Salagione Privilegiata Napoletana. ARTICOLO 12: E’ libera la circolazione di pesce salato proveniente dall'estero mediante pagamento del dazio e i vasi sono marchiati con le lettere S. E oppure S. S cioè Salagione Estera o Salagione Siciliana. Riguardo la salagione, si reclama in Cetara la necessità di far permanere, anche in base al real decreto del 15 dicembre 1834, l'industria della salagione del pesce, con la quale vive tutto il paese e si sostiene l'amministrazione comunale. Nella ordinanza ministeriale delle finanze del 1° luglio 1838 si attesta che essendo la distanza dal comune di Cetara alla dogana di Vietri di più di due miglia, gli industrianti solitari non possono giovarsi del beneficio concesso da S. M. Il decurionato attesta che la distanza di due miglia e mezzo “conosciuta non debba essere d'ostacolo a questo comune perchè per terra non è strada compita, ma traccia, che serve ad indicare la strada facendo, mentre viene indicata tale distanza per tante volte a linee curve”. Inoltre praticandosi tale salagione nei mesi estivi il tragitto per mare non è più di un miglio.

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Figura1: Fabio e Vincenzo Vitolo con il Dott. Iannella nel salone Bilotti dell’Archivio di Stato di Salerno

Figura 2: Divieti di pesca (1875)

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Figura 3: Disposizioni sulla pesca (1877)

Figura 4: Disposizioni sulla pesca dei bianchetti (1877)

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Figura 5: Reti e strumenti per la pesca (1899) nel distretto di Salerno (1899)

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Figura 6: Reti e strumenti per la pesca nel distretto di Vallo della Lucania (1899)

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Figura 7: Reti e strumenti per la pesca nel distretto di Eboli e Sala Consilina (1899)

Figura 8: Tonnara di Praiano

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Figura 9: Tonnara di Praiano

Figura 10: Tonnare e diritti per la pesca (1881)

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Figura 11: Legge sulla pesca (1879)

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Figura 12: Legge sulla pesca (articoli, 1879)

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Figura 13: Tabella dal Regolamento della pesca marittima (specie più importanti dei pesci)

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Figura 14: Regolamento legge 4/3/1877 sulla pesca fluviale e lacustre

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Figura 15: Società di mutuo soccorso dei marinai e dei pescatori (Petizione, 1905)

Figura 16: Divieto della pesca con paranze a vela

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I Database

di Fabrizio Santoriello

Un Database può essere definito come un insieme di dati strettamente correlati, memorizzati su un supporto di memoria di massa, costituenti un tutt’uno, che possono essere manipolati, da più programmi applicativi; oppure possiamo dire che è un sistema di gestione di dati integrati, ricompilati e immagazzinati secondo precisi criteri, necessari all'attività che si deve svolgere. I programmi di gestione di Data Base realizzano una serie di operazioni che consentono l'accesso a dati immagazzinati in un PC e che ne permettono altresì una certa manipolazione. Tali operazioni consistono fondamentalmente in: immissione e cancellazione di dati, modifica di dati già introdotti, ricerca di dati attraverso criteri definiti dall'utente, ordinamento e classificazione dei dati singolarmente o secondo vari criteri, stampa di rapporti o relazioni. I database relazionali. Si presentano in forma tabellare in cui le righe rappresentano i record e le colonne rappresentano i campi. Le operazioni realizzate con questo tipo di Database riguardano le tabelle e non i record individuali, come nel caso dei gestori di file. Oggi i principali DataBase in circolazione sono di tipo relazionale, ciò perché praticamente tutti gli insiemi di dati che corrispondono a entità complesse organizzate come imprese, scuole, associazioni varie, implicano collegamenti tra i vari dati ad esempio: ai fornitori sono collegate le merci, agli alunni i corsi, e così via. La norma fondamentale per stabilire relazioni tra tabelle, cioè tra contenitori di dati correlabili, è che il campo di collegamento non deve avere ripetizioni, ossia ogni record deve potere essere identificato in maniera univoca. Il campo che permette l'identificazione di ogni record è detto "chiave primaria" e deve essere comune alle tabelle che si intende correlare. Si possono stabilire tre tipi di relazione:

UNO A UNO: si tratta di relazioni tra elementi che hanno una corrispondenza univoca: ad un elemento di una tabella ne corrisponde uno soltanto in un'altra e viceversa;

UNO A MOLTI: sono relazioni che si stabiliscono tra un record di una tabella e più records di un'altra tabella, ma non il contrario;

MOLTI A MOLTI: un record può essere relazionato a più di un record di un'altra tabella e viceversa; questo tipo di relazione è normalmente definita tramite una terza tabella che costituisce un "ponte" tra le due da relazionare.

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Gestione delle informazioni e cenni storici

La base di dati, oltre ai dati veri e propri, deve contenere anche le informazioni sulle loro rappresentazioni e sulle relazioni che li legano. Spesso, ma non necessariamente, una base dati contiene le seguenti informazioni:

Strutture dati che velocizzano le operazioni frequenti, tipicamente a spese di operazioni meno frequenti.

Collegamenti con dati esterni, cioè riferimenti a file locali o remoti non facenti parte del database.

Informazioni di sicurezza, che autorizzano solo alcuni profili utente ad eseguire alcune operazioni su alcuni tipi di dati. Programmi che vengono eseguiti, automaticamente o su richiesta di utenti

autorizzati, per eseguire elaborazioni sui dati. Un tipico automatismo consiste nell'eseguire un programma ogni volta che viene modificato un dato di un certo tipo.

In un sistema informatico, una base di dati può essere manipolata direttamente dai programmi applicativi, interfacciandosi direttamente con il sistema operativo (file system). Tale strategia era quella adottata universalmente fino agli anni sessanta, ed è tuttora impiegata quando i dati hanno una struttura molto semplice, o quando sono elaborati da un solo programma applicativo (si pensi alla struttura in 'directory' di Windows). A partire dalla fine degli anni Sessanta, tuttavia, per gestire basi di dati complesse condivise da più applicazioni si sono utilizzati appositi sistemi software, detti sistemi per la gestione di basi di dati (in inglese "Database Management System" o "DBMS"). Uno dei vantaggi di questi sistemi è la possibilità di non agire direttamente sui dati, ma di vederne una rappresentazione concettuale. La ricerca nel campo delle basi di dati studia le seguenti problematiche:

Progettazione di basi di dati. Progettazione e implementazione di DBMS. Interpretazione (o analisi) di dati contenuti in database.

Le basi di dati spesso fanno uso di tecnologie derivate da altre branche dell'informatica. È usuale utilizzare tecniche derivate dall'intelligenza artificiale, come ad esempio il data mining, per cercare di estrarre relazioni o più in generale informazioni presenti nelle banche dati ma non immediatamente visibili. Linguaggi usati per il database. È possibile distinguere i linguaggi per basi di dati secondo il loro utilizzo:

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Data Definition Language (DDL) - consente di definire la struttura della base di dati e le autorizzazioni per l'accesso.

Device Media Control Language (DMCL) - permette alla struttura fisica del database di far riferimento alle particolari unità di memoria di massa utilizzate dal sistema.

Data Manipulation Language (DML) - consente di interrogare e aggiornare le istanze della base di dati.

Data Control Language (DCL) - permette la gestione dell'accesso al database con relative restrizioni di operazioni come aggiornamento, selezione e cancellazione.

Query language (QL) - permette di interrogare il database al fine di ritrovare i dati relativi alla chiave di ricerca impostata dall'utente.

Inoltre è possibile suddividere i linguaggi come: Linguaggi testuali interattivi, come l'SQL, di cui sono stati pubblicati

diversi standard, che attualmente è il linguaggio più utilizzato. Linguaggi testuali interattivi immersi in linguaggi di programmazione

comuni, quali C, Basic ecc. Linguaggi testuali interattivi immersi in linguaggi di programmazione

proprietari. Linguaggi grafici e user-friendly, come QBE (Query By Example), che

possono essere utilizzati anche dai meno esperti. Data base relativo al progetto SeaLab Vediamo ora come usare un database per memorizzare le informazioni registrate dai sensori della Boa e per poterle organizzare in modo da effettuare ricerche di dati in modo veloce e affidabile. Per acquisire i dati dai sensori della Boa abbiamo realizzato un database con Microsoft Access 2007. Il database è costituito da 3 tabelle fondamentali:

Tab_Boa che registra la posizione della boa; Tab_Misure che raccoglie i valori misurati dai sensori; Tab_Sensori che fornisce il nome e il tipo del sensore che ha effettuato le

misure. Per quanto riguardo lo schema relazionale, tra le tabelle Tab_Boa e Tab_Sensori esiste una relazione 1 a molti, mentre tra le tabelle Tab_Sensori e Tab_Misure c’è una relazione molti a molti, che viene trasformata in Access in 2 relazioni 1 a molti con l’ausilio della tabella Rilevamenti. Lo schema relazionale di Access tra le tre tabelle è mostrato in figura:

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Figura1: tabelle e schema delle relazioni

Per poter poter fare inserimenti, modifiche o ricerche nelle tabelle sono state create 2 maschere, la maschera Boa (vedi figura2) permette di operare sugli spostamenti della Boa (coordinate e nome zona)

Figura 2: maschera Boa per gestire gli spostamenti della boa

La maschera Misure invece permette di gestire i dati raccolti e i tipi di sensori che hanno effettuato il rilevamento (vedi figura 3).

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Figura3: maschera Misura per gestire i dati raccolti dai diversi sensori Infine, per stampare i dati di nostro interesse abbiamo creato il report

Misurazioni

Figura4: report Misurazioni per stampare i risultati dei rilevamenti

In particolare il report Misurazioni stampa i dati raggruppati per zone e per i diversi sensori che hanno effettuato misurazioni in ciascuna zona.

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Nella figura 5 è riprodotta l’anteprima di stampa del report Misurazioni

Figura 5: anteprima di stampa del report Misurazioni

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L'ambiente marino costiero tra la foce dell'Irno e la foce del Picentino: modello di rappresentazione di SEGNALI da sensori ambientali

di Emilia Calzetta, Carlo Cavaliere, Alfredo Di Marco, Paola Gallo, Pasquale Fabio Negri,

Il termine monitoraggio (dal latino monitor–monitoris, con il significato di ammonire, avvisare, informare, consigliare) ha origine in ambiente industriale e indica la vigilanza continua di una macchina in funzione, mediante appositi strumenti che ne misurano le grandezze caratteristiche (velocità, consumo, produzione, etc.). Il significato originario riguardante una singola macchina è stato esteso all’intero processo e successivamente a tutta la struttura operativa, includendo in essa anche le risorse umane. L’uso di questo termine si è poi diffuso anche nelle discipline tecniche, sociali e ambientali, consentendo di analizzare e prevenire situazioni di pericolo ed eventuali anomalie. Per monitoraggio si intende, quindi, la rilevazione sistematica delle variazioni di una specifica caratteristica chimica o fisica di emissione, scarico, consumo, parametro equivalente o misura tecnica. Esso si basa su misurazioni e osservazioni ripetute con frequenza appropriata, in accordo con procedure documentate e stabilite, con lo scopo di fornire informazioni utili. Spesso il termine monitoraggio viene adoperato in connessione con quello di controllo che, però, ha un significato diverso e rappresenta un complesso di azioni per valutare e verificare un valore, un parametro o uno stato fisico, in modo da confrontarlo con la situazione di riferimento o per determinare irregolarità. Il controllo può costituire una forma di verifica della conformità di un dato oggetto ad un paradigma normativo predeterminato. Da ciò segue che non può esserci una funzione di controllo senza un’opportuna azione di monitoraggio. Il monitoraggio delle acque costiere è finalizzato alla protezione della vita acquatica animale e vegetale, oltre ad avere obiettivi igienico sanitari, turistici, naturalisti etc.

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Per acque costiere si intendono quelle che un ideale confine verticale separa dalle acque di mare aperto sul ciglio della placca continentale, quindi tutte le acque di profondità minori di 200 m. Neppure dal punto di vista biologico e chimico, come del resto da quello fisico, il confine tra acque costiere e acque d’altura è rigorosamente definibile, ma è noto che, con l’avvicinarsi alla costa, gli organismi vegetali ed animali presentano caratteristiche diverse da quelli delle acque di mare aperto; i costituenti chimici dell’acqua sono più variabili; la salinità, più bassa, presenta talora marcate fluttuazioni stagionali; la trasparenza è nettamente minore per fatti erosivi ed apporti fluviali. Le acque dei fiumi possono inoltre apportare nutrienti la cui disponibilità ai fini della crescita algale è comunque legata in notevole misura anche ai processi di rigenerazione che avvengono a livello di sedimenti essendo questi poco profondi. Questa maggiore disponibilità si traduce in una caratterizzazione delle acque costiere come di gran lunga più produttive di quelle pelagiche. Concorrono a tale maggiore disponibilità le caratteristiche fisiologiche della linea di costa, la profondità, la topografia, e la natura del fondo, le locali condizioni meteorologiche, nonché i gradienti di luce, di salinità e di temperatura delle acque. Il monitoraggio e la previsione dell’ambiente marino a diverse scale, dalla globale alla regionale, nelle sue condizioni fisiche e biologiche, chimiche e in termini di funzionamento dell’ecosistema, costituiscono l’obiettivo di quella che è conosciuta sotto il nome di oceanografia operativa. I prodotti finali di un’attività di oceanografia operativa comprendono la comunicazione di allarmi di vario tipo (di inondazione, burrasca, della potenziale presenza di sostanze e/o organismi tossici), informazioni per l’ottimizzazione delle rotte navali, previsioni di correnti marine, riguardanti lo stato del mare, e previsioni di produttività primaria su scala stagionale o annuale. L’oceanografia operativa utilizza metodologie scientifiche analoghe a quelle dei servizi meteorologici, che già da tempo hanno automatizzato una serie di procedure di raccolta dati, di analisi e di previsione. Gli sviluppi tecnologici avvenuti negli ultimi due decenni, riguardanti sia tecniche di misure in sito e tele rilevate, sia di modellistica di simulazione della circolazione e del funzionamento dell’ecosistema marino, hanno reso realizzabili servizi operativi che a livello europeo si stanno sviluppando e armonizzando per l’oceano globale e i bacini regionali nell’ambito del Servizio Marino del GMES (Global Monitoring for Environment and Security). La mole delle informazioni da gestire nel monitoraggio ambientale è molto imponente e complessa e tale da risultare impraticabile senza l’ausilio di strumenti informatici. In questo progetto si è voluto proporre uno strumento gestionale ambientale: il Data Warehouse o “magazzino virtuale”, che si propone di supportare alcune decisioni importanti per gli Enti e le Istituzioni locali. In pratica, il nostro progetto si basa sul contesto ambientale marino e costiero tra

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la foce del fiume Irno e la foce del fiume Picentino e analizza 3 argomenti: sensori e audio-video in mare correnti marine e fattori inquinanti progettazione di un Data Warehouse (DWH) per i segnali da sensori

remoti come supporto automatico alle decisioni. Le idee di progettazione del Data Warehouse (DWH) proposte in questo lavoro sono principalmente due:

la gestione, armonizzazione e memorizzazione di dati ambientali provenienti da stazioni di rilevamento posizionate tra la foce del fiume Irno e la foce del fiume Picentino

i sistemi di supporto alle decisioni informatizzati. Questa proposta ha uno scopo ben preciso, ovvero fornire un mezzo sicuro, veloce, metodologicamente valido, per prendere decisioni e per tenere sotto controllo le attività. L'output più immediato di questi sistemi è la produzione di report, ovvero di resoconti avanzati, personalizzabili secondo le richieste del tipo di utenza abilitata all’uso del sistema. Un vantaggio di fondamentale importanza è che questi resoconti vengono forniti quasi in tempo reale, con costi nulli, se non per l'ammortamento dell'implementazione del Sistema Informativo. Le metodologie seguite per la modellazione e per le future regole di implementazione del data warehouse seguono principalmente le metodologie suggerite da Ralph Kimball53. L'architettura del sistema è rappresentabile con l'ausilio alcuni livelli distinti, che possono essere schematizzati come in figura:

Figura: Architettura del Sistema informatico

La struttura gerarchica mostrata si pone come obiettivo l'evidenziare i vari livelli esistenti nel sistema informatico e rende l'idea con una metafora grafica che il peso dell'informazione aumenta in maniera proporzionale al livello di sintesi che si è in grado di fornire alle informazioni stesse: infatti risalendo dai sistemi di base fino al livello dei sistemi orientati al supporto decisionale, i volumi dei dati coinvolti sono via via decrescenti, ma il valore di ogni singolo dato aumenta poiché questo riassume in sé un sempre maggiore contenuto informativo.

53http://www.ralphkimball.com/html/articles.html

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La scelta di realizzare questo servizio quale esempio rappresentativo è dovuta a due ordini di considerazioni:

il forte bisogno di superare la frammentarietà che spesso caratterizza il patrimonio conoscitivo ambientale, di sfruttare le sinergie esistenti tra diversi comparti ambientali e di integrare e strutturare le informazioni significative ai fini dell’analisi;

l’esigenza di realizzare elaborazioni ed analisi avanzate sui dati di misura raccolti, in maniera da individuare quegli indici ed indicatori significativi per rappresentare le entità ambientali e fornire un supporto alle decisioni.

Il progetto prevede, a fronte di una raccolta di dati relativi al monitoraggio ambientale, una successiva elaborazione dei dati stessi, che li prepari alla derivazione degli indicatori. L’elaborazione di tali indicatori deve concretizzarsi nel calcolo di indici sintetici aggregati al massimo livello di astrazione. In pratica, si intende realizzare la memorizzazione ed organizzazione dei dati ambientali in archivi navigabili (processo di data warehousing) e l’analisi “intelligente” di essi. Il processo di data warehousing come sistema integrato, subject oriented, time variant e non volatile si adatta bene alle esigenze evidenziate e consente di ottenere risposte alle tipiche domande degli analisti ambientali, ad esempio: “Qual è il valore medio su scala mensile della stazione di misurazione X, nell’anno Y, per Z parametri?”. Richieste di questo tipo possono essere soddisfatte attraverso l’utilizzo, in un processo di data warehousing, di query multidimensionali. Esse devono essere navigabili in applicazioni utente (front-end) strettamente connesse ai dati raccolti ed organizzati in un archivio consistente (back-end) dove le informazioni provenienti da stazioni di rilevamento geograficamente distribuite sul territorio locale siano armonizzate.1 IL PROGETTO “SEA HORSE”

1.1 MOTIVAZIONI ED OBIETTIVI Il progetto “SEA HORSE” prevede la messa a punto del laboratorio marino galleggiante “SEA LAB” per il monitoraggio dell’ambiente marino e costiero. “SEA LAB” è dotato di corpo metallico facilmente trasportabile a terra e a mare che contiene e protegge un avanzato sistema di telecomunicazione mare-mare e mare-terra. Il laboratorio è stato ideato principalmente per il controllo ambientale, la sicurezza in mare e per il supporto degli impianti di acquacoltura. Le attività di sperimentazione del progetto “SEA HORSE” nel porto di Salerno sono iniziate il 19 maggio 2008. Elementi essenziali del progetto sono:

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il corpo metallico visto come strumento facilmente trasportabile sia a terra che a mare, l’autonomia piena in banchina con un mezzo di trasporto dotato di gru e di tender, la maneggevolezza del sistema di ancoraggio in rada;

il motore digitale costituito da un modulo di elaborazione dei segnali digitali provenienti da sensori di superficie e di profondità e da unità di tele trasmissione digitale, garantendo la disponibilità di più frequenze mediante antenne direttive e la capacita di memorizzare le informazioni o i dati anche nei periodi di non presenza del segnale in antenna;

il network con altri laboratori marini specializzati superficiali o sommersi (laboratori satelliti) mediante uso di cavi sottomarini tra il laboratorio master e i laboratori satelliti per la trasmissione di energia, di dati e di informazioni.

unità di raccolta dati a terra. Per archiviare e gestire adeguatamente la mole di dati raccolti dal laboratorio marino è nata l’idea di creare un modello di rappresentazione per i segnali da sensori remoti, inteso come una sorta di portale dell’ambiente marino di Salerno che oltre a raccogliere, organizzare e rendere disponibili le informazioni per la consultazione rappresenta anche uno strumento di collegamento e dialogo tra gli Enti e le Istituzioni coinvolte nel progetto. Infatti, spesso Enti diversi si occupano di ambiti diversi e di conseguenza le informazioni che derivano da questi studi non sono in grado di fornire un’immagine completa e sistemica dell’ambiente. Il modello si propone quindi di raccogliere e relazionare tutti i dati necessari al lavoro dei diversi attori del progetto. In particolare, le motivazioni e gli obiettivi del modello di rappresentazione per i segnali del “SEA LAB” sono:

raccogliere e mettere in relazione in un unico archivio digitale le informazioni inerenti l’ambiente marino e costiero di Salerno per fornire una visione più omogenea degli studi e delle ricerche svolte in quest’ambito;

incentivare la diffusione dei dati rendendoli facilmente reperibili, riutilizzabili e più direttamente confrontabili;

favorire il lavoro di ricercatori e tecnici del settore, che oltre a trovare con facilità informazioni utili alle loro ricerche possono disporre del modello anche come strumento per diffondere i risultati delle loro attività;

fornire uno strumento ai cittadini per l’educazione ambientale in supporto alla scuola di vari ordini e gradi, rendendo accessibili dati ed informazioni che possono essere utili per capire le trasformazioni dell’ambiente marino e costiero in cui assumono una grande importanza le decisioni prese per la gestione.

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1.2 ENTI ED ISTITUZIONI ATTORI DEL PROGETTO “SEA HORSE” Il laboratorio marino “SEA LAB” é un progetto di ricerca dell' Università di Salerno e dell' Istituto Ambiente Marino Costiero del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), con la partecipazione attiva della Capitaneria del porto di Salerno e dell’Autorità Portuale di Salerno e con il lavoro di ricerca e monitoraggio delle agenzie per la protezione ambientale APAT (Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e per i Servizi Tecnici) e ARPAC (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Campania). Nel progetto di realizzazione e sperimentazione del laboratorio “SEA LAB” sono coinvolti anche numerosi tecnici specializzati di partner privati.

1.3 TIPOLOGIE E CARATTERISTICHE TECNICHE DEI SENSORI UTILIZZATI NEL “SEA LAB”

Il principale sistema di acquisizione dei dati del laboratorio marino “SEA LAB” si compone di:

Datalogger Nesa TMF100 Sonda multiparametrica per la misura di 6 parametri: livello idrometrico;

temperatura; conducibilità; pH, Redox, ossigeno disciolto Sistema di alimentazione a batteria con pannello fotovoltaico

Le caratteristiche tecniche del Datalogger Nesa TMF 100 sono:

Processore ARM (Advanced RISC Machine) a 32 bit Mother board con 32Mbyte di SDRAM Sistema operativo Linux embedded (kernel 2.6.13) Memoria di archiviazione dati su NAND (> 32MByte) Protocolli di comunicazione standard: FTP (File Transfer Protocol); HTTP

(Hyper Text Transfer Protocol); Telnet; NTP (Network Time Protocol) Interfaccia di comunicazione remota: GPRS adattabile anche a GSM Interfaccia di comunicazione Fast Ethernet 10/100 (LAN) Doppia porta USB Host Doppia interfaccia di comunicazione RS232 Display LCD (2 righe x 24 caratteri) Orologio datario al quarzo (con batteria tampone) Hardware Reset / Watchdog Alimentazione con circuito di ricarica della batteria da pannello

fotovoltaico

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L’interfaccia per i sensori del datalogger Nesa TMF100 è costituita da:

8 ingressi analogici così configurati: o 4 ingressi analogici differenziali con precisione di 24 bit o 4 ingressi analogici unipolari con precisione di 12 bit

5 ingressi digitali tipo contatori e frequenza optoisolati 4 uscite digitali “open collector” 4 uscite analogiche in tensione con precisione di 12 bit (su richiesta)

Il datalogger produce un file di dati di tipo ASCII leggibile con qualsiasi editor di testo. I file sono contenuti nella directory /mnt/nand/dati, un ulteriore file denominato backup rappresenta la copia di sicurezza dei dati. Se presente, i file vengono automaticamente memorizzati anche in una chiave di memoria USB. La struttura del record prodotto dal datalogger è simile alla seguente:

S, ID_SENS, ORA, DATA, ID_MIS1, Tipo_ELAB_MIS1, DATO, ID_MIS1, Tipo_ELAB_MIS2, DATO, … , ID_MIS1, Tipo_ELAB_MISn, DATO, … , ID_MISm, Tipo_ELAB_MISn, DATO, #

Comincia con S e finisce con #, ed i campi sono delimitati da virgola, il significato dei campi è il seguente:

ID_SENS è l’identificativo numerico della canale all’interno della rete ORA, DATA rappresentano la data e l’ora di memorizzazione ID_MISx, Tipo_ELAB_MISn, DATO sono le “terzine” che identificano la misura (es. temperatura aria), l’elaborazione associata alla misura (es. media) ed il dato memorizzato.

Il datalogger Nesa fornisce anche il software ESPORTA, realizzato in Java, che consente di scaricare i dati, decodificarli e visualizzarli in un file di testo “excel like”. Il disco di installazione del software ESPORTA è per piattaforme Windows La sonda multiparametrica Nesa affianca il datalogger nel monitoraggio marino, essa risulta:

Adatta per acque chiare o semitorbide Interfacciabile con datalogger TMF100 via RS485 Struttura compatta in pvc Sensori facili da sostituire Utilizzabile sino a 20m di profondità

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Misura fino a 7 parametri simultaneamente: livello piezometrico; temperatura acqua; conducibilità; pH; ossigeno disciolto; redox; torbidità.

Gli altri sensori che si integrano con il datalogger e la sonda multiparametrica della Nesa sono:

Il sensore per la misura della direzione del vento DV con un angolo operativo di 360°. La robustezza meccanica consente al sensore di resistere a venti di forte intensità e ad improvvise raffiche (fino a 300km/h).

Il sensore per la misura della velocità vento VV è costruito per resistere a venti di forte intensità e ad improvvise raffiche (fino a 300km/h) con materiali, quali alluminio anodizzato e acciaio inossidabile, che garantiscono garantisce un’ottima resistenza alla corrosione dovuta dagli agenti atmosferici.

Il sensore per la misura della radiazione solare netta54 RSN è in grado di misurare la differenza tra la radiazione solare diretta ed incidente nella parte superiore del sensore (giunto caldo) e quella riflessa dal mare rilevata dalla parte inferiore del sensore (giunto freddo).

Il sensore termoigrometrico UTA per misurare la temperatura (-40 ÷ +60°C) e l’umidità (0 ÷ 100% )

Il sensore per la misura di pressione atmosferica BAR è un barometro elettronico con uscita di tipo analogico facilmente acquisibile dal datalogger TMF100

Infine il laboratorio marino “SEA LAB” dispone anche della BLACK BOX della Micro Geo, un dispositivo non solo di monitoraggio ma anche di controllo, che attraverso un PC o semplicemente con il telefonino consente di controllare a distanza il laboratorio marino nelle sue funzioni vitali e in caso di tentativi di furti o di interventi mirati a danneggiarlo.

2 DATA WAREHOUSE PER I SEGNALI DA SENSORI REMOTI

2.1 INTRODUZIONE La possibilità di utilizzare un magazzino dei dati come supporto automatico alle decisioni rappresenta la soluzione reale di quello che può essere considerato il sogno nel cassetto del manager. Questo magazzino dei dati, che definiamo Data

54 La radiazione netta è la differenza tra la radiazione proveniente dal cielo e quella in arrivo dalla superficie in esame nella banda 0.3 – 60 mm. Lo strumento per la misura è costituito da due radiometri: uno rivolto verso l’alto e uno verso il basso.

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Warehouse55 (DWH), deve essere in grado di combinare e sintetizzare i contenuti di estese, eterogenee e variegate mole di dati. Proprio quello che ci serve, dunque, per memorizzare le tantissime informazioni che ci restituisce uno strumento come il “SEA LAB”. Il Data Warehouse fa parte dell’insieme più ampio rappresentato dai sistemi informativi direzionali. Più in generale, un efficace utilizzo del "magazzino dei dati" può dare significativi risultati nei casi in cui si renda necessario fare del "datamining", ossia delle analisi più spinte rispetto a quelle rese disponibili dai normali database. In pratica, la "escavazione dei dati" può consentire di ottenere preziose indicazioni che risultano dall’estrazione delle caratteristiche salienti delle informazioni e della correlazione di queste con altre importanti variabili. I vantaggi del DWH si possono riassumere facilmente utilizzando le seguenti relazioni:

VANTAGGI AUTOMAZIONE = RIDUZIONE COSTI; VANTAGGI INFORMAZIONI = RIDUZIONE COSTI + CRESCITA FATTURATO (nuovi prodotti e nuovi mercati) + RIDUZIONE DEI RISCHI (maggiore controllo e flessibilità).

Il software utilizzato nella gestione di una grande base di dati è generalmente suddiviso in tre componenti: Data Base Management System (DBMS), Model Base Management Software (MBMS), Dialog Generation/Management Software (DGMS). Il DBMS è la porzione di software che permette di definire

schematicamente l’organizzazione dei dati, memorizzarli, modificarli, gestirli permettendo un' interrogazione semplice della base dati.

Il MBMS deve facilitare la memorizzazione, la modificazione e l’uso dei modelli. Il ruolo di un MBMS è analogo a quello di un DBMS con la differenza che i primi gestiscono le procedure e non i dati.

Il DGMS è la parte di software che realizza l’interfaccia utente e definisce, quindi, il tipo di interazione con esso. Determina le richieste che l’utente può fare, quali risposte può ottenere e in che modo. [DSS- Decision Support System, vedi pag. 11]

2.2 DATA WAREHOUSE Il Data Warehouse rappresenta un nuovo approccio per fornire accesso alle informazioni con lo scopo di trovare risposta alle richieste degli utenti di maggiore livello. L’approccio tradizionale di analisi dei dati si fonda sull’uso di strumenti

55 Kimball, R. and Ross, M. "The Data Warehouse Toolkit: The Complete Guide to Dimensional Modeling" John Wiley & Sons, Inc

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semplici, basati su un linguaggio naturale o formale come SQL per effettuare interrogazioni (query). Questo approccio, sebbene utilissimo su database di media grandezza, diventa tuttavia inefficiente su grandi quantità di dati. Un approccio più moderno è quello denominato On Line Analytical Processing (OLAP), che si basa sulla predisposizione di una vasta gamma di query che sintetizzano i dati in base a delle regole. L'OLAP è più rapido perché si basa su dati precedentemente sommati e pertanto più vicini alle richieste degli utenti. Il rischio è quello di scartare dati di dettaglio di eventuale interesse. Per evitare questo rischio è possibile utilizzare appostiti tool di Data Mining, che consentono analisi più approfondite sfruttando tecniche sviluppate nei campi della statistica e delle macchine learning, per esempio le reti neurali. Tutti questi moderni approcci all’analisi e modellazione si basano sull’esistenza di un magazzino dati capiente e ben fornito, il Data Warehouse. Per sfruttare a pieno il valore dei dati in possesso è necessario che questi siano modellati nel modo più semplice possibile per l’utilizzo da parte dell’utente. La maggior parte delle informazioni entrano in azienda attraverso procedure operative che raramente sono state concepite per organizzare i dati come base di conoscenza e supporto decisionale. Per questo motivo i principi alla base dei sistemi di Data Warehouse sono rivolti alla forte interazione col dato da parte dell’utente sia in sintesi che in dettaglio, la disponibilità di serie storiche dei dati, elevate prestazioni per ogni tipo di interrogazioni estemporanea e una visione univoca del significato dei dati presenti nel Data Warehouse. Una volta realizzata la struttura del DWH e creata l’infrastruttura per alimentarne i contenuti, è possibile svilupparne l’interfaccia, detta anche Front End, utilizzata per accedere al nostro "magazzino di dati". Il fattore critico principale di questo componente è essenzialmente la semplicità di utilizzo e l'immediatezza dell'esecuzione. I dirigenti e gli impiegati di maggior livello aziendale sono infatti i principali utilizzatori di questi strumenti, che solitamente non amano "perdere tempo" con strumenti software complicati da utilizzare. Nell'immagine che segue possiamo identificare gli elementi principali che costituiscono un DWH ben organizzato. DATABASE SORGENTI

informazioni gestite da tutti i sistemi di supporto operativo;

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informazioni provenienti da sorgenti di dati esterne; vari database relazionali o flat files (come i fogli elettronici di Microsoft

Excel); le basi dati delle applicazioni OLTP (on line transaction processing).

TOOLS PER L’ESTRAZIONE E TRASFORMAZIONE DEI DATI utility per estrarre, pulire, unificare e trasformare i dati provenienti dalle

sorgenti di dati; driver per la connettività alle diverse sorgenti di dati; sistemi di modellazione dei dati per gestire il modello dei dati presenti nei

database sorgenti e destinazione; repository dei metadati (dove vengono memorizzate le descrizioni dei dati,

le sorgenti e le regole di trasformazione). DATABASE DI DESTINAZIONE: DATAWAREHOUSE alta capacità di memorizzazione; supporto per le stored procedure; sistemi di indicizzazione; tecniche di ottimizzazione delle query; monitor dei dati per valutare la crescita, la frequenza delle cancellazioni,

etc. TOOLS DI ACCESSO ALLE INFORMAZIONI (FRONT-END) facili da usare e con interfaccia grafica; flessibilità nell’analisi dei dati; supporto agli standard più diffusi (OLE Object Linking and Embedding,

ODBC Open DataBase Connectivity e SQL); architettura client/server; sistemi di sviluppo rapido (RAD rapid application development).

Riguardo al front-end, è facile prevedere l'utilizzo di diverse interfacce a seconda del “grado” dell'utente. Distinguiamo:

a) utente semplice: possibilità di interrogare il DWH per riga e di ottenere dati di interesse comune;

b) utente stampa: ulteriore possibilità di accesso a dati storici e segnalazioni pubbliche;

c) utente ricercatore: ulteriore possibilità di accesso a dati riservati, specificare ricerche tramite range, inserire dati ricavati e di effettuare segnalazioni pubbliche e/o private;

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d) utente amministratore: ulteriore possibilità di aggiornamento, modifica, cancellazione dati, consultazione file log e altre funzioni tipiche dell'admin.

2.3 SCHEMA DEL DWH PER LA RAPPRESENTAZIONE DEI SEGNALI DA SENSORI REMOTI La progettazione concettuale del nostro modello per la rappresentazione di segnali da sensori remoti prevede una struttura multi-dimensionale con operatori aggregati (data warehouse), lo schema assume una configurazione a stella dove il centro della stella è la tabella principale delle misurazioni e le punte della stella sono le dimensioni. Le aggregazioni sono fatte sulle dimensioni spazio (zone geografiche analizzate) e tempo. La scelta di questa tipologia di schema ci consente di avere una raccolta di dati integrata, orientata al soggetto, variabile nel tempo e non volatile di supporto ai processi decisionali.

Il sistema è basato su di un modello di rappresentazione per tavole (o tabelle) e specificamente progettato per accedere ai dati tramite il Web. Il modello prevede una decomposizione dello spazio informativo in tavole, rappresentate da una coppia di componenti: L'oggetto di interesse (cosa): la misura (attributo di sommario) della

tavola; La classificazione (come): le dimensioni usate per classificare la misura

della tavola. La tavola avrà poi istanziazioni dal punto di vista spazio-temporale:

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Il tempo (quando): l'istante temporale di riferimento dei dati il contesto territoriale (dove): il territorio di riferimento dei dati.

Così un interrogazione "tipo" al sistema consisterà nella specifica di tutte o una parte delle componenti della quadrupla <t,s,o,c>, dove t è il riferimento temporale d'interesse, s è la combinazione di un dettaglio territoriale, o è l'oggetto e c è una combinazione, eventualmente vuota, di classificazioni; per esempio: < primo bimestre 2001, (coordinate e/o nome_zona), (velocità del vento, direzione del vento), (frequenza di elaborazione, num_boa)>. La scomposizione delle tavole illustrata sopra è anche alla base del modello di memorizzazione dell'Informazione riguardante la disponibilità spazio-temporale delle tavole nella base dati del sistema. In tal modo la memorizzazione di una quadrupla <t,d,o,c> rappresenterà che la tavola semplice definita dalla coppia <o,c> è disponibile per l'anno t e fino al livello territoriale d.

2.4 INVERTED FILE NELL’ INFORMATION RETRIEVAL Information retrieval56 tratta problemi di rappresentazione, memorizzazione, organizzazione e accesso ad informazioni. Obiettivo dell’Information retrieval è di recuperare, all’interno di una collezione, tutti e solo i documenti rilevanti per un particolare utente con una particolare richiesta informativa. Esso richiede una interpretazione della richiesta dell’utente che va trasformata in una query, ossia una struttura di dati adatta all’elaborazione da parte di un motore di ricerca. Ogni documento viene rappresentato mediante un insieme di parole-chiave o termini indice ossia una parola ritenuta utile per rappresentare il contenuto del documento. Gli indici vengono utilizzati per generare strutture di puntamento ai documenti della collezione, facilitandone il recupero a fronte di una query. L'enorme quantità di dati restituitaci dal “SEA LAB” ben si presta a tecniche che consentano la costruzione di indici per velocizzare la ricerca. Allo scopo possiamo usare gli “inverted file57”, un meccanismo orientato alla manipolazione di parole, per indicizzare una collezione di documenti in modo da velocizzare il processo di ricerca. La Struttura di un inverted file è data da:

• Vocabolario: l’insieme di parole diverse nel testo (la taglia del vocabolario dipende dalle operazioni effettuate sui testi)

56Baeza-Yates, Ricardo; Ribeiro-Neto, Berthier “Modern information retrieval” Addison-Wesley Longman, 57Zobel, Justin; Moffat, Alistair; Ramamohanarao, Kotagiri "Inverted files versus signature files for text indexing". ACM Transactions on Database Systems

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• Occorrenze: liste che contengono tutte le informazioni necessarie per ogni parola del vocabolario (posizione nel testo, frequenza, documenti nei quali appaiono, ecc.).

Il meccanismo inverted file è il più adeguato nel caso di archivi testuali statici. Il fatto che un testo sia digitale permette di trovare parole al suo interno in qualsiasi posizione: così il testo diventa anche l'indice di sé stesso. L'utente indica alcune parole (termini nel senso informatico) da cercare, formulando un'espressione di ricerca nel linguaggio del sistema (query). Un'interfaccia amichevole, es. un modulo web, può occuparsi di costruire la query, risparmiando all'utente i dettagli della sintassi. Un esempio molto esplicativo, che può essere applicato anche alla ricerca delle informazioni nel nostro modello di rappresentazione dei segnali, è quello riportato in seguito in cui vediamo come viene creato un inverted file per accedere, in maniera diretta, alle informazioni di una tabella utilizzando come query una qualsiasi informazione che conosciamo del documento da cercare.

ID Nome_zona id_Sensore PH Data 1 Molo Manfredi 11 7,80 27/08/2008 2 Piazza della Concordia 30 7,75 27/08/2008 3 Foce Picentino 12 7,60 27/08/2008 ... ... ... ... ...

Perché un campo sia ricercabile, occorre che sia stato indicizzato, creando una lista invertita (inverted file) dei suoi contenuti. Alcuni campi meno utili alla ricerca (es. id_Sensore) possono non essere indicizzati per risparmiare memoria.

Per ciascun campo può esistere una lista invertita delle registrazioni:

... Foce Picentino 3

Piazza Concordia 2 Molo Manfredi 1

...

e una lista invertita delle singole parole che le compongono:

... ... Foce 3 Piazza 2 Molo 1 Picentino 3 Concordia 2 Manfredi 1 ... ...

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Attraverso questo modello di indicizzazione dei dati del database è possibile effettuare ricerche in maniera efficiente ottimizzando le interrogazioni dei dati memorizzati. 3 UN SISTEMA DI SUPPORTO ALLE DECISIONI PER LA STESURA DI PIANI DI GESTIONE

3.1 DECISION SUPPORT SYSTEM58 (DSS) Si sta assistendo, in questi anni, ad un utilizzo dell’informatica in attività che richiedono un intervento “intelligente”. I DSS si collocano in questo contesto in quanto finalizzati alla risoluzione di problemi di livello logico più elevato di quelli trattati dai tradizionali sistemi informativi e sono ad oggi oggetto di studio di molti studiosi e specialisti dell’ingegneria del software. Un Decision Support Sistem è un sistema software che mette a disposizione dell’utente, una serie di funzionalità di analisi dei dati e utilizzo di modelli in maniera interattiva ed estremamente semplice, allo scopo di aumentare l’efficienza e l’efficacia del processo decisionale. I processi elaborativi supportano decisioni che possono essere di tipo strutturato o non strutturato. Le prime si riferiscono a problemi ripetitivi, già incontrati e quindi è esistente una soluzione preconfezionata o routine di risoluzione già definite. Le seconde invece si riferiscono a problemi complessi in cui non esistono soluzioni predefinite, ma occorre una gestione "su misura". Decisioni non strutturate si trovano nella pianificazione di nuovi servizi, nella scelta fra una serie di progetti, nello sviluppo di nuovi prodotti. I sistemi DSS (Decision Support System) hanno in genere le seguenti caratteristiche comuni:

danno supporto e controllo in situazioni non strutturate o semistrutturate, che richiedono giudizio umano per completare il ciclo operazionale;

offrono supporto a decisioni interdipendenti e/o sequenziali; supportano tutte le fasi del processo (disegno, sviluppo, realizzazione

della decisione); sono adattativi, per consentire il confronto di condizioni variabili e

dinamiche; utilizzano modelli che consentono sperimentazione con differenti

configurazioni; sono equipaggiati con componenti di conoscenza che abilitano l’effettiva

soluzione.

58 Turban, Efraim, Jay E. Aronson, and T-P. Liang, “Decision Support Systems and Intelligent Systems”, 7th edition, Prentice Hall,

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Le componenti fondamentali di un DSS sono tre: Base dati: Contiene dati e informazioni che, direttamente o indirettamente, interessano l’utente. In genere egli è interessato solo ad alcuni tipi di dati, a certe opportune aggregazioni, non a tutti o almeno non ad ogni dettaglio. Un DSS deve quindi avere una base dati indipendente rispetto alle basi dati gestionali e spesso integrata con informazioni esterne. Base di modelli: Un modello è una procedura automatizzata che analizza dati in risposta ad un determinato problema. Una base di modelli contiene tutti i modelli, cioè le procedure, necessarie per risolvere i problemi dell’utente. Sistema software: E’ suddiviso in tre componenti: data base management software (DBMS), model base management software (MBMS), dialog generation/management software (DGMS). [vedi pag.7] Molto spesso non è solo l’intuito o le capacità del decisore ciò che più determina lo sviluppo o la sopravvivenza di un’azienda, ma la velocità con cui viene presa una decisione. La risposta pronta e in tempi brevi permette un continuo adattamento al cambiamento dell’ambiente, sia interno che esterno, anche se questo comporta una soluzione non ottimale e quindi migliorabile con ulteriori analisi e più dati. Quindi ciò che si richiede ad un DSS è la capacità di consolidare informazioni, di produrre reports o dati previsionali, di consentire simulazioni, il tutto in modo flessibile e semplice. Anche il data warehouse dei segnali rilevati da sensori remoti rientra nel contesto delle decisioni non strutturate e quindi richiede la realizzazione di un adeguato sistema DSS, in grado di garantire il controllo operazionale e il controllo decisionale.

3.2 I SISTEMI DSS DINAMICI Per sistemi DSS dinamici si intendono ambienti dove l’analisi dei dati segue un’azione di propagazione (feedback). La situazione potrebbe essere quella rappresentata in figura.

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L’agente attivo può essere un componente di workflow (applicazione che automatizza le procedure e i processi aziendali di lavoro cooperativo), una tecnologia di alert e, in alcuni casi, un semplice algoritmo di "publish & describe". Il componente di workflow essenzialmente ha il compito di propagare, oltre il sistema di data warehouse, informazioni "importanti" o semplicemente "da rilevare". Tale componente deve accedere a una serie di regole e conoscenze per innestare questa azione; queste entità/conoscenze possono già essere supportate direttamente nei metadati in forma di regole appartenenti al dizionario aziendale e possono riguardare diversi eventi. Esempi pratici sono l'individuazione di valori anomali nelle acque e nell'atmosfera da parte dei sensori del “SEA LAB” o segnalazioni di componenti mal funzionanti nell'apparecchiatura sensoriale. Tutti questi eventi, a seconda della loro gravità, vengono rilevati e automaticamente notificati. In aiuto ai DSS e con lo specifico scopo di accedere ai dati memorizzati in maniera veloce, assicurando quindi un rapido accesso ad un determinato parametro si affiancano i sistemi di Information retrieval e più in particolare gli inverted file. 4 LA TRASMISSIONE DATI DA SENSORI AMBIENTALI MARINI

4.1 LE FREQUENZE USATE PER LA TRASMISSIONE DATI IN MARE Effettuare delle trasmissioni dati via mare è un impresa molto ardua viste le condizioni avverse e l’ambiente ostile, basti pensare al moto ondoso che può rappresentare un serio problema per stabilire una connessione tra una stazione mobile come il “SEA LAB” e una postazione a terra. Questo progetto affronta la problematica del rilevamento dati in ambiente marino e ne propone una soluzione tecnologicamente avanzata per la teletrasmissione dalle acque costiere verso una stazione di monitoraggio a terra. Negli ultimi anni gli sviluppi tecnologici hanno consentito di progettare sistemi di raccolta e elaborazione dell'informazione compatti, caratterizzati da basso consumo energetico e, laddove richiesto, connessi in reti radio (wireless) mediante protocolli molto semplici ed adeguati a supportare la comunicazione di dati. Al tempo stesso, sono stati sviluppati sensori facilmente interfacciabili con microprocessori (se non addirittura integrabili sullo stesso chip con microprocessore e memorie). Ciò ha consentito la creazione di reti di dispositivi di acquisizione e elaborazione dell’informazione distribuiti che raccolgono informazioni anche in ambienti "ostili" o comunque difficilmente raggiungibili, tali reti costituiscono soluzioni tecnologiche di grande interesse per numerosi

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problemi di rilevamento di informazione e monitoraggio, garantendo un livello di autonomia, adattività, qualità di servizio, e di dettaglio in termini sia spaziali sia temporali non altrimenti ottenibile. Il laboratorio marino è dotato di diverse soluzioni per risolvere i problemi del monitoraggio in mare. Per prima cosa è fornito di un sistema anti beccheggio che permette di ottenere un’ottima stabilità in mare anche in caso di condizioni meteorologiche avverse o con fenomeni di moto ondoso molto elevato. In più vengono forniti diversi metodi per l’invio di segnali verso terra e verso mare attraverso l’utilizzo di differenti antenne che ricoprono diversi ruoli definiti in base all’utilizzo di cui abbiamo bisogno. FREQUENZA 436 Comunicare in mare aperto rappresenta una sfida non da poco, data la mancanza di ripetitori i segnali tendono a diminuire di intensità ed è difficile trasportare grandi quantità di dati. Per ovviare al problema delle distanze da coprire, “SEA LAB” è fornito di due antenne per inviare e ricevere segnali radio sulla frequenza 436. Con la frequenza 436mhz possiamo mandare i segnali a distanze molto elevate dato che le onde radio hanno una propagazione nell’atmosfera molto elevata. Infatti tutte le onde elettromagnetiche, e quindi anche quelle radio, si propagano in linea retta, la curvatura della Terra imporrebbe un limite, pari a circa 30 km, ma questo è vero nel caso un cui le onde viaggiassero nel vuoto, diverso è il caso in cui è presente l’atmosfera, infatti vantaggio delle maggiori lunghezze d'onda è di propagarsi per riflessione ionosferica a distanze intercontinentali, permettendo così una comunicazione che copre distanze elevatissime. Quindi attraverso queste due antenne abbiamo a disposizione 8 canali che possono comunicare a grandissime distanze, quindi possiamo sfruttate per collegare fino ad 8 satelliti marini e permettere così di scambiare informazioni fino ad 8 boe simultaneamente. In più utilizzando antenne con potenza superiore ai 500 mW possiamo sfruttare le frequenze militari per comunicare. WI-FI e HIPERLAN Negli ultimi anni, le reti locali wireless hanno iniziato a occupare una nicchia sempre più importante del mercato delle reti locali. Sempre più aziende scoprono che le reti locali wireless sono un’aggiunta indispensabile alle reti locali tradizionali cablate per soddisfare requisiti quali la mobilità, la rilocazione, la connessione ad hoc e la copertura di aree difficili da cablare. Come si può immaginare, una rete locale wireless è una rete che utilizza un mezzo di trasmissione senza filo. Fino a pochissimi anni fa, le reti locali erano molto poco utilizzate. I motivi principali erano i prezzi elevati, le basse velocità di trasferimento dati, vari problemi di sicurezza e i requisiti relativi alle licenze.

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Ora che questi problemi sono stati in gran parte risolti, la popolarità delle reti locali wireless aumenta con grande rapidità. Quindi a maggior ragione in un ambiente ostile come quello marino le funzionalità della rete Wi-fi sono molto utili. Il laboratorio marino dispone di una rete Wi-fi a 13 canali con questa rete è possibile comunicare con le navi circostanti e trasmettere dati dalla capitaneria di porto. “SEA LAB” presenta 2 frequenze di trasmissione e ricezione dati la 2,4 gigahertz e 5,4 gigahertz fornendo così una connessione di tipo Hiperlan. HIPERLAN (HIgh PErformance Radio LAN) è il nome di uno standard WLAN (standard ETS 300 652 ed ETS 300 893). È l'alternativa europea agli standard IEEE 802.11. L'evoluzione di questo standard, implementabile anche nei vecchi apparati con protocollo HIPERLAN 1, è l'HIPERLAN 2 che raggiunge una velocità di 54 Mb/s lordi su frequenze in Banda ISM dei 5 GHz, con un raggio di copertura del segnale che può arrivare fino a 30-40 km il tutto con basse emissioni elettromagnetiche. Unico svantaggio dell’Hiperlan è la frequenza molto alta, che lo penalizza se tra i due punti di connessione c’è qualche ostacolo di troppo. Le frequenze utilizzate dall'Hiperlan sono le stesse usate dai radar, per questo motivo questo standard europeo implementa TPC (Transmit Power Control) e il DFS (dynamic frequency selection) che evitano interferenze possibilmente dannose con questi apparati. Per questo l’Hiperlan è al momento una scelta ottimale per il laboratorio marino che necessita di collegamenti efficienti a banda larga e ampio raggio. Hiperlan sfrutta il protocollo di trasmissione TCP (Trasmission Control Protocol)/IP (Internet Protocol) che rappresenta l'insieme dei protocolli di trasmissione usati per l'interscambio di dati su Internet, e (ormai quasi sempre) nelle reti locali. I protocolli fondamentali sono, il TCP, che organizza la frammentazione in pacchetti dei dati da inviare, e l'IP, che monitorizza e verifica il corretto instradamento dei pacchetti stessi. Su di esso si appoggiano altri protocolli come HTTP, FTP, TELNET, SMTP. Wap 2.0 si appoggia sullo stack TCP/IP. GPS Di fondamentale importanza è anche il GPS acronimo per Global Positioning System è un sistema mondiale di radio-navigazione satellitare sviluppato dal ministero della difesa degli Stati Uniti. Oltre che per scopi militari è utilizzato anche in marina, nella navigazione terrestre e nei servizi basati sulla localizzazione (come sistema di radio-localizzazione). Il cuore di un sistema di comunicazione via satellite è un’antenna satellitare posta in orbita stabile sulla terra. Due o più stazioni situate a terra comunicano tramite uno o più satelliti che fungono da ripetitori in orbita nello spazio.

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I sistemi d’antenna situati sulla terra o in prossimità della terra sono chiamati stazioni terrestri. Una trasmissione da una stazione terrestre al satellite è chiamata uplink mentre una trasmissione dal satellite alla stazione terrestre è chiamata downlink. I componenti elettronici contenuti nel satellite che riceve il segnale uplink e lo converte in un segnale down link è chiamata trasponder. Con questo sistema è possibile conoscere in ogni momento la posizione esatta del laboratorio marino e quindi associare le informazioni ricevute dai sensori a delle zone di mare ben precise. Inoltre è utile per rilevare eventuali spostamenti non autorizzati di “SEA LAB”. GPRS Inoltre il laboratorio marino è fornito di un telefono GPRS. Il GPRS (General Packet Radio Service) è un sistema basato sulla commutazione di pacchetto tramite onde radio. GPRS consente di raggiungere velocità di 57.6 Kbit/s in download e di 14.4 Kbit/s in upload. Questa tecnologia che aumenta la capacità di trasmissione dati delle reti di telefonia mobile digitali. Funziona tramite la commutazione di pacchetto, ovvero divide i dati in pacchetti che vengono spediti separatamente per poi ricongiungersi una volta giunti a destinazione, come avviene su Internet. La velocità del GPRS, rispetto ad un normale collegamento GSM, è molto superiore, visto che con questa tecnologia si possono raggiungere, in teoria, velocità massime di 171.200 kbps. Con un apposito sistema via SMS è possibile interrogare “SEA LAB”, che riporterà eventuali anomalie tecniche e alcuni dati ambientali. 4.2 TERMOGRAFIA A breve il laboratorio marino sarà dotato di nuove tecnologie di rilevamento come telecamere termografiche subacquee che potranno essere usate congiuntamente con gli idrofoni già installati su “SEA LAB”. L'uso delle tecnologie di tele-rilevamento non invasive (conosciute come "remote sensing") si sta facendo strada negli ultimi tempi, un po' com'è avvenuto per Internet, anche queste tecniche erano state inizialmente sviluppate in ambito militare: è il caso della "thermal-imaging technology", o termografia, che utilizza raggi termici di varia lunghezza d'onda e su cui il dipartimento della Difesa americano ha investito e investe ingenti risorse. La termografia estende la percezione visiva oltre le normali condizioni, consentendo di vedere anche al buio, di spostarsi in mezzo alla polvere o al fumo, di identificare oggetti sotto terra. Proprio la termografia, associata all'uso di altre tecnologie, come i rilevatori a ultrasuoni, può essere utilizzata per esplorare le zone più inaccessibili e buie del fondale marino. La termografia è una metodologia di indagine non distruttiva e questa sua caratteristica la rende applicabile in analisi anche molto delicate, per cui

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risultano molto estesi i suoi campi di applicazione. Rappresenta un nuovo e valido strumento a disposizione del diporto e del settore navale commerciale e militare per navigare in sicurezza anche di notte o con condizioni di scarsa visibilità. Le telecamere ad infrarosso possono essere un valido ed innovativo strumento di supporto alla navigazione notturna o in particolari condizioni climatiche, come ad esempio la presenza di nebbia aumentando di gran lunga la sicurezza in mare infatti la tecnologia IR permette di vedere in qualsiasi condizione ambientale in quanto grazie agli infrarossi e al calore emesso da oggetti presenti sulla superficie dell’acqua è possibile la loro visione sullo schermo indipendentemente dalla condizione atmosferica e di luminosità. L’Infrarosso ci permette di vedere cosa i nostri occhi non possono: basandosi sulle differenze di temperatura fra gli oggetti le termocamere ne riproducono un’immagine chiara e pulita. Questa tecnologia inoltre trova varie applicazioni in molti altri campi: rende possibile la mappatura termica delle coste esposte a rischio industriale evidenziando le zone più inquinate e le fonti di inquinamento e la localizzazione scarichi industriali in torrenti, fiumi, laghi e mare, trova grande riscontro nell’ambito del controllo notturno della presenza di esemplari faunistici e dei loro movimenti, nel controllo delle attività geotermiche sotterrane e delle variazioni termiche nelle acque di laghi e fiumi, nella localizzazione persone disperse in boschi, foreste, montagne o in mare. Solo una piccola parte (4-8%) delle radiazioni luminose che raggiungono la superficie del mare viene riflessa e diffusa dalla sua superficie; la parte restante penetra nella massa acquea dove viene assorbita e trasformata in calore o in energia chimica per la fotosintesi clorofilliana. L'intensità della luce che penetra nell'acqua diminuisce progressivamente in funzione della lunghezza d'onda e dello spessore dello strato attraversato dalla luce. Quindi sott’acqua scendendo in profondità risulta praticamente impossibile la visione chiara degli oggetti o delle forme di vita, quindi uno strumento che come le telecamere termografiche riesce a percepire le variazioni di temperature risulta molto utile al fine di ottenere una visione chiara di ciò che è presente sotto la superficie dell’acqua.

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4.3 BIOACUSTICA59 E SONAR Il suono si propaga nel mare con velocità molto più alta che nell'aria (a circa 1.500 m/s) quasi cinque volte maggiore che in aria, con variazioni anche notevoli in rapporto alla salinità, alla temperatura e alla pressione locali. Al riguardo va ricordato che la velocità del suono aumenta con la temperatura di circa 4,5 m/s per grado, con la salinità di circa 1,3 m/s per ogni millesimo di variazione della salinità e con la profondità di circa 1,70 m/s ogni 100 m, in più la scarsa attenuazione con la distanza consentono infatti una efficace trasmissione dei suoni. Per questo il mare è pieno di animali che comunicano fra loro tessendo complessi motivi, come i canti dei maschi di Megattera che nella stagione riproduttiva chiamano le femmine con melodiose canzoni che possono essere ascoltate anche a centinaia di chilometri di distanza. Nei cetacei l'udito e la capacità di produrre suoni hanno una importanza fondamentale per vivere in un ambiente che trasmette la luce in modo molto limitato ma nel quale il suono invece si propaga molto velocemente, cinque volte più velocemente che in aria, e a grandi distanze. La disciplina che studia i suoni degli animali è la bioacustica, la quale, strettamente affine all'etologia, cerca di comprendere come gli animali regolano i propri comportamenti individuali e sociali attraverso messaggi sonori. Nelle ricerche di bioacustica hanno grande importanza le Fonoteche, istituzioni nazionali ed internazionali, assimilabili per certi versi ai musei, che si occupano di raccogliere, archiviare e documentare le registrazioni dei segnali acustici animali realizzate in tutto il mondo e renderle disponibili alla comunità scientifica o per iniziative didattiche e divulgative. Nei Cetacei la comunicazione acustica ha acquisito un ruolo diffuso e privilegiato rispetto ad altre forme di comunicazione. Gli organi per la ricezione e la produzione dei suoni sono evoluti e diversificati e consentono anche la funzione di ecolocalizzazione (biosonar, o biological sonar), e che si è sviluppata anche in ambiente aereo nei pipistrelli. Gli idrofoni sono sensori che rilevano segnali acustici, e vibrazioni in genere, in acqua e altri fluidi. Sono, in sostanza, microfoni subacquei generalmente omnidirezionali e possono coprire una ampia gamma di frequenze, da pochi Hz a oltre 100 kHz. Sono costruiti con sensori piezoelettrici, sferici, cilindrici o piatti, preamplificati o non preamplificati, generalmente incapsulati in resina poliuretanica o in altro isolante, adatti a funzionare immersi in un fluido, a pressioni che possono arrivare a oltre 100 bar.

59 PAVAN G., 1995. “Bioacustica marina. Voci sotto la superficie del mare”. - in "Il mare è vita - Sea is Life". Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per l'informazione e l'editoria, Roma

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Durante la guerra 1914-18, gli idrofoni furono usati dai cacciasommergibili per scoprire la presenza di sommergibili nemici immersi. Posteriormente si sono sviluppati idrofoni di altro tipo, destinati allo scopo reciproco, per mettere cioè i sommergibili in grado di scoprire la presenza di navi nemiche e di avvicinarsi ad esse per l'attacco e per il lancio dei siluri, rimanendo in immersione. In mancanza di idrofoni il sommergibile dovrebbe manovrare con periscopio in affioramento, esponendosi così al rischio di essere avvistato da unità nemiche, di superficie e aeree. Oggi in mare sono utilizzati per rilevare segnali prodotti da Cetacei e altre forme di vita, da navi, da operazioni di prospezione o esplorazione geologica, da sonar, da attività sulla costa. In campo industriale gli idrofoni vengono utilizzati per rilevare e misurare le vibrazioni presenti all'interno di vasche e condutture. Queste vibrazioni, che possono essere prodotte da turbolenze e imperfetto funzionamento di pompe e altri meccanismi. Questi segnali vengono utilizzati come indice per valutare lo stato di salute degli impianti, e aumentarne la vita attraverso azioni di manutenzione preventiva. Nel campo dello studio e della tutela dell'ambiente, gli idrofoni vengono utilizzati anche per valutare la quantità di rumore (e a volte anche di fluidi) che le attività dell'uomo scaricano in mare, nei fiumi o nei laghi. Questo rumore può avere effetti nocivi non solo sui mammiferi marini, ma anche su altre forme di vita. Negli studi faunistici e zoologici, oltre che per rilevare le vocalizzazioni dei Cetacei, gli idrofoni vengono utilizzati per ricevere e identificare i segnali prodotti da Anfibi e Pesci.

4.4 OBIETTIVI FUTURI L’utilizzo congiunto di idrofoni e telecamere termografiche subacquee potrebbe dare nuove funzionalità al laboratorio marino. Infatti è possibile mettere insieme i dati tratti da sensori planari (telecamere termografiche) e i sensori spaziali (idrofoni). Potremmo usare gli idrofoni come dei sensori che captano le onde acustiche, le analizzano,calcolano la direzione e la distanza e comunicano con il datalogger . A questo punto il datalogger può fare entrare in azione le telecamere termografiche e gli illuminatori, questi hanno la funzione di attuatori, infatti ricevute le coordinate del rumore possono monitorare la zona circostante “SEA LAB” e scoprire la fonte del rumore e se necessario far partire una segnalazione alla capitaneria di porto. Tutto ciò può essere fatto a grandi distanze dato che “SEA LAB” con illuminatori collegati con il cavo può coprire una zona fino a 900 mt.

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5 LE CORRENTI MARINE COME ELEMENTO CONDIZIONANTE DEI RILEVAMENTI MARINI

5.1 CORRENTI MARINE Le correnti possono essere paragonate ad immensi fiumi che scorrono all’interno del mare. Essendo costituiti da masse d'acqua di densità diversa, questi fiumi marini non si mescolano tra loro ma scorrono a lungo l'uno accanto all'altro, sopra e sotto, seguendo una direzione quasi costante e con una caratteristica velocità. Le correnti marine si distinguono dalle acque circostanti sia per la temperatura che per la salinità, ed a volte anche per il colore e le concentrazioni di materiali sospesi. Importante sapere che le correnti marine sono permanenti (o stazionarie) oppure stagionali (o semipermanenti). Esistono diversi tipi di correnti marine e possono essere classificate:

• in base alle cause che le creano (correnti di gradiente e correnti di deriva) • in relazione alla temperatura dell'acqua che si sposta confrontata con la

temperatura dell'acqua che la circonda (correnti calde o fredde). • in relazione alla profondità ove si verificano (superficiali se interessano lo

strato d'acqua dalla superficie ai 200 metri; interne se interessano lo strato d'acqua al di sotto dei 200 metri; di fondo se interessano lo strato d'acqua vicino al fondale marino).

Vediamo le due principali nello specifico: CORRENTI DI GRADIENTE Sono dovute alla irregolare distribuzione della pressione sulla superficie del mare, ed alla differenza di densità di masse d'acqua adiacenti. Queste correnti si generano quando la superficie dell'acqua assume una certa inclinazione, fatto che accade per l'azione del vento, o per la presenza di masse d'acqua contigue di diversa temperatura e salinità. CORRENTI DI DERIVA Sono dovute all'azione di trascinamento creato dall'attrito esistente tra la massa d'aria in movimento e la massa d'acqua superficiale del mare. I forti venti costanti sono la causa di gran parte delle correnti di deriva costanti. Il vento tende a trascinare lo strato superficiale delle acque marina nella sua stessa direzione, il movimento di deriva si trasmette agli strati inferiori con intensità decrescente e direzione man mano variabile; il movimento inizia con ritardo rispetto al momento di inizio dell'azione del vento e solo gradualmente raggiunge la velocità di regime. La corrente marina segue una direzione specifica tramite forze esterne che la spingono in una determinata direzione. Nel caso delle correnti di gradiente dal

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luogo a livello maggiore verso quello a livello minore, nel caso di correnti di deriva nello stesso senso di propagazione del vento. Le correnti marine sono strettamente legate ai fattori meteorologici e perciò sono oggetto di continui studi, dai quali è stato possibile ricavare dei "modelli di circolazione", ossia situazioni standard che si verificano in concomitanza con determinate situazioni meteorologiche stagionali. Per quanto riguarda la nostra zona tirrenica, la corrente principale di superficie proviene dallo stretto di Gibilterra, lambisce le coste africane entra nel Tirreno, tocca le coste settentrionali sicule, risale quelle calabresi e campane dividendosi in due rami, uno forma una circolazione ciclonica che interessa il basso tirreno, l'altro si dirige verso le coste toscane ed il Mar ligure piegando di nuovo verso sud per lambire le coste orientali sarde. A profondità maggiori una corrente di acque più calde segue lo stesso tragitto mantenendosi più bassa per effetto della maggiore densità dovuta alla salinità più elevata. Questo perché Il mar Mediterraneo è un bacino quasi completamente chiuso: lo scambio d'acqua marina avviene solo attraverso lo stretto di Gibilterra, mentre l'afflusso d'acqua dolce è legato alle precipitazioni e al deflusso dei fiumi. Il rapporto tra evaporazione e precipitazione è un parametro fondamentale per l'equilibrio del bacino. Nonostante la quasi completa chiusura, il bacino del mare Mediterraneo è caratterizzato da una complessa circolazione marina. L'assolato Mediterraneo è sostanzialmente un mare in evaporazione: evapora più acqua di quella che riceve dai fiumi locali e dalle piogge. Man mano che l'acqua evapora, nel mare rimane un'eccedenza di sale. Questo sale si aggiunge al peso d'ogni metro cubo d'acqua marina che vi rimane. Le acque, divenute più dense, quindi più pesanti, scendono ad occupare le zone più profonde del Mediterraneo. Questa maggiore densità crea una pressione sui fondali e produce sul fondo marino una corrente che attraversa l'intero bacino e oltrepassa lo Stretto di Gibilterra. Il compito di compensare il deficit idrico è perciò dell'Atlantico che, a sua volta, attraverso Gibilterra immette continuamente acqua.

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Disegno che illustra lo scorrimento superficiale delle acque atlantiche in entrata nel Mediterraneo. Contemporaneamente, le acque più dense del Mediterraneo scorrono in profondità verso l'Atlantico

Capiamo perciò che quando si fanno dei rilevamenti le correnti marine influiscono per molti fattori: densità, temperatura, pressione, forza di Coriolis (la direzione del movimento che è dovuta alla rotazione terrestre), latitudine, profilo costiero, vento e marea.

5.2 FATTORI INQUINANTI BASATI SULLE CORRENTI MARINE Abbiamo visto nello specifico le correnti. Ora vediamo meglio i fattori inquinanti, la responsabilità delle correnti e delle possibili soluzioni di recupero e prevenzione. Pochi sanno che gli ambienti marini sono dotati di un notevole potere autodepurante, ma che purtroppo al giorno d’oggi non riesce a smaltire l’enorme quantità di rifiuti. È vero che il progresso scientifico e tecnologico hanno contribuito notevolmente a modificare le condizioni ambientali sia sulla terraferma sia nelle acque ma il mare troppo spesso è stato considerato il recapito finale di quasi tutti i prodotti usati dall’uomo, con la convinzione che, data la sua vastità, sarebbe stato in grado di attutire tali impatti antropici. Ma in realtà le condizioni dei mari sono rimaste inalterate per migliaia di anni creando un equilibrio molto delicato che poi, in maniera repentina, è stato messo a rischio con l’immissione spesso incontrollata di numerose sostanze. I mari possono essere inquinati da idrocarburi, da agenti patogeni, a sostanze chimiche tossiche o nutrienti associate soprattutto alle attività agricole, da sostanze radioattive, da metalli pesanti e non ultimi da quei ben noti rifiuti solidi di cui troviamo traccia sulle nostre spiagge. Vediamoli meglio nel dettaglio: Idrocarburi: In questa “sezione” vanno inseriti i prodotti petroliferi che sono gli inquinanti marini più pericolosi, seguono gli oli lubrificanti usati che spesso non vengono correttamente riconsegnati agli enti competenti e finiscono spesso nelle fogne e nei corpi idrici, per poi raggiungere il mare. Un’altra importante fonte di inquinamento molto difficile da monitorare e quantificare, è data dalle acque reflue piovane che, “pulendo” le strade dai sedimenti oleosi depositati sull’asfalto finiscono per portare parte di tali sostanze a mare. Agenti patogeni: Comprendono in particolar modo tutte le sostanze contenute negli scarichi di acque fognarie. Sostanze chimiche tossiche o nutrienti: La caduta di pulviscolo atmosferico spesso porta con sé micro-particelle di pesticidi spruzzati sulle coltivazioni, corpuscoli di fuliggine emesse dalle ciminiere e residui degli scarichi delle automobili e degli aerei. Le carene verniciate delle navi abbondano di sostanze

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tossiche che servono ad evitare lo sviluppo di alghe e di molluschi sullo scafo. Gli incendi delle foreste immettono enormi quantità di ossidi e di carbonio nell'aria e di conseguenza nel mare. Sostanze radioattive: Sostanze molto dannose che dovrebbero seguire un altro percorso di raccolta ma che vengono gettate in mare da persone senza scrupoli. Metalli pesanti: Le eruzioni vulcaniche apportano grandi quantità di metalli pesanti, di calore (che provoca alterazioni di temperatura che compromette l’equilibrio degli ecosistemi acquatici a causare la morte degli organismi) e di nuovi materiali rocciosi. Rifiuti solidi = Tutti i rifiuti che spesso sono presenti sulle spiagge e sulle coste finiscono in mare. Questa categoria comprende anche i rifiuti di navi e i cosiddetti “fanghi” prodotti nei processi di depurazione. C’è poi il problema dei rifiuti liquidi. Purtroppo il loro scarico avviene molto spesso vicino ai litorali, impedendo, attraverso meccanismi di movimento di correnti, un efficace mescolamento con il mare aperto, con la conseguenza di un grave stato di deterioramento delle acque costiere, interessate da eccessiva concentrazione di sostanze organiche, da elevata torbidità, dalla presenza di melme sul fondo e di materiale galleggiante in superficie. Sappiamo bene che l’acqua del mare non è in genere in quiete, ma è soggetta a moti di diversa natura (correnti marine, maree), i quali contribuiscono ulteriormente alla diluizione (fenomeno convettivo o di trasporto). Per risolvere o per marginare questo grave problema sono necessarie delle attività di ricerca e di monitoraggio. Ma bisognerebbe anche approfondire con un analisi dei fattori di generazione degli inquinanti, quindi definendo i coefficienti di rilascio degli inquinanti. Inoltre sarebbe necessario definire la qualità delle acque superficiali e quelle sotterranee, creare un reticolo idrografico; raccogliere i dati climatici e pluviometrici; indagare sulle infrastrutture di collegamento e di depurazione; il tutto avendo a disposizione il necessario supporto informatico attraverso la predisposizione di banche dati. E infine riuscire a sviluppare e mettere a punto modelli di previsione e/o simulazione, sulle conseguenze ambientali derivanti dallo scarico degli inquinanti. Ora cerchiamo di spiegare come funzionano questi modelli matematici60. Le correnti seguono una velocità non uniforme, anche a causa di un mescolarsi con altri elementi che squilibrano le sue molecole. Perciò per poter fare monitoraggio e quindi prevenzione è importante dimensionare il tutto con formule matematiche. Senza scendere troppo nei dettagli, definiamo questa velocità non uniforme come "velocità turbolenta" e iniziamo a considerare la combinazione degli effetti

60 Tratto da: “Environmental Fluid Mechanics - Part I: Mass Transfer and Diffusion” Engineering –Lectures By Scott A. Socolofsky & Gerhard H. Jirka

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di diffusione (ovvero la combinazione di ciò che può succedere quando si diffondono nelle correnti determinati elementi). Ne ricaviamo un equazione matematica per la velocità turbolenta. Equazione che ci aiuta proprio quando le correnti hanno velocità non uniformi e ci aiuta a tracciare un più preciso quadro della situazione. Anche il contatto aria/acqua provoca delle "reazioni" che si trasformano in gas che si disciolgono in acqua; e come elementi esterni anch'essi influenzano l'analisi delle acque. Ma anche qui la matematica ci viene in aiuto con dei modelli abbastanza complessi. Un altro problema viene dal sedimento presente sul fondo del mare che si disperdono o si erodono a causa di processi naturali e si mescolano con l'acqua del mare confondendosi tra le sue molecole. Solo tramite processi fisici e chimici si cerca di separare il sedimento dagli elementi dell'acqua. Per fare una modellazione (cioè creare uno schema) della qualità delle acque non si possono creare dei casi ideali e risolverli con soluzioni analitiche perchè la maggior parte dei problemi in natura e nello specifico nelle acque è molto complessa e risolverla con soluzioni analitiche non è abbastanza soddisfacente. Perciò bisogna seguire queste linee guida: 1) Definire gli obiettivi che vogliamo raggiungere. 2) Descrivere un accettabile strumento di modellazione. 3) Fare un elenco dei possibili strumenti che potrebbero soddisfare gli obiettivi e la descrizione del modello. 4) Scegliere il modello da usare basato sull'ottimizzazione tra gli obiettivi e gli strumenti disponibili. Vediamo questi 4 punti nel dettaglio: 1) Sembra ovvio come primo passo, ma bisogna essere essenziali e chiari perchè altrimenti non riusciamo a trovare una soluzione. È necessario avere "familiarità" con l'elemento chiave dei nostri obiettivi e anche una visitina e vedere "dal vivo" il soggetto delle nostre ricerche può esserci utile per stilare meglio gli obiettivi da raggiungere. 2) Dopo aver creato il cosiddetto "modello per le analisi", si formula una lista di "capacità" e caratteristiche che il modello deve avere. In questa sezione vengono inseriti i processi di mescolamenti fisici che il modello porta con sè, la "flessibilità" in entrata e in uscita. in questa fase si può anche riformulare e migliorare il passo 1. 3) Analizzando la descrizione del passo 2 si deve formulare una lista di modelli che soddisfano i nostri requisiti. Esistono modelli pubblici che si trovano molto facilmente (basta cercare con un motore di ricerca: "Common Water Quality Models"). Se questi non son adeguati bisogna creare un nuovo modello adatto al nostro obiettivo. 4) Il passo finale è l'ottimizzazione dei passi 1 e 3. Bisogna riuscire a trovare un modello che raggiunga gli obiettivi e deve essere il migliore ma anche il più

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semplice che soddisfi il rigore scientifico degli obiettivi del progetto. Una volta scelto e implementato, lo strumento di analisi va testato. L'unico test valido per determinare se il modello è adeguato è riprodurre il sistema naturale con il prototipo del sistema. I risultati che ne riceviamo ci fanno capire se lo strumento è valido o no. Ad esempio se lo strumento ci dà dei dati molto limitati rispetto a quelli richiesti allora lo strumento va migliorato. Analizziamo ora per maggior chiarezza un caso studio applicato al Mar Tirreno61. Si considera il problema della dispersione (anche di elementi inquinanti) in regioni semichiuse che hanno un flusso che tende alla ri-circolazione dell'acqua sempre nella stessa zona. Infatti le cosiddette "celle di ri-circolazione" sono caratterizzate da lunghe strisce "chiuse" in cui il materiale inquinante si mescola e rimane intrappolato; così che i processi di dispersione vengono alterati in modo significativo rispetto alle strisce "aperte". Per l'analisi si considerano 2 quantità principali: la "concentrazione totale" (chiamato C(t)) all'interno del bacino e il "tempo di residenza" (chiamato T) di una sostanza inizialmente rilasciata nel bacino. Queste quantità sono usate per caratterizzare in modo efficiente il processo di dispersione in molte applicazioni. Il Mar Tirreno per la sua circolazione, caratterizzata da un continuo scambio di afflussi e di efflussi (ovvero di ingressi ed uscite) che generano una corrente principale che sale verso il bordo esterno superiore e dall'azione del vento, che crea la presenza di grandi regioni di ri-circolazione, è preso come un modello ideale per questo caso studio. Vengono analizzati 2 modelli numerici di dispersione: il modello Euleriano e il modello di Lagrange, perchè sono quelli che più si avvicino al nostro obiettivo. Il nostro modello quindi si divide in due e segue due percorsi paralleli con calcoli e equazioni matematiche abbastanza complesse. Alla fine dei due studi abbiamo 2 differenti valori del parametro di "diffusione". Volendo provare a compararli abbiamo che nonostante la differente natura dei risultati (il modello Euleriano ci ha dato una versione "discreta" del campo "concentrazione", invece il modello di Lagrange ci ha dato una mappa con la posizione delle particelle), essi possono definirsi molto simili.

61 Tratto da: “Dispersion processes and residence times in a semi-enclosed basin with recirculating gyres: An application to the Tyrrhenian Sea” Giuseppe Buffoni , Pierpaolo Falco, Annalisa Griffa, Enrico Zambianchi

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Il risultato finale che ne ricaviamo è che: la "concentrazione" tende a diminuire ma mano che passano i giorni; invece il "tempo di residenza" tende ad aumentare col passare dei giorni. In definitiva, abbiamo visto come le correnti vengono influenzate da cause esterne ma anche come possiamo porvi rimedio e migliorare le analisi grazie anche alla matematica.

FINI PRATICI ATTUALI E FUTURI DEL MODELLO Il “SEA LAB” è stato ideato principalmente per: il controllo ambientale marino e costiero la sicurezza in mare il supporto agli impianti di acquacoltura Quindi il modello ad esso collegato rappresenta un validissimo strumento per l’ archiviazione e la diffusione delle informazioni e dei dati. Inoltre le informazioni del modello, organizzate con il database relazionale e accessibili tramite Internet, risultano essere facili da reperire per l’utente e facili da gestire per il personale addetto al controllo e alla manutenzione della modello stesso. La realizzazione della modello mira a :

1. raccogliere informazioni riguardanti gli aspetti ecologici, biologici, fisici e chimici della dinamica delle zone marine, con particolare attenzione al contesto ambientale marino e costiero di Salerno.

2. organizzare in modo sistematico le conoscenze acquisite

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3. mettere queste informazioni a disposizione degli addetti ai lavori, della comunità scientifica, delle scuole e Università, dei cittadini e della società in generale.

In particolare il modello è utile per : i cittadini, soprattutto quelli che lavorano con il mare o in mare, perché

possono reperire facilmente utili ed aggiornate informazioni chi si occupa di acquacoltura perché può disporre di informazioni utili

sulla situazione chimico-fisica delle zone marine di suo interesse le autorità che si occupano di gestione, controllo e sicurezza del mare e

della costa, perché possono disporre di uno strumento affidabile, sicuro, completo ed aggiornato

i ricercatori e i tecnici perché possono trovare dati utili al proprio lavoro e contemporaneamente possono disporre del modello come mezzo per archiviare e diffondere i risultati delle proprie attività.

ai docenti e dirigenti scolastici delle scuole locali, perché possono disporre del modello come fonte di informazioni e suggerimenti per lo sviluppo di attività didattiche di carattere ambientale

Dal modello del progetto “SEA HORSE” si potrebbero sviluppare in futuro dei progetti di didattica ed educazione ambientale indirizzati alle scuole superiori di Salerno, utilizzando il modello come mezzo di divulgazione della conoscenza e l’ambito marino-costiero della città come strumento per aumentare a consapevolezza delle questioni ambientali relative al mare, alla costa e al territorio della città di Salerno. Inoltre si può pensare anche di dedicare una sezione del modello per la divulgazione delle esperienze didattiche svolte in materia di educazione ambientale. L’idea di coinvolgere le scuole locali con progetti didattici nasce dal fatto che il modello si configura come uno strumento educativo multimediale, motivante ed efficace per avvicinare gli alunni delle scuole superiori alle scienze ambientali. L’intento perseguito è sfruttare la multimedialità del mezzo informatico per fornire uno strumento di divulgazione scientifica interattivo. Per le scuole oggi è indispensabile il rapporto con il territorio e per attuare un corretto processo di educazione ambientale è importante che i temi siano concreti e legati alla realtà locale, perché solo imparando ad analizzare i problemi dell’ambiente locale e operando scelte legate alla propria quotidianità si potrà riuscire a comprendere come agire anche in situazioni nuove e diverse.

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Il settore peschereccio salernitano: analisi e prospettive

di Giovanni Salerno La struttura produttiva del settore peschereccio salernitano, si compone di 547 battelli per un tonnellaggio complessivo di 5.930 tonnellate di stazza. A Salerno è concentrata una buona parte della capacità peschereccia campana: i battelli compartimentali rappresentano il 45% delle unità operative regionali ed il 63% del relativo tonnellaggio. La marcata rappresentatività della flotta salernitana in termini di tonnnellaggio è dovuta alla presenza di imbarcazioni tonniere appartenenti all’Associazione produttori Tonnieri del Tirreno di Salerno e all’elevata incidenza di battelli a strascico. Oltre alla presenza di questi segmenti produttivi, la flotta salernitana è caratterizzata da una forte componente artigianale. I battelli della piccola pesca, con lunghezza fuori tutta inferiore ai 12 metri utilizzano attrezzi da pesca passivi, nei quali rientrano gli attrezzi da posta. Questo segmento produttivo riveste un’importanza fondamentale all’interno della flotta salernitana non solo per quanto riguarda i livelli di produzione ma anche e soprattutto per il ruolo sociale ed occupazionale che esso svolge. Si consideri che l’equipaggio della piccola pesca rappresenta oltre la metà del totale degli occupati nel settore ittico salernitano. Dal punto di vista produttivo, la flotta di Salerno costituisce il polo fondamentale del settore ittico campano sia in termini di catture sia per i livelli di ricavi. Nel 2006, i battelli compartimentali hanno prodotto 8.192 tonnellate di pescato, corrispondenti in valore monetario a 43,88 milioni di euro.

Caratteristiche tecniche della flotta del compartimento di Salerno per sistemi di pesca

n. battelli Sistema 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 Strascico 62 59 56 56 57 64

63 Circuizione 24 26 30 32 31 30

29 Piccola pesca 607 515 460 427 414 461

442 Polivalenti 43 38 37 38 35 - - Polivalenti passivi - - - - - -

13 Palangari - - - 14 16 - - Totale 736 638 583 567 553 555 547

Tonnellaggio (tsl)

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Sistema 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 Strascico 1,393 1,466 1,362 1,392 1,294 1,491

1,366 Circuizione 2,650 3,180 3,407 3,470 3,420 3,246

3,237 Piccola pesca 1,509 1,307 1,130 992 976 1,323

1,188 Polivalenti 379 256 242 257 211 - Polivalenti passivi - - - - - -

140 Palangari - - - 99 136 - Totale 5,930 6,209 6,141 6,211 6,038 6,060

5,930

Potenza motore (Kw) Sistema 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 Strascico 11,384 11,117 10,372 10,344 10,182 11,213 10,813 Circuizione 11,520 13,563 14,922 16,011 15,271 14,927 14,779 Piccola pesca 11,745 10,569 9,419 8,150 8,103 12,055 10,643 Polivalenti 4,416 3,150 3,027 2,930 2,439 - Polivalenti passivi - - - - - -

1,560 Palangari - - - 1,231 1,533 - Totale 39,065 38,400 37,741 38,666 37,528 38,195 37,796 Fonte: Mipaaf-Irepa

Catture, ricavi e prezzi della flotta del compartimento di Salerno, per sistemi di pesca, 2000-2006

Catture (tonnellate)

Sistema 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 Strascico 1,541 1,456 1,890 1,199 1,439 1,440 2,380 Circuizione 2,772 3,072 2,869 2,958 5,311 4,319 4,330 Piccola pesca 2,237 1,078 1,502 2,505 1,824 1,529 1,482 Polivalenti 422 207 306 499 446 214 - Palangari - - - 146 106 88 -

Totale 6,972 5,812 6,567 7,307 9,126 7,591 8,192

Ricavi (milioni di €) Sistema 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006

Strascico 9.33 10.44 12.30 8.77 11.24 11.87 18.03 Circuizione 8.22 11.59 12.76 12.41 15.90 10.48 11.48 Piccola pesca 15.39 10.02 10.34 14.53 12.48 10.68 14.37 Polivalenti 2.71 1.75 2.10 2.38 3.04 2.50 - Palangari - - - 0.81 1.35 1.21 -

Totale 35.64 33.80 37.50 38.90 44.01 36.75 43.88

Prezzi (€/kg) Sistema 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006

Strascico 6.05 7.17 6.51 7.31 7.81 8.24 7.58 Circuizione 2.96 3.77 4.45 4.20 2.99 2.43 2.65 Piccola pesca 6.88 9.30 6.89 5.80 6.84 6.99 9.69 Polivalenti 6.42 8.45 6.86 4.78 6.82 11.66 -

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Palangari - - - 5.53 12.79 13.83 - Totale 5.11 5.82 5.71 5.32 4.82 4.84 5.36

Fonte: Mipaaf-Irepa

Catture, ricavi e prezzi della flotta del compartimento di Salerno, per gruppi di specie, 2000-2006

Catture (tonnellate)

Gruppi di specie 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 P. azzurro 1,340 1,296 940 1,208 1,589 2,304 2,551 A. pesci 4,416 3,324 4,267 5,084 6,581 4,334 4,273 Molluschi 1,047 834 1,017 810 722 693 802 Crostacei 169 358 344 205 234 26 566 Totale

6,972 5,812 6,567 7,307 9,126 7,591 8,192

Ricavi (milioni di €)

Gruppi di specie 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 P. azzurro 3.79 2 1 2.48 3.05 4.60 5.61 A. pesci 23.71 22 27 28.65 33.37 23.61 24.93 Molluschi 7.16 6 7 5.90 5.51 5.27 7.42 Crostacei 0.98 4 2 1.87 2.08 3.28 5.92

Totale 35.64 33.80 37.50 38.90 44.01 36.75 43.88

Prezzi (€/kg) Gruppi di specie 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006

P. azzurro 2.83 1.60 1.58 2.05 1.92 1.99 2.20 A. pesci 5.37 6.69 6.33 5.63 5.07 5.45 5.83 Molluschi 6.85 6.87 6.66 7.29 7.63 7.60 9.25 Crostacei 5.77 10.54 6.52 9.12 8.89 12.63 10.45

Totale 5.11 5.82 5.71 5.32 4.82 4.84 5.36 Fonte: Mipaaf-Irepa

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ANALISI DEI PROCESSI PRODUTTIVI

Tipologia d’attività: Strascico

Generalità In questa tipologia di pesca rientra lo “strascico” praticato con un unico attrezzo: rete italiana. Le imbarcazioni che lo praticano hanno dimensioni comprese tra 15 e 26m, esercitando dunque la “pesca costiera ravvicinata”, entro le 20-40 miglia nautiche. La durata media della singola cala è di 4h e la giornata di pesca comprende 3-4 cale. Dunque si esce dal porto alle 4:30 e si rientra alle 17:00. Tali orari variano con la stagione, in inverno in genere la giornata di pesca inizia un paio d’ore dopo e finisce circa un’ora prima. I fondali da pesca variano tra i 50 e i 220m di profondità, con distanze da costa di 3 – 15 miglia. Fanno eccezione i battelli più grossi, più di 20-22m, che mediamente effettuano bordate di 24h e, soprattutto quando praticano la pesca al gamberone, a 300-400m di profondità, fanno bordate di 48h. Aree di pesca e specie target: le profondità di pesca variano tra il periodo aprile-ottobre e novembre-marzo. In primavera estate le profondità crescono, in genere si opera sui 70-200m (batimetriche che nel golfo di Salerno si trovano a circa 10-15 miglia dalla costa), avendo come specie target gamberi bianchi, moscardini, naselli. In inverno, per ragioni legate alla biologia delle specie target (seppie e pannocchie) ed alle condizioni meteo-marine più che alle richieste del mercato, si tende a pescare a profondità più basse, 30-70m, e distanze dalla costa di 2,5 – 10 miglia (per legge: la profondità minima è 50m e la distanza 3 miglia). Viene dunque praticata “pesca costiera ravvicinata” nel proprio compartimento marittimo. Tipologia dell’attrezzo: rete a strascico italiana con apertura di 10-15m di larghezza, 15m apertura tra i divergenti. La larghezza delle maglie del sacco varia col periodo: 32mm in primavera-estate, 40mm in inverno (per legge la larghezza minima è 40mm). Per pescate a profondità di 70-150m vengono calati in mare circa 800m di cavo d’acciaio (il cavo collega il battello ai divergenti, il divergente è collegato all’apertura della rete da circa 200m di corda). Nelle batimetriche invernali si cala in mare meno cavo, la metà circa, e la velocità del battello in pesca aumenta, a parità di potenza motore utilizzata.

Programmazione Viene decisa dal comandante ma risulta abbastanza standardizzata con la stagione. Le aree da pesca sono infatti concentrate nel Golfo di Salerno, dunque in un tratto di mare relativamente riparato e poco esposto ai venti da nord, e le specie target, tutte di elevato pregio, risultano ben apprezzate dal mercato locale.

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Organizzazione e gestione risorse L’uscita dal porto avviene alle 4:30 ed il rientro avviene circa alle 17:00, effettuando tre cale di 4h ciascuna. Le ore di pesca si riducono nella stagione invernale, cosicché l’uscita dal porto avviene circa alle 6:00 ed il rientro viene anticipato alle 16:00. I battelli di dimensioni superiori ai 20/22m, praticano delle bordate maggiori, di circa 24h ma anche 48h quando si dedicano alla pesca del gamberone che avviene a maggiore profondità e distanza da costa. I tempi per raggiungere l’area di pesca sono di circa 30 minuti e la durata di una cala è di circa 4 ore. In un anno, mediamente, le giornate di pesca sono 180-200. Normalmente il personale impiegato varia a seconda della dimensione della barca: 2 persone su quelle medie (10 – 16 m), 3 persone per i battelli fino a 20m e da 4 a 6 persone su quelle più grandi. In quasi tutte le barche, con la sola eccezione di quelle più grandi, il comandante assume anche la funzione di motorista, un altro imbarcato ha la funzione di aiuto motorista e gli altri eventuali imbarcati hanno la qualifica di marinai. Il personale imbarcato è tutto della zona, non viene fatto alcun uso di manodopera extracomunitaria.

Produzione Le specie target, che rappresentano approssimativamente il 60% dello sbarcato complessivo, variano con la stagione ma fanno parte di un gruppo di circa 6/7 specie. La pesca prevede, una volta raggiunta l’area di pesca, il calo della rete, a cui fa seguito il calo dei divergenti (due attrezzi metallici di forma ovoidale che servono a mantenere aperta la bocca della rete) e dei cavi di traino, di lunghezza variabile a seconda della profondità. La calata, come già detto, ha una durata di circa 4 h, le operazioni di salpamento si concludono con l’issata del sacco della rete, con i paranchi posizionati nella parte superiore dell’arco di poppa, a cui fa seguito l’apertura del sacco.

Selezione, trasformazione, confezionamento e conferimento La cernita del pescato si svolge in un unico momento immediatamente dopo l’apertura del sacco della rete e avviene tenendo conto della taglia e della qualità del pescato. Il prodotto viene confezionato in quantitativi di 3 Kg per cassetta, utilizzando cassette in legno, con la sola eccezione del “misto” che viene confezionato in quantitativi di circa 10 Kg e per il quale si utilizzano cassette in polistirolo. Il prodotto viene sbarcato dai pescatori direttamente nell’area di sbarco, e di qui trasferito con mezzi propri a destinazione.

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Manutenzione Straordinaria E’ previsto un rimessaggio annuale, durante il quale oltre alla sistemazione dell’opera viva (parte dell’imbarcazione al di sotto della linea di galleggiamento), vengono svolti anche lavori strutturali di manutenzione e/o ammodernamento. Le operazioni in secco durano circa una settimana, e prevedono il pieno coinvolgimento del personale imbarcato. Ordinaria La manutenzione ordinaria dell’imbarcazione, del motore e delle attrezzature di pesca. viene svolta dal personale imbarcato il sabato.

Tipologia d’attività: Circuizione

Generalità In questa tipologia rientra il “cianciolo”, rete da circuizione per il pesce azzurro utilizzata di notte con l’ausilio della lampara. Le imbarcazioni che lo praticano hanno dimensioni comprese tra 16 e 22m, esercitando dunque la “pesca costiera locale”, entro le 6 miglia nautiche, e la “pesca costiera ravvicinata”, entro le 20-40 miglia nautiche, tutte comunque nel compartimento marittimo di appartenenza.

Programmazione Viene svolta dal comandante tenendo conto delle condizioni meteo-marine e della stagione. Per l’individuazione iniziale del banco di pesce viene utilizzato l’ecoscandaglio, successivamente viene messo in mare un battello ausiliario munito di lampara che ha la funzione di radunare e compattare il banco e solo dopo 2/3 ore viene filata in mare la rete che descrive un cerchio attorno all’imbarcazione con la fonte luminosa circondando così il banco. Tali reti, nella zona, hanno una lunghezza di circa 250/300m e formando dunque una circonferenza con un diametro di circa 90/100m, ed un’altezza di 25/30m.

Organizzazione e gestione risorse Le operazioni di pesca avvengono esclusivamente durante le ore notturne e risentono dell’influenza della luna. Pertanto gli orari di uscita e rientro variano dunque a seconda delle fasi lunari. Il principio è comunque quello di evitare la luce della luna, dunque l’attività ha inizio circa 3h prima del suo sorgere, con la messa in mare del battello munito di fonte luminosa (talvolta, soprattutto nel caso delle imbarcazioni di dimensioni maggiori vengono messi in mare più battelli in zone diverse), mentre il rientro può avvenire qualche ora dopo, salpata

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la rete e fatta la cernita del pescato. Accade anche che, se lo spazio di tempo tra il tramonto della luna ed il sorgere del sole è sufficiente per permettere una seconda cala, il battello trascorra in mare l’intera notte non rientrando prima dell’alba. Molto variabili sono i tempi per raggiungere l’area di pesca (da poche decine di minuti a qualche ora), il pesce azzurro infatti compie migrazioni legata alla stagione ed alle fasi lunari. Il tempo di cala è di poche decine di minuti e dipende molto dall’esperienza del personale imbarcato. Normalmente oltre al comandante e al motorista sono imbarcati 1 - 2 marinai per imbarcazione, così che l’equipaggio è composto da 3 - 4 persone.

Produzione In questa attività, come detto, differenti sono le aree di pesca a seconda della stagione e delle condizioni meteo-marine. Mentre invece la specie target e sempre l’acciuga, molto apprezzata dal mercato locale e dunque in grado di spuntare prezzi medio-alti indipendentemente dal periodo e dai quantitativi sbarcati. La pesca prevede quindi la messa in mare dell’imbarcazione munita di lampara nella zona dove è stata segnalata la presenza di acciughe; qualche ora dopo, quando il banco ha raggiunto dimensioni sufficientemente abbondanti, la barca principale cala la rete circondandolo. Tale operazione va fatta tempestivamente, durando quindi pochi minuti, una decina massimo. A questo punto, unita la rete alle due estremità, viene tirato un cavo che passa attraverso degli anelli collegati alla lima da piombi che permette la chiusura della rete anche dal basso e, fatto uscire il battello ausiliario dall’area di cattura attraverso la lima da sugheri, si procede al salpaggio dell’intero strumento.

Selezione, trasformazione, confezionamento e conferimento Le operazioni di selezione del pescato normalmente non risultano particolarmente complicate poiché le specie catturate sono generalmente due (acciughe e sardine) e viene fatta poca selezione per taglia data la buona uniformità delle dimensioni dei pesci catturati (i banchi di tali piccoli pelagici sono composti da individui della stessa taglia). Il pesce viene normalmente conferito in cassette di legno contenenti circa 8 Kg di prodotto.

Manutenzione Straordinaria Anche per queste imbarcazioni è previsto un rimessaggio annuale, durante il quale, oltre alla sistemazione dell’opera viva (parte dell’imbarcazione al di sotto della linea di galleggiamento), vengono svolti anche lavori strutturali di

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manutenzione e/o ammodernamento. Le operazioni in secco durano circa una settimana e prevedono il pieno coinvolgimento del personale imbarcato. Ordinaria Tale attività, sollecitando poco i motori e gli strumenti da pesca, non necessita di lavori di manutenzione ordinaria particolarmente impegnativi, che quindi vengono compiuti dallo stesso personale imbarcato successivamente alle attività di pesca.

Tipologia d’attività: Attrezzi da posta

Generalità Nella marineria di Salerno i battelli che praticano tale attività utilizzano esclusivamente reti da posta (tremaglio e reti da imbrocco). La maggior parte delle imbarcazioni esercita entro le 6 - 12 miglia nautiche dalla costa (“pesca costiera locale”), limitatamente al compartimento marittimo d’appartenenza. Tale attività impiega battelli di lunghezza compresa tra 4 e 10m.

Programmazione Viene svolta tenendo conto della stagione, delle condizioni meteo-marine, e della non sovrapposizione d’area con altre attività di pesca. Quasi tutti i battelli adoperano entrambe le tipologie di reti da posta, impiegando il tremaglio a profondità minori (5-30m) per la cattura di seppie, polpi, triglie, mormore, pesce da zuppa, e la rete ad imbrocco – il cosiddetto “barracuda” – a profondità generalmente maggiori (20-60m) per la cattura di naselli, gallinelle, scorfani, saraghi. La produzione è completamente assorbita dal mercato locale spuntando prezzi mediamente alti, dato l’elevato pregio delle catture l’integrità del prodotto che tale sistema di pesca garantisce. Inoltre solo una minima parte di tale produzione viene commercializzata tramite mercato ittico, venendo quindi direttamente venduto alle pescherie o al consumatore finale.

Organizzazione e gestione risorse Normalmente la giornata di pesca incomincia all’alba, variabili sono i tempi per raggiungere l’area di pesca (ossia gli attrezzi calati precedentemente), comunque relativamente brevi (5 - 30 minuti), per via della loro vicinanza alla costa. La maggior parte delle operazioni di smagliatura del pesce dalla rete, di selezionatura e di sistemazione avvengono in barca contemporaneamente alla salpaggio della rete. Il rientro in porto avviene nella mattinata e qui avvengono le operazioni di pulitura delle reti e di sistemazione delle stesse per la cala successiva. L’imbarcazione riesce in mare nel tardo pomeriggio per la cala, operazione che

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nel complesso dura da 1 a 3 ore a seconda della lunghezza delle reti calate. Normalmente il personale impiegato è di 1 unità per barca, 2 solo sulle imbarcazioni più grandi (più di 8m). In entrambi i casi, normalmente, il comandante ha anche funzione di motorista, mentre l’eventuale altro imbarcato è un marinaio.

Produzione Le aree di pesca possono variare con la stagione, rientrando comunque sempre nella fascia di mare compresa tra la battigia e le 2/3 miglia dalla costa su batimetriche che vanno da qualche metro a 50-60 m. Le reti vengono predisposte parallelamente alla linea di costa in genere seguendo un andamento sinusoidale con ampie curve. Poggiano sul fondo alzandosi da esso per 1-4m a seconda del tipo di rete e vengono segnalati da apposite bandierine all’inizio e alla fine.

Selezione, trasformazione, confezionamento e conferimento La selezione del pesce avviene contemporaneamente alla sua smagliatura dalla rete, il prodotto viene quindi confezionato in cassette di legno di varie dimensioni, sbarcato direttamente dal pescatore nel singolo posto barca e di qui trasferito con mezzo proprio a destinazione.

Manutenzione Straordinaria In genere è previsto un rimessaggio annuale, durante il quale oltre alla sistemazione dell’opera viva (parte dell’imbarcazione al di sotto della linea di galleggiamento), vengono svolti anche lavori strutturali di manutenzione e/o ammodernamento. Le operazioni in secco durano qualche giorno, e prevedono il pieno coinvolgimento del personale imbarcato. Ordinaria E’ prassi una manutenzione ordinaria dell’imbarcazione, del motore e soprattutto delle attrezzature di bordo (le reti necessitano molto spesso di essere ricucite). Questa manutenzione viene svolta dal personale imbarcato, successivamente alla conclusione delle attività di pesca o nelle giornate in cui non si esce in mare. Presenza di OO.PP. : Nel compartimento di Salerno opera la Organizzazione di Produttori “Sulla rotta di Ulisse” che, costituita il 19/07/2008, ha ottenuto il riconoscimento con D.M.del 29 settembre 2009. Tale O.P. associa quattro fra le principali cooperative di pescatori della provincia di Salerno ed include sia la numerosa flotta a strascico che battelli della piccola pesca costiera.In questo contesto raggruppa n. 539 pescherecci per un totale di 5.725 tonnellate di stazza e 1.078

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occupati. Esigenze del settore:

1. recupero margini di redditività e di profitto, attraverso misure di valorizzazione del pescato, di mercato e di integrazione delle attività produttive con quelle di allevamento, lavorazione e commercializzazione;

2. recupero delle risorse biologiche disponibili mediante l’attivazione di piani di gestione diretti sia alla riduzione dello sforzo di pesca che alla individuazione di meccanismi di sostegno sociale, in particolare della cassa integrazione. Ciò in considerazione della prossima applicazione del Reg.1967/06 ed in particolare della nuova maglia da 40mm quadrata o 50mm a losanga.

Strategie di sviluppo L’intera strategia potrà trovare nelle competenze e nei compiti assegnati alle OO.PP utili strumenti di attuazione. Dal lato dell’offerta: Predisposizione ed attuazione piani di gestione che consentano di individuare strumenti di intervento, anche finanziari, per garantire continuità di reddito nel periodo di transizione che avrà inizio a partire dal 31/5/2010 ed allo stesso tempo favorire il processo di ricostituzione degli stock ittici. Dal lato del mercato Definizione ed attuazione” di piani di miglioramento e di gestione utili al perseguimento degli obiettivi produttivi e di mercato da parte della OO.PP “Sulla rotta di Ulisse”. Rafforzamento multifunzionalità Nuovi investimenti in gabbie galleggianti ed infrastrutture utili al potenziamento dell’offerta di acquacoltura. In tal modo potrà consolidarsi l’esperienza fin qui maturata di tipo multifunzionale per la pesca, incrementare ulteriormente l’occupazione, raggiungere una soglia produttiva tale da rendere più competitive le produzioni di allevamento.

Tab. 1 - Prodotti per i quali l’Organizzazione di Produttori “Sulla rotta di

Ulisse” ha ottenuto il riconoscimento

Nome Italiano Nome Scientifico Nome Inglese Codice Fao 1 SARDINE Sardina pilchardus European pilchard PIL

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2 TONNIDI

3 CALAMARI COMUNI Loligo spp Common squids SQC

4 MOSCARDINI Eledone spp Horned and musky octopuses OCM

5 POLPI Octopus spp Octopuses OCZ 6 POLPESSA Octopus macropus White-spotted octopus OCN

7 SEPPIE Sepiidae, Sepiolidae Cuttlefishes, bobtail squids CTL

8 TOTANI Illex coindetii Broadtail shortfin squid SQM

9 GAMBERI BIANCHI Parapenaeus longirostris Deepwater rose shrimp DPS 10 GAMBERI ROSSI Aristeus antennatus Blue an red shrimp ARA 11 PANNOCCHIE Squilla mantis Mantis squillid MTS 12 SCAMPI Nephrops norvegicus Norway lobster NEP

13 NASELLI Merluccius merluccius European hake HKE 14 SOGLIOLE Solea vulgaris Common sole SOL

15 SURI O SUGARELLI Trachurus spp Jack and horse mackerels nei JAX

16 TRIGLIE DI FANGO Mullus barbatus Striped mullet MUT 17 TRIGLIE DI SCOGLIO Mullus surmuletus Red mullet MUR

Prezzi delle principali specie, 2007

Specie €/kg Acciughe 2.29 Sardine 0.92 Pesce spada 14.24 Nasello 9.88 Pagelli fragolino 7.28 Sogliole 21.79 Triglie di fango 10.41 Triglie di scoglio 13.16 Calamari 14.30 Moscardino bianco 6.11 Moscardino muschiato 4.59 Polpi 9.52 Seppie 10.82 Totani 8.49 Gamberi bianchi 8.20 Gamberi rossi 33.96 Mazzancolla 27.46 Pannocchie 5.81 Scampi 39.29 Altri tonni 2.94 Sugarelli 2.50 Prezzo medio del gruppo 5.73

TAB. 2 - Produzione complessiva delle principali specie sbarcate nel

Compartimento di Salerno - 2007

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n Specie Ton 1 Sardine 259 2 Tonnidi 57 3 Calamari comuni 75 4 Moscardini 96

5/6 Polpi/Polpessa 111 7 Seppie 202 8 Totani 70 9 Gamberi Bianchi 165

10 Gamberi Rossi 38 11 Pannocchie 133 12 Scampi 9 13 Naselli 297 14 Sogliole 87 15 Suri o Sugarelli 411 16 Triglie 155

TOTALE 2.165 FONTE: IREPA

TAB. 3 – Quota di produzione della OP rispetto alla produzione del

Compartimento di Salerno

Produzione locale

Quantitativo pescato dall'OP

Quota % della produzione

commercializzata dalla OP

n Specie Ton Ton % 1 Sardine 259 46,42 17,8% 2 Tonnidi 57 11,76 20,6% 3 Calamari comuni 75 65,31 87,1% 4 Moscardini 96 84,88 88,4%

5/6 Polpi/Polpessa 111 77,97 70,2% 7 Seppie 202 113,02 55,9% 8 Totani 70 50,37 72,0% 9 Gamberi Bianchi 165 121,87 73,9% 10 Gamberi Rossi 38 21,46 56,5% 11 Pannocchie 133 109,60 82,4% 12 Scampi 9 4,30 47,8% 13 Naselli 297 210,08 70,7% 14 Sogliole 87 28,03 32,2% 15 Suri o Sugarelli 411 156,97 38,2% 16 Triglie 155 81,56 52,6%

TOTALE 2.165 1.183,18 54,6% FONTE: IREPA

OBIETTIVI GENERALI DI SVILUPPO TERRITORIALE La strategia complessiva del Piano di Sviluppo Territoriale della marineria salernitana dovrà essere orientata a favorire un processo di riconversione, sviluppo sostenibile e coesione territoriale dell'area che può essere declinata attraverso il perseguimento dei seguenti obiettivi generali:

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il rafforzamento del contesto strutturale, economico e sociale del territorio, attraverso la promozione dell'integrazione spaziale, economica e funzionale tra aree caratterizzate da diverse dinamiche di sviluppo;

l'ampliamento e l'innovazione della base produttiva in un quadro di sostenibilità ambientale, attraverso la diversificazione produttiva, l'integrazione fra settori, la competitività delle imprese;

la valorizzazione delle vocazioni del territorio attraverso interventi integrati di natura produttiva e culturale. La consistenza programmatica di tale strategia si basa di fatto sui punti di

forza che potranno rappresentare il volano per il raggiungimento dei suddetti obiettivi. La flotta della provincia di Salerno è, infatti, caratterizzata da un forte grado di polivalenza tecnica che consente di dedicarsi ad una pesca multispecifica con l’uso di vari attrezzi e strumenti artigianali. Questi caratteri fanno sì che la maggior parte delle imprese sia in grado di modificare rapidamente le strategie di pesca, le specie target, l’intensità dell’attività in mare, la composizione dei fattori produttivi in funzione delle opportunità gestionali che potrebbero delinearsi in via di programmazione del settore. Nel contempo la presenza del segmento della circuizione tonniera, che costituisce una realtà imprenditoriale avanzata all’avanguardia nel quadro nazionale, può garantire il mantenimento dei livelli occupazionali se opportunamente sostenuta nel processo di sviluppo. In tale situazione le premesse per veicolare una strategia di sviluppo competitivo di lungo termine sono subordinate ad una efficiente attuazione del processo di decentramento. Il conferimento di funzioni amministrative alle regioni, avvenuto con D.L. 143/97, ha avuto, infatti, un consequenziale riflesso in termini di gestione delle risorse stanziate con i fondi strutturali ed, in ragione di efficacia ed efficienza della spesa pubblica, si impone l’esigenza di assicurare una forte interazione fra i centri di decisione programmatica e gli operatori del settore. Tale approccio può risultare determinate per favorire il perseguimento di obiettivi generali che, basati sulle caratterizzazioni territoriali, consentano di attuare azioni complesse rivolte alla risoluzione dell’insieme dei problemi del comparto che, come risulta dalla disamina sin qui svolta, presenta un insieme di debolezze specifiche che si riferiscono a fattori di tipo strutturale, biologico e socio-economico. Dal punto di vista strutturale costituiscono fattori di debolezza l'obsolescenza della flotta e la carenza di servizi moderni alle imprese finalizzati alla creazione di nuova imprenditorialità oltre che a quelli di semplice assistenza gestionale. In relazione ai fattori biologici, lo stato delle risorse del Mar Tirreno, le discontinuità nei cicli biologici riproduttivi che caratterizzano alcune popolazioni ittiche del Tirreno, le peculiarità organizzative del comparto (artigianalità, frammentarietà, obsolescenza ecc.), sono concause della perdita progressiva di efficienza delle imprese. Nonostante la diminuzione dello sforzo

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di pesca negli ultimi anni, riducendosi il numero, il tonnellaggio e l’attività dei battelli campani, è documentabile una tendenza al calo nella produttività media delle strutture operative e una forte discontinuità nel livello dei risultati economici. Tali aspetti hanno riflessi sui fattori socio-economici caratterizzati da una progressiva riduzione dei redditi nonché dei livelli occupazionali. Negli ultimi quattro anni, il settore peschereccio provinciale ha perso circa 550 posti di lavoro, pari al 27% del numero totale di marittimi imbarcati, solo nell’ultimo anno il numero di addetti che ha abbandonato il settore ha sfiorato le 100 unità. In questo contesto, considerata la scarsa tendenza all'innovazione nelle imprese e l'offerta di competenze professionali posizionate su livelli medio bassi, il tessuto economico e produttivo risulta tendenzialmente sempre meno competitivo ed incapace di garantire il ricambio generazionale. La risposta a tali problematiche presuppone l'individuazione di obiettivi specifici che, basandosi sulla strategia di lungo termine, facciano leva sulle connotazioni peculiari dei diversi contesti produttivi locali per definire azioni funzionali allo sviluppo del territorio.

OBIETTIVI SPECIFICI DI SVILUPPO TERRITORIALE Il Piano di Sviluppo Territoriale, nel definire l'insieme di obiettivi generali, tende a considerare la marineria della provincia di Salerno secondo una prospettiva sistemica piuttosto che come insieme giustapposto di attori a se stanti. Tale approccio sorge dall'esigenza di contemperare gli interessi emergenti da un tessuto produttivo caratterizzato dalla polverizzazione delle strutture produttive, in cui convivono realtà che vanno dalla piccola pesca ad organizzazioni di carattere industriale. In questo contesto l'approccio sistemico applicato alle marinerie salernitane si basa sull'interpretazione della proposta programmatica in una logica di definizione analitica degli obiettivi specifici. Questi ultimi, rispetto agli obiettivi generali, rappresentano altrettanti obiettivi strategici articolati in tre assi fondamentali: Asse 1: Interventi di tutela e gestione delle risorse biologiche.

Asse 2: Rafforzamento del sistema delle imprese

Asse 3: Valorizzazione delle risorse del sistema locale

Ciascun asse si suddivide a sua volta in singole azioni che specificano i contenuti operativi per raggiungere l'obiettivo specifico dell'asse in coerenza con gli obiettivi generali. L'insieme delle azioni operative costituenti il presente Piano di Sviluppo Territoriale sono in tutto 10 e tutte convergenti all'approccio sistemico a cui, come di seguito descritto, si ispira il piano stesso. Asse 1: Interventi di tutela e gestione delle risorse biologiche La tutela delle risorse biologiche è considerata tra le strategie essenziali ai fini della efficace sinergia di tutte le azioni programmate in favore della sostenibilità

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eco-sistemica inclusa nel novero degli obiettivi generali. In una logica strategica di medio e lungo periodo, infatti, lo sviluppo dell'area, che ha prodotto una crescente pressione sulle risorse biologiche disponibili, necessita di interventi finalizzati ad una razionalizzazione della gestione delle risorse. Tale esigenza risulta, in particolare, stringente per quelle aree di pesca maggiormente interessate da una forte concentrazione di attività, ove si vanno acuendo i conflitti fra operatori che utilizzano diversi mestieri di pesca. In questo asse, pertanto, rientrano i seguenti interventi che consentiranno una più razionale gestione delle risorse ittiche della marineria salernitana: - Realizzazione di studi finalizzati alla predisposizione di un piano di gestione delle risorse ittiche - Istituzione dei distretti di pesca - Costituzione di un consorzo unitario degli operatori preposto all'introduzione di innovativi sistemi di gestione della fascia costiera Nello sviluppo di tale asse, importanza cruciale viene assegnata alla predisposizione del piano di gestione delle risorse ittiche. Quest'ultimo, nell'individuare le caratteristiche di aree di pesca omogenee, fornirà i contributi necessari alla individuazione dei distretti di pesca la cui gestione, nell’intento di attenuare i conflitti fra operatori che utilizzano diversi mestieri di pesca, potrà essere in futuro affidata a consorzi unitari di pescatori. Questi ultimi potranno, fra l’altro, ricoprire un importante ruolo nello sviluppo di un progetto pilota finalizzato all’introduzione di innovativi sistemi di gestione della fascia costiera. Asse 2: Rafforzamento del sistema delle imprese Il sistema produttivo locale rappresenta un universo complementare e imprescindibile nel quadro strategico di sviluppo dell'area. Esso riveste un ruolo significativo non solo per la valenza economica che gli è propria ma anche per il sostegno che può conferire alla ricomposizione dell'identità locale e alla definizione di una nuova visione di sviluppo delle marinerie salernitane. Inoltre, la cresecente competitività del settore sollecita un processo di riqualificazione e lo sviluppo di nuova imprenditoria nei comparti produttivi complementari al comparto peschereccio. L'obiettivo di quest'asse è l'accompagnamento di attività nuove, la riconversione e/o il miglioramento di quelle esistenti per una integrazione fra la vocazione turistica e le valenze produttive esistenti. In questo contesto gli interventi che possono agevolare tale strategia sono i seguenti: - Rilancio della mitilicoltura salernitana

- Supporto allo sviluppo del pescaturismo

- Promozione della gestione integrata della qualità totale nella marineria

salernitana

- Costituzione della consulta provinciale dell'economia ittica

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In questo contesto particolare attenzione assume la modernizzazione delle strutture organizzative con particolare riferimento a quelle più strettamente di servizio alla pesca. Il perseguimento di tali obiettivi, pur con le difficoltà esistenti che non sono da sottovalutare in fase di implementazione progettuale, potranno essere condivisi e concertati con gli operatori del settore che andranno ulteriormente sensibilizzati affinché si possa dar seguito agli intendimenti programmatici indicati. In questo contesto l’Amministrazione Provinciale di Salerno, in base al processo di delega, potrebbe proporsi quale volano di sviluppo territoriale che, coerentemente con gli indirizzi programmatici nazionali e regionali, risponda ai reali fabbisogni delle marinerie salernitane. Da questo punto di vista, la funzione attiva delle categorie potrà risultare rilevante alla luce della prevista istituzione del Comitato di concertazione provinciale per gli interventi dalla Comunità Europea nel settore agricolo e della pesca. Tale comitato è istituito in ogni Provincia per favorire la partecipazione delle categorie interessate all’attuazione del F.E.P. Campania 2007-2013 e degli strumenti della programmazione con finalità consultive e sarà convocato ogni qualvolta il Presidente ne ravvisi la necessità, ovvero su richiesta di una delle Organizzazioni, Ordini e/o Collegi in esso rappresentati. A tale scopo, si auspica che la Provincia di Salerno nell’istituire il Comitato di concertazione provinciale, ove si presume vi sia una netta prevalenza delle rappresentanza degli agricoltori, possa anche considerare l’eventualità di costituire una Consulta provinciale per l’economia ittica che operi in supporto alle funzioni di programmazione e di progettazione nonché di servizio per il settore ittico. Asse 3: Valorizzazione delle risorse umane del sistema locale

La consapevolezza che il mare, nella sua accezione di bene naturale da proteggere e di risorsa economica da tutelare, rappresenti il caposaldo di una politica orientata a restituire all’area salernitana un ruolo centrale nello sviluppo dell’economia peschereccia locale induce a puntare sulle politiche formative che tengano conto delle specificità territoriali. In coerenza con l'idea di sviluppo orientata a recuperare insieme territorio, memoria ed identità delle marinerie salernitane, il successo della strategia di sviluppo locale si fonda in massima parte sulla capacità di favorire il radicamento e l'appartenenza al territorio. In tale prospettiva risulta indispensabile mobilitare gli operatori, e soprattutto i più giovani, per radicare la visione del proprio futuro all'interno delle marinerie salernitane. D'altronde, la progettualità relativa alla razionalizzazione e alla modernizzazione del settore può essere favorita esclusivamente se supportata da professionalità in grado di fornire l’assistenza necessaria a garantire un raccordo fra le strategie operative adottate dagli operatori locali con la politica di programmazione promossa dalle Amministrazioni locali, regionali, nazionali e sovranazionali. Da questo punto di vista la valorizzazione del sistema produttivo

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locale trova la propria sintesi in un programma di formazione finalizzato alla qualificazione delle risorse umane che potranno favorire il raggiungimento degli obiettivi strategici del piano di sviluppo territoriale. In questo contesto gli interventi dell'asse saranno i seguenti:

- Organizzazione di corsi per l'acquisizione dei titoli professionali rispondenti al

fabbisogno formativo delle marinerie professionali

- Organizzazione di corsi per la riqualificazione degli operatori ad attività

complementari (pescaturismo, mitilicoltura e maricoltura)

- Organizzazione di corsi per responsabili della gestione integrata della qualità

totale nel settore ittico

Nell'intento di garantire efficacia e flessibilità a tale programma di formazione risulterà rilevante la possibilità di utilizzare i fondi del FEP, inserendo nella misura relativa agli interventi di contesto e di sostegno, specifiche sotto-misure finalizzate alla riqualificazione, aggiornamento e riconversione degli operatori della pesca. A tale scopo, sarebbe opportuno prevedere l'opportunità di finanziare interventi formativi che, mediante l’adeguamento delle competenze professionali degli operatori della pesca, favoriscano il graduale processo di modernizzazione del contesto produttivo locale. NUOVE PROFESSIONI L’addetto al pescaturismo, l’imprenditore ittico ed il responsabile di gestione della pesca sono nuove figure professionali coerenti alle politiche in materia di pesca e di acquacoltura dello Stato e delle regioni nel rispetto degli orientamenti e degli indirizzi di competenza dell’unione Europea. Regolamento della CE n. 1626/94 relativo all’istituzione di misure tecniche per la conservazione della pesca nel Mediterraneo. Tali orientamenti ispirandosi al principio della sostenibilità e responsabilità verso l’ambiente e ed i consumatori promuovono opportunità occupazionali multifunzionali, finalizzate alla valorizzazione delle risorse produttive e all’uso sostenibile degli ecosistemi acquatici. L’addetto al pescaturismo è un pescatore che imbarca persone non facenti parte dell’equipaggio a scopo turistico –ricreativo. L’attività presenta un duplice vantaggio da un lato quella d’integrare la fonte di reddito, dall’altro quella di promuovere la cultura del mare e della pesca.

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Per esercitare tale attività è richiesta l’autorizzazione della Capitaneria di Porto, la quale è rilasciata dal Capo del Dipartimento Marittimo dopo le opportune verifiche: idoneità dell’imbarcazione e dei mezzi di sicurezza e salvataggio. L’imprenditore ittico è equiparato all’imprenditore agricolo e svolge l’ attività di ospitalità, di ristorazione di servizi, ricreative , culturali finalizzate alla corretta fruizione degli organismi acquatici e delle risorse della pesca, valorizzando gli aspetti socio-culturali del mondo dei pescatori. L’attività è esercitata da pescatori professionisti singoli o associati, utilizzando la propria abitazione o struttura denominate ittiturismo. Le competenze di base tecnico professionali necessarie per esercitare entrambe le attività riguardano l’organizzazione e la gestione della nuova attività, di promozione, relazionali e di divulgazione dell’ambiente marino e delle tecniche di pesca. Il Responsabile di gestione della pesca (RGP) è una nuova figura che professionale a cui si potrebbe affidare il compito di affidare lo sviluppo del settore nelle marinerie ove l’intervento degli enti pubblici sia finalizzato a coordinare le attività di gestione del comparto peschereccio. RGP si potrebbe definire “un piccolo imprenditore” alle prese con la vendita di un servizio talmente innovativo da non essere ancora avvertito il bisogno da parte dell’utenza. Sta quindi nelle capacità organizzative e nella capacità di relazione (oltre alle specifiche competenze professionali) dell’individuo il successo dell’iniziativa. A tal proposito si riporta l’esperienza maturata dalla Provincia di Salerno che ha sviluppato attività finalizzate a favorire lo sviluppo settoriale e nell’ambito delle quali si sono concepite le competenze professionali del Responsabile di gestione della pesca. ESPERIENZE NEL CAMPO DEI MESTIERI DEL MARE

La Provincia di Salerno ha partecipato all'iniziativa EQUAL nell'ambito della quale è stato sviluppato il progetto F.A.R.O. (Flessibilità, Adattabilità, Riconversione Operatori della pesca). In questo contesto è stato attivato lo Sportello Informa Lavoro Marittimo (Job center) finalizzato a fornire servizi attinenti alle professioni del personale navigante con particolare riferimento al personale imbarcato a bordo di natanti adibiti alla pesca. Il Job Center è stato gestito da personale la cui figura professionale si caratterizza per elementi di contiguità con il profilo del Responsabile di gestione della pesca (RGP). L'operatore dello sportello, infatti, ha sviluppato le attività mantenendosi in continui contatto con i vari attori del sistema: agenzie formative, Centri per l’Impiego, cooperative, Capitaneria di Porto ed enti locali.

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Descrizione dei servizi Elemento centrale dell’offerta del Job center è stato un innovativo dispositivo elettronico denominato “Portfolio elettronico delle competenze della gente di mare”. Tale strumento è stato utilizzato per facilitare i percorsi di orientamento, formazione, sviluppo e riconversione professionale degli stessi operatori e, in una logica di mainstreaming, può essere trasferito in altre marinerie.

Servizi offerti attraverso il dispositivo elettronico:

Analisi dei possibili percorsi di sviluppo professionale nell’ambito del comparto ittico, attraverso la verifica dello scarto fra le esperienze pregresse ed i requisiti minimi di accesso ai titoli professionali marittimi

Analisi delle competenze possedute e verifica dello scarto fra le competenze possedute e le competenze necessarie per presidiare efficacemente le attività previste dai titoli professionali marittimi nell’ottica della promozione e sviluppo delle progressioni di carriera

Curriculum professionale rilasciato al marittimo Informazioni utili per il personale navigante (esempio: visita biennale

obbligatoria) Suggerimenti per il raggiungimento dei requisiti previsti dalle norme Documentazione necessaria per il conseguimento dei titoli professionali

marittimi Il “portfolio elettronico” ha rappresentato, pertanto, lo strumento operativo che ha permesso di: conoscere l’universo professionale dei lavoratori marittimi; fotografare lo stato attuale dei pescatori in termini di conoscenze e

competenze possedute; progettare interventi formativi ad hoc; allocare figure professionali in base alle richieste delle aziende. I POTENZIALI COMPITI DI RGP Considerata l'esperienza maturata in provincia di Salerno, si ritiene che il RGP dovrebbe essere un esperto in grado di gestire le politiche di sviluppo del settore peschereccio locale. In particolare si ritiene che la sua attività potrebbe essere finalizzata allo start-up di Organizzazioni di Produttori (O.P.) che si propongano di adottare i Piani di Gestione Integrata che gli Enti Locali intendono promuovere nel corso della programmazione 2007-2013. Dal punto di vista operativo tale attività, da svolgersi in stretta collaborazione con le amministrazioni locali, dovrebbe contemplare la progettazione, il reperimento e la programmazione delle risorse, la gestione delle reti, la gestione dell’O.P.

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La formazione del RGP dovrà essere finalizzata a sviluppare un profilo professionale idoneo a integrare quattro bisogni forti delle Amministrazioni:

1. la conoscenza specifica delle dinamiche socioeconomiche che regolano lo sviluppo locale;

2. la capacità di gestire le O.P. in coerenza con gli obiettivi di sviluppo sostenibile del locale settore peschereccio con particolare attenzione al monitoraggio delle dinamiche di sviluppo;

3. la capacità di individuare le possibili risorse interne al sistema locale ed esterne ad esso (finanziamenti europei, nazionali, regionali) che possano permettere la realizzazione del programma di sviluppo locale e gli strumenti della loro gestione ;

4. la capacità di governare amministrativamente le azioni e i progetti di sviluppo locale (anche assumendosene diretta responsabilità) in stretta collaborazione organizzativa ed amministrativa con l'ente locale. In questo contesto l'attività del RGP dovrebbe attuarsi attraverso la costituzione di un O.P che sia in grado di attuare le linee strategiche previste dai Piani di Gestione Integrata della fascia costiera (PGI) e di costruire una rete di relazioni interne ed esterne per affrontare e risolvere ogni problema tecnico e programmatico che si dovesse porre nella prospettiva di valorizzare la pesca del territorio della provincia di Salerno in un’ottica di espansione internazionale, con particolare riferimento all’area mediterranea. La prospettiva è rappresentata dall’opportunità di sviluppo, coerente con la politica di programmazione adottata dalle amministrazioni locali, che vede le antiche vocazioni locali e la risorsa mare al centro delle proprie politiche di sviluppo. Il mare, nella sua accezione di bene naturale da proteggere e di risorsa economica da tutelare, rappresenta, infatti, il caposaldo di una politica orientata a restituire all’area salernitana il ruolo di centro di sviluppo dell’economia mediterranea. La scelta di puntare sul sistema “mare” è, infatti, il risultato di un lungo processo che ha visto soggetti istituzionali, produttori e ricercatori impegnati I compiti del RGP dovrebbero, pertanto, svilupparsi nell’ambito della progettualità relativa alla razionalizzazione e modernizzazione del settore peschereccio locale. Tale prospettiva potrà essere, infatti, favorita esclusivamente se supportata da professionalità in grado di fornire l’assistenza necessaria a garantire un raccordo fra le strategie operative adottate dagli operatori locali con la politica di programmazione promossa dalle Amministrazioni locali, nazionali e sovranazionali. In questo contesto, RGP, oltre a gestire le O.P., dovrà essere in grado di fornire alle Pubbliche Amministrazione l’assistenza tecnica per individuare gli strumenti finanziari che, resi disponibili in ambito comunitario (Equal, Interreg, FEP), risultano idonei a favorire lo sviluppo propulsivo di iniziative produttive locali che mediante progetti di cooperazione transnazionale consentano ai produttori di rafforzare la vocazione internazionale delle proprie imprese. A tale scopo RGP

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dovrà consolidare il livello di responsabilità delle associazioni di categoria e dei pescatori, inquadrando le raccomandazioni gestionali, elaborate in ambito UE, CGPM, nell’ambito delle prospettive di sviluppo di medio periodo delle marinerie locali. LE CONOSCENZE DI RGP RGP dovrebbe essere in possesso di un diploma di laurea e aver acquisito esperienze formative nel settore pesca in modo da essere in grado di “vendere” un servizio talmente innovativo da non essere ancora avvertito il bisogno da parte dell’utenza. Sta quindi nelle capacità organizzative e nella capacità di relazione (oltre alle specifiche competenze professionali) dell’individuo il successo delle sue attività. RGP dovrà essere, pertanto, in possesso di determinate competenze in grado di garantirgli il presidio delle diverse attività previste dal servizio. Di seguito si riportano le competenze necessarie suddivise in competenze di base, competenze tecnico-professionali, competenze trasversali

Competenze di base 1. Conoscere la struttura organizzativa e gli obiettivi funzionali dello sportello ; 2. Conoscere le tecnologie informatiche connesse al servizio offerto (Portfolio

elettronico, Internet, Pacchetto Office) 3. Conoscere gli elementi di base del settore pesca; 4. Conoscere gli attori del sistema (cooperative pesca, capitanerie, associazioni

di categoria, etc.); 5. Conoscere le principali caratteristiche della marineria in cui si opera; 6. Conoscere gli elementi di base della navigazione e del personale navigante; 7. Conoscere i titoli professionali del settore; 8. Conoscere le principali leggi di riferimento; 9. Conoscenze informatiche

Competenze tecnico-professionali Essere in grado di: 1. progettare, pianificare e gestire le attività della O.P. e dello sportello

informativo ivi istituto; 2. interpretare ed attuare la legislazione di riferimento; 3. analizzare i dati produttivi e valutare le prospettive del settore; 4. acquisire dati ed informazioni utili all’utenza anche attraverso internet; 5. utilizzare il portfolio elettronico delle competenze in ogni sua parte; 6. supportare il pescatore per il migliore utilizzo del servizio offerto.

Competenze trasversali Essere in grado di: 1. relazionarsi efficacemente con l’utenza e con gli attori del sistema pesca;

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2. stimare e valutare le persone; 3. coordinare le proprie attività con quelle di altri; 4. lavorare in gruppo; 5. individuare e risolvere problemi; 6. promozionare le attività della O.P. e dello sportello. SBOCCHI PROFESSIONALI DI RGP RGP potrebbe utilizzare le proprie competenze per proporsi quale promotore di iniziative locali finalizzate a favorire la gestione integrata della fascia costiera mediante l'adozione di Piani di Gestione Integrata della fascia costiera promossi dalle amministrazioni locali. In questo contesto tale figura professionale potrebbe trovare sbocco professionale all'interno delle Organizzazioni di Produttori. Inoltre, considerata l'esperienza maturata in provincia di Salerno, si ritiene che RGP potrebbe collaborare con i Centri per l'Impiego, laddove tale struttura pubblica persegua l'obiettivo di assicurare uno specifico servizio a favore degli operatori del mare. Ciò premesso è evidente che tale figura dovrebbe, innanzitutto, inserirsi a livello locale ed avere, nel contempo, una visione globale della gestione della pesca in modo da poter utilizzare gli strumenti di sviluppo offerti dalle attuali normative comunitarie, nazionali e regionali.

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L’IREPA di Salerno

di Davide Cammarota e Mario Garofalo L'Istituto di Ricerche Economiche per la Pesca e l'Acquacoltura (IREPA) è stata fondata a Salerno nel 1982 per promuovere lo sviluppo della ricerca e dell' economica nel settore e svolgere attività di assistenza in favore degli enti pubblici deputati alla gestione della pesca e dell'acquacoltura. A partire dal 1994, l'Istituto svolge attività di assistenza tecnica in favore del Ministero per le politiche alimentari, agricole e forestali e collabora alla predisposizione dei documenti di programmazione settoriale. Lo sviluppo di un sistema statistico, ampio ed affidabile rappresenta uno degli aspetti più rilevanti dell'impegno Irepa in favore dell'amministrazione nazionale. Tale attività ha assunto un ruolo sempre più rilevante e, nel corso degli ultimi anni, l'Istituto ha la responsabilità della produzione statistica dei dati della pesca in Italia e oggi opera nell'ambito del Sistema Statistico Nazionale (SISTAN). Nel corso del tempo l'Istituto ha sviluppato sempre più l'iniziale approccio multidisciplinare, attualmente è impegnato in attività fortemente diversificate, ma tutte operanti nell'ambito del settore pesca: sviluppo dei sistemi informatici, certificazione di qualità, metodi innovativi per il monitoraggio satellitare della pesca, sono alcune delle principali aree di attività in corso. E come potevamo noi della scuola marinara Giovanni XXIII non prendere conoscenza un progetto così importante? Così, con il prof. Giovanni Citro siamo andati a visitare la struttura dell'Irepa.

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Le funzioni del marketing nell’impresa di acquacoltura

di Salvatore Scannapieco

Secondo l’accezione più aggiornata, data dalla dottrina moderna, per marketing si intende l’insieme di attività con le quali, un’associazione organizzata o non per il profitto, mira a soddisfare le esigenze di persone o di associazioni mettendo a loro disposizione, mediante lo scambio, prodotti o servizi, oppure sostenendo idee o affermando valori nella società. Da queste definizioni si evince uno stretto legame, del marketing con il sistema economico, nel quale l’impresa svolge la sua gestione. Poiché tale realtà ha subito nel tempo una continua e profonda evoluzione, di conseguenza anche il marketing si è evoluto nel tempo, attraversando varie fasi storiche. Durante la prima fase, la funzione principale dell’impresa è stata il produrre in presenza di una modesta concorrenza e l’assenza di una vera e propria pianificazione delle vendite. La seconda fase è stata caratterizzata da produzioni consistenti di massa, con domande in espansione, con la concorrenza in crescita all’interno di aree limitrofe e ponendo quindi la necessità di assicurarsi la continuità di collocamento della merce sul mercato, in una situazione di rallentamento delle vendite, con una espressione produttiva intensa, talvolta più delle domande, si è cercato di offrire, studiando il comportamento del consumatore, con le sue motivazioni all’acquisto ed i modi di svolgimento del processo di acquisto. L’impresa in questa fase è intervenuta influenzando e convincendo i consumatori ad acquistare ed a consumare in misure maggiori il proprio prodotto tramite l’organizzazione di vendita, e con attività pubblicitarie promozionali dell’impresa. La terza fase è stata caratterizzata dall’orientamento al marketing, e non si è prodotto più quanto veniva considerato vendibile, ma ciò che desiderava il consumatore. Quindi si traduceva nell’interpretazione dei bisogni e dei desideri dei clienti. Talvolta l’impulso alle vendite è stato trasformato in persuasione occulta. L’ultima fase è stata caratterizzata dal fatto che i mercati non hanno avuto più confini geografici né tecnologici (infatti le imprese hanno acquisito la dimensione multinazionale ed hanno stipulato accordi di varie fattispecie tra cui anche di “Joint Venture”). In questa fase si è verificata una ipercompetizione, la frammentazione delle domande, la protezione del consumatore, che comunque è diventato più esperto ed evoluto. Importante è che nell’impresa le decisioni di marketing vengano prese in modo coordinato e si trasformino in strategie, così si passa a parlare di

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Marketing e pianificazione strategica di Marketing, dei quali concetti bisogna darne una breve trattazione. Per strategie si intende un insieme di decisioni – azioni che vengono effettuate per il conseguimento di certi obbiettivi legati alla sopravvivenza dell’impresa in presenza di un rapporto conflittuale. Per esempio, con una strategia di promotion si decide un’azione pubblicitaria più efficace rispetto alla concorrenza, in modo da raggiungere un certo obbiettivo (una maggiore vendita) in conflitto con le imprese concorrenti. Per Marketing mix si intende una combinazione o mix di elementi o strumenti del Marketing a disposizione del management per essere vincenti sul mercato, soddisfacendo il consumatore e conseguire dei buoni profitti (lo scopo principale dell’impresa). Questi consistono nel: prodotto, prezzo, promozione e distribuzione, in inglese le quattro p (product, price, promotion and place). La pianificazione strategica di Marketing viene intesa come il complesso di tutti i piani di Marketing dell’impresa insieme con quelli che concernono le finanze, la produzione ed gli altri settori dell’impresa, confluiscono nella pianificazione generale strategica dell’impresa. Il piano di Marketing può essere definito come un progetto realizzato dal Marketing management al quale viene data esecuzione, controllando e valutando la sua efficacia, coordinando tutti i segmenti ed i soggetti che esercitano in questa area, per il raggiungimento degli obbiettivi prefissati. Tale piano ed in particolare quello di un’azienda di acquacoltura dovrebbe avere la prima fase collegata con coerenza direttamente con la pianificazione strategica dell’impresa e cioè dovrebbe consistere nella raccolta ed analisi delle informazioni riguardanti la situazione di partenza, tramite l’analisi SWOT, che è l’acronimo ottenuto dalle parole inglesi strengths (forze), debolezze (weakness) che riguarda l’analisi interna e le opportunità (opportunities) e minacce (threats) che riguardano l’ambiente esterno. Per ciò che riguarda le debolezze, ipotizzando un’impresa che allevi orate nel golfo di Salerno, potrebbero essere rappresentate dal fatto che l’azienda sia situata in zone climatiche mediterranee M2, dove l’attività subisce una notevole flessione invernale rispetto alle attività situate nella zona M3 a latitudini più basse, dove l’allevamento si svolge a ritmo pieno durante tutto l’arco dell’anno e con temperature più favorevoli, dove si avrà un ciclo d’allevamento più breve di durata, di tempo e minore la dimensione dell’impianto in relazione alla produzione, fa diminuire i costi variabili, dovuti al mangime e ad altri fattori, e diminuendo i costi pluriennali da ammortizzare e quelli del personale. Si avrà così una produzione più competitiva nella zona M3 rispetto alla zona M2. Rispetto agli impianti situati in zona M1 a latitudini più elevate, invece, avremo un vantaggio e quindi una forza da poter sfruttare, poiché nella suddetta zona l’attività di allevamento subisce un totale arresto invernale e sono necessari gli impianti per lo svernamento del pesce con un aggravio di costi nella gestione

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e nella determinazione del costo del prodotto finito, quindi difficoltà per il suo collocamento sul mercato. Per ciò che riguarda l’analisi delle opportunità, l’impresa di acquacoltura deve sfruttare le condizioni favorevoli manifestate dal mercato interno di vendita dei prodotti ittici in forte espansione e viste le passate condizioni di over fishing (eccesso di catture rispetto allo sviluppo sostenibile), che stanno determinando il degrado delle risorse ittiche, facendo diminuire la disponibilità di pesce proveniente dalle catture. Gli operatori di acquacoltura devono essere pronti a compensare il deficit della cattura con una produzione adeguata. Le minacce potrebbero essere rappresentate da un insieme di norme tributarie, che potrebbero favorire le importazioni di specie estere a prezzi più contenuti, oppure potrebbero essere rappresentate dal fatto che un’impresa concorrente abbia sperimentato un nuovo modello o specie da allevare e da collocare sul mercato in modo più competitivo e quindi più redditizio attirando una fetta dei propri clienti. La seconda fase del piano dovrebbe essere rappresentata dalla formulazione degli obbiettivi, che devono essere riferiti ad un certo intervallo di tempo e che sono: la redditività, lo sviluppo delle vendite, lo sviluppo delle quote di mercato e l’innovazione. Per ciò che riguarda la redditività, essa esprime la differenza tra i ricavi ed i costi, che vengono maturati e rilevati durante la gestione e riepilogati nel conto economico secondo lo schema seguente: Valore della produzione - costi della produzione reddito operativo lordo ± proventi e oneri finanziari ± proventi e oneri atipici utile lordo della gestione corrente ± proventi e oneri straordinari utile al lordo delle imposte ˉ imposte sul reddito = utile netto di esercizio. È talvolta indicata da alcuni ratios:

ROE= (return on equity) che rappresenta il ritorno del capitale proprio

e del ROI= (return on investment), il ritorno del capitale

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investito (totale). Per ciò che concerne lo sviluppo delle vendite e delle quote di mercato, consistono nell’incremento in questo caso rispettivamente della vendita del pesce e di assumere una posizione che potrebbe essere o non di leadership del mercato, ma il cui sviluppo serve a stabilizzare la redditività dell’azienda. Per ciò che riguarda l’innovazione è un altro obbiettivo fondamentale in virtù del continuo mutamento ambientale dei bisogni e delle esigenze della clientela, l’azienda deve svolgere un processo continuo di realizzazione di nuovi prodotti, in questo caso di una specie non allevata da altri concorrenti per essere e restare competitive sul mercato e magari di leadership della quota di mercato. Dopo aver fissato gli obbiettivi del piano si passa ad effettuare la selezione dei mercati, obbiettivo da servire partendo con la misurazione dell’attrattività attuale e potenziale del mercato e la sua dimensione. Grazie alla formula di Reilly – Couverse, è possibile determinare l’area di

attrazione D = , dove DAM è la distanza tra le città A e M; PA e Pm sono rispettivamente la popolazione della città di A e M; mentre D indica la distanza tra la località M e la località S di grandezza minore attratta da M. Successivamente si provvederà alla segmentazione del mercato, cioè si effettuerà la divisione del mercato in segmenti (gruppi di consumatori) diversi da gruppo a gruppo, ma omogenei all’interno di ciascun gruppo per poter effettuare uno studio dall’esterno successivo ed accurato di ciascun segmento, percependo rapidamente se e perché cambia la domanda, e si valutano meglio i punti di forza e di debolezza dell’azienda e dei concorrenti. A questo punto bisogna definire le strategie di Marketing che sono di differenziazione e di posizionamento. Nel caso di un’impresa di acquacoltura del tipo offshore in zona climatica M2 o peggio in M1 rispetto ad un’impresa avente le stesse caratteristiche, ma situate in M3, non potendo competere con il prezzo, dovrà attuare un’azione di differenziazione dei propri prodotti rispetto a quelli dei concorrenti, apponendo su ciascun individuo delle specie commercializzate un bollino o altro segno distintivo, che possa distinguere il prodotto e l’impresa, attuando una strategia di posizionamento, inteso come ricerca e definizione della sua offerta, creando una posizione mentale unica e distinta nei confronti del consumatore, come se il prodotto avesse una personalità, considerando ovviamente il comportamento e le posizioni tenute dai concorrenti all’interno dello stesso segmento. A questo punto bisogna definire le azioni di Marketing da intraprendere, ossia quali strumenti adottare per raggiungere gli obbiettivi e il livello delle risorse finanziarie da destinare al Marketing, nonché stabilire il criterio di ripartizione delle spese di marketing in capo alle leve del marketing che sono: il prodotto, il prezzo, la distribuzione e la promozione.

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Per ciò che concerne il prodotto, possiamo dire che rappresenta la risultante di tutti gli attributi fisico-funzionali che determinano la qualità. Se l’impresa di acquacoltura punta su un posizionamento di leader dell’alta qualità, per essere coerente, deve necessariamente realizzare prodotti che siano ottimali dal punto di vista biologico - nutrizionale, somministrando mangimi a base di farina di pesce di alta qualità in modo da soddisfare i fabbisogni nutritivi dei pesci in termini di proteine, lipidi, vitamine e minerali. Un’altra leva del marketing mix è rappresentata dal prezzo da attribuire al prodotto per la collocazione nel mercato, la cui formazione è di estrema importanza e dipende dai seguenti fattori: costo del prodotto, domande, caratteristiche dei consumatori, concorrenza e obbiettivi dell’impresa. Ribadiamo che l’impresa che voglia salvaguardare i propri profitti deve mantenere una superiorità qualitativa con innovazioni tecniche obbiettive che le consentano di restare fuori dal conflitto che concerne il prezzo e che le permettano di differenziarsi in modo netto. Per ciò che riguarda la distribuzione del pesce, se l’azienda avesse un’organizzazione distributiva adeguata, potrebbe avvenire con delle modalità fuori dai canali tradizionali, cercando direttamente i punti di vendita più attivi o gli utilizzatori professionali, quali i ristoranti e alberghi appartenenti alla nicchia, seguendo un canale corto che consente di contenere i costi finali. Oppure se la produzione è in espansione, si potrebbe estendere la vendita anche agli altri punti vendita, quando la notorietà del prodotto sarà aumentata. Durante questa fase occorre stimolare al massimo la distribuzione. Per promotion si intende un insieme di attività coordinate che mirano ad informare, comunicare o a persuadere talvolta in maniera occulta, allo scopo di favorire la vendita di un prodotto o un servizio o di far affermare dei valori o delle idee. Tra queste attività si distinguono: la vendita personale, la pubblicità, la promozione e le pubbliche relazioni. La vendita mediante personale è doverosa, nel caso in cui il canale risulti corto, cioè quando la vendita viene effettuata direttamente al consumatore finale o agli utilizzatori professionali o ai dettaglianti, e consiste nella presentazione diretta a voce del prodotto effettuato a potenziali compratori, da persone che possono essere collaboratori autonomi o dipendenti dell’azienda per favorire la vendita. La pubblicità consiste nella presentazione dei propri prodotti e servizi fatti tramite i mass-media a pagamento, non è molto usata per il pesce fresco. Poi c’è la promozione, che riguarda la dimostrazione nell’uso e sulle caratteristiche del prodotto. Infine vengono le pubbliche relazioni, cioè azioni di programmi che mirano a conseguire due obiettivi: far fare dai media una presentazione dei prodotti e dell’impresa favorevole non a pagamento, a convincere persone e gruppi influenti ad avere un atteggiamento favorevole all’impresa.

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Le attività e i progetti dell’ISIS “Giovanni XXIII” (sede Barra) negli anni scolastici 2008-09 e 2009-2010

2008-2009

1. Visita alla redazione del quotidiano “La Città” (22/10/2008). 2. Visita all’IREPA di Salerno (25 ottobre 2008). 3. Visita all’Archivio Storico del Comune di Salerno (29/10/2008). 4. Visita all’ENEA, sede di Portici (07/11/2008). 5. Visita e partecipazione EXPOSCUOLA (08/11/2008). 6. Partecipazione Festival cinema Salerno (2 film, 13-14-15/11/2008). 7. Partecipazione attiva trasmissione LIRA TV su Salute e Sanità in

Campania (03/12/2008). 8. Partecipazione al Convegno-presentazione libro Il ‘68 a Salerno. Miti,

utopie, speranze di una generazione, (09/12/2008). 9. Incontro con rappresentanti VOSS e donazione sangue (15/12/2008). 10. Visita mostra Archivio di Stato di Salerno su Cibo e frodi alimentari (16-

18/12/2008). 11. Partecipazione attiva alla Giornata della Memoria con lettura testi sulla

SHOAH da parte di alcuni studenti (19 e 27/01/2009). 12. Partecipazione attiva trasmissione LIRA TV su Giovani, impegno civile,

politica (21/01/2009). 13. Partecipazione tavola rotonda su Legalità e giovani, c/o Provincia di

Salerno (12/02/2009). 14. Incontro di formazione c/o Informagiovani_(Comune di Salerno) sul

curriculum europeo (16/02/2009). 15. Visita mostra Archivio di Stato di Salerno su Feste in provincia di

Salerno (20/02/2009). 16. Seminario sull’alimentazione c/o Provincia di Salerno, organizzato

congiuntamente dall’Assessorato alle Politiche giovanili e Ambiente e dall’ISIS “Giovanni XXIII” (03-10/03/2009).

17. Viaggio d’istruzione alle strutture di formazione marinara e nautica di Gaeta e Livorno (10-13/03/2009).

18. Partecipazione in qualità di giurato al Festival Linea d’Ombra/Culture Giovani (18/04/2009).

19. Partecipazione Concorso del Comitato Diocesano per la Vita sulla Legalità (due studenti hanno vinto il primo premio: viaggio a Modena, Accademia Polizia).

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20. Partecipazione attiva a La Scuola adotta un monumento (elaborazione pannelli e manifesti e guida culturale, 16-17/05/2009).

21. Mostra Unità Europea (21/05/2009). 22. Visita alle gabbie di Campania Pesca (22/05/2009). 23. Visita a Capri (28/05/2009). 24. Partecipazione attiva a Salerno porte aperte (23/05/2009). 25. Viaggio d’istruzione alle strutture di formazione marinara e nautica di

Gaeta e Livorno (10-13/03/2009). 26. Leggere il quotidiano in classe (ottobre 2008-maggio 2009). 27. Attività Legenda (gennaio-maggio 2009).

2009-2010

1. Seminario su “Le prospettive della pesca nel salernitano” c/o IREPA di Salerno, 10 ottobre 2009.

2. Seminario su “Le fonti per la storia della pesca e dell’ambiente” c/o Archivio di Stato di Salerno, 16 ottobre 2009.

3. Cinema Festival Salerno, Fortapàsc, 25 novembre 2009. 4. Cinema Festival Salerno, Piede di Dio, 28 novembre 2009. 5. Manifestazione per il Giorno della Memoria, 27 gennaio 2010. 6. Seminario su “Le prospettive della pesca nel salernitano” c/o IREPA di

Salerno, 30 gennaio 2010. 7. “Identità”, Linea d'Ombra/culture giovani, Milk, 28 gennaio 2010. 8. Identità”, Linea d'Ombra/culture giovani, Il ritratto di Dorian Gray, 4

marzo 2010. 9. Ricerche sulla storia della pesca c/o Archivio di Stato di Salerno, marzo

2010. 10. “Identità”, Linea d'Ombra/culture giovani, Avatar, 14 aprile 2010. 11. Viaggio di istruzione a Barcellona, 10-15/maggio 2010 12. Progetto e manifestazione La Scuola adotta un monumento, 15 maggio

2010 (guida culturale e rappresentazione all’aperto). 13. Progetto e Concorso del Comitato Diocesano per la Vita sul tema de Lo

Stato multietnico, febbraio-aprile 2010. 14. Progetto ed elaborazione Sito WEB della classe V^ A TdM, febbraio-

maggio 2010. 15. Progetto ed elaborazione libro Alimentazione, pesca e ambiente nel

Salernitano febbraio-maggio 2010. 16. Progetto Il quotidiano in classe, ottobre 2009-maggio 2010.

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Gli autori

Caterina Aliberti E’ stata archivista di Stato presso l’Archivio di Stato di Salerno, della cui sezione didattica ha curato l’attività. Ha organizzato mostre e seminari didattici.

Emilia Calzetta, Laureata in Scienze dell’Informazione, ha studiato nelle università di Napoli Parthenope e di Salerno. Si è occupata del progetto “Sea Horse” come vincitrice di Borsa di studio (iniziativa “Itaca” – Progetto SCHOLA 2, MIUR – FSE). Ha svolto attività di collaborazione didattica presso l’università Ca Foscari di Venezia. Nel 2008 è stata docente a contratto del corso “Informatica & Disabilità”, indirizzato al personale tecnico e amministrativo dell’università Napoli Parthenope

Davide Cammarota Studente della V^ A Tecnico del Mare, alterna esperienze di studio e lavoro sul mare.

Giovanni Citro, Laureato in Agraria presso l’università di Napoli, insegna a Salerno, nell’ISIS “Giovanni XXIII”. E’ stato tra i consulenti del MPI per il Corso per Operatore e Tecnico del Mare. Noto specialista nel settore agro-alimentare, è consulente in progetti di ricerca e sviluppo di società ed aziende italiane ed europee.

Francesco D’Arienzo Studente della V^ A Tecnico del Mare, si interessa di cinema e musica.

Mario Garofalo Studente della V^ A Tecnico del Mare, frequenta circoli ed associazioni giovanili, interessandosi di musica e cultura etniche.

Francesco Innella E’ archivista di Stato presso l’Archivio di Stato di Salerno, ha organizzato mostre e seminari didattici, è autore di inventari per la ricerca. Si interessa anche di saggistica e poesia, con vari lavori e pubblicazioni.

Massimo La Via È responsabile del Laboratorio di Informatica dell’ISIS “Giovanni XXIII”, sede Barra, si occupa di grafica editoriale. E’ vice-presidente dell’Associazione “Pensiero è Libertà”, di cui sviluppa il planning.

Luigi Novi Studente della V^ A Tecnico del Mare, si interessa di cinema e pratica attivamente sport.

Giuseppe Nunziante Studente della V^ A Tecnico del Mare, ha approfondito problematiche relative al Mediterraneo.

Nadia Rumma Insegna Lingua e Letteratura Inglese presso l’ISIS “Giovanni XXIII”, di cui è responsabile per la sede “Barra”. Svolge incarichi PON e ricopre funzioni strumentali. Si interessa di didattica della Lingua inglese, organizza stages presso l’Autorità Portuale di Salerno.

Roberto Salerno, E’ responsabile Area Ambiente dell’Istituto di Ricerche Economiche per la Pesca e l'Acquacoltura (IREPA). Si interessa dello sviluppo della ricerca economica di settore, di attività di assistenza in favore degli enti pubblici deputati alla gestione della pesca e dell'acquacoltura. Con gli altri ricercatori IREPA contribuisce ai lavori del Comitato Pesca dell'OCSE, della FAO, dello STECF e di altri organismi scientifici dell'Unione Europea.

Fabrizio Santoriello Studente della V^ A Tecnico del Mare, progetta e costruisce siti WEB.

Salvatore Scannapieco Insegna nell’ISIS “Giovanni XXIII”. Svolge anche attività professionale di consulenza e formazione nel settore della nautica da diporto e del marketing ittico.

Francesco Sofia Vive e insegna a Salerno, nell’ISIS “Giovanni XXIII”; si interessa e scrive di demografia, storia sociale ed economica, didattica della Storia, con riferimento all’età moderna. E’ nel Comitato scientifico della rivista «Annali Storici di Principato Citra». Ha pubblicato, insieme con Piero Lucia, Il ’68 a Salerno. Miti, utopie, speranze di una generazione, (2008).

Fabio Vitolo Studente della V^ A Tecnico del Mare, ha già conseguito vari titoli utili a lavorare sul

mare. E’ appassionato di disegno. Vincenzo Vitolo Studente della V^ A Tecnico del Mare, ha intenzione di lavorare in settori legati

all’economia marittima. Nel 2009-10 ha vinto il concorso bandito dal Comitato Diocesano per la Vita sullo Stato multietnico.

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