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Freepress Teramani n. 102 - settembre 2014
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n.
L’UMILIAZIONESPAGNOLA
TIMBUCKLEY
THEPRESIDENT
pag. 10 pag. 20 pag. 26
102
TOLLERANZAZERO
Settembre 2014mensile di informazione in distribuzione gratuita
HEALTH CLUB PALEXTRA via Don Milani TERAMO 3342143358
3l’EditorialeSO
MMAR
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Al fondo non c’è mai fine
La privacy al tempo della sanità
Teramo Culturale
Il gatto con gli stipati
Italo Ferrante
L’umiliazione spagnola, francese, tedesca
Le quattro frecce di Stupìdo
L’Oggetto del desiderio
Coldiretti informa
La mente mia s’invola
Le favole di esodo o di Esopo
Franco Fedele
L’affido condiviso
Musica
Rosetta
Il libro del mese: Il Male dentro
Note linguistiche
Cinema: Il Presidente
Il Teatro romano
Pallamano
Calcio
Direttore Responsabile: Biagio TrimarelliRedattore Capo: Maurizio Di Biagio
Hanno collaborato: Mimmo Attanasii, Maurizio Carbone, Maria Gabriella Del Papa, Maurizio Di Biagio,Maria Gabriella Di Flaviano, Cristina Marroni,Silvio Paolini Merlo, Antonio Parnanzone,Leonardo Persia,Sirio Pomante, Sergio Scacchia,Alfio Scandurra, Zapoj Tovariš, Massimiliano Volpone.
Gli articoli firmati sono da intendersi come libera espressione di chi scrive e non impegnano in alcun modo né la Redazione né l’Editore. Non è consentita la riproduzione, anche solo parziale, sia degli articoli che delle foto.
Impaginazione: Imago Comunicazione
Periodico Edito da “Teramani”, di Marisa Di MarcoVia Paladini, 41 - 64100 - Teramo - Tel 0861.250930per l’Associazione Culturale Project S. GabrieleOrgano Ufficiale di informazionedell’Associazione Culturale Project S. GabrieleVia Paladini, 41 - 64100 - Teramo - Tel 0861.250930Registro stampa Tribunale di Teramo n. 1/04 del 8.1.2004Stampa: Gruppo Stampa AdriaticoPer la pubblicità: Tel. 0861 250930347.4338004 - 333.8298738Teramani è distribuito in proprio
è possibile scaricare il pdf di questo e degli altri numeri dal sito webwww.teramani.info
scriveteci [email protected]
102diZapojTovarišAl fondo
non c’èmai fine
ono anni ormai ed eravamo già ai primi numeri di
Teramani, nato nel febbraio 2004 tra i commenti
sguaiati di un nostro competitor, che ci occupiamo
dei danni di immagine e non solo, causati da chi scambia
le strade e le piazze della nostra città per il proprio
parcheggio personale, compresi ovviamente gli spazi
riservati alle auto che recano sul parabrezza il contras-
segno “Disabili” Ma sappiamo anche che questi spazi
vengono occupati da chi il contrassegno lo ha ma del
disabile a bordo neppure l’ombra. Il tutto ovviamente nel
disinteresse generale, compresi coloro che dovrebbero
intervenire ma se li chiami sono sempre altrove. Scarsità
di personale?
I maleducati pensano tra l’altro che sia sufficiente lascia-
re accese le quattro frecce per godere di ogni immunità.
Dappertutto ci sono auto parcheggiate “alla carlona”
ma oggetto della sosta selvaggia e del transito è anche
Piazza Martiri della Libertà nella quale sembrerebbe che,
proprio in virtù di tale suo nome, ognuno possa goderne
in quantità illimitata per fare i propri comodi. Da troppo
tempo sentiamo dire, da coloro che hanno l’autorità per
far cessare questo scempio, che siamo giunti alla “tolle-
ranza zero” ma da troppo tempo nelle nostre orecchie
risuona il detto che “se si continua a scavare, al fondo
non c’è mai fine”.
S
4 Sanità
Quando viene violata la dignità umana
n.102
di
www.mauriziodibiagio.blogspot.comMaurizioDi Biagio
La privacyai tempidella sanità
teggeva esclusivamente il diritto di proprietà e tutelava le persone rispetto
alle invasioni fisiche della loro abitazione. In un certo senso la privacy è lo
strumento attraverso il quale ognuno di noi può disegnare un confine tra
se stesso e gli altri. Vige il diritto di “poter essere lasciati in pace”. Nel 2008
l’autorità del garante per la protezione dei dati personali aveva compilato
una sorta di classifica, stilata sulla base dei reclami pervenuti, delle viola-
zioni lamentate dai pazienti nell’uso del sistema sanitario. Al primo posto
c’era appunto l’abitudine di essere chiamati ad alta voce per nome nelle
sale d’aspetto, soprattutto nelle visite ambulatoriali. La seconda violazione
più gettonata riguardava la scarsa insonorizzazione dei luoghi di visita, che
spesso permette di seguire in diretta anamnesi e indagini varie, trasfor-
mando gli ambulatori in una specie di Grande Fratello. La terza lamentava
le modalità di consegna dei risultati degli esami medici eseguite in modo
tutt’altro che privato. E così via. Si segnalavano anche casi eclatanti
extraospedalieri, come la consegna alle Poste di assegni con in evidenza la
scritta “liquidazione per malati di mente” e il recapito a domicilio di pacchi
con la stampigliatura “prodotti per l’incontinenza”. In farmacia, poi, specie
in quelle piccole ed anguste, l’acquisto dei prodotti farmaceutici diventa
spesso imbarazzante: le spiegazioni di patologie a volte molto sensibili
diventano una sorta di calvario, soprattutto se nei pressi capita una per-
sona conosciuta, e si sa nelle città di provincia è molto facile che accada.
“Recentemente - scrive Giancarlo Dal Sasso - mi è capitato di accedere
a un ospedale cittadino per una radiografia e ho constatato che sotto le
mie generalità erano indicati visite ed esami da me fatti in precedenza,
con una precisione anche cronologica superiore ai miei stessi ricordi. Tale
constatazione mi ha dato la sensazione che la nostra privacy o privatezza
con i sistemi e i programmi informatici odierni è ormai diventata una cosa
di dominio pubblico e quindi la tutela dei dati personali, anche quelli sani-
tari, nonostante la normativa vigente, diventa ogni giorno più problematica,
con la messa in pericolo di ogni residua privatezza”. La Costituzione della
Repubblica Italiana tutela espressamente la riservatezza come diritto
fondamentale dell’uomo (indipendentemente, quindi, dalla cittadinanza
italiana), vietando ogni
forma di ispezione o
perquisizione personale
(articolo 13), procla-
mando l’inviolabilità
del domicilio (articolo
14) e garantendo “la
libertà e la segretezza
della corrispondenza
e di ogni altra forma
di comunicazione”
(articolo15). Questo
tipo di riservatezza può
essere riconosciuto anche dallo Stato, ma fondamentalmente deriva dalla
deontologia professionale che potrebbe essere definita “la moralità delle
professioni”. Chi oggi si rivolge a un medico o a una struttura sanitaria
gode quindi di una doppia protezione: come persona ha diritto alla riserva-
tezza e alla “proprietà” dei propri dati personali e come paziente ha diritto
al rispetto del segreto professionale. A Treviglio è stato segnalato il caso di
una talpa che, secondo la Procura, ha fatto uscire dall’ospedale dati sensi-
bili di 19 pazienti era un infermiere: “Non ci siamo mai accorti di nulla – ha
dichiarato il direttore generale di Treviglio, Cesare Ercole -, non avevamo
mai avuto né segnalazioni né lamentele dai pazienti”.
è privacy e privacy. C’è quella che si viola coscientemente ad
esempio scrivendo o filmando, come nel caso di un’infermiera
brasiliana di Sao Carlos di Fortaleza che, girando un video che
ha avuto per interprete principale nientepopodimeno che Ney-
mar, l’asso verdeoro, ha dovuto subire un licenziamento in tronco, ma c’è
anche quella che degrada l’essere umano. Gianpaolo, nome di fantasia, è
un teramano doc. Diverso tempo fa dovette subire un intervento chirurgico
e all’uscita della sala operatoria fu parcheggiato in una corsia sopra una
lettiga con i tubi ancora che si districavano nel suo volto. Soltanto che lui
in quel frangente non era solo: in quello spazio chiaramente non tutelato
il viavai di gente era continuo ed assillante ed erano in molti a conoscerlo,
del resto è una persona nota in città. Ci furono i primi tentativi di celare la
faccia sotto il lenzuolo ma gli sguardi insistenti e di fatto curiosi continua-
vano a tormentarlo. Ma Giampaolo non è l’unico a uscire da una sala ope-
ratoria e la sua condizione di disagio ostentata davanti al pubblico: è uno
dei tanti. Pensiamo
al pronto soccorso,
luogo in cui i pazienti
sono parcheggiati per
lungo tempo dove
meglio capita. Possi-
bile che la Asl ancora
non escogiti una
soluzione per evitare
curiosità morbose
dinanzi a esseri pe-
raltro indifesi e privati dignità? Un esempio potrebbe arrivare dalla Formula
uno che in caso di incidente stende teli davanti al pilota per proteggerlo
da occhi e telecamere indiscreti. Certo, un’opera molto riuscita da parte
della nostra Asl è quella della disumanizzazione del paziente. Ricordiamo
che la privacy è un diritto fondamentale oggi riconosciuto dall’ordinamento
giuridico di tutti i paesi europei e delle principali nazioni del mondo. La
sua affermazione come posizione giuridica tutelata ha richiesto un lento
processo di riconoscimento in quanto fino alla fine del 1800 la legge pro-
C’
l’ernia crea l’effettiva compressione della radice del nervo fino a comportare
complicazioni neurologiche.
I meccanismi che stanno alla base di un episodio di lombalgia possono
essere facilmente comprensibili se analizzati in chiave biomeccanica. Ogni
qualvolta arriva un episodio doloroso, è improprio pensare alla sfortuna o
ad una “infiammazione fulminante” come nei processi flogistici dell’artrite. Vi
sono sempre motivazioni molto recenti all’insorgenza del dolore, riconducibili
talvolta a sforzi ma molto più spesso a posizioni tenute, sia per lavoro che per
relax; può apparire strano ma coloro che sentono più dolore nei week-end o
comunque stando maggiormente a riposo (seduti, a letto) possono facilmen-
te comprendere quanto appena segnalato.
Una parte fondamentale del trattamento è indubbiamente didattica, finalizza-
ta ad apprendere alcuni esercizi mirati alla propria ri-equilibrazione. L’attività
ginnica può favorire il mantenimento del benessere ma, per ridurre lo sche-
ma meccanico-disfunzionale insito nella lombalgia comune, è fondamentale
considerare ed agire su alcune asimmetrie: in questo caso l’indicazione
giusta è possibile solo dopo un’accurata valutazione clinica e posturale.
Lombalgia… al femminileQuando il dolore lombare si presenta nella donna in età fertile e con cicli-
che recidive, può essere che vi sia un legame con la fase mestruale e/o
ovulatoria: in questo caso potrebbe trattarsi di una
lombalgia catameniale, non di rado associata ad altri
sintomi della dismenorrea primaria (cefalea, dolori
al ventre). Sovente è il “terreno circolatorio” che
favorisce l’insorgenza della lombalgia catameniale,
caratterizzato da estremità del corpo fredde (piedi
e mani, senza che vi siano patologie vascolari),
nonché l’eventuale presenza di altri piccolo disturbi
come colite, stitichezza, cistalgie. Il problema delle
sofferenze viscerali, quando non ha nessuna origine
organica, sembrerebbe quello di una sofferenza tissutale circolatoria, lega-
to principalmente alla perdita di mobilità lombare. Un modello terapeutico
privo di farmaci, basato su normalizzazioni articolari e normalizzazioni visce-
rali appropriate (massaggio a livello degli intestini), ha un effetto benefico su
questo tipo di lombalgia tutta al femminile.
tilizzando i termini “mal di schiena” e “sciatica”, ci addentriamo
con termini di comune utilizzo in uno degli argomenti principali
nel campo dei disturbi muscolo-scheletrici, ovvero quel “mal
di schiena” che accomuna, nelle sue varie manifestazioni, numerosi individui
di differenti età..
Un fenomeno doloroso lombare deve essere preventivamente inquadrato
con una diagnosi medica, atta ad escludere che si
tratti unicamente di un sintomo proveniente da altre
patologie poi, quando è appurato che il quadro clinico
è sinonimo di lombalgia comune siamo nella condi-
zione per rivolgerci all’osteopata.
Sintetizzando le esigenze del paziente lombalgico,
nella sua richiesta terapeutica è facile individuare le
priorità:
1. poter ritornare come prima...
2. comprendere meglio l’accaduto per
eliminare/ridurre le recidive;
3. acquisire le principali informazioni per non essere dipendenti dalla tera-
pia, dedicando del tempo ad esercizi semplici proposti durante le sedute.
Per lombalgia comune si intende il dolore del tratto lombo-sacrale della
colonna vertebrale che compare nell’individuo giovane o meno giovane,
ma comunque dove la struttura osteo-articolare non presenta marcate
alterazioni.
Una possibile complicazione della lombalgia è l’evoluzione verso la
lombosciatalgia, con dolore irradiato lungo l’arto inferiore. In questo caso
è frequente associare il fenomeno alle ernie discali, aspetto che tuttavia
andrà valutato attentamente anche per stabilire il reale peso di queste nella
situazione algica.
Ciò che è importante, con o senza ernia del disco, è evitare alcune consuetu-
dini che possono favorire o peggiorare la patologia discale ed i dolori lombari.
Ritorniamo ora alle tre priorità del paziente lombalgico: quello citato sopra
potrebbe sembrare un programma eccessivamente ambizioso e prolungato
ma la realtà, nella maggior parte dei casi, è ben diversa. Vediamo perché.
“Ritornare come prima” è generalmente fattibile per tutte quelle situazioni
dove l’individuo lamenta il dolore da qualche giorno o da qualche mese
senza che nessuna lesione traumatica reale abbia modificato l’integrità delle
strutture. Anche la/le eventuali ernie diagnosticate, non sono necessaria-
mente un ostacolo al recupero in quanto spesso già presenti anche nel pe-
riodo precedente il dolore acuto. Molto diverse invece quelle situazioni dove
Dott. Domenico Teseo • fisioterapistaSpecialista in: Osteopatia Metodo Solére®
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U
Lombalgia elombosciatalgia
Redazionale
Occorre sapere che...
6 Teramo Culturale
e lo spettro del romanticismo italiano
n.102
di
[email protected] Merlo
GinaMartegiani
Intanto perché essa intende contrastare una delle più diffuse attitudini
del popolo italiano, l’individualismo appunto, e in secondo luogo perché
da essa discende il motivo per cui l’Italia sarebbe la patria della forma
contro la barbarie delle popolazioni nordiche, culla del classicismo e
naturale nemica del suo opposto. Tesi affascinante, a patto che si scelga
la via di un’interpretazione riduzionista e millenaristica della storia.
Che difatti il meglio della cultura italiana sia quello che ha culmine col
Rinascimento e il primo classicismo è una valutazione non priva di
ragioni, ma solo qualora se ne ammettano gli aspetti controversi. Un
culmine infatti che ha demarcato l’inizio di un’involuzione decadente e
antimodernista simile a quella dell’intero mondo civilizzato.
Messe da parte sottigliezze sofistiche alla Isaiah Berlin, per cui il ro-
manticismo nascerebbe per metà dal pietismo tedesco e per il resto da
elementi comuni all’illuminismo stesso, soffermiamoci su qualche pas-
saggio: la Martegiani sostiene che fulcro dell’Ottocento italiano sia stato
il Risorgimento. E fin qui, pace. Ma dalle lotte intestine, di frequente a un
passo dalla guerra civile, che hanno segnato il contorto passaggio allo
stato unitario dagli stati e staterelli sottomessi alle monarchie straniere,
giungere a sostenere che vi sia qualcosa di totalmente estraneo allo
spirito del romanticismo significa equivocare sul senso profondo, sulla
radice comune che nel romanticismo lega insieme quanto la Martegiani
ritiene sia invece da dividere: individualismo e collettivismo patriottico.
D’accordo, insomma: l’Italia è nata sospinta da moti libertari e unitaristi
che hanno messo il Regno prima dell’individuo, il tutto prima della parte,
ma cosa vi sarebbe in questo di antiromantico?
L’unitarismo patriottico, esaltato da noi per la
buona ragione che di vera unità non si è più
granché stati esempio fin dalla caduta dell’impero
romano d’occidente, non poteva che distinguerci in
quello scorcio di secolo da chi una nazione unita la
possedeva già, come la Germania o la Francia. Ma
dunque Mazzini e Gioberti sarebbero illuministi? E
la linea Mazzini-D’Annunzio-Corradini? E lo «Stato
etico» di Gentile? Saremmo al cospetto di pallidi
imitatori senza convinzione, romantici mancati?
E anche ad ammetterlo, cosa può esservi di più
romantico di un romantico sconfitto, di un sogno
che ha cercato se stesso sperando in se stesso?
Se quanto la Martegiani afferma fosse vero anche
solo a metà, la vicenda del nostro paese andrebbe
interamente riletta e riscritta, storicamente quanto
culturalmente. Tutto cambierebbe di senso, e nulla
sarebbe più ciò che è. In realtà, quello che alla
giovane saggista appare come lo spirito di classi-
cismo e razionalismo è pessimismo e nichilismo
da un lato (il naturalismo apocalittico leopardiano,
il contemptus mundi del Petrarca e via enumeran-
do), ottimismo metafisico dall’altro (la tradizione
patristica e neoscolastica). Entrambe risultato della cultura cristiana,
non certo di quella illuminista. Che al contrario è cultura basata sul
pensiero critico, sulla ragione del buon senso, sul possibilismo, sul plura-
lismo antidogmatico e antifideistico, sul pragmatismo. Propria insomma
di un popolo che non ha bisogno di padri padroni, né di autorità, né di
cesaropapismi. Di un popolo capace di guidarsi da sé. Un popolo del
quale l’italiano medio non ha mai fatto parte.
a montoriese Gina Martegiani, figura nota quasi unicamente per
l’attenzione concessale da don Benedetto Croce (nume tutelare,
a quanto sembra, di tutto quanto vada santificato della cultura
italiana), merita un posto a parte in questa rassegna chiaroscura-
le della culturalità teramana. L’acceso, quasi anatemico antiromantici-
smo esposto nel più fortunato dei suoi lavori saggistici, Il romanticismo
italiano non esiste, dato alle stampe a Firenze nel 1908 e ancora fermo
su posizioni antiprussiane e irredentiste, è l’emblema di come un certo
tipo d’intellettualismo letterario abbia nascosto allora gli stessi fantasmi
che avrebbe dovuto scacciare. E non a caso.
L’intero ragionamento della Martegiani poggia sul
seguente apodittico assunto: «Il Romanticismo è,
innanzi tutto, Individualismo» (p. VIII). Ma poiché il
«culto dell’Io» comporta il desiderio di annientare
qualsiasi cosa possa ostacolarlo, dire individua-
lismo significa dire «desiderio di liberazione» in
quanto «lotta contro le tradizioni, le abitudini, le
meschinità della vita […]». Ebbene, vi si aggiunge,
nel nostro paese «il nazionalismo, il patriottismo
formano il carattere di quell’epoca che volle dirsi
romantica e non hanno nulla a che fare con l’Indi-
vidualismo». Ergo: in Italia non è esistito romanti-
cismo poiché esso nasce dal singolo e non dalla
nazione. E invece, con buona pace della Martegiani,
l’individualismo non è che una delle tante facce
del romanticismo, così come il romanticismo può
nascondersi dietro alle idee più diverse e persino
opposte. Sottraendosi alla complessità, e sceglien-
do una delle parti per il tutto, la Martegiani cade
nello stesso errore di chi dinanzi a un poliedro
dai diversi colori crede di vedere questa o quella
cosa distinta a seconda del luogo dal quale sceglie
di osservarla. E il luogo che la Martegiani sceglie è quantomai chiaro:
il nazional-populismo colonialista, una delle più granitiche forme di
conservatorismo che si possano dare. Posizione ciecamente idealistica,
insomma. E l’idealismo, benché nato con Platone e il platonismo, giunge
alla sua apoteosi proprio nel XIX secolo.
Vediamo tuttavia meglio perché una simile tesi, in apparenza ostile
al romanticismo, sia tanto piaciuta a un neohegeliano come Croce.
L
di
e la scansione del tempo
Il gattocon gli stipati
S
7n.102
riparo. La narrazione di un fatto può combinare, produrre alchimie importanti.
Una parola può suggerire un significato, chissà se addirittura consolare. Archi-
tettare il gusto. E chi è in possesso del senso estetico non si lascerà ingannare
facilmente dalla propaganda dei notabili e degli imbonitori.
Della “Fattoria degli animali”, l’apologo di Orwell, si è detto di satira finalizzata
agli attacchi inutili alla destra per il beneficio di un pubblico di sinistra. Predicare
al coro come duckspeak in “1984”. Ideologi senza cervello.
Sono le otto della sera.
In queste ore serali non più propizie alle inezie, passerò a trattare di cose da
nulla. Del gatto con gli stipati. Un abile e consumato politico che si è imbucato
di soppiatto nella comune animalesca antropomorfa a pontificare su strategie e
linee politiche, di liste partitiche costituite appena da due individui e comun-
que divisi e in disaccordo. Sull’incapacità di risolvere problematiche legate a
indicazioni unitarie, veti incrociati, impossibilità di sintesi, ipotesi di assessorati
mancati a causa di
strumentalizzazioni,
di spaccature intesti-
ne. E si sbraccia pure,
il gatto con gli stipati,
già consigliere mino-
rato in altri lidi, a me-
nar per l’aia il dodo.
L’uccellaccio degli
uccellini al volo inetto,
che di fatto dovrebbe
essere pure estinto,
dell’ingordigia degli uomini trasmigrata negli animali si è bardato il piumaggio e,
imperterrito, rivendica anch’esso la poltrona, uno scranno e retribuzione.
Sono le otto e 1/2 della sera.
In queste ore serali non più propizie, mentre la cicala continua nei suoi inutili af-
fanni, dal mondo degli umani giunge severa, intransigente, autorevole, la popola-
re dichiarazione sull’attività politica postulata dal Formica, uomo di riferimento
nell’organizzazione dei quadri del Partito Socialista Italiano...
“La politica è sangue e merda”.
ono le sei della sera.
In queste ore serali propizie alle inezie, così come fanno i pipistrelli
dalle tegole dei tetti, si liberano le paure nella mente che finanche la
psicologia moderna si studia di definire e senza successo di spiegare.
Se è per davvero come si dice che la coscienza crea l’universo materiale in cui
viviamo e non il contrario, le persone che si identificano con il proprio corpo
nella certezza che la consapevolezza di esistere scomparirà dopo la morte
fisica non credo abbiano tutti i torti se poi, quando arriva puntuale la vecchiaia,
se arriva, comincino a squassarsene le palle del politichese civico ecumenico
sociale. Tanto, se l’energia dello spirito non sussiste al di fuori del corpo fisico, in
un’altra realtà, o fosse anche in un altro universo, verosimilmente... nessuno si
presenterà dinanzi a nessuno, in nessun luogo celeste, a esigere conti piuttosto
che a battere cassa sui comportamenti terreni e plot point imposti da una sce-
neggiatura scritta in vita, fra incertezze umane ed esistenziali. Lo stato d’animo
altrui, sia che si tratti di gioia, che di dolore, istruisce e prepara a un viaggio nelle
storie degli altri; nel mondo del possibile, nella confusione delle passioni.
Sono le sette della sera.
In queste ore serali ancora propizie alle inezie, affido alla pagina un racconto
senza alcuna speranza di essere creduto; forse, per indicare una possibilità di
8 Personaggi
...nel segno di Ivan Graziani
n.102
di
www.mauriziodibiagio.blogspot.comMaurizioDi Biagio
ItaloFerrante
sene, che suonava negli androni delle parrocchie in quegli anni: ottime
location per chi volesse iniziare a fare musica. Poi la noia delle lezioni di
solfeggio e il primo brano tutto suo che riecheggiava versi della Divina
Commedia. L’incontro con Ivan Graziani fu quando Italo Ferrante parte-
cipò al suo corso della scuola cantautori. Fece il suo debutto assieme
a Ivan il giorno inaugurale della Coppa Interamnia in una Piazza Martiri
piena come un uovo: l’emozione gli fece scordare le parole. Seguì Quasi
quasi un festival a Novafeltria: presentava il figlio di Jonny Dorelli: Italo
eseguì il suo brano “Incontro”. Salì sul palco anche in occasione del con-
certo zero del chitarrista teramano a San Leo. Quando suonò “Osvaldo”
fu un successo. Diventò ben presto il pupillo di Ivan Graziani: scriveva
i brani con molta ironia e il suo falsetto si avvicina molto al suo, tanto
che chiudendo gli occhi, qualcuno ha sognato il cantautore scomparso.
Dopo la metà degli anni ’90 registrò il suo primo cd: “Il chiodo fisso”. Il
primo gennaio del 1997 moriva Ivan e l’operazione musicale sfuma. Ma
Italo non si dà per
vinto e riparte con
l’idea di una cover
band che esegue i
suoi brani: “Prima
si suonava nelle
piazze – racconta
Italo – ora nelle
location ade-
guate. Abbiamo
avuto successo
soprattutto nelle
Marche e anche in
Romagna e nella nostra regione”. Italo Ferrante non solo presta la sua
opera presso l’azienda di famiglia (Dmp Electronics) che esporta in tutto
il mondo ma ha voluto recentemente impegnarsi nella politica cittadina,
presentandosi nelle liste di Forza Italia e risultando eletto consigliere
comunale alle scorse elezioni. La sua prima uscita ha riguardato la
trasferta in terra germanica (Memmingen) città gemellata con Teramo.
a prima chitarra fu quella esposta nel bar New York di suo zio.
Non si sa come ma gli capitò tra le mani e da lì Italo Ferrante
inizio a strimpellare le prime note che lo portarono addirittura tra
i pre-finalisti di un importante festival canoro nazionale: per anda-
re in finale avrebbe dovuto sborsare, agli inizi degli anni ’90, 50 milioni di
lire e per vincere 150, roba da superattico davanti al Colosseo per quei
giorni. Avrebbe ricevuto l’ok anche per la partecipazione ad un altro
noto festival della canzone italiana.
Ivan Graziani lo guardò in faccia:
“Ma questi sono matti” gli disse e
se ne andarono entrambi indignati
e felici. Ma facciamo un salto indie-
tro. Italo è nato nel 1960 e dunque
si ritrova con i mostri sacri degli
anni ’70, con i cantautori del tempo,
Dalla, De Gregori, Guccini e appunto
Ivan Graziani. Italo ascoltò “Ballata
per quattro stagioni”, innamorando-
L
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10 Carico e Scarico Merci
Sosta selvaggia e carico-scarico merci, mali difficili da sradicare in città
n.102
di
www.mauriziodibiagio.blogspot.comMaurizioDi Biagio
L’umiliazionespagnola, francese,tedesca...
criterio razionale e le lamiere coprono in prospettiva il vecchio duomo
e la piazza. È un’invasione di ultracorpi che inglobano qualsiasi spazio
libero tra i due fiumi. I furgoni commerciali entrano ed escono dai cor-
si cittadini come nell’ora di ricreazione senza chiaramente rispettare
gli orari di carico e scarico merci. L’umiliazione viene dalla Spagna ma
anche dalla Germania, dalla Svizzera o dalla vicina Ascoli. A Malaga
ad esempio, ma è il caso di tante città, c’è uno snodo posizionato al
di fuori del centro urbano dove i tir e i furgoni possono trasferire la
merce che verrà poi consegnata alle attività commerciali con l’aiuto
di piccoli e pratici mezzi elettrici che abbattono ogni tipo di inquina-
mento. In altri casi i furgoni si fermano religiosamente prima del cen-
tro, in spazi appositi, facendo sciamare dai suoi ventri dei carrelli su
cui si accatasta la merce. E tutto funziona alla meraviglia. Il turista ne
gode, il cittadino ringrazia. Da noi invece la volgare sciatteria impone
che fumi di gasolio e auto dei commercianti invadano a qualsiasi ora il
salotto buono della città: Bmw, Mercedes, tutte in fila nel marciapiede
come se fossimo ancora negli anni ’70, quando alle due del pomerig-
gio il buon teramano di allora bloccava la sua auto davanti al Bar New
York per gustarsi il caffè, fors’anche parlando del gol di Pulitelli o del
rapimento Moro. E tornando all’idea spagnola, tedesca, svizzera, di
un hub ed uno spoke del commercio, cioè dei centri di trasferenza (o
di raccolta) per la merce da consegnare ai negozianti del centro città,
potrebbero entrare in gioco anche i ragazzi di una cooperativa, forse
il caso della Tercoop, che si assumono la responsabilità dell’effettuare
il tragitto della mercanzia sollevando così l’onere ai camionisti che ne
sarebbero davvero felici. E noi l’avevamo detto e scritto in tempi non
sospetti, suggerendo sommessamente la soluzione alle Alte Sfere. In
questo modo non vedremo
più ancora il tir dell’Eurospin
volteggiare pericolosamente
attorno ai leoni della scalina-
ta del duomo, come capita
ancora malgrado l’ira di qual-
che nostro amministratore
chiaramente sbollita in pochi
minuti. Altra sciatteria tutta
teramana, statene certi. Una
zona che in città presenta
diverse problematicità è
quella del Tribunale: a poca
distanza dall’istituto scolasti-
co Noè Lucidi il parcheggio
cosiddetto Vip crea non
pochi problemi alla viabilità.
Con il trillare della prima e
dell’ultima campanella gli
ingorghi sono di pramma-
tica mentre i genitori, alla
stessa stregua dei furgoni in centro, sono lì proprio sul marciapiede a
facilitare il compito di deambulazione ai propri figli. Altro punto caldo
a Teramo è quello di Via De Albentiis dove un supermercato e diverse
altre attività rallentano il normale deflusso dei veicoli. Neppure le
paline e gli arredi urbani riescono a disincentivare il malvezzo della
sosta selvaggia: del resto nemmeno gli stalli dei parcheggi in talune
ore riescono a soddisfare la richiesta dei Teramani.
untualmente, come ormai capita da anni, al ritorno delle ferie
estive Teramo torna ad assumere il suo volto usuale e sciatto,
specchio di una civitas in degrado antropologico e di una po-
litica che non sa guardare oltre il suo naso. Del resto una sua
stretta tipicità è quella senza dubbio della sosta selvaggia, e non del
caos dentro di sé che fa partorire una stella che danza, tanto per dirla
alla Nietzsche, ma solamente di un ammasso incongruo di lamiere
spalmate un po’ ovunque
per la città. È divenuta quasi
una prassi vedere auto e ca-
mion parcheggiati attorno al
duomo a tutte l’ore e le auto,
assieme ai bus, invadere e
solcare pericolosamente la
stessa Piazza Martiri della
Libertà con molta nonchalan-
ce tra bambini che giocano
a palla e tra mamme che
spingono le carrozzine. Trova
l’intruso! Ma il fenomeno
purtroppo è diffuso in tutta
la città: così è facile scorgere
il furgone di Poste Italiane
che parcheggi sul marciapie-
de della sede centrale di Via
Paladini o un’auto che s’infila
direttamente tra la ghiaia del
parco Ivan Graziani dinanzi al
Convento di Madonna delle Grazie ignara della sacralità verde del po-
sto. Ma quando sono le stesse istituzioni a tradire il codice etico della
strada, ecco allora lo scoramento è doppio. Si parcheggia dove si può
contando anche sul record nazionale dei nostri vigili urbani che risul-
tano essere tra i meno severi in quanto a multe, facendo segnare un
chiaro dimezzamento del suo numero, anche perché il sott’organico
si fa sentire in questi casi. A Largo Sant’Anna ormai non esiste più un
P
11n.102
alto gradino che la politica avrebbe potuto mai offrirgli. Il mondo secondo il
regista canadese di origini armene, Atom Egoyan, è dominato dalla menzogna
e dall’ipocrisia e chi non si uniforma è destinato alla sofferenza e al dolore
della memoria e della perdita. La visione del suo recente film “Devil’s Knot -
Fino a prova contraria” potrebbe addomesticare una mente abituata a cernite
superficiali del pensiero. Le frecce di posizione potrebbero risolvere molti
problemi. Una volta girata la chiave sul cruscotto, non importa se sei leone o
gazzella: è meglio che cominci a correre. Una pedata sull’acceleratore e via,
andare. Ci metti un minuto, tanto lasci le frecce accese. Mica ci vuole tanto
per un caffè al bar! Aspetta in macchina ché c’ho le quattro frecce che poi
sono sei. E in seconda fila non ci parcheggio mai, piuttosto la lascio in mezzo
alla strada ché tanto a quest’ora chi vuoi che passi. Queste riflessioni da bar
apparvero sotto forma di inchiostro fra le righe di un articolo pubblicato da
Teramani, nel dicembre del
2009. Sono trascorsi inutil-
mente quasi cinque anni e il
traffico e la maleducazione,
l’inciviltà degli automobilisti
sono episodi ripetuti che
continuano a legittimarsi
quotidianamente sotto gli
occhi della cittadinanza. Le
amministrazioni che si sono
succedute nel tempo hanno
solo migliorato la qualità
delle trappole: dai varchi
elettronici alle telecamere remotate, che presto entreranno in funzione per
scattare a ripetizione tante foto ricordo a tutti i trasgressori.
“Io sono attaccato con le mie idee alla realtà e quanto più giro il mondo tanto
meno nutro speranza che l’umanità possa mai diventare tutta intelligente,
saggia e felice. Forse, fra tanti milioni di mondi, ve ne sarà uno che possa van-
tare tanto, ma dato il modo com’è costituito, per il nostro c’è poco da sperare”
(Goethe, Viaggio in Italia).
el caos autunnale di una provincia addormentata, tra presidi incapaci
di svolgere al meglio le proprie funzioni e che meschini spargono voci
incontrollate su imminenti pensionamenti nel tentativo di risollevare
le percentuali delle iscrizioni in caduta libera nella propria scuola,
tra professori costretti a cambiare aria appresso alle minacce ricevute e alla
macchina strisciate da un chiodo, ci si rende conto che purtroppo questo è il
tempo, questa è la storia.
L’intervento di Schettino nel corso di un seminario organizzato da un docente
dell’Università La Sapienza di Roma solleva un polverone che ricade giù dal
cielo come le manine nell’Amarcord di Fellini. Un pregiudicato costituente, che
è giusto consultarsi con lui e che soprattutto lo si faccia in fretta, anche con
un gelato che si squaglia in mano, perché la ripresina ha mille giorni contati.
E siccome non c’è più tempo da perdere, la si passi pure a quel parlamentare
europeo proveniente da Roma e sceso a Bruxelles dal volo Low Cost TV 703
della Virgin Express che, all’epoca, nel 2004, ricevette lo stesso il rimborso di
circa 800 euro a fronte di una spesa pari a meno di 90 euro. Ironia della sorte,
dieci anni dopo, gli è toccato - al parsimonioso uomo politico - di promuovere
la Spending Review, imponendo l’indice ammonitore sul suo popolo dal più
di
Passaporto per i... fatti nostri
Le quattro freccedi Stupìdo
N
12 L’Oggetto del Desiderio
“Il senso eroico dell’onore”
n.102
di
Lucreziama scatenante della concupiscenza di Sesto.
Nelle numerose rappresentazioni pittoriche
di questo soggetto è frequente la presenza di
gioielli che, pur non strettamente necessari alla
storia dell’eroina romana, risultano funzionali
a sottolinearne la fascinosa bellezza e l’origine
aristocratica. I gioielli come indice di alto rango
sociale segnalano anche la possibile destina-
zione di molte delle raffigurazioni di questo
soggetto a una clientela gentilizia particolar-
mente sensibile al messaggio d’onorata nobiltà
racchiuso nella storia.
atrizia romana, Lucrezia è spesso
rappresentata ornata di gioielli che ne
indicano l’origine, ne sottolineano la
seduttività e rimandano alla sua virtù
attraverso il simbolismo dei preziosi.
Soggetto amatissimo del Rinascimento italiano
è la tragica vicenda della patrizia romana
Lucrezia, morta suicida per il disonore di aver
subito uno stupro. La storia narra, in toni dram-
matici, l’evento legato alla prepotenza di Sesto,
fu infatti il figlio di Tarquinio il Superbo, re di
Roma a violentare la virtuosa patrizia romana.
Mentre la donna era in casa sola, Sesto si
introdusse nella sua camera da letto obbligan-
dola a cedergli sotto la minaccia materiale e
morale di ucciderla per averla colta in flagrante
adulterio con uno schiavo. Lucrezia dovette
arrendersi ma in seguito, dopo aver informato
per lettera il marito e il padre, l’impossibilità di
lavare la macchia del disonore la spinse al ge-
sto estremo del suicidio.
Articolata sui temi della
sensualità violenta, del
senso eroico dell’onore,
la storia di Lucrezia si
prestava a celebrare
l’ideale di castità con
tinte forti e seducenti,
permettendo ai pittori di
ricamare a piacimento
sull’avvenenza della pro-
tagonista, causa implicita
P
Coldiretti informa
Estate finitama i problemi restano
Cinghialisottolinea la presidente – E se ai danni da fauna
selvatica aggiungiamo le pesanti conseguenze di
un’estate climaticamente anomala, è evidente il
grandissimo scotto che stanno pagando l’agricol-
tura e gli imprenditori agricoli non solo teramani
ma abruzzesi. È necessario oggi più che mai che
le istituzioni facciano la loro parte”. Fa eco al
presidente, il direttore Massimiliano Volpone, che
ribadisce il grande impegno di Coldiretti Teramo
in collaborazione con gli Atc teramani che hanno
finora condiviso la preoccupazione e l’esigenza
di mettere in campo azioni risolutive per la
soluzione concreta del problema. “È sempre più
necessario – sottolinea Volpone - ricreare il ne-
cessario equilibrio tra fauna e flora selvatica per
contenere i danni alle produzioni e agli animali
attraverso l’abbattimento delle specie dannose e
pericolose anche per l’incolumità pubblica”.
a situazione è diventata insostenibile. As-
sistiamo ad un rimpallo di responsabilità
che si concretizza in una pericolosissima
inerzia istituzionale. Fronte di guerra per
Coldiretti Teramo che scende nuovamente in
campo per riportare l’attenzione sul problema
dei cinghiali, al termine di un’estate particolar-
mente difficoltosa da un punto di vista climatico.
Un problema antico, fin troppo discusso, che
sta dando il colpo di grazia ad una agricoltura
fortemente provata. “È evidente che non sono
bastate le nostre continue prese di posizione
e la costante richiesta di collaborazione alle
istituzioni preposte a risolvere il problema” dice
Silvana Verdecchia, presidente Coldiretti Teramo
“le istituzioni devono agire, e devono farlo in
tempi certi senza farsi incastrare da una assurda
burocrazia. Siamo di fronte ad una situazione fin
troppo pasticciata, su cui è necessario fare chia-
rezza una volta per tutte”. A livello regionale, Col-
diretti sta continuando a monitorare la situazione
territoriale delle quattro province per stilare le
conseguenze e l’entità dell’azione dei cinghiali
e della fauna selvatica sulle colture agricole. I
problemi non riguardano infatti solo i cinghiali.
“Ci sono anche altre specie che provocano
danni enormi all’agricoltura e agli allevamenti –
L
di Massimiliano Volpone
14 La Mostra
Alla scoperta di Fortunato Duranti(1787-1863) Un vero e proprio “caso” nella storia dell’arte in mostra a Fermo fino al 9 novembre
n.102
di
[email protected] MariaPomante
La mente mias’invola
di un connoisseur curioso: le tavole di Perugino
e Lorenzo di Credi, le tele di Giaquinto e Conca,
le nature morte di Spadino e Munari, le opere
di Luti, Untepergher e Camuccini danno infatti
vita ad una collezione inaspettata nel bel borgo
affacciato sui Sibillini.
Circa 50 fogli dell’artista marchigiano scelti fra i
più rappresentativi del suo articolato percorso
grafico e alcune delle sue rare tele sono messi
a confronto con i dipinti degli artisti antichi e
moderni ai quali Duranti si è ispirato: le opere di
Giani, Camuccini, Minardi e Canova evidenziano
il rapporto con i maggiori artisti del suo tempo,
mentre le tele di Giulio Romano, Luca Cambiaso
e degli artisti marchigiani del XVI secolo possono
ben rappresentare i suoi interessi per l’arte del
Rinascimento che si inquadrano anche nella at-
tività antiquaria che garantì al maestro di vivere
con una certa agiatezza.
I prestiti concessi dalla Galleria degli Uffizi di
Firenze, dal Museo Nazionale Palazzo Mansi di
Lucca, dal Museo Nazionale di Palazzo Reale di
Pisa, dalla Accademia Carrara di Bergamo, dalla
Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno, dalla Fonda-
zione Cassa di Risparmio di Fermo e dalla Fonda-
zione Cavallini Sgarbi di Ro Ferrarese consentono
di effettuare un inedito percorso attraverso l’arte
italiana dalla fine della stagione tardo barocca
all’affermarsi dei primi fermenti romantici.
Questi confronti con le opere dei maggiori artisti
contemporanei e del passato che Duranti ha
tenuto presenti nell’elaborare la sua complessa
trama di relazioni figurative che emergono dalla
vastissima produzione grafica del pittore di Mon-
tefortino, fanno di questa mostra un evento che
riesce a coniugare la valorizzazione del territorio
e delle sue personalità di maggior spicco con il
contesto nazionale ed internazionale, allargando
la notorietà dei beni culturali conservati nelle
Marche ad una platea di vasto respiro.
Il percorso espositivo dunque, senza rinunciare
all’efficacia scientifica e divulgativa di una inizia-
tiva che si prefigge di portare all’attenzione del
grande pubblico la singolare figura di Fortunato
Duranti, consente al visitatore di inquadrare il
contesto storico-culturale nel quale l’artista si è
formato ed ha operato, il suo percorso biografico,
la sua vasta e articolata produzione grafica,
nonché la sua attività di mercante e collezionista
di opere d’arte.
Per informazioni su orari, biglietti e preno-
tazioni:
tel. 0734.217140
mail: [email protected]
www.comune.fermo.it
rtista di genio stravagante”, “sin-
golare ottocentista”, “espressione
di una eroica scapigliatura neo-
classica”: queste sono le defini-
zioni di alcuni fra i più illustri critici del Novecento
riferite alla figura di Fortunato Duranti, artista del
quale si conservano nelle maggiori collezioni ita-
liane e straniere più di tremila disegni e soltanto
pochissimi dipinti.
In occasione delle celebrazioni per il 150° anni-
versario della morte dell’artista, l’ Amministrazio-
ne Comunale di Fermo e la Cassa di Risparmio di
Fermo, sotto l’Alto Patronato del Presidente della
Repubblica, hanno inteso onorare questo singo-
lare artista con l’organizzazione della mostra a lui
dedicata presso i suggestivi ambienti del Palazzo
dei Priori.
Curata dal professor Stefano Papetti, direttore
tecnico-scientifico dei Musei civici di Ascoli Pi-
ceno, con il prezioso contributo di un autorevole
comitato di studio, la mostra può annoverarsi tra
gli eventi nazionali che si svolgono sotto l’egida
della Presidenza Italiana del Consiglio dell’Unione
Europea e vanta il Patrocinio del Ministero dei
Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, con
il sostegno della Soprintendenza ai Beni Storici,
Artistici ed Etnoantropologici delle Marche, della
Regione Marche.
Nato a Montefortino nel 1787, grazie all’appog-
gio del cardinale Bernardino Onorati, Fortunato
Duranti giungeva a Roma prima del 1807 per stu-
diare presso l’abate Conti, maestro ben presto
trascurato dal giovane artista che preferiva con-
frontarsi con quanto di più aggiornato si andava
realizzando nell’Urbe, in modo particolare con la
produzione di Felice Giani, impegnato dal 1812
nella decorazione del Palazzo del Quirinale. Dopo
una sfortunata missione in Austria organizzata
per procedere alla vendita di vari dipinti antichi,
Duranti restò a Roma dove, pur dedicandosi
prevalentemente al commercio antiquario,
continuò instancabilmente a disegnare, dando
vita ad una sorta di diario interiore che registra, a
far data dagli anni Trenta, una progressiva forma
di alienazione mentale che lo porta a disegnare
instancabilmente e a completare i suoi fogli con
iscrizioni deliranti, spesso indecifrabili.
Rifacendosi agli studi grafici di Luca Cambiaso,
Duranti adotta uno “stile quadrato”, come lo han-
no definito Emilio Lavagnino e Lorenz Eitner, una
sorta di stenografia disegnativa che nel corso
degli anni Quaranta perde progressivamente la
sua connotazione geometrica per assecondare
con fremente vitalità il delirio mentale dell’artista,
le cui ultime opere esprimono la stessa tensione
visionaria di quelle di Füssli o di Blake. Costante-
mente in bilico fra la ricercata armonia dell’arte
neoclassica e il furor creativo del Romanticismo,
Duranti trasfonde nei suoi disegni le proprie
inquietudini esistenziali, anticipando umori ed
esperienze emotive dell’arte del Novecento.
Più di mille disegni si conservano a Fermo, pres-
so la Biblioteca Comunale mentre a Monteforti-
no, nel Palazzo Leopardi, è allestita la sua ricca
collezione di dipinti che rispecchia i gusti eclettici
“A
15n.102
provinciale” (http://www.notiziedabruzzo.it/
politica-abruzzo/asl-teramo-chiodi-abruzzo-len-
to-come-una-tartaruga.html#.VAFhgLvtHhk). La
veracità. Quella infrequente peculiarità in ciò che
equivale a verità e che andrebbe imposta nelle
corrispondenze ricercatamente corrotte della
parola alla mente. La restrizione mentale induce
inaspettatamente nel luogo comune: pubblicità e
propaganda. Probabilmente, a Chiodi sfugge che
quando una scelta non è imposta per interces-
sione divina ci vuole del tempo per fare quella
giusta. “Un politico guarda alle prossime elezioni,
uno statista alle future generazioni”. Una frase
a effetto spesso ed erroneamente attribuita ad
Alcide De Gasperi. La spietata (?!) analisi politica
di Chiodi sulle lungaggini della nuova ammini-
strazione regionale colpisce e rimane impressa
soprattutto dopo la lettura della “frase celebre”
esibita spesso a bella posta e con addebito di
paternità impropria da molti sprovveduti. “A
politician thinks about the next elections — the
stateman thinks about the next generations”
(un politico pensa alle prossime elezioni - uno
statista pensa alle prossime generazioni) è un
assunto del predicatore e teologo statunitense,
James Freeman Clarke (1810 – 1888). Una virtù
che non si vende, non si baratta e che pretende
rispetto e coraggio. L’intreccio umano resiste per
mezzo della comunicazione delle idee dei singoli
individui che lo temperano. Affinché la collettività
possa sussistere, nel termine intrinseco per
suffragare se stessa, sarà indispensabile una
consistente richiesta di credito nei mezzi di
comunicazione del pensiero degli uomini.
on serve correre, bisogna partire
in tempo”.
Dopo l’esodo del centrodestra nel
2014 d. C. (dopo Chiodi), il nome
del nuovo governatore, assieme a quello di tanti
altri suoi omologhi, come in Valle d’Aosta, nel
Trentino oppure di là in Friuli, di qua in Liguria, in
Toscana, in Umbria, nelle Marche, la Basilicata,
la Calabria, difficilmente calerà subito alla mente
del popolo in uno schioccare di dita, sempre che,
e che Dio ce ne scampi, non si verifichi ancora
un terremoto di cinismo ed esposizione media-
tica sprigionando terrore da sceneggiare nei set
montati ad arte e misurati apposta su politici da
passerella. Ancora oggi, il consigliere di mino-
ranza Chiodi vuole assumersi il merito di avere
ridotto il debito per liberare risorse da investire.
La politica del fare, disfare e indovinare. E non si
risparmia neanche di scomodare Esopo quando
aggiunge sul conto della nuova amministrazione
regionale - secondo quanto riportato dal giornale
online “Notizie d’Abruzzo” in un articolo del 26
agosto 2014 – l’estenuante lunghezza nei tempi
per la nomina del vertice della ASL di Teramo e
ponendo pure in evidenza che “questo Abruzzo
lento, lento come una tartaruga, denunci una
mancanza di idee chiare, un eccesso di conflitto
politico su una nomina e una carenza di atten-
zione e di rispetto per i cittadini della provincia
di Teramo e che questo passaggio così negativo
rimarrà scolpito nella memoria della comunità
Satira
Politici o statisti?
di
Le favole dell’esodoo di Esopo?
“N
18 Personaggin.102
di
www.mauriziodibiagio.blogspot.comMaurizioDi Biagio
FrancescoFedele
Dicembre del 2013 ma la sua vita testimonia di un grande amore.
Nato a Bagnara Calabra, nel 1914, sin da piccolo dimostra la sua
forte passione per gli strumenti, oltretutto avendo come maestro
il padre suonatore di tromba. Studia al conservatorio “F. Cilea” di
Reggio Calabria ma al contempo “fugge” di quando in quando nelle
sue bande che lui già tanto adora, prestandosi a qualche esibizio-
ne. Già vincitore di un concorso si trasferisce a Roma dove entra a
far parte della banda della Guardia di Finanza diretta dal Maestro
D’Elia. Giunge la guerra ed il fato lo porta a Teramo dove sposa sua
moglie Franca da cui avrà quattro figli. Tra il Tordino ed il Vezzola
ritrova il suo amore di sempre: la musica. Impartisce gratuitamente
lezioni di musica a bambini ed adulti, questo fa fare la passione, e
suona in varie bande abruzzesi e marchigiane la tromba o il flicorno
baritono (bombardino). Per la sua attività è stato pure insignito dal
Presidente della Repubblica prima del titolo di Cavaliere e poi di
Commendatore per via del suo impegno, e nel Dicembre del 2013
l’amministrazione comunale gli dedica una via cittadina a Colle-
parco. Dove il mondo fallisce con la sua ovvietà qui è la musica a
subentrare, qui è Francesco a portare sollievo e gaiezza ad una cit-
tà. Un ricordo gli è dovuto, perché gli uomini di buona volontà che
impartiscono lezioni di passione agli altri non dovrebbero essere
dimenticati nemmeno per un giorno.
o chiamavano il grande Maestro. Per gli amici Ciccio. Ma era
molto apprezzato e amato in città soprattutto per il suo ruolo
di bandista. L’uomo portava gioia tra le strade come un magi-
co pifferaio in formazione tra ali festeggianti di ragazzi, ragaz-
ze e bambini, che si aprivano rispettosamente davanti a grancassa,
trombe e bombardini.
“La musica è vita e
terapia” soleva ripete-
re Francesco Fedele
ai suoi cari e a chi gli
chiedesse cosa fosse:
le note, quelle che si
dipanavano dai suoi
strumenti di bande
facevano sgorgare
l’ottimismo e sostan-
ziavano il sale della
vita in ciascuno di noi.
Lui se n’é andato via
definitivamente il 28
LIl Pifferaio Magico
19n.102
coniuge affidatario (per intenderci quello presso
il quale abiterà il minore) non si traduce in una
semplice disponibilità, ma piuttosto in una fatti-
va e leale collaborazione nell’interesse del figlio
minore che ha il diritto di crescere anche con la
figura del genitore non affidatario (Cass. Civ. Sez.
Un. 27 settembre 2007, n. 36692).
L’affidamento del figlio non va inteso come un
premio ma come una responsabilità.
Per cui se un figlio viene affidato ad uno dei due
genitori questo non significa che l’altro debba
considerarsi un escluso, perchè parteciperà
ugualmente nella cura, educazione e istruzione
del figlio secondo quanto convenuto o disposto
dal giudice della separazione.
Ovviamente queste regole dovranno essere
osservate da entrambi i genitori nell’interesse
superiore del figlio.
Si può concludere, che riguardo al tema trattato,
si vorrebbe introdurre questa legge nell’ambito
del “diritto vivente”, e ciò per interpretare la nor-
ma tenendo conto dell’evoluzione della società.
Certamente questo tema, come già detto,
necessità di ulteriori approfondimenti dottrinali e
giurisprudenziali.
a legge n. 54/2006 sull’affido condiviso
ha introdotto un’importante riforma nel
diritto di famiglia; in particolare ha inno-
vato profondamente la disciplina della
separazione e del divorzio sancendo principi che
aprono la strada ad un nuovo intendere i rappor-
ti tra genitori e figli anche dopo la separazione.
Concetti come bigenitorialità, condivisione,
corresponsabilità, codecisione hanno finalmente
mutato la dinamica dei rapporti familiari post se-
parazione, ponendo al centro dell’interesse i figli,
i quali hanno il sacrosanto diritto di continuare
ad avere un rapporto continuativo ed equilibrato
con entrambi i genitori, anche dopo la crisi
irreversibile che ha dissolto la loro famiglia.
Di conseguenza ciascun genitore deve accettare
di confrontarsi e di dialogare con l’altro nell’in-
tento comune di educare i figli, superando ran-
cori ed incomprensioni che non possono e non
devono interferire negativamente sul corretto
svolgimento delle relazioni figli – genitori.
In quest’ottica i due genitori se da un lato hanno
il dovere di collaborare nel prendere insieme le
decisioni più importanti e significative, dall’altro
hanno ciascuno, il diritto di ritagliarsi degli spazi
autonomi, nell’ambito dei quali costruire un nuo-
vo rapporto con i figli, senza alcuna interferenza
o ingerenza da parte dell’ex coniuge.
Secondo la giurisprudenza costante la regola
dell’affido condiviso e della bigenitorialità è stata
introdotta al fine di promuovere e sollecitare
rapporti sereni dei figli con entrambi i genitori;
ma il discorso non può esaurursi in questi brevi
cenni.
Ciò che viene richiesto, sostanzialmente, al
Brevi cenni suaffido condiviso
Dura Lex Sed Lex [email protected]
di
L
20 Write about... the records!
1969 - CD - Bizarre/Straight Records (Import)
n.102
di
Tim Buckley“Live at The Troubadour”
ad Amsterdam (New York). Nel 1956, la famiglia si trasferisce a Bell Gar-
dens (California), Tim inizia a suonare il banjo, conosce (soprattutto) Larry
Beckett, dando vita al sodalizio artistico compositivo fondamentale, i due
firmeranno le più belle canzoni dell’intera discografia. Le prime esibizioni
sono in trio, The Kingston, il nome di Tim comincia a circolare nella scena lo-
cale, intanto, a 19 anni sposa la compagna di scuola Mary Guibert, l’unione
si rivelerà effimera, nasce Jeff (Jeffrey) Buckley, erede in tutti i sensi, anche
per la precoce, tragica fine, dopo il folgorante esordio con l’album Grace
(Columbia-Sony/1994), altra storia e, prima o poi, la racconteremo. Tim,
figura affascinante, una cascata di riccioli quasi d’oro, occhi perennemente
tristi, piega amara anche quando sorrideva, circondato da un’aura miste-
riosa e...la v-o-c-e. Un’incredibile estensione, pari a 5 ottave e ½, dal basso
al tenore-soprano passando dal baritono! Esibiva questi registri magari in
una stessa song, voce calda, sensuale, seducente, ipnotica, astrale, come
titola uno degli album più belli, Tim “Starsailor” (navigatore delle stelle!).
Quale migliore occasione per recensire un disco ‘live’? 1969, Troubadour,
mitico locale di L.A., un combo di musicisti fantastici: John Balkin (bass),
Art Trip (drums), Carter C.C. Collins (congas/percussions) e, soprattutto
Mr. Lee Underwood (incredible guitar, piano), degno contraltare del sound
buckleyano, from Mothers Of Inventions of Frank Zappa! Il live in oggetto,
sancisce il 1° periodo artistico del nostro, l’esordio Tim Buckley (1966),
rivela i prodromi del suo stile: intrigante mix folk-rock-psychedelia-jazz, il
seguito Goodbye And Hello (1967), autentico capolavoro, riconosciuto da
tutta la critica musicale, il 3°, Blue Afternoon (1969), altro fantastico record,
il delirante Lorca (1970, tutti su Elektra) e, l’allucinato Starsailor (1970-Strai-
ght/Enigma/Retro). Nonostante l’elevatissimo spessore di queste incisioni e
i pareri favorevoli della critica, il mancato riscontro commerciale, cominciò
a minare la psiche del nostro, la parabola divenne discendente, salvo qual-
che picco come Greetings From L.A. (1972-Straight Rec.) e altre incisioni
meno significative, palese deriva verso la componente funky. Il Live At The
Troubadour, celebra i fasti dell’epoca, di difficile reperibilità (trovato a Parigi,
Le Fnac, nota catena di elettroniche, in una delle tante gite d’istruzione), a
costo quasi proibitivo: 149 ff (l’Euro era ancora da venire), al ritorno, appena
deposi il CD nel player, il miracolo (dura ancora)... Non farò la solita calli-
ltra storia (musical-discografica) affascinante, datata 1969 (!), la
California del flower-power, Seasons of Love, S. Francisco, Los
Angeles, le dorate spiagge di Malibu, Venice Beach, il Sunset
Boulevard, passeggiando, si poteva incrociare (magari), qualcuno
dei cosiddetti “four horsemen of one particular Apocalypse” (J. Hendrix, J.
Joplin, J. Morrison e...Tim Buckley), Max Bell, firma del New Musical Express.
Timothy Charles Buckley III (Washington, 1947-S. Monica, 1975), conosciuto
come Tim Buckley, straordinaria figura di singer-songwriter e, sottoscrivo,
un’altra celebre frase che recita: “se gli Angeli avessero una voce, sarebbe
quella di Tim Buckley”. Rileggendo le note biografiche del nostro, annotiamo
le ascendenze italian (mamma Elaine) e irish (papà Tim), infanzia trascorsa
A
21n.102
l’elemento funky prende il sopravvento, piano
el. in evidenza (Underwood), solita, duttile voce
a rimarcare ritmi e le percussioni estenuanti,
assoli, sillabe allungate e sussurrate, schitarrate,
turbinio parossistico degno di conclusione.
L’ascolto, una faticaccia, sofferto, doloroso,
angosciante se avviene in the deep of the night.
Leggendo queste note, si evince come l’autore
sia il “my prefer songwriter”, la sua vicenda
artistica ha fatto scuola, qualche nome? Roger
Chapman (Family), il nostro Alan Sorrenti, di
Aria (1972) e Come un Vecchio Incensiere
all’Alba in un Villaggio Deserto (1973, entrambi
Harvest-EMI), ma, al di sopra di tutti, rimane
Tim, inavvicinabile, ineguagliabile, insuperabile,
“When You Wish a Starsailor” recita la frase
del booklet, note esaurienti di Martin Aston,
l’incisione è splendida, pulita, dinamica, opera
di H. Cohen (produttore), W. Heider (tecnico), B.
Inglot & K.Perry (masterizzazione), bellissima la
foto, 4^ di copertina. Vista la data del concerto,
3 e 4 settembre 1969, pochi video su YouTube,
alcuni in b/n, comunque belli, un suggerimento:
il libro di David Browne, Dream Brother - Vita
e Musica di Jeff e Tim Buckley, Giunti - 2001.
Time: 78:14 - Voto 9
grafica descrizione ‘song to song’ ma, un con-
densato delle 9 tracks di questo live concert.
I primi 3 brani, Strange Feelin’, Venice Mating
Call, (instrum.), I Don’t Need It To Rain, servono
a ‘scaldare’ voce e strumenti, il tutto comincia a
‘decollare’ con I Had Talk With My Woman (04), il
pubblico, adulto, maturo, rapito dalla perfor-
mance, ascolta in religioso silenzio, senza fischi,
brusii, applausi, dopo gemiti, urla e falsetto, lo
scroscio (fragoroso) delle mani, solo a fine bra-
no, Gypsy Woman (05), parte energicamente, rit-
mo sostenutissimo, un autentico deliquio, dopo
14:31, l’ovazione, come mi piacerebbe vedere
le facce dei presenti, peccato, non c’era ancora
YouTube! Blue Melody, l’altra faccia (triste e
malinconica) di Tim, intensa osmosi di voce/
musica/strumenti, specchio della sua esistenza
sofferta, travagliata, genio incompreso, assorto
nei pensieri più reconditi. Brano n° 07: la ‘svolta’
definitiva del concerto, la magia del Troubadour:
Chase The Blues Away, l’attacco è micidiale, Tim
& friends, “cercano, inseguono il blues lontano”,
si rimane ipnotizzati, la song è criptica, mistica,
sublime, struggente, totale, fino alle...lacrime!
L’incanto si ripete ad ogni ascolto, può un brano
del 1969 suscitare tanta emozione? Dopo 45
anni (!), la risposta è si, con tanto di brividi lungo
la schiena. Driftin’ (10), incalza, drammatica,
tragica, canto disperato, l’andare alla deriva,
forse, premonisce la tragica notte tra il 28 e il 29
giugno del 1975, quando un cocktail micidiale
di eroina e alcool, metterà fine alle sofferenze
terrene di Tim Buckley, ascoltate i gemiti e il
(quasi) pianto della sua voce, terribile! La serata
si chiude con Nobody Walkin’, titolo emble-
matico, song kilometrica (l’ennesima, 16:05),
vita e obiettivi; valuta e misura periodicamente i progressi, non si
affida al caso o allo specchio.
Se avete deciso di rivolgervi ad un PT richiedete sempre un cur-
riculum adeguato e verificate che sia veramente qualificato ed
assicuratevi che attestati e certificazioni personali siano ricono-
sciuti. Dovete sapere che alcune certificazioni sono costituite da
un corso di un fine settimana o meno (senza valore), mentre altre
richiedono un serio studio, il superamento di un esame rigoroso
e la continua analisi delle competenze attraverso la formazione
continua. Diffidate assolutamente da chi non ha nessun titolo di
studio ma vanta esperienze annuali di allenamento o cose del
genere perché oltre a non farvi raggiungere i risultati sperati
potrebbe causare danni alla salute.
l Personal Trainer può aiutare a raggiungere i propri obiettivi
di salute e di fitness, o potrebbe rivelarsi solo uno spreco
di denaro. E’ quindi fondamentale saper scegliere. Molte
palestre offrono servizi di PT (con costi aggiuntivi che potreb-
bero essere piuttosto elevati); spesso sono gli stessi istruttori
che operano già in sala che si limitano a dedicare un’ora del loro
tempo agli iscritti, ma avere un PT non è solo avere a fianco una
persona durante l’esercizio. Affidarsi ad un PT qualificato significa
garantirsi un professionista in grado di consigliare l’attività fisica
più idonea alle proprie esigenze il cui bagaglio culturale è di tipo
interdisciplinare non soffermandosi solo alla “teoria dell’alle-
namento” ma anche allo studio della fisiologia, biomeccanica,
anatomia funzionale, medicina dello sport, allenamento, alimen-
tazione etc..) . Il PT non applica un “metodo di allenamento” a
prescindere ma studia il programma, dopo un’attenta valutazio-
ne del soggetto, in base a caratteristiche morfologiche, stile di tel. 373.5063624
www.renatogentilepersonaltrainer.com
Renato Gentile – Personal Fitness Trainercertified international
I
Personal Trainero istruttori tarocchi?
Redazionale
22 • Mondo
Raggiunta la cometa 67P
n.102
di
[email protected] GabriellaDel Papa
Rosetta:missionecompiuta
del Sistema Solare contengono materiale ricco di sostanze volatili
che non è stato processato nelle zone interne caratterizzate da alte
temperature.
L’esplorazione della cometa consiste nella caratterizzazione del
suo nucleo e della chioma, la determinazione delle loro proprietà
dinamiche e lo studio della morfologia e della composizione. In
particolare, lo studio della mineralogia e dei rapporti isotopici degli
elementi volatili e refrattari del nucleo fornirà informazioni preziose
sulla composizione della nebulosa che, nei modelli correnti, si
pensa sia stata all’origine del Sistema Solare.
Per raggiungere questi obiettivi la navicella orbiterà a lungo attorno
alla cometa, seguendola nel suo viaggio verso l’interno del sistema
planetario, mentre il lander Philae permetterà di effettuare misure
in-situ e di campionare del materiale alla superficie del nucleo per
una analisi chimico-mineralogica dettagliata.
Finalmente il 6 agosto 2014 abbiamo vissuto un’emozione vera-
mente unica, trasmessa anche sui social: “L’accensione dei motori
è stata completata. Rosetta ha raggiunto la cometa 67P. Siamo
in orbita!” è stato il messaggio mandato su Twitter dall’Esa. La
conferma è arrivata intorno alle 11:30, ora italiana: dopo 10 anni di
viaggio nel profondo del Sistema Solare - passati per quasi un terzo
in ‘ibernazione’ - e a sette mesi dal suo risveglio, Rosetta è final-
mente entrata nell’orbita della cometa 67P Churyumov-Gerasimen-
ko. ‘Centrando’ un minuscolo corpo di roccia e ghiaccio (appena
4 km il nucleo) dopo aver ‘macinato’ miliardi di km all’interno del
sistema solare.
Nessun oggetto spaziale costruito dall’uomo era mai riuscito ad
“agganciare” una cometa: nel 1986 la sonda Giotto era arrivata a
560 km di distanza dalla cometa di Halley, questa volta Rosetta è
quasi sei volte più vicina (100 km) e, soprattutto, è lì per restarci.
Adesso la piccola-grande sonda ESA dal cuore italiano e la sua
cometa si trovano a circa 405 milioni di km dal pianeta Terra, più o
meno a metà strada tra le orbite di Giove e di Marte, e hanno inco-
minciato la loro corsa insieme verso il Sole, lanciate alla velocità di
55mila km orari.
Lo straordinario avvenimento è stato seguito in diretta dal centro
ESA-ESOC di Darmstadt, con un evento e la trasmissione live del
‘rendez-vous, alla presenza dei massimi vertici di tutte le organizza-
zioni coinvolte. Tra gli altri, il Direttore generale di ESA Jean-Jacques
Dordain, il presidente del Cda dell’Agenzia spaziale tedesca (DLR)
OSETTA è la missione Cornerstone del programma ESA
Horizon 2000 dedicata all’esplorazione dei corpi minori del
Sistema Solare. È stata lanciata il 2 marzo 2004, ha effet-
tuato con successo il fly-by dell’asteroide Steins (2008) e
un fly-by dell’asteroide Lutetia il 10 luglio 2010, ma il suo obiettivo
primario è quello di effettuare una serie di indagini dettagliate sulle
caratteristiche della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko che
avvicinerà nel 2014 e scorterà nel suo avvicinamento al Sole fino
alla fine del 2015. La navicella di ROSETTA è composta di un orbiter,
dove sono situati i sensori per gli esperimenti di remote sensing e
di un lander chiamato PHILAE che verrà rilasciato sulla superficie
della cometa per effettuare una serie di misure delle caratteristiche
fisiche della superficie e per studiare la struttura interna del nucleo.
Obiettivi Scientifici
Il principale obiettivo scientifico della missione è la comprensione
dell’origine delle comete e delle relazioni tra la loro composizione
e la materia interstellare quali elementi fondamentali per potere ri-
salire alle origini del Sistema Solare. La ricerca di materiali inalterati
si ottiene tramite l’esplorazione cometaria poiché le zone esterne
R
Johann-Dietrich Worner, il presidente dell’Agenzia spaziale francese
(CNES) Jean-Yves Le Gall e il presidente dell’Agenzia spaziale Italia-
na (ASI) Roberto Battiston.
“Dopo dieci anni, cinque mesi e quattro giorni - ha commentato
a caldo Dordain - possiamo finalmente dire: ci siamo! Adesso può
cominciare l’esplorazione delle nostre origini”.
“E’ stato come provare a lanciare un grano di sabbia da Darsmtad
fino a Roma, colpendo un atomo” ha detto Battiston durante il suo
intervento. “E questo è stato possibile - ha aggiunto - grazie allo
sforzo congiunto dell’Europa e all’appoggio dell’Italia, che ha forte-
mente contribuito alla missione e alla sua parte scientifica. Voglio
ringraziare l’INAF, Istituto Nazionale di Astrofisica, il Politecnico di
Milano, l’Università di Padova e la Parthenope di Napoli ma anche
Thales Alenia Space che ha contribuito per la parte industriale”.
23n.102
Il presidente dell’ASI ha poi rivolto un ricordo particolarmente senti-
to, ed applaudito dalla platea, alla professoressa Angioletta Coradi-
ni, scomparsa quasi tre anni fa, “cui la comunità della planetologia
deve molto” e che ha dato un contributo fondamentale a Rosetta
progettando e sviluppando lo strumento Virtis.
Quella di oggi è solo l’ultima di una serie di dieci manovre comin-
ciate a maggio per regolare la velocità e la traiettoria di Rosetta
adattandosi gradualmente a quelle della cometa (manovre di
‘aggiustamento’ che continueranno per mantenersi nell’orbita ‘arti-
ficiale’ di 67P Churyumov-Gerasimenko): se solo una di queste non
fosse riuscita perfettamente, l’intera missione sarebbe fallita.
“Abbiamo fatto una strada straordinariamente lunga da quando
l’idea di questa missione è stata discussa alla fine degli anni Set-
tanta e poi approvata nel 1993 - spiega Alvaro Giménez, Direttore
dell’esplorazione Robotica di ESA - e ora siamo pronti a riscrivere
quel che sappiamo delle comete per i decenni a venire”.
Nelle prossime settimane Rosetta si avvicinerà sempre di più alla
sua cometa fino a dimezzare l’attuale distanza e comincerà a
disegnarne una mappa
dettagliata, indispensabile
per decidere su quale
punto della superficie della
cometa avverrà il prossimo
grande evento della missio-
ne: il rilascio e l’atterraggio
del lander Philae, in calen-
dario per l’11 novembre
prossimo.
re nuova conoscenza e modalità operative che permetteranno di traghetta-
re tra evoluzione e tradizione la Pedagogia Clinica nei prossimi anni.
L’iniziativa gratuita, organizzata da ISFAR-Istituto Superiore Formazione Ag-
giornamento e Ricerca, patrocinata da Expo Milano 2015 e dall’Associazione
Nazionale Pedagogisti Clinici ha ottenuto l’esonero MIUR (n. AOODGPER.
5788 del 5/06/2014) per il personale docente della scuola di ogni ordine e
grado.
Nella seconda giornata dei lavori congressuali, relazionerà sul tema
Prevenzione, progetto linguaggio nel Nido la Dott.ssa Chiara Miccadei,
Direttore della neonata Sezione Regionale Abruzzese dell’ANPEC (Ass.Naz.
Pedagogisti Clinici).
l 25-26 ottobre 2014 si svolgerà presso il Palazzo dei Congressi di Firenze
il Congresso Mondiale “Il Divenire della Pedagogia Clinica-Scenari e
Prospettive Professionali in Aiuto alla Persona”, evento che festeggia i
quarant’anni della Pedagogia Clinica, presieduto dal Prof. Dott. Guido Pesci,
padre di questa disciplina. Le giornate di lavori congressuali si dipaneranno su
confronti e dibattiti di vari esponenti internazionali del mondo della pedago-
gia, della comunicazione, della nutrizione e dell’educazione sul tema della
formazione professionale e su quali siano gli orientamenti impiegati per nutrire
positivamente la persona; gli interventi proseguiranno dando uno spaccato
sulla realtà italiana della Pedagogia in aiuto alla Persona e sulle capacità e il
lavoro dei pedagogisti clinici di alimentare le disponibilità nella relazione, per
poi concentrarsi in ultima battuta su come nutrire attivamente e far sviluppare
le capacità ad apprendere.
Un’occasione di arricchimento culturale e scientifico attraverso l’incontro e lo
scambio di pratiche, progetti e competenze distintive e innovative per costrui-
e-mail: anpec_teramo@hotmail.itwww.pedagogisticlinici.comwww.isfar-firenze.it
• Dott.ssa Chiara De LucaVia Cherubini, 3 - Atri (TE) · 320.7039649• Dott.ssa Sandra Di Ferdinando - Studio LifeVia Nazionale, 243 Bellante (TE) · 0861.610384 · 347.0395806• Dott.ssa Nadia Di PietroVia C.Colombo, 218/A - S.Nicolò a Tordino (TE) · 338.1037543• Dott.ssa Chiara MiccadeiVia Nazionale nord, 7 - Pineto (TE) · 347.5590636• Dott.ssa M. Gabriella OrsiniTeramo · 0861 241507• Dott.ssa Loretta PascucciVia Torrito, snc - Montorio al Vomano (TE) · 328.8351577
I
Il PedagogistaClinico
Redazionale
Una professionalitàin aiuto alla persona
24 Il libro del mesen.102
di
[email protected] CristinaMarroni
Il maledentro
degli esseri umani e all’architettura dei loro rapporti quotidiani.
Ci si commuove molto durante la lettura del libro, soprattutto attraverso
le voci dimesse dei pazienti, come quelle di Giulia e Rosa, ma sempre con
lucidità e senza un eccessivo sentimentalismo, lontano dai libri Cuore e
Promessi sposi. Quello che interessa alla scrittrice è riflettere sui profondi
cambiamenti che la malattia determina. Scriveva Virginia Woolf nel saggio
Sulla malattia, pubblicato nel 1926, “La malattia spesso si traveste da amo-
re, e ti gioca gli stessi tiri”, rammaricandosi del fatto che la letteratura desse
allora poco risalto all’argomento.
Tra i medici della clinica c’è un personaggio che non ti aspetti: la dottoressa
Anna Bianchi, “donna strana: non alta e neanche bassa, corporatura ab-
bondante ma non grassa, si muoveva sciolta, sensuale, e sorrideva a piena
faccia”. Anna ipnotizza con la sua energia positiva, che il suo corpo sembra
emanare. “Calmava ogni pensiero, ogni ansia. Le sue mani parlavano come
e meglio di lei”. Crede nella medicina integrata, senza volere rinnegare per
questo la medicina ufficiale. Talvolta accadono strane, inspiegabili, coinci-
denze e Anna non le teme, ma le indaga con mente aperta.
Uno squillo insistente del telefono nel cuore della notte annuncia a Stefano,
nella parte finale del romanzo, la morte della bellissima Giulia e con essa la
crisi che ne deriva negli altri personaggi. Non già perché essi non fossero
avvezzi alla morte, ma perché le esperienze, i rapporti, le abitudini modifica-
no le percezioni, che diventano offuscate, incerte, come bene rappresenta
l’immagine di una lente rotta nella copertina del libro.
La parola che meglio rappresenta il “sugo della storia”, per dirla con il
Manzoni, è dignità: quella che accetta le circostanze senza piagnistei, che
sopporta con disinvoltura le proprie paure, che accoglie la crisi come scatto
di maturità.
“Il cancro entra nell’anima e nella mente solo se gli dai spazio. E tu non
puoi, non devi dargli spazio. Ci sono pazienti che insegnano a non farlo, per-
fino quando muoiono per le metastasi. Ti assicuro che ho visto morire gente
che non ha mai permesso al cancro di dominarla, il cancro l’ha ammazzata
ma non è entrato veramente. Riesci a capire?”.
La voce stridula, profonda e spudorata del dolore non si dimentica. Il
dolore ammutolisce e nega le risposte alle domande che pure pone.
Nella malattia bisogna adattarsi a una nuova quotidianità, che il
corpo richiede e l’anima assorbe.
Perché accade così, all’improvviso: un male si insinua impudicamente nel
nostro corpo e lo fa proprio, risucchiandolo e avvizzendolo. Poi il corpo
diventa il suo schiavo, succube di terapie, medicine, ospedali. Allora la no-
stra malattia diventa il nostro destino, diverso dai giorni felici che avevamo
ipotizzato.
Il male dentro di Maria Giovanna Luini parla di cancro con una sensibilità
squisitamente femminile, senza indulgere al vittimismo. Scriveva Don Carlo
Gnocchi: “Non esistono malattie, ma malati, cioè un dato modo di amma-
larsi proprio di ciascuno e corrispondente alla sua profonda individualità
somatica, umorale, psicologica”. Ogni malato si rapporta con il proprio male
in modo differente, ciò che però accomuna le diverse esperienze è il fatto
che nessuno, dopo avere affrontato la paura, potrà essere lo stesso.
Chi si ammala affronta un viaggio, che spesso si svolge a ritroso: verso i
ricordi, l’infanzia, l’ autenticità.
La protagonista del romanzo è Barbara, specializzanda in un istituto oncolo-
gico molto particolare, dove il rapporto medico-paziente è privilegiato.
Barbara è incline al peccato, ma a quello veniale che non danna l’anima:
è superba, determinata e intreccia una relazione con il suo superiore, il
professor Stefano Solda, sposato.
Il romanzo tuttavia non si muove solo intorno alla vicenda di Barbara e
Stefano, che anzi pare fare da corollario a storie che si aggrovigliano e si
dipanano, partendo tutte da quelle corsie d’ospedale.
Il male dentro non parla solo di malattia, ma la Luini è attenta allo studio
L
erbi che terminano in …ciare, …giare, …sciare.
Il problema riguarda la permanenza della - i - nella flessione di
verbi come lanciare, cominciare, elogiare, mangiare, lasciare,
sgusciare ecc. si dovrà pronunciare: cominc - i - eremo, o
cominceremo? Mang - i - erai o mangerai? Lasc - i - erete o lascerete?
Ecc. le forme corrette sono quelle senza la - i -. Infatti, la - i - del tema
cade ogni volta che la desinenza incomincia per - e - o per - i - , perché
essa aveva l’esclusiva funzione di conservare la pronuncia palatale della
consonante gutturale precedente. Quando la desinenza può assolvere
da sola a questo compito, la presenza della - i - diventa superflua. Essa
ritornerà quando la desinenza non è in - i - o - e -. Infatti: lasceremo
(senza i), perché la - c - è resa palatale dalla – e – della desinenza; e
invece lasciato (con la i), perché la desinenza è - a - e, senza la - i - ,
avremmo: lascato.
Verbi che terminano in …care e …gare.
Per un fenomeno analogo, durante la flessione dei verbi in …care e …
gare, come recare, pregare ecc. è necessario inserire una - h - tutte le
volte che la desinenza inizia per - e - o per - i - , in modo da conservare
alla - c – e alla - g - la loro pronuncia velare. Osserviamo, per esempio,
l’indicativo presente di recare:
io reco
tu rechi (senza la - h - avremmo reci)
egli reca
noi rechiamo (e non reciamo)
Verbi che terminano in …gnare.
I verbi che terminano in …gnare come accompagnare, sognare, ecc.
sono oggetto di un errore abbastanza diffuso, specie in area dialettale,
nella formazione della prima persona plurale dell’indicativo presente.
Non è raro, infatti, che invece di: noi sogniamo, si scriva: noi sognamo.
Si tratta di un errore grammaticale molto grave, in quanto la desinenza
verbale della prima persona plurale dell’indicativo presente è …iamo e,
come tutte le desinenze, è un elemento grammaticale intoccabile.
Analogo errore viene fatto per la prima e la seconda persona plurale del
congiuntivo presente in …iamo/…iate.
In luogo di …che noi sogniamo e ...che voi sogniate qualcuno scrive:
che noi sognamo, che voi sognate.
Verbi che terminano in …iare
Verbi come studiare, spiare, ecc. di fronte a desinenze che iniziano
per - i - perdono la loro - i - radicale perché c’è la - i - della desinenza
(noi studiamo, noi spiamo) a meno che sulla - i - della redice non cada
l’accento. Il che la rende intoccabile. In tal caso restano ambedue le - i
- (tu spii, che essi spiino).
25n.102
Note Linguistiche
Verbi in ...are
[email protected] GabriellaDi Flaviano
Particolarità delleconiugazioni regolari
V
di
26n.102
Cinema
Wash my ass, your majesty
di
The PresidentQuando Akira Kurosawa si complimentava con Kiarostami per come il
regista iraniano sapesse collocare la macchina da presa ad altezza di
bambino, lodava in realtà una cinematografia, che facendo di necessità
virtù (operare necessariamente all’interno del Kanun, l’Istituto Iraniano
per l’Educazione dei bambini e dei giovani), negli anni ’80 e ’90,
sapeva farsi (in farsi) anch’essa bambina, aprire occhi sul moderno e
post-moderno per reinventarlo e riumanizzarlo. Guardare le cose come
fosse la prima volta, senza dimenticare tutto il conoscibile acquisito
col tempo. Mohsen Makhambalf aveva una cinefilia più spiccata degli
altri. Citava Norman Bates e Moravia con L’ambulante (1987), Sidney
Pollack (e Horace McCoy) ne Il ciclista (1987), teorizzava su fiction e
non fiction attraverso Salaam Cinema (1995) e su audio e video (ascol-
to e vedo) tramite Il silenzio (1998), più esplicitamente libero rispetto
ai meno amati film «parlati» Sesso e filosofia (2005) e Viaggio in India
(2006). Didascalici per fare a pezzi ogni didascalicità, lezione ripetuta
da quest’ultimo The President. Dove le orecchie e gli occhi chiusi a
forza del bimbo (un formidabile, mai stucchevole, Dachi Orvelashvili)
diventano sempre più spalancati. E le finzioni, gradualmente più vicine
a un gioco (play) di fiction, cinema e teatro, fanno invece accedere
all’orrore diretto del Re(ale). Incarnato da Misha Gomiashvili, prodigioso
anche lui.
È il medesimo rovescio operato da Il grande dittatore (1940) (anche
qui c’è un barbiere), vestiti e ruoli scambiati (con superamento finale
di ruolo e vesti)
al pari delle
funzioni perci-
pienti. Hannah/
Paulette Godard
che ascoltava il
«Look at me! »
di Chaplin con la
vista, invitando
poi all’ascolto
di un’immagi-
ne invisibile.
Guardare con
le orecchie,
ascoltare con
gli occhi. Una
lezione, da
Charlie Parker a
Godard, sempre
invisa al Potere.
E, certo, anche
ai sudditi replicanti. The President rilancia la sfida. Saccheggiando i
film, i generi, gli autori, i topoi. Affilandoli, mescolandoli, riscrivendoli.
L’amato neorealismo, I bambini ci guardano (1943), il Kusturica dei
matrimoni e dei funerali, un finale sospeso, con 400 colpi dinanzi al
mare Persino i meta-generi di Tarantino basterd che ci mostra gli ebrei
killer a caccia di nazi. El violin (2005) di Francisco Vargas (adesso c’è
una chitarra e il rivoluzionario lascia il posto al dittatore in fuga, che si
finge musico). Il filone Ore disperate (altri evasi si asserragliano in case
altrui), addirittura il porno, sottogenere «sposa» (con stupro), il revenge
movie (non privo di freddura alla Kill Bill, vol.2, 1994). E naturalmente
n un paese sconosciuto”, il Potere consiste in un esercizio
sadico, proprio come nei paesi conosciuti. Il Presidente è
orgoglioso di poter disporre a piacimento di tutto e tutti e
gongola all’idea del passaggio di consegna, un giorno, al
nipotino orfano. «Ma io voglio un gelato, non voglio stare al tuo posto»
obietta con naturalezza il piccolo. Intanto il nonno firma, impassibile,
condanne a morte, anche di un sedicenne. Se lo graziasse, si giustifica,
ogni pivellino si permetterebbe di giocare alla rivoluzione. E rincara la
dose al mini erede: «Quando sarai al mio posto, con una telefonata,
avrai il potere di spegnere tutte le luci». E poi riaccenderle. Gli fa ve-
dere come si fa e il bimbo si lascia attrarre da quell’immagine dall’alto
della città on/off. Stavolta imitare il nonno lo diverte, quel suo «posto»
prima rifiutato è ora accetto come un più appetitoso gioco (pur sempre
sadico). Ma
improvvisamente
appaiono altre
luci e altri fuochi:
è in atto una
rivolta, un colpo
di stato. Panico
del nonno e titoli
di testa.
Per tutti i fitti
e variegati 115
minuti del film, le
luci continueran-
no ad accendersi
e spegnersi. Poi
a riaccendersi
diversamente.
Non proprio alla
lettera. Si tratta
delle illumina-
zioni soprattutto del bambino e del buio di rivoluzioni troppo vicine
a quanto dittatorialmente costruito, una copia conforme delle azioni
spietate e sanguinarie di Sua Maestà il Presidente. Le vittime si trasfor-
mano in carnefici e il carnefice in vittima. Trascinando nel gioco (non
più sadico, stavolta risemantizzato e risemantizzante) tutta una serie
di analogie di scambio e interscambio, di luci buie e oscurità accecanti.
Che investono la struttura stessa del film, campo (sonoro), contro-
campo (trattenuto) e fuoricampo (insostenibile), come nella sequenza
dell’uomo che, dopo cinque anni di prigione, torna dalla fidanzata nel
frattempo sposatasi.
“I
27n.102
poetico, teorico) e le forme (film intimistico
o affollato di gruppi, classicamente narrato o
destrutturato nelle componenti linguistiche,
a camera fissa o ultramossa), diventeranno
quindi anche degli spaventapasseri, come in
una fiaba. Erano attori, già prima, all’interno
dello spettacolo del Potere, più volte evocato
in flash-back musical senza tempo… Si era-
no visti familiari del dittatore, madre e figlia,
a capo di organizzazioni umanitarie a favore
delle donne (o di adolescenti), rinfacciarsi le
rispettive cariche e svelare la tragedia di non
avere più privilegi (il vero scopo del Potere,
oltre al sadismo). O si assisterà al dittatore
travestito che accusa un poveraccio di non
aver pagato le tasse, «di aver rovinato questo
Paese!», una scusa buona per tutti i regimi.
E la polizia, la stessa che aveva ucciso per
mano del tiranno, adesso prona, parimenti
spersonalizzata, al servizio dei rivoltosi. Così
lo spettatore deve essere spettatore fino in
fondo, spezzare la propria unità di sguardo
per ricomporre lo sguardo, vagare smarrito
come nonno e nipote. Bagno di umiltà per il
primo, rieducazione del secondo.
Esseri umani diventano mostri, o simbo-
li, poi tornano a essere persone. Senza
dimenticare che il mostro (e i simboli)
sono sempre in agguato. Il Makhmalbaf
apparentemente didascalico (come l’ul-
timo Terrence Malick) in realtà ribalta ed
estende. Le cose staranno davvero così? O
bisogna interrogarsi sempre, costantemen-
te? Per esempio, dove ci troviamo? In che
epoca, in quale luogo, in che genere di film?
Bandiera produttiva, lingua e locations sono
georgiane. Post-comunismo? Iraq, Iran,
Siria? Nei luoghi caldi della fallita primavera
araba? In un futuro paese, da cui partirà,
finalmente, l’attacco cruento alla dittatura
della globalizzazione? Il cinema è questo,
una continua dissolvenza incrociata di
sguardi e tempi, di reale e simbolico, di luci
accese e spente, dire senza dire e non dire
anche se lo si è detto. Expanded cinema.
Quel President (eufemismo) non è lontano
dalla nostra Europa ri-medievalizzata, dallo
stesso re Giorgio che inaugura lugubremen-
te la 71° mostra del cinema, senza dar peso
alle proteste dei lavoratori del comune di
Venezia. E disporrebbe di un’ennesima
maschera, quella di Makhmalbaf stesso,
cattivo in esilio dall’Iran, colpevole di voler
accendere e spegnere a piacimento le luci
cinematografiche dell’intelletto, altresì
desideroso di trasmetterne le facoltà alla
discendenza (desiderio avveratosi piena-
mente con le figlie Samira e Hana).
Makhmalbaf si comporta così con tutti gli
elementi del suo enunciato, demistificando
ciascun ambito. E ogni abito. Che fa sempre
il re, oltre che il monaco. Il travestimento
da bimba del piccolo protagonista potrebbe
ulteriormente alludere ai ruoli sessuali, così
tanto criticati e repressi quando scambiati.
Non soltanto in Iran. E una battuta tosta
come «Mi pulisca il culo, sua Maestà!»
(non) risulta invece solo un’invocazione
d’aiuto del bambino che, da sempre servito
e riverito, ha fatto la cacca e non sa mini-
mamente agire per proprio conto. Pure il
nonno, d’altronde, ammette di non sapersi
lavare il posteriore. Crudele, odioso, ridico-
lo. Potente impotente. Eppure a un certo
punto, per forza paradossale di cose, dovrà
portare sul dorso, ferito, chi gli assassinò il
figlio e la nuora (i genitori del nipotino pre-
diletto). E, nel finale, di nuovo per via dello
stesso paradosso tenacemente perseguito
dall’autore (sempre con reinventato gioco
sadico, da differente President della regia),
saprà forse ispirare pietà. Non soltanto tagli
di testa. E di testo.
La vita è bella (1997) che, pur con tutti i suoi
difetti, aveva intuito la necessità di spezzet-
tare la Storia, fingerla per riedificarla. Chi lo
accostava a Charlot, sia pure per superficiali
motivi, non aveva tutti i torti.
Rischia per questo di frastornare, confonde-
re, sembrare poco omogeneo The President.
Però proprio in questi quadri di un’esposi-
zione cinematografica, preparati con cura
anarchica da gallerista eccentrico, insieme
alla moglie Marzieh Meshkini, co-autrice
della sceneggiatura, è riposto il senso del
film, non certo negli enunciati didascalici di
quei personaggi che sembrano dei ex ma-
china, infilati per riassumerne il messaggio.
Non possiamo comportarci peggio di chi
attacchiamo; bisogna spezzare la dolorifica
catena della violenza, da cui poi non si esce
più…Sono ulteriori variazioni sul vero tema
duplicato ad libitum. L’occhio frastornato
di segni, lo spettatore spronato a caricare
e scaricare il senso tra mille visioni e mille
retoriche. Invocando, come il piccolo prota-
gonista, Maria, cioè l’identità originaria, una
nuvola di luce in mezzo al caos.
«Dobbiamo recitare, come fossimo attori»
chiede il nonno al nipotino. Sono in fuga dalla
folla vendicativa, viaggiano in un maxi-testo
postmoderno da fare a pezzi con lo stesso
suo linguaggio. Omeopatia dello sguardo
bacato. E in uno zapping continuo, si traveste
anche il plot per svestire gli occhi di attanti e
spettatori. Vecchio e bambino, dopo aver fat-
to un giro tra le persone (il barbiere, i militari
lascivi, una prostituta, ex prigionieri politici
e contadini), i toni (satirico, drammatico,
28 In giro
Le pietre della discordia!
n.102
di
http://paesaggioteramano.blogspot.itSergioScacchia
Il TeatroRomano
sebbene soffocato dall’indifferenza e da due obbrobri di palazzi, il Salvo-
ni e l’Adamoli, che dai tempi del fascismo vengono annunciati in prossi-
mo abbattimento, ma che resistono imperterriti nel rovinare l’insieme e
il colpo d’occhio in grado di arricchire il turismo in città.
È ancora al suo posto sebbene rimaneggiato da vari interventi disastrosi
come quello in cui la “cavea” venne deturpata dalle ruspe che fecero
cadere delle arcate che oggi non esistono più.
Nel frattempo anche il vicino Anfiteatro è stato “violentato” negli anni’60
e ’70 quando improvvide licenze hanno permesso costruzioni come il
palazzo vescovile della Curia, quasi raddoppiato nella sua ampiezza fino
a toccare e in alcuni casi ad abbattere arcate di pietre millenarie.
Da anni ci si riempie la bocca di un percorso storico che regali, al
visitatore, l’inedita sensazione di vivere come dentro una macchina del
tempo, in una sorta di “Piccola Roma”.
È chiaro a tutti che i palazzi sarebbero da abbattere. Chissà cosa usci-
rebbe ancora fuori dal sottoterra durante i lavori?
Se non avesse ragionato in questi termini lo storico e archeologo
teramano, Francesco Savini nel lontano 1902, oggi non avremmo questa
grande porzione di monumento storico.
Se Teramo prendesse a esempio la capitale d’Italia, Roma, che negli anni
trenta iniziò un cammino di estrazione di quello che un tempo era la
magnifica area dei Fori Imperiali, oggi la città sarebbe meno povera e più
ambita da chi viene in Abruzzo.
Opportunismo, incuria, improvvisazione, indifferenza, imbrogli, specula-
zioni affaristiche, abbiamo visto di tutto nella storia recente del Teatro
Romano e dei palazzi centenari che lo coronano.
Tutto questo continua coerentemente in località Ponte Messato della
Cona dove, sul percorso archeologico della cosiddetta antica “via Appia
teramana”, hanno costruito palazzine, sotterrando irrimediabilmente la
storia e soffocandola di cemento armato!
Tant’è! Nessuno può negare che la Regione Abruzzo, la Provincia di
Teramo, la Sopraintendenza alle Belle Arti, il Ministero dei Beni Culturali
e perfino il Comune, si siano mostrati negli anni inadeguati a gestire un
problema d’immagine di enormi proporzioni.
Di questi esempi negativi l’Abruzzo è pieno! Si pensi all’attuale ab-
bandono al suo destino dell’Aquila, la mancata valorizzazione di aree
pregiate per la storia, penso al borgo medievale di Castelbasso, vicino a
noi oppure la mancata riqualificazione di grandi conventi come quello
di San Giovanni di Capestrano o delle numerose abbazie cistercensi,
l’abbandono di antichi
conventi, i numerosi
ponti romani nel degrado
assoluto.
Purtroppo la Storia,
quella con la S maiuscola
viene violentata giorno per
giorno!
La speranza è che il
progetto finanziato dalla
Fondazione Tercas, fra le
istituzioni più interessate
al recupero, presentato
alla Regione Abruzzo,
prima o poi venga almeno
preso in considerazione!
iamo ancora qui ad aspettare che uno dei monumenti più impor-
tanti del centro Italia sia valorizzato definitivamente.
Credo converrete con me che, in qualsiasi città d’Italia, un monu-
mento come il Teatro Romano di Teramo sarebbe il classico fiore
all’occhiello del turismo storico e architettonico dell’intero Abruzzo.
Le pietre secolari, raffinate e eleganti, testimoniano la vocazione multi
millenaria della terra aprutina, testimone di civiltà antichissime che par-
tendo dai Pretuzi, Fenici, fino ai Romani, caratterizzarono la vita sociale
dei nostri luoghi.
Il monumento, al contrario, è segno di discordia e d’indifferenza.
Il meraviglioso Teatro che definirei “delle beffe”, continua da infiniti anni
a essere un esempio poco edificante di mala tutela, assolutamente da
non imitare, pur essendo, senza dubbio, il massimo bene archeologico
in regione.
Insieme a esempi fulgidi come gli antichi centri di Amiternum, in
prossimità dell’Aquila e Alba Fucens nel parco Velino Sirente, il teatro
rappresenta un unicum anche per la sua posizione al centro della città
e per quello che potrebbe rappresentare un percorso archeologico
ineguagliabile, tra anfiteatro, terme e antiche rue romane.
Parliamo a beneficio di chi non ha mai visitato Teramo, di un’opera
prodigiosa dell’era augustea, uno dei massimi esempi dei tempi d’oro
dell’antica Roma, costruita nel secondo secolo dopo Cristo con l’impera-
tore Adriano.
È un unicum di una città
che è un incredibile con-
centrato di arte e storia,
sottovalutata anche dai
suoi cittadini che ignorano
quale tesoro di percorso
potrebbe nascere dalle
pietre dell’Anfiteatro del I
secolo, la Domus Romana
e la successiva basilica del
VI secolo d.C.
Oggi, dopo millenni e cata-
clismi, fra cui quello ultimo,
disastroso del sisma nel
2009, il teatro è ancora lì,
S
29n.102
anche il numero eccessivo di ore assegnate ad alcune società a
discapito di altre. Ci si augura che tali orari possano essere rivisti
e distribuiti in modo più equo.
Venendo all’attività agonistica, il 13 settembre sono state asse-
gnate a Pescara, nell’ambito dell’Handball Day le Supercoppe
maschile a femminile, rispettivamente al Carpi contro il Fasano e
al Conversano contro il Salerno.
Il 20 settembre sono iniziati i Campionati di Serie A1 maschile e
femminile. Ai nastri di partenza nella A1 femminile si presenta per
il secondo anno la squadra teramana Nuova H.F. Teramo, per
intenderci quella del Presidente Candelori e del General Manager
Roberto Canzio, che nella prima giornata affronta in casa la fre-
sca vincitrice della Supercoppa, Con-
versano. Ai nastri di partenza invece
della A2 femminile ci sarà anche una
squadra teramana allenata da Serafino
Labrecciosa: l’H.C. Team Teramo che
lunedì 15 ha iniziato la preparazione al
Campionato che partirà il 22 novem-
bre in casa contro il Civitavecchia.
L’H.C. Team Teramo disputerà le gare
casalinghe al Palacquaviva la domeni-
ca pomeriggio alle 17,00.
Per quanto riguarda il settore maschi-
le, bisognerà attendere novembre per
vedere all’opera squadre teramane.
Infatti la vecchia Teknoelettronica
che quest’anno si chiama H.C. Team
Teramo disputerà il campionato di Se-
rie B, non essendosi iscritta a quelli di
A1 o A2. Esiste inoltre un’altra società,
la Lyons Teramo, che farà attività
agonistica e sui cui programmi saremo
più precisi nel prossimo numero.
ra le tante tegole che si abbattono a vario titolo sullo
sport teramano e per non farsi mancare nulla, c’è ora la
problematica della gestione degli impianti sportivi che ha
creato grande malcontento tra
le innumerevoli società che usufruisco-
no degli stessi. Il loro costo ha subito
nell’ultimo anno una crescita espo-
nenziale, dovuta dicono alle eccessive
richieste della società affidataria degli
impianti che, dopo un bando dell’Am-
ministrazione Comunale non andato a
buon fine se ne è aggiudicata la gestio-
ne in trattativa privata, non si capisce
bene se invitata o propostasi e in base
a quali competenze. Tra l’altro detta
società (s.r.l.) non ha tra gli scopi so-
ciali quello della gestione degli impianti
sportivi (fonte Camera di Commercio di
Teramo). Svista, errore di valutazione o
che altro?
Tale situazione rischia di compromet-
tere l’attività di molte società sportive
che in base alle eccessive richieste
della società di gestione rischiano
di chiudere i battenti. Ha fatto ridire
Sport
...ed altro ancora
Pallamano
T
dalla
30 Calcion.102
di
Il Teramorimediati è alquanto deficitario e non esprime il valore tecnico espresso
dalla squadra sul rettangolo di gioco. Episodi, concomitanze, incertezze
ed errori evitabili sembrano trascinare il Teramo in una direzione non
consona alle aspettative. In realtà è il modo per giustificare, a ragione,
che l’avvio non è dei migliori, come quelli vissuti negli ultimi anni. I più
saggi ricordano che chi parte troppo forte, strada facendo, spesso paga
dazio per lo sforzo profuso inizialmente. Un avvio lento, quindi, può
essere opportuno per poi concentrare tutte le forze nel finale, fase
molto delicata che deciderà il destino di ciascuna formazione. L’organi-
co è stato rinnovato e integrato con importanti calciatori, tecnicamente
adeguati alla categoria. Le premesse per un
campionato da disputare in tranquillità ci
sono tutte, basta attivarle in modo giusto.
L’ amalgama non sempre la si ottiene con
celerità, anzi spesso si concretizza a sta-
gione inoltrata. E’ quello che sta vivendo la
formazione biancorossa e il suo timoniere
Vivarini . Il tecnico biancorosso alterna
giudizi positivi al collettivo e un po’ meno
ai singoli dai quali pretende il contributo
che ciascun è in grado di dare. Gioca bene,
diverte ma raccoglie poco. Partire sempre
in prima fila è stata una costante negli ultimi
anni. Prima o poi doveva succedere un avvio
più lento e proprio questa sarà l’annata che vedrà il Diavolo progressi-
vamente guadagnarsi la permanenza nella categoria con parsimonia e
saggezza senza il botto di grande risonanza .
a un campionato per molti aspetti anomalo, quello concluso
nella scorsa primavera, ad un altro, quello appena iniziato, de-
cisamente diverso e più competitivo. E’ il percorso attuale del
Teramo che cerca di dare continuità
al prestigioso curriculum guadagnato negli
ultimi anni. Più si va in alto e più diventa dif-
ficile competere con realtà calcistiche tradi-
zionalmente abituate a calcare palcoscenici
di alto livello. La tradizione e le potenzialità
economiche sono sicuramente importanti,
ma non sempre sono sufficienti per portare
avanti duraturi progetti se non sono sup-
portati da volontà e determinazione. Proprio
questi ultimi aspetti caratterizzano la
Società del Teramo Calcio, fortemente moti-
vata a conservare la categoria conquistata
con merito. Il calcio di agosto, solitamente
considerato bugiardo, ha messo in evidenza aspetti tecnici confortanti
non adeguatamente ripagati dai risultati. L’avvio del campionato non
è stato diverso e, a dispetto di buone prestazioni , il carnet dei punti
D
Foto Vincenzo Ranalli