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Un’analisi critica delle risposte ultrasonore ottenute da
difetti artificiali e cricche di fatica
M. Carboni, A. Paraboschi
Dipartimento di Meccanica, Politecnico di Milano
Via La Masa 34, 20156 Milano
Tel. +39-02-23998253, Fax +39-02-23998202, E-mail: [email protected]
SOMMARIO Nel campo delle PnD, le relazioni quantitative tra la risposta del metodo adottato e la
dimensione del difetto sono tipicamente fornite o ricavate in funzione di una opportuna
dimensione lineare (profondità, diametro,…) del difetto stesso. Esempi di tali relazioni
sono le curve “Probability of Detection”, le curve ADA per il metodo UT o i limiti di
accettabilità del metodo PT applicato alle saldature.
La presente memoria analizza le risposte UT ottenute sperimentalmente da cricche di
fatica generate su assili ferroviari e le confronta con quelle ricavate da difetti artificiali di
forme significativamente differenti ottenuti mediante lavorazioni tradizionali (fori e
fresate) o innovative (difetti concavi o convessi per elettro-erosione). Le misure sono state
eseguite sia mediante sonde tradizionali monocristallo, sia mediante un sistema phased
array. L’elaborazione dei risultati sperimentali ha permesso di osservare che le curve
ottenute dai difetti artificiali, significativamente differenziate se diagrammate in funzione
della profondità del difetto, collassano su una singola curva, corrispondente a quella delle
cricche di fatica, se diagrammate in termini di area riflettente. Tale risultato permette di
ripensare in un’ottica completamente nuova la forma dei difetti artificiali adottabili, ad
esempio, in blocchi campione per la taratura dei sistemi UT per l’ispezione di assili
ferroviari sia in fase di produzione, sia di manutenzione durante il normale esercizio.
1. INTRODUZIONE Nel campo delle PnD, le relazioni quantitative tra la risposta del metodo adottato e la
dimensione del difetto sono tipicamente fornite o ricavate in funzione di una opportuna
dimensione lineare (profondità, diametro,…) del difetto stesso. Esempi di tali relazioni
sono le curve “Probability of Detection” [1], le curve ADA per il metodo UT [2] o i limiti
di accettabilità del metodo PT applicato alle saldature [3].
Un altro aspetto importante delle PnD è la pratica comune di progettare e realizzare i
blocchi di taratura basandosi su difetti artificiali descriventi la forma di cricche o difetti
naturali, ma non le loro caratteristiche micro-superficiali (scabrezza, chiusura e
contatto,…) tipiche del danneggiamento in servizio e che potrebbero avere un effetto sulle
risposte ottenute durante l’ispezione. L’efficacia di tale pratica, dovuta comprensibilmente
a specifiche di costo, tempo e difficoltà di realizzazione, è uno degli aspetti più dibattuti
nel campo PnD (si vedano ad esempio [4] e [5]).
La presente memoria analizza le risposte UT ottenute sperimentalmente da cricche di
fatica generate su assili ferroviari e le confronta con quelle ricavate da difetti artificiali, di
forme significativamente differenti, ottenuti mediante lavorazioni tradizionali (fori e
fresate) o innovative (difetti concavi o convessi per elettro-erosione). Le misure sono state
eseguite sia mediante sonde tradizionali monocristallo, sia mediante un sistema phased
array. Basandosi su un approccio recentemente presentato dagli autori [6], l’elaborazione
dei risultati sperimentali ha permesso di osservare che le curve ottenute dai difetti
artificiali, significativamente differenziate se diagrammate in funzione della profondità del
difetto, collassano su una singola curva, corrispondente a quella delle cricche di fatica, se
diagrammate in termini di area riflettente. Tale risultato permette di ripensare in un’ottica
completamente nuova la forma dei difetti artificiali adottabili, ad esempio, in blocchi
campione per la taratura dei sistemi UT per l’ispezione di assili ferroviari sia in fase di
produzione, sia di manutenzione durante il normale esercizio.
2. ANALISI DEI DIFETTI ARTIFICIALI
2.1. Set-up sperimentale I difetti artificiali analizzati sono stati ricavati sulla superficie di due distinte sezioni di un
corpo assile cavo (Dest=152 mm) prodotto in acciaio A4T mediante differenti lavorazioni
tecnologiche (Fig. 1). Sono presenti quindici discontinuità: quattro fresate (d=0.5, 1, 2 e 3
mm), tre fori passanti (d=3, 4 e 6 mm) e otto intagli da elettroerosione, di cui quattro
convessi (d=1, 2, 4 e 8 mm), a simulare la forma di cricche di fatica [7], e quattro concavi
(d=0.5, 1, 2 e 3 mm), più simili a cricche da fretting-fatica [7].
Le misure sperimentali sono state effettuate mediante una centralina tradizionale UT
digitale Gilardoni RDG 500 [8] (Fig. 2a) ed una centralina UT “phased array” Harfang X-
32 [9] (Fig. 2b).
La centralina RDG500 è stata utilizzata in combinazione ad una sonda ATM45-4 a singolo
cristallo piezoelettrico di dimensioni 8x9 mm, con frequenza 4 MHz e inclinazione del
fascio all’interno del materiale pari a 45° [10-11]. La centralina Harfang X-32 è stata
invece abbinata ad una sonda di frequenza 5 MHz a 32 cristalli disposti linearmente (1D
linear phased array) con passo 0.8 mm e dimensioni 0.762x12 mm [12]. Anche in questo
caso, sono state prese a riferimento e memorizzate le misure relative all’A-scan ottenuto
con fascio inclinato a 45°. In entrambi i casi, l’accoppiamento con i pezzi campione o gli
assili in prova è stato ottenuto mediante grasso e opportuni zoccoli sagomati realizzati in
plexiglass (RDG500) o rexolite (X-32).
Figura 1 – Difetti artificiali ottenuti per operazioni tecnologiche tradizionali ed elettro-erosione.
fresata
foro
(a) (b)
Figura 2 – Strumentazione adottata nella campagna sperimentale: a) Gilardoni RDG500; b) Harfang X-
32.
L’ispezione è stata condotta registrando le massime risposte in secondo percorso (Fig. 3)
ottenute da tutti i difetti. In particolare, sono stati memorizzati i valori di guadagno
necessari per portare il picco di risposta dell’A-Scan al 90% (RDG 500) o al 80% (X-32)
dello schermo.
Figura 3 – Schema adottato per l’ispezione dei difetti artificiali.
2.2. Risultati e discussione
Innanzitutto, come atteso e per entrambi gli strumenti, all’aumentare della dimensione del
difetto è stata necessaria una quantità decrescente di energia sonora. Inoltre, i fori non
verranno più considerati nel seguito in quanto particolarmente complessi (superficie
riflettente curva) e caratterizzati da una dimensione lineare non omogenea con quella degli
altri difetti. Figure 4a e b mostrano, quindi, il confronto dei valori ottenuti, con i due
strumenti, in funzione della profondità del difetto.
E’ chiaramente possibile osservare una dipendenza delle risposte UT dalla geometria del
difetto. In particolare, fresate ed intagli concavi, geometricamente simili tra loro,
sembrano rispondere in maniera analoga, mentre gli intagli convessi, a pari profondità,
rispondono in modo significativamente differente.
Come già evidenziato in [6], tutto ciò è indicativo di come non sia sufficiente la profondità
per caratterizzare efficacemente i difetti dal punto di vista dell’ispezione UT. Può essere,
invece, interessante considerare la superficie del difetto effettivamente investita dal fascio
ultrasonoro (Fig. 4c e d). In questo caso, la dipendenza dalla forma dell’intaglio sembra
sparire in quanto le curve in termini di profondità collassano su un’unica curva.
E’ anche molto interessante notare da Fig. 4e e f, come tale curva diventi lineare in un
diagramma semi-logaritmico. In particolare, Figura 5 mostra un confronto tra le
interpolazioni lineari dei dati ottenuti per mezzo di entrambi gli strumenti. Da questo
diagramma possono essere tratte alcune interessanti conclusioni: i) i valori di R2, insieme
eventualmente ai residui non rappresentati, indicano come le due rette interpolino
egregiamente i dati; ii) i coefficienti angolari delle due rette sono praticamente coincidenti,
ad indicare una sensibilità relativa confrontabile tra i due strumenti; iii) si ha una
differenza sistematica tra le due rette dovuta alla diversa tecnologia alla base dei due
strumenti.
(a) (b)
(c) (d)
(e) (f)
Figura 4 – Risposte UT degli intagli artificiali in funzione della profondità (a – RDG500, b – X-32),
dell’area investita (c – RDG500, d – X-32) e in scala logaritmica (e – RDG500, f – X-32).
Figura 5 – Andamento lineare delle risposte UT in termini di area investita e confronto tra RDG500 e X-
32.
3. ANALISI DELLE CRICCHE DI FATICA
3.1. Prove di propagazione full-scale Nell’ottica di ottenere le risposte UT di cricche naturali di fatica, tre prove di propagazione
full-scale sono state eseguite su assili cavi (Dest=152 mm) prodotti in acciaio A4T
mediante il banco dinamico assili [13] situato presso i laboratori del Dipartimento di
Meccanica del Politecnico di Milano e mostrato un Figura 6. Lo schema del banco è
assimilabile ad una flessione rotante su tre punti, mentre il monitoraggio dell’avanzamento
superficiale della cricca avviene tramite un sistema telecamera-microscopio. Con il
sistema descritto, certificato in qualità ISO9001, è possibile caratterizzare il
comportamento a fatica e a propagazione di assili soggetti a carichi ad ampiezza costante e
variabile.
Figura 6 – Banco dinamico per prove di fatica di assili full-scale.
L’innesco della frattura è stato realizzato sul corpo assile a breve distanza (104 mm) dalla
battuta del cuscinetto centrale ed è costituito da una serie di micro-fori, realizzati con
un’apposita fresa, ben visibili dalle immagini di Figura 7.
Figura 7 – Micro-fori artificiali di innesco della cricca di fatica.
La stima della profondità del difetto ai vari stadi dell’evoluzione viene tipicamente
effettuata, a partire dalla lunghezza superficiale misurata, per mezzo della seguente
espressione [14]:
( )θθ sectan1 −+= ra , D
c
r
c 2==θ (1)
dove a rappresenta la profondità, c la semi-lunghezza superficiale misurata, mentre D = 2r
il diametro dell’assile.
3.2. Misure UT delle cricche di fatica
Durante le prove di propagazione sono stati effettuati controlli UT, con entrambe le
strumentazioni già descritte in precedenza, cadenzati in base all’avanzamento della
profondità della cricca di fatica pari a circa 1 mm e seguendo lo stesso schema di ispezione
già utilizzato per i difetti artificiali e mostrato in Figura 3.
Rappresentando in un grafico i valori ottenuti in funzione delle profondità e delle superfici
investite, è possibile effettuare il confronto con le curve ricavate per i difetti artificiali (in
Figura 8 sono mostrati i risultati relativi soltanto all’RDG500, del tutto equivalenti rispetto
a quanto ottenuto per mezzo dell’X-32).
(a) (b)
Figura 8 – Confronto tra le risposte UT di difetti artificiali e cricche naturali di fatica intermini di
profondità (a) e di superficie investita (b).
L’andamento dei dati relativi alle cricche naturali in termini di profondità sembra
avvicinare quello relativo ai difetti convessi. Questa osservazione rafforza le ipotesi fatte
in precedenza sull’influenza, nel caso di una rappresentazione tradizionale, della forma del
difetto sulla risposta UT (la forma della cricca di fatica è geometricamente simile a quella
dei difetti convessi). Vi sono tuttavia anche delle differenze in quanto a pari profondità la
cricca naturale risponde meno: ciò potrebbe essere in parte legato ai fattori micro-
superficiali già descritti in precedenza.
Rappresentando, invece, i dati in funzione della superficie del difetto investita dal fascio,
si ha come risultato l’annullamento della dipendenza dalla tipologia del difetto (Fig. 8b).
E’ comunque doveroso far notare la presenza di uno scarto significativo dei dati, dovuto
non solo a caratteristiche intrinseche dei difetti, ma molto probabilmente anche a fattori
umani ed ambientali inevitabilmente presenti durante le ispezioni. Rimane che la
situazione delle risposte sembra in generale migliore considerando l’area investita del
difetto.
(a) (b)
(c) (d)
Figura 9 – Confronto tra le risposte UT di difetti artificiali e cricche naturali di fatica intermini di
profondità (a) e di superficie investita (b).
Tale conclusione è stata verificata analizzando l’andamento dei residui delle risposte UT
rispetto a quelle delle fresate, prese come riferimento in quanto difetto tradizionale e ben
conosciuto (Fig. 9a e b). Il calcolo è stato effettuato sia per la rappresentazione in funzione
della profondità, sia per la rappresentazione in funzione della superficie investita e i
risultati sono stati paragonati (Fig. 9c e d). Si è scelto per semplicità, anche in questo caso,
di considerare esclusivamente i dati rilevati in secondo percorso per mezzo della
strumentazione RDG500.
Come si può osservare, nel caso di Figura 9c solo il 40.6% delle risposte ha scostamento,
in valore assoluto, inferiore al 5% e il 56.3% inferiore al 10% (vi sono 6 valori oltre il 20%
di scarto). Per quanto riguarda, invece, i risultati di Figura 9d si ha il 62.5% dei punti nella
fascia ±5% e l’87.5% nella fascia ± 10% (i punti oltre il 20% di scarto in questo caso sono
solo 2 e si riferiscono alle misure effettuate sugli assili prima dell’inizio della prova di
propagazione).
4. CONCLUSIONI Le risposte UT provenienti da difetti artificiali di geometria molto diversa e cricche
naturali da fatica tipicamente riscontrate e qui appositamente ottenute, su assili ferroviari
sono state confrontate ottenendo le seguenti conclusioni:
• la tradizionale pratica di diagrammare i risultati in termini di una dimensione lineare
caratteristica del difetto si è dimostrata meno efficace rispetto al considerare l’area del
difetto stesso effettivamente investita dal fascio ultrasonoro. In particolare, questa
seconda rappresentazione permette di rendere le risposte sperimentali indipendenti
dalla forma del difetto;
• le risposte in termini di area investita si atteggiano ad una retta se diagrammate in un
diagramma semi-logaritmico;
• dal punto di vista metodologico-sperimentale, utilizzare una centralina tradizionale con
sonda monocristallo od un sistema più evoluto phased array produce gli stessi risultati.
Rimane che il secondo sistema permette analisi e facilitazioni all’utente impensabili per
il primo;
• anche le risposte di cricche naturali di fatica a forma tipicamente convessa ottenute
durante prove di propagazione full-scale su assili ferroviari si adagiano efficacemente
sulla curva effettiva diagrammata in termini di area investita;
• l’analisi dei residui ha mostrato chiaramente il vantaggio di diagrammare le risposte
UT di difetti artificiali e naturali in termini di area investita rispetto alla dimensione
lineare caratteristica.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] G.A. Georgiou, Probability of Detection (POD) curves: derivation, applications and
limitations, Research Report 454, HSE Books, Health and Safety, Executive, UK,
2006.
[2] AIM, Le prove non distruttive, 1999.
[3] UNI EN 1289, Controllo non distruttivo delle saldature – Controllo delle saldature
mediante liquidi penetranti – Livelli di accettabilità, 2006.
[4] D. Piotrowski, M.D. Bode, NDT comparisons of in-service cracks, manufactured
cracks and EDM notches, RQNE 26, pp. 1855-1862, 2007.
[5] C. Pecorari, M. Poznić, Nonlinear acoustic scattering by a partially closed surface-
breaking crack, J. Acoust. Soc. Am. Volume 117, pp. 592-600, 2005.
[6] M. Carboni, An Analysis of UT Echoes Coming from Fatigue Cracks and Artificial
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28 Oct 2008, Shanghai, China.
[7] J. Schijve, Fatigue of structures and materials, Second edition, Springer, 2003.
[8] Gilardoni S.p.a., Modo d’Uso Rilevatore Ultrasonoro Digitale Universale Gilardoni
RDG 500.
[9] Harfang Microtechniques Inc., X-32 User’s manual (Version 2.33R), Quebec City,
QC, 2006.
[10] IAEA, Ultrasonic Testing of Material at Level 2, Training Manual for Non-
Destructive Testing Techniques, Vienna, 1988.
[11] Krautkramer J., Krautkramer H., Ultrasonic Testing of Materials, 4th Edition,
Springer-Verlag, 1990.
[12] Harfang Microtechniques Inc., User’s Probe Booklet, DAAH for Ultrasound NDT.
[13] M. Carboni, M. De Mori, Dipartimento di Meccanica, Sistema Qualità, Politecnico
di Milano, Uso e Gestione del Banco Dinamico Assili.
[14] NASGRO Consortium, “NASGRO v.4.23 – Fracture Mechanics and Fatigue Crack
Growth Analysis Software”, User’s Manual, 2005.