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Poste Italiane spa - Spedizione in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1, comma 1, DCB/CN - anno IV - numero 14 - Marzo - Aprile 2012 Version française - Contiene I.P. e 5,00 Vino | St. Devote Monaco | Pasqua | Processione Granda del Mortorio | Antiquariato a Saluzzo | Pallapugno | Cherasco gianmaria griglio frutta e dintorni meraviglia di roero la nostra terra perfezione di natura

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Il magazine della provincia di Cuneo marzo/aprile 2012

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Ente organizzatore: Fondazione Amleto Bertoni • Città di SaluzzoPer informazioni: Tel 0175.43527 • Fax 0175.42427 • www.saluzzoantiquariato.it • [email protected]

Mostra NazioNale di aNtiquariatoXXXV

Con il contributo di:

Lunedì, martedì, mercoledì, giovedì, venerdìdalle 15,00 alle 20,00

Sabato e domenicadalle 10,00 alle 20,00

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A volte non è necessario inventarsi nulla. Prendere semplicemente spunto da ciò che ci circonda, con un attento spirito di osservazione, può essere molto più stimolante di laboriose ricerche di marketing o analisi di mercato.È esattamente quello che cerchiamo di fare noi e forse è anche un po’ la chiave del nostro successo.Il territorio intorno a noi è un continuo stimolo: natura, economia, personaggi, arte, gastronomia... Un patrimonio ed una varietà che è ricchezza a disposizione, da osservare e valorizzare, senza enfasi e ossequi superflui, in un racconto che diventa scoperta, ogni volta nuova. Semplicità che diventa eleganza di stile, portando la cuneesità a distinguersi, sempre più spesso, anche fuori dai propri confini. Così in questo numero numero conosciamo GianMaria Griglio, giovane musicista e direttore dell’International Opera Theater di Philadelphia, rappresentante della generazione “under 40”, attiva e intraprendente. Come lui molti altri portano la propria “arte” a farsi conoscere fuori dai propri locali, in giro per il mondo, facendo assaporare gusti e profumi della nostra terra: sono gli chef stellati, riconosciuti e ricercati come vere stars. Intanto la primavera risveglia la terra, vera ricchezza di un territorio che ha nell’agricoltura un’importante protagonista dell’economia. E con la primavera arriva la Pasqua, rappresentata dall’uovo, simbolo di rinascita, da scoprire nelle sue varie declinazioni e arriva anche la voglia di uscire, alla ricerca di curiosità: a Villafalletto, per partecipare all’antica “processione granda del mortorio”, a Saluzzo, per l’importante Mostra di Antiquariato, a Monte Carlo, per il festival musicale di primavera, fra la natura e le meraviglie del Roero, o ancora alla ricerca delle piazze dove si pratica l’antico gioco della “pallapugno”, oppure a Cherasco, per respirare la storia dei suoi antichi e bellissimi palazzi.Con semplicità, orgogliosi di appartenere a questa terra.

Roberto Audisiodirettore artistico

[email protected]

EDITORIALE

Happy EasterGëzuar PashkëtHyvää pääsiäistäSretan UskrsFelices PascuasFrohe OsternFeliços PascuasJoyeuses PâquesGod påske

BUONA PASQUA

lo staff [UNICO]

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AlessioBotto DIRETTORERESPONSABILE

[email protected]

CONTRIBUTORS

con il patrocinio di:

Si ringraziano tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo numero

hanno scritto:

Roberto AudisioEnrico BertoneMaria BolognaKathrin Büchler Vanina CartaFrancesco DoglioEmma FacchiNicola FerreroGiovanna FocoFabrizio GardinaliAxel IbertiFederico MattaLuca MorosiAlessandro ParolaRosaria RavasioMonia ReDavide TestaGuido TestaGiorgio TrichiloValentina Varini

traduzioni: Lidia Dutto

hanno fotografato:

Archivio Ente Turismo AlbaBra Langhe e RoeroArchivio Fipap Alex AstegianoRoberto AudisioEnrico BertoneMaria BolognaBekim BushatiAndrea CiriminnaFrancesco DoglioDavide DuttoMarco Bertorello Dario FusaroCharly GalloGiancarlo GariglioAdline GhaniMara GiraudoGreen House of FashionGuido HarariI Baloss di Poggio Radicati ImmaginareIverdemare

Matthew MolchenDaniele MolinerisBruno MurialdoOrtofruit ItaliaGuido PedronPress office ClaasPress office Confindustria CuneoPress office Dentis srlPress office Printemps des ArtsPress office MerloPress office SupertinoRealisRocche CostamagnaLuca RostagnoC. Sappa – Az. Agr. M. CorreggiaC. Sappa – Az. Agr. Ca’ RossaMichael SazelMarina ShemeshDonatella SimeoneUIM – Raffaello BastianiValentina VariniVinexpo

aderente a:

RobertoAudisio DIRETTOREARTISTICO

[email protected]

JolandaBivona DIREZIONEMARKETING & PUBBLICITÀ

[email protected]+39.388.61.86.091

Rivista bimestrale della provincia di CuneoAnno IV • Numero 14 • Marzo - Aprile 2012

Direttore responsabile:Alessio Botto • [email protected]

Direttore artistico:Roberto Audisio • [email protected]

Redazione centrale:Giovanna Foco • [email protected]

Redazione Monaco:Maria Bologna • [email protected]

Editing di redazione:Vanina Carta • [email protected]

Concessionaria unica di pubblicità:BB Europa Edizioni • via degli artigiani, 17 - Cuneo

Direzione Marketing & pubblicità:Jolanda Bivona • [email protected]. +39.388.61.86.091

[UNICO] è una pubblicazione di BB Europa EdizioniVia degli Artigiani, 17 • 12100 Cuneo tel. +39.0171.60.36.33Reg. Trib. di Cuneo n. 617 del 1 Agosto 2009

Stampa:TIPOLITOEUROPA • [email protected] • www.tipolitoeuropa.com

Tutti i diritti riservati, è vietata la pubblicazione, anche parziale, senza l’autorizzazione dell’Editore© BB Europa Edizioni. Nell’eventualità che testi e illustrazioni di terze persone siano riprodotti in questa pubblicazione, l’editore è a disposizione degli aventi diritto non citati. L’editore porrà inoltre rimedio, a seguito di segnalazione, ad eventuali non volute omissioni e/o errori nei relativi riferimenti.

Garanzia di riservatezza per gli abbonati.L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiedere gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a: “BB Europa Edizioni” - Responsabile dati UNICO - Via degli Artigiani, 17 - 12100 Cuneo. Le informazioni custodite nell’archivio elettronico della “BB Europa Edizioni” saranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati la testata e gli allegati, anche pubblicitari, di interesse pubblico (legge 675/96).

Puoi trovare [UNICO] nelle migliori Edicole della provincia di Cuneo. A Torino nella Libreria Internazionale Luxembourg. Nei migliori locali del Principato di Monaco.

Questo numero è stato chiuso in redazione il 5 marzo 2012.

In copertina: quasi primavera di Daniele Molineris.

Seguici su facebookUNICO PEOPLE & STYLE

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UNDER 4014 | musica maestro

SOCIETÀ E COSTUME17 | il vino che evolve

TRADIZIONI22 | processione granda del mortorio

STORIA E STORIE28 | il fascino di un rito

EVENTI26 | printemps des arts a monte-carlo38 | eccelsa saluzzo antiquaria

LIFE-STYLE32 | perfezione di natura36 | luoghi e capitali del gusto

VIAGGI42 | meraviglia di roero

SPORT48 | tradizione e anima, la pallapugno

IN CASA DI52 | elogio della semplicità

ATTUALITÀ61 | riuso per il business72 | le stelle stanno a guardare

ECONOMIA66 | progettando il domani74 | creatività di successo77 | la terra è signora

ITINERARI55 | eden tra ieri e oggi82 | cherasco la nobile

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SOMMARIO

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5 | EDITORIALE

7 | SOMMARIO

8 | PRIMO PIANO

87 | L’INTERVISTA IMPOSSIBILE

94 | LIFE-STYLE

98 | PASSAPAROLA

100 | ARTE

101 | BONTÀ A TAVOLA

102 | LEGGE

103 | IN VETRINA - DESIGN

104 | BON-TON

107 | FINANZA

110 | TRADUCTION FRANÇAISE

RUBRICHE

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PrimoPianoTERZA EDIZIONE DEL TROFEO ALPI MARITTIMESabato 12 maggio 2012 presso il palazzet-to di Borgo S. Dalmazzo alle ore 20,00 si ripete la 3ª edizione Trofeo Alpi Marittime memorial Antonio Piras. La serata inizia con la presentazione del settore giovanile con piccola esibizione, per poi partire con il pugilato dilettantistico con un dual match tra i nostri pugili borgarini opposti a diversi pugili piemontesi: 4 incontri maschili più due femminili. Finito il pugilato vengono proposte due discipline nuove che stanno riscuotendo un notevole successo in America, esibendosi non su dei ring ma ben sì in gabbie ottagonali chiuse, un misto di arti marziali chiamata MMA che aggiudicherà il titolo italiano nella categoria 80 kg.A seguire ancora un match di submission wrestling, una forma di combattimento a ter-ra, per entrare poi nel vivo della kick boxing con due incontri di livello internazionale nella disciplina del K1 e finire con il mondiale professionistico di full-contact sulle 12 riprese Wako Pro World title cat. 52,700 kg tra il nostro beniamino Ivan Sciolla e il polacco Wojchiech Peryt. Aderenalina pura esaltata da una scenografia all’americana con musica, fumi e giochi di luce.

LURISIA INVESTE IN ALTRI GUSTIPER IL BENE BEREAcqua Tonica e Aranciata si aggiungono alla famiglia delle bibite Lurisia, già composta dalla Gazzosa e dal Chinotto. La nuova Aranciata è prodotta con le arance del Gargano Igp, un presidio Slow Food affacciato sull’adriatico, mentre per l’Acqua Tonica il presidio è quello Slow Food dei chinotti di Savona. Pe l’acqua tonica la tintura estratta dai chinotti sostituisce il tradizionale lime e il succo di limone.

“Scenari e prospettive della comunicazione ter-ritoriale locale: esame di un caso concreto”: il tema è stato suddiviso nei due aspetti, differenti ma sinergici, dell’informare e del comunicare. ll primo legato alle testate settimanali della provincia di Cuneo, il secondo ricondotto ad [UNICO] che è stato apprezzato come valore aggiunto e legato al concetto di “Marchio d’Area” del territorio. La discussione della tesi di Barbara Rinaudo è innovativa e apre scenari interessanti nel panorama della comunicazione. Relatore: prof. Filippo Monge. Co.relatore: prof. Paolo Gerbaldo, sociologo del territorio.

DI CULTURA NON SI MANGIA,MA SI EVITA DI ESSERE MANGIATIL’appuntamento per ragionare è il Laboratorio di Resistenza permanente a Serralunga d’Alba, nella teatro della Fondazione E. di Mirafiore, all’interno della riserva bionaturale di Fontanafredda. I prossimi appuntamenti vedono protagonisti: Piero Fassino (10 marzo), Dario Vergassola (14 marzo), Massimo Bottura (16 marzo), Matteo Marzotto (23 marzo), Ezio Mauro (31 marzo), Gianmaria Testa (14 aprile), Gavino Sanna (20 aprile), Massimo Gramellini (21 aprile). Per info: www.fondazionemirafiori.it

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Quando si decide di cedere la propria attività è essen-ziale affi darsi ad un tecnico in grado di riconoscere l’e-satto valore di mercato delle aziende. Un professionista di sicura esperienza, che sappia sbrigare non solo le pratiche di mediazione, ma sia competente anche nel seguire di-rettamente il cliente dalla valutazione patrimoniale al compromesso. Cuneo Aziende, società leader in intermediazione e cessione di aziende è da circa vent’anni punto di riferimento per le migliori compravendite svoltesi fra importanti realtà commerciali in tutto il Pie-monte ed anche in Liguria. «Quando prendo l’incarico di compravendita di una attività - puntualizza il titolare di Cuneo Aziende, Salvatore Di Martino - è perché ci credo e intravedo la strada da percorrere per raggiungere l’obiettivo.Il mio mandato esclusivo è garanzia per il cliente: nessuno deve perdere tempo». Cuneo Aziende, nella valutazione della attività, adotta parame-tri oggettivi: documenti alla mano. Ogni singola situazione è un fatto a sé e richiede tempismo e un adeguato approccio alle esigenze.La compravendita deve essere una garanzia sia per chi acquista sia per chi vende. «La mia professionalità – conclude Di Martino – è in grado di supportare la cessione di ogni genere di attività commerciale, con una particolare specializzazione per gli Alberghi, le Farmacie, le Tabaccherie. Questa preparazione mi ha permesso una conoscenza approfondita delle norme specifi che, di cui seguo sempre gli aggiornamenti. Ritengo che la com-pravendita debba assicurare serenità e certezze a chi chiude o apre una parentesi professionale. Nella mia esperienza di consulente per Associa-zione Artigiani, Unione Commercio Turismo e Servizi, o come iscritto all’UIC (Uffi cio Italiano Cambi) ho imparato che ogni cessione può diventare una opportunità. È questione di padronanza dei numeri».

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PrimoPiano

Continua fino all’11 marzo My back pages#1, la mostra curata da Guido Harari e dedicata a 40 anni di storia della musica, attraverso le immagini dei fotografi più prestigiosi. No, non sono solo canzonette. Il rock è diventato la colonna sonora di ormai quattro gene-razioni grazie a leggendari riff di chitarra o a testi che hanno cambiato il modo di pensare e comunicare dei giovani. Ma se i personaggi rock si sono trasformati in vere e proprie icone, questo lo si deve anche a una serie di fotografi che, al di là degli artisti, hanno saputo cattura-re con il loro obiettivo l’anima di questa musica. Al rapporto tra rock e fotografia è dedicata, la mostra curata da Guido Harari, il fotografo preferito da Lou Reed e Fabrizio De Andrè. Si tratta di un vero e proprio album, in cui scorrono le immagini dei grandi: da BB King ai Doors, passando per Ray Charles, Jimi Hendrix e molti altri. Un viaggio in quasi mezzo secolo di rock attraverso le immagini dello stesso Harari e di altri prestigiosi maestri, come Ed Caraeff, Henry Diltz, Herb Greene, Art Kane, Astrid Krichherr, Jim Marshall, Norman Steff e Bob Seidemann. Mer- sab: 10,30-12,30/15,30-19,30 Ingresso gratuito - My back pages#1 - Wall of Sound Gallery - Via Gastaldi, 4 - Alba (Cn) - Tel. 0173 362324.

“CUNEO CIAK - NUZ DA OSCAR”E’ il concorso, organizzato da Nuzweb in collaborazione con il Comune di Cuneo e la Cooperativa Sociale Momo all’interno del programma di eventi e laboratori Labirinto 2.0. L’obiettivo è promuovere l’uso creativo del linguaggio cinematografico e degli strumenti multimediali, la parteci-pazione ed il protagonismo giovanile. Aderire è semplice: basta realizzare un cortometraggio che abbia come tema una scena tratta dalle grandi pellicole della Storia del Cinema, dai Colossal, da film noti o vincitori di Oscar e premi speciali e... riproporla in chiave cuneese, utilizzando Cuneo come location o il cuneese come lingua del cortometraggio, o in qualsiasi altro modo possa venire in mente ai giovani video-makers. Il concorso, riservato ai giovani tra i 14 e i 35 anni, è completamente gratuito. Le opere devono pervenire alla redazione di Nuzweb entro e non oltre il 14 aprile 2012.Il regolamento integrale del concorso si trova suwww.nuzweb.tv

SALUZZO ARTE: APPUNTAMENTOAD APRILERitorna il tradizionale appuntamento di prima-vera dedicato all’arte contemporanea. Pittura, scultura, grafica, incisione, fotografia, design. In due parole: Saluzzo Arte. La rasse-gna di arte contemporanea, curata quest’anno da Paolo Infossi e Roberto Giordana, giunge ormai alla sua XVII edizione ed è in pro-gramma a Saluzzo dal 20 aprile al 6 maggio. Ancora una volta è ampio il ventaglio di novità e suggestioni offerte al visitatore. In primo piano spicca la mostra collaterale La natura silente, da De Chirico a Gilardi, curata da Giuseppe Biasutti. Il suo obiettivo è sondare il misterioso mondo delle “nature immobili”, attraverso le interpretazioni e le rappresenta-zioni creative offerte da artisti del Novecento e del mondo contemporaneo. Sono esposte opere di Arman, Giorgio De Chirico, Piero Ruggeri, Daniel Spoerri, Piero Gilardi, Aldo Mondino, Felice Casorati, Graham Sutherland, Mario Tozzi, Ennio Morlotti, Giorgio Griffa, Eu-genio Carmi, Filippo De Pisis, Nicola De Maria, Francesco Tabusso, Achille Perilli e molti altri. L’inaugurazione venerdì 20 aprile, ore 18,00.Saluzzo Arte - Piazza Montebello 1, SaluzzoGiov.-ven.: 15,00-19,00 - Sab.: 15,00-22,00Dom. e festivi: 15,00-19,00Info: Fondazione Amleto BertoniTel. 0175 43527 - www.fondazionebertoni.it

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PrimoPianoAGRITATA,LA “MARY POPPINS” DEI CAMPILe agritate arrivano in Piemonte con un progetto sperimentale della Coldiretti piemontese che è attuato sul territorio regionale in collaborazione con gli assessorati piemontesi alle Politiche Sociali, all’Istruzione e all’Agricoltura. Si tratta di una forma di accoglien-za dei bambini all’interno della famiglia e della casa nel contesto dell’azienda agricola. La sperimentazione dura tre anni, al termine dei quali ci si pone l’obiettivo di individuare la figura professionale dell’agritata che sara’ testata sul territorio con una trentina di pro-getti concreti. Il periodo primaverile - estivo è quello destinato alla formazione delle prime 30 operatrici agritata, attraverso un corso teorico-pratico di 400 ore. Poi parte il servizio sperimentale in alcune realtà. L’obiettivo è sopperire alle carenze dell’assistenza infantile statale, garantendo la personalizzazione del servizio, la flessibilità dell’orario, la capillarità sul territorio, la conciliazione dei tempi della vita famigliare e lavorativa. Per farlo Coldiretti Piemonte ha firmato un protocollo d’ intesa con l’Associazione Domus, leader nel settore a livello nazionale. Le agritate sono ormai una realtà consolidata in molte parti d’Italia, come il Trentino.

IL MONDO A PORTATA DI TRATTA. KPMG PROMUOVE LEVALDIGICreta è la destinazione prossima, grazie all’accordo tra il Tour Operator “Viaggi del Turchese” e Aeroporto Cuneo che con determinazione continua a programmare per consentire, innanzitutto, un servizio alla Granda. C’è chi si sposta per lavoro, chi per necessità familiari e chi per godersi una vacanza. Un esempio è la destinazione Trapani che riprende da fine marzo, con cadenza bisettimanale. E chi vuole andare ancora più giù, sorvolando l’intero stivale? Una idea: il Marocco del Nord. L’inizia-tiva è organizzata da “Viaggi Solidali”, in collaborazione con Air Arabia Maroc e prevede la partenza ogni primo lunedì del mese, a partire da marzo, sino a ottobre. L’aeroporto di Cuneo sta investendo nel futuro. I dati sono eloquenti e suffragano il fare del team aeroportuale: nel 2011 l’incremento passeggeri è stato del 25% rispetto all’anno precedente.

ANDREA DOVIZIOSO:IN PISTA CON LEOVINCESpingere sul gas. Sui circuiti del Moto GP come nei laboratori di ricerca e sviluppo: perché solo chi dà il massimo ottiene i migliori risultati. Questa filosofia unisce Andrea Dovizioso e LeoVince, di cui oggi il motociclista roma-gnolo è testimonial. LeoVince è un marchio leader nel settore degli scarichi speciali per motociclette, figlio del team di ingegneri e di tecnici della SITO, di Monticello d’Alba. L’azienda del Roero, solo nel 2011, ha visto i suoi prodotti montati sulle moto vincitrici di 4 categorie di campionati mondiali e di 7 campionati nazionali. “La performance LeoVince è l’espressione della tecnologia made in Italy che conquista il mondo,” commenta Dovizioso. Tecnologia in pole position, ma senza dimenticare le emozioni: “L’istinto del pilota e il suo modo di ‘sentire la pista’ rimangono il mistero inson-dabile e il fascino di questo sport”. www.leovince.com

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UNA PERFETTA ARMONIA TRA IMPEGNO, TENACIA E PASSIONE. IL SEGRETODI GIANMARIA GRIGLIO: DA GIOVANE STUDENTE DI CONSERVATORIOA DIRETTORE DELL’INTERNATIONAL OPERA THEATER DI PHILADELPHIA

DI GIORGIO TRICHILOPHOTO: DANIELE MOLINERIS

modifiche alla partitura in corso d’opera secon-do il criterio che il direttore Charles Mackerras definiva Ausstrahlung, “emanazione”. Il diretto-re dirige senza dare la musica ai musicisti, scri-vendo il nome del brano su un pezzo di carta che questi non vedono: dopo un po’ di tempo, gli orchestrali cominciano a suonare il brano che il direttore ha in mente. Le nostre prove sono basate sullo stesso principio. Questa metodologia si riflette anche sullo spettacolo?Certo. L’esibizione diventa più viva. Lo stesso discorso vale per il canto: non è stereotipato o incatenato a schemi fissi. Qual è l’effetto di questo esperimento sul pubblico?Le situazioni che si creano in palcoscenico di-ventano uniche ogni sera e il pubblico se ne

Un colpo di fulmine diventato l’amore di tutta la vita. È il rapporto di Gianmaria

Griglio con la musica. La passione per Mozart e il violino preferiti alle partite di pallone. Comincia così la storia di questo self made man delle sette note, che parte dalla Granda per di-ventare un grande in America. Senza “steccare” mai di presunzione. Gianmaria Griglio, saluzzese. Oggi è diret-tore dell’International Opera Theater di Philadelphia. Cos’è per te l’american dream?La possibilità di concretizzare i propri sogni, senza spinte di vario tipo. L’esperienza con l’In-ternational Opera Theater è magnifica. Perché?Il direttore e il regista lavorano in simbiosi. Io dirigo tutte le prove di regia, perché queste sono in realtà musicali a tutti gli effetti. Realizzo

Gianmaria Griglio, giovane under 40 che dalla provincia ha raggiunto, con sacrificio e determinazione, il sogno americano divenendo, così giovane, il direttore dell’International Opera Theatre di Philadelphia. Lo abbiamo incontrato a Saluzzo nell’Istituto di Alto Perfezionamento Musicale, tra i suoi strumenti.

Per lo shooting fotografico:Abito nero e scarpe: Corso Italia – Saluzzo.

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accorge. Diventa parte dello spettacolo ed è costretto a usare l’immaginazione.Com’è nato il tuo amore per la musica?Ascoltavo Mozart dalla mattina alla sera, a volte pure a scuola. A Saluzzo c’era un negozietto di musica, sotto i portici che portano alla biblio-teca: ho comprato la mia prima partitura lì, a rate di 10.000 Lire a settimana, per un mese e mezzo. Erano le Sinfonie di Mozart. A 11 anni entrai al Conservatorio e scelsi il violino. Ti ricordi la tua prima audizione? Come ti sentivi?Ricordo quella per entrare al Royal College di Londra: una sala enorme, con un organo im-ponente che ti guardava dall’alto. Abbastanza inquietante. L’audizione l’ho passata, ma in se-guito ho deciso di andare in America.Per diventare un grande, conta avere grandi maestri. Ne ricordi qualcuno in particolare? Due su tutti: Gilberto Serembe e Harold Farberman. Gilberto è stato il primo a plasmar-mi in senso musicale. Harold è diventato un mentore: quando sono atterrato a New York non conoscevo nessuno, nemmeno lui. Da in-segnante si è trasformato in una guida. Come sei diventato direttore dell’Internatio-nal Opera Theater di Philadelphia?L’International Opera Theater cercava un nuo-vo direttore e qualcuno mandò un curriculum spacciandosi per allievo di Harold Farberman. Dal momento che lì le referenze le controllano, il teatro chiamò Harold che fece loro il mio nome. Dopo l’invio del materiale di rito, mi invitarono per una produzione. E poi ne sono diventato il direttore stabile.Per raggiungere certi livelli, quali sacrifici biso-gna mettere in conto?Il più grande è accettare il fatto di essere diversi. Nel senso di “fuori dal branco”: non sono mai an-dato in discoteca, non ho mai giocato a calcio e mi hanno sempre preso in giro perché suonavo il violino. A 13 anni può pesare, ma è la musica che ti sceglie: non ci puoi fare niente. Se te ne rendi conto, i sacrifici passano in secondo piano.

Quali sono le caratteristiche fondamentali di un direttore d’orchestra?La musica è fatta di note e di energia. Passa dal direttore ai musicisti al pubblico e di nuovo al direttore, in un circolo unico. Quest’energia cambia a ogni singola esecuzione, anche se si eseguono gli stessi brani. Il direttore non impo-ne niente. Dona e riceve. Per poi ridare indie-tro, in uno scambio continuo, infinito e sempre diverso.Sali sul palco, si spengono le luci e…Si rinasce.Un episodio divertente?Durante l’effetto sonoro della caduta dell’idolo nel Nabucco di Giuseppe Verdi, una scintilla che doveva simulare il lampo ha fatto prendere fuoco all’idolo di cartapesta. Quando è caduto, si è impigliato in buca lo strascico del vestito

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di una cantante: questa, poveretta, non riusciva più a muoversi.Un complimento inaspettato?In una lettera da un orchestrale: “Maestro, grazie. Lei mi ha fatto ricordare perché faccio questo lavoro”.Quando non ti dedichi alla musica cosa fai?Leggo. E cerco di convincere mia moglie a non divorziare, perché mia figlia di 3 anni vuole ascoltare Wagner, mentre la portiamo all’asilo in auto.Hai vissuto per anni in America, ma cosa ti è rimasto delle tue radici saluzzesi?Vivo a Garessio, in montagna, al confine tra Piemonte e Liguria. Sento di appartenere a questo posto, anche se ho vissuto in America e, per via del teatro, ci torno spesso. A New York ho vissuto per un breve periodo e poi ne sono scappato. Ho preferito vivere in campagna e viaggiare avanti e indietro. Lo stesso faccio ades-so. Ho anche la fortuna che la mia compagnia

GIANMARIA GRIGLIONato a Saluzzo il 25 luglio 1975, si è diplomato al Conservatorio di Novara nel 1997. Ha studiato composizione e direzione d’orchestra presso l’Acca-demia Superiore di Musica a Pescara e con Harold Farberman negli Stati Uniti. Vincitore di una borsa di studio al Bard College, è stato voluto dall’At-lantic Center for the Arts. Nel 2008, è stato invitato a tenere il corso di di-rezione d’orchestra come guest con-ductor al Bard Summer Institute negli Usa. Nell’agosto del 2009, ha diretto la nuova opera di Carlo Pedini, Jago, per l’International Opera Theater di Phila-delphia. È attiva la sua collaborazione con la Scuola di Alto Perfezionamento di Saluzzo, con la quale organizzerà la seconda edizione del Concorso Li-rico Città di Saluzzo. Come direttore dell‘International Opera Theater, cura la partnership con il Festival delle Col-line Saluzzesi.www.gianmariagriglio.it

lavora anche in Italia, almeno una volta l’anno.Lavorare nel mondo della musica, qui da noi, per molti giovani è spesso un passaporto per il precariato. Cosa dobbiamo imparare dagli Americani?Ci manca la valorizzazione di ciò che ci appar-tiene e l’educazione alla cultura musicale: è inesistente nelle scuole ed è ritenuta materia da parrucconi. In barba a quest’idea, per il Festival delle Colline Saluzzesi, nel 2012, porterò a Saluzzo i vincitori del Concorso Gershwin di Philadelphia, età massima consentita: 18 anni. È fondamentale partire da questo presupposto: la musica classica non va capita, non ha bisogno di preparazione o dotte spiegazioni enciclopedi-che. E nemmeno di una cravatta o di un vestito da sera. Va goduta e basta. È arte, quindi bel-lezza, e anche se non salva il mondo, lo rende migliore. Perché privarsene?

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Si ringrazia la Scuola di Alto Perfezionamento Musicale di Saluzzo per la gentile concessione dei locali.

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il vinoche evolveL’ECONOMIA DEL VINO STA CAMBIANDO? CONTANO LE FIERE?COME SI FA UNA GUIDA VINI? LO ABBIAMO CHIESTO A GIANCARLO GARIGLIO, CURATORE DELLA GUIDA SLOW WINE

DI KATHRIN BÜCHLER

Le fiere nazionali e internazionali affermate come Vinitaly e il Prowein possano ancora esse-re occasioni molto importanti. Rispetto al pas-sato però c’è una fondamentale differenza. Un tempo le aziende di alta qualità non erano mol-te, quindi trovare nuovi clienti alle fiere era più semplice. Ora il panorama è certamente molto più ampio e variegato, quindi diventa decisivo il lavoro che ogni azienda fa a monte, prima di arrivare fisicamente a Verona o Düsseldorf. Bisogna quindi curare i propri contatti, invitarli nel proprio spazio, inviare qualche campione prima, far conoscere le valutazioni raccolte su guide e riviste internazionali etc. Insomma, se si rimane passivi e si attende che qualcuno si fermi al proprio banco, si è perso in partenza!Le fiere sono anche lo spunto per un accenno ai mercati. Da qualche tempo si sente parlare

È tempo di grandi fiere del vino e di nuove guide, come Slow Wine 2012 (Slow Food

editore), un punto di riferimento per appassio-nati, ristoratori e operatori, che da quest’anno cambia rotta scegliendo di non dare punteggi ai vini selezionati. UNICO ha intervistato Giancar-lo Gariglio, giovane curatore della guida, che grazie al contatto diretto con i produttori, ci of-fre lo spunto per capire qual è lo stato di salute e quali sono gli umori del comparto vino in Ita-lia e, nella fattispecie, tra le aziende “nostrane”.In primavera tornano le grandi fiere come Prowein a Düsseldorf, Vinitaly a Verona e Vinexpo Asia-Pacific. Con la crisi, molti pro-duttori (specie i medio-piccoli, come sono i quelli cuneesi) rinunciano a investire in que-sti eventi. Si fanno ancora affari importanti durante queste manifestazioni?

La nuova edizione della guida Slow Wine(Slow Food editore), che rinasce con un nuovo concept: raccontare le aziende e i territori, anziché fermarsi alle schede descrittive di singoli vini.

Photo: Vinexpo

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di un calo di vendite dei grandi rossi di Lan-ga, soprattutto del Barolo. Come stanno real-mente le cose? Esiste questa crisi?Direi che la crisi del Barolo si è sentita soprat-tutto nel 2009. Ora il mercato è decisamente in crescita. Lo testimonia il prezzo dello sfuso, che è salito in due anni dell’80%. Quando accade questo, significa che la quota di invenduto si è ridotta molto, pertanto i grandi commercianti sono obbligati a pagare di più la merce sul mer-cato all’ingrosso. Il Barolo e il Barbaresco, ma direi anche i grandi nebbioli del Nord Piemon-te, sono rossi che si stanno affermando sempre di più sui mercati internazionali. Sono vini che reggono il tempo, quindi hanno le carte in re-gola per rivaleggiare con le etichette francesi. Certo, la strada è ancora lunga, ma se si leggono le carte dei vini dei ristoranti stellati nel mondo, il Piemonte è la regione italiana più rappresen-tata. Le prospettive, secondo me, sono dunque positive. Bisogna solo continuare a lavorare sul-la promozione del proprio territorio e rimanere coerenti. Il recente “tour Slow Wine” negli Stati Uniti vi

ha forse dato modo di vedere qual è il polso del mercato USA, una delle piazze più impor-tanti per l’Italia vinicola di qualità. Gli USA rimangono in pole position o ci sono nuove frontiere per i nostri produttori?Gli Stati Uniti sono orami il primo mercato mon-diale del vino italiano e hanno superato quello interno. Possiamo quindi dire che molte azien-de giocano il proprio destino su quella piazza. Detto questo, bisogna essere molto chiari: non si deve investire tutte le proprie risorse su un’u-nica piazza, perché il rischio che accada qual-cosa di imprevedibile è sempre dietro l’angolo, come hanno amaramente dimostrato, prima, la tragedia delle Torri Gemelle, poi, la crisi di Wall Street. Per quanto riguarda i mercati emergenti, ovvero quelli del “Bric” (Brasile, India e Cina), vale la pena lavoraci molto, anche se per ora la percentuale di vendite non è così alta. Come sempre, i “battistrada” saranno i grandi marchi italiani, come è accaduto in America: i Fresco-baldi, gli Antinori, gli Allegrini, i Gaja, i Masi etc. Poi, una volta aperte le porte al vino italiano, ci sarà posto per tutti, anche per i più piccoli!

Parliamo della guida Slow Wine, il tuo pane quotidiano. Una domanda che molti “non ad-detti ai lavori” si fanno. Quali sono i criteri di selezione delle aziende? Slow Food ha un’esperienza ormai trentennale nel vino, ma soprattutto si basa su una fitta rete di collaboratori che consiglia quotidianamente le aziende più interessanti e quelle emergenti. La nostra rotta è quella tracciata dal concetto del “Buono, Pulito e Giusto”. Ovvero: per noi un vino è di altissima qualità se risponde a que-sti tre importanti criteri e non deve solo essere buono, ma anche provenire da un’agricoltura rispettosa dell’ambiente, così come deve re-munerare giustamente il contadino, senza de-fraudare il consumatore. Siamo anche l’unica guida che ha deciso di visitare tutte le aziende prima di recensirle: una garanzia di qualità non da poco per chi compra Slow Wine. Non ci fer-miamo alla degustazione, ma mettiamo i piedi nelle vigne per capire come un particolare vino viene prodotto.Slow Wine segna un cambio di filosofia forte rispetto alle altre guide, scegliendo di non

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dare i punteggi. A un anno di distanza rispet-to questo “cambio di rotta”, qual è il bilancio e cosa rimane da mettere a punto?Non diamo punteggi, perché secondo noi i numeri non dicono troppo a un consumatore moderno. Perché bere un vino che ha preso 93 e scartare uno che è stato valutato con un 92? Tuttavia non abbiamo abdicato alla funzione di una guida, che è proprio quella di “guidare”, pertanto alcuni giudizi molto precisi e dettaglia-ti li diamo. Inoltre, siamo l’unica pubblicazione che ha deciso di giudicare anche le aziende, non solo i vini, perché può accadere che una cantina “azzecchi” un vino, ma che il resto della sua produzione non sia così interessante! Una garanzia in più per il nostro lettore. Per quanto riguarda, invece, le cose da migliorare ci sono sempre. Direi che dobbiamo essere molto ef-ficaci a comunicare il nostro lavoro, perché Slow Wine ha messo in atto una rivoluzione nel mondo delle guide, ma questo cambiamento va raccontato al pubblico, per fargli capire quanto questa sia diversa dalle altre guide.Proprio la scelta di evitare i punteggi e di in-serire dati relativi alle aziende e al territorio è sicuramente un punto di forza per la guida. C’è una precisa volontà di raccontare un ter-ritorio attraverso le schede aziendali?Il racconto della storia di un’azienda, delle sue vigne e dei suoi vini è il nostro punto di forza.

Ma ancor più importante è parlare del territorio dove nasce quella particolare etichetta. Il vino è un prodotto della terra e del contesto da cui ha origine: non si può prescindere dalla narra-zione di questi fattori. Trovo che sia molto più importante parlare della Langa, del Roero, o di altre zone, piuttosto che sprecare mille parole per descrivere i profumi “di cavallo sudato” o “di lepre”… Ai lettori interessa di più sapere se il produttore diserba o se usa concimi chimici, anziché conoscere i descrittori organolettici, che spesso sono solo nella testa di qualche de-gustatore troppo innamorato del proprio naso!Qual è la provincia di Cuneo che viene fuori dalle schede dei produttori cuneesi? Si posso-no tracciare delle linee di sintesi?La provincia di Cuneo, probabilmente insieme a quella di Siena, è la zona a più alta vocazione vitivinicola del nostro Paese. Barolo, Barbaresco e Roero sono le tre denominazioni più impor-tanti dell’Italia settentrionale. Quindi, le nostre colline nascondono un vero e proprio tesoro. Inoltre, abbiamo la fortuna di poter contare su alcuni vini di pronta beva e minor prezzo, come il Dolcetto e la Barbera, che in questi anni sono cresciuti immensamente dal punto di vista della qualità. Infine, non dimentichiamoci un bianco che sta spopolando alla grande come l’Arneis, la cui semplicità di beva ha ormai conquistato i palati di tantissimi consumatori.

Nella pagina precedente: Giancarlo Gariglio, curatore della guida Slow Wine.A destra: l’interno della cantina storica Rocche Costamagna a La Morra.

In alto uno scorcio suggestivosulle vigne delle Langhe.Photo: Daniele Molineris

Langhe e Roero non sono solo sinonimidi grandi rossi come Barolo, Barbaresco e Roero,ma anche vini di pronta beva e minor prezzo,come Dolcetto e Arneis.Photo: Vinexpo

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Oggi, il mondo del vino è fatto non solo dal vino, ma da tutto ciò che contribuisce a costruire la sua immagine, quindi anche dall’etichetta. In realtà,

l’idea di utilizzare l’etichetta per comunicare una filosofia di produzione, in Italia, non è recente e ha dei precursori illustri. E Cuneesi erano due grandi

personaggi che creavano da sé le proprie etichette: Bartolo Mascarello e il “grappaiolo angelico” Romano Levi. Il primo lanciava messaggi brevi, immediati e autentici che oggi farebbero furore su Twitter (come il noto “No barriques, no Berlusconi”), il secondo trasportava su carta le figure

fiabesche che animavano la sua fantasia (ad esempio “la donna selvatica”). Inconsapevolmente, due grandi pionieri del label design.

SELEZIONE FRA LE ETICHETTEDI AZIENDE PIÙ O MENO STORICHE.

IL DESIGN SI RINNOVA.

POLICALPOMONFERRATO ROSSO DOCCascina Castle’t

Cascina Castle’t è una realtà storica che non ha paura di stupire. Accanto ai ben noti acini giganti della Barbera d’Asti Goj, ecco la freccia di Policalpo. Quasi illeggibile, frutto di un ingrandimento fotografico, la freccia trasmette la fatica dell’ascesa e l’orgogliosa ricerca del miglioramento. È una tensione verso l’alto, poiché Policalpo è il vino più prezioso di Cascina Castle’t e forse il più difficile da comprendere nella sua complessità. Etichette forti e simboliche rispecchiano l’anima di un’azienda astigiana condotta da una donna coraggiosa e decisa: Mariuccia Borio. www.cascinacastlet.com

BAROLO DOCG 1997 RISERVA VILLERO Vietti

Vietti, un punto di riferimento quando si parla di grandi vini di Langa (siamo a Castiglione Falletto), che da molti anni contribuisce a rafforzare lo stretto legame tra vino e arte. Dal 1988, anno della presentazione del Barolo Villero 1982, ogni vendemmia di questo vino prezioso è vestita con un’etichetta d’autore. Ogni opera viene utilizzata una sola volta, esclusivamente per il vino di quel millesimo. Tra i grandi nomi che hanno dato il proprio contributo: Claudio Bonichi, Pietro Cascella, Pier Paolo Pasolini, Gianni Gallo e molti altri. Nel 2003 è stata la volta dell’americano Wayne Thiebaut (per il Barolo 1997 Riserva Villero), uno dei più importanti pop artists e cartoonists americani. Del 2007, invece, è la collaborazione con Jerry N. Uelsmann (per il millesimo 2001). www.vietti.com

l’abito fail monaco

D’OH!PIEMONTE DOLCETTO DOCCantina Clavesana

Il bianco che spicca sull’impenetrabilità del nero: l’etichetta essenziale, elegante e minimalista,ma di grande impatto contemporaneo riflette la nuova veste aziendale che ruota attornoal pay off “Siamo Dolcetto”.Nuovo sito web e nuova “filosofia estetica”che rilanciano il marchio Clavesana.La cantina cooperativa è una delle realtà che più contano nella produzione del Dolcetto di Dogliani Doc, del Piemonte Dolcetto Doce del Dogliani Docg.www.inclavesana.it

BAROLODOCGPaolo Monti

Tom Sandberg nel 2007 ha realizzato per il Barolo di Paolo Monti (Monforte d’Alba) una serie di etichette che sublimano il nudo femminile, in una visione onirica e in un dialogo continuo tra i toni del grigio e la luce, tipici della fotografia in bianco e nero. Tom Sandberg, che ha esposto al MoMa di New York, al Museum of Contemporary Art di Chicago, al Centre Georges Pompidou di Parigi e nelle gallerie più prestigiose al mondo, è considerato un grande maestro della fotografia contemporanea. Una scelta d’arte per un vino che è arte allo stato puro, il Barolo. www.paolomonti.it

HILL 1 (ROSSO), HILL 2 (BIANCO),HILL 3 (PASSITO)Leo Hillinger (Austria)

Se in Italia la tradizione vitivinicola– radicata nella storia del tessuto economico – impedisce spesso di tentare le strade più innovative della comunicazione, all’estero,in particolare in quei Paesi dove la viticolturaè emergente, si sperimenta di piùsenza paura di stupire.L’austriaco Leo Hillinger ha fatto del razionalismoe del design una chiave di letturaestetica che si ritrova nell’architettura della cantina,come nella veste delle bottiglie.www.leo-hillinger.com©

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LA SEPOLTURA DEL CRISTO CROCIFISSO HA LUOGO LA SERA DEL MARTEDÌ SANTO A VILLAFALLETTO, MA SOLO OGNI QUATTRO ANNI SI SVOLGE IN FORMA SOLENNE: VI PARTECIPANO OLTRE 400 PERSONAGGI IN COSTUME

TESTO E PHOTO:ENRICO BERTONE

Fin dai primi tempi della sua costituzione, la Confraternita della Misericordia diede vita alla celebrazione della morte di Cristo, il Mortorio, che aveva luogo il giovedì santo. Nel Libro dei Conti del 1715, è stata ritrovata la cosiddetta Regola: poche pagine dove sono descritte le istruzioni per organizzare la processione, la quale venne poi posticipata alla sera del vener-dì santo e così rimase fino al 1946. Secondo alcune testimonianze, già nella seconda metà del XIX secolo, l’evento religioso si svolgeva in forma solenne solo ogni sette anni e quell’e-dizione era conosciuta come la “Processione granda della Nera”. Nel XX secolo, il Mortorio conobbe diverse interruzioni e fu rinnovato in edizioni “rimaneggiate”, per poi essere antici-pato al martedì santo, al fine di non intralciare le funzioni religiose che entravano nel vivo ne-

Correva l’anno 1622, quando Agaffino Solaro di Moretta, vescovo di Fossano, au-

torizzava la costruzione della Confraternita di San Giovanni Battista Decollato di Villafalletto. Come gran parte di queste congregazioni re-ligiose, all’epoca molto diffuse, anche quella di Villafalletto era un’associazione di carità e operava sotto il titolo “della Misericordia” con la funzione principale di accompagnare i defunti nel mesto ufficio della sepoltura. I confratelli partecipavano alla celebrazione vestiti di nero e incappucciati: per questo, an-cora oggi, è conosciuta come “la Nera”. L’altra confraternita che opera in paese – e che è an-che la più antica – è invece dedicata a Maria Vergine Assunta, viene detta “del Gonfalone” o “dei Disciplinanti” ed è nota anche come “la Bianca”.

processione granda del mortorio

La statua della Vergine Addolorata portata a spalle dalle consorelle della Confraternita della Misericordia.

Nelle pagine seguenti:Il lenzuolo della Sacra Sindone sorretto da tre chierici.

Il cataletto con il Cristo morto portato in processione. Lo accompagnano i confratelli vestiti di nero e incappucciati.

Il Cristo morto viene deposto nel sepolcro.

I pellegrini si sorreggono con un vistoso bastone, da cui pendono la zucca e la conchiglia, oggetti un tempo indispensabili per dissetarsi lungo il cammino.

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gli ultimi giorni della Settimana Santa. Fu allora che il funerale di Nostro Signore Gesù Cristo ritornò ai suoi antichi splendori.Il lunedì sera che precede la celebrazione, la Confraternita del Gonfalone organizza la Processione del Cristo flagellato, in cui i con-fratelli, vestiti di bianco, accompagnano nel sacro corteo la “macchina processionale”, consistente in un pregevole gruppo settecen-tesco in cartapesta, opera dell’artista Giovanni Battista Bernero, che raffigura proprio la fla-gellazione di Cristo. Oggi il Mortorio si svolge in forma solen-

ne ogni quattro anni seguendo le istruzioni dell’antica Regola, che stabilisce l’ordine esat-to dei personaggi più antichi all’interno della processione. Altre figure si sono aggiunte nei secoli: soldati, sergenti, ufficiali, cavalieri ve-stiti a lutto, tamburini, angeli, chierici, musici, monache si alternano ai confratelli che porta-no gli oggetti della Passione e alle consorelle che rappresentano la Veronica e le tre Marie, mentre angeli che intonano i “Misteri” si avvi-cendano a pellegrini che cantano il Miserere. Particolarmente significative sono l’immagine della Sacra Sindone sorretta da tre diaconi,

PER SAPERNE DI PIÙ...Per approfondire la conoscenza delle sacre rappresentazioni pasquali, in Italia e in Piemonte, ma con parti-colare attenzione al Cuneese, si può consultare l’opera di Fulvio Basteris, Sacre Rappresentazioni Pasquali cu-neesi e Mortorio di Garessio, BB Eu-ropa Edizioni, Cuneo 2004. Sulle con-fraternite e i riti della Settimana Santa di Villafalletto, invece, consigliamo il volume curato da Rinaldo Comba La Confraternita della Misericordia di Villafalletto della Società per gli Stu-di Storici della Provincia di Cuneo (1998), che raccoglie contributi di il-lustri studiosi sia sui sodalizi religiosi, sia sulla storia e sulla messa in opera del Mortorio. Infine, è consultabile on-line il sito: www.confraternitadel-lanera.it

“Oggi il Mortorio si svolge in forma solenne ogni quattro anni seguendo

le istruzioni dell’antica Regola”

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la statua dell’Addolorata portata a spalle dal-le consorelle (seguita dalla Maddalena, dal gruppo delle orfanelle e dalle vedove vestite di nero), e la Reliquia della Santa Croce retta da un sacerdote; sia la Sindone sia la Reliquia della Santa Croce vengono scortate da due Carabinieri in alta uniforme. La lunga processione si chiude con il folto gruppo dei pellegrini vestiti di grezzi mantelli di colore marrone, cappelli scuri e vistosi ba-stoni da cui pendono zucche e conchiglie: gli oggetti indispensabili agli antichi viaggiatori per dissetarsi lungo il cammino.Oggi, alla sacra rappresentazione intervengo-no confraternite religiose anche dall’esterno: da Cuneo, da Dronero e, fra tutte, citiamo in particolare la Confraternita del SS. Sudario di Torino, fondata nel 1598, un ventennio dopo l’arrivo del Sacro Lino in città. Ma il fulcro di tutta la manifestazione è la statua del Cristo morto deposta su un cataletto e portata a spalle da quattro chierici; altri quattro chierici sorreggono il baldacchino, mentre, ai lati, gli angeli innalzano torce accese e i confratelli in-

cappucciati sorreggono grossi candelabri per illuminare tutto lo scenario.E così, come recita l’antica Regola: “... a mag-gior gloria di Dio ogniuno procurerà accom-pagnare Giesù Christo alla sepoltura con tutta l’humiltà e divotione che le sarà possibile”.Sono le ore 20,30 (quest’anno sarà martedì 3 aprile), quando la processione si avvia dalla Chiesa della Confraternita Nera: le luci in paese sono spente e la sola illuminazione delle torce e delle candele contribuisce alla teatralità della celebrazione. Il corteo avanza al mesto ritmo dei tamburi, percorre lentamente le principali vie del centro abitato per poi far ritorno alla chiesa, che per l’occasione è stata addobbata a lutto: sopra l’altare maggiore, la realizzazio-ne di un grande palco rappresenta il sepolcro. Intanto la piccola Chiesa della Confraternita accoglie i fedeli, ma può contenere solo una parte della gente intervenuta. Il Cristo morto viene quindi portato sul palco, mentre tutti i personaggi prendono posto formando un si-lenzioso e imponente schieramento. Il corpo viene avvolto in un lenzuolo e deposto nel sepolcro, che si chiude con un tonfo emesso dalla porta in legno lasciata cadere. È il segnale che il Sacro Corpo è stato tumulato e la cerimonia termina con il canto del Vexilla regis in onore della Santa Croce, la cui reliquia, prima portata in processione, ora viene baciata dai fedeli.Ormai l’ora è tarda e la gran folla, assiepata sul sagrato e di fronte alla chiesa, in silenzio si dis-semina lungo le vie di Villafalletto e torna alle proprie case, consapevole di avere partecipato a un evento che racchiude in sé il più grande mistero della fede.Così, ancora oggi, la Processione del Mortorio di Nostro Signore Crocifisso della Confraternita della Misericordia di Villafalletto rappresenta una delle massime espressioni piemontesi di quel sacro teatro popolare che un tempo caratterizzava un po’ ovunque i gior-ni della Settimana Santa.

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IL PROGRAMMA MUSICALE, DIDATTICO E DI INTRATTENIMENTORENDE L’APPUNTAMENTO IMPERDIBILE PER CHI AMA LA RASSEGNAMONEGASCA, DA SEMPRE, E PER CHI INTENDE SCOPRIRLA

DI MARIA BOLOGNA

Rizzo che darà prova del suo virtuosismo come grande specialista della musica per tamburo e percussioni.In generale bisogna comunque dire che il pro-gramma di tutto il Festival, nel passato come per questa edizione, avrà certamente un cartellone ricco e originale, che si svilupperà su quattro weekend, con ben 5 concerti dedicati all’ accor-deon, una fisarmonica che al posto dei tasti ha dei bottoni.Alla serata inaugurale confermata la presenza di Richard Galliano, tra i maggiori virtuosi accor-deonisti contemporanei che si esibirà per tre giornate (16-18 marzo). A seguire, in ordine di data, una “nuit” consacrata al repertorio per per-cussioni (23 marzo); un concerto di musica anti-ca (24 marzo); una giornata sorpresa articolata in 12 performance (25 marzo); 6 concerti dedicati

Seppur saranno in minoranza i musicisti ita-liani che animeranno la prossima edizione

del XXVIII Festival Printemps des Arts 2012, sarà difficile non fare capolino a Monaco, dal 16 marzo al 8 aprile 2012, per assistere alle diverse altre proposte musicali curate dal direttore arti-stico Marc Monnet e presiedute da Sua Altezza Reale Carolina di Hannover. Intanto segnaliamo il concerto del Duo Bottasso – violino e ac-cordeon previsto il 17 marzo – con l’abruzzese Germano Scurti, considerato uno dei migliori interpreti del repertorio moderno e contem-poraneo consacrato al bayan, strumento dalle origini russe che si è imposto nel panorama clas-sico contemporaneo come la versione più evo-luta tra i diversi modelli di fisarmonica classica. Un’attenzione particolare meriterà poi l’esecu-zione del 23 marzo, prodotta dal mestrino Carlo

Richard Galliano, tra i maggiori virtuosi accordeonisti contemporanei, presente nella serata inaugurale del 16 marzo.

Nella pagina a fianco:La locandina della rassegna che prevede un ricco programma sino all’otto aprile.

London Symphony Orchestra, una tra le preziose opportunità di ascolto per chi ama la musica di rango.Photo: Printemps des Arts

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Sous la présidence de S.A.R. La Princesse de Hanovre

festivalde Monte-Carlo

16 mars / 8 avril 2012 printempsdesarts.com

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alla musica sinfonica e da camera di Bruckner (30 marzo, 1, 4, 5, 6, 7 aprile) che si produranno al Grimaldi Forum; ed una “nuit” che intenderà svelare le tecniche compositive ed esecutive pia-nistiche più all’avanguardia (31 marzo).Invece, a concludere la prestigiosa rassegna mu-sicale, una serata “Bling bling” molto glamour (8 aprile) durante la quale sono previsti interventi musicali, tra il serio ed il faceto, grazie all’ese-cuzione della pianista Anastasya Terenkova alla quale seguiranno, dopo brani ispirati alla musi-ca russa, interventi artistici a sorpresa fino alla conclusione del festival che vorrà coniugare, per questa serata, una programmazione all’insegna dell’ironia e della leggerezza.In maniera discreta, ma non di secondaria im-portanza, durante il Festival saranno proposti, parallelamente alla programmazione musicale, attività legate all’azione educativa e formativa dei giovani: oltre a diverse conferenze, masterclass, performance saranno organizzati numerosi in-contri con gli artisti, oltre a momenti intensi du-rante i quali la note e le armonie dialogheranno con il teatro e la danza.Per le diverse iniziative sostanziale sarà il coin-volgimento sostanziale dell’Università di Nizza e della Scuola Superiore di Arti plastiche del Principato di Monaco.Del resto, come dichiarato da Marc Monnet

durante la conferenza stampa di presentazio-ne avvenuta qualche tempo a Monte-Carlo, “Al centro della programmazione, c’è la compo-sizione musicale che offre molteplici spunti e variegate possibilità di ascolto, dalla musica barocca a quella extraeuropea, dalle grandi or-chestre (Tonhalle-Orchester Zurich, Sächsische Staatskapelle Dresden, London Symphony Orchestra, Orchestre Philharmonique de Monte-Carlo) al repertorio per accordeon, strumento talvolta poco considerato. Aprire la sensibilità di ascolto, una tolleranza più larga nell’accettazione delle differenze, questo è l’obiettivo”.Insomma, per questa edizione, la musica di oggi e in particolare le prime esecuzioni assolute sa-ranno presenti in maniera significativa durante i diversi concerti proposti: non mancheranno così autori come Nordheim, Mantovani, Bedrossian, Contet, Rebotier, Ibarrondo, Lazkano, Martinez, de Pablo, Lieti, Amy, Harvey, Aperghis, Kurtag, Xenakis, Cage, Liszt, Stockhausen, Nono, Dalbavie, fino alle prime mondiali di Maintz, Hurel.Un posto di rilievo è riservato, infine, anche al cinema di ricerca, al poeta Charles Pennequin, alla danza e alle installazioni. Per il vulcanico ed inarrestabile direttore del Festival infatti “si trat-ta quindi di trovare piacere nella musica, quale che sia, da Bruckner a Ligeti all’accordeon irlan-

dese…”. Insomma, siamo convinti di quanto sia raro riuscire a trovare tanta scelta e qualità come il programma musicale, didattico e d’in-trattenimento, proposto dal Festival monegasco: un privilegio per tutti ma che strizza un occhio di riguardo ai melomani che, anche per questa edizione, riusciranno ad apprezzare, musicisti, artisti e professionisti della musica capaci di esprimere, con il loro strumento sentimenti ed emozioni diverse. Mentre le note dell’accordeon rapiranno il nostro cuore...

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SONO TANTE LE MANIFESTAZIONI UFFICIALI CHE SI SVOLGONO OGNI ANNO NEL PRINCIPATO DI MONACO. TRA QUESTE, TRA LE PIÙ SUGGESTIVE,LE CELEBRAZIONI DEDICATE ALLA PATRONA DI MONACO, SANTA DEVOTA

DI MARIA BOLOGNA

Raccolto il corpo della martire in una tomba, poco lontano, viene eretto anche un piccolo oratorio, mentre iniziano a verificarsi alcuni fatti miracolosi, accade così che un pescatore, in cerca di gloria, cerca invano di impadronirsi delle reliquie della santa ma fermato in tempo dai devoti, per punizione, la sua imbarcazione fu arsa su un rogo, come monito per tutti. Dopo pochi anni Santa Devota diventa, a partire dal 27 gennaio del 312 d.C., la santa protettrice di Monaco e della Famiglia Grimaldi, oltre che del-la Corsica, proprio Paese d’origine.

LE CELEBRAZIONI MONEGASCHEPer ripercorrere al meglio la vicenda storica e l’arrivo della martire sul suolo monegasco, la municipalità e le istituzioni monegasche si or-ganizzano affinché le celebrazioni comincino

LA LEGGENDAÈ il 304 d.C. Nel cuore della notte, un vascello con due Cristiani a bordo diretti alla volta dell’A-frica, salpa da Mariana, in Corsica. I due sono colpevoli di aver trafugato le spoglie esanimi e martoriate di una giovane ventenne, Devota, la cui vita si è appena spenta, dopo terribili per-secuzioni e torture mortali inflittele per la sua fede cristiana. Ad un certo punto della traver-sata, mentre imperversa una tempesta, ai due marinai compare una candida colomba che, esalando miracolosamente dalla bocca della Santa, indica quale sia la giusta rotta da seguire per salvarsi. Ed è così che, dopo diversi giorni, l’imbarcazione giunge sulle rive di un villaggio di pescatori, nelle vicinanze della vallata chiama-ta ai tempi “Gannates” (Vallon des Gaumattes), dove ora si erge la Chiesa dedicata alla Santa.

il fascinodi un rito

Il Sovrano, affiancato dalla Principessa Charlene, con una torcia danno fuoco al rogo che consumerà la barca simbolo della cerimonia.Photo: Charly Gallo – Centre de Presse Monaco

Nella pagina a fianco:La processione, con le reliquie, dal porto Hercule si dirige verso la Chiesa di Santa Devota.Photo: Realis

Facciata principale della Chiesa di Santa Devota.Photo: Maria Bologna

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già il giorno precedente, nella mattinata del 26 gennaio, con una messa nell’antica tradizione cristiana, recitata in lingua monegasca, diret-tamente nella Chiesa di Santa Devota. Ma è al calare della notte che abbiamo il momento più emozionante della ricorrenza, una cerimonia alla quale assistono sempre numerosi fedeli e tanti bambini. In religioso silenzio, tutti gli sguardi del pubblico raccolto sulla banchi-na Albert I sono rivolti allo specchio di mare di Porte Hercule, perché poco lontano si scorge, illuminata da fioche candele, una piccola im-barcazione inscenare l’arrivo della santa sui lidi monegaschi. Dalla stessa sbarcano le reliquie che, in pro-cessione, sono consegnate all’Arcivescovo di Monaco e trasportate fino all’interno della Chiesa di Santa Devota, mentre sul sagrato, non distante dal monumento dedicato alla martire, il cerimoniale prevede, dal 1924, l’accensione del rogo su cui poggia un vascello. Sarà sempre il Principe regnante di Monaco, ad opera di un tizzone incandescente, ad avvicinarsi per pri-mo alle sterpaglie: quest’anno, più sorridente che mai, c’era SAS il Principe Alberto affiancato dalla propria consorte, la Principessa Charlène. Mentre il fuoco arde e incenerisce la barca, in-torno fanno da cornice il gruppo folcloristico La Palladienne, composta di giovani donne in abiti tradizionali monegaschi, mentre l’arcive-scovo impartisce la benedizione del Santissimo Sacramento.Concludono la cerimonia un roboante spettaco-lo pirotecnico che riflette a lungo le proprie luci scintillanti sulla superficie del mare, proprio di fronte all’imboccatura del Vallone dei Galmati, dove iniziò la lunga storia di devozione dei Monegaschi per Santa Devota.

LA CAPPELLA DI SANTA DEVOTACostruita come cappella votiva nel XI secolo, la piccola chiesa monegasca è oggi molto cara anche agli Italiani qui residenti. Infatti, oltre a essere tradizionalmente uno dei luoghi in cui si

celebra la messa in italiano (per la precisione, ogni seconda domenica del mese, alle 11,30), la stessa ospiterà per l’inizio del 2013 un nuo-vo organo, la cui costruzione è stata finanziata dai residenti su iniziativa del Comites (Comitato Italiano all’Estero), in omaggio alle recenti noz-ze del Sovrano monegasco. Oltre a questo, già da qualche tempo, all’interno della cappella di-morano numerose opere d’arte offerte da ge-nerosi fedeli. In particolare, non passano inos-servate le tre opere commissionate da una di-stinta famiglia piemontese, residente a Monaco da 21 anni (i Signori Attilio e Franca Turello di Moretta). Si tratta di un magnifico crocefisso in noce, sostenuto da una struttura che riproduce un candeliere del XVII secolo, donato nel 2004, e due amboni, offerti nel 2005 e nel 2010, raffi-guranti rispettivamente un Cristo che poggia i piedi su un mappamondo con l’Italia in eviden-za, e Santa Devota con la palma del martirio e il blasone dei Grimaldi.

SANTA DEVOTA, PATRONADEL PRINCIPATO DI MONACOCome ovunque nel mondo, la tradizionale festa del santo o della santa patrona della città, che in questo caso ricorre il 27 gennaio, è ovviamente un giorno festivo. Ma nel Principato di Monaco coincide, quasi sempre, con una splendida giornata invernale i cui raggi di sole illuminano, già di buon mattino, il reliquiario contenente le ossa della santa. Quest’ultimo, infatti, viene condotto in processione tra i vicoli di Monaco Ville dai membri del clero e della Venerabile Arciconfraternita della Misericordia giungendo fino alla Cattedrale, dove la messa solenne è of-ficiata dall’Arcivescovo di Monaco, alla presen-za della famiglia regnate, delle più alte cariche istituzionali, delle congregazioni e degli ordini cavallereschi accreditati. Una volta terminata la funzione religiosa, riprende la processione tra le vie della Rocca che si conclude – dopo quella impartita al Palazzo Grimaldi e all’intero Paese – con la Benedizione del Mare, la stessa che dà il

via alle celebrazioni iniziate il giorno preceden-te. Un omaggio al Mediterraneo che lambisce la costa del Principato, che accolse le spoglie della giovane martire Devota.

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Obesità, sovrappeso, sovrappeso

associato a un fattore di rischio,

aumento di peso in menopausa

ma anche ritorno al peso forma dopo

una gravidanza o in fase pre operatoria,

cellulite ed inestetismi della pelle:

questi non sono che un esem-

pio dei campi di appli-

cazione del metodo

Pentadiet sviluppato

da New Penta.

Imparare ad alimentarsi è in-

nanzitutto un cammino interiore. Il

metodo Pentadiet, di New Penta, punta

a lavorare sullo stile di vita: dapprima

si dimagrisce, poi ci si concentra sul-

la alimentazione e, infine, si imposta lo

stile di vita. Non è sufficiente dimagrire,

occorre soffermarsi su come dimagrire.

Non è sufficiente perdere peso, bisogna

perdere massa grassa salvaguardando

muscoli e tono.

La dieta va seguita sotto il controllo

medico professionale: non c’è spazio

per l’improvvisazione né il “fai da te”.

Lo scopo di New Penta è quello di dare

una seria e valida soluzione ai problemi

estetici e di salute causati dal sovrappe-

so, attraverso l’elaborazione del Siste-

ma Alimentare Integrato Penta (SAIP)

questi 2 passi sono caratterizzati da una

alimentazione basata essenzialmente

sull’utilizzo di preparati proteici a basso

contenuto di carboidrati. L’assunzione di

tali preparati permette di perdere peso

velocemente salvaguardando le strutture

nobili del nostro organismo.

STEP 1 E 2 DIMAGRIMENTO

3 fasi terapeutiche distintee suddivise in 5 step

IL PROGRAMMA“PENTADIET”

New Pentaraggiungere i propri

obbiettivi senzarinunciare al gusto

imparare ad alimentarsi è innanzitutto un cammino interiore, il nostro metodo “Pentadiet” punta a

lavorare sullo stile di vita, dando una seria e valida soluzione ai problemi causati dal sovrappeso

COMPOSIZIONE DI YOGURTDeliziosi yogurt alla stracciatella, frutti di bosco, con cereali ed uvetta. Per preparare questi dessert è sufficiente diluire l’integratore proteico in busta Protiligne® del gusto prescelto con acqua fredda e lasciare riposare al fresco qualche minuto.

SOUFFLE AL FORMAGGIOPiatto da consumare a pranzo o a cena accompagnato dalle verdure concesse.

La modalità di preparazione è molto semplice: diluire l’integratore proteico

in busta SOUFFLE AL FORMAGGIO con la q.tà di acqua indicata. Versare

in uno stampo da forno e cuocere per circa 15 minuti a 170/180°.

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New Penta vende i propri

integratori solamente a pazienti

sotto controllo medico al fine

di evitare problematiche in

seguito a un uso non corretto

degli integratori proteici in

quei soggetti per cui la dieta è

sconsigliata.

Da alcuni anni è nato il

Comitato Scientifico New

Penta, creato da Guido

Dracone, a.u. New Penta. Lo

scopo è quello di garantire

adeguato supporto ai medici

che utilizzano il metodo

Pentadiet e da alcuni anni

sono organizzati nelle più

importanti città italiane i primi

corsi di formazione New Penta,

dedicati ai medici. Formazione

e aggiornamento sono l’attività

parallela a quella della

distribuzione degli

integratori proteici.

In Italia sono circa 4000 i

medici che adottano il metodo

di New Penta. L’azienda è

sempre pronta ad accogliere

nuove figure che credono in

questo progetto di gruppo che

si sta sviluppando.

A Milano c’è il primo Centro

Dietoterapico estetico New

Penta dove una équipe di

specialisti si prende cura

del benessere dei pazienti. I

servizi vanno dalla dieta alle

cure estetiche e al supporto

del paziente durante il suo

percorso di cura.

New Penta collabora con

alcuni dipartimenti universitari.

L’Università di Tor Vergata a

Roma, il Campus Biomedico

di Roma e l’Università Statale

di Milano non sono che un

esempio. Le principali attività

congressuali del 2011 sono state

con il professor Carlo Alberto

Bartoletti e il SIME, Società

Italiana di Medicina Estetica; poi,

il congresso con l’Associazione

Dietologi Italiani e il Congresso

Nazionale di Chirurgia Geriatrica

del professor Giuseppe Cozza

che si è tenuto a Torino.

STEP 3 E 4 TRANSIZIONE STEP 5 MANTENIMENTO

questi 2 passi sono i più difficili ed importanti

del cammino terapeutico. Si iniziano ad

assumere carboidrati (frutta, pane, pasta) con

una particolare attenzione per quelli a basso

indice glicemico abbinati ad una quota elevata

di proteine. In questa fase si continuerà a

perdere peso ma in maniera più graduale.

questo passo rappresenta la vita di tutti i giorni,

la dieta da seguire sarà completa di tutti i

macronutrienti (carboidrati, proteine e grassi)

in modo tale da poter gestire il peso raggiunto

ed evitare di riprendere i chili persi. Si consiglia

anche di svolgere dell’attività fisica moderata in

modo tale da tenere sempre alto il metabolismo.

e la distribuzione dei preparati proteici

ipoglucidici Protiligne®, Golight e degli

integratori alimentari In.Tech. I prodotti

New Penta non sono farmaci, ma ali-

menti per la salute.

Il programma Pentadiet si basa essen-

zialmente sul principio che un regime

alimentare che comporti una riduzione

dei glucidi e dei lipidi, associato al con-

sumo quasi esclusivo di proteine di alto

valore biologico, meglio se di aminoacidi,

permette di ridurre la massa del tessuto

adiposo grazie al nuovo bilanciamento

insulina-glucagone che si viene a instau-

rare nell’organismo.

L’acquistodei prodotti

I medici sonoi collaboratori

più stretti

Il metodoPentadiet piacealle Università

NEW PENTA SRL via Piave, 10Castelletto Stura (CN) • n. verde: 800-198658

[email protected] • www.pentadiet.it

CREMA DI ASPARAGIAnche questo è un piatto adatto ad

un pranzo o ad un cena, sempre accompagnato dalle verdure concesse

E’ sufficiente versare il contenuto dell’integratore proteico in busta

CREMA DI ASPARAGI in uno shaker con la q.tà di acqua calda indicata. Una

deliziosa crema di asparagi è pronta per deliziare il vs. palato preservando

il vostro benessere.

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L’UOVO DALLE TRADIZIONI PASQUALI AI GIORNI NOSTRI,TRA MITO, FEDE E GOLOSITÀ. E DA QUEST’ANNOUNA NORMA IN PIÙ PER IL BENESSERE ANIMALE.

DI GIOVANNA FOCO

L’uovo è rappresentativo della Pasqua: nell’i-conografia cristiana, infatti, è il simbolo della Resurrezione. Il suo guscio raffigura la tomba dalla quale esce un essere vivente. Secondo il paganesimo, invece, è il segno della fertilità: dell’eterno ritorno della vita. Dipingere e deco-rare le uova durante il periodo pasquale risale a quest’ultimo periodo: donarne uno colorato era sinonimo di auguri e buoni auspici. L’uovo di Pasqua è venerabile, mentre le uova di cioccolato hanno un’origine abbastanza re-cente. Il vero uovo, quello decorato con colori e disegni, ha una genesi antica ed è simbolo della vita che continua e della Resurrezione di Cristo celebrata in primavera. Dalla mitologia all’economia, quest’anno c’è un motivo in più per soffermarsi sulle uova. “Dal primo gennaio 2012 – sostiene Franco

Il cielo si spoglia delle nubi. Il vento occhieg-gia da lontano e, sempre più incalzante, si

posa sul quotidiano. I rami degli alberi flettono armoniosi, quasi a intonare la sinfonia prima-verile. Migliaia di uova si schiudono. È la legge di natura: questo il periodo vocato alla fertilità. L’uovo ha un che di magico.Forse per la sua forma perfetta. È anche il simbolo della vita in sé, ma pure del mistero. Intorno ad esso rotea un’aura di sacralità.Già al tempo del paganesimo, in alcune creden-ze, il Cielo e la Terra erano ritenuti due metà dello stesso uovo, e le uova erano il simbolo del ritorno della vita. Gli uccelli, infatti, si pre-paravano il nido e lo utilizzavano per le uova: a quel punto tutti sapevano che l’inverno e il freddo erano ormai passati. Il gelo era incrinato e si intravedeva il calore permeare ogni dove.

L’uovo è rappresentativo della Pasqua: nell’iconografia cristiana e il simbolo della Resurrezione.Photo: Donatella Simeone (il Cucchiaio d’Oro), nella pagina a fianco Alex Astegiano.

perfezionedi natura

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Ramello, responsabile dell’Ufficio Economico della Coldiretti Cuneo – è entrata in vigore la normativa europea che sancisce l’obbligo di modificare le gabbie per le galline ovaiole in tutti gli allevamenti avicoli. Si stima che il costo della conversione sia di circa 30 Euro per spazio concesso ad ogni gallina. Le gabbie modificate devono, infatti, contare su un’area

“Una gallina è soltanto lo strumento usato da un uovo

per fare un altro uovo”Samuel Butler

UOVA DA BANCOCategorieLe uova sono suddivise in due catego-rie. Categoria A: uova pulite, a guscio integro, con camera d’aria (uovo) di altezza inferiore a 6 mm. Sono destina-te al commercio al dettaglio. In questa categoria rientrano le uova “extra”, nelle quali la camera d’aria ha un’al-tezza inferiore ai 4 mm; queste devo-no essere messe in commercio entro 9 giorni dalla deposizione e devono riportare obbligatoriamente impressa la data di deposizione. Le uova di cate-goria A non devono essere sottoposte a procedure di lavaggio o refrigerazio-ne. Categoria B: tutte le uova che non rientrano nella categoria precedente, comprese le uova di categoria A de-classate. Sono destinate alle industrie alimentari di trasformazione (pastifici, produttori di maionese e prodotti dol-ciari), previa pastorizzazione obbliga-toria per legge.

Come si interpretanoi codici sulle uova?Su ogni singolo uovo sono riportati i seguenti codici: 0IT 001 CN 700 B.Il primo numero indica la tipologia di allevamento (0 biologico, 1 all’aperto, 2 a terra, 3 in gabbia). Le prime due lettere segnalano la sigla del Paese di produzione (IT Italia). Il gruppo di tre cifre successive è il codice Istat del Comune di allevamento. Le due lettere che seguono sono la sigla della provincia di appartenenza (CN Cuneo). Le ultime tre cifre rappresentano il codice di allevamento. L’ultima lettera, infine, è facoltativa e indica l’unità produttiva di deposizione.

minima di 750 cm2 per ogni capo allevato. Le alternative alle gabbie modificate restano l’allevamento a terra, in voliera o all’aperto. Si potrebbe prospettare che i costi di produzione delle uova nei sistemi di allevamento alterna-tivi aumenteranno significativamente, a fronte di un previsto calo di produzione. Il mancato adeguamento ai parametri normativi potrà es-

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sere oggetto di sanzione da parte dei servizi veterinari, dei Nas e della Forestale.Il Piemonte è particolarmente vocato all’al-levamento avicolo. Gli allevamenti sono ge-neralmente di piccole o medie dimensioni e dislocati quasi sempre a notevole distanza gli uni dagli altri. Queste condizioni sono ideali soprattutto per il rispetto delle biosicurezza e del benessere animale. Per quanto riguarda la commercia-lizzazione delle uova, non essendo state ema-nate nuove norme, rimangono in vigore le leggi attuali; quantomeno per la vendita all’in-terno del territorio nazionale. Coldiretti e il Consorzio Avicolo Piemontese (Co.Avi.P.) au-

NON E’ PASQUA SENZA UOVO, ANCHE IN CIOCCOLATOPare di sentire il brulicare nell’aia. Animali da cortile allevati, narrati e anche modellati con la maestria di mano artigiana. Non solo prodotto, ma anche arte. Stiamo parlando della gallina della Pasticceria Audisio di Borgo San Dalmazzo. E famosa in tutta la provincia di Cuneo. Cioccolato lavorato con maestria da Claudio, sapiente pasticcere che ha aiutato i genitori, titolari per oltre cinquanta anni di un laboratorio a Limone Piemonte. Oggi, il laboratorio è trasferito nel centro di Borgo e i prodotti sono esposti nel raffinato locale conosciuto per l’eleganza nell’accogliere di Dario, sempre stirpe Audisio. Ma le possibilità di spaziare nel goloso mondo del cioccolato pasquale non mancano in tutta la Granda. Di sicuro effetto le uova di Spumiglia, prestigioso locale di Cuneo: sono realizzate con gusto e raffinatezza dal pasticcere che cerca sempre novità, come l’uovo per i bambini, ricoperte di coloratissimi smarties. Le sorprese sono anche personalizzate e le confezioni, rigorosamente composte a mano da Paola, sono garanzia di un dono di rango. E a Saluzzo? Un luogo da non mancare è la Pasticceria Testa: propone un uovo pasquale, dimensione uovo di gallina, che prevede la lavorazione del guscio, tenuto a bagno nel rhum per alcuni giorni e messo a cuocere ad al-tissime temperature. Poi cioccolato bianco e la ciliegia. Ma serve a poco raccontare, occorre provare: una tentazione sfiziosa per nulla usuale. E se si vogliono uova piccole piccole? La soluzione sono gli ovetti. La meta è Castellinaldo nel Roero e l’azienda è di rango: Marolo. Nota nell’ambiente per la grappa, ha guadagnato quote di mercato anche nella produzione di cioccolatini: 600 quintali l’anno. Seguono l’azienda di famiglia i fratelli gemelli, Claudio e Giancarlo. La novità per la Pasqua 2012? Gli ovetti ripieni al cocco. A Mondovì, il goloso non può non fare meta alla Casa del Cioccolato: l’ambiente accoglie con classe e l’atmosfera consente all’occhio di fermarsi con paziente attenzione sulle confezioni. La provincia di Cu-neo gira il mondo grazie a tanti, grazie a molti come l’azienda Venchi Spa che ha un secolo di tradizione e crescita. Cioccolato e non solo. La Pasqua è primavera. E magari la tentazione è quella di assaggiare una torta. Policromie. Colori e sapori.

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UOVA LIFE STYLEQuelle più famose furono indubbia-mente quelle di un maestro orafo, Pe-ter Carl Fabergé, che nel 1883 ricevette dallo zar Alessandro, la commissione per la creazione di un dono speciale per la zarina Maria. Il primo Fabergé fu un uovo di platino smaltato bianco che si apriva per rivelare un uovo d'oro che a sua volta conteneva un piccolo pul-cino d’oro ed una miniatura della co-rona imperiale. Gli zar ne furono così entusiasti che ordinarono a Fabergé di preparare tutta una serie di uova da donare ogni anno.

spicano che, con tutti gli allevamenti adeguati, siano intensificati i controlli sulle partite in entrata provenienti dai Paesi terzi e sulla loro corretta etichettatura, che prevede la dicitura ‘Non conforme alle norme Ue’, come previsto dal Regolamento Ce 598 del 2008.”In Piemonte, stando all’ultimo censimento del-la Sanità Regionale, risultano 107 allevamenti. In numero di capi significa: oltre 2 milioni e mezzo di galline. Nella sola provincia di Cuneo ci sono 57 allevamenti. Tutti lusinghieri.“Il fatto che vi sia concorrenza tra le azien-de – sostiene Ugo Capellino, responsabile commerciale e contitolare di Ovostura a Sant’Albano Stura, insieme ai fratelli Giuseppe e Gianluca – è una garanzia per l’utente finale, che si trova ad acquistare prodotti curati, dalla alimentazione all’allevamento in sé. Il benessere degli animali è sempre stato un obiettivo delle aziende, perché se l’animale sta bene, la produzione della gallina è migliore.” Ovostura, sul panorama nazionale, è un fiore all’occhiello. La caratteristica dell’azienda è quella di essere a “ciclo chiuso”: dalla coltivazione dei campi per il mais e il grano utilizzato nell’alimenta-

zione alla consegna ai clienti con propri mezzi, l’azienda, che si estende su 100 ettari e che produce oltre 120.000 uova al giorno, bada a tutto.E che uovo sia.

Nella pagina a fianco:Suggestione salata per il gusto,

è la torta pasqualina.Photo: Donatella Simeone (il Cucchiaio d’Oro)

Uova di cioccolato decorate a mano.Photo: Venchi

Uova lavorate con rhum e cioccolato bianco, che sembrano vere, secondo una raffinata ricetta

della pasticceria Testa di Saluzzo.Photo: Bekim Bushati

In questa pagina:Uova decorate, simbolo di auguri e buoni auspici.

Photo: Donatella Simeone (il Cucchiaio d’Oro)

Uovo Fabergé (courtesy Boite d’Or)Photo: Daniele Molineris

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LE STELLE MICHELIN IN PROVINCIA DI CUNEO SONO BEN DICIANNOVE.IN UN IDEALE PERCORSO ANDIAMO A CONOSCERE TRE RISTORANTI E I LORO CHEF CHE DA TEMPO VANTANO QUESTO RICONOSCIMENTO INTERNAZIONALE

DI AXEL IBERTI

di una famiglia con un’esperienza quasi centena-ria della tradizione culinaria piemontese. Il risto-rante Delle Antiche Contrade si trova in quello che fu, prima una locanda di posta per i cavalli, poi dal 1939 l’Osteria del nonno Domenico det-to ”il ligure” per il suo passato di cuoco in Ri-viera. Qui Stefania Calandri, la nipote, insieme al marito Giorgio Chiesa, ha dato vita da più di un decennio a un “tempio della ristorazione” inseri-to ormai da anni nel circuito delle più importanti guide italiane ed internazionali. E nonostante siano passate le generazioni, in cucina si trovano le stesse emozioni e gli stes-si sapori che uniscono le due regioni. Mare e montagna. I profumi delle verdure accarezzate dall’invidiabile microclima del Ponente, spo-sate alla carne delle valli cuneesi. Il trionfo dei formaggi piemontesi e sponde vellutate di olio

Parliamo ancora di grandi chef e della ristora-zione d’eccellenza della Granda, ma questa

volta prendendo come ideale punto di partenza la capitale della provincia più stellata d’Italia: Cu-neo. Una presenza delle stelle cuneesi massiccia sulla nota guida Michelin (sono ben 19 i risto-ranti stellati in provincia) che ci spinge ad appro-fondire questo speciale primato della “Cuneesi-tà”, dove alla scuola della tradizione si affianca spesso la contaminazione di stili, provenienze e culture.Una “terra di mezzo” la nostra, che sa coniugare gastronomia e produzioni locali con le influenze che arrivano dai territori vicini (dal mare, dalla Francia), ma anche in grado di accogliere la per-sonale creatività di chef che cuneesi non sono, facendola propria. Si parte da Cuneo, perché qui fa storia l’eredità

Colori e sapori di stagione diventano protagonisti nei piatti dei grandi chef.

luoghi e capitalidel gusto

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È un’attitudine che esprime pura cucina, forse oggi definibile (per assurdo) come fenomeno di controtendenza, rispetto al registro estetico a cui molti chef si sentono obbligati ad aderire, per accattivare l’occhio e il giudizio dei clienti. Ma la mano di Andrea è ferma senza indugi, al punto di essere in grado di esprimere quella punta di leggerezza solo là dove necessaria. Il menu ne è la conferma: tajarin tagliati al col-tello con ragù di salciccia, terrina di bollito misto piemontese in sala verde, gli agnolotti del plin di gallina ruspante e il coniglio brasato nel tegame, ovviamente con il Barbaresco, accompagnato dalla polenta macinata sulla pietra.In questo itinerario del gusto ci sono certamente altre realtà che meriterebbero la nostra attenzio-ne. Un retroterra da cui nascono successi simili rappresenta una spina dorsale sana e forte che sostiene l’intero comparto, un’anima ricca di en-tusiasmo e professionalità comune, che sprona tutti gli operatori del settore a fare sempre bene e meglio.

ligure. Il pesce salmerino e la Gallina Bianca di Saluzzo. Antipasti di calamari e primi con i cro-stacei affiancano il meglio delle valli occitane e i filetti di fassone. E visto che siamo anche prossimi alla Francia, la carta dei vini ti mette nell’imbarazzo se scegliere l’autarchia o fare l’esterofilo. Un’altra importante peculiarità del ristorante Delle Antiche Contrade è la fiducia che il patron Chiesa ripone nei propri chef, sempre giovani e di talento. Juri Chiotti, di Saluzzo (classe 1985, tra i più giovani chef stellati d’Italia), ha preso la guida ai fornelli in Via Savi-gliano dal maggio del 2011 e, seppur non abbia neppure trent’anni, ha esperienza da vendere. Il “ragazzo”, infatti, di scuola ne ha fatta e parec-chia. In Langa, da Massimo Camia e nelle Dolimi-ti, al mitico ristorante St. Hubertus di San Cassia-no in Badia, sotto la guida dello chef due stelle Michelin Norbert Niederkofler, esponente più conosciuto dell’unica provincia italiana, quella di Bolzano, che si gioca testa a testa la palma d’oro della migliore cucina nazionale.Da Cuneo ad Alba il tragitto è breve. Qui, nella patria del tartufo bianco, immersa nei filari della cantina Boroli, in Frazione Madonna di Como, si trova Cascina Bompè, che ospita la Locanda del Pilone. Il riconoscimento stellato che vanta il ri-storante è stato portato in dote dal pluripremia-to Antonino Canavacciuolo di Villa Crespi – due stelle Michelin sul lago d’Orta – che ha creato un ponte immaginario di gusto tra l’atmosfera magi-ca della sede lacustre e questo suggestivo angolo di Langa, dove ha aperto una propria scuola di formazione per giovani chef di grande talento. A gestire la cucina della Locanda di Alba e gli al-lievi che compongono la brigade de cuisine è, infatti, uno dei suoi più brillanti collaboratori da anni al suo fianco. Si tratta dello chef executive Masayuki Kondo, giapponese in Italia dal 2004. Un professionista di rango che conosce bene i sapori e la cultura culinaria del basso Piemonte. Masayuki, prima dell’esperienza pluriennale nel Novarese, non è “nuovo del quartiere”: prima all’Enoteca di Canale con Davide Palluda, poi da

Guido a Pollenzo. Questa importante esperien-za, una volta installatosi a Madonna di Como, gli ha valso non solo il conferimento del prestigioso premio internazionale, ma anche la capacità di coniugare la nostra tradizione alla “scuola” di Ca-navacciuolo carica di solari accenti mediterranei e ricca di colori, profumi e sapori. I suoi sono piatti che interpretano in modo innovativo la cu-cina piemontese, affiancata a quella partenopea con un risultato unico nel suo genere. E se siete in zona, un altro stellato tiene banco nella patria dei grandi vini rossi. Sempre a sud del fiume Tanaro, si affaccia Barbaresco e qui si trova l’Antinè dello chef Andrea Marino. Un ap-proccio quello di Andrea che soddisfa chi cerca la sicurezza della tradizione. Una cucina fatta di elementi poveri, ma che, se utilizzati in modo armonico, sanno esprimere tutta la propria es-senza fino a livelli difficilmente eguagliabili. La preparazione delle portate, qui, è fatta di so-stanza e ha poco a che vedere con la composi-zione o l’effetto scenografico dell’ “impiattato”.

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XXXV EDIZIONE DELLA MOSTRA NAZIONALE DELL’ANTIQUARIATO.OLTRE 60 GLI ESPOSITORI. ANCHE UNO SPAZIO DEDICATO ALLA FEMMINILITÀCON OPERE DI PRESTIGIOSI ARTISTI COME CHAGALL E GUTTUSO.

DI GIORGIO TRICHILOPHOTO: FOND. BERTONI - M. BERTORELLO

i punti di forza che questo evento ha conquista-to nel corso di oltre 30 anni. Negli anni, questa Mostra – puntualizza Fino – ha contribuito a sviluppare a Saluzzo un turismo culturale; mi auguro che questo trend si rafforzi anche in futuro con effetti positivi sull’economia del territorio.” Ma andiamo più in concreto alla scoperta dei tesori di questa nuova Mostra Nazionale di Antiquariato. All’appello hanno risposto oltre 60 gallerie antiquarie provenienti dall’Italia e dall’estero, che presenteranno i loro “gioielli” lungo lo spazio espositivo predisposto negli interni delle Antiche Scuderie. Un viaggio attraverso i secoli, accompagnati dalla bellezza di cassettoni, trumeau, specchie-re, credenze, psiche, consolle, poltroncine, sedie, tavoli e tavolini, letti e librerie: non solo

Capitale si resta, per sempre. È il destino di Saluzzo: l’antica capitale del Marchesato

ai piedi del Monviso, da secoli si distingue per la propria vocazione per l’arte e l’artigianato d’eccellenza. Non è quindi un caso se Saluzzo e l’antiquariato abbiano da anni stretto un im-portante sodalizio di cui, quest’anno, cade il trentacinquesimo anniversario. Dal 18 al 27 maggio 2012, si apre il sipario sulla Mostra Nazionale di Antiquariato di Saluzzo.Palcoscenico d’eccezione, come sempre, sono i saloni dell’ex Caserma Musso, sede della Fondazione Amleto Bertoni. Ed è proprio Michele Fino, presidente della Fondazione, a fare gli onori di casa e a parlarci della prossima edizione della Mostra.“Come presidente dell’ente organizzatore non nascondo l’entusiasmo e mi piace sottolineare

Ritratto di evangelista di Gerrit van Honthorst (detto “Gerardo delle Notti” – prima metà del XVII secolo) alla collaterale “Caravaggio sì Caravaggio no”, allestita in occasione dell’edizione 2010 della Mostra Nazionale dell’Antiquariato di Saluzzo.

eccelsa saluzzoantiquaria

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Peculiarità delle ultime edizioni della Mostra Nazionale dell’Antiquariato Città di Saluzzo, l’allestimento, ogni anno, di una collaterale di una ventina di grandi opere, fuori commercio, vere e proprie “chicche”. Quest’anno spiccano i nomi di Botero, Levi, Grosso, Casorati, De Chirico, Guttuso e Chagall.

arredamenti, ma vere e proprie “narrazioni” del costume e dell’art de vivre.È un percorso che vede i complementi di ar-redo come protagonisti, grazie alla varietà di vasellame d’argento, candelieri, piatti, statuine di bronzo, ceramiche e porcellane, centritavo-la finemente cesellati, tappeti e arazzi, eleganti vetri d’arte, fra cui non mancano naturalmente i celebri Gallé.“La dimensione storica è un aspetto fondamen-tale dell’esposizione – commenta il presidente della Fondazione Amleto Bertoni, sottolineando il rigore filologico con il quale sono stati scelti

gli oggetti – e la visita permette di intraprende-re un excursus temporale, con la possibilità di toccare con mano l’evoluzione del costume e della cultura. Insomma, chi crede che ‘l’arte è vita’, in questa mostra troverà la conferma del proprio convincimento.”Un’accurata selezione, il cui merito va a coloro che da anni sono i due deus ex machina dell’or-ganizzazione: Bruno Collovati, antiquario specializzato in argenti antichi, e Mario Rossi, già organizzatore di prestigiose esposizioni di settore, come Antiquari alla Fortezza da basso a Firenze. A costoro si aggiungeranno, quest’an-

L’edizione 2012 della Mostra Nazionale Antiquariato di Saluzzo

si muove sul doppio binario di tradizione e innovazione

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no, esperti di livello nazionale, per garantire un board di selettori degli oggetti esposti di asso-luto prestigio.L’edizione 2012 della Mostra Nazionale Antiquariato di Saluzzo si muove sul doppio bi-nario di tradizione e innovazione.Il concept è ben illustrato da Mario Rossi: “Tradizione e innovazione sono valori in appa-renza antitetici, che possono tuttavia convivere se opportunatamente coniugati. In quest’ottica, va vista l’apertura all’arte moderna e contem-poranea, che si abbina con l’esposizione negli spazi esterni di marmi e arredi da giardino”.Non manca l’evento all’interno dell’evento. Ecco, quindi, la mostra collaterale De foemina – Il fascino eterno. Un omaggio a quella coin-volgente commistione di bellezza, poesia e mi-stero, immortalata dagli artisti di ogni tempo e riassumibile in una parola: donna.“La collaterale all’interno della Mostra è diven-tata da alcuni anni un appuntamento fisso, gra-

zie al quale possiamo contare sulla presenza di cultori dell’arte, accanto agli appassionati e agli esperti di antiquariato” evidenzia Mario Rossi. Gli fa eco il presidente della Fondazione Amleto Bertoni: “A distanza di due anni non si è anco-ra spenta l’eco sulla collaterale dedicata alla cosiddetta “Scuola Caravaggesca”, un successo di pubblico e di critica che ha contribuito a raf-forzare il posizionamento di Saluzzo come città d’arte e amante dell’arte”. I presupposti per replicare il successo ci sono tutti. Visitare De foemina – Il fascino eterno vuol dire entrare nelle pieghe della femminilità in tutte le sue valenze artistiche.È un sottile gioco della seduzione quello che si instaura tra il pittore, lo scultore e il suo model-lo femminile. Quel gioco si trasferisce nel rap-porto tra l’opera e il pubblico: un incantesimo che si vivrà all’interno di questa collaterale. L’itinerario di visita è quindi scandito – come un prisma dalle molteplici sfaccettature – dalle diverse identità dell’universo femminile: dalla madre dipinta da Botero alla celebrazione della maturità espressa in capolavori di Levi, Grosso e Casorati. In primo piano anche il nudo, attra-verso un’immagine fotografica del celeberrimo Man Ray e i riferimenti alle opere, tra gli altri, di Daniel Spoerri e Vanessa Beecroft. Ma si potran-no ammirare anche tele di Giorgio De Chirico e Renato Guttuso. La collaterale si conclude con un omaggio a Marc Chagall, di cui sarà esposto Coq rose (1959): la donna unita all’uomo in un inno all’a-more e alla vita. Emozioni senza tempo vi attendono a Saluzzo per essere vissute intensamente: benvenuti alla Mostra Nazionale di Antiquariato.

Fontana in marmo del XVIII secolodi fattura genovese.

Bacco di scuola michelangiolescain marmo di Carrara.

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IL TERRITORIO È UNO SCRIGNO COLMO DI RISORSE DA VALORIZZARE.A PARTIRE DALLA VITICOLTURA, CHE HA COSTRUITO QUI UNA PROPRIA IDENTITÀ, FINO A PREZIOSI TESORI NATURALISTICI COME LE ROCCHE

DI VANINA CARTA

glia. Sono le Rocche, uno squarcio primordiale che incide il territorio con gole profondissime e dirupi da brivido. Un taglio primordiale che, come tutte le ferite, porta con sé le tracce di una “battaglia”: geologica nei fatti, diabolica nella leggenda. Se le Rocche nascono, infatti, dalla de-viazione del Tanaro dal suo alveo circa 250.000 anni fa, il mito vuole che le abbia scavate Belze-bù in persona e che ancora oggi siano abitate dalle masche, a metà tra streghe, fattucchiere e donne selvatiche. Ma favola e realtà viaggiano sul filo di un confine molto labile in ogni angolo del Roero. Se si giunge dai dolci saliscendi attorno a Som-mariva Bosco, una volta oltrepassato il varco di Monteu Roero e il ripido passaggio sulle Roc-che, si apre un mondo nuovo. Nulla di para-gonabile alle cugine colline di Langa, ordinate,

Partiamo dal nome, ma facciamolo dalla sua versione dialettale, i Roé, e forse sarà più

semplice avvicinarci a quell’intricato concetto di Roero nascosto dietro svariate e bizzarre ma-nifestazioni. Sì, perché Roero non è uno, come non è solo un luogo. Chi lo ama o ci vive lo sa: il Roero è eclettico, una forma mentis, in cui l’a-spetto geografico è solo un’espressione esterna.

UNA TERRA DI MEZZODislocato nell’ultima porzione nordorientale della provincia di Cuneo, il Roero, con i suoi 23 Comuni – di cui Bra è capitale economica e Canale cuore pulsante dell’enogastronomia – si adagia sulla sponda sinistra del Tanaro (360 km2 circa), indugiando tra le direzioni verso Torino ed Asti e ostentando una vecchia cicatrice su quella dorsale di 12 km che va da Bra a Pocapa-

Con il loro aspetto selvaggio, da sempre le Rocche del Roero alimentano miti e leggende, come quella della masca Micilina, fattucchiera di questi luoghi, mandata al rogo con l’accusa di stregoneria.Photo: C.Sappa – M. Correggia

meravigliadi roero

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sobrie e misuratamente sabaude – i Roé sono irregolarità allo stato puro: collinette e cucuzzo-li che lievitano qua e là, fazzoletti di terra a frut-teto a puntellare i pendii delle alture, accanto ai filari dei vigneti e ai noccioleti. E poi orti, vege-tazione spontanea e quei ciabòt favolosi – pic-cole costruzioni in mattoni, un tempo ricovero di attrezzi e forse nascondigli d’amore. I ciabòt, guardiani secolari delle viti e delle coltivazioni collinari, oggi sono i novelli petits châteaux che segnano le vigne e danno il proprio nome ai vini roerini, identificandoli non solo geografi-camente, ma connotandoli con tutto il proprio corredo di mito e di sapere contadino radicato nell’immaginario collettivo.

DA SERBATOIODI LANGA A GRANDE TERROIRIntricato, fiabesco e imprevedibile, il Roero ha saputo costruirsi, nonostante la storica funzio-ne di “serbatoio di Langa”, una propria identità enologica e vitivinicola, che paradossalmente getta le proprie basi nel periodo buio dello scandalo del metanolo (1986-1989). In quegli

anni di damigiane e di vini commercializzati sfusi, ci sono giovani che credono nelle capa-cità della sponda sinistra del Tanaro, per molti ancora “le Langhe al di là del Tanaro”, il loro fratello minore, privo di qualsiasi possibilità di sviluppo vinicolo, se non quella di andare ad arricchire di profumi i potenti rossi di Langa (da qui il titolo poco lusinghiero di “serbatoio di Langa”). Tra questi c’è Matteo Correggia, un pioniere che sa intuire che il Roero non è solo frutta, nocciole e damigiane. Sfida l’opinione dei più

La viticoltura del Roero ha fatto passi da gigante a partire dagli anni ’90, grazie all’opera di veri

e propri produttori “pionieri”, come Matteo Correggia (a destra)

Photo: C. Sappa, Luca Rostagno, Matthew Molchen, A z. Agr. M. Correggia.

e inizia a sperimentare nuovi metodi: arrivano le prime barriques e i grappoli vengono dira-dati – vero sacrilegio per i più anziani. I curio-si lo tengono d’occhio e si bisbiglia di chissà quale clamoroso flop imminente, ma i risultati non tardano ad arrivare e, con essi, una nuova squadra dinamica di giovani imprenditori. Nello stesso periodo, a metà degli anni ’80, il successo dell’Arneis è alle porte: un bianco facile, beverino, fresco è ciò che cerca il mer-cato ed è così che l’Arneis diventa il vino del momento, grazie alla lungimiranza, prima, di

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Bruno Giacosa, Vietti, Ceretto, in Langa, e agli investimenti, poi, di aziende roerine come Deltetto, Malvirà, Negro, Cornarea, Almondo, Filippo Gallino, Ca’ Rossa, Cascina Chicco e molti altri. Ma un fenomeno che in quegli anni è ancora pura moda – seppure l’Arneis riman-ga tutt’oggi un caposaldo dell’identità locale e abbia saputo identificare il territorio fin dai primi periodi della renaissance roerina – non può costruire, da solo, la gloria imperitura per il Roero, ed è allora che la lucida intuizione di Matteo Correggia per i rossi a base nebbiolo segna la via. Il nebbiolino fruttato, acquistato per anni da molti produttori della destra Tanaro, lancia la sfida alla Denominazione del Nebbiolo D’Alba con una propria Doc (la Doc Roero), nel 1985. Come in tutti gli inizi, non è facile convincersi a seguire la strada più difficile, quella verso la propria identità, quando il mercato stesso fa-tica a capire cos’è il Roero – enologicamente parlando – rispetto a “mostri sacri” come Ba-rolo e Barbaresco (com’è noto, prodotti con uve nebbiolo in purezza). Ma verso la fine degli anni ’90, la consapevolezza della svolta è matu-ra: i produttori comprendono che è necessaria una “terza via” per il nebbiolo (il Roero Docg,

100% nebbiolo) e una piena identificazione tra vino e territorio. Un percorso di autocoscienza che produrrà l’istituzione, nel 2004, della nuo-va Docg Roero (Roero, Roero Riserva, Roero Arneis, Roero Arneis Spumante). Il passaggio non è stato indolore e ad oggi, for-se, non si può ancora dire che la Docg possa contare su una propria potenza mediatica e su un massiccio appeal comunicativo. Forse non tutti i buyers stranieri sanno ancora distingue-re bene i labili confini tra Langa e Roero, così come non è semplice unire un gruppo di pro-duttori eterogeneo, senza dimenticare il grave lutto del 2001 – la morte di Matteo Correggia – che ha provocato un vero sbandamento. Ma rimane un “ma” che è un caposaldo: la linea è stata saldamente tracciata e il Roero, dalla “ce-nerentola” che era, non può che crescere. Lo sa soprattutto chi ha creduto in questo terroir che, grazie a un’elevata percentuale sabbiosa nei terreni, dà vita a nebbioli “più gentili”, meno austeri e potenti rispetto a quelli di Langa, con profumi più fruttati e un tannino meno accentuato. Il che si traduce in maggio-re eleganza, finezza e – non è cosa da poco – in una maggiore bevibilità, pur mantenendo i vini grande capacità di invecchiamento. E poi le condizioni ambientali ideali ci sono tutte: dinamismo imprenditoriale, un’identità della Docg ormai ben marcata, concretezza e quel pizzico di magica follia che rende la gente del Roero così marcatamente identificabile con la propria terra.

FATTORE “VARIABILITÀ”Proprio quell’identità così bizzarra e “irrive-rente” verso la standardizzazione (delle col-tivazioni, del paesaggio che si riflette nella vivacità delle persone) ha permesso che il Ro-ero non diventasse un’immensa monocoltura vinicola, ma che mantenesse una variegata molteplicità del proprio tessuto, con microe-conomie di grande eccellenza. Pensiamo alla salsiccia di Bra, frutto di una millenaria tradi-

Il terreno del Roero, con alte percentualidi sabbia, dà origine a nebbioli “gentili”.

Photo: C. Sappa – Ca’ Rossa

L’interno della cantinadell’A zienda Matteo Correggia.

Photo: Immaginare – M. Correggia

Nella pagina a fianco:il passaggio generazionale ha segnato

un momento di svolta per il Roero vitivinicolo. Nella foto, tre generazioni della

Famiglia Ferrio dell’A zienda Ca’ Rossa.Photo: Bruno Murialdo

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zione norcina legata alla comunità ebraica (la salsiccia di Bra è storicamente prodotta con carne di manzo), alla tinca gobba di Ceresole d’Alba (Presidio Slow Food), un pesce umile allevato un tempo negli stagni utilizzati per l’irrigazione, che raggiunge un massimo di 80-100 g di pezzatura, o alla pera Madernassa, che prende il nome da una frazione di Vezza d’Alba, cultivar antica e ideale per la cottura al vino e immancabile nella cognà locale. E poi la fragola, nelle zone di Sommariva Perno e Bal-dissero d’Alba, il miele (ricordiamo il Sentiero del Miele di Montà d’Alba, dove permangono le tracce dei primi tentativi di apicoltura razio-nale in Italia), così come la pesca, oggi coltura ridimensionata, che rimane il simbolo di Ca-nale e dell’epopea di una generazione conta-dina, in grado di sopravvivere al dramma della filossera della vite (fine XIX secolo), proprio grazie al pesco e alla diversificazione agricola. E ancora: la castagna della Madonna, varietà rintracciabile lungo la linea delle Rocche, il tartufo e poi come non menzionare il birbèt? E così rientriamo ancora una volta nella sfera “alcolica”, per parlare non propriamente di vino, ma di un mosto parzialmente fermenta-to. Brachetto dal grappolo lungo in purezza

(e guai a confonderlo con il brachetto di Ac-qui! Altro vitigno da questo), il birbèt, in dia-letto “birichino”, si presenta frizzante, dolce e straordinariamente fruttato. Forse non sarà prestigioso come i vini roerini fregiati di Docg – impegnati nella difficile impresa di rappre-sentare il Roero nel mondo – ma lui fresco, semplice, è irresistibile nelle calde estati ca-nalesi, soprattutto se in tavola arrivano le fragole, le pesche ripiene, le ciapule (frutta essiccata), o una splendida Duchesse di Sac-chero (Canale), oppure il gelato alle paste di meliga o ancora il Som Bo (dolce al cioccola-to morbido) di Strumia (Sommariva Bosco). E poi, dulcis in fundo, dopo un viaggio tra le pieghe di questa terra, ritrovare tutto ciò nel-le creazioni di Davide Palluda – firma stellata della gastronomia piemontese – al Ristoran-te All’Enoteca a Canale, non a caso, proprio all’interno di quello stesso edificio che ospita il tempio sacro dell’enologia roerina: l’Enote-ca Regionale del Roero. Come una cornucopia, il Roero è varietà in-finita, un’alchimia tra l’uomo e la terra che si reinventa e si rinnova nella continua riscoper-ta di se stessa. Conoscerla del tutto è impossi-bile, ma viverla è un invito rivolto a tutti.

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La scala di design, vera e propria scultura per forme ricercate e materiali diversi, è la protagonista dell’ambiente, vero e proprio elemento di arredo da coordinare all’intorno. Pochi e semplici gradini che esprimono lo stile: abbinamento di materiali raffi nati, tecnologie avanzate e gioco di linee per catturare l’attenzione e valorizzare gli spazi. Piccole opere d’arte che solo la grande esperienza di maestranze specializzate può garantire. Perché ogni scala sia unica...

Scale cucitesu misura

Marzero architetture metalliche - Via Mastri Cestai, 4 - 12040 Corneliano D’Alba - tel. 0173.61.92.28 - fax 0173.61.49.35 - e-mail [email protected]

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Gioielleria - Londrascala di forma irregolarein ferro grezzo trattatocon cera d’api

Abitazione privatascala in acciaio smaltato

con pedate in vetro autoportantee parapetto in vetro a sbalzo

Teatro Carignano - Torinoscala a pianta ellitticaper accesso alle gallerie,con struttura autoportantein acciaio smaltato

Stabilimento industrialescala in acciaio smaltato,

pedate in vetro decorato,parapetto in acciaio inox satinato

Abitazione privata - scala elicoidale autoportante in acciaio inox satinato e pedate in legno massiccio

Abitazione privata - scala elicoidale esternainteramente in acciaio inox satinato

Hall ingresso – scala in acciaio smaltato, pedate in legno di rovere massiccio, parapetto in vetro

Abitazione privata - scala con strutturaautoportante dotata di gradini rivestiti in legno

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La scala di design, vera e propria scultura per forme ricercate e materiali diversi, è la protagonista dell’ambiente, vero e proprio elemento di arredo da coordinare all’intorno. Pochi e semplici gradini che esprimono lo stile: abbinamento di materiali raffi nati, tecnologie avanzate e gioco di linee per catturare l’attenzione e valorizzare gli spazi. Piccole opere d’arte che solo la grande esperienza di maestranze specializzate può garantire. Perché ogni scala sia unica...

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Marzero architetture metalliche - Via Mastri Cestai, 4 - 12040 Corneliano D’Alba - tel. 0173.61.92.28 - fax 0173.61.49.35 - e-mail [email protected]

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È LO SPECCHIO DELLA CULTURA CONTADINA: PUNTO DI CONTATTOTRA IL PASSATO E IL PRESENTE. PIÙ CHE UN GIOCO È UN VERO E PROPRIO MOVIMENTO SPORTIVO CHE SOGNA NELLE PIAZZE DEI PAESI

tanto che nel massimo campionato, agli incon-tri di maggior richiamo, possono arrivare ad assistere anche 3.000 spettatori, che dalle Alpi raggiungono la Riviera e viceversa. La gente della pallapugno che affolla le piazze di Bubbio o di Tavole o riempie gli sferisteri di Alba, Madonna del Pasco o Dogliani, è l’a-nima di questo sport. Il “popolo” del balon è benevolo e affezionato ai propri campioni, ma anche profondamente nostalgico verso i miti del passato: “Nessuno ci sarà più come Manzo e Balestra!” – salvo poi ricredersi, sospiran-do – “Ah, quando in campo c’erano Bertola e Berruti” – ed infiammarsi ancora oggi di fronte alle battute di Campagno, ai ricacci di Corino, agli intra di Vacchetto, alle giocate di Danna. Diversamente dagli altri sport, nella pallapugno non ci sono tifosi nel senso stretto del termine:

Della squadra fanno parte due terzini, ma non è il calcio. C’è anche il centrale, ma

non è la pallavolo. In ogni azione di gioco si usa il pugno, ma non c’entra il pugilato. Infine, sebbene il giocatore più importante dei quattro che compongono un team sia il battitore, non ha nulla a che vedere con il baseball.È la pallapugno, lo sport “nazional-popolare” del Piemonte meridionale e della Liguria di ponente: di origini assai lontane nel tempo, è una disciplina sportiva – fino al 2000 nota come “pallone elastico” – diffusa, nei secoli passati e nelle sue forme primordiali, in gran parte dell’I-talia, anche se oggi la sua tradizione viene cu-stodita solo in quel piccolo fazzoletto di terra che da Cuneo va verso le Langhe, il Monferrato e da lì arriva fino in Riviera. Si tratta, però, di una tradizione molto sentita,

La pallapugno è lo specchio della cultura contadina poiché riflette i tempi e gli spazi di un mondo che ancora resiste all’omologazione contemporanea.Photo: Archivio Fipap – archivio Ente Turismo Alba Bra Langhe e Roero (pagina a fianco in basso).

tradizione e anima, la pallapugno DI FEDERICO MATTA

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certo, Bertola e Berruti infiammavano e divi-devano le folle, come prima di loro fecero altri campioni. A questo proposito, vanno fatte due conside-razioni: in primo luogo, la “passione” sportiva è in genere rivolta prevalentemente non già a una squadra, ma a un giocatore (nello specifico il battitore); in secondo luogo, l’appassionato di pallapugno sa essere assai “sportivo”, perciò è pronto ad applaudire il gesto tecnico compiu-to dall’avversario del proprio beniamino. Nel rimpiangere, da parte del pubblico, i tempi andati e nel considerare talvolta con fastidio alcune modernizzazioni (pensiamo al siste-matico riordino delle regole dello sport e alla sua organizzazione in campionati, ma anche all’evoluzione nel modo di abbigliarsi, all’am-modernamento delle strutture sportive, alla trasformazione degli strumenti del gioco, pal-lone o fasciatura etc.), si può notare una forma di nostalgia conservatrice, che tuttavia rivela con chiarezza come i tempi e gli spazi del ba-lon rappresentino ancora il punto di contatto fra presente e passato le cui propaggini sono radicate nella nostra cultura e nei nostri gesti. La pallapugno è lo specchio della cultura con-tadina, poiché riflette i tempi e gli spazi di un mondo che ancora resiste all’omologazione contemporanea. Pensiamo innanzitutto alla forma del campo, un corridoio di 90 m con un muraglione laterale: non è altro che la ripro-duzione delle antiche piazze e delle strade dei paesi, e manifesta la penuria di spazi liberi, per la pendenza del suolo in Liguria o per la neces-sità di dedicare maggior terreno possibile alle coltivazioni, come accade in Piemonte. Anche nei “tempi” del gioco troviamo indizi si-gnificativi in tal senso: ad esempio l’assenza di un termine prefissato per concludere la gara. In teoria, la partita potrebbe durare all’infini-to guardando la palla rimbalzare da una parte all’altra del campo. Un incontro, infatti, termina solo quando una delle due squadre raggiunge gli undici giochi: pertanto vi sono gare che du-

PANTALERALa pantalera, oggi, è una specialità affine alla pallapu-gno, della quale però, con ogni probabilità, è stata l’an-tesignana. Si gioca in Piemonte, sfruttando spazi ridot-ti (piccoli sferisteri, piazze, vie, cortili), con l’ausilio di un asse (la pantalera) posto obliquamente e sollevato da terra (che ricorda il tetto delle case), dove viene lanciata la palla. Questa azione sostituisce la fase di battuta della pallapugno classica, dopo la quale il gioco si svolge nell’identico modo. Negli ultimi anni, la pan-talera ha conosciuto una nuova giovinezza: nel 2011 il Torneo dei Paesi organizzato dall’Apep ha raggiunto ormai la XVI edizione, con un numero crescente di squadre partecipanti nelle varie categorie. Con que-sta specialità, nelle piazze dei paesi rivive la passione autentica per lo sport “Doc” del Basso Piemonte, che coinvolge giovani e meno giovani, rinsaldando un pro-fondo e antico legame con le proprie origini.

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rano appena due ore e altre che sembrano non finire mai, data la bravura e l’equilibrio fra le due squadre in campo. L’assenza, nelle regole del gioco, di limiti cro-nologici riproduce una società che non ha pro-blemi di tempo, per la consuetudine di giocare principalmente nei giorni festivi, quando gli uo-mini non si occupavano del lavoro nei campi e la giornata intera, fino al tramonto, era riservata al rito della pallapugno. Con le proprie liturgie e i propri miti, la palla-pugno ha meritato alcune delle pagine lettera-rie più belle, grazie alla penna di Edmondo De Amicis, che ha dedicato a questo sport un’ope-ra indimenticabile, Gli Azzurri e i Rossi, ma non si possono nemmeno tralasciare gli scorci del balon “dipinti” da Beppe Fenoglio, da Augusto Monti, da Giovanni Arpino o, più recentemen-te, da Alessandro Baricco, solo per citare i nomi più conosciuti. Oggi la pallapugno, ben conscia e fiera delle

proprie origini, non è più un gioco ma un vero e proprio movimento sportivo: le società affi-liate sono quasi un centinaio, i tesserati sono circa 5.000 (senza contare il pallone leggero, praticato nelle scuole) e l’attività dei campio-nati, come dei tornei promozionali, è in signi-ficativa ascesa. I giocatori sono atleti che non hanno nulla da invidiare, quanto a preparazione, a quelli di al-tri sport: anzi, oggi, la quasi totalità dei battitori effettua una preparazione precampionato assai curata e, in particolare, i capitani della serie A iniziano ad allenarsi già parecchi mesi prima dell’avvio degli incontri. Inoltre, le società si stanno attrezzando per creare una propria solida dirigenza e l’attività giovanile è assai fio-rente. Sospesa tra passato e presente, la pallapugno di oggi è in continuo fermento e con orgoglio e fierezza, grazie anche all’ingresso di giovani campioni, strizza l’occhio al futuro.

I tesserati della pallapugno sono circa cinquemila; gli atleti non hanno nulla a che invidiare quanto a

preparazione, a quelli degli altri sport.Photo: Archivio Fipap – archivio Ente Turismo Alba

Bra Langhe e Roero (in alto).

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NEL CENTRO STORICO DI CUNEO UN PICCOLO APPARTAMENTORACCONTA LA VITA DI CHI LO ABITA, CON UN CARATTERECHE SUPERA OGNI SCONTATO CLICHÉ

DI ROBERTO AUDISIOPHOTO: DANIELE MOLINERIS

Sul pianerottolo, il cavalletto di un pittore (un amico recentemente scomparso – ndr) dà il benvenuto agli ospiti invitandoli ad ammirare le opere esposte tutt’intorno: quasi una pausa per riprendersi dalla salita prima di entrare, fi-nalmente. L’impianto è quello originario, tipico delle abi-tazioni d’epoca, con mura spesse e ambienti chiusi da altri, come in un gioco di scatole cine-si. Non si leggono interventi sofisticati, quanto piuttosto una sovrapposizione di stili che lascia comprendere la storia dell’edificio. Uno scuro corridoio, ravvivato da stampe e manifesti va-riopinti, conduce a una zona giorno unica nel suo genere, in cui gli oggetti più disparati ap-pesi alle pareti, al soffitto, appoggiati a terra, sul tavolo, sul divano, diventano parte integrante della casa.

Non è sempre detto che per arredare uno spazio servano pezzi importanti e costosi.

A volte, una semplice collezione di oggetti tro-vati in un mercatino delle pulci riesce a creare un’atmosfera speciale, che nessun mobile in sti-le potrebbe dare. In quella scelta si può leggere l’anima di chi abita la casa, la vera essenza che può rendere un ambiente unico.Salendo le scale irregolari dell’androne che ha ingresso dai portici del centro storico di via Roma, veniamo catapultati indietro nel tempo: linee barocche e oscurità raccontano la storia dell’edificio che, nonostante i muri scrostati, mantiene un fascino particolare. Ma l’ultima rampa sottolinea che stiamo varcando la so-glia di un “altro” mondo: pareti colorate e tele dipinte ci annunciano che stiamo entrando in casa di Enrico Ocir.

All’interno colpisce l’abbondanza degli oggetti che fanno sembrare la casa un mercatino delle pulci. Ci si muove con attenzione, per non toccare nulla, ma allo stesso tempo incuriositi da tutto ciò che ci circonda.

elogio dellasemplicità

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Sul pianerottolo la tavolozza di un pittore accoglie gli ospiti della casa.

La camera da letto con le pareti vestite dei cimeli della carriera teatrale di Ocir.

Particolari di vari oggetti che si susseguono, con incalzante presenza, come fossero entità vive.

Ognuno di essi racconta di chi vive qui, un antiquario che ha esposto alle più importanti mostre pezzi d’arte, mobili, quadri, sculture e ceramiche, venduti a personaggi del mondo dell’economia e della politica di tutta Italia. “Ho avuto fra le mani pezzi di grande valore, pubblicati sulle riviste internazionali e sui cata-loghi più noti, ma non mi sono mai affezionato a nessuno di loro. A casa mia non ho voluto niente di tutto ciò: troppo facile arredare un ambiente con un pezzo antico. Molto più inti-mo è scegliere la semplicità di oggetti trovati sulle bancarelle dei mercatini che, ancora oggi, amo frequentare come espositore,” ci dice Ocir con una semplicità che è tipica del suo essere.Così, sul giallo vivo della parete principale si possono vedere vecchie chiavi di tutte le forme e dimensioni, attrezzi da lavoro dei nostri non-ni, crocifissi e rosari, piccoli strumenti musica-

li, cappelli in feltro da bambino, oggetti sacri e profani mischiati in un enorme patchwork, che, dati i segni lasciati sul muro, di certo ven-gono periodicamente sostituiti con altri, in una sorta di continua trasformazione decorativa che rende l’atmosfera sempre diversa. Tutt’in-torno, altri mille oggetti sistemati ovunque: dalla lampada di modernariato ai pupazzi dei cartoons, dai giocattoli in legno alle fotografie d’epoca della famiglia e, tra tutto questo, mi-metizzato e quasi soffocato, si affaccia il piccolo angolo cucina.Una fotografia in bianco e nero a grandezza na-turale di un divo anni ‘50 nasconde, in realtà, la porta del bagno: altro esempio di semplicità essenziale e un po’ retrò, ravvivata dagli innu-merevoli oggetti in tema Walt Disney.Ma la stanza che, forse, rappresenta al meglio il padrone di casa è la camera, dove l’arredo è

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Il bagno, semplice ed essenziale,decorato con i fumetti di Walt Disney.

Il sorriso di Enrico Ocir.

Le raccolte degli oggetti che narranodi emozioni e raccontano di contenuti.

CHI È OCIRAntiquario, per 25 anni ha esposto og-getti e arredi alle Mostre Internazionali di Palazzo Strozzi di Firenze e Palazzo Grassi di Venezia, per una clientela VIP di tutta Italia.Francesco Viglione, in arte Ocir, nasce a Fossano il 10 dicembre 1936 ed è for-se più conosciuto per la sua carriera artistica come cabarettista, iniziata con l’avanspettacolo degli anni ‘50 nei tea-tri torinesi, insieme a personaggi come Renato Rascel, Lino Banfi, Giorgio Mo-lino o il grande musicista Nini Rosso, di cui è stato amico fraterno. Negli anni, innumerevoli sono stati gli spettacoli da lui scritti e messi in scena, nei teatri e in TV, come Balconi in fiore che dal 2001 ogni anno viene allestito al “Tosel-li” di Cuneo, in occasione della premia-zione dell’omonimo concorso.

risolto con un semplice letto a cui fa da testata una cartina della provincia di Cuneo, insieme a una collezione di piccoli oggetti e immagini sacre. Sulla parete laterale, la raccolta dei mani-festi degli spettacoli che negli anni hanno visto Ocir protagonista nei teatri, insieme a molti altri artisti, in una sorta di racconto della sua carriera.La sensazione è quella di trovarsi in una casa-museo dei tempi passati, un po’ decadente ma molto colorata, in cui ogni scelta d’arredo scaturisce da un incontro casuale tra gli oggetti senza una precisa scelta progettuale, ma con una forte concentrazione sul ricordo, secondo un gusto personale tendente forse al malinco-nico, di chi cerca negli oggetti, di cui si circon-da, una presenza viva.

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eden,tra ieri e oggiFRUTTINFIORE DI SALUZZO È L’OCCASIONE PER RIFLETTERE SU COLTUREVECCHIE E NUOVE CHE FORSE SI STANNO TROVANDO AD UN BIVIO.BENVENUTI NELLA CASSAFORTE DELLA GRANDA

DI VANINA CARTA

do tutta l’area pianeggiante che da Savigliano lambisce Costigliole Saluzzo, Verzuolo, Manta e arriva fino al Pinerolese, passando per Lagnasco, la bassa Valle Po, Barge e Bagnolo), livelli di altissima produttività, ma non è una questione né solo di quantità né solo di redit-tività, perché quell’apparente massificazione delle estensioni di albero da frutto, ha al con-trario “radici profonde nel territorio”. Dopo i pomerii (meleti) citati dagli statuti comunali del XIV secolo, la storia ci racconta di emigran-ti che, verso la fine del XVIII secolo, al ritor-no dalla Francia portano con sé nuovi semi e conoscenze colturali sul melo. Sono anni di grande ricerca scientifica, in cui l’Accademia di Agricoltura di Torino, fondata nel 1785, arriva a censire e catalogare ben 72 varietà di melo sul territorio degli stati regi.

Rossa o bionda, dalla pelle liscia e sempre profumata, la mela è femmina. Lei, la più

armoniosa tra tutti i frutti, è simbolica nel no-stro immaginario ed è femmina anche perché “madre”, in certo senso, di una grande tradizio-ne. In tutta l’area pedemontana piemontese, e soprattutto nel Saluzzese, la frutti-cultura, in-fatti, non è solo business, ma rimanda a una vocazione territoriale che ha trasformato, nel corso di secoli, una vasta area in un immenso paesaggio a giardino. Se, oggi, gli antichi mo-naci cistercensi di Staffarda potessero vederlo, lo chiamerebbero “Eden”, e forse, increduli, ammirerebbero i “frutti” straordinari di quel loro lavoro di recupero, nei propri orti, delle varietà sopravvissute alle invasioni barbariche. Vero è che la frutticoltura raggiunge, attual-mente e in particolare nel Saluzzese (includen-

L’appuntamento, quest’anno dal 13 al 15 aprile, è punto d’incontro tra domanda e offerta dei protagonisti dell’economia, presenti a Fruttinfiore.Photo: Marina Shemesh.

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UN FRUTTO TIRA L’ALTRODal melo ad altre colture fruttifere, il passo è breve ed è la volta dei primi impianti di pesco (verso gli anni ’30) intorno a Lagnasco. In pochi anni, in quell’area la crescita è esponenziale, giungendo più di recente a un vero e proprio turn-over varietale con un grande slancio verso la sperimentazione. Intanto, intorno agli anni ’50, la voglia di nuovo benessere e la richiesta di una dieta alimentare più vitaminica, spingono la domanda anche fuori confine. Nel dopoguer-ra i “giardini” si allargano a vista d’occhio ed è un moltiplicarsi di nuove colture: albicocche, prugne, ciliegie e, tra gli anni ’60 e ’70, i primi passi verso la coltura dei piccoli frutti (fragole, mirtilli, lamponi, more, ribes) e del kiwi. Com’è evidente dal paesaggio, è quest’ultimo a gioca-re un ruolo decisivo negli ultimi 30 anni. Un nome strano per un frutto esotico (di pro-venienza neozelandese, ma di origine cinese - actinidia chinensis), ma non abbastanza per non essere perfettamente compatibile con il nostro terroir. Nonostante l’aspetto poco ag-graziato e “peloso”, il kiwi diventa uno stru-mento di riscatto per molti agricoltori: un frutto dalle proprietà salutistiche eccezionali (come’è noto è ricchissimo di vitamina C),

piante vigorose e fruttifere e soprattutto una resistenza immunitaria mai vista prima (quindi un’esigenza minima di trattamenti) portano a un’estensione, nella sola provincia di Cuneo, di circa 4.500 ettari rispetto attuali 5.600 pre-senti su tutto il Piemonte (fonte Coldiretti). E se dei 5 paesi in cui si concentra, oggi, l’87% della produzione mondiale (Cina 492.000 t, Italia 430.000 t, Nuova Zelanda 385.000 t, Cile 187.000 t e Grecia 79.000 t – fonte CIA), l’Italia è seconda solo alla Cina, tra le province italiane interessate dalla coltura, Cuneo è ai vertici in-sieme a Verona, dopo Latina. Un dato su tutti per capire meglio il perché di questi numeri da “boom economico”: negli anni ’80 i kiwi ven-gono pagati al produttore 5.000 lire al chilo, un prezzo fino ad allora mai visto sul campo (fonte CIA). Negli ultimi anni il prezzo è sceso, ma la forbice tra il campo e lo scaffale è rimasta con-tenuta. Una congiuntura decisamente positiva e durevole, e un panorama complessivo ben organizzato, quello del Saluzzese, che ha dato vita tra l’altro a una rete produttivo-commercia-le in grado di aggredire i mercati internazionali, fatta di importanti realtà cooperative e associa-tive come le O.P. (Organizzazioni di Produttori: Asprofrut Piemonte, Lagnasco Group e Ortofruit Italia) e Assortofrutta, che riunisce le tre organizzazioni e i consorzi di tutela delle produzioni ortofrutticole di Cuneo.Tutto bene, quindi, se non fosse per un batterio insidioso che sta minacciando da qualche mese la tanto celebrata resistenza del kiwi. Un fattore di instabilità che si aggiunge, oggi, alla crisi eco-nomica mondiale e all’agguerrita concorrenza di altri Paesi emergenti.

NUOVE SFIDE PER LA FRUTTICOLTURASi chiama Pseudomonas syringae pv. actinidiae (PSA) ed è tanto piccolo quanto minaccioso. Abbiamo chiesto a Michele Mellano, segreta-rio di zona di Coldiretti Saluzzo, di spiegarci meglio di cosa si tratta: “Il problema è serio, perché la batteriosi si diffonde molto facilmen-

MEMORIE DI TERRE E DI CASTELLISi chiama Memorie di Terre e di Castelli ed è un progetto che mira a raccogliere le storie e i ricordi di chi è vissuto e tuttora vive nelle terre attorno a Manta – dove ha sede il noto castello, a due passi da Saluzzo – per ritrovare una “memoria comune” fatta di emozioni, luoghi, gesti quotidiani e tradizioni contadine. Promosso dal FAI con il contributo di Re-gione Piemonte – Cultura, è lo strumento fondamentale perché ricordi e racconti del XX secolo non vadano perduti, attraverso interviste, materiale cartaceo, fotografie, etc. Memorie come quelle di Silvio Strocco, classe 1948: “Il mercato era il luogo di incontro e di scambio per chi viveva in campagna. La sera si preparavano le cassette con la frutta e gli ortaggi ben ordinati. Partivamo in piena notte, alle cinque del mattino, con una pila sul manubrio: il papà in bicicletta trainava il carrettino con le cassette e io con la mia piccola biciclettina lo accompagnavo. Sulla strada della collina si vedevano le lucine, tutte in fila verso Saluzzo. Era un rito bellissimo…”Informazioni sul progetto: Silvia Cavallero (FAI - Castello della Manta), cell. 339 3107270.

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te con il semplice passaggio degli strumenti di potatura ed è favorita da pioggia, neve o neb-bia. Ad oggi la percentuale colpita nel Saluzzese è impossibile da stabilire, perché molti sintomi ricompariranno solo in primavera”.Intanto le O.P. e tutto il comparto commercia-le tracciano un bilancio di un triennio difficile. “Quella del kiwi italiano – afferma Romualdo Riva, direttore commerciale dell’O.P. Ortofruit Italia – è una campagna decollata con un in-cremento produttivo del 15% nel 2011, a cui ha però risposto una stagnazione dei consumi, aggravata dalla forte presenza del kiwi neoze-landese e greco sui mercati comunitari. Il trien-nio è stato sfavorevole – precisa Riva – ma la problematica della batteriosi del kiwi-Psa non ha influito negativamente sui mercati europei, perché il frutto è sicuro da mangiare: il batte-rio, infatti, non colpisce il kiwi, ma la pianta.”Nessun pericolo, dunque, per i consumatori, ma per i produttori il danno è innegabile. “Se una pianta viene colpita, ad oggi – spiega an-

cora Mellano – non c’è alternativa all’estirpo, poiché lasciare le piante malate nella speran-za che si riprendano rischia solo di favorire il contagio.” In questo momento in cui le aziende si trovano a un bivio importante e in cui alcune colture o varietà segnano il passo di fronte a una con-correnza globale sempre più agguerrita, le O.P. guardano a nuove strade.“Il nostro business – prosegue Riva – sta cambiando a una velocità molto maggiore di quanto siamo in grado di percepire. In que-sta situazione, si pone l’interfaccia obbligato verso i Paesi tradizionalmente antagonisti, Spagna, Francia e Grecia, e quelli emergenti del Nordafrica e dell’Europa dell’Est: su questo fronte, molto di buono può venire dalla green-economy. È ovvio che su ‘biologico’ ed ‘eco-compatibile’ non si giocano i grandi numeri, ma si innesca un processo virtuoso di crescita aziendale, apprezzato dalla distribuzione e dal consumatore.”

Nella pagina a fianco:lo storico mercà d’le fumne (il mercato delle

contadine) presso i Porti scur di Saluzzo.Photo: Dario Fusaro – Archivio Città di Saluzzo

Un campo coltivato a mirtilli,ai piedi delle nostre Alpi.

Photo: Ortofruit Italia

Fiori che diventano frutta:coltura ma soprattutto cultura cuneese.

Photo: Petr Kratochvil, Hirekatsu.

Nella pagina seguente:il kiwi è in assoluto la coltura

più diffusa nelle pianure cuneesi.Photo: Adline Ghani

Da sinistra Claudio Sacchetto, Romualdo Riva, Domenico Paschetta.

Photo: Ortofruit Italia

Esempio di trasformazione biologica, tra i fiori all’occhiello delle produzioni apprezzate da

distribuzione e consumatore.

FRUTTIINFIORELa frutticoltura ispira la creatività di chi lavora nella progettazione di eventi sul territorio. Un esempio su tutti: Fruttin-fiore, che ogni anno si tiene nel cuore della pianura “fruttifera” del Saluzzese, Lagnasco. La manifestazione, che pro-muove il settore in tutte le sue decli-nazioni, giunge quest’anno alla sua X edizione (13-15 aprile). Protagonisti saranno il Salone delle Tecnologie Ap-plicate all’Ortofrutticoltura, i mercatini e momenti di intrattenimento. Ma non mancheranno attività all’aria aperta, come la IV edizione della Camminata tra i frutteti in fiore. Confermato, inol-tre, Fruttintavola: percorso gastrono-mico per “divulgare” la frutta anche a tavola, tra piatti tradizionali e gustose ricette innovative. www.fruttinfiore.it

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E, in effetti, “biologico” pare una delle parole chiave del futuro per tutto il comparto orto-frutta. Già oggi, le aziende cuneesi tendono consapevolmente a convertire i propri sistemi produttivi al bio o alla lotta integrata. Ciò può avvenire a scapito della quantità e con grandi sa-crifici e dispendi di energie, specie se su colture tradizionali come molte cultivar di melo (spes-so sensibili agli attacchi dei parassiti), e in ogni caso con grandi investimenti, se si tratta di nuo-vi impianti, ad esempio, di piccoli frutti, l’altra grande risorsa del futuro. I piccoli frutti sono la nuova frontiera non solo colturale ma, di nuo-vo, “culturale”. “Fare impresa nel sottobosco” è un’espressione efficace di Domenico Paschetta, presidente di Confcooperative Cuneo e di Ortofruit Italia, per definire un crescente in-teresse delle aziende, delle cooperative e delle O.P. verso questa categoria di prodotto e un concomitante aumento nei consumi.

Piccoli ma buoni, come recita un famoso det-to piemontese e, mai come in questo caso, an-che in Italiano l’espressione calza a pennello, “i piccoli frutti – continua Paschetta – in poco tempo sono riusciti ad aprire all’agricoltura di montagna prospettive nuove e dinamiche, liberandosi dallo stereotipo di prodotto di nicchia, anche grazie al loro crescente utiliz-zo nell’industria farmaceutica e alimentare, come dalla cosmesi, per la grande ricchezza di proprietà organolettiche e nutraceutiche.” Si aprono dunque nuove sfide per tutto il Saluzzese e uno dei settori portanti per la sua economia. Le difficoltà non sono poche, ma la determinazione a superarle, la sperimentazio-ne, l’iniziativa, così come la ricerca di nuove vie sono la giusta reazione che, oggi come un tempo, farà “rifiorire i giardini” ai piedi del Monviso.

LE VARIETÀLa Mela Rossa Cuneo, in fase di ri-conoscimento IGP (Identificazione Geografica Protetta), si distingue per la pigmentazione della buccia partico-larmente accentuata con tonalità bril-lanti. Rientrano nella denominazione le varietà Red Delicious, Gala, Fuji, Braeburn.

L’indicazione Mela Golden Cuneo (PAT - Prodotto Agroalimentare Tradi-zionale) indica le cultivar del gruppo Golden Delicious e si distingue per la croccantezza e la succosità della polpa, per il colore giallo-oro con sfaccet-tatura rosata-aranciata (favorita dagli ambienti montani e pedemontani). Da segnalare ancora nel Saluzzese, la Re-netta Grigia di Torriana, che prende il nome dalla buccia rugginosa.

Le varietà della Pesca Cuneo (PAT) sono molteplici e si suddividono pochi grandi gruppi. Pesca gialla: polpa gialla e succosa, pelle vellutata. Pesca bian-ca: polpa bianca e filamentosa, pelle vellutata. Pesca Nettarina o pesca noce: polpa sia gialla sia bianca, pelle liscia e rossastra. Percoca: pesca da in-dustria idonea alla trasformazione.

L’Actinidia Cuneo (PAT) si identifica principalmente nella varietà Hayward, in assoluto la più diffusa nelle pianure cuneesi, tanto che si parla spesso di coltura del kiwi monovarietale. Il frut-to, di grosse dimensioni, ha buccia sot-tile ed è ricoperta da una fine peluria. La polpa è verde con numerosi piccoli semi neri, disposti a raggiera intorno al torsolo.

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cyberfrutta

Frutta: arte allo stato puro e infinite com-binazioni di forme, consistenze, colori,

profumi per stuzzicare i nostri sensi. Così la celebrano i creativi della cucina, adattandola a mille contesti che vanno dalle ricette tra-dizionali agli accostamenti più sperimentali. Abbiamo chiesto a Valentina Varini, autrice del popolare blog www.lacuocapasticciona.com di darci un suggerimento in materia. E parlan-do di piccoli frutti del Saluzzese, Valentina ci ha svelato una sua “chicca” ai mirtilli…

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MINI TORTINE AI MIRTILLIIngredienti:250 g di biscotti - 120 g di burro - 250 g di ricotta - 250 g di mascarpone - 4 cucchiai di zucchero - 4 uova - marmellata ai mirtilli - mir-tilli freschi.

PREPARAZIONEIn un robot, tritate grossolanamente i biscotti e incorporateli al burro sciolto, amalgaman-do bene il tutto. Foderate una teglia o degli stampini da tartellette con i biscotti sbricio-lati. Sbattete le uova con lo zucchero fino a ottenere un composto schiumoso e abbastan-za denso. Unite la ricotta e il mascarpone, e mescolate il tutto finché non sarà omogeneo. Versate l'impasto sulla pasta e infornate per 40 minuti a 180 °C. Non appena le tortine si sa-ranno raffreddate, nappate la parte sovrastan-te con la marmellata e guarnite con qualche mirtillo fresco.

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riusoper il businessDALLA BOTTIGLIA DI PLASTICA , PASSANDO PER I FILATI FINO AGLI ABITIDA RED CARPET. IN QUESTE PAGINE, PROTAGONISTA LA PROVINCIADI CUNEO CHE NON CI SI ASPETTA

DI NICOLA FERRERO

che diligentemente mettiamo nella differen-ziata, dopo essere state raccolte a livello co-munale, vengono inviate in un grosso centro di smistamento a Beinasco, vicino Torino. Qui avviene una prima selezione e si assemblano delle “balle” (simili a quelle di fieno), poi mes-se all’asta e acquistate da ditte come la Dentis di Sant’Albano Stura, che le lavorano e ne ven-dono i prodotti derivati. La Dentis nasce nel 1987 ed è oggi un leader nel settore del recupero e del riciclaggio mec-canico del PET, il materiale di cui sono fatte le bottiglie di plastica. L’aspetto più interessante è che il procedimento di lavorazione, che noi immaginavamo complicatissimo, basato su processi chimici e fisici e di sicuro poco “ver-de”, in realtà è di una semplicità spiazzante.La Dentis, quindi, acquista bottiglie dal centro

Tante volte uno proprio non ci pensa: per pigrizia, perché ha cose più impor-

tanti a cui dedicarsi, perché il farsi domande, sovente, porta solo grattacapi. Eppure, così facendo, si rischia anche di non trovare mai storie belle, che viene voglia di raccontare e che ci fanno guardare con un po’ più di ot-timismo al futuro. Perché ci sono imprendi-tori di successo che hanno scelto la via della sostenibilità, del rispetto dell’ambiente e del riciclo per il loro business, e questi impren-ditori –pensa un po’ – esistono anche nella nostra provincia.Dicevamo prima: le domande che uno non si pone. Ad esempio, cosa succede a una botti-glia di plastica dell’acqua una volta buttata? Sarà poi vero che vengono riciclate? Abbiamo indagato e scoperto che le bottiglie

Primo piano di una bottiglia in PET e sullo sfondo un cumulo di Petalo, innovativo materiale ricavato dal riuso delle bottiglie.Photo: Press Office Dentis Srl.

Nella pagina seguente:Filo su bobine utilizzati per filature e abiti, dai pile a quelli di haute couture.Photo: Press Office – Filature Miroglio

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di Beinasco, ma non solo. Ci piace pensare a quelle, comunque, perché significa che botti-glie raccolte con la differenziata a Bra, Cuneo o Saluzzo probabilmente faranno solo pochi chilometri, per poi arrivare a Sant’Albano. Qui il ciclo produttivo prevede: un’ulteriore sele-zione, per eliminare tutto ciò che non sia PET; una pulizia delle bottiglie (lavaggio con acqua e soda caustica, eliminazione di etichette e colle); un risciacquo; un’ulteriore separazione delle diverse parti plastiche (il tappo, ad esem-pio, che è fatto di plastica più ‘dura’); l’invio di queste bottiglie ormai linde in un mulino impressionante che le macina e le riduce a piccole scaglie; l’asciugatura e l’insaccamento di questo materiale chiamato “Petalo”. Per darvi un’idea delle quantità trattate, Dentis processa 3.000 kg di bottiglie all’ora

per un totale annuo di 40.000 t, pari a circa un miliardo di bottiglie.Petalo può presentarsi in diversi colori, a se-conda delle bottiglie che sono state usate, e con diversi gradi di viscosità: tale valore è quello che, in parole povere, determina ciò che si potrà ottenere in una seconda fase. Sì, perché il lavoro di Dentis finisce qui, ma la nuova vita della nostra bottiglia ha ancora molta strada da percorrere.Dopo decenni di esperienza, Dentis è stata in grado di immettere sul mercato il prodotto più puro (con il minor numero di impurità) che oggi si possa trovare in Italia, e la Miroglio Tessile, altra realtà importantissima della no-stra provincia, era proprio alla ricerca di un materiale con quelle caratteristiche, poiché da alcuni anni stava sviluppando un’attività di ricerca dedicata ai filati ottenuti da mate-riale riciclato. Stefano Cochis, direttore della Divisione Filo: “Miroglio stava cercando un produttore, possibilmente in provincia, per portare avanti un discorso di utilizzo di ma-teriale riciclato di alta qualità, per realizzare un monofilo da utilizzare in abbigliamento. Per essere più chiari, avevamo bisogno di un materiale di alta qualità e ad alta viscosi-tà per produrre un filato utilizzabile per capi d’abbigliamento. Petalo era perfetto per noi e abbiamo così creato il Newlife, un filato inte-ramente basato sul riciclo di bottiglie prodot-te in Italia. Siamo contenti per diversi motivi: innanzitutto perché siamo riusciti a creare una filiera veramente corta, poi perché abbia-mo prodotto un filo di una qualità che fino a pochi anni fa era assolutamente impensabile. L’utilizzo classico che si fa di questi filati in po-liestere è quello per tessuti sportivi, per i pile, per l’abbigliamento outdoor. Da oggi, però, possiamo pensare più in grande: collezioni e alta moda, per esempio”. Il fatto che Giorgio Armani, poi, abbia creato appositamente per Livia Firth, moglie dell’at-tore Colin Firth e appassionata ecologista,

SUPERMARPET, UN ESPERIMENTO DESTINATO AL SUCCESSO?Il 7 ottobre 2011 è partito un esperimento interessan-te, promosso dalla Dentis in collaborazione con il super-mercato Big Store di Bra. È stata, infatti, installata vicino all’entrata del supermerca-to, il Supermarpet, una mac-china deputata a raccogliere bottiglie di plastica vuote ed elargire punti da utilizzare nel supermercato. L’idea di base è molto semplice e innesca un circolo virtuoso. Il cliente del supermercato, dotato di apposita tessera, va a fare la spesa e porta con sé le bottiglie vuote che ha raccolto; inserisce la tessera e provvede a “buttare” le bottiglie. La macchina è dotata di un sistema di riconoscimento che le permette di accettare solo quelle in PET e di scartare tutto il resto. Se il contenitore è idoneo, la macchina “segna” un punto sulla tessera (2 punti se la bottiglia è di Acqua Eva, altro partner del progetto). Raggiunta una determinata quota di punti, il cliente potrà usufruire di uno sconto sulla spesa fatta al supermercato. E così è soddisfatto il cliente, che con la differenziata viene premiato con uno sconto; è soddisfatto il supermercato che fidelizza e offre un vantaggio al cliente; è soddisfatta la Dentis che ottiene bottiglie da lavorare e da reintrodurre sul mer-cato. Il progetto dovrebbe allargarsi ad altri supermercati della provincia nella primavera-estate 2012.

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un abito da sfoggiare sul tappeto rosso dei Golden Globes 2012 utilizzando Newlife, dev’essere stata una grandissima soddisfazio-ne e un bel riconoscimento del lavoro e degli investimenti portati avanti negli ultimi anni da Miroglio.La nostra bottiglia riciclata, restando pratica-mente in provincia, può quindi diventare un filato di alta qualità che servirà a produrre tessuti per abbigliamento tecnico e sporti-vo, come i pile e i capi sportivi pensati dalla Iverdemare di Mombaruzzo (e così si resta sempre in zona), ma non solo.Sì, perché da Petalo non si ottengono solo fi-lati con cui creare abiti e materiali ideali per lo sport, ma anche fibre artificiali per imbot-titure (di giacche, cuscini, pelouches), per la coibentazione delle abitazioni (un materia-le simile alla lana di roccia) o per produrre tappetini per auto; lastre di plastica da cui si otterranno vaschette e componenti di packa-ging, ma anche parti plastiche per i produttori di autovetture; bottiglie per shampoo, balsa-mi e schiume da bagno; vari tipi di bottiglie destinate a diversi tipi di gasatura – ancora una volta non ci pensiamo, ma la bolle dell’ac-qua minerale, e ancor più quelle delle bibite gassate, esercitano pressione sulle pareti della bottiglia stessa rendendo necessaria la produ-zione di contenitori con spessori diversi. Infine, il PET riciclato trova grande impiego anche presso le aziende che si occupano di pubblicità (cartellonistica, tesate grafiche, bandiere) e di allestimenti per fiere (elementi per la costruzione di stand, gonfiabili).Sapere che la nostra raccolta differenziata può fare non solo del bene al pianeta, ma anche creare economia e dare un supporto vitale alla creatività italiana è senza dubbio un’iniezione di fiducia, in questi tempi difficili e avari di buone notizie.E che questa storia si svolga, interamente o quasi, all’interno della nostra provincia ci fa anche sentire un po’ orgogliosi.

ACQUA SANT’ANNATRA I BIG ECOLOGICIPremio Natura 2012 per le bottiglie Sant’Anna: il riconoscimento è arri-vato grazie alla Sant’Anna Bio Bottle, la prima bottiglia di acqua minerale realizzata interamente con una rivoluzionaria plastica naturale che si ricava dalla fermentazione degli zuccheri delle piante anziché dal petrolio. Il premio è assegnato a prodotti e servizi che si sono dimostrati più attenti all’ambiente e all’ecologia per il modo in cui sono realizzati, per il loro contenuto intrinseco, per le iniziative che realizzano o promuovono.

Esempio di trasformazione, il materiale riciclato che diventa caldo e morbido pile.

Photo: Iverdemare

L’accumulo di bottiglie che si crea nello spiazzo antistante la Dentis, prima della lavorazione.

Photo: Dentis

Sul red carpet Golden Globe, Livia Firth vesteun abito di Giorgio Armani in tessuto realizzato

con filati ricavati da materiale riciclato.Photo: Green House of Fashion.

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Sereno, dal 1920 propone solo il meglio per arredare la tua casa. Da sempre punto di riferimento per chi cerca nel mobile uno stile ed un carattere unico, con la capacità di anticipare le tendenze rinnovandosi sempre, proponendo solo il meglio della produzione e del design per dare la risposta più giusta al prezzo più conveniente.

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DAL 1926 LA CONFEDERAZIONE DEGLI INDUSTRIALI CUNEESI OPERAPER GARANTIRE SVILUPPO ECONOMICO AL TERRITORIO. INTRAPRENDENZAE OPERATIVITÀ PER SUPERARE IL PERIODO ATTUALE CON NUOVI PROGETTI

con occhio attento i dati relativi ai lavoratori, che registrano un trend crescente a partire dall’an-no 2000 con 50.664 occupati, fino ad arrivare al 2011 con 59.964 occupati. “Ma anche per le aziende associate non va male. Pur considerando che abbiamo avuto un po’ di turn-over, dovuto ad alcune aziende che hanno chiuso – specifica la presidente Miroglio – il loro numero è sempre stato in costante crescita. Mi viene da sorridere pensando che, alla fine del-la Seconda guerra mondiale, gli associati erano soltanto 51.”Per l’industria manifatturiera, come per i servizi, quest’associazione è un indispensabile punto di riferimento, sia per i diversi servizi che è in grado di offrire, come per la possibilità di contatti con le istituzioni politiche, economiche, sindacali e sociali che può vantare e che vanno in appoggio

Solo la convinzione che è la “libertà economi-ca” a garantire lo sviluppo, il progresso e il

benessere della società, ha portato gli industriali e gli imprenditori d’Italia a fondare quella che oggi è la più grande e, diciamolo, la più potente confederazione della nazione. Una confedera-zione in grado di portare avanti prima di tutto questi principi: Confindustria.“L’associazione che io rappresento in provincia di Cuneo – dichiara Nicoletta Miroglio, pre-sidente di Confindustria Cuneo – conta oggi 1.211 imprese associate che occupano in totale quasi 60.000 persone. Ciò che mi rende soddi-sfatta è l’andamento del numero degli occupati che, come quello degli associati, non è diminuito rispetto agli anni scorsi pur con la tenaglia della crisi sempre presente.” Cosa non da poco visto i tempi che corrono! Soprattutto se si analizzano

La relazione della Presidente di Confindustria Cuneo Nicoletta Miroglio all’assemblea degli industriali del 2010.

La Presidente Nicoletta Miroglio.

progettandoil domani DI ROSARIA RAVASIO

PHOTO: PRESS OFFICE CONFINDUSTRIA CUNEO

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DIREZIONE

Luigi AsteggianoIl Direttore, nominatodal Consiglio Direttivo,provvede all’esecuzionedelle deliberazioni degli organi sociali, interviene con parere consultivo alle riunionidi tutti gli organi collegiali,dirige e coordina gli uffici, l’organizzazione del personalee i servizi di Confindustria Cuneo.

agli imprenditori nel momento in cui ne sorga la necessità.“Ciò che mi affascina del mondo Confindustriale – spiega Nicoletta Miroglio – è la dinamicità, una realtà in continuo movimento e rinnovamento; ci si spinge sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, di qualcosa di più, “che vada oltre”, in una continua evoluzione che punta in alto per dare sempre il meglio. In fondo, viene traslata nella Confederazione l’anima dei nostri impren-ditori. Il loro spirito di ricerca e, permettetemi, di avventura, così come il loro coraggio nel resi-stere, la determinazione di andare avanti, di non fermarsi, la ricerca continua di nuove opportuni-tà, perché, si sa, esiste sempre una via d’uscita: sono queste le armi che li faranno vincere. Sono orgogliosa di rappresentare queste donne e que-sti uomini che stanno dimostrando a tutti la loro vera spina dorsale. Mi rendo conto – continua Nicoletta Miroglio – che il momento è difficile, ma i numeri parlano chiaro: il tessuto industriale

e imprenditoriale della provincia Granda sta reg-gendo bene alla crisi. Certo, non siamo più all’e-tà dell’oro, i margini di utile si sono assottigliati per tutti e molti hanno dovuto ridimensionarsi. Ma è anche vero che, proprio nei momenti di difficoltà, i nostri associati hanno trovato una stampella in Confindustria, la loro associazio-ne, che in molti casi ha dimostrato di essere un ottimo supporto, non solo per i servizi, ma anche per le opportunità di business che posso-no nascere da certi collegamenti.”In effetti, tanti i passi e le iniziative fatte insieme ai propri associati e tante le strade percorse e ancora da percorrere. Come quelle che stanno diventando un vero e proprio punto di forza per l’associazione: le progettualità dei servizi innova-tivi a partire dai “gruppi d’acquisto”.“Un’iniziativa di successo partita l’estate scorsa e ormai operativa per la sezione meccanica, che ha portato a un risparmio del 20% sul prezzo di alcuni prodotti utili a questo settore e non stra-

RELAZIONI SINDACALE E NORMATIVA DEL LAVORO

Luigi CampanaroSvolge funzioni di assistenza, consulenza, rappresentanza su tutte le materie concernenti l’ambito giuslavoristico e sindacale.Cura i rapporti con gli EntiIstituzionali: Prefettura, Questura, Inps, Inail, Ministero del Lavoro, Regione, Provincia, Direzione Provinciale del Lavoro, Centri per l’impiego.

COMUNICAZIONEE IMMAGINEMARKETING ASSOCIATIVO

Giuliana CirioPresidia la comunicazione internaed esterna e i rapporti con il mondo dell’informazione. Coordina le attività di marketing associativo e gestisce l’organizzazione degli eventi istituzionali e convegnistici. Supporta le aziende nelle campagne di comunicazione e promozione.

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tegici per la singola azienda. Si è partiti dalla con-vinzione che lavorare in rete conviene – dichiara Luigi Asteggiano, direttore di Confindustria Cuneo – per cui, dopo avere selezionato alcuni fornitori, ci si è trovati tutti per la contrattazio-ne che, direi, ha poi avuto un esito decisamente buono. In tempi di crisi riuscire a fare econo-mie è un must irrinunciabile e i nostri progetti non si sono certo arenati qui. “Borsa lavoro” è la nuova frontiera del cosiddetto “mercato del lavoro attivo” ed è stata pianificata e ideata da Confindustria Cuneo.”È uno strumento a disposizione delle imprese, che si affianca agli ammortizzatori sociali pre-visti dalla legge con l’obiettivo di contribuire a una gestione razionale degli organici d’impresa. Un servizio innovativo nato dalla collaborazione di Confindustria con Unimpiego e Fondazione CrC: “Si tratta in pratica di una piattaforma in-formatica integrata di facile consultazione, su cui

SEZIONE COSTRUTTORI EDILI ANCE CUNEO

Sergio MasentoPromuove lo sviluppo ed il progresso dell’industria edile e la qualificazione tecnico-professionale delle imprese del settore, fornisce assistenza e consulenzaper tutto ciò che attiene alla normativa del settore, alla gestione e al governodel territorio. Offre agli associati consulenza diretta e specifica, approfondimenti tematicie assistenza personalizzata.

Assemblea di Confindustria Cuneo 2011:la Presidente Nicoletta Miroglio ricorda Pietro Ferrero recentemente scomparso.

Nella pagina seguente: Presentazione del libro di Edoardo Nesivincitore del Premio Strega, alle cantine Ceretto.

Assemblea privata di Confindustria Cuneo 2011: da sinistra il direttore Luigi Asteggiano,la Presidente Nicoletta Miroglio, il Presidente di ANCE Cuneo Filippo Monge,

il Presidente della Piccola Industria Mauro Gola, la Presidente dei Giovani Imprenditori Elena Lovera.

UFFICIOLEGALE

Giacomo TassonePresta alle aziende associate consulenza ed assistenza su problematiche e controversie legate ai contratti pubblici, alla contrattualistica privata e commerciale e su alcuni ambiti del diritto d’impresa. Assiste le imprese nella redazione dei documenti contrattuali di uso più comune e fornisce consulenza e indirizzo su eventuali contenziosi extragiudiziali.

SICUREZZAE AMBIENTE

Daniele BertolottiAgevola l’impresa nell’applicazione della normativa specifica, nella individuazione delle priorità di intervento, nella definizione delle procedure e delle misure preventive più adeguate. Offre una consulenza specifica che si traduce nell’esecuzione di sopralluoghi negli stabilimenti, in incontri in ufficio ed informazioni telefoniche.

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le aziende della provincia di Cuneo (associate a Confindustria) possono inserire figure profes-sionali in eccedenza nei propri organici – spie-ga il direttore Asteggiano – e che, allo stesso tempo, può essere consultata dalle imprese del territorio, al fine di trovare i profili più adatti alle proprie necessità. Così come è stato studiato un momento di incontro anche tra gli industriali e la “linea avanzata” dell’innovazione e della tecnologia, il Politecnico. Per questo servizio si è creato uno sportello che gli imprenditori pos-sono consultare per esporre i propri bisogni”. Anche questo progetto è stato un successo, tan-to che a pochi mesi dalla sua apertura sono già numerose le aziende che si sono avvicinate allo sportello. In genere, sono imprese che cercano innovazione e alti contenuti di tecnologia. E poi c’è “fai la scuola giusta”, un’iniziativa mirata ai giovani che si apprestano a fare una delle scel-te più importanti della loro vita: la scuola su-periore. “Sono profondamente convinto – spie-ga Luigi Asteggiano – e come me tutti i membri e i soci di Confindustria, che se si crede nel futuro

AMMINISTRAZIONEE RISORSE

Elena BorettoLe attività svolte dall’ufficiosono relative agli adempimenti civilistici e fiscali dell’Associazione, delle sue sezioni specifiche e degli enti collegati (Centro Servizi per l’industria Srl e Club) e alla gestione amministrativa degli Associati.

FISCO ENORMATIVA D’IMPRESA

Valerio D’AlessandroIl servizio fiscale viene reso attraverso la predisposizione di circolari e comunicazioni informative, organizzazione di convegni, seminari e incontri di studio e approfondimento, consulenza diretta in relazione a quesiti e problemi di carattere specifico.

UFFICIOORGANIZZAZIONE

Mauro DannaOrganizza i processi di lavoro interni, la gestione dell’infrastruttura, il presidio degli uffici, il sistema informativo, l’economato e il centro stampa. Segue inoltre le attività delle sezioni merceologiche e sovraintende i progetti speciali.

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è fondamentale formare i giovani e spingerli nel-la giusta direzione e questo in sintesi è l’obiettivo del progetto. Si è osservato che il trend di cresci-ta presso gli istituti professionali è in continua discesa, mentre, al contrario, l’offerta di lavoro per queste figure professionali è in aumento, al punto che spesso gli industriali non trovano il personale qualificato di cui hanno bisogno, malgrado una buona remunerazione, ambienti di lavoro gradevoli e percorsi di buona crescita professionale, il tutto in momenti di crisi.” “Fai la scuola giusta” è l’iniziativa realizzata con il Provveditorato agli Studi, che si è concretizza-ta in un calendario di appuntamenti in diverse scuole della provincia, dove sono state illustrate e chiarite ai ragazzi le opportunità del futuro in base al percorso formativo che avrebbero scel-to. E poichè “da sempre Confindustria Cuneo ritiene che la formazione delle risorse costituisca un patrimonio imprescindibile per le aziende, la leva fondamentale per essere innovative e com-petitive sul mercato nazionale e quelli interna-zionali, – afferma ancora il direttore Asteggiano – vengono organizzati incontri e corsi cha vanno dalla formazione obbligatoria, per arrivare al perfezionamento delle risorse più specializzate”. Una grande confederazione di industriali di cui andare orgogliosi, quella di Cuneo, dove fin dalla sua nascita nel 1926, al di là degli ovvii obiettivi di crescita economica, non manca mai l’attenzione ai lavoratori, così come il rispetto della persona e dei valori sociali e civili che contraddistinguono la nostra tradizione e la nostra cultura.

CONFINDUSTRIA CUNEO Corso Dante, 51 - CuneoTel. 0171.455.455e-mail: [email protected]

UFFICIOFORMAZIONE

Federica GiordanoSvolge attività di rappresentanza istituzionale per lo sviluppo delle relazioni con la Scuola, l’Università e la Formazione professionale. Offre servizi di formazione che coprono l’area della formazione tecnica, gestionale, amministrativa e manageriale sia in classi pluriaziendali che presso le singole imprese. Supporta le aziende nella ricerca del personale e collabora con i soggetti pubblici e privati che sul territorio svolgono l’attività di incontro fra domanda e offerta di lavoro. Fornisce supporto nella ricerca di finanziamenti per la realizzazione delle attività formative.

STUDI E MERCATICENTRO STUDI

Elena AngaramoSi occupa della consulenza alle imprese associate per quanto riguarda le principali necessità in campo economico e finanziario sia a livello nazionale che internazionale. L’attività si concretizza offrendo un servizio sia di informativa generale sia di assistenza/consulenza concreta su specifiche problematiche nei diversi settori di competenza quali ad esempio la normativa d’impresa, le opportunità finanziarie, l’internazionalizzazione delle imprese ecc.Il Centro Studi fornisce un’analisi e raccolta dati economico/finanziari a livello sia nazionale che provinciale.

L’imprenditrice albese Egle Sebaste e la Presidente Nicoletta Miroglio

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TRA COSTELLAZIONI E QUADRANTI, LA PASSIONE DI UN IDRAULICO CUNEESE CHE OGNI NOTTE COMPETE CON I MIGLIORI OSSERVATORI DEL MONDO. VIVE A BERNEZZO E AMA STARE CON IL NASO ALL’INSU

- “C77” - e poco altro. Andrea armeggia con un lucchetto e apre il portone. A quel punto il ca-panno scivola indietro, scorrendo su due guide di acciaio annegate in un battuto di cemento. La luce della luna illumina la struttura del grande rifrattore bianco. E’ un grosso telescopio moto-rizzato, alto quanto un uomo, inchiavardato al suolo con quattro grossi bulloni. Dai suoi fian-chi pendono cavi di alimentazione e un grosso telecomando, con il quale si può programmare la sua ricerca tra costellazioni e quadranti.Il capanno “C77”, abbarbicato sulle colline di Bernezzo, è un osservatorio artigianale, ma non per questo meno professionale. Proprio quel-la sigla è infatti una sorta di attestato, come la laurea incorniciata nello studio di un medico. Si tratta del numero identificativo con il quale il piccolo osservatorio di Bernezzo è ben cono-

Dal giardino della casa sulla collina le cascine sul fondovalle sembrano un piccolo plasti-

co di tetti rossi e muri di pietra. Di notte le luci sono tutte concentrate in basso. Tutt’attorno, invece, ci sono solo macchie scure di bosco. E’ il posto perfetto per osservare le stelle.Appena dopo il tramonto, in questi giorni, Venere si staglia contro il cielo scuro, incornicia-to da due alberi piuttosto alti. Sembrano messi lì apposta per fargli da quinta. Andrea Mantero ha acceso la sua lampada frontale e scende la scala di pietra che porta al giardino. Poco più in basso c’é un capanno di le-gno. Troppo piccolo per essere un garage, senza finestre. Su una parete c’è una targa bianca che, vista di giorno, non servirebbe ad altro che ad aumentare la curiosità per quel che contiene. La placca di plastica riporta, infatti, solo un codice

le stelle stannoa guardare TESTO E PHOTO: FRANCESCO DOGLIO

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Andrea Mantero è un quartantenne appasionatoche ha pubblicato foto scientifiche sui più importantisiti astronomici del mondo.

sciuto dagli astrofili e dai cacciatori di stelle di tutto il mondo. E’ la sigla che, un anno fa, gli è stata concessa dal “Minor Planet Center”, l’as-sociazione mondiale per la ricerca e lo studio dei corpi celesti minori - come le comete e gli aste-roidi – che opera all’interno dello “Smithsonian Astrophysical Observatory (SAO)”, con fondi che arrivano direttamente dalla Nasa. In Italia sono meno di dieci gli osservatori riconosciuti da questo network, mentre nel mondo ce ne sono circa 900.L’interno del capanno è illuminato da un singola lampadina a basso consumo. Andrea si chiude bene il giaccone pesante, fuori c’è ancora la neve e il termometro sulla parete segna una ci-fra ben al di sotto dello zero. Qui Andrea passa molte delle ore che normalmente sono dedica-te al sonno:“Alla passione non si comanda”. E’ un sentimento totalizzante quello che ha portato questo quarantenne a pubblicare foto-grafie scientifiche sui più importanti siti astro-nomici del mondo e a “competere” tutte le sere, in una gara che non prevede premi o par-ticolari riconoscimenti, con i migliori astronomi del mondo, alcuni dei quali operano in strut-ture gestite da università ed enti statali. Perché Andrea, domani, come tutte le mattine da anni a questa parte, si sveglierà presto per portare i figli a scuola e salirà sul suo furgone per vestire i panni con i quali è conosciuto dalla maggior parte dei suoi compaesani: quelli dell’artigiano, un idraulico.“Certo di astronomia non si vive - racconta - ma ormai non potrei smettere di osservare il cielo. Come tanti ho iniziato per caso, anni fa, quando con un amico comprammo un piccolo telesco-pio, un giocattolo paragonato a questo. Poi, con il tempo, ho trovato il mio campo, la mia piccola nicchia”. Con un tocco di mouse sullo schermo compaiono due immagini in bianco e nero, nel-le quali è il cielo ad essere bianco e scure sono invece le stelle. A prima vista sono due foto identiche, indistinguibili. “Ecco un esempio del

mio lavoro - dice -. Le due foto rappresentano l’osservazione di un asteroide, vedi?”.Le due foto sono state fatte a circa nove minuti di distanza una dall’altra. Tra i milioni di puntini neri, tutti al loro posto e perfettamente sovrap-ponibili, uno soltanto ha cambiato posizione, si è mosso. “Ecco la prova - dice puntando una matita sul puntino in questione -, l’unico corpo ad essersi mosso è l’asteroide che volevo osser-vare. Proprio il movimento è la prova della sua esistenza”. Si tatta di un lavoro difficile e meti-coloso, ma utilissimo, quando ripetuto in varie parti del mondo e da diversi ricercatori, per ve-rificare una nuova scoperta o l’osservazione di un nuovo corpo minore.Proprio una serie di fotografie simili si trovano sulle pubblicazioni del Minor Planet Center. “E’ sempre un’emozione forte - dice con orgoglio - vedere il mio nome e il mio codice tra i big dell’astronomia a livello planetario”.Eppure, qui nel Cuneese, quasi nessuno sa dell’esistenza dell’osservatorio “C77”. “L’anno scorso - racconta Andrea puntando il telescopio su una frazione di cielo coperta di stelle - l’Unio-ne italiana astrofili ha lanciato una campagna per osservare i quattro asteroidi ‘’italiani’’: Ausonia, Garibaldi, Italia e Hesperia, quest’ultimo osser-vato e scoperto per la prima volta dall’astrono-mo saviglianese Giovanni Schiaparelli nel 1861. Sono stato l’unico ad averli osservati e fotogra-fati tutti e quattro. Le immagini sono poi state pubblicate sul volume ‘’Il cielo tricolore’’ che poi è stato regalato anche al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, durante i fe-steggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Un bel lavoro”.Qualche ora più tardi Andrea spegne il compu-ter e richiude il capanno. La collina ritorna silen-ziosa e buia. Dall’interno della casa si accende e si spegne una luce. “Buonanotte, domani devo alzarmi presto”. Intanto la luna ha fatto capolino dagli alberi e il giardino è ora illuminato d’az-zurro. Tutti gli altri, invece, dormono già da un pezzo.

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L’AGENZIA DI PUBBLICITÀ PLAY ADV DI CENTALLO FIRMA IL PROGETTOGRAFICO DEL PRIMO DISCO DEL COMICO E MUSICISTA SERGIO SGRILLI, “DIECI VENTI D’AMORE”

DI EMMA FACCHIPHOTO: MARA GIRAUDO

quinte c’era Beppe Incarbona. Dal loro incon-tro umano e professionale è nata una sinergia importante che ha portato i due a confrontar-si spesso, a consigliarsi fino a considerare la possibilità di costruire insieme un progetto.E il momento è arrivato.Sergio Sgrilli, comico e musicista (“il comico con la chitarrina di Zelig”), artista dalle mille sfaccet-

Correva l’anno 2010 e l’agenzia pubblicita-ria Play Adv si impegnava nella produzio-

ne di un set fotografico per curare l’immagine degli artisti di una nota società di comicità live. Un grande progetto di portata nazionale, una delle realtà di alto livello con cui si trova ad operare l’agenzia di Cuneo. Tra gli artisti sul set c’era Sergio Sgrilli, tra i soci Play dietro le

creativitàdi successo

Alberto Gradoni Mara Giraudo Fabrizio Piumatto Daniel Carena

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Alcuni momenti di lavoro

Sotto: il team Play Adv

Nella pagina seguente: a sinistra Copertina del disco“Dieci Venti d’Amore”, a destra Copertina del singolo “Come va”Photo cover cd: Andrea Ciriminna

tature, a marzo pubblica il suo primo disco. Dieci fotografie musicali che raccontano venti anni di professione con un unico filo conduttore: l’amo-re. Da qui il titolo: “Dieci Venti d’Amore”. Sergio, ci racconti di questo progetto?“Finalmente, dopo aver ironizzato per anni su cantanti e tormentoni, in occasione dei miei trent’anni di palco e venti di professione, trovo il coraggio di uscire con le mie canzoni e note. Un disco sincero, pieno di collaborazioni di mu-sicisti amici che hanno valorizzato il lavoro e reso più importante il mio percorso professionale. Il progetto comprende un tour promozionale, ‘Dieci Eventi d’Amore’, dieci date nelle principali città italiane, dieci incontri che daranno origine anche ad un documentary film”. Il progetto grafico di “Dieci Venti d’Amore” è stato affidato a Play Adv. Posso chiederti per-ché hai scelto la loro creatività? “Sono nato in provincia e sempre in provincia ho scelto di vivere e far crescere mia figlia. Contro quanto si possa credere ed immaginare, contro facili categorizzazioni, sono convinto che l’eccel-lenza non si trovi solo nelle grandi città. In Play ho riscontrato qualità e professionalità, gusto e raffinatezza che mi hanno portato naturalmente a sceglierla come partner di un progetto così im-portante e a me caro”.Per capire come si è realizzato il progetto, mi rivolgo direttamente a Mara Giraudo, Art Direction & Marketing in Play Adv.Come nasce il processo creativo di questo progetto?“Il processo creativo è spinto dalla voglia di

raccontare un pezzo di vita vera cercando di trasmettere le emozioni e i profumi di quei venti anni, senza nostalgia ma lasciando solo un leggero retrogusto vintage. È cresciuto dallo stimolo di numerosi incontri del nostro team con Sergio Sgrilli e i suoi collaboratori, evidenziando l’importanza di raccontare que-sti anni attraverso immagini vere e appunti di viaggio, per dare un prodotto che non fosse solo un disco, e che rispondesse inoltre al bi-sogno dell’artista di raccontare il suo progetto. In questo processo è stato fondamentale foca-lizzare la necessità di ‘riposizionare’ l’immagi-ne di un artista che a livello nazionalpopolare è riconosciuto come comico”. Quali sono state le strategie adottate dall’agen-zia nella presa in carico di questo progetto? “Concettualmente è difficile sposare la crea-tività con la strategia. Dopo un impegnativo brainstorming iniziale, necessario per non restringere il campo creativo, è scattata la ‘strategia marketing’ per il lancio di un buon prodotto. Abbiamo colto i punti di forza, li abbiamo fatti emergere riuscendo a trasmet-tere l’essenza del progetto che Sergio ci ha affidato. La grande fiducia che ha riposto nella squadra creativa Play ha fatto sì che tutto pro-cedesse nel migliore dei modi. Fiducia che, per il nostro team, diventa un motivo di cre-scita professionale indispensabile”. Ma il lavo-ro non è fatto solo di strategie di marketing e trova la sua realizzazione nella creatività fina-le, per la quale mi confronto con l’Art Director Fabrizio Piumatto.

Lisa Lussignoli Andrea Licari Davide Zavattero Beppe Incarbona

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Antonio Della Torre Danilo Parola Loredana Bruno Davide Astegiano

Che tipo di impegnoha previsto questo progetto? “Il gruppo si è sentito piacevolmente coinvol-to nel progetto. Una buona idea raramente è merito di una sola persona, ma di un processo creativo che scaturisce da una squadra, come conseguenza di osservazioni, spunti e umori di tante menti. La simpatia, oltre alla professiona-lità, di Sergio è stata di grande aiuto, insieme alla sua disponibilità all’ascolto e al confronto. Il gruppo creativo e l’artista hanno dato il me-glio per ottenere un prodotto di livello. Un rap-porto ottimale di collaborazione a cui puntiamo in ogni lavoro che prendiamo in carico”.A conclusione di questa intervista, che ha visto parlare i protagonisti che a più titolo sono stati

coinvolti nel progetto grafico, chiedo a Beppe Incarbona (uno degli amministratori dell’agen-zia) di concludere con una sua considerazione.Perché Sergio Sgrilli? “Da tredici anni mi occupo di comunicazione in provincia di Cuneo e mi sono reso conto fin dagli inizi che il mio lavoro facilita le rela-zioni, trasformando il rapporto con i clienti in amicizie vere e proprie. Questa volta è andata diversamente. Un amico mi ha coinvolto in un progetto di grande importanza, e quando lavori per gli amici l’ansia da prestazione è maggiore. Credo, però, che il successo di questo inter-vento creativo, come in tutti i lavori svolti ad oggi, sia contenuto nell’ottima manifattura del ‘prodotto’ stesso”.

LE DATE DEL TOUR“DIECI (E)VENTI D’AMORE” MARZO 2012

08 PADOVA Teatro Don Bosco

09 TORINO Alfa Teatro

10 FIRENZE Sala Vanni

11 BARI Tatì

13 CAGLIARI FBI

14 BOLOGNA Bravo Cafè

15 ROMA The Place

16 NAPOLI Tam

18 PALERMO Blue Brass

19 MILANO Teatro Pime

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la terraè signoraMECCANIZZAZIONE AGRICOLA DI PRIMAVERA E NUOVE TENDENZE A SERVIZIO DELLA ECONOMIA CUNEESE: RACCONTI DI VITA, MA ANCHE TESTIMONIANZE DEI COLOSSI CHE NEI CAMPI SI FANNO AMMIRARE

DI GIOVANNA FOCOPHOTO: ALEX ASTEGIANO

negli anni ’90, di tentare la via della floricoltura. Il marito, agricoltore, era avvezzo al tradizionale: dalla cerealicoltura alla suinicoltura. Di fiori non ne sapeva nulla. Ma le ha creduto e l’ha appog-giata in quella che è ora l’attività esclusiva e che coinvolge anche i figli Stefano e Luca.L’azienda Ferrero è a Racconigi. Proprio di fronte all’Oasi Centro Cicogne della Lipu, a un passo dal Castello Reale. “La spinta che mi ha convinto a lasciare il posto da magazziniera in fabbrica – spiega Antonella Franchini – è sta-ta la nascita del mio secondo figlio. Ho capito che, per me, non solo era stato importante aver messo al mondo i miei bambini, ma che era an-che indispensabile allevarli.” E continua: “La mia competenza era nulla in materia. Mio marito era agricoltore, ma dedicarsi alle serre è stata una bella sfida. Il primo anno ho buttato 150 crisan-

È donna tra uomini. Si è dedicata all’attività agricola senza temere il futuro. Non aveva

esperienza, ma ha osato e vinto. Ora, l’azienda agricola è anche Fattoria Didattica. I bambini la chiamano “maestra”.Le mani affondano nella zolla. Solleticano le viscere. Entrano in contatto con Gaia, Madre Terra. Un’attrazione, la sua, che è divenuta lavo-ro e poi passione. Lei è Antonella. Quest’anno compie 50 anni e 25 di matrimonio. Ha incon-trato il marito a una festa. Aveva 17 anni. Era sabato. Era in punizione per essere tornata tardi a casa, il sabato prima. La notte della punizione, solo le tenebre sono state testimoni della sua fuga. La porta della sua abitazione era serrata. Lei rientrò dalla finestra. Aveva carattere allora e altrettanto oggi. Dopo una vita trascorsa in fabbrica ha deciso,

L’essere passa attraverso il fare: c’è chi si rimette in gioco come Antonella Ferrero.

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temi. Ero inesperta e impreparata, però avevo buona volontà e voglia di imparare. Essenziale, in ogni sfida, è credere in sè stessi. Poi, accet-tare gli errori, ma essere in grado di analizzarli per non ricommetterli”. Ora, sotto le sue serre passano oltre 10.000 piante perenni, altrettante annuali, 7.000 gerani e altre migliaia di ogni ca-tegoria. Significa: ce l’ha fatta. “Per capire che cosa avrei dovuto coltivare – puntualizza Antonella – iniziai appuntandomi le richieste di chi, vedendo la mia prima serra, si fermava e intendeva acquistare piantine. Fu così che capii le necessità del mercato e impostam-mo una strategia.”Antonella parla alle sue piante. Le accudisce nel periodo in cui rimangono nella sua serra e, quando le vende, domanda dove saranno mes-se. “Devo accertarmi che – sottolinea, con un sorriso – vadano in un posto in cui si abbia la coscienza di luce, acqua, freddo, caldo. Le mie piantine le accudisco una a una. Sento il loro profumo. Anche quello delle foglie.”Il suo lavoro implica fatica. La terra è bassa e per raggiungerla la schiena si piega. Ma non le pesa. Ha anche tempo per insegnare ai bam-

TRE DOMANDE A DELIA REVELLIRESPONSABILE PROVINCIALE DONNE IMPRESA COLDIRETTI CUNEOCos’è Donne Impresa?È uno strumento di promozione, nato sotto l’egida di Coldiretti. Tutela le donne che in agricoltura non avevano voce. Ora possiamo portare avanti progetti che coinvolgano le donne e che riconoscano la loro identità.Quante sono le imprenditrici agricole in provincia di Cuneo?Stando ai dati della Camera di Commercio, sono circa 8.000 sulle oltre 24.000 esistenti.“Chez Soi” e “Agritata”: due progetti innovativi, rivolti al sociale, che stanno partendo in queste settimane.Il primo, transfrontaliero, è diretto agli anziani: prevede un affiancamento ad anziani di vallata, che non hanno nessuno che li accudisca. Spesso, fare la spesa, andare a una visita medica o anche prepararsi un piatto caldo è, per una persona avanti con gli anni, un problema. “Agritata”, invece, è rivolto ai bambini e consiste in “asili” che sorgeranno in strutture agricole. Ci ha dato una grande mano la Regione Piemonte che, unite le forze tra più

assessorati, ha avvallato questo progetto, che consentirà di ospitare – con alcuni semplici adeguamenti alla struttura – non più di 5 bambini. Mangeranno con la famiglia i cibi della azienda, faranno il riposino, giocheranno proprio come all’asilo. I corsi di formazione, per chi intende creare un “Agritata”, sono strutturati e molto seri. Con “Chez Soi” si cerca di fare rimanere gli anziani nel loro territorio e con “Agritata” si portano i bambini a contatto con la terra. E magari un giorno vi faranno ritorno con qualche attività.

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JOHN DEERE QUANDO PERCORRONO LE STRADE,SI CEDE LORO IL PASSO, LA POSSANZA LI DISTINGUE,SONO TRATTORI, EGREGI TRATTORI«Il punto di forza della John Deere – puntualizza Roberto Gallo, direttore com-merciale e uno dei quattro soci di Agrimac di Cavallermaggiore, concessionaria John Deere per la provincia di Cuneo - è l’affidabilità. Sotto ogni aspetto: sotto il profilo della sicurezza, per l’operatore e nel rispetto per la natura. La vendita in provincia di Cuneo è dominante soprattutto nell’ambito delle “macchine a campo aperto”: cioè trattori che lavorano più o meno grandi estensioni pianeggianti. Nel 2011 abbiamo venduto circa 60 macchine nella fascia dai 100 CV ai 200 CV, la fascia dove c’è più mercato». John Deere è leader mondiale per la costruzione di macchine dotate di Sistema di guida Satellitare per l’agricoltura di precisione. Altre marche montano in un secondo tempo questo sistema. La John Deere le progetta e costruisce già complete.Il mondo dell’agricoltura sta cambiando. I parchi macchine si ampliano. I costi aumentano. È fondamentale, dunque, fare in modo che le attrezzature siano sempre operative. John Deere è una delle aziende con maggiore esperienza al mondo nella costruzione di macchinari per l’agricoltura ad alta efficienza. Per questo motivo sono riusciti a portare tutti i vantaggi della telemetria sul desktop dei mezzi.

L’AZIENDA LEADER SUPERTINO DI SALUZZOPRESENTA LA R170 ROTOPRESSA A CAMERA VARIABILE Com’è andato il mercato 2011 per le imballatrici?Ha mantenuto un trend stabile, non vi è stato un incremento sostanziale del mercato ma nemmeno la temuta flessione che si preannunciava.Nella produzione Supertino vi sono prodotti lanciati o in fase di lancio nel 2012?Per poter essere competitivi sul mercato la nostra gamma è in continua evoluzione, durante l’edizione di Fieragricola Verona 2012 è stata presentata la nuova R 170, Rotopressa a camera variabile di ultima generazione, con particolarità che la rendono unica nel suo genere.Quali sono le nazioni di punta? Le quote di mercato prevalenti?L’esportazione per la ditta Supertino rappresenta all’incirca il 50% del fatturato. Gran parte dell’esportazione è diretta in Francia, dove vi è una capillare rete di concessionari che garanti-scono assistenza al cliente e salvaguardia del marchio. Abbiamo inoltre concessionari che han-no l’esclusiva delle vendite in paesi come Spagna, Portogallo, Ungheria, Germania, Svizzera, Regno Unito, Belgio e Lussemburgo.Perché scegliere un’imballatrice Supertino?La scelta per la ditta Supertino deve essere basata sulla grande esperien-za maturata nel settore: da oltre cinquant’anni la famiglia Supertino si occupa di migliorare, perfezionare la distribuzione e la raccolta nel mondo agricolo. La continua evoluzione permette di essere presen-ti sul mercato con prodotti efficaci, maneggevoli, semplici e che siano in grado di rispondere alle esigenze di chi le usa.

bini. L’azienda è, infatti, Fattoria Didattica del circuito “Educazione alla Campagna Amica” di Coldiretti. Conclude “la signora della terra”: “L’attività è un viaggio ideale alla scoperta della botani-ca: dalla conoscenza delle piante alla semina e all’utilizzo degli attrezzi. L’intento è anche quello di dare la possibilità di capire, toccan-do con mano, quali sono le varie parti della pianta. Abbiamo anche organizzato un labora-torio per fare esercitare i bambini nella pre-parazione del terreno: i piccoli allievi semi-nano e piantano specie floricole in vaso, che saranno poi portate a casa da loro stessi, per seguirne la crescita”.La terra esprime sicurezza, solidità, accoglien-za. È l’elemento naturale per eccellenza che identifica e contiene l’umanità.Lei, la Grande Madre, è il simbolo legato alla femminilità, alla nascita e alla fecondità. Confrontarsi con la terra richiede solidità, realismo, capacità di costruzione, metodo, disciplina. E una buona dose di controllo per portare a termine l’intento.L’essere umano è ciò che fa.

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non solosollevatoritelescopici

IL GRUPPO MERLO PUNTASULLA RICERCA E L’INNOVAZIONE

ECCO LE CHIAVI DEL SUCCESSO

La storia del Gruppo Merlo si racconta con fatti che parlano di un successo interna-

zionale raggiunto coniugando sapientemente qualità, tecnologia, ingegno e rispetto per l’am-biente. Ecco perché, quando si parla di solleva-tori telescopici e di sistemi di movimentazione all’avanguardia in agricoltura, il punto di riferi-mento tecnologico nel mondo è Merlo.Gli ingenti investimenti in ricerca, sviluppo tec-nologico ed industrializzazione permettono la produzione della più vasta gamma di sollevato-

ri telescopici oggi proposta sul mercato e l’inse-diamento di San Defendente di Cervasca (Cu-neo) è una struttura produttiva moderna ed efficiente che ha pochi eguali a livello interna-zionale. La capacità dell’azienda di mantenere il pieno e totale controllo della propria struttura economico-finanziaria e produttiva si è dimo-strata fondamentale per il proprio sviluppo. Il vantaggio di essere un gruppo interamente pri-vato - guidato dalla famiglia Merlo - ha giocato inoltre un ruolo determinante nell’avanzare nel processo di crescita, nonostante la crisi.Quattro domande a Paolo Peretti, direttore del Centro Formazione e Ricerca Merlo.C’è una vostra macchina, prevalente nel comparto agricolo, particolarmente innova-tiva sotto i vari profili ambientali e/o sotto il profilo della sicurezza?La sicurezza è per noi la linea guida di ogni progetto e da sempre tutte le nostre macchi-ne offrono le più avanzate ed efficaci soluzioni tecnologiche per garantire standard di confort e di protezione esclusivi. Molte volte anche an-ticipando le prescrizioni normative.

Quanto al tema ambientale disponiamo dell’im-pianto di verniciatura a polveri (inquinamento zero) più grande d’Europa e da tempo abbia-mo reso disponibile nella produzione di serie il sistema di trasmissione EcoPowerDrive che permette un risparmio di carburante medio del 20 per cento. Per non parlare poi del rivoluzio-nario Panoramic Hybrid, il primo sollevatore telescopico al mondo che può operare sia in modalità diesel che totalmente elettrica: consu-mi ed inquinamento zero quando necessario.Il nostro è l’ingresso in un campo ancora ine-splorato nel quale desideriamo essere protago-nisti ed i primi brevetti internazionali testimo-niano la validità delle nostre scelte. Quanto ai nuovi prodotti è da evidenziare il rivoluzionario Multifarmer, l’unico trattore agricolo che è an-che sollevatore telescopico. Con questa inno-vazione non vogliamo solo offrire prestazioni e polivalenza ma desideriamo soprattutto decli-nare la sicurezza del lavoro in tutti i suoi aspetti verso un mondo, quello della meccanizzazione agricola, ancora troppo penalizzato dalla man-canza di sicurezza e dalla improvvisazione.

FIERA DELLA MECCANIZZAZIONE AGRICOLA A SAVIGLIANO,DAL 16 AL 18 MARZO. LA TERRA È PATRIMONIO SICURO,LO DICE IL BUON SENSO SENZA SCOMODARE LE CASE DI RATINGLa spina dorsale del nostro sistema Paese rimane l’agricoltura con un valore di esportazioni pari a 28 miliardi di euro, capace di impiegare il 5% della unità di lavoro nazionali e che con-tribuisce con l’intero sistema agroalimentare a produrre un valore di 248 miliardi di euro pari al 15% del prodotto interno lordo italiano. La terra è e continua a essere il patrimonio sicuro. In provincia di Cuneo la densità della popolazione è di appena 85 abitanti per chilometro quadrato, contro i 175 della media nazionale. Significa: ce n’è in abbondanza. Ecco perché manifestazioni come quella di Savigliano, con un’esposizione di 46 mila metri quadrati e appuntamenti di approfondimento sulle novità del settore, è importante punto di incontro tra l’industria che produce strumenti di lavoro e il singolo operatore che li utilizza con la consapevolezza di dover affrontare le sfide del mercato e l’evoluzione delle tecniche agricole. L’edizione del 2012 è incentrata sulla sostenibilità, tema a cui la Fiera dedica ampio spazio, riconoscendo che il progresso non passa solo dallo strumento e dalle tecniche innovative, ma anche dalle modalità con cui interagisce con la terra.

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Quali sono i vostri prodotti di punta (mo-dello, pezzi venduti, rif. 2011) impiegati nel settore agricolo?Al mercato agricolo proponiamo due famiglie di macchine: i Turbofarmer ed i Multifarmer. Entrambi privilegiano sicurezza, produttività e maneggevolezza e sono stati i primi sollevatori telescopici omologati in Europa per il traino di rimorchi agricoli su strada.Definiscono un nuovo concetto di forza in azio-ne e sono capaci di operare con successo nelle movimentazioni e nei sollevamenti più impe-gnativi, avvantaggiandosi delle loro eccellenti prestazioni fuoristrada ed offrendo elevata red-ditività e polivalenza in attività di solito gestite con macchine specializzate.Bastano pochi secondi per connettere l’equi-paggiamento desiderato e rispondere con ef-ficacia e rapidità a sempre nuove esigenze di sollevamento, trasporto, carico e scarico e mo-vimentazione di precisione.Il loro successo in Italia è testimoniato dalla no-stra leadership di mercato con molte centinaia di unità vendute ogni anno.

Previsione 2012, sempre in agricoltura?Il mercato è di certo più competitivo che in passato e la domanda dà segni di difficoltà.Ci siamo dati comunque l’obiettivo di incre-mentare le nostre quote e le risposte che ar-rivano dal mercato in queste prime settimane dell’anno ci confermano che il nostro piano di crescita è corretto.Dati di bilancio, per esempio fatturato 2011 e outlook 2012?Due dati su tutti. Nel 2011 il fatturato è cre-sciuto di quasi il 30 per cento rispetto all’anno precedente, sfiorando i 400 milioni di euro.Ed il numero di dipendenti è aumentato di oltre 70 unità.Due grandi risultati che dimostrano che ci può essere sviluppo e creazione di posti di lavoro senza cedere alla logica delle deloca-lizzazioni.Un motivo di orgoglio e soprattutto di tran-quillità per i mille dipendenti che con il loro lavoro hanno trasformato il Gruppo Merlo in un punto di riferimento mondiale nel campo delle macchine agricole ed industriali.

MIETITURA E TREBBIATURA DA GUINNESSNON SOLO CLASSE MA “CLAAS”: IL GIGANTE BUONOIl sole ha tempo di tramontare e levarsi, cadenzando il perenne moto. Frattanto, nei campi, c’è un mezzo che ha spopolato di fronte alla giuria del Guinnes World Records: è la CLAAS LEXION 770 che ha lavorato per venti ore consecutive, raccogliendo più di 1361 tonnellate di grano. «Claas – spiega Lorenzo Fogliarino, della ditta Fogliarino di Genola, concessio-naria Claas per la provincia di Cuneo - è leader per le mietitrebbiatrici e soprattutto per le trinciasemoventi. A livello mondiale supera la quota del 50% della vendita di questo tipo di macchina. Claas in Italia ha una quota pari al 35% del mercato».In cinquanta anni di attività la ditta Fogliarino, fondata dai fratelli Giovanni e Giacomo, ha venduto oltre mille mietritrebbie.I mezzi sono possenti e vi è un acronimo che li contraddistingue nel mondo. E.a.sy. Significa semplice e sta per Efficient Agriculture System.Nella cabina del mezzo è previsto un sistema di controllo e ottimizzazione delle prestazioni; sul campo è possibile l’aumento della produttività; a distanza si può monitorare il mezzo e attivare sistemi diagnostici. Questa è l’agricoltura oggi.

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CON IL FAI ALLA SCOPERTA DI BENI CULTURALI E AMBIENTALI SPESSO CHIUSIAL PUBBLICO. PAGINE DI STORIA DA PERCORRERE A PIEDI FRA IL BAROCCO DELLE CHIESE E IL NEO-CLASSICO DEI GIARDINI.

DI ROBERTO AUDISIO

profilo da cui emergono solo le cupole delle chiese barocche e fra cui spicca, qua e là, il bianco della calce di eleganti campanili.Un passato carico di storia, monumenti e ambiente naturale, ma anche arte, enogastro-nomia e antiquariato – di cui Cherasco, con i suoi famosi e affollati mercati, è certamente punto di riferimento nazionale – ne hanno portato la fama ben oltre i confini provinciali e regionali.Ma per i Cheraschesi la città è ben altro. Perché di città si tratta. Non di un semplice paese, né tanto meno di un borgo. Storicamente è sempre stata riconosciuta come vera cittadina autonoma, importante dal punto di vista sia economico sia politico. Lo te-stimoniano i ricchi palazzi borghesi che hanno ospitato, nel tempo, personaggi illustri e che

La chiamano la “Città delle Paci” già dal XVII secolo, anche se il suo nome per qualcu-

no rappresenta, più poeticamente, “il paese dell’aria chiara”: Clarus aer. Le “paci” sono quelle per la successione di Mantova e del Monferrato del 1630 e quella firmata da Napo-leone nel 1796, con cui consegnò il Piemonte alla Francia, mentre “l’aria chiara” è quella di un angolo di Piemonte al limite della Langa. Di certo, passeggiando fra le sue ordinate strade perpendicolari di impianto medievale, sotto i suoi portici o lungo i bastioni, si respira arte e storia. Arrivando dalla pianura, il suo profilo incon-fondibile ci attira già da lontano, adagiato sull’altipiano creato dallo scorrere dei fiumi Stura e Tanaro. Il colore che prevale è il rosso del cotto: coppi e mattoni che disegnano un

La chiesa di Sant’Agostino e l’Arco di Belvedere.Photo: Davide Dutto – Ente Turismo Alba Bra Langhe e Roero

Il giardino di Palazzo De Benedetti da poco riportato all’antico splendore grazie ad un accurato restauro da parte dei proprietari.

Il maestoso e storico viale di platani secolari chiamato “Allea”.

cherascola nobile

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hanno visto nelle loro sale l’accadere di eventi rilevanti. Come Palazzo Salmatoris, luogo di accoglienza per la corte sabauda durante la pe-ste del 1630 e rifugio per la Santa Sindone nel 1706, durante l’assedio di Torino, oppure, più tardi, teatro per la firma dell’armistizio con cui Napoleone, nel 1796, ridisegna la geografia dei domini sabaudi. Fin qui arrivò il generale cor-so, sapendo dell’importanza di questa piccola città nel sud del Piemonte.“Una città che sa farsi amare in ogni stagione dell’anno.” Sono le parole appassionate di Sergio Barbero – Assessore alla Cultura del Comune di Cherasco – quasi fosse uno spot promozionale.“È come una scenografia teatrale che cambia, svelando ogni volta nuovi particolari. È una continua sorpresa anche per noi che ci vivia-mo. Certo la primavera, con l’esplosione dei balconi fioriti, il tepore dell’aria e il cielo az-zurro, è il periodo ideale per passeggiare fra le strade alla scoperta degli angoli più sugge-stivi e dei giardini nascosti; ma perché non pensare all’estate, quando il caldo afoso può essere pretesto per trovare sollievo all’ombra dei platani dell’Allea, il maestoso e storico viale cittadino? Personalmente, trovo poi assoluta-mente affascinante la città in autunno, quando le prime nebbie penetrano fra i vicoli spegnen-do i colori, lasciando i ciottoli umidi e lucidi. E poi l’inverno, con la neve a coprire i tetti e i giardini, accentuando quel senso di quiete e di silenzio caratteristico di Cherasco.”È in questo contesto che si svolgono quest’anno le Giornate FAI di Primavera, evento nazionale che invita a scoprire beni culturali e ambientali, aprendo gratuitamente centinaia di siti in tutta Italia, spesso chiusi al pubblico.Un itinerario che si sviluppa fra i luoghi dello spirito, della pace e della guerra di Cherasco e che si estende fino ad Alba – per scoprire le antichità sotterranee – e naturalmente al Castello della Manta, unico bene FAI della

provincia di Cuneo. Nel caso di Cherasco, pri-vilegia l’intimità di luoghi inconsueti aprendo le porte di alcuni dei luoghi e dei giardini più affascinanti e nascosti, nel consueto stile FAI, la fondazione che lavora per sensibilizzare il grande pubblico all’amore per l’ambiente in cui viviamo.Si inizia così da Palazzo De Benedetti, uno dei più antichi della città, affacciato sulla via maestra, quasi di fronte al Palazzo comunale. Il suo grande giardino, realizzato verso la fine del XVIII secolo e successivamente più volte rimaneggiato, è stato restaurato dagli attuali proprietari nel 2004 per riportarlo all’antico splendore. Un luogo di delizia, a metà fra il classico giardino formale all’italiana e il giardi-no informale all’inglese, dove si possono ritro-vare gli elementi caratteristici sia dell’uno sia dell’altro: balaustre in pietra e vialetti in ghiaia che conducono alla fontana centrale, in asse con il palazzo, e il trompe-l’oeil che fa da fon-dale si amalgamano a parterre di prati perfet-

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tamente lisci, circondati da specie erbacee non falciate e da mughetti giapponesi.Poco distante è il Palazzo Brizio (Nasi Pasqui-ni), una delle testimonianze più significative della tipologia edilizia cheraschese dell’ultimo secolo del Medioevo, di cui conserva i segni nel prospetto principale. Anche in questo caso, dietro la facciata pubblica, si nasconde un giardino importante, chiuso dalle mura e dai palazzi adiacenti che, nonostante tutto, non ne riescono a mortificare la bellezza.Al centro del cortile si presenta una mera-vigliosa Paulownia tomentosa (paulonia) considerata una delle più rare del panorama locale, quindi, scendendo una breve scalinata, si arriva al giardino vero e proprio, nello stile tipico italiano, diviso in sei parterre bordati dal bosso, con una bella fontana al centro e, sullo sfondo, un teatro di verzura con una piccola statua in pietra. Presenza curiosa sono alcune piante di un’antica varietà di melo, allevate in modo da conferire una forma globosa e de-corativa, testimoni di periodi bellici durante i quali, a causa degli assedi, i giardini venivano convertiti in orti e frutteti per la sopravvivenza degli abitanti.Accanto a questo palazzo, prima dell’Arco di Belvedere, fondale scenografico che chiude la centrale via urbana, troviamo uno degli edifici religiosi barocchi più significativi e unitari del-la città: la Chiesa di Sant’Agostino, completata fra il 1672 e il 1677 come Oratorio della Confra-ternita dei Battuti Bianchi, che tradizionalmen-te gestiva il servizio ospedaliero di Cherasco.

Al suo interno, gli affreschi di Sebastiano Ta-ricco decorano il catino della volta e gli arco-ni con un’allegoria del Paradiso, un trionfo di angeli, arcangeli e santi in una sorta di spirale verso l’Empireo. Ad un altro angolo della città, la Chiesa di Sant’Iffredo rappresenta un diverso esempio di piccolo capolavoro barocco, ricostruzione sei-settecentensca di un edificio sacro ben più antico, dedicato al santo cheraschese che, secondo la leggenda, decapitato dai Saraceni, raccolse la propria testa e salì dal Tanaro fino al pianoro su cui sarebbe sorta la città, proprio nel luogo in cui ora sorge la chiesa. L’edificio fu ingrandito nella prima metà del XVIII seco-lo con l’inserimento di un nuovo presbiterio e del coro, trasformandosi nella struttura così come la vediamo ancora oggi. I Battuti Neri, ospiti del complesso, erano incaricati di assi-stere i carcerati e occuparsi della sepoltura dei condannati a morte. Per questo diventavano i protagonisti delle cerimonie pasquali, la pro-cessione e la messa in scena della deposizione del Cristo sull’altare: un suggestivo apparato scenografico barocco, per una sorta di grande “spettacolo” che perpetuava l’antica tradizione dei “Misteri”. Oggi l’edificio ospita una delle sedi del MuDi (Museo Diocesano di Alba) in cui si allestiscono mostre sulla devozione po-polare e sulle tradizioni religiose.L’ultima tappa di questo itinerario ci apre le porte di un altro edificio di grande rilievo: Palazzo Lunelli di Cortemilia – Tagliaferro, a pochi passi dal ben più noto Palazzo Salma-

Cherasco come una scenografiateatrale che cambia, svelando ogni

volta nuovi particolari.

Il giardino di Palazzo Brizio (Nasi Pasquini) nello stile classico all’italiana.

La chiesa di San Pietro e il palazzo ComunalePhoto: Davide Dutto.

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LA CITTÀ DEI MERCATINII “Mercati di Cherasco” sono da anni un appuntamento per migliaia di collezionisti e appassio-nati, che arrivano da ogni parte d’Italia e dalle vicine Svizzera e Francia, per incontrare l’anti-quariato e il collezionismo più ricercato. “La struttura della città – sostiene il sindaco Claudio Bogetti – la disposizione delle strade, la presenza dei portici e, soprattutto, la tradizione ren-dono il centro storico cheraschese uno dei luoghi più adatti per lo svolgimento di mercati di questo tipo, di alta qualità. La città intera fa da scenografia in un’atmosfera ammaliatrice, unica, con il centro storico completamente chiuso al traffico. Nessun rumore, se non il brusio delle tante persone appassionate che ammirano, scrutano e acquistano nei numerosi banchetti sparsi lungo le vie. Questo genere di eventi ha portato, negli anni, migliaia e migliaia di visitatori a Che-rasco, e i mercati sono stati sicuramente uno dei principali mezzi per far conoscere e apprezzare la nostra città anche oltre i soliti confini.” Tre grandi mercati di antiquariato con oltre 600 banchi dove si trova di tutto: dal mobile d’epoca alla cartolina rara, dalla stampa d’autore all’oggettistica più raffinata, dai pizzi ai vetri d’arte. A questi si alternano 5 edizioni di mercati specializzati nei settori della Carta, della Ceramica e Vetro, degli Orologi, del Giocattolo antico, del Vintage, della Musica e dell’Artigianato artistico. Una storia affascinante che si ripete durante tutto l’anno nelle domeniche dedicate.Info: Ufficio Turistico - Tel. 0172 427050 - www.comune.chearsco.cn.it

toris, accanto all’Arco di Porta Narzole. Le sue origini riportano al 1377 e nelle sue stanze sog-giornò nientemeno che l’Imperatore Carlo V d’Asburgo. Ma la sua storia è legata a una delle prime donne laureate della storia, Benedetta Clotilde Lunelli che, appoggiata dalla Duches-sa Maria Giovanna, vedova di Carlo Emanuele II, poté studiare le lingue e la filosofia soste-nendo l’esame pubblico a Torino, nel 1714, davanti all’intera Corte.Il palazzo, grazie al fatto che ha avuto soltanto due famiglie proprietarie, non ha subito mol-te trasformazioni e ci permette di ammirare, all’esterno, gli originali antichi decori a trom-pe-l’oeil e, all’interno, i grandi saloni affrescati insieme a due vere chicche: l’intatto porticato, tipico delle abitazioni nobili di Cherasco e il giardino. Un ambiente piccolo e semplice, in-triso di caratteri che lo legano all’architettura e allo stile del palazzo. Anche in questo caso, lo stile richiama i giardini all’italiana, con un trompe-l’oeil a catturare lo sguardo del visita-tore, aiuole che suddividono lo spazio in gio-chi geometrici e alcuni elementi di attrazione, come l’altissima palma rustica, considerata la

più vecchia di Cherasco, o il piccolo pozzo in mattoni, a ribadire il tipico binomio architettu-ra-natura. Un giardino “eclettico” dove i classi-ci elementi del giardino all’italiana si contrap-pongono alla vegetazione lasciata libera, con risultati sempre gradevoli e particolari.È fra questi giardini, luoghi nascosti e spesso sconosciuti al visitatore, che possiamo trovare il vero segreto di Cherasco: essere capaci di vivere il presente guardando al passato. E chiacchierando con i vecchi, ci rendiamo conto del loro sincero e semplice orgoglio di essere cheraschesi, forse anche un po’ conser-vatori, ma sicuramente attaccati alla loro città. Forse anche per questo sono in molti oggi a scegliere di vivere qui, arrivando da città an-che lontane. Nell’epoca della velocità delle informazioni e della comunicazione globale, in cui spesso i rapporti si creano e si annulla-no troppo rapidamente, chi sceglie di vivere a Cherasco vuole ancora pensare al presente e al futuro senza dimenticare il passato.

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DOVE MANGIARE DOVE DORMIRE

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Incontriamo nel suo studio in Cuneo l’avvo-cato Raffaella Witzel che, oltre ad essere av-

vocato civilista è anche avvocato del Tribunale ecclesiastico della Rota Romana.

In quale settore del diritto si è diretta princi-palmente la sua professione legale?Sono tre le materie su cui mi sono particolar-mente concentrata: diritto di famiglia, diritto minorile e diritto canonico. In 15 anni di avvo-catura ho affrontato tante cause e mi sono im-pegnata con grandi soddisfazioni professionali nella materia che attiene ai rapporti tra coniugi e ai fallimenti dei matrimoni. Questi sono una realtà molto frequente e dolorosa e pertanto le separazioni vanno trattate con un particolare impegno professionale ed umano, nonché con fermezza nel decidere per la via consensuale oppure quella giudiziale. Ultimamente sono sempre più frequenti gli accordi di separazione di fatto, previ ad un’e-ventuale separazione legale, oppure le mere consulenze orientative. L’interesse per il diritto minorile è nato fin dai primissimi anni di professione e sono stata iscritta nell’albo dei curatori speciali presso il Tribunale per i minorenni di Torino. Ho poi in-cominciato a fine degli anni ‘90 una proficua collaborazione con il noto studio legale torine-se dell’avv. Guerci, grande esperta nel diritto di famiglia e minorile, presso il cui studio opera anche l’avv. Danzo. Da anni collaboro anche con colleghi esperti in tal materia in ogni re-gione italiana.La passione per il diritto di famiglia e la fede re-ligiosa mi hanno poi spinta a laurearmi anche in diritto canonico presso l’Università Pontificia Lateranense e a conseguire pure il titolo di avvo-

cato del Tribunale della Rota Romana, per patro-cinare le cause di nullità matrimoniali di chi si è sposato in Chiesa.

Praticamente lei segue il diritto di famiglia a 360°, ma il suo è uno studio legale multidi-sciplinare.Esattamente. Il desiderio di creare uno studio che fornisse assistenza legale nei vari campi del diritto si è avverato dopo l’incontro con l’avvocato Dora Bissoni che condivideva con me l’idea di fondare nel centralissimo Corso Nizza, uno studio non associato, in cui vari avvocati seguissero princi-palmente ciascuno un ramo specifico del diritto.

Qual è il campo di interesse professionale dell’avv. Bissoni?La collega affronta da anni le cause penali in ogni settore, anche presso il Tribunale per i minorenni. Da tempo è presidente della sezione distaccata di Cuneo della camera penale Vittorio Chiusano di Torino e ha collaborato con il Consiglio dell’Ordi-ne degli avvocati di Cuneo per organizzare corsi di formazione professionale forense in campo penalistico. Si è da sempre interessata al grave problema della violenza sulle donne ed è iscritta nell’elenco degli avvocati abilitati alla difesa delle donne che ne sono vittime.

I vostri padri sono stati due noti magistrati pie-montesi, come vi sentite ad essere avvocati con un nome conosciuto nel campo giuridico? Abbiamo sempre avuto un forte senso di respon-sabilità nel portare il nostro cognome ma, pur se-guendo le orme giuridiche paterne, ci sentivamo in cuor nostro portate per la libera professione dell’avvocatura.

Quali sono le prospettive per il futuro?Da qualche tempo fa parte dello studio l’avvocato Nicola Ferrua Magliani, che ha conseguito il di-ploma per il patrocinio specifico nelle cause pe-nali dei minori di 18 anni e che si interessa altresì, in campo civilistico, delle tematiche di più stretta attualità, prestando consulenza ed assistenza le-gale anche in forma stragiudiziale. Intendiamo incrementare il numero dei colleghi nello studio, per rendere un servizio sempre più efficace ai nostri clienti.

professioneavvocatoNUOVO STUDIOLEGALE MULTIDISCIpLINARE

Nelle foto dall’alto:Raffaella Witzel, Dora Bissoni , Nicola Ferrua Magliani

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Ebbi incarichi di rilevanza sempre maggiore in Siria, nei Balcani, in Britannia, in Germania; fui conso-le ben due volte, la seconda con Commodo, col quale, per la verità, avevo poco in comune. Alla morte di questi, i Pretoriani vollero farmi imperatore: un po’ per stima, ma soprattutto perché, avendo già 66 anni, mi ritenevano un “simpatico vecchietto” che avrebbe fatto ciò che volevano senza troppi problemi. Si accorsero subito di aver sbaglia-to. Accettai l’incarico solo quando il Senato diede il proprio assenso e mi nominò anche princeps senatus. Ero devoto alle istituzioni e, pur es-sendo un soldato, non pensavo che l’esercito dovesse ficcare il naso nel-le cose della politica e del governo. Ma il problema più impellente che dovevo affrontare era quello finan-ziario. Avevo gusti semplici e abitu-dini morigerate, come si conviene a uno nato dalle mie parti: il contrario del mio predecessore, che aveva fat-to spese folli e inconsulte, regalato indiscriminatamente beni e alzato a

dismisura i costi della corte – a me sembra, per la verità, che nei secoli tenda-no a ripetersi le medesime situazioni. Ci misi mano con una serie di interventi volti al risparmio, agii a favore dei contadini che si insediavano nelle terre imperiali incolte, soppressi alcuni dazi doganali inutili e oppressivi, punii i soprusi che troppo spesso i milita-ri commettevano nelle Province e repressi un loro tentativo di congiura. Ai Pretoriani la cosa non piacque affatto e, a modo loro, mi “tolsero la fiducia” assassinandomi.La cosa curiosa è che il mio successore, Settimio Severo, mi divinizzò e in ben tre iscrizioni sono citato come “Divus P. Helvius Pertinax”. Divino, già. Strana concezione della divinità, così vicina all’uomo da essere mortale, anzi da poter essere uccisa. Ma se poi non fosse così strana…?

Quando ci sono nato, il 1° ago-sto del 126 d.C. nella mia casa

materna, Alba, per la precisione Alba Pompeia, non era certo la “capitale delle Langhe” come la chiamate ora. Non si era ancora sviluppata tutta quella bella attività imprenditoriale legata all’enogastronomia (termi-ne, pure questo, che mi è alquanto oscuro), che c’è adesso.Era provincia (non più in senso giu-ridico, sia chiaro); un luogo un po’ isolato del grande dominio dell’Im-pero di Roma, che già a quel tempo cominciava a dare qualche segnale di debolezza.Comunque, si stava bene da quel-le parti. Tant’è vero che più avanti negli anni, quando ormai avevo rag-giunto una posizione invidiabile e avevo fatto molta strada, inaspettata per il figlio di un liberto (insomma, un ex schiavo liberato) quale ero, vi ritornai volentieri. Specie quando sotto l’impero di Marco Aurelio e poi di Commodo le cose sembrava-no mettersi male ed io, Publio Elvio Pertinace, non ero molto gradito negli ambienti che contavano. E dato che al tempo, quando era così non si accontentavano di “sputtanarti” sui giornali, tirando fuori qualche errorino o abusetto che avevi commesso, ovviamente in buona fede – avevo anch’io i miei “scheletri nell’armadio” – ma andavano giù sul pesante e ti facevano la pelle, preferii isolarmi, scomparire nelle mie proprietà fra le colline, in attesa di tempi migliori.Ripresi anche in mano la bottega paterna trasformandola in un’attività – di-reste –industriale: una vera fabbrica tessile. Inoltre, allargai le mie proprietà terriere con possedimenti a Vada Sabatia (oggi è Vado Ligure), garantendo così uno sbocco al mare quasi privato alle mie merci.Però non sono certo conosciuto, almeno da qualcuno che ha studiato qual-cosa di storia, per le mie imprese commerciali e imprenditoriali, bensì per il fatto che fui Imperatore di Roma. Non tanto, in verità, anzi proprio poco: 3 mesi scarsi, dal 31 dicembre 192 al 28 marzo 193 d.C. In ogni caso era un gran traguardo per uno come me che non era neppure di nobili origini. Una bella carriera ottimamente coronata.Iniziai a lavorare come maestro di grammatica, ma non ero portato per l’inse-gnamento, così passai alla vita militare che mi permetteva anche di viaggiare.

DI FABRIZIO GARDINALI

l’intervista impossibile

L’imperatorealbese

Il busto dell’imperatore Divus P. Helvius Pertinax

Incontriamo nel suo studio in Cuneo l’avvo-cato Raffaella Witzel che, oltre ad essere av-

vocato civilista è anche avvocato del Tribunale ecclesiastico della Rota Romana.

In quale settore del diritto si è diretta princi-palmente la sua professione legale?Sono tre le materie su cui mi sono particolar-mente concentrata: diritto di famiglia, diritto minorile e diritto canonico. In 15 anni di avvo-catura ho affrontato tante cause e mi sono im-pegnata con grandi soddisfazioni professionali nella materia che attiene ai rapporti tra coniugi e ai fallimenti dei matrimoni. Questi sono una realtà molto frequente e dolorosa e pertanto le separazioni vanno trattate con un particolare impegno professionale ed umano, nonché con fermezza nel decidere per la via consensuale oppure quella giudiziale. Ultimamente sono sempre più frequenti gli accordi di separazione di fatto, previ ad un’e-ventuale separazione legale, oppure le mere consulenze orientative. L’interesse per il diritto minorile è nato fin dai primissimi anni di professione e sono stata iscritta nell’albo dei curatori speciali presso il Tribunale per i minorenni di Torino. Ho poi in-cominciato a fine degli anni ‘90 una proficua collaborazione con il noto studio legale torine-se dell’avv. Guerci, grande esperta nel diritto di famiglia e minorile, presso il cui studio opera anche l’avv. Danzo. Da anni collaboro anche con colleghi esperti in tal materia in ogni re-gione italiana.La passione per il diritto di famiglia e la fede re-ligiosa mi hanno poi spinta a laurearmi anche in diritto canonico presso l’Università Pontificia Lateranense e a conseguire pure il titolo di avvo-

cato del Tribunale della Rota Romana, per patro-cinare le cause di nullità matrimoniali di chi si è sposato in Chiesa.

Praticamente lei segue il diritto di famiglia a 360°, ma il suo è uno studio legale multidi-sciplinare.Esattamente. Il desiderio di creare uno studio che fornisse assistenza legale nei vari campi del diritto si è avverato dopo l’incontro con l’avvocato Dora Bissoni che condivideva con me l’idea di fondare nel centralissimo Corso Nizza, uno studio non associato, in cui vari avvocati seguissero princi-palmente ciascuno un ramo specifico del diritto.

Qual è il campo di interesse professionale dell’avv. Bissoni?La collega affronta da anni le cause penali in ogni settore, anche presso il Tribunale per i minorenni. Da tempo è presidente della sezione distaccata di Cuneo della camera penale Vittorio Chiusano di Torino e ha collaborato con il Consiglio dell’Ordi-ne degli avvocati di Cuneo per organizzare corsi di formazione professionale forense in campo penalistico. Si è da sempre interessata al grave problema della violenza sulle donne ed è iscritta nell’elenco degli avvocati abilitati alla difesa delle donne che ne sono vittime.

I vostri padri sono stati due noti magistrati pie-montesi, come vi sentite ad essere avvocati con un nome conosciuto nel campo giuridico? Abbiamo sempre avuto un forte senso di respon-sabilità nel portare il nostro cognome ma, pur se-guendo le orme giuridiche paterne, ci sentivamo in cuor nostro portate per la libera professione dell’avvocatura.

Quali sono le prospettive per il futuro?Da qualche tempo fa parte dello studio l’avvocato Nicola Ferrua Magliani, che ha conseguito il di-ploma per il patrocinio specifico nelle cause pe-nali dei minori di 18 anni e che si interessa altresì, in campo civilistico, delle tematiche di più stretta attualità, prestando consulenza ed assistenza le-gale anche in forma stragiudiziale. Intendiamo incrementare il numero dei colleghi nello studio, per rendere un servizio sempre più efficace ai nostri clienti.

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IL NUOVO MAGAZINE BOITE D’OR, FRUIBILE E DINAMICO, RACCONTALA FILOSOFIA DELLA MAISON E ACCOMPAGNA IL BRAND ITALIAN DESIGNPER RAPPRESENTARE L’ECCELLENZA ITALIANA NEL MONDO

dentità delle creazioni Boite d’or: unicità, sar-torialità, accessibilità. Le collezioni nascono dopo mesi di studio alla ricerca delle forme e delle gemme ideali per raggiungere la perfe-zione: la scintilla che farà scattare l’emozione e in cui ogni personalità potrà specchiarsi. Ma tutto ciò non significa che i pezzi firmati B.D. siano “creazioni da museo”, poiché l’arte Boite d’Or vuol dire soprattutto portabilità e accessibilità dei modelli e dei colori, in un con-tinuo restyling, strizza l’occhio ai giovani e alle nuove generazioni, per educarle ad apprezzare l’eccellenza del manufatto.

BD’MAG, OVVERO COME NASCE LA MAGIATutto questo e molto altro è il contenuto del BD’MAG, il nuovo Magazine firmato Boite d’Or, che da oggi affiancherà gli splendidi

La magia diventa realtà e la creatività arte. Un sogno che si fa tangibile e si plasma sui

nostri desideri. Non un oggetto prezioso, né un semplice gioiello, ma un pezzo unico che rispecchi la personalità di chi lo indosserà. Questo è Boite d’Or: materializzare i sogni più belli per noi e per chi ci sta accanto. Ma tutto questo è possibile soltanto perché Boite d’Or rappresenta una realtà storica e unica nel panorama della gioielleria artistica di altissima gamma. Creatività tipicamente italiana, unita alla capacità manifatturiera che i migliori maestri italiani si tramandano di padre in figlio, e alla forza di questo brand e di questa illustre Maison – fondata nel 1978 – danno vita a opere d’arte create “su misura” per chi vuole sognare o regalare un sogno. Sono tre, infatti, le parole chiave che identificano le l’i-

L’anello Lucrezia, una creazione Autore,per Boite d’Or.

Nella pagina seguente:Un’altra delle creazioni uniche Boite d’Or: l’anello Reverso Paraiba.

Ecco come si presenta il BD’MAG: più dinamico e fruibile rispetto ai cataloghi della Maison, vere opere d’arte come i pezzi unici Boite d’Or. In copertina: il “magico” anello Alhambra.

il bd’mag raccontala magia

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cataloghi tradizionali, per la comunicazione delle novità e dello stile Boite d’Or, per quan-to riguarda sia la gioielleria sia l’arte dell’oro-logeria di altissimo livello. Perché, dunque, il BD’MAG? La risposta è implicita proprio nell’identità della Maison: la ricerca della per-fezione, così come la fantasia creativa italiana e la capacità manifatturiera, per crescere, non vanno solo coltivate ma anche comunicate, perché si tratta del patrimonio comune che fa grande l’Italia nel mondo. Anche in questo Boite d’Or va oltre le proprie finalità commer-ciali, facendosi ambasciatrice dell’eccellenza: con BD’MAG, apre le porte al pubblico per raccontare e condividere quel mondo magico, affascinante e complesso che sta dietro le pro-prie creazioni e a capolavori della misurazione del tempo. Comunicare il DNA Boite d’Or significa, ad

esempio, sottolineare l’attenzione che il brand pone verso la provenienza dei metalli prezio-si e delle gemme utilizzate nei propri atelier. Boite d’or, infatti, da 3 anni è membro del RJC (Responsible Jewellery Council), un’associa-zione internazionale che mira a creare una filiera certificata, attenta ai vari fattori ambien-tali legati all’origine delle materie prime (con-dizioni di lavoro, età minima dei lavoratori, smaltimento, etc). Allo stesso modo, la Maison garantisce, grazie alla piena aderenza al Kim-berley Process, sulla provenienza dei propri diamanti dalle cosiddette zone war-free, cioè da Paesi estranei a qualsiasi tipo di conflitto. Il magazine racconta anche della perfezio-ne del manufatto, svelando i grandi segreti dei maestri dell’orologeria, come Jaeger Le-Coultre, genio creativo del modello Reverso, o delle creazioni di Breguet, l’inventore delle

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principali “complicazioni” (come il fuso ora-rio con data, indicazione giorno-notte e città sincronizzate), oppure degli orologi a pen-dolo di Erwin Sattler, di manifattura tedesca. Ma, soprattutto, BD’MAG ci parla della ricerca continua nella selezione delle materie prime destinate ai propri atelier come, ad esempio, delle varietà più rare e preziose nel campo dei mineral gems: se i grandi marchi spesso si fer-mano alle 4-5 specie più conosciute (smeraldi, rubini e zaffiri), Boite d’Or si adopera per la riscoperta dell’ampissimo ventaglio delle gem-me di colore, che arriva oggi a 500 differenti tipologie. Tante sono le novità e le storie che fanno unico il marchio Boite d’Or: da oggi, grazie al BD’MAG, possiamo entrare in questo magico scrigno per conoscerne i segreti.

LA ITALIAN DESIGN NEL MONDOConsapevole, dunque, dell’importanza di quelli che sono i punti di forza del patrimonio comune e della nostra identità culturale, Boite d’Or ha dato vita alla Italian Design. Il brand, che nasce dall’incontro con il designer Alessio Boschi, ha come mission quella di consolidare

BOÎTE D’ORCuneo - Limonewwww.boitedor.it

questo alto concetto di “Italianità” in tutto il mondo, attraverso la collaborazione con altre Aziende di spicco, che supportano la Italian Design con le proprie risorse creative e il pro-prio know-how.La sinergia con il designer di fama internazio-nale, vincitore di numerosi premi prestigiosi, segna il compimento e la sublimazione della filosofia Boite d’or: il gioiello come arte, che diventa ambasciatore dell’eccellenza assoluta e del “genio italiano”. Frutto della grande collaborazione con Alessio Boschi, sono tre collezioni indimenticabili: Historica, Naturalia e Oceania. Ispirate ad at-mosfere esotiche, mondi fiabeschi e o alla ma-gia della dimensione naturale, le collezioni ci parlano di antiche culture e di tradizioni lon-tane. Ogni gioiello racconta una storia e ogni dettaglio viene realizzato dai laboratori che la-vorano in esclusiva per la Italian Design. Ideati come veri tesori in pezzi unici e serie limitate, riprendono antiche tecniche orafe, attraverso accorgimenti tecnici, piccole aperture e cer-niere, micro molle en tremblant e sistemi di aggancio. Come in antichi sécretaire settecen-teschi, le aperture nascondono altri micro gio-

ALESSIO BOSCHIAlessio Boschi si è diplomato come designer di Gioielleria all’Accademia di Costume e di Moda di Roma. Da lì inizia la sua carriera in giro per il mondo: prima ad Atene, poi in Italia, in Thailandia e Taiwan. Viene inserito nel Guinness Book 2003 per la realizzazione grafica del più grande zaffiro inciso al mondo: il Millenium Sapphire. La sua esperienza cresce finché viene chiamato a Sydney come direttore del design da una delle più grandi Aziende di Perle dei Mari del Sud. Qui, sviluppa collezioni eccezionali, grazie alle quali verrà insignito di prestigiosi premi internazionali: Miglior Collezione di Gioielleria a Basilea 2008, il Couture Award di Las Vegas (2008 e 2010), Miglior Designer Di Gioielleria Italiano al mondo agli UK Awards (Londra 2009), Veranda Art Of Design: Best Jewellery Designer a livello globale (New York 2010).

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ielli, dettagli preziosi oppure congegni. Sono piccoli oggetti d’arte che si trasformano di-ventando multifunzionali: spille si tramutano in pendenti, o in centrali di collane, oppure in orecchini e così via. Una versatilità che rende il gioiello una continua “sorpresa nascosta”, un viaggio avventuroso come in una dimensione da sogno, in un immaginario che diventa reale.È dunque proprio questa capacità, unica e straordinaria, di far sognare attraverso il bel-lo e la perfezione che la Italian Design vuole rappresentare all’estero. Per questo, è presen-te con le proprie collezioni e altri brand “am-basciatori” del genio italiano, al Baselworld 2012 (Basilea, 8-15 marzo 2012), Salone Mondiale dell’Orologeria e della Gioielle-ria: uno degli eventi più prestigiosi al mondo nel settore preziosi, a cui partecipano ogni anno circa 1.800 aziende, con una media di 100.000 operatori da tutti i continenti. Un appuntamento a cui non mancare per la Ita-lian Design, che per l’occasione ha creato un vero e proprio team dell’eccellenza del made in Italy: dalla Nuovarekord (Leinì - TO) che si è occupata dell’allestimento dello stand dalle forme innovative di grande impatto –

progettato dall’Architetto Duilio Damilano, designer cuneese noto anche all’estero – alla Agc Flat Glass (Cuneo), per la realizzazione dei vetri laccati nero della struttura che ospite-rà la Italian Design. Ma un compito strategico hanno avuto anche la Light Solution di Paolo Perocchio (Torino), leader nel settore dell’il-luminotecnica e la Delta Light (Empoli - FI), che hanno supportato il team di lavoro con la scelta del materiale tecnico e una personaliz-zazione delle luci in grado di valorizzare a pie-no il design dello stand. Ultima, ma non per importanza, Fontegrafica (Cinisello Balsamo - MI), azienda di grande rilievo nella stampa e nella tipo-litografia. E se queste importanti realtà rappresentano il genio del design e della tecnica italiani, Arione, inventore del Cunee-se al Rhum, “dolce emblema” della città, ac-compagnerà la Italian Design in questo ruolo di ambasciatrice con la propria artigianalità e tutto il carico simbolico dell’arte pasticcera cuneese. Poiché la grandezza del made in Italy non è solo tecnica e design, ma tutto ciò che valorizza al meglio l’Italianità nel mondo, com-presa la cultura della gastronomia in tutte le sue declinazioni.

allestimento stand

A partire dalla pagina precedenteAlcune delle creazioni uniche Boite d’Or:

Sea Anemone (a sinistra), Pink Waves e Mandala (in alto), nate della sinergia tra la Maison

e Alessio Boschi.

Lo stand della Italian Design al Baselworld, realizzato da Nuovarekord e frutto del lavoro di un

prestigioso team di A ziende.

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Il concept di Nat&Bio esprime uno spazioper ritrovarsi, dove volersi bene coccolarsi,

dove curiosare. Per ogni esigenza della nostra salute, dalla mattina sino alla sera Photo: Jesus Castellano

Nat&Bioil benessere trovato

i repartiQ snack

tisaneria

forno salato

panetteria

ortobio

sottozero

acqua

pasta

colazione

territorio

cosmetica

infanzia

i senza

parafarmacia

uattromila prodotti alimentari e duemila-

cinquecento prodotti non alimentari, una

biocaffetteria, una cucina a vista per i bio-

corsi di cucina: questo è in cifre Nat&Bio,

il supermercato del biologico dal concept

più innovativo in Italia, inaugurato da una

manciata di mesi a Settimo Torinese. Pare

una boutique.

Il punto vendita copre un’area estesa, ma

non appena si varca la soglia del super-

mercato si percepisce calore emozionale,

raccoglimento, armonia d’insieme. Sensa-

zione di natura e benessere, già dai ma-

teriale usato per l’arredamento: legno di

betulla.

«Noi – puntualizza Marco Merla, ammini-

stratore e proprietario di Nat&Bio – propo-

niamo questo luogo per il buon vivere. E’

indubbio che la sensibilità delle persone,

verso il benessere, sia aumentata. Dun-

que, dopo la consapevolezza, che è presa

di coscienza personale, è importante sa-

per dare risposte: Nat&Bio è questo».

COM

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La biocaffetteria dove si può consumare il

pasto, gustare prodotti, bevande, tisane che

possono essere poi acquistati nel supermer-

cato. I piatti sono cucinati direttamente dal

personale qualificato che lavora nella inno-

vativa cucina. La cucina a vista, è nata non

Nat&Bio è...

solo per offrire il servizio consueto alla sala

pranzo, ma consente anche di assistere a le-

zioni di cucina, osservando in tempo reale

le azioni del maestro/cuoco e ascoltare le

istruzioni in viva voce che sono impartite a

chi frequenta il corso. Tutt’intorno, delimita-

to da divisori in cristallo con effetto ramifi-

cato, nato da una rivisitazione di un gesto

intellettuale dell’architetto Gianni Arnaudo,

vi è Il supermercato. Il calore è a colpo d’oc-

chio: moduli, in betulla, si snodano in ma-

niera ergonomica e offrono quindici reparti

specifici, incluso “I Senza” per le intolleranze

alimentari. Al centro, capeggia l’Info Point:

un’area informativa a servizio del cliente. Ol-

tre all’aspetto funzionale ha anche una par-

ticolarità strutturale: ha effetto pan ottico

ed è un luogo dove avvengono eventi dedi-

cati e corsi specifici sul naturale e biologico.

Da lì si scorge tutto il supermercato. Anche

la Parafarmacia, specializzata in integratori

e prodotti omeopatici. Nat&Bio nasce gra-

zie all’incontro di ingegno di più persone:

Idea Team l’ideatrice, MOOD e CREA COM

di Torino che hanno dato il supporto grafico

comunicativo e la Maligno Industriarreda-

menti di Beinette, in provincia di Cuneo.

«La Maligno – sottolinea l’architetto Ric-

cardo Dattrino, del pool Maligno Industriar-

redamenti – ha studiato il concept nel suo

insieme, ha messo a punto un progetto

completo, architettonico ed impiantistico

ed ha poi realizzato lo spazio di 1200 metri

quadrati totali con la formula del “chiavi in

mano”. Il fine era quello di ricollegare l’arre-

damento al marchio. Si voleva esprimere sa-

lubrità, benessere, armonia, calore: Nat&Bio

trasmette positività e rassicura. I moduli

sono ad una altezza tale da consentire re-

spiro e visuale d’insieme al cliente. I corpi

illuminanti (Erco), a ioduro metallico con

ottica sferolitica, offrono luminosità calda

e razionalizzano l’uso. Gli impianti sfruttano

il sistema solare termico per riscaldare i vari

ambienti».

«Vivere bene – continua Marco Merla, che di

esperienza nel settore ne vanta da tempo,

grazie anche alla sua conoscenza maturata

nella sua azienda storica Gruppo Finestra

sul Cielo, leader del bio – significa fare scelte

consapevoli, frutto di uno stile di vita sano

e armonioso. Nat&Bio è nato per guidare la

persona verso uno stato di benessere glo-

bale. Anche per questo, abbiamo studiato

la possibilità di avere annesso un Centro

Olistico specializzato». Il Centro si chiama

Okepos. E’ composto da un team di figure

professionali che lavora per il benessere del

cliente. «Il termine Okepos – puntualizza

la titolare del Centro, Raffaella Paganessi –

significa “Il giardino della natura”. Qui ci si

riconnette con il benessere, grazie a tratta-

menti mirati: la cromoterapia, la spageria,

i rimedi dinamizzanti, l’iridologia, la postu-

rologia e la massofisioterapia non sono che

un esempio e sono molti i nostri clienti che

si servono nel supermercato Nat&Bio. Per-

ché i prodotti sono selezionatissimi e l’am-

biente dà confort».

“L’uomo è corpo, mente, spirito:Nat&Bio è l’area retail dove comperare

consapevolmente per la salute...”

NAT&BIOArea Settimo Cielo Retail Park

Settimo Torinese (To)

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XX GIORNATE FAIDI PRIMAVERA

Da 20 anni, ogni volta un’Italia mai vista

24 - 25 marzo2012

L’Italia è di tutti. I monumenti, le opere d’arte e gli straordinari paesaggi italiani appartengono a ciascuno di noi, raccontano la nostra storia e rappresentano la nostra identità.

Le Giornate FAI di Primavera, che si svolgono in oltre 300 città italiane grazie ai volontari del FAI, sono un’occasione unica per riscoprire, per guardare con occhi nuovi ciò che è accanto a te, per vivere due giornate speciali arricchendo il cuore, la mente e lo spirito.

I Beni aperti a cura della DELEGAZIONE DI CUNEO

Visite con guide specializzate Apprendisti Ciceroni® a contributo libero

per informazioni e prenotazioni: Delegazione FAI di Cuneo – piazza Europa, 9 – Cuneo – tel. 0171 67575

www.fondoambiente.it

ALBAArea archeologica sotterranea e Tesoro della Cattedrale di San Lorenzo

CHERASCOi luoghi dello spirito, della pace, della guerra

MANTACastello della Manta e Chiesa di Santa Maria al Castello (Bene FAI)

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LifeStyLeCONCORSO NAZIONALE“PER IL MOBILE DI SALUZZO” 1A EDIZIONE :GLI OGGETTI PER I RITUALI DOMESTICI

CONCERTO DI ARPE IN ONORE VICTOR SALVI, IL PADRE DI SALVI HARPS

A CHERASCO MUSICAE BUONA TAVOLA

DECORANDO CON I FIORI

L’occasione è stata la “cittadinanza onoraria” riconosciutagli a fine 2011 dal Comune di Costigliole Saluzzo ed è una dedica a tutti coloro che hanno lavorato nell’azienda e che hanno offerto la loro competenza per ottenere un prodotto di eccellenza. Le arpe di Salvi sono strumenti che hanno conquistato i più grandi artisti e che hanno permesso di esportare il nome della Valle Varaita e della provincia di Cuneo in tutti i teatri più prestigiosi al mondo. Concerto di Orchestra di Arpe, Coro e Solisti provenienti dal Sud della Francia. Questo originale insieme è stato creato in occasione del Festival “Harpes Maritimes” di Grasse nel 2010, proprio per interpretare il programma che ci proporranno, che consiste nell’oratorio sacro del compositore russo Valeri Kikta “La luce delle tacite stelle”, composizione commissionata da Victor Salvi in persona e nell’ opera inedita del francese Bernard Andrès « Un prince oriental » in prima esecuzione assoluta in Italia, proprio in occasione di questo evento. L’appuntamento di rango, l’11 marzo nella chiesa parrocchiale Santa Maria Maddalena a Costigliole Saluzzo.

Concerto abbinato a cena nella sala eventi del Monastero di Cherasco. L’appuntamento è per sabato 31 marzo 2012 con l’Ensemble Orchestrale Ars Armonica, diretta da Damiana Natali con Alberto Bramani violino solista, con “Le Quattro Stagioni” di Antonio Vivaldi. Segue la “Cena di Primavera”. Il Marachella Ristorante propone la cucina dello chef Gonzalo Luzarraga, cresciuto professionalmente tra New York e Montecarlo ma con solide radici cuneesi, con piatti del territorio e una grande attenzione per i prodotti locali. Costo del biglietto, comprensivo di spettacolo e cena, euro 90 a persona. Info e prenotazioni 0172.488482. Il Marachella Ristorante, Via Nostra Signora del Popolo 9, Cherasco (CN), [email protected].

Workshop di primavera: dopo il successo del tutto esaurito del primo, di quattro appunta-menti a tema, Kairòs Eventi - in collaborazione con Gualtiero Tesi, floral designer di Saluzzo ripropone le lezioni dedicate a tutti coloro che desiderano creare con le proprie mani e sperimentare divertendosi. Obiettivo del corso è comunicare il carattere dei materiali e insegnare come abbinarli per serate a tema da condividere con amici, parenti e colleghi di lavoro e fare sempre una splendida figura. Decorazione della tavola e della casa, fai da te e cortesie per gli ospiti sono gli ingredienti del seminario che si svolge a Cuneo, l’11, il 28 e 29 marzo. Per iscrizioni: [email protected]

Nei luoghi in cui abitiamo si stanno rapidamente trasformando abitudini, comportamenti e rituali. Lo spazio domestico sta mutando profondamente non solo per la presenza di nuovi strumenti (telematici e informatici), di nuove funzioni (cura del corpo, lavoro in casa) ma anche per la composizione del gruppo familiare (ad esempio i single o le famiglie “allargate”). Siamo quindi di fronte a possibili nuovi scenari abitativi e quindi all’uso di nuovi strumenti e oggetti.Il Comune di Saluzzo e la Fondazione Bertoni invitano quindi i partecipanti a sviluppare un progetto di spazio e in particolare di un oggetto di arredamento. Si sottolinea inoltre che l’area di produzione del mobile di Saluzzo è da sempre impegnata nella valorizzazione del Mobile d’Arte, nella prospettiva di conquistare l’interesse di un mercato attento al valore progettuale e alla cultura del fare.Nel bando del concorso, si consiglia di privilegiare i materiali quali legno massello e ferro battuto che rappresentano meglio le tecniche utilizzate dalle aziende del territorio di Saluzzo. I concorrenti dovranno inviare la domanda di partecipazione e il progetto a mezzo raccomandata o tramite corriere in un plico sigillato che dovrà pervenire entro e non oltre il 21 maggio 2012.Per info: www.fondazionebertoni.it

da Cuneo e provincia

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Alla XXX edizione di Imagina, salone sulle tecnologie 3D tenutosi al Grimaldi Forum del Principato di Monaco lo scorso febbraio, ce n’era davvero per tutti i gusti. Dalle tecnolo-gie 3D esposte, alle dimostrazioni pratiche applicate all’architet-tura, all’urbanistica e all’industria, fino alle nuove frontiere dell’implantologia

dentale. Forte dei risultati della scorsa edizione, con 1700 delegati da 41 Paesi, Imagina ha accolto quest’anno, per la prima volta, anche lo stand della delegazione della monegasca Chambre de Dévelop-pement Economique, a disposizione degli associati e desk rivolto ai visitatori interessati a conoscere meglio la realtà economica del Principato di Monaco. Da segnalare, tra gli eventi che hanno riscosso maggior successo durante la manifestazione, la conferenza dedicata alla tecnologia tridimensionale prossimamente in uso sui telefoni cellulari: innovative saranno le app che prossimamente rivoluzione-ranno il mercato hi-tech, soprattutto di smartphone e tablet.

IMAGINA 2012: GIÀ 30 CANDELINE!

AI NASTRI DI PARTENZA IL MONTE-CARLO ROLEX MASTERS 2012Si disputerà dal 14 al 22 aprile 2012, l’attesa 106a edizione del Monte-Carlo Rolex Masters, il prestigioso torneo di tennis che da sempre apre il campio-nato su terra rossa, tra i preferiti di Rafael Nadal, l’iridato campione che proprio qui, lo scorso anno, ha collezionato la sua settima vittoria consecutiva. Se per sapere i nomi dei partecipanti che si sfideranno sui campi monegaschi bisognerà attendere il 19 marzo, per Zelijki Franulovic, organizzatore dell’even-to, i tempi sono già maturi per annunciare alcune importanti novità. A cominciare da una nuova disposizione degli spazi e dell’area VIP, fino all’allestimento di uno schermo gigante, su cui saranno proiettati i match giocati sul campo Centrale del Country Club. E poi animazioni e corsi di tennis riservati ai giova-ni, un sito web più dinamico e la cessione dei diritti televisivi dell’evento sui 5 continenti. Infine, un altro importante risultato, a testimonianza del successo del torneo che rimane solido nel tempo, è l’aumento del 10% di prenotazioni rispetto all’ultima edizione.

LifeStyLeINAUGURATO IL FOYER DE L’ENFANCE PRINCESSE CHARLÈNE

dal Principato di Monaco

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Inaugurato il primo edificio che porterà il nome della sposa del Principe Alberto. I nuovi locali de Le Foyer de l’Enfance Princesse Charlène vedono la luce dopo ben otto anni dalla loro progettazione, che si inserisce nell’ambito delle nuove politiche sociali promosse dal Consigliere M. Stéphane Valéri. Il Foyer, nato per rispondere meglio alle esigenze dei minorenni in difficoltà, potrà accogliere, 24 ore su 24 e per tutto l’anno, quei bambini e quegli adolescenti che sono oggetto di misure giudiziarie preventive. La placca commemorativa, intitolata alla Principessa Charlène è stata posata in presenza del Pri-mo Ministro Michel Roger affiancato, oltre che dal Sovrano e dalla sua Sposa, dal Ministro Valéri e dal direttore della struttura, Patrick Serre, così come da numerose alte cariche istituzionali. Al termine della cerimonia non è mancato un tocco di colore, grazie all’artista brasiliano, Romero Britto, che ha consegnato al direttore della struttu-ra un’opera realizzata espressamente per l’occasione.

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LifeStyLedal Principato di Monaco

LE CENE-DIBATTITO DELL’AIIM

AL GALA UIM PREMIATOIL GRUPPO AZIMUT BENETTI

Nella prestigiosa Salle des Etoiles di Monaco, lo scorso 11 febbraio, si è svolto l’atteso UIM Award Giving Gala, giunto quest’anno alla sua III edizione. L’evento, organizzato nell’am-bito delle attività dell’Unione Internazionale Motonautica (UIM), è stato magistralmente diretto da Raffaele Chiulli e Andrea Dini, rispettivamente Presidente e Segretario Gene-rale della UIM, che ha sede proprio nel Principato di Monaco. Tra gli oltre 250 invitati, in rappresentanza di 30 Paesi, sono stati accolti ben 60 campioni mondiali di powerbo-ating che, nel corso della serata, hanno ricevuto numerosi riconoscimenti. Tra gli ospiti, anche una sessantina di delegati provenienti dalle Federazioni Sportive Internazionali affiliate alla UIM, diversi imprenditori e armatori, autorità e istituzioni monegasche. Tra le Aziende premiate, il gruppo Azimut Benetti che, con il suo Magellano 50, ha vinto l’UIM Environmental Award, riconoscimento che dal 2009 premia i più importanti eco-yachts da diporto internazionale. Meritata anche la menzione speciale assegnata al gruppo Planet Solar, costruttore di un catamarano completamente alimentato a cellule fotovoltaiche: quest’ultimo, ancora impegnato in una coraggiosa circumnavigazione volta a promuovere e sperimentare l’innovativo progetto eco-sostenibile, a maggio terminerà la sua missione approdando nel Porto di Monaco, luogo dal quale era partito lo scorso settembre 2010. In-fine, tra i premiati, particolare attenzione va all’ospite d’onore Saeed Hareb, amministrato-re delegato del Dubai International Marine Sports Club, che, dopo aver raggiunto Monaco accompagnato da una folta delegazione proveniente dagli Emirati, è stato insignito del prestigioso riconoscimento Stefano Casiraghi Memorial Trophy, per il grande impegno profuso nello sviluppo della motonautica in Medio Oriente.

L’acronimo AIIM sta per “Associazione Impren-ditori Italiani a Monaco”. Quasi ogni mese, alle cene viene invitato un rappresentante delle istituzioni monegasche o un imprenditore di successo. Tutti i partecipanti, iscritti e non all’associazione, possono così apprezzare e ap-profondire tematiche di attualità, economiche e finanziarie, o di contenuto giuridico rilevante, in maniera privilegiata e informale. Durante lo scorso anno, dopo aver accolto come ospiti quasi tutti i membri del Governo, tra gli ultimi invitati, spicca il nome di François Robillon, Presidente del Conseil National, il quale ha accennato ad alcune novità in fatto di bilancio: “Nonostante la crisi – ha sottolineato Robillon - l’economia monegasca ha beneficiato di impor-tanti entrate legate al turismo favorito anche dal matrimonio del Principe. Importante anche l’in-troito generato dal droit de mutation, imposta legata alla compravendita degli immobili, che si potrà quantificare a giugno 2012”. Del turismo e delle prossime azioni promozionali del Prin-cipato di Monaco all’estero, legate strettamente alle politiche di sviluppo della Chambre de Développement Economique, ha diffusamente parlato, nell’ultima cena-dibattito, Guilleame Rose, delegato alla Direzione del Turismo e dei Congressi (DTC). Rose, nel suo intervento, non ha esitato a indicare l’Italia e gli Italiani, sia come turisti sia come imprenditori, tra i partner storici e privilegiati del Principato. Del resto, per ragioni storiche, un doppio filo lega i due Paesi, poiché “i Monegaschi – come ha detto scherzo-samente Rose – non sono altro che degli Italiani di cultura francese”.

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Per il 5° anno consecutivo Toyota premia la concessio-naria, Fujiauto di Cuneo per essersi classificata tra le pri-me 10 concessionarie d’Ita-lia nella vendita del marchio automobilistico. Grande la soddisfazione dei dirigenti e univoca la consapevolez-za che la concessionaria ha saputo mantenere alti gli standard qualitativi e professionali, nonostante gli ultimi anni siano stati davvero difficili per il settore. Il riconoscimento ottenuto è stabilito su parametri che valutano le auto vendute in rapporto al territorio dalla Fujiauto, unitamente alla valuta-zione dell’ineccepibile efficienza dei servizi assistenza, officina e magazzino, alla gamma dei servizi vendita e post vendita, e di conseguenza alla sempre costante soddisfazione dei clienti con cui la concessionaria ha instaurato un rapporto di fiducia reciproca. Di questo ulteriore successo la Fujiauto ringra-zia l’affezionata clientela che ha permesso anche quest’anno di conseguire l’eccellente risultato. E’ dal 1988, che Fuji Auto vede la sua costante afferma-zione sia in termini di dimensione che di vendite. Dal primo salone aperto a Borgo San Dalmazzo, ormai più di vent’anni fa da Paolo Monnetti e Giorgio Mattiauda, quando Toyota era conosciuta in Italia per i modelli fuoristrada, al nuovo show-room in via Valle Maira, alle porte di Cuneo, oggi guidato dal figlio di Giorgio, Enzo. Oggi tutta l’esperienza maturata ha permesso al grup-po di concentrarsi su quegli elementi che sono diventati un punto di forza per l’indiscutibile professionalità e competenza. Nello show-room si posso-no ammirare tutte le novità dei modelli Toyota, assistiti da personale cortese e preparato, conoscere in modo approfondito le caratteristiche tecniche delle auto e valutare la possibilità dei competitivi finanziamenti Toyota.

Una vita dedicata alle lingue. Si potrebbe riassumere in que-sta frase Single Point Languages, agenzia di traduzioni ed in-terpretariato nata da un’idea di Anna Erto-la nel 1988. In quegli anni aprire un’agen-zia specializzata nel fornire servizi lin-guistici alle aziende voleva dire rivolgersi soprattutto a Fiat e al suo indotto. Con gli anni questa agenzia dall’atmosfera calda e familiare ai confini della zona multietnica di Torino ha saputo anticipare il mercato e vedere lontano, soddisfando bisogni e necessità della new economy. Oggi Single Point Lan-guages, come ci ricorda il suo stesso marchio, è un punto di riferimento per le lingue dei nuovi mercati, in particolar modo per il cinese e il russo. Anna Ertola e il suo staff di docenti, interpreti e traduttori seguono da vicino gli sviluppi del mercato enologico e la crescente richiesta di vini rinomati dall’ Asia; con cordialità e professionalità sono a disposizione per fornire le soluzioni più idonee alle piccole e grandi aziende operanti nel settore: corsi di cinese, traduzione di siti web, interventi di intercultural management, interpretariato di trattativa e servizi di hosting per eventi fieristici ed enogastronomici.

Bosio, storico negozio di via Roma a Cuneo, sta per presentare i nuovi lo-cali interamente rinnovati. Si tratta di un sorprendente abito che il negozio indosserà a partire dalla primavera 2012. Le aree espositive daranno nuovi spazi all’oggettistica per la casa, con un ampliamento del reparto dedicato alla Cucina e all’Arte Dolciaria, così come quelli destinati alle Liste Nozze e all’Illuminazione. La scelta sarà arricchiti di nuovi marchi, sempre in linea con le nuove tendenze. Non mancheranno naturalmente sorprese e novità che stuzzicheranno i desideri di ognuno. All’insegna del continuo rinno-vamento, Bosio si prepara alle nuove sfide del mercato con la passione e l’entusiasmo che hanno caratterizzato tanti anni di lavoro.Bosio. Per te. Per la tua casa.

“Ci rinnoviamo con l’obbiettivo di restare noi stessi”. Mocellini Tende, le-ader da oltre 30 anni nel settore tende da sole, taglia il nastro della nuovo show room sabato 31 marzo dalle ore 11. L’evento proseguirà nel pome-riggio e la domenica con un porte aperte. Sarà l’occasione per curiosare fra le nuovissime soluzioni nelle tende da sole, marchio Gibus, e di tutte le innovazione tutto che riguardano l’arredo da giardino, piscina e i siste-mi automatici per esterni. Nuove tendenze interpretate dalla solidità del nome Mocellini, capace di fondere la novità con l’esperienza.

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IL FUTURO DEL BENESSERE

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Sono chiari e ricercati i nuovi colori che accolgono la clientela del rinomato negozio di Botta&B in corso Nizza 1 a Cuneo, appena riaperto. Dalle pareti agli arredi, le tinte tono su tono si fondono con l’illuminazione coordinata e attribuiscono un raffinato charme agli ambienti. Sinonimo di distinzione e signorilità, il marchio Botta&B conferma anche in questo intervento ”lo stile e l’amore per le belle cose”, da cui i titolari traggono ispirazione e piacere. Punto di riferimento per tutta la provincia di Cuneo, i negozi stanno suscitando il crescen-te interesse anche di molti clienti dalla Costa Azzurra. Già un anno fa, il negozio di Mon-dovì in P.za Battisti, propose un rinnovamen-to dei locali (foto), in cui la cura, l’eleganza e la luminosità delle linee, si evolvono su due piani, tutti da scoprire. Non a caso, il segno di una costante attenzione verso la cura dei ne-gozi, racconta della sensibilità e serietà di una famiglia di imprenditori che esprime capacità e coraggio nel saper investire nei valori essenziali che contraddistinguono la provincia, la qualità ed il bello, avvalendosi anche di artigiani locali di provata esperienza. Un regno soffuso dove si respira bellezza e stile. Luoghi dove la qualità assoluta, la cultura unica del saper fare uniti a raffinate personalizzazioni, propongono abbigliamento ed accessori in linea con le tendenze più esclusive.

È la nuova Subaru XV, crossover per le avventure su strada. “Ogni auto ha una ragione per essere scelta, raramente ne nasce una che le possiede tutte”. Un de-sign di tendenza ed una quantità di pregi. forza, eleganza e leggerezza si esprimono dalla linea fino allo style guide. Il nuovissimo prodotto della casa giapponese, con motore di ultima genera-zione unisce la tradizionale maneggevolezza dovuta alla trazione integrale Symmetrical AWD e ad una lunga lista di funzioni che consentono prestazioni di marcia superiori: nuovo cambio Lineartronic CVT, montanti Mc Pherson anteriori e doppio braccio oscillante posteriore, Start&Stop sulla gamma ben-zina, efficienza di consumi e rapidità di risposta, super capienza bagagliaio. Un fuoristrada puro, agile, potente e reattivo che offre una raffinata qualità di marcia e che si distingue per design, prezzo, reputazione e sicurezza. La si può ammirare e provare da Puntoauto, da oltre 20 anni concessionaria Suba-ru, in esclusiva per la provincia e 2 punti vendita, a Cuneo e ad Alba.

Daniela e Gianluca Bianco lanciano una sfida e creano una bottega agro-alimentare, Tasteme, che attualmente esiste solo online, ma a breve diven-terà un’area espositiva di 400 metri quadrati in Via XX Settembre 8 a Cuneo. Per dare vita alla loro idea, la giovane coppia ha programmato, grazie alla consulenza della Coldiretti, un percorso con-creto: da oltre un anno stanno visitando le azien-de più rinomate del territorio. Un prezioso viaggio esplorativo che ha portato i due a stilare un elenco delle migliori, vivendo l’anima della provincia, dentro alle storie di personaggi indimenticabili, gente che affonda le proprie radici nel rispetto per quella terra che regala prodotti veri, lontani da tutto ciò che è industriale. Nel progetto Tasteme gli interpreti sono le eccellenze contadine e la genuinità delle persone. Una filosofia che unisce Daniela e Gianluca alle aziende selezionate, in amicizia e con una sorta di accordo tra gentiluomini, volto a garantire serietà e onestà. La prossima apertura vedrà l’inaugurazione dei reparti di ortofrutta, macel-leria, salumi e formaggi, gastronomia, e di due punti di ristorazione: un bar e un ristorante. Questi ultimi trasformeranno le pregiate materie prime della bottega in pietanze, così come spuntini e merende per bambini. Le carni provengono da allevamenti di poche bestie e l’offerta di prodotti agricoli locali è rigorosamente di stagione. La sfida più grande sarà quella di riuscire a coniugare i migliori protagonisti del nostro territorio a prezzi di mercato, senza snaturare il progetto. Tasteme è un invito, come dice il nome stesso, che in dialetto piemontese significa “Assaggiatemi”, ma è anche un consiglio, l’apertura a un mondo a cui vogliamo adattarci, senza però dimenticarci chi siamo e da dove veniamo.Taste me, in lingua inglese, gustami. “Think global, do local”.

L’impegno profuso nel divulgare l’utilizzo dei fucili a bacchetta ha avuto esi-to positivo sia nella caccia che nel tiro, e la programmazione delle prove si è ulteriormente arricchita. Le prove iniziano nel mese di aprile, di seguito i primi appuntamenti:25 Aprile - Gara di tiro al piattello alla cacciatora avancarica - presso il campo di tiro a volo “Arnaldo Emanuel” Via Palazzo N. 39 - Fraz. S.Benigno - Cuneo.29 Aprile Gara di tiro al piattello alla cacciatora avancarica - presso il campo di tiro a volo di Pianfei - Cuneo.Le prove proseguiranno in maggio e fino a giugno 2012. Il concorrente che avrà ottenuto il miglior punteggio derivato dalla somma delle due prove S.Uberto, vincerà una doppietta avancarica messa in palio dalla Ditta Davide Pedersoli.

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a cura di Fabrizio Gardinali

arte concreta in galleriaFORME COLORI E LINEE DEL MAC ALL’ART GALLERY “LA LUNA”

“MAC” è il breve titolo della mostra in programma dal 24 marzo al 6 maggio

prossimi alla Art Gallery “La Luna” di Borgo San Dalmazzo. Saranno esposte opere degli artisti torinesi Annibale Biglione, Albino Galva-UN

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no, Paola Levi Montalcini, Adriano Parisot, Carol Rama e Filippo Scroppo che fecero parte, a va-rio titolo e con diversi gradi di entusiasmo, della corrente artistica di fine anni Quaranta e inizio Cinquanta del secolo scorso.In effetti “MAC” non è che l’acronimo di “Mo-vimento d’Arte Concreta” che nasce a Milano nel 1948 quando, alla Libreria Salto, presentata da Marchiori, viene esposta una cartella di “arte concreta”. Era composta da dodici stampe a mano astratte realizzate da Dorazio, Dorfles, Fontana, Garau, Mino Guerrini, Mazzon, Mon-net, Munari, Perilli, Soldati, Sottsass e Veronesi.Negli anni successivi il movimento ha una certa diffusione in Italia fin dal 1951, con sedi a Firen-ze, Genova, Roma, Napoli, Catania e Torino, e anche all’estero, in seguito alla fusione, nel 1953 col “Groupe Espace”, sorto ad opera di Andrè Bloc presso la Galleria Denise René di Parigi.A Torino il MAC si sviluppa specie attorno da Adriano Parisot, il cui studio diviene il recapi-to della sezione torinese del Movimento d’Ar-te Concreta, e del quale l’artista è firmatario

del “Manifesto” assieme a Galvano, Biglione e Scroppo. Sono anni di grande vivacità e dina-mismo intellettuale quelli del secondo dopo-guerra, caratterizzati dal fervore per la ritrovata libertà e dalla necessità di badare alla ricostru-zione del Paese, distrutto sia materialmente sia moralmente dalla disastrosa avventura bellica voluta da Mussolini e dall’ancora più devastan-te lotta di liberazione dal nazifascismo. Domi-nava il dibattito sull’impegno sociale e morale che doveva coinvolgere anche il mondo della cultura e dell’arte; era forte e anche dura la discussione sul metodo e le tecniche fra chi si richiamava al figurativo in chiave neorealista e gli astrattisti.Il MAC si propone come una sorta di “terza via”, rifiutando sia la figurazione sia l’astratti-smo eccessivamente informale e irrazionali-stico. Si rifà alle definizioni di “concreto” date negli anni Trenta da Kandinskij e Van Duesburg e poi riprese da Max Bill, secondo le quali si doveva prendere ispirazione dalle forme, inte-se come colori e linee, elaborate dall’immagi-nario dell’artista, ma senza alcun riferimento al mondo esterno né come imitazione né come astrazione della natura.Ne emerge una rappresentazione prevalente-mente geometrica che, non a caso, coinvolge anche architetti e disegnatori andando verso un palese interesse per il design industriale.Nel 1948 Dorfles così definì l’arte concreta: “... basata soltanto sulla realizzazione e sull’ogget-tivazione delle intuizioni dell’artista, rese in concrete immagini di forma – colore, lontane da ogni significato simbolico, da ogni astrazio-ne formale, e mirante a cogliere solo quei ritmi, quelle cadenze, quegli accordi, di cui è ricco il mondo dei colori”.

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primavera saluzzeseSALMERINO MARINATO SU PUREA DI ASPARAGO DOLCE DI REVELLO

a cura di Davide Testa - Chef

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I BALOSS DI POGGIO RADICATIVia San Bernardino, 1912037 Saluzzo (CN)tel. 0175248292www.balossdipoggio.it

Se siete nel Saluzzese, una delle tappe obbli-gate, tra una visita alla città vecchia al mat-

tino e lo shopping del pomeriggio in Corso Ita-lia, è al Ristorante I Baloss di Poggio Radicati. Il patron Germano Morina vi accoglierà con la sua consueta professionalità per farvi prendere posto in sala: un luogo meraviglioso dove le creazioni dello chef Davide Testa vi delizieran-no, mentre il panorama sulla pianura saluzzese farà da contorno a un ambiente di classe. Da poco trasferitosi in collina in un relais di

grande charme, il ristorante mantiene fede al territorio con una costante rivisitazione crea-tiva ma rispettosa della tradizione, attraverso abbinamenti inaspettati, ma che esaltano al meglio i prodotti locali. Non a caso, I Baloss di Poggio Radicati si distingue per la valorizzazio-ne della Gallina Bianca di Saluzzo, così come dell’asparago dolce di Revello, un asparago particolarmente tenero, una chicca da provare, magari con una delle ben 700 etichette della cantina del Poggio.

La ricettaPer 4 persone4 salmerini24 asparagiSenape in graniBrodo vegetaleGermogli di senapeErba cipollinaSale e olio extravergine d’olivaSfilettate il salmerino ed eliminate la pelle. Sa-latelo e ungetelo con l’olio extravergine e qual-che cucchiaino di senape in grani. Mondate e lavate gli asparagi, quindi cuoceteli al dente in acqua salata. Tenete da parte le punte lunghe circa di 6 cm. Frullate il resto degli asparagi con il brodo vegetale e qualche cucchiaio di olio ex-travergine, passate al setaccio, aggiustate di sale e tenete al caldo. Sistemate sul filetto di salme-rino qualche foglia di germoglio di senape e 3 punte di asparagi, arrotolate e fermate con un filo di erba cipollina. Cuocete i rotoli di salmeri-no in forno a vapore a 85° (o in una pentola per cottura a vapore) per 8 minuti circa. Stendete sul piatto la purea di asparagi, adagiatevi sopra il salmerino e decorate a piacere con la senape in grani e i germogli di senape.

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a cura di Alessandro Parola - Avvocato

la successione ereditariaREGOLE BASE DA CONOSCERE PER AFFRONTARE UN FATTO NATURALE

Al momento del decesso di una persona (de cuius), consegue l’apertura della c.d. “suc-

cessione ereditaria”.I diritti patrimoniali del defunto vengono quin-di trasferiti ad altri soggetti che subentrano in tutte le situazioni giuridiche relative al de cuius, sia per ciò che riguarda le attività, che per le passività. Il complesso di norme che regola tale trasferimento si chiama diritto ereditario o suc-cessorio e può generare due ipotesi differenti:la successione a titolo universale. In questo caso il successore, che prende il nome di “ere-de”, subentra nella posizione giuridica patrimo-niale generale del defunto; la successione a titolo particolare. In questo caso il successore diventa “legatario”, in base alla legge o al disposto testamentario, ovvero succede al de cuius solamente in uno o più rap-porti ben determinati.L’erede, e non il legatario, subentra quindi in tutti i rapporti patrimoniali trasmissibili, ovvero acquisisce anche gli eventuali debiti, ed è legit-timato nei processi e nei procedimenti che ave-va instaurato in vita il defunto. Naturale conse-guenza di ciò è che è la regola secondo la quale l’eredità necessita di accettazione, mentre il legato, migliorando sostanzialmente la posizio-ne giuridica del ricevente e non esponendo il suo patrimonio personale ad eventuali debiti, viene acquisito anche senza accettazione, salva la facoltà di rinuncia.Il trasferimento dei diritti patrimoniali può av-venire per legge, cioè secondo quanto stabilito dal Codice Civile, o per testamento, cioè se-condo quanto stabilito dal deceduto.Le successioni si distinguono, pertanto, in: le-gittime, testamentarie e necessarie, secondo le regole qui brevemente elencate.

La successione LEGITTIMA opera se il defun-to non ha disposto in tutto o in parte dei suoi beni, ed è la legge ad indicare come essi de-vono essere assegnati e distribuiti. Più precisa-mente il Codice Civile individua i soggetti bene-ficiari dell’eredità in mancanza di testamento. Essi sono il coniuge, i figli, i fratelli (in assenza dei figli), gli ascendenti (in assenza dei figli) e, eventualmente, gli altri parenti entro il 6° gra-do. In mancanza di eredi l’eredità è devoluta allo Stato il quale non risponde dei debiti eredi-tari e dei legati oltre il valore dei beni acquistati.La successione TESTAMENTARIA, che opera quando il de cuius abbia in vita disposto delle proprie sostanze o mediante il testamento c.d. olografo – scritto a mano dal testatore e ripor-tante data e firma – o mediante il testamento c.d. pubblico – redatto dal notaio in presenza di testimoni in base alle disposizioni dettate dal testatore -. La differenza tra i due tipi di testamento risiede nel fatto che quest’ultimo testamento – quello pubblico - offre maggio-ri garanzie rispetto al testamento olografo sia in ordine alla sua conservazione e integrità sia per quanto riguarda l’accertamento della vo-lontà del testatore, impedendo, ad esempio, l’impugnazione del testamento per presunta incapacità di intendere e volere del de cuius al momento della predisposizione dello stesso.Vi è infine la SUCCESSIONE NECESSARIA, che opera nel caso in cui il de cuius abbia disposto in vita, tramite donazioni o per testamento dei propri beni. In tal caso la legge, congiunti più stretti, ovvero il coniuge, i figli e, in assenza di questi ultimi, gli ascendenti. Non anche, come spesso si pensa, i fratelli. In presenza di tali congiunti una parte dei beni del defunto deve comunque necessariamente essere attribuita

a loro, anche qualora nel testamento dovesse essere previsto diversamente. La quota che la legge riserva a costoro si chiama “quota di legittima”, i soggetti che vi hanno diritto sono designati con il nome di legittimari ( da non confondersi con i successori legittimi) cioè con coloro ai quali, come abbiamo rilevato sopra, l’eredità è devoluta per legge in mancanza di testamento.Se quindi all’apertura della successione, ovve-ro alla morte del de cuius, vi sono dei soggetti legittimari, il patrimonio ereditario si distingue in due parti:Una parte disponibile, ovvero una porzione di patrimonio della quale il testatore era libero di disporre attribuendola a chiunque avesse volu-to anche agli eredi già beneficiari della quota di legittima (legittimari). In questa circostanza, la quota disponibile andrà ad accrescere la quo-ta legittima. Un’altra parte di legittima, ovvero una parte del patrimonio della quale il testatore non poteva disporre perché spettante per leg-ge ai legittimari.Realizzando con ciò un perfetto equilibrio tra la possibilità di poter disporre liberamente dei propri beni ed il principio che una parte del patrimonio venga comunque destinato e riser-vato alla propria famiglia.

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a cura di Monia Re

cortesie al lavoroLIBERTÀ, MA CON COMPOSTEZZA E SOBRIETÀ

Un po’ come nella sceneggiatura di una fic-tion. Una ragazza in minigonna, camicia

bianca in pizzo, scollatura vertiginosa, décolleté e “tacco dodici”. Una gomma masticata rumoro-samente, in attesa di incontrare l’interlocutore dell’appuntamento, capelli negli occhi, un salu-to con lo sguardo abbassato e la mano “mollic-cia” e un po’ sudata che fatica a stringere l’altra. Che impressione vi fa? L’assumereste con il ruo-lo di segretaria per la vostra azienda? Non vorrei osare troppo dicendo che, forse, qualcuno ci potrebbe anche fare un pensierino, ma questa è proprio l’antitesi del bon ton al primo incontro di lavoro. L’abito non fa il monaco, certo, ma è anche vero che in ufficio è consigliabile un cer-to tipo di abbigliamento, che non è quello da discoteca.Che ci piaccia o no, è al lavoro che trascorriamo almeno 8 ore al giorno per 5 giorni alla settima-na. Trovare la dimensione giusta nelle relazioni, che aiuti a interfacciarci in maniera adeguata con colleghi e superiori, può essere una buona chiave di lettura del nostro vivere giorno per giorno con chi ci sta accanto. Possiamo iniziare, per esempio, dal non pensare solo a noi stessi e alla nostra carriera personale, cercando di avere un profondo rispetto verso gli altri.In passato, ho consolidato i principi morali che mi sono stati impartiti dall’insegnamento rice-vuto a casa e a scuola, principi che negli ultimi tempi ho visto diventare obsoleti con la velocità con cui scivolano i titoli di coda di un film. Cos’è successo ai giorni nostri? Sono cambiate le re-gole? Non è cambiato nulla: il rispetto è sem-pre dovuto ed è alla base di ogni relazione. Mi accorgo solo adesso che l’ “abc” del galateo sul lavoro, che io traducevo con un atteggiamento di eccessiva rigidità, oggi mi porta a ricercare

quello che non c’è più nella quotidianità, del quale ho una profonda malinconia.Che meraviglia quando al principale davamo sempre del “Lei”! Perché sul lavoro esiste una gerarchia che va rispettata. Sarà in seguito il da-tore di lavoro a permettere che ci si possa dare del “Tu”, se lo vorrà. A noi non resta che mante-nere sempre toni cortesi e sorrisi sinceri, che ci aiuteranno a interagire meglio con i colleghi e a introdurci più facilmente in un nuovo ambiente.Ricordo con piacere (ma una volta per me non era così!) che, al mio primo impiego, era con-cessa la pausa caffè, che tuttavia non doveva essere eccessiva e durante la quale non ci si doveva disperdere in chiacchiere o in pettego-lezzi. Libertà sì, ma a braccetto con sobrietà e compostezza. I cellulari si accendevano all’usci-ta dall’ufficio e, durante le ore lavorative, non si potevano fare telefonate private, se non per lo stretto necessario. Ci veniva insegnato, con au-torevolezza, cosa si poteva fare e cosa no. Oggi spesso mancano quei paletti.Il comportamento da tenere in ufficio può essere ancora più macchinoso nel caso non si abbia la fortuna di avere un proprio studio. Pensare di essere provvisti di una propria scri-vania è il sogno di ognuno di noi, ma non è

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sempre possibile. Se la si deve condividere con un collega, ricordiamoci che lo spazio comune non è il proprio, pertanto non ci è concesso di personalizzarla con fogli sparsi ovunque, file salvati sbadatamente sul desktop, post it e foto personali a contorno del tavolo.In ogni caso, pare che il tasto più tormentato sul quale in passato – e sono sicura ancora adesso – in alcuni ambienti si mostrava mag-gior intransigenza, sia quello degli amori che sbocciano nell’entourage lavorativo. Farei una croce rossa e direi di no per mille motivi, primo fra tutti il rendimento lavorativo se tutto fini-sce... ma dicono che al cuor non si comanda! In tal caso, mi raccomando di evitare sorrisi languidi e gesti d’affetto in pubblico che po-trebbero mettere in imbarazzo i colleghi. Ma se a lanciare occhiate invadenti e inviti sfacciati è proprio il datore di lavoro verso la nuova segre-taria, magari abbigliata con un tacco dodici e la minigonna? Evitate ogni situazione equivoca e fate capire, con gentilezza, che la cosa non vi interessa. Questa è la strada giusta, costasse anche il posto di lavoro. E in quanto al datore di lavoro “distratto”, in tema di galateo e buone maniere sul lavoro, propongo cartellino rosso e bocciatura senza appello!

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Ivana Spagna: è lei l’ospite musicale del galà di beneficenza, aperto a tutti coloro che in-

tendano trascorrere una serata conviviale con finalità sociali. Occasione è la festa organizza-ta dall’associazione Amitiè Sans Frontieres, Club di Cuneo, presieduta dal giovane dottore commercialista cuneese, Gianluca Pasquale. Il ricavato della serata è devoluto all’associazio-ne Onlus “Cuneo nel cuore” per l’acquisto e l’installazione di una vasca fisio-terapica presso uno spazio adiacente alle “Stanze del Sollievo” che ospitano bambini cerebrolesi gravi e gra-vissimi nella residenza “Mater Amabilis Angeli” di Cuneo.

Il Club di Cuneo svolge il proprio lavoro con dedizione e entusiasmo. I riconoscimenti non mancano: in occasione dell’anniversario dei vent’anni della fondazione di Amitiè Sans Fron-tieres, S.A.S il Principe Sovrano Alberto di Mo-naco, Presidente Onorario, ha espresso stima e riconoscenza per il lavoro svolto dall’associa-zione e durante l’elegante serata svoltasi nella Salle Empire dell’Hotel de Paris, ha conversato amichevolmente con il Presidente e i Past Pre-sident di Amitiè Sans Frontieres Italia, tra cui Anna Maria Busso del Club di Cuneo, dimo-strando vivo interesse tanto da ipotizzare una sua partecipazione ad un Galà in Italia.

Il Club AMItIé SAnS FrOntIèreSIl Club “Amitié Sans Frontières” è un’associazione interna-zionale a scopo umanitario. I principi di base sono “Justi-ce, Tolèrance, Amitié”. E’ il primo Club di servizio nato in Europa, nel Principato di Monaco, per volontà di Madame régine Vardon West che, dal 1991, spende le proprie ener-gie per diffonderne lo sviluppo sotto la Presidenza d’Ono-re del Principe Sovrano Alberto II di Monaco. In questi anni sono stati fondati Club in Francia, Inghilterra, Stati Uniti, Asia e Italia (Asti, Bari, Bergamo, Bordighiera, Busto Arsi-zio, Cuneo, Diano Marina, Firenze, Legnano, Milano, Paler-mo, Roma, Savona, Torino).

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a cura di Guido Testa - Promotore Finanziario

La Grecia, spesso sognata per le sue spiagge bianche in contrasto con un mare blu cobal-

to, oggi è sulla bocca di tutti per motivi molto meno romantici o turistici. Anzi, il destino di questo Paese sembra sull’orlo di un baratro, è notizia proprio di questi giorni l’approvazione da parta dell’eurogruppo sul secondo pro-gramma di aiuti alla Grecia.Questo provvedimento aiuterà la Grecia per il futuro prossimo ma non risolverà la pesante situazione economica di questo Paese, specie in questo momento dove buona parte dell’Eu-ropa arranca.Secondo le previsioni rilasciate dalla Com-missione Europea il prodotto interno lordo dei diciassette paesi dell’eurozona subirà una contrazione dello 0,3 quindi con i parametri di valutazione attuali siamo in recessione.La parola “recessione” indica un periodo di declino economico generale di un’economia. Secondo i tecnici del sistema americano, la definizione di recessione scatta quando si suc-cedono almeno due trimestri di fila di crescita negativa del Prodotto interno lordo (PIL).Detta così sembra che in recessione non ci sia crescita ma decrescita ma non è proprio così, il PIL viene confrontato con il Pil dell’anno prece-dente e se per due trimestri di fila il Pil è mino-re dell’anno precedente, minore non negativo, si parla di recessione questo non vuol dire che il Paese si è fermato o sta arretrando, vuol dire che ha rallentato.Certo non è una bella situazione, il rallenta-mento di un Paese, in tutte le sue componenti produttive, sia pubbliche sia private, significa minore produzione, minore spesa, minori consumi, minori servizi ma non certo il default come si ventilava pochi mesi fa.

Per la commissione Ue pochi sono i Paesi dell’Eurozona con una crescita prevista posi-tiva. Tra i ventisette Paesi in zona positiva tro-viamo la Germania con una crescita dello 0,6%, la Francia attorno allo 0,4%, più alta di tutte la Polonia che dovrebbe arrivare al 2,5%.Tra le posizioni più sotto pressione, anche per un debito pubblico rilevante troviamo Portogallo, Spagna e Italia dove però, per quan-to riguarda il nostro Paese, sono visti in modo positivo i primi provvedimenti dal governo Monti prevedendo già nel secondo semestre un ritorno alla crescita.Maglia nera dell’Unione è la Grecia che per il quinto anno consecutivo sarà in recessione con una contrazione prevista del 4,4%: anni di mal governo e conti truccati ha portato questo Paese sull’orlo del baratro.Neppure il governo tecnico attuale, che aveva promesso privatizzazioni e tagli alla spesa, ha fatto molto e se a oggi non è ancora andata in default è perche nelle banche di Germania e Francia troviamo molti titoli greci.Il rischio è sicuramente elevato, anche perché l’errore viene da lontano e non è correggibile, almeno con i tempi che richiede la crisi greca, se la Germania molla non basterà nessun fondo salva stato per salvarla.Questo scenario porterà di certo una debolez-za nella già precaria unione, non credo con un effetto domino verso Paesi già provati dalla crisi ma sicuramente con tempi di ripresa più lunghi e con una moneta sempre più in difficoltà.Il grande progetto di un’Unione Europea do-veva avere prima un’unione economica e poi politica, in questo modo con un continente federale i problemi di uno Stato sarebbero di-venuti i problemi della “Nazione Europa”, che

si sarebbe mobilitata, avendone le risorse, per salvarlo.Oggi l’unione e puramente d’interesse eco-nomico e questo è un’assurdità oltre che una debolezza dell’intero sistema, non vedo perché il popolo tedesco, francese o italiano dovrebbe sacrificarsi per il popolo greco se non per puro interesse economico, ogni Paese si impegna tanto quanto è il suo tornaconto economico non oltre.Per quanto riguarda l’Italia, il governo Monti, sta affrontando la crisi con la giusta convinzio-ne che le risorse per far ripartire l’economia ci sono, sono all’interno del nostro Paese, possia-mo tornare ad essere competitivi senza l’aiuto di altri stati, aiuto che altrimenti pagheremmo in futuro troppo caro.

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Cherasco, la noblede Roberto Audisio - Pg 82On l’appelle la «Ville des Paix» depuis le XVIIe siècle, même si, pour certains, son nom proviendrait plus poétiquement de ville «à l’air clair»: Clarus aer. Les «paix» sont celles de la succession de Mantoue et du Montferrat en 1630 et celle signée par Napoléon en 1796, avec laquelle le Piémont fut remis à la France, alors que «l’air clair» est celui d’un coin du Piémont à la limite de la Langa. En parvenant de la plaine, son profil si caractéristique se distingue déjà de loin, posé sur un plateau façonné par l’écoulement des fleuves Stura et Tanaro. La couleur prédominante est le rouge de la terre cuite : les tuiles et les briques dessinent un profil d’où émergent uniquement les dômes des églises baroques avec, ça et là, le blanc de la chaux d’élégants campaniles.Un passé chargé d’histoire, des monuments et un environnement naturel, mais également l’art, l’œnogastronomie et le commerce d’antiquités et d’objets d’art anciens - dont Cherasco, avec ses célèbres marchés très fréquentés, est un point de référence national - ont fait que sa renommée a franchi les limites de la province et de la région.Elle a toujours été historiquement reconnue comme une véritable cité autonome de grande im-portance économique et politique. En témoignent les riches hôtels particuliers, comme le Palais Salmatoris, lieu d’accueil de la cour de Savoie lors de peste de 1630 et refuge du Saint-Suaire en 1706 lors du siège de Turin, puis, plus tard, théâtre de la signature de l’armistice de 1796 avec lequel Napoléon redessina la géographie des domaines de la maison de Savoie. Le général corse arriva là, conscient de l’importance de cette petite cité du sud du Piémont.« Une cité qui sait se faire aimer en toutes saisons». Ce sont là les paroles passionnées de Sergio Barbero - Adjoint à la culture de la commune de Cherasco - quasiment un spot publicitaire.C’est dans ce contexte que se déroulent, cette année, les Journées FAI de Printemps (Fond pour l’Environnement Italien), un évènement national qui se propose de faire découvrir des biens cul-turels et environnementaux, en ouvrant gratuitement des centaines de sites à travers toute l’Italie. Un itinéraire qui se déroule parmi les lieux de l’âme, de la paix et de la guerre de Cherasco et qui s’étend jusqu’à Alba - pour découvrir les antiquités souterraines - et naturellement au Château de la Manta, unique bien FAI de la province de Coni. Le FAI ouvre, à cette occasion, les portes de lieux et de jardins fascinants et cachés de Cherasco, comme sait si bien le faire cette fondation qui sensibilise le grand public à l’amour de son environnement.Cet itinéraire débute par le Palais De Benedetti, l’un des plus anciens de la cité, donnant sur la rue principale, quasiment en face de l’hôtel de ville. Son grand jardin, créé vers la fin du XVIIIe siècle et plusieurs fois remanié, a été restauré en 2004 par les actuels propriétaires pour y redonner sa splendeur d’antan. Un lieu de délices, à mi-chemin entre le jardin classique formel à l’italienne et le jardin informel à l’anglaise, où se retrouvent des éléments caractéristiques de l’un et de l’autre: des trompe-l’œil aux pelouses bien lisses, entourées de muguets japonais.À peu de distance de là, se dresse le Palais Brizio (Nasi Pasquini), l’un des témoignages les plus significatifs du style de construction propre à Cherasco et datant du dernier siècle du Moyen-âge, dont la façade principale conserve encore des traces. Dans ce cas également, un jardin imposant se cache derrière la façade.Au centre de la cour, se présente un merveilleux Paulownia tomentosa (paulownia impérial) con-sidéré comme l’un des plus rares du panorama local. Une brève rampe d’escalier permet d’attein-dre le jardin proprement dit, dans le plus pur style italien, divisé en six parterres bordés de buis, avec une belle fontaine centrale et, sur le fond, un théâtre de verdure et une petite statue en pierre. On notera une présence singulière: quelques pommiers d’une très ancienne variété, cultivés de manière à conférer une forme globulaire et décorative, témoins des périodes belliqueuses au cours desquelles, à cause des sièges, les jardins avaient été convertis en potagers et en vergers pour la survie des habitants. Aux côtés de ce palais, l’Église de Saint Augustin, achevée entre 1672 et 1677 en tant qu’Oratoire de la Confrérie des Pénitents Blancs, qui gérait traditionnellement le service hospitalier de Cherasco. Dans un autre coin de la cité, l’Église de Saint Iffredo, un petit chef-d’œuvre de l’art baroque, a été reconstruite au XVIIe et au XVIIIe siècle sur un édifice sacré plus ancien, dédié au saint de Cherasco

qui, selon la légende, décapité par les Sarrasins, ramassa sa tête et remonta du Tanaro jusqu’au plateau sur lequel aurait été bâtie la cité, à l’endroit même où s’érige désormais l’église. L’édifice fut agrandi dans la première moitié du XVIIIe siècle avec l’insertion d’un nouveau presbytère et du chœur, pour former la structure visible aujourd’hui. Les Pénitents Noirs, hôtes du complexe, étaient chargés d’assister les prisonniers et de s’occuper de la sépulture des condamnés à mort. C’est ainsi qu’ils devinrent les protagonistes des cérémonies pascales, la procession et la mise en scène de la déposition du Christ sur l’autel. Aujourd’hui, l’édifice abrite l’un des sièges du MuDi (Musée diocésain d’Alba) dans lequel sont organisées des expositions sur la dévotion populaire et les traditions religieuses.La dernière étape de cet itinéraire est un autre édifice d’une grande importance: le Palais Lunelli de Cortemilia-Tagliaferro, près de l’Arc de la Porte Narzole. Ses origines remontent à 1377. Ses salons accueillirent rien moins que l’empereur Charles V de Habsbourg. Mais son histoire est liée à l’une des premières femmes diplômées de l’histoire, Benedetta Clotilde Lunelli qui, soutenue par la duchesse Marie-Jeanne, veuve de Charles Emmanuel II, put étudier les langues et la philosophie et soutenir, en 1714, son examen public à Turin devant la Cour entière.Grâce au fait que seules deux familles en ont été propriétaires, le palais n’a pas trop subi de tran-sformations. On peut ainsi y admirer, à l’extérieur, les décors anciens d’origine en trompe-l’œil et, à l’intérieur, les grands salons décorés de fresques, la colonnade intacte et le jardin. Dans ce cas également, le style rappelle les jardins à l’italienne, avec un trompe-l’œil qui attire le regard du visiteur, des platebandes qui divisent l’espace avec des jeux géométriques et quelques éléments attractifs comme le grand palmier rustique considéré comme le plus ancien de Cherasco, ou bien encore le petit puits en briques, comme pour renforcer le binôme typique architecture - nature. Le vrai secret de Cherasco: être capable de vivre pleinement le présent tout en préservant son passé. Ainsi, en discutant avec les anciens, se rend-on compte de leur orgueil d’être de Cherasco, alors que nombreux sont ceux qui, aujourd’hui, choisissent de vivre ici, en provenance de villes parfois lointaines. Dans cette époque de rapidité de l’information et de communication globale, dans laquelle les rapports se font et défont à une vitesse folle, ceux qui choisissent de vivre à Che-rasco veulent encore croire au présent et au futur, sans oublier le passé.

La ville des petits marchésDepuis des années les “Marchés de Cherasco” sont un rendez-vous important pour des milliers de collectionneurs et d’amateurs, qui arrivent de toutes régions d’Italie, de la Suisse et de la France, pour rencontrer le monde des objets d’art anciens et le collectionnisme le plus recherché.“La structure de la ville – dit le maire Claudio Bogetti – l’aménagement des rues, la présence des arcades et, surtout, la tradition font du centre historique de Cherasco un parmi les endroits les plus recherchés pour les marchés de ce genre, spécifiquement d’haute qualité. La ville entière joue un rôle important avec son décor, son atmosphère charmante et unique, et la partie de la vieille ville entièrement fermée au trafic. Ce genre d’évènements a fait arriver, pendant les années, des milliers de visitateurs à Cherasco, et les marchés ont été sans doute un parmi les moyens les meilleurs pour faire connaitre et apprécier notre ville”. Trois grands marchés antiquaires avec plus de 600 bancs où l’on trouve n’importe quoi: du meuble ancien à la carte postale la plus rare, des gravures d’auteur aux objets les plus raffinés, des dentelles aux vitres d’art. A’ ces marchés s’ajou-tent 5 éditions de marchés spécialisés dans les secteurs du Papier, de la Céramique et du Verre, des Horloges, des Jouets anciens, du Vintage, de la Musique et de l’ Artisanat artistique. Une histoire fascinante qui se repète pendant toute l’année aux dates indiquées.Info: Office de Tourisme – Tél. 0039 0172 427050 www.comune.cherasco.cn.it

Le Roero ou«les merveilles»de Vanina Maria Carta - Pg 42Intéressons-nous tout d’abord au nom, mais dans sa version dialectale, les «Roé», et il nous sera alors peut-être possible d’appréhender ce concept complexe de «Roero», caché derrière des manifesta-tions bizarres et diverses. Oui, le pluriel «les Roé» est ici d’importance. Ceux qui l’aiment ou qui y vivent le savent bien: le Roero est éclectique, une «forma mentis», dans laquelle l’aspect géographique est uniquement une expression extérieure.

Une terre intermédiaireSitué sur la dernière portion nord orienta-

le de la province de Coni, le Roero, avec ses 23 communes - dont Bra est la capitale économique et Canale le centre névralgique de l’œnogastronomie - s’étend sur la rive gauche du Tanaro (360 km2 environ), hésite dans les directions de Turin et d’Asti et affiche une vieille cicatrice sur cette dorsale de 12 km s’étirant de Bra à Pocapaglia. Ce sont les «Rocche», une trouée qui entaille le territoire avec ses gorges très profondes et ses escarpements impressionnants. Une déchirure qui, comme

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toutes les blessures, porte en elle les traces d’une bataille: géologique dans les faits, diabolique dans la légende. Si les «Rocche» naissent effectivement de la déviation du lit du Tanaro il y a environ 250.000 ans, le mythe veut que Belzébuth en personne les ait creusées et qu’elles soient habitées, aujourd’hui encore, par les «masche», mi sorcières, mi femmes sauvages. Ainsi, la fable et la réalité s’entremêlent-elles dans chaque recoin du Roero. Là, s’ouvre un monde nouveau. Rien de comparable aux collines voisines de la Langa, ordonnées, sobres et mesurées. Les «Roé» sont l’irrégularité à l’état pur: de petites collines et des buttes qui surgissent ça et là, des lopins de terre affruités comme pour étayer les versants, à côté des rangées de vigne et des noiseraies. Puis, les potagers, la végétation spontanée et les fabuleux «ciabòt», de petites constructions en briques, autrefois abris à outils et peut-être lieux de rendez-vous galants. Les «ciabòt», gardiens séculaires des vignes et des cultures collinaires, sont, aujourd’hui, les nou-veaux «petits châteaux» qui jalonnent les vignes et donnent leur nom aux vins du Roero, qui les identifient non seulement géographiquement, mais qui leur donne également une connotation particulière avec leur cortège de mythes et de savoirs paysans ancrés dans l’imaginaire collectif.

Un grand terroirEnchevêtré, féérique et imprévisible, le Roero a su construire sa propre identité œnologique et vi-tivinicole qui, paradoxalement, prend racine dans la période noire du scandale du méthanol (1986-1989). Au cours de ces années de dames-jeannes et de vins commercialisés en vrac, de jeunes viticulteurs ont cru aux capacités de la rive gauche du Tanaro, que beaucoup appellent encore «la Langa au-delà du Tanaro». Parmi eux, Matteo Correggia, un pionnier qui a pressenti que le Roero ne se résumait pas uniquement à des fruits, des noisettes et des dames-jeannes. Contre l’avis de tous, il commença à expérimenter de nouvelles méthodes: les premières barriques arrivèrent et les grappes furent éclaircies - un véritable sacrilège pour les anciens. Les curieux l’eurent à l’œil et les rumeurs d’un flop imminent allaient bon train, mais les résultats positifs ne tardèrent pas à arriver et, avec eux, une nouvelle équipe dynamique de jeunes entrepreneurs. Au cours de la même pério-de, au milieu des années 80, le succès de l’Arneis était aux portes: c’était, à cette époque, le blanc que demandait le marché, et ce fut ainsi que l’Arneis devint un vin glamour, grâce à la clairvoyance de Bruno Giacosa, Vietti, Ceretto dans la Langa, puis aux investissements de sociétés du Roero comme Malvirà, Del Tetto, Cornarea, Almondo, Malabaila, Enrico Serafino et tant d’autres. Mais ce n’était encore qu’un phénomène de pure mode, même si l’Arneis reste, à ce jour, un repère de l’identité locale. Et c’est là que l’intuition de Matteo Correggia pour les rouges à base de «nebbiolo» permit de tracer la voie. En 1985, le «nebbiolino» fruité, que de nombreux producteurs de la rive droite du Tanaro ont longtemps acheté, défia l’Appellation de Nebbiolo D’Alba avec sa propre AOC (AOC Roero ou DOC en italien). Comme toujours au début, il ne fut pas si facile de se convaincre de suivre le chemin le plus ardu, celui vers sa propre identité, lorsque le marché même éprouvait des difficultés à comprendre ce qu’était le Roero - au niveau œnologique - par rapport aux monstres sacrés tels le Barolo et le Barbaresco (qui, comme on le sait, sont produits avec les raisins de nebbiolo à 100%). Vers la fin des années 90, ce fut la prise de conscience: les producteurs comprirent qu’une «troisième voie» s’avérait nécessaire pour le nebbiolo (le Roero AOCG, 100% nebbiolo) et que l’i-dentification entre le vin et le terroir devait être totale. Un parcours d’auto-conscience qui aboutit, en 2004, à l’institution de la nouvelle AOCG Roero (Roero, Roero Réserve, Roero Arneis, Roero Arneis Mousseux). Le passage ne s’est pas fait sans heurts et, à ce jour, on ne peut encore affirmer que l’AOCG puisse compter sur sa puissance médiatique et sur un attrait communicatif massif. Les acheteurs étrangers ne savent peut-être pas tous distinguer les frontières subtiles entre la Langa et le Roero, et il n’est pas si simple également d’unir un groupe hétérogène de producteurs. Mais la ligne est tracée et le Roero ne peut que grandir. Ils le savent bien ceux qui ont cru en ce terroir qui, grâce à sa terre très sableuse, donne naissance à un nebbiolo à la connotation plus délicate, moins austère et moins puissante que le nebbiolo de la Langa, avec des bouquets plus fruités et un tanin moins accentué, ce qui se traduit par une plus grande élégance, une plus grande finesse et une meilleure buvabilité, tout en maintenant une grande capacité de vieillissement. Et puis, il y a cet esprit d’entreprise, ce caractère concret et ce brin de folie qui font que les gens du Roero ressemblent à leur terre.

Facteur de «variabilité»C’est justement cette identité si bizarre et «irrévérencieuse» envers la standardisation (des cul-tures et du paysage qui se reflètent dans la vivacité des gens) qui a permis, au Roero, de ne pas devenir une immense monoculture vinicole et de maintenir sa diversité avec des microéconomies de grande qualité. Il s’agit, entre autres, de la saucisse de Bra, résultat d’une tradition charcutière millénaire liée à la communauté juive (la saucisse de Bra est historiquement produite avec de la viande de bœuf ), de la poire Madernassa, de la tanche bossue de Ceresole d’Alba (Sentinelle Slow Food ou «Presidio» en italien), un poisson modeste autrefois élevé dans les étangs d’irrigation. Et encore, la fraise, sur les terres de Sommariva Perno et de Baldissero d’Alba, le miel, la pêche, la truffe, la châtaigne de la Madone, une variété que l’on trouve le long de la ligne des «Rocche». Et comment ne pas citer le «birbèt» ? Nous retournons encore une fois dans le «monde de l’alcool», pour parler, en réalité, non d’un vin proprement dit, mais d’un moût partiellement fermenté. Fait à partir des grappes longues du cépage «Brachetto» à 100%, le «birbèt», en dialecte «l’espiègle», est pétillant, doux et extraordinairement fruité. Il ne sera sans doute jamais aussi prestigieux que les vins du Roero parés de l’AOCG - engagés dans la difficile entreprise de représenter ce terroir dans

le monde entier - mais, avec sa fraîcheur et sa simplicité, il se démontre irrésistible en été, surtout si on le sert à table avec des fraises, des pêches farcies, des «ciapule» (fruits séchés), une splendide «duchesse» de la pâtisserie Sacchero (à Canale), une glace aux biscuits secs de maïs ou bien encore le «Som Bo» (moelleux au chocolat) de la pâtisserie Strumia (à Sommariva Bosco). Le Roero est d’une infinie variété, une alchimie entre l’homme et la terre, qui se réinvente et se renouvelle dans une perpétuelle redécouverte de lui-même. Le connaître dans sa totalité s’avère impossible, mais le vivre est une invitation adressée à tous.

Saluces, capitaledes antiquitéset des objetsd’art anciensde Giorgio Trichilo - Pg 38Lorsqu’une cité a été une capitale, elle le reste pour toujours. C’est la destinée de Saluces: l’ancienne capitale du Marquisat aux pieds du Mont Viso, se distingue, depuis des siècles, par sa vocation pour l’art et l’artisanat d’excellence. Ce n’est donc pas un hasard si Saluces et les antiquités ont, depuis longtem-

ps, forgé un lien étroit, qui fête, cette année, son trente-cinquième anniversaire. Du 18 au 27 mai 2012, le rideau s’ouvre sur l’exposition nationale d’antiquités et d’objets d’art anciens de Saluces. Les salons de l’ancienne caserne Musso, siège de la Fondation Amleto Bertoni, offrent, comme toujours, un décor exceptionnel.Mais, découvrons les trésors de cette nouvelle exposition nationale d’antiquités et d’objets d’art anciens. Soixante galeries d’antiquités italiennes et étrangères ont répondu à l’appel. Elles présentent leurs «joyaux» tout au long du parcours de l’exposition à l’intérieur des anciennes écuries. Un voyage à travers les siècles, accompagné par la beauté de commodes, de trumeaux, de miroirs, de crédences, de psychés, de consoles, de fauteuils, de chaises, de tables et de guéridons, de lits et de bibliothèques: ce ne sont pas que de simples ameublements, mais bien de véritables «évocations» de la coutume et de l’art de vivre. C’est un parcours dans lequel les compléments de mobilier sont des acteurs à part entière, grâce à la variété de la vaisselle en argent, des chandeliers, des plats, des statuettes de bronze, des céramiques et des porcelaines, des centres de table finement ciselés, des tapis et des tapisseries, d’élégants objets d’art en verre parmi lesquels ne peuvent manquer les célèbres Gallé.Une sélection soignée, dont le mérite revient à ceux qui, depuis des années, sont les deux véritables deus ex machina de l’organisation: Bruno Collovati, antiquaire spécialisé dans les objets anciens en argent, et Mario Rossi, organisateur d’expositions de prestige, com-me «Antiquari» à la «Fortezza da basso» de Florence. Ils sont secondés, cette année, par des experts de niveau national, afin de garantir un panel de sélectionneurs des objets ex-posés de grand prestige. L’édition 2012 de l’exposition nationale d’antiquités et d’objets d’art anciens de Saluces s’articule autour de deux thèmes: la tradition et l’innovation. Le concept est parfaitement illustré par Mario Rossi: «La tradition et l’innovation sont des valeurs, en apparence, antinomiques, mais elles peuvent toutefois cohabiter si elles sont opportunément conjuguées. Dans cette optique, il est à noter l’ouverture à l’art moderne et contemporain, qui s’intègre parfaitement, dans les espaces extérieurs, à l’exposition de marbres et de décorations de jardin». Et, pour créer l’évènement dans l’évènement, une exposition collatérale a été organisée: «De foemina - Le charme éternel». Un hommage à cette merveilleuse union de la beauté, de la poésie et du mystère, immortalisée par les artistes de tout temps, en un mot: la femme. Les ingrédients permettant de renouveler le succès des années passées sont tous là. Visiter «De foemina - Le charme éternel», c’est explorer tous les aspects artistiques de la féminité. C’est bien un jeu subtil de séduction qui s’instaure entre le peintre, le sculpteur et son modèle féminin. Ce jeu se transfère alors dans le rapport entre l’œuvre et le public: un enchantement que l’on pourra vivre à l’intérieur de cette exposition collatérale. L’itinéraire de la visite est donc scandé par les différentes identités de l’univers féminin: de La Mère réalisée par Botero à la célébration de la maturité exprimée dans les chefs-d’œuvre de Levi, Grosso et Casorati. Le nu est également au premier plan, à travers une photo-graphie du très célèbre Man Ray et des références aux œuvres de Daniel Spoerri, Vanessa Beecroft et bien d’autres. Mais l’on pourra également admirer des toiles de Giorgio De Chirico et de Renato Guttuso. L’exposition collatérale se conclut par un hommage à Marc Chagall, dont sera exposé le Coq rose (1959): la femme unie à l’homme dans un hymne à l’amour et à la vie. Des émotions intemporelles à vivre intensément vous attendent à Saluces: bienvenue à l’exposition nationale d’antiquités et d’objets d’art anciens.

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