40
ITALICUM novembredicembre 2014 Periodico di cultura, attualità e informazione del Centro Culturale ITALICUM Anno XXIX Editoriale Luigi Tedeschi: Europa 2015: Aspettando il ritorno della Storia 2 Focus: Verso un'Europa post euro? Giorgio Vitangeli: Idee e prospettive del post euro 5 Eugenio Orso: Attacco al lavoro. La sinistra in prima fila 7 Marco Della Luna: Divaricazione sociale: oltre la divisione in classi 13 Esteri Mario Porrini: Undici Settembre, secondo atto 15 Carlo Bertani: La sindrome di Babbo Natale 17 Augusto Sinagra: La politica estera italiana 19 Claudia Regina Carchidi: La volontà popolare brasiliana ha scelto ancora Dilma Rousseff 21 Cultura Costanzo Preve: Il modo di produzione comunitario Parte seconda 23 Adriano Segatori: La doppia morale democratica29 Luca Leonello Rimbotti: Knut Hamsun, pagano europeo contro Mammona 30 Stefano De Rosa: Welfare, la civiltà sociale europea 32 Il Poliscriba: La distrazione dei distretti veneti 34 Attualità Romano Olivieri: Aridatece er "caimano" 35 M. D. L. : Disastro e dittatura 37 F F o o c c u u s s Verso un'Europa Post - euro?

Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

  • Upload
    others

  • View
    1

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

1ITALICUM novembre­dicembre 2014

Novembre - Dicembre 201 4

Periodico di cultura, attualità e informazione del Centro Culturale ITALICUM

Anno XXIX

EEddiittoorriiaalleeLLuuiiggii TTeeddeesscchhii:: Europa 2015:Aspettando il ritorno della Storia 2

FFooccuuss:: VVeerrssoo uunn''EEuurrooppaa ppoosstt ­­eeuurroo??GGiioorrggiioo VViittaannggeellii:: Idee e prospettivedel post ­ euro 5EEuuggeenniioo OOrrssoo:: Attacco al lavoro. Lasinistra in prima fila 7MMaarrccoo DDeellllaa LLuunnaa:: Divaricazionesociale: oltre la divisione in classi 13

EEsstteerriiMMaarriioo PPoorrrriinnii:: Undici Settembre,secondo atto 15CCaarrlloo BBeerrttaannii:: La sindrome di BabboNatale17

AAuugguussttoo SSiinnaaggrraa: La politica estera italiana 19CCllaauuddiiaa RReeggiinnaa CCaarrcchhiiddii: La volontà popolarebrasiliana ha scelto ancora Dilma Rousseff 21

CCuullttuurraaCCoossttaannzzoo PPrreevvee:: Il modo di produzione comunitario­ Parte seconda 23AAddrriiaannoo SSeeggaattoorrii:: La doppia morale democratica29LLuuccaa LLeeoonneelllloo RRiimmbboottttii:: Knut Hamsun, pagano

europeo contro Mammona 30SStteeffaannoo DDee RRoossaa:: Welfare, la civiltà socialeeuropea 32IIll PPoolliissccrriibbaa:: La distrazione dei distretti veneti 34

AAttttuuaalliittààRRoommaannoo OOlliivviieerrii:: Aridatece er "caimano" 35MM.. DD.. LL.. :: Disastro e dittatura 37

FFooccuuss

Verso un'Europa

Post - euro?

Page 2: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

2 ITALICUM novembre­dicembre 2014Editoriale

La presidenza di Napolitano ègiunta al termine.

Essa porta in dote storicamente: laperdita per l'Italia del 25% della suaproduzione industriale, il calo del Pil di9 punti dal 2008, un debito pubblico cheha raggiunto la soglia di 2.157 miliardi,la disoccupazione al livello record del13,4% (quella giovanile è al 43,9%),una economia in recessione, condeflazione in aumento. Il bilancio dellapolitica di austerity inaugurata dalgoverno Monti, sotto gli auspici diNapolitano, ma tuttora in atto, èfallimentare. Il declino dell'Italia si situain un contesto di decadenza europea,in una Europa che, stretta nella morsadella politica monetaria della BCE,secondo previsioni accreditate, tra undecennio costituirà l'1% del Pilmondiale. E' ormai alla scadenza ilsemestre italiano di presidenzaeuropea, della cui presenza nessuno siè accorto. Nel prossimo futurol'Eurozona potrebbe dissolversi.

L'Italia della inflazione negativa e delleriforme suicide

I tassi sui Bot trimestrali italiani sononegativi. Gli effetti della deflazione sistanno rivelando assai preoccupanti. Ildebito pubblico italiano è oggi per il75% nelle mani dei risparmiatori italiani.La diffusa sfiducia nelle prospettivefuture del paese induce la popolazioneal decremento dei consumi e degliinvestimenti, riversando la quotarisparmio in titoli di stato dai rendimentinegativi, ma che comunque possonorappresentare l'unico impiego che puògarantire una qualche sicurezza. I tassidi interesse sul debito pubblicorappresentano una fonte di erogazionedi liquidità da parte dello stato, che sitraduce in flussi monetari che generanoconsumi. Ma gli attuali tassi negativi,determinano una riduzione dellaliquidità che alimenta viceversa ulterioricali di consumi e incentiva la deflazionelatente. Certo è che il calo dei tassi puòavere effetti positivi sul debito, siainterno che estero, specie per l'Italiache è gravata da un debito pubblicoabnorme e un debito estero aumentatoconsiderevolmente negli ultimi anni. Ma

mentre la deflazione deprime semprepiù il risparmio, i tassi sul creditobancario rimangono inalterati epertanto, si verifica la sciaguratasituazione in cui, al calo dei consumidovuto alla deflazione, fa riscontro ildecremento degli investimenti,penalizzati da un costo del denarotroppo elevato.

La presente fase di deflazione è certodovuta in larga parte al calo dei prezzidel petrolio, causato sia dal calo delladomanda globale, che dalla politicaribassista dei paesi dell'Opec,penalizzati dalla raggiuntaautosufficienza energetica americanadovuta alla estrazione dello shale gase dallo sviluppo delle fonti energetichealternative nei paesi industrializzati.Poiché l'Italia ha una elevatadipendenza energetica dal greggio(circa l'80%), il ribasso della bollettapetrolifera (fino all'1% del Pil), potrebbefavorire la ripresa. Tuttavia la riduzionedel costo dell'energia in Italia sipresenta assai più contento rispetto agli

altri paesi industriali, dati gli elevationeri di natura fiscale sui consumienergetici e la scarsa incidenza dellimitato sviluppo delle energierinnovabili.

La riforma del lavoro di Renzi, il JobAct, può solo condurre ad un ulterioredeprezzamento dei salari, che sitradurrà necessariamente in nuoveaccresciute depressioni dei consumi. Ilrispetto dei parametri europei legati alrapporto deficit / Pil del 3% e del fiscalcompact è decisamente improbabilecon un Pil vicino allo zero ed un debitopubblico in costante ascesa. Sirenderanno quindi necessarie le nuovemanovre correttive imposte dalla BCE:aumento dell'Iva al 25% e rincaro delleaccise, misure suicide in una faserecessiva – deflattiva come quellaattuale.

Europa: il “bazooka” di Draghi saràsufficiente?

In un contesto recessivo che coinvolgel'intera Eurozona, si rendononecessarie misure non convenzionalida parte della BCE, quale il

Quantitative Easing (QE ­ politicamonetaria non convenzionale,mediante la quale la banca centraleacquista titoli di stato o di altro tipostampando moneta), denominato“bazooka Draghi”, già annunciato comeimminente.

Per la ripresa dell'economia europeasono state peraltro annunciate anchealtre misure, quali il “piano Junker”.Tuttavia si rileva la scarsa credibilità didetta manovra, che consiste in un pianodi investimenti strutturali europeiipotizzato per 300 miliardi. Tale sommaverrebbe reperita in misura minima(poco più di 20 miliardi) attraverso lostorno da altri fondi europei giàstanziati, e per il resto da investimentiprivati il cui reperimento appare assaiimprobabile, dato che sembra piuttostoinverosimile l'impegno massiccio degliinvestitori in progetti come lariqualificazione di aree europeedepresse.

Il QE, che ha determinato la ripresa

dell'economia americana, incontra lanetta opposizione tedesca. Le obiezionidella Germania possono essere cosìriassunte.

– La Germania sostiene chel'acquisto diretto da parte della BCEsarebbe vietato dal trattato diMaastricht, perché si tradurrebbe in untrasferimento agli stati da parte dellabanca centrale. Si può tuttavia obiettareche la Germania con la crisi del 2008ha erogato a sostegno del propriosistema bancario 247 miliardi: aiuti distato a tutti gli effetti, che però nonsono stati consentiti agli altri paesi.

– Si annunciano ricorsi alla cortecostituzionale tedesca, in quantol'erogazione di liquidità della BCEcomporterebbe l'acquisto di titoli distato di debiti sovrani di paesi in crisi equindi la condivisione da parte deicittadini tedeschi dei rischi sul debito ditali paesi.

– La Germania sostiene inoltre che ilsostegno ai paesi in crisi, costituirebbeun "azzardo morale", poichédeterminerebbe un allentamento del

LLuu iigg ii TTeeddeesscchh ii

Europa 2015:Aspettando il ritorno della Storia

Page 3: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

3ITALICUM novembre­dicembre 2014 Editoriale

rigore finanziario imposto dall'Europa eli indurrebbe a ritardare o a vanificare ilprocesso di riforme strutturali.

– I tedeschi inoltre agitano lo spettrodell'inflazione: infatti, poiché lamassima parte degli investimentitedeschi è concentrata in prodottifinanziari, l'elevarsi del tasso diinflazione (che consentirebbe la ripresadella produzione e dei consumi –necessario almeno per il 2%),costituirebbe un danno per i profittifinanziari tedeschi, che anzi vengonorivalutati dalla deflazione. E' evidenteche la crisi devastante subitadall'Europa è una crisi indotta dallapolitica finanziaria tedesca e dalla BCE:l'economia europeaè stata sacrificata airendimenti finanziaritedeschi.

Si nutrono da piùparti seri dubbi circal'efficacia del QE diDraghi. Le aste dirifinanziamento dellebanche europee(misura denominataTltro), da parte dellaBCE hanno avutoesiti deludenti. Siritiene che verràacquisito dallebanche solo il 50% della liquiditàofferta. Le banche incontrano difficoltànella erogazione del credito ad impresee privati. Ciò avviene non solo a causadella sfiducia degli imprenditori, maanche e soprattutto per i vincoli impostialle banche dalla unificazione bancariaeuropea. Infatti, a fronte degli impieghidi liquidità, le regole europeeimpongono loro corrispondenti aumentidi capitale. Con gli stress – test, checonsistono nella simulazione di scenaridi crisi attuate per vagliare la tenutadelle banche in situazioni di crisi, sisono imposte alle banche italianeforzate ricapitalizzazioni. In osservanzadei parametri stabiliti dagli organi divigilanza bancaria europei, sono statesottratte alla economia ingenti risorseper gli investimenti, che sono diminuitidel 25/30 per cento.

Si avverte il fondato timore che il QEpotrebbe subire rilevanticondizionamenti da parte tedesca equindi essere vanificato nei suoi effetti.Infatti la Germania potrebbe imporrevincoli penalizzanti alla erogazione diliquidità. Potrebbe imporre ai paesi incrisi (vedi l'Italia), come condizione larealizzazione di riforme strutturali dagli

effetti devastanti riguardo lo statosociale e quindi causare uninasprimento della austerity checondurrebbe al default le economieeuropee già falcidiate dalla crisi. Ineffetti la immissione di liquidità del QEsi rivela incompatibile con lasussistenza di politiche di rigorefinanziario imposte alle economie incrisi, la cui ripresa è possibile solo se siconsentisse una ampia flessibilità delleregole di austerity sui conti pubblici.

La Germania potrebbe inoltre imporredi non acquistare titoli di paesi in crisi,misura che esporrebbe i debiti sovrani,con il rialzo dei tassi di interesse, aiventi delle manovre speculative, con

nuove crisi del debito simili a quelle del2011. In tal caso l'implosione dell'eurosarebbe assai probabile.

Il QE resta comunque una misura dicarattere finanziario necessaria, manon sufficiente a determinare la ripresaeconomica europea. La liquidità dellaBCE per trasmettersi alla economiadovrà necessariamente essere erogatada un sistema bancario che, oltre asubire i condizionamenti della vigilanzaeuropea, rivela una sua intrinsecadebolezza, dovuta alla crisi del 2008che ancora riverbera i suoi effetti neibilanci bancari, afflitti da notevoliquantità di crediti in sofferenza e/oinesigibili. Occorrerebbe procedere aristrutturazioni profonde checonsentano il risanamento del sistemabancario, con l'estromissione dalle sueattività degli investimenti speculativi econ l'assoggettamento delle banchestesse al controllo statale. Ma taliriforme in una Europa governata da unente finanziario privato quale è la BCE,sono impossibili, anche a prezzo delsuicidio dell'Europa stessa.

La crisi greca aprirà una nuova era?

Un fantasma si aggira per l'Europa: la

Grexit, cioè l'uscita della Greciadall'euro, in caso di vittoria di Tsiprasalle imminenti elezioni politiche. Questofantasma ha connotati assai concreti.Alla Grecia, un paese in cui larga partedella popolazione vive al di sotto dellasoglia di povertà, in cui gli stipendidegli statali sono stati ridotti del 40%,negli ospedali mancano medicinali, èstata richiesta dalla Troika una nuovamanovra correttiva sui conti pubblici. Ildebito pubblico greco è pari al 175%del Pil e la politica fiscale imposta dallaTroika (UE, BCE, FMI), è ormaiinsostenibile. Occorre comunquerilevare che i prestiti concessi dallaTroika nel 2011 a fronte della crisi deldebito, sono stati impiegati per il 50%

per il pagamento degliinteressi sul debito, aprezzo di vorticosiaumenti della pressionefiscale e di riformestrutturali che hannodevastato il paese. Iprestiti internazionaliquindi sono stati erogatiallo scopo di garantire icreditori finanziari, noncerto per il risanamentodella Grecia. Un paese,le cui risorse sonodevolute per il serviziodel debito in massimaparte, non potrà mai far

crescere la propria economia. Tsipras,in caso di vittoria, pretenderà laristrutturazione del debito e la fine delcommissariamento da parte dellaTroika.

La ristrutturazione del debito greco èavversata dalla Germania e dalla BCE.A fronte delle crisi del debito sovranodei membri dell'Eurozona, l'Europadispone di strumenti quali il Fondosalva Stati e l'acquisto illimitato dei titolidi stato da parte della BCE. Entrambele misure non sono più praticabili. IlFondo salva Stati non dispone dirisorse adeguate. Inoltre, poiché ildebito greco è detenuto per l'80% daaltri paesi europei, dal Fondo salvaStati e dal FMI, un eventuale taglio deldebito a seguito di un programma diristrutturazione, si tradurrebbe in untrasferimento a favore della Grecia, acarico dei contribuenti degli altri paesieuropei. La contrarietà della Germaniaè nota, essa si appella al trattato diMaastricht che vieta trasferimenti aglistati. L'unica via percorribile sarebbeallora quella dell'uscita della Greciadall'euro, che comporterebbe laprobabile implosione dell'euro stesso.Da fonti autorevoli si apprende che

Page 4: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

4 ITALICUM novembre­dicembre 2014Editoriale

l'uscita dall'euro della Grecia,comporterebbe una perdita per laGermania di 77 miliardi. Inoltre laGermania ha ribadito che non verrannoerogati alla Grecia le ulteriori tranchesdei prestiti già previste, qualora nonvengano rispettati i programmi diausterity imposti dalla Troika. Talesituazione insanabile per la sussistenzadella stessa Eurozona, potrebbepregiudicare anche il QE di Draghi,poiché rafforzerebbe in sede UE leargomentazioni tedesche, circal'erogazione senza condizioni diliquidità ai paesi a rischio di insolvibilità.Secondo la Germania tale rischiodovrebbe essere sopportato non dallaBCE, ma dallebanche nazionalidei paesi membri.La crisi europeacoinvolge la stessaGermania, cheregistra una crescitaminima nel 2014 edun decremento degliinvestimenti e deiconsumi, ma essanon avverte i rischidel processodeflattivo in atto,che anzi consideracome un fenomenoche influiscepositivamente sulla stabilità dei prezzi.In realtà la deflazione contribuisceall'incremento dei profitti finanziari adanno dell'economia europea inrecessione. E' evidente che il primatotedesco ha potuto realizzarsi in virtù delcollasso degli altri paesi europei.

Aspettando il ritorno della storia

L'Europa è dunque alle soglie di nuovecrisi del debito e l'area euro potrebbedeflagrare. In realtà in Italia, come inlarga parte degli stati membri della UE,il debito è insanabile e le crisiinevitabili. L'avanzo primario italiano,realizzato a prezzo di costi sociali allalunga insostenibili, si rivela un eserciziodi virtuosità finanziaria inutile edannoso, dal momento che le risorsedel paese sono destinate in massimaparte al servizio del debito e al rispettodei parametri europei, a discapito degliinvestimenti.

Potremmo dunque assistere nel 2015alla fine dell'euro. Al di là dei foschiorizzonti paventati dalle fontimediatiche ufficiali, questa crisipotrebbe rappresentare una svoltastorica. La crisi greca potrebbe segnarel'inizio di profondi mutamenti nella

struttura di una UE rivelatasifallimentare, proprio perché fondatasulla rapacità finanziaria di alcuni paesia danno degli altri. Siamo dinanzi allacrisi di un modello di società destinatoalla lunga ad implodere, conl'insostenibilità del debito, perché suldebito è stato fondato.

Ma questa crisi pone interrogativi nonsolo di natura economica, ma di piùampia rilevanza. Anche se in Europatutto andasse per il meglio, i parametridel debito/Pil venissero rispettati, ibilanci degli stati non fossero in deficit,vi fosse crescita economica, in qualesocietà saremmo comunque

condannati a vivere? In una societàretta da parametri finanziari, in cui tuttele risorse materiali ed umane sarebberoimpiegate per garantire equilibrifinanziari, in cui regnerebbe comunqueprecarietà e flessibilità: asservimentodel lavoro al capitale in cambio disopravvivenza. In una tale società leistituzioni democratiche sarebberocondannate ad estinguersi, lediseguaglianze sociali sarebberomassimizzate, il potere politico sarebbeappannaggio di una ristretta classeoligarchica dominante. Tutte le risorsedell'Europa sono state sacrificate negliultimi 20 anni alla costruzione di un talemodello sovranazionale.

Nel prossimo futuro sono improbabili lerivoluzioni, tuttavia occorre constatareche il novecento che si credeva mortosta tornando alla ribalta della storia,con le rivendicazioni delle sovranitànazionali perdute assai diffuse neipartiti euroscettici europei. La stessacrisi ucraina e il ripresentarsi di scenaridi guerra fredda, con il risorgentenazionalismo russo contrappostoall'occidente americano, rimettono indiscussione gli equilibri geopolitici sorticon la globalizzazione capitalistaimposta dal primato mondialeamericano. Gli stessi paesi emergenti

del Bric reclamano un ruolo nelcontesto geopolitico mondiale.

Il modello capitalista globale, cosìcome quello della UE, è stato impostoai popoli come immutabile, irreversibile,incondizionato nel suo dominioassoluto. Ma la storia, già consegnatafrettolosamente agli archivi, vuoleriprendere il suo corso. La storiaimpone esigenze di trasformazionemorali, politiche, sociali e, così come lanatura, dopo essere stata troppo alungo violentata (perché cancellatadalle speranze e dagli ideali dei popoli),può vendicarsi dimostrando la fallacitàe l'infondatezza delle ideologie della

post modernità. Lastoria ha perprotagonisti gliuomini, i popoli, leciviltà, le guerre ele religioni. Conl'avvento delcapitalismoassoluto si sonovolute sopprimere,se noncriminalizzare, leidentitàcomunitarie deipopoli. Ma essesono inestinguibiliperché sono parte

integrante della natura umana. Le crisisistemiche sono da sempre il sintomoevidente di mutamenti di portata storicache potrebbero essere imminenti. Ilfuturo è gravido di storia: dovremoconfrontarci con essa.Luigi Tedeschi

Federico RampiniRete padrona

Feltrinelli2014 pagg. 288 euro 14,00

Page 5: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

5ITALICUM novembre­dicembre 2014 Focus: Verso una Europa post ­ euro?

L’euro così com’è non puòreggere a lungo.

Turbolenze greche a parte, o saràl’Italia a dover uscire, perché nellecondizioni attuali, malgrado politiche di“lacrime e sangue”, il debito pubblicocontinua a crescere e diventainsostenibile, o sarà la Francia con lavittoria elettorale di Marine Le Pen, arovesciare il tavolo, o infine sarà lastessa Germania, seguita magari daOlanda e Finlandia, a rompere l’UnioneMonetaria, arroccandosi in una piùstabile “area del marco”.Intanto le previsioni su una non lontanauscita dell’Italia dall’eurozona si vannomoltiplicando. Se non cambia la politicatedesca (e la Merkel non pare abbiaalcuna intenzione di cambiarla…)l’Italia sarà costretta ad uscire dall’euro

già la prossima estate, avrebberoconfidato alcuni economisti, consiglieridel premier Renzi, ad un loro collegafrancese, Jacques Sapir, il quale hareso pubblica la confidenza ricevuta.Circa un anno fa l’analista tedescoGeorge Dorgan sosteneva che entrodue, al massimo tre anni, l’Italiasarebbe stata costretta a gettare laspugna e ad uscire dall’euro. Un annoè già passato, quindi il “crack” potrebbearrivare già entro il 2015.Secondo il quotidiano inglese “TheGuardian” l’Italia uscirà dall’euro entrodue anni. Il “tuttologo” americanoEdward Lutwak è sicuro a sua voltache l’Italia uscirà dall’euro, anche sesul quando non si sbilancia. Secondo ilNew York Times diverse grandi banchesi stanno preparando al crackdell’eurozona.C’è anche chi ipotizza che l’euro possascindersi in due monete: l’euro1 aguida tedesca, ed un euro“mediterraneo” più debole, che nonsfianchi i Paesi aderenti col peso di unamoneta forte su economiestrutturalmente deboli , o indebolite daanni di “austerità”. Ad usciredall’eurozona, secondo questa ipotesi,non sarebbero i Paesi deboli, comel’Italia, ma i pochi Paesi forti, legati allaGermania, incrollabilmente decisa anon accettare politiche monetarieespansive della BCE.Rotto il vincolo monetario con gli altriPaesi dell’eurozona, appare però

alquanto improbabile che i Paesimediterranei, invece di riprendersi,almeno formalmente, la propriasovranità monetaria, accettino diprivarsene di nuovo, trasferendola nonsi sa bene a chi. Perché i casi sonodue, o dovrebbero trasferirla ad unorganismo tecnico simile alla BCE,confidando che la maggioreomogeneità delle rispettive economieeviti gli squilibri dell’eurozona, odovrebbero trasferirla ad un governocomune, realizzando cioè non solo unaunione monetaria, ma una vera epropria unione politica.Non sembra quest’ultima un’ipotesirealistica. L’esperienza disastrosadell’unione monetaria infatti ha creatouna vera e propria insofferenza per gliorganismi sovranazionali. Perché mai

gli Stati mediterranei dell’UnioneEuropea dovrebbero rinunciare a tornarpadroni del proprio destino, cioè adessere in condizioni di scegliere, graziealla ritrovata sovranità monetaria, lapolitica economica ritenuta piùvantaggiosa?Per la verità qualche ragione cisarebbe. Il ritorno alla sovranitàmonetaria di un singolo Paese dipiccole o medie dimensioni comeGrecia, Portogallo, Spagna, Italia eFrancia, rischia d’essere doppiamenteillusorio. Dalla padella dell’euroricadremmo nella brace del dollaro. GliStati Uniti infatti in virtù del ruolo dimoneta internazionale del dollaro,potranno continuare a trasferire apiacimento inflazione sul resto delmondo, stampando cartamoneta avolontà, e potranno ­ manovrando itassi d’interesse ­ costringerci adadeguarci ed a sottostare alle loroscelte di politica monetaria, come è giàaccaduto più volte in passato.Il secondo ostacolo alla piena sovranitàmonetaria è la massa enorme dicapitali speculativi in giro per il mondo,a caccia costante di preda. E qui i casisono due: o si pongono vincoli e limiti aimovimenti di capitali, quantomeno deicapitali a breve, e si rischia di scivolareverso un sistema chiuso etendenzialmente autarchico, o si hannodimensioni tali e un potere politicocapace di vincere e scoraggiare lescorribande speculative sulla moneta.

Nel suo studio “Un saggio di verità”,che su basi rigorosamente giuridichecontesta la legittimità dell’euro,surrettiziamente stravolto rispetto aitrattati, Giuseppe Guarino mette inguardia appunto sui rischi dicondizionamenti esterni e di spoliazionispeculative cui andrebbe incontro unPaese minore, come l’Italia, chevolesse recuperare da solo lasovranità monetaria trasferita allaBCE. Sono esperienze, d’altronde, chel’Italia ha già vissuto. Basti pensare alladecisione americana di alzare fuorimisura i tassi d’interesse nell’ottobre1979, trascinando al rialzo i tassi di tuttigli altri Paesi, ed appesantendo così inmisura prima impensabile l’onere per ildebito pubblico italiano, o allascorribanda speculativa guidata da

Soros, nel 1992, che costrinse l’Italia asvalutare la lira, dopo aver bruciatonella sua difesa tutte le riservevalutarie.Guarino, che vagheggia un embrione diEuropa politicamente unita, a guidafrancese, formata inizialmente dagliStati Mediterranei, si è esercitato inalcuni calcoli. L’Italia, unita a treeconomie dell’area dell’euro, nellagraduatoria mondiale sarebbe aldecimo posto per popolazione edintorno al quarto per prodotto internolordo. Aggiungendo anche la Francia,una tale Unione sarebbe tra il quinto edil sesto posto per popolazione, eaddirittura al secondo per prodottointerno lordo, superata solo dagli StatiUniti.Guarino non nomina i Paesi, e non èchiaro quindi se computa nel gruppoanche l’Inghilterra. Se così fosseeffettivamente per “pil” una simileUnione sarebbe al secondo posto nelmondo. Ma anche senza l’Inghilterra,che non rinuncerà mai alla suasovranità monetaria e tantomeno aquella politica, sarebbe al terzo posto,superata oltreché dagli Stati Uniti dallaCina. In ogni caso una dimensione ditutto rispetto, che sarebbe resainattaccabile da un comune governopolitico, con una Banca Centralepubblica, prestatrice di ultima istanza.Ma, al momento, tutto ciò appare pocopiù che un sogno. La realtà è piuttostoquella di un progressivo deterioramento

Idee e prospettive per il post ­ euro

GGiioorrgg iioo VVii ttaannggeell ii

Page 6: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

6 ITALICUM novembre­dicembre 2014

Lafinanzasulweb rappresenta la versioneelettronica della rivista La Finanza, ed al tempostesso si differenzia dalla testata originaria sia percontenuti che per target, principalmente per lospazio dato alle notizie di stretta attualità, e lapresenza su Facebook, Twitter e Linkedin. in unottica di partecipazione ed interazione cherappresenta la filosofia stessa di questo sito.La Finanza,rivista di finanza economia egeopolitica fondato nel gennaio 2010 da GiorgioVitangeli che ne e’ anche il direttore,

rappresenta la continuazione ideale di “la FinanzaItaliana”, la rivista ugualmente da lui fondata ediretta ininterrottamente per 27 anni, che harappresentato una voce autorevole e “fuori dalcoro” nell’editoria economica e finanziaria.Tra i collaboratori fissi de “la Finanza” compaionodocenti universitari di materie economiche,autorevoli analisti finanziari indipendenti, notigiornalisti economici e personaggi illustri delmondo culturale.Distribuita in tutta Italia per abbonamento e comefree press agli esponenti piu’ rappresentativi delmondo economico e finanziario, oltre chestrumento di informazione aspira ad esseresoprattutto uno strumento di formazione diun’opinione pubblica qualificata.

http: //www.lafinanzasulweb.it

Focus: Verso una Europa post ­ euro?

e di un improvviso collassodell’eurozona, dopodiché nessuno è ingrado di prevedere quel che accadrà.Il rischio incombente è che in Italia sireplichi, sul piano monetario, una sortadi nuovo otto settembre. Cioè una resaimprovvisa, senza un piano strategico,senza direttive ed ordini, all’insegna del“si salvi chi può”.La verità è che l’Italia sta affondando inseno all’eurozona, e – secondo alcuni ­affonderebbe se ne esce.Nei 40 anni che vanno dal 1950 al1991 la crescita media del nostro “pil” –ricorda Guarino ­ è stata del 4,36%.,superiore cioè a quella degli altrimaggiori Paesi europei (Germania eFrancia), ed anche degli Stati Uniti edell’Inghilterra. Nei sei anni antecedential Trattato di Maastricht, a seguito dellerestrizioni per superare l’esamedell’ingresso nell’euro, la crescitamedia italiana del “pil” si era ridotta al2,68%. Si dimezzò all’1,34% nella fasetransitoria di omogeneizzazione delleeconomie dei Paesi che sarebberoentrati nell’eurozona. La crescita mediadel “pil” italiano nei quindici anniseguenti all’introduzione dell’euro ècrollata allo 0,38%. Parallelamente ècrollata, anche se, in misura minore, lacrescita degli altri maggiori Paesieuropei. Nella graduatoria degli Staticon minor sviluppo al mondo neldecennio 2000­2010 troviamo al terzoposto l’Italia, al decimo la Germania, alquattordicesimo la Francia. Fra i 35peggiori Stati, cioè con la crescita piùbassa, dodici sono dell’UnioneEuropea. Nel decennio precedente nonce n’era neppure uno. Nel resto delmondo nel ventennio 1975­’95 lacrescita media del pil era stata del2,8%; era aumentata al 4% circa nel

decennio 2004­2013, superando il 5%nel quinquennio dal 2006 al 2010. E’evidente, secondo Guarino, che questoandamento divergente ha la suaorigine temporale e la sua causanell’introduzione dell’euro e nei vincolidi bilancio e nelle politiche di austeritàarbitrariamente imposte. Nonché,aggiungiamo noi, in quel “liberalismomale inteso” che – come scriveva già20 anni or sono il Nobel dell’economiaMaurice Allais, ”ha aperto la ComunitàEuropea a tutti i venti di un’economiamondialista, lasciandola disarmata,senza alcuna ragionevole protezione”.Ai dati di Guarino, già di per séeloquenti, ne ha aggiunti altri l’exgovernatore della Banca d’ItaliaAntonio Fazio, rilevando che dal 2005al 2013 il pil italiano è arretratocomplessivamente del 5,1%, mentrequello dell’area euro, Italia esclusa, ècresciuto dal 6,4%. Nello stessoperiodo gli investimenti in Italia si sonocontratti del 3% all’anno; nel restod’Europa sono cresciuti annualmentedello 0,7%. Le esportazioni italianesono cresciute complessivamentedell’11,7%; quelle del resto d’Europadel 30%. In altre parole, l’Italianell’euro è vittima di una sorta di“bradisismo economico­finanziario”.Cioè affonda. E non solo l’Italia. Inpratica il grande beneficiario dell’euro èla Germania. Senza l’euro , afferma ilprof. Giuseppe di Taranto, autore delsaggio “L’Europa tradita”, il marcoavrebbe dovuto rivalutarsi del 40%.Evitando tale rivalutazione, laGermania ha avuto un “regalo” stimatoin 1.250 miliardi di euro. A spese deglialtri Paesi dell’eurozona, e di quellimediterranei in particolare.Ma cosa accadrà se l’Italia infine sarà

costretta ad uscire dall’eurozona?Alcuni economisti ed alcuni giornali,portavoce del “politicamente corretto”,dipingono uno scenario catastrofista eterroristico. Avremmo una svalutazionedella “nuova lira” forse addiritturasuperiore al 50%, con un taglio drasticoai patrimoni ed ai redditi reali; unainflazione a due cifre; triplicherebbero itassi , si appesantirebbe il peso deivecchi mutui per la casa e crollerebbel’erogazione di nuovi mutui,aggravando la crisi edilizia; i tassi deiBuoni del Tesoro tornerebbero a duecifre; avremmo più fallimenti, maggioredisoccupazione, crescerebbe il costodei servizi; in pratica il 50% deglistipendi andrebbe in fumo, il defaultsarebbe assicurato. Le banchedovrebbero essere presidiatedall’esercito, con la gente in fila perritirare i risparmi in euro. Un team dianalisti dell’Unione Banche Svizzerenon esclude disordini sociali e unaguerra civile.Ma altri economisti sono assai menocatastrofisti. Secondo uno studio dellabanca olandese Igt, ad esempio, ladissoluzione dell’euro farebbe arretrareil pil italiano del 10%; la lira sisvaluterebbe non più del 25% rispettoal marco, ma la crisi sarebbecomunque ancor più grave di quella del2008.A chi ipotizza che lo “spread” voli e ilTesoro italiano sia costretto a pagaresui suoi Buoni interessi a due cifrel’economista Giulio Casucci fa notareche il “rating” dell’Italia (BBB­) è ugualea quello della Turchia o delle Filippine,che attualmente pagano due o trepunti in più rispetto ai nostri Btp.Quindi, anche se inizialmente, dopol’uscita dall’euro, i nostri tassi

Page 7: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

7ITALICUM novembre­dicembre 2014 Focus: Verso una Europa post ­ euro?

schizzerebbero in alto, è logicopensare che poi si allineerebbero aquelli dei Paesi con analogo “rating”.Ma l’analisi più seria e documentata èforse quella fatta, già un anno fa,dall’analista tedesco George Dorgan, ilquale sosteneva che entro due o treanni l’Italia probabilmente sarebbeuscita dall’eurozona, e che sarebbesopravvissuta senza problemidrammatici.A sostegno di questa sua convinzioneDorgan portava una serie dimotivazioni e di considerazioni. L’Italiaattualmente spende circa il 5,5% delsuo pil in interessi sul debito, cioè piùdel doppio rispetto al resto d’Europa.Negli ultimi 15 anni ha realizzato ilmigliore avanzo primario (al netto cioèdegli interessi) tra i Paesi europei.Eppure, malgrado le politiche diausterità, l’ammontare del debitocontinua a crescere. C’è un solo modoper ridurlo: con l’inflazione, comeaccade in tutti i Paesi dopo un conflitto,per il quale si sono indebitati oltremisura. Ma la Banca d’Italia, osservaDorgan, è in grado di scongiurare una

iperinflazione, grazie alle sue ingentiriserve auree: 2.452 tonnellate, che lacollocano al terzo posto nel mondo,dopo Stati Uniti e Germania.L’Italia inoltre, egli fa notare, ha unaposizione patrimoniale sull’estero(attività e passività finanziarie neiconfronti di non residenti) sololievemente negativa.Sommando debito pubblico e debitoprivato, il totale è pari al 260% delnostro pil: un rapporto uguale a quellodella Germania e molto inferiore, cioèmigliore,rispetto a Inghilterra, Francia eSpagna.La ricchezza privata italiana è pari a 8,6trilioni di dollari, Gli italiani cioè sonopiù ricchi, pro capite, dei tedeschi. LaBanca d’Italia qualche settimana fa haaggiornato questi ultimi dati: laricchezza delle famiglie italiane è pari a8.728 miliardi di euro, e per oltre lametà (4.900 miliardi) è costituita dalvalore delle abitazioni. Ne consegueche la ricchezza delle famiglie è pari aquattro volte il nostro debito pubblico.Per contro i debiti delle famiglieammontano a meno di 900 miliardi:

poco più del 9% delle attività totali.Se si somma poi il debito pubblicoesplicito con quello implicito (pensionimaturande da pagare, ecc.) l’Italia,nell’indicatore di sostenibilità a lungotermine del debito, redatto dal FondoMonetario Internazionale, è al primoposto, cioè ha la posizione piùsostenibile.Quali conclusioni dovremmo trarre datutto ciò? Si direbbe che l’Italia siaancora più forte di quanto alcuni,specie oltrefrontiera, vogliono farcredere. Abbiamo, è vero, problemienormi da risolvere, primi tra tutti quellodi una classe politica in larga parteinadeguata e corrotta, di relazionisociali scarsamente cooperative di unassetto istituzionale che non consenteuna stabile governabilità. Ma perquanto riguarda l’economia, liberatidalla palla al piede dell’euro, abbiamoancora forti possibilità di riprendere, purfaticosamente, la via dello sviluppo e ditornare ad essere la seconda economiaeuropea, al pari della Francia, e lasesta o settima economia del mondo.Giorgio Vitangeli

Ero certo che l’attacco al lavoroneocapitalista, con il pieno

supporto di quella che nell’altrosecolo era “la sinistra” el’acquiescenza sistematica deisindacati gialli (più o meno tutti),non sarebbe cessato con ladiffusione a macchia d’olio deicontratti precari dalla fine degli anninovanta, con la contrattualistica “adhoc” di Marchionne fuori dallaconfindustria, con la “contrattazione

separata” per il settoremetalmeccanico che divideva latrimurti sindacalese (fim-cisl e uilm-uil firmatarie in proprio, in barba allafiom-cgil).

Alla fine del 2009, in occasionedell’accordo separato per il rinnovo delcontratto nazionale metalmeccanico,firmato da fim­cisl e uilm­uil efedermeccanica, escludendo fiom­cgilche starnazzava a vuoto, erano giàchiarissimi (per chi li voleva leggere) isegnali di un attacco generale portatocontro il lavoro stabile, in termini diredditi e diritti, e l’intentocontroriformista di più lungo periodo dei

governi, di gran parte del sindacato edella confindustria. Dopo la diffusione amacchia d’olio della precarietà,aggirando lo Statuto dei Lavoratori, laparola d’ordine neoliberista era colpire i“vecchi” contratti. Si trattava di politichecontro i lavoratori imposte dall’esterno,nel più generale quadro, in occidente,di affermazione piena del neoliberismoe di un’assolutistica “democrazia dimercato”, fondata sul predominio delgrande azionista proprietario

(shareholder, in neolingua), sullaprevalenza delle ragioni della finanzainternazionalizzata e sulla creazionedel valore azionaria, finanziaria eborsistica. Siamo andati negli anni benoltre Marx e la classica estorsione delplusvalore, a beneficio dei detentori delcapitale produttivo.

L’attacco al lavoro dipendente si èsviluppato attraverso alcune fasistoriche cruciali, a partire dal 1980.Vediamole sinteticamente di seguito.

1) Antefatto. Anni ottanta. La marcia deiquarantamila del 14 ottobre 1980,equivalente a una prima, storica

sconfitta operaia in quel di Torino,ancora capitale dell’auto italiana,preparò il terreno per il decreto di SanValentino del governo Craxi, il 14febbraio 1984, che rappresentò ilprimo, deciso attacco contro la scalamobile, destinata a esserecompletamente soppressa. Ilreferendum dell’anno dopo confermò ildecreto e il conseguente taglio deipunti di contingenza. Iniziarono acadere in basso il Pci di Berlinguer e

poi di Natta (in transizione dagli annisettanta alla socialdemocraziaeuropea) e l’allora Cgil di Lama, con laFiom al suo interno. La classe operaiainiziò letteralmente a disintegrarsi, sulpiano culturale, su quello sociale e suquello politico. Anche il lavoroimpiegatizio e intellettuale dipendente,comunque beneficiario della scalamobile (cioè del meccanismo, sancitoper legge, di adeguamento automaticodi salari e stipendi all’inflazione), nerisentì un poco, ma l’attacco vero eproprio al ceto medio, nato dal welfarepostbellico, si svilupperàmassicciamente negli anni duemila. Sitrattò dell’avvio di una vera e propria

Attacco al lavoro. La sinistra in prima filaEEuuggeenn iioo OOrrssoo

Page 8: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

8 ITALICUM novembre­dicembre 2014Focus: Verso una Europa post ­ euro?

“rotta di classe” ancora in habitatcapitalistico­produttivo, che avrebbepreparato il terreno al dominioneoliberista, globalista, finanziario epostborghese del secolo successivo.Lo spauracchio negli anni ottanta eraquello dell’inflazione (finoall’iperinflazione, abbondantemente adue cifre), agitato con il vero scopo dimodificare la distribuzione del prodottosociale fra lavoro e capitale, con lafatale e progressiva riduzione deiredditi popolari e da lavoro dipendente.

2) Transizione al neocapitalismo. Anninovanta. Oltre alle riforme dellepensioni (Amato 1992, Dini 1995 eProdi 1997) sempre sfavorevoli alavoratori e subordinati, oltre le noteprivatizzazioni del Britannia (conelementi come Mario Draghi in primafila), vi fu nel 1992 l’abolizione definitivadella scala mobile, cioè della miticaindennità di contingenza, per opera delgoverno Amato e delle cosiddette partisociali (sostanzialmente la triplicesindacale e la confindustria), che a taleproposito firmarono un “protocollod’intesa” finale. Giuliano Amato,socialista che faceva l’occhiolino algrande capitale, ha portato acompimento l’opera di Bettino Craxi,anch’esso socialista e cinghialone lib­lab, “riformatore” del psi fin nel simbolo,nemico giurato del vecchio Pci e dellaclasse operaia, ormai in smobilitazione.Un complice illustre di Amato,nell’operazione, fu Bruno Trentin, uomodel pci e poi dei ds, successore diPizzinato alla segreteria generale dellacgil (questa volta in minuscolo, data lastorica capitolazione), che firmò ilprotocollo d’intesa inguaiando milioni dilavoratori, ivi compresi quelli dellegenerazioni future. Poi però si dimise,probabilmente per la vergogna cheassale traditori e venduti, se ancoradotati di un po’ di coscienza. Negli annidal 1993 al 1995 si affacciò sulla scenail “giuslavorista” Marco Biagi, figuracentrale della precarizzazione dellavoro in Italia. Come abbiamocompreso con il senno di poi (di cuisono piene le tombe), “giuslavorista” èil titolo politicamente corretto attribuitoai massacratori sociali per conto terzi,novelli alchimisti esperti di diritto emercato del lavoro. L’esimio professorBiagi divenne, nel 1995, consigliere diTiziano Treu al ministero del lavoro(governo Dini), negli anni successiviconsulente di Romano Prodi allapresidenza del consiglio, nonché deiministri Bassolino e Treu (sostituito daBassolino al lavoro e finito ai trasporti).La cosiddetta sinistra riformista e

democratica, era in fermento per“rinnovare” rapporti di lavoro e relazioniindustriali, in accordo con l’emergentemodernità neocapitalista. La parolad’ordine era allinearsi a tutti i costi alleeconomie “più avanzate” e diventarecompetitivi, negli scenari global­finanziari che già si delineavano conuna certa chiarezza. L’alternativacollettivista sovietica non esisteva più,come utile contrappeso per la difesadei diritti dei lavoratori, il pci era morto

e sepolto, la cgil addomesticata e lasinistra diventava definitivamenteneoliberista al governo con Prodi(primo esecutivo, da maggio 1996 aottobre 1998). Inoltre, dal 1992 lavecchia Comunità Europea a maglielarghe, che effettivamente avevagarantito un po’ di pace e diemancipazione di massa nel vecchiocontinente, era stata sostituitadall’unione elitista, che procedevaimponendo gradualmente ai paesi(soprattutto quelli più deboli) una logicaanti­sociale, finanziaria, totalmenteirrispettosa del lavoro e dei suoi diritti.Non era ancora giunto il tempo dellaperdita irrimediabile e completa dellaleva monetaria e delle cessionidefinitive di sovranità (caratteristichedei duemila), ma il terreno era fertileper agire sul lavoro, in particolarequello dipendente, e ovviamente controi lavoratori, le loro condizioni di vita, iloro diritti incompatibili con le logichefinanziarie neodominanti. Monopolio

pubblico del collocamento e tempoindeterminato come regola, fino a quelmomento avevano caratterizzato illavoro dipendente in Italia. Piùconcretamente, si decise che i tempierano maturi per andare oltre, moltooltre la semplice “moderazionesalariale”, imposta negli anni ottanta edefinitivamente realizzata conl’eliminazione della scala mobile. Lascusa non era più la lotta al “mostro”dell’inflazione, ma quella contro ladisoccupazione. L’incaricato, alministero del lavoro prima con Dini epoi con Prodi, fu il “sinistro” TizianoTreu (area detta riformista,rinnovamento italiano, democrazia elibertà, infine partito democratico dal2007), con la consulenza di Biagi,grande esperto in materia. Il risultato fuil cosiddetto Pacchetto Treu, uninsieme di norme in gestazione dal1995 emanate con la legge 196 del1997. La legge introdusse il lavorointerinale, che nel 2003 divenne“somministrato” con la Biagi (dettaanche Maroni, o Sacconi), rimuovendoun vecchio e salutare divieto del 1960 eaprì le porte, oltre che al tirocinio ostage, al lavoro “atipico” in Italia, ilquale, con il passare degli anni,divenne sempre più tipico, scalzando illavoro buono e tutelato. Questo fu unpasso decisivo, da ricordare, spacciatoper lotta alla disoccupazione efacilitazione degli ingressi nel mondodel lavoro. Si predispose il terreno per ilcambiamento in senso neocapitalistico,creando, nel tempo, una nuovagenerazione di lavoratori, questa voltaprecari, dimentichi della stagione dellelotte e dei diritti. Gli effetti sociali,politici e culturali si sarebbero visti nelsecolo successivo.

3) Fase della precarietà diffusa, attaccoal lavoro stabile e tutelato. Primodecennio del nuovo secolo. 3.1]Precarietà diffusa. Fino agli anninovanta abbiamo notato come iprincipali attacchi al lavoro, sono partitiproprio da quella sinistra che avrebbedovuto tutelarlo. Craxi nel 1984 eAmato nel 1992, ambedue socialisti,con l’acquiescenza di Trentin, excomunista, per dare il colpo di graziaalla scala mobile. Poi, Treu il riformistaal ministero del lavoro e Prodi, capatazdell’ulivo e presidente del consiglioall’epoca del “Pacchetto Treu”. Laprima, seria minaccia all’art. 18 delloStatuto dei Lavoratori, che fino a oggiha impedito i licenziamenti facili egeneralizzati (da quindici dipendenti insu), fu portata – per la prima volta –non “da sinistra”, ma dal secondo

Alberto BagnaiL'Italia può farcela

Il Saggiatore2014 pagg. 494 euro 20,00

Page 9: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

9ITALICUM novembre­dicembre 2014 Focus: Verso una Europa post ­ euro?

governo Berlusconi. Una minacciapresto rientrata, perché il 23 marzo2002 vi fu un’oceanica manifestazionedella cgil e del cosiddetto centro­sinistra, al Circo Massimo in Roma. Tremilioni i mobilitati. Cofferati in testa, viparteciparono D’Alema e Fassino, conVeltroni e la Bindi, Violante, Mussi eIngrao (veri amici del popolo lavoratore,anzi, compagni come l’incrollabilePeppone?). Con il senno di poi, apparechiarissimo che la difesa dell’articolo 18ha rappresentato un buon pretesto perfar cadere l’esecutivo berlusconiano(cosa non riuscita, all’epoca, mancandolo “zampino”sopranazionale) e unamanifestazione dimassadell’antiberlusconismoinsorgente, più cheuna difesa coscientedei diritti dei lavoratori.Se non che, fu proprioil secondo esecutivoBerlusconi a“innovare”, l’annosuccessivo, perquanto riguardava laprecarietà del lavoro,con la famigeratalegge Biagi, dettaanche Maroni, alloraministro del lavoro, o Sacconi,coordinatore con Biagi del “gruppo dilavoro”. Anche questa di nonbrevissima gestazione, come l’ormaifamigerato “Pacchetto Treu”. Dopo ladelega al governo che produsse lalegge 30 e dopo la prematurascomparsa di Biagi, il tutto si conclusecon il decreto legislativo di attuazionen. 276, entrato in vigore ai primi diottobre del 2004. La Legge Biagi haampliato il ventaglio dei contratti atipicistipulabili – lavoro intermittente,accessorio, co.co.pro. in sostituzionedelle co.co.co., somministrati in luogod’interinali, eccetera – con la scusa diagevolare l’ingresso, particolarmentedelle giovani generazioni, nel mercatodel lavoro. Nella realtà, invece, ampliòla distanza fra il lavoro tutelato a tempoindeterminato e quello precario,correggendo in negativo il “PacchettoTreu”. Il lavoro atipico a terminerichiederebbe, a parità di mansionisvolte, una retribuzione più alta rispettoa quella del lavoratore stabile, percompensare l’insicurezza e latemporaneità dell’impiego. Ovviamentecosì non fu e il precario ebbe svantaggianche sul fronte delle retribuzioni. Nonsolo, ma la moltiplicazione dellaprecarietà non fece schizzare in altol’occupazione, verso il “pieno impiego”,

e non diede contributi significativi allamitizzata produttività del lavoro,rilanciando l’economia italiana.Emersero in pieno le figure deiparasubordinati – in Europa “lavoroautonomo economicamentedipendente” – che non erano autonomima dipendenti mascherati, senza dirittie con basse retribuzioni. Dopo lasconfitta elettorale di Berlusconi peropera di Prodi, nel 2006, la palla passòancora alla sinistra neoliberista. Lalegge n. 247 del 2007, di attuazione del“Protocollo sul Welfare” siglato dalProdi secondo e dalle parti sociali, ha

modificato il decreto legislativo n. 276,senza però aggravare sensibilmente(per una volta …) le già pessimecondizioni dei precari, che ormaitendevano a prevalere sul tempoindeterminato nelle nuove assunzioni.3.2] Attacco al lavoro stabile e tutelato.In questa fase, che abbraccia un interodecennio, oltre all’estensione dellaprecarietà per le nuove generazioni, siè intensificato l’attacco al lavoro stabilea tempo indeterminato, particolarmentenel privato di medio­piccole, medie egrandi dimensioni. Il settore pubblico(come ad esempio la scuola) fungevaancora da serbatoio di consensiirrinunciabile per la sinistra, trasformistae serva del grande capitale finanziario,quindi sarebbe stato l’ultimo a subirel’attacco finale. Queste cose le hoscritte e riscritte. Si può dire che lavado scrivendo e ripetendo da anni. Lefasi dell’attacco al lavoro sono ormaichiare a chi vuol vedere,rappresentando altrettanti passi, inbuona parte già compiuti, per adattarela società italiana all’ordineneocapitalistico. Diffusa la precarietà, sidoveva procedere alla flessibilizzazionedel lavoro stabile, riducendone legaranzie e i costi. A partire dal settoreprivato. Particolare importanza, praticae simbolica, ho attribuito all’Accordoseparato per il rinnovo del Ccnl dei

metalmeccanici, firmato il 15 ottobre2009 da due soli sindacati della trimurti,fim­cisl e uilm­uil, escludendo il piùrappresentativo, cioè la fiom­cgil.Importanza simbolica perché il settoremetalmeccanico, per molti anni neldopoguerra, è stato quello trainantedelle lotte operaie e sindacali, e tale erimasto, benché ridimensionato, fino apochi anni fa. L’attacco aimetalmeccanici ricorda un poco quellodella Thatcher ai minatori britannicinegli anni ottanta (nel merito, non perla durezza e la durata dello scontro,ovviamente), onde sconfiggere la

resistenza doveavrebbe potuto esserepiù forte e decisa.Ormai prona davanti alpotere politico, speciese “di sinistra”, esoprattutto davanti aisimulacri dellademocrazia liberale edel “pacifismo”, la fiom­cgil non fu l’equivalentedel National Union ofMineworkers guidatodal coriaceo ArthurScargill, e l’accordoseparato, a ribasso peri lavoratori e apripistadi nuovi, futuri colpi,

passò senza grandi scossoni,nonostante qualche inutile sciopero equalche protesta inefficace. Se la NUMdi Scargill perse con onore controMargaret Thatcher e la sua polizia,altrettanto non può dirsi per la fiom­cgil,che non organizzò una resistenza aoltranza dei metalmeccanici, con azioniefficaci, cercando di estendere la lottaanche in altri settori produttivi e dellasocietà, minacciati dall’attacco al lavoroneocapitalista, ma semplicementeilluse i lavoratori e poi abbassò la testa.All’epoca (cinque anni fa) scrissiquanto segue. Entrando brevemente eda non “esperti” nel merito della parteeconomica, si nota che l’aumentomedio – per la 5a categoria – è di 110euro lordi, di cui soltanto 28 euro lordicorrisposti per il 2010 [a far data dalprimo gennaio], mentre al primogennaio 2011 arriveranno 40 euro e ilprimo gennaio 2012 42 euro. Sepensiamo che una buona parte delmilione e settecentomila lavoratorimetalmeccanici è inquadrata in 3acategoria, per moltissimi gli aumentilordi saranno ancora inferiori,rasentando cifre insignificanti, inferioripersino a quelle della social cardtremontiana: 24,15 euro con la primatranche, 34,50 con la seconda e 36,23con l’ultima. Una sorte migliore non

Page 10: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

1 0 ITALICUM novembre­dicembre 2014

Non dobbiamo smettere di esplorare perchè alla fine delle nostre esplorazioniarriveremo laddove siamo partiti e vedremo il luogo in cui viviamo comese fosse la prima volta (T.S. Eliot)

Pubblichiamo dal 1998 studi e ricerche in forma saggistica, che propongono analisie indagini autorevoli, approfondite e documentate del mondo in cui viviamo, conparticolare attenzione al rapporto tra uomo e natura, affrontando temi e argomenticulturali, sociali, politici, economici e storici. Testimoni di una crisi planetaria cheavvilisce e impoverisce l'essere umano, i popoli e il Pianeta Terra, proponiamodifferenti stili di vita e cultura, ispirati alla sobrietà e al senso del limite, con unavocazione pluralista.Per questo ci identifichiamo con un modello comunitario che cerca di comprenderela complessità della condizione contemporanea, proponendo relazioni socialiantiutilitaristiche, basate sulla partecipazione e il dono, l'autosufficienza economicae finanziaria, la sostenibilità con energie rinnovabili e tecnologie appropriate. La nostra proposta editoriale si propone di offrire - in forma rigorosa, madivulgativa e possibilmente economica - gli strumenti per scoprire le cause chehanno prodotto l'attuale stile di vita dissipativo e consumista e,contemporaneamente, esplorare le possibili soluzioni ecologiche legate aun paradigma olistico.La proposta editoriale si snoda secondo tre differenti percorsi che danno vita alleseguenti collane:Consapevole: testi di informazione indipendente e denuncia dal tagliogiornalistico e divulgativo che suggeriscono maggiore consapevolezza sociale, stilidi vita coerenti e una nuova qualità dell'esistenza. Questa collana ha uno strettolegame con la rivista Consapevole.Un'altra storia: testi di attualità che pongono domande non scontate suargomenti di attualità di grande interesse pubblico. Con un denominatore comuneche li lega tutti: dare risposte non conformiste a questioni trascurate o affrontate inmodo superficiale e parziale dai mezzi di comunicazione dominanti.Autosufficienza e comunità: nuovi libri con contenuti pratici e operativi perpercorrere per la via dell’autosufficienza comunitaria e della sostenibilità ecologica.Perchè i consumi non migliorano la nostra qualità di vita, ed è arrivato il momentodi cambiare, di adottare uno stile di vita sobrio ed equilibrato.E book: una selezione dei nostri libri resi disponibili in formato digitale, per poterneusufruire in modo economico e diffuso, su ogni supporto informatico.

Arianna editrice dal 2005 fa parte del gruppo Macro che ci ha consentito diproseguire un percorso di indipendenza editoriale che ci caratterizzafondativamente.

www.ariannaeditrice.it

Alessio ManninoImmigrazione

Arianna Editrice, 2014euro 9,80

Kaye JeffreyLa tratta degli schiavi

Arianna Editrice2013 pagg. 352 euro 9,80

Focus: Verso una Europa post ­ euro?

avranno coloro che sono inquadratinella 7a categoria, poiché del lordototale pari a 144,38 euro per il prossimotriennio, nel 2010 vedranno soltanto36,75 euro. Con l’accordo separato peril Ccnl metalmeccanico si costituiscealtresì un Fondo di sostegno al redditoad adesione volontaria, che dovrebbeessere impiegato a favore di queilavoratori che subiscono riduzioni direddito per periodi prolungati, al qualeoltre alle imprese contribuiranno con uneuro mensile di prelievo [versamento agennaio 2013] i lavoratori che viavranno aderito. Sullo sfondo si staglial’ombra della [mitica] contrattazione disecondo livello, probabile ultimaspiaggia per integrare con qualchespicciolo questo possibile, futuro epessimo Ccnl, pensato per affossare

più che sostenere il “potere d’acquisto”dei metalmeccanici. [ … ] Mi è statofatto notare, da chi ha competenza inqueste materie ed esperienza in camposindacale, che il quadro generaledell’offensiva contro il lavorodipendente [e gli stessi lavoratori] deveessere ricostruito “mettendo insieme”,come si fa con le tessere sparse di unmosaico da ricomporre, la leggefinanziaria del governo, il libro verde diSacconi, i protocolli di intesa fra igoverni e le parti sociali [dal Protocollosulla politica dei redditi edell’occupazione, sugli assetticontrattuali, sulle politiche del lavoro esul sostegno al sistema produttivo esiglato dalle parti sociali nel lontanomese di luglio del 1993 all’AccordoInterconfederale del 15 di aprile 2009]

fino ad arrivare al livello contrattuale,livello in cui l’attacco al lavoro siconcreta e si precisa nelle partieconomica e normativa. [ … ] Coloroche hanno firmato questo accordoseparato non lo hanno certo fattoinconsciamente e frettolosamente,come qualcuno ottimisticamenteafferma, ma lo hanno fatto in cambio dicontropartite di becero sotto­potere,con tutta l’autoreferenzialità di unsindacalismo burocratizzato e contro­riformista, e se non vi sarà contrastonei prossimi mesi, si appresteranno adiventare gli squallidi kapò nel grandecampo di concentramento in cui saràrelegato, per i decenni a venire, illavoro dipendente in Italia. In questaItalia in cui i salari sono fra i più bassi efiscalmente tartassati dell’Europa

Page 11: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

11ITALICUM novembre­dicembre 2014 Focus: Verso una Europa post ­ euro?

occidentale, in cui il novanta per centodei datori di lavoro dichiara redditiinferiori a quelli dei propri dipendenti, sitratta di un passaggio fondamentaleper poter avanzare spediti sulla viadella flessibilizzazione del lavoro edelle masse. Non è bastato, dunque, loscudo fiscale concesso dal IV governoBerlusconi quale regalo e premio allagrande evasione, dalla mafia aglispeculatori finanziari, da una certaConfindustria ai trafficanti di droga chemuovono centinaia, migliaia di milioni dieuro … la distruzione creatriceinnescata dalla crisi prevede anchel’attacco al lavoro dipendente e, inultima analisi, all’Etica stessa, se siconcepisce l’Etica come Logos, cioècome razionalità ed equilibratadistribuzione della ricchezza e delpotere. Riflettano su questo brutto einsidioso accordo tutti i lavoratori,siamo essi impiegati o operai, autoctonio migranti, iscritti alla Fiom o noniscritti, aderenti ai sindacati “che hannotradito” o non aderenti, perché ilmomento storico è grave e solenne, efra tre anni – alla scadenza delcontratto dei metalmeccanici oggi in viadi rinnovo – niente sarà più comeprima. Infatti, niente e stato più comeprima e i colpi sono piovuti suilavoratori alle corde uno dopo l’altro.

4) Fase attuale e terminale. Dal 2010 inpoi. Arriviamo così, passo dopo passo,agli ultimi anni e alla fase terminaledell’attacco al lavoro che non si èancora conclusa. In questa fasecomprendo anche il 2010 premontianoe prerenziano, anno in cui la crisistrutturale ha proceduto spedita con lade­emancipazione dei lavoratori. Nelperiodo precedente, è stato pubblicatoe pelosamente pubblicizzato il saggiodel “giuslavorista” Ichino (ex pci, poi pde dal 2013 scelta civica) dal suggestivotitolo I nullafacenti. Perché e comereagire alla più grave ingiustizia dellanostra amministrazione pubblica, trattoda una serie di articoli del“giuslavorista” pubblicati nell’estate del2006 dal corsera. Riporto qualchepassaggio degli articoli di Pietro Ichino,perché prepara il terreno e annuncia unattacco all’ultimo santuario del lavoroprotetto che oggi – con i blocchi delturn over e delle retribuzioni erogateagli statali (pur con qualche esclusionedi comodo) – è appena iniziato: “cisono, protervi, i nullafacenti: quelli chevengono al lavoro solo quando fa lorocomodo, o non ci vengono proprio,perché ne hanno un altro, in nero,molto più redditizio; e quando vengono,lavorano così poco e male che non si

può affidar loro nulla di importante. Gliappartenenti a quest’ultima categoriasono, in genere, una piccolaminoranza; ma è raro che una strutturapubblica ne sia del tutto priva. Eccodunque la proposta, “politicamentescorretta” ma niente affattoirragionevole: una nuova legge disponeche, stante la necessità ineludibile diridurre la spesa pubblica senza ridurrel’efficienza delle strutture, ogni annoper i prossimi tre ciascunaamministrazione potrà licenziare unproprio dipendente ogni cento,individuato da un apposito organismoindipendente di valutazione secondo idue criteri oggettivi del minimorendimento e della massima inutilitàdella prestazione lavorativa.” E ancora,per rincarare la dose e cercare di farpassare per “redditieri” lavoratori indiversi casi a basso reddito: “Quanto ainullafacenti, per definizione essi nonsono veri lavoratori: sono dei titolari direndita; la vera ingiustizia è che, nelsettore pubblico, essi possanorimanere tali fino alla non meritatapensione.” Il vero messaggio che si èvoluto dare alla sgangheratissimaopinione pubblica italiana, con ampiarisonanza mediatica, è che tutti idipendenti pubblici, “titolari di rendita”perché stabilizzati e protetti dalicenziamenti individuali e collettiviindiscriminati, sono nullafacenti, inutilise non dannosi e fannulloni addiritturapiù di quelli del settore privato, piùfacilmente licenziabili (meno di 15dipendenti). Per quanto riguarda ilsettore privato, l’attacco all’articolo 18 ealla “illicenziabilità” è continuato fino aoggi, con Emma Marcegaglia ai verticidi confindustria (organica al “renzismo”fin da prima di Renzi), che agli inizi del2012 ha dichiarato: “Non vogliamoabolire l’articolo 18. Il reintegro deverimanere in casi discriminatori, mavogliamo poter licenziare chi non fabene il proprio lavoro.” E ancora: “Finoa che non si potrà licenziare unfannullone in Italia non si investirà.” [ …] “Se un’azienda ha problemi economicideve poter cambiare gli assettioccupazionali, ma vogliamo lavorareanche sui licenziamenti disciplinari.”All’epoca, appoggiandofortissimamente il governo del QuislingMonti, Pier Luigi Bersani dell’ABCdisse, con evidente sostegno allaMarcegaglia: “se c’è da faremanutenzione all’articolo 18,facciamola.” In barba alla fandoniadelle diverse “anime” del pd, in un pdda sempre unito nei fatti contro ilavoratori e privo di anima. Ovvio che ilicenziamenti discriminatori, per i quali

devono essere previsti i reintegri,rappresenterebbero solo una piccolaminoranza del totale (chi oserebbelicenziare a causa della razza o dellareligione, provocando una catena direazioni contrarie e “politicamentecorrette”?), mentre è relativamentefacile dichiarare situazioni di crisieconomica aziendale, o di ramod’azienda, oppure usare subdolamentela “leva” disciplinare per buttare instrada lavoratori anziani e/o a più altoreddito. Se i dipendenti pubblici sonotutti nullafacenti, e contro di loro sidovrebbe agire risolutamente – cipenserà la futura riforma della pubblicaamministrazione di Renzi­Madia? – ilavoratori del settore privato sono tuttifannulloni da tenere d’occhio elicenziare sempre più liberamente,entrato in vigore jobs act. L’obiettivovero è soltanto la più ampia libertà dilicenziamento, individuale e collettivo,senza alcun reintegro, in barba agliattuali, elevatissimi livelli didisoccupazione. La flessibilizzazione atrecento sessanta gradi del lavorostabile in Italia, passa attraverso lariforma della pubblica amministrazione,che sarà sicuramente punitiva, e lo jobsact, o più banalmente “piano lavoro” inlingua italiana (sgradita agli anglofonirenziani). In merito a questa ultima,devastante trovata di Renzi – perportare a compimento il programmadella troika e in particolare della bce, inrelazione al mercato del lavoro in Italia(lettera del 5 agosto 2011 Trichet­Draghi all’allora governo Berlusconi) –si è espresso con estrema chiarezza ilprofessor Umberto Romagnoli, docenteuniversitario di diritto del lavoro: “Il JobsAct determina un doppio binario nellagestione dei licenziamenti. I nuoviassunti hanno un trattamento di tutelaassai meno efficace rispetto ai colleghial lavoro da più tempo.” [ … ] “Se ilprovvedimento (di licenziamento,n.d.s.) è collettivo, si presentanoulteriori complicazioni a livello pratico.Tra i vari licenziati, bisognerebbedistinguere tra quelli assunti prima equelli assunti dopo l’entrata in vigoredel Jobs Act e agire in modo diverso.” [… ] “Siamo di fronte a un trattamentodiversificato che è discrezionale,immotivato, non ragionevole. Sonosituazioni identiche trattate in manieradisuguale. Questa riforma aumenta ledivisioni tra i lavoratori.” In barba alletanto decantate tutele crescenti.Discriminazioni fra gruppi di lavoratori,incostituzionalità della norma,monetizzazione (a ribasso) del dirittoalla continuità del rapporto di lavoro,sono tutte caratteristiche del jobs act

Page 12: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

1 2 ITALICUM novembre­dicembre 2014renziano, secondo il parere delprofessor Romagnoli, un raro caso di“giuslavorista” onesto e franco. Al capoopposto si situa Pietro Ichino, che haagito, come Marco Biagi, con feraledeterminazione contro i lavoratori e iloro diritti. Ichino vorrebbe applicare lacontroriforma elitista­renziana anche alpubblico impiego, ma, a tale proposito,sono insorti l’inconsistente e super­raccomandata Madia alla pubblicaamministrazione e semplificazione (“IlJobs act non si applicaai dipendenti pubblici.E’ sempre statopensato solo per illavoro privato.”) el’ambiguo Poletti, frauna cena e l’altra conpregiudicati eassassini, che occupa ilministero del lavoro edelle politiche sociali(“Se si vuol discuteredel lavoro pubblico inParlamento c’è unalegge delega sullaPubblicaAmministrazione.”). Ciha pensato Renzi ascioglieretemporaneamente il poco amleticodubbio, nella conferenza di fine anno,dichiarando quanto segue: “InConsiglio dei ministri ho proposto io ditogliere la norma (sui dipendentipubblici, n.d.s.) perché non avevasenso inserirla in un provvedimentoche parla di altro. Il Jobs act non sioccupa di disciplinare i rapporti delpubblico impiego. Le regole del lavoropubblico le riprenderemo nel ddl Madia.La mia idea è che chi sbaglia nelPubblico paghi.” Mi pare evidente ciòche si vuole tener nascosto, con unaridda di dichiarazioni contraddittorie. Idipendenti pubblici saranno colpiti conuna certa durezza, ma forseseparatamente dai lavoratori delsettore privato, giacché rientrano nellariforma della PA (ddl Madia) e siassumono con concorso (sempreMadia!). Queste incertezze riflettononon poco la cattiva coscienza del pd(tutto, senza distinzioni speciose) el’”ansia” piddina di mantenere qualcheconsenso nel settore pubblico, nondando fin da subito l’impressione(drammaticamente vera) di volerlicenziare in massa i propri elettori allaprima occasione. Si può far caso alparticolare che le “utilissime” spendingreview del commissario Cottarelli, oggidi nuovo al fondo monetariointernazionale, sono finite in ombra,probabilmente perché la via migliore

per ridurre i costi della pubblicaamministrazione non è agire suglisprechi (che almeno in parte sonoreali), ma direttamente sui dipendentipubblici. Se prestiamo attenzione aicontenuti del dibattito pubblico inmateria, delle mitiche tutele crescentiper gli assunti con il nuovo contratto siparla poco, mentre si parla adabundantiam di licenziamenti. Non è uncaso. Licenziare è la parola d’ordineneoliberista, recepita senza discutere

da tutti i governi sottomessi alla triadedel male usa­nato­ue e alla troika chefunge da braccio operativo, percontrollare i semi­stati fantoccio. Inprima fila, nell’ultimo triennio, gliesecutivi italiani nominati, “di sinistra­centro” (Letta e poi Renzi) o appoggiatidalla cosiddetta sinistra (a suo tempoMonti, fortissimamente voluto daBersani). I lavoratori dipendenti, negliultimi anni, sono stati trattati comedelinquenti da colpire – meritandosiperciò gli epiteti di nullafacenti,fannulloni, redditieri scandalosamenteprivilegiati, assenteisti – ondecolpevolizzare preventivamente lavittima destinata al sacrificio, mentre lecosche subpoliticheliberaldemocratiche, in partesignificativa provenienti “da sinistra” (excomuniste, exsocialiste, ex“massimaliste”, exsinistra dc,eccetera),eseguivano gliordini dei padronisopranazionali etrattavano con leorganizzazionicriminali e le retimafiose, perdividersi il bottino.Questa è la realtàsenza veli, nuda ecruda, oltre

l’inganno mediatico.

Avrei voluto continuare l’analisi inrelazione al punto 4, in cui ho cercato didescrivere, nell’essenziale, la faseattuale e terminale di attacco al lavoro.Ad esempio ricordando le vicende dellaFiat in questi ultimi anni, il FabbricaItalia di Marchionne e l’investimento di20 miliardi in Italia mai realizzato, cheavrebbe dovuto creare occupazione.Oppure la contrattazione marchionnista

fuori da confindustria (uscitaprevista per il 1° gennaio2012), per mettere ilavoratori in situazioni diancor maggiore debolezza.Ma la Fiat auto non esistepiù e con lei non esiste piùl’”auto italiana”, essendoci lastraniera Fca al suo posto.Avrei voluto richiamare ilrecente caso Electrolux conannesso ricatto – tagliodraconiano delle paghe odelocalizzazione in Polonia –che rappresenta un ulterioreaffondo neocapitalisticocontro il lavoro, o ancoraalcuni contratti nazionalitruffa, sempre più a ribasso

per i lavoratori. Di argomenti e casispecifici da trattare, in questo campo,ce ne sono fin troppi. Ciò che contaveramente è comprendere che da oltretrent’anni è in corso un mutamentosostanziale nei rapporti di forza fra ilcapitale e il lavoro, in parallelo con ilpassaggio dal capitalismo produttivodel secondo millennio al nuovocapitalismo finanziario e assoluto dioggi, e che i neodominati global­finanziari, che controllano il governo, lepolitiche strategiche e la moneta, sonoa un passo dalla vittoria. Manca poco,ormai.Eugenio Orso

Focus: Verso una Europa post ­ euro?

Page 13: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

1 3ITALICUM novembre­dicembre 2014 Focus: Verso una Europa post ­ euro?

La diseguaglianza di capacità,conoscenze,ricchezza e diritti è

sempre esistita entro la societàumana e la ha sempre strutturata ediretta, ma oggi la vertiginosaavanzata della tecnologia la stamoltiplicando sempre piùvelocemente e la politica non riescepiù a contenerla e gestirla entrolimiti etici e forme costituzionali, néa nasconderla sufficientemente.La moltiplicazione incontrollabile dellediseguaglianze di fatto, e il loroinevitabile tradursi in diseguaglianze didiritto, è il fulcro della politicacontemporanea e il sottostante dellesvariate “crisi” economiche e non, cheincessantemente si succedono esovrappongono. Le crisi economiche

sono usate anche per forzare,legittimare, coprirel'istituzionalizzazione della divisione indue della società.

Il potente pre­nucleare e pre­informatico poteva essere un monarcaassoluto, ma non aveva certo il poteredi spiare o eliminare milioni di personein ogni parte del mondo o azzerare iloro risparmi o destabilizzare bilancinazionali, da solo, in pochi minuti esemplicemente premendo qualchetasto. Lo può invece fare il potente dioggi, il quale addirittura dispone ditecnologie e strumenti che lapopolazione non solo non ha modo dicontrollare o contrastare, ma nemmenoconoscere, come non conosce i fini percui vengono adoperati.

Le crisi delle valute, dei debiti pubblici,delle bolle speculative, non potrebberoavvenire se non vi fossero ristrettecerchie di persone dotate di apparatiche danno loro il potere, che il resto delgenere umano ovviamente non ha, dimanipolare al rialzo e al ribasso il corsodei mercati mobiliari, monetari e delcredito, nonché di spostareistantaneamente per il mondo sommepari al pil di interi paesi, di lanciarevendite o compere allo scoperto perimporti analoghi, di generare esmerciare derivati per centinaia dimigliaia di miliardi di dollari anchegrazie al cartello del rating, usato per

accreditare e smerciare come validi,tripla A,titoli­spazzatura. Cioè usato percommettere truffe mondiali. E poiscaricarne i costi sulla collettività viaspesa pubblica e tasse.

Il mondo è dominato da cartellimultinazionali delle materie prime,dell'energia, delle tecniche,dell'informazione, della ricercascientifica, della moneta e del credito.La democrazia è semplicemente ematerialmente impossibile. La pretesaliberale di una compatibilità, di unacoesistenza tra diseguaglianza di fattoed eguaglianza di diritto tra i cittadini, simanifesta come una pia illusione o unafurba lusinga: la classe dominanteglobalizzata si è costruita un suoordinamento sovranazionale, dapprima

tecnologico­finanziario e ora anchegiuridico­istituzionale, che governa gliordinamenti statuali nazionali, e senzabisogno di introdurre apertediscriminazioni giuridiche nelle leggiinterne agli Stati, le realizza attraverso itrattati e gli organismi internazionali.

D'altronde, anche la promessa marxistadi impedire la diseguaglianza attraversola proprietà statale dei mezzi diproduzione si è rivelata illusoria,quando si è visto che il socialismo realesi traduce in una proprietà privata delloStato stesso in mano alla nomenklaturadel partito unico.E la proposta di unasocietà organica, di tipo cattolico ofascista o medievale, è irrealizzabile nelcontesto tecnologico attuale (ammessoche mai sia stata realizzabile orealizzata).

È inevitabile e sta avvenendo, pereffetto dell'incontrastabile processo didivaricazione sociale nella crescentediseguaglianza, scaturente dalle cosestesse prima che da decisioni umane,che il vertice del genere umanogestisca il grosso del genere umanonello stesso modo in cui l'uomo, verticedell'albero evolutivo, gestisce le specieanimali. Con una corrispondente,nuova visione antropologica e unacorrispondente, nuova sensibilità etica.Oggi gli Stati sono divenuti i recinti delbestiame. Fuori e sopra di essi,troviamo FMI, WTO, BRI, Bilderberg

etc.: gli uffici tecnici degli allevatori, imagazzini, e il loro club. Animal Farm.

Il genere umano? E' già scisso inmercificanti e mercificati:i primi sonocoloro che hanno i mezzi pertrasformare in merce la vita deisecondi, facendoli scivolare in unmondo in cui sono totalmentedipendenti da loro, e in cui tutto èquotato, contabilizzato, monopolizzato,monitorato.Hanno i mezzi peraumentare la propria ricchezza facendosoldi con i soldi, o più esattamenteprendendosi potere d'acquisto construmenti puramente finanziari, senzanulla produrre o rischiare, in modototalmente parassitario mapoliticamente dominante.

Già nel 1951 Bertrand Russell(L'impatto della scienza sulla società)preconizzava che il continuo ampliarsidella divaricazione tra classi socialiavrebbe portato, nell'evoluzionetecnologica, a una differenziazioneanche biologica, a una differenziazionedi specie e non più solo di censo,sapere e potere. Questadifferenziazione è oggi realizzabile dallatecnologia genetica. Gli ogm sono datempo una realtà molto importante.Possiamo avere più generi umani, condiverse resistenze o propensioni allemalattie, diverse longevità, diversefecondità.

Compito della politica, della scuola, deimass media, è tener buona ecollaborativa la gente mentre tuttoquesto viene organizzato eperfezionato. Riforma dopo riforma.Cessione dopo cessione di sovranitànazionale. Crisi, conflitti e allarmi didiversi tipi, con corrispondentipromesse e programmi e comunicatoripolitici del genere di Obama e Renzi,che li facciano bere alla popolazione,sono fenomeni interni a questo grandeed epocale processo, funzionali adesso.

Insomma, è in corso una scissione delgenere umano, e la perdurante "crisi"attuale ne è un'esplicazione che durerà,anche come crisi dei valori e delleideologie, fino al raggiungimento di un

Divaricazione sociale:oltre la divisione in classi

MMaarrccoo DDeell ll aa LLuunnaa

Page 14: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

1 4 ITALICUM novembre­dicembre 2014

Marino Badiale ­ Fabrizio Tringalila trappola dell'euro

Asterios, 2012pagg. 152 euro 9,00

Focus: Verso una Europa post ­ euro?

nuovo e stabile assetto che recepiscal'avvenuta scissione, ma serve anche atenere questa in ombra, focalizzandol'interesse e l'apprensione dell'opinionepubblica su problemi economici emorali ­ sugli effetti anziché sullecause.

LE TASSE AI LADRI E ALLA MAFIA

Pagate le tasse senza discutere! Sonoper la mafia e per la partitocrazia!

Ormai è sotto gli occhi di tutti: letasse che paghiamo vanno inmano ai ladri della politica, delleistituzioni, della burocrazia, dellemafie, che le usano soprattutto perarricchirsi, senza curarsi dispenderle bene e utilmente,nell’interesse collettivo. A Romaera così già 50 anni fa. E’ lacostante nazionale, il carattereessenziale e immutabile delloStato italiano. Rubare è lo scopoper cui si fa politica, e il mezzo concui si fa politica, è il criterio con cuisi fa carriera in politica.

Il principio della rappresentanzademocratica parlamentare haclamorosamente e definitivamentefallito sia perché il Paese non hapiù autonomia politica nelle coseche contano, sia perché irappresentanti rappresentano lesegreterie affaristiche che linominano, e vanno contro gliinteressi dei rappresentati.

Fino agli anni ’80 questo sistemadi potere si notava meno, facevadanni sopportabili e compatibilicon un certo sviluppo del Paese, conun certo benessere, garantito da unaspirale costruttiva di investimenti econsumi, grazie al fatto che allora labanca centrale e i vincoli di portafogliodelle banche ordinarie garantivano ilfinanziamento del debito pubblico atassi sostenibili escludendo il rischio didefault. E grazie al fatto che le bancheordinarie si dedicavano all’economiareale anziché alle speculazionifinanziarie e alle truffe ai risparmiatori.E grazie al cambio flessibile.

Oggi gli uomini della buro­partitocraziasono tutti in pasta, trasversalmente, traloro e con la mafia. Sono tutti nellacriminalità organizzata. Quelli che nonlo sono direttamente e attivamente, losono comunque, perchéconsapevolmente e volontariamentefanno parte di quel mondo. Quindisono corresponsabili. Non ci sono

onesti, solo finti tonti.

Questo sistema ovviamente non silascia cambiare dal suo interno, perchéoccupa i canali elettorali, mediatici,istituzionali, e in buona parte anchequelli giudiziari (molti arrestati di oggisono assolti di ieri); e l’”esterno”, cioèl’”Europa”, la Germania, trae profitto epotere economici proprio da questasituazione.

E’ quindi chiaro che questa gente,questa casta, non la si fermerà mai conle leggi, i tribunali, l’indignazionepopolare, anzi continuerà a tramandareil sistema alle nuove leve. La potràfermare solo la ghigliottina, cioè lamorte, oppure un padrone stranieroche la sostituisca e prendadirettamente in mano la gestioneamministrativa del Paese – ovviamentenel suo proprio interesse.

I leaders carismatici proposti alpubblico possono essere “puliti” difaccia, ma gli apparati dei loro partitisono tutto un cupolone, funzionano inquel modo, quindi nessun governopotrà cambiare questo sistema. Con leloro migliaia di società partecipate e dionlus mai contabilmente controllateche ricevono e spartiscono i miliardi delbusiness dell’accoglienza.

E infatti le principali componenti della

partitocrazia, superando l’ipocritadistinzione maggioranza­opposizione,si accordano tra loro sulle riforme delsistema elettorale e del Senato, riformeconcepite per proteggere e rafforzare ilsistema stesso. Infatti, alla Cameraresta il sistema dei nominati: possonodivenire deputati solo i graditi deisegretari dei partiti. La riforma delSenato, che lo mette ancora di piùnelle mani dei segretari, i quali vicollocheranno nominati regionali ecomunali – cioè elementi presi dagliambiti più ladreschi dell’apparato –dotandoli così di ciò che restadell’immunità parlamentare.

Intanto, il governo ha allontanato ilCommissario alla spending review,Cottarelli, che aveva arditoraccomandare la soppressione di 6.000società partecipate mangiasoldi, unaindispensabile greppia di consenso perla partitocrazia.

Le condizioni degli Italiani ­tassazione,recessione, disoccupazione­continueranno perciò a peggiorare epeggiorare e peggiorare, finché questinon insorgeranno con le armi e nonfaranno fuori materialmente la castaparassita e criminale, o quella parte diessa che non riuscirà a fuggireall’estero. Ma non lo faranno mai: inparte emigrano, in maggioranzarestano a subire o a raccontarsi lefavole, aspettando il padrone straniero,e di vendersi a lui. Dopotutto, è questala storica tradizione del Belpaese.Marco Della Luna

Marco Della LunaE­ book I Signori della catastrofe

Arianna Editrice2013 euro 3,39

Page 15: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

1 5ITALICUM novembre­dicembre 2014

L’attacco terroristico contro laredazione parigina del giornale

satirico “Charlie Hebdo” ed ilsuccessivo sequestro ed uccisionedi ostaggi in un supermercato delquartiere ebraico, hanno suscitatoun’unanime reazione di sdegno intutto il mondo.Si sono immediatamente organizzatemanifestazioni “spontanee” persolidarizzare con le vittime e perdimostrare che la Francia in particolareed il mondo occidentale in generale,sono uniti nel fronteggiare la minacciadi un fondamentalismo islamicosempre più aggressivo e violento. Illivello di attenzione delle forze dipolizia delle nazioni occidentali èaltissimo e si temono altri attentati inEuropa ed in America per evitare i qualisi stanno mettendo in atto tutte leprecauzioni possibili.Proprio riguardo l’azione preventiva ele modalità dell’attentato le perplessitànon sono poche e lasciano dei

macroscopici punti interrogativi.Innanzi tutto sembra che i Servizi diSicurezza algerini avessero avvisatoquelli francesi di un prossimo probabileattentato proprio mentre il “CharlieHebdo”, nell’ultimo numero uscitoprima della strage era statoincredibilmente profetico nel prevederel’attentato. I due terroristi, i fratelliKouachi, erano inoltre da anni in “no­flylist” di sicurezza degli Stati Uniti ed unodei due era noto anche alla poliziaitaliana per essere stati addestrati nelloYemen ed aver combattuto in Siria. Ifrancesi, però, avevano, senza motivoapparente, cessato di controllarli dalqualche tempo!

Anche le modalità dell’attacco algiornale, ingiustificatamente senzaquella protezione particolare chesembrava meritare, fanno sorgerealcuni dubbi. A parte l’errore iniziale dicercare di entrare nel portone sbagliatoche palesa, se non altro, una non certoimpeccabile preparazione per genteche si continua a ritenereaddestratissima, ci sono dellestranezze che non convincono. Perprima cosa il comportamento tenutodai terroristi in strada, documentato daun “provvidenziale” video ripresodall’alto che mostra la “barbaraesecuzione” del poliziotto a terra già

ferito. Questo video, che non è statomandato in onda integralmente intelevisione ma soltanto in alcuni sitweb, non convince del tutto per quantoriguarda le modalità dell’uccisione: nelmomento dello sparo, l’AK 47 nonrincula come dovrebbe fare un fucilemitragliatore nel momento in cuipartono i colpi ma rimane stranamentefermo; immediatamente dopo si nota, acirca un metro dal corpo del poliziotto,della polvere che si alza dal terrenocome se il colpo fosse finito proprio lì.Tuttavia la perplessità maggiore la siha guardando la testa del poliziotto:non soltanto non si muove, pur colpitada proiettili ma non si nota alcunafuoriuscita di sangue o materialecelebrale. Facendo il raffronto con leceleberrime riprese che hannodocumentato l’attentato a Kennedy ledifferenze sono notevoli. La testa delpresidente americano ha una torsioneinnaturale e si vedono chiaramentefuoriuscire dalla ferita materiale

celebrale che finiscono addirittura sullamoglie Jacqueline, seduta al suofianco. Comunque, nel giro di pocheore il video è stato censurato quasidappertutto, per “non urtare lasensibilità del pubblico” ed è statomandato con la figura del poliziottooscurata e soltanto in alcuni siti internetsi riesce a trovare quello non oscurato.Non mettiamo in dubbio la morte delpoliziotto ma sembra che si sia voluto eci si sia ingegnati per rendere ancorapiù bestiale e drammatico un eventoche è comunque sconvolgente di persé . Un altro particolare che sembraessere sfuggito riguarda la macchinanera usata dai terroristi per allontanarsidal luogo dell’attentato. Vista daldavanti, ripresa sempre dal“provvidenziale” operatore video glispecchietti retrovisori esterni erano dicolore bianco; nei servizi con i quali sidocumentava il ritrovamento, pressouna stazione di servizio della macchinapiena di armi, gli specchietti eranodiventati improvvisamente emisteriosamente neri. Sono dettagliche certamente avranno unaspiegazione ma che i media sembrache abbiano deciso di ignorare.Questi attacchi terroristici contro genteinerme, sono ignobili e non trovanoalcuna giustificazione, in nessun caso.La condanna di questi atti deve essere

però senza se e senza ma! Seassassinare vigliaccamente genteinerme è considerato non soltanto unreato ma anche un atto vergognoso sideve avere il coraggio e l'obiettività dicondannare anche le guerre condottedall'Occidente americano in nome dello"scontro di civiltà" e per l'esportazionearmata della democrazia.Questi eventi hanno anche unaricaduta ideologica evidente a tutti. Lalettura ideologica della strage di Parigipuò essere riassunta nell'articolo diBernard ­ Henry Lévy apparso sul"Corriere della Sera" del 9 gennaio2015. Detto intellettuale così si esprimeriguardo ai musulmani di Francia: "E cisi augura che non solo i saggi teologi,come l'iman di Drancy, Chalgoumi, maanche l'immensa folla dei loro fedeli,sappiano dichiarare, finalmente, che ilculto del sacro in democrazia, è unaminaccia alla libertà di pensiero; che lereligioni, agli occhi della legge, altronon sono che delle credenze sullo

stesso piano delle ideologie profane; eche il diritto di riderne e di discuterne,come quello di accettarle o respingerle,è un diritto di tutti gli esseri umani". Lasocietà laicista quindi è libera in quantoin nega ogni principio di verità e divalori etici identitari, considerati, dalrelativismo culturale di ispirazioneilluminista, opinioni individuali dacoltivare unicamente nella sferaprivata. Esiste dunque la libertà nellamisura in cui vengono condannate lereligioni, quali fenomeni generatori diintolleranza e violenza assassina. E inquesta società occidentale sussiste lalibertà nel momento in le si impone ildogma ideologico laicista dell'ateismodi massa, della delegittimazione deivalori etici comunitari, in nomedell'individualismo materialista liberale.Di conseguenza, la blasfemia inOccidente viene identificata con allibertà. L'Occidente rivendica questo"primato" libertario, perché harinnegato i propri fondamenti culturali espirituali identitari. Non a caso, aproposito della satira blasfema di"Charlie Hebdo", che non risparmia dicerto la Chiesa Cattolica, sul blog "Ilribelle" così si esprime LucianoFuschini: "Una cultura che mette insatira tutto, è espressione di una civiltàche ha perso non solo qualunquesenso di sacralità ma anche il rispetto

Esteri

Undici Settembre, secondo attoMMaarriioo PPoorrrriinn ii

Page 16: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

1 6 ITALICUM novembre­dicembre 2014Esteri

profondo per la persona. Ridiamo ditutto perché non crediamo più a niente.Ridiamo di tutto e di tutti perché nonabbiamo né fede né ideali. Siamo“l’ultimo uomo” vaticinato da Nietzsche.Un’ umanità consapevole della morte diDio e nello stessotempo indifferenteal vuoto di valoriche quella mortelascia. Un’umanitàche di vuoto sinutre, lasciandosivivere di una vitainsensata perchépriva diorientamento".Comunque conquesti attacchi, chehanno preso dimira la capitale

francese, sembra di essere tornati aigiorni successivi all’ 11 Settembre contutto l’Occidente democratico pronto aricompattarsi per fare fronte comunecontro l’Islam che ci ha dichiaratoguerra con Washington, naturalmente a

capo della coalizione; Stati Uniti con ilpresidente Obama in piena crisi, siaall’interno che all’esterno, alla luce diquesti avvenimenti, ha la possibilità diriprendere la leadership che le stavasfuggendo e, magari, con un’altra

guerra far ripartire laconvalescente economiaamericana. Le industrie diarmi statunitensi potrebberoguadagnare facendo affaricon l’esercito USA e…perchéno? Anche con i malvagimusulmani!Questi attentati ignobili evigliacchi non sappiamo sepotevano essere evitaticomunque … com’è il detto?Non tutti mali vengono pernuocere!Mario Porrini

Per superare le semplificazioni e leanalisi piuttosto fuorvianti pubblicatesulla stampa non conforme,proponiamo ai nostri lettori questodialogo con Franco Cardini che leggecon lucidità l’attentato di Parigi nelloscenario geopolitico globale.

Professor Cardini, quanto c’entral’Islam con quello che è successo aParigi?

“L’Islam come fede religiosa c’entrapoco o niente, dubito fortemente che gliautori della strage abbiano capitoqualcosa del Corano. Per altri versi,

l’Islam c’entra moltissimo perchériguarda un miliardo e mezzo dipersone che oggi si trovano in unaposizione estremamente scomoda. Èuna civiltà con un grande passato econ un futuro incerto. I musulmani sonoin tutto il mondo, dall’Europaall’Estremo Oriente, e spessocostituiscono la fascia più povera deipaesi ricchi o quella più ricca delle areepovere. Abitano terre stracolme dirisorse, ma nella maggior parte dei casisono esclusi dalla possibilità di godernea causa del controllo occidentale sullestesse. Insomma, c’è un costante giocodi paradossi che pone l’Islam sottopressione e lo invita, indirettamente, al

recupero della egemonia perduta”.

“Nell’Islam non vi sono eresie odeviazioni per il semplice fatto che nonesiste una disciplina centrale. Le variecomunità, grandi come stati oestremamente piccole, sono autocefalee procedono per conto proprio. Quindievitiamo generalizzazioni, anche neitermini. In queste circostanze, e difronte alla necessità di spiegarefenomeni simili, io preferisco adoperarela parola ‘islamismo’ da intendersicome inclinazione a trattare la religioneal pari di una ideologia politica. Anchequi, però, ci sono varie scuole: la più

moderna è quella salafita la qualepartorì, nel Settecento, il wahabismo,corrente che invita ad un ritorno agliantichi costumi musulmani inquinatisinel tempo. Insomma, si assisteall’avvento di un modernismo islamicoche sfocia in una sorta di nostalgiadelle origini”.

Alla luce di tale complessità, quantol’Occidente sa leggere e comprendere ilmondo islamico?

“Quasi per nulla. Il Re della ArabiaSaudita fa tagliare le mani ai ladri e nonmanda a scuola le bambine. Ma è unodei perni della politica americana in

Medio Oriente e, soprattutto, ci vende ilpetrolio, quindi nessuno proferisce ilverbo. Il nemico della pace globale èinvece il siriano Assad, non perché laminacci, ma soltanto perché strizzal’occhio ai russi e agli iraniani. Quantol’opinione pubblica occidentale, inparticolare europea, sa di tuttoquesto?”

Ritorniamo alla strage. È sensato diparlare di un avvenuto 11/9 europeo?

“È una formula buona per costruire titolisensazionali ma, da un certo punto divista, i due accadimenti potrebbero

assomigliarsi. Soprattutto negli esiti.L’attentato alle torri fece il gioco di unaparte dell’establishment americano, lastessa che aveva presentato nel 1998a Clinton un documento che invocavaun cambio di rotta nella politica esterastatunitense: niente più attendismi estrategie di contenimento allaKissinger, ma una ripresa dell’azionemilitare quale mezzo per esercitare unaegemonia sul mondo. Da cui i disastriin Afghanistan e in Iraq. Oggi potrebbeessere scelto un nuovo caproespiatorio per ricominciare l’offensiva”

Ad esempio l’Isis?

L'Islam, Charlie Hebdoe il conflitto tra Isis e Al Qaida

Intervista di Leonardo Pedrocelli a Franco Cardini ­ fonte Barbadillo

Page 17: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

1 7ITALICUM novembre­dicembre 2014 Esteri

“Sento esponenti politici e personecomuni dichiarare che l’Islam è unpericolo. Ma cosa vuol dire? Chibisognerebbe attaccare? L’Isis e AlQaeda, può sembrar strano, sono forzeconcorrenti. Se si aggredisce uno si faun favore all’altro. Lo ripeto, il quadro èestremamente complesso. E saràdifficile poter contare sullo spirito criticodella stampa perché i giornali oggicontinuano ad essere occupati da quelliche nel 2003 scrissero intere paginesui pericoli derivanti dalle armi didistruzione di massa che Saddam, inrealtà, non possedeva”

Infine, cosa pensa di “Charlie Hebdo”, ilgiornale che lei aveva più volte, inpassato, invitato alla prudenza e sulla

cui linea ha espresso molte riserve?

“Una premessa: Stéphane Charbonnier(direttore di ‘Charlie Hebdo’ dal 2009,ndr) è stato assassinato per quello cheaveva scritto e disegnato. Per le cosein cui credeva o non credeva. Allostesso modo, con i dovuti distinguo, diGiovanni Gentile o San Paolo. Quindimassimo rispetto e massimo cordoglio.Ma se mi si chiede un’opinione sultaglio editoriale del giornale vorreiiniziare citando il suo molto indicativosottotitolo Journal irresponsable(Giornale irresponsabile) e ponendouna domanda: ‘Charlie Hebdo’ esprimeal massimo l’ideale di libertà dellaciviltà occidentale? Direi di no. L’idea dilibertà, a mio parere, è qui declinata in

modo aberrante, irresponsabile,appunto, nella granitica convinzioneche la libertà del singolo non debba maipossedere alcun limite. Questo non èilluminismo, è estremizzazionedell’illuminismo. Non è Voltaire, è DeSade. Se tutti agissero così, senza maipreoccuparsi di offendere il pensieroaltrui, ad esempio disegnando a Nataleuna Madonna a gambe aperte chepartorisce Gesù, allora nel mondoimpererebbe la legge della giungla. Perquesto, mi dispiace, io oggi non possodire Je suis Charlie”. (da La Gazzettadel Mezzogiorno)

A cura di Leonardo Petrocelli ­ Tantealtre notizie su www.ariannaeditrice.it

Com’è piacevole affrontare unargomento quando le acque si

sono chetate, quando l’ansia dicercare risposte uniche e risolutive,definitivamente risolutive, s’è diluita,sciolta, perduta come si stemperanel deserto infinito, fino ascomparire, l’acqua di uno uadi.

Nella piana fra Ilo e il mare tutto s’èacquietato: ora la polvere torna aricoprire i volti degli eroi e dei menoeroici, dei guerrieri comuni, degliinconsapevoli che la storia invita ad unpranzo di gala al sangue.“Inconsapevoli” definiti innocenti: chimai può dirsi completamente innocentedal karma che ci regola e,puntualmente, scade inevitabilmentecome il latte dimenticato in frigorifero?Domani ci sarà un altro evento definito“epocale”, che “cambierà il mondo”,dove “nulla sarà più comeprima”...eccetera, eccetera...mentre,invece, il “mondo” – inteso comesomma delle pulsioni atavichedell’Uomo – rimane tale e quale. Chiricorda “l’apocalittico” attentato diMadrid, la Somalia, il Ruanda...?Niente, tutto tritato, sbriciolato nelfrantoio dal quale non esce olio, bensìmerda, fregnacce.A dipingerlo a tinte forti ci pensano igiornalisti: d’altro canto, questo è unmestiere di puttane, abituati/e asorprendere il cliente/lettore suscitandoda un’inezia le emozioni più forti ed

importanti, per i loro padroni, ovvio.D’altro canto, cosa c’è di meglio – dopouna notte in redazione, a scervellarsise sia meglio scrivere del cane chemorde l’uomo o dell’uomo che morsicail cane – che affogare tutto fra i seni diuna puttana vera, le grazie di una“collega” che sa come fare, checonosce così bene il mestiere da

distillare tutto quel coacervo di pulsioni,emozioni, nervosismo, ansie, dicerie,cattiverie...in un orgasmo liberatorio,senza complicazioni sentimentali?In fondo – pensa il giornalista – èquello che faccio anch’io: emozioni!emozioni! emozioni! Tutto al prezzo diuna copia signore e signori! Al costo diun’alba dal sapore di profumo da pocoprezzo che t’impregna l’automobile,proprio mentre il giornale va in edicola.Perfetto, sincronicamente assoluto.E sono morti dei giornalisti/sberleffari,uccisi dai terroristi/giustiziatori. I primi(dicevano) di difendere la sacralità deldiritto di satira, i secondi(raccontavano) di difendere la sacralitàdell’Islam. I primi dipingevanoMaometto in mutande (anche di più), isecondi riempivano caricatori mentresognavano di conquistare tuttal’Europa.Ah, a proposito: chiediamo ai primiquanto è stata compresa la filosofiailluminista ad Est di Berlino e diIstanbul, ed ai secondi com’è finita aPoitiers con Carlo Martello, oppurecome s’è trovato Maometto Scirocco a

Lepanto.Se vogliamo dare una tinteggiata distoriucola da scuola elementare, allorameditiamo che i caccia francesi,americani & Co. stanno suonando unabrutta sinfonia sui cieli dell’Iraq delNord, una sinfonia che per i NuoviCaliffi è insopportabile, perché mostral’antica supremazia del Nord sul Sud

del mondo, che è vecchia millenni.In altre parole: se ti metti contro il Norddel pianeta – con armi tradizionali – lepuoi solo prendere. Allora, si procedecon il terrorismo, dove il Nord mostracome si vincono le battaglie e poi siperdono le guerre.Che storia è questa? Questa non è piùStoria da scuola elementare.Premesso che l’Europa – ai tempi deigrandi Califfati – interessava ben pocoagli arabi: per loro, già Fez era unavamposto dimenticato che portavasolo a luoghi inospitali e barbari. Lacultura – e dunque anche l’economiadell’epoca (comunque la pensiTremonti) – era ad Est: Persia, India edoltre.Poi, l’equilibrio cambiò e – per giungereall’Evo Moderno – si stabilì un nuovorapporto con gli Arabi (sottolineo: gliarabi, non gli ottomani né i persiani): lafonte della ricchezza era per tutti(nonostante quanto pensasseMontesquieu) la schiavitù, lepiantagioni, il cosiddetto “Triangolodegli schiavi”.Brevemente: gli schiavi producono

La sindrome di Babbo NataleCCaarrlloo BBeerrttaann ii

Page 18: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

1 8 ITALICUM novembre­dicembre 2014

Europa Libreria Editrice ­ Edizioni Settimo Sigillo

La Europa Libreria Editrices.a.s., con sede in Roma,opera da oltre 30 anni nelcampo editoriale con ilmarchio Settimo Sigillo.Siamo specializzati nelladiffusione di opere dellacultura Anticonformista edel Pensiero Tradizionale,disponiamo di un nutritocatalogo di volumiregolarmentecommercializzati,proponiamo le miglioripubblicazioni sul circuito

internazionale ed offriamo una particolare raccolta di volumi rari.Sul nostro sito è disponibile il catalogo ed è possibile effettuareacquisti online dei titoli in catalogohttp://www.libreriaeuropa.it

Per ulteriori informazioni: [email protected]/fax 06.3972.2166

Franco ScalzoEcce Moro

Fatti e misfatti di un'inchiestaSettimo Sigillo 2014pp. 334 euro 24,50

Esteri

materie prime, in Europa si raffinano esi rivendono prodotti finiti. A chi? Alterzo vertice del triangolo, gli arabi, cheerano i grandi schiavisti dell’epoca.Insomma: il ventre delle donne africane(nere) è stato la cassaforte dell’Europa.Abbandonati i neri al loro destino, colpetrolio si creò un nuovo equilibrio (chetutti conosciamo) che rendeva ricche leborghesie arabe, al punto che (Israelea parte) non esistevano motivi difrizione.

Ennio Remondino è un bravogiornalista e seppe indicare il punto diviraggio degli equilibri, il mutare di unasituazione che era stabile da circamezzo millennio. Nella Primavera del1991, da Amman – seguiva gli eventidella Prima Guerra del Golfo dallacapitale giordana – notò: “Il dialogo conle borghesie arabe sta venendo meno,c’è sempre più chiusura, i due mondis’allontanano” (ricordo a braccio).Era la prima volta che lo strapoteredegli arsenali euro­americanis’abbatteva su una nazione araba e iltutto era amplificato dai media planetari(la CNN, poi venne Al­Jazeera): lasofferenza della popolazione irachenagiungeva in tutti i salotti. Seduti suidivani, gli arabi potevano osservare ladistruzione di un popolo, eseguitasenza che un solo euro­americanofosse presente sui loro territori. Poigiunsero, ma solo per i saluti finali.

La ferita successiva fu Sarajevo – cittàcosmopolita, ma con preponderanzaislamica – abbandonata per anni al suodestino di morte: lì, nacquero i primigruppi di guerriglieri “in conto proprio”,gli stessi che avevano combattuto isovietici in Afghanistan, ma in contoterzi.In quegli anni, gli arabi pensarono cheil loro rapporto privilegiato con glieuropei era terminato, ed essi finirononel gran calderone dei popoli senzastoria e senza dignità: difatti, iniziaronoi copiosi flussi migratori verso la “terradei padroni”, l’Europa.Quando la miseria imperversa (ancheper la struttura classista di moltenazioni arabe), si mette da parte ladignità e s’emigra. Insieme ai neri, agliindiani, ai mille popoli medio­orientalied orientali, divenuti carne da cannoneper l’economia europea: stavolta –nell’immaginario collettivo – non c’erapiù differenza fra un marocchino poveroed il suo corrispettivo senegalese.

Avevamo fatto notare una differenza:gli arabi dagli ottomani e dai persiani.Gli ottomani hanno sempre goduto diuna “immigrazione controllata” da partedella Germania, ed oggi i “turco­tedeschi” sono milioni, mentre i persiani– dopo la rivoluzione del 1979 – nonsentono la necessità d’emigrare,perché la struttura sociale iraniana èpiù complessa e (in un certo modo, non

vorrei essere frainteso, “moderna”) piùsimile a quelle europee, oppureall’India.In mezzo a questo panorama sociale, ilproblema israeliano, ossia di queiterritori conquistati con le guerre del ’66e del ’73 – parzialmente restituiti – manon come indicavano due preciserisoluzioni dell’ONU. Il detonatore dimille sofferenze.La Francia – gravata da 7 milionid’immigrati algerini, di prima, seconda,terza...generazione – non è riuscita amantenere l’equilibrio: nelle sue banlieucrescono generazioni di nordafricaniche non godono più di quel welfare cosìomnicomprensivo per la quale Parigiera famosa: la crisi economica mordeanche là.Dalla loro parte, queste generazioninate dopo il 1990 tendono sempremeno all’integrazione francese(dipende dalle famiglie, dalle situazioni,ecc) e s’arroccano in nirvana fuori dellaStoria, credendo più nella favola chenella realtà. Ma è proprio la realtà adessere indigesta, il campionario di beniche li circonda ed ai quali non hannoaccesso: di conseguenza, s’affidanosempre di più al Corano (riletto in unmodo strumentale) che al Metano,paradosso della modernità algerina.In mezzo a questa umanità derelitta –poiché priva di un retroterra culturaleautoctono, che sia immagine fiorente diuna cultura e non edulcorato

Page 19: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

1 9ITALICUM novembre­dicembre 2014 Esteri

succedaneo – pescano i vari gruppiterroristici (che sappiamo benissimoessere al servizio d’altri potentati, peraltri fini, altri scopi, altri giochigeopolitici) per trovare i loro martiri, iloro guerrieri assassini, pronti a morirein una Gestalt che sa più diromanticismo tedesco che di modernità(?) islamica.Il tutto ha un aspetto geograficocurioso: tutti anelano sempre a chi staun pochino più a Nord, come se il“Nord” fosse sinonimo di pace e ditranquillità di spirito, d’equilibrio sociale,d’anelata giustizia.

I nostri altoatesini si rifiutano – penosostratagemma, che si ripete in ogni baralla richiesta di un cappuccino, perbanalissimi motivi – di parlare italiano

come se si trattasse di una caduta diprincipi, di razza, di valore. Nel mentre,i veri austriaci – gli abitanti dell’Inn – lisnobbano con un’alzata di spalle egiudicano gli italiani per quel che sono,ossia se sono educati, rispettosi delleregole e delle leggi...e meno che maiimporta loro che non parlino tedesco.Più della razza – potremmo dire – potéil turismo.A loro volta, i bavaresi sono consideratii terroni di Germania, i francesi del Sud– più che altro per i loro frequenti“soggiorni” algerini in anni lontani –sono sdegnosamente definiti pied noirdai parigini, i gallesi considerati rozzi ebifolchi dagli inglesi delle Midlands...gliitaliani del Sud sono terroni, mafiosi...L’emisfero australe s’è stranamentesalvato da questa curiosa nemesi

geografica, ma solo per una ragione:sono state terre di conquista,completamente alienate dalla lorosubstanzia originale.Perciò, non ci rimane che interrogarel’unica persona che può fornirci unarisposta: Babbo Natale, che èsenz’altro più “in alto”, ossia più a Nord,di tutti quanti.Quando glielo abbiamo chiesto, hasorriso mentre grattava la testa ad unadelle sue renne, che lo osservava conocchi mansueti, pienamente ricambiatoda Babbo il quale – ovvia ovvietà – hafatto finta di non aver compreso ladomanda. Sarà stato il mio pessimolappone, ne sono certo: ai posteril’ardua sentenza.Carlo Bertani

Parlare oggi di politica esteraitaliana è qualcosa che può ben

essere ascritto al genere letterariofantasioso anzi, al genere letterariodella commedia se non della farsa.L’argomento potrebbe concludersi dasubito nella constatazione che nonesiste una politica estera italiana, come

non esiste, d’altro canto, una politicaestera dell’Unione europea.L’esperienza dei pregressi decenni loconferma. Quel che accade nell’ambitodelle relazioni internazionali necostituisce prova evidente.Non è, poi, un caso che, da ultimo, lapolitica estera dell’Italia come titolaritàdel Ministero degli Affari esteri è affidataa personaggi quanto meno improbabiliper competenza, per esperienza e,soprattutto, per indipendenza.Quanto a quest’ultima non se ne puòfare un colpa a chi ha ricoperto il ruolodi Ministro degli Affari esteri per la solaragione che se non è indipendente loStato, non può parlarsi di politica esteradello Stato stesso e certamente nonpuò essere indipendente, nellosvolgimento delle sue funzioni, chiricopre il ruolo di Ministro degli Affariesteri.L’ultimo esempio è rappresentato dallagentile Signora Mogherini e ora dalSignor Paolo Gentiloni.Che la Signora Mogherini sia stata

“promossa” come responsabile dellapolitica estera dell’Unione europea nondice proprio nulla: la gentile Signora inquestione non faceva politica esteraprima e ancor meno la può fare adessoin nome e per conto dell’Unioneeuropea che, si ripete, non ha unapolitica estera comune e né può averlaper la insufficienza delle relative

disposizioni del Trattato di Lisbona, perla indisponibilità in tal senso degli Statimembri dell’Unione e, soprattutto, per icondizionamenti e le dipendenzeaddirittura formalizzate e confermatenello stesso Trattato di Lisbona,derivanti dalla appartenenza di quasitutti gli Stati dell’Unione europea allaNATO, e si sa che le decisioni in ambitoNATO vengono prese dal PresidenteUSA e dal Dipartimento di Statoamericano.D’altra parte, una politica esteraeffettiva si può fare solo in presenza didue elementi necessari: la capacitàeconomica che non c’è per lasituazione di crisi non solo dell’Italia madella intera “eurozona”, e con lacapacità militare e si sa che a taleriguardo la situazione dell’Italia ècorrispondente a quella indicataicasticamente da Giovannino Guareschisull’indimenticato “Candido”: l’Italiasarebbe capace di perdere anche ascopa.Parlando seriamente, la situazione

presente è determinata da cause ormailontane nel tempo ma che ancoracostituiscono una ferita lacerantenell’anima di chi ancora avverte ilsenso della dignità personale e delladignità nazionale.Mi riferisco all’accertato tradimento diben noti circoli e personaggi delleForze Armate italiane durante l’ultima

guerra, alla volgare resa senzacondizioni del 3 settembre 1943 (inlinea con le abituali attitudini traditoriedi chi governa questa sventurataNazione), ad un cosiddetto trattato dipace del 10 febbraio 1947 che fu unatto imposto, un “diktat”, noncertamente un atto minimamentenegoziato pur nelle ridottissimecapacità di uno Stato vinto e che per dipiù aveva voluto essere vinto.Mi riferisco anche alla ratifica delTrattato della Alleanza dell’Atlantico delNord (la famigerata NATO), al qualesono stati sacrificati tutti i nostri legittimiinteressi nazionali; mi riferisco anchealla presenza, oggi, sul territorionazionale di circa 107 basi militari degliUSA o della NATO (che è la stessacosa) e basta considerare che laRegione Sicilia è diventata né più e némeno che una enorme base militareamericana. Per difendere in nostriinteressi? No, per difendere gli interessinordamericani.Al riguardo, è emblematica la

La politica estera italiana

AAuugguussttoo SSiinnaaggrraa

Page 20: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

20 ITALICUM novembre­dicembre 2014

GEOPOLITICA

www.geopolitica­rivista.org

Direttore Tiberio Graziani

Rivista dell’Istituto di Alti Studi inGeopolitica e Scienze Ausiliarie èstata fondata nel dicembre 2011 alloscopo di diffondere lo studio dellageopolitica e stimolare in Italia unampio e de­ideologizzato dibattitosulla politica estera del nostro paese.Si tratta della prima ed al momentounica rivista italiana di geopolitica adapplicare la revisione paritaria(double­blinded peer review).È la rivista ufficiale dell’Istituto di AltiStudi in Geopolitica e ScienzeAusiliarie (IsAG) di Roma. Si tratta diun’associazione di promozionesociale, senza fine di lucro, nata nel2010. Essa promuove variepubblicazioni, organizza convegni eseminari ed offre esperienzeformative, il tutto nell’ottica dellarealizzazione dei suoi scopi statutari,che coincidono con quelli della rivistaGEOPOLITICA.La redazione di GEOPOLITICA ècomposta dai ricercatori associatiall’IsAG. Direttore è Tiberio Graziani,condirettore Daniele Scalea. Garantedella qualità della rivista è unComitato Scientifico di rilievointernazionale. La rivista è trimestrale.Il presente sito, oltre a fornire tutte leinformazioni necessarie suGEOPOLITICA, è anche un portaleinformativo a se stante. Non si trattadi una versione elettronica della rivistaed il materiale qui presente noncoincide con quello che si trova inessa. Ma vi si possono trovarenumerose analisi di politicainternazionale, tutte offerte dall’IsAGin maniera rigorosamente gratuita.

Esteri

conversazione svoltasi il 3 di settembre1943 sulla corazzata USA “Newton”, allargo di Malta, tra il Generale USADonovan e il promotore e gestore dellavergognosa resa incondizionata PietroBadoglio (tutto ovviamenteverbalizzato secondo il tradizionaleformalismo burocraticonordamericano). Alla domanda delGenerale Donovan di quale avrebbepotuto essere il ruolo dell’Italia aguerra finita secondo l’opinione delBadoglio, questi rispose che avrebbeben potuto essere quello di una speciedi agenzia di rappresentanza e difesadegli interessi statunitensi!!Come si fa dunque a parlare oggi dipolitica estera italiana, se non nelcontesto di una rappresentazioneteatrale comica?La “politica estera” italiana è quella dipartecipare a guerre altrui per interessialtrui. Basta pensare all’Iraq,all’Afghanistan, al Libano, alla Serbiae, da ultimo e soprattutto, alla Libia conla quale questa disgraziata Nazione e isuoi inetti e colpevoli governanti sonostati capaci di porre l’Italia nellecondizioni di fare una guerra contro sestessa!E il bello è che ci si vanta del fatto chei militari italiani sono impegnati inmoltissime zone del mondo e ciòcostituirebbe motivo di orgoglionazionale!A parte il fatto che la funzione non èquella di mantenere la pace ma è inrealtà quella di provocare, purinconsapevolmente, l’acuirsi di reazioni

terroristiche, vi è che con enormedispendio di somme gigantesche (enonostante il fatto che in Italia c’ègente che realmente muore di fame ela disoccupazione giovanile ha toccatoormai il 43%), i nostri militari all’esterosono impegnati – rimettendoci pure lavita – a difendere interessi stranieri dibreve, medio e lungo termine.Basterebbe pensare solo al caso deidue fucilieri di marina in India perrendersi conto di quale sia oggi lapolitica estera italiana. Aveva proprioragione Giovannino Guareschi!Tre soli casi si sono verificati nellarealizzazione di una effettiva politicaestera italiana: con il governo Pella(per Trieste), con il governo Craxi(Sigonella insegna) e con il governoBerlusconi e al riguardo basta pensareagli accordi commerciali ed economicistrategici da esso conclusi,specificamente con la FederazioneRussa e con la Libia di Gheddafi.L’hanno pagata cara tutti e tre: Pella,Craxi e Berlusconi, ferme rimanendonei confronti di quest’ultimo tutte lecensure, tutte le critiche e tutte le piùgiustificate repulsioni per la suacondotta personale e per le sue suicidepolitiche economiche liberiste.Se le Forze Armate dello Stato italianonon sono strumento di politica estera(e non lo sono) perché mantenerlevisto che nessuno ci minaccia e quantoa dignità è da tempo che l’abbiamopersa interamente?Si risparmierebbe una cifra enorme disoldi destinabili alla conservazione diquel poco che ancora resta dello Statosociale. Quando lo Stato faceva loStato e cioè si preoccupava delbenessere dei cittadini e di un minimo“standard” di giustizia sociale.E’ amaro dirlo, e può essere ancheparadossale, ma forse l’ultimo atto diindipendente politica estera italiana fula dichiarazione di guerra del 10giugno 1940. Una guerra sciagurata,una guerra mal combattuta se forsenon combattuta e conclusa con laperdita totale di ogni dignità e sensodell’onore, che solo i Combattenti dellaRepubblica Sociale Italiana tentaronodi salvare.Augusto Sinagra

Antonio PannulloAttivisti

Settimo Sigillo 2014pp. 696 euro 39,00

Page 21: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

21ITALICUM novembre­dicembre 2014 Esteri

Dopo settimane di campagnaelettorale, qualche colpo di

scena, sondaggi smentitie tanteaccuse, le elezioni presidenziali inBrasile sono arrivate all’atto finale, ilballottaggio: 1 42 milioni di elettorisono stati chiamati alle urne perscegliere se rimanere sulla stradadegli ultimi anni o cambiaredirezione.

Avrebbe dovuto essere la solita corsa adue fra PT (Partito dei Lavoratori) ePSDB (Partito della Social DemocraziaBrasiliana), la sfida che hacaratterizzato tutto il periododemocratico nel Brasile post­dittatura. I‘90 neoliberali di Cardoso, il nuovomillennio di “sviluppismo nazionale” atinte socialdemocratiche, marchiatoLula da Silva e ora Dilma Rousseff.Invece nella campagna per le elezionipresidenziali del 5 ottobre scorso e’entrato a forza un nuovo contender,sconvolgendo il quadro politico che siandava commentando da diversi mesi:è Marin Silva, la candidata del PSB, ilPartito Socialista Brasiliano.Sale ilnervosismo, si infiammano le accuse, eil dibattito televisivo diventa uno show.Le protagoniste sono loro, le donne delBrasile: Dilma e Marin. Rousseff,presidente in carica, esponente delPartito dei Lavoratori, che mira alsecondo mandato, e Silva, la sfidantesocialista, che obbligherà quasicertamente la pupilla di Lula al secondoturno. Mancano ormai solo sei giornialle elezioni brasiliane, unappuntamento elettorale che vienedefinito il più incerto degli ultimitrent’anni, rimonta di oltre sei puntiDilma, scende Marina, tanto che ora ladifferenza è di 40% a 27%, secondo gliultimi dati di opinione dell’IstitutoDatafolha. La presidentessa si èavvicina quindi a quel 44% che isondaggi le accreditavano all’inizio del2014. Molto distante il terzo incomodo,il candidato del Partito dellasocialdemocrazia brasiliana (PSDB)Aecio Navas, attualmente dato al 18%.Secondo il quotidiano spagnolo El Pais,tra i sostenitori segreti di Silva cisarebbe addirittura Barack Obama.L’amministrazione americana sarebbe

favorevole a un cambio al verticebrasiliano, anche se le posizioniiperecologiste di Silva potrebberodisturbare gli investitori internazionali.Non è comunque lo scandalo Petrobrasa disturbare Dilma secondo i sondaggi,che indicano invece un netto recuperodella presidentessa in carica daquando è venuta alla luce l’ennesimastoria di corruzione in Brasile. Secondo

gli analisti politici brasiliani, l’effettoSilva, la candidata dell’ultimo minutodopo la scomparsa di Roberto Camposin un incidente aereo quest’estate, sistarebbe lentamente indebolendo.L’ambientalista farebbe molto presasulle classi medie, ma il voto popolaresi starebbe orientando nuovamente suDilma. Una eventuale caduta del PTsignificherebbe la fine (prematura?) diun ciclo politico di profondicambiamenti nel paese, e aprirebbeforse a modificazioni sostanziali neldisegno strategico brasiliano per laregione.

Chi è Marin Silva?

Prima candidata afroamericana allepresidenziali, figlia di raccoglitori dicaucciù e analfabeta fino a 16 anni,evangelista ma favorevole ai matrimonigay, la leader ambientalista. MarinaSilva si candida a governare la “nuovademocrazia”, un misto diimprenditorialismo e diritti civili chesarebbe capace di raccogliere laautentica “eredita’” dei migliori anni delLulismo, dopo la mala gestione delgoverno Rousseff. La sua ascesapolitica ha origine proprio da questacontrapposizione con la Presidenteuscente. La Silva era stata infattiministro dell’ambiente del PT durante ilsecondo governo Lula, e aveva lasciatoil partito per candidarsi allepresidenziali del 2010 proprio controDilma, conquistando alla guida delPartito Verde più di venti milioni di votie il terzo posto complessivo.Nonostante la sua immagine “nuova” e“radicale” infatti, la Silva sostiene unaagenda economica che sorpassa adestra perfino il PSDB, incentratasull’indipendenza della banca centrale,lo snellimento della burocrazia per le

aziende, incentivi agli investimentiprivati e una generale opposizione agliinterventi macroeconomici dellagestione petista. Lo staff di DilmaRousseff ha reagito alla crescita dellaSilva accantonando i toni moderatitenuti fino a quel momento eaccettando per la prima volta ilconfronto diretto con gli altri candidati,avviando una “offensiva” del PT contro

la nuova minaccia proveniente dalcentro dello spettro politico. Oltre agiudicarla “inesperta” e inadatta aguidare il gigante sudamericanoattraverso le molte sfide di ordineeconomico e sociale che lo aspettano,la Presidente uscente ha più voltesottolineato come la candidata del PSBnon goda di una base politicasufficiente a governare, il che lalascerà, se eletta, sprovvista dei votinecessari ad esercitare una azione digoverno efficace.

Così hanno deciso gli elettori delgigante sud americano.Né alternanza, né cambiamento: DilmaRousseff succede a se stessa. Haottenuto oltre 53 milioni di voti. Glielettori brasiliani hanno deciso chesarà la Presidente di sinistra a guidareil colosso sudamericano anche per iprossimi quattro anni. In un momentodi difficoltà, con l’economia entrata inrecessione e con il Pil che ha fattosegnare per due trimestri segnonegativo, i brasiliani hanno scelto lasicurezza piuttosto che il cambiamento.E si sono affidati all’esperienza dellasessantaseienne Dilma. Ma il Paese siè diviso in due. Quella di Dilma è statainfatti una vittoria sul filo di lana,preceduta da una campagna elettoralesenza esclusione di colpi, la più asprae combattuta dal ritorno allademocrazia dopo il ventennio didittatura militare. L’ex guerriglieramarxista salita nel 2010 sulla poltronapiù importante del Brasile ha inanellatouna serie di successi che le hannopermesso la riconferma: al primo turnoha sbaragliato l’ambientalista MarinSilva, che sembrava incarnare lavolontà di cambiamento di una largaparte della società emersaprepotentemente lo scorso anno e

La volontà popolare brasilianaha scelto ancora Dilma Rousseff

CCllaauudd ii RReegg iinnaa CCaarrcchh iidd ii

Page 22: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

22 ITALICUM novembre­dicembre 2014

Vladimiro GiacchèAnschluss

Editore Imprimatur 2014pp. 352 euro 18,00

www.eurasia­rivista.orgEditore: Edizioni all’insegna del Veltro, www.insegnadelveltro.itDirettore responsabile: Claudio Mutti

La seconda guerra fredda XXXIII (3-201 4)

EEddiittoorriiaallee

Claudio Mutti, La geopolitica dellereligioni

DDoossssaarriioo –– LLaa ggeeooppoolliittiiccaa ddeellllee rreelliiggiioonnii

Marco Costa, La tradizione confuciananella Cina socialista

Parama Karuna Devi, Narendra Modi eil Risorgimento induista

Ermanno Visintainer, Religioni in Asiacentrale

Carmela Crescenti, Geopolitica delsufismo

Ali Reza Jalali, Geopolitica dell’Islamsciita

Giuseppe Cappelluti, L’Islam russo: ilTatarstan

Vittoria Squillacioti, Le confraternitesufiche in Senegal

Ivelina Dimitrova, Il pilastro ortodossodello Stato russo

Leonid Savin, Chiesa ortodossa russa,Stato e società

Stefano Vernole, L’influenzadell’Ortodossia sulla geopolitica serba

Andrea Turi, Docete omnes gentes. Lageopolitica del Vaticano

Mahdi D. Nazemroaya, Lapersecuzione dei cristiani in Siria e inIraq

Aldo Braccio, Protestantesimo eOccidente

Alessandra Colla, Deus vult. Setteprotestanti e imperialismostatunitense

Kevin Barrett, L’Islam comecontrocultura americana

Gian Pio Mattogno, I fondamentiteologici dell’imperialismo sionista

Ábel Stamler, Una setta sionista inUngheria

Diego FusaroIl futuro è nostro

Filosofia dell'azioneBompiani, 2014

pp. 615, euro 15,00

Esteri

sfociata in oceaniche manifestazioni dipiazza. La conferma di Dilma faràquasi certamente storcere il naso allaCasa Bianca. Nei quattro anni digoverno Rousseff, infatti, le relazionitra il Brasile e gli Stati Uniti sonoprecipitate ai minimi storici.Principalmente per le rivelazioni delDatagate, che hanno permesso discoprire uno spionaggio costante aidanni della Presidente brasiliana, maanche per il ruolo sempre più di rilievodel Brasile come guida dei governiprogressisti dell’America latina dopo lascomparsa di Hugo Chavez. Nel

documento in cui è esposto ilprogramma per il secondo mandato, laRousseff ha riassunto gli obiettivi dipolitica internazionale solo in unapagina e mezza, attribuendo la prioritàai rapporti con i Paesi latinoamericani,poi a quelli africani (da qualche tempoBrasilia sta espandendo i suoi interessinel Continente Nero), arabi e asiatici.Particolare rilevanza è stata data allaCina, primo partner commerciale delPaese lusofono, che importa da quisoprattutto ferro, soia e petrolio. Lacollaborazione tra i due Paesi èproficua, ma il timore di parte della

popolazione e dell’industriamanifatturiera locale è che si trasformiin un rapporto in stile coloniale, basatosull’esportazione di risorse esull’importazione di prodotti a medio­alto contenuto tecnologico. Rilanciarel’economia brasiliana pareindispensabile non solo per conferirestabilità al Paese, ma per dargli lapossibilità di trasformarsi da “potenzanella periferia” a potenza globale.Claudia Regina Carchidi

Page 23: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

23ITALICUM novembre­dicembre 2014 Cultura

1. L’idealismo tedesco come grandereazione filosofica comunitariadell’innovazione individualisticaoccidentale ed i suoi tre grandiesponenti (Fichte, Hegel, Marx)

Prima di iniziare questo capitolo èconsigliabile un preliminare chiarimentoterminologico e tassonomico. Inpressoché tutti i manuali di storia dellafilosofia (di sinistra, di destra, di centro,di sopra, di sotto, di lato, eccetera) si èconsolidata una terminologiaclassificatoria tradizionale, che parla dicriticismo (Kant), di idealismo (Fichte,Schelling e Hegel) e di materialismo(Feuerbach e Marx). Bene, io nonriconosco questa classificazione, e nonriconoscendola, automaticamente nonmi ci riconosco. In queste cose (cito

Hegel) la via maestra è semprepensare da se stessi, e (cito Rousseau)è meglio enunciare un paradossopiuttosto che ripetere un pregiudizio. Mispiace di non avere qui lo spazio permotivare quanto dico, ma l’ho fattoampiamente altrove. Chi conoscesse lamia bibliografia, ci si orienteràfacilmente.In breve, io considero Kant unempirista trascendentale (e non uncriticista se non in senso puramentegnoseologico), considero Schelling nonun’idealista ma un panteista romanticoe soprattutto uno spinozista kantiano(la definizione è di Hegel, ed è moltobene argomentata), considero il grandeFeuerbach l’unico vero materialista delgruppo, e considero invece la triadeFichte­Hegel­Marx non solo idealista,ma interamente idealista. Sareicontento di argomentare il tutto inmodo analitico, ma come ho detto l’hofatto altrove, e comunquemancherebbe qui lo spazio, ed inoltredistrarrebbe il lettore dalla lineaprincipale dell’argomentazione.L’idealismo non è il proseguimentodello spirito dell’illuminismo, ma ne èuna critica “in tempo reale” (o meglio intempo avvicinato e ravvicinato, unagenerazione dopo nel caso di Fichte edi Hegel e due generazioni dopo nelcaso di Marx). Questo fatto,generalmente noto, non è comunque

abbastanza conosciuto. E non è pernulla conosciuto il fatto che la criticaidealistica all’illuminismo ne prende dimira l’individualismo “astratto”. In Fichtequesta critica prende l’aspetto di unafilosofia della storia universale checonnota l’illuminismo come l’epocadella compiuta peccaminosità. In Hegelquesta critica prende l’aspetto dellaricomposizione comunitaria di unaprecedente “scissione” (Trennung)insorta nella storia umana. In Marxquesta critica prende l’aspetto delladenuncia della alienazione(Entfremdung) insorta nella storia dellosviluppo storico dell’ente naturaleumano generico (Gattungswesen). Ilfatto che Dio esista o meno, o che sianecessaria, ed in quale misura e conquali obbiettivi, una prassi

trasformatrice, eccetera, è certoimportante e rilevante, ma questedifferenze non devono oscurare l’unitàdi fondo, per cui i tre grandi idealisti (ecioè Fichte, Hegel e Marx) sonoconcordi nel considerare la storiaumana una totalità espressivatrascendentale, e nel rifiutare diconsiderare la società un insieme diindividui morali (Kant) o di individuieconomici sovrani (il robinsonismo diHume e di Smith). Certo, i manualitradizionali non se ne accorgono, machi pensa che la storia reale dellafilosofia sia contenuta nei manuali puòpensare anche che la terra sia piatta, icapitalisti vogliono il bene deiconsumatori e le feroci oligarchie che cigovernano in modo totalitario siano inrealtà democratiche.

Insisto soprattutto sul fatto che gliidealisti di prima (Fichte e Hegel) e diseconda generazione (Marx) sonoancora vicini temporalmente allo spiritoed alla lettera dell’illuminismoindividualistico settecentesco, edessendone vicini temporalmente non siingannano sulla sua natura storica esociale, che conoscono ovviamentebenissimo, e non lo idealizzano comecoronamento finale della storia sacradell’occidente. Se infatti, per fare uno(squallido) esperimento, ci accostiamoai componimenti degli odierni apologeti

del capitalismo liberale, riscontriamoche nella loro ricostruzione del passatol’illuminismo non è un momento delpercorso dialettico dell’autocoscienzaumana unificata idealmente in un solosoggetto trascendentale­riflessivo, maè un vero e proprio punto terminaledella storia sacra laicizzatadell’umanità. Si parte infatti dallasuperstizione religiosa, vista comegrado zero della coscienza umana, e siarriva all’individualismo illuministico(lato corrosivo in Voltaire, latomoralistico in Kant, lato economico inHume e Smith) come punto terminale,da riproporre oggi contro tutti icosiddetti “totalitarismi” (in particolarecontro i populismi sociali e contro ifondamentalismi religiosi, in particolarequello islamico, cattivo perché non

riconosce la nuova religione laico­olocaustica per senzadio postmoderni).La cosa è infatti ad un tempo grottescae ripugnante e deve nascondere in tuttii modi il fatto che il grande idealismotedesco non è affatto una scuola cometutte le altre, ma è la scuola filosoficaper eccellenza dei tempi moderni, inquanto è la scuola (a mio avviso,l’unica scuola) che ristabilisce il puntodi vista filosofico del modo diproduzione comunitario, nellecondizioni della irreversibilità assolutanon solo della sua forma primitiva, maanche del dispotismo comunitario daun lato, e dell’individualismooccidentalistico, dall’altro. Maspieghiamoci meglio, perché ne valeveramente la pena.Per un significativo caso del destino,l’opera di Fichte che sistematizza laprima versione del sistema idealisticoesce nello stesso anno (il 1794) in cuila testa di Robespierre, l’ultimoilluminista degno di questo nome, cadenel paniere della ghigliottinacapitalistico­termidoriana. Si tratta di unvero e proprio simbolico “passaggio diconsegne” fra la vecchia forma dicomunitarismo anti­ individualisticomoralistico­russoviana e la sua nuovasistematizzazione teorica tedesca, natada una riflessione che partiva dalleaporie del pensiero di Kant. Il pensierodi Kant, spesso sbrigativamente

Il modo di produzione comunitarioIl problema del comunismo rimesso sui piedi

Parte seconda

CCoossttaannzzoo PPrreevvee

Page 24: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

24 ITALICUM novembre­dicembre 2014Cultura

definito come “criticista” (per il fattoautoreferenziale che così lo definiva, innobile falsa coscienza necessaria, ilsuo stesso creatore), in realtà criticistanon lo era per niente, perché criticavaun cadavere nel frattempo già mortoperché ucciso dalle nuove forme dellaproduzione capitalistica, che non avevaaffatto più bisogno di una fondazionereligiosa e di una legittimazionemetafisica. Kant ci mise quasi cinqueanni a capire che il sistema di Fichtenon aveva nessun rapporto con il suo,e lo esternò pubblicamente consolennità nel 1799. Se ci si accosta alsistema di Fichte con un minimo disenso storico e non con la pedanteriadestoricizzata tradizionale, ci si rendesubito conto che il termine Io è lametafora dell’unità ideale del genereumano unificato in un solo soggettotrascendentale­riflessivo, ed il termineNon­Io è la metafora degli ostacolipolitici, culturali e sociali che la granderivoluzione francese aveva dovutoaffrontare a partire dal 1789. Il Non­Io,in altri termini, è la metafora non solodella società feudale­signorile, ma ditutti gli ostacoli al dispiegamento dellalibertà umana accumulatasi nel corsodella storia millenaria dell’umanità. Maquesta generica umanità non era piùconcepita come il teatro passivo delleattività dei tiranni, ma come unasoggettività rivoluzionaria in divenire.Perché, non è forse così? Si pensaforse che il Non­Io sia una montagna ola caffettiera che si trova sul miotavolo?

E tuttavia, anche qui il diavolo sinasconde nel dettaglio. Sembrerebbeinfatti che Fichte sia soltanto ilcoronamento giacobinodell’illuminismo, e cioè una sorta di“kantiano di estrema sinistra”. Questoaspetto è certamente presente inFichte, ma non è per nulla l’aspettoprincipale. Il semplice spiritoilluministico è connotato nella filosofiafichtiana della storia come “epoca dellacompiuta peccaminosità”, e cioè comeepoca della distruzione di certezzeprecedenti, sia pure invecchiate, nonsostituite da certezze nuove e valide.Questa diagnosi, a più di due secoli dalmomento in cui fu avanzata, mi sembraaddirittura sacrosanta. La distruzionesenza ricostruzione è infatti peggioreaddirittura della configurazione alienatadel passato distrutto. Chi distrugge unacapanna di frasche che lo ripara pursempre dalla pioggia prima ancora diessersi assicurato di trovare un rifugiomigliore è uno sciocco. L’illuminismo,visto non come legittimo momento di

inizio di un’epoca di gestazione e ditrapasso(Hegel), ma comeassolutizzazione dell’arbitrio individualespacciato per libertà, è allora il vero eproprio inizio logico e storico delladeriva nichilistica e relativistica in cuisiamo tuttora immersi. La diagnosi diFichte riguarda quindi il 2010 assai piùdel 1810, in cui era anzi per alcuniaspetti troppo severa.La parte politico­sociale del sistemaidealistico di Hegel può sembrare a

prima vista (ed in effetti, in parte è) unacorrezione moderata allo spiritorivoluzionario dell’idealismo di Fichte. Etuttavia la natura comunitaria ed anti­individualistica del sistema di Hegelpermane, ed è facilmente riconoscibilenella sua doppia critica al giacobinismofrancese ed all’economia politicainglese, in cui Hegel (in fondo non deltutto a torto) rinviene un analogofondamento individualistico ed astratto,anche se generoso nel primo caso emiserabile e sordido nel secondo.Tuttavia è del tutto erratal’interpretazione che crede diriscontrare in Hegel l’apologia di unasorta di fine borghese­conservatricedella storia. Questa stupidaggine vienesparsa a piene mani negli ultimi duesecoli, ma è del tutto errata. Hegel nonpensa che il quindicennio 1815­1830rappresenti la fine della storiadell’umanità, finalmente realizzatasinella famiglia patriarcale e nello statoprussiano. Solo un vero imbecillegonfio di delirio di onnipotenzapotrebbe ritenere che il senso storicodel percorso spirituale dell’umanità

possa finire con la propria empiricaesistenza individuale, ed Hegel, adifferenza della maggioranza deicosiddetti “filosofi contemporanei”, nonera un imbecille in preda ad un delirionarcisistico ed autoreferenziale dionnipotenza. Hegel pensava, invece,che nella valutazione filosofica delpresente storico in cui si trovava avivere, bisognasse evitare il “cattivoinfinito” di tipo kantiano e fichtiano, chenon si determinava mai e soprattuttonon si “riposava” mai, mentre si trattavadi far “riposare” lo spirito(metafora perindicare la totalità autoriflessivadell’esperienza umana) nel presente.La filosofia di Hegel è una grandemetafora della “riconciliazione con ilproprio presente storico”, non certo unafilosofia della fine della storia. E tuttaviaquanto scrivo è del tutto inutile. Tutti gliimbecilli continueranno ad attribuire adHegel il delirio autoreferenziale di unperfetto imbecille in preda ad un deliriodi onnipotenza., quello di credersi a tuttigli effetti il Sigillo dei Profeti.Personalmente, credo che Hegel ogginon affermerebbe mai che il mondoattuale, devastato dalla logica delcapitalismo totale, rappresenta unlegittimo “riposo” dello spirito.Marx parte allora esattamente da doveHegel si era fermato, e con lo stessoidentico apparato idealistico. Non esistein Marx affatto il cosiddetto“rovesciamento” dell’idealismo inmaterialismo, a meno che per“materialismo” si intende un fattore nonfilosofico, e cioè la teoria dei modi diproduzione e del primato logico estorico della struttura sullasovrastruttura, cosa che con la“materia” propriamente detta non haalcun rapporto, oppure si intende unadichiarazione di ateismo esplicito, cosache personalmente considero del tuttoirrilevante. Ma di tutto questo è meglioparlare nel prossimo capitolo, cheverterà unicamente sul pensiero diMarx.

2. Il necessario riorientamentogestaltico integrale su Marx. Dalfuturismo utopico del coronamentodella modernità al ricollegamento aduna tradizione millenaria di difesa dellacomunità contro la dissoluzioneindividualistica

Questo capitolo non contienel’ennesima dissertazione marxologica.Non che la marxologia non siaimportante per accertare in modofilologicamente corretto che cosa haveramente detto Marx, o per megliodire che cosa ha inteso dire Marx con

Costanzo PreveVerotà filosofica e critica sociale

C.R.T. 2004pp. 104 euro 12,00

Page 25: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

25ITALICUM novembre­dicembre 2014 Cultura

quello che ha detto. Ma la filologia èsempre e comunque una disciplinaausiliaria, perché i testi devono esserecertamente capiti, ma una volta capitidevono poi essere interpretati. Maneppure l’interpretazione è sufficiente.Una volta capiti, e una voltainterpretati, i testi devono essere“inseriti” in una catena metafisica chene faccia risaltare il significatoall’interno della storia generale delpensiero umano.

Personalmente, mi sono occupato(anche) di marxologia per circatrent’anni, ma ritengo di averlainteramente metabolizzata non solo inuna interpretazione personale originaledi Marx (Marx, filosofo umanista edidealista, titolare di una teoriainnovativa della storia basata sui modidi produzione), ma soprattutto (equesto secondo aspetto è molto piùimportante del primo) in un inserimentometafisico di Marx in una catenatradizionale­comunitaria, e per nullafuturistico­ prometeica della storia dellafilosofia occidentale e mondiale. Hoperso ovviamente molto tempo (maquesto è stato comune a molti membridella mia sciagurata generazione) conle stupidaggini per cui l’unico modo difar risaltare l’aspetto scientifico erivoluzionario­proletario di Marx eraquello di staccarlo completamente dalborghese idealista conservatore,reazionario e spiritualista Hegel. Sitratta di anni perduti, che non ritornanopiù. Ma forse è un bene averli persi,perché essi hanno permesso unprogressivo processo diapprendimento dialettico, che non cisarebbe stato se uno non fosse statoobbligato a congedarsi da questestupidaggini positivistiche. E colgo quil’occasione per ringraziare a posterioricoloro che mi hanno rintronato leorecchie con il loro odio verso Hegel, illoro ateismo ostentato come segnale divera scientificità darwiniana, ed il loroincontinente berciare control’umanesimo e la teoriadell’alienazione, perché senza di essinon avrei potuto accumulare quelfastidio e quel disgusto che fanno labase psicologica per un mutamentoradicale non solo di paradigmainterpretativo, ma anche e soprattuttodi riorientamento gestalticocomplessivo. La totalità è sempreespressiva, ma la percezioneindividuale della sua espressivitàpassa sempre e soltanto attraversouna conversione personale.

Il giovane Marx incorre in un equivoco

molto comune negli esordi di pensatoriacuti e promettenti. Egli ritienesoggettivamente di stare esercitandouna critica “materialistica” a Hegel,sulla base dei due parametridell’ateismo e della sincera intenzionedi voler esercitare in futuro una prassirivoluzionaria antiborghese. In realtà lasua rivolta contro il Padre non è affattomaterialistica, ma soltantonominalistica, ed esordisce con unrifiuto filosofico dell’universale ideale indifesa del particolare materiale. SeMarx avesse proseguito in questoequivoco, sarebbe diventato unennesimo irrilevante empirista, edavrebbe probabilmente sviluppato unsistema socialista affine a quello diRicardo e dei socialisti ricardiani, cheda buoni anglosassoni antimetafisicierano appunto empiristi, ed utilitaristi.Ma per sua fortuna Marx restava unhegeliano provvisoriamente travestitoda nominalista. Non appena si mette ariflettere autonomamente sulla totalitàsociale del suo tempo senzal’ossessivo bisogno giovanile dimostrare a tutti che aveva ucciso ilpadre (Hegel) e lo zio (Feuerbach),Marx fortunatamente ricadenell’idealismo, e parla infatti dialienazione di un ente umano generico.Ma da dove viene la forma diragionamento filosofico per cui esisteun ente naturale generico (tipicacategoria idealistica), che ha subitouna alienazione (altra tipica categoriaidealistica)? Come è possibile chedopo alcune iniziali (ed irrilevanti)mosse nominalistiche Marx ripiombisubito in un (pur riluttante econtraddittorio) idealismo?Questo avviene perché il terreno dipartenza di Marx è l’elaborazioneteorica sistematica della coscienzainfelice borghese, che si rendeperfettamente conto di non poteruniversalizzare concretamente leproprie pretese veritative di origine siailluministica sia hegeliana, in quanto losfruttamento dell’uomo sull’uomo neimpedisce l’universalizzazione. E cosìMarx, che nel 1842 aveva compiutouna critica nominalistica a Hegel,convinto che questo nominalismo fosseuna forma di materialismo, e nel 1844aveva saggiamente elaborato ilconcetto ultra­idealistico di alienazione,già nel 1845 parla di modo diproduzione. Non si tratta affatto di una“rottura epistemologica”. Si trattadell’elaborazione di un nuovo campoteorico (quello della teoria dei modi diproduzione, appunto), che si originadirettamente dalla precedente teoriadell’alienazione. Lo sfruttamento,

infatti, è la forma specifica chel’alienazione assume nel modo diproduzione capitalistico, e viceversa,così come la teoria (filosofica) dellaalienazione e la teoria (economica) delvalore sono la stessa cosa.

Uscito dalla casa dell’idealismosbattendo la porta a ventiquattro anni,Marx ci ritorna a ventisei per nonuscirne mai più. Ma passano solo pochianni, ed in Europa si diffonde come unincendio inarrestabile l’immaginepositivistica del mondo. Tutto ciò chepuò essere detto, al di fuori dellaletteratura, deve essere “scientifico”.Marx è un essere umano, non unsuperuomo nicciano. È dunquecomprensibile che egli inserisca il suoprogetto, che è un progetto di scienzafilosofica in senso hegeliano, in unaforma di scienza positivistica pura. E diqui nasce il particolare paradosso diMarx, quello di una scienza filosoficadella storia che si veste (o meglio, sitraveste) da scienza positivistica dellapresunta (ed in realtà del tuttoinesistente) previsione deterministicadel futuro a partire dalle contraddizionieconomiche e sociali del presente.Questo è il paradosso di Marx,storicamente parlando un paradossofelice, perché la ragione principale delsuccesso del marxismo successivo fuproprio la sua menzogna, e cioè lapretesa di previsione deterministica delfuturo. Non c’è nulla da stupirsi, perchéla ragione principale del successo delcristianesimo primitivo fu parimenti lasua menzogna, e cioè la promessa del

Costanzo PreveUna nuova storia alternativa

della filosofiaEditrice Petite Plaisance, 2013

pp. 538, euro 30,00

Page 26: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

26 ITALICUM novembre­dicembre 2014Cultura

prossimo avvento del regno di Dio. Sitratta della stessa natura del paradossodi Cristoforo Colombo, il cui successo(la scoperta dell’America) è derivatodirettamente dal suo errore (l’idea distare andando in Asia).Si tratta di quello che io chiamo ilfuturismo marxista, e cioè del fatto cheil successo del marxismo vienecertificato (erroneamente) a partiredalla sua proiezione rivoluzionaria nelfuturo. Questo futurismo, a sua volta,viene costruito sui tre elementidell’economicismo, dello storicismo edell’utopismo. Dall’elemento economicoviene ricavata la (falsa) teoria del crolloeconomico del capitalismo.Dall’elemento storico viene ricavata la(falsa) teoria del progressointerminabile ed asintotico finoall’approdo alla razionalità finale. Lasomma di economicismo e distoricismo si chiama utopismo, e diutopismo il comunismo muore (edinfatti ultimamente di utopismo èmorto).

In realtà, e questo non è che ilmaggiore paradosso di un pensiero findall’inizio dialettico, e quindiparadossale (la dialettica è infattisoltanto la forma teorica sviluppata delparadosso, il cui codice genetico èl’unità dei contrari che, unendosi,diventano opposti), Marx non dà luogoad una sequenza futuristica, ma è alcontrario inserito in qualcosa chesoggettivamente avrebbe senz’altrorifiutato (ma tutti rifiutano di avere uncomplesso di Edipo, senza che questosia un argomento decisivo per lanegazione dell’esistenza del complessodi Edipo stesso), e cioè la lungatradizione della resistenzadell’elemento comunitario e solidaledell’umanità contro l’elementoprivatistico e dissolutore.Che l’individuo concreto Karl Marx(1818­1883) avesse o meno accettatoo rifiutato questa auto interpretazione,che dopo la sua morte diventanecessariamente l’interpretazione dialtri, è certo un fatto rilevante sul pianobiografico e letterario, ma non haassolutamente nessuna importanza sulpiano filosofico generale. La filosofiadella storia di Marx può anchemanifestarsi superficialmente nellaforma dell’ “infuturamento” dellafilosofia della storia di Hegel, mapersonalmente ritengo che questoinfuturamento sia un elemento del tuttosecondario. L’elemento principale nonè l’infuturamento futuristico delletendenze già presenti nell’oggiborghese­capitalistico, ma è il

ricollegamento alla lunga tradizionedella conservazione, nei tempi nuovi incui si vive, della struttura comunitaria esolidale della società.La comunità dei marxisti è pronta perun simile colossale riorientamentogestaltico? Ma neppure per sogno!Essendo composta in maggioranza diveri e propri “intellettuali di sinistra”,individualisti e futuristi per loro stessastorica natura, tutto questo le sembrerà

un’ irritante follia. Il fatto è che,purtroppo, essa non ha più nulla a chefare con il pensiero di Marx, maunicamente con la cosiddetta “sinistra”,che è una costellazione culturaleindividualistica e futuristica per suapropria essenza sociologica e politica.Se il problema afferma di essere lasoluzione, ogni soluzione diventaimpossibile. E questa è esattamente lasituazione tragicomica in cui oggi citroviamo, in cui le comunità presunte“marxiste” sono fra i principali ostacoliper la riscossione senza ipotechedell’eredità di Marx.

3. Il modo di produzione comunitariooggi nell’epoca della dittatura totalitariadella globalizzazione capitalisticaneoliberale

Il comunismo è quindi statostoricamente del tutto legittimo, perchéle classi dominate hanno una sorta didiritto naturale e storico assoluto nelloro progetto di abbattimento dellosfruttamento da parte delle classi

dominanti. Certo, esse dovrebberointraprendere un autonomo processodi “purificazione” dei sentimentiregressivi di odio, invidia e vendettamaturati in millenni di oppressione, maquesto non può avvenire soltanto sullabase di invocazioni pecoresche allabontà universale, ma può svilupparsisoltanto in un processo diapprendimento progressivo a basefilosofica e razionale. Così come sono,l’invidia e la gelosia sono sentimentiregressivi. Bastano per i primisaccheggi ed i primi massacri dioligarchi, ma non possono fare da basestabile per una ricostruzione socialecomunitaria. Questo assomiglia aldiritto di saccheggio nel mondo feudale.Ventiquattro ore, al massimoquarantotto ore, poi bisogna cominciarea decapitare i saccheggiatori. Ma perpoterlo fare ci vuole uno stato politico,non basta l’armonia prestabilitaassembleare, il feticcio di tutti i residuianarco­marxisti.Rimettere il comunismo sui piedisignifica sempre e comunque rimetterlosui suoi piedi comunitari. Se in futuro ladistruzione delle oligarchie mercantiliche oggi dominano il pianeta, la classedominante più abbietta dell’intera storiadell’umanità (e sono perfettamenteconsapevole della apparente “enormità”estremistica che sto dicendo), daràluogo ad un modo di produzionealternativo migliore, non si tratterà certodi un generico “comunismo” (che c’ègià stato, ed ha fallito), ma di un nuovomodo di produzione comunitarioedificato consapevolmente su basinuove, che si tratta di esplicitare conchiarezza.Così come ce lo ha consegnato latradizione teorica e storica, il“comunismo” significa soprattutto duecose. In primo luogo, sul piano teorico,si tratta di un anarchismo sociale,liberato dalla famiglia, dalla societàcivile, dalla religione e dallo statonazionale, che sulla base di un enormesviluppo delle forze produttive e dellaproduttività industriale (la finemarcusiana della vecchia “utopia”)realizza il principio per cui ognuno daràsecondo le sue capacità e riceveràsecondo i propri bisogni. In secondoluogo, sul piano storico­politico, si trattadi un grande esperimento di ingegneriasociale a base “scientifica”, protetto dauna cupola geodesica che lo isola dalleinfluenze capitalistiche, che suppliscealla evidente e pittoresca incapacitàstrategica diretta delle classi dominatecon la concentrazione monopolisticadel potere economico, politico edideologico­ culturale in una “cupola” di

Costanzo Preve - Luigi Tedeschi:Lineamenti per una nuova fillosofiadella storia,Il Prato 2013, pag. 283, € 18,00

Page 27: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

27ITALICUM novembre­dicembre 2014 Cultura

amministratori monopolistici dellariproduzione sociale, teleologicamenteorientata ad una fantomatica (epalesemente impossibile) finalitàutopica comunista.

Mi sembra evidente che la secondaconcezione non deriva dalla prima senon nei suoi aspetti “dichiarativi”,teleologico­utopistici. Ma qui non sitratta di fare l’ennesima discussionemarxologica, quanto di capire cheentrambe le varianti, la teorica­filosoficae la pratica­politica, hanno fallito, e nonconviene riproporle. In breve, diciamoche l’errore di entrambe le varianti èunico, e si trova nel comune (epatologico) nesso di individualismo e diutopismo. Togliamo al modello dicomunismo l’impasto di individualismoe utopismo, rinveniamone le radiciprofonde, estirpiamo queste radici, epotremmo finalmente parlare di modo diproduzione comunitario.Il codice culturale del comunismostorico­politico che abbiamo conosciutonel novecento (e che fortunatamentesopravvive ancora oggi in alcunibenemeriti stati) è stato un collettivismoa base individualistica. Questaformulazione, provocatoriamenteincomprensibile a coloro che non sonostati educati filosoficamente al pensierodialettico, è parimenti incomprensibileper i confusionari bene intenzionati checonfondono la comunità con ilcollettivismo. Eppure il modello delcollettivismo individualistico è statoformulato in modo chiarissimo daRousseau (democrazia diretta, volontàgenerale, passeggiata dell’individuosolitario, abbandono dei figli alla ruotadei conventi, eccetera), e vale la penadi osservare che l’individualismorigoroso è il solo minimo comundenominatore di Rousseau con ilrestante pensiero illuministico.Rousseau non condivide quasi nulla delmodello illuministico (in particolare, noncondivide l’ideologia del progresso), masu di un punto è perfettamente“allineato” con gli altri illuministi, e cioèsull’individualismo più estremo. Il nuovocontratto sociale russoviano, chedovrebbe sostituire il vecchio contrattosociale iniquo e disegualitario, vienestipulato fra individui isolati giàsvincolati dalle precedenti comunità.Rousseau e Smith, per il restoapparentemente su sponde opposte,hanno in comune il culto di RobinsonCrusoè come monade lavorativaoriginaria isolata. Il comunismo storiconovecentesco eredita da Rousseaul’idea per cui la collettività antiborgheseè composta da individui “di sinistra”

svincolati da qualunque appartenenzacomunitaria precedente, familiare,professionale, statuale, nazionale,linguistica, religiosa, eccetera. Unincubo ultraindividualistico scambiatoper solidarismo comunitario, sulla basedella distruzione delle comunitàprecedenti, ritenute reazionarie econservatrici.Hegel aveva già a suo tempo capitoperfettamente che cosa non andavanella concezione illuministicadell’individuo, assolutamente identicanella versione di “destra” (Voltaire) e di“sinistra” (Rousseau). L’ho già detto, enon ci ritorno sopra per brevità. Allievodi Hegel, anche Marx avrebbe dovutocapirlo, ma il suo nominalismo gli rendeassai difficile farlo, perché ilnominalismo è sempre e soltanto unarivendicazione di individualismo, anchequando la sua funzione sociale èpositiva (pauperismo francescano diOccam,eccetera). Inoltre, a fianco delsuo essere comunista, Marx è talvoltasciaguratamente di “sinistra”, nel sensoche è interno alla critica artistico­culturale (Boltanski) all’ipocrisiaborghese, critica vista come premessaculturale indispensabile alla criticaeconomico­sociale del modo diproduzione capitalistico.Ma così non è. O meglio, così èsoltanto per un limitato periodo dellastoria del capitalismo. In realtà,l’individualismo di sinistra, nutrito dellosmascheramento avanguardistico deicostumi sessuali ipocriti della famigliaborghese, è un alleato tattico e nellostesso tempo un avversario strategicodel solidarismo comunitario. In questomodo tragicomico, il comunismo nonviene pensato come modo diproduzione comunitario, privo didominio oligarchico privatistico ma pursempre caratterizzato da una piccola emedia produzione mercantile, dallapermanenza della famiglia, dellasocietà civile, dello stato, della religione(per chi la vuole, ovviamente),dell’identità nazionale, eccetera, maviene pensato come una sorta dianarchismo sociale anomico, di tipofuturistico­prometeico. Il mondo orribiledell’anarcoide Toni Negri al posto delmondo immensamente più sensato delbenemerito musulmano Ahmadinejad.Mi rendo perfettamente conto cheindividuare nella cultura dissolutivadell’anarchismo individualistico dellaodierna “sinistra” un alleato strategicodelle oligarchie capitalistiche liberaliapparirà a prima vista talmentestraniante da essere incomprensibileanche ai meglio intenzionati. Eppure èla verità, per di più espressa in forma

moderata. E tuttavia, è necessarioindagare, a fianco dell’anomiaindividualistica superficialmentecollettivizzata, l’elemento utopico.

L’utopia è la religione del collettivismoindividualistico. In quanto religione,essa ne rappresenta anchel’alienazione nel senso proprio dellefilosofie di Feuerbach e del giovaneMarx. Il collettivismo individualistico ètalmente impregnato di distruttività neiconfronti di qualunque elementosolidaristico e comunitario precedente(la famiglia, la professionalità, lo statonazionale, la religione comunitaria,eccetera), da essere mosso da unavera e propria distruttiva “furia deldileguare” (l’espressione è di Hegelnella sua critica a Rousseau) neiconfronti di tutto ciò che resiste al suocannibalismo (sia eterofagico chesoprattutto autofagico). Tutto deveessere distrutto, perché si possafinalmente arrivare, magari accelerandola storia (Koselleck) al punto finaleutopico di essa. Esso non esiste, manon fa nulla. Anche il Dio dell’inquisitoreTorquemada non esisteva, maciononostante esigeva continui sacrificiumani. E questa, appunto, è la funzionedella teoria utopico­teleologica.In proposito, i numerosi confusionariche hanno affollato la storia delmarxismo, hanno spesso contrappostoil lato utopico del marxismo al latomeccanicistico e deterministico.Sciocchi e supersciocchi! Ildeterminismo economicistico e

l’Massimo BontempelliL'agonia della scuola italiana

C.R.T. 2000pp. 144, euro 10,00

Page 28: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

28 ITALICUM novembre­dicembre 2014Cultura

utopismo volontaristico hanno la stessaidentica base teorica nel teleologismoprefissato della storia. Bisognarompere con ogni forma di utopismoteleologico, oppure non sarà possibilearrivare a concepire un sobrio epraticabile modo di produzionecomunitario.Bisogna quindi rendersi conto fino infondo che l’utopismo non è il puntoterminale di un delirio religioso, ma è ilpunto terminale di un deliriopositivistico a base individualistica. Perquesta ragione, sono costretto amalincuore a ritornare su di un puntogià ampiamente discusso, ma temo (eparlo per lunga esperienza pregressa)poco assimilato. In breve, l’utopismoche sta alla base del collettivismoindividualistico, tallone d’Achille delcomunismo storico recentementedefunto (senza che questo implichi lamadre di tutti gli incubi, la finecapitalistica della storia), non derivaassolutamente da un fondamentoreligioso, e cioè la famosasecolarizzazione della escatologiamessianica giudaico­cristiana, maderiva in modo pressoché esclusivo dauna utopia positivistica, la fine dellastoria attraverso la perfettaamministrazione scientifica e tecnicadei rapporti sociali ridotti a “cose”.Paolo di Tarso non c’entra niente.Centra, semmai, l’eredità illuministica diSaint­ Simon. Non c’entra ilmessianesimo. C’entra la reificazione.Una volta assodato questo punto, cheperaltro è un sottoprodotto concettualedel riorientamento gestaltico dalfuturismo prometeico dell’impossibilesocietà interamente trasparente a sestessa alla ricollocazione delcomunitarismo nella storia generaledell’umanità, si sono poste le basifilosofiche per pensare il modo diproduzione comunitario. Ed il discorsonon solo finisce, ma inizia. Inizia, però,con il piede giusto e con una mappaaggiornata dei possibili percorsi.

Anziché seguire il metodo platonicodella costruzione dello stato comunistautopico ideale seguiamo il metodoaristotelico della classificazione delle“costituzioni” politiche oggi (2009)esistenti al mondo. Il totalitarismocapitalistico neoliberale,incondizionatamente il nemicoprincipale (altro che populismo,fascismo, integralismo,fondamentalismo, eccetera, comeurlano i gruppi universitari al serviziodelle oligarchie!), è un edificiosolidamente costruito con criteriantisismici (i muri di burro sono riservati

alla plebe lamentosa che auspica ilgoverno dei giudici, la peggiore formadi governo dai tempi di Attila re degliUnni). Essendo un edificio solidamentecostruito con criteri antisismici, larecente crisi esplosa nell’agosto 2008lo ha soltanto purtroppo sfiorato. Glieserciti delle oligarchie finanziarie sonoancora tutti intatti (ceto politico, circomediatico, clero universitario,apparatipolizieschi e militari, Nato mondiale,

eccetera). E quindi, nessuno stupidoottimismo “crollista”.In posizione assolutamente marginaledi fronte a questo sistema oligarchico dinemici dell’umanità esistono alcuneformazioni statali e politiche, in parteresiduali. Ci sono ancora due stati apianificazione statale integraledell’economia (le benemerite Cuba eCorea del Nord). Ci sono due statiautoritario­confuciani di comunismocapitalistico ad economia mista (Cina eVietnam). Ci sono meravigliosi esempidi regimi popolari ad economia mista (ilbenemerito Chavez e l’ancora piùbenemerito Ahmadinejad, che Allah loconservi a lungo). Ci sono ancora tribùcomuniste residuali in Portogallo eGrecia, che possano resistere ancora alungo. In Francia il comunismo resisteancora, sia pure impotente, perchéalleato con i residui del gaullismo disovranità nazionale, all’interno di unaSarkolandia che mi ricorda il secondoimpero di Napoleone III. L’Italia è uncaso particolare ed insuperabile (unvero e proprio caso di scuola) didegenerazione assoluta, in cui la

cosiddetta “sinistra” è ormai un gruppoimpazzito di veri e propri nemici delpopolo realmente esistente, in quantocostoro hanno sciolto il popoloveramente esistente e ne hannonominato un altro composto da cultodei migranti, gay prides, golpismomoralistico, religione olocaustica,ideologia dei diritti umani, antifascismoin assenza completa di fascismo edaltre aberrazioni. Ma l’Italia, appunto,non fa testo, perché è una eccezione discuola. La sola cosa che occorresegnalare a chi si interessasseseriamente al modo di produzionecomunitario (ed alla cultura politica chedovrebbe accompagnarlo) è che nonavrebbe senso cercare di “accreditarsi”presso queste compagini dissolutive.La loro dissoluzione, allo stato attualedelle cose, non può essere arrestata.Il modo di produzione comunitario, inpoche parole, è la forma naturale dellaconvivenza umana. Questo non eliminaassolutamente la storicità, perché lastoricità è la forma temporale in cui simanifesta la specificità ontologicadell’uomo come animale specifico. Lacomunità umana, infatti, a differenzadelle forme comunitarie trasmessegeneticamente (animali sociali, ecc…),ha una storia che ne modificaradicalmente le forme culturali,economiche e politiche. Naturalità estoricità sono dimensionicomplementari, che soltanto lostoricismo e il naturalismo mettono incontrapposizione. Il modo diproduzione comunitario, oggi, èsemplicemente il comunismo spogliatodella sua inapplicabile edinsopportabile forma utopica. Adifferenza di come oggi sostiene lacomunità universitaria dei filosofiliberali e postmoderni, la verità noncomporta assolutamente l’autoritarismoed il totalitarismo di chi vuole applicarlaad ogni costo. È la falsità storica edontologica che comportanecessariamente la violenza per poteressere applicata. L’utopismo è unainapplicabile menzogna positivistica, enon può essere applicato senza laviolenza. Detto questo, non è possibileeliminare dalla storia la violenza deglisfruttati contro gli sfruttatori, e deidominati contro i dominanti. Questaviolenza resta legittima, ma questo nongiustifica l’arbitrio terroristico di pochiche non interpretano la volontà deimolti. Lo stupido pacifismo diffusosinegli ultimi trent’anni nelle cultureestenuate dell’Europa asservitaall’impero USA ha contribuito a fardimenticare questa ovvietà, che deveessere invece ribadita con forza.

Luca GrecchiKarl Marx nel sentiero della verità

C.R.T. 2003pp.162 euro 15,00

Page 29: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

29ITALICUM novembre­dicembre 2014 Cultura

Sarebbe bello che bastasse ilconvincimento amicale. Ma se ildominante non è convinto dalconvincimento amicale, è necessariopassare a metodi più “convincenti”.

Sarebbe assurdo in questa sedepassare alla descrizione dei particolariculturali, sociali, economici, politici esociologici su come potrebbeconcretamente configurarsi oggi unmodo di produzione comunitarioall’altezza dei nostri tempi. Questo

risulterà da processi storici reali e nonpuò essere prefigurato da anticipazionibenevole, inevitabilmente retoriche epredicatorie. Ciò che invece bisognaripetere è che se il comunitarismocontinua a limitarsi ad invocarecomportamenti solidali alternativi egeneriche “attenzioni all’Altro” la suasconfitta è certa. Non può che essereriassorbito nelle lagne caritative degliapparati religiosi oppure nelle dottedissertazioni delle scuole universitarie.Quale proprietario egoista ammalato e

fallito economicamente non diventaimprovvisamente “comunitario”? Sitratta invece di riportare la comunitàall’interno della storia universale, dellafilosofia della storia, della criticaradicale e senza compromessi alcapitalismo ed all’imperialismo ed allateoria dei modi di produzione. Qui sta ilproblema. Il resto è soltanto un coro dibelati pecoreschi di anime belle.Costanzo Preve

Esiste una contraddizione difondo della democrazia: quella

di essere una forma di governocome tutte le altre, ma diconsiderarsi in assoluto la migliore,per una assodata modalitàautoreferenziale.Essa viene propinata come unagestione aperta e tollerante della cosapubblica, in mano ad un gruppo politicorappresentativo della maggioranza deicittadini, mentre nella realtà dei fattirisulta dimostrarsi una oligarchiaasservita a poteri transnazionali per ilpotere esterno, ed in quello interno

soggiogata e ricattata da minoranzeattive e particolarmente agguerrite.È proprio in quello interno che ladoppia morale si manifesta in manierapiù diretta e facilmente visibile.Prendiamo l’esempio del caso Cucchi.Il 15 ottobre 2009 i carabinieri lofermano per aver ceduto delle bustinesospette in cambio di denaro. Allaperquisizione risulta detenere 12confezioni di hashish per un totale diventuno grammi, tre confezioni dicocaina pronte allo smercio. Al Giudiceper le Indagini Preliminari dichiara: “Hoaltri precedenti penali, però non perdroga. Per prima cosa voglio dire chesono tossicodipendente. Compro ilmetadone, ma non vado al Sert perchého avuto discussioni con alcunepersone e nun ce posso andà”. Dueannotazioni essenziali: è unpregiudicato per altri reati e si procura ilmetadone attraverso il canale illegaledello spaccio. Ora, a prescindere datutta una serie di argomentazionitecniche di carattere internistico emedico­legale inerenti la sua morte e laragionevole sentenza, è ammissibile

che i familiari siano accolti dalpresidente della Camera? Che deigiudici quasi si scusino per il verdettoassolutorio dei presunti colpevoli(medici, infermieri, poliziotti ecarabinieri)? Che gli venga dedicato undocumentario sponsorizzato daAmnesty International, così come unMemorial di Boxe e brani musicali?Ma chi era Stefano Cucchi: undissidente politico? Un cittadinoindifeso? Un povero padre di famiglia?O un deviante pregiudicato capace diintendere e di volere che spacciandoprocurava del male al suo prossimo?

Altro esempio. Zakir Hossain, unlavapiatti bengalese viene ucciso conun pugno da un tunisino. Si legge sultelegiornale che sarà concesso unassegno mensile dalla sede pisanadell'Inail, nel corso del consigliocomunale aperto in occasione dellaFesta della Toscana, dedicata dallacittà proprio a Hossain. L'assegno, cheverrà recapitato direttamente allafamiglia in Bangladesh, avrà validitàretroattiva e avrà effetto fin dalla datadella morte del lavapiatti bengalese. Il50% dell'importo spetterà alla moglie inmodo permanente finché resterà in vita,mentre la parte restante è per i tre figli,che ne potranno beneficiare fino alcompimento della maggiore età o, seproseguiranno gli studi, finché nonsaranno in grado di mantenersiautonomamente. Oltre alla concessionedel vitalizio, la città scoprirà una targanel luogo dell'aggressione, e saràanche rilanciata la raccolta fondi afavore della famiglia del bengalese.Ora: quante famiglie italiane dovrebbeusufruire di un assegno Inail avendo unmembro ucciso in un atto di violenza,

sia esso un incidente stradaleprovocato da un criminale alla guida,un ubriaco o un tossico o unrapinatore? E le famiglie delle personeassassinate a picconate da Kabobo?Ancora un esempio. C’è in Italia unalegge liberticida che porta il nome diMancino, con la quale si persegue e sicondanna tutti coloro che mettono indiscussione a parole e con scritti dellepresunzioni di verità storica. Ma qualestoria? Non certo quella resistenziale,secondo cui l’attuale repubblicasarebbe nata dalla sollevazione di unpopolo contro l’oppressore. Non certo

quella delle fobie, nelle cui cavitàsarebbe stati gettati pochi criminalifascisti, un misto di delatori e ditorturatori. Non certo quella legata alprimo patto Stato­mafia, attraverso ilquale antifascisti mafiosi e mafiosiantifascisti – l’aggettivazione noncambia il senso della definizione –hanno collaborato in immondacomplicità con massoni e Savoia altradimento e alla svendita dell’Italia alnemico. No! La storia da revisionare –o più giustamente da riscrivere e dastravolgere – è quella legata alfascismo, dalle sue origini alla suasconfitta militare.Insomma, mentre da un lato una partefaziosa e manipolatrice continua adincensare il sistema democraticoilluminandolo di una luce di onestà, dipurezza e di apertura mentale eculturale, dall’altro – la realtà dei fatti –lo denuncia come iniquo, settario eprevaricatore.Si pensi al comportamento ricattatoriodi minoranze eversive checondizionano la stessa libertà di parola.Come ha giustamente postato su

La doppia morale democratica

AAddrrii aannoo SSeeggaattoorrii

Page 30: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

30ITALICUM novembre­dicembre 2014 Cultura

Facebook un amico, attualmente chiuccide un omosessuale incorrenell’aggravante dell’omofobia, chiuccide una donna in quella delfemminicidio, mentrecontemporaneamente uccidere unfascista non è culturalmente epoliticamente un reato, maesprimerebbe soltanto una azionelibera e antagonista.Dire che gli antifascisti erano mandatiin villeggiatura a Ventotene, a Lipari onelle Tremiti, tanto che supportati dauna congrua diaria e dal dolce farniente avevano potuto tranquillamentetramare e stilare il famoso Manifestoattualmente simbolo italico in Europa;oppure decantare le 147 città difondazione, l’Accademia Italiana, ilCodice Rocco e la riforma Gentile, labonifica pontina sono affermazioni diuna più o meno palese apologia difascismo. Affermare invece che le foibesono una invenzione della reazione,

che gli assassini del IX Corpus di Titosono stati i liberatori di Trieste, che ilcomunismo è stata ed è la più altaespressione di libertà, che i gulag sonoun’esagerazione della paranoiaoccidentale, tutto questo non èdelirante negazione della realtà o, insubordine, un’aberrazione storica eantropologica, ma un giustoriconoscimento a coloro che si sonobattuti e si battono per la democrazia ela pace tra i popoli.Ad un certo punto, se si analizzanoscritti e parole che vengono profusidalla propaganda attuale del sistema,non si capisce più se siamo nellacattiveria orwelliana della neolingua edella reiscrizione della storia o abbiamogià sconfinato nella patologia mentale enel delirio collettivo.Siamo al punto che il bene e il male, laverità e la menzogna, il lecito e ildisonesto, il bello e il brutto, il normalee il patologico, il naturale e il

degenerato non sono più categoriedefinite da un dispositivo di armonia edi ordine, ma sono variabili legate allaparte ideologica e alla lobby minoritariae agguerrita che le esprime.Come, da tempo, non c’è più lacertezza della pena, così si è arrivatiall’incertezza della responsabilità, delpensiero e della stessa parola. Siamoall’interno di una melassa di princìpi edi valori dove la morale democraticasguazza, dando patenti di credibilità edi ammissibilità solo a coloro dallaquale è ricattata o dalla qualepresuppone di avere benefici dimaggioritaria forza, in nome e perconto di quella opinione pubblica che, aragione, uno dei più grandi avvocatidell’altro secolo, Vincent Moro­Giafferi,ha chiamato <<quella puttana che tira ilgiudice per la giacca>>.Adriano Segatori

Quando si crede nell’ individuocome persona umana e non

come numero imbastardito, si è adisagio nella società dei costruttoridi artifici economici.

Quando si ama la propria terra natìa,fatta di boschi, paesaggi, volticonosciuti, silenzi di natura profonda, cisi sente estranei al caos volgare dellamassa cosmopolita. E quando si credealla dignità dell’uomo, al suo onore divivere in sintonia col creato e inarmonia con una vita semplice eonesta, nella comunità dei similisolidali, si avverte repulsione per ilmondo sub­umano dei trafficanti didenaro, dei lucratori del lavoro altrui,della setta oscura che giorno e nottetesse la tela delle frodi finanziarie edegli inganni ideologici umanitari.

Knut Hamsun fu di questo stampo:l’uomo europeo eterno. Un figlio dellasua terra, la Norvegia, che portòsempre nel cuore anche quando, dagiovane, visse a lungo in quell’altromondo, quel vero e proprio mondo allarovescia che erano già alla finedell’Ottocento gli Stati Uniti: la terra

promessa della schiuma dell’umanità,dove alcuni avventurieri senza scrupolierano diventati magnati e grandicapitalisti, dando fondo con l’ottusitàfanatica che è tipica del talmudista

quacchero a tutto un prontuario diegoismi utilitaristi, in ossequio allalegge oscena del profitto. Hamsunebbe modo di conoscere bene e davicino il concetto di “libertà” in uso nellarepubblica stellata, i suoi metodi di“umanitarismo” massonico e la suapratica di perversione acquisitiva.Conobbe di persona l’ignoranza e larozzezza intellettuale, la povertàspirituale e l’arroganza di un ammassoumano che con l’idea tradizionaleeuropea di popolo non ha mai avutonulla in comune.Un paese che, eternamente con laBibbia in mano, praticò e pratica loschiavismo molto più a Nord che a Sude sia in casa propria che nelle altrui efin dagli esordi, erigendo quellaspaventosa società di paria alienati cheè la cosmopoli industriale, nella cuifornace sin dalle origini venivano gettatibambini, donne, negri e immigrati diogni sorta, al fine di costruire un freddo

Leviatano, al cui vertice una ristrettacongrega di arricchiti dominava giàallora con metodi discriminatori unamassa enorme di manipolati. Lavolgarità dei gusti americani fu ben

tratteggiata dal giovane Hamsun, ilquale, fin dai suoi tempi, riconobbe lasostanza inferiore di una mentalità cherifiuta l’intelligenza in favoredell’astuzia, non riconoscendo il geniocreatore ma solo la scaltrezzanecessaria al parvenu per far fortunacon la frode, per accumulare denaro epotere.In La vita culturale dell’Americamoderna (1889) il giovane Hamsunavanzava osservazioni che ognuno dinoi, a così tanti decenni di distanza,farebbe bene a rimeditare: «Dal puntodi vista dello spirito, l’America è inrealtà una nazione terribilmentesorpassata. Possiede uomini d’affarienergici, inventori scaltri, speculatoritemerari, ma ha troppo poco spirito,troppa poca intelligenza... In America siè sviluppata una vita che ha come uniciscopi il procacciamento del cibo,l’acquisizione di beni materiali el’accumulo di patrimoni. Gli Americani

LLuuccaa LLeeoonneell lloo RRiimmbboottttii

Knut Hamsun,pagano europeo contro Mammona

Page 31: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

31 ITALICUM novembre­dicembre 2014Cultura

sono talmente presi dalla loro corsa alguadagno che su questo si concentratutto il loro ingegno e ogni lorointeresse orbita intorno al profitto. Icervelli si assuefanno a lavorare solocon valori e sfilze di numeri, i pensierinon hanno occupazione più gradita diquella offerta dalle diverse operazionifinanziarie».La miseria morale di un anti­popolosuddiviso fra padroni detentori dellaricchezza e massa anonima istigataall’unica legge del consumo, venivavista da Hamsun come ladegenerazione e il rovesciamentodell’ideale europeo di civiltà. Era giàqualcosa di morto nonostante fosseappena nato, qualcosa di corrotto esuperato. La sindrome delproduttivismo ha generato incultura eistinti volgari, in un mare di piattezzadozzinale, dove ogni barlume di quellapoca cultura ricevuta di seconda manodall’Europa diventava, allora comeoggi, “merce di strada”, giornalismopopolano, sensazionalismo plebeo,una merce priva di ogni stile, qualità,valore: «In America ­ scriveva Hamsun­ non c’è possibilità di sviluppo per lecose che non possono essere misuratein numeri e non c’è, quindi, nessunasperanza che possa nascere una vitaintellettuale... Gli Americani sonouomini d’affari, nelle loro mani tuttodiventa operazione economica, masono gente poco spirituale e la lorocultura è pietosamente inesistente».L’America ha riciclato gli sbandati dimezzo mondo, ne ha fatti dei cittadini,ma cittadini americani, e nulla di più.Essi sono un deflagrante miscuglio diiattanza anglo­calvinìsta e di carenzavaloriale, di stampo apolide ecosmopolita. Il tutto, pericolosamenterimestato, ha prodotto il paradossaleetnocentrismo statunitense, un’acidainfusione di fondamentalismo biblista,insolenza xenofoba, fanatismoprovinciale. Hamsun sottolineava conforza questo grossolano oltranzismo:«L’assoluta ignoranza nei riguardi deipopoli stranieri e dei loro meriti è unodei difetti nazionali dell’America. GliAmericani non studiano il grandesapere universale nelle loro common­schools. La sola geografia autorizzatain queste scuole è quella americana, lasola storia autorizzata è quellaamericana ­ il resto del mondo vieneliquidato con una appendice di un paiodi pagine». Ed è infatti risaputo che lefamose università americane, senza lacattura a pagamento dei miglioricervelli europei, sarebbero solo vuotecattedrali di ignoranza e di incoltoprovincialismo.

Hamsun elogiava l’autoctonia, non ilprovincialismo; l’autoctonia di chi,avendo come lui molto viaggiato, aragion veduta riconosce l’importanzadelle radici, della Heimat, del contattocon le sane e immutabili origini. Natonel 1860, Knut Hamsun fin dallagiovinezza fece tutti i mestieri, dacalzolaio a maestro elementare aspaccapietre, finché la sua sete un po’vichinga per gli spazi non lo portò in

America dove, anche qui, nonostante ilsuo animo sensibile e le sue doti dipoeta e scrittore, non si peritò di fare ilvenditore ambulante o il cocchiere:spirito di viandante, non emigranteignaro e disperato, ma uomo bencosciente della sua dignità. Tanto chedopo aver molto visto e conosciuto inAmerica, in Europa e in Asia, se netornò alla sua terra e di questa, sentitacome Madre­patria e scrigno di identità,divenne uno dei massimi cantori cheabbia avuto la narrativa europea.Amore per le proprie radici, culto dellaterra madre, devozione panteista versola natura e le sue segrete energie,esaltazione della vita semplicedell’uomo dei campi, di colui chedifende la propria personalità dagliassalti della violenta societàprogressista.Questi i valori di Hamsun. Da uomoantico, egli disprezzava le “mezzeculture” che hanno partoritol’industrialismo e la febbre mercantile;in lui il prestigio aristocratico del“signore della terra” è una celebrazionedi potenza poetica, che ne fa, insiemead altri ingegni (pensiamo a Pound, ad’Annunzio, a Heidegger), uno degliultimi grandi testimoni della civiltà

europea. Il suo soggettivismo (che nonè egoistico individualismo alla liberale,ma eroismo faustiano di un figlio delpopolo) e il suo lirismo naturalistico loinnalzano a figura degna di unpaganesimo mistico, che si leva in unavibrante condanna della razza deiprofittatori.Rude anima nordica, la sua, macapace di passione, di sensualecommozione e di dolci abbandoni, allamaniera della natura, che sa essere adun tempo selvaggia e tenera. Hamsunera capace di misterici trasporti,conversava con piante e pietre,avvertiva presenze sacre nei silenzinotturni: «È la luna, dico in silenzio, conpassione, è la luna! E il mio cuore batteper lei con nuovi battiti. Dura qualcheminuto. Un alito di vento, un ventosconosciuto viene a me, una stranapressione dell’aria. Che cosa è? Miguardo attorno e non vedo nessuno. Ilvento mi chiama e l’anima miaassentendo si piega a quel richiamo edio mi sento sollevato dalle realtàcircostanti, stretto a un invisibile petto, imiei occhi si inumidiscono, io tremo.Dio è in qualche luogo vicino e miguarda...», così scrisse in Pan (1894),uno dei suoi capolavori.A un simile poeta, tuttavia, la loggia, deifabbricanti d’odio volle riservarel’infamia. Vincitore nel 1920 del premioNobel per la letteratura, Hamsun avevafin da giovane aderito al movimentoneoromantico nazionalista norvegese,che conciliava laengtam (la volontàinflessibile) con staenming, l’armoniacosmica in cui uomo e macrocosmo sifondono. Amico della Germania maanche della cultura russa, vide confavore l’ascesa del nazionalsocialismotedesco, ravvisando in Hitler i tratti delvendicatore della tradizione europeacontro i manipolatori economici efinanziari e il creatore di una nuovareligiosità di stirpe. Rese visita alFührer nel 1942 al Berghof, collaboròcol regime di Quisling, difese il progettoeuropeo con l’arma della sua penna. Equando Hitler morì tragicamente, lungidal piegare la testa dinanzi ai vincitori,su un quotidiano di Oslo ne celebrò lafigura di «guerriero in lotta perl’umanità, un apostolo del diritto deipopoli e un riformatore del più altorango».Ce n’era abbastanza perché, allamaniera con cui gli americani e isovietici usavano trattare i lorooppositori intellettuali, nel 1945 venissegiudicato pazzo e rinchiuso inmanicomio, ripetendo la medesima viadi passione imposta a Ezra Pound. Nelsuo libro Per i sentieri dove cresce

Page 32: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

32 ITALICUM novembre­dicembre 2014Cultura

l’erba, scritto negli ultimi tempi dellasua vita, Hamsun così ricordava ladichiarazione che aveva resocoraggiosamente davanti ai giudici: «Miera stato detto che la Norvegia avrebbeoccupato un posto eminente nellagrande società mondiale germanica ingestazione; chi più chi meno, allora tuttici credevano. E anch’io vi avevocreduto... Pensate: la Norvegia del tuttoindipendente, rilucente di luce proprianell’estremo nord dell’Europa! E quantoal popolo tedesco, come pure al popolorusso, io li vedevo come astri rilucenti.Codeste due potenti nazioni mipossedevano e pensavo che esse nonavrebbero deluso le mie speranze!».

Il sogno europeo di Hamsun parveabominio ai suoi giudici democraticiasserviti ai nuovi padroni, la suapassione per la patria eterna propriodai traditori venne spacciata pertradimento. Condannato nel 1948 a un

risarcimento in denaro per i suoi“crimini”, Hamsun fu rovinatomoralmente e materialmente e,ultranovantenne, venne infine rinchiusoin un ospizio e ufficialmente diffamato.Ma ciò che a noi resta di lui, e che isuoi persecutori non poteronocancellare, è l’esempio di una vitalibera e nobile, di un uomo che non hapiegato la schiena neppure nellasventura. Resta la sua religione dellavita, del lavoro onesto e silenzioso, lasua mistica della solitudine creatrice,del senso panico della naturaprimordiale e del popolo che vive insintonia con la sua terra. Restano i suoivalori di uomo della tradizione cheattraversa la degenerazione dellamodernità senza farsene contagiare,ma anzi rinsaldando la volontà diopporre la qualità alla quantità, la forzadi un Io integro allo sfaldamentocoscienziale dell’alveare massificato:tutto questo è racchiuso nei suoi molti

romanzi, da Fame (1890) a Terrafavolosa (1903), da Un viandante cantain sordina (1909) fino a Il cerchio sichiude (1936). La lotta sostenuta a visoaperto e per tutta la vita da quest’uomoantico e insieme moderno appare oggiun severo e trascinante insegnamentoper tutti coloro che non voglionoimboccare la strada della resa di fronteai dominatori cosmopoliti.Oggi Hamsun rappresenta un esempiostraordinario per tutti i popoli gelosidella loro identità, e per quelli europeiin modo particolare. La congiura deidissacratori e dei farisaici materialisti,dal basso di una putrescente“normalità” da insetti, non poteva nongiudicare “pazzo” un uomo così diversoda loro, così orgoglioso della suaanima norrena e del suo sangue dicontadino europeo.Luca Leonello Rimbotti

La situazione in cui versa il nostroPaese e la progressiva

abdicazione dell’Europa dal ruolo dileader globale in grado di dettaretemi, tempi e condizioni ai followersimpongono una riflessione, a partiredall’ambito al quale affidare ilcompito di recuperare terreno eposizioni. Lo scadimento di tensione

ideale accentuato da una crisieterodiretta, il passaggio cioè da“quale modello culturale megliointerpreta le sensibilità di ognuno” a“come arrivare a fine mese” obbligaattori individuali e collettivi ad unriposizionamento mentale e ad unaconseguente sovversione dellepriorità.È superfluo ricordare, in ambitoeconomico, il secolare trade­off trastato e mercato. Poiché l’estremismodell’ideologia neoliberista ha fatto delladeregulation e dell’assenza di vincolietici la cifra del suo agire e del suoproselitismo, nonché i presuppostiteorici della sua lotta di classe, èproprio da qui, dal contrasto al profittomercatista e dall’auspicato ritorno delloStato a primario regolatore dellevicende economiche, sociali e politiche,

che è possibile ravvisare il citato ambitodal quale ripartire.Con ciò non ci si vuole riferire al ritornoad un nefasto ed indiscriminatoassistenzialismo ed alla relativaallocazione antieconomica di risorsefunzionali soltanto al foraggio diclientele elettorali e al perpetuarsi diingiustificate rendite di potere.

Ridimensionare il peso specifico delmercato e ripristinare la centralità delloStato nell’assunzione di responsabilitàpolitico­economiche passanecessariamente attraverso lavalorizzazione di un modello di civiltàsociale che da oltre un secolo hapermeato le vicende del Vecchiocontinente: il welfare state.Sabbene fosse stato introdotto inInghilterra già nel 1914 – perdifferenziare lo Stato britannico deltempo di guerra dallo Stato“imperialista” (warfare state) dellaGermania del Kaiser – sarebberodovuti trascorrere quasi altri trent’anniprima che il termine welfare statedivenisse di uso comune. Per questooccorrerà attendere il famoso RapportoBeveridge del dicembre 1942 “SocialInsurance and Allied Services”, un

fondamentale documento teso alriordino della macchina amministrativainglese viziata da non ottimaliallocazione e distribuzione delle risorseche resero necessari poderosiinterventi di politiche sociali.Le imponenti soluzioni progettate dalliberale e futuro Lord William Beveridgeed integralmente realizzate in meno di

cinque anni a partire dal 1945 dalnuovo governo laburista di ClementAttlee, nel frattempo succeduto algabinetto Churchill di unità nazionale,forse non furono immuni dal fascinodelle realizzazioni bismarckiane nelleassicurazioni sociali obbligatorieintrodotte dal Cancelliere tra il 1883 e il1889 a copertura dei rischi di malattia,infortunio, invalidità e vecchiaia deilavoratori industriali e conosciute dallostesso Beveridge nel corso di unamissione svolta in Germania nel 1907,appena ventottenne, per conto delgoverno di Sua Maestà.Non è un caso il riferimento ai modellidi Germania ed Inghilterra. Tali esempirappresentano, infatti, le estremità diapproccio alle politiche sociali. Da unaparte il modello conservatore­corporativo interpretato dal

Welfare, la civiltà sociale europeaSuperare le miserie dell'economia e ripristinare la gerarchia delle

idee e della cultura

SStteeffaannoo DDee RRoossaa

Page 33: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

33ITALICUM novembre­dicembre 2014

Wohlfahrtsstaat bismarckiano, cheincludeva nei sistemi di protezione soloi lavoratori e che muoveva sia daldisegno paternalistico di federicianamemoria di acquistare la lorogratitudine, sia dal bisogno di controllosociale in funzione antisocialista;dall’altra il modello universalistico eredistributivo britannico tendente aricomprendere tutti i cittadiniprescindendo dal loro statusoccupazionale.Le politiche pubbliche di assistenza e diprevidenza intraprese dai governi deipaesi occidentali nel corso del XXsecolo hanno oscillato fra questi duepoli, aggiungendovi numerosevarianti e soluzioni intermediefiltrate dalle differentiesperienze nazionali. In Italia,ad esempio, possentiprovvedimenti di matricesocialista vennero adottati nelventennio mussoliniano. Maper una adeguata valutazionedelle politiche sociali e dellavoro non si può prescinderedalla contestuale adozione dipolitiche dei redditi e dipolitiche economiche (dallaspesa pubblica alle politichefiscali, a quelle monetarie) – inaltre parole dal famosoapproccio interazionistakeynesiano – senza le qualidei suddetti interventi “sociali”sarebbe rimasta ben poca cosa.Per tornare ad oggi, occorre prendereatto che la natura della perdurantesituazione non è convenzionale e cheessa, quindi, non necessita di risposte“economicamente corrette”, ma di unamentalità culturale audace e alcontempo virtuosa, di stimolo agliinvestimenti e alla domanda. SecondoKeynes, infatti, non è il risparmio chegenera gli investimenti, ma il contrario.Proprio gli investimenti, da quelli privatia quelli pubblici, costituiscono il puntocruciale della più ampia risposta allagrande crisi globale. Di fronte allo statodel debito sovrano, gli investimentirappresentano la scelta obbligata perottenere una ripresa stabile. Mentre icosiddetti stimoli all’economia (adesempio gli sgravi di tassazionetemporanei) non rappresentano chemisure, benché socialmenteapprezzate, atte soltanto a soddisfareesigenze cicliche di breve termine, gliinvestimenti dispiegano le loro ampiepotenzialità e realizzano “ritorni”economici durevoli nel lungo termine. Acondizione, beninteso, di esprimere ilgiudizio sulla loro convenienzasostituendo – secondo il lessico

keynesiano – al criterio della redditivitàmonetaria il metro della redditivitàsociale, notoriamente più bassa.L’adozione della moneta unica – e,dunque, l’impossibilità nei confrontidegli altri partner europei di ricorrerealle svalutazioni competitive – haamplificato l’esigenza di una validaalternativa funzionale al crucialesostegno della domanda e,conseguentemente alla crescita deiconsumi, dei profitti, dell’occupazione,delle retribuzioni, del gettito fiscale e almantenimento dei livelli di welfare. Unvirtuoso circolo che se non alimentato,o peggio spezzato, può tramutarsi in

spirale viziosa in grado di strozzareinteri sistemi economici, far collassareconsolidati modelli di sviluppo edistruggere legami di solidarietàintergenerazionale.Poiché l’economia non si rimette inmoto con il rigore monetarista, ma conla fiducia nel sistema nella suainterezza, persino la propensioneall’inflazione, rovesciando i termini dellaquestione, può a ragione essereconsiderata un fattore di fiducia, dicoraggio e di stabilità, uno strumentoper stimolare la domanda e riequilibrarele asperità economiche e sociali. Leassurde politiche anti inflattive dellaBce, che per oltre un decennio hannocompr(om)esso le potenzialità diinvestimenti e di sviluppo e prodotto unmicidiale mix di recessione estagflazione, sono lì a dimostrarlo. Apartire proprio dagli interventi sullaliquidità.La liquidità circolante in un sistemamonetario può essere regolata non solodirettamente, attraverso l’emissione dicarta moneta, ma anche tramiteoperazioni più articolate, comel’acquisto di titoli del debito pubblico daparte della banca centrale. Una prassi,

ad esempio, adottata in Italia fino al1981 quando, con la Banca d’Italiaobbligata a sottoscrivere buoni delTesoro, le politiche monetarieespansive potevano essere finanziatedal sistema bancario grazie al controllopolitico dell’economia nazionale.Prassi valutarie che, muovendosolitamente da scelte e presuppostipolitici, non rispondono a criteri diconvenienza esclusivamenteeconomica, dunque a pure logiche dimercato. Un normale emittente, perrendere appetibili le proprieobbligazioni e sperare di collocarel’intero prestito, può agire o sul basso

prezzo di emissioneoppure sull’elevatorendimento delle cedole.Se uno Stato ha lacertezza che i suoi bondverranno sottoscritti dallapropria banca centralenon sarà obbligato adaumentare il saggio diinteresse per “invogliare”all’acquisto gli operatoridel libero mercato. Inquesto modo non solo lecasse pubblicheusufruiranno di minoriinteressi passivi dapagare, ma le autoritàcontribuiranno acalmierare i tassi di quelpaese o di quell’area

monetaria favorendone domanda,consumi, investimenti ed occupazione.Le politiche di “quantitative easing”adottate nell’ultimo lustro dalla FederalReserve hanno determinato proprioquesti benefici. Nella conferenzastampa pre­natalizia il presidente Usaha annunciato al mondo una crescitadel pil nel terzo trimestre 2014 del 5%ed una disoccupazione scesa in novemesi dal 6,5% al 5,8%. Evidentementele politiche monetarie espansive dellaFed cominciano a raccogliere, pur coneffetto differito, i primi vistosi risultati.Inoltre il dollaro debole ha favorito leesportazioni (+4,9% nel trimestre) e gliinvestimenti delle imprese (+8,9%).Non si può, dunque, non guardare confavore all’opzione “QE”, (sorta diwelfare continentale indiretto)annunciata nei mesi scorsi dalpresidente italiano della Bce;soprattutto da parte di chi scrive, ilquale oltre quattro anni fa espresseapprezzamento e favore per la sceltatecnica (espressione di volontà politica)operata dalla Fed di sottoscrivere titolipubblici e favorire, attraverso lamassiccia immissione di liquidità,domanda interna, esportazioni ed

Cultura

Page 34: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

34 ITALICUM novembre­dicembre 2014

inflazione. Provvedimenti che all’epocavalutammo responsabili e di buonsenso, lontani dal comodo e mioperigore monetarista; i dati Usa del 2014ne confermano la fondatezza e lalungimiranza.Due insidie, tuttavia, è doverosoravvisare. Innanzi tutto sarebbepreferibile evitare che ogni singolabanca centrale dell’eurozonacircoscriva i suoi interventi di “QE” aibond del relativo paese di riferimento:si tratterebbe di una palesecontraddizione economica realizzata inun’area valutaria comune. Sarebbeinoltre auspicabile che la Bce nonprocedesse all’acquisto di corporate

bond, di obbligazioni emesse dasocietà private. Ciò non in quantoconfigurabile come aiuto di stato(spesso i grandi gruppi industriali efinanziari emittenti sono multinazionali),ma perché in tale evenienza il “QE”presterebbe il fianco a pericoloselogiche discrezionali particolari eperderebbe il carattere generale diregolatore sistemico di intere realtàsociali ed economiche.Un welfare, insomma, forse da non farassurgere ad identità culturale europea,ma almeno da annoverare tra queglistrumenti virtuosi di sensibilità politicaelaborati per favorire la concordia trafattori produttivi e per marcare

storicamente le distanze da modellimaterialisti estranei e contrari allaciviltà europea.Prima si esce dalla logica del “primumvivere, deinde philosophari” (e un sanowelfare muove proprio in tale direzione)e meglio si potrà soddisfarel’impazienza di ripristinare quellagerarchia dell’intelletto – alla quale cisentiamo di appartenere – e diconfrontarci sul terreno delle idee oravilipese dalle miserie della scienzatriste e delle sue degenerazioni. Soloallora scomoderemo Platone, Vico eNietzsche, a proposito di riferimenticulturali europei.Stefano De Rosa

La fisica insegna che la gravità,l’attrazione di due oggetti

materiali, risponde alla legge diNewton la cui forza è proporzionaleal prodotto delle due masse einversamente proporzionale alquadrato della loro distanza.

Negli anni ’50 questa teoria è stataapplicata allo studiodell’internazionalizzazione delleimprese, il cosiddetto commerciobilaterale tra due paesi; in particolare lostudio riguardava, negli USA, l’analisianticipata di quelli che sarebbero dovutiessere i successivi rapporti economicicon il Messico, primo vero esperimentodi delocalizzazione massiccia di know­how tecnico­produttivo nella storia dellaglobalizzazione contemporanea.

Perché Newton?

Perché si è scelto quali paesi, conquale massa di popolazione e distanzain chilometri dall’Italia erano i piùindicati per l’allargamento a Est dellaComunità Economica Europea neglianni ’80, qualche anno prima della finedella Terza Guerra Mondiale,popolarmente definita Guerra Fredda.Per questi motivi di fisica analiticasemplice, la scelta dei distrettiproduttivi italiani da delocalizzare nonpoteva che ricadere su quelli venetiche, per popolazione, distanza, lingua,usi e costumi, corrispondevano a unvalore matematico di efficienza dei

flussi di capitali relativi all’accesso almercato dell’Est.Gli IDE, Investimenti Diretti Esteri dellaprima fase di esportazione dei distrettiveneti in Polonia, Bulgaria, Rep. Cecae Romania, soprattutto a Timisoara,chiamata da quel momento in poi,

parliamo del 1986, “l’ottava provinciaveneta”, avrebbero cambiatoradicalmente la storia occupazionaleitaliana, iniziando un processo dibalcanizzazione dei nostri salari che,per giustificare l’allargamento e gli IDEa fondo perduto, dovevano essereparificati a quelli dei paesi PECO, paesidell’Europa Centro Orientale, 10/12volte inferiori alla media dell’ovesteuropeo.E se all’inizio l’effetto discesa non èstato così sentito, fu dovuto al fatto chela prima manodopera richiesta per inuovi insediamenti distrettuali era, inneolingua, unskilled, di bassaspecializzazione e la compensazionedegli investimenti per la produzione delmade in italy nelle nostre regionimeridionali, era ancora ancorata asistemi di incentivi statali riferiti allaCassa del Mezzogiorno che sarebberostati destituiti dopo il 1992.1992, anno fatidico che pochi ricordanoessere quello della fondazione delMICEX, Moscow Interbank CurrencyExchange, la prima forma di borsavalori Russa che portò al tasso dicambio rublo­dollaro e che decretò ilvero inizio della spinta neoliberista nei

PECO.Ma non fu soltanto il differenzialesalariale ciò che spinse le nostreimprese a delocalizzare.Fu l’affidabilità dei paesi in transizionedal socialismo al liberismo cheimboccavano con veemenza la strada

della più sfrenata privatizzazione che,in termini sociali ed economici,sembravano promettere allepopolazioni locali e agli investitoriesteri, l’inizio di una fase di ricchezzaper tutti.Questo perché, come citano diversistudi: “Una volta che sia stata presal’intenzione di internazionalizzare inun’area geografica in cui il costo dellavoro è sufficientemente più basso diquello a cui si è abituati, non ènecessario scegliere il paese all’internodell’area, con il costo minore. Ciòperché si va alla ricerca di altrevantaggiose componenti: incentivistatali, burocrazia non corrotta,vicinanza geografica e culturale,potenziale di crescita del mercato disbocco e risorse umane.” (Resmini2000)In pratica, si scelgono quellecaratteristiche sociali e territoriali chepermettano il più alto grado disfruttamento e profitto e,contrariamente a quanto cita la teoria, ilpiù alto livello di corruzione burocraticache, nei primi anni ’90, erarappresentata dagli esponenti di quellanomenklatura spoliticizzata detentrice

II ll PPooll ii ssccrriibbaa

La distrazione dei distretti veneti

Cultura

Page 35: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

35ITALICUM novembre­dicembre 2014

ancora di un enorme potere economicoin rubli, in ogni stato dell’ex URSS.

Concludendo.

Quando sentiamo gli sfoghi degliimprenditori veneti che oggisostengono che i distretti se ne stannoandando a est, a causa della crisi, nondimentichiamo che il fenomeno nacquee si sviluppò ben prima del 2008.Semmai, la crisi degli ultimi 6 anni,crisi, ricordiamolo, dovuta all’infezioneimmobiliare­speculativa USA iniziatanel 2006, ha soltanto confermato labontà, per gli imprenditori in anticiposulla storia, della migrazione deidistretti già avviata negli anni ’80.Esternalizzazione di cicli produttivi eknow­how che, all’epoca dei misfattineoliberisti, era subordinata a una falsa

ideologia politica di allargamento socio­economico della CEE oggi UE.E non era nemmeno il prodromo allacreazione di una moneta unica, manascondeva la programmazione diinvestimenti a costo irrisorio in queipaesi che si sarebbero liberati dal giocosocialista, per piegare il collo allamannaia dell’avidità capitalistico­finanziaria interna ed estera che oggidomina incontrastata in manierageograficamente retroattiva, la nostraesistenza e la loro popolazione.E quando parliamo di made in italy,dovremmo dire, più correttamente,made in PECO, soprattutto da quandola manodopera highskilled, ad altaspecializzazione, ha sostituito la nostra,quella dei cervelli in fuga che, nonvolendo essere allineati salariarmenteai vicini balcanici, preferiscono tentare

la fortuna a ovest, scontrandosi conuna competizione selettiva, aggressivae ormai sempre più nazionalista.

Si poteva evitare la delocalizzazionedei distretti veneti?

Certo che si poteva evitare, ma lascusa “plausibile” è stata l’invasione delmade in china, invasione voluta, maiarginata seriamente, perché non si puòessere contemporaneamente membridel WTO e allo stesso tempo protettoridel nostro sapere artigianale,industriale che, dopo mezzo secolo diaffermazione mondiale, sarà trasferitointegralmente, assorbito e liquefatto, inaltri stati, nella creazione di prodotti chenon avranno più un’origine italiana.Il Poliscriba

Attualità

C’è un piccolo particolare. Quelliche al 1 ° Gennaio 2002 avevano

1 000 euro di pensione, al 31Dicembre 2001 prendevano1 .936.270 lire.Cioè, essendo andati in quiescenzacol calcolo retributivo, nella mediadell’anzianità percepivano, quandoerano in attività, uno stipendio mensile

netto di 2 420 000 circa: niente male,dopotutto. Un impiegato di fascia alta,un funzionario medio. Lasciamo daparte gli ammiragli, i capi­servizio, icapi di gabinetto, i prefetti, gliamministratori delegati, i capi­aziendaFinmeccanica. Gli italiani, ed è unafortuna, non sono tutti capi­azienda.Ora la propaganda dei lavoratori dellospettacolo, componente­giornalisti inpilotaggio remoto della componente­politici, si straccia le vesti perché 8milioni di pensionati non prende più di1000 euro di pensione. Ma sono questionesti e laboriosi impiegati, operaispecializzati, commercianti a fortecontribuzione, professionisti conplafond clienti non superiori alla media,che i aspettavano di andare inpensione con una parte rilevante delloro rispettabile e meritato reddito, eche sono stati ingannati e frodati dalprevedibile, facilmente prevedibile

crollo del potere d’acquisto dovuto alcambio della moneta, e non si sonovisti adeguare verso l’alto econgruamente la pensione con la scusache l’adeguamento era legato non alpotere d’acquisto, ma al tassod’inflazione, una grandezza del tuttodiversa che dipende dalla percentualedi cartamoneta stampata senza

copertura dallo Stato, la quale, nellafattispecie della moneta unica, era ed èrisibile, essendo legata a Stati membriche non hanno bisogno di stamparealcunché.

Quindi una grossa parte degli 8 milioniè condannata: finché governerà questaclasse politica, avrà dei miserabiliaumenti che non permetteranno loromai più di vivere al livello dei 2 milionial mese che prendeva nel 2001. Ma,se è possibile, ancora più assurda è lasituazione di coloro che per 4 anni diseguito non hanno avuto alcunaumento, in quanto rei di percepire piùdi 3 volte il minimo INPS, cioè 1400euro lordi circa. Costoro sono unaplatea di 3,5 milioni di ex lavoratori che,essendo stati quadri, middle­managers,funzionari, professionisti di discretolivello, abili mediatori e rappresentanti,medici, piccoli imprenditori,

guadagnavano modeste somme nettemensili, configurabili in euro intorno ai2000 in media. Inutile insistere sullacircostanza che, privati del benchéminimo adeguamento, raggiungerannoquanto prima gli infelici della categoriaprecedente.

Infine, e sempre lasciando da parte gli

ammiragli, c’è un terzo lotto di“pensionati d’oro” che osa percepire unlordo mensile uguale o poco superioreaddirittura a 3000 euro lordi: dirigenti difascia bassa, la maggior parte deifunzionari, quadri con aggiunta didiscreti assegni ad personam. Tuttagente che ha lavorato 40 anni (o 35 seha riscattato l’eventuale laurea), conalte trattenute INPS sullo stipendio ealte percentuali a carico del datore dilavoro. Per costoro i più stretticollaboratori di Renzi, intervistati(Poletti, Del Rio), si sono lasciatisfuggire il progetto allo studio:contributo “di solidarietà”, come per gliammiragli! Dunque, ricapitoliamo. Ottomilioni di lavoratori a basso reddito checontavano su un patto con lo Stato peruna vecchiaia dignitosa sono statilasciati nella disperazione. Tre virgola5 li raggiungeranno presto. Poco menodi un altro milione circa, quelli oltre

RRoommaannoo OOll ii vviieerrii

Aridatece er "caimano"

Page 36: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

36 ITALICUM novembre­dicembre 2014Attualità

3000 lordi, che ha sonoramentecontribuito, si vede semplicementeprivare di una parte del pattuito. Equesto in nome di che cosa? Si èmessa in moto una formidabilemacchina di propaganda mediatica,che scopre come questi pretenziosiparassiti hanno beneficiato del calcolo“retributivo”, non di quello “contributivo”della legge Fornero, che èpeggiorativa. Il copyright dell’ideaappartiene ad un personaggio comeOscar Giannino, e non stupisce che untipo come quello non si renda contoche una norma che valeva per unalegge oggi superata, non può essereabrogata a posteriori: forse è unconcetto contenuto negli esami chenon ha dato per non conseguire lalaurea, quindi dobbiamo scusarlo. Masono in molti a gettarsi sulle suespoglie. Fra tutti spicca un sedicenteprofessore universitario in un’oscurauniversità americana (ma chi potrà maicontrollare se è solo uno stagista acontratto?), presentato come“economista”, un certo Luigi Zingales.Manco a dirlo, se n’è appropriato subitol’Espresso, dove il desso scrivetestualmente, nel numero del 7/3/14:“E’ ora di rimettere in discussione idiritti acquisiti degli anziani. Perché, aforza di tutelarli, abbiamo lasciatosenza speranza i giovani.” Anche aquesto soggetto occorrerebbe chiarireche togliere quanto pattuito per legge aqualcuno significa una cosa semplice:che da ora in avanti la legge èretroattiva.

Che la Sinistra faccia strame dei dirittidi larghe nasse di popolazione nonsorprende, se si va indietro alla storiadelle nazioni di riferimento. Ma che cisi metta anche la Destra, quella rimastafedele a Berlusconi, è un indice diquanto diffuso è il cupio dissolvi daquelle parti: Daniele Capezzone, perfare un nome fra i maschietti (si fa perdire), e Laura Ravetto, nel gineceodelle bonazze ammiccanti.

In questo momento decide tutto Renzi,e possiamo solo sperare che non sisvegli con l’esprit mal tourné la mattinadella decisione sul destino di tanti exlavoratori che chiedono un minimo dionestà nei loro confronti. Vorremmotuttavia, ed è un auspicio rivolto alCielo, non dover più leggere che èastuto, determinato, tenace, etc. Anessuno interessa se è sagace o nonlo è. Basterebbe che non le sparassegrosse sapendo di spararle. Avevadetto che si accontentava di esserepassato alle primarie e che Letta

poteva star sereno. Un mese dopo loha sgambettato. Aveva scadenzatolegge elettorale e riforma del Senatoentro Giugno 2014. Siamo aNovembre e l’unica legge elettorale chepotrebbe esserci l’ha fissata la CorteCostituzionale, mentre al Senatoufficialmente non è cambiato nulla.Aveva promesso gli 80 euro epurtroppo questa volta ha tenuto ilpunto: ce li hanno solo i suoi elettori delPD col posto di lavoro garantito, e pergli incapienti, i pensionati e idisoccupati non c’è nulla. Avevapromesso una rapida cancellazione

delle province e ci sono ancora (il totaledel costo dei consiglieri è aumentato).Una diminuzione immediata delleretribuzioni dei politici (sono, a variotitolo, 250 000), e si prevede un ritoccodei compensi a 930 parlamentari apartire dal 2017. Ha detto di averdiminuito le tasse togliendo il 10%dell’IRAP, e invece ha finanziato questotaglio aumentando del 6% latassazione sulle rendite finanziarie,cioè con un aumento di tasse.

Lo accusano, e un tempo sarebbe statoun complimento, di essere comeBerlusconi. Non certo nel capitoloriguardante l’agguato organico dimagistrati, giornalisti, corrispondentiesteri e parlamentari per interdirlofisicamente con dolo. Questa canea luifinge di rispettarla, ammonendolaindirettamente col funereo silenzio delgiustiziere che neanche si volta a

contare le croci dei suoi rottamati.

E tuttavia per Silvio Berlusconi, almenofino a qualche tempo fa, non tutto eraperduto. Molti elettori, stretti nellamorsa della crisi imbozzolatanell’austerità, avrebbero mormorato“aridatece er caimano”.Solo la Sinistra riesce a non capireperché lo votavano. Non certo perchécredevano nella “rivoluzione liberale” dicui ogni tanto parlava. Lo sanno tuttiche in questo Paese la rivoluzioneliberale non verrebbe neanche se laimponessero i cosacchi dopo averabbeverato i cavalli dove dicompetenza. Lo votavano perché dal1945 era stato il primo a cantarle amuso duro alla Sinistra, accusandola diingannare i lavoratori con gli sloganmentre li sfruttava, rovinandoli,precipitandoli nella miseria, facendocappotto di tutto il potere pubblico,egemonizzando la cultura,monopolizzando l’informazione,distruggendo la classe media con letasse, alleandosi con i ricchi, con igiudici, con i massoni, con i furbi,mentendo in Parlamento, nei sindacati,nei film, nei talk­show, con i preti, colvolontariato, con i giovani, con i vecchi,con le donne, con i malati.

Ma c’è un altro motivo per cui lovotavano. Non si poteva tollerare chenel 1994­96 ci fossero state 500ispezioni della Guardia di Finanza e diogni altro organo preposto alle indaginifiscali a FININVEST e le altreconsociate che fatturavano 800 miliardicon 25 000 dipendenti, e zero alla FIATche ne fatturava 20 000 con 190 000dipendenti, zero al gruppo di DeBenedetti che 3 anni prima avevadisciolto l’Olivetti e licenziato 3000laureati e tecnici nella sola area diIvrea. Era insopportabile che ognidirigente, funzionario e persino infimocollaboratore del capo di Forza Italiavenisse selvaggiamente intercettato,ogni notizia anche solo malevolariportata sui giornali, che il capo di unaProcura chiedesse al presidente dellaRepubblica se poteva mandargli unavviso di garanzia e poi lo anticipassealla stampa, che ogni dettagliopersonale della sua vita privata venissesparso ai quattro venti, che ci siappostasse intorno alla sua residenzapedinando e intercettando tutti i suoiospiti sperando che prima o poicapitasse una minorenne. Quelli che lovotavano non erano del tutto sicuri cheavesse commesso una frode fiscale,ma sapevano per certo che decine edecine di testimoni a discarico non

Maria ParadisoIl gatto e la civettaSettimo Sigillo 2014pp.106 euro 16,00

Page 37: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

37ITALICUM novembre­dicembre 2014

erano stati ammessi. Sapevano che laCassazione ha tempi biblici ma per ilsuo terzo grado di giudizio avevamobilitato la sezione feriale, che per ladecadenza in Senato c’è il votosegreto, ma per lui, complice la terzietàdella Presidenza, si erasurrettiziamente ricorsi a quello palese.Persino Pilato aveva provato simpatiaper un uomo che gli veniva presentatocome un criminale con uno zelo tropposospetto. Milioni di discendenti dellastirpe che aveva prodotto uomini benpiù grandi del connazionale Pilato, nelsegreto dell’urna, si ribellavano all’ideadi essergli accomunati.

Ora sembra che la sua fine sia giunta.Il centro­destra è disperso. L’Italia, lacui fama universale di essere la patriadel tradimento nessuno oserà maiusurpare, risuona ovunque del lugubrecanto della tuba che ne chiama a

raccolta i cultori.Se gli errori si pagano, e vivaddio se sipagano, forse fra i tanti che hacommesso Silvio Berlusconi lo stannoperdendo quelli che lui stesso ignora,o è portato a sottovalutare. Non a casoabbiamo aperto con la situazione deipensionati, la cui drammaticità siincardina su una ingiustizia. Il 10Agosto 2011 Berlusconi, primo ministroin carica, ha proposto il blocco dellarivalutazione delle pensioni superiori a1400 euro lordi. Cioè di una platea dioltre 4 milioni di cittadini che avevanolavorato e si erano sacrificati per unavita, e fruivano del ritorno dei lorocontributi. E’ ridicolo e infantile che sidica che aveva ceduto alle proposte delsuo ministro Tremonti: lui era il capodel governo, e la responsabilità è sua.Questi cittadini, che sono anche i piùindifesi e forse proprio per questo,hanno più di tutti gli altri una memoria

elefantina. A proposito di centro­destrae di tradimento poi, dobbiamo, noncredendo alle nostre orecchie,ascoltare la più inaudita delle notizie:colui che ha saputo raccogliere intornoa sé tanti uomini e donne checredevano nella famiglia, tanti giovaniche non si rassegnavano al destinodell’irrilevanza dell’etnia e all’orizzontedel meticciato, tanti anziani legati allamemoria dei loro congiunti cheavevano versato il sangue, irrisi perquesto da chi anteponeva i valoridell’edonismo e della licenza, si èpronunciato pubblicamente a favoredello ius soli e delle unioniomosessuali.Trovi quest’uomo la forza di ergersicontro la parte peggiore di sé stesso edire: “Ho sbagliato. Vi chiedo perdono”.O si consegni in silenzio al suo destino.Romano Olivieri

Attualità

Lo scenario italiano attuale ha duepoli emergenti: da un lato

abbiamo una situazione economicastrutturalmente grave, con tendenzesfavorevoli, non sostenibilesoprattutto in quanto adisoccupazione e pensioni; dall’altrolato abbiamo il combinato dellariforma costituzionale ed elettoraledetta Italicum.

Un combinato che concentra tutti ipoteri – legislativo, esecutivo e dicontrollo cioè di garanzia – nelle manidel segretario del partito dimaggioranza relativa. Questi,prendendo anche solo in teoria il 25%dei suffragi, si aggiudica il controllodelle camere, del governo, dellecommissioni anche di garanzia, dellanomina del presidente dellaRepubblica, di giudici costituzionali e dicomponenti del CSM. In più, qualesegretario del partito, forma le listeelettorali del suo partito, cioè decide chisi candida e con quali chances. Quindi iparlamentari eletti hanno un vincolo dimandato, ma non nei confronti deglielettori, bensì del segretario del partito.Una vera mostruosità giuridico­costituzionale, senza pari nel mondoritenuto civile. Un ritorno massiccio e

deciso a prima della separazione deipoteri statuali, cioè a un modello diStato di tipo assolutistico, cioè a oltredue secoli fa.

Aggiungiamo che la riforma elettoralenon solo dà il premio di maggioranza alpartito che prende anche solo il 25%dei suffragi, ma anche, per effettodell’attribuzione del premio di

maggioranza non a una coalizionebensì al singolo partito, risultacongegnata per far sì che ci sia unpartito fisso di maggioranza, cioè unpartito­Stato – il Partito Democratico (ecome altro potrebbe chiamarsi?) – piùalcuni piccoli partiti in funzione di alleatimobili e clientelari del partito dimaggioranza, più ancora un partitomedio­grosso di opposizione perenne.

Insomma, in previsione di unasituazione economica e sociale semprepeggiore e tale da generare fortitensioni e forse rotture sociali, vienecostituito, con la massima precedenza,un apparato statuale autocratico ebloccato, per garantire alla buro­partitocrazia parassitaria e criminale lesue rendite, le sue poltrone, le sueimpunità anche nel disastro nazionale;

e insieme per garantire il dominio sulPaese ai grandi interessi finanziaristranieri, con la possibilità dicompletare l’estrazione o l’acquisizionedegli asset nazionali e dei mercatinazionali ancora appetibili attraverso ilcontrollo del suo governo e del suocapo di Stato.

Per fare queste importanti riforme, e

per eleggere un adeguato Capo diStato che funga da raccordo tra lacasta nazionale e i superiori potentatieuropei e americani, cioè un presidentedi garanzia per il suddetto assetto,niente di meglio dell’attuale parlamentodi nominati, illegittimo perché eletto conlegge elettorale dichiarataincostituzionale dalla Cortecostituzionale. Aiuta anche la“condizionabilità” giudiziaria, e non sologiudiziaria, del leader del primo osecondo partito di “opposizione”: noveo dieci milioni di voti controllati oneutralizzati così.

La precisa e chiarissima scelta diconcentrare i poteri di legislazione,governo e controllo in un’unicapersona, toglie ogni dubbio sulprogetto dittatoriale: non esiste in

MM.. DD.. LL..

Disastro e dittatura

Page 38: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

38 ITALICUM novembre­dicembre 2014

Europa, neanche in Russia, qualcosadi simile. Neanche il fascismo larealizzò. La passività e la ignavia viacon cui la popolazione italiana accettatutto ciò, l’assenza di obiezioni e anzil’incoraggiamento da parte dell’Europaverso tale mostruositàgiuridica, confermano che il destinodell’Italia è già stato deciso, che non viè spazio per un’alternativa, e chequindi l’unica via razionale, per chi può,è l’emigrazione.

M.D.L.

P.S. Impossibile è giustificare le riformesuddette dicendo che sonoindispensabili per assicurare la

governance e l’efficacia della politica:come ho spiegato in precedenti articoli,questo obiettivo si può raggiungere conun sistema bicamerale differenziato:una camera della governabilità, elettacon sistema maggioritario e premio dimaggioranza, la quale vota i governi ele leggi; e una camera dellarappresentanza e delle garanzie, elettacon metodo proporzionale e senzasoglie, la quale elegge gli organi digaranzia (presidente della Repubblica,giudici costituzionali, commissioni disorveglianza) e vota le leggicostituzionali nonché quelle elettorali econcernenti la cittadinanza. Quindi lagiustificazione suddetta, in nome dellagovernabilità, è falsa. Ma lo è anche

perché la politica nazionale ha benpoco da decidere, essendo guidata davincoli e dettami esterni, rispetto aiquali ha una funzione perlopiùesecutiva. La realtà è che, in Italia e inaltri paesi deboli e arretrati, ilcapitalismo finanziarioglobale sta instaurando regimi autoritarial fine di usarli per imporre,rapidamente e senza possibilità diopposizione, leggi e riforme strumentaliai suoi interessi e al suo potere, come ilfamigerato TTIP, oggi in gestazione.

wwwwww..mmaarrccooddeellllaalluunnaa..iinnffoo CRATESIOLOGIA: Tecniche di Dominazione e Condizionamento –economiche, psicologiche, giuridiche, religiose – by Marco Della Luna, dott. in legge e psicologia,avvocato.

Attualità

Page 39: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del
Page 40: Verso un'Europa Post - euro? - centroitalicum.com › wp-content › uploads › 2016 › 04 › italic...perdita per l'Italia del 25% della sua produzione industriale, il calo del

ITALICUMPeriodico di cultura, attualità e informazione del

Centro Culturale ITALICUMAnno XXIX

Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 28 del 15-1-1985

Direttore Responsabile: Luigi TedeschiComitato di redazione: Maria Carotenuto, Enzo Cipriano, Mario Porrini, Costanzo Preve

Impaginazione ed elaborazioni grafiche: Maria Carotenuto

Copyright (c) 201 3 Centro Culturale Italicum

Il periodico è rilasciato con licenza Creative Commons – Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 3.0Italia. Per consultare la licenza vai all'indirizzo: http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/it/

Versione cartacea del Periodico

E’ possibile ricevere la versione cartacea del periodico, al costo di 5 euro per singola copia (comerimborso delle spese di stampa e spedizione), inviando una richiesta all’indirizzo [email protected] più copie dello stesso numero, o copie di più numeri, è previsto un costo ridotto. Verrà inviata una maildi conferma con l’importo effettivo e gli estremi per il pagamento.

Contatti: www.centroitalicum.it - [email protected]

Il sito del Centro Culturale Italicum è statocompletamente rinnovato, ed è ora un blog.Dal blog è possibile scaricare gratuitamente i numeridel periodico in formato PDF, rilasciati con licenzaCreative Commons, o richiedere delle copie cartacee.E' inoltre possibile lasciare commenti e condividerei contenuti su facebook, twitter, linkdn, google,ecc.

Cliccando su "Segui" e inserendo il vostro indirizzo e­mail, riceverete gli aggiornamenti direttamente nellavostra casella di posta elettronica.N.B. agli indirizzi e­mail così inseriti non verrà inviatapubblicità dal Centro Italicum e non saranno ceduti aterzi.

Iscrivetevi al nostro blog, lasciate i vostri commenti,seguite le novità, condividetene i contenuti !www.centroitalicum.ithttp://centroitalicum.wordpress.com

Il blog del Centro Culturale Italicum

Impaginato con Scribus www.scribus.net, http://scribusstuff.org