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XLIII Congresso Nazionale Società Italiana di Neurologia Pediatrica BOLOGNA 17-20 ottobre 2018 B AT TI CONG R ESSUALI

XLIII - neurologiapediatrica.it · Scale for Children (WISC-III) ha rivelato un QI di 55 (80 - 120). Cuore, torace e organi genitali erano sani. Le analisi ... autoimmunità, sierologia)

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XLIII Congresso Nazionale

Società Ital iana di Neurologia Pediatr ica

BOLOGNA17-20 ottobre 2018

B

AT TI CONGRESSUALI

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COD. C 01

UNA BAMBINA CHE BARCOLLA

L. Giordano1, M.A.M. Lodi 2, M. Pandolfi 1, R. Conti Nibali 1, A.R. Benincaso3, A. Romeo 2, L. Bernardo1

1Casa Pediatrica, Osp. Fatebenefratelli, Milano2Centro Regionale di Epilettologia Infantile e Neurologia Pediatrica, Osp. Fatebenefratelli, Milano3Clinica Pediatrica, Un. degli Studi di Milano, Milano

La sindrome di Guillain Barrè è una forma di neuropatia generalizzata,simmetrica,con sintomatologia prevalentementemotoria ad esordio acuto e con discreta tendenza al recupero. Nei casi tipici decorre a ridosso di infezionivirali con sintomatologia parestesica distale prevalente agli arti inferiori cui segue andamento ipostenico a voltetumultuoso ed ascendente, nei casi più gravi può presentare un coinvolgimento della muscolatura respiratoriae ad innervazione bulbare.Tra gli agenti infettivi più frequentemente coinvolti si ricordano CampilobacterJejeuni,EBV,CMV,Mycoplasma,tuttavia vengono descritti anche eventi precipitanti quali vaccinazioni, interventi chirurgici,stati di immunodepressione.La diagnosi è clinica e neurofisiologica: la presenza di dissociazione albumino citologicane liquor costituisce un dato aggiuntivo importante e talora dirimente.Descriviamo il caso di una bambina di origineegiziana di tre anni e mezzo giunta alla nostra attenzione in PS per difficoltà alla deambulazione in corso di episodioinfettivo febbrile. All'esame obiettivo neurologico mantenimento della stazione eretta possibile solo a base allargata,deambulazione steppante bilateralmente, ROT assenti agli arti inferiori, ipovalidi agli arti superiori. Ipotonia importantediffusa. Nervi cranici indenni. Scarsamente valutabile la sensibilità. Nel sospetto di GBS a poche ore dall'insorgenzadella sintomatologia veniva eseguito esame chimico fisico del liquor che non mostrava dissociazione albumino-citologicama all'ENG quadro compatibile con neuropatia demielinizzzante con modesta componente assonale agli arti inferioriconfermato anche all'RMN rachide. Considerato il quadro clinico ed ENG compatibili con sindrome di Guillain Barrè, è stataintrapresa terapia con immunoglobuline alla dose di 0,4 g/kg die ev per un totale di 5 giorni. Per positività del tamponefaringeo per Streptococcus Pyogenes ed il riscontro di IgM positive per Mycoplasma Pneumoniae veniva inoltre associataduplice terapia antibiotica con Ceftriaxone e Claritromicina. Negative le indagini sierologiche su liquor e la ricerca di bandeoligoclonali. Progressivo e graduale miglioramento della forza muscolare nei distretti distali. Il nostro caso insegna comel'assenza di dissociazione albumino-citologica non costituisca un elemento di esclusione per la diagnosi. L’aumento delleproteine infatti può evidenziarsi successivamente dopo la prima settimana dall'esordio dei sintomi mentre il pattern ENGtipico risulta sempre importante a porre diagnosi in fase precoce consentendo pertanto un trattamento tempestivo consecondaria migliore prognosi.

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COD. C 03

Microcefalia / Trigonocefalia, ritardo intellettivo, disturbo dello spettro autistico ed alterazioni dismorfiche in unragazzo con duplicazione Xp22.31

V.G.T.M. Venti1, M.G. Mazzurco1, A. Portale1, M. Motta1, F. Sullo1, F. Greco1, P. Smilari1, E. Pustorino1, A. Fiumara1, P.

Pavone1

1A.O.U.Policlinico-Vittorio Emanuele, Catania

Il segmento Xp22.31 è una regione ad alta instabilità con frequenti riarrangiamenti. La duplicazione di questa regioneè stata riscontrata in persone sane e in individui con vari gradi di compromissione neurologica. Vi è evidenza che laduplicazione di Xp22.31 può causare un fenotipo comune costituito da ritardo psicomotorio, disabilità intellettiva, difficoltà dialimentazione, ipotonia, convulsioni ed alterazioni scheletriche, specialmente il piede torto congenito. Un bambino di 5 annigiungeva alla nostra osservazione per scarse prestazioni scolastiche. All'esame obiettivo si notava microcefalia , OFC 45cm (> 3 DS), trigonocefalia e i seguenti dismorfismi facciali: forma facciale stretta-rettangolare, sutura metopica sporgente,fronte alta e stretta, sopracciglia mediali rade, fessure palpebrali disposte orizzontalmente, punta nasale arrotondata, filtropiatto, orecchie basse, labbra superiori sottili e retrognazia. Per sottolineare, gli incisivi centrali mascellari erano lunghie larghi e il 3 °, 4 ° dito dei piedi erano bassi. È stato notato un ritardo cognitivo moderato. La Wechsler IntelligenceScale for Children (WISC-III) ha rivelato un QI di 55 (80 - 120). Cuore, torace e organi genitali erano sani. Le analisidi laboratorio, tra cui emogramma, elettroliti, aminoacidi plasmatici, ormoni tiroidei, acidi organici, purine plasmatiche ecolesterolo totale erano normali. La RM cerebrale indicava un piccolo cervello con una corteccia liscia e un aumentodel liquido cerebrospinale circostante. EEG, esame oftalmologico, radiografia del torace erano normali. Il Dopplercolorecocardio mostrava un'insufficienza moderata della valvola tricuspide.Al follow-up di due anni, l'esame obiettivo è rimastoinvariato. All'età di 7 anni e mezzo la sua prestazione scolastica rimane insufficiente, presenta encopresi e linguaggioestremamente limitato.L'analisi dell'array CGH ha rivelato il riarrangiamento: arr (hg 19) Xp22.31 (6.552.712- 8.097.511) x2. Questa area include4 geni (HDHD1, STS, VCX, PNPLA4). Il riarrangiamento è una duplicazione parziale del braccio corto del cromosoma Xe si estende per 1,5 Mb. La matrice CGH della madre era normale, l'array CGH del padre non era disponibile. Abbiamodescritto un paziente con microcefalia e trigonocefalia, ritardo cognitivo moderato, grave mancanza di linguaggio e scarsainterazione sociale oltre a caratteristiche dismorfiche minori ma atipiche. Questo lavoro fornisce ulteriori informazioni sullapatogenicità della duplicazione di Xp22.31 estendendo la conoscenza delle sue caratteristiche cliniche. Questo caso, inassociazione con quelli riportati in letteratura, indica che la duplicazione di Xp22.31 può contribuire a causare fenotipipatologici con dismorfismi facciali minori, microcefalia e disabilità intellettiva.

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COD. C 04

Stato di male epilettico non convulsivo: vera emergenza pediatrica

V.G.T.M. Venti, A. Portale1, M.G. Mazzurco, F. Sullo, M. Motta, A. Praticò, P. Smilari, E. Pustorino, M. Ruggieri, P.Pavone, F. Greco1A.O.U. Policlinico-Vittorio Emanuele, Catania

Lo stato di male epilettico non-convulsivo (NCSE) costituisce una vera e propria emergenza pediatrica. Condizioneclinica caratterizzata da una continua o intermittente attività epilettica in assenza di convulsioni per la durata di almeno30 minuti, con evidenza elettroencefalografica di crisi senza recupero della coscienza. C.D.,7 anni, affetto da disturboevolutivo specifico misto, ritardo mentale lieve ed epilessia in trattamento con Risperidone e Acido Valproico, giungevaalla nostra osservazione per comparsa di numerosi episodi critici di assenza, maggiore distraibilità, scarsa partecipazioneall’ambiente e progressivo impoverimento dell’eloquio. Non riferiti traumi, assunzione di farmaci e/o di sostanze tossiche.Il gentilizio era negativo per patologie neurologiche e psichiatriche. All’ingresso in reparto il piccolo presentava scarsareattività agli stimoli verbali, tattili e dolorosi, con mantenimento dei parametri vitali nella norma. L'EEG, eseguito inurgenza, evidenziava complessi punta/onda generalizzati, simmetrici e sincroni a partenza frontale con frequenza di 1.5/2c/sec., a carattere continuo per tutta la durata del tracciato, attività bioelettrica compatibile con stato di male epiletticonon convulsivo. Il paziente veniva pertanto sottoposto a bolo di Midazolam e.v. (0.2 mg/kg) e successivamente a nuovoEEG che registrava, rispetto al precedente, una riduzione dell’ampiezza e della ricorrenza delle anomalie parossisticheepilettiche. Le indagini laboratoristiche (autoimmunità, sierologia, indagini metaboliche) e l’esame del liquor (chimico-fisico,autoimmunità, sierologia) erano nella norma, il dosaggio della valproatemia mostrava dei valori ai limiti inferiori e la RMencefalo non documentava alterazioni significative. Veniva inoltre eseguito pannello genetico per encefalopatie epilettiche(in corso). Per la persistenza di episodi di assenza e scarsa reattività si iniziava infusione continua di Midazolam e.v. (0.05mg/kg/h) si decideva di aumentare dosaggio dell’Acido Valproico. Si assisteva quindi ad un progressivo miglioramento delquadro clinico ed elettroencefalografico con successiva sospensione graduale della terapia con Midazolam i.c.Lo NCSEdeve essere sempre sospettato nei pazienti pediatrici con epilessie note che manifestano un’alterazione del comportamentoe nei bambini con improvvisa ed inspiegata alterazione del linguaggio, della memoria turbe del comportamento e delrendimento scolastico. L’inquadramento diagnostico e il trattamento devono procedere di pari passo e tempestivamenteper evitare l’instaurarsi sia di lesioni a danno del SNC che di complicazioni di tipo sistemico. Gli obiettivi da perseguiresono il mantenimento o la stabilizzazione delle funzioni vitali, l’interruzione dell’attività convulsiva con il ricorso a farmaciantiepilettici, la diagnosi e l’iniziale trattamento delle cause potenzialmente “life-threatining” dello NCSE (ipoglicemia,meningite, ipertensione endocranica, diselettrolitemie).

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COD. C 05

Trattamento con tecnica (EMDR) per i sintomi acuti in un paziente con sindrome PANDAS: un caso clinico

c.a. Guido1, A. SPALICE1

1dipartimento di pediatria università la sapienza roma

Obiettivo: Presentiamo i risultati della terapia con (EMDR) in un bambino con disturbo autoimmune neuropsichiatricopediatrico associato a streptococco (PANDAS), che in precedenza era stato trattato solo con un trattamento farmacologico.Metodo: Il caso riguarda un bambino di 11 anni che ha presentato tic vocali semplici e complessi, tic motori, tratti ossessivo-compulsivi e irritabilità dall'età di 6 anni, oltre a un risultato positivo per l'infezione da streptococco. Il decorso dei sintomi haseguito una tendenza recidivante-remittente con fasi acute che erano contingenti agli episodi infettivi. Risultati: dopo ottosessioni di EMDR, precedute da sessioni di allenamento con i genitori, il bambino ha mostrato una significativa riduzionedei sintomi e la scomparsa della riacutizzazione. Conclusioni: questi risultati indicano la possibilità di migliorare i risultatidel trattamento dei pazienti con PANDAS mediante un approccio combinato che utilizza terapie sia antibiotiche che EMDR.

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COD. C 06

Disturbo da stress post-traumatico (PTSD) in genitori di bambini affetti da epilessia

a. Bonuccelli1, m. Esposito1, d. Peroni1, m. Corsi 2, c. Carmassi2, l. Dell'osso2, a. Orsini1

1Neurologia Pediatrica, Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, Università di Pisa2Psichiatria, Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, Università di Pisa

Il disturbo da stress post-traumatico (PTSD) e lo spettro del disturbo da stress post-traumatico sono stati recentementeutilizzati per comprendere l'impatto nei caregiver di una malattia grave del bambino; tuttavia, pochi dati sono disponibilisull'epilessia, malattia caratterizzata da manifestazioni convulsive acute, improvvise e imprevedibili, nonchè da un decorsospesso cronico e talora complicato da resistenza alla risposta farmacologica. E' stato inoltre recentemente rilevato come isoggetti con disturbi bipolari o con sintomi dello spettro dell'umore abbiano dimostrato di essere più vulnerabile a svilupparePTSD rispetto alla popolazione generale.Abbiamo pertanto valutato la presenza di sintomi compatibili con disturbo da stresspost-traumatico in una casistica di 134 genitori di bambini con diagnosi di epilessia, seguiti presso il servizio di NeurologiaPediatrica di Pisa; abbiamo inoltre stimato nella stessa popolazione l'impatto di disturbi dell'umore sulla comparsa di PTSDin seguito ad eventi traumatici, utilizzando il Trauma and Loss Spectrum Self Report (TALS-SR) e Mood Spectrum-SelfReport (MOODS-SR). L'analisi dei dati ci ha dimostrato la presenza di PTSD completo nel 10,4% e parziale nel 37,3%dei genitori, compatibilmente con quanto già riportato in letteratura per altre condizioni croniche del bambino. Inoltre lemadri hanno presentato in maniera statisticamente significativa maggiore positività per tutti i principali sintomi cardine del PTSD, mentre si è ritrovata una correlazione positiva tra sintomatologia post-traumatica da stress e sintomi dello spettrodell'umore solo nel sottogruppo dei padri.Questi risultati confermano la necessità di fornire assistenza ai caregivers dipazienti pediatrici affetti da epilessia e confermano l'ipotesi che la presenza di disturbi dell'umore possa avere un impattonegativo sullo sviluppo di disturbi da stress post-traumatico.

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COD. C 07

UN CASO FAMILIARE DI SINDROME COREO-ATASSICA ASSOCIATA A NUOVA MUTAZIONE DEL GENE ATP1A3

B. Tascini 1, M. Nosadini1, P.A. Battistella2, I. Toldo1, S. Sartori1

1Neurologia e Neurofisiologia Pediatrica, Dip. di Salute della Donna e del Bambino, Azienda Ospedaliera – Università degliStudi di Padova, Padova2Neuropsichiatria Infantile, Dip. di Salute della Donna e del Bambino, Azienda Ospedaliera - Università degli Studi diPadova, Padova

Introduzione:Il gene ATP1A3 codifica per la subunità alfa-3 della pompa Na+/K+. Le mutazioni si associano ad uno spettro di disordinineurologici, in cui sono stati identificati almeno tre fenotipi distinti:1) distonia-parkinsonismo ad esodio rapido DYT12 (RDP);2) emiplegia alternante dell’infanzia (AHC); 3) sindrome CAPOS (atassia cerebellare, areflessia, pes cavus, atrofia otticae sordità neurosensoriale). Sono stati, inoltre, descritti diversi fenotipi intermedi. Riportiamo un caso familiare di sindromecoreo-atassica a insorgenza acuta con riscontro di mutazione del gene ATP1A3.

Risultati:Paziente 1, femmina, 3 anni e mezzo, unicogenita. Ritardo del linguaggio con evidente aprassia orale, restante sviluppopsicomotorio regolare. A 3 giorni da un episodio febbrile, insorgenza acuta di disartria, ipotonia assiale, atassia, movimenticoreici degli arti superiori, vigilanza fluttuante e irritabilità. Il giorno successivo, comparsa di posture distoniche agli arti, occhie bocca. Trattata con steroidi ad alte dosi e immunoglobuline. In una settimana, risoluzione delle fluttuazioni di vigilanza edell’irritabilità. A due settimane, scomparsa delle posture distoniche e della disartria, con ricomparsa dei movimenti coreicidegli arti superiori e del capo, e persistenza dell’atassia. Dopo circa 3 mesi, recupero pressoché completo del disturbodel movimento.Paziente 2, madre della paziente 1. A 7 anni e mezzo, a 4 giorni da un episodio febbrile, insorgenza acuta di disartria,disfagia, fluttuazioni della vigilanza, atassia e distonia degli arti superiori, in seguito evoluta in movimenti coreici degli artisuperiori. A 6 mesi dall’esordio, recupero solo parziale. Attualmente (età 27 anni) presenta lieve atassia nella marcia,importante disartria e lievi movimenti coreiformi delle estremità degli arti superiori.

L’analisi molecolare eseguita sulla paziente 1 di un pannello di geni legati ai disturbi del movimento ha permesso diindividuare una mutazione eterozigote, missenso c.2267G>A (p.Arg756His) nel gene ATP1A3. Tale mutazione non èmai stata descritta in letteratura ma è predetta deleteria dai predittori informatici. L’analisi molecolare della paziente 2 èattualmente in corso.

Discussione:Abbiamo presentato una sindrome coreo-atassica familiare associata a mutazione del gene ATP1A3. Il fenotipo presentato,simile tra le due pazienti, è intermedio ed ascrivibile sia alla variante distonia-parkinsonismo ad esordio rapido (insorgenza>18 mesi, esordio acuto di distonia, disfunzione bulbare, disturbo della marcia) che alla variante emiplegia alternantedell’infanzia (movimenti coreiformi, atassia). Si conferma la variabilità fenotipica nell’ambito dei quadri clinici correlaticausalmente ad ATP1A3, che depone verso uno spettro fenotipico piuttosto che verso fenotipi necessariamente ben distinti.

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COD. C 08

TELE-NEUROFISIOLOGIA IN TERAPIA INTENSIVA NEONATALE: IL RUOLO CHIAVE DEL TECNICO DINEUROFISIOPATOLOGIA

S. Gabbanini1, C. Cossu1, M. Bastianelli1, G. Bertini2, S. Lori1

1Neurophysiology Unit, Neuro-musculo-skeletal Departement, Careggi University Hospital, Florence, Italy2Div. of Neonatology, Departement of Neuropharba, Careggi University Hospital, Florence, Italy

IntroduzioneIl progresso delle tecnologie informatiche e la diffusione delle reti wireless ospedaliere ha introdotto il nuovo concetto diTelemedicina. Ciò ha aumentato la responsabilità del Tecnico di Neurofisiopatologia (TNFP), chiamato in prima linea perinteragire con il Neurofisiologo in un altro contesto.Di routine il medico Neurofisiologo (MNFP) svolge una valutazioneclinica del neonato prima che il TNFP inizi la preparazione ed esecuzione degli esami elettrofisiologici. Questo purtropposta diventando sempre più difficile a causa dell'aumento esponenziale di richieste di tali esami nei vari reparti delleneonatologie.E' nata quindi l'idea di rendere possibile una “tele-valutazione clinica” propedeutica alla registrazione VEEG,sfruttando il recente potenziamento della nostra rete ospedaliera Wi-Fi.ScopoCondividere la nostra esperienza di gestione neurofisiologica in terapia intensiva neonataleutilizzando il sistema wireless:il rapido confronto fra Medico Neonatologo e MNFP sulla clinica, sull’approccio terapeutico del neonatoe l’aumento dellecompetenze del TNFP nel riconoscere precocemente i movimenti patologici al fine di migliorare il montaggio di registrazionee l'applicazione di Video-EEG.Materiali e MetodiLa tecnica Video-EEG prevede l’utilizzo di una videocamera che riprende il paziente durante la registrazione; la stessaviene impiegata, prima dell’esame neurofisiologico, per effettuare una raccolta visiva standardizzata dei reperti motori ecomportamentali del neonato da parte del TNFP, concordata con il MNFP.La breve registrazione è visualizzabile sia offlinecheonline in stazione di refertazione, il neonato viene svestitoe scoperto per valutare liberamente iGeneral Movements,successivamente il TNFP esegue alcune manovre cliniche neurologiche in base alla scala “Short Proforma” (Mercuri2005) questo ci permette d’avere un primo approccio clinico del neonato neurologico e di migliorare tempestivamentel'interpretazione dei dati inviati al MNFP.ConclusioniLa tele-neurofisiologia risulta essere un tempestivo strumento a supporto della valutazione clinica potendo favorirel’interazione di diverse figure professionali; la competenza e l'affidabilità del TNFP possono implementarne la sinergia nellediagnosi e nei trattamenti delle patologie neurologiche in ICU neonatale.

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COD. C 09

Encefalopatia epilettica da mutazione GABRB3: da epilessia generalizzata a encefalopatia epilettica.

A. Orsini1, M. Esposito1, D. Peroni1, A. Bonuccelli1

1Neurologia Pediatrica, Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana. Università di Pisa,

I recettori Gamma-aminobutirrico di tipo A (GABAA) e le sue subunità sono canali ligando-dipendenti che agiscono come iprincipali mediatori della trasmissione sinaptica inibitoria nel sistema nervoso centrale. GABRB3, è stato per la prima voltadescritto in un paziente con sindrome di Lennox-Gastaut nel 2013. Mutazioni di GABRB3 sono state associate a spettrofenotipico ampio forme lievi di epilessie generalizzate idiopatiche ad encefalopatie epilettiche ad autismo. Una correlazionegenotipo fenotipo è ancora da chiarire visto il numero limitato di pazienti. Di seguito descriviamo un paziente afferiti pressoil nostro servizio di Neurologia Pediatrica.CASO 1: nato a termine da gravidanza normodecorsa. Sviluppo psicomotorio definito normale fino a 4 mesi quandoil lattante inizia a presentare episodi critici pluriquotidiani focali caratterizzati da fissità oculare, ipertono di durata dapochi secondi a 1-2 minuti. Veniva trasferito da un centro di secondo livello presso la nostra struttura. All'ingresso ilbambino si presentava ipotonico con automatismi di protusione della lingua, e scarso aggancio visivo. Venivano eseguiteindagini ematochimiche, virologiche, metaboliche su sangue e liquor (risultate normali), risonanza magnetica encefalo conspettroscopia (risultata normale), video registrazione prolungata con monitoraggio continuo elettroencefalografico. Al videoeeg, continuo si registravano numerose crisi elettrocliniche e anomalie multifocali in un tracciato con eccesso di componentirapide. Veniva istaurata terapia antiepilettica polifarmacologica con parziale beneficio clinico. Venivano avviate indaginigenetiche con Array Cgh (risultato normale) e analisi NGS su pannello a 109 geni associati a epilessia risultato in unamutazione missenso di GABRB3.Il nostro caso conferma l'ampio spettro fenotipico di mutazioni di GABRB3, in particolareconfermano l'importanza di ampliare la casistica per poter arrivare a una miglior correlazione genotipo fenotipo.

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COD. C 10

Stress genitoriale nell'epilessia pediatrica dopo l'interruzione della terapia

R. Mazza, G.M.G. Pastorino2, S. Campanozzi1, F.F. Operto1, L. Margari1, G. Coppola2

1Unità di Neuropsichiatria Infantile, Università degli studi di Bari "Aldo Moro"2Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Facoltà di Medicina, Università di Salerno

ObiettivoScopo del lavoro è stato studiare i livelli di stress genitoriale in un campione di bambini con epilessia idiopatica, in diversefasi della malattia: al momento della diagnosi e, durante il follow-up, dopo 1 anno e dopo 2 anni dalla sospensione dellaterapia antiepilettica.MetodiIl nostro campione comprende 50 bambini, di età compresa tra 5 e 14 anni, affetti da Epilessia con Assenze dell’Infanzia oEpilessia Parziale Idiopatica con Parossismi Rolandici. I genitori dei partecipanti hanno compilato in maniera indipendenteil Parenting Stress Index - Short Form al tempo 0 (quando hanno ricevuto per la prima volta la diagnosi e la terapiaantiepilettica), al Tempo 1 (dopo un anno dalla sospensione della terapia) e al tempo 2 (dopo due anni dalla sospensionedella terapia), entro il normale follow-up.RisultatiAl tempo 0, i livelli di stress genitoriale sono risultati aumentati sia nelle madri che nei padri, con punteggi medi nel "rangepatologico" per la scala PD, la scala P-CDI e la scala TS del PSI-SF. Al tempo 1, i punteggi si sono rivelati ancora più alti,nelle stesse scale. Al tempo 2, abbiamo riscontrato una lieve riduzione dei punteggi di stress in entrambi i genitori, anchese i valori rimangono nel "range patologico" per le stesse scale considerate: PD, P-CDI e TS.ConclusioniI nostri risultati mostrano che i genitori di bambini con epilessia, anche dopo un miglioramento clinico, non sono rassicuraticirca le condizioni cliniche dei propri figli. Non solo dopo 1 anno, ma soprattutto dopo 2 anni dalla sospensione della terapia,anche in assenza di crisi, i livelli di stress genitoriale sono ancora più alti del previsto. Probabilmente ciò dipende dallacostante preoccupazione circa il possibile ripresentarsi di nuove crisi o di un tipo più grave di epilessia dopo la sospensionedella terapia farmacologica, oltre che da sentimenti di inadeguatezza e svalutazione da parte dei genitori.

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COD. C 11

L'elettroencefalogramma nell'alterazione acuta dello stato di coscienza ad etiologia non nota in età pediatrica: datipreliminari di uno studio prospettico

V. Di Pisa1, A. Perrone1, D. Chiarello1, E. Ricci1, S. Ubertiello1, S. Bonetti 1, C. Biagi2, M. Lanari2, E. Franzoni1, D.M.

Cordelli1

1UO Neuropsichiatria Infantile, Policlinico di Sant’Orsola, Università di Bologna, Bologna2UO Pediatria d’Urgenza, Policlinico di Sant’Orsola, Università di Bologna, Bologna

Introduzione: L'alterato stato di coscienza può rappresentare per il medico un'importante sfida diagnostica, terapeuticae prognostica, ancor più in età pediatrica. Nonostante sia ormai riconosciuto l’utilizzo dell’elettroencefalogramma (EEG)in tale situazione clinica di emergenza, non sono a noi noti ad oggi studi pubblicati in letteratura condotti con l’obiettivospecifico di valutarne il ruolo diagnostico nei casi ad etiologia non nota in età pediatrica.Obiettivi: Obiettivo primario dello studio è consolidare il ruolo diagnostico dell'EEG nei casi di alterazione acuta dello statodi coscienza ad etiologia non nota. Obiettivi secondari sono la rilevazione della frequenza delle diverse etiologie, la ricercadi correlazioni fra presentazione clinica ed elettroencefalografica e la conferma del valore prognostico dell'EEG.Materiali e metodi: Studio prospettico osservazionale esplorativo di coorte monocentrico di pazienti di età compresa fra 1mese e 18 anni sottoposti ad EEG in corso di alterazione acuta dello stato di coscienza ad etiologia non nota.Risultati: Nel corso del primo anno di studio sono stati arruolati 15 pazienti, dei quali 11 presentavano un'alterazione dellivello di coscienza e 4 del suo contenuto. I sintomi associati erano principalmente: segni autonomici (9), disturbo dellinguaggio (8), segni neurologici focali (4), febbre (4), disturbo del movimento (2). La sintomatologia esordiva in 12 casisu 15 a domicilio, nei restanti 3 in pazienti ricoverati.L'EEG è risultato critico in 4 casi, negativo in altri 4; nei restanti 7casi ha mostrato un rallentamento dell'attività bioelettrica di base, diffuso (2) o focale (5).L'etiologia dell'alterato stato dicoscienza era riconducibile a: stato epilettico non convulsivo (SENC) (3), disturbo psicogeno (3), emicrania complicata (3),processi autoimmuni del sistema nervoso centrale (2), spasmi epilettici (1), stato post-critico (1), leucoencefalopatia subase neurotossica (1) ed intossicazione da carbamazepina (1). In particolare, tutti i pazienti ai quali è stato diagnosticatoun SENC avevano un’età inferiore ai 6 anni, mentre tutti i pazienti con disturbo psicogeno avevano età superiore a 12anni.L'EEG è risultato diagnostico in 7 casi e suggestivo in 5, per un totale di 12 casi su 15 in cui ha contribuito direttamentealla diagnosi. Ha determinato o guidato la terapia farmacologica in 3 casi ed evitato l'esecuzione di procedure diagnosticheinvasive in 2 casi.Discussione: I risultati preliminari dello studio consentono di riconoscere all'elettroencefalogramma un ruolo di grandeimportanza nella gestione diagnostica e terapeutica dei casi di alterazione acuta dello stato di coscienza ad etiologia nonnota in età pediatrica.

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COD. C 12

La Distrofia muscolare di Duchenne: quali segnali per una diagnosi precoce ?

M. Giannotta1, G. Monaco1, A. Pini1

1UOC di Neuropsichiatria Infantile, O.Bellaria, IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna

La Distrofia muscolare di Duchenne (DMD) è una patologia neuromuscolare progressiva ad esordio nella prima infanzia.La patologia è correlata a mutazioni eterogenee (delezioni , duplicazioni, mutazioni puntiformi) del gene della distrofina sulcromosoma X. Attualmente non esiste una cura definitiva, ma negli ultimi anni, a fianco di un più razionale ed efficace presain carico multiprofessionale, si sono sviluppate terapie in grado di rallentare l'evoluzione della patologia, quali il cortisone,l’idebenone e, per alcune specifiche mutazioni genetiche, farmaci innovativi come Translarna ( per mutazioni nonsenso ).Nonostante i miglioramenti dell’attenzione diagnostica attualmente l’età di diagnosi in molti paesi del mondo avviene versoi 4-5 anni, mentre in Italia si registra una età di diagnosi mediamente di circa 10-12 mesi prima. Riportiamo la nostraesperienza inerente i pazienti residenti in Regione Emilia Romagna giunti alla nostra osservazione in età evolutiva. In 21pazienti di età compresa tra i 4 e i 18 anni residenti in Emilia Romagna, presi in carico nel Centro Neuro Muscolare dell'etàevolutiva dell'IRCCS ISNB, sono stati valutati l’età della diagnosi, l’età di riscontro dei segnali di sospetto, la tipologia deisintomi clinici di esordio, il tempo intercorso tra i segnali di sospetto e la diagnosi. Nella popolazione in esame l’età media didiagnosi è risultata 3.5 aa (range 14-87m ). I primi segnali sono stati iperCKemia occasionale oltre 5000 U/L (30%),ritardomotorio (9%), debolezza muscolare (42%), familiarità positiva (4%), cammino sulle punte (0.5%). Il tempo intercorso trail sospetto e la conferma diagnostica è risultato pari in media a 9,6 mesi. Data la natura progressiva della malattia diDuchenne con inizio paucisintomatico nella prima infanzia, è molto importante una diagnosi precoce intercettando al piùpresto questi pazienti soprattutto per la presa in carico tempestiva e la consulenza genetica e per l’inizio di una eventualeterapia farmacologica che ne rallenti l’evoluzione. L’elevazione occasionale della CPK è stata, nella casistica risportata,la causa più frequente di sospetto diagnostico e quella che ha anticipato l’età della diagnosi mentre la diagnosi è statapiù tardiva quando il primo elemento di sospetto segnalato è stata la debolezza muscolare o l’andatura sulle punte. Lacollaborazione in rete tra i Centri Neuromuscolari di terzo livello regionali con i Centri più periferici e con quei professionistiche per primi possono cogliere elementi di sospetto specie elevazioni significative della CPK, soprattutto i Pediatri, facilital’accesso precoce alla diagnosi e va messa a sistema con percorsi definiti.

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COD. C 13

EVOLUZIONE ELETTROCLINICA E NEUROPSICOLOGICA NELLA SINDROME DI WEST NON SINTOMATICA

E. Cesaroni, G. Pantalone , C. Passamonti, S. Cappanera , S. Matricardi, S. Siliquini, L. Porfiri, N. Zamponi1Azienda Ospedaliera Universitaria Ospedali Riuniti di Ancona-U.O. Neuropsichiatria Infantile

La Sindrome degli Spasmi Infantili rappresenta l’encefalopatia epilettica più frequente nel primo anno di vita. Nonostantetale patologia sia nota ormai da molto tempo i meccanismi neuroanatomici ed elettrofisiologici che ne provocanol’insorgenza rimangono ancora scarsamente compresi. I pazienti con forme secondarie vanno spesso incontro ad importantiritardi dello sviluppo psicomotorio e a disabilità intellettiva, nonché all’evoluzione verso l’ epilessia. Invece i bambinisenza alcuna evidente eziologia della sindrome tendono ad avere un decorso più favorevole. Tuttavia gli studi che hannoindirizzato l’interesse verso questa particolare sottopopolazione di pazienti non sono molto numerosi. Abbiamo pertantoritenuto opportuno concentrare la nostra attenzione proprio su questi pazienti con eziologia sconosciuta, prendendo inesame i bambini nei quali è stata posta diagnosi di Sindrome di West presso la SOD di Neuropsichiatria Infantile dellaAzienda Ospedaliero Universitaria Ospedali Riuniti di Ancona , tra Gennaio 1996 e Dicembre 2015. Sono stati quindiraccolti, retrospettivamente, i dati inerenti il ricovero diagnostico e i controlli clinico-elettroencefalografici, con lo scopo divalutare se l’evoluzione clinica e neuropsicologica era favorevole o meno e individuare se, come riportato in letteratura,un trattamento tardivo, potesse avere ripercussioni negative sugli esiti a lungo termine. È stata inoltre indagata l’eventualepresenza di correlazioni tra outcome ed età di insorgenza della Sindrome, presenza o meno di ritardo psicomotorioall’esordio e caratteristiche elettroencefalografiche al follow-up. Dei 97 pazienti con Sindrome di West, 35 rispettavanoi criteri di inclusione dello studio e presentavano un follow up minimo di 2 anni.Di questi il 26% presentava “disabilità”intellettiva, mentre il 34% mostrava la presenza di “difficoltà neuropsicologiche specifiche” e il 31% un funzionamentocognitivo nella norma.l’11% sviluppava altre forme di epilessia. Dall’analisi dei dati del nostro studio è emerso, come datosignificativo, che un trattamento precoce della Sindrome di West si associa ad un’evoluzione clinica e neuropsicologiamigliore rispetto a quella dei pazienti in cui l’intervallo tra esordio e terapia è stato superiore ai 30 giorni. Attualmente nonsono ancora compresi i legami genetici e neurofisiologici esistenti tra il manifestarsi degli Spasmi Infantili e la successivamaturazione cerebrale, con le relative conseguenze che questa determina sull’evoluzione clinica e neuropsicologica. Almomento, dai risultati dei nostri dati, il trattamento tempestivo della patologia appare un fattore su cui è possibile agire perinfluenzare positivamente il decorso clinico e neuropsicologico del paziente.

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COD. C 14

Gestione Clinica del Paziente con Epilessia e Disabilità Cognitiva Grave

D. Serino1, A. Russo2, P. Striano3, R. Dilena4, E. Briatore5, M. Carpentieri6, E. Coci7,8, F. Fioretto1

1U.O. Neuropsichiatria Infantile – Dipartimento Interaziendale Materno-Infantile, ASL CN1 - Cuneo2U.O. Neurologia Pediatrica – IRCCS Ospedale Bellaria – Bologna3U.O. Neurologia Pediatrica e Malattie Neuromuscolari – Università di Genova - IRCCS G. Gaslini – Genova4U.O. Neurofisiopatologia –Dipartimento di Scienze Neurologiche - IRCSS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico –Milano5U.O. Neuropsichiatria Infantile – Dipartimento Interaziendale Materno-Infantile – Ospedale S. Croce e Carle – Cuneo6U.O. Neurologia Pediatrica - Azienda Ospedaliera Universitaria S. Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona - Salerno7Centro di Pediatria Sociale e Neurologia Pediatrica, Ospedale generale di Celle - Celle (Germania)8Centro di Neurologia Pediatrica, Ospedale Universitario di Bochum - Bochum (Germania)

Obiettivi: le difficoltà logistiche e cliniche nella gestione dei pazienti con epilessia e disabilità cognitiva grave richiedenogrande attenzione rispetto all’efficienza dell’iter diagnostico e terapeutico. Obiettivo dello studio è determinare l’efficienzadegli interventi clinici routinariamente intrapresi in questa polazione. Metodo: analisi retrospettiva degli accessi effettuati dapazienti con epilessia e ritardo mentale severo o profondo di età compresa fra 4 e 18 anni, afferenti ai Centri partecipantidal 2010 al 2016. Sono stati analizzati prescrizione di EEG e di esami di laboratorio, motivazione delle prescrizioni,conseguenze cliniche degli esiti e modifiche terapeutiche effettuate durante gli accessi. Risultati: sono stati analizzati 162accessi di 59 pazienti. Sono stati prescritti 124 EEG e 122 dosaggi ematici di farmaci antiepilettici (FAE). Il 73% degli EEGera di “controllo”. Fra questi il 68% non ha portato ad esiti diagnostico/terapeutici. Per il 73% dei restanti vi era evidenzaanamnestica di scarso controllo delle crisi già prima dell’esame. Il dosaggio ematico di FAE è stato prescritto nel 92%dei casi come “controllo” e nel restante 8% per riacutizzazione o comparsa di effetti indesiderati. Modifiche alla terapiahanno portato a miglior controllo delle crisi nel 49% degli accessi. Tali modifichea vengono effettuate nel 76% dei casi perevidenza anamnestica di scarso controllo delle crisi e nel 18% quale esito di indagini diagnostiche. Conclusioni: molte delleindagini routinariamente prescritte sembra avere uno scarso impatto clinico, mentre revisioni dello schema terapeuticoportano a beneficio in quasi la metà dei casi.

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COD. C 15

Caratterizzazione clinica e trattamento dello stato di male in età evolutiva.

D. Chiarello1, L. Maltoni1, A. Lividini1, F. Duranti1, C. Spadoni1, L. Stracqualursi2, E. Franzoni1, A. Parmeggiani1

1UO Neuropsichiatria infantile, Policlinico di Sant'Orsola, Università di Bologna, Bologna2Dipartimento di Scienze Statistiche “Paolo Fortunati”, Università di Bologna, Bologna

Razionale e Obiettivi: Identificazione di eventuali fattori di rischio e ruolo della terapia nello stato di male (SE) ed inparticolare nello SE refrattario (RSE).Metodi: Studio Osservazionale Retrospettivo Monocentrico (comitato etico NPI-SE-17) in pazienti sottoposi a trattamento per SE dal 2000 al 2016. Criteri di inclusione: i) età 1 mese-18 anni; ii) trattamentoendovenoso eseguito presso la nostra Unità Operativa.Risultati: Sono stati reclutati 124 pazienti, di cui il 17,7% ha mostratoun RSE. Lo SE è stato suddiviso in stato di male convulsivo (32,3%), focale (50,8%) e non convulsivo (16,9%). In meritoall’eziologia, la distribuzione delle frequenze è stata del 24,2% per le patologie acute, del 19,4% per le febbrili, del 18,5%per le idio-criptogeniche e del 11,3% per le progressive. Fattori potenzialmente determinanti lo stato di male (fattori trigger)sono stati individuati nel 61,3% dei casi, in particolare la febbre (46,0%), la chemioterapia (7,3%), fattori metabolici (4,8%)e l’insufficienza renale acuta (3,2%). È stata riscontrata una correlazione statisticamente significativa tra presentazioneclinica dello stato di male ed eziologica (p<0,001) e tra lo stato di male non convulsivo e la presenza di fattori trigger(p<0,02). Non è stato possibile individuare caratteristiche cliniche o demografiche predittive di refrattarietà. Tuttavia lo statodi male non convulsivo risulta più frequentemente refrattario (22,7% vs 15,7%), così come appaiono più rappresentatenello stato di male refrattario l’eziologia acuta (31,8% vs 22,5%) ed idio-criptogenica (27,3% vs 16,7%).Nel 71,8% deicasi è stato utilizzato un primo trattamento rescue (97,4% diazepam endorettale). La somministrazione endovenosa diMidazolam è stata la prima scelta sia in assenza (73,8%) che dopo trattamento rescue (79,9%) mostrandosi efficace nel58,2% dei casi. L’efficacia per numero di somministrazioni del Midazolam (57,5%) si è mostrata sovrapponibile a quelladella Fenitoina (56,7%).Conclusioni: Non è stata possibile l’individuazione di fattori di rischio di RSE. La percentuale direfrattarietà del nostro campione è inferiore a quella riportata in letteratura. Tale dato potrebbe essere correlato all’usodel Midazolam, spesso utilizzato come prima linea di trattamento endovenoso. L’efficacia di tale trattamento si è mostratainoltre sovrapponibile a terapia di prima linea più comunemente utilizzate (Fenitoina).

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COD. C 16

Epilessia benigna dell’infanzia con punte rolandiche (BECTS): analisi comparativa della memoria tra un grupposperimentale e un gruppo di controllo

M. Arestia1, M. Motta1, V. Venti1, F. La Mendola1, M.T. Garozzo1, S. Catanzaro1, M. Ruggieri1, R. Falsaperla2, A. Praticò1

1U.O.P.I. Malattie Rare del Sistema Nervoso in Età Infantile, A.O.U. "Policlinico-Vittorio Emanuele", Catania2U.O.C. Pediatria e Pronto Soccorso Pediatrico, A.O.U. "Policlinico-Vittorio Emanuele", Catania

L’epilessia benigna dell'infanzia con punte centrotemporali (BECTS) è conosciuta per il suo decorso lieve: sono infatti rari ideficit neurologici, i sintomi somatosensoriali, l’insorgenza di farmacoresistenza. Inoltre, spesso si osserva una risoluzionespontanea della sintomatologia. Alcuni studi clinici hanno dimostrato però l’insorgenza di alcuni deficit neuropsicologicinei bambini affetti da BECTS, nonostante il quoziente intellettivo (IQ) nella norma, suggerendo una riconsiderazione deltermine “benigna”. Abbiamo analizzato le performance della memoria di un gruppo di pazienti affetti da BECTS comparatia un gruppo di controllo, attraverso la somministrazione di test psicodiagnostici che indagano la memoria di lavoro,la capacità di ritenzione a breve termine, la memoria visiva spontanea (in assenza di memorizzazione volontaria). Ilcampione sperimentale, selezionato presso il reparto di Pediatria e Pronto Soccorso Pediatrico dell’A.O.U. “Policlinico-Vittorio Emanuele” di Catania è stato di 12 soggetti, di cui 5 di sette anni e 7 di otto, con diagnosi accertata di BECTS,assenza di anomalie alla Risonanza Magnetica Encefalo, assenza di ritardo mentale e/o farmacoresistenza. Il gruppo dicontrollo era costituito da 10 soggetti di sette anni e 10 di otto anni, selezionati presso il medesimo reparto, tra i soggettiaffetti da infezione delle vie respiratorie o patologie gastrointestinali e non affetti da epilessia.È stato utilizzato il “Test dellaFigura complessa di Rey”, che esamina la modalità con cui il soggetto percepisce le figure, nonché la capacità di riprodurrele stesse figure dopo 3 minuti e in assenza di memorizzazione volontaria. Successivamente è stato somministrato il sub-test “Digit Span” della WISC, che misura la capacità della memoria a breve termine.Il gruppo sperimentale (GS) e quellodi controllo (GC) hanno ottenuto uguali punteggi nella fase di copia della Figura di Rey, ma con punteggi statisticamentedifferenti nella fase di memoria (GS 7/8anni: 9,6/14,07; GC 7/8anni:18,35/20,75) e “Digit Span” (GS 7/8anni: 10,4/11,85; GC7/8anni: 12,1/14,9). I dati ottenuti dimostrano che le capacità visuo-spaziali dei soggetti affetti da BECTS non differisconoda quelle dei soggetti sani, ma i pazienti affetti da BECTS hanno mostrato risultati inferiori alla media nella fase di memoriadifferita relativa alla stessa figura e al sub-test “Digit Span”. Tali risultati suggerirebbero una rivalutazione dell’aggettivo“benigna” associato alla BECTS, in relazione alle ripercussioni della sindrome sul profilo neuropsicologico.

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COD. C 17

PROPOSTA DI STUDIO COMBINATO ENG ED ECO MUSCOLARE NEL NEONATO PRE-TERMINE: RELAZIONE TRALE TECNICHE E VALUTAZIONE SULLA MATURAZIONE DEL SISTEMA NERVOSO PERIFERICO

S. Gabbanini1, M. Bastianelli1, C. Cossu1, G. Bertini2, C. Dani2, S. Lori1

1Neurophysiology Unit, Neuro-musculo-skeletal Departement, Careggi University Hospital, Florence, Italy2Div. of Neonatology, Departement of Neuropharba, Careggi University Hospital, Florence, Italy

IntroduzioneRecenti studi condotti nell’adulto su patologie neuro-muscolari hanno dimostrato come l’Ecografia di Nervo e Muscolo(Padua et all, 2011) affiancata allo studio Neurofisiologico convenzionale (Elettroneurografia/Elettromiografia) rappresentiun accurato strumento per una diagnosi più precisa e mirata.Le metodiche suddette possono fornire importanti informazioni anche nel periodo neonatale, dalle 30 alle 42 settimane di età gestazionale (Prematurità- Neonato a Termine), duranteil quale avvengono importanti cambiamenti di maturazione assono-mielinica e differenziazione istochimica- miocitica conl’aumento sostanziale del numero delle piccole fibre di tipo I e del diametro delle fibre muscolari.ScopoApplicare la metodica combinata ElettroNeurografica-UltraSonografica Muscolare (c-ENG-USM) per fornire valori diriferimento sullo sviluppo morfo-funzionale del Sistema Nervoso Periferico nel neonato a termine e nel neonato prematuro durante l’accrescimento extra-uterino, con i seguenti obbiettivi: Valutare la correlazione fra massimo CMAP (m-CMAP )e massimo Spessore Muscolare (m-SM) in un Gruppo di Neonati a Termine (NT) “neurologicamente sani” confrontatocon un Gruppo di Giovani Adulti (Gruppo di controllo). Valutare l’andamento maturativo dell’Unità Motoria in un Gruppodi Neonati Pretermine (PT)“neurologicamente sani”, studiando i due parametri m-CMAP e m-SM con registrazioni seriatefino al raggiungimento dell’età a termine.MetodiIl muscolo tibiale anteriore è stato valutato in 17 neonati, 10 NT (38-40ws) / 7 PT (32-36ws) e in 11 giovani adulti (19-45anni) da c-ENG-MUS, misurando: 1) Insorgenza- Picco (OP) e ampiezze picco-picco (PP) del mCMAP; 2) m-SM; 3) SMnel punto di rilevamento di m-CMAP (mCMAP-SM).Nei pretermine abbiamo svolto studi seriati con step di due settimane,fino all'età-termine. (Studio approvato dal comitato etico locale).RisultatiNei NT le ampiezze OP- e PP- m-CMAP non erano correlate linearmente, a differenza degli adulti; nelle due popolazioni ivalori m-CMAP-SM e m-SM si correlano linearmente.Nei NT l'ampiezza di m-CMAP e il valore assoluto di SM erano circala metà di quelli degli adulti. I punti di rilevamento di m-CMAP e m-SM non corrispondevano.Nei PT il valore di m-CMAP e m-SM aumenta proporzionalmente all'età post-concezionale.ConclusioneI valori di m-CMAP, m-SM e m-CMAP-SM differivano significativamente nei NT e PT rispetto agli adulti a causa dell'effettodell'età. Non c'era alcuna correlazione tra l'ampiezza m-CMAP e m-SM (nessun effetto sito significativo).Il c-ENG-MUS è una tecnica semplice e facile per valutare i processi di maturazione funzionale e morfologica neuromuscolare.

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COD. C 18

Applicazione di un dispositivo wearable nell'individuazione e monitoraggio di crisi convulsive

P. De Liso1, L. Fusco1, M.L. Piscitello1, C. Caborni2, S. Tognetti2, G. Regalia2, F. Onorati2, M. De Luca1, C. Volponi1, F.

Vigevano1

1Unità di Neurologia, Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma2Empatica, Inc Cambridge, MA e Milano

Obiettivi: L’obiettivo dello studio è stato quello di valutare l’efficacia e la sicurezza di Empatica Embrace, un wearable devicedeputato all’individuazione e segnalazione precoce di crisi convulsive, utilizzato in pazienti affetti da epilessia ospitalizzatiper eseguire un monitoraggio EEG di lunga durata (LTM).Metodi e pazienti: Presentiamo i dati preliminari dello studio prospettico, multicentrico, non randomizzato di fase 3 (codiceidentificativo NCT03207685 su ClinicalTrials.gov), avviato ad ottobre 2017 ed attualmente in corso presso le unità diNeurologia dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e dell’ospedale Langone di New York. Embrace è un dispositivoda polso approvato dall’FDA capace di identificare crisi convulsive attraverso un algoritmo che utilizza dati relativi all’attivitàelettrodermica (EDA) e di movimento, monitorato tramite un accelerometro. A questo scopo, è stata considerata crisiconvulsiva (CC) ogni crisi motoria di durata non inferiore ai 30 secondi. La durata dell’LTM è stata invece correlata alnumero e alla frequenza di crisi registrate durante il monitoraggio.Risultati: Nel periodo compreso tra ottobre 2017 ed aprile 2018, sono stati reclutati 11 pazienti (8 maschi), con etàmedia pari a 10,6 anni (range 2-22 anni), affetti da epilessia ed ospedalizzati per eseguire un LTM presso l’unità diNeurologia dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù. La durata media dell’LTM è stata di 30 ore (range 5-72). Tre pazientihanno manifestato crisi epilettiche, per un totale di 10 eventi; un paziente è stato escluso dallo studio poiché ha rimossoprecocemente il device. Embrace ha individuato 8 CC su 10 registrate all’EEG, con una sensibilità pari all’80%. Inoltre,sono stati riportati 6 falso allarme con una frequenza media di 0,68 nelle 24 ore, mentre 2 crisi non sono state segnalate.Conclusioni: Embrace è un dispositivo da polso capace di individuare e segnalare precocemente CC in tempo reale, conun’alta sensibilità ed un basso numero di falso allarme, anche in pazienti di età pediatrica, dimostrando di essere unpromettente device impiegabile nella prevenzione della Morte improvvisa in soggetti epilettici (SUDEP)

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COD. C 19

Ipotonia, difficoltà di alimentazione e apnee centrali in epoca neonatale e successivo ritardo psicomotorio di gradosevero: report di 2 casi con Sindrome PURA

J. Gencarelli1, A. Iacono1, R. Faggioli1, S. Bigoni2, E. Ballardini3, G. Garani3, D. Colavito4, C. Ruivenkamp5, A. Suppiej1

1Dipartimento di Scienze mediche, Sezione Pediatria, Università di Ferrara2UO di Genetica Medica, Dipartimento di Riproduzione ed Accrescimento, AOU di Ferrara3UO di Neonatologia, Dipartimento di Riproduzione ed Accrescimento, AOU di Ferrara4Laboratorio Research and Innovation, Padova5LUMC, Leiden, Netherland

BackgroundLa Sindrome PURA è un raro disordine del neurosviluppo, di cui recentemente sono state individuate le basi molecolari:unico gene noto è il gene PURA (Purine-Rich element-binding protein A). Esso codifica per la proteina Pur-α, coinvoltanel controllo della trascrizione di altri geni, nel trasporto dell'mRNA nel citoplasma e nella replicazione del DNA. E’ unaproteina importante nello sviluppo cerebrale, nella proliferazione neuronale e nella maturazione dei dendriti.

ScopoL’obiettivo dello studio è descrivere 2 casi clinici, quale contributo alla definizione fenotipica della malattia.

Caso 1Bambina di 10 anni, nata a termine da parto indotto. APGAR 9-10, CC 35,5 cm (84°P). A 48 ore di vita veniva ricoverata peripotonia globale, difficoltà di alimentazione, fascicolazioni palpebrali, automatismi di suzione, apnee e dismorfismi faccialiminori. La RM cerebrale, eseguita alla nascita, mostrava ritardo di mielinizzazione, migliorato ai successivi controlli a 5 e10 anni. Nel corso degli anni si è evidenziato un marcato ritardo dello sviluppo psicomotorio. Acquisizione del cammino a 3anni. Plurimi accertamenti diagnostici risultavano negativi. A 9 anni, lo studio dell’esoma clinico evidenziava una variazionede novo p.Ser28GInfsTer50 in eterozigosi nel gene PURA-5q31.3. Attualmente la bambina presenta distonie orobuccali,nistagmo, discinesie chinesigeniche, numerose stereotipie, disprassia oculomotoria, marcia atassica e segni cerebellari,comportamento e psiche non adeguati all’età, linguaggio assente.

Caso 2Bambino di 13 mesi, nato a termine da parto cesareo elettivo per presentazione podalica. APGAR 8-10, CC 34 cm(40°P). A 48 ore di vita veniva ricoverato per difficoltà di alimentazione, ipotonia globale, apnee e minimi dismorfismifacciali. Sottoposto a molteplici indagini diagnostiche, risultate negative. Il sequenziamento dell’esoma (WES), effettuatoper peggioramento delle condizioni cliniche, individuava una mutazione missenso in eterozigosi c.470T>G (p.Met157Arg)nel gene PURA, de novo. A 11 mesi, per la comparsa di fenomeni critici tipo spasmi infantili associati a EEG ipsaritmico, sieseguiva terapia con ACTH, con ottima risposta clinica ed elettroencefalografica. Attualmente il bambino presenta ritardopsicomotorio, non ancora acquisita la stazione seduta in autonomia, linguaggio assente.

ConclusioniLa disponibilità di metodiche NGS (Next Generation Sequencing) sta ampliando le possibilità di diagnosi molecolare deidisordini del neurosviluppo rari, in particolare quando il fenotipo è relativamente aspecifico, come nei casi descritti. Unquadro clinico aspecifico contestualmente con esami strumentali non diagnostici è meritevole, già in epoca neonatale,di inquadramento con tecniche NGS, in vista delle possibili ricadute terapeutiche e per evitare alle famiglie un’odisseadiagnostica.

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COD. C 20

Il trattamento con Spinraza nella atrofia muscolare spinale in età evolutiva. L'esperienza dei Centri dell'EmiliaRomagna.

A. Pini 1, M. Giannotta 1, G. Monaco1, S. Lambertini1, C. Testoni 2, S. Soffritti4, F. Marchetti5, G. Piccinini5, G. Pasi 5, G.

Vergine6, R. Pericoli 6, J. Sarajlija 7, C. Fusco 8, D. Frattini8, B. Piccolo9, F. Pisani9, A. Cersosimo 3

1UO di Neuropsichiatria Infantile, O.Bellaria, IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna2UO di Anestesia e Rianimazione, O.Bellaria, IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna3UO di Medicina Riabilitativa Infantile, IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna4UO Terapia Intensiva Neonatale, O.Maggiore, AUSL di Bologna5UO Pediatria e Anestesia e Rianimazione, Ospedale Santa Maria delle Croci, Ravenna6UO di Pediatria, Ospedale degli Infermi, Rimini7UO di Neuropsichiatria Infantile, Ospedale degli Infermi, Rimini8UO di Neuropsichiatria Infantile, Azienda USL-IRCCS di Reggio Emilia9UO di Neuropsichiatria Infantile, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma

La SMA ( spinal muscular atrophy ) dovuta a delezione del gene SMN1 è una malattia neurodegenerativa che coinvolge ilsecondo motoneurone e che determina debolezza muscolare. Esistono diversi tipi di SMA a seconda della gravità e dell'etàdi esordio con possibilità o meno di acquisire la posizione seduta e il cammino. Tra le stragetie terapeutiche indagate negliultimi anni sono stato sviluppati farmaci in grado di aumentare la preoteina SMN, carente nella SMA, e nel 2017 è stataapprovata in Italia la somministrazione intratecale di specifici oligonucleotidi antisenso contenuti nel farmaco Spinraza.In Regione Emilai Romagna sono stati individuati 5 Centri dei quali 3 prescrittori e somministratori e 2 somministratori.Dall'inizio del 2018 sono stati trattati 19 pazienti di età tra i 2 mesi e i 15 anni, affetti da SMA 1 ( 5 pazienti ), SMA 2 ( 4pazienti ) e SMA 3 ( 10 pazienti ). Tutti i pazienti sono stati valutati tramite le scale funzionali motorie HFMSE o CHOP eHINE per i più piccoli e/o più gravi. Sono state anche effettuate la valutazione del cammino tramite il 6MWT e della funzionedegli arti superiori tramite scala PUL. Una specifica procedura di somministrazione tratecale è stata seguita da tutti i centri.Tutti i pazienti tranne 4 ( trattati con anestesia locale o con sedoanalgesia cosciente con MEOPA ) sono stati trattati previasedazione con Midazolam, Sevorane o Propofol in regime di ricovero in DO o DH a seconda delle condizioni cliniche e delladistanza dal domicilio. La procedura è andata a buon fine in tutti i casi senza complicanze. In nessun caso vi sono statieventi collaterali gravi, in particolare idrocefalo. In 11 casi si è sviluppata una cefalea posizionale transitoria, responsiva alparacetamolo. In 5 bambini la fase di induzione si è già conclusa e sono stati osservati miglioramenti rilevabili alle scale divalutazione motoria utilizzate o riduzioni delle ore di ventilazione meccanica. Ulteriori informazioni su miglioramenti nellaattività quotidiane siono state raccolte tramite diario libero. Allo stato attuale l'esperienza dei Centri in RER sul trattamentointratecale della SMA5q con Spinraza è positiva, sia per la conferma della mancanza di effetti collaterali significativi cheper i miglioramenti osservati. L'integrazione tra i centri prescitttori e somministratori è stata ottimale e il lavoro in rete haconsentito di ridurre al minimo il disagio per le famiglie e per i pazienti.

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COD. C 21

Ruolo prognostico dei PES nello sviluppo psicomotorio dei neonati sottoposti ad ipotermia terapeutica perencefalopatia ipossico-ischemica

V. Lucidi1, M.L. Lispi1, D. Longo1, S. Pro1, B. Alessandri1, M. De Luca1, M. Di Capua1

1Ospedale Pediatrico Bambino Gesù - IRCCS, UOSD Neurofisiopatologia

Dal 2011 al 2018 sono stati esaminati con scala Griffiths, a 6, 12, 24 e 36 mesi, 23 pz sottoposti ad ipotermia terapeuticain epoca neonatale per encefalopatia ipossico-ischemica. Tutti i neonati hanno effettuato nel primo mese di vita RMNencefalo, PES AASS ed EEG. Lo sviluppo p.m. è risultato nella norma in 13, grave in 5 e, lieve in 5 pz. I 13 pz. con normalesviluppo p.m. presentavano PES nella norma bilateralmente in 10 (di cui 3 con iniziale compromissione e normalizzazionedopo circa 15 gg) e con assenza di risposta unilateralmente in 3 ; RMN alterate in 9 ma normalizzatesi a 6-12 mesi ed EEGnormali in 12. I 5 casi con grave esito avevano tutti assenza dei PES bilateralmente (2 casi confermati con la ripetizionedell'esame dopo 15 gg), RMN gravemente alterata ed EEG patologici in 4. I 5 casi con lieve ritardo p.m. avevano PESnella norma bilateralmente in 2 casi, unilateralmente in 2 ed uno assente bilateralmete, RMN patologiche in 3 casi ed EEGpatologico solo in uno.Il normale sviluppo p.m. dei neonati sottoposti ad ipotermia terapeutica sembra correlare maggiormente con la normalitàdei PES e dell'EEG rispetto alla RMN eseguita in fase acuta. Va tenuto conto dell' utilità della ripetizione dei PES se alteratiin fase acuta per la possibile precoce normalizzazione, in rapporto alla risoluzione dell'edema citotossico.

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COD. C 22

Ruolo prognostico delle punte Rolandiche nel definire l’outcome neurocognitivo dei bambini affetti da BECTS.

I. Tristano1, F. Nicita 1, G. Garone 1, F. Ursitti1, C. Nardone 1, V. Rocchi1, C.A. Guido 1, A. Spalice 1

1Dip. Pediatria, divisione Neurologia Pediatrica, Uni. "La Sapienza" di Roma

Introduzione: L’epilessia rolandica a punte centro-temporali (BECTS) è una delle forme più frequenti di epilessia neibambini. Contrariamente a quanto ritenuto finora tale forma sta perdendo sempre di più la nomea di Benigna in quantonumerose evidenze enunciate dall’attuale letteratura stanno via via dimostrando una quasi costante associazione condeficit neurocognitivi nei pazienti affetti.Obiettivo dello studio: Il nostro studio si è posto dunque come obiettivo la possibilità di definire eventuali patternElettroencefalografici predittivi di un’evoluzione cognitiva sfavorevole, nonché di evidenziare un possibile legame tra ilnumero di anomalie epilettiformi registrate durante i tracciati intercritici e la gravità del deficit neurocognitivo.Materiali e Metodi: Abbiamo attuato uno studio caso-controllo con una coorte di 16 bambini (10 maschi e 6 femmine), dietà compresa tra i 4 ed i 14 anni. Tutti i pazienti sono stati sottoposti in 3 tempi consecutivi ad una valutazione neurologicae ad un esame neuroradiologico. Sono stati poi suddivisi in due gruppi in base alle anomalie registrate ai seriati esamielettroencefalografici eseguiti in sonno: un gruppo A composto da 8 pazienti con una frequenza di anomalie bassa ointermedia ed un gruppo B con una frequenza elevata. Infine entrambi i gruppi sono stati posti a confronto mediante l’utilizzodi scale di valutazione neurocognitive standardizzate per l’età degli esaminati (WISC IV e WPPSI III). Tali risultati sonostati valutati mediante Test t di Student (p<0.05).Risultati: I risultati da noi ottenuti non hanno dimostrato una differenza statisticamente significativa negli outcomesneurocognitivi dei nostri pazienti: la significatività statistica si è infatti dimostrata superiore allo 0.05 in ogni indiceda noi esaminato compreso il QI, dimostrandosi tali deficit indipendenti per gravità rispetto al numero di anomalieelettroencefalografiche presentate da ciascun paziente. Si è inoltre andato a delineare un interessante profiloneurocognitivo in questi bambini che sono risultati avere un QI in media superiore rispetto alla media dei bambini italianidella stessa età, pur presentando delle importanti cadute selettive in particolare nella memoria di lavoro.Conclusioni: I nostri risultati mostrano chiaramente l’importanza di prestare ugual attenzione a tutti i pazienti affetti datale epilessia, non basandosi più solamente sul numero delle anomalie riportate. Inoltre il calo selettivo nella memoriain linea con la più recente ipotesi eziopatogenetica da noi supportata, suggerisce di non affidarsi più solamente ad unaterapia farmacologica che non sarebbe in grado di sopperire a tale deficit, quanto di puntare invece su una terapia mirataneurocognitiva.

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COD. C 23

REPORT DEL GRUPPO DI LAVORO INTERDISCIPLINARE ITALIANO PER LA COSTRUZIONE DELLERACCOMANDAZIONI SULLA GESTIONE DELLE CONVULSIONI NEONATALI IN ITALIA: MONITORAGGIONEUROFISIOLOGICO CONTINUO TRA GOLD STANDARD E RISORSE DISPONIBILI

R. Dilena1, I. Sirgiovanni2, S. Lori3, L. Tadini1, D. Pruna4, G. Cantalupo5, M. Fumagalli2, M. Mastrangelo6, F. Raviglione7

1UOC Neurofisiopatologia, Fondazione IRCCS C’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Università degli studi di Milano2Terapia Intensiva Neonatale, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Università degli studi diMilano3UOC Neurofisiopatologia Azienda Ospedaliera-Universitaria Careggi, Firenze4SOD Neurologia ed Epilettologia Pediatrica, A.O. Brotzu, Cagliari5UOC di Neuropsichiatria Infantile, Ospedale Civile Maggiore BorgoTrento, Verona6UOC Neurologia Pediatrica, Ospedale Vittore Buzzi, Milano7Neuropsichiatra Infantile, UONPIA ASST Rhodense, Rho -Milano

Premessa: Nell’ultimo decennio notevoli progressi sono occorsi nella gestione delle crisi neonatali in campo diagnosticoe terapeutico. Il riconoscimento dell’importanza della diagnosi e del monitoraggio neurofisiologico continuo nelle crisineonatali (CN) ha posto nella pratica clinica problemi applicativi dell’ideale Gold Standard di cure per varie ragioni tra cui lalimitata ed eterogenea disponibilità H 24 di personale esperto in elettroencefalografia (EEG) e nella gestione epilettologica.Occorre individuare strategie per colmare il gap esistente tra l'ideale Gold Standard e la realtà ospedaliera attuale mediain Italia, tenendo conto delle risorse disponibili e degli obiettivi ragionevolmente raggiungibili a breve, al di là delle singoleeccellenze.Obiettivi: costruire una rete interdisciplinare per la stesura di raccomandazioni condivise sulle convulsioni neonatali,partendo dal monitoraggio neurofisiologico.Metodi: nel periodo 2017-2018 è nata una rete professionale italiana aperta ai vari specialisti che si occupano di crisineonatali, tra cui neonatologi, neurologi pediatrici, neurofisiologi clinici e tecnici di neurofisiopatologia. La gran parte deipartecipanti sono soci attivi delle società scientifiche di riferimento: SIN (Società Italiana di Neonatologia), SINP (SocietàItaliana di Neurologia Pediatrica), LICE (Lega Italiana Contro l’Epilessia), SINC (Società Italiana di Neurofisiologia Clinica),AITN (Associazione Italiana Tecnici di Neurofisiopatologia), SINPIA (Società Italiana di Neuropsichiatria Infantile). Alcunidi loro sono anche membri di gruppi di studio sulla materia nelle suddette società ed attivi nella ricerca clinica. Il lavoro èstato portato avanti mediante contatti email, telefonici e periodiche riunioni, in cui partendo dalla discussione di casi cliniciesemplificativi e da indagini della realtà esistente e dalla revisione della letteratura, si è arrivati a costruire una prima bozzadi raccomandazioni.Conclusioni: molte Terapie Intensive Neonatali (TIN) italiane sono ora dotate di CFM (aEEG/EEG 1-3 canali), poche hannoa disposizione anche di notte e nei giorni festivi l’EEG convenzionale (33% su un campione di 39 TIN). Presentiamouna prima bozza di raccomandazioni sul monitoraggio neurofisiologico neonatale in cui oltre a stabilire modalità d’usouniformi per l’EEG convenzionale si preveda per le TIN di terzo livello un livello essenziale di assistenza basato sullacomplementazione tra CFM gestito direttamente dai neonatologi H 24 e un servizio di poli-video-EEG convenzionale chesia disponibile almeno in orario diurno tutti i giorni (festivi compresi). Costituiranno strumenti di supporto alla realizzazionedelle raccomandazioni vari interventi tra cui raccolte di dati, suggerimenti organizzativi, formazione periodica, refertazionein telemedicina, piattaforme digitali per promuovere gli scambi nella rete interdisciplinare creata.

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COD. C 24

Clinical ‘effectiveness’ di Cannabidiolo (CBD) nelle Epilessie Farmacoresistenti: studio open-label

F. Marchese1, M.S. Vari1, F. Aiello1, M. Addis1, C. Minetti1, P. Striano1

1UOC Neurologia Pediatrica e Malattie Muscolari, DINOGMI - Dip. di Neuroscienze, Riabilitazione, Oftalmologia, Geneticae Scienze Materno-Infantili, Istituto “G. Gaslini”, Università di Genova;

Razionale e Metodi: Il Cannabidiolo (CBD), fitocannabinoide non psicoattivo della pianta della Cannabis, è studiato per ilsuo potenziale effetto nel trattamento delle forme di epilessia refrattaria alla terapia. Discutiamo i dati di uno studio open-label sull’efficacia del CBD in add-on nel trattamento delle epilessie farmacoresistenti (DRE). Come criterio di inclusioneabbiamo considerato la presenza di forme di DRE a diversa eziologia in trattamento con almeno 2 farmaci antiepilettici. Ipazienti sono stati trattati con Enecta Olio di CBD 24% (Estratto di Cannabis organico al 24% di CBD; 1 goccia= 7 mg).Il dosaggio iniziale è stato di 10-15 mg/die in tre somministrazioni, per via sublinguale. La durata minima del follow-upè stata di 6 mesi. L’efficacia è stata valutata sulla base della variazione della frequenza delle crisi a 6 mesi dall’iniziodell’assunzione del CBD (riduzione delle crisi ≥ 50%; riduzione delle crisi < 50%; libertà da crisi) e sulla eventuale comparsadi effetti collaterali o aggravamento delle crisi.Risultati: il nostro campione comprende 37 pazienti (20 Maschi e 17 Femmine) di età media di 16,16 anni (DS= 12,39;range: 2 anni - 54 anni) con forme di epilessia farmacoresistente a diversa eziologia (genetica e sintomatica). La duratamedia del follow-up è stata di 1,46 anni (DS= 1.04; range: 6 mesi -3 anni). Ventisette pazienti (72%) hanno presentatoun miglioramento della sintomatologia con riduzione delle crisi maggiore del 50%. Nessuno dei nostri pazienti ha riferitola comparsa di effetti collaterali o aggravamento dei sintomi, ma 2 pazienti (5%) hanno sospeso l’assunzione del CBD acausa della mancanza di efficacia. Nessuno dei nostri pazienti ha raggiunto la libertà da crisi.Importanza: i nostri dati ‘real-life’ supportano l’utilità dell’uso del CBD in add-on in pazienti con forme di epilessiafarmacoresistente (DRE), mostrando efficacia sovrapponibile indipendentemente dalla eziologia e dal tipo di crisi.

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COD. C 25

Nessuna incidenza di anticorpi anti virus adeno-associati serotipo 9 (AAV9) in una coorte di pazienti con atrofiamuscolare spinale (SMA) di tipo 1 sottoposti a screening per lo studio STR1VE, uno studio pivotale di fase 3 diAVXS-101

J.W. Day1, C.A. Chiriboga2, T. Crawford3, B.T. Darras4, R.S. Finkel5, A.M. Connolly6, S.T. Iannaccone7, N.L. Kuntz8, L.D.

Pena9, M. Schultz10, P.B. Shieh11, E.C. Smith12, F. Ogrinc13, C. Wells13, D. Feltner13, D. Sproule13, J. Mendell14

1Stanford University Medical Center, Palo Alto, CA2Columbia University Medical Center, New York, NY3Johns Hopkins Medicine, Baltimore, MD4Boston Children’s Hospital, Boston, MA5Nemours Children’s Hospital, Orlando, FL6Washington University School of Medicine, St. Louis, MO7University of Texas Southwestern Medical Center, Dallas, TX8Ann and Robert H. Lurie Children’s Hospital of Chicago, Chicago, IL9Cincinnati Children’s Hospital, Cincinnati, OH10University of Wisconsin School of Medicine and Public Health, Madison, WI11David Geffen School of Medicine at UCLA, Los Angeles, CA12Duke University School of Medicine, Durham, NC13AveXis, Inc., Bannockburn, IL14Nationwide Children’s Hospital, Columbus, OH

L'atrofia muscolare spinale (SMA) di tipo 1 è una malattia neurodegenerativa debilitante e a rapida progressione causatada mutazioni del gene di sopravvivenza del motoneurone 1 (SMN1). AVXS-101 è una terapia genica sostitutiva (in ingleseGene Replacement Therapy GRT) basata sull’uso di un vettore virale AAV9, ricombinato e inattivo nella replicazione.Il capside del AAV9 contiene un transgene del gene SMN1 umano e che viene somministrata come unica infusioneendovenosa. AVXS-101 tratta la causa principale della SMA, che e’ la delezione o la perdita di funzione del gene produttoredi SMN1 AVXS-101 e’ concepito per l'espressione immediata e duratura della proteina SMN1, consentendo un effettorapido e un effetto duraturo. In uno studio di fase 1 (NCT02122952), AVXS-101 ha mostrato miglioramenti senza precedentinella sopravvivenza, nella funzione motoria e nel raggiungimento di traguardi motori importanti in bambini con SMA di tipo1. Non sono stati condotti studi formali per valutare le percentuali di prevalenza degli anticorpi AAV9 nei bambini con SMA,ma si ritiene che gli anticorpi anti-AAV9 siano rari nei bambini. STR1VE USA and STR1VE EU sono due studi di fase 3,fondamentali nello sviluppo per AVXS-101. In STR1VE USA, i pazienti affetti da SMA di tipo 1 sintomatici di età <6 mesi almomento del dosaggio (NCT03306277). Per l'idoneità, mediante il saggio immuno-assorbente legato ad un enzima sonostati misurati i titoli anticorpali anti-AAV9; secondo il protocollo, i pazienti con titoli anticorpali >1:50 sono stati esclusi. Trai 25 neonati (età mediana 3 mesi, intervallo <1 mese a 5,6 mesi) che sono stati sottoposti a screening per titoli anticorpalielevati, nessuno ha manifestato titoli anticorpali che ne abbiano determinato l’esclusione. In linea con l'esperienza dellostudio AXVS-101 di fase 1 (NCT02122952), in cui solo 1 paziente su 16 era stato escluso dallo studio a causa degli elevatititoli di anticorpi AAV9, i risultati dello studio STR1VE USA suggeriscono che titoli elevati di anticorpi anti-AAV9 sembranoessere un evento raro che non dovrebbe influire sulla capacità della stragrande maggioranza dei bambini affetti da SMAdi ricevere il trattamento con un GRT basato su AAV9.

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COD. C 26

Ruolo dell’imaging di diffusione nel DSA: risultati preliminari dell’IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche diBologna.

G. Distefano 1, L. Talozzi3, P. Visconti 2, F. Toni2, L. Cirillo2, A. Posar2, M.J. Rochat2, M. Cellerini2, C. Tonon4, R. Lodi4, M.

Maffei2

1Alma Mater Studiorum, Università di Bologna2IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna3Dip. di Scienze Biomediche e Neuromotorie, RM Funzionale, Università di Bologna.4Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna, Diagnostica Funzionale Neuroradiologica

Introduzione. Studi condotti con tecniche avanzate di analisi di immagini del tensore di diffusione (DTI) hanno dimostratoun’alterazione della connettività strutturale e funzionale della sostanza bianca (SB) nel Disturbo dello Spettro Autistico(DSA) (Ameis SH & Catani M, Cortex 2015). Lo scopo di questo studio è stato fornire un contributo al chiarimento dellapatofisiologia del DSA tramite l’analisi di parametri di integrità microstrutturale DTI-derivati in specifiche strutture della SBcerebrale coinvolte in funzioni cognitive, valutate con scale neuropsicologiche utilizzate nella routine clinica.Materiali e Metodi. E’ stato condotto uno studio retrospettivo su un campione di 134 pazienti DSA, selezionando i pazienticon criteri di inclusione omogenei, quali età, protocollo di valutazione clinica (ADOS-2, Autism Diagnostic ObservationSchedule; CARS, Childhood Autism Rating Scale) e protocollo di acquisizione della RM encefalo (magnete 1.5T, sequenza

DTI con 20 direzioni del gradiente di diffusione, doppia acquisizione, b value=1000s/mm2, 2 acquisizioni con b value=0).Nei pazienti reclutati è stato applicato il medesimo protocollo di analisi, utilizzando il software FSL (https://fsl.fmrib.ox.ac.uk)per la stima dei parametri di Anisotropia Frazionale, FA, e Diffusività Media, MD, in regioni di interesse (ROIs) selezionatemanualmente quali corpo calloso (genu, splenio e corpo); fascicolo arcuato, uncinato e fronto-occipitale inferiore (IFOF),bilateralmente. Per l’analisi di correlazione dei dati clinici e di imaging è stato utilizzato l’indice di Pearson (SPSSStatistics®).Risultati. Sono stati inclusi nello studio 12 pazienti (M/F= 10/2, età= 29-60 mesi, media±sd=43±11 mesi). Correlazionisignificative sono state riscontrate tra 1) punteggio della scala ADOS e valori di FA a livello del fascicolo arcuato sinistro(p=0.004, r=0.763), e 2) punteggio della scala CARS e valori di FA a livello del fascicolo uncinato e IFOF di destra (p=0.006,r=0.744).Discussione e conclusioni. Il presente studio ha mostrato una correlazione positiva tra valori di FA in strutture targetdella SB e severità clinica, in linea con quanto riportato in studi della mielinizzazione in pazienti DSA con età inferiore ai5 anni (Bashat et al., Neuroimage 2007). In particolare, è stato dimostrato il correlato imaging microstrutturale - clinicorelativamente al fascicolo arcuato sinistro, coinvolto nella produzione linguistica, e dei fascicoli uncinato e IFOF, coinvolti infunzioni linguistiche, di memoria semantica e abilità socio-emotive. In conclusione, tale studio indica che l’analisi avanzatadelle immagini DTI sia uno strumento affidabile per la caratterizzazione del DSA in fase precoce, fornendo marcatori disupporto per un intervento terapeutico tempestivo e mirato.

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COD. C 27

Fattibilità ed efficacia di SISCOM in età pediatrica per la localizzazione della zona epilettogena in pazienti conepilessia farmaco-resistente candidati alla chirurgia resettiva

T. Foiadelli1, K. Jansen2, S. Savasta1, L. Lagae2

1Clinica pediatrica, Fondaz. IRCCS Policlinico S. Matteo, Università degli Studi di Pavia, Pavia2Department of Development and Regeneration, Division of Pediatric Neurology, University Hospital KU Leuven, Leuven(Belgium)

I bambini con epilessia farmaco-resistente devono essere sottoposti ad indagini mirate per valutarne la candidabilità allachirurgia dell’epilessia. Tali accertamenti sono necessari, ma spesso di difficile esecuzione per le peculiarità cliniche,epidemiologiche e gestionali tipiche dell’età pediatrica. Subtraction ictal-SPECT co-registered to MRI (SISCOM) è unatecnica di immagine nucleare non invasiva che è stata finora principalmente usata nella popolazione adulta per lalocalizzazione dei foci epilettogeni. Lo scopo di questo studio è di verificare la fattibilità di SISCOM in età pediatrica, edeterminarne l’utilità clinica per la localizzazione della presunta zona epilettogena (PEZ) in bambini candidati alla chirurgiaresettiva. Metodi: tutti i pazienti ≤16 anni con epilessia farmaco-resistente sottoposti a screening per chirurgia dell’epilessiaafferiti presso l’Ospedale Universitario di Leuven (Belgio) da Gennaio 2009 a Gennaio 2018 sono stati inclusi. Abbiamoanalizzato 58 ricoveri per SPECT-ictale e 51 SISCOM in 44 pazienti. L’età media era di 9.1 anni. I ricoveri per SISCOMsono stati analizzati in funzione di diverse variabili di fattibilità ed efficacia. L’outcome di SISCOM è stato confrontato conla localizzazione della PEZ sulla base della sola video-EEG e rispetto ad altre tecniche di immagine. Risultati: SISCOM èfattibile in termini di tempistiche operative, gestione della terapia antiepilettica cronica e necessità di terapia antiepiletticadi rescue durante il ricovero. Il tracciante radio-nucleare è stato iniettato entro 30 secondi dall’inizio delle crisi nel 91.4%dei casi, ed è stato possibile effettuare la SPECT-ictale entro due ore dall’iniezione nel 100% (media: 40 minuti). SISCOMlocalizza la PEZ nel 51% (26/51), e lateralizza la PEZ nel 17.6% (9/51), ottenendo outcome migliori rispetto a SPECT-ictale, PET e 3T-RMN (p<0.01). SISCOM si è rivelata utile per localizzare la PEZ nel 25% dei pazienti con video-EEGscarsamente localizzatore e nel 27.8% dei pazienti con RMN negativa. Il verificarsi di crisi epilettiche abituali durantel’iniezione del tracciante e la localizzazione temporale della PEZ correlavano con una maggiore capacità localizzatrice diSISCOM (p<0.05). 16/44 pazienti (36.4%) sono stati sottoposti a chirurgia resettiva, con un tasso di libertà da crisi dell’86.7% a 12 mesi. Un outcome positivo di SISCOM correlava con una libertà da crisi nel 66.7% e con un buon outcomefinale (Engel I-II) nel 75% dei pazienti. Conclusioni: SISCOM è un utile strumento per localizzare la zona epilettogena, ed èsia fattibile che efficace in età pediatrica. SISCOM fornisce preziose informazioni pre-chirurgiche in particolare nei pazienticon RMN e video-EEG scarsamente informativi.

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COD. C 28

Sperimentazione clinica sulla terapia genica sostitutiva di fase 1 AVXS-101 nell’atrofia muscolare spinale di tipo1 (SMA1): sopravvivenza a 24 mesi senza eventi e raggiungimento di traguardi relative allo sviluppo

J. Mendell1,2,3, S. Al-Zaidy1,2, R. Shell4,5, R.D. Arnold3, L. Rodino-Klapac1,3, T.W. Prior6, L.P. Lowes1,2, L.N. Alfano1, K.

Berry1, K. Church1, J.T. Kissel2, S. Nagendran7, J. L’Italien7, D. Sproule7, C. Wells7, A.H. Burghes3,8, K.D. Foust7, K.

Meyer1, S. Likhite1, B.K. Kaspar1,2,3,7

1Center for Gene Therapy, Nationwide Children’s Hospital, Columbus, OH2Department of Pediatrics, Ohio State University, Columbus, OH3Department of Neurology, Ohio State University, Columbus, OH4Section of Pulmonary Medicine, Department of Pediatrics, Nationwide Children’s Hospital, Columbus, OH5Section of Pulmonary Medicine, Department of Pediatrics, Ohio State University, Columbus, OH6Department of Pathology, Ohio State University, Columbus, OH7AveXis, Inc., Bannockburn, IL8Department of Biological Chemistry and Pharmacology, Ohio State University, Columbus, OH

I bambini con SMA1 non sono in grado di sedersi senza assistenza, quasi nessuno di loro raggiunge un punteggio ≥40 entroi 6 mesi alla scala CHOP-INTEND e il 92% muore o ha bisogno di un supporto ventilatorio permanente entro i 20 mesi. Èattualmente allo studio, in sperimentazioni cliniche, AVXS-101, una terapia genica sostitutiva in unica somministrazione cheagisce sulla la causa principale della SMA, la delezione o la perdita della funzione del gene SMN1 (survival motor neuron).

AVXS-101 è stata concepito per ristabilire la produzione di SMN1, agire rapidamente e per mantenere un effetto prolungato.Nello studio AVXS-101 di fase 1 (NCT02122952), i pazienti SMA1 hanno ricevuto un’unica dose endovenosa di AVXS-101a basso dosaggio (coorte 1, n=3) o alla dose terapeutica proposta (coorte 2, n=12). L'obiettivo primario era valutare lasicurezza di AVXS-101 mentre gli i obiettivi secondari includevano la sopravvivenza (prevenzione della morte/supportovntilatorio permanente) e la capacità di stare seduti senza assistenza dei bambini trattati. Sono stati ottenuti I punteggialla CHOP-INTEND scale e altri traguardi delle attivita motorie. Al follow-up a 24 mesi, tutti i pazienti erano vivi e nonnecessitavano di un supporto ventilatorio permanente. I pazienti della coorte 2 mostravano una migliore funzione motoria11/12 avevano un punteggio alla scala CHOP-INTEND≥40 punti; 11/12 stavano seduti senza assistenza per ≥5s, 10 per≥10s, 9 per ≥30s; 11/12 avevano controllo della testa e 9 riuscivano a rigirarsi. Due pazienti sono riusciti a gattonare, tirarsisu con un supporto, restare in piedi e camminare in modo indipendente. Nello studio di follow-up a lungo termine, altri 2pazienti sono rimasti seduti senza assistenza per ≥30s e 2 sono rimasti in piedi con il supporto; 3/4 non hanno ricevutotrattamenti medicinali supplementari oltre all'AVXS-101. Nessun paziente ha ricevuto nusinersen concomitante duranteil periodo di studio di 24 mesi. Sicurezza e tollerabilita, e’ stato riportato un aumento transitorio asintomatico dei livellidi aminotransferasi in 4 pazienti controllato con con uso di prednisolone. In confronto alla storia naturale, AVXS-101 hapermesso la sopravvivenza di entrambe le coorti e un miglioramento della funzione motoria della coorte 2; 11/12 pazientihanno raggiunto punteggi alla scala CHOP-INTEND e traguardi motori che sono senza precedenti in questa popolazione.Dopo 24 mesi i pazienti transitano in un Long Term study e al momenton non è stato segnalato alcun calo dell’effetto oregressione nella funzione motoria acquisita.

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COD. C 29

Efficacia dell’everolimus nel trattamento dell’epilessia in un bambino con sclerosi tuberosa

P. Ricciardelli1, S. Pusceddu1, A. Zucchini1, F. Marchetti1

1U.O.C di Pediatria e Neonatologia, Ospedale di Ravenna e Faenza, AUSL della Romagna

La sclerosi tuberosa (TSC) è una malattia genetica multisistemica che influenza la differenziazione e la proliferazione cellulare, provocando una varietà di

lesioni amartomatose che possono interessare virtualmente ogni sistema di organi del corpo. Il TSC è causato da mutazioni inattivanti in uno dei due geni,

TSC1 e TSC2, con conseguente aumento dell'attività del bersaglio di Rapamicina (mTOR). L'epilessia è il disturbo medico più comune nella comorbidità della

sclerosi tuberosa. Presentiamo un caso di un bambino maschio di 9 anni con TSC e epilessia resistente ai farmaci. I primi sintomi di epilessia si manifestarono

quando il paziente aveva 4 anni. Alla RM dell'encefalo presenza di tuberi corticali in corrispondenza di entrambi gli emisferi cerebrali e cerebellari e numerosi

noduli subependimali in corrispondenza delle pareti dei ventricoli laterali. L'epilessia è diventata resistente ai farmaci (triterapia con oxacarbamazepina,

clobazam, leviracetam) all'età di 9 anni. Alla video-EEG frequenti punte-onda lente focali in sede centro-parietale e temporale di sinistra con tendenza alla

diffusione e in sede omo e controlaterale soprattutto in sonno NREM, ricoprendo oltre il 70% del tracciato. Si sono resi evidenti importanti difficoltà sul piano

cognitivo e comportamentale. E' stata iniziata terapia con everolimus, una rapamicina analoga, alla dose di 4 mg/m2 (5 mg/die in monosomministrazione

serale). Dopo 2 mesi dall’inizio della terapia al controllo video-EEG il tracciato risultava privo di anomalie epilettiche, con riduzione delle crisi da 10 a 2

al dì. Il bambino risultava molto migliorato da un punto di vista cognitivo. A 12 mesi dall’inizio dell’everolimus il tracciato EEG di veglia e sonno risultava

privo di anomalie epilettiche. E' stato possibile sospendere gradualmente il levetiracetam, passando da una triterapia a una biterapia con carbamazepina (in

sostituzione dell'oxacarbamazepina) e clobazam. Il farmaco è stato ottimamente tollerato. All’inizio della terapia è comparsa una gengivostomatite aftosa,

regredita nel giro di due mesi. La disregolazione della via mTOR non induce solo la crescita di tubercoli corticali della TSC ma comporta anche un'eccitabilità

cellulare anomala e l'uso di inibitori mTOR potrebbe arrestare il processo epilettogeno e può aiutare a controllare le crisi con un miglioramento generale della

qualità della vita. Si tratta di una terapia sostitutiva che deve essere mantenuta per tutta la vita. Recenti studi clinici suggeriscono l’efficacia dell’everolimus

nel trattamento dell’epilessia e degli altri disturbi neurologici associati. Il caso contributivo presentato sembra confermare questi importanti risultati.

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COD. C 30

UNO STRANO “MAL DI TESTA”

F.M.C. La Mendola1, G. Cavaleri1, B. Domanti 1, V.G.T.M. Venti3, B. Amato3, M.T. Garozzo2, M.C. Battaglini2, S.

Catanzaro2, A. Praticò2, M. Ruggieri2

1U.O.C. Neonatologia e Pediatria, Ospedale Sant’Elia, Caltanissetta2U.O.P.I. Malattie Rare del Sistema Nervoso in Età Pediatrica, A.O.U. “Policlinico-Vittorio Emanuele”, Catania3U.O.C. Clinica Pediatrica, A.O.U. “Policlinico-Vittorio Emanuele”, Catania

Presentiamo il caso di un paziente di 12 anni, giunto alla nostra attenzione per episodi di cefalea associata a fotofobia estrabismo convergente dell’occhio destro. L’età di insorgenza veniva riferita a sei anni, con episodi mensili caratterizzatidalla contemporanea comparsa di cefalea della durata di poche ore e a risoluzione spontanea, e paresi oculare destra concompleto recupero della motilità oculare dopo circa tre settimane dall’inizio della sintomatologia.Il piccolo aveva effettuatouna prima valutazione presso un altro presidio ospedaliero con sospetta diagnosi di emicrania oftalmoplegica e prescrizionedi terapia con magnesio per via orale, senza miglioramento clinico. Eseguiva RM dell’encefalo che non metteva in evidenzaalcuna lesione. All’età di 9 anni, dopo rivalutazione presso un altro centro clinico, veniva intrapresa terapia con flunarizinae da quel momento veniva riferita una riduzione della frequenza degli episodi, che comunque continuavano a verificarsicon cadenza trimestrale.Pertanto, il paziente veniva inviato alla nostra osservazione dapprima presso il reparto UOC diPediatria dell’Ospedale Sant’Elia di Caltanissetta e successivamente in consulenza all’UOPI Malattie Rare del SistemaNervoso in Età Pediatrica del Policlinico di Catania. Veniva effettuata una nuova RM, sempre con esito negativo, edesame EEG in deprivazione di sonno che mostrava elementi aguzzi ampiovoltati prevalentemente nelle regioni fronto-occipitali a carattere aspecifico. Confermata la diagnosi di emicrania oftalmoplegica, dopo un’attenta anamnesi emergevauna graduale e spontanea riduzione della frequenza degli episodi descritti malgrado la sospensione da tempo della terapiacon flunarizina. Per tale motivo si decideva di non continuare alcuna terapia. In occasione dell’ultimo controllo ambulatoriale,non venivano segnalati nuovi episodi.L'emicrania oftalmoplegica è una patologia rara in età infantile, con un'incidenzaannuale stimata di 0,7 casi per milione; è caratterizzata da episodi ricorrenti di cefalea con oftalmoplegia unilaterale diun nervo cranico ( III, IV o VI) ed eziopatogenesi non completamente nota. Di solito è interessato il III nervo cranico, mararamente si ha il coinvolgimento dei nervi cranici VI o IV. L'età media di insorgenza è inferiore a 10 anni e si ritiene che siauna condizione auto-limitante.Il caso descritto risulta di particolare interesse clinico per la rarità della patologia descrittacon interessamento del VI nervo cranico (rarissimo in età infantile) e il decorso clinico.

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COD. C 31

Una febbre che non passa!!

S. Marino1, P. Pavone2, L. Marino2, A. Portale2, M. Motta2, R. Falsaperla1

1Pediatric Emergency Department, University Hospital “Policlinico-Vittorio Emanuele”, Catania, Italy2Department of Pediatric, University Hospital “Policlinico-Vittorio Emanuele”, Catania, Italy

Riportiamo il caso di un bambino di 7 anni affetto da epilessia generalizzata idiopatica che giunge alla nostra osservazioneper iperpiressia persistente non responsiva ad antipiretici e antibioticoterapia che si protrae oltre 2 settimane. Il piccolopratica terapia anticonvulsivante con levetiracetam (30 mg/kg/die) e topiramato (8 mg/kg/die) con controllo delle crisi.All’ingresso le condizioni generali sono discrete. Facies prostrata. TC 41°C: Al torace respiro aspro diffuso. SatO2 99%.FC 134 b/m. Addome trattabile non dolente né meteorico. Alvo aperto a feci e gas. Non riferiti altri disturbi. Sottopostoa prelievo ematico di routine con indici di flogosi, infettivologico (EBV, Mycoplasma, TORCH, malaria, parvovirus),emogasanalisi, esame chimico fisico urine, urinocultura, emocultura, tampone faringeo è stato monitorato clinicamentemediante controllo periodi temperatura corporea e parametri vitali.Eseguita la radiografia torace è risultata negativa cosicome l’ecocardiocolordoppler, l’ecografia addome con studio anse intestinali e apparato urinario. Gli esami di laboratorionon hanno messo in evidenza nulla di alterato ad eccezione di un lieve incremento della proteina c reattiva. Culture einfettivologia anch’essi negativi. Praticata altresì una risonanza magnetica encefalo, nella norma. Durante la degenza peril persistere della sintomatologia ha praticato terapia antibiotica con cefalosporina e anticomiziale come da precedenteprescrizione. Dato il persistere dell’iperpiressia (> 39°C) senza alcun segno di infezione si è sospettata una ipertermiamaligna indotta da topiramato. Pertanto si è deciso di sospendere gradatamente tale farmaco con risoluzione dellatemperatura febbrile. Come tutti i farmaci, il topiramato presenta effetti collaterali alcuni più frequenti. Tra quelli rarivi è l’oligoidrosi spesso associata a ipertermia in particolare nei bambini esposti ad alta temperatura ambiente, comenei periodi estivi. L’ipertermia maligna è un evento raro, malattia farmacogenetica spesso complicanza dell’anestesiagenerale nei soggetti predisposti.Causata dalla mutazione di un gene presente nel cromosoma 19, viene trasmessa pervia autosomica dominante. Si tratta del gene RYR1, responsabile della recessione della rianodina e presente a livello deimuscoli scheletrici. Alcuni casi riscontrati hanno evidenziato una possibile responsabilità del gene CACNA1S, presentenel cromosoma 1 che interagisce con la proteina del RYR1.Nel nostro caso specifico l’ipertermia potrebbe essere causatada oligoidrosi, effetto evverso del topiramato, oppure da interazione diretta di tale farmaco con il soggetto predisposto. Inatto il risultato genetico è in corso di refertazione. Utile è saper riconoscere gli effetti collaterali dei farmaci, in modo taleda saper e intervenire il più precocemente possibile.

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COD. C 32

Primo caso riportato di encefalite anti recettore N-methyl-D-aspartate post-encefalite da zecca (TBE) in unapaziente di 11 anni

E. Cavaliere1, M. Nosadini1, G. Ventura2, E.M. Ruga3, I. Toldo1, S. Sartori1

1Unità di Neurologia e Neurofisiologia Pediatrica, Dipartimento per la Salute della Donna e del Bambino, AziendaOspedaliera-Università degli Studi di Padova.2Unità Operativa Complessa di Pediatria e Patologia Neonatale, Azienda Ospedaliera Maria degli Angeli, Pordenone3Divisione di Malattie Infettive Pediatriche, Dipartimento per la Salute della Donna e del Bambino, Azienda Ospedaliera-Università degli Studi di Padova

L'encefalite da anticorpi anti recettore dell'N-methyl-D-aspartato (antiNMDARE) è la più frequente encefalite autoimmunein età pediatrica. Sebbene la maggior parte dei casi rimanga idiopatica, una significativa minoranza riconosce un'etiologiaparaneoplastica (in particolare associata a teratoma ovarico) o post-infettiva. L’encefalite erpetica succeduta daantiNMDARE è una condizione clinica ad andamento bifasico (la prima su base infettiva e la seconda autoimmune) giàampiamente descritta. Riportiamo il primo caso pediatrico di antiNMDARE succeduto ad encefalite da zecca (TBE) e unarevisione della letteratura su antiNMDARE precedute da encefaliti virali non erpetiche. Dopo un mese dalla completaremissione da TBE (morso di zecca in anamnesi e sierocoversione per TBEV), una paziente di 11 anni, precedentementesana, ha presentato un quadro ingravescente caratterizzato da alterazioni del comportamento e del ritmo sonno-veglia, daamnesia e da disturbo del movimento. Il peggioramento di quest’ultimo, la comparsa di disautonomie e il deterioramentocognitivo hanno richiesto cure intensive. L’analisi del liquor ha documentato sintesi intratecale di immunoglobuline eanticorpi anti-NMDAR. La RM cerebrale con mdc è risultata negativa. La paziente è stata avviata alla prima linea ditrattamento immune (immunoglobuline endovena, metilprednisolone ad alte dose e plasmaferesi) senza risposta (mRSscore 5, PCPC score 5). Si è proceduto alla seconda linea con rituximab con remissione complete dei sintomi e dunquedimessa in micofenolato mofetile. Al follow-up a 4 mesi, la paziente presenta minime sequele (mRS score 1, PCPC 1).In letteratura sono descritti 9 casi di antiNMDARE preceduti da encefalite infettive non erpetiche per un totale di 10 casi,considerando il nostro (6 pediatrici, 5 femmine). Per quanto concerne l’eziologia, 3 pazienti avevano encefalite giapponese,1 encefalite da HIV, 1 encefalite da EBV, 1 encefalite da VZV, 1 meningite tubercolare e 1 meningite eosinofila daangiostrongylus cantonensis. L’intervallo tra encefalite infettiva e antiNMDARE è stato mediamente di 25 giorni (range 7-32gg). L'immunoterapia di prima linea è stata somministrata a tutti i pazienti, la seconda linea ad 1 (rituximab o ciclofosfamide).Al follow-up, 4 pazienti hanno presentato una completa (o quasi) remissione, un paziente è deceduto, nessuno è recidivato.L’anti-NMDARE è una patologia autoimmune sempre più riconosciuta in età pediatrica e associata, in questa fascia d’età,a trigger infettivo piuttosto che ad un’origine paraneoplastica. Il nostro caso suggerisce che anche l'infezione del sistemanervoso centrale da TBEV può triggerare anti-NMDARE, oltre alla nota associazione tra encefalite erpetica e antiNMDARE,tuttavia ulteriori studi saranno necessari per confermare tale associazione.

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COD. C 33

Caratteristiche cliniche dell’ipertensione endocranica benigna in età pediatria ed applicabilità dei nuovi criteriICHD-3

R. Moavero1,2, G. Sforza1,2, M.A.N. Ferilli1, L. Papetti1, B. Battan1, S. Tarantino1, F. Vigevano1, M. Valeriani1

1Centro Cefalee, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, IRCCS, Roma2Neuropsichiatria Infantile, Policlinico Universitario Tor Vergata, Roma

L’ipertensione endocranica benigna è caratterizzata da una pressione intracranica >28 cmH2O in assenza di causeidentificabili. Obiettivo del nostro lavoro è stato la descrizione del fenotipo clinico in età pediatrica e la valutazionedell’applicabilità dei nuovi criteri ICHD-3 rispetto a quelli ICHD-2. Abbiamo condotto una analisi retrospettiva dei dati clinici,laboratoristici e di neuroimmagini dei pazienti pediatrici con diagnosi di IIH posta presso il nostro Dipartimento tra Gennaio2007 e Giugno 2018. In tutti i pazienti la diagnosi di IIH è stata verificata sia secondo i criteri diagnostici dell’ICHD-2 chedell’ICHD-3 per verificare il grado di concordanza. Abbiamo identificato 41 soggetti con sospetto IIH, ma 14 sono statiesclusi a causa della mancanza di dati o per la diagnosi di ipertensione secondaria. Abbiamo selezionato 27 soggetti conetà variabile tra i 4 e i 15 anni (media 11 anni). Tutti i pazienti presentavano cefalea e papilledema bilaterale. La cefaleaera giornaliera nel 22% dei casi, con dolore gravativo diffuso nel 41%. Nel 4% dei pazienti, il dolore era esacerbato datosse, stress o tensione, e nel 12% aveva distribuzione unilaterale. I sintomi di presentazione più comuni, in aggiunta allacefalea, sono stati visione offuscata o diplopia (70%), vomito (33%), e vertigini (15%). Venti pazienti (74%) erano obesi. In6 pazienti (22%) le neuroimmagini hanno mostrato un quadro di sella vuota. In 6 pazienti è stata osservata la distensionedelle guaine dei nervi ottici. Riguardo l’applicabilità dei criteri ICHD-2 18/27 (71%) soddisfacevano il criterio A; 24/27 (89%)il criterio B, e 27/27 (100%) i criteri C e D. Applicando i criteri dell’ICHD3, 27/27 (100%) soddisfacevano il criterio A, 24/27(89%) il criterio B, e 27/27 (100%) i criteri C e D. Il nostro studio suggerisce che una percentuale più alta di soggetti inetà pediatrica soddisfa i nuovi criteri ICHD-3. La scomparsa del criterio di specificità della cefalea (non è più richiesto chesia giornaliera, diffusa e aggravata da tosse o sforzi) potrebbe essere considerato come una riduzione dell’affidabilità conil rischio di sottostimare questi sintomi, ma bisogna sottolineare che nella popolazione pediatrica le caratteristiche dellacefalea sono solitamente meno definite che negli adulti, e che ottenere una descrizione precisa delle caratteristiche dellacefalea può essere molto difficile. Secondo i nostri risultati i nuovi criteri ICHD-3 sembrano essere applicabili e validi peruna maggior percentuale di soggetti pediatrici che presentano sintomi suggestivi di IIH.

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COD. C 34

LA VALUTAZIONE NEUROFISIOLOGICA PRECOCE NELLA SINDROME D’ASTINENZA NEONATALE

M. Bastianelli1, S. Gabbanini1, C. Cossu1, G. Bertini2, C. Dani2, S. Lori1

1Neurophysiology Unit, Neuro-musculo-skeletal Departement, Careggi University Hospital, Florence, Italy2Div. of Neonatology, Departement of Neuropharba, Careggi University Hospital, Florence, Italy

INTRODUZIONE“Neonatal abstinence syndrome (NAS) is a syndrome of drug withdrawal with non specific signs and symptoms thatmay occur in babies following in-utero drug exposure.”(Queensland Maternity and Neonatal Clinical Guideline: Neonatalabstinence syndrome) Per NAS si intendono tutte quelle manifestazioni cliniche che si verificano nel neonato, la cui madreha assunto regolarmente sostanze stupefacenti durante la gravidanza , causate dalla brusca interruzione, con il parto,del passaggio placentare di tali sostanze al feto. Alla nascita si manifestano: Iperattività, Aumento del tono muscolare,Tremori e scatti mioclonici, disturbi del sonno ed i neonati possono andare in contro a sequele neurologiche.SCOPOValutazione precoce con uno studio neurofisiologico con VIDEO-EEG POLIGRAFICA (V-EEG), POTENZIALI EVOCATIVISIVI da Flash E ELETTRORETINOGRAMMA (PEV-f/ERG) di un eventuale danno neurologico da NAS.METODIAbbiamo valutato V-EEG e PEVf /ERG a tempo 0 (T0=entro la prima settimana di vita) ed in Follow-Up 1° e 2° (entro4 e 6 settimane, rispettivamente) 8 neonati con NAS nati tra la 36° e la 41° età gestazionale presso la Maternitàdell’ Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi (AOUC) e successivamente ricoverati in Terapia Intensiva Neonatale(TIN) e Cure intermedie Neonatali (CIN).Classificazione neurofisiologica: PEV normale, immaturo, atipico, assente; ERGpresente, assente; V-EEG pattern normale o immatura, ritmo Sonno-Veglia conservato, non conservato.Tutti i neonatisono stati valutati clinicamente con il protocollo di valutazione clinica “LA GESTIONE DEL NEONATO DA MADRETOSSICODIPENDENTE” (GNMT) del neonato con NAS applicato nella TIN di Careggi.RISULTATI5 neonati presentavano a T0 un PEV “immaturo”. ERG nella norma in tutti gli 8 bambini. La V-EEG in 2 neonati avevapattern immaturo, mentre il resto presentava un tracciato EEG consono all’ EPC e tutti i neonati manifestavano un ritmosonno/veglia non conservato.Al 1° -F-U i 5 neonati mostravano ancora Pattern immaturo ai PEV, mentre, tutti i pattern V-EEG sono andati incontro ad una maturazione conforme alla EPC. Al 2° F-U 2 neonati mostravano ancora una morfologia diPEV immaturo con latenza aumentata, successivamente questi due neonati hanno manifestato disturbi visivi (strabismo).CONCLUSIONIImportanza della valutazione precoce con studio neurofisiologico dei neonati con NAS nella diagnosi di danno neurologico(soprattutto visivo) che potrebbe essere sottovalutato nelle prime fasi con il solo protocollo GNMT.Ruolo fondamentale del tecnico di Neurofisiopatologia, come figura centrale per lo svolgimento degli esami neurofisiologici all’ interno dellaTerapia Intensiva Neonatale.

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COD. C 35

IPERTENSIONE ENDOCRANICA IDIOPATICA IN ETA’ PEDIATRICA: CASI CLINICI A CONFRONTO

G. Terrone1, G. Napoletano1, S. Aiello1, R. De Simone2, A. Romano1, E. Del Giudice1

1Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali, Università degli Studi di Napoli Federico II2Dipartimento di Neuroscienze, Scienze riproduttive e odontomastologiche, Università degli Studi di Napoli Federico II

Introduzione: L’ipertensione endocranica idiopatica (IEI) è un disturbo neurologico caratterizzato da aumento isolato dellapressione intracranica che si manifesta con cefalea ricorrente, nausea, vomito, riduzione transitoria e progressiva delcampo visivo e papilledema. In età pediatrica ha un’incidenza di 0.5-1:100000, prediligendo pazienti di sesso femminile,in fase puberale e sovrappeso.Casistica: Descriviamo il percorso diagnostico-terapeutico di 6 pazienti (età media: 13.8 anni; M/F 4:2) afferiti nell’ultimoanno al Dipartimento Materno-Infantile dell’Università Federico II di Napoli per cefalea acuta o aggravamento di cefaleacronica nei quali sono soddisfatti i criteri per IEI. In 2/6 la localizzazione era monolaterale (emicrania senza aura), neirestanti casi a sede frontale, bitemporale o sovraorbitaria. Spesso la cefalea si presentava anche di notte. I sintomi associaticomprendevano nausea, vomito, fotofobia, fonofobia e oscillopsia in un caso. 2/6 lamentavano alterazione transitoria delvisus. In merito al peso, una paziente presentava severa obesità (Body Mass Index=BMI 41, 9), 3/6 erano sovrappeso (BMI25-30) e 2/6 normopeso. Dal punto di vista diagnostico, venivano effettuati i seguenti esami: fondo oculare (FO), ecobulbareper valutazione dello spessore delle guaine periottiche e angio-risonanza magnetica cerebrale. In 2/6 si riscontravapapilledema al FO. La angio-RMN mostrava turbolenza del flusso a livello venoso (seno trasverso, sigmoide, retto) inassenza di segni di trombosi in tutti i casi, ispessimento delle guaine periottiche ed empty sella parziale in 2/6.Dal punto divista terapeutico, 3/6 erano sottoposti a rachicentesi evacuativa con monitoraggio pressione liquorale. Negli altri pazientiveniva somministrata terapia con acetazolamide e topiramato. In 3/6 veniva aggiunta anche flunarizina. In un pazienterefrattario alla terapia medica e alla puntura lombare evacuativa veniva praticato un ciclo di terapia anti-edemigena conmannitolo 18% e desametasone. Si segnala il rischio di acidosi metabolica ipercloremica a seguito della somministrazionedi acetazolamide e topiramato, che ha richiesto l’utilizzo di bicarbonato in 2 pazienti. Ai controlli successivi in tutti i pazientivi era riduzione in intensità e frequenza della cefalea, con regressione del papilledema a sei mesi in 2/2.Conclusioni: L’IEI deve essere sempre sospettata in un paziente con sovrappeso/obesità e cefalea ingravescente. Laterapia dell’IEI deve essere tempestiva con l’obiettivo di prevenire danni permanenti del visus. Ad oggi in letteratura sonoassenti linee guida in età pediatrica.

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COD. C 36

Ipercinesia e stato distonico refrattario in un caso di disturbo del movimento associato a mutazione di GNAO1

L. Baggio1, S. Sartori1, A. Antonini2, I. Toldo1, G. Zorzi4, M. Nosadini1

1UO Neurologia e Neurofisiologia Pediatrica, Dip. di salute della Donna e del Bambino, Padova2Dip. di Neuroscienze, Università di Padova, Padova3Fondazione IRCSS Ist. Neurologico Carlo Besta, Milano

IntroduzioneMutazioni nel gene GNAO1 sono state recentemente individuate alla base di un disturbo ipercinetico associato a ipotonia,epilessia e ritardo psicomotorio. GNAO1 codifica per la proteina Gα0, responsabile della regolazione dei recettori GABA-B e α2 e del rilascio di neurotrasmettitori. Mutazioni gain of function sono state correlate a disturbo ipercinetico (codoniG203, R209, E246), loss of function ad encefalopatia epilettica.

Caso clinicoFemmina di 9 anni, con storia di ipotonia e ritardo psicomotorio dal 3°mese di vita; dagli 11 mesi comparsa incorso di infezione di disturbo del movimento discinetico-distonico. Esami metabolici, EEG e RMN cerebrale negativi.Per peggioramento delle discinesie ballistico-coreiformi fino a diventare subcontinue, con difficoltà di alimentazione, siconfezionava PEG a 4 anni. Nel post operatorio, sviluppo di stato distonico con necessità di cure intensive, risolto conbenzodiazepine e tetrabenazina. Si proseguiva terapia con tetrabenezina e nitrazepam, tuttavia le discinesie presentavanonuova esacerbazione dopo episodio infettivo, con sviluppo di un secondo stato distonico all'età di 5 anni. Veniva sottopostaquindi ad intervento di deep brain stimulation con controllo delle discinesie in circa 2 settimane. A 6 anni dopo interventodi fundoplicatio, terzo stato distonico, risolto dopo modifica dei parametri di stimolazione del DBS. A 9 anni quarto statodistonico refrattario. L’analisi genetica ha evidenziato una mutazione c.736G>A eterozigote (p.Glu246Lys) nell’esone 7del gene GNAO1.

DiscussioneMutazioni del gene GNAO1 sono state recentemente riconosciute alla base di disturbi neurologici con encefalopatiaepilettica e discinetica, disturbo del movimento coreico-balliforme con componente distonica e ipotonia, ad esordio neiprimianni di vita.In passato, la negatività degli accertamenti laboratoristici e strumentali ha spesso condotto in questi pazienti alladiagnosi di paralisi cerebrale discinetica. La terapia medica è solo in parte efficace; eventi trigger (infezioni, stress, ecc..)scatenano stati distonici severi, considerati emergenze mediche, con corea, discinesie orofacciali e distonie, con necessitàdi cure intensive e importanti comorbidità (dislocazioni articolari, ipertermia, ipertensione arteriosa e rabdomiolisi con rischiodi insufficienza renale). Nei casi refrattari alla terapia medica, l’impianto di deep brain stimulation a livello dei nuclei dellabase (globo pallido) è associato in letteratura a netta riduzione delle esacerbazioni e miglioramento della qualità di vita.

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COD. C 37

PCDH19: nuova ipotesi patogenetica e proposta di terapia genica

F. Bassanese1, S. Savasta1, E. Errichiello2, T. Foiadelli1, C. Trabatti1, V. Gori1, S. Giglio3, G. Marseglia1, O. Zuffardi2

1Dipartimento di Pediatria, Fondazione Policlinico IRCCS San Matteo, Università di Pavia, Pavia2Dipartimento di Genetica, Università di Pavia, Pavia3Dipartimento di Genetica, Ospedale Meyer, Università di Firenze, Firenze

Il gene PCDH19, localizzato sul cromosoma Xq22.1, è stato associato a encefalopatia epilettica infantile di tipo 9 (EIEE9)[MIM: 300088], una sindrome epilettica con disabilità intellettiva caratterizzata da un peculiare pattern ereditario. Infatti ildisturbo colpisce solo le femmine con mutazioni eterozigoti del gene mentre i maschi emizigoti mutati sono sani anchese esibiscono talvolta disturbi comportamentali e possono trasmettere la malattia alle loro figlie. I rari maschi affetti hannotutti delezioni o mutazioni di PCDH19 allo stato di mosaicismo oppure presentano un cariotipo 47,XXY. Per spiegarequesto paradosso, è stato evocato il cosiddetto meccanismo di interferenza cellulare, secondo cui la patogenicità è dovutaalla coesistenza di due popolazioni di cellule neuronali, che esprimono rispettivamente o l'allele normale oppure quellomutato. Abbiamo reinterpretato questa teoria ipotizzando che in una femmina eterozigote per la mutazione, le due diversepopolazioni di neuroni, che esprimono rispettivamente il gene mutato o il gene normale, interagiscano a livello della sinapsielettrica con un meccanismo identico a quello della tachicardia da rientro atrio-ventricolare di tipo nodale. La nostra ipotesiprevede che la popolazione cellulare mutata per PCDH19 funzioni come la "via di conduzione lenta" descritta per l'aritmiada rientro, generando un circuito ad anello che porta alla manifestazione epilettica solo quando associata ad una via diconduzione rapida in altri neuroni (popolazione neuronale con PCDH19 wild type). Al contrario, un fenotipo a sola modalitàdi conduzione lenta, quale presente nei maschi mutati, avrebbe come risultato unicamente anomalie comportamentaliminori. Questo modello, che adduce la sindrome EIEE9 ad un'aberrazione nella rete dei segnali elettrici, spiega la presenzadel disordine solo nei soggetti eterozigoti per varianti del gene ed apre la strada a una terapia di silenziamento genico post-trascrizionale in cui, paradossalmente, sia l'allele wild type che quelli mutato devono essere spenti utilizzando un approccioterapeutico comparabile all’ablazione per la cura della tachicardia da rientro.

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COD. C 38

Profilassi con agopuntura, integratori e farmaco per l’emicrania in età evolutiva: uno studio prospettico

A.C. Milocchi1, E. Piretti2, M.P. Rossaro1, E. Perissinotto3, M. Nosadini1, S. Sartori1, P. Battistella1, I. Toldo1

1Centro Cefalee dell’Età Evolutiva, Dipartimento della Salute della Donna e del Bambino, Università degli Studi di Padova2Unità di Neuropsichiatria Infantile di Cavalese, Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento3Dipartimento di Scienze Cardio-Toraco-Vascolari e Sanitá Pubblica, Sede di Igiene, Facoltà di Medicina e Chirurgia,Università degli Studi di Padova

OBIETTIVII trattamenti di profilassi per l’emicrania pediatrica hanno alcuni limiti: efficacia parziale, effetti avversi, controindicazioniper comorbilità, utilizzo off label di farmaci in età pediatrica, linee guida disomogenee, conoscenze limitate e pochi studicontrollati.Lo scopo dello studio è descrivere l’effetto di agopuntura, integratori e farmaco per la prevenzione dell’emicraniain età pediatrica.METODIStudio clinico osservazionale prospettico condotto tra Ottobre 2016 e Giugno 2018.Criteri di inclusione: età 6-17anni;emicrania senza o con aura con più di 4 attacchi al mese oppure emicrania cronica da almeno 6 mesi; diagnosi secondoi criteri della ICHD-3; trattamento di profilassi della durata di 3mesi con agopuntura (A-1 seduta/settimana per due mesie poi 2 sedute/mese per un mese, per un totale di dieci sedute) o integratori (I-magnesio e multivitaminici) o Pizotifene(P-unico farmaco approvato in Italia per la profilassi).È stata analizzata la mediana (e [IQR]) dei seguenti outcomes,prima del trattamento(T0) e un mese dopo il termine del trattamento(T1): numero di attacchi/30giorni, numero di farmacisintomatici/30giorni, score totale PedMidas; soddisfazione dei pazienti (0-10,0=insufficiente, 10=molto soddisfatto).RISULTATILa soddisfazione dei pazienti è stata con A 9[8-9.5], con I 7[3.5-8] e con P 7[6-9]. Le altre variabili si sono modificate dalT0 al T1 come segue: numero attacchi con A da 9 [4, 18] a 3 [1, 8], con I da 10 [6, 17] a 1 [1, 3], con P da 5 [4, 10] a 3 [1,4]; numero di farmaci con A da 5 [2, 8] a 2 [0, 3], con I da 4 [3, 8] a 1 [0, 2], con P da 4 [3, 6] a 2 [1, 4]; PedMidas scorecon A da 47 [18, 79] a 16 [6, 72], con I da 13 [11, 28] a 7 [6, 14], con P da 16 [10, 34] a 8 [2, 19].CONCLUSIONILe caratteristiche cliniche al baseline differiscono: A presenta una importante compromissione della qualità di vita rispettoagli altri gruppi. L’effetto di A ed I è clinicamente migliore rispetto a quello di P. I pazienti trattati con A sono stati moltosoddisfatti e hanno presentato un importante miglioramento della qualità di vita al PedMidas. Questi dati suggeriscono chel’A può essere un trattamento valido per la prevenzione dell’emicrania pediatrica. Ulteriori studi prospettici, randomizzati econtrollati, sono necessari per confermare la reale efficacia e tollerabilità di queste strategie di trattamento.

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COD. C 39

Polimorfismo della metilentetraidrofolatoreduttasi (MTHFR C677T) e cefalea in età pediatrica: studio retrospettivosu dati di un Centro di Neurologia Pediatrica.

M. Esposito1, A. Orsini1, A. Bonuccelli 1, G. Taddeucci1, D. Peroni 1

1Neurologia Pediatrica, Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, Università di Pisa

In diversi studi su popolazione adulta, il polimorfismo MTHFR C677T è stato associato ad un aumentato rischio di emicrania,tuttavia pochi studi hanno indagato tale relazione nella popolazione pediatrica. La cefalea rappresenta uno dei principalimotivi di accesso agli ambulatori di neurologia pediatrica; la prevalenza di emicrania nei bambini varia da 3,3 a 21,4%,nei diversi studi, e tende ad aumentare dall’infanzia all’adolescenza. Abbiamo, quindi, condotto uno studio retrospettivo subambini afferenti al nostro Centro di Neurologia Pediatrica per cefalea, al fine di valutare l’associazione tra polimorfismoMTHFR C677T, elevati livelli sierici di omocisteina ed emicrania in una popolazione pediatrica. Sono stati inclusi nellostudio soltanto i pazienti tipizzati per il polimorfismo MTHFR C677T, contestualmente erano stati valutati i livelli sierici diomocisteina. Un totale di 427 bambini rispettava i criteri di inclusione, di cui 149 presentavano emicrania senz’aura (MoA),71 emicrania con aura (MA) e 104 sono stati diagnosticati con cefalea di tipo tensivo (TTH); inoltre 103 bambini, senzacefalea (HF) ma tipizzati per il polimorfismo, sono stati inclusi come controlli. In tutto il campione 131 (30,7%) soggettipresentavano il genotipo wild-type C/C, 187 (43,8%) il genotipo C/T e 109 (25,5%) il genotipo T/T. Dalle analisi statisticheeffettuate, il nostro studio ha confermato una forte associazione positiva tra il genotipo T/T ed il rischio di emicrania con aura(47,9%, p<0.0001), in accordo con la letteratura precedente. Il nostro studio ha mostrato, inoltre, una significativa seppureminore correlazione tra genotipo T/T ed emicrania senza aura (28,8%, p=0.0019). Abbiamo poi indagato la correlazionetra elevati livelli sierici di omocisteina ed emicrania, trovando una significatività statistica solo nella forma di emicrania conaura (p=0.0183). La letteratura precedente, in merito alla popolazione pediatrica, aveva riportato risultati contrastanti elimitati da campioni ristretti di soggetti: il nostro rappresenta, quindi, il primo studio sistematico con un ampio campionepediatrico ad indagare la correlazione tra polimorfismo MTHFR C677T ed emicrania. Il polimorfismo C677T comporta bassilivelli sierici di folati, bassa disponibilità di metionina ed elevati livelli di omocisteina. Varie ipotesi correlano tali fattori,ed in particolare l’iperomocisteinemia, con la patogenesi od il perpetuarsi dell’emicrania. In conclusione il nostro studioretrospettivo apporta ulteriori evidenze circa la possibilità che l’omozigosi MTHFR T/T influenzi la suscettibilità all’emicrania,in particolare all’emicrania con aura.

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COD. C 40

Ruolo degli anticorpi anti-MOG nella diagnosi differenziale delle malattie infiammatorio-demielinizzanti del SNCin età pediatrica

D. Pantaleo1, T. Foiadelli1, C. Trabatti2, C. Lavarello2, E. Tondina2, D. Franciotta3, S. Savasta1

1Clinica Pediatrica, Fondazione IRCCS Policlinico “San Matteo” di Pavia2Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Pavia3Laboratorio di Neuroimmunologia, Fondazione Istituto Neurologico Nazionale “C. Mondino” di Pavia

Introduzione: La diagnosi differenziale delle patologie infiammatorio-demielinizzanti del SNC è basata quasiesclusivamente su dati epidemiologici, clinici e neuroradiologici,eccetto per quanto riguarda la NMOSD. A tal propositola necessità di ottenere “biomarker” affidabili per poter differenziare il prima possibile tali patologie.Obiettivo dello studio:Il punto focale dello studio, retrospettivo-osservazionale, è stato valutare ed analizzare il ruolo degli Ab anti-MOGnella diagnosi differenziale delle malattie infiammatorio-demielinizzanti del SNC in età pediatrica.Materiali e Metodi:Abbiamo arruolato 4 pazienti afferiti, nell’ultimo triennio, presso la Pediatria del Policlinico San Matteo di Pavia, per unevento demielinizzante acuto del SNC. La diagnosi è stata posta secondo i criteri dell’IPMSSG con valutazione clinica,neuroimang/strumentale e laboratoristica con esami su liquor sia in acuto che in follow-up.Risultati: I 4 pazienti (2 ADEMe 2 NO) presentavano:all’esordio età mediana di 6 anni, non note patologie pregresse,evento trigger infettivo (50%) epostvaccinico (25%), tempo di latenza evento scatenante ed esordio di circa 10 giorni, quadro clinico polisintomatico(50%) e monosintomatico (25%), all’esordio titolo anticorpale MOG positivo nei due casi di NO, buona risposta allaterapia steroidea (75%), un solo caso (ADEM)ha necessitato di IVIG. 3 pazienti hanno presentato relapse di malattia concomparsa di positività del titolo anticorpale nei casi ADEM e riduzione del titolo nelle NO. Nel follow-up benessere clinico,miglioramento alla neuroimaging e all’elettrofisiologia, ulteriore riduzione del titolo anticorpale nei casi NO, mentre livellifluttuanti e persistenti nei casi ADEM. I nostri dati sono risultati conformi ed in linea con la letteratura. Il titolo Ab MOGsicorrela ad un eterogeneo fenotipo clinico, all’età e sesso; la positività si riscontra prevalentemente in casi ADEM e NMO;un titolo elevato-persistente nelle forme ricorrenti non SM-like,mentre un carattere fluttuante nelle forme monofasiche;all’esordio un titolo elevato correla con maggiore rischio di relapse.Pazienti con elevato titolo all’esordio e a decorsomonofasico richiedono un trattamento immunosoppressivo meno aggressivo. Pazienti con AQP4-IgG neg. e MOG-IgG pos.non mostranooverlapping fenotipico e a maggiore rischio di episodi critici e quadro di encefalopatia acuta.Discussione eConclusione: La sieropositività per Ab anti-MOGin età pediatrica assume un notevole significato predittivo nell’identificareuna nuova entità nosografica “Sindrome da anticorpi anti-MOG”. Il titolo anticorpale MOG può essere considerato unottimo surrogate endpoint poichè correlabile con l’andamento della malattia. Affinchè tali autoanticorpi venganorealmenteidentificati come biomarker di malattia sono utili ulteriori studi osservazionali/multicentrici con esteso follow-up.

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COD. C 41

LO “SMART-EEG”: NUOVI ORIZZONTI DELLA DIAGNOSTICA STRUMENTALE NEUROFISIOLOGICA IN TERAPIAINTENSIVA NEONATALE

C. Cossu1, S. Gabbanini1, M. Bastianelli1, I. Capuano1, G. Bertini2, S. Lori1

1Neurophysiology Unit, Neuro-musculo-skeletal Departement, Careggi University Hospital, Florence, Italy2Div. of Neonatology, Departement of Neuropharba, Careggi University Hospital, Florence, Italy

IntroduzioneLa valutazione neurofisiologica neonatale sta acquistando sempre di più un valore indiscusso, rivelandosi una praticaindispensabile sia a fini diagnostici che prognostici. Inoltre, grazie ai progressi ottenuti nelle tecniche rianimatorie, citroviamo in un periodo storico caratterizzato dalla sopravvivenza di un numero sempre maggiore di neonati prematuri,per i quali risulta necessario valutare la funzione cerebrale.Le innumerevoli innovazioni in campo medico hanno portatoall’introduzione di un modelloinnovativo di sanità elettronica, chiamato E-Health (Electronic Health)ObiettiviLo scopo di questo studio è quello di verificare se un nuovo dispositivo modulare di piccole dimensioni, il BluNet®, sia ingrado di massimizzare il comfort del neonato ed operare in modo efficace ma minimamente invasivo.Materiali e metodiLo studio è stato condotto su un campione di 10neonati (5F) con età gestazionale compresa tra le 27+6 e le 41 settimane.Leregistrazioni sono state condotte con due dispositivi in contemporanea: NeMus® (gold standard) e BluNet ®. Ad ognielettrodo è stato applicato un ponticello, in modo che le due estremità si inseriscano nei due diversi dispositivi.BluNet® èun dispositivo mini-invasivo , che ha la funzione di rilevare l’attività elettroencefalografica. Ogni modulo ha un peso di 28g e dimensioni pari a 20x40x50 mm.La registrazione prevede sia l’attività EEG con un montaggio bipolare bilaterale (SI10-20 ch Fp-C-T-O)sia canali poligrafici (ECG, Respiro addominale). I parametri di registrazione per EEG sono costantedi tempo 0,3 s, passa basso 30 Hz; per ECG costante di tempo 0,03 s, Filtro passa basso 30 Hz; per respiro addominaleCostante di tempo 1-3 s, Filtro passa basso 30 Hz.RisultatiPer confrontare i segnali rilevati dai due dispositivi abbiamo effettuato un confronto visivo con il software di lettura;dopodiché abbiamo estratto le frequenze dei canali poligrafici (ECG e respiro addominale) e realizzato due Plot di Bland-Altman, uno relativo alle frequenze dell’ECG e uno relativo alle frequenze del respiro addominale. Infine è stata realizzataanche un’analisi spettrale dei tracciati.Gli studi dei segnali hanno mostrato che non ci sono differenze sostanziali tra isegnali acquisiti attraverso i due diversi metodi.ConclusioniBluNet ®, grazie alle sue caratteristiche innovative e le sue ridotte dimensioni, è uno strumento valido per la valutazioneelettroencefalografica e poligrafica con molteplici prospettive di utilizzo futuro in TIN(screening per diagnosi differenzialiprecoci, prima valutazione per appropriatezza di indirizzo di ricovero) possibilità di eseguire registrazioni a domicilio (es.monitoraggio apnee).

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COD. C 42

DUE NUOVE MUTAZIONI DEL GENE COL4A1: UNA DIAGNOSI CLINICO-NEURORADIOLOGICA MIRATA

C.M. Bonardi1, S. Sartori1, I. D'Errico2, M. Nosadini1, C. Boniver1, L. Salviati3, I. Toldo1

1UO Neurologia e Neurofisiologia pediatrica, Dip. Salute Donna e Bambino, AO – Università di Padova2UO Neuroradiologia, Dip. Salute Donna e Bambino, AO – Università di Padova3UO Genetica Clinica, Dip. Salute Donna e Bambino, AO – Università di Padova

Introduzione. Il gene COL4A1 (OMIM 120130, cromosoma 13) codifica la catena alfa-1 del collagene IV. Sono statedescritte finora circa 150 varianti patogeniche associate ad un ampio spettro di fenotipi clinici a trasmissione autosomicadominante, tra cui la malattia dei piccoli vasi cerebrali. Riportiamo il caso di due pazienti affetti da due nuove mutazioni delgene COL4A1, la cui diagnosi è stata sospettata sulla base del quadro clinico e, in particolare, neuroradiologico.Risultati:Caso 1, maschio, 8 anni. Nato a termine da gravidanza normodecorsa, perinatalità negativa; microcefalia. A 4 mesi di vitacomparsa di crisi epilettiche focali e spasmi; scarsa relazione, tetraparesi spastica progressiva e ipovisione severa. La RMcerebrale (4 mesi) mostrava leucomalacia periventricolare con calcificazioni puntiformi periventricolari e dei gangli dellabase, assottigliamento del corpo calloso e dilatazione dei ventricoli laterali. TORCH, CGH-array e analisi molecolare persindrome di Aicardi-Goutières negativi. La RM cerebrale a 4 anni mostrava la comparsa di pregressa lesione ischemicavascolare in sede parieto-occipitale destra. L’analisi molecolare mirata del gene COL4A1 mostrava una nuova variante[c.4013G>A p.(Gly1338Glu)] presente in eterozigosi. Tale mutazione altera un residuo glicinico altamente conservato.Caso 2, femmina, 2 anni. Durante la gravidanza riscontro di ritardo di crescita intrauterina e dismorfismo cerebellareall’ecografia morfologica. Nata a termine. Alla nascita: microcefalia, basso peso neonatale, cataratta bilaterale e dismorfismifacciali multipli; la RM cerebrale mostrava leucomalacia con ventricoli laterali dismorfici, porencefalia e calcificazionipuntiformi diffuse periventricolari e corticali-subcorticali associati a ipoplasia severa di corpo calloso e cervelletto e displasiadel ponte. Successivo sviluppo di epilessia focale e grave tetraparesi ipotonica con disabilità intellettiva. TORCH, CGH arraye analisi molecolare per sindrome di Aicardi-Goutières negativi. Sulla base del quadro neuroradiologico sono stati analizzati3 geni (COL4A1, OCLN e JAM3) con riscontro “de novo” di una nuova mutazione del gene COL4A1 [c.2716+2T>C] ineterozigosi. La mutazione altera un sito di consensus per lo splicing. Entrambe le varianti riscontrate nei due casi presentatisono state confermate mediante sequenziamento Sanger e ritenute patogeniche dai predittori informatici.Discussione: Con i casi presentati aggiungiamo alla letteratura pertinente la descrizione di due nuove varianti del geneCOL4A1 e le rispettive correlazioni genotipo-fenotipo confermando il fenotipo clinico e neuroradiologico di questo gene.L’accurata caratterizzazione clinico-neuroradiologica dei due casi ha consentito di porre un sospetto preciso di difetto delgene COL4A1, che è stato confermato da un’analisi molecolare mirata.

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COD. C 43

EFFICACIA DEL SEQUENZIAMENTO DELL'INTERO ESOMA (WES) IN PAZIENTI CON “UNSOLVED PHENOTYPE”:ESPANSIONE DELLO SPETTRO FENOTIPICO ASSOCIATO A MUTAZIONI SUL GENE KARS.

F. PELUSO1, V. PALAZZO2, L. DOSA2, M. DELLA MONICA6, A. PROVENZANO1, A. PAGLIAZZI1, F. MARI3, E.

PROCOPIO 3, F. LIPPI4, G. INDOLFI4, L. LACHINA4, G. BACCI5, M.A. DONATI1,3, R. GUERRINI1,3, S. GIGLIO1,2

1Dip. di Scienze Biomediche, Sperimentali e Cliniche “Mario Serio”, Università degli Studi di Firenze, Firenze2SOC Genetica Medica, AOU A. Meyer, Firenze3Dip. di Neuroscienze, AOU A. Meyer, Firenze4Dip. di Pediatria, AOU A. Meyer, Firenze5Oftalmologia pediatrica, AOU A. Meyer, Firenze6UOC Genetica Medica e di Laboratorio, AOU Cardarelli, Napoli

Raggiungere una diagnosi genetica dei disturbi mitocondriali (MD) è difficile a causa della loro ampia eterogeneità fenotipicae genotipica. Tuttavia, vi sono sempre prove crescenti che il sequenziamento dell'esoma (WES) sia necessario perdiagnosticare pazienti con sospetto clinico di MD. Il gene KARS codifica per le isoforme mitocondriali e citoplasmatichedella t-RNA sintetasi della Lisina, essenziale per una corretta sintesi proteica. Ad oggi, mutazioni in questo gene sonodescritte in letteratura associate a polineuropatia autosomica recessiva Charcot-Marie-Tooth, ipoacusia non sindromica, aquadri clinici caratterizzati da microcefalia, epilessia, leucoencefalopatia, neuropatia periferica, alterazioni visive, uditive einsufficienza epatica e altri con severa cardiomiopatia, ritardo psicomotorio e lieve miopatia.Abbiamo valutato una bambinadi 14 mesi con tetraparesi aposturale, iposomatismo armonico, ritardo psicomotorio severo, ipoacusia neurosensorialeprofonda, retinopatia a macchie di leopardo, ipogammaglobulinemia, anemia e piastrinopenia, epatopatia con evoluzionecirrotica, varici esofagee e calcificazioni al VI segmento epatico, manifestazioni critiche tipo startle, quadro neuroradiologicoingravescente con calcificazioni multiple, atrofia cortico-sottocorticale progressiva, esitato in idrocefalo tetraventricolare(derivazione ventricolo-peritoneale).I numerosi accertamenti genetico-molecolari (pannello di geni associato a calcificazionicerebrali/ sindrome di Aicardi-Goutières/disordini congeniti della glicosilazione/attività enzimatica perossisomiale e dellesialotransferrine) e CGH-array erano normali. Al dosaggio dell’attività enzimatica della catena respiratoria mitocondrialeveniva segnalata parziale riduzione del complesso I+III. Il WES ha individuato due nuove rare varianti nel gene KARSche venivano riportate come probabilmente patogenetiche in diversi siti di predizione bioinformatica. Lo studio funzionalesu biopsia muscolare evidenziava un’alterazione dell’espressione della proteina. Le gravi condizioni hanno condotto lapaziente ad exitus all’età di 24 mesi.Questo caso indica ancora una volta come l'analisi WES si dimostri un metodo di primolivello nella pratica clinica in bambini con problemi multi-sistemici, neurologici e/o neuromuscolari. Poiché mutazioni sonopiù comuni nelle MD, un gran numero di casi presenta varianti patogenetiche in geni diversi considerati “classicamente”mitocondriali, sebbene la presentazione clinica non indirizzi sempre verso una MD. Inoltre, chiarisce quei rari casi associatia geni noti per i quali l’intero spettro fenotipo non sia completamente noto, con risparmio di tempo e beneficio economicorispetto all’uso di pannelli targeted che dovrebbero essere utilizzati sono in casi perfettamente inquadrabili. Infine, l’utilizzodel WES ci ha permesso di delineare un nuovo fenotipo associato ad un gene finora poco descritto.WES, mitocondriopatia,t-RNA sintetasi

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COD. C 44

New daily persistent headache in a pediatric cohort.

F. Ursitti1, L. Papetti1, B. Battan1, M.A.N. Ferilli1, S. Tarantino1, M. Valeriani1

1Headache Center Bambino Gesù Children Hospital, Rome Italy

Introduction.NDPH consists of daily headaches with distinct and clearly-remembered onset, with pain becoming continuousand unremitting within 24 hours and present for >3 months. Our aim was to investigate the clinical features of NDPH ina cohort of pediatric patients.Methods. We retrospectively reviewed the charts of patients attending the Headache Centre of Bambino Gesú Childrenfrom the last ten years with NDPH. The ICHD-III criteria were used for diagnosis. Statistical analysis was conducted tostudy possible correlations between: - NDPH and population features (age and sex); - NDPH and headache qualitativefeatures; - NDPH and response to prophylactic therapies. Results. We included 377 patients with CPH (66.4% female, 33.6% male, age between 0 and 18 years). The frequency ofNADPH was 13% (49/377). We did not find significant differences between the frequency of NADPH in males (42.9%) andfemales (57.1%). In relation to age we found that NDAPH is less common in the age group of 7-10 years (p<0.05).Regardingthe features of the pain we did not find significant differences compared to the other forms of chronic headache for thequality of pain (throbbing or gravating), and the presence of photophobia (59.2% vs 60.7%, p>0.05) and phonophobia(63.3% vs 70.1%, p>0.05). However we found a low frequency of nausea and vomiting in the NADPH population (28.6% vs48.2%, p<0.05).We found that 75% of patients have an onset of the symptoms in the winter months (November-February),respect the remaining months of the year when the incidence is very low (p<0.05).Our results show that 29 (30.6%) out of49 NADPH CPH received a prophylactic therapy. Among them, 26 patients received amitriptyline, 4 patients topiramate,one patient L-5 hydroxytryptophan, and one patient flunarizine. Positive response to therapy (reduction of attacks by atleast 50% in a month) was detected in 30.6% of patients, while no outcome data were obtained from 63.3% of cases.Amitriptyline showed the highest efficacy (p<0.05).Conclusions. The incidence of NADPH in children with daily headache is 13%. The onset occurs in the winter months.Qualitative characteristics as for adults are variable, migrainous or tension type. The most effective drug is amitriptyline,although the number of patients who received other types of drugs is very low Furthermore, the number of patients forwhom there is an absence of follow-up data is very high and for this reason the efficacy data are not conclusive.

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COD. C 45

Toxoplasmosi congenita e follow up a distanza: studio osservazionale retrospettivo nell’area di Catania

M.T. Garozzo1, A. Praticò1, R. Garozzo2, M. Costanzo2, P. Betta3, S. Cilauro3, A. Saporito3, P. D'Amico6, G. Tina5, A.

Motta5, A. Pulvirenti7, S. Alaimo7, R. Falsaperla4, M. Ruggieri1, G. Scalia8, M. Motta1

1U.O.P.I. Malattie Rare del Sistema Nervoso in Età Infantile, A.O.U. "Policlinico-Vittorio Emanuele", Catania2U.O.C. Clinica Pediatrica, A.O.U. "Policlinico-Vittorio Emanuele", Catania3U.O.C. Terapia Intensiva Neonatale, A.O.U. "Policlinico-Vittorio Emanuele", Catania4U.O.C. Pediatria e Pronto Soccorso Pediatrico, A.O.U. "Policlinico-Vittorio Emanuele", Catania5U.O.C. Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale, Ospedale Garibaldi, Catania6U.O.C. Terapia Intensiva Neonatale, Ospedale Cannizzaro, Catania7Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Sezione di Informatica, Università di Catania, Catania8U.O. Virologia Clinica, Laboratorio Centralizzato, A.O.U. "Policlinico-Vittorio Emanuele", Catania

L’infezione primaria da Toxoplasma gondii(T. gondii) in corso di gestazione può causare conseguenze devastanti sul fetoe sul neonato quali aborto, manifestazioni sistemiche e manifestazioni d’organo. L’obiettivo del presente lavoro è statostudiare l’incidenza di manifestazioni neurologiche, oculari ed uditive in una coorte di pazienti affetti da toxoplasmosicongenita e selezionati retrospettivamente. Il tasso di manifestazioni cliniche è stato, inoltre, correlato con l’età gestazionaleal momento della sieroconversione materna.Lo studio è stato condotto su una coorte di 220 pazienti afferiti presso treOspedali dell’area di Catania (Ospedale Cannizzaro, Ospedale Garibaldi e Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico-Vittorio Emanuele) per infezione congenita da T. gondiidal 1996 al 2017 [M 116 (52.7%), F 104 (47.2%); età mediaall’arruolamento: 1.28 mesi]. Il 98.6% dei casi (n=217) è stato selezionato tramite lo screening prenatale, il rimanentetramite una visita oculistica di controllo effettuata a distanza.Tra i 29 neonati/bambini infetti, il 20% era sintomaticoalla nascita ed il 59% nel follow-up a lungo termine. Le manifestazioni neurologiche osservate sono state: microcefalia(10%), anomalie cerebrali al neuroimaging (19%), disturbi del comportamento (4%), epilessia (7%) e ritardo psicomotorio(7%).Sono state osservate lesioni oculari (strabismo, corioretinite, microftalmia e/o distacco di retina) nel 21% dei casialla nascita e nel 45% nel follow-up a lungo termine. Non è stato osservato nessun caso di ipoacusia.Nel campioneanalizzato l’età gestazionale al momento della sieroconversione materna non si è dimostrata correlare con le manifestazionicliniche in genere (OR=0.93, p=0.93) né con le manifestazioni oculari (OR=0.2, p=0.211) o con le sequele neurologiche(OR=0.91, p=0.913). Questi risultati sono in disaccordo con la letteratura in cui si osserva una correlazione inversa traepoca gestazionale di sieroconversione materna ed incidenza di manifestazioni neurologiche. Tale correlazione, invece,non è stata osservata per le manifestazioni oculari. Ulteriori studi meglio chiariranno la storia naturale della toxoplasmosinei casi trattati in epoca prenatale, che sono oggi quelli di più comune riscontro nella pratica clinica.

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COD. C 46

Il ritardo del linguaggio nell’ipomelanosi di Ito: nostra esperienza clinica in 24 pazienti.

F. Sberna1, A. Praticò1, S. Catanzaro1, F. La Mendola1, V. Venti1, M. Motta1, M. Ruggieri1

1U.O.P.I. Malattie Rare del Sistema Nervoso in Età Infantile, A.O.U. "Policlinico-Vittorio Emanuele", Catania

L’ipomelanosi di Ito (Hypomelanosis of Ito, HI) è una malattia neurocutanea multisistemica, descritta per la prima volta daldermatologo giapponese Minor Ito nel 1952.Non è ancora nota la modalità di trasmissione genetica, ma nel 50% dei casi èstato osservato un mosaicismo cromosomico, che coinvolgeva sia gli autosomi che i cromosomi sessuali.Le manifestazionicutanee, presenti nel 100% dei pazienti, sono costituite da tipiche aree ipopigmentate disposte sulla superficie corporeain “volute” nettamente demarcate, lungo le linee di Blaschko.Le comorbilità più frequentemente associate riguardano ilsistema muscoloscheletrico e il sistema nervoso e per quest’ultimo comprendono disabilità intellettiva (70%), convulsioni(40%), microcefalia (25%) e ipotonia muscolare (15%). Obiettivo del presente studio è determinare il funzionamentoneuropsicologico (con particolare riguardo ai disturbi del linguaggio) e la prevalenza di anomalie alla rsonanza magneticaencefalo in soggetti affetti da HI , con particolare riguardo ai disturbi del linguaggio.Sono stati valutati 24 pazienti affetti daHI, di età compresa tra i 17 mesi e i 17 anni.IlFull Scale Intelligence Quotient (FSIQ) medio si è mostrato inferiore rispetto aquello della popolazione normale, mentre la valutazione del linguaggio tramite CELF-R, nella fascia di età compresa tra i 6 ei 17 anni, ha mostrato una notevole discrepanza tra PerformanceIQ e VerbalIQ (più di 20 punti, in media). Allo stesso modo,nei pazienti di età compresa tra i 17 e 36 mesi, sottoposti al test ELMS, si è osservato un netto divario tra l’età anagraficae l’età corrispondente ai tre gruppi distinti di funzione linguistiche: espressivo uditiva, ricettivo e visiva.Nel 92% dei pazienticon disabilità linguistiche, si sono evidenziati anomalie specifiche della sostanza bianca, per lo più localizzate nelle areeparietotemporali di sinistra, che potrebbero determinare un coinvolgimento selettivo delle aree anatomiche specifiche dellinguaggio.E’ importante notare che, nei nostri pazienti, l’inserimento in programmi di recupero in età pre-scolastica, haconsentito un netto miglioramento del linguaggio nel 62% dei casi.In conclusione, la frequenza della disabilità linguisticariscontrate nel nostro gruppo rende necessaria, nei pazienti affetti da HI, una valutazione neuropsicologica e linguisticainiziale, ed eventuali programmi specifici di recupero.

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COD. C 47

STUDIO SUL FENOTIPO ELETTROCLINICO DELLA SINDROME DI PALLISTER-KILLIAN: DATI PRELIMINARI

E. Ricci1, S. Ubertiello1, S. Bonetti1, V. Gentile1, A. Rocca2, G. Sperti2, V. Cagnazzo2, E. Franzoni1, G. Cocchi2, A.

Vignoli3, D.M. Cordelli1

1U.O. Neuropsichiatria Infantile, Policlinico di Sant’ Orsola, Università di Bologna, Bologna2U.O. Neonatologia, Policlinico di Sant’ Orsola, Università di Bologna, Bologna3Centro Regionale Epilessia, Neuropsichiatria Infantile, ASST Santi Paolo e Carlo, Università degli Studi di Milano, Milano

RAZIONALE ED OBIETTIVI: la sindrome di Pallister-Killian (PKS) è causata da tetrasomia in mosaico del bracciocorto del cromosoma 12. La compromissione neurologica è sempre presente e rappresenta la parte maggiormenteinvalidante di questa condizione. Dal punto di vista epilettologico, i dati più significativi in letteratura appartengono adun lavoro multicentrico italiano, con fotosensibilità descritta in 2/13 pazienti. L’obiettivo del nostro studio è ottenereuna miglior definizione del fenotipo elettroclinico in pazienti pediatrici con PKS. METODI: studio prospettico condottopresso l’Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile del Policlinico Universitario S. Orsola-Malpighi a partire da Novembre2017 in collaborazione con associazione PKS kids Italia. Raccolta dati anamnestici ed esecuzione polisonnografia (omonitoraggio video-EEG prolungato) con SLI e cambio luminosità ambientale (P2 completa con SI 10-20; con aggiuntadi parametri poligrafici: pneumogramma, elettroculogramma, elettromiogramma). RISULTATI PRELIMINARI: Reclutatiad oggi 9 pazienti (range età: 8 mesi-10 aa 3 mesi). Tra di essi 5 pazienti presentano epilessia: 4/5 mioclonica confotosensibilità alle basse frequenze di stimolazione luminosa o con cambi di luminosità dell’ambiente, 2/5 focale con crisiipniche. Età di esordio dell’epilessia (range 5 mesi-8 anni e 6 mesi; mediana 12 mesi). CONCLUSIONI: in letteratura idati inerenti al fenotipo elettroclinico nella sindrome di Pallister-Killian sono ancora poco numerosi e non risultano ad oggiunivoci. I nostri risultati, seppur preliminari, mostrano la ricorrenza di un fenotipo elettroclinico caratterizzato da mioclonieriflesse a bassi stimoli di frequenza di stimolazione luminosa, in particolare nei casi con epilessia ad esordio precoce.La miglior definizione delle caratteristiche dell’epilessia in questi pazienti potrebbe non solo permettere un approccioterapeutico maggiormente personalizzato ma anche contribuire ad individuare i geni primariamente implicati nel sostenernela presentazione. Maggiori dati sono necessari.

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COD. C 48

Anticorpi MOG-IgG in pazienti pediatrici con malattie infiammatorie demielinizzanti del SNC

M.A.N. Ferilli1, L. Papetti1, G. Sforza1, F. Vigevano1, R. Iorio2, M. Valeriani1

1Istituto di Neurologia, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, IRCCS, Roma2Istituto di Neurologia, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli, IRCCS, Roma

Gli anticorpi diretti contro la glicoproteina oligodendrocitaria della mielina (MOG-IgG) sono recentemente emersi comeun potenziale biomarcatore in pazienti con disordini demielinizzanti infiammatori del sistema nervoso centrale (SNC) cheincludono un gruppo eterogeneo di malattie come l'encefalomielite acuta disseminata (ADEM), neurite ottica (ON), mielitetrasversa longitudinale estesa longitudinale (LETM) e disturbi dello spettro della neuromielite ottica (NMOSD). In questostudio abbiamo analizzato il decorso clinico, le caratteristiche radiologiche e laboratoristiche, il trattamento e la prognosiin una coorte di pazienti pediatrici affetti da malattie infiammatorie demielinizzanti MOG-IgG associate confrontandoli conle caratteristiche dei pazienti MOG-IgG negativi.Nello studio sono stati reclutati 36 bambini, 17 femmine e 19 maschi (età media 10,5 ± 3,9 anni), seguiti presso il Repartodi Neurologia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, affetti da malattia infiammatoria demielinizzante del SNC,esordita tra gennaio 2014 e aprile 2018. I soggetti inclusi sono stati tutti sottoposti a dosaggio degli anticorpi MOG-IgGmediante cell-based assay (CBA).All’ultimo follow-up, 7 pazienti avevano caratteristiche cliniche e radiologiche che soddisfacevano i criteri diagnostici persclerosi multipla (SM), 8 per ADEM, 5 erano affetti da NMOSD e 16 presentavano una sindrome clinicamente isolata (CIS).La positività per MOG-IgG è stata rilevata in 6/36 (16%) bambini (4 maschi e 2 femmine, età media 6,8 anni) con le seguentidiagnosi: ADEM in 2/8 (25%); CIS in 4/16 (25%) di cui uno con LETM e tre con NO. Tutti e 5 i pazienti con NMOSD e i7 pazienti con SM, erano negativi per MOG-IgG. La ricerca delle bande oligoclonali (BOC) sul liquor cefalo rachidiano èrisultata negativa in tutti i pazienti. La metà dei pazienti presentava lesioni del midollo spinale e il 67% dei pazienti mostravalesioni del nervo ottico. Tutti e sei i bambini con MOG-IgG sono stati trattati con metilprednisolone per via endovenosanella fase acuta. Solo un paziente ha avuto un decorso ricorrente con titolo MOG-IgG elevato e persistente.Le presentazioni cliniche più comuni nella nostra coorte sono risultate la neurite ottica e l’ADEM. La positività per MOG-IgG è associata ad esito favorevole. I pazienti possono presentare decorso monofasico o cronico remittente-recidivante.Tuttavia l'indicazione al trattamento immunosoppressivo cronico dei pazienti con MOG-IgG è ancora oggetto di studio.

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COD. C 49

Casistica Italiana Malattia di Lafora: verso la terapia genica

A. Orsini1, R. Michelucci2, P. Striano1, Lafora Study Group3

1Neurologia Pediatrica, Istituto G. Gaslini, Università di Genova2U. O Neurologia, Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna, Bologna.3Lice (Lega Italiana Contro l'Epilessia)

La Malattia di Lafora (LD) è un’epilessia mioclonica progressiva autosomica recessiva, con decorso fatale e dovuta amutazioni nei geni EPM2A o NHLRC1. In questo studio descriviamo le caratteristiche genetiche e cliniche di 26 pazienti condiagnosi di LD, provenienti da 14 Centri italiani per l’Epilessia. I dati clinici e genetici, valutati retrospettivamente, sono statiottenuti dai medici di riferimento facendo compilare un questionario dettagliato. I dati raccolti comprendono: mutazione;età di esordio; capacità di eloquio e di deambulazione; stadio di malattia; età di esordio e frequenza delle crisi tonico-cloniche e del mioclono; severità del mioclono spontaneo e di azione; età di esordio di atassia e demenza; ultima risonanzamagnetica e trattamento. Per valutare la progressione della malattia è stata utilizzata la Scala di Disabilità semplificata,mentre per la gravità del mioclono la Scala del Mioclono di Magaudda.Le associazioni tra i dati sono state valutate con itest statistici Chi-quadrato, esatto di Fisher, U di Mann-Whitney e Kruskal-Wallis. Un valore di P <0,05 è stato consideratocome "statisticamente significativo".17 pazienti (65,4%) presentano mutazioni di NHLRC1; 9 (35,6%) di EPM2A. Non sono state trovate mutazioni predominanti.L'età di esordio è 13 [12 – 15] anni e la durata del follow-up è 10 [5,3 - 17,6] anni. Il 45% dei pazienti ha esordito conconvulsioni e la maggior parte dei pazienti mostra perdita di deambulazione e di eloquio, grave severità del mioclono edello stadio di malattia, atassia e demenza. Non è stata osservata alcuna differenza statisticamente significativa tra ledue mutazioni, tranne che per l’età di esordio dei sintomi maggiori (convulsioni/mioclono): i pazienti EPM2A presentanoun esordio più precoce (P=0,039). Nei pazienti EPM2B in cui la malattia ha avuto un esordio più precoce, la percentualedei pazienti con capacità di deambulare è minore, mentre la gravità del mioclono è maggiore.Tutti i pazienti manifestanoresistenza ai farmaci antiepilettici. Cinque pazienti EPM2B e con decorso di malattia più lento, presentati nello studio del2006, sono inclusi anche nel nostro studio.I 26 pazienti presentano fenotipo omogeneo, ma elevata eterogeneità genetica,che insieme al numero ridotto di pazienti rende difficile stabilire definitive correlazioni genotipo-fenotipo. La maggior partedei pazienti presenta mutazioni in EPM2B, nei quali i'età di esordio più precoce sembra correlata con la velocità diprogressione della malattia. Si suppone infine che la severità della malattia dipenda dal tipo di mutazione piuttosto chedal gene mutato.

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COD. C 50

Valore prognostico del monitoraggio neurofisiologico precoce in neonati asfittici sottoposti ad ipotermia

A. KRAKOWSKA1, G. BERTINI2, S. ORLANDI3, M. BASTIANELLI4, S. GABBANINI4, C. COSSU4, S. LORI4

1L’associazione La Nostra Famiglia – IRCCS Eugenio Medea, Osp. di Neuroriabilitazione, Psicopatologia e RiabilitazioneFunzionale, Conegliano2Dip. di Neonatologia e TIN, AOU di Careggi, Firenze3Holland Bloorview Kids Rehabilitation Hospital – Bloorview Research Institute, Toronto4Dip. di Neurofisiopatologia, AOU di Careggi, Firenze

INTRODUZIONE: Nonostante i numerosi progressi delle cure perinatali, l’impiego di tecnologie sempre più avanzatee approcci terapeutici più efficaci, l’encefalopatia ipossico-ischemica (EII) rimane tuttora la più frequente causadi mortalità neonatale e morbilità neurologica in età neuroevolutiva. Pertanto, risulta indispensabile potenziare lacapacità degli strumenti prognostici correntemente adoperati. In questo studio, si valuta l’utilità dell’impiego delmonitoraggio neurofisiologico breve (registrazione simultanea di video-elettroencefalogramma (VEEG) e potenziali evocatisomatosensoriali (PES)), la cui utilità è ben nota sia in ambito pediatrico che quello dell’adulto, mentre permane ancoraincerta in quello neonatale.

OBIETTIVO DELLO STUDIO: Lo scopo di questo studio è quello di valutare l’efficacia prognostica di VEEG e i PES registratisimultaneamente – integrati ai dati della risonanza mangnetica (RMN) e dell’indice di resistenza cerebrale (IR-cerebrale)– nel predire in fase precoce il danno cerebrale in neonati a termine asfittici sottoposti al trattamento ipotermico. La ricercamira a individuare l’esame (o la combinazione di esami) con il miglior valore predittivo di danno neurologico.

METODO: L’obiettivo viene realizzato mediante lo studio delle correlazioni tra gli esami neurofisologici e neurodiagnosticieseguiti a pochi giorni dalla nascita e il follow-up neuroevolutivo effettuato a distanza di 12 mesi secondo la scala divalutazione di “Bayley Scale for Infant and Toddler Development” (BSID-III). Nelle analisi sono stati inclusi 20 neonati atermine sottoposti al trattamento ipotermico. Per studiare le correlazioni tra gli esami prognostici e l’outcome neurologico, cisiamo avvalsi di due metodi statistici. Prima, abbiamo utilizzato test non parametrici con cui abbiamo calcolato specificità,sensibilità, PPV, e NPV dei nostri esami. Successivamente, abbiamo verificato la loro valenza prognostica mediante laregressione lineare, aggiungendo altre variabili di controllo.

RISULTATI: Dalle analisi statistiche si evince che gli esami VEEG e PES eseguiti simultaneamente risultano essere imigliori indicatori prognostici precoci di danno cerebrale con valori di specificità e sensibilità pari a 87.5 (CI 52.9–99.4) e81.8 (CI 53.0–96.7), rispettivamente. Si constata inoltre che la valenza prognostica dell’esame PES è nettamente migliorerispetto a quello dell’esame VEEG – PES: specificità 87.5 (CI 52.9–99.4), sensibilità 72.7 (CI 43.6–92.1); VEEG: specificità87.5 (CI 52.9–99.4), sensibilità 36.4 (13.5–65.0).

CONCLUSIONI: Questo studio è uno dei primi ad affermare la validità prognostica del monitoraggio neurofisiologico inepoca neonatale, alla pari di quanto già espresso in letteratura pediatrica e dell’adulto. Inoltre, lo studio mette anche inevidenzia il ruolo fondamentale dei PES nella formulazione dell’outcome in neonati affetti da EII.

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COD. C 51

Le trombosi dei seni venosi cerebrali pediatriche: l'esperienza Padovana degli ultimi 11 anni studiata attraversola nuova versione del Registro Italiano Trombosi Infantili (R.I.T.I.)

E. Cavaliere1, P. Simioni2, M. Nosadini1, G. Talenti3, I. Toldo1, D. Azzolina4, T. Barrella 4, A. Suppiej5, M.C. Putti6, S. Sartori1

1Unità di Neurologia e Neurofisiologia Pediatrica, Dipartimento per la Salute della Donna e del Bambino, AziendaOspedaliera-Università degli Studi di Padova2Unità di Malattie Trombotiche ed Emorragiche, Dipartimento di Medicina, Azienda Ospedaliera-Università di Studi diPadova3Unità di Neuroradiologia, Dipartimento di Radiologia e Patologia, Azienda Ospedaliera-Università di Verona4Unità di Biostatistica, Epidemiologia e Salute Pubblica, Dipartimento di Scienze Cardiache, Toraciche e Vascolari,Università degli Studi di Padova.5Sezione di Pediatria, Dipartimento di Scienze mediche, Università degli Studi di Ferrara6Unità operativa complessa di Oncoematologia Pediatrica, Dipartimento per la Salute della Donna e del Bambino,Università degli Studi di Padova

La trombosi dei seni venosi cerebrali (CSVT) pediatrica è una rara patologia (incidenza 0,5 casi/100000 bambini)potenzialmente letale, con ampio spettro di condizioni predisponenti, clinica aspecifica e spesso sottodiagnosticata. Perimplementare le conoscenze sul tromboembolismo pediatrico, sono stati creati negli ultimi 20 anni registri nazionali einternazionali. In Italia il nuovo R.I.T.I. nasce nel 2017 dopo un profondo rinnovamento della vecchia versione. Lo scopodi questo studio è la descrizione della casistica padovana di CSVT pediatrico (29 giorni-18 anni) degli ultimi 11 anniraccolta nella nuova versione R.I.T.I. Sono stati ricercati inoltre fattori prognostici di outcome sfavorevole. Dei 49 pazientiarruolati (5.7 anni l’età mediana all’esordio), 59% erano maschi, 92% Caucasici, 21% con almeno un familiare con TE,16% con trombofilia nel gentilizio. L’eziologia (multifattoriale nel 62% dei casi; idiopatica nel 2%) riconosce infezioni (53%),farmaci (34%), neoplasie (31%), anemia (14%), chirurgia (14%), malattia metaboliche (8%), malattie renali (6%), sindromineurocutanee (2%), malattie autoimmuni (2%), malattie cardiache (2%), trauma cranico (2%). Trombofilia ereditaria è statariscontrata nel 23%, positività per anticorpi anti fosfolipidi nel 13%, disordini pro-trombotici minori nel 54% dei pazientitestati per trombofilia. Il sintomo più frequente è stata la cefalea (55%), a seguire febbre (53%), vomito/nausea (49%),ridotto GCS (45%), papilledema (35%), segni neurologici focali (31%). Per la diagnosi (tempo mediano 1 giorno) si èricorso a RM/angio RM venosa nel 96% dei pazienti, ad angioTC nel 42%. Il sistema venoso superficiale è stato coinvoltonel 94%, quello profondo nel 12%. Il 27% dei pazienti presentava anomalie parenchimali (8% emorragiche). Il 96% deibambini ha assunto terapia anti-trombotica. Al follow-up, sono stati osservati deficit neurologici nel 29% dei pazienti alladimissione (13% a 12 mesi), 3 (6%) decessi (non trombosi-correlati), 9 recidive. Rispetto alla restante casistica, maggioreetà mediana all’esordio (p.01), maggiore prevalenza di maschi (p.009), recidive (1 evento) (p.011), deficit neurologici edepilessia a 12 mesi (p.002) caratterizzavano soggetti affetti da neoplasia. Non sono stati individuati fattori prognostici dideficit neurologici alla dimissione, a 12 mesi e di recidiva. L’analisi della casistica padovana ha individuato elementi disimilitudine (anamnesi personale, clinica) e di distinzione (anamnesi familiare, terapia, diagnosi, outcome) rispetto ad altrecasistiche. Fattori prognostici non sono stati determinati per il limitato campione. Oltre ad uno studio esaustivo della CSVT,la nuova versione del R.I.T.I. favorisce il miglioramento dell’approccio diagnostico-terapeutico e, quindi, dell’outcome delbambino affetto da tromboembolismo.

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COD. C 52

Spettro clinico e correlazioni genotipo-fenotipo associate a mutazioni in PRRT2.

G. Balagura1,2, T. Bellini1,2, M.S. Vari1,2, F. Pinto1,2, F. Zara1,2, P. Striano1,2

1U.O. Neurologia pediatrica e Malattie muscolari, Istituto "G. Gaslini", Genova2Università degli Studi di Genova

Razionale: PRRT2 è un gene collocato sul cromosoma 16p11.2 coinvolto nella modulazione del rilascio delle vescicolesinaptiche nel Sistema Nervoso Centrale1. Lo spettro clinico associato alle mutazioni è ampio ed in evoluzione2.

Obiettivi: Testare una coorte pediatrica per mutzioni in PRRT2 e valutare le correlazioni genotipo-fenotipo.

Metodi: Il gene PRRT2 è stato sequenziato (Sanger) in 40 probandi con crisi neonatali-infantili benigne (BNIS) con/senzadiscinesia parossistica kinesigenica (PKD) e/o emicrania emiplegica (HM). Sui non-mutati è stato eseguito CGH-array. Conprobando mutato, anche i genitori e i familiari affetti sono stati testati.

Risultati: 20/40 probandi risultano mutati in PRRT2 con genotipo eterozigote: c.649dupC (17, uno de novo), c.649C>T(1), c.872C>T (1), c.679C>T (1; non riportata in letteratura) e delezione in 16p11.2 (2). 17 famiglie risultano portatrici dimutazione o delezione (31/43 familiari, affetti e non). I fenotipi associati alle mutazioni sono: BNIS, BNIS con PKD, BNIScon PKD ed HM, e non affetti. Ritardo del linguaggio o dello sviluppo è associato in 6 casi. La terapia antiepilettica èeterogenea oppure assente, senza significative differenze nell’età di remissione dei probandi.

Conclusioni: Mutazioni in PRRT2 sono caratterizzate da pleiotropia e penetranza incompleta, di conseguenza è difficilestabilire sicure correlazioni genotipo-fenotipo all’interno dello spettro clinico. Tuttavia, l’impatto clinico del test genetico perPRRT2 ha rilevanza diagnostica, prognostica e nel follow-dei pazienti, specialmente per la possibilità di future associazionicon disturbi neurologici quali PKD e/o HM.

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COD. C 53

La Sindrome di Shapiro: descrizione clinica e follow-up di un casistica di 13 pazienti

V. Belcastro1, P. Striano, A. Verrotti, G. Prato, M.M. Mancardi , G. Lucio, S. Grosso, A. Romeo, S. Arcieri, C. Peruzzi, N.Tambasco, S. Savasta1U.O. Neurologia, Osp. S.Anna di Como2U.O. di Neurologia Pediatrica, Osp. Gaslini, Genova3U.O. di Pediatria, Università degli Studi dell'Aquila4U.O. di Neuropsichiatria Infantile , Ospe. Gaslini, Genova5U.O. di Neuropsichiatria Infantile, Spedali Civili, Brescia6U.O. di Clinica Pediatrica, Università di Siena7U.O. di Neurologia Pediatrica e Centro Regionale per l'Epilessia, Osp. Fatebenefratelli e Oftalmico, Milano8U.O. di Neuropsichiatria Infantile, AOU della Carità, Novara9U.O. di Neurologia, Università degli Studi di Perugia10Dip di Pediatria, IRCCS Policlinico S. Matteo, Pavia

Razionale: La Sindrome di Shapiro (SS) è caratterizzata da episodi spontanei e ricorrenti di ipotermia, agenesia del corpocalloso (CC) ed iperidrosi. In letteratura sono riportati circa 60 casi di SS, tuttavia dati sul follow-up a lungo termine sonoscarsamente reperibili. Lo scopo del nostro studio è descrivere le caratteristiche cliniche, radiologiche ed il follow-up clinicodi una casistica di pazienti con SS.Metodi: retrospettivamente sono stati arruolati 13 pazienti con diagnosi di SS afferenti a Centri di Neurologia Pediatrica inItalia. I criteri di inclusione erano: 1) episodi parossistici e ricorrenti di ipotermia (< 35 °C); 2) episodi ricorrenti di iperidrosi;3) un follow-up di almeno 5 anni. Sono stati esclusi i pazienti con ipotermia secondaria ad altre cause.Risultati: sono stati individuati 13 pazienti (9 M) con diagnosi di SS. L’età media di esordio dei sintomi era 9.2 aa (range10 mesi-17 anni). Episodi ricorrenti di ipotermia, di durata variabile tra 15 minuti e 6 ore, erano presenti nel 100% deipazienti. Tali episodi potevano variare in frequenza da 3 volte per anno fino a 2 episodi a settimana. La durata media degliepisodi di ipotermia dall’esordio era di 36 mesi (range 24-56 mesi). Episodi ricorrenti di iperidrosi erano presenti in 12/13(92,3%) pazienti. L’agenesia del corpo calloso è stata trovata in 2 pazienti mentre anomalie all’EEG erano presenti in 8(61.5%) dei pazienti. Tali anomalie EEG erano assenti al follow-up. Il trattamento con farmaci antiepilettici (FAE) è statoprovato in 6 patienti con scarso beneficio. In un paziente il trattamento con pizotifene 0.5 mg die ha ridotto la durata e lafrequenza degli attacchi. Conclusioni: la SS si manifesta prevalentemente nel giovane adulto e gli episodi ricorrenti di ipotermia parossisticarappresentano il sintomo principale. Tale sintomo sembra avere una remissione spontanea nel corso degli anni. L’agenesiadel corpo calloso, inizialmente descritta come caratteristica della sindrome, è un reperto incostante nei pazienti con SS.Le anomalie EEG sono un reperto transitorio e non giustificano la possibile eziologia comiziale della SS.

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COD. C 54

ESORDIO ED EVOLUZIONE CLINICA DELL’EMICRANIA EMIPLEGICA IN ETÀ PEDIATRICA: UNO STUDIOMULTICENTRICO ITALIANO

F. Brunello1, V. Marao1, E. Perissinotto2, M. Valeriani3, D. Pruna4, E. Tozzi5, F. Moscano6, A. Verrotti7, R. Frusciante3, C.

Marco8, C. Lisotto9, S. Ruffatti10, F. Maggioni14, C. Termine11, G. Di Rosa12, M. Nosadini1, S. Sartori1, P.A. Battistella1, I.

Toldo1

1Centro Cefalee dell’Età Evolutiva, Dip. della Salute della Donna e del Bambino, Università degli Studi di Padova2U.O. di Biostatistica, Epidemiologia e Salute Pubblica, Dip. di Scienze Cardiologiche, Vascolari e Toraciche, Universitàdi Padova3Centro per lo Studio e la Cura delle Cefalee in Età evolutiva, U.O. di Neurologia, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù,Roma4Dip. di Neuropsichiatria Infantile, Ospedale Universitario di Cagliari5Dip. di Medicina Sperimentale, Università degli Studi dell’Aquila.6U.O. di Neuropsichiatria Infantile, Dip. di Salute della Donna, del Bambino e dell’Adolescente, Ospedale UniversitarioS.Orsola-Malpighi, Bologna.7Dip. di Pediatria, Università degli Studi dell’Aquila.8Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli9Dip. di Neurologia, Ospedale Santa Maria degli Angeli, Pordenone10Centro per il Trattamento delle Cefalee, Dip. di Neuroscienze, Università degli Studi di Padova11U.O. di Neurologia, Ospedali Riuniti Padova Sud12U.O. di Neuropsichiatria Infantile, Dip. di Medicina Sperimentale, Università degli Studi dell'Insubria, Varese13U.O. di Neuropsichiatria Infantile, Dip. di Patologia Umana dell’Adulto e dell’Età Evolutiva, Ospedale Universitario G.Martino, Messina

Premesse. L’emicrania emiplegica è una rara forma di emicrania con aura, contraddistinta dall’insorgenza di emiparesitransitoria (aura motoria); può essere familiare (FHM) o sporadica (SHM). L’età di esordio è variabile e può essere moltoprecoce (a partire dai 2 anni). Razionale. Il presente studio descrive l’esordio e l’evoluzione clinica nei primi anni di malattia,con il proposito di identificare fattori prognostici e correlazioni genotipo-fenotipo in età pediatrica.Materiali e metodi. Studio clinico, retrospettivo e multicentrico, condotto su una coorte di bambini ed adolescenti condiagnosi di emicrania emiplegica secondo i criteri ICHD-III, reclutati da 9 Centri Cefalee dell’età evolutiva italiani. Sono statiindagati i seguenti aspetti: età d’esordio, caratteristiche del primo attacco di emicrania emiplegica, evoluzione del quadroclinico durante il successivo follow-up, presenza di altre manifestazioni neurologiche rilevanti.Risultati. Sono stati inclusi 46 pazienti (52% femmine) con età media di esordio 10.5 +3.8 anni; 32 casi (70%) sono sporadici(SHM) e 14 casi (30%) familiari (FHM). Nel primo attacco di emicrania emiplegica, il fattore scatenante più frequente eralo stress emotivo (20%), seguito da trauma cranico (11%) e sforzo fisico (9%). I sintomi d’aura non motoria più comunierano quelli sensitivi (65%) e di tipo basilare (63%), più rari i sintomi visivi (35%) e afasici (10%). La durata media dell’auramotoria era di 3.5 ore, mentre la durata media totale dell’attacco era di 15.8 ore. Il follow-up si è protratto mediamente per4.4 anni. La frequenza media degli attacchi nel primo anno dopo l’esordio era di 2.2 episodio all’anno. Nessun paziente hasviluppato segni di atassia; cinque soggetti presentavano deficit cognitivo di entità lieve o moderata.Conclusioni. Il presente studio definisce, per la prima volta, le caratteristiche all’esordio e l’evoluzione dell’emicraniaemiplegica in una coorte pediatrica. Significative differenze sono emerse confrontando i casi di SHM e i casi di FHM (duratadell’aura motoria, durata della cefalea, durata totale del primo attacco emiplegico), così come confrontando la nostra coortecon le principali casistiche miste (adulti e bambini) riportate in letteratura (differenze significative sono emerse in meritoal rapporto F:M, alla ricorrenza di emicrania con aura, ed alle caratteristiche dell’aura non motoria). Rispetto all’unicacasistica pediatrica precedentemente descritta, il quadro neurologico e l’evoluzione clinica dei pazienti studiati risultanopiù favorevoli. Infine, le correlazioni genotipo-fenotipo emerse nel presente studio possono contribuire all’identificazione difattori prognostici e alla caratterizzazione degli aspetti clinici maggiormente associati alla forma monogenica della malattia.

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COD. P 01

Otomastoidite e trombosi venosa cerebrale: descrizione di un caso asintomatico

F. Petroni 1, P. Macellaro 1, E. Ceriani1, B. Boldrighini 1, L. Pogliani1

1U.O. di Pediatria Ospedale di Legnano (Milano)

IntroduzioneLa trombosi cerebrale in età pediatrica rappresenta una patologia poco frequente, ma grave. (0.6/100,000/anno),(Front Pediatr. 2017; 5: 163). Nonostante il miglioramento diagnostico legato alla neuroradiologia, alcuni casi restanomisconosciuti a causa della blanda sintomatologia.Caso clinicoC.P., 9 anni, giunge alla nostra osservazione per comparsa di diplopia da 6 giorni. In anamnesi riferita otite destra trattatacon antibiotico, in corso di terapia episodi di vomito per 2 giorni, quindi comparsa di diplopia.All’ingresso obiettività clinica nella norma, apiretico, membrana timpanica destra arrossata ed diplopia binoculare. Esamiematochimici nella norma. La visita oculistica e il test di Lancaster evidenziano una esotropia dell'occhio destro, secondariaa deficit del nervo abducente. Inoltre è presente edema del disco ottico con concomitante screzio emorragico peripapillare.Nella norma il visus. Inizia terapia con ceftriaxone e desametasone e.v. L’angio RMN encefalo rileva trombosi del senosigmoideo destro, la TAC delle rocche petrose, mostra opacamento di gran parte delle cellette mastoidee di destra, conalterazione erosiva della parete posteriore e superiore della mastoide. Lo screening trombofilico rileva mutazione MTHFRin omozigosi. Esame audiometrico nella norma. Si inizia terapia con seleparina. A distanza di una settimana, al controlloRMN encefalo con sequenze angio, si rileva ricanalizzazione del seno sigmoideo, scomparsa dell’opacizzazione dellecellette mastoidee, riduzione dell'edema del disco ottico e scomparsa dello screzio emorragico peripapillare. Ad un mesedi distanza l’angio RMN encefalo risulta nella norma con riduzione dell’iperintensità mastoidea.La diplopia progressivamente scompare dopo un mese dalla dimissione. La terapia con seleparina viene sospesa dopo3 mesi.DiscussioneLa trombosi può essere associata a varie condizioni locali o sistemiche, tra le quali spiccano soprattutto le infezionidella regione testa-collo (otiti, otomastoiditi, meningiti). La trombosi venosa settica, connessa a mastoidite, può esserela conseguenza sia di una propagazione dell’infezione attraverso le piccole vene della mastoide, che risultare dauna diffusione diretta del processo infiammatorio attraverso, per esempio, una erosione ossea. L’incidenza dello statotrombofilico sulla trombosi dei seni venosi varia, a seconda degli studi, da 10 a 78%. Tuttavia, nel 30% dei casi l’eziologiaresta sconosciuta. La diagnosi e la terapia precoci riducono la mortalità e migliorano la prognosi.

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COD. P 02

Stato di male epilettico come esordio di PRES in paziente con linfoma di Hodgkin trattata con Brentuximab.

N. Carli1, C. Iurato1, M. Esposito1, D. Peroni1, C. Menconi2, G. Casazza2, S. Bernasconi2

1Neurologia Pediatrica, AOU Pisana, Università di Pisa2Oncoematologia Pediatrica, AOU Pisana, Università di Pisa

Di seguito descriviamo il caso di una ragazza di 14 anni con linfoma di Hodkin classico sottotipo sclerosi nodulare IIIbin remissione completa alla seconda recidiva e trapianto autologo di cellule staminali, che aveva effettuato terapia conbrentuximab.La ragazza ha presentato improvvisamente uno stato di male convulsivo generalizzato interrotto solo dopointubazione e trattamento con propofol. Per tale motivo è stata trasferita presso il reparto di terapia intensiva della nostrastruttura. Veniva pertanto avviata terapia con Levetiracetam ev. La ragazza presentava inoltre ipertensione arteriosa eridotta funzionalità renale. Alla RM encefalo effettuata in loco e ripetuta presso la nostra struttura si evidenziava un quadrocompatibile con PRES diffusa inizialmente in remissione a 1 settimana di distanza con una nuova recidiva a 3 settimane.A 3 settimane veniva evidenziata inoltre leucopatia dismetabolica verosimilmente da difetto del metabolismo energeticocerebrale. La ragazza è rimasta in terapia intensiva per un totale di circa 45 giorni dopo una successiva riammissione,presentando durante il ricovero, un nuovo episodio critico convulsivo generalizzato dopo una settimana dall'evento inizialeal tentativo di riduzione della sedazione per cui veniva aggiunto trattamento antiepilettico con clobazam e ipertensionearteriosa difficilmente resistente al trattamento framacologico. Ad un controllo RM a 1 mese e mezzo dall'evento iniziale,sono migliorate le lesioni PRES che risultano quasi scomparse, con un incremento dei segni di leucopatia. La sindromeda encefalopatia posteriore reversibile (PRES) è una malattia neurologica caratterizzata da una serie di segni e sintomineurologici e da rilievi neuroimaging distintivi che riflettono edema vasogenico. Entrambe le caratteristiche cliniche e diimaging sono generalmente reversibili. In media, circa il 40% di tutti i pazienti con diagnosi di PRES richiede un monitoraggioe un trattamento intensivo a causa di complicazioni gravi come stato epilettico, ischemia cerebrale, emorragia intracranicao ipertensione intracranica. L'esatto meccanismo per cui si manifesta questa sindrome è ancora non del tutto conosciuto.

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COD. P 03

Dandy Walker variante isolata: un caso di trasmissione da padre e figlia

C. Forest2, E. Fiumana2, A. Suppiej2, R. Faggioli2

1Dipartimento di Scienze Mediche Sezione Pediatria, Università degli Studi di Ferrara

Matilde è una bambina di 11 anni in abituale buona salute. Nata a termine da gravidanza normodecorsa, riferito regolaresviluppo psicomotorio. Giunge alla nostra osservazione per due verosimili episodi di cefalea, senza alcun segno neurologicoassociato. Entrambi gli episodi si sono risolti con la somministrazione di tachipirina e successivamente non si sono piùripresentati. Alla RM encefalo che la famiglia porta in visione durante la visita ambulatoriale, si evidenzia “decisamenteampia la cisterna magna che si continua in ampia formazione cistica retro e sovra vermiana, con ampia impronta sul verme esugli emisferi cerebellari; la porzione inferiore del verme è lievemente ipoplasica. Ampia la fossa posteriore e ampio il quartoventricolo. L'insieme dei reperti risulta inquadrabile come Dandy Walker variante.” Alla visita neurologica non emergonodati patologici. Si consiglia esecuzione di visita oculistica con valutazione del fondo dell’occhio che risulterà negativa edEEG che non evidenzierà anomalie di rilievo. Durante la raccolta dell’anamnesi familiare il padre riferisce che anche alui, in occasione di una RM encefalo eseguita in corso di una mielite transitoria di verosimile natura infettiva, era statadiagnosticata una malformazione cerebellare non meglio specificata. Prendiamo visione delle lastre della RM encefalo delpadre e riscontriamo un quadro di DWv del tutto sovrapponibile a quello della figlia. Alla raccolta dell’anamnesi personalee familiare dell’uomo non emergono dati significativi. La variante di Dandy Walker (DWv) è una rara patologia malformativadella fossa cranica posteriore che rientra nel Complesso di Dandy Walker (DWC). È caratterizzata da dilatazione cistica delquarto ventricolo, parziale agenesia del verme cerebellare, senza allargamento della fossa cranica posteriore. L’eziologiadi questa patologia è eterogenea, sicuramente la genetica gioca un ruolo importante, anche se non ancora del tutto chiarito.Spesso la DWv è associata a cromosomopatie, talvolta invece a mutazioni genetiche specifiche ( ad esempio ZIC1, ZIC4,FGF8, FGF17, LAMC1, FOXC1, FOXL2 e CIP2A). Nella maggior parte dei casi non vi è una ereditarietà di tipo mendelianoe il rischio di ricorrenza è stimato tra 1-5%. Tuttavia, in letteratura vi sono alcuni casi descritti di DW isolata ricorrenteall’interno della stessa famiglia, associati ad un’ereditarietà di tipo X-linked oppure autosomica recessiva. Al momento nonrisultano in letteratura casi descritti di DWM/DWv con trasmissione di tipo autosomico dominante, come sembra essere ilnostro caso. Speriamo nel prossimo futuro di riuscire ad eseguire analisi genetiche sia in Matilde che nel padre per megliocomprendere la patogenesi della Dandy Walker.

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COD. P 04

Meningoencefalite acuta infettiva/infiammatoria: un caso limite

D. Pantaleo1, T. Foiadelli1, C. Novara2, G. Casari2, G. Di Vincenzo2, S. Savasta1

1Clinica Pediatrica, Fondazione IRCCS Policlinico “San Matteo” di Pavia2Scuola di Specializzazione in Pediatria,Università degli Studi di Pavia

CASO CLINICO: G.,bambina di 10 anni, da una settimana iperpiressia responsiva al paracetamolo. APR non contributoria.Giungeva al PSP per febbre, cefalea, vomito. All’E.O. aspettomolto sofferente-confuso, segni meningei negativi; il restodell’obiettività nella norma. Esami ematochimici e strumentali: leucocitosi neutrofila con PCR 50xN; EEG standardrallentamento diffuso dell’attività di base; valutazione oculistica fundus nella norma; Rx torace negativo; rachicentesiaspetto torbido del liquor con esami bioumorali, colturali e di isoelettrofocusing. Nel sospetto di meningoencefalite venivapredisposto ricovero ed avviata terapia ev empirica con ceftriaxone, aciclovir e desametasone. In I giornata di degenzaagli esami liquorali pleiocitosi, proteinorrachia, tappeto di PMN e positività per Ag S.pneumoniae ed avviata terapiaspecifica con successivo decremento degli indici di flogosi e miglioramento della sintomatologia. In III giornata cefalea eall’EON eloquio rallentato, riflessi pupillari ipovalidi, deficit di forza all’emilatosinistro, ROT rotulei scarsamente evocabiliper cui eseguiti esami strumentali: EEG standard lento e poco strutturato; RMN encefalo-midollo multiple aree di alteratosegnale della sostanza bianca biemisferica sovratentoriale, segnale iperintenso sequenze a TR lungo sede sottocorticalefrontale sinistra al vertice e peritrigonale destra, focale soluzione di continuità della parete ossea postero-laterale delseno frontale destro; PEV risposte corticali ritardate in OO; PESS al tibiale destro e sinistro risposta spinale con latenzaborderline e corticale ritardata. Avviata terapia per ADEM con IVIG e per mancata risposta clinica,successivamente,terapia steroidea con beneficio sulla sintomatologia, obiettività neurologica e alla neuroimaging di controllo. In XIV giornataall’ isoelettrofocusing distribuzione policlonale delle IgG sieriche e liquorali. Indagato assetto immunologico nei limitidella norma. Eseguito approfondimentoanamnestico: un anno addietro trauma per incidente stradale con frattura ossofrontale e piramide nasale; non eseguita successiva rivalutazione o follow-up. La breccia ossea è stata la via di ingressoper lo pneumococco determinante il quadro meningitico.La bambina veniva dimessa con diagnosi di meningoencefaliteacuta infettiva/infiammatoria ed in follow-up multidisciplinare: ha già eseguito intervento NCH per chiusura breccia ossea,risposta vaccinale antipneumococcica con relativa profilassi.CONCLUSIONI: In letteratura non sono riportati casi diADEM associata a meningite pneumococcica in età pediatrica, solo 5 pazienti adulti con immunodeficit e/o comorbilità. E’utile l’approfondimento anamnestico poiché ci aiuta ad identificare possibili fattori di rischio e determinanti la malattia comela valutazione dello stato immunologico in considerazione della maggiore suscettibilità nell’insorgenza di patologie infettivo-infiammatorie del SNC. Inoltre è fondamentale un adeguato work-up diagnostico/terapeutico per un buon “outcome” abreve e a lungo termine.

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COD. P 05

Meningoencefalite da Paraechovirus 3: un’infezione da (ri-)conoscere nel neonato e nel piccolo lattante

S. Dal Bo4, E. Cacciatore2, G. Vieni4, L. Biserna4, P. Ricciardelli4, L. Casadio4, V. Sambri3, F. Marchetti4

1UOC di Pediatria e Neonatologia, Ospedale di Ravenna, AUSL della Romagna2Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università di Ferrara3UO di Microbiologia, Laboratorio Unico di Area Vasta, AUSL della Romagna

CASO CLINICONeonato di 30 giorni, nato a termine da gravidanza normodecorsa. Assenti fattori di rischio per Late-Onset sepsis.Alimentato con latte materno esclusivo, in buona salute. Viene ricoverato per rialzo febbrile (TC 38°C) ed inappetenza.Non riferite patologie infettive in atto nei familiari. Si presenta febbrile (TC 39,0°C) molto irritabile con pianto lamentososubcontinuo. La cute appare diffusamente marezzata con esantema micropapulare diffuso al tronco, palme delle mani edei piedi. Obiettività respiratoria nella norma, tachicardia sinusale, addome molto disteso, trattabile. Agli esami riscontrodi leucopenia (GB 3800/mmc, N: 2160) con con PCR lievemente mossa: 8 mg/l. Negative l’esame urine e l’ecografiaaddominale. Per il quadro suggestivo di sepsi viene eseguita puntura lombare: liquor cefalo-rachidiano (LCR) limpido,lieve aumento della protidorrachia: 0,54 (vn: 0.2-0,4) presenza di 11 cellule, tutte linfociti. La ricerca di patogeni sul liquormediante tecnica RT-PCR evidenzia la positività per Paraechovirus tipo 3. Negativo l’elettroencefalogramma. Le condizionicliniche sono migliorate nell’arco di 3 giorni, senza evidenza clinica di fenomeni convulsivi. E’ stato programmata una RMcerebrale a distanza dall’episodio acuto.

DISCUSSIONEIl Paraechovirus (PeV) è un virus a ssRNA appartenente alla famiglia delle Picornaviridae, dopo la sua differenziazionedalla macrofamiglia degli Enterovirus avvenuta nel 1990. Al momento sono state isolati 19 diversi tipi di PeV. L’infezioneda PeV 3, che insieme al tipo 1 è il più frequente, colpisce prevalentemente neonati e piccoli lattanti e si manifesta condiversi quadri clinici: da sintomi lievi con febbre, diarrea, vomito, stato simil-influenzale, rash cutaneo, fino a quadri severicon aspetto sepsis-like, meningoencefalite, con possibili lesioni della sostanza bianca cerebrale, crisi convulsive ed esiti adistanza. Si riconosce una stagionalità con maggior incidenza nei mesi estivi ed autunnali. Per il suo neurotropismo, il PeVè sempre più spesso isolato come responsabile, insieme all’herpes simplex, di infezioni severe del SNC, in particolare neiprimi mesi di vita. E’ possibile documentare la presenza del virus da diversi campioni (feci, LCR, secrezioni, siero) ma èessenziale disporre di RT-PCR con sonda specifica. La disponibilità recente della diagnostica per PeV riflette un dato diprevalenza non ancora definito ma con sempre maggiori segnalazioni in letteratura.Sequele neurologiche sono segnalate a seguito di infezioni severe e vi è una chiara correlazione con le lesioni riscontratenegli studi di imaging (RM cerebrale). E’ raccomandato un follow-up neuroevolutivo a lungo termine.

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COD. P 06

Trauma cranico e paralisi dei nervi cranici: descrizione di due casi

F. Petroni1, P. Garascia 1, A. Ruscitto 1, M. Plantamura1, S. Chiapedi1, L. Pogliani1

1U.O. di Pediatria Ospedale di Legnano (MI)

IntroduzioneI traumi cranici in età pediatrica rappresentano una delle maggiori cause di accesso al pronto soccorso (sino al 30% nellediverse casistiche), il coinvolgimento dei nervi cranici (NC) rappresenta una evenienza possibile e spesso non proporzionaleall'entità del trauma. Descriviamo due casi clinici che dopo un trauma cranico rispettivamente lieve e grave, hanno riportatoparalisi di un NC.Casi cliniciB.M., 3 anni, giunge alla nostra attenzione dopo trauma cranico lieve: seduta su un gradino di 25 cm cade all'indietropicchiando la mastoide destra sul pavimento con immediata comparsa di strabismo. Viene in visita in P.S. per comparsa distrabismo e diplopia. All'esame obiettivo la bambina appare soporosa, risvegliabile, è evidente uno strabismo convergentedell'occhio destro. La visita oculistica conferma un deficit del muscolo retto esterno; visus, fondo dell'occhio, esamiematochimici, visita ORL ed esame audiometrico risultano nella norma, così come TAC dell'orecchio interno e RMNcerebrale. La diplopia e il deficit dell'abducente migliorano spontaneamente in due settimane fino alla normalizzazione.A.B., di 16 anni, giunge in P.S. per trauma cranico da incidente stradale, presenta cefalea, otorragia destra e amnesialacunare. La TAC encefalo mostra una frattura della rocca petrosa destra ed emoseno sfenoidale. Il giorno successivoal trauma, comparsa di paralisi periferica del VII NC destro. Iniziata terapia con ceftriaxone e dal giorno successivo condesametasone. La RMN encefalo mostra opacamento diffuso delle cellette mastoidee, emorragia sottodurale della porzioneposteriore dell'emisfero sinistro. La TAC dell'orecchio interno mostra frattura longitudinale della mastoide destra. Nonindicazioni chirurgiche. L'esame audiometrico evidenzia ipoacusia trasmissiva destra di grado medio. Nella norma: esamiematochimici, coagulazione, visus e fondo dell'occhio. Dimessa in buone condizioni generali, risoluzione del deficit del VIINC a distanza di due mesi, mentre permane ipoacusia trasmissiva destra di 40 db.Discussione e conclusioniIl trauma cranico può coinvolgere uno o più NC, danneggiandoli lungo il loro decorso all'interno del cranio, in seguitoa una frattura ossea adiacente al nervo o per aumento della pressione intracranica. I nervi cranici più frequentementecoinvolti sono gli oculomotori, l'ottico, il facciale, l'olfattivo, pertanto è importante eseguire sempre una visita oculistica perla valutazione del visus e accertare la presenza di anosmia. Un corretto e tempestivo approccio diagnostico, terapeuticoe riabilitativo dove possibile, sono di primaria importanza per la prognosi. Ricordiamo inoltre la necessità di affrontareadeguatamente il forte impatto psicologico che il danno funzionale ed estetico provocano sul bambino e la famiglia inqueste circostanze.

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COD. P 07

Un particolare caso di epilessia e disturbo del comportamento in un paziente adolescente

M. Motta1, F. Sullo 1, V.G.T.M. Venti1, A. Portale1, V. Brafa Musicoro1, A. Sapuppo1, B. Amato1, P. Smilari1, F. Greco1, E.

Pustorino1, A. Praticò1, P. Pavone1, M. Ruggieri1, A. Fiumara1

1Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico-Vittorio Emanuele Catania

C.L., sedici anni, primogenito di genitori non consanguinei, riferita nella norma l’acquisizione delle tappe psicomotorie.Da circa sei mesi presenta episodi di ansia, comportamenti ripetitivi e rituali. Il ragazzo giunge alla nostra osservazionedopo l’insorgenza di un episodio critico caratterizzato da perdita di coscienza e movimenti tonico-clonici, di circa un minuto.L’episodio è stato preceduto da disorientamento spazio-temporale con allucinazioni visive, e seguito da agitazione psico-motoria. Durante il ricovero è stato sottoposto a screening per droghe, con esito negativo. Ha eseguito EEG che mostrava lapresenza di “ lievi alterazioni diffuse lente con lieve prevalenza destra” e sottoposto a terapia anticonvulsivante. Ha eseguitola RM encefalo e midollo che mostrava la presenza “a carico della sostanza bianca sovratentoriale biemisferica di ampiealterazioni di segnale iperintense in T2 ed ipointense in T1 che coinvolgono prevalentemente le regioni periventricolari,ma che si estendono anche alla sostanza bianca profonda. Le lesioni sono prevalenti a carico dell’emisfero di destra ,presente anche il coinvolgimento delle strutture della base con maggior evidenza a sinistra, analoghe alterazioni disegnale interessano il corpo calloso con maggiore evidenza a livello del ginocchio e dello splenio. Alterazioni di segnaleda degenerazione walleriana lungo il decorso delle vie piramidali bilateralmente”, indenne la corda spinale. Qualchegiorno dopo l’episodio critico, ha presentato un episodio di amnesia. Ha eseguito inoltre puntura lombare, con esamiliquorali e sierologi per escludere patologie di tipo infettivo ed autoimmune. Ha eseguito potenziali evocati visivi cheevidenziavano bilateralmente onda P notevolmente ipovoltata con tempo di picco aumentato. E’ stato sottoposto ascreening metabolico, che ha mostrato nel plasma elevati livelli di VLCFA (very long chain fatty acids) e ha supposto ladiagnosi di adrenoleucodistrofia. Tale condizione è una malattia ereditaria determinata da un accumulo di acidi grassia catena molto lunga nel sistema nervoso centrale con progressivo coinvolgimento anche delle ghiandole surrenaliche edelle gonadi. Il principale difetto biochimico è l’anormale accumulo di VLCFA in particolare C26:0 (acido esacosanoico)e C24:0 (tetracosanoico). Il gene di tale condizione è localizzato nel braccio lungo del cromosoma X, e codifica per untrasportatore di membrana dei perossisomi. Sono state identificate più di 400 differenti mutazioni. L’iter diagnostico non èancora concluso, sono in corso le indagini genetiche. Il nostro lavoro ci mostra che pazienti che mostrano improvvisamentealterazioni del comportamento, stati ansiosi e/o episodi convulsivi devo essere indagati approfonditamente per escluderepatologie complesse come quelle metaboliche.

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COD. P 08

Un caso di crescita emitalamica isolata.

I. Tristano1, G. Cedrone1, F. Ursitti1, A. Chiarelli1, D.M. Biancone1, A. Spalice1

1Dip. Pediatria, divisione Neurologia Pediatrica, Uni. "La Sapienza" di Roma

Giunge alla nostra attenzione un bambino di 17 mesi per un’emiparesi sinistra, senza altri sintomi o segni neurologici. LaRMN encefalo a cui è stato sottoposto ha evidenziato una marcata ipertrofia del talamo di sinistra, senza mostrare alcunadifferenza anatomica o funzionale rispetto al talamo di destra né prima né dopo l’utilizzo del contrasto. Le immagini didiffusione allo stesso modo non hanno evidenziato restrizioni né ipersegnale in FLAIR risultando analoghe a quelle deltalamo controlaterale. Lo studio spettroscopico infine ha mostrato una regolare rappresentazione dei picchi dei metaboliti,senza evidenza di picchi anomali, in particolare sia il picco della Colina sia quello dell’ N-acetilaspartato sono risultatidi normale ampiezza. La presenza di tale ipertrofia lascia comunque un’impronta sul ventricolo laterale omolaterale, inparticolare sul carrefour anteriore, determinando di concerto una dilatazione del ventricolo di destra che potrebbe spiegarela clinica del paziente. In accordo con l’attuale letteratura si tratta di un caso molto raro.

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COD. P 09

Cefalea e febbre : possibili pitfalls

L. SIRI 1, C. GROSSO2, E. FELICI 2, F. VERCELLINO1

1SOC Neuropsichiatria Infantile -Osp. Inf Cesare Arrigo Alessandria2Pediatria- Osp. Inf. SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo

Discutiamo il caso di una ragazza di 16 anni giunta in ponto soccorso per comparsa di cefalea fronto -temporale associataad episodi di vomito. Nel sospetto di virosi veniva somministrato ondansetron con beneficio clinico. Veniva quindi dimessaal domicilio. Per ricomparsa di cefalea ingravescente associata a vomito e temperatura febbrile riaccedeva in PS e venivaquindi ricoverata. Anamnesi patologica remota negativa.All’ingresso esame obiettivo negativo, apprezzabile lieve rigiditànucale all’esame neurologico , in assenza di altri segni neurologici focali.Al prelievo ematico emocromo con indici di flogosie coagulazione negativi.Vista l’accentuarsi della cefalea e della rigidità nucale, associata a febbre, nel sospetto di meningo-encefalite, veniva avviata terapia antibiotica ed eseguita TC cranio prima di procedere all’esecuzione della puntura lombare. Alla TC riscontro di sanguinamento endoventricolare a prevalenza frontale destra ed esiti paraencefalici in sede frontaledestra da pregresso sanguinamento.Si predisponeva trasferimento presso la neurochirurgia. La paziente manifestava nelleore successive deficit transitorio del VII paio di nervi cranici a destra e crisi convulsive focali sub-entranti con secondariageneralizzazione . Veniva quindi avviata terapia anti-epilettica con Levetiracetam .La paziente presentava inoltre sfumataemiparesi facio-brachio-crurale destra.L’angioTC confermava esiti di sanguinamento di MAV frontale destra rifornita dairami della ACA con scarichi diretti nella vena cerebrale interna e nel seno sagittale inferiore.Stabilizzata la situazionela paziente veniva candidata per trattamento di MAV con metodica radiochirurgica con gamma-knife.In conclusione, lacefalea associata a febbre e rigidità nucale orienta dapprima la diagnosi verso forme meningo-encefalite.Tuttavia il nostrocaso dimostra che di fronte ad un paziente che presenta cefalea, vomito e rigidità nucale è necessario tener conto indiagnosi differenziale della possibilità di forme cerebro-vascolari in cui la febbre può presentarsi come epifenomeno ,interpretabile come ipertermia centrale e non derivante da fatto infettivo.Si rafforza pertanto l’indicazione di eseguire sempree comunque prima della rachicentesi studio TC del cranio.

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COD. P 10

Epilessia occipitale in Toxoplasmosi congenita: un caso clinico

M. Duca1, E. Gasparrini2, B. Pirri1, F. Secone1, P. Pierandrei1, P.F. Perri2, M. Pincherle1

1U.O.C. Neuropsichiatria infantile Osp. Provinciale, Macerata2U.O.C. Pediatria Osp. Provinciale, Macerata

Primo gemello, nato alla 32esima settimana di gestazione da gravidanza bicoriale biamniotica, a seguito di FIVET, riscontrodi positivizzazione delle IgM materne per Toxoplasma durante terzo trimestre di gravidanza per cui veniva effettuataterapia materna in gravidanza con Spiramicina fino al cesareo. Alla nascita buon adattamento alla vita extra-uterinama riscontro di positività anticorpale (IgM, IgA e IgG) nei neonati, per cui veniva impostata terapia con Pirimetamina,Sulfadiazina e Acido folico per un anno circa. Dopo la dimissione veniva seguito lo schema di follow-up con periodicicontrolli della crasi ematica, oculistici, audiologici, neurologici e neuroradiologici. L’ecografia cerebrale mostrava “Spotiperecogeni in sede periventricolare sinistra ed in regione perilenticolare bilateralmente come da piccole calcificazioni”, talilesioni venivano confermate alla risonanza magnetica dell' encefalo eseguita alla 40esima settimana: “Multiple puntiformiimmagini iperintense in T1 ed ipointense in T2 compatibili in prima ipotesi con microcalcificazioni, localizzate lungo ilprofilo dei ventricoli laterali bilateralmente, nella sostanza bianca periventricolare, in regione frontale destra e temporo-parietale bilaterale”. Lo sviluppo psicomotorio è sempre stato adeguato all’età cronologica corretta con note di ipercinesia.Ai due anni ed un mese di vita durante il pasto il piccolo ha presentato un episodio caratterizzato da arresto motorio,staring, aresponsività di breve durata, seguiva instabilità posturale e sonnolenza. Portato in Ospedale a Macerata l’episodiosi è ripetuto. Durante la degenza presso l’U.O. di Pediatria sono stati effettuati accertamenti tra cui TC cerebrale dicontrollo con evidenza di stabilità dei noti reperti ed EEG con riscontro di anomalie parossistiche posteriori bilateralia maggior espressione sull’emisfero di sinistra. Per il permanere degli episodi è stata recentemente impostata terapiacon Carbamazepina. La toxoplasmosi è una rara patologia parassitaria causata da un protozoo intracellulare che vivenei gatti e in altri animali a sangue caldo. Sebbene la maggior parte dei pazienti rimanga asintomatica la toxoplasmosicongenita nel feto può causare coinvolgimento oculare con corioretinite e del sistema nervoso centrale con calcificazioniintracerebrali, nistagmo, idrocefalo e microcefalia. Le lesioni cerebrali possono causare crisi comiziali secondarie. Il follow-up di questi pazienti è importante al fine di eseguire una diagnosi precoce delle complicanze, un trattamento adeguato eun miglioramento della prognosi.

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COD. P 11

L’ENCEFALOPATIA DA INFLUENZA: DESCRIZIONE DI UN CASO CLINICO

F. Marchetti1, A. Fumarola2, C. Guiducci 2, P. Cenni3, P. Ricciardelli1

1UOC di Pediatria e Neonatologia, Ospedale di Ravenna e Faenza, AUSL della Romagna2Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università di Ferarra3SSD di Neuroradiologia, Ospedale di Ravenna, AUSL della Romagna

L’influenza è una causa ancora poco conosciuta di alterazioni strutturali e funzionali del SNC, configurando una condizioneche viene definita in modo generico come Neuroinfluenza. La reale incidenza della Neuroinfluenza nella popolazionepediatrica non è conosciuta, ma è noto sia più frequente rispetto agli adulti.Descriviamo il caso di una bambina di 6 anni con un quadro di encefalopatia da virus influenza B. La bambina hapresentato febbre per quattro giorni, con un unico episodio di vomito e successiva defervescenza spontanea con comparsadi tosse. In famiglia il fratello maggiore ha avuto la stessa sintomatologia con successiva risoluzione spontanea del quadroclinico. Giunge in PS per un episodio notturno caratterizzato da risveglio in stato confusionale con agitazione psico-motoria accompagnata da ipostenia dell’arto superiore sinistro. Successivamente, ha presentato uno stato prolungatodi iporeattività con parziale perdita del contatto accompagnata da fissità dello sguardo e difficoltà ad eseguire comandisemplici. E’ orientata nel tempo e nello spazio, ma presenta un impaccio motorio nelle prove di coordinazione e disturbidell’equilibrio nella deambulazione. Non ha febbre, non ha segni evocativi meningei. L'EEG evidenzia all’emisfero di destraun rallentamento della attività bioelettrrica prevalente in sede posteriore con elementi irritativi omolaterali che anteriormenteinteressano anche la regione centrale motoria. Tale quadro è compatibile con un fenomeno lesionale acuto sottostante.La RM encefalo conferma la presenza di un’area di sofferenza focale parenchimale cortico/sottocorticale in sede parietaleparamediana destra. Viene eseguita la rachicentesi con evidenza di liquor limpido, incolore e a goccia lenta. L’esamechimico-fisico risulta nella norma. La terapia iniziale empirica con Acyclovir ev è stata sospesa per negatività della PCR perHerpes Simplex Virus 1 e 2 su liquor. Viene eseguita la ricerca del Virus influenzale con metodica PCR real time mediantepositiva per il Virus Influenza tipo B.Le condizioni cliniche sono migliorate rapidamente, con recupero della normale reattività dalla seconda giornata di degenza.A distanza di due mesi, le immagini di RM encefalo rilevano una completa regressione dell’area di alterato segnale parietaleposteriore destra. E’ stato iniziato lo scalo della terapia anticomiziale con leviracetam.L’encefalopatia da influenza è un evento grave ma non raro in età pediatrica. I bambini che nel corso della sindromeinfluenzale presentano segni neurologici focali o crisi epilettiche che proseguono oltre la fase acuta febbrile dovrebberoessere valutati attentamente ed eventualmente indagati per una possibile complicanza neurologica dell’influenza stessa.

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MENINGOENCEFALITE E TOSCANA VIRUS: UN’EVENIENZA SOTTODIAGNOSTICATA? DESCRIZIONE DI UNCASO CLINICO

S. Dal Bo1, G. Marescotti2, L. Casadio1, C. Farneti1, G. Vieni1, S. Vittorio3, F. Marchetti1

1UOC di Pediatria e Neonatologia, Ospedale di Ravenna, AUSL della Romagna2Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università di Ferrara3UO di Microbiologia, Laboratorio Unico di Area Vasta, AUSL della Romagna

Ragazza di 13 anni in abituale buona salute. Da tre giorni presenta febbre ed intensa cefalea frontale, non responsiva alparacetamolo e ketorolac, con fono e fotofobia e difficoltà nel mantenimento della posizione eretta. La settimana precedentel’esordio dei sintomi, esposizione a zanzare e flebotomi durante un soggiorno presso un campo scout in provincia di Pesaro-Urbino. La ragazza è sofferente, presenta lieve rigor terminale, decubito preferenziale sul fianco con arti inferiori flessi enumerosi segni di puntura alle gambe.Emocromo, profilo biochimico e indici di flogosi nella norma.Alla rachicentesi: fuoriuscita di liquido limpido, incolore, con aumento della cellularità (280/mmc), protidorrachia lievementeaumentata (0,62 g/L) e glicorrachia nei limiti. Positive, su liquor, la ricerca dell’RNA di Toscana Virus, e, su sangue, lasierologia per anticorpi specifici. Durante la degenza, la ragazza ha mantenuto buone condizioni generali e parametri vitalistabili, con scomparsa graduale spontanea della sintomatologia dopo 5 giorni dall’esordio dei sintomi.

DISCUSSIONEToscana Virus è un arbovirus endemico nei paesi del bacino del Mediterraneo, causa di patologia nell’uomo, da formeasintomatiche o febbrili autolimitanti a casi di meningite o meningoencefalite talora complicate (paralisi transitoria delfaciale, neuropatia periferica Guillain Barré-like, stroke ischemico, idrocefalo, coinvolgimento sistemico, orchiepididimite);in particolare in Toscana ed Emilia Romagna è una delle principali cause di meningiti asettiche durante il periodo estivo inadulti e bambini. Viene trasmesso all’uomo dal morso di flebotomi, in particolare della specie Perniciosus e Perfiliewi.La malattia è soggetta a sorveglianza nazionale a partire dal 2010. Nel 2016 sono stati notificati 34 casi umani di VirusToscana: 28 in Emilia Romagna, 3 casi in Lazio, 2 casi in Toscana ed uno in Friuli Venezia Giulia. E’ possibile che unaparte dei casi non sia stata notificata per discrepanza fra questi dati e quelli riportati in diverse casistiche in letteratura.La ricerca dell’RNA virale mediante RT-PCR su liquor e degli anticorpi specifici su siero con metodica ELISA permette ladiagnosi. La terapia è sintomatica

CONCLUSIONIIl caso vuole aumentare la consapevolezza sulla patologia legata ad un virus autoctono in alcune regioni italiane(prevalentemente del centro Italia), che rappresenta una delle principali cause di meningite asettica durante il periodoestivo in adulti e bambini, forse misdiagnosticato e poco soggetto a notifica, anche per le difficoltà di diagnosi. Sebbeneabbia una prognosi favorevole, è necessario non sottovalutare possibili complicanze in particolare in persone a rischio,che sono principalmente gli immunodepressi.

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Stroke a otto anni: herpes e VZV virus quale ruolo?

s. Siliquini1, s. Cappanera1, e. Cesaroni1, s. Matricardi1, l. Porfiri1, n. Zamponi1

1Neuropsichiatria Infantile Ospedale Pediatrico G. Salesi - Ospedali Riuniti - Ancona

Si descrive un caso di ictus ischemico pediatrico in bambino con pregressa infezione da Varicella Zoster. Il bambino di 8anni, in pieno benessere, presenta improvvisamente dolore in sede frontale e disturbo fluttuante dell’eloquio ad andamentoingravescente; in seconda giornata deficit del settimo nervo cranico a semeiologia centrale associata ad afasia motoria,seguiva scadimento del sensorio. Eseguiva TC cranio ed RMN encefalo che mostravano lesioni multiple a carico delterritorio dell’arteria Cerebrale Media di sinistra (tratto M1). Veniva inviato in reparto di rianimazione Pediatrica alla lucedi lieve insufficienza ventilatoria associata ad alterazione del sensorio; il paziente appariva infatti soporoso, con parametrivitali ai limiti di norma, afasico, con emisindrome motoria facio-brachio crurale destra; PedNIHSS pari a 19 e PedGCS8/15. Veniva impostata terapia con Anticoagulante sc a dosaggio di 100 UI x2/die. Alla luce dell’anamnesi positiva perinfezione da VZV quattro mesi prima, in linea ai dati evidenti in letteratura, veniva iniziato Aciclovir. Veniva inoltre eseguitoscreening trombofilico, reumatologico e cardiologico che non hanno evidenziato elementi degni di nota. Si segnala susiero riscontro di IgM versus HSV1 (in due misurazioni diverse) e IgG versus VZV in assenza di IgM. In 5° giornata si èeseguito esame liquorale alla ricerca, tramite PCR, di Herpesvirus e VZV (assenti) e di anticorpi anti VZV (IgM, IgG) edanti HSV1 e 2 (IgG). L’esame chimico-fisico evidenziava modica pleiocitosi (8 cellule, monociti), indice di Link normalementre sono risultate bande monoclonali nel liquor a testimonianza di produzione di anticorpi a livello intratecale. Il quadroclinico è progressivamente migliorato dopo la 4° giornata; in particolare dal lato motorio ed espressivo mentre persistonodifficoltà nelle prassie facciali e nella fluenza verbale, con particolare abbondanza di parafasie fonemiche. Portiamo il casoin discussione per condividere il probabile ruolo di fattore scatenante del virus Varicella Zoster, ipotizzando nell’eventoischemico a coinvolgimento isolato di un vaso arterioso intracranico, una complicanza tardiva della suddetta infezione (1),presentatasi circa 4 mesi prima e non trattata con antivirale. L’associazione di vasculopatia da VZV con evento ischemicocerebrale, in particolare in età pediatrica, è stata già oggetto di diverse segnalazioni (2) e studi. Noi segnaliamo il caso allaluce della coesistenza di pregressa infezione da VZV (3), segni di infezione acuta da HSV1 e dello stato di immunodeficit(riduzione alla conta di CD4 e CD8). In ultimo vogliamo discutere l’indicazione all’uso di Aciclovir in relazione ai dati forniti

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Terapia di profilassi con Palmitoiletanolamide ultra-Micronizzata nell’emicrania in età pediatrica

G. Sforza1,2, M.A.N. Ferilli1, L. Papetti1, B. Battan1, R. Moavero1,2, S. Tarantino1, F. Vigevano1, M. Valeriani1

1Centro cefalee, U.O.C. Neurologia, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma2U.O.C. Neuropsichiatria infantile, Università di Tor Vergata, Roma

Le cefalee primarie costituiscono uno dei problemi di salute più diffusi in tutto il mondo. La prevalenza delle cefaleein età pediatrica varia dal 3% nei bambini in età scolare fino al 20% negli adolescenti. Tradizionalmente, il trattamentodell’emicrania in età pediatrica comprende sia la terapia profilattica, volta a ridurre la gravità e la frequenza degli attacchi,sia i farmaci per l’attacco acuto.Sebbene amitriptilina, topiramato, flunarizina e acido valproico abbiano il maggior numero di dati sul loro utilizzo perla profilassi nei bambini, sono carenti gli studi controllati sul trattamento farmacologico dell'emicrania pediatrica. Diconseguenza, vi è un'urgente necessità di ulteriori studi in questa popolazione.Nutraceutici e altri integratori costituiscono un'opzione alternativa nel trattamento di profilassi dell'emicrania e possonoessere offerti più facilmente a genitori riluttanti ad intraprendere una terapia farmacologica giornaliera per il loro bambino.Palmitoiletanolamide (PEA) è un'ammide di acidi grassi endogeni ampiamente distribuiti in diversi tessuti, compreso ilsistema nervoso, e comincia ad essere utilizzato nel dolore neuropatico e nelle condizioni infiammatorie; inoltre è statosegnalato come efficace nei modelli animali per il dolore cronico e l’infiammazione, così come in numerosi studi cliniciriguardanti malattie dolorose. Tuttavia, ad oggi non sono stati condotti studi per valutare il ruolo del PEA nella gestionedell'emicrania senza aura in pazienti pediatrici. Lo scopo di questo studio preliminare era quello di valutare l'efficacia dellasomministrazione cronica di PEA ultramicronizzata (um-PEA) in termini di riduzione della frequenza e della gravità degliattacchi di emicrania in età pediatrica. Il campione dello studio comprende 5 pazienti (1 maschio e 4 femmine), compresitra 6,7 e 12,1 anni (media 9,4 anni) con diagnosi di emicrania senz’aura secondo i criteri ICHD-3, i quali hanno assuntoumPEA (600 mg / die) per 60 giorni.Dopo 60 giorni di trattamento, i pazienti sono stati rivalutati ed è emersa una riduzione della frequenza del mal di testadel 50% al mese, in 4 pazienti su 5, e l'intensità del dolore si è ridotta da moderata a lieve, in 4 pazienti su 5. I nostridati preliminari mostrano che um-PEA somministrato cronicamente per 60 giorni riduce l'intensità del dolore e il numerodi attacchi al mese in un piccolo campione di pazienti pediatrici. Sebbene il campione di pazienti risulti ridotto e ciò non ciconsenta di considerare questi risultati iniziali come sicuramente affidabili, comunque la buona risposta alla profilassi conum-PEA ci incoraggia ad espandere il campione.

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Un caso di displasia oto-spondilo-megaepifisaria con deficit di GH

N. Di Virgilio1, S. Ferranti1, G. Nanni1, E. Guidoni1, G. Municchi3, S. Grosso2,3

1Scuola di specializzazione in Pediatria, Dip. di Medicina Molecolare e dello Sviluppo, Universita’ degli Studi di Siena2Dip. di Medicina Molecolare e dello Sviluppo, Universita’ degli Studi di Siena3U.O.C. Pediatria, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese

Introduzione: La displasia oto-spondilo-megaepifisaria è una rara patologia del tessuto connettivo associata alla mutazionedel gene COL11A2; si caratterizza per ipoacusia congenita neurosensoriale, anomalie ossee e facies tipica.Caso clinico: Descriviamo il caso di una bambina di 7 anni e 9 mesi anni indirizzata alla nostra Clinica per inquadramentoclinico-strumentale in merito a ritardo neuromotorio e del linguaggio. All’età di 3 anni veniva eseguita valutazione ORLcon riscontro di sordità neurosensoriale bilaterale. Alla valutazione clinica osservati statura e peso inferiori al 3° ct, fronteprominente, profilo faciale appiattito, naso piccolo e schiacciato, orecchie a basso impianto e retroruotate, lieve ipoplasiamandibolare, pectus excavatum, articolazioni del ginocchio e della caviglia slargate e arti corti. La motricità apparivagrossolana e si documentava assenza di linguaggio; le prime parole venivano pronunciate all’età di 3,5 anni. Venivadunque eseguita RM encefalo, risultata nella norma. Si procedeva quindi al posizionamento di un impianto cocleare consuccessivo miglioramento nel linguaggio espressivo. In corso di follow-up, per il persistere di bassa statura, venivanoeseguite indagini endocrinologiche che mostravano un’età ossea avanzata di circa un anno associata ad un deficit diGH idiopatico documentato in seguito a due test da stimolo con arginina. All’età di 7 anni e 9 mesi veniva quindi dataindicazione ad intraprendere terapia sostitutiva con ormone della crescita alla posologia di 0,74 mg/die per 6 giorni asettimana. La radiografia degli arti inferiori rilevava uno slargamento a carico di metafisi ed epifisi, mentre la valutazioneoculistica risultava nella norma. Le indagini genetiche avviate in considerazione del quadro fenotipico presentato dallabambina in associazione alla consanguineità dei genitori, cugini di primo grado, rilevavano una mutazione in omozigosi acarico del gene COL11A2, compatibile con displasia oto-spondilo-megaepifisaria.Discussione: La displasia oto-spondilo-megaepifisaria (OSMED) è una patologia estremamente rara a trasmissioneautosomica recessiva associata alla mutazione del gene COL11A2 che codifica per la catena pro-alfa2(XI) del collagenedi tipo 11. Tale forma di collagene fibrillare risulta espressa a livello della cartilagine ialina, dell’umore vitreo e dei dischiintervertebrali. La OSMED si caratterizza per ipoacusia neurosensoriale profonda congenita, slargamento delle epifisi,bassa statura con arti corti, anomalie dei corpi vertebrali, profilo facciale piatto, ipoplasia mandibolare, palatoschisi, nasopiccolo con narici antiverse e ponte basale piatto. La peculiarità del caso da noi descritto risiede nel riscontro di un deficitdi GH nel contesto di una sindrome OSMED, di cui non sono note segnalazioni analoghe in letteratura.

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Un caso di stroke ischemico: la gestione in un confronto con le linee guida nazionali ed internazionali

A. Iacono1, C. Guiducci1, G. Turlà2, C. Renzelli2, P. Ricciardelli2, F. Marchetti2

1Scuola di specializzazione in Pediatria, Università di Ferrara2UOC di Pediatria e Neonatologia, Ospedale di Ravenna, AUSL della Romagna

Lo stroke è un evento relativamente raro nei bambini (incidenza 1-6/100.000 bambini/anno), ma è importante riconoscerloe trattarlo tempestivamente perché gravato di mortalità e sequele a distanza. Presentiamo il caso di un bambino con strokecon una revisione di quelle che sono le linee guida (LG) disponibili, nazionali ed internazionali. Il bambino di 20 mesipresenta un trauma facciale da caduta dalla propria altezza mentre correva. Ha pianto subito, successivamente ha persocoscienza per riferiti 20 minuti. In Pronto Soccorso aveva ripreso la coscienza ma residuava flaccidità degli arti superioree inferiore destri con ipomobilità e ipostenia. La TC encefalo non evidenzia lesioni acute, né fratture. Per la persistenzadella sintomatologia esegue RM dell’encefalo e del tratto cervicale, che mostra una lesione ischemica in corrispondenzadella porzione posteriore del putamen sinistro e della sostanza bianca della corona radiata omolaterale. L’angio-RMnon evidenzia alterazioni a livello del poligono di Willis, escludendo malformazioni arteriose (malattia di Moyamoya) edissezioni arteriose. Non lesioni vertebrali post-traumatiche. Non familiarità per eventi ischemici e condizioni trombofiliche.Gli esami ematici risultano nella norma. Esclusa una lesione emorragica si avvia la terapia con eparina a basso pesomolecolare (EBPM) monitorata col dosaggio dell’anti-fattore X attivato. L’ecocardiografia ha escluso la presenza di shuntintracardiaci dx-sx. La TC encefalo ripetuta a 72 ore ha escluso un’evoluzione emorragica. In quinta giornata, inizia l’aspirinaa 4 mg/kg/die e in settima giornata sospende l’eparina e prosegue la sola aspirina che manterrà per almeno 2 anni aldosaggio antiaggregante (1-5 mg/kg/die). Al follow-up, il bambino dopo sole 4 settimane ha una motilità dell’emilato destrocompletamente ripristinata. La revisione delle LG evidenzia come in acuto la terapia prevede, a seconda delle LG (inglesivs statunitensi-italiane) l'uso rispettivamente dell'aspirina (ASA:1-5 mg/kg/die) o dell’EBPM nei primi 7 gg seguito poidall'aspirina. Le recenti LG della NICE 2017 contemplano come novità terapeutica l'uso della trombolisi in determinate especifiche condizioni (ad esempio tempistica della diagnosi entro 4,5 ore dall'evento acuto) come prima linea terapeuticaal pari dell'ASA. Non esistono studi clinici comparativi sull'uso della trombolisi vs ASA e vs EBPM. Il confronto potrebbeportare a un unico approccio terapeutico standardizzato. Altra novità riguarda lo screening trombofilico (rivisto nelle ultimeLG della NICE e più essenziale) che andrebbe eseguito a 2 mesi dall’evento e non in acuzie. Si rende necessaria unacomplessiva ridefinizione dell’approccio gestionale e terapeutico al bambino-adolescente con stroke.

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EPILESSIE GENETICHE ED ENCEFALOPATIE EPILETTICHE/DI SVILUPPO AD ESORDIO INFANTILE:L'ESPERIENZA DI REGGIO EMILIA.

G.G. Salerno1, C. Spagnoli1, S. Schiavoni1, S. Rizzi1, D. Frattini1, C. Fusco1

1SOC Neuropsichiatria Infantile, Azienda USL-IRCCS di Reggio Emilia, Reggio Emilia, Italia

Razionale ed obiettivi: Le epilessie ed encefalopatie epilettiche/di sviluppo (EE/ES) su base genetica ad esordio infantilecostituiscono un gruppo di condizioni clinicamente e geneticamente eterogenee. L'aumentata disponibilità di test diagnosticiha considerevolmente incrementato la percentuale di diagnosi eziologiche raggiunte, ma comportando crescenti difficoltàinterpretative. Presentiamo uno studio retrospettivo condotto sui casi diagnosticati all'Azienda USL-IRCCS di Reggio Emilia.

Metodi: Criteri di inclusione: epilessie ed encefalopatie epilettiche/di sviluppo con esordio nei primi due anni di vita; diagnosigenetica nel periodo 1/1/2013-31/12/2017 attraverso una delle seguenti metodiche: array-CGH, sequenziamento di singoligeni, pannello NGS dedicato, sequenziamento dell'esoma.

Risultati: 21 pazienti presentano varianti patogenetiche (VP): n=4 PRRT2 (di cui 1 microdelezione coinvolgente il genePRRT2); n=3 PCDH19; n=2 microdelezioni 1p36; n=2 encefalopatie KCNQ2; 1 ciascuno GABRA1, ATP1A2, KCNQ3,SCN2A, SCN1B, FOXG1, duplicazione MECP2, mutazione MECP2, SCN1A, delezione 1q44. Sette pazienti presentanovarianti di incerto significato (VUS): 3 de novo; 3 A.D. ereditate da genitore non affetto, 1 A.R. omozigote ereditata dagenitori eterozigoti. La diagnosi è stata raggiunta con: approccio per singolo gene in 9 (8 VP); array-CGH in 6 (6 VP);pannello NGS in 11 (7 VP); WES in 2 (0 VP). Le VUS rappresentano il 12,5% nei test su singolo gene, il 57% da pannello,il 100% da WES.L'esordio si è verificato in epoca neonatale in 6 (VP: 4/21, 19%); a 1-12 mesi in 9 (VP: 7/21, 33%), a 13-24 mesi in 13pazienti (VP: 10/21, 48%). La diagnosi clinica è di epilessia a esordio focale in 8 pazienti (VP: 7/21, 33%), epilessia consuscettibilità alla febbre in 6 (VP: 4/21, 19%), e di EE/ES in 14 (VP: 10/21, 48%; VUS: 4/7, 57%). Sette pazienti con VP(7/21, 33%) e 4 con VUS (4/7, 57%) sono farmacoresistenti a lungo termine (numero di farmaci- media, range- VUS: 4,14,0-15; VP: 3,85, 1-9).

Conclusioni: Il nostro campione mostra ampia eterogeneità clinica e molecolare. Circa metà dei casi sono rappresentati daEE/ES. La farmacoresistenza a lungo termine è frequente. Rispetto all'approccio per singolo gene o all'array-CGH, i pannellidedicati e il sequenziamento dell'esoma pongono maggiori difficoltà interpretative, con incremento dei casi classificati comeVUS.

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La mutazione del gene KCNT1: fenotipico epilettico e altro, descrizione di un caso clinico

C. Marra1, A. Fetta1, T. Pippucci2, A. Parmeggiani1

1U.O. Neuropsichiatria Infantile, Policlinico di Sant'Orsola, Università di Bologna, Bologna2U.O. Genetica Medica, Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, Bologna

Il gene KCNT1 codificante per la subunità SLACK, è stato descritto per la prima volta nel 2000. Esso è espresso soprattuttoa livello cerebrale dove agisce modulando l’eccitabilità neuronale. Nel 2012 sono stati individuati i primi fenotipi epiletticicorrelabili ad una mutazione di tale gene relativi all'epilessia del lobo frontale notturna autosomica dominante e all'epilessiafocale migrante maligna dell’infanzia. Da allora lo spettro fenotipico si è rapidamente ampliato includendo altre forme diepilessia focale e di encefalopatie epilettiche. Recentemente è stato evidenziato che le mutazioni di KCNT1 sono altamentepleiotropiche ed a penetranza estremamente variabile giustificando da un lato la difficoltà a prevedere una prognosi edall’altro l’esistenza di importanti comorbidità associate a tali sindromi, soprattutto in ambito psichiatrico e cardiologico.Presentiamo il caso di S. giunta alla nostra attenzione a 8 anni per epilessia criptogenetica farmacoresistente. La familiaritàera positiva per epilessia e patologie psichiatriche: zio materno affetto da schizofrenia, nonna materna e madre condiagnosi di disturbo dell'umore, cugina materna con sindrome epilettica e fratello con diagnosi di disturbo dello spettroautistico. Lo sviluppo psicomotorio di S. è stato normale fino ai 2 anni e mezzo, età di insorgenza delle crisi esordite conuna convulsione con febbre con segni focali risoltasi spontaneamente dopo 10 minuti e poi con uno stato di male focalecon SG seguito da emiparesi destra post critica. Da allora si è rapidamente configurato un quadro elettroencefalograficocaratterizzato da ESES con crisi epilettiche a semeiologia e frequenza molto variabile associato ad un ritardo delleacquisizioni con progressiva regressione psicointellettiva di grado grave. Sono state intraprese terapie combinate senzamai ottenere efficacia continuativa nel controllo delle crisi. La RM encefalo evidenziava una lieve asimmetria dei due talami(destro>sinistro). Le indagini cardiologiche sono risultate nella norma. Recentemente è stata riscontrata mutazione nelgene SPTAN1 e nel gene KCNT1, quest’ultimo presente in eterozigosi anche nella madre. La mutazione c.1102G>T delgene KCNT1 evidenziata nella paziente non è stata ancora riportata in letteratura, fino ad ora i quadri clinici conosciuti sonomolto differenti. L'interesse della segnalazione del nostro caso è relativa alle caratteristiche dell'epilessia e alla familiaritàimportante per la patologia psichiatrica.

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L’ASSENZA DEL FRENULO LINGUALE NELLA SINDROME DI EHLERS-DANLOS: ANALISI DI UNA COORTE DIPAZIENTI PEDIATRICI

S. Savasta1, F. Bassanese1, C. Hruby1, T. Foiadelli1, B. Siri2, M. Votto1, C. Tinelli3, G.L. Marseglia1

1Clinica Pediatrica, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Università di Pavia, Pavia2Clinica Pediatrica, Città della Salute e della Scienza, Ospedale Infantile Regina Margherita, Torino3Unità di Epidemiologia Clinica e Biometria, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia

La Sindrome di Ehlers-Danlos (EDS) fa parte dei disordini del tessuto connettivo ed è caratterizzata da iperestensibilitàcutanea, iperlassità articolare, facilità alla formazione di ecchimosi e da manifestazioni più rare quali epilessia,pneumotorace e perforazione intestinale. Diversi studi nel passato hanno valutato l’inserimento dell’assenza dei frenulilinguale e labiale inferiore ed altri dismorfismi facciali (i.e. epicanto) tra i criteri diagnostici minori. Lo scopo del presentestudio è chiarire il significato clinico dell’assenza del frenulo linguale valutando la sua prevalenza in una coorte di pazientipediatrici affetti da EDS e confrontandola con quella di una popolazione di controllo. Quaranta casi afferiti presso il reparto diPediatria del Policlinico S. Matteo di Pavia sono stati sottoposti ad un esame obiettivo neurologico, associato a valutazionedella cavità orale e a biopsia cutanea. L’85% dei pazienti è risultato affetto da EDS - forma Classica.La popolazione dicontrollo era costituita da 170 pazienti senza elementi clinici ed anamnestici indicativi di EDS, afferiti presso il reparto diPediatria Generale. 33/40 pazienti (82,5%) hanno mostrato assenza del frenulo linguale, mentre 3/40 (7,5%) ipoplasiadel frenulo. Solo 3/170 controlli (1,8%) presentavano tali dismorfismi. L’assenza/ipoplasia del frenulo linguale ha mostratocomplessivamente una sensibilità del 90% (IC95%:76.3%-97.2%) e una specificità del 98.2% (IC95%:94.9%-99.6%). Ilnostro studio, in accordo con precedenti lavori in letteratura, suggerisce una significativa specificità e buona sensibilitàdell’assenza di frenulo linguale per la diagnosi clinica di EDS.

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COD. P 20

MALFORMAZIONE CAVERNOSA FAMILIARE: UN ESORDIO CLINICO PRECOCE

L. Di Genova 1, E. Mencaroni1, A. Mencarelli1, A. Fattorusso1, S. Esposito1

1Clinica Pediatrica, Ospedale Santa Maria della Misericordia, Università degli Studi di Perugia, Perugia

G.A., 11 anni, affetta da angiomatosi cavernosa familiare, è arrivata alla nostra attenzione per episodio di alterazionedello stato di coscienza seguito da nausea, clonie all'emisoma di destra, deviazione dello sguardo a sinistra e dellarima orale a destra, clonie periorali ed ipertono dell'arto inferiore di destra, della durata di pochi minuti. La TC e laRM encefalo hanno messo in luce modesto stravaso ematico subacuto a livello di un noto cavernoma temporo-basale/mesiale destro, nel contesto di multipli cavernomi, con segnale ipointenso nella sequenza GRET2, localizzati in sedetemporale profonda sinistra, occipitale bilaterale, alla giunzione cortico-sottocorticale frontale e parietale destra. L’EEG hamostrato marcate alterazioni lente a proiezione temporo-occipitale emisferiche prevalenti a destra in tracciato con modichealterazioni dell’attività bioelettrica cerebrale. In accordo con i colleghi Neurochirurghi, è stato effettuato intervento in elezionedi asportazione del cavernoma temporale con toilette del focolaio emorragico. È stata iniziata, inoltre, terapia anticomizialecon carbamazepina a dosi crescenti. La RM encefalo eseguita dopo l’intervento ha mostrato marezzatura ematica lungoil tragitto chirurgico, con netta riduzione della ipointensità in GRET2 e sostanziale stabilità dei restanti multipli cavernomi.In corso di degenza, è stata inoltre intrapresa presa in carico psicologica, al fine di sostenere G.A. la cui storia ha inizionel 2016. La piccola, all’età di 9 anni, aveva presentato episodio critico post-emorragico di un cavernoma temporale didestra, per cui era stata sottoposta a primo intervento di rimozione in neuronavigazione. A dicembre 2016 veniva effettuatavalutazione genetica che poneva diagnosi, con conferma molecolare, di malformazione cavernosa familiare con mutazionedel gene KRIT1. La stessa mutazione veniva riscontrata nel padre e nel fratello. Ad aprile 2018, l’ultima RM encefalo(con sequenze SWI e GRE) mostrava angioma cavernoso a livello del lobulo paraippocampale destra a sede corticale-sottocorticale, altre multiple malformazioni cavernomatose di minori dimensioni diffuse, in numero maggiore rispetto allaprecedenti rilevate alla diagnosi. Gli ulteriori accertamenti svolti (valutazione dermatologica, oculistica ed addominale)erano risultati nella norma. Il caso clinico di G.A. ci insegna a conoscere e gestire la malformazione cavernosa familiare,la cui prevalenza è pari allo 0,1-0,5% della popolazione. Di fondamentale importanza risulta l’approccio multidisciplinare,necessario ad affrontare sia situazioni di emergenza che la presa in carico quotidiana. Il caso di G.A. non lascia indenni.

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COD. P 21

OMAyGod

V. Pelliccia1, C. Cerrone3, S. Ferranti1, M.C. Nicoletti1, I. Zollino1, S. Grosso2,3

1Scuola di specializzazione in Pediatria, Dip. di Medicina Molecolare e dello Sviluppo, Universita’ degli Studi di Siena2Dip. di Medicina Molecolare e dello Sviluppo, Universita’ degli Studi di Siena3U.O.C. Pediatria, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese

La sindrome opsoclono-mioclono-atassia (OMA) è una rara condizione paraneoplastica, raramente post-infettiva o post-vaccinale. Si caratterizza per atassia, mioclonie, movimenti oculari coniugati rapidi, regressione psicomotoria, irritabilità edisturbi del sonno. La diagnosi precoce e una terapia immunosoppressiva aggressiva risultano fondamentali per prevenirericadute e sequele neurocognitive.Si descrive il caso di una bambina di 20 mesi giunta alla nostra attenzione per atassiaad esordio acuto. All’età di 18 mesi, dopo 10 giorni da un episodio infettivo, veniva segnalata la comparsa di tremoreintenzionale e deambulazione incerta. Valutata presso altra sede, venivano eseguiti esami ematochimici di routine, TC eRM encefalo, EEG, sierologia per M.pneumoniae e per virus, risultati negativi. Alla nostra valutazione si rilevavano tremorispontanei agli arti, tremore intenzionale, nodding e deambulazione atassica. L’analisi chimico-fisica del liquor risultavanella norma ad eccezione di una lieve monocitosi, negativa la ricerca su liquor mediante PCR per virus e M.pneumoniae.Ulteriori indagini microbiologiche risultavano negative. Il quadro clinico appariva suggestivo di sindrome OMA, venivanoavviate pertanto indagini volte ad identificare l’eventuale presenza di una patologia neoplastica sottostante, risultate tuttenegative (catecolamine urinarie, NSE, ecografia addome, RX torace ed RM total body). Si poneva pertanto diagnosidi OMA idiopatico. Veniva intrapresa terapia con Metilprednisolone 30 mg/kg/die per 3 giorni, quindi ridotto a 10 mg/kg/die a giorni alterni per ulteriori 2 somministrazioni, con beneficio. A distanza di 15 giorni e successivamente di unmese e mezzo dal primo episodio, sono state osservate due ricadute con riesacerbazione dei sintomi. Praticati dueulteriori cicli analoghi di terapia con Metilpredinsolone associati a due cicli di immunoglobuline e.v. (1 g/kg/die) per 2giorni consecutivi, con miglioramento del quadro clinico. In entrambi i casi proseguita inoltre terapia corticosteroidea conDesametasone alla posologia di 0,1 mg/kg/die per 3 giorni, dimezzata per ulteriori 3 giorni.La sindrome OMA si osservatipicamente in bambini di età compresa tra 1 e 4 anni. Nella maggior parte dei casi rappresenta un’encefalopatia immuno-mediata paraneoplastica associata ad un neuroblastoma o ad un ganglioneuroblastoma occulto. Più raramente puòrappresentare una manifestazione post-infettiva o post-vaccinale. Le manifestazioni cliniche, ad esordio acuto o subacuto,sono frequentemente misconosciute e la diagnosi è spesso formulata tardivamente. La terapia immunosoppressivacombinata è spesso in grado di consentire un adeguato controllo dei sintomi, nonostante la patologia presenti un decorsocon frequenti ricadute. Tale approccio terapeutico sembra inoltre ridurre il rischio di sviluppo di sequele neurologiche alungo termine.

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COD. P 22

PROGNOSI NEUROFISIOLOGICA NEL BAMBINO CON DISTURBO DI COSCIENZA

M. VACCHETTI1, F. RICCI1, R. VITTORINI1, I. CARA1, M. GIACOBBI1, A. PALMITESSA1, A. CONIO2, A. RIZZO2, P.

COSTA3

1SC Neuropsichiatria Infantile, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino, Italia.2SC Anestesia e Rianimazione Pediatrica, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino, Italia.3SSD Neurofisiologia Clinica, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino, Italia.

Razionale e Obiettivi. I recenti miglioramenti nelle tecniche di terapia d’emergenza e intensiva stanno progressivamenteincrementando il numero di pazienti che sopravvivono ad una lesione cerebrale acuta severa. Le metodicheneurofisiologiche sono considerate affidabili nella quantificazione del danno e quindi nella prognosi del disturbo dicoscienza (DOC, Disorder Of Consciousness). L’applicazione estensiva di queste tecniche nel DOC renderebbepossibile una decisione più informata e appropriata in relazione al supporto vitale in pazienti in stato di coma acuto,nonché la programmazione di percorsi terapeutici-assistenziali adeguati.Le tecniche neurofisiologiche utilizzate includonol’elettroencefalogramma (EEG), i potenziali evocati somatosensoriali (SEPs, Somatosensory Evoked Potentials) e ilmonitoraggio continuo degli stessi. In particolare, è dimostrato l’alto valore prognostico negativo per il non recupero dicoscienza in pazienti adulti con coma anossico e traumatico. L’utilità ed il valore predittivo nel paziente pediatrico è tuttoraoggetto di dibattito. Lo scopo di questo studio è valutare il valore prognostico degli esami neurofisiologici in una consistentecasistica di soggetti pediatrici con DOC.Materiali e metodi.Studio retrospettivo in una casistica di 75 pazienti (range di età 5 giorni-17 anni) afferenti alla terapiaintensiva pediatrica dell'Ospedale Infantile Regina Margherita dal 2007 al 2017. I pazienti sono stati valutati a 24-48 oredall'evento con SEPs (classificazione: pattern benigno-N20 bilaterale, incerto-N20 monolaterale, maligno-N20 assentebilaterale) ed EEG (classificazione di Synek), poi ripetuti a 7 giorni. L'outcome è stato valutato con la scala GOS (GlasgowOutcome Scale).Risultati. I risultati hanno confermato una correlazione significativa tra esami neurofisiologici ed outcome. Considerando ipazienti con GOS 1-2 (decesso-stato vegetativo), a 24-48 ore il 65% presentava pattern maligno dei SEPs e il 78% patternmaligno dell’EEG, a 7 giorni il 71% presentava pattern maligno dei SEPs e l’88% pattern maligno dell’EEG. Considerandoi pazienti con GOS 4-5 (disabilità moderata-buon recupero), a 24-48 ore il 76% presentava pattern benigno dei SEPs e il69% pattern benigno dell’EEG, a 7 giorni l’80% presentava pattern benigno dei SEPs e l’89% pattern benigno dell’EEG.Ulteriori analisi sono state effettuate per sottogruppi (eziologia del coma, età).Conclusioni.Gli esami neurofisiologici nel bambino con DOC presentano una correlazione significativa con l'outcome,tuttavia tale correlazione è meno forte rispetto al paziente adulto. Questo dato potrebbe essere intrinseco allo sviluppo delsistema nervoso o conseguenza di studi con scarsa numerosità campionaria e scarsa omogeneità.

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QUANDO LE SCARICHE SONO PRELUDIO DI TEMPORALE: UNO STRANO CASO DI EPILESSIA FOCALE

A. Mencarelli1, E. Mencaroni1, L. Di Genova1, A. Fattorusso, S. Esposito1

1Clinica Pediatria, Ospedale Santa Maria della Misericordia, Università degli Studi di Perugia, Perugia

E. 6 mesi, viene condotto a ricovero per episodi critici subentranti in apiressia caratterizzati da fissità dello sguardo,deviazione del capo a dx, scarsa responsività agli stimoli verbali e tattili, cianosi periorale, trisma della durata di pochisecondi a risoluzione spontanea, seguiti da fase post critica con ipotonia e sonnolenza. E. è nato a termine da partoeutocico, anamnesi perinatale muta, sviluppo psico-fisico adeguato per l’età. Anamnesi familiare negativa per convulsionifebbrili ed epilessia, ad eccezione di cugina paterna con episodi convulsivi insorti all’età di 6 mesi, attualmente libera dacrisi e non in terapia farmacologica. All’esame obiettivo, lattante sonnolento, ma facilmente risvegliabile agli stimoli verbali,lieve iperemia faringea, soffio sistolico 1-2/6 al cc, apiressia ed alvo regolare.Il piccolo era già stato ricoverato presso ilnostro Reparto, due settimane prima, per episodi critici in corso di enterite acuta da Adenovirus ed in tal occasione erastato eseguito tracciato elettroencefalografico con evidenza di anomalie parossistiche intercritiche temporali a destra, poinormalizzatosi al tracciato di controllo; erano state, inoltre, effettuate TC cerebrale e Angio- RMN encefalo prive di repertipatologici. Gli esami emato-biochimici comprensivi di indici di flogosi, elettroliti sierici e valutazione del profilo immunologicoerano risultati nella norma ad eccezione di ipogammaglobulinemia. Durante la degenza E. ha presentato numerosi episodicritici a semeiologia analoga al precedente ricovero, autorisolutivi e di breve durata; il monitoraggio video-polisonnograficoha evidenziato attività parossistica nelle regioni centro-temporali a dx ed attività diffusamente lenta emisferica dx: inconsiderazione di tale reperto compatibile con esordio di epilessia focale è stata avviata terapia con carbamazepina a dosicrescenti. A completamento diagnostico è stato effettuato esame del liquor (limpido, con normale glico e proteinorrachia,PCR per i principali agenti infettivi virali negativa) e pannello per le epilessie autoimmuni tuttora in corso di refertazione.attualmente è in follow-up clinico- laboratoristico e strumentale presso l’Ambulatorio di Neurologia pediatrica libero da crisi,con tracciato elettroencefalografico privo di reperti patologici e sviluppo psico-fisico adeguato all’età.Questo caso ci insegnache, nonostante l’iniziale ipotesi di episodi convulsivi in corso di enterite acuta, la persistenza di tale quadro clinico associatoa regolarizzazione dell’alvo, pone l’indicazione all’avvio di una terapia antiepilettica ed a un approfondimento diagnosticoconsiderando la possibilità di patogenesi autoimmune della epilessia focale, seppure rara nel primo anno di vita.

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Un caso ancora aperto: sindrome di Guillan Barrè recidivante o polineuropatia demielinizzante infiammatoriacronica?

S. Bugin1, M. Balzarin1, I. Cattapan2, C. Minotti2, S. Rossato1, M. Bellettato1

1UO di Pediatria, Ospedale San Bortolo, Vicenza2Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università di Padova

La sindrome di Guillan Barrè è una polineuropatia acuta, recidivante solo nel 4% dei casi. All’esordio, la distinzionetra una sindrome di Guillan Barrè recidivante e una polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica è complessae non sempre possibile. Presentiamo un caso emblematico. Un quattordicenne giunge in PS per comparsa di cefalea,qualche episodio di vomito e parestesie diffuse; in anamnesi recente infezione respiratoria. Alla visita: paralisi perifericadel VII nc sinistro (II-III grado della scala di House-Brackmann) con restante esame neurologico nella norma. Esamiematochimici, valutazioni oculistica e ORL, TAC cerebrale: nella norma. Tre giorni dopo si assisteva a comparsa diprogressiva ipostenia simmetrica agli arti inferiori, in associazione a parestesie diffuse e difficoltà di deglutizione. Nelsospetto di sindrome di Guillain Barrè si eseguiva esame chimico-fisico del liquor con riscontro di dissociazione albumino-citologica, previa esecuzione di RMN cerebro-spinale con mdc che presentava solo modesto enhancement della cauda.Anticorpi antigangliosidi negativi. Spirometria normale per età. Il ragazzo veniva ricoverato per esecuzione di Igvena(1 g/kg/die per 2 giorni) con scomparsa della difficoltà di deglutizione, miglioramento della paralisi del VII nc sinistro,graduale risoluzione in senso caudo-craniale delle parestesie. Permaneva ipostenia degli arti inferiori con possibilità diesecuzione di minimi movimenti antigravitari. Venivano avviate terapia con Gabapentin e fisioterapia motoria. All’EMG:poliradicolonevrite con sofferenza assonale demielinizzante. A distanza di 3 settimane dalla somministrazione delle Igvena,prima recidiva di malattia con progressiva riduzione della forza ai quattro arti, peggioramento della paralisi del VII ncsinistro e deficit ventilatorio restrittivo-moderato alla spirometria. Si avviava ciclo di plasmaferesi (6 sedute in 10 giorni)con ottima risposta clinica (scala MRC 85%): ripresa di deambulazione con sostegno, quasi completa regressione dellaparalisi del VII nc, normalizzazione della spirometria. Permanevano parestesie alle mani. A distanza di 17 giorni dall’ultimaseduta di plasmaferesi (a 2 mesi dall’esordio dei sintomi), seconda recidiva clinica caratterizzata da ipostenia agli arti condifficoltà ai passaggi posturali e alla deambulazione, parestesie alle mani. Il liquor mostrava persistenza di dissociazionealbumino-citologica. Nel sospetto di polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica (dato l’andamento relapsing-remitting nonostante l’assenza del criterio temporale) si eseguivano esami ematici comprensivi di autoimmunità e antigenionconeurali risultati tutti negativi. Si avviava nuovo ciclo di plasmaferesi (9 sedute in 20 giorni). Seguiva rapido e progressivomiglioramento clinico (alla dimissione scala MRC 100%). Al controllo clinico a distanza di 3 settimane dall’ultima seduta diplasmaferesi esame neurologico negativo con EMG in lieve miglioramento.

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Un caso di glioblastoma in una paziente con sindrome di Haberland

F. De Majo 1, S. Ferranti1, M. Di Nicola1, M. Carone1, R. Vivarelli3, S. Grosso2,3

1Scuola di specializzazione in Pediatria, Dip. di Medicina Molecolare e dello Sviluppo, Universita’ degli Studi di Siena2Dip. di Medicina Molecolare e dello Sviluppo, Universita’ degli Studi di Siena3U.O.C. Pediatria, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese

Introduzione: La sindrome di Haberland è una rara disgenesia ecto-mesodermica definita dalla triade che includecoinvolgimento oculare, cutaneo e del sistema nervoso centrale comunemente unilaterali. Tale condizione è verosimilmenteda attribuire ad una mutazione post-zigotica responsabile di una disgenesia del tubo neurale e della cresta neurale.Caso clinico: Descriviamo il caso di una ragazza di 15 anni affetta da sindrome di Haberland diagnosticata durante l’infanziaper il riscontro di teleangectasie palpebrali, lipomi facciali, angiomi al dorso, alopecia, dermatolipomi delle sclere, anomalieiridee, tumefazione sottomandibolare, grave ritardo neuromotorio ed epilessia. Alla RM encefalo osservati: angiomatosileptomeningea, lipoma, cisti aracnoidea, aree pseudocistiche nel lobo temporale e nei talami, coloboma oculare, lesioneosteolitica espansiva mandibolare e formazione espansiva a livello del seno mascellare. La paziente, attualmente in terapiacon Valproato, Topiramato e Rufinamide, ha presentato un rapido peggioramento del quadro clinico con intensificazionedegli episodi critici, frequenti episodi di vomito e calo ponderale. La RM encefalo ha evidenziato una voluminosa lesioneespansiva temporo-insulare esercitante marcato effetto massa sulle strutture limitrofe. La ragazza è stata quindi sottopostaad intervento neurochirurgico urgente con exeresi della lesione risultata compatibile con glioblastoma a piccole cellule digrado IV. E’ stato quindi avviato un trattamento chemioterapico attualmente in corso.Discussione: Le manifestazioni cliniche della sindrome di Haberland includono ritardo neuromotorio, crisi epilettiche focali,emiplegia, spasticità e paresi facciale. Le alterazioni neurologiche sono rappresentate da cisti poroencefaliche, amartomilipomatosi coinvolgenti scalpo, sopracciglia e globo oculare, cisti aracnoidee, granulomatosi leptomeningea, calcificazioniintracraniche, idrocefalo, e alterazioni corticali. Le manifestazioni dermatologiche includono alopecia e masse di tessutoadiposo sottocutaneo a livello fronto-temporale e zigomatico. Le anomalie oculari includono coristoma, colobomi, aniridia,microftalmia, calcificazioni del globo oculare e irregolarità delle sopracciglia. Circa il 10% dei pazienti che sviluppano tumoricerebrali in età pediatrica presenta una sindrome genetica che contribuisce ad un aumentato rischio oncologico. E’ quindipossibile ipotizzare che la sindrome di Haberland, così come la maggior parte delle sindromi neurocutanee, si associ aduna predisposizione allo sviluppo di neoplasie. Ad oggi sono stati riportati, oltre ai caratteristici lipomi, fibromi ossificanti,odontomi, osteomi e rari casi di tumore cerebrale. Pur ipotizzando un ruolo della condizione di base nel determinarel’insorgenza di tale neoplasia, la rarità del reperto non consente al momento di trarre delle conclusioni definitive riguardoalla relazione tra le due entità. Sono dunque necessari ulteriori studi per definire la reale correlazione tra lipomatosiencefalocraniocutanea e rischio di sviluppo di tumori cerebrali.

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COD. P 26

Una complicità dannosa: le molte facce dei disturbi funzionali

A. Iacono1, J. Gencarelli1, E. Fiumana1, R. Faggioli1, S. Bigoni2, A. Suppiej1

1Dipartimento di Scienze mediche, Sezione Pediatria, Università di Ferrara2UO di Genetica Medica, Dipartimento di Riproduzione ed Accrescimento, AOU di Ferrara

BackgroundI bambini con disturbi funzionali rappresentano un problema di sempre più frequente riscontro nei reparti di Pediatria, alpunto da rappresentare una vera epidemia. Tali pazienti celano il loro disagio emotivo e relazionale dietro sintomi fisici,che evocano il sospetto di una patologia organica. Il disturbo di conversione secondo il DSM-V è un disturbo funzionale,non simulato, senza una causa organica e si manifesta con diversi sintomi neurologici (es. paralisi, movimenti anomali,disfonia, convulsioni, anestesia, ipoacusia, ipovisione).

Casi cliniciRiportiamo il caso di due sorelle, di 16 e 14 anni, giunte alla nostra attenzione perché era stata sospettata una “malattianeurodegenerativa”. La storia della sorella maggiore inizia a 14 anni, in seguito a trauma del piede con diagnosi di fratturaritardata. Dopo alcuni mesi inizia a lamentare astenia, artralgie e allodinia alle mani e agli arti inferiori. Successivamentesi aggiunge l’incontinenza urinaria. Nello stesso anno compaiono ipoacusia bilaterale e deficit visivo. La sorella minoregiunge alla nostra attenzione nell’ipotesi che stia presentando la stessa patologia della sorella. La sua storia inizia all’età di13 anni con comparsa di astenia, cefalea ed episodi sincopali. Dall’età di 14 anni compaiono artralgia al ginocchio sinistroe successivamente ipovisione e ipoacusia. Entrambe eseguono molteplici esami laboratoristici e strumentali, anche indiversi centri specialistici, senza arrivare a una diagnosi. Durante il ricovero emergono numerose ed evidenti incongruenzetra la sintomatologia da loro riferita e i dati oggettivi degli esami strumentali, oltre al loro legame molto stretto. Entrambemanifestano la stessa deflessione del tono dell’umore e hanno imparato a comunicare con il linguaggio dei segni, alquale ricorrono volontariamente solo in alcune situazioni. La storia anamnestica e comportamentale, gli esiti dei plurimiaccertamenti clinici e strumentali incompatibili con la sintomatologia riferita, ci hanno consentito di ipotizzare un disturbodi conversione.

ConclusioniLa diagnosi e il trattamento neuropsichiatrico precoce sono il punto di partenza per il recupero nei disordini funzionali,evitando molteplici esami inutili. In assenza di una diagnosi tempestiva, la sintomatologia soggettiva tende ad arricchirsi eil recupero diventa più difficile. I casi presentati evidenziano come il disturbo di conversione sia una patologia emergentein età pediatrica, da considerare quando si rileva un’incongruenza fra i sintomi riferiti rispetto all’anatomia funzionale eagli esami strumentali. Un alto livello di sospetto può aiutarci a non arrivare tardivamente alla diagnosi. Come Cicerone ciricorda: “Le malattie dell’anima sono più pericolose e più numerose di quelle del corpo.”

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COD. P 27

Atassia cerebellare acuta e bande oligoclonali nel liquor: una correlazione non ancora ben chiarita

A. Fattorusso1, E. Mencaroni1, A. Mencarelli1, L. Di Genova1, S. Esposito1

1Clinica Pediatrica, Ospedale Santa Maria della Misericordia, Università degli Studi di Perugia, Perugia

Introduzione L’atassia cerebellare acuta (ACA) è caratterizzata dall’insorgenza acuta di segni e sintomi cerebellari, ingenere a decorso benigno. Il meccanismo patogenetico è verosimilmente autoimmunitario, avente come elemento triggerun’infezione sistemica pregressa.Case report: Un’adolescente di 13 anni, con anamnesi personale e familiare muta perpatologie di rilievo, è giunta alla nostra attenzione nel giugno 2018 per l’insorgenza acuta di vertigini e instabilità dellamarcia, in assenza di febbre, cefalea o alterazioni dello stato di coscienza. I genitori negavano traumi o infezioni recenti.L’esame neurologico all’ingresso mostrava atassia della marcia con andatura a base allargata, dismetria prevalente adestra e rallentamento dell’eloquio con restante obiettività neurologica negativa. All’ingressso sono stati effettuati esamiematobiochimici, RMN encefalo senza contrastro ed EEG, risultati negativi. Il tampone faringeo e la sierologia perMycoplasma e Virus non hanno identificato alcun agente infettivo. Dopo 6 giorni di ricovero la paziente veniva dimessa conun quadro neurologico in risoluzione (scomparsa di vertigini e netto miglioramento dell’atassia). A distanza di 2 settimanetornava alla nostra attenzione per il peggioramento dei disturbi della marcia e dell’eloquio, sempre in assenza di febbre econ sensorio integro. All’esame obiettivo neurologico si riscontravano atassia, dismetria ed ipotonia degli arti, disartria eadiadococinesia. Esami ematobiochimici, EEG e RMN encefalo e rachide cervicale con mezzo di contrasto si confermavanonegativi. Tuttavia questa volta si decideva di effettuare anche rachicentesi il cui esame chimico-fisico, colturale e la PCR pervirus e batteri risultavano nella norma. L’isoelettrofocusing dimostrava invece la presenza di 3 bande oligoclonali presentisolo su liquor e non su siero, con indice di Link di 0,5. Visto il mancato miglioramento della sintomatologia neurologicasi decideva di avviare trattamento orale con prednisone per la durata complessiva di 15 giorni, ottenendo una gradualerisoluzione dei sintomi in 4-5 giorni. Ad un mese dalla dimissione persisteva una lieve atassia della marcia ed un minimoimpaccio dell’eloquio. Conclusioni Le bande oligoclonali liquorali (OCB) indicano una produzione intratecale di anticorpie rappresentano un marcatore utile ma poco specifico di patologie infiammatorie del SNC, la loro presenza non è quindisufficiente per porre il sospetto diagnostico di malattia demielinizzante. Tale reperto è descritto nel 10-17% dei casi di ACA,tuttavia sono necessari ulteriori studi ed una maggiore casistica di pazienti al fine di capire il ruolo patogentico delle OCBnell’ACA e le eventuali implicazioni cliniche nel percorso terapeutico.

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COD. P 28

Caratteristiche cliniche della cefalea da abuso di farmaci ed applicabilità dei nuovi criteri ICHD-3

R. Moavero1,2, M. Stornelli1,2, M.A.N. Ferilli1, L. Papetti1, B. Battan1, S. Tarantino1, F. Vigevano1, M. Valeriani1

1Centro Cefalee, UO Neurologia, Osp Pediatrico Bambino Gesù, IRCCS, Roma2UOC Neuropsichiatria Infantile, Policlinico Universitario Tor Vergata, Roma

La cefalea da abuso di farmaci (MOH, medication overuse headache) è caratterizzata da cefalea per almeno 15 giornial mesi in pazienti con una cefalea primaria pre-esistente, e che si sviluppa come conseguenza di un regolare abuso difarmaci sintomatici per l’attacco emicranico. Obiettivo del nostro lavoro è stata la descrizione del fenotipo clinico dell’MOHin età pediatrica e la valutazione dell’applicabilità dei nuovi criteri ICHD-3 rispetto all’ICHD-2. Abbiamo condotto una analisiretrospettiva dei dati clinici dei pazienti pediatrici seguiti presso il nostro Centro Cefalee e con diagnosi di MOH. In tutti i casila diagnosi è stata verificata con entrambe le versioni dei criteri, per verificarne il grado di concordanza. Abbiamo identificato42 soggetti con diagnosi di MOH (31 F, 11 M), con età tra gli 8 e i 17 anni (media 13.4). Tutti i pazienti presentavanoemicrania cronica, il 9% con aura. Per quanto riguarda le caratteristiche cliniche dell’emicrania, l’81% presentava fono-e fotofobia, il 30% nausea e vomito, il 18% vertigini. Per quanto riguarda l’applicabilità dei criteri ICHD-2, 21/42 (50%)soddisfacevano il criterio A, 35/42 (83%) il criterio B, 37/42 (88%) il criterio C, e 23/42 (55%) il criterio D. Applicandoinvece i criteri ICHD-3 40/42 (95%) soddisfacevano il criterio A, 35/42 (83%) il criterio B, e 40/42 (95%) il criterio C.I nostridata mostrano che i criteri ICHD3 sono soddisfatti da una maggiore percentuale di pazienti con diagnosi clinica di MOH.I vecchi criteri richiedevano lo sviluppo o un marcato peggioramento della cefalea durante l’abuso di farmaci, ed unascomparsa della sintomatologia entro 2 mesi dalla cessazione dell’abuso. Entrambi questi criteri non compaiono più nellanuova versione dell’ICHD, pertanto è attualmente possibile porre diagnosi di MOH in caso di cefalea ad alta frequenzain pazienti con un abuso di farmaci, senza la necessità di dimostrare una chiara e diretta correlazione con l’abuso e ladiscontinuazione dell’abuso stesso. In conclusione i nostri dati suggeriscono che i criteri ICHD3 permettono una diagnosidefinita di MOH in una più alta percentuale di pazienti in età pediatrica.

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COD. P 29

Convulsioni neonatali da mutazione del gene KCNQ2: descrizione di un caso clinico

C. Giovanettoni1, F. Raviglione2, C. Colonna2, E. Brazzoduro1, M. Micanti1, D. Di Fluri1, R.M. Rezzonico1

1Neonatologia Patologia Neonatale ASST Rhodense P.O. Rho2UONPIA ASST Rhodense P.O Rho

Paziente nata a 40+1 S.G. da PE. Gravidanza fisiologica; ecografie fetali normali. Sierologia materna negativa. Alterazionedegli indici di flogosi materni al parto e PROM; profilassi antibiotica completa. Liquido amniotico limpido. Anamnesi familiarenegativa. Alla nascita: Apgar 9/10; peso 2880 gr. Decorso perinatale regolare. Dimissione precoce. In 23^ giornata di vitaviene condotta in PS a seguito di episodio di alterazione della coscienza, ipertono diffuso, deviazione del capo e degliocchi, retroversione dei bulbi oculari, durato 10 secondi, verificatosi durante visita filtro. La madre riferisce tuttavia che labambina avrebbe presentato episodi analoghi (circa 3-5 episodi/die) interpretati come coliche gassose, fin dai primissimigiorni di vita. Esegue: esami ematochimici, ecografia transfontanellare, E.O.N: normali; indagini sierologiche: negative;EEG: registrato un episodio critico focale correlato, dal punto di vista EEG, ad attività theta ritmica centro temporale e alvertice, seguita da periodo di “flat” e quindi comparsa di spasmi clinici in estensione. Ricoverata in TIN, si sono evidenziatinumerosi episodi critici caratterizzati da staring, gasping/masticazione/movimenti di suzione, trisma, ipertono asimmetricoin abduzione, flushing, apnea/desaturazione, clonie ai 4 arti, più evidenti in emisoma sinistro con deviazione di capo edocchi a sinistra; il tracciato EEG dapprima presenta attività di bassissimo voltaggio, quindi attività theta ritmica reclutantein sede centro-temporale e al vertice destro. La crisi termina con depressione elettrica ed automatismi di masticazione. Labambina inizia terapia con fenitoina (PHT) e.v (20 mg/Kg), con immediato controllo degli episodi critici. RM encefalo: nellanorma. In considerazione del quadro EEG/CFM, nel sospetto di epilessia su base genetica (KCNQ2/SCN2A), sospendegradualmente la terapia con PHT e introduce terapia con carbamazepina (CBZ) fino a 25/mg/Kg/die. Nel corso del follow-up prosegue terapia con CBZ e ad oggi è seizure-free (8 mesi). Ultimo tracciato EEG: nella norma. Nel sospetto di epilessiadi origine genetica esegue Array-CGH, negativo, e quindi pannello NGS per screening geni epilessie (regioni codificanti di170 geni) che documenta varianti nei geni EMC1, AARS, FASN, PNKP, KCNQ2, TNK2 e CTNND. La variante in KCNQ2 èda considerarsi patogenetica del quadro clinico; le altre varianti sono polimorfismi benigni. Le convulsioni neonatali sonospesso riconducibili ad insulto cerebrale acuto; tuttavia possono essere il primo sintomo di epilessia ad esordio neonatale.Il quadro elettro-clinico (EEG/CFM) patognomonico di alcune forme, se riconosciuto precocemente, può indirizzare versotest diagnostici e terapie farmacologiche mirate, con miglior outcome.

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COD. P 30

Eterogeneità fenotipica e genotipica della Niemann-Pick di tipo C: descrizione di 2 casi ad esordio infantile tardivo

S. Schiavoni1, G.G. Salerno1, C. Spagnoli1, S. Rizzo1, D. Frattini1, C. Fusco1

1SOC Neuropsichiatria Infantile, Azienda Usl-ASMN-IRCCS di Reggio Emilia, Italia

RAZIONALE ED OBIETTIVI: La malattia di Niemann-Pick di tipo C è una malattia da accumulo lisosomiale causata damutazioni che interessano i geni NPC1 o NPC2. Le manifestazioni cliniche tipiche della patologia sono eterogenee ecomprendono prevalentemente: epatosplenomegalia, oftalmoplegia sopranucleare verticale, atassia progressiva, disartria,distonia, convulsioni e spesso demenza progressiva. L'evoluzione clinica è caratterizzata da peggioramento dei sintomineurologici con comparsa di disfagia progressiva. L'età d'insorgenza dei sintomi può collocarsi tra il periodo perinatalefino all’età adulta. I disturbi di apprendimento ed il deficit attentivo rappresentano i sintomi neuropsichiatrici di esordio checausano più frequentemente il ritardo diagnostico della malattia di NPC nella seconda infanzia.METODI: Riportiamo i dati clinici, laboratoristici, neuroradiologici e genetici di due fratelli, G. e L., con NPC.RISULTATI: I due fratelli presentano la forma di NPC ad esordio precoce-infantile (2-6 anni) associata alla stessa mutazionepatogenetica missense (c.1955C> G, p. Ser652Trp), con quadro clinico differente. L’esordio clinico della patologia èavvenuto in età diverse, in entrambi i casi è stato subdolo, con sintomi neuropsichiatrici differenti: G. ha esordito all'etàdi 6 anni con disprassia e goffaggine motoria; L. presentava disturbo del linguaggio dall'età di 4 anni, preceduto da itteroed epatosplenomegalia in epoca neonatale. In entrambi i fratelli l’età d’esordio dei sintomi sistemici non è correlata conquella dei segni neurologici.CONCLUSIONI: In letteratura vi sono dati discordanti che mettono in evidenza l’ampia variabilità genetica della NPCassociata ad elevata eterogeneità clinica e biochimica: i casi descritti dei due fratelli confermano la variabilità fenotipicadella NP-C non correlabile al genotipo. In considerazione della eterogeneità fenotipica suggeriamo di considerare la NPCnon solo in caso di alterazione dei movimenti oculari come segno precoce di paralisi verticale di sguardo e/o in casodi epatosplenomegalia-splenomegalia isolate e persistenti ma anche quando sono presenti disturbi neuropsichiatrici chenon migliorano.Inoltre sottolineiamo l’importanza della diagnosi precoce nella malattia di NPC in quanto permette di intraprenderetempestivamente la terapia specifica che può modificare il decorso della patologia prima dello sviluppo di danni neurologiciirreversibili.

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COD. P 31

Implementazione dello standard di monitoraggio in area critica del paziente pediatrico: dati preliminari di unostudio osservazionale presso l’Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino.

M. VACCHETTI1, M. VALERIO1, L. TERRANA1, R. DE SIMMEO1, A. PALMITESSA1, M. GIACOBBI1, A. DI

FILIPPO2, D. MIRABILE2, L. MOSCARITOLO2, T. TENAGLIA2, R. SAGREDINI2, P. RAGAZZI3, M. CACCIACARNE3, V.

PENNACCHIETTI3, F. RICCI1, A. CONIO2, P. PERETTA3

1SC Neuropsichiatria Infantile, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino, Italia.2SC Anestesia e Rianimazione Pediatrica, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino, Italia.3SC Neurochirurgia Pediatrica, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino, Italia.

Le lesioni encefaliche acute primitive sono fra le principali cause di decesso e di disabilità in età evolutiva. Il trauma cranicosevero (prima causa di danno encefalico acuto nel paziente pediatrico) rappresenta la causa più frequente di mortalitàe disabilità in età evolutiva nel mondo. Nel 2014 la NCE, in stretta collaborazione con la ESICM, la SCCM e la LBIC, inuna consensus conference internazionale e multidisciplinare sul monitoraggio dei pazienti con disordini neurologici acutie necessità di cure intensive, si è posta l’obiettivo di sviluppare raccomandazioni evidenced-based. Uno degli obiettivifondamentali è la prevenzione, l’identificazione e il trattamento precoci del danno encefalico secondario, che come è notopeggiora l’outcome. In questa prospettiva viene raccomandato un accurato monitoraggio neurofisiologico non invasivocome parte integrante delle diverse tecniche multidisciplinari indispensabili nella gestione del paziente critico.Alla S.C.di Anestesia e Rianimazione dell’Ospedale Infantile Regina Margherita afferiscono pazienti pediatrici provenienti da unampio bacino regionale. A partire dal 01 febbraio 2018, nell’ambito di uno studio osservazionale prospettico, sono stateimplementate le metodiche di monitoraggio neurofisiologico non invasivo in terapia intensiva per i pazienti pediatrici condanno encefalico acuto.Lo studio prevede la raccolta di dati personali e dati relativi al danno e al decorso clinico, lavalutazione dell’attività elettroencefalografica, anche con la modalità in continuo (cEEG), la valutazione delle caratteristichedel flusso delle principali arterie cerebrali appartenenti al circolo del Willis, attraverso il Doppler Transcranico (TCD) ela valutazione dei potenziali evocati somatosensoriali (PESS) nel contesto di un monitoraggio multimodale (PIC, markersierici e dati clinici).Il campione preliminare è composto da 8 soggetti (età 0-15 anni, 4 maschie 4 femmine) che duranteil ricovero in terapia intensiva è stato sottoposto a neuromonitoraggio (2/8 PIC, 4/8 DVE, 4/8 cEEG, 4/8 PESS, 5/8 TCD).Successivamente i soggetti sono stati inseriti in un programma di follow-up di 2 anni per la valutazione degli esiti neuropsicomotori, cognitivi e sociali.

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COD. P 32

Infezioni e stroke: studio retrospettivo su una coorte di pazienti in età pediatrica

A.M.E. Perini1, T. Foiadelli1, C. Lavarello1, E. Tondina1, G.L. Marseglia1, S. Savasta1

1Clinica Pediatrica, Fondaz. IRCCS Policlinico S. Matteo, Università di Pavia, Pavia

Benché più raro rispetto all’età adulta, lo stroke pediatrico è caratterizzato da una significativa morbilità e mortalità. Neltentativo di prevenire gli eventi cerebrovascolari acuti, molti studi si sono concentrati sull’individuazione dei fattori di rischioad essi associati. Le infezioni (anche minori) sembrano svolgere un ruolo chiave sia come fattore di rischio isolato, checome trigger nell’ambito di una sottostante condizione di predisposizione per stroke. Gli eventi cerebrovascolari, inoltre,sembrano per se stessi condizionare un’immunodepressione transitoria che può favorire lo sviluppo di infezioni successive,influenzando negativamente la prognosi. Riconoscere i fattori di rischio legati alle infezioni nello stroke pediatrico èfondamentale per pianificare misure preventive e terapeutiche efficaci.

Il nostro studio ha valutato l’associazione tra infezioni e stroke in età pediatrica, approfondendone gli aspetti clinici edepidemiologici. La nostra analisi si è perciò concentrata sul tempo medio intercorso tra infezione ed evento acuto, sullarelazione tra la natura del patogeno coinvolto e la tipologia vascolare di stroke, e sulla valutazione del supposto effettotrigger in un sottogruppo di pazienti con fattori predisponenti per eventi cardiovascolari (popolazione onco-ematologicapediatrica).

Abbiamo raccolto retrospettivamente i dati relativi al ricovero e al successivo follow-up dei bambini di età ≥29 giorni e <18anni che, nel periodo compreso tra il 01/01/2008 e il 31/07/2018 siano stati ricoverati in concomitanza con uno stroke oun Attacco Ischemico Transitorio presso i reparti di Pediatria e di Oncoematologia Pediatrica dell’IRCCS Policlinico SanMatteo di Pavia.Sono stati inclusi 16 pazienti, di età compresa tra 1 e 17 anni (mediana: 5 anni e 4 mesi) e rapporto maschi:femminedi 9:7. 10/16 (62.5%) presentavano sottostanti patologie di natura onco-ematologica. Sono stati osservati 8 (50%) eventiemorragici, 5 (31.3%) eventi ischemici arteriosi e 3 (18.7%) trombosi dei seni venosi cerebrali. In 7/16 (43.8%) l’insorgenzadi un’infezione nel periodo immediatamente antecedente lo stroke è risultata certa, in 6/16 (37.5%) è stata invececlassificata come “possibile” sulla base dei dati clinici e laboratoristici.

Conclusioni: Il nostro studio conferma il ruolo determinante dei processi infettivi quale fattore trigger per stroke in etàpediatrica, in particolare nei soggetti con concomitanti fattori di rischio cardiovascolari.

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COD. P 33

MANIFESTAZIONI PRECOCI E INTERESSAMENTO NEUROLOGICO NELLA SINDROME DI EHLERS-DANLOS:ANALISI DI UNA COORTE DI PAZIENTI PEDIATRICI

C. Hruby1, T. Foiadelli 1, C. Trabatti1, A. Michev1, R. Ippolito1, M. Votto1, G.L. Marseglia1, S. Savasta1

1Clinica Pediatrica, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Università di Pavia, Pavia

La Sindrome di Ehlers-Danlos (EDS) rientra nei disordini ereditari del tessuto connettivo con una prevalenza stimata di1:5000. Nonostante le manifestazioni cliniche della EDS possano essere riscontrate fin dall’infanzia, spesso la diagnosiviene posta tardivamente, anche in età adulta e ciò non consente di intraprendere un percorso riabilitativo adeguato e unfollow-up personalizzato già in età pediatrica.Metodi: l’obiettivo primario dello studio si propone di stabilire l’età di insorgenzae le manifestazioni d’esordio in una coorte di pazienti pediatrici. Come obiettivo secondario è stata considerata la prevalenzadi manifestazioni neurologiche nella stessa coorte. La popolazione presa in esame comprende 40 bambini (M:F=1:1,6)seguiti presso la Clinica Pediatrica di Pavia, con diagnosi clinica di EDS confermata su biopsia cutanea.Risultati: Lamediana d’età di comparsa delle manifestazioni è stata di 6 anni (0-18), con picco di incidenza nella prima infanzia (0-2anni). Le manifestazioni d’esordio sono state prevalentemente a carico del sistema muscolo-scheletrico (63%, lassitàarticolare, lussazioni, scoliosi), seguito dal SNC (12%, cefalea, epilessia, episodi sincopali). La mediana dell’età alladiagnosi è stata di 7,5 anni (1-21), con una mediana di ritardo diagnostico di 1 anno (0-9). Il coinvolgimento del SNCdurante il follow-up è stato stimato del 63%, con maggiore prevalenza di cefalea (30%), esordita ad una mediana d’età di12 anni (3-16); il 15% del campione ha mostrato ritardo del linguaggio; il 18% ha sviluppato crisi epilettiche, che in un casosono state ricondotte alla presenza di eterotopia periventricolare.In una paziente con cefalea persistente è stata individuataeterotopia periventricolare in assenza di epilessia.I risultati ottenuti riconfermano quanto riportato in letteratura riguardol’insorgenza precoce dei sintomi di EDS e la possibilità di diagnosi già in età pediatrica. Dall’analisi della nostra coorte èapparso evidente, inoltre, come le manifestazioni a carico del SNC abbiano elevata prevalenza nella Sindrome.

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COD. P 34

Possibili comorbidità psichiatriche nella Neurofibromatosi tipo 1 e possibili correlazioni con lo stress genitoriale.

C. Cottone1, E. Tabanelli1, I. Cecconi1, E. Franzoni1, A. Parmeggiani1

1U.O. Neuropsichiatria Infantile, Policlinico Sant'Orsola, Università di Bologna, Bologna.

Introduzione: La Neurofibromatosi Tipo 1 (NF1) è una malattia genetica autosomico-dominante, dovuta alla mutazionedel gene NF1 ed una frequenza di 1/3500 nati vivi. Le manifestazioni cliniche sono eterogenee con un coinvolgimentomultisistemico. In questa popolazione è stata recentemente osservata un’aumentata frequenza di psicopatologia ed inparticolare: ADHD, disturbi di spettro autistico, disturbo d’ansia e disturbi dell’umore. L’obiettivo dello studio è valutarela possibile correlazione fra lo stress genitoriale e l’insorgenza di patologie psichiatriche in pazienti pediatrici con NF1diagnosticata da almeno 3 anni. Materiali e metodi: durante la visita ambulatoriale sono stati somministrati 2 questionariai genitori: il Parent Stress Index (PSI) per valutare il livello di stress nei caregivers ed il Child Behaviour Checklist, pervalutare la presenza di psicopatologia in bambini e adolescenti. Risultati: Su 53 pazienti (27 maschi e 26 femmine, etàmedia 11 anni), il 37% dei pazienti evidenziava un rischio clinico per problemi psichiatrici e il 43,6% un rischio borderline.Per quanto riguarda lo stress parentale, 17 genitori risultavano positivi alla scala totale del PSI, 18 segnalavano un figliodifficile, 12 una relazione disfunzionale, 9 si percepivano come inadeguati rispetto al proprio ruolo e 33 caregivers davanouna risposta negativa ma solo 18 non difensiva. Abbiamo quindi analizzato anche separatamente la sotto-popolazionedi 38 pazienti i cui genitori non hanno presentato un atteggiamento difeso ed il 47% di questo sottogruppo presentavarischio clinico per disturbi psichiatrici ed il 52% rischio borderline. Abbiamo poi rilevato una correlazione statistica fra lostress genitoriale e la presenza di comorbidità psichiatriche sia globalmente intese che analizzate singolarmente (ADHD,disturbi d’ansia e disturbi dell’umore). La positività alla scala totale ed alle tre sottoscale del PSI sembra correlare con lapresenza di problemi psichiatrici intesi nel loro insieme e dell’ADHD. I disturbi d’ansia ed i disturbi dell’umore sembranocorrelare leggermente meno con la scala totale e maggiormente con le sottoscale “figlio difficile” “relazione disfunzionale”.La presenza di neurofibromi plessiformi sembra correlare con i disturbi d’ansia mentre la severità di malattia non apparepresentare associazioni con condizioni psicopatologiche. Conclusioni: In base al nostro studio possiamo confermare lapresenza di un elevato rischio di psicopatologia nei pazienti con NF1. Inoltre abbiamo rilevato la presenza di un elevatostress nei genitori che effettivamente correla con la presenza di psicopatologia nei pazienti con NF1. Fra gli altri fattori dirischio, i neurofibromi plessiformi correlano con la presenza di un disturbo d’ansia.

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COD. P 35

Quando il Mycoplasma ci mette lo zampino: report di un caso di encefalite di Bickerstaff con diplopia omonimae cefalea parainfettiva

S. Ferranti1, G. Squarci1, G. Coriolani3, C. Cerrone3, S. Grosso2,3

1Scuola di specializzazione in Pediatria, Dip. di Medicina Molecolare e dello Sviluppo, Universita' degli Studi di Siena2Dip. di Medicina Molecolare e dello Sviluppo, Universita' degli Studi di Siena3U.O.C. Pediatria, A.O.U. Senese

Introduzione: Il Mycoplasma pneumoniae rappresenta una delle principali cause di infezione respiratoria in età pediatrica.Tra le manifestazioni extra-respiratorie l’encefalite è una delle più comuni e severe. La patogenesi di tale condizione èscarsamente definita; sono state ipotizzate sia un’infezione diretta del SNC che una risposta immuno-mediata.Caso clinico: Descriviamo il caso di un bambino di 7,5 anni valutato per febbre, astenia, tosse, cefalea ingravescente,offuscamento visivo, diplopia e strabismo. Riferita puntura di zecca 3 settimane prima non associata alla comparsa disegni o sintomi immediati e per la quale non aveva assunto alcuna terapia farmacologica.Alla valutazione il bambino sipresentava vigile con risposta rallentata ma congruente, mostrava asimmetria della rima labiale e ptosi palpebrale destracon tendenza a presentare direzione obliqua durante la deambulazione. Eseguiti in prima istanza esami ematochimici,ECG, RX torace e fundus oculi, risultati nella norma. Nell’ipotesi di un’encefalite veniva eseguita RM encefalo e troncoencefalico che mostrava focali alterazioni di segnale iperintense in T2-FLAIR in sede talamica sinistra e nel tratto bulbo-midollare posteriore sinistro senza enhancement dopo mdc, reperti considerati compatibili con focolai infiammatori/infettivi.Nel sospetto di encefalite virale o neuroborreliosi veniva intrapresa terapia con Acyclovir e Ceftriaxone, successivamentesospesa in considerazione della negatività delle indagini eseguite. Contemporaneamente, vista la positività di IgM e IgGe del tampone faringeo per Mycoplasma pneumoniae, veniva intrapresa terapia con Claritromicina.Nonostante la ricercamediante PCR del Mycoplasma su liquor sia risultata negativa, l'ipotesi più accreditata è apparsa quella di encefalopatiaacuta infiammatoria (encefalite di Bickerstaff) in corso di infezione da M. pneumoniae. Nel sospetto di una forma para/post-infettiva con cross-reattività a livello del SNC veniva quindi introdotta terapia immunosoppressiva con prednisone,con graduale miglioramento delle condizioni generali e progressiva risoluzione dei segni e sintomi neurologici. Alla RMencefalo ripetuta a distanza di 10 giorni risultavano regredite le alterazioni di segnale precedentemente osservate.Discussione: La diagnosi di encefalite da M.pneumoniae risulta particolarmente complessa e include indagini di primolivello, quali sierologia e PCR su tampone faringeo, con eventuale successiva conferma mediante PCR o ricerca dianticorpi anti-Mycoplasma su liquor. E’ stata documentata una cross-reattività di tali anticorpi con il GalC sulla base diun meccanismo di mimetismo molecolare. Gli anticorpi anti-GalC sono inoltre stati indentificati nel siero dei pazienti conencefalite da M.pneumoniae. Si ipotizza dunque che un’aumentata permeabilità della barriera ematoencefalica possaconsentire il loro passaggio a livello intratecale con conseguente sviluppo di sintomi neurologici.

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COD. P 36

Ruolo del Minimental State Pediatrico nell’individuare deficit neuropsicologici nel paziente con patologianeurologica

D.L. Di Giacomo1, E. Cainelli1, G. Mantegazza2, J. Favaro1, A. Raffagnato1, C. Boniver1

1Neurologia e Neurofisiologia Pediatrica, Azienda Ospedaliera Università di Padova2Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile dell’ASST Monza Brianza.

Introduzione. In età evolutiva la valutazione delle funzioni cognitive dovrebbe essere parte integrante della visita neurologicoe neuropsichiatrico, tuttavia, ad oggi, non viene utilizzato nella pratica clinica uno strumento che ne permetta unavalutazione sufficientemente rapida e allo stesso tempo oggettiva. Risulta, quindi, molto importante individuare unostrumento di screening rapido, attraverso cui poter rilevare in modo più oggettivo, rispetto all’osservazione clinica e allaraccolta anamnestica, la presenza di un problema in ambito cognitivo, sulla base del quale inviare il bambino ad unasuccessiva valutazione neuropsicologica più approfondita.Obiettivo. Valutare le capacità prognostiche del Minimental StatePediatric (MMSPE) in relazione ai deficit rilevati alla valutazione neuropsicologica completa. Metodo. E’ stato somministratoil MMSPE a 50 i pazienti in epoca scolare (primaria e secondaria di primo grado) affetti da patologia neurologica didiversa natura, afferenti all’ambulatorio di neuropsicologia presso la Neurologia e Neurofisiologia Pediatrica dell’AziendaOspedaliera di Padova e presso l’Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile dell’ASST Monza Brianza. I bambini hannoeffettuato una valutazione neuropsicologica completa e, dopo una pausa di 30 minuti, hanno eseguito il MMSPE. Le variabilisono state dicotomizzate ed analizzate utilizzando il Chi-quadrato e il Fisher’s Exact test; sono stati inoltre calcolati il valorepredittivo positivo (VPP), il valore predittivo negativo (VPN) e l’accuratezza. Risultati. Abbiamo ottenuto un VPP del 67%,un VPN del 83%, con un’accuratezza dell’80% (p=.002) relativamente alla capacità del MMSPE di predire la presenzadi deficit alla valutazione neuropsicologica. Discussione. Il MMSPE può essere considerato uno strumento prognostico dideficit neuropsicologico. In particolare, la sua affidabilità è alta nei bambini con profilo neuro-cognitivo normale: si riducequindi il rischio di ottenere falsi negativi e quindi di non individuare quei bambini che presentino realmente delle difficoltà.

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COD. P 37

TECNICHE CHIRURGICHE PALLIATIVE COMBINATE PER IL TRATTAMENTO DELL’EPILESSIAFARMACORESISTENTE

G. Prezioso2, S. Matricardi1, E. Cesaroni1, C. Passamonti1, R. Trignani3, M. Luzi3, S. Cappanera1, S. Siliquini1, L. Porfiri1, N.

Zamponi1

1SOD Neuropsichiatria infantile, Ospedali Riuniti di Ancona2UOSVD Pediatria – Nido, Ospedale San Timoteo, Termoli3SOSD Neurochirurgia Generale con particolare interesse pediatrico, Ospedali Riuniti di Ancona

Tra le principali tecniche chirurgiche palliative utilizzate per il trattamento delle epilessie farmaco-resistenti non suscettibili dichirurgia resettiva, la callosotomia (CC) e la stimolazione del nervo vago (VNS), possono determinare un migliore controllodelle crisi, in particolare delle crisi di caduta. L’associazione di entrambe le tecniche può permettere un migliore outcomeanche nei pazienti che non rispondono inizialmente ad una prima procedura. Tuttavia, è ancora dibattuto quale ordinedi esecuzione di questi interventi favorisca un migliore controllo delle crisi.Per comprendere meglio la risposta clinicadell’associazione di CC e VNS e quale ordine di esecuzione possa determinare un outcome più favorevole, abbiamocondotto uno studio osservazionale retrospettivo presso gli Ospedali Riuniti di Ancona. Nello studio sono stati arruolatipazienti sottoposti ad entrambe le procedure in un periodo di osservazione di 16 anni (2000-2016).Sono stati analizzati i dati riguardanti: sindrome epilettica, eziologia, tipo e frequenza delle crisi, terapie farmacologicheeffettuate prima e dopo le procedure e tempi di esecuzione.Tre pazienti sono stati sottoposti prima a CC e successivamentea VNS, mentre 7 pazienti sono stati sottoposti prima a VNS e successivamente a CC.Tutti i pazienti presentavano un’epilessia farmacoresistente ad esordio infantile non suscettibile di chirurgia resettiva:Sindrome o fenotipo Lennox-Gastaut (9), Sindrome di Dravet (1), ad eziologia strutturale (5), genetica (2), immune(1), non nota (2). Tutti i pazienti presentavano prima delle procedure crisi polimorfe pluriquotidiane con anche crisi dicaduta. La durata mediana del follow-up post-chirurgico è stata di 5 anni (IQR=3.5-6.5). Le procedure chirurgiche inassociazione hanno determinato una remissione completa delle crisi di caduta (3/3 nel gruppo CC+VNS e 5/7 nel gruppoVNS+CC) e una riduzione significativa (>50%) della frequenza degli altri tipi di crisi (1/3 nel gruppo CC+VNS e in 5/7nel gruppo VNS+CC), senza evidenza di differenze significative nell’ordine di esecuzione degli interventi. Tuttavia, nelgruppo VNS+CC abbiamo documentato una maggiore semplificazione della terapia farmacologica dopo le procedure(p<0.05). L’esiguità del campione non permette di trarre ferme conclusioni, tuttavia l’associazione delle tecniche chirurgichepalliative può determinare un migliore controllo delle crisi, soprattutto in pazienti che alla prima procedura non presentanouna buona risposta. In particolare, la CC permette un controllo delle crisi di caduta, indipendentemente dall’ordine diesecuzione dell’intervento e quando effettuata successivamente alla VNS può favorire outcome globale migliore in terminidi semplificazione della terapia farmacologica e dell’impatto di quest’ultima sulla qualità della vita.

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COD. P 38

Un caso di Atassia di Friedreich in adolescente con sindrome da microdelezione 16p11.2

V. Pelliccia1, S. Ferranti1, S. Rossi1, M.C. Nicoletti1, R. Mostardini3, S. Grosso2,3

1Scuola di Specializzazione in Pediatria, Dip. di Medicina Molecolare e dello Sviluppo, Universita' degli Studi di Siena2Dip. di Medicina Molecolare e dello Sviluppo, Universita' degli Studi di Siena3U.O.C. Pediatria, A.O.U. Senese

Introduzione: L’atassia di Friedreich rappresenta la forma ereditaria più frequente di atassia ad esordio precoce e sicaratterizza per la presenza di instabilità della marcia, areflessia, disartria, coinvolgimento cardiaco e diabete.Caso clinico: Si descrive il caso di un ragazzo di 17 anni con sindrome da microdelezione 16p11.2 che presenta ritardomentale e del linguaggio, obesità, bassa statura, scoliosi, gibbo dorsale ed enuresi notturna primaria. Sottoposto a dueinterventi di artrodesi vertebrale, a 14 anni ha mostrato, in seguito alla seconda procedura, un peggioramento dell’equilibrio.A 16 anni si rilevavano dismetria, disartria, andatura atassica, Romberg positivo, areflessia e nistagmo. La RM encefalonon evidenziava alterazioni di rilievo mentre la RM del rachide rilevava protrusione discale L4-L5 con compressione dellestrutture meningee. A completamento diagnostico venivano effettuate indagini elettroneurofisiologiche: l’elettroneurografiarilevava ridotta velocità di conduzione sensitiva del nervo surale mentre ai potenziali evocati sensitivi si osservava aumentodei tempi di conduzione centrali agli arti superiori con assenti risposte spinali e corticali agli arti inferiori. I potenziali evocatimotori rilevavano aumento dei tempi di conduzione centrali più evidente a carico degli arti inferiori deponendo per unquadro di polineuropatia sensitiva tipo ganglionopatia. Contestualmente per il riscontro di ipertensione venivano eseguitiaccertamenti cardiologici che rilevavano alterazioni della ripolarizzazione ed ipertrofia ventricolare sinistra concentrica; laRM cardiaca escludeva alterazioni del segnale compatibili con malattia da accumulo.La presenza di elementi atipici rispettoal quadro descritto nella sindrome da microdelezione 16p11.2 ci ha indotti a considerare la possibilità di una coesistenzadi due condizioni indipendenti. Escluse malattie lisosomiali e mucopolisaccaridosi quali potenziali cause di neuropatiaassociata a cardiopatia, il quadro riscontrato sembrava piuttosto suggestivo di una atassia di Friedreich, successivamenteconfermata dall’indagine molecolare: rilevata l’espansione di circa 1000 triplette nell’Allele 1 del gene FXN e circa 530nell’Allele 2.Discussione: Gli elementi clinici presentati dal paziente sin dall’infanzia rientrano nello spettro clinico della sindrome damicrodelezione 16p11.2 che include: ritardo psicomotorio, disturbi comportamentali, epilessia, anomalie vertebrali, scoliosi,obesità e cardiopatie. La successiva comparsa di segni di neuropatia e cardiomiopatia, difficilmente inquadrabili in talecontesto, hanno rappresentato il punto di partenza per formulare ulteriori ipotesi diagnostiche. L’atassia di Friedreich,compatibile con il fenotipo riportato, è stata quindi confermata mediante analisi molecolare. Il duplice difetto geneticodocumentato è quindi ritenuto responsabile della peculiarità delle manifestazioni cliniche osservate. La complessità delquadro descritto sottolinea come le incongruenze fisiopatologiche debbano sempre indurre ad opportune, continue,riconsiderazioni in ambito diagnostico-differenziale.

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COD. P 39

Ruolo dell’infezione da virus di Epstein-Barr (EBV) nelle malattie demielinizzanti ad insorgenza pediatrica: unostudio retrospettivo.

P. Maimone 1, L. Papetti 1, I. Tristano1, M. Valeriani1, E. Properzi1, A. Spalice1

1Dip. Pediatria, divisione Neurologia Pediatrica, Uni. "La Sapienza" di Roma

Introduzione:La percentuale di pazienti pediatrici che, dopo un primo evento acuto demielinizzante acquisito (ADS) del SNC, sviluppanosclerosi multipla (SM) varia, nelle casistiche, dal 15% al 45%. Individuare precocemente casi a simile evoluzione, seppurefondamentale data la possibilità di impostare terapie efficaci nel ritardare la comparsa e l’aggravarsi di malattia, nonè semplice. È noto che nei pazienti con SM, rispetto ai controlli, è più frequente riscontrare l’evidenza sierologica diun’infezione remota da Virus di Epstein-Barr (EBV). Si vuole valutare se e in che misura l’evidenza di pregressa infezionein pazienti pediatrici con ADS sia associata all’instaurarsi di un processo demielinizzante cronico.

Obiettivo dello studio:determinare l’incidenza di evidenza sierologica di infezione da EBV in bambini e adolescenti di età ≤16 anni giunti allanostra attenzione dopo un primo ADS, valutando il ruolo di questa variabile quale fattore prognostico di evoluzione in SM.

Materiali e Metodi:è stata condotta un’analisi retrospettiva dei dati clinici, neuroradiologici e laboratoristici di una popolazione pediatrica diADS tra gennaio 2005 e aprile 2017. La classificazione dell’evento come Clinically Isolated Syndrome (CIS) o AcuteDisseminated Encephalopathy (ADEM) e la diagnosi di SM è stata posta in base ai criteri definiti dall’International PediatricMultiple Sclerosis Study Group nel 2013. L’evidenza sierologica di infezione da EBV è stata determinata dimostrandola presenza di Immunoglobuline (Ig) di classe M e/o IgG anti-Viral Capsid Antigen (VCA) tramite ELISA. È stata usatala qrt-PCR per la ricerca del genoma virale. Abbiamo utilizzato metodi di analisi di regressione logistica per valutare lacorrelazione tra infezione remota da EBV ed evoluzione in SM.

Risultati:Sono stati reclutati 91 pazienti, 33 classificati all’esordio come ADEM, 53 come CIS e 5 con caratteristiche suggestive diSM. Durante il follow-up (5.6±2.3 anni), 30 pazienti (33%) hanno sviluppato SM, 7 dei quali precedentemente classificaticome ADEM e 18 come CIS. In 40 bambini (44%) è stato possibile evidenziare un’infezione da EBV. È stata dimostratauna pregressa infezione nell’86.7% dei pazienti SM e nel 23.1% dei casi rimasti monofasici. Nel gruppo di pazienti ADEMtutti quelli successivamente diagnosticati con SM erano sieropositivi per un’infezione remota rispetto al 34,6% dei casimonofasici. La regressione logistica ha evidenziato una forte associazione tra infezione remota da EBV ed evoluzione inSM (OR 11.52; p<0.001).

Conclusioni:la dimostrazione di una pregressa infezione da EBV può aiutare ad individuare i bambini a maggior rischio di sviluppare SM.

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COD. P 40

Alterazione acuta dello stato di coscienza: difficoltà diagnostiche in pronto soccorso

F. Duranti1, V. Cuteri1, D.M. Cordelli1, A. Parmeggiani1, E. Franzoni1

1U.O. Neuropsichiatria Infantile, Azienda Ospedaliero Universitaria, Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, Bologna

L’alterazione acuta dello stato di coscienza rappresenta spesso un dilemma diagnostico. Tra le cause più frequenti inetà pediatrica vi sono disfunzioni di origine tossico-metabolica, squilibri elettrolitici, infezioni, malattie cerebrovascolari,lesioni con effetto massa, crisi epilettiche ed episodi funzionali. Oltre a queste, vi sono inoltre alcune forme di emicrania,comunemente definite “emicranie complicate”, che in alcune occasioni, possono appunto manifestarsi con quadri cliniciacuti caratterizzati da compromissione dello stato di coscienza. La “Classificazione Internazionale delle Cefalee” (ICHD 3β)classifica tali forme all'interno del gruppo “emicrania con aura”. Tuttavia, seppur non riconosciuto formalmente, il termine“emicrania complicata” rimane correntemente utilizzato per indicare un profilo clinico comune per una vasta gamma disindromi neurologiche acute di eziologia sconosciuta.Abbiamo selezionato 3 casi di “emicrania complicata” presentatisi con alterazione acuta dello stato di coscienza comesegno clinico principale. I pazienti avevano età compresa tra i 10 ed i 12 anni e manifestavano inoltre sintomi neurologiciquali cefalea, vomito, disorientamento spazio-temporale, disturbi dell'eloquio, ed in due casi, deficit focali. Le indaginidi laboratorio, così come la TC encefalo, sono risultate nei limiti di norma in tutti i casi. L’elettroencefalogramma (EEG)effettuato in fase acuta, mostrava un’asimmetria dell’attività di fondo per rallentamento localizzato ad un emisfero. Nelleore successive si è assistito ad un miglioramento del quadro clinico, con progressiva risoluzione della sintomatologia,e contestualmente anche l’EEG mostrava una riduzione dell’asimmetria. La RM encefalo eseguita in seconda giornatarisultava nei limiti di norma in due casi, mostrando la presenza di sfumate e focali aree di elevazione del segnale, nell'altro.Nei giorni successivi il quadro clinico dei tre paziente si è mantenuto stabile e l’EEG, effettuato a distanza, mostravaun’attività di fondo simmetrica. Ad oggi, i due pazienti giunti più recentemente alla nostra osservazione, si sono mantenutiin benessere, mentre il terzo ha presentato due ulteriori episodi con caratteristiche analoghe.Presentiamo tali casi in quanto particolarmente esplicativi della difficoltà di riconoscimento di quadri emicranici, quand'essisi manifestano con compromissione dello stato di coscienza. In questi casi risulta infatti necessario escludere primariamentealtre condizioni patologiche che richiedono un trattamento in urgenza. Nella nostra esperienza la raccolta di un'accurataanamnesi, l'esecuzione di un EEG e di una TC encefalo, sono risultati particolarmente dirimenti per l'orientamentodiagnostico.

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COD. P 41

ENCEFALOPATIA ASSOCIATA A MUTAZIONI DEL GENE SCN8A: ULTERIORE ESPANSIONE DEL FENOTIPO

G. Pellino1, E. Fiumana2, S. Bigoni3, R. Faggioli1

1Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli studi di Ferrara, Ferrara2UOC di Pediatria, Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Anna, Ferrara3Scuola di Specializzazione in Genetica Medica, Università degli Studi di Ferrara, Ferrara

L’encefalopatia epilettica da mutazioni del gene SCN8A è caratterizzata da un’alterazione del neurosviluppo associata adepilessia farmacoresistente ad esordio nei primi 18 mesi di vita. Sono descritti anche nuclei familiari con disabilità intellettivaisolata e recentemente è stata evidenziata l’associazione tra mutazioni del gene SCN8A ed epilessia familiare infantilebenigna. Nel management terapeutico dell’epilessia è segnalata in letteratura la buona risposta ai farmaci sodio-bloccanti.Presentiamo il caso clinico di B.S., nato a termine di gravidanza complicata da plurime minacce d’aborto, da taglio cesareourgente per alterazioni del tracciato cardiotocografico; buon adattamento perinatale, Apgar 8-10. PN 2570 g. Diagnosiclinica a 18 mesi di paralisi cerebrale tipo misto (tetraparesi atasso-spastica), con precoce comparsa di esotropia sinistra eritardo psicomotorio (posizione seduta autonoma a 13 mesi; deambulazione autonoma a base allargata a 3 anni e 9/12; QI42 a 3 aa 5/12). A 3 anni di vita comparsa di crisi convulsive generalizzate (perdita di coscienza, ipertono e clonie agli arti),pluriquotidiane, prolungate (fino a 20-30 min), inizialmente favorite dalla febbre e dall’addormentamento, con iniziale buonarisposta all’acido valproico (durata remissione < 6 mesi), ma risultate negli anni farmacoresistenti (vigabatrin sospesoper inefficacia; lamotrigina sospesa per Steven Johnson; carbamazepina sospesa per peggioramento crisi; levetiracetamsospeso per irritabilità; topiramato, clobazam, clonazepam sospesi per inefficacia; fenitoina non testata; ciclo di terapiacon idrocortisone all’età di 7 anni con beneficio transitorio). All’esordio l’EEG in veglia mostrava anomalie epilettiformigeneralizzate, a prevalenza sulle regioni anteriori, tipo punta - onda lenta a 3-4 c/s. La RM encefalo è risultata negativaa meno di anomalie minori sottotentoriali (lieve aumento degli spazi liquorali pericerebellari). A 6 anni di vita segnalatala perdita della deambulazione autonoma e con sostegno. Concomita un disturbo pervasivo dello sviluppo (assenza dellinguaggio, evidenza di stereotipie motorie). Durante il follow-up è stato possibile formulare la diagnosi elettro-clinica diSindrome di Lennox-Gastaut, associata a mutazione de novo in eterozigosi del gene SCN8A (c.1201T>C - pTyr401His).Conclusioni: la presente è la prima segnalazione di associazione tra mutazione del gene SCN8A ed esordio dell’epilessianella seconda infanzia (età 36 mesi), in un paziente con disturbo precoce del neurosviluppo.

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COD. P 42

Stato di male non convulsivo refrattario in paziente con mutazione del gene TBC1D24

R. Bonfatti1, V. Di Pisa1, V. Marchiani1, D. Chiarello1, S. Ubertiello1, E. Franzoni1, D.M. Cordelli1

1U.O. Neuropsichiatria Infantile, Policlinico di Sant'Orsola, Università di Bologna, Bologna

La trasmissione autosomica recessiva di mutazioni del gene TBC1D24 è associata all’insorgenza di epilessia mioclonicainfantile familiare ed encefalopatia epilettica infantile ad insorgenza precoce. In letteratura, a nostra conoscenza, nonsono descritti episodi di stati di male prolungati refrattari alla terapia farmacologica. Di seguito si riporta il caso di unapaziente portatrice della mutazione in questione che ha presentato uno stato di alterazione della vigilanza ed iporeattivitàscarsamente responsivo alla terapia antiepilettica, protrattosi per alcune settimane.Dai due mesi di vita comparsa di episodi critici focali refrattari alla terapia antiepilettica, con riscontro di anomalieelettroencefalografiche prevalenti a livello temporale destro. Al terzo mese di vita il quadro epilettico si è aggravatoper l’insorgenza di stati di male convulsivi e non, scatenati principalmente da fattori intercorrenti come episodi febbrili,che si sono presentati a più riprese fino ai 13 mesi di vita quando l’introduzione in terapia di Fenobarbitale ha portatoad una certa stabilità clinica. Al quadro epilettico farmaco-resistente, dai 5 mesi di vita si é associato un disturbo delmovimento caratterizzato da mioclonie/polimioclonie prevalenti agli arti ed al capo ed un disturbo atassico, evidente durantela deambulazione ed i movimenti finalizzati degli arti superiori: queste manifestazioni venivano peggiorate dalla stanchezzaed apparentemente dal digiuno. L'analisi di sequenziamento esomico ha evidenziato la presenza di una mutazione ineterozigosi composta a carico del gene TBC1D24 (rispettivamente c.671A>G e c.1008delT). A cinque anni e mezzo, incorso di sindrome influenzale, la piccola ha presentato uno stato di male non convulsivo refrattario perdurato per circa ventigiorni che ha necessitato l’induzione di coma farmacologico ed il ricovero presso il Reparto di Rianimazione Pediatrica. Alprolungato stato di alterazione della vigilanza ed iporeattività si è associato un peggioramento del disturbo discinetico. Leseriate valutazioni elettroencefalografiche evidenziavano un’attività parossistica continua-subcontinua con anomalie di tipopunta-onda focali con tendenza alla diffusione. Dopo i tentativi farmacologici con Diazepam, Acido Valproico, Midazolam,idrocortisone, ACTH e Levetiracetam, l’inserimento in terapia dell’associazione Fenitoina e Fenobarbitale ha lentamenterisolto il quadro. La ripresa delle condizioni basali ha inoltre richiesto una lunga presa in carico fisiatrica.I pazienti portatori di mutazioni del gene TBC1D24 possono presentare epilessia ad esordio precoce: seppur già descrittoun certo grado di refrattarietà, questo caso vuole sottolineare l’importante rischio di sviluppo di stati di male non convulsiviparticolarmente refrattari alle comuni terapie antiepilettiche.

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COD. P 43

Una nuova mutazione del gene CASK in una paziente adolescente con microcefalia e atrofia ponto-cerebellare.

A. Rossi1, G. Di Vincenzo1, F. Bassanese1, E. Tondina1, T. Foiadelli1, A.M. Simoncelli 2, G.L. Marseglia1, S. Savasta1

1Clinica Pediatrica, Fondaz. IRCCS Policlinico S. Matteo, Università di Pavia, Pavia2Dip. Diagnostica per immagini, Radiologia e Neuroradiologia diagnostica ed interventistica, Fondaz. IRCCS Policlinico S.Matteo, Università di Pavia, Pavia

Il gene CASK (Xp11.4) codifica per una serina protein-chinasi calcio-calmodulina dipendente, appartenente alla famigliadelle guanilato-chinasi associate a membrana (MAGUK). CASK è altamente espresso nel sistema nervoso e svolgediversi ruoli nella trasmissione sinaptica e nella trascrizione di altri geni fondamentali per lo sviluppo corticale encefalico.Mutazioni del gene CASK, di conseguenza, sarebbero responsabili di quadri malformativi più o meno complessi a caricodel sistema nervoso centrale. Ad oggi, sono state descritte diverse varianti genetiche di CASK, tipicamente riscontrate insoggetti di sesso femminile con microcefalia associata ad ipoplasia ponto-cerebellare, convulsioni, disabilità intellettiva,atrofia del nervo ottico, nistagmo. Il nostro caso clinico si propone di segnalare una nuova mutazione a carico del geneCASK, non ancora descritta in letteratura, e riscontrata in una ragazza di 17 anni con tetraplegia mista spastica ediscinetica, microcefalia, quadro malformativo complesso del SNC e disabilità intellettiva. La nostra paziente all'età di 5 mesimanifestava un ritardo nell'acquisizione delle tappe di sviluppo psicomotorio associato a microcefalia. La RMN encefaloriscontrava un quadro di grave atrofia sottotentoriale cerebellare e del tronco encefalico, associata a lesioni atrofiche nelleregioni sovratentoriali. Una prima valutazione oculistica con esame del fundus oculi ha evidenziato papille ottiche piccolee pallide e retina diffusamente depigmentata con dispersione fine pigmentaria al polo posteriore e alla media periferia.Elettroencefalogrammi seriati non hanno evidenziato anomalie significative durante il follow-up. Sono state eseguiteindagini genetiche volte ad identificare una eventuale correlazione con il fenotipo della paziente; dal sequenziamento dellaregione codificante di CASK è emersa una mutazione missenso (c.2395G>T; p.[Glu799*]) probabilmente patogenetica.Tale mutazione, a trasmissione X-linked presente allo stato eterozigote ed insorta de novo nella nostra paziente,comporterebbe la produzione di una proteina ipofunzionante che compromette la normale morfogenesi neuronale, inparticolare a carico del cervelletto, del tronco encefalico e del nervo ottico. La mutazione, non ancora segnalata in databasecome HGMD, gnomAD, ExAC Browser, 1000 Genomes Project, viene qui riportata per la prima volta.

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COD. P 44

Exotropia intermittente associata a “pseudo-ptosis”: a diagnostic challenge. Dall’ipotesi di disturbo delmovimento alla diagnosi di glioma del mesencefalo

G. Pellino1, A. Russo2, T. Messana2, F.M. Quagliano3, M. Maffei4, R. Faggioli1, A. Pini2

1Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli studi di Ferrara, Ferrara2IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna, UOC Neuropsichiatria Infantile Ospedale Bellaria, Bologna3UO di Oculistica, Ospedale Maggiore, AUSL di Bologna, Bologna4IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna, UO Neuroradiologia Ospedale Bellaria, Bologna

L’exotropia intermittente è caratterizzata da una divergenza periodica degli assi visivi che in genere compare nella visioneda lontano, facilitata da affaticamento o malattie intercorrenti, con esordio intorno ai due anni di vita e prevalenza nel sessofemminile. La fotofobia costituisce solitamente la sintomatologia maggiore, mentre sono assenti diplopia ed astenopia.Inoltre, a differenza che nelle esotropie, i vizi di refrazione negli strabismi divergenti hanno la stessa distribuzione dellapopolazione normale.L’exotropia idiopatica è un disordine raro (incidenza 1:30.000) e poco comune è anche la sua osservazione tra glistrabismi pediatrici (1 exotropia: 150-300 esotropie). Nell’infanzia l’exotropia è invece spesso secondaria a patologieoculari (albinismo, aprassia oculomotoria, anomalie dei nervi ottici, retinoblastoma, retinoschisi, anomalie irido-lenticolari,cataratta, sindrome di Duane, paralisi del III nervo cranico, fibrosi congenita dei muscoli oculomotori) o associataa disordini sistemici (prematurità, paralisi cerebrale, epilessia, miastenia gravis, idrocefalo, sindromi cranico-facciali,anomalie cromosomiche).Il rischio di una malattia oculare o sistemica coesistente è più elevato nelle forme costanti. Aneddotiche sono le segnalazioniin letteratura di neuroimaging positivo in caso di exotropia intermittente o di exoforia.Riportiamo il caso di una bambina di due anni giunta alla nostra osservazione per esordio recente di exotropia alternaintermittente, con periodismo (intervallo libero 15-20 giorni; durata episodi 7-10 giorni), con compenso cefalico in “chin-up”per concomitante sindrome alfabetica tipo “V” pattern (la convergenza aumenta nello sguardo in basso e si riduce nellosguardo in alto).La ricorrenza dei fenomeni in occasione di eventi febbrili, con peggioramento circadiano, la postura del capo anomalacon evidenza di “pseudo-ptosi” e il disturbo della motilità oculare potevano suggerire un disturbo del movimento o unamiastenia oculare all’esordio.La RM encefalo ha evidenziato una lesione mesencefalica, sub-centimetrica (dmax~ 5 mm), iperintensa in FLAIR emodicamente ipointensa in T1, in assenza di alterazione della diffusione né di impregnazione contrastografica. Lecaratteristiche descritte potrebbero essere compatibili con un glioma di basso grado.Il coinvolgimento della formazione reticolare tegmentale, considerata sito del “centro della divergenza”, suggerisceun’associazione causativa.Conclusioni: Il caso descritto evidenzia come l’exotropia intermittente, molto rara nell’ambito degli strabismi infantili, vadaconsiderata attentamente non solo dal punto di vista oculistico ma anche neurologico poiché può esprimere un disordine delcontrollo centrale della coordinazione oculare su base lesionale. In questi casi l’effettuazione di una RM encefalo è indicata.

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COD. P 45

LA GESTIONE DELLA CEFALEA IN UN PRONTO SOCCORSO PEDIATRICO DI 3° LIVELLO

G. CASARA1, S. SARTORI1, M. NOSADINI1, P.A. BATTISTELLA1, L. DA DALT2, I. TOLDO1

1U.O. Neurologia e Neurofisiologia pediatrica, Dipartimento della Salute della Donna e del Bambino, Università di Padova2U.O.C Pronto Soccorso e Pediatria d’Urgenza, Dipartimento della Salute della Donna e del Bambino, Università di Padova

La cefalea è una condizione estremamente frequente in età pediatrica e adolescenziale, anche se il tasso di accessi inPronto Soccorso Pediatrico (PSP) riportato per tale disturbo è comunque basso (1,3%-2,5%). Lo scopo dello studio è quellodi analizzare l’approccio complessivo al paziente pediatrico con cefalea presso il PSP del Dipartimento della Salute dellaDonna e del Bambino dell’Università di Padova, per mettere a punto un sistema di raccolta dati e un percorso diagnostico-terapeutico sistematizzato e uniforme. Si tratta di uno studio retrospettivo e trasversale, condotto su una popolazione di423 pazienti, di età compresa tra 0 e 16 anni, valutati per cefalea in un periodo di 12 mesi (luglio 2017- giugno 2018). Idati clinici della popolazione sono stati raccolti mediante una scheda raccolta dati preparata ad hoc.Abbiamo osservatocome la cefalea rappresenti l’1,6% dei motivi di accesso presso il PSP di Padova. A proposito del work-up diagnostico siè dimostrata oculata la richiesta di accertamenti (eseguiti nel 50% dei casi totali), in particolare neuroradiologici, in quantoguidata dalla presenza di “red flags” nella storia clinica o nell’obiettività del paziente, per una buona percentuale (21%) dirisultati diagnostici (in particolare per il neuroimaging), e nessun ritardo diagnostico di cefalea da causa severa. Il 63% deipazienti della nostra popolazione sono stati trattati con terapia medica, di cui l’85% con monoterapia (paracetamolo). Altermine del percorso in PSP, il 20% (N=85) dei pazienti è stato dimesso con diagnosi di cefalea primaria (cefalea tensiva25%, emicrania 57%, equivalente emicranico 3%, non specificata 15%), il 40% (N=170) con diagnosi di cefalea secondaria(parainfettiva nel 50% dei casi, cefalea post-concussiva 16%, funzionale 7%, secondaria a neoformazioni intracraniche6%; in misura minore cefalea associata a dolore muscolo-scheletrico 3%, lipotimia/sincope 3%, ipertensione endocranica1,5%, epilessia 1,5%, anemia 1,5%, ad ipertensione arteriosa 0,5%, ipotensione liquorale 0,5%, problemi oculistici 0,5%).Nel restante 40% la cefalea non è stata classificata.Il percorso di follow-up proposto alla dimissione dal PSP è risultatoeterogeno: i casi di cefalea secondaria a causa non severa nella maggior parte dei casi sono stati indirizzati al MedicoCurante, quelli con diagnosi di cefalea primaria prevalentemente all’ambulatorio specialistico dedicato (Centro Cefaleedell'età evolutiva). L’utilizzo di una scheda di rilevazione di dati ad hoc creata per il nostro studio si è dimostrato essenzialeper una raccolta più completa e funzionale dei dati clinico-anamnestici del paziente e utile guida per il clinico nell’iterdiagnostico-terapeutico.

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COD. P 46

L’analisi dei neurotrasmettitori liquorali nelle patologie neurologiche: l’esperienza del Centro di Padova

D. Gueraldi1, L. Rubert1, G. Polo1, C. Edini1, A. Pascarella1, P. Massa1, C. Cazzorla1, A. Burlina1

1U.O.C. Malattie Metaboliche Ereditarie, Dipartimento di Pediatria, Azienda Ospedaliera di Padova

Introduzione: I disturbi del metabolismo dei neurotrasmettitori (NT) rappresentano un gruppo di patologie neurometabolicheereditarie caratterizzate da alterazioni nelle vie di sintesi, catabolismo e nel trasporto dei neurotrasmettitori, soprattuttodopamina e serotonina. Le manifestazioni cliniche sono varie e comprendono in particolare disturbi del movimento,discinesie oculari, ipotonia e disturbi neuropsichiatrici. Il dosaggio nel liquor di acido omovanillico (HVA) e acido 5-idrossiindolacetico (5HIAA), metaboliti rispettivamente di dopamina e serotonina, rappresenta uno strumento diagnosticoessenziale nel sospetto di deficit primitivi delle amine biogene e nei disturbi del movimento sia in età pediatrica sia adulta.Tuttavia, l’interpretazione dei valori di HVA e 5HIAA è complessa e riflette non solo i difetti primitivi ma anche causesecondarie (es. farmacoterapie, processi infettivi, malattie mitocondriali). Presentiamo la nostra esperienza sul dosaggiodei neurotrasmettitori su campioni di liquor analizzati presso il nostro laboratorio.Materiali e metodi: Da gennaio 2016 a luglio 2018 sono stati esaminati presso la nostra struttura 105 campioni di liquor peril dosaggio di HVA e 5HIAA mediante cromatografia ad alta prestazione con rivelatore elettrochimico HPLC/EC. Sono statiesclusi dallo studio i campioni di pazienti con deficit confermati di tetraidrobiopterina. Nei restanti 96 campioni sono statevalutate le caratteristiche cliniche e neuroradiologiche riportate dall’esaminatore inviante.Risultati: In 62/96 (64%) campioni analizzati il profilo di HVA e 5HIAA è risultato nella norma. In due casi (2%) è statoidentificato un deficit di tirosina idrossilasi. Nei rimanenti 32/96 (33%) campioni sono stati riscontrati valori patologici diHVA in 23/96 (24%) e di 5HIAA in 29/96 (30%). In questi campioni i quadri clinici riportati erano: disturbi del movimento(distonie, discinesie e parkinsonismo) (41%), crisi epilettiche neonatali (26%), ipotonia (9%), sofferenza neonatale (4%).Per nessuno dei quadri è stato possibile definire una diagnosi precisa.Conclusioni: Valori anomali di HVA e 5HIAA sono di difficile interpretazione, soprattutto in presenza di quadri clinicipoco suggestivi di deficit primitivi. Inoltre, la presenza di fattori esterni (es. esecuzione della rachicentesi, conservazionedel campione, terapie farmacologiche) può contribuire ad alterare il profilo neurotrasmettitoriale. Si conferma pertantola necessità di seguire procedure standardizzate per il prelievo, la conservazione e il dosaggio dei NT, e l’importanzadi una stretta collaborazione tra esperti clinici e di laboratorio. Infine, un’analisi completa del liquor comprensiva di NT,aminoacidi, pterine, 5-metiltetraidrofolato e piridossina potrebbe fornire maggiori informazioni e permettere di ampliare ilpannello diagnostico delle malattie neurologiche identificabili su liquor.

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COD. P 47

Mutazioni del gene WDR: una causa da ricercare in bambini con alterazione dello sviluppo neuropsichico emicrocefalia congenita

C. Forest1, D. Colavito2, R. Faggioli1, A. Leon2, A. Suppiej1

1U.O. Pediatria, Università degli Studi di Ferrara2Lab. Research and Innovation, Padova

I disturbi del neurosviluppo sono un gruppo eterogeneo di condizioni che si manifestano nelle prime fasi dello sviluppodel bambino. Comportano una compromissione del funzionamento personale, sociale e comprendono uno spettro moltoampio di patologie, come i disturbi dello sviluppo intellettivo e dello spettro autistico. Le recenti acquisizioni nel campodella genetica hanno identificato il ruolo causale di geni implicati in numerosi percorsi biologici cellulari fondamentali per ilnormale sviluppo cerebrale, fra cui il gene WDR81 riportato in letteratura solo in sette pazienti. Riportiamo di seguito altridue casi clinici, con mutazione de novo nel gene WDR81 in cui le tecnologie di sequenziamento NGS sono risultate decisiveper la diagnosi. Il primo caso è un maschio nato a termine, SGA, da gravidanza decorsa con riscontro di piede torto destro emegacisterna magna. Per tale motivo sono stati eseguiti in gravidanza CGH array e cariotipo su sangue fetale risultati nellanorma. Alla nascita si segnalano inoltre torcicollo congenito, plagiocefalia e malformazione ano-rettale con fistola retto-peritoneale. Giunge alla nostra attenzione a 9 mesi di vita per ritardo psicomotorio con alcune stereotipie tipo hand washinge hand clapping e tratti di ripetitività. All’esame obiettivo si evidenziano dismorfismi facciali, microcefalia e deficit visivo(visus di 3/10 bilateralmente) con quadro neuro-oftalmologico suggestivo di deficit visivo centrale. EEG, esami metabolicie RM encefalo risultavano negativi. Il secondo caso è una femmina di 15 anni affetta da epilessia e disabilità intellettiva. Laragazza presenta inoltre facies dismorfica, DIV multipli, labiopalatoschisi, morbo di Hirschprung, deficit uditivo e visivo. LaRM encefalo eseguita a 3 anni di vita risultava negativa. Studi in vivo su Drosophila hanno dimostrato che il knockdown diWDR81 comporta un’alterazione della proliferazione delle cellule staminali neurali. Ulteriori studi suggeriscono che questoruolo di WDR81 sia conservato tra Drosophila e umani. Dati di letteratura suggeriscono inoltre un ampio spettro fenotipicocorrelato a WDR81, che includono microcefalia, disturbi della girazione e anomalie cerebellari. Il fenotipo dei due pazientiè coerente con quanto riportato in letteratura anche se in entrambi sono assenti malformazioni cerebrali. Le mutazioni delgene WDR81, potrebbero essere più frequenti di quanto riportato in letteratura e vanno ricercate in presenza di microcefaliacongenita e disordini del neurosviluppo associati a dismorfismi minori, anche in assenza di malformazioni cerebrali.

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COD. P 48

Oltre la mutazione di STXBP1: il ruolo di SCN1A e SCN2A in due casi di encefalopatia epilettica con doppiamutazione

S. Ferranti1, E. Taccini4, S. Rossi1, V. Pelliccia1, I. Zollino1, S. Grosso2,3

1Scuola di specializzazione in Pediatria, Dip. di Medicina Molecolare e dello Sviluppo, Universita’ degli Studi di Siena2Dip. di Medicina Molecolare e dello Sviluppo, Universita’ degli Studi di Siena3U.O.C. Pediatria, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese4Universita' degli Studi di Siena

Introduzione: Le encefalopatie epilettiche rappresentano dei quadri neurologici complessi nei quali l’importante attivitàepilettiforme si associa a ritardo dello sviluppo neuromotorio e regressione cognitiva. L’elenco dei geni potenzialmentecoinvolti è in costante aggiornamento e la diagnosi molecolare viene attualmente raggiunta mediante analisi di pannellidi geni.Casi clinici: Descriviamo due pazienti portatori di una mutazione di STXBP1; entrambi presentano una seconda mutazionedi un gene associato ad encefalopatie epilettiche.Il primo paziente, di 19 anni, presenta mutazioni rispettivamente acarico di STXBP1 e SCN1A. Il quadro clinico è caratterizzato da microcefalia, grave ritardo neuromotorio, tetraparesispastica, discinesie, distonie ed epilessia farmacoresistente. La RM ha rilevato un’iperintensità nelle sequenze a TRlungo della sostanza bianca peri-paraventricolare dei corni occipitali dei ventricoli laterali. Attualmente in terapia conFenobarbitale, Clonazepam, Levetiracetam e Baclofen, presenta un tracciato EEG disorganizzato con attività parossisticamultifocale. La seconda paziente, di 3 anni, presenta mutazioni a carico di STXBP1 e SCN2A. Il quadro clinico è definito daritardo neuromotorio e crisi epilettiche inizialmente febbrili e successivamente in apiressia. La RM encefalo ha evidenziatoun quadro compatibile con lieve sofferenza perinatale. Attualmente in terapia con Valproato, Fenobarbital, Topiramato,Clobazam, Levetiracetam, Deltacortene, presenta un tracciato EEG poco organizzato con rallentamento del ritmo di fondoe attività parossistica diffusa e fronto-temporale.Discussione: Il gene STXBP1 codifica per una proteina legante la sintassina altamente espressa a livello cerebrale doveregola il rilascio di neurotrasmettitori. Le mutazioni di STXBP1, inizialmente identificate nelle sindromi di Otahara e di West,vengono attualmente considerate tra più frequenti cause di encefalopatia epilettica su base genetica. I geni SCN1A eSCN2A codificano rispettivamente per le subunità 1 e 2 dei canali del sodio voltage-gated espressi a livello neuronale.Le loro mutazioni, responsabili di ipereccitabilità neuronale, sono state identificate in diverse condizioni di natura epiletticaincluse la sindrome di Dravet e la GEFS+.La peculiarità dei pazienti descritti consiste nella presenza di una doppiamutazione a carico di geni implicati nell’epilessia e nelle encefalopatie epilettiche. Considerata la rarità di tali mutazioniappare improbabile che la loro coesistenza sia esclusivamente casuale. Pur non potendo definire, ad oggi, un nesso tradi esse, è interessante osservare come la loro compresenza contribuisca a determinare la severità e la complessità delquadro clinico evidenziato. E’ verosimile che con il ricorso sempre più comune all’analisi di ampi pannelli di geni possadivenire più frequente il riscontro di un’ eziologia multifattoriale in tali condizioni.

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COD. P 49

Outcome neuroevolutivo nei pazienti con encefalopatia ipossico-ischemica neonatale trattata con ipotermiaterapeutica

E. Cainelli1,2, M. Cendron3, I. Mariani Wigley1, A. Suppiej2,4

1Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo, Università degli studi di Padova, Padova2Neurologia e Neurofisiologia Pediatrica, Azienda Ospedaliera Università di Padova3Centro di neuropsichiatria e psicologia clinica – Centro polifunzionale don Calabria4Dipartimento di Scienze Mediche- Sezione Pediatria, Università degli Studi di Ferrara, Ferrara

Introduzione. L’encefalopatia ipossico-ischemica (EII) rappresenta una delle maggiori cause di danno cerebrale e disabilitàneuroevolutiva nel bambino (de Vries et al., 2010). Successivamente all’introduzione dell’ipotermia terapeutica si è assistitoad una riduzione della mortalità e, nel breve periodo (24 mesi), delle disabilità severe (Azzopardi et al., 2009). Nonostanteciò, i pochi studi a lungo termine hanno evidenziato una percentuale comparabile di problematiche minori ad esordiotardivo (van Schie et al., 2015).Obiettivo. Valutare l’outcome a lungo termine di bambini con diagnosi di EII neonataletrattata con ipotermia terapeutica presso il nostro Dipartimento. Lo studio fa parte di un più ampio multicentrico avviatoall’interno del Gruppo di Studio di Neuropsicologia della SINP.Metodo. Al momento della valutazione 27 bambini avevanoraggiunto un’età di almeno 5 anni (media 6.4, range 5-7 anni) ed avevano accettato di partecipare allo studio. E’ stataeseguita una valutazione del profilo cognitivo (WPPSI-III e WISC-IV) e neuropsicologico (BVN 5-11, NEPSY-II). Risultati.Considerando il profilo cognitivo dei 27 bambini, 2 presentavano ritardo cognitivo lieve, 1 un profilo borderline; per irestanti il QI era nella norma (media 109, dev.st. 16). Considerando la valutazione neuropsicologica, le medie di gruppoevidenziano un deficit significativo solo nelle funzioni esecutive di pianificazione. Considerando i profili individuali, 6/27presentavano una compromissione globale importante (almeno 3 deficit neuropsicologici severi); le aree più coinvolte:funzioni esecutive (pianificazione e memoria di lavoro), attenzione (visiva ed uditiva), apprendimento verbale.Discussione.Nonostante la riduzione di disabilità severe, i bambini con storia di EII neonatale presentano sono ad alto rischio disviluppare problematiche a lungo termine.

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COD. P 50

Paralisi bilaterale del nervo facciale in una bambina: quando ritorna il sorriso

F. Lombardi1, T. Messana2, A. Canini1, A. Russo2, C. Landini1, M. Giannotta2, C. Ghizzi1, A. Pini2

1UOC Pediatria, Ospedale Maggiore, AUSL di Bologna, Italy2UOC di Neuropsichiatria Infantile – IRCCS “Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna”, Ospedale Bellaria, Bologna,Italy

La paralisi bilaterale del nervo facciale (FNP) è una condizione clinica estremamente rara. Diversamente dalla paralisidel nervo facciale unilaterale, idiopatica o di Bell nella maggior parte dei casi, la FNP bilaterale è più spesso correlata auna condizione medica sottostante, che può essere congenita, neurologica, infettiva, neoplastica, traumatica o metabolica.Descriviamo il caso di una bambina di 8 anni con paralisi facciale bilaterale causata da infezione da virus di Epstein-Barr (EBV) con diagnosi e terapia tardive. Alla nostra prima osservazione, avvenuta dopo 30 giorni dalla comparsa diipomimia, inizialmente interpretata in ambito domestico come abbassamento del tono dell’umore, l'esame neurologicomostrava il segno di Bell bilaterale (House & Brackman Grade VI), incapacità di sorridere, fischiare e soffiare, in assenzadi altri segni neurologici. Test sierologici sono risultati positivi per IgM-IgG anti EBV. La Risonanza Magnetica enecefalocon mezzo di contrasto mostrava una flogosi bilaterale del nervo facciale. La paziente è stata trattata con prednisone alladose di 1mg/Kg/die per 6 settimane a dose scalare con completa risoluzione dopo 9 mesi dall’esordio della sintomatologia.Quando un bambino presenta amimia e perdita di sorriso, tutte le cause organiche devono essere escluse prima diprendere in considerazione problemi psicologici.Il virus Epstein-Barr deve essere regolarmente testato quando un bambinopresenta una condizione apparentemente neuroinfettiva poiché è un patogeno comune che può indurre un'ampia varietàdi segni e sintomi. Infine, anche se la diagnosi e la terapia sono tardive, la risoluzione della paralisi da EBV può avvenirecompletamente e la prognosi di questa complicanza neurologica rimane buona.

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COD. P 51

Profilo Cognitivo in bambini con BECTS in monoterapia con Levetiracetam: 2 anni di follow-up

G. Pastorino1, D. Esposito1, S. Aiello1, E. Amadori1, R. Mazza2, F.F. Operto1, G. Coppola1

1Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile, Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria, Università degli Studidi Salerno2Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile, Dipartimento di Scienze Mediche di Base, Neuroscienze e Organi di Senso,Università degli Studi di Bari

INTRODUZIONE: L’epilessia benigna dell’infanzia a punte centrotemporali (BECTS) è una delle più comuni sindromiepilettiche dell’età evolutiva, caratterizzata da crisi motorie focali, con o senza secondaria generalizzazione, poco frequentie di breve durata, che si manifestano prevalentemente durante il sonno. In associazione a questa condizione, sono statedescritte lievi alterazioni del profilo cognitivo e delle funzioni esecutive, difficoltà scolastiche e comportamentali. Non c’èun’indicazione comune nel mondo scientifico su se e quando iniziare la terapia farmacologica in questi pazienti. Per il suoprofilo di efficacia, sicurezza e tollerabilità, il Levetiracetam (LEV) è spesso utilizzato in monoterapia. Gli effetti del LEV sulprofilo cognitivo sono ancora oggetto di studio, specie per quel che riguarda il lungo termine. Il nostro scopo è valutare icambiamenti nel profilo cognitivo in bambini con BECTS trattati con LEV in monoterapia per due anni, confrontandoli adun gruppo di controllo di bambini con Disturbi Specifici dell’Apprendimento.METODI: La nostra coorte di pazienti include 20 bambini di età compresa tra 8-14 anni (media 10,3; DS=1,78), con diagnosidi BECTS, in monoterapia con LEV, e 10 controlli, appaiati per sesso ed età, con Disturbi Specifici dell’Apprendimento.I partecipanti sono stati sottoposti a test standardizzati per la valutazione del profilo cognitivo (WISC-IV) prima diintraprendere la terapia farmacologica e dopo 2 anni di trattamento. I valori ematici medi di LEV e i tracciati EEG sono statiperiodicamente monitorati. Sono stati inoltre presi in considerazione diversi fattori come età, sesso, risposta alla terapiae cambiamenti all’EEG. L’analisi statistica è stata effettuata tramite il test t-student e l'analisi della varianza (ANOVA). Unvalore di p<0,05 è stato considerato statisticamente significativo.RISULTATI: I bambini trattati con LEV per 24 mesi hanno mostrato un lieve, sebbene significativo, miglioramento delprofilo intellettivo generale, con un incremento del punteggio medio di QIT (p=0,000). Anche i punteggi medi degli indicidi Comprensione Verbale, Ragionamento Visuo-percettivo, Memoria di Lavoro e Velocità di Elaborazione hanno subito unlieve ma significativo incremento (p = 0,036; p = 0,047; p = 0,047; p = 0,035). Nel gruppo di controllo il profilo cognitivo èrimasto sostanzialmente invariato dopo 2 anni di follow-up.CONCLUSIONI: Il presente studio dimostra che il trattamento a medio-lungo termine con LEV in bambini con BECTS noninfluisce negativamente sul profilo cognitivo; in alcuni casi le abilità cognitive globali e le funzioni esecutive potrebberorisultare migliorate.

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COD. P 52

Ruolo della biopsia muscolare nella diagnosi del neonato ipotonico

C. Fiorillo1, P. Broda1, C. Romano2, R. Falsaperla2, S. Savasta3, A. Donati4, M. Pedemonte1, C. Bruno1, C. Minetti1

1UOC Neurologia Pediatrica e Malattie Muscolari, Istituto G.Gaslini2Pediatria generale, Ospedale Vittorio Emanuele, Università di Catania, Catania3Dipartimento Materno Infantile, Fondazione IRCCS San Matteo, Pavia4Malattie Metaboliche e Muscolari Ereditarie, Ospedale Meyer, Firenze

Hypotonia in infants is a common diagnostic challenge for paediatricians, neurologists and neonatologists. The approachto the investigations of the floppy infant is composite due to the high number of aetiologic possibilities. Recognition ofspecific phenotype is of paramount importance for management and prognosis.In this work, we want to evaluate the role of skeletal muscle biopsy in the diagnostic work up of children presenting hypotoniain the first year of life. For this purpose we retrospectively examined the histopathological findings obtained in 122 infantswho performed muscle biopsy between years 2006-2016.Patients were divided in neuromuscular hypotonia and complex hypotonia, in case of CNS or other organ involvement orsyndromic features. When available, results from neuroradiological and EMG studies were also collected and comparedwith results. The indications for which the biopsy were required included: suspected neurogenic disorder (12), suspectedcongenital myopathy or muscular dystrophy (68), suspected metabolic disorder (42), mostly of mitochondrial origin (30).Histopathological findings allowed to confirm the clinical question in 6/12 case of neurogenic damage and in a goodpercentage of congenital myopathies or muscular dystrophies (47/68). Conversely, in the group of possible metabolic/mitochondrial disorders, the diagnostic rate was scarce: 25 biopsies resulted non-specific or normal; in 6 a defect ofOXPHOS was documented and in 3 a glycogen storage disease was diagnosed. A final genetic diagnosis was achievedin 26 patients and in all cases was consistent with biopsy findings.In conclusion, muscle biopsy study albeit considered an invasive procedure, is important to confirm or exclude the clinicalsuspect and to successfully target the genetic investigations.

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COD. P 53

Un caso molto particolare di sindrome di Gomez-Lopez-Hernandez

F. Sullo1, A. Portale1, P. Smilari1, F. Greco1, A. Fiumara1, V. Venti1, M. Motta1, M. Ruggieri1, A. Praticò1

1AOU POLICLINICO-VITTORIO EMANUELE, Università degli Studi di Catania, Scuola di Specializzazione in Pediatria

Descriviamo il caso di L. C., bambina di 14 mesi, affetta da una malformazione cerebrale e cerebellare molto rara.Giungeva alla nostra osservazione per ritardo delle acquisizioni psicomotorie. All’esame obiettivo si rilevava bassastatura e microcefalia e la piccola presentava inoltre coloboma ottico monolaterale. Non si rilevavano alterazioni a caricodel cuoio capelluto. La risonanza magnetica dell’encefalo mostrava anomalie dell’organizzazione corticale, ventricolicollassati, malformazione del verme cerebellare, ipoplasia dell’emisfero cerebellare sinistro con iperplasia relativa deldestro, folia orientata orizzontalmente e passante per la linea mediana.Molte delle anomalie cerebrali e cerebellaripresentate dalla paziente erano suggestive di rombencefalosinapsi (RES), una rara malformazione congenita della fossacranica posteriore derivante da una precoce alterazione dello sviluppo cerebellare, che può essere isolata o far partedi un quadro sindromico. L’incidenza della RES è intorno allo 0,1%.In particolare, la nostra paziente presentava ancheipo/agenesia del ganglio semilunare di Gasser di destra, suggestiva di anestesia trigeminale, che è, in associazionealla rombencefalosinapsi e all’alopecia, un segno tipico della sindrome Gomez-Lopez-Hernández (GLHS), rara patologianeurocutanea caratterizzata dalla seguente triade semeiologica: alopecia bilaterale parieto-occipitale, anestesia faccialenel territorio d’innervazione trigeminale e rombencefalosinapsi.Una precoce identificazione dell’agenesia del nervotrigemino nei pazienti con rombencefalosinapsi può accelerare, come nel presente caso, la diagnosi di GLHS e, a suavolta, permette un precoce intervento terapeutico, soprattutto per ciò che riguarda le complicanze oculari che sono noteper determinare effetti a lungo termine. Dai dati emersi dalla letteratura, questo è il primo caso di co-occorrenza dirombencefalosinapsi con il coloboma oculare, seppure in assenza di alopecia.

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COD. P 54

Utilizzo del Perampanel in add-on in epilessie strutturali, genetiche ed di origine sconosciuta : casistica di 21pazienti in età pediatrica

L. Siri1, F. Vercellino 1, M. Cremonte1, I. Bagnasco2

1Osp. Infantile Cesare Arrigo Alessandria2Ospedale Martini ASL Città di Torino

Razionale e obiettivi: Perampanel (PER) è un antagonista selettivo, non competitivo del recettore postsinaptico ionotropodel glutammato (AMPA), approvato originariamente come farmaco in add on nelle epilessie focali con e senza secondariageneralizzazione e più recentemente approvato anche nelle forme primariamente generalizzate. Riportiamo la nostraesperienza “real life” sull’utilizzo di PER, in questo studio prospettico osservazionale in aperto, volto a valutarne l’efficacia ela tollerabilità come terapia in add-on in pazienti < 18 anni affetti da epilessie focali e generalizzate ad eziologia strutturale,genetica e sconosciuta. Metodi: i pazienti descritti (21 casi di cui 11 maschi e 10 femmine, range età: 8-18 anni) sono stativalutati mediante EEG veglia/sonno intercritici e critici, neuroimmagini, esami genetici, valutazioni neuro-cognitive e testpsicologici.Le forme strutturali (8 pazienti) sono sottese a lissencefalia, displasia corticale focale, sclerosi ippocampale,esiti di sofferenza pre-perinatale in nato pretermine, esiti di meningo-encefalite tubercolare, schizencefalia , polimicrogiriaed emimegaloencefalia; le forme genetiche (4 pazienti) sono rappresentate da Sindrome di Dravet (2 casi), S Noonane Duplicazione Xq . 2 pazienti con epilessia generalizzata idiopatica, 6 casi con epilessia “criptogenetica”. Tutti i casisono farmacoresistenti. Risultati: efficacia sulla frequenza critica (con riduzione delle crisi >50%) è stata dimostrata in13 pazienti (2 pazienti sono rimasti in monoterapia con PER con controllo al 100% delle crisi), in 6 casi scarsa efficacia(riduzione <50% della frequenza critica), in 2 pazienti il farmaco è stato sospeso effetti avversi. Si registra maggiore efficacianelle epilessie strutturali e focali. Efficacia in 1 paziente anche sulla frequenza degli attacchi emicranici. Effetti collateralipiù frequenti sonnolenza e turbe del comportamento con aggressività.Conclusioni: Perampanel si è dimostrato efficacein add on nel trattamento delle epilessie farmacoresistenti focali e generalizzate (primitivamente e secondariamente),con un profilo di safety/tollerabilità accettabile. Gli effetti collaterali più frequentemente riferiti sono sonnolenza e disturbipsichici (osservati prevalentemente in pazienti con disabilità cognitiva medio-grave). I pazienti con forme strutturali efocali appaiono maggiormente responsivi anche se l’esiguità del campione non consente, al momento, una conclusionestatisticamente significativa.

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COD. P 55

Analisi della presentazione clinica d’esordio di patologie immunomediate del SNC in una coorte di pazientiosservati presso la Clinica Pediatrica di Pavia dal 2012 al 2018

E. Spreafico1, T. Foiadelli1, A.M. Campana1, D. Pantaleo1, G.L. Marseglia1, S. Savasta1

1Clinica Pediatrica, Fondaz.IRCCS Policlinico S.Matteo, Università di Pavia, Pavia

I disordini di natura immunomediata ed infettiva del Sistema Nervoso Centrale (IDCNS) rappresentano uno spettroeterogeneo di patologie, relativamente rare se considerate singolarmente, per le quali finora sono stati condottipochi studi epidemiologici. Fino all’85% dei casi considerati presenta un’eziologia sconosciuta. La scarsità, inoltre,di specifici “biomarkers” diagnostici e prognostici motiva la complessità diagnostica e gestionale di tali patologie,che si basa essenzialmente su dati clinico-strumentali. I disordini immunomediati del SNC sono associati, se nonprecocemente riconosciuti, ad una mortalità elevata (fino al 7%) e da un’alta morbilità (deficit motori, psico-cognitivi, sociali,comportamentali). Un inquadramento diagnostico tempestivo è fondamentale per instaurare terapie precoci ed efficaci elimitare le complicanze.Abbiamo condotto uno studio retrospettivo sulla presentazione clinica d’esordio di IDCNS. L’obiettivo dello studio è dianalizzare i dati epidemiologici e clinici, le modalità di presentazione e le indagini strumentali effettuate in urgenza, alfine di: descrivere le caratteristiche dei segni clinici d’esordio dei pazienti con IDCNS, individuare fattori di rischio perla diagnosi, valutare l’appropriatezza e l’efficacia degli accertamenti eseguiti in urgenza e valutare il ritardo diagnosticonella nostra casistica. Quaranta pazienti con IDCNS seguiti presso la Clinica pediatrica dell’IRCCS San Matteo di Paviasono stati inclusi nello studio. Le informazioni cliniche ed epidemiologiche sono state raccolte in un database informatico.L’età di presentazione era compresa fra 6 giorni e 14 anni (mediana 6,9 anni) con un rapporto maschi/femmine di 1,35:1.La presentazione neurologica principale è stata: alterazioni della forza e del tono muscolare (18 pz), interessamentooculare (12 pz), fra cui calo visus, diplopia, fotofobia, nistagmo, alterazioni della coscienza (11 pz), atassia (11pz), cefalea(10pz), crisi convulsive e spasmi (6 pz), parestesie (4 pz). La diagnosi iniziale principale è stata di disturbo visivo, episodiocritico, encefalite, atassia, cefalea, febbre, flogosi delle vie aeree, disturbi gastrointestinali, disturbi della coscienza/delcomportamento, cerebellite. Il ritardo diagnostico medio è stato di 3 giorni (mediana). Nove pazienti hanno effettuato EEGin urgenza, che ha indirizzato la diagnosi in sette di questi (77%).Conclusioni: i risultati di questo studio, in linea con la letteratura, evidenziano come le IDCNS siano spesso misdiagnosticatein Pronto Soccorso. Questo comporta spesso ritardi diagnostici ed un ricorso improprio ad indagini strumentali poco utili.Riteniamo che uno studio della presentazione clinica d’esordio delle IDCNS sia fondamentale per migliorarne il percorsodiagnostico-terapeutico, permettendo una miglior presa in carico in urgenza e potenzialmente limitando le complicanze.

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COD. P 56

Approccio al bambino con alterazione acuta dello stato di coscienza in Pronto Soccorso pediatrico

G. Vassura1, C. Biagi1, D. Chiarello2, E. Ricci2, V. Di Pisa2, A. Perrone2, S. Ubertiello2, D.M. Cordelli2, E. Franzoni2, M.

Lanari1

1U.O. Pediatria d'Urgenza, Pronto Soccorso Pediatrico e Osservazione Breve Intensiva, Policlinico S. Orsola-Malpighi,Bologna2U.O. Neuropsichiatria Infantile, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna

I pazienti che giungono in Pronto Soccorso (PS) Pediatrico presentando una condizione di alterazione acuta dello statodi coscienza (ASC) ad eziologia ignota rappresentano per il clinico una complessa sfida diagnostica. In letteratura sonopresenti pochi dati riguardanti questa specifica condizione; tuttavia, la conoscenza dei dati epidemiologici, delle eziologie edelle presentazioni cliniche più frequenti è di grande utilità per l’inquadramento diagnostico e la gestione di questi bambini. Atale scopo abbiamo condotto uno studio retrospettivo monocentrico, con l’obiettivo di descrivere l’esperienza maturata tra il2012 e il 2017 nel PS pediatrico del Policlinico Universitario di Bologna. Sono stati identificati 47 pazienti, che rappresentanolo 0,04% degli accessi in PS nel periodo considerato. La causa più frequente di ASC ad eziologia ignota è risultata esserequella psicogena/funzionale (27,7%), seguita da quella infettiva (21,3%) e da quella epilettica non convulsiva (17%); il9 % dei casi sono rimasti ad eziologia ignota. La riduzione del livello di coscienza è stata l’alterazione riscontrata piùfrequentemente (63,8%), seguita da confusione e disorientamento (21,3%). Oltre il 60% degli episodi ha avuto durata ≤3ore. L’età media dei bambini con ASC è risultata essere di 6,7 anni, con un valore significativamente più basso per leASC di origine infettiva (1,2 anni; p ,000). Si è registrata inoltre una maggiore incidenza di ASC psicogena/funzionale neipazienti di età superiore ai dieci anni e nel sesso femminile, che tuttavia non ha raggiunto la significatività statistica. L’esamestrumentale più importante per identificare l’eziologia dell’alterazione si è rivelato essere l’EEG che, quando eseguito incorso di ASC, nonostante le difficoltà logistiche legate alla condizione di urgenza, ha permesso di orientare fortemente ladiagnosi (p ,007 nella distinzione tra le tre cause più frequenti: psicogena, infettiva ed epilettica).

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COD. P 57

Crisi Psicogene o Crisi Epilettiche? Importanza della registrazione video-EEG prolungata

A. Lividini1, G. Mazzanti1, L. Maltoni1, V. Gentile1, V. Di Pisa1, E. Ricci1, E. Franzoni1, D.M. Cordelli1

1U.O. Neuropsichiatria Infantile, Policlinico Sant'Orsola, Università di Bologna, Bologna

Background: Le crisi psicogene non epilettiche sono crisi parossistiche involontarie caratterizzate da un improvvisocambiamento del comportamento o dello stato di coscienza non accompagnate da modificazioni elettroencefalograficheparossistiche proprie delle crisi epilettiche. Gli episodi critici epilettici possono presentare una semeiologia confondibilecon crisi psicogene, e viceversa; per questo e# importante individuare dei criteri clinici e strumentali che possano aiutarenel differenziare i due diversi tipi di “episodi parossistici”. Una descrizione dettagliata dell’evento ed un’anamnesi accuratasono elementi fondamentali per la corretta diagnosi, ma il gold standard e# rappresentato dalla registrazione video-EEGdegli eventi. In questo studio abbiamo voluto valutare l’utilità del monitoraggio video-EEG prolungato in questo tipo didiagnostica differenziale. Metodi: In questo studio di tipo osservazionale retrospettivo sono stati inclusi tutti i pazienti in età pediatrica valutati dal01/01/2014 al 31/03/2018 per “episodi parossistici” di incerta natura in cui si poneva la diagnosi differenziale tra crisipsicogene e crisi epilettiche, per un totale di 41 pazienti. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a registrazione video-EEGprolungato con registrazione di almeno un evento.Risultati: Dei 41 pazienti inclusi nello studio, 33 hanno ricevuto diagnosi di crisi psicogena; di questi, 6 soggetti presentavanoun’anamnesi personale positiva per epilessia, attiva o in remissione. Nei restanti 8 pazienti la registrazione video EEGprolungata ha consentito di porre diagnosi di epilessia focale (del lobo temporale nella stragrande maggioranza dei casi).In precedenza, gli episodi parossistici presentati da tali soggetti erano stati misdiagnosticati come: attacchi di panico,manifestazioni emotive, disturbi gastrointestinali funzionali, cefalea e distonie. In questi soggetti il ritardo diagnostico medioè risultato di circa 2 anni, tuttavia in media il tempo trascorso tra un’accurata valutazione neurologica e la diagnosi correttaè stato stimato in circa 1.5 mesi.Conclusioni: La diagnosi differenziale tra crisi psicogene e crisi epilettiche risulta spesso insidiosa. La registrazione video-EEG degli eventi, come confermato dai risultati di questo studio, è fondamentale. La nostra esperienza dimostra comesia alto il rischio di un ritardo diagnostico o di una errata diagnosi. Appare importante segnalare la possibilità, riscontratanella nostra pratica clinica e scarsamente riportata in letteratura, di una diagnosi errata di crisi psicogene in pazienti concrisi epilettiche focali nonconvulsive.

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COD. P 58

Epilessia e ritardo del neuro sviluppo: un caso associato a mutazione del gene SYT1

E.M.G. Marrella1, R. Faggioli1, E. Fiumana1, A. Suppiej1, M. Iascone2, A. Danieli3, R. Tenconi4

1Dipartimento di Scienze Mediche, Sez. Pediatria, Università degli Studi di Ferrara2Laboratorio di Genetica Molecolare, ASST Papa Giovanni XXIII, Bergamo3IRCCS La Nostra Famiglia, Conegliano (TV)4Università di Padova

Le sinaptotagmine sono una famiglia di proteine della vescicola sinaptica, richieste per la fusione delle vescicole stessealle sinapsi. La sinaptotagmina-1 è il sensore per il rilascio rapido e sincrono del neurotrasmettitore; è noto che i geni checontrollano le funzioni pre e post-sinaptiche intervengono nei disordini del neurosviluppo associati ad epilessia.Descriviamoil caso di un bambino con una mutazione in cui il sequenziamento della parte codificante di tutti i geni (WES) ha permessodi giungere alla diagnosi eziologica.Si tratta di un maschio di 9 anni, nato a termine da genitori non consanguinei, anamnesifamiliare negativa per patologie neurologiche. Gravidanza decorsa con riscontro di movimenti fetali scarsi e tardivi; allanascita buon adattamento perinatale, riscontro di ipotonia assiale e postura distonica. Nel corso del primo anno di vita sonostate osservate difficoltà visive con sguardo non catturabile, inseguimento assente, ritardo psicomotorio ed epilessia concrisi apparentemente generalizzate in apiressia. EEG intercritici caratterizzati da attività di fondo rallentata ed ipervoltataper l’età, assenza dei fisiologici grafoelementi ipnici, anomalie epilettiformi diffuse con prevalenza posteriore. Buon controllodelle crisi in terapia con Valproato, levetiracetam e Rivotril per due anni, successivamente sospesa in assenza di nuove crisi.Gli esami metabolici, CGH array e la RMN encefalo, EMG, ENG arti superiori ed inferiori sono risultati nella norma, ERG ePEV alterati. Il follow up neurologico ha confermato un quadro non evolutivo di grave compromissione cognitiva motoria,visiva (da causa mista centrale e retinica) e del linguaggio.L’analisi mediante NGS dei geni UBE3A, TCF4, SCL9A6, MECP2è risultata negativa.Il sequenziamento dell’intero esoma ha messo in luce la presenza di una mutazione a carico del geneSYT1 che codifica per la sinaptotagmina. In letteratura sono stati pubblicati solo 11 casi (nel 2015 e nel 2018), di cui 4 con lastessa mutazione del nostro paziente. Presentano caratteristiche in comune con il nostro caso: ipotonia ed iporeattività nel1°anno di vita con posture distoniche, cerebral visual impairment, ritardo motorio di grado severo, un’importante disabilitàintellettiva, linguaggio assente, disturbo del comportamento ed epilessia. La RM encefalo in tutti i pazienti non mostraalterazioni strutturali, né qualitative di maturazione, mentre le registrazioni EEG documentano attività lenta ed ipervoltataprevalente sulle regioni posteriori che nel tempo assume una localizzazione anteriore. Le mutazioni di tale gene potrebberoessere più frequenti e andrebbero ricercate nei pazienti che presentano un quadro clinico analogo a quello descritto.

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COD. P 59

La Neuropatia ereditaria con suscettibilità alle paralisi da compressione: descrizione di due casi clinici di piedecadente ad esordio acuto

L. Maltoni1, V. Di Pisa1, M. Giannotta2, F. Pastorelli3, A. Parmeggiani1, A. Pini2

1UOC di Neuropsichiatria Infantile, Azienda Ospedaliero Universitaria, Policlinico S.Orsola- Malpighi, Bologna2UOC di Neuropsichiatria Infantile, IRCCS istituto delle Scienze Neurologiche, O. Bellaria-Maggiore, Bologna3UOC di Neurologia, IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche , O.Bellaria, Bologna

IntroduzioneLa neuropatia ereditaria con suscettibilità alle paralisi da compressione (HNPP: Hereditary Neuropathy with Liability toPressure Palsy) è caratterizzata da mononeuropatie ricorrenti solitamente prive di dolore e ad esordio acuto dopo traumiminori e/o compressioni. Questa patologia è ereditaria autosomica dominante (delezione gene PMP22). Usualmente sonointeressati il nervo peroneale o ulnare. L'esordio è generalmente acuto e raramente sono segnalati casi nella prima decadedi vita. Riportiamo due casi in età evolutiva giunti alla nostra osservazione durante accesso al Pronto Soccorso (PS)Pediatrico.Caso clinico 1Maschio, 7 anni. Accesso in PS Pediatrico per esordio acuto di piede cadente destro associato a parestesie. All'esameobiettivo deficit di dorsiflessione ed abduzione del piede destro con ROT ipoevocabili a destra. In anamnesi riferita posizioneseduta con gambe incrociate e successiva caduta a terra con frattura del metatarso e posizionamento di tutore per un mese.ENG compatibile con mononeuropatia sensitivo-motoria con blocchi di conduzione. L'analisi molecolare ha confermato ilsospetto di delezione del gene PMP22. Il piede cadente è progressivamente migliorato: risoluzione quasi completa dopo6 mesi.Caso clinico 2Maschio, 10 anni. Accesso in PS Pediatrico per esordio acuto di piede cadente destro. All'esame obiettivo neurologico:piede cavo bilaterale, deficit di dorsiflessione e abduzione del piede destro con ROT achillei ipoevocabili a destra. Inanamnesi riferito utilizzo di hoverboard in ginocchio per lungo tempo. ENG compatibile con mononeuropatia sensitivo-motoria con blocchi di conduzione. L'analisi molecolare ha confermato il sospetto di delezione del gene PMP22. Effettuataterapia cortisonica per 10 giorni. Clinicamente è progressivamente migliorato fino a completa remissione dopo circa 2 mesi.In anamnesi familiare riferiti nella madre ricorrenti episodi di paralisi transitorie nell'infanzia.DiscussioneHNPP è una condizione genetica rara. La presenza di due o più delle seguenti caratteristiche (esordio acuto,mononeuropatia, familiarità positiva, ricorrenza di uno stesso deficit, compressioni di bassa intensità eventualmente seguiteda parestesie) può essere suggestiva per tale patologia ma spesso la causa viene imputata a traumi diretti, senza chevengano effettuati ulteriori accertamenti. La HNPP è dunque probabilmente sottodiagnosticata in età pediatrica e vainvece attentamente ricercata. Di fronte ad una paralisi acuta segmentale in un bambino, oltre alla valutazione neurologicarimane fondamentale l'esecuzione di esami neurofisiologici (ENG/EMG) e genetici mirati. La terapia con steroidi, oltre allariabilitazione, può essere indicata. Studiare poi l'eventuale presenza della suscettibilità genetica nei famigliari e fornireconsigli per prevenire la sintomatologia evitando posture "trigger" è altrettanto importante.

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COD. P 60

La valutazione neuropsicologica del paziente pediatrico con encefalite da anti-NMDAR

E. Cainelli1, S. Sartori1, M. Nosadini1, A. Suppiej1,2

1Neurologia e Neurofisiologia Pediatrica, Azienda Ospedaliera Università di Padova2Dipartimento di Scienze Mediche, Università di Ferrara, Ferrara

Introduzione. L’encefalite anti-N-methyl-D-aspartate receptor (NMDAR) è un disordine autoimmune grave ma trattabile,dovuto ad autoanticorpi che bloccano i recettori NMDA determinando una costellazione peculiare di sintomi cognitivi, motorie psichiatrici. Gli esiti neuropsicologici e psicologici non sono stati però ancora studiati estesamente, soprattutto nei bambini.

Obiettivo. Valutare gli esiti neuropsicologici e psicologici a lungo termine in bambini affetti da encefalite da anticorpi anti-NMDAR.

Metodo. Sette bambini diagnosticati presso il Dipartimento Salute Donna e Bambino dell’Università di Padova sono statisottoposti ad una valutazione di screening del funzionamento cognitivo (Minimental Pediatrico) prima della dimissione, aduna valutazione neuropsicologica completa entro un mese dalla dimissione e seguiti longitudinalmente con valutazioni difollow up per una media di 35 mesi (range 24 – 48 mesi).

Risultati. Entro un mese dalla dimissione, tutti i bambini presentavano deficit attentivi e nelle funzioni esecutive. Questideficit sono risultati persistere in circa la metà dei pazienti. Quattro pazienti hanno sviluppato persistenti problematichepsicologiche: difficoltà a regolare il proprio comportamento, impulsività, iperattività, irritabilità, apatia e sintomi ossessivo-compulsivi.

Discussione. I risultati sono in linea con gli studi che individuano le funzioni esecutive come il problema cognitivocentrale nell’encefalite anti-NMDAR. Abbiamo inoltre messo in luce rilevanti problematiche comportamentali e psicologicheassociate.

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COD. P 61

SCA-21 ed episodi ricorrenti di insufficienza respiratoria acuta: segnalazione di un'associazione mai descritta.

G.G. Salerno1, C. Spagnoli1, S. Schiavoni1, S. Rizzi1, D. Frattini1, C. Fusco1,2

1SOC Neuropsichiatria Infantile, Azienda USL-IRCCS di Reggio Emilia, Reggio Emilia, Italia2Laboratorio di Neurofisiologia delle malattie neuromuscolari dell'età evolutiva, Azienda USL-IRCCS di Reggio Emilia,Reggio Emilia, Italia

RAZIONALE ED OBIETTIVI: L'atassia spinocerebellare autosomica recessiva 21 (SCA21, MIM #616719) è una raraatassia cerebellare ad esordio infantile, associata ad atrofia cerebellare, disabilità intellettiva di grado lieve e neuropatiaperiferica a esordio tardivo, caratterizzata da episodi ricorrenti di insufficienza epatica, frequentemente scatenati da febbre,e successivo sviluppo di fibrosi epatica ed epatosplenomegalia. E' causata da mutazioni nel gene SCYL1 (MIM *607982),codificante per una proteina coinvolta nel trasporto intracellulare (Golgi-reticolo endoplasmatico e trasporto nucleo-citoplasmatico dei tRNA). E' recente la descrizione di un fenotipo eminentemente epatico (sindrome CALFAN: colestasicon bassi valori di gamma-GT, insufficienza epatica acuta, neurodegenerazione), mentre un coinvolgimento dell'apparatorespiratorio non è mai stato riportato. METODI: Riportiamo i dati clinici, laboratoristici, neuroradiologici e genetici di unapaziente con SCA21 con conferma molecolare. RISULTATI: Una paziente di 7 anni, nata a termine da genitori sani nonconsanguinei, presenta sindrome cerebellare esordita a 23 mesi con tremore episodico inizialmente scatenato da febbre,atrofia cerebellare, disturbo della motricità oculare (paralisi di sguardo verso l'alto e aprassia oculomotoria) e disabilitàintellettiva con prevalente interessamento del linguaggio. Fin dall'infanzia ha presentato infezioni respiratorie ricorrenti edepisodi di insufficienza respiratoria con essudato pleurico; a 18 mesi episodi di distensione addominale (ecografie nellanorma). In corso di febbre presenta regressione (peggioramento del tremore e dell'instabilità posturale, regressione dellinguaggio), con valori di transaminasi in acuto nella norma. A 7 anni è presente modesta epatosplenomegalia omogenea;l'elettroneurografia (precedentemente negativa) mostra una severa polineuropatia motoria prevalentemente assonale. Ilsequenziamento dell'esoma dimostra la duplicazione di 1-bp in omozigosi c.1534dupT, p.(Cys512Leufs*8) (NM_020680.3)nel gene SCYL1, verosimilmente patogenetica, non riportata in letteratura né nel Genome Aggregation Database (gnomAD)o nei database pubblici di mutazioni (HGMD, ClinVar). Entrambi i genitori sono risultati eterozigoti per tale variante.CONCLUSIONI: Il fenotipo neurologico descritto è pienamente compatibile con una diagnosi di SCA21 e conforme alleprecedenti descrizioni in letteratura. La variante identificata, pur non essendo descritta, è classificata come verosimilmentepatogenetica. A nostra conoscenza finora non risultano casi in cui si siano manifestati episodi ricorrenti di insufficienzarespiratoria con regressione clinica. E' però dimostrato che l'espressione genica di SCYL1 è ubiquitaria in tutti i tessuti.Inoltre la possibilità di coinvolgimento sistemico nelle atassie cerebellari è nota, pertanto possiamo ipotizzare che nonsolo episodi acuti di insufficienza epatica, ma anche di insufficienza respiratoria possano far parte del fenotipo clinico neipazienti portatori di varianti patogenetiche di SCYL1.

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COD. P 62

Stress genitoriale in un campione di bambini con epilessia

R. Mazza, G.M.G. Pastorino, S. Campanozzi1, F.F. Operto1, L. Margari1, G. Coppola2

1Unità di Neuropsichiatria Infantile, Università degli studi di Bari Aldo Moro2Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Facoltà di Medicina, Università di Salerno

ObiettivoScopo del lavoro è stato confrontare i livelli di stress tra madri e padri in due gruppi di bambini con diverse tipologie diepilessia, al momento della diagnosi e dopo un anno di follow-up e di esaminare eventuali differenze presenti nei livelli distress genitoriale nei due gruppi di pazienti.MetodiAbbiamo studiato lo stress genitoriale in un campione di 85 bambini epilettici di età compresa tra 2 e 14 anni, dividendo ilnostro campione in due gruppi sulla base della diagnosi ricevuta. Il gruppo 1 (50 pazienti) includeva bambini con diagnosidi Epilessia Assenza dell’Infanzia o Epilessia Parziale Idiopatica con Parossismi Rolandici; Il gruppo 2 (35 pazienti) eracostituito da pazienti affetti da forme diverse di epilessia severa, farmacoresistente. I genitori hanno compilato, in manieraindipendente tra loro, il Parenting Stress Index- Short Form al tempo 0, quando hanno ricevuto la diagnosi per la primavolta e i pazienti hanno iniziato un farmaco antiepilettico, e al Tempo 1, dopo un anno di follow-up.RisultatiI risultati del presente studio mostrano alti livelli di stress genitoriale sia nelle madri che nei padri al tempo 0, cioè quandoi loro bambini hanno ricevuto la diagnosi e la terapia farmacologica, senza differenze statisticamente significative tra i duegruppi di pazienti. In entrambi i gruppi, i punteggi erano nel "range patologico" per le scale PD, P-CDI e TS, mentre ipunteggi della scala DC erano nel "range di normalità". Al Tempo 1, i valori di stress erano sostanzialmente invariati rispettoal Tempo 0 nelle madri del Gruppo 1; al contrario, i livelli di stress genitoriale nei padri del gruppo 1 erano ridotti rispettoal tempo 0, con valori medi che tutti rientravano nel "range di normalità". Nel gruppo 2, abbiamo invece rilevato che i livellidi stress si riducevano sia nelle madri sia nei padri rispetto al tempo 0; tuttavia, tutti gli indici analizzati continuavano adessere nel "range patologico", per entrambi i genitori.ConclusioniIl nostro studio mostra che, contrariamente a quanto si potrebbe supporre, una diagnosi di epilessia porta sempre ad unaumento dello stress genitoriale, indipendentemente dalla gravità della condizione clinica. Inoltre, anche dopo un periododi follow-up, quando l'epilessia è meglio controllata dalla terapia farmacologica, i livelli di stress genitoriale rimangonoelevati e sono principalmente legati alla condizione epilettica in sè, a sentimenti di inadeguatezza da parte dei genitori ealla preoccupazione per la malattia dei loro figli.

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COD. P 63

Disturbo dello spettro autistico associato a disabilità cognitiva ed epilessia con crisi spontanee ed autoindottee delezione del gene NRXN1

E. Parente1, E. Rebessi1, C. Ghiroldi1, M. Pecoraro1, L. Giordano2, A. Romeo1

1UOC Neurologia Pediatrica e Centro Regionale per l'Epilessia, Ospedale Fatebenefratelli e Oftalmico, Milano2UOC Pediatria, Ospedale Fatebenefratelli e Oftalmico, Milano

E.B: all’età di circa 3 anni posta diagnosi di DGS. Anamnesi familiare e personale negative.A 8,7 anni: in sonno, crisitonico-clonica generalizzata seguita dopo 2 ore da un’altra crisi con deviazione del capo ed occhi a destra e successivageneralizzazione; dopo circa 2 mesi: analogo episodio. Inizio terapia con VPA: scarso controllo delle crisi, mensili. A 10,6anni: crisi in cluster autoindotte, caratterizzate da iperventilazione poi apnea, deviazione del capo a destra o sinistra, perditadi contatto, ipertono diffuso, caduta a terra. Terapia VPA + LTG senza effetto poi ZNS e RFN con buon controllo delle crisi.Accertamenti effettuati: Cariotipo e analisi molecolare per sito X fragile, aminoacidi plasmatici e urinari: nella norma. RMNencefalo: cisti della ghiandola pineale.ARRAY – CGH (La Nostra Famiglia – Bosisio Parini): delezione in 2p16.3 di circa 123 kb. La regione deleta 2p16.3 contieneparzialmente il gene NRXN1. Stessa microdelezione presente nel padre.EEG: marcata disorganizzazione diffusa con presenza nel sonno di attività inabituale rapida. Crisi correlate ad attivitàritmica di P e PP diffuse.Il gene(NRXN1) è mappato sul cr 2p16 e codifica per una proteina appartenente alla famiglia delle neuroxine, altamenteespresse a livello cerebrale, la Neurexina 1: molecola di adesione cellulare, il cui normale funzionamento è essenzialeper una corretta neurotrasmissione. Costituisce un complesso trans-sinaptico fungendo da recettore al quale si leganole neuroligine. La delezione del gene NRXN1 in eterozigosi è stata identificata in individui che presentavano un vastospettro di disturbi neuroevolutivi e, in omozigosi, in soggetti con epilessia ad esordio precoce o nella Sindrome di Pitt-Hopkins-like2.Il nostro caso è caratterizzato da una delezione in eterozigosi del gene NRXN1 e presenta un fenotipo con aspetti similialla Pitt-Hopkins-like-2 syndrome che non è mai stato riportato in letteratura; inoltre non è mai stato descritto un quadroelettroclinico caratterizzato da crisi epilettiche autoindotte.

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COD. P 64

Ruolo prognostico dell’analisi spettrale dell’EEG nel neonato prematuro

I.L.C. Wigley Mariani1, E. Cainelli2, L. Vedovelli3, A. Suppiej4,2

1Dipartimento di Psicologia, Università degli studi di Padova, Padova2Neurologia e Neurofisiologia Pediatrica, Azienda Ospedaliera Università di Padova3PCare and Critical Care Biology Laboratories, Istituto di Ricerca Pediatrica "Città della Speranza", Padova4Dipartimento di Scienze Mediche- Sezione Pediatria, Università degli Studi di Ferrara, Ferrara

Introduzione. Il miglioramento delle tecniche di terapia intensiva ha determinato una significativa riduzione di mortalità emorbilità severe nel neonato prematuro, mentre l’incidenza delle problematiche neuroevolutive ad esordio tardivo rimanealto. Attualmente la grande sfida della ricerca consiste nell’identificare precocemente quei neonati a rischio di svilupparea lungo termine disordini del neurosviluppo.Obiettivo. Valutare il ruolo prognostico dell’analisi spettrale dell’EEG sullosviluppo a lungo termine di problematiche cognitive e comportamentali nel neonato prematuro.Metodo. E’ stato registrato,

al raggiungimento della 35 settimana post-concezionale, un EEG multicanale in 25 neonati nati fra le 23+2 e le 34 settimanegestazionali, privi di fattori di rischio clinici e neuroradiologici. Trenta minuti di segnale EEG, in sono attivo, sono statitrasformati nel dominio di frequenza nelle seguenti bande: delta (0.5-4 HZ), theta (5-7 Hz), alpha (8-13 Hz) e beta(14-20 Hz). Al compimento di 5 anni di età (range 5-6 anni) i bambini sono stati sottoposti ad una valutazione del profilocognitivo (WPPSI-III e WISC-IV) e neuropsicologico (BVN 5-11, NEPSY-II). I genitori hanno compilato dei questionarisul comportamento (CBCL 1 ½ -5, 6-18, CPRS-R). E’ stata eseguita una regressione lineare allo scopo di individuarel’associazione fra le potenze spettrali ed i risultati ai test; l’età gestazionale è stata inserita nell’analisi come covariata percontrollarne l’effetto.Risultati. I bambini che a 35 settimane post-concezionali presentavano nelle aree centrali maggiorivalori di potenza spettrale in banda delta e minori valori in theta e beta hanno ottenuto peggiori performances ai test diattenzione sia uditiva che visiva. Inoltre, alti valori in banda teta in sede temporale si associavano a minori livelli di ansiae difficoltà attentive, come riportato dai questionari. Discussione. L’analisi spettrale dell’EEG in epoca neonatale è utileper identificare quei neonati prematuri a maggior rischio di sviluppare disturbi ad esordio tardivo. Inoltre, l’analisi spettraleha rivelato buone capacità prognostiche soprattutto sulle problematiche ad alta incidenza in questa popolazione clinica(disturbi internalizzanti e difficoltà attentive).

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COD. P 65

DISTONIE FACIO-BRACHIALI IN PAZIENTE CON ENCEFALITE DI RASMUSSEN ATIPICA.

M.V. Rossi1, P. Conti1, A. Pellegrino1, D. Gagliardi1, M. Sesta1

1UOC Neurologia – Ospedale Pediatrico “Giovanni XXIII” Azienda Ospedaliero Universitaria Consorziale Policlinico di Bari

Introduzione: L’encefalite autoimmune di Rasmussen (ER) è una rara forma di encefalite focale cronica, ad eziologianon nota, di solito caratterizzata da emiatrofia cerebrale progressiva ed epilessia parziale continua farmacoresistente.I principali casi descritti in letteratura riguardano la popolazione pediatrica.Caso clinico: paziente di anni 4, di razzaasiatica, pregressa broncopolmonite virale all’età di un anno in anamnesi. Viene ricoverato in neurologia in seguito all’acutacomparsa, durante un episodio flogistico delle prime vie respiratorie, di movimenti atetosico-distonici nel distretto facio-brachiale (movimenti di torsione seguiti da chiusura tonica a pugno della mano destra, discinesie facciali con protrusionedella lingua, mioclonie del volto a desta, episodi di rotazione brusca del capo verso destra ed oculoversione in alto delladurata di 5-10 secondi). All’ingresso, l’EEG dopo privazione ipnica ha mostrato punte medio voltate, in brevi sequenze,sulle derivazioni frontali di destra e registrato una crisi elettroclinica caratterizzata da sollevamento e flessione dell’artosuperiore destro, oculoversione sinistra, afasia, reazione di arresto assente, sequenze delta di ampio voltaggio all’emisferosinistro. L’RMN encefalo ha evidenziato un’area triangolare iperintensa in T2 e FLAIR ed isointensa in T1, priva di contrast-enhancement, corrispondente alla porzione anteriore del nucleo lenticolare di sinistra, confermata per caratteristiche disegnale e dimensioni, ad un controllo RMN dopo 30 giorni. Nel mentre il paziente è stato trattato con carbamazepina,metilprednisolone e.v. e aloperidolo ma la remissione delle distonie e delle crisi epilettiche è stata ottenuta medianteplasmaferesi (8 sedute). L’esame chimico fisico del liquor, gli esami sierologici per virus erpetici e parvovirus hanno avutoesito negativo cosi come la ricerca di anticorpi anti-GAD, anti-NMDA, e anti AMPA1/2. È stata riscontrata positività per glianticorpi anti-GluR3 su liquor (peptidi A e B) e su siero (peptidi A-B-C-D). Un controllo RMN a 4 mesi ha confermato lapresenza della lesione iperintensa nelle sequenze T2 e FLAIR in apparente riduzione dimensionale.Conclusioni: la diagnosiè stata formulata sulla base del riscontro di anticorpi anti recettore GluR3 peptidi A e B su liquor e siero, i quali sonoaltamente specifici per la ER. La risposta alla plasmaferesi precocemente eseguita è stata brillante. Al controllo neurologicodopo 4 mesi, persiste lieve atteggiamento distonico dell’arto superiore destro. Il caso è tuttavia atipico per caratteristichecliniche (discinesie e disturbi comportamentali, assenza di epilessia parziale continua farmacoresistente), per l’assenza disegni di atrofia cerebrale anche a distanza dalla fase acuta e meritevole di monitoraggio neurologico nel tempo.