UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FERRARAFACOLTÀ DI GIURISPRUDENZA
Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza
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TESI DI LAUREA IN DIRITTO DEL LAVORO DELL’UNIONE EUROPEA
IL FONDO SOCIALE EUROPEO PER ILFINANZIAMENTO DELLE POLITICHE DI
ATTIVAZIONE A FAVORE DEI LAVORATORI ANZIANI: L’ESPERIENZA FERRARESE
Relatore:
Prof. ssa Silvia Borelli
Correlatore: Laureando
Prof. Aurelio Bruzzo Alessandro Bignardi
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Anno Accademico 2011-2012
1
Indice
Introduzione.................................................................................................................................3
Capitolo 1
Le politiche comunitarie di attivazione per i lavoratori anziani
1. Il modello europeo delle politiche di attivazione tra workfare e welfare
to work........................................................................................................................
2. Le politiche di attivazione per i lavoratori anziani nella politica
occupazionale dell’UE................................................................................................
3. Le politiche comunitarie di attivazione per i lavoratori anziani
implementate attraverso gli strumenti finanziari comunitari....................................
Capitolo 2
Il Fondo Sociale Europeo
1. Il Fondo Sociale Europeo nella politica comunitaria dei Fondi
Strutturali..................................................................................................................
2. La programmazione dei Fondi Strutturali e del Fondo Sociale Europeo
per il periodo 2007-2013: principi e obiettivi...........................................................
3. Il procedimento di programmazione e i sistemi di gestione, controllo e
sorveglianza dei programmi operativi.....................................................................
4. Il Programma Operativo Regionale F.S.E. 2007-2013. della Regione
Emilia Romagna.......................................................................................................
2
Capitolo 3
Le politiche di attivazione per i lavoratori anziani finanziate attraverso il
Fondo Sociale Europeo: l’esperienza ferrarese
1. I lavoratori anziani nell’ambito del mercato del lavoro della Provincia
di Ferrara...................................................................................................................
2. Il progetto ‘Over F.O.R.T.I.’.....................................................................................
3. I progetti di politiche attive attivati nel 2010...........................................................
4. Una verifica dell’esperienza ferrarese .....................................................................
Conclusioni......................................................................................................................
Bibliografia......................................................................................................................
Indice analitico dei documenti ufficiali...........................................................................
Ringraziamenti.................................................................................................................
3
Introduzione
Il diritto del lavoro ha ormai da anni stabilmente ampliato lo spettro della sua indagine
oltre i singoli livelli nazionali; questo, inizialmente per concentrare una parte dei suoi
sforzi sulla nascita e lo sviluppo di una normativa comunitaria che si occupa di alcuni
dei suoi aspetti fondamentali (sicurezza sul lavoro, orari di lavoro..) e successivamente
per approfondire la nascita vera e propria di una politica sociale di livello europeo.
Relativamente a questo secondo ambito, la presente trattazione ha l’obiettivo di
approfondire alcuni degli aspetti e degli strumenti più tipici dell’azione comunitaria. Di
seguito, si cercherà di spiegare e far comprendere le ragioni alla base della scelta
dell’oggetto della trattazione.Prima di tutto, le politiche attive del lavoro. Si vedrà che costituiscono oggi, secondo gli
obiettivi comunitari, lo strumento prioritario per tutelare e promuovere il diritto al
lavoro; si tratta di una prospettiva del tutto innovativa per il panorama nazionale italiano
e che, negli anni passati, ha provocato un vivace dibattito nell’ambito accademico
(esemplari, per una prospettiva nazionale, gli scritti “Il diritto al lavoro nella
Costituzione e nell’ordinamento comunitario” di Massimo D’Antona e “Decostruzione
e ricomposizione di modelli di diritti del lavoro” di Antonio Costanzo). Al netto delle
discussioni sembra utile studiare come questa tipologia di strumenti sia promossa e
implementata sia sul piano dell’armonizzazione delle legislazioni lavoristiche nazionali,
sia sul piano della promozione e incentivazione diretta delle stesse attraverso i Fondi
Strutturali. Proprio su quest’ultimo aspetto si concentrerà la trattazione, analizzando la
legislazione comunitaria che regola il funzionamento dei Fondi Strutturali e soprattutto
la programmazione per il periodo 2007-2013 del Fondo Sociale Europeo. Quest’ultimo
costituisce infatti una delle principali fonti di sostegno finanziario alle politiche
occupazionali nazionali e locali, specificatamente per quanto riguarda proprio le
politiche attive del lavoro. In un momento in cui, poi, la normativa lavoristica
comunitaria soffre della paralisi politica che sta rallentando il processo di integrazione
europea, appare opportuno concentrarsi sulla azione più efficace e ficcante che la guida
politica dell’UE può mettere in atto, consistente nel finanziamento diretto di politiche
occupazionali volte all’attivazione dei lavoratori e all’aumento dell’occupabilità degli
stessi.Si è scelto inoltre di occuparsi di una particolare categoria di lavoratori destinatari delle
suddette politiche; la decisione di concentrarsi sulle politiche di attivazione per i
4
lavoratori anziani non è casuale, in quanto nasce dalla considerazione degli stessi come
tra i soggetti più a rischio nell’odierna situazione occupazionale, in quanto stretti tra
l’aumento della flessibilità e l’innalzamento dell’età pensionabile, in un’economia che
sempre di più sembra seguire la transizione verso l’economia della conoscenza.L’ultima parte della trattazione consiste nello studio di alcuni progetti finanziati
attraverso il Fondo Sociale Europeo nella provincia di Ferrara, aventi a oggetto lo
sviluppo di politiche attive del lavoro dirette ai lavoratori anziani, o che hanno coinvolto
maggiormente questi soggetti. Questa scelta nasce dalla convinzione che solo lo studio
dell’impatto concreto avuto dalle politiche comunitarie può aiutare a definire l’efficacia
delle stesse e anche la valutazione sulla loro opportunità e validità. La scelta del
territorio ferrarese si giustifica, infine, non solo per ragioni di prossimità territoriale, ma
anche e soprattutto per attinenza alla trattazione; la provincia estense si presta infatti
come ottimo campione statistico, considerata la maggiore anzianità della sua
popolazione rispetto alle altre zone della regione Emilia Romagna: gli over 55
costituiscono circa il 39% dei residenti totali (secondo le statistiche ISTAT si tratta del
dato provinciale più elevato, che stacca di almeno tre punti percentuali tutte le altre
province della regione).Il senso complessivo della trattazione consiste quindi in uno studio che parte dal livello
comunitario per andare a studiare gli effetti concreti sul territorio locale di alcune
particolari politiche occupazionali, che costituiscono il cardine dell’azione comunitaria
in materia lavoristica, avendo riguardo a una delle categorie di lavoratori più sensibile al
difficile momento di crisi economica. L’intento non è certamente quello di dare un
giudizio o una valutazione critica sull’azione comunitaria in materia occupazionale, né
tantomeno sulle politiche occupazionali della Provincia di Ferrara, quanto più il
descrivere il difficile passaggio dalla teoria e dalla normativa alla concreta pratica degli
strumenti che esse prevedono e forniscono alle istituzioni, per ricavarne un’esperienza e
una serie di osservazioni che possono essere utili nell’approfondimento degli effetti
dell’azione comunitaria sulle realtà locali istituzionali, economiche e sociali.
5
Capitolo 1
Le politiche comunitarie di attivazione per i lavoratori anziani
Sommario: 1. Il modello europeo delle politiche di attivazione traworkfare e welfare to work; - 2. Le politiche di attivazione per ilavoratori anziani nella politica occupazionale dell’UE; - 3. Lepolitiche comunitarie di attivazione per i lavoratori anzianiimplementate attraverso gli strumenti finanziari comunitari.
1.Il modello europeo delle politiche di attivazione tra workfare e welfare to work
Uno dei principali temi emersi nel dibattito pubblico europeo degli ultimi vent’anni è
sicuramente quello della riforma del welfare state. La nascita di una vera e propria
politica occupazionale europea1 ha contribuito in maniera determinante
all’istituzionalizzazione di un dibattito già in atto da molti anni. La crisi dello stato
sociale è iniziata a metà degli anni settanta del secolo scorso, causata dalle turbolenze
economiche (a sua volta originate dallo shock petrolifero) e da una serie di fattori
endogeni agli stessi stati europei2. La globalizzazione finanziaria ha a sua volta limitato
l’utilizzo delle risorse pubbliche secondo il modello keynesiano della spesa in deficit,
mentre a livello comunitario venivano stretti i vincoli di bilancio per gli stati nazionali e
ogni possibile discussione su di un modello sociale europeo risultava bloccata dai veti
nazionali3. Un’ulteriore sfida che lo stato sociale ha dovuto affrontare è stata quella
della transizione verso un modello di produzione c.d. ‘postindustriale’, basato sui servizi
1 Avvenuta con l’inserimento del Titolo XIII nel Trattato di Amsterdam del 1997 (oggi Titolo IXdel Trattato sul Funzionamento dell’UE) e proseguita con la Strategia di Lisbona del 2000,fondata sul Metodo Aperto di Coordinamento (un modello di soft law volto a enfatizzare eincentivare pratiche virtuose di emulazione fra i governi). Cfr. S. Sciarra, “Manuale di dirittosociale europeo”, 2011, pag. 15-16.
2 Cfr. M. Ferrera, “Trent’anni dopo. Il welfare state europeo tra crisi e trasformazione”, in“Stato e mercato” 2007 (n. 81), pag. 346.
3 Cfr. M. Ferrera, op. cit., pag. 347-353.
6
e non sul tradizionale modello ‘fordista’4. Accanto ai mutamenti economici alla base
della crisi dello stato sociale deve essere poi menzionata la crisi del modello famigliare
tipico della società ‘fordista’, la male breadwinner family, fondata sul maschio unico
percettore di reddito in ragione di un’occupazione salariata stabile e protetta5. Altro
fattore sociale degno di nota fu l’emersione di ‘nuovi’ tipi di nuclei famigliari (dalla
famiglie monogenitoriali alle unioni di fatto)6. Il welfare state ha quindi vissuto una crisi
sotto diversi punti di vista, ma non sono cessate le ragioni sociali dal quale esso stesso
era nato, dall’aumentata speranza di vita della popolazione anziana alla sparizione del
modello famigliare patriarcale7. Si è innescato un processo di cambiamento di
prospettiva, volto a correggere l’assistenzialismo tipico dello stato sociale e a
svilupparne lo spirito ‘attivante’. Nell’ottica europea lo stato avrebbe dovuto farsi
erogatore di servizi promozionali e personalizzati, finalizzati allo sviluppo della
persona, al fine di renderla capace di affrontare quelle situazioni di rischio dalle quali
veniva precedentemente tutelata secondo una logica strettamente passiva8 (il c. d. active
welfare state).
Si distinguono tuttavia due differenti approcci all’attuazione di questo modello. Il
primo, ispirato all’esperienza scandinava, considera il modello dello stato sociale attivo
come un investimento sociale volto a favorire e realizzare una cittadinanza attiva basata
sulla libertà di scelta e la responsabilità dell’individuo, che viene stimolato ad
autorealizzarsi al fine di favorirne non solo l’inserimento lavorativo, ma anche il
benessere nel suo complesso. Si tratta di un modello fondato sulla centralità della
formazione dell’individuo per tutto l’arco della vita9.
4 Cfr. M. Ferrera, op. cit., pag. 353-355.
5 Cfr. Rosangela Lodigiani, “Welfare attivo : apprendimento continuo e nuove politiche dellavoro in Europa”, 2008, pag. 16.
6 Cfr. M. Ferrera, op. cit., pag. 355.
7 Cfr. R. Pessi , “Welfare mix, povertà ed esclusione sociale”, in Rivista Giuridica del Lavoro2011 (fasc. 2), pag. 1103.
8 Cfr. Rosangela Lodigiani, op. cit., pag. 17.
9 Cfr. Rosangela Lodigiani, op. cit., pag. 22-23.
7
Il secondo approccio porta invece un’impronta di tipo anglosassone ed è basato
sull’assegnazione allo stato sociale attivo di una funzione protettiva minimale dei
soggetti in stato di bisogno e di una funzione autonomizzante degli stessi attraverso il
lavoro retribuito. Si tratta del c.d. workfare, fondato su uno scambio tra assistenza
sociale e impegno retribuito sul mercato del lavoro. In questo approccio rileva
esclusivamente la dimensione economica collegata all’attivazione, incentivata attraverso
i sussidi, mentre la formazione assume una rilevanza meramente strumentale10.
Entrambi i modelli presentano una comune prospettiva produttivista, ma si rilevano
decisive differenze nella considerazione che ciascuno di questi ha dei destinatari del
sistema di welfare e del ruolo che lo stato sociale deve avere nella società: se il primo
approccio è universalistico, inclusivo e centrato sulla persona nel suo complesso, il
secondo si caratterizza per una considerazione dello stato sociale come erogatore di
sussidi in cambio di disponibilità al lavoro11. Un’ulteriore critica a quest’ultimo
approccio è basata sulla sostanziale obbligatorietà dell’attivazione, che rende labile la
differenza tra le misure di workfare e quelle di mera protezione passiva tipiche del
modello classico di stato sociale12; sarebbero al contrario da implementare le misure di
c.d welfare to work (definite anche “di offerta di opportunità”13), tipiche del primo
modello e tese alla realizzazione della persona nel suo complesso anche, ma non solo,
attraverso il lavoro e la formazione14. Una convergenza sul piano comunitario verso
queste misure e verso l’approccio ‘scandinavo’ è stata notata da diversi autori15 e
potrebbe spiegarsi con l’evoluzione del processo di integrazione europea; dalla
centralità dell’economia e della creazione del mercato unico europeo si può osservare,
infatti, come anche la stessa Unione negli ultimi decenni abbia spostato il baricentro dei
10 Cfr. Rosangela Lodigiani, op. cit., pag. 23-24.
11 Cfr. Rosangela Lodigiani, op. cit., pag. 24.
12 Cfr. N. Negri e C. Saraceno, “Povertà, disoccupazione ed esclusione sociale”, in “Stato emercato” 2000 (n. 59), pag. 201-202.
13 Le definiscono così alternativamente N. Negri e C. Saraceno nell’op. cit., pag. 202.
14 Cfr. N. Negri e C. Saraceno, op. cit., pag. 201-207.
15 Cfr. N. Negri e C. Saraceno, op. cit., pag. 205, ma anche Rosangela Lodigiani, op. cit., pag.24-25.
8
propri obiettivi verso gli individui (i ‘cittadini’ europei) e verso la tutela dei diritti
fondamentali; il grande dibattito sulla Costituzione Europea, la Carta di Nizza16 e infine
l’approvazione del Trattato di Lisbona17 hanno segnato questa transizione, che ha
favorito la considerazione della tutela dei lavoratori non solamente come operatori
economici, ma anche come persone.
Le politiche di attivazione sono politiche attive dell’occupazione che agiscono sul lato
dell’offerta di lavoro e sono volte a incentivare l’occupabilità del lavoratore. Di questa
categoria fanno parte, a titolo indicativo: l’informazione, l’orientamento e il
riorientamento professionale, la formazione integrata e su misura, la formazione
professionale e le misure di workfare18.
Già al momento del lancio della Strategia Europea per l’Occupazione19 l’intento delle
istituzioni europee era quello di promuovere il passaggio dalle politiche passive a quelle
di attivazione, mentre il ruolo centrale di quest’ultime fu confermato al Consiglio
Europeo di Barcellona del 2002 e ulteriormente rilanciato con la rinnovata Strategia di
Lisbona; nelle ‘Linee guida integrate per la crescita e l’occupazione’ per il periodo
2006-2008, infatti, diversi orientamenti fissano obiettivi la cui realizzazione comporta
l’implementazione delle politiche di attivazione: dal «creare mercati del lavoro inclusivi
e rendere il lavoro più attraente e proficuo per quanti sono alla ricerca di impiego e per
le persone meno favorite e inattive» al «potenziare e migliorare gli investimenti in
capitale umano», all’«adattare i sistemi di istruzione e formazione ai nuovi requisiti in
termini di competenze»20. Le politiche di attivazione sono poi state inserite tra i pilastri
16 Approvata nel 2000, si tratta della Carta che riunisce ”i diritti fondamentali riconosciuti alivello dell’Unione Europea”.(http://europa.eu/legislation_summaries/human_rights/fundamental_rights_within_european_union/l33501_it.htm)
17 Che ha assunto come vincolante la Carta dei Diritti Fondamentali di Nizza, pur senzaestendere le competenze dell’Unione. Cfr. S. Sciarra, op. cit., pag. 2-3.
18Per un approfondimento delle singole misure, seppure secondo una prospettiva “italiana” cfr.D. Garofalo, “Formazione e lavoro tra diritto e contratto : l'occupabilità”, 2004 pag. 170 e ss.
19Avvenuto nel vertice sull’occupazione di Lussemburgo del 1997.Cfr.http://europa.eu/legislation_summaries/employment_and_social_policy/community_employment_policies/c11318_it.htm
20Si tratti rispettivamente degli orientamenti n° 19, 23, 24 contenuti in Consiglio, 2005, pag.5,6,7.
9
del modello comunitario di flessicurezza, («efficaci politiche attive del mercato del
lavoro», «strategie integrate di apprendimento lungo tutto l’arco della vita, “sistemi
moderni di sicurezza sociale», «forme contrattuali flessibili e affidabili»21), poiché
funzionali e complementari alla tutela dell’occupazione (e non del posto di lavoro)
tipica del modello.
2. Le politiche di attivazione per i lavoratori anziani nella politica occupazionale
dell’UE
Nell’ambito delle politiche nei confronti dei lavoratori anziani l’Unione Europea aveva
fissato già nel 2001 a Stoccolma come obbiettivo decennale il raggiungimento di
determinati obiettivi occupazionali per la fascia dei lavoratori di età compresa tra i 55 e
i 64 anni, che sono stati ulteriormente implementati nel successivo Consiglio Europeo di
Barcellona22. Il raggiungimento di questi obiettivi era ed è correlato
all’implementazione delle politiche di attivazione, già indicate dalle istituzioni europee
come il principale mezzo per evitare l’uscita dal mercato del lavoro da parte dei
lavoratori anziani23. Di particolare rilevanza risulta essere l’ambito della formazione
professionale: l’apprendimento permanente è stato riconosciuto come fondamentale
dalle stesse istituzioni europee in un contesto di produzione ormai internazionalizzato,
così come l’aggiornamento tecnico e formativo dei lavoratori anziani al fine di evitarne
una prematura uscita dal mondo del lavoro24. Venendo agli sviluppi più recenti della
politica occupazionale comunitaria, si può osservare come anche nel modello europeo di
flessicurezza sia stata affrontata la questione delle politiche di attivazione; il punto di
vista in questo caso è sicuramente più ampio (si ragiona sulle politiche di attivazione nel
loro complesso), ma è innegabile come le misure previste e descritte nel documento
21Commissione Europea, 2007, COM (2007) 359, pag. 5-6.
22 L’iniziale obbiettivo del 50% dei lavoratori anziani occupati per il 2010 venne poi integratocon l’aumento di almeno 5 anni dell’età media di abbandono del posto di lavoro.
23 Cfr. J. Dahan et alii, “The European Social Fund and older workers” , studio prodotto dalBernard Brunhes International, 2010, pag. 19, ma anche Diana Gilli, Marco Parente e ClaudiaTagliavia “Lavoratori anziani e mercato del lavoro europeo”, studio ISFOL , 2005, pag. 18-19.
24 Cfr. Diana Gilli, Marco Parente e Claudia Tagliavia, op. cit., pag. 17-18.
10
(assistenza o sostegno al reddito nella ricerca di un lavoro, formazione professionale,
formazione e assistenza nella transizione verso un nuovo lavoro) possano essere rivolte
per larga parte ai lavoratori anziani.
Nelle Conclusioni della Presidenza relative al Consiglio Europeo di primavera del 2008
si legge come anche sul piano politico venga riconosciuta la necessità di «fare in modo
che un maggior numero di adulti, in particolare i lavoratori poco qualificati e più
anziani, partecipino ad attività di istruzione e formazione» e di «facilitare ulteriormente
la mobilità geografica e occupazionale; promuovere una maggiore partecipazione
complessiva della forza lavoro e combattere la segmentazione per garantire l'inclusione
sociale attiva»25; si tratta di obiettivi che per essere implementati necessitano delle
politiche di attivazione per i lavoratori. Nelle successive linee guida del Consiglio per le
politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione per il 2008-2010, l’orientamento
n. 18 riprende in toto le indicazioni già stabilite per il periodo 2006-2008, e presenta
diversi profili di interesse sotto il punto di vista delle politiche di attivazione per i
lavoratori anziani. In esso è previsto che sia promosso «un approccio al lavoro basato
sul ciclo di vita, mediante: […] sostegno all’invecchiamento attivo, comprese adeguate
condizioni di lavoro, miglioramento della situazione sanitaria (sul lavoro) e opportuni
incentivi al lavoro e disincentivi al prepensionamento […] moderni sistemi di
protezione sociale, ivi incluse le pensioni e l’assistenza sanitaria, che siano adeguati
sotto il profilo sociale, finanziariamente sostenibili e rispondenti alle mutevoli esigenze,
in modo da sostenere i lavoratori, indurli a proseguire l’attività lavorativa e a
prolungarne la durata.»26. Nello sviluppare l’orientamento il Consiglio elenca una serie
di misure analoghe a quelle indicate nel progetto di flessicurezza («formazione,
riqualificazione, offerta di un posto di lavoro o un altro provvedimento a favore
dell’occupazione, […] assistenza nella ricerca di un posto di lavoro»27) per una serie di
finalità che possono riguardare in maniera indiretta, ma non secondaria i lavoratori
anziani: «reintegrazione nella vita attiva» dei « disoccupati da lungo tempo», «
agevolare l’accesso dei disoccupati al lavoro, prevenire la disoccupazione e assicurare
25 Consiglio Europeo, 2008, pag. 10.
26 Consiglio dell’Unione Europea, 2008, Decisione 2008/618/CE, pag.4.
27 Consiglio dell’Unione Europea, 2008, Decisione 2008/618/CE, pag. 5.
11
che chi perde il lavoro rimanga in stretto contatto con il mercato del lavoro e abbia i
requisiti per trovare un nuovo lavoro», « eliminare le trappole della disoccupazione,
della povertà e dell’inattività», «integrazione nel mercato del lavoro delle persone
svantaggiate, inclusi i lavoratori meno qualificati»28.
Nel 2010 la Commissione ha lanciato la strategia ‘Europa 2020’, nel tentativo di
rilanciare l’azione comunitaria su più fronti. In materia di politiche attive per il lavoro (e
per i lavoratori anziani) si segnala solamente una prosecuzione degli impegni in per
l’implementazione del modello di flessicurezza sia sul piano comunitario che nazionale
e un impegno per la formazione continua. Si tratta comunque anche in questo caso di
previsioni generali e indirette: sul piano comunitario infatti la Commissione si impegna
ad «attuare, insieme alle parti sociali europee, la seconda fase del programma
"flessicurezza", per trovare il modo di gestire meglio le transizioni economiche, lottare
contro la disoccupazione e innalzare i tassi di attività; […] imprimere un forte slancio al
quadro strategico per la cooperazione tra tutte le parti interessate a livello di istruzione e
formazione […]»29; mentre gli Stati membri sono tenuti a «attuare i propri percorsi
nazionali di flessicurezza, come stabilito dal Consiglio europeo […]; sviluppare i
partenariati tra il settore dell'istruzione/formazione e il mondo del lavoro»30.
Nei primi orientamenti integrati per la crescita e occupazione post ‘Europa 2020’ si nota
una sostanziale continuità con gli orientamenti precedenti; le politiche di attivazione
devono essere implementate assieme alle altre componenti della flessicurezza: «gli Stati
membri dovrebbero pertanto introdurre una combinazione di forme contrattuali flessibili
ed affidabili, politiche attive del mercato del lavoro, apprendimento permanente
efficace, politiche a favore della mobilità dei lavoratori e sistemi di previdenza sociale
adeguati volti ad assicurare transizioni nel mercato del lavoro accompagnate da una
definizione chiara dei diritti e delle responsabilità affinché i disoccupati possano cercare
attivamente un impiego.»31, mentre viene sottolineato il ruolo centrale dei servizi per il
lavoro, che «svolgono un ruolo importante nell’attivazione e nella conciliazione di
28 Consiglio dell’Unione Europea, 2008, Decisione 2008/618/CE, pag. 5.
29 Commissione Europea, 2010, COM (2010) 2020, pag. 18.
30 Commissione Europea, 2010, COM (2010) 2020, pag. 19.
31 Consiglio dell’Unione Europea, 2010, Decisione 2010/707/UE, Orientamento 7.
12
offerta e domanda di lavoro e andrebbero pertanto rafforzati con servizi personalizzati e
provvedimenti attivi e preventivi riguardanti il mercato del lavoro in una fase
tempestiva. Tali servizi e provvedimenti dovrebbero essere aperti a tutti, ivi compresi i
giovani, le persone che rischiano la disoccupazione e quelle che si trovano più ai
margini del mercato del lavoro.»32. In materia di formazione e apprendimento
permanente sembra opportuno segnalare una particolare attenzione, accanto a quella per
i lavoratori giovani, per i lavoratori anziani disoccupati: «gli Stati membri dovrebbero
promuovere la produttività e l’occupabilità fornendo conoscenze e competenze per
rispondere alle esigenze attuali e future del mercato del lavoro. Un’istruzione iniziale di
alta qualità e una formazione professionale attraente devono essere integrate con
efficaci incentivi all’apprendimento permanente, sia degli occupati che dei disoccupati,
garantendo in tal modo ad ogni adulto la possibilità di riconvertirsi o migliorare le
proprie qualifiche […] nonché offrendo una seconda opportunità di apprendimento […].
In particolare, gli sforzi si dovrebbero concentrare sul sostegno ai lavoratori con
competenze professionali scarse e obsolete, aumentando l’occupabilità dei lavoratori più
anziani […]. Il monitoraggio regolare dei risultati delle politiche di riqualificazione e di
anticipazione dovrebbe contribuire ad individuare i settori da migliorare e a delineare
sistemi d’istruzione e di formazione in grado di rispondere più prontamente alle
esigenze del mercato del lavoro attuali ed emergenti»33. In materia di inclusione sociale
viene ulteriormente ribadito il ruolo centrale svolto dai servizi per l’impiego e la
destinazione dei finanziamenti derivanti dall’impiego dei Fondi Strutturali per le azioni
nazionali in questo campo34, mentre sul piano delle politiche di attivazione si evidenzia
la necessità di «un rafforzamento dei sistemi di protezione sociale, dell’apprendimento
permanente e di politiche attive di inclusione globali al fine di creare opportunità nelle
diverse fasi della vita e di proteggere le persone dal rischio di esclusione»35, nonché la
possibilità di riformare i sistemi di sicurezza sociale per «incoraggiare la partecipazione
alla società e al mercato del lavoro […], garantire la sicurezza del reddito ai lavoratori
32 Consiglio dell’Unione Europea, 2010, Decisione 2010/707/UE, Orientamento 7.
33 Consiglio dell’Unione Europea, 2010, Decisione 2010/707/UE, Orientamento 8.
34 Consiglio dell’Unione Europea, 2010, Decisione 2010/707/UE, Orientamento 10.
35 Consiglio dell’Unione Europea, 2010, Decisione 2010/707/UE, Orientamento 10.
13
durante le transizioni e a ridurre la povertà, in particolare fra i gruppi maggiormente a
rischio d’esclusione sociale [..] come […] gli anziani»36. Sempre in merito a
quest’ultimo aspetto, legato alla riforma dei sistemi di sicurezza sociale, la
Commissione ha confermato questi orientamenti anche nel Libro Bianco sulle pensioni;
tra le misure in esso indicate volte a favorire il prolungamento della vita attiva viene
segnalato anche «l’accesso alla formazione continua»37, mentre si fa riferimento anche
alla riqualificazione professionale dei lavoratori anziani nel menzionare le «seconde
carriere»38. L’interesse dell’UE per le politiche di attivazione nei confronti dei lavoratori
anziani è stata ulteriormente ribadita nel Consiglio Europeo di primavera del 2012 («gli
Stati membri dovrebbero: […] attuare politiche attive del mercato del lavoro,
segnatamente nell’intento di rafforzare la partecipazione dei giovani, delle donne e dei
lavoratori anziani.»39) e nella Comunicazione di presentazione del c.d. ‘Employment
Package’, nell’ambito della quale viene sottolineata, tra le aree di particolare attenzione
per le riforme del mercato del lavoro, quella dei lavoratori anziani, che necessitano di
misure che alleggeriscano la transizione verso regimi che implicano un aumento dell’età
pensionabile e una conseguente estensione della vita lavorativa: tra le misure indicate
emergono l’apprendimento permanente, l’orientamento e la formazione professionale40.
Dall’accuratezza degli orientamenti del 2010 e dall’interesse manifestato nel Consiglio
Europeo di primavera del 2012 e successivamente si può quindi evincere come la
condizione dei lavoratori anziani abbia acquistato una maggiore visibilità agli occhi
delle istituzioni europee; volendo cercare una spiegazione, si può ipotizzare che questo
sia avvenuto a causa della grave crisi occupazionale che ha colpito gli Stati membri e
che ha tra le principali vittime proprio i lavoratori più anziani, disoccupati o a rischio
disoccupazione e allo stesso tempo troppo lontani dall’accesso ai trattamenti
pensionistici (anche a causa dell’elevamento dell’età pensionabile).
36 Consiglio dell’Unione Europea, 2010, Decisione 2010/707/UE, Orientamento 10.
37 Commissione Europea, 2012a, COM(2012) 55, pag. 12.
38 Commissione Europea, 2012a, COM(2012) 55, pag. 12.
39 Consiglio Europeo, 2012, pag. 4.
40 Commissione Europea, 2012b, COM (2012) 173, pag. 10.
14
L’altro settore nell’ambito del quale l’azione comunitaria si è occupata dei lavoratori
anziani e delle politiche di attivazione ad essi dedicate è quello delle ristrutturazioni
aziendali. Si tratta di un campo particolarmente delicato per la categoria oggetto di
questa trattazione, soprattutto in seguito alle evoluzioni socio-economiche degli ultimi
vent’anni. Il fenomeno della globalizzazione, assieme ai progressi tecnologici ha infatti
posto una serie di problematiche legate alla condizione dei lavoratori più anziani
(produttività, capacità di aggiornamento delle competenze..) che, nell’ambito delle crisi
aziendali, si trovano in una posizione di maggior rischio sociale41.
Nell’ambito delle ristrutturazioni aziendali la politica comunitaria si è mossa ben prima
di essersi dotata di una politica occupazionale propriamente detta42. Sembra opportuno
segnalare che già nel Trattato istitutivo della CECA43 si trovavano delle disposizioni che
prevedevano la possibilità di implementare delle misure di formazione e reimpiego dei
lavoratori, mentre con il successivo Trattato di Roma44 venne istituito il Fondo Sociale
Europeo, che però nei decenni successivi fu poco utilizzato 45. In linea generale per
ovviare agli esuberi si è sempre dato più spazio a misure di compensazione economica o
di incentivo al ritiro dal lavoro, mentre solo recentemente si assiste a un cambio di
prospettiva, verso la riqualificazione e il reinserimento. Un segno di innovazione si può
ritrovare nella Direttiva 92/56/CEE sui licenziamenti collettivi46; tra gli obblighi previsti
per il datore di lavoro intenzionato a operare gli esuberi, è previsto un obbligo di
consultazione sulla possibilità di «evitare o ridurre i licenziamenti collettivi, nonché di
attenuarne le conseguenze ricorrendo a misure sociali di accompagnamento intese in
41 .Cfr. c. E. Triomphe, “Does Europe have restructuring policies?” in “Restructuring work andemployment in Europe”, a cura di B. Gazier e F. Bruggerman, 2008, pag. 345-346.
42 Nell’ambito del Programma di Azione Sociale varato nel 1974. Cfr. S. Sciarra, op. cit., pag.7.
43 Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, istituita nel 1951.
44 Istitutivo della Comunità Economica Europea, nel 1957.
45 Cfr. Paolo Caraffini, “Il Modello sociale europeo”, in L’Europa del futuro, Cd-Romrealizzato dalla Provincia di Torino e dalla Rete italiana degli Infopoints Europa, 2004(reperibile all’indirizzo: http://www.usrpiemonte.it/educit/Costituzione%20Europea/Forms/AllItems.aspx)
46 Che ha novellato la Direttiva 75/129/CEE ed è stata ora trasfusa nella Direttiva 98/59/CE.
15
particolare a facilitare la riqualificazione e la riconversione dei lavoratori licenziati.»47.
Visti gli indirizzi comunitari successivi, si può ipotizzare che le misure siano orientate
all’attivazione dei lavoratori esuberati; tuttavia si tratta di una possibilità solo eventuale,
oggetto di mera consultazione.
Nel 2002 la Commissione ha iniziato poi una serie di confronti con le parti sociali sul
tema delle ristrutturazioni e al termine ha elaborato un documento di sintesi, nel quale
veniva prospettato, tra i vari ambiti nei quali proseguire il dibattito quello
sull’occupabilità e l’adattabilità dei lavoratori48. Sembra opportuno segnalare anche
un’iniziativa portata avanti dalla Direzione Generale per l’Occupazione, Affari Sociali e
Pari Opportunità della Commissione nell’ambito del progetto PROGRESS49, volto
all’elaborazione di una European Restructuring Toolbox, nell’ambito del quale viene
evidenziato largamente il ruolo delle politiche di attivazione per i lavoratori nella
gestione delle ristrutturazioni aziendali50. Rimane tuttavia forte nella prassi la
prevalenza delle misure economiche compensatorie, contrariamente a quanto ribadito in
più occasioni dalle istituzioni comunitarie e da autorevoli rilevi51.
3. Le politiche comunitarie di attivazione per i lavoratori anziani implementate
attraverso gli strumenti finanziari comunitari
Al di là dell’azione comunitaria che si svolge lungo la direttrice dell’indirizzo politico
delle riforme dei sistemi di welfare degli Stati membri, esiste anche un campo di azione
diretta dell’Unione, che consiste nell’utilizzo dei suoi strumenti finanziari per
47Direttiva 98/56/CE, Art. 2.
48 Cfr. C. E. Triomphe, op. cit., pag. 352.
49 Un Programma comunitario per l’occupazione e la solidarietà sociale, volto a implementarela condivisione di informazioni e lo scambio, a livello comunitario, di buone pratiche.
50 Cfr. Direzione Generale Occupazione Affari Sociali e Pari Opportunità, 2009, ma ancheGazier B. et alii, “European restructuring toolbox”, 2010.
51 Cfr. C. E . Triomphe, op. cit., pag. 356-363, ma anche Commissione Europea, 2012b, COM(2012) 173, pag. 11.
16
sovvenzionare concreti progetti nei singoli Stati membri che si muovano nella direzione
indicata a livello comunitario. Trattandosi di politiche di attivazione dei lavoratori
anziani, buona parte dell’azione in questo campo avviene mediante il Fondo Sociale
Europeo. L’indirizzo politico rimane comunque quello descritto a livello istituzionale,
che quindi si muove sulle direttrici della promozione dell’invecchiamento attivo, della
formazione permanente, dell’allungamento del tempo di ritiro dal lavoro e della
prevenzione dell’esclusione sociale. Da segnalare, parallelamente all’evoluzione della
politica occupazionale, anche un’evoluzione nella programmazione relativa al Fondo
Sociale Europeo52. Nella programmazione per gli anni 1999-2006 si rilevava solo una
menzione generica e indiretta alle politiche di attivazione per i lavoratori anziani
attraverso una dicitura più generale; tra le attività finanziabili attraverso il Fondo, si
indicavano infatti: «sviluppo e promozione di politiche attive del mercato del lavoro per
combattere e prevenire la disoccupazione, evitare a donne e uomini la disoccupazione di
lunga durata, agevolare il reinserimento dei disoccupati di lunga durata nel mercato del
lavoro e sostenere l'inserimento […] di coloro, uomini e donne, che si reinseriscono nel
mercato del lavoro», «promozione e miglioramento della formazione professionale
dell'istruzione e della consulenza nell'ambito di una politica di apprendimento nell'intero
arco della vita, al fine di: agevolare e migliorare l'accesso e l'integrazione nel mercato
del lavoro, migliorare e sostenere l'occupabilità e promuovere la mobilità
professionale»53. Con la successiva programmazione per il periodo 2007-2013 si è
assistito a un cambio di prospettiva anche nelle previsioni, più specifiche e attinenti alle
politiche di attivazione per i lavoratori anziani; tra le attività finanziabili attraverso il
Fondo risultano attualmente quelle volte a: «accrescere l'adattabilità dei lavoratori, delle
imprese e degli imprenditori, al fine di migliorare l'anticipazione e la gestione positiva
dei cambiamenti economici, promuovendo in particolare: l'apprendimento permanente e
maggiori investimenti nelle risorse umane da parte delle imprese, in particolare le PMI,
e dei lavoratori, tramite lo sviluppo e l'attuazione di sistemi e strategie, tra cui
l'apprendistato, che garantiscano un più agevole accesso alla formazione, in particolare
per i lavoratori meno qualificati e più anziani […], la messa a punto di servizi specifici
52 Cfr. J. Dahan et alii, op. cit., pag. 30.
53 Reg. 1784/1999, Art. 2
17
di occupazione, formazione e sostegno, incluso il ricollocamento, per lavoratori nel
contesto di ristrutturazioni aziendali o settoriali […], migliorare l'accesso
all'occupazione e l'inserimento sostenibile nel mercato del lavoro per le persone in cerca
di lavoro e per quelle inattive, prevenire la disoccupazione, in particolare la
disoccupazione di lunga durata e la disoccupazione giovanile, incoraggiare
l'invecchiamento attivo e prolungare la vita lavorativa e accrescere la partecipazione al
mercato del lavoro, promuovendo in particolare: [… ] l'attuazione di misure attive e
preventive che consentano l'individuazione precoce delle esigenze con piani d'azione
individuali ed un sostegno personalizzato, quale la formazione «su misura», la ricerca di
lavoro, il ricollocamento e la mobilità»54. Analizzando poi alcuni dati, si può osservare
come nel periodo 1999-2006, dei 41 miliardi di euro spesi nelle misure per i lavoratori
anziani, il 45% (ca. 18 miliardi di euro) provenisse dal Fondo Sociale Europeo55, mentre
la partecipazione dei lavoratori anziani rispetto al totale dei partecipanti ai progetti
finanziati si aggira intorno all’8% (ca. 1800000 lavoratori anziani, con determinate
precisazioni relative alla statistica56), considerando però che le misure considerate
rappresentano circa il 10% di tutte quelle finanziate dal Fondo per il periodo 2000-2006;
tra tutte queste emergono misure individualizzate sui singoli lavoratori, volte alla
formazione, riqualificazione professionale e reinserimento nel modo del lavoro57. Per la
programmazione 2007-2013 non si possono ovviamente avere ancora dati definitivi, ma
dalla presentazione dei programmi operativi per ciascun Stato membro risulta che
almeno il 25% di questi include tra i partecipanti e i destinatari delle misure i lavoratori
anziani; alla luce delle novità previste nella programmazione 2006-2013 per il Fondo si
può ipotizzare un’implementazione delle misure di attivazione, anche in ragione del
difficile momento economico europeo. Nel Libro Bianco sulle pensioni la Commissione
ha infatti sottolineato l’importanza del Fondo per la promozione della «occupabilità e le
54 Reg. 1081/2006, Art. 3
55 Cfr J. Dahan et alii, op. cit., pag. 34. Uno dei principi fondamentali in materia di fondistrutturali è il cofinanziamento delle misure, nel senso che nessuno dei progetti è maiinteramente finanziato dai soli Fondi Strutturali, ma è sempre necessaria una compartecipazionefinanziaria dello Stato membro (o dell’ente locale).
56 Cfr. J. Dahan et alii, op. cit., pag. 38-39.
57 Cfr. J. Dahan et alii, op. cit., pag. 42.
18
opportunità di lavoro per i lavoratori anziani»58. Per il periodo 2014-2020 la
Commissione ha infatti proposto una dotazione di circa 84 miliardi da assegnare al
Fondo Sociale Europeo, indicando tra le priorità da perseguire proprio
l’implementazione delle misure di accesso all’occupazione per i disoccupati e le
persone in cerca di lavoro59.
Nelle più recenti evoluzioni in materia di ristrutturazioni va segnalata la rilevanza data,
ancora una volta, al ruolo dei Fondi Strutturali. Come già riportato precedentemente,
nella programmazione del Fondo Sociale Europeo per il 2007-2013 è indicato, tra i
campi di applicazione, anche quello delle ristrutturazioni, con la previsione di specifiche
misure di attivazione60; è da segnalare tuttavia un rilievo critico relativo all’ottica
utilizzata nella programmazione del Fondo, che si concentra più sulle singole
prospettive nazionali e meno su quelle transnazionali61.
Uno strumento finanziario che occupa una peculiare rilevanza è il Fondo Europeo di
adeguamento alla Globalizzazione (FEG). Si tratta di un fondo di recente costituzione62,
con una dotazione annua di circa 500 milioni di euro. È stato istituito con la finalità di
sostegno al reinserimento dei lavoratori di quei settori che subiscano in misura maggiore
gli effetti della globalizzazione, ma nel 2008 ne è stata estesa l’operatività per i
lavoratori in esubero a causa della crisi economica63. In rapporto agli interventi
finanziati mediante i Fondi Strutturali quelli sostenuti mediante il FEG si caratterizzano
per un’ ottica di breve termine; si tratta di interventi puntuali che si pongono in rapporto
di complementarietà con quelli finanziati attraverso il Fondo Sociale Europeo e gli altri
Fondi Strutturali64.
58 Commissione Europea, 2012a, COM(2012) 55, pag. 14.
59 Cfr. Commissione Europea, 2012c, COM (2012) 173, pag. 7.
60 Cfr. Nota 64..
61 Cfr. C. E. Triomphe, op. cit., pag. 354.
62 Istituito con il Reg. 1927/2006.
63 L’estensione è avvenuta con il Reg. 546/2009.
64 Reg. 1927/2006, Considerando 5.
19
Il Fondo interviene quindi in presenza di esuberi ‘rilevanti’ per quantità o circostanze65,
fornendo un sostegno economico volto a «sovvenzionare misure attive per il mercato
del lavoro che facciano parte di un insieme coordinato di servizi personalizzati volti a
reinserire nel mercato del lavoro i lavoratori in esubero, comprendenti: […]l’assistenza
nella ricerca di un impiego, l’orientamento professionale, la formazione e la
riqualificazione su misura […] nonché l’assistenza per la ricollocazione professionale e
la promozione dell’imprenditorialità o l’aiuto alle attività professionali autonome […]
misure speciali di durata limitata, come le indennità per la ricerca di un lavoro, le
indennità di mobilità o le indennità di integrazione salariale di sostegno per chi
partecipa ad attività di formazione e di apprendimento lungo tutto l'arco della vita […],
misure per stimolare in particolare i lavoratori sfavoriti o più anziani a rimanere o a
reinserirsi nel mercato del lavoro»66 mentre rimangono escluse esplicitamente le
«misure passive di protezione sociale»67. Nonostante la sua dotazione relativamente
esigua, il Fondo Europeo di adeguamento alla Globalizzazione si è dimostrato uno
strumento efficace nel breve termine68, soprattutto per i lavoratori delle aree e delle
imprese in crisi in seguito alla crisi economico-finanziaria degli ultimi 5 anni e ne va
sottolineato lo spirito ‘attivante’ in continuità con quanto già rilevato riguardo al Fondo
Sociale Europeo. Si tratta infatti di un altro strumento mediante il quale l’UE promuove
le politiche di attivazione specificatamente per i lavoratori anziani, che sono tra i
soggetti più a rischio in caso di esubero o licenziamento. Gli interventi del Fondo sono
tutt’ora limitati dalle esigue risorse, ma la Commissione ha già evidenziato una serie di
aspetti positivi emersi dalla sua attuazione69 che l’hanno indotta a proporre il
mantenimento del Fondo per il periodo 2014-202070.
65 Reg. 1927/2006, Art. 2 “Criteri di intervento”.
66 Reg. 1927/2006
67 Art. 3 Reg. 1927/2006
68 Cfr. i dati contenuti nella Relazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consigliosulle attività del Fondo Europeo di adeguamento alla Globalizzazione nel 2010, da cui risultache le richieste di finanziamento per il 2010 coinvolgevano ca. 32000 lavoratori.
69 Cfr. Relazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio sulle attività delFondo Europeo di adeguamento alla Globalizzazione nel 2010, pag. 12,13.
20
Capitolo 2
Il Fondo Sociale Europeo
Sommario: 1. Il Fondo Sociale Europeo nella politica comunitaria deiFondi Strutturali; - 2. La programmazione dei Fondi Strutturali e delFondo Sociale Europeo per il periodo 2007-2013: principi e obiettivi;- 3. Il procedimento di programmazione e i sistemi di gestione,controllo e sorveglianza dei programmi operativi; - 4. Il ProgrammaOperativo Regionale F.S.E. 2007-2013 della Regione Emilia Romagna
1. Il Fondo Sociale Europeo nella politica comunitaria dei Fondi Strutturali
Il Fondo Sociale Europeo fa parte dei fondi strutturali71 dell’Unione Europea e consiste
in uno strumento finanziario mediante il quale l’Unione promuove l’occupazione e
sostiene in ciascun Stato membro la formazione del capitale umano e la competitività
delle imprese di fronte alle sfide globali. Nell’ambito della politica occupazionale
comunitaria il Fondo Sociale Europeo svolge un ruolo fondamentale di sostegno alla
Strategia Europea per l’Occupazione, erogando finanziamenti destinati al perseguimenti
degli obbiettivi in essa fissati. Il Fondo Sociale Europeo è stato istituito nel 1957 con il Trattato di Roma72, con «il
compito promuovere all’interno della Comunità la possibilità di occupazione e la
mobilità geografica e professionale dei lavoratori»73; si tratta di una funzione collegata
alla florida situazione occupazionale del tempo originata dalla rapida crescita
economica, che in alcune zone della Comunità dava origine a fenomeni di mancanza di
offerta di lavoro rispetto all’ampia domanda. Una funzione così limitata è spiegabile
71 Si tratta di «strumenti finanziari della politica regionale con la quale l’Unione europeaintende rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale riducendo le disparità di sviluppofra le regioni e gli Stati membri.» cfr. http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/Europalavoro/SezioneOperatori/PoliticheComunitarie/FondiStrutturali/FSE
72 Istitutivo della Comunità Economica Europea.
73 Trattato CEE, art. 123.
22
anche con l’assenza, in questo primo periodo, di una politica sociale di livello
comunitario74. I successivi allargamenti della Comunità ad altri paesi e gli shock petroliferi degli anni
’70 fanno emergere i divari interni tra le regioni maggiormente sviluppate e quelle più
arretrate, determinando la necessità di dare vita a una politica comunitaria di coesione
volta a superare la disparità di sviluppo presente tra le regioni, considerata come un
ostacolo all’integrazione economica tra gli Stati membri75. Viene quindi creato il Fondo
Europeo di Sviluppo Regionale, avviati i c.d. programmi di sviluppo regionale e le
azioni integrate76. Gli interventi nell’ambito della politica di coesione vengono finanziati
mediante il suddetto fondo, il Fondo Sociale e il Fondo Europeo Agricolo di
Orientamento e Garanzia77, sono destinati alle zone più povere della Comunità e sono
volti a favorire la transizione delle zone ad economia prevalentemente rurale e le
riconversioni produttive delle zone in crisi78. In questi anni le risorse destinate al Fondo
Sociale aumentano notevolmente79, mentre le sue funzioni vengono orientate verso
alcune aree prioritarie di intervento quali le regioni meno sviluppate, le crisi di settore e
le categorie più deboli della società80. Dal punto di vista procedurale la redazione dei
programmi d’intervento è di competenza dei singoli Stati nazionali, mentre le istituzioni
europee si occupano di approvare i progetti ed erogare il contributo finanziario81.
74 Cfr. F. Gagliardi, “Le politiche per lo sviluppo delle risorse umane in Europa: il ruolo delnuovo Fondo Sociale europeo”, 2001, pag. 25-26.
75 Cfr. F. gagliardi, op. cit., pag. 26.
76 Il Fondo è stato istituito nel 1975 e nello stesso anno sono stati avviati i programmi disviluppo regionale, mentre nel 1979 sono state avviate le azioni integrate. Cfr. F. Gagliardi, op.cit., pag. 27.
77 Fondo creato nel 1962 nell’ambito della Politica Agricola Comune.
78 Cfr. F. Gagliardi, op. cit, pag. 26-27.
79 L’aumento calcolato è di circa 5 volte per il quinquennio 1972-1977 rispetto ai dueprecedenti (1960-1971). Cfr F. Gagliardi, op. cit., pag. 27.
80 Cfr. F. Gagliardi, op. cit-, pag. 27.
81 Cfr. F. Gaglardi, op.cit., pag. 28.
23
Nei primi anni ‘80 l’entrata nella Comunità dei nuovi Paesi mediterranei (Spagna e
Portogallo) determina l’utilizzo del Fondo Sociale per il sostegno a Francia, Italia e
Grecia attraverso i Programmi Integrati Mediterranei82. L’approvazione nel 1986 dell’Atto Unico Europeo imprime uno stimolo all’integrazione
europea, contestualmente rilanciando le politiche di coesione come contraltare necessari
a evitare un aumento delle disparità tra le regioni83. I contenuti dell’Atto Unico vengono
ripresi anche nel Trattato di Maastricht del 1991, ma soprattutto viene modificato
l’articolo istitutivo del Fondo Sociale, attribuendogli una funzione ulteriore di
facilitazione della trasformazioni industriali e dei sistemi produttivi, particolarmente
mediante la formazione e la riconversione professionale84. Le riforme istituzionali
operate a livello comunitario si riverberano quindi sulla regolamentazione stessa del
Fondo Sociale Europeo, che subisce un’evoluzione fondamentale operata dalle riforme
del 1988 e del 199385. Le modifiche operate alla regolamentazione si basano su 5 principi fondamentali; il
primo di questi è la concentrazione degli interventi su obiettivi e oggetti (territori o
settori) ben definiti: questo per ottimizzare l’allocazione delle risorse verso le situazioni
maggiormente bisognose di intervento86. Il secondo principio è quello della programmazione, che si basa sull’adozione di un
approccio sistematico per l’utilizzo delle risorse e la realizzazione degli interventi. In
questo senso ciascuna azione deve collocarsi in un quadro di intervento definito sia
negli obbiettivi che nelle modalità tecniche e finanziarie87. Questo nuovo metodo si basa
quindi sulla conoscenza approfondita della realtà sulla quale si interviene, sulla
definizione di obiettivi puntuali e delle strategie volte ad attuarli, sul monitoraggio e la
82 L’entrata di Spagna e Portogallo aveva infatti determinato un aumento della concorrenza neiconfronti degli altri paesi mediterranei. Cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 28.
83 Viene inserito infatti un titolo dedicato alla coesione economica e sociale, che tra l’altroindica i Fondi Strutturali tra gli strumenti atti a realizzarla e perseguirla. Cfr. F. Gagliardi, op.cit., pag. 29.
84 Cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 30.
85 Cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 30.
86 Cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 31.
87 Cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 31.
24
valutazione dei risultati nonché sulla possibilità di intervenire per correggere le azioni
inefficaci88. Terzo principio stabilito con le riforme dell’88 e del ’93 è quello dell’addizionalità
dell’azione comunitaria rispetto alle politiche nazionali: l’intervento finanziario della
Comunità viene subordinato all’impegno economico dello Stato Membro, che deve
erogare un contributo nazionale non inferiore a quello medio stanziato nel periodo di
programmazione precedente89. La finalità dell’introduzione del principio ha natura
strategica: in questo modo si è inteso evitare che ciascun Stato Membro non dedicasse
alcuna propria risorsa alle politiche di coesione, utilizzando in sostituzione le risorse dei
fondi strutturali90.Risale alle riforme dell’88 e del ’93 anche l’introduzione della regola del partenariato;
essa prevede il coinvolgimento di tutti i soggetti coinvolti nell’esecuzione dei
programmi, dalle parti sociali e economiche alle autonomie locali, per garantire la
massima unitarietà, coerenza ed efficienza degli interventi91.Ultimo principio associato agli ultimi due è quello di complementarietà: le azioni
comunitarie devono intervenire a completamento di corrispondenti azioni nazionali92.L’insieme delle regole introdotte fa capo a sua volta a uno dei principi fondamentali
della Comunità (e oggi dell’Unione): il c.d. principio di sussidiarietà, sulla base del
quale l’intervento comunitario è giustificato per quelle materie per le quali gli Stati
Membri non siano in grado di realizzare in autonomia gli obiettivi di livello europeo
previsti nel Trattato93.Il rilancio dei Fondi Strutturali a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 viene poi completato con
l’aumento della dotazione finanziaria a essi dedicata, della quale quasi un terzo riservata
88 Cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 31-32.
89 Cfr- F. Gagliardi, op. cit., pag. 32.
90 Cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 32.
91 Cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 32.
92 Cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 33.
93 Il principio è a sua volta temperato dalla regola della proporzionalità dell’intervento, per cuila Comunità (oggi Unione) interviene solamente nei limiti del ‘necessario’, per i soli aspetti nonrealizzabili sul piano nazionale dallo Stato Membro. Ulteriore regola affermata a garanzia degliStati Membri è quella della c. d. delega limitata, per la quale la competenza è di regolanazionale e solamente in via d’eccezione comunitaria. Cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 33-34.
25
al Fondo Sociale Europeo94. La politica di coesione diventa quindi il capitolo di spesa
più importante della Comunità solamente dopo la Politica Agricola Comune, anche nella
prospettiva dell’allargamento che essa avrebbe intrapreso negli anni successivi. Viene
inoltre istituito, nel 1994, il Fondo di Coesione, destinato a sostenere interventi negli
Stati Membri nei quali il Prodotto Nazionale Lordo pro capite è inferiore al 90%95.Dalla programmazione per gli anni 1994-1999 i Fondi Strutturali iniziano a intervenire
per aree territoriali denominate ‘Obiettivo’, che per questo periodo sono 796. Il primo
Obiettivo è dedicato a promuovere l’adeguamento strutturale delle regioni in ritardo di
sviluppo; il Fondo Sociale opera in queste aree con interventi volti a sostenere la
crescita del capitale umano mediante il rafforzamento dei sistemi di formazione e
istruzione e del potenziale umano per la ricerca, mediante il miglioramento della
pubblica amministrazione e le politiche per l’occupazione97. Il secondo Obiettivo si
occupa delle riconversioni produttive delle regioni o aree in crisi, mentre il terzo è
destinato al contrasto della disoccupazione di lunga durata per tutte le aree non
ricomprese nel primo98. L’Obiettivo 4 si occupa specificatamente del sostegno alla
formazione continua dei lavoratori occupati99, mentre l’Obiettivo 5b è dedicato allo
sviluppo delle zone rurali. L’Obiettivo 6 è dedicato invece allo sviluppo delle regioni a
bassa densità demografica.Nel periodo 1994-1999 il Fondo Sociale Europeo porta avanti anche le c.d. ‘Iniziative
comunitarie’, che consistono in interventi di carattere innovativo o sperimentale e
prevalentemente transnazionali. La prima si occupa, parallelamente all’Obbiettivo 4, di
gestire le riconversioni produttive facilitando la transizione verso la Società
94 F. Gagliardi in op. cit. (pag. 35) riporta una dotazione complessiva di 173 mld di Ecu, di cui52 per il Fondo Sociale Europeo.
95 Cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 35.
96 Cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 37.
97 Formazione, orientamento, incentivi alle assunzioni, imprenditorialità e formazione deglioccupati. Cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 37.
98 Le iniziative intraprese coincidevano infatti con quelle previste per lo sviluppo delle risorseumane nelle aree ricomprese nell’Obiettivo 1, cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 38.
99 Operava anche per esso la regola di esclusione delle aree ricomprese nell’Obbiettivo 1, cfr.cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 38.
26
dell’informazione100 mentre la seconda si dedica all’inserimento lavorativo di categoria
sociali ‘svantaggiate’101. Nell’ambito della programmazione 1994-1999 circa la metà
delle risorse del Fondo Sociale Europeo sono destinate all’Obiettivo 1, mentre il resto è
ripartito tra gli altri Obiettivi (circa il 43%) e le Iniziative comunitarie (il 9%)102. Al
termine della programmazione risultano percentuali leggermente differenti, ma che
ricalcano lo stesso schema di ripartizione, con l’Obiettivo 1 che assorbe più della metà
dei finanziamenti e la restante parte suddivisa tra gli altri Obiettivi e le Iniziative
Comunitarie103.La valutazione dei programmi realizzati per gli anni 1994-1999 attraverso i
finanziamenti del Fondo Sociale Europeo è complessivamente positiva, poiché vengono
implementate le politiche previste per la realizzazione degli obbiettivi, soprattutto in
materia di formazione, apprendimento permanente e, più in generale, di sviluppo delle
risorse umane104. Tuttavia emergono diversi punti di criticità; nell’ambito degli Obiettivi
1,3,4 vengono evidenziati problemi relativi a vari aspetti: in primo piano si rilevano
problemi relativi alla distribuzione delle risorse, che spesso non segue criteri qualitativi
e rischia di far mancare il sostegno effettivo alla realizzazione dei progetti che
richiedono un impegno economico maggiore; altro difetto rilevato per questo periodo di
programmazione è la difficoltà di individuare l’impatto effettivo delle misure finanziate
sugli investimenti privati in materia di formazione; ultimo rilievo negativo riguarda
l’assenza di flessibilità nel processo di programmazione, soprattutto per la fase
intermedia, nell’ambito della quale è segnalata una difficoltà a modificare
l’orientamento dei progetti in ragione delle modificazioni del mercato del lavoro105. Per
100 Si tratta dell’iniziativa denominata Adapt. Cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 38.
101 L’inziativa, denominata Occupazione, si componeva di quattro sotto programmi, uno perciascuna categoria: pari opportunità (Now), disabili (Horizon), persone a rischio di esclusionesociale (Integra) e giovani (Youthstart). Cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 39.
102 Dati riportati da F. Gagliardi, op. cit., pag. 39.
103 Dati riportati in GHK Consulting, “Ex-post evaluation 1994-1999 of ESF Operations underObjectives 1, 3 and 4 and the community Initiatives EMPLOYMENT and ADAPT”, 2003, pag8.
104 Cfr. GHK Consulting, op. cit., pag. 8.
105 Cfr. GHK Consulting, op. cit., pag 9-13.
27
quanto riguarda le Iniziative Comunitarie, si segnalano punti di forza sul piano della
diffusione delle politiche tra gli Stati Membri e sul piano della partecipazione da parte
dei beneficiari, mentre gli aspetti negativi riguardano l’assenza di meccanismi di
feedback, le complicazioni derivanti dagli adempimenti burocratici e la mancanza di
integrazione delle strategie106, soprattutto sul piano delle politiche istituzionali (il c.d.
vertical mainstreaming107). Nella primavera del 1999 vengono destinate ai fondi strutturali risorse nell’ordine dei
200 miliardi di euro, mentre vengono adottati i nuovi regolamenti attuativi per il
periodo di programmazione 2000-2006108.I principi già stabiliti con la riforma del ‘93 risultano rafforzati; il principio di
concentrazione viene implementato su diversi piani: dalla riduzione del range di utenti
del Fondo di Sviluppo Regionale al collegamento delle tematiche di intervento ai
principi istitutivi della Comunità, mentre gli Obiettivi prioritari vengono ridotti e le
risorse finanziarie orientate principalmente verso le aree a maggior ritardo di
sviluppo109. Allo stesso tempo viene ridisegnato il ruolo degli Stati Membri per la
gestione dei fondi, seppure la Commissione mantenga in toto la sua responsabilità per
l’utilizzo delle risorse del bilancio comunitario110.Vengono rivisti i processi di programmazione, con la previsione di nuovi adempimenti
per la presentazione dei piani alla Commissione111; dal confronto con quest’ultima
vengono poi adottati con decisione una serie di documenti di programmazione112 che
contengono le strategie d’azione, gli obiettivi globali e specifici, le modalità e gli
106 Cfr. GHK Consulting, op. cit., ,pag 9-13.
107 « Trasferimento di esperienze e integrazione di tutti o di parte dei risultati sul pianoistituzionale, politico, regolamentare o amministrativo.» Fonte: http://ec.europa.eu/employment_social/equal/about/glossary-it_en.cfm#term41
108 Cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 51.
109 Cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 53-54-
110 Cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 54.
111 La c.d. valutazione ex ante e, nell’ambito dello sviluppo delle risorse umane, il “Quadro diriferimento in materia di sviluppo delle risorse umane”; cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 53-54.
112 I “Quadri comunitari di sostegno”, i “Programmi operativi” e i “Documenti unici diprogrammazione” cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 54.
28
strumenti di realizzazione, nonché l’allocazione delle risorse finanziarie secondo le
relative priorità e le procedure di monitoraggio, valutazione e controllo113. La
decentralizzazione della responsabilità di attuazione dei programmi in direzione degli
Stati Membri costituisce applicazione del principio di sussidiarietà, mentre per quanto
riguarda il partenariato viene previsto il coinvolgimento delle parti sociali e economiche
sia nella fase di elaborazione della programmazione, che nelle fasi di monitoraggio114 e
di valutazione115, nonché l’ampliamento delle rappresentanze economiche e sociali che
possono essere coinvolte.116
Il principio di addizionalità viene ribadito, mentre per la verifica del rispetto di questa
regola vengono previsti tre momenti, rispettivamente all’inizio, a metà e prima della
chiusura del periodo di programmazione117.A correzione delle debolezze emerse nel periodo 1994-1999 viene introdotto il principio
di condizionalità. Secondo questa regola le risorse dei fondi vanno ripartite tra gli Stati
membri seguendo anche parametri di efficienza ed efficacia; in questo senso viene
previsto che una percentuale dei fondi viene assegnata a metà del periodo di
programmazione sulla base delle performance conseguite in ciascun programma,
misurate sulla base di indicatori rispondenti a criteri di tipo finanziario, di efficacia e di
qualità del management118.Gli Obiettivi vengono riorganizzati e ridotti a quattro; il primo rimane dedicato allo
sviluppo strutturale delle regioni in ritardo, mentre il secondo è destinato a sostenere le
113 Cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 54-55.
114 Si tratta dell’attività che assicura «alle autorità nazionali di gestione e alla Commissioneun’informativa ampia e puntuale sulla realizzazione dei programmi e dei progetti e sui loroeffetti» (così F. Gagliardi in op. cit., pag 98).
115 Per la programmazione 2000-2006 vengono previste tre fasi di valutazione, ciascunaperseguente differenti finalità. La prima c.d. ex ante, sarebbe destinata a migliorare e qualificaregli interventi individuati per l’assistenza dei fondi;. la seconda fase di valutazione si svolge initinere ed è finalizzata a analizzare i risultati intermedi per individuarne pertinenza e grado diconseguimento rispetto agli obbiettivi. L’ultima fase consiste nella c.d. valutazione ex post,volta ad analizzare gli effetti degli interventi finanziati mediante il Fondo. Cfr. F. Gagliardi,op.cit, pag. 98.
116 Cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 55-57.
117 Cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 57.
118 Cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 58.
29
riconversioni economiche e sociali ed è finanziato solo mediante il Fondo Europeo di
Sviluppo Regionale (con eventuale intervento del Fondo di orientamento e del Fondo
Sociale); il terzo obiettivo è di esclusiva competenza del Fondo Sociale, opera solo nei
territori esclusi dal primo obiettivo ed è dedicato all’innovazione e implementazione dei
sistemi per l’istruzione, formazione e occupazione; l’ultimo obiettivo è dedicato alle
strutture di pesca e i territori rurali esclusi dal primo obiettivo119.Per quanto riguarda le iniziative comunitarie, per la programmazione 2000-2006 ne
vengono messe in campo quattro, di cui solo una finanziata mediante il Fondo Sociale
Europeo e destinata alla lotta alla discriminazione e alle diseguaglianze120. Una parte
del bilancio dei Fondi Strutturali non viene assegnata ed è invece riservata alla
promozione, da parte della Commissione, di iniziative transnazionali caratterizzate da
un forte aspetto innovativo e sperimentale (le c.d. ‘azioni innovative’121), nonché di
attività di vario tipo inerenti ai metodi di programmazione, monitoraggio e valutazione
dei programmi.Le risorse finanziarie destinate ai Fondi Strutturali per questo periodo di
programmazione ammontano a circa 200 miliardi di euro122. Le regole di gestione
finanziaria dei finanziamenti vengono riviste cercando di velocizzare i flussi di
trasferimento ai beneficiari degli interventi, seppure le procedure d’impegno di bilancio
e pagamento presentino il rischio non irrilevante di perdita dei fondi da parte delle
autorità di gestione123.La responsabilità primaria dell’attività di sorveglianza è affidata all’autorità di gestione,
che a sua volta si affida a un Comitato del quale fanno parte anche rappresentanti della
119 Cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag.59-71.
120 Le quattro iniziative sono: Leader +, dedicata allo sviluppo rurale; Interreg III, dedicata allosviluppo territoriale, Equal e Urban, destinata allo sviluppo economico e sociale delle città ezone urbane in crisi. Cfr. F. Gagliardi, op. cit., 71-74.
121 Iniziative sostanzialmente consistenti in azioni di studio, sperimentazione e scambio di‘buone pratiche’. Cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 75-76.
122 Cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 78-
123 Si tratta di un procedimento basato su una serie di automatismi e oneri (disimpegnoautomatico delle somme del bilancio comunitario per le quali gli Stati membri non presentinocertificazione delle spese sostenute, anticipi da parte degli Stati Membri di parte deifinanziamenti) che privilegia gli Stati Membri più avanzati sul piano dello sviluppo ecaratterizzati da dimensioni relativamente contenute, sia sul piano territoriale che sul pianodell’amministrazione. Cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 86 e 87.
30
Commissione, delle parti sociali e delle istituzioni nazionali e locali. L’attività del
Comitato consiste nell’esaminare e approvare il complemento di programmazione124, i
criteri di selezionamento delle operazioni finanziate, i rapporti annuali di esecuzione125
nonché nell’esaminare e approvare i progressi realizzati nel conseguimento dei risultati
fissati per gli obiettivi di intervento. Per quanto riguarda il controllo finanziario, si
assiste anche in questo campo a una decentralizzazione della responsabilità verso gli
Stati Membri e in particolare verso le autorità di gestione e pagamento, che sono tenute
a garantire: la trasparenza e regolarità dei trasferimenti di denaro, la gestione efficiente
delle risorse, la veridicità delle dichiarazioni di spesa, il rispetto delle norme
comunitarie, la prevenzione e rettifica delle irregolarità e infrazioni, la collaborazione
con la Commissione, la corretta redazione delle dichiarazioni di spesa a cura di un
soggetto autonomo. La Commissione può, a sua volta, operare controlli sulle
metodologie di controllo adottate e, in caso di irregolarità lievi, proporre una serie di
misure correttive o, in caso di infrazioni più gravi, disporre la sospensione dei
pagamenti, la riduzione del contributo o addirittura la sua soppressione126.Tra il 2000 e il 2006 attraverso il Fondo Sociale Europeo vengono portati avanti circa
200 programmi operativi, che coinvolgono complessivamente 75 milioni di persone127.
Gli interventi si sono concentrati su due direttrici principali: da un lato l’assistenza e il
sostegno a programmi che hanno come partecipanti singoli individui, dall’altro
programmi consistenti in azioni di sistema, volte a migliorare i servizi pubblici per
l’occupazione. Classificati per genere i partecipanti sono equamente divisi tra uomini e
donne (con una leggera prevalenza femminile), mentre per età la grande maggioranza è
composta da lavoratori adulti, seguiti dai giovani (37%) e da una percentuale
124 Il documento che accompagna ciascun programma di intervento presentato dallo StatoMembro. Cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag 55.
125 Si tratta di un rapporto che informa la Commissione sull’andamento finanziariodell’intervento, sull’avanzamento dei progetti, su eventuali modificazioni del contesto e suicontrolli operati dall’autorità di gestione, nonché sulle misure adottate per assicurare lacompatibilità con le politiche comunitarie in materia di concorrenza, appalti pubblici.. Cfr. F.Gagliardi, op. cit., pag. 90-91.
126 Cfr. F. Gagliardi, op. cit., pag. 93.
127 Dati riportati in J. Dahan et alii, op. cit., pag. 4 e 5. Sembra opportuno segnalare che propriodurante il periodo 2000-2006 è avvenuto l’allargamento della UE ad altri 15 paesi, con larelativa apertura ad essi dei Fondi Strutturali.
31
relativamente esigua di lavoratori over 50 (7%)128. Il totale dei progetti finanziati è stato
di circa 700 mila, con risultati soddisfacenti sia per il livello di lavoratori ‘qualificati’
sia per il livello di lavoratori ‘integrati’ nel mercato del lavoro (rispettivamente 34% e
22%)129.
2. La programmazione dei Fondi Strutturali e del Fondo Sociale Europeo per il periodo
2007-2013: principi e obiettivi
Le regole per la programmazione dei Fondi Strutturali per il periodo 2007-2013 sono
fissate nel Regolamento 1083/2006, volto a sostituire il Regolamento 1260/1999, in
vigore per il periodo 2000-2006. Esaminando la normativa, i principi generali fissati già nelle riforme dei primi anni ’90
e costituenti i cardini della politica comunitaria di coesione risultano rimodulati e
ridefiniti ma complessivamente confermati. Il principio di complementarietà viene
definito all’art. 9, che lo riarticola specificando ulteriormente la funzione di sostegno
aggiuntivo dei Fondi Strutturali rispetto alle azioni nazionali, regionali o locali, nonché
di integrazione funzionale degli orientamenti comunitari con il livello nazionale130.
Corollari del principio sono le regole della coerenza degli interventi dei Fondi rispetto
alle politiche comunitarie, nonché la conformità delle operazioni finanziate mediante i
Fondi rispetto al Trattato e alla legislazione comunitaria delegata131. Il principio della
programmazione viene definito in un autonomo articolo, per il quale «gli obiettivi dei
Fondi sono perseguiti nel quadro di un sistema di programmazione pluriennale
articolato in varie fasi, comprendenti l'individuazione delle priorità, il finanziamento ed
un sistema di gestione e controllo»132. Il principio del partenariato risulta ridefinito per
superare problemi interpretativi collegati alla precedente formulazione contenuta nel
Regolamento 1260/1999; secondo la nuova definizione si distinguono diversi livelli
128 Dati riportati in J. Dahan et alii, op. cit., pag. 8-9.
129 Dati riportati in J. Dahan et alii, op. cit., pag 10.
130 Art. 9, par. 1 del Reg. 1083/2006.
131 Art. 9, par. 2 e 5 del Reg. 1083/2006.
132 Art. 10 del Reg. 1083/2006.
32
paralleli e distinti di partenariato e cooperazione che coinvolgono soggetti diversi: sul
piano comunitario è prevista una cooperazione tra Commissione e Stati Membri, mentre
per il livello nazionale lo Stato Membro deve coinvolgere gli attori interni di volta in
volta interessati; a livello locale è invece previsto il coinvolgimento delle istituzioni
locali e delle parti sociali ed economiche133. Viene inoltre sottolineato il ruolo necessario
svolto dalle Regioni nell’ambito del partenariato all’interno del processo di
programmazione134. Il principio di sussidiarietà viene sostanzialmente ribadito, ma non
citato135, mentre vengono introdotti una serie di principi innovativi, tra i quali: principio
di proporzionalità delle risorse attuative dei Fondi rispetto alle spese complessive
previste per ciascun programma operativo136 e principio di gestione condivisa tra
Commissione e Stati Membri del bilancio comunitario assegnato ai Fondi137. Il principio
di addizionalità viene ribadito sul piano generale138 e specifico139. Al principio cardine
delle pari opportunità è invece dedicato un articolo autonomo di chiusura140 del Capo
del Regolamento dedicato ai principi.Gli obiettivi prioritari per questo periodo di programmazione sono ridefiniti su tre
direttrici principali: “Convergenza”, “Competitività regionale e Occupazione”,
“Cooperazione territoriale”. Il primo di questi è considerato dal Regolamento come
133 Art. 11, par. 1 e 2 del Reg. 1083/2006.
134 Art. 11, par. 3 del Reg. 1083/2006.
135 Art. 12 del Reg. 1083/2006.
136 Art. 13 del Reg. 1083/2006.
137 Art. 14 del Reg. 1083/2006. Sembra opportuno segnalare che l’articolo al paragrafo 2definisce le modalità di esercizio delle responsabilità di esecuzione del bilancio comunitario checomprendono: poteri di verifica dei sistemi di gestione e controllo degli Stati Membri, poteri direttifica finanziaria, sospensione o interruzione dei pagamenti agli Stati Membri, disimpegnoautomatico degli stanziamenti di bilancio, verifica dei rimborsi.
138 Art. 15 par. 1 del Reg. 1083/2006.
139 Art. 15 par. 2,3,4 del Reg. 1083/2006; viene previsto un procedimento di codeterminazionedelle spese per le regioni inserite nell’obbiettivo “Convergenza” tra la Commissione e ciascunStato Membro, che comunque non dovrebbe essere inferiore alla media delle spese sostenuteannualmente nel periodo di programmazione precedente. Si tratta di una procedura che prevedeanche una rideterminazione intermedia delle spese strutturali.
140 Art. 16 del Reg. 1083/2006.
33
prioritario, e consiste nell’«accelerare la convergenza degli Stati membri e regioni in
ritardo di sviluppo migliorando le condizioni per la crescita e l'occupazione»141
attraverso maggiori investimenti nelle infrastrutture e nelle risorse umane,
l’implementazione di innovazione, società della conoscenza e adattabilità ai
cambiamenti socioeconomici, la tutela dell’ambiente e il miglioramento dell’apparato
amministrativo. Le regioni europee che possono essere destinatarie di interventi
nell’ambito di questo obbiettivo sono elencate in una lista redatta dalla Commissione e
valida per il periodo 2007-2013 secondo il criterio dell’appartenenza al livello 2 della
classificazione comune delle unità territoriali per la statistica142 e del livello di PIL pro
capite inferiore al 75% della media del PIL pro capite dell’Unione a 25143. Gli interventi
ricompresi in quest’Obiettivo sono finanziati dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale,
dal Fondo Sociale Europeo e dal Fondo di Coesione. Per l’accesso a quest’ultimo è
necessario che gli Stati Membri detengano un Reddito Nazionale Lordo pro capite
inferiore al 90% di quello medio dell’Unione a 25144.Il secondo Obiettivo è denominato ‘Competitività regionale e occupazione’ ed è
destinato a operare nelle regioni non ricomprese nell’ambito di intervento del primo145.
L’aspetto della ‘competitività regionale’ è di competenza del Fondo Europeo di
Sviluppo Regionale e consiste in interventi destinati allo sviluppo e la promozione su
base regionale delle ristrutturazioni economiche nei distretti industriali, urbani e
rurali146; nell’ambito occupazionale sono invece previsti programmi operativi finanziati
mediante il Fondo Sociale Europeo volti alla promozione di politiche occupazionali
141 Art. 3 Par.2 del Reg. 1083/2006.
142 Le c.d. regioni NUTS 2. Si tratta di una classificazione statistica adottata dall’Eurostat perla suddivisione del territorio UE, basata sulle unità amministrative nazionali e sulle unitàgeografiche generali. Per l’Italia sono individuate: Nord-Ovest, Nord-est, Centro, Sud eIsole.Fonte:http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/nuts_nomenclature/principles_characteristics.
143 Art. 5 par. 1 e 3 del Reg. 1083/2006. Il PIL pro capite è misurato a parità di potered’acquisto e sulla base dei dati comunitari 2000-2002
144 Art. 5 par 2 del Reg. 1083/2006. In questo caso il RNL è calcolato a parità di potered’acquisto sulla base dei dati comunitari 2001-2003.
145 Art.6 del Reg. 1083/2006.
146 Art. 3 par. 2 del Reg. 1083/2006.
34
innovative, il miglioramento della qualità e produttività del lavoro, l’inserimento sociale
e la lotta alla discriminazione147 . Il terzo Obiettivo è di competenza esclusiva del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale e
consiste nell’implementazione di programmi integrati finalizzati alla promozione della
cooperazione per questioni di interesse comunitario di livello transfrontaliero,
transnazionale e interregionale148.Il ruolo del Fondo Sociale Europeo è stato poi specificato attraverso il Regolamento
1081/2006, che descrive alcune priorità stabilite per gli interventi comuni ai primi due
obbiettivi e alcune per il solo obiettivo ‘Convergenza’. Tra le priorità comuni, la prima
consiste nell’accrescimento dell’adattabilità di lavoratori, imprese e imprenditori per
l’anticipazione e la gestione positiva dei cambiamenti economici. In quest’ambito sono
previsti interventi volti allo sviluppo di apprendimento permanente, formazione e
apprendistato, nonché dell’imprenditorialità e dell’innovazione; sono previsti poi
interventi volti a migliorare il sistema di organizzazione del lavoro nonché i sistemi di
anticipazione e gestione delle ristrutturazioni aziendali e settoriali149. La seconda priorità
è costituita dal favorire l’accesso all’occupazione sia dei soggetti in cerca di lavoro che
di quelli inattivi, dall’incentivare l’invecchiamento attivo impedendo l’uscita prematura
dal mercato del lavoro; per questa priorità sono previsti interventi che agiscano sui
servizi per l’impiego e le istituzioni del mercato del lavoro, che implementino le
politiche attive del lavoro, che promuovano le pari opportunità di genere sul mercato del
lavoro e l’avanzamento dell’occupazione femminile, che facilitino la partecipazione dei
migranti al mondo del lavoro150. La terza priorità è costituita dall’inclusione sociale, per
la quale sono previsti interventi volti a favorire l’accesso al mercato del lavoro dei
soggetti svantaggiati (giovani poco istruiti, emarginati sociali, disabili..) attraverso
«misure di occupabilità» e iniziative di lotta alla discriminazione sia nel mercato del
147 Gli interventi occupazionali devono seguire gli orientamenti stabiliti a livello comunitarionell’ambito della Strategia Europea per l’Occupazione. Cfr. Adriana Di Stefano, “Coesione ediritto nell'Unione europea : la nuova disciplina dei fondi strutturali comunitari nel regolamento1083/2006”, 2008, pag. 44.
148 L’obiettivo “Cooperazione territoriale europea” è l’erede dell’iniziativa INTERREGprevista per il precedente periodo di programmazione. Cfr. A. Di Stefano, op. cit., pag. 45.
149 Art. 3 Par. 1 Lett a) del Reg. 1081/2006.
150 Art. 3 Par. 1 Lett. b) del Reg. 1081/2006.
35
lavoro che sui luoghi di lavoro151. La quarta priorità comune a entrambi gli obiettivi è
quella dello sviluppo del capitale umano mediante alcune riforme ai sistemi di
istruzione e formazione finalizzate ad avvicinare il mondo dell’istruzione a quello
professionale e a creare una rete tra scuole, centri di ricerca e tecnologici e imprese152.
L’ultima priorità comune è dedicata alla promozione di partenariati a vari livelli tra i
soggetti privati (parti sociali e ONG) finalizzati alla promozione di riforme in materia
occupazione e integrazione nel mercato del lavoro.Le priorità fissate per il solo obiettivo ‘Convergenza’ attengono alla sua specifica
funzione; la prima è l’espansione e il miglioramento degli investimenti nel capitale
umano, da realizzare attraverso una riforma dei sistemi di istruzione e formazione,
un’incentivazione della partecipazione a questi sistemi da parte dei cittadini, lo sviluppo
di ricerca e innovazione153. La seconda priorità stabilità consiste nel rafforzamento delle
pubbliche amministrazioni, dei servizi pubblici e delle parti sociali particolarmente nei
settori «economico, occupazionale, dell'istruzione, sociale, ambientale e giudiziario»,
attraverso l’implementazione di sistemi di monitoraggio e valutazione delle strategie e
dei programmi nonché mediante la formazione continua dei dirigenti e delle figure
professionali154.
3. Il procedimento di programmazione e i sistemi di gestione, controllo e sorveglianza
dei programmi operativi
Nell’ambito del procedimento previsto nel Reg. 1081/2006 si possono individuare due
livelli di programmazione: il primo attiene a una dimensione ‘strategica’per la coesione,
mentre il secondo riguarda la programmazione in senso stretto.Per quanto riguarda il livello strategico, è previsto che il Consiglio definisca, sulla base
di una proposta elaborata dalla Commissione in stretta cooperazione con gli Stati
151 Art. 3 Par. 1 Lett. c) del Reg. 1081/2006.
152 Art. 3 Par. 1 Lett. d) del Reg. 1081/2006.
153 Art. 3 Par.2. Lett. a) del Reg. 1081/2006.
154 Art. 3 Par. 2 Lett. b) del Reg. 1081/2006.
36
Membri155, un contesto indicativo di intervento per i Fondi, mediante degli orientamenti
strategici per la coesione economica, sociale e territoriale156. Queste linee guida devono
essere coerenti con le altre politiche comunitarie e tenere conto degli orientamenti
integrati per la crescita e l’occupazione, adottati nell’ambito della Strategia Europea per
l’Occupazione157. Gli orientamenti adottati dal Consiglio sono passibili di revisione
intermedia qualora si verifichino condizioni che lo rendano necessario, ma comunque
con lo stretto coinvolgimento degli Stati Membri e senza che questi siano poi obbligati a
rivedere la proprie linee specifiche di programmazione158.Sulla base degli orientamenti adottati dal Consiglio ciascun Stato Membro redige un
Quadro di Riferimento Strategico Nazionale (QRSN), nell’ambito del quale si pone la
programmazione in senso stretto159; i QRSN contengono diversi elementi che
concorrono a descrivere la strategia adottata dallo Stato Membro per il periodo di
programmazione: dall’analisi delle problematiche e delle potenzialità di sviluppo e la
relativa strategia comprensiva delle priorità tematiche e territoriali, all’elenco dei
Programmi Operativi e dei relativi elementi di coerenza con gli obiettivi comunitari alla
pianificazione della spesa per ciascun Fondo per ciascun programma. Il Regolamento prevede inoltre che, entro la fine del 2009 e del 2012, ciascun Stato
Membro presenti un rapporto sintetico sull’apporto dei programmi cofinanziati dai
Fondi Strutturali alla realizzazione della politica di coesione, degli obiettivi fissati per
ciascun Fondo e all’adempimento degli obiettivi stabiliti negli orientamenti adottati
all’inizio del periodo di programmazione dal Consiglio e degli orientamenti integrati per
la crescita e l’occupazione160; una sezione dal medesimo contenuto ma dalla prospettiva
comunitaria deve essere inserita dalla Commissione nel rapporto annuale che presenta al
Consiglio Europeo di Primavera161. Per gli anni 2010 e 2013 la Commissione è invece
155 Art. 26 Par. 1 del Reg. 1083/2006.
156 Art. 25 Par. 1 del Reg. 1083/2006.
157 Art. 25 Par. 1,2,3 del Reg. 1083/2006.
158 Art. 26 Par. 2,3 del Reg. 1083/2006.
159 Art. 27 Par. 1,2,3 del Reg. 1083/2006
160 Art. 29 del Reg. 1083/2006.
161 Art. 30 del Reg. 1083/2006.
37
tenuta a redigere, sulla base dei rapporti nazionali, un rapporto strategico da presentare
al Consiglio e trasmettere al Parlamento Europeo, Comitato Economico e Sociale e
Comitato delle Regioni.La fase di programmazione in senso stretto si innesta sul procedimento di pianificazione
strategica, con l’allegazione dei Programmi Operativi al QRSN; si tratta di documenti
che definiscono e descrivono le misure per ciascuna tematica prioritaria (denominata
‘Asse’)162; essi generalmente contengono una descrizione del settore e del territorio
dove è destinato a operare, un’analisi dei relativi punti di forza e delle criticità, la
descrizione dell’esperienza pregressa con i Fondi e la definizione delle strategie di
sviluppo secondo i diversi aspetti (finanziario, operativo, procedurale); per ogni
Programma Operativo deve essere inoltre individuato un soggetto responsabile per i
diversi ambiti relativi alla sua attuazione (Programmazione, Gestione, Pagamenti..)163. Il
QRSN e i Programmi Operativi a esso allegati possono essere modificati su indicazione
della Commissione, che può anche accettarlo o rigettarlo completamente164; una volta
approvato, inizia la fase di perfezionamento dei Programmi Operativi, che verranno
sottoposti ad una valutazione intermedia sia ad opera di un Valutatore Indipendente sia
ad opera dell’Autorità di Gestione. Si tratta di una fase molto delicata, poiché dalla
verifica dei risultati ottenuti rispetto agli obiettivi dipende anche l’assegnazione della
‘riserva di premialità’165 nonché l’eventuale applicazione della regola ‘n+2’166. Alla luce
dei risultati della valutazione intermedia è anche possibile sottoporre a revisione ciascun
Programma Operativo, modificandolo secondo le circostanze e le criticità emerse167.Al
termine del periodo di programmazione si apre la fase di valutazione c.d. ‘ex post’,
162 Per la programmazione 2006-2013 è ammessa la possibilità, per le Regioni, di presentaredei propri Programmi Operativi.
163 Cfr. . Sardone, “Unione europea : consistenza fondi strutturali 1957-2013: rapportostrategico” 2008, pag. 255.
164 Il termine previsto per la valutazione del QRSN è tre mesi, la delibera della Commissioneviene adottata con decisione Cfr. A. Sardone, op.cit., pag. 199 e A. Di Stefano, op. cit., pag. 54.
165 La quota di finanziamenti che non viene erogata all’inizio del periodo di programmazione,la cui erogazione è subordinata al raggiungimento degli obiettivi intermedi.
166 La regola, introdotta già nei precedenti periodi di programmazioni, per cui a eventualiinadempienze rispetto agli obiettivi intermedi o violazioni dei termini può corrispondere lasospensione o soppressione del contributo (e l’obbligo di restituzione di quanto ricevuto) Cfr. A.Sardone, op. cit., pag. 640.
38
nell’ambito della quale vengono redatti i rapporti strategici sui risultati ottenuti da
ciascun programma. All’esito positivo della fase terminale di valutazione (almeno per la
parte contabile) è sottoposta l’erogazione definitiva del finanziamento; in caso
contrario, sorgerà l’obbligo di completare le attività previste nei programmi, pena
l’applicazione della regola ‘n+2’. Sono possibili anche due forme speciali di intervento finanziate attraverso i Fondi, i c.d.
‘Grandi progetti’ e le ‘Sovvenzioni globali’. Nel primo caso si tratta di operazioni che
implicano una spesa piuttosto rilevante (superiore ai 25-50 milioni di euro) e per le quali
è prevista una disciplina particolare per l’approvazione dei finanziamenti168. Nel
secondo caso la peculiarità attiene alla possibilità di delegare parte del Programma
Operativo a uno o più soggetti intermediari, secondo un accordo dai contenuti
particolarmente vincolati169.Per quanto riguarda l’assistenza tecnica, è previsto che possano essere attivati due
distinti sistemi, uno su iniziativa della Commissione e uno su iniziativa dello Stato
Membro, finanziati entro determinati limiti percentuali170; funzione dei sistemi di
assistenza tecnica attivati dalla Commissione è quella di «preparazione, sorveglianza,
sostegno tecnico e amministrativo, valutazione, audit e controllo necessarie
all'attuazione del presente regolamento»171, mentre quella dei sistemi attivati da ciascun
Stato membro consiste in «attività di preparazione, gestione, sorveglianza, valutazione,
informazione e controllo dei programmi operativi insieme alle attività volte a rafforzare
la capacità amministrativa»172.La funzione stabilità per l’attività di valutazione è quella di «migliorare la qualità,
l'efficacia e la coerenza dell'intervento dei Fondi nonché la strategia e l'attuazione dei
167 Art. 33 del Reg. 1083/2006.
168 Titolo III Capo II Sezione II del Reg. 1083/2006.
169 Titolo III Capo II Sezione III del Reg. 1083/2006.
170 Per le azioni finanziate dalla Commissione il limite è dello 0,25% della dotazione annualedei Fondi, per quelle finanziate da ciascun Stato membro del 4% o del 6% del totale destinato aciascun PO a seconda che esso sia attuato nell’ambito dei primi due obiettivi o nell’ambito delterzo (Art. 45 Par. 1 e Art. 46 Par. 1 del Reg. 1083/2006).
171 Art. 45 Par. 1 del Reg. 1083/2006.
172 Art. 46 Par. 1 del Reg. 1083/2006.
39
programmi operativi con riguardo ai problemi strutturali specifici che caratterizzano gli
Stati membri e le regioni interessate»173, mentre vengono distinti due ordini di
valutazioni; le c.d. ‘valutazioni strategiche’ sono di ordine più generale e hanno a
oggetto le evoluzioni di ciascun programma rispetto alle priorità stabilite, mentre le c.d.
‘valutazioni operative’ sono finalizzate a sostenere la sorveglianza di ciascun
programma174. Un’ulteriore distinzione attiene al momento in cui le valutazioni sono
operate: la valutazione ex ante è di competenza di ciascun Stato Membro 175e ha la
funzione di definire le risorse da destinare a ciascun programma operativo, descrivere le
caratteristiche del contesto al quale esso è destinato, fissare gli obiettivi di risultato,
evidenziare il valore aggiunto apportato dall’Unione nonché la qualità delle procedure
di attuazione, sorveglianza, valutazione e gestione finanziaria176. La valutazione ex post
è invece di competenza della Commissione e ha a oggetto «l'insieme dei programmi
operativi nell'ambito di ciascun obiettivo […], il grado di utilizzazione delle risorse,
l'efficienza e l'efficacia della programmazione dei Fondi e l'impatto socioeconomico»; la
sua funzione è quella di individuare il successo o meno di ciascun programma operativo
e trarre conclusioni generali riguardo la politica di coesione177.Un’ultima parte del Reg. 1083/2006 è dedicata ai sistemi di gestione, controllo di
ciascun programma operativo. Vengono prima di tutto indicati i principi generali vigenti
in materia, che concorrono a chiarire contenuti e modalità operative delle funzioni di
gestione e sorveglianza. Ciascun Stato Membro è tenuto a definire le «funzioni degli
organismi coinvolti nella gestione e nel controllo e la ripartizione delle funzioni
all'interno di ciascun organismo», rispettando il principio di separazione delle funzioni
sia tra gli organismi, sia al loro interno178. In materia di controllo e sorveglianza devono
essere previste procedure che garantiscano correttezza e regolarità delle spese, secondo
173 Art. 47 Par. 1 del Reg. 1083/2006.
174 Art. 47 Par. 2 del Reg. 1083/2006.
175 Seppure in stretta collaborazione con lo Stato Membro e l’Autorità di Gestione. Cfr. Art. 49Par. 3 del Reg. 1083/2006.
176 Art. 48 Par. 2 del Reg. 1083/2006.
177 Art. 49 Par. 3 del Reg. 1083/2006.
178 Art. 58 lett. a, b del Reg.1083/2006.
40
sistemi informatizzati, mentre devono essere previsti modelli di informazione e
sorveglianza in caso di delega di funzioni da parte di un organismo nei confronti di un
altro179. Tutti i sistemi e le procedure devono poter essere sottoposti a verifica, garantire
una «pista di controllo adeguata» e permettere di individuare e recuperare le erogazioni
irregolari180.Le autorità che lo Stato Membro deve nominare per ciascun programma operativo sono
tre: autorità di gestione, autorità di certificazione e autorità di audit181. La prima è
titolare della funzione di gestione del programma operativo, che consiste: nella
selezione delle attività beneficiarie dei finanziamenti, nella verifica che le stesse siano
portate a termine e che le spese siano effettivamente eseguite, nella garanzia
dell’informatizzazione della contabilità e di tutti i «dati relativi all'attuazione necessari
per la gestione finanziaria, la sorveglianza, le verifiche, gli audit e la valutazione», nel
controllo sulla contabilità dei beneficiari e degli altri organismi coinvolti, nel garantire
che le valutazioni si svolgano secondo le norme stabilite dal Regolamento stesso, nel
garantire le informazioni necessarie all’ autorità di certificazione e al comitato di
sorveglianza per lo svolgimento delle loro funzioni e nel collaborare con la
Commissione fornendole le necessarie informazioni e i rapporti annuali e finali di
esecuzione.182
La funzione dell’autorità di certificazione è sostanzialmente quella di «certificare le
dichiarazioni di spesa e le domande di pagamento prima del loro invio alla
Commissione»183. Ai fini della certificazione l’autorità deve controllare che ciascuna
spesa sia giustificata secondo sistemi corretti di contabilità, conforme alle norme
comunitarie e nazionali e corrispondente alle attività selezionate dall’autorità di gestione184. L’autorità di certificazione si occupa anche delle somme recuperate a seguito della
179 Art. 58 lett. c,d,e del Reg. 1083/2006.
180 Art. 58 lett. f, g, h del Reg. 1083/2006.
181 Art. 59 del Reg. 1083/2006.
182 Art. 60 del Reg. 1083/2006.
183 Art. 59 del Reg. 1083/2006.
184 Art. 61 lett. b del Reg. 1083/2006.
41
sospensione o soppressione dei finanziamenti, garantendone la restituzione al bilancio
comunitario185.L’autorità di audit si occupa invece di verificare il corretto funzionamento del sistema di
gestione e controllo186, presentando annualmente alla Commissione un rapporto sui
controlli eseguiti nel corso dell’anno, contenente un parere sul sistema di gestione e
controllo e le carenze riscontrate 187. L’autorità di audit redige anche la dichiarazione di
chiusura attestante la validità della domanda di pagamento del saldo finale e la
correttezza delle spese sottese, accompagnandola con un rapporto di controllo finale.188.Per ciascun programma operativo è inoltre prevista l’istituzione di un Comitato di
Sorveglianza, di competenza dello Stato Membro d’intesa con l’autorità di gestione189. I
compiti affidati a quest’organismo sono: l’esame e l’approvazione dei criteri di
selezione delle attività da finanziare e dei rapporti annuali e finali di esecuzione, la
valutazione periodica dei progressi ottenuti per ciascun obiettivo specifico del
programma operativo, l’esame dei risultati conseguiti rispetto agli obiettivi fissati per
ciascun asse prioritario, la ricezione delle osservazioni della Commissione relative al
rapporto annuale di controllo190. Di fatto il Comitato opera in stretta connessione con
l’autorità di gestione, tanto da essere corresponsabile con essa della «qualità
dell'attuazione del programma operativo»191; è previsto comunque che un rappresentante
della Commissione possa partecipare ai lavori del Comitato con funzione consultiva192.Il sistema della sorveglianza sui programmi operativi è completato dalla previsione dei
rapporti annuali di esecuzione e del rapporto finale che devono essere trasmessi
dall’autorità di gestione alla Commissione193. I primi hanno ad oggetto tutte le
185 Art. 61 lett. f del Reg. 1083/2006.
186 Art. 59 del Reg. 1083/2006.
187 Art. 63 lett. d del Reg. 1083/2006.
188 Art. 62 lett e del Reg. 1083/2006.
189 Art. 64 Par. 1 del Reg. 1083/2006.
190 Art. 56 del Reg. 1083/2006.
191 Art. 66 Par. 1 del Reg. 1083/2006.
192 Art. 64 Par. 2 del Reg. 1083/2006.
42
informazioni relative all’attuazione del programma operativo194 (avanzamento delle
attività rispetto agli obiettivi specifici, aspetti finanziarie, informazioni sui sistemi di
gestione e controllo..) e vengono esaminati congiuntamente dall’autorità di gestione e
dalla Commissione, che può rivolgere raccomandazioni o osservazioni delle quali verrà
informato il Comitato di sorveglianza195.Il sistema di regolamentazione dei controlli risulta basato sulla condivisione delle
responsabilità tra ciascun Stato Membro e la Commissione, in accordo con il principio
di proporzionalità196. Per quanto riguarda le competenze degli Stati Membri in materia,
questi sono responsabili della corretta gestione finanziaria dei programmi, della
correttezza e legalità delle transazioni, della prevenzione, individuazione e correzione
delle irregolarità 197; la responsabilità dello Stato Membro si concreta nell’obbligo di
rimborsare al bilancio comunitario le somme erogate regolarmente e non più
recuperabili198. Gli Stati Membri sono inoltre responsabili dei sistemi di gestione e
controllo adottati e sono tenuti a inviare alla Commissione, prima della domanda di
pagamento intermedio, una descrizione dei sistemi adottati, accompagnata da una
relazione di ‘conformità’ redatta dall’autorità di audit o da un altro organismo
indipendente dalle autorità di gestione e certificazione199.Tra le competenze della Commissione rientrano invece poteri di verifica e accertamento
della conformità alla normativa comunitaria dei sistemi di gestione e controllo adottati
da ciascun Stato Membro, che si concretizzano nella possibilità di effettuare controlli in
loco sia in ‘prima persona’, sia attraverso lo stesso Stato Membro200; nell’ambito di
queste operazioni la Commissione ha «accesso ai libri contabili e a qualsiasi altro
193 Art. 67 Par-1 del Reg. 1083/2006.
194 Art. 67 Par. 2 del Reg. 1083/2006.
195 Art. 68 del Reg. 1083/2006.
196 Cfr. A. Di Stefano, op. cit., pag. 57.
197 Art. 70 Par. 1 del Reg. 1083/2006.
198 Art. 70 Par. 2 del Reg. 1083/2006.
199 Art. 71 del Reg. 1083/2006.
200 Art. 72 del Reg. 1083/2006.
43
documento, compresi i documenti e metadati elaborati o ricevuti e registrati in via
elettronica, relativi alle spese finanziate dai Fondi»201. Un ulteriore aspetto di
competenza della Commissione è la collaborazione con le autorità di audit: la
Commissione ne coordina le strategie, si riunisce con ciascuna di esse per esaminare i
rapporti annuali per ciascun programma operativo e può scegliere di affidarsi al parere
di conformità dei sistemi di gestione e controllo da queste redatti, oppure optare per
l’effettuazione di controlli in loco diretti o delegati allo Stato Membro202. A
completamento del sistema dei controlli sembra opportuno segnalare che, sotto la soglia
dei 750 milioni di euro e della percentuale di cofinanziamento del 40%, sono previsti
minori oneri amministrativi per le autorità di audit e di gestione, nonché la sostituzione
dell’autorità di certificazione e di quella di audit cono organismi che svolgano la
medesima funzione203.In più parti della trattazione si è accennato al sistema sanzionatorio approntato già nei
precedenti periodi di programmazione; per il periodo 2007-2013; la prima ipotesi
prevista è quella dell’interruzione dei termini di pagamento per sei mesi, disposta nel
caso vi siano prove di carenze rilevanti nei sistemi di gestione e controllo o in caso di
presunte spese irregolari non rettificate per le quali è necessario svolgere ulteriori
verifiche204. La seconda ipotesi consiste nella sospensione dei pagamenti intermedi ed è invece
prevista nei seguenti casi: quando sussistano carenze nei sistemi di gestione e controllo
tali da compromettere l’affidabilità delle certificazioni di spesa, quando siano accertate
spese irregolari non rettificate o quando uno Stato Membro sia venuto meno alle sue
competenze in materia di controllo205; in tutti questi casi la Commissione, trascorsi due
mesi entro i quali lo Stato Membro ha il diritto di presentare osservazioni, può ordinare
la sospensione totale o parziale dei pagamenti intermedi206. La ripresa degli stessi può
201 Art. 72 Par. 2 del Reg. 1083/2006.
202 Art. 73 del Reg. 1083/2006.
203 Art. 74 del Reg. 1083/2006.
204 Art. 91 del Reg. 1083/2006.
205 Art. 92 Par. 1 del Reg. 1083/2006.
206 Art. 92 Par. 2 del Reg. 1083/2006.
44
avvenire quando uno Stato Membro adotta le misure necessarie a rimediare alle cause di
sospensione; in caso di non ottemperanza, la Commissione può ordinare la soppressione
totale del contributo comunitario al programma operativo207.La regola c.d n+2 è stabilita all’art. 93 par. 1, secondo il quale «la Commissione procede
al disimpegno automatico della parte di un impegno di bilancio connesso ad un
programma operativo che non è stata utilizzata per il prefinanziamento o per i
pagamenti intermedi, o per la quale non le è stata trasmessa una domanda di pagamento
ai sensi dell'articolo 86, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello
dell'impegno di bilancio nell'ambito del programma»208. In questo caso non si tratta di
sanzionare però carenze nei sistemi di gestione e controllo o irregolarità quanto più
gestioni o amministrazioni inefficienti. In tutti i casi in cui lo Stato Membro rischi
questa situazione la Commissione è tenuta a avvisarlo tramite informativa209; entro due
mesi dal ricevimento lo Stato Membro è tenuto a produrre osservazioni210. Trascorso
inutilmente questo termine esso vedrà ridursi il finanziamento al programma operativo
da parte dei Fondi211.Ultimo aspetto collegato alle responsabilità di controllo da parte dello Stato Membro è
quello delle rettifiche finanziarie; queste ultime consistono nella «soppressione totale o
parziale del contributo pubblico del programma operativo.»212 in seguito
all’individuazione di irregolarità nella gestione finanziaria oppure in ragione di una
«modifica importante che incide sulla natura o sulle condizioni di esecuzione o di
controllo di operazioni o programmi operativi»213. Anche in questo caso viene ripetuto
lo schema basato sulla condivisione delle competenze, con la Commissione che può
intervenire e operare di sua iniziativa la rettifica se «uno Stato membro non si è
conformato agli obblighi che gli incombono in virtù dell'articolo 98 anteriormente
207 Art. 92 Par. 3 del Reg. 1083/2006.
208 Art. 93 Par. 1 del Reg. 1083/2006.
209 Art. 97 Par. 1 del Reg. 1083/2006-
210 Art. 97 Par. 2 del Reg. 1083/2006.
211 Art. 97 Par. 3 del Reg. 1083/2006.
212 Art. 98 Par. 2 del Reg. 1083/2006.
213 Art. 98 Par. 1 del Reg. 1083/2006.
45
all'avvio della procedura di rettifica ai sensi del presente paragrafo»214, oltre ai casi già
previsti per la sospensione dei pagamenti intermedi (gravi carenze nei sistemi di
gestione e controllo e la presenza di spese irregolari non rettificate dallo Stato
Membro215). In ogni caso l’esercizio delle competenze da parte della Commissione è
regolato in maniera tale da garantire il coinvolgimento dello Stato Membro: esso è
avvisato delle conclusioni provvisorie sulla presenza delle condizioni di cui all’art. 99
Par. 1 del Reg. 1083/2006 e ha diritto di replicare entro i due mesi successivi,
dimostrando la non sussistenza o la minore entità delle irregolarità e venendo convocato
per un’audizione «nella quale entrambe le parti, in uno spirito di cooperazione fondato
sul partenariato, si adoperano per pervenire a un accordo sulle osservazioni e sulle
conclusioni da trarsi»; in assenza di accordo tra le parti la decisione spetta comunque
alla Commissione216.
4. Il Programma Operativo Regionale F.S.E. 2007-2013 della Regione Emilia Romagna
Il Programma Operativo Regionale F.S.E. 2007-2013 della Regione Emilia Romagna è
stato adottato dalla Commissione Europea con la Decisione 5327/2007 del 26/10/2007,
in seguito al procedimento concertativo descritto nei paragrafi precedenti. Esso contiene
le linee programmatiche che la Regione si è impegnata a seguire nell’utilizzo dei
finanziamenti comunitari derivanti dal Fondo Sociale Europeo; questi indirizzi sono
stati giudicati coerenti, nell’ambito della valutazione ex ante, con i riferimenti principali
delle politiche occupazionali europee e nazionali217, nonché con gli Orientamenti
Strategici Comunitari approvati dal Consiglio. In particolare, il P.O.R. si concentra sulla
priorità in essi prevista che consiste nel «creare nuovi e migliori posti di lavoro attirando
un maggior numero di persone verso il mercato del lavoro o l’attività imprenditoriale,
migliorando l’adattabilità dei lavoratori e delle imprese e aumentando gli investimenti
214 Art. 99 Par. 1 lett. c del Reg. 1083/2006.
215 Art. 99 Par. 1 lett a, b del Reg. 1083/2006.
216Nello specifico la procedura è descritta all’art. 100 del Reg. 1083/2006.
217 Cfr. Regione Emilia Romagna, 2007, “Programma Operativo Regionale, Fondo SocialeEuropeo, Obiettivo Competitività Regionale e Occupazione”, pag. 26.
46
nel capitale umano»218. Per quanto riguarda il Quadro Strategico Nazionale, il P.O.R. si
concentra sulle priorità previste per il F. S. E. costituite dal «miglioramento e
valorizzazione delle risorse umane», dalla «promozione, valorizzazione e diffusione
della ricerca e dell’innovazione per la competitività», dalla «inclusione sociale e servizi
per la qualità della vita e l’attrattività territoriale» e dalla «competitività dei sistemi
produttivi e occupazione»219; alcune di queste priorità sono sviluppate anche
trasversalmente per ciascun asse previsto nel P. O. R., mentre una (l’inclusione sociale)
viene integralmente trasfusa in un singolo asse220.Gli assi secondo i quali è suddivisa la strategia di intervento regionale sono 6; il primo è
denominato ‘Adattabilità’ e riunisce gli interventi finalizzati a «sviluppare sistemi di
formazione continua e sostenere l’adattabilità dei lavoratori», a «favorire l’innovazione
e la produttività attraverso una migliore organizzazione e qualità del lavoro», a
«sviluppare politiche e servizi per l’anticipazione e gestione dei cambiamenti,
promuovere la competitività e l’imprenditorialità»221. Il secondo asse è denominato
‘Occupabilità’ ed è caratterizzato dalle seguenti priorità: «aumentare l’efficienza,
l’efficacia, la qualità e l’inclusività delle istituzioni del mercato del lavoro», «attuare
politiche per il lavoro attive e preventive, con particolare attenzione all’integrazione dei
migranti nel mercato del lavoro, all’invecchiamento attivo, al lavoro autonomo e
all’avvio di imprese», nonché «migliorare l’accesso delle donne all’occupazione e
ridurre le disparità di genere»222. Il terzo asse è denominato ‘Inclusione sociale’ e
presenta come obiettivo specifico lo sviluppo di « percorsi d’integrazione» e il
miglioramento del «(re)inserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati per combattere
ogni forma di discriminazione nel mercato del lavoro»223. Le priorità riunite nell’ambito
del quarto asse, denominato ‘Capitale Umano’ sono costituite dalla «elaborazione e
introduzione delle riforme dei sistemi di istruzione, formazione e lavoro per migliorarne
218 Cfr. Regione Emilia Romagna, 2007, pag. 31.
219 Cfr. Regione Emilia Romagna, 2007, pag. 33.
220 Cfr. Regione Emilia Romagna, 2007, pag. 33.
221 Cfr. Regione Emilia Romagna, 2007, pag. 60.
222 Cfr. Regione Emilia Romagna, 2007, pag. 65.
223 Cfr. Regione Emilia Romagna, 2007, pag. 68.
47
l’integrazione e sviluppare l’occupabilità, con particolare attenzione all’orientamento»,
dall’«aumentare la partecipazione alle opportunità formative lungo tutto l’arco della vita
e innalzare i livelli di apprendimento e conoscenza» e dalla «creazione di reti tra
università, centri tecnologici di ricerca, mondo produttivo e istituzionale con particolare
attenzione alla promozione della ricerca e dell’innovazione»224. Gli ultimi due assi sono
denominati ‘Transanazionalità e interregionalità’ e ‘Assistenza tecnica’ e hanno come
obiettivo specifico, rispettivamente, la promozione della «realizzazione e lo sviluppo di
iniziative e di reti su base interregionale e transnazionale, con particolare attenzione allo
scambio di buone pratiche» e «migliorare l’efficacia e l’efficienza dei Programmi
Operativi attraverso azioni e strumenti di supporto»225.Per quanto attiene all’oggetto della trattazione, presenta un particolare interesse l’Asse
II ‘Occupabilità’; per la realizzazione dell’obiettivo specifico per esso stabilito sono
previsti una serie di obiettivi operativi: oltre al miglioramento del sistema regionale dei
servizi per l’impiego, sono previste la realizzazione di «misure attive e preventive
coerenti con le tendenze produttive settoriali e locali, per garantire alle persone
disoccupate l’entrata e il reinserimento nel mercato del lavoro, in particolare con attività
di orientamento, esperienze guidate in ambienti lavorativi, alternanza tra istruzione,
formazione e lavoro, formazione mirata adeguata ai livelli iniziali di competenza delle
persone e finalizzata all’inserimento lavorativo, forme di incentivazione all’accesso e
alla stabilizzazione del lavoro»226, nonché di misure finalizzate a «garantire ai giovani
l’accesso al mercato del lavoro, aumentando il livello delle conoscenze e delle
competenze minime possedute in coerenza con le esigenze dei sistemi produttivi ed
economici, con strumenti differenziati anche di accompagnamento»227; altri obiettivi
operativi riguardano categorie specifiche quali le donne («promuovere la partecipazione
delle donne all’occupazione, anche attraverso azioni specifiche di sostegno anche
all’autoimprenditorialità e iniziative finalizzate allo sviluppo del mainstreaming di
224 Cfr. Regione Emilia Romagna, 2007, pag. 71.
225 Cfr. Regione Emilia Romagna, 2007, pag. 74 e 76.
226 Cfr. Regione Emilia Romagna, 2007, pag. 65.
227 Cfr. Regione Emilia Romagna, 2007, pag. 65.
48
genere, centrate in particolare sulla conciliazione tra tempi di lavoro, di vita e di
cura»228) e i migranti («sviluppare l’integrazione sociale e la valorizzazione
professionale e occupazionale degli immigrati quale risorsa per gli obiettivi di sviluppo
economico e di coesione sociale all’interno del contesto regionale»229).Per l’attuazione dei suddetti obiettivi operativi il P. O. R. distingue una serie
esemplificativa di tipologie di intervento cui corrisponderà una relativa categoria di
spesa; tra queste particolare rilevanza rispetto all’oggetto della trattazione riveste la
Categoria 67, nell’ambito della quale si concentrano gli interventi di «sostegno
all’inserimento nelle imprese di persone per lo sviluppo delle funzioni di ricerca e
innovazione tecnologica ed organizzativa»230, nonché di «orientamento, formazione e
servizi per garantire l’occupabilità e il reinserimento degli adulti, con particolare
attenzione agli over 45 anni»231.
228 Cfr. Regione Emilia Romagna, 2007, pag. 65.
229 Cfr. Regione Emilia Romagna, 2007, pag. 65.
230 Cfr. Regione Emilia Romagna, 2007, pag. 68.
231 Cfr. Regione Emilia Romagna, 2007, pag. 68.
49
Capitolo 3
Le politiche di attivazione per i lavoratori anziani finanziate attraverso il
Fondo Sociale Europeo: l’esperienza ferrarese
Sommario: 1. I lavoratori anziani nell’ambito del mercato del lavorodella Provincia di Ferrara; - 2. Il progetto ‘Over F.O.R.T.I.’; - 3. Iprogetti di politiche attive attivati nel 2010; - 4. Una verificadell’esperienza ferrarese.
1. I lavoratori anziani nell’ambito del mercato del lavoro della Provincia di Ferrara
Per procedere allo studio dei singoli progetti di politiche attive del lavoro realizzati nella
provincia di Ferrara a favore dei lavoratori anziani, si rende necessario delineare il
quadro occupazionale del territorio in relazione alla suddetta categoria. Seppure il target
soggettivo dei lavoratori anziani si individui, a livello comunitario, nella fascia dei
lavoratori che hanno più di 55 anni, si è preferito, per la presente trattazione, ampliare lo
studio alla classe di età inferiore, a partire dai lavoratori oltre i 45 anni di età; questa
scelta è giustificata da ragioni di opportunità e rilevanza statistica, essendo la classe di
età 55-64 numericamente poco rilevante in un territorio relativamente limitato come
quello che fa riferimento alla provincia di Ferrara.Il primo dato di grande interesse è la maggiore anzianità della popolazione in età
lavorativa ferrarese rispetto alla media regionale: i soggetti di età superiore ai 55 anni
costituiscono il 44% del totale provinciale, contro il 39% calcolato su base regionale232.
Le ragioni sottese a questi dati sono individuabili principalmente nella mancanza di
dinamicità nella popolazione provinciale di età lavorativa, a sua volta presumibilmente
derivante dal calo della natalità e, contemporaneamente, dalla scarsità dei flussi
migratori in entrata233.
232 Cfr. Provincia di Ferrara, 2011a, “Il mercato del lavoro in provincia di Ferrara”, pag. 48.
233 Cfr. Provincia di Ferrara, 2011a,. pag. 47.
50
All’interno della fascia di età 55-64 viene in rilievo il tasso di occupazione, che per la
popolazione lavorativa ferrarese si attesta al 36,9%, decisamente inferiore a quanto
previsto negli obiettivi comunitari stabiliti a Lisbona (almeno il 50% dei lavoratori
anziani occupati per il 2010)234. Aggregando questo dato con la classe di età
immediatamente inferiore il tasso di occupazione risale oltre il 50%, per un totale del
59,7% che fa riferimento ai lavoratori di età compresa tra i 45 e i 64 anni235.Sembra inoltre utile segnalare i dati relativi alle persone in cerca di impiego e al tasso di
disoccupazione; per quanto riguarda il primo fattore, le persone in cerca di impiego con
età superiore ai 55 anni rappresentano circa il 6,9% del totale, ,mentre il dato aggregato
con la classe di età immediatamente inferiore raggiunge il 13,45%236. Il tasso di
disoccupazione si attesta invece, per la classe 55-64, al 4,2%, mentre il dato della
macroclasse 45-64 differisce di poco, raggiungendo il 4,75%237.Il quadro emergente da questi dati si caratterizza quindi secondo un sostanziale alto
tasso di inattività in una classe di età particolarmente rilevante per il territorio ferrarese:
di fatto, la categoria che rappresenta la maggioranza relativa della popolazione in età
lavorativa, comprendente i lavoratori tra i 55 e i 64 anni, è anche quella che detiene un
tasso di occupazione relativamente basso; al contempo, l’alto tasso di inattività spiega il
basso tasso di disoccupazione, considerando che nel primo dato sono compresi i
soggetti anziani in età lavorativa che hanno rinunciato alla ricerca di lavoro sia per
scoraggiamento, che per la presenza di altra fonte di reddito (soggetti sottoposti a
prepensionamento, pensionamento anticipato..).
2. Il progetto ‘Over F.O.R.T.I.’
Il Progetto ‘Over F.O.R.T.I.’ consiste in un’operazione finanziata attraverso il Fondo
Sociale Europeo che si inserisce nell’ambito del Programma Operativo Regionale
dell’Emilia Romagna per il periodo 2007-2013 e specificatamente rispondente
234 Cfr. Provincia di Ferrara, 2011a, pag. 55.
235 Cfr. Provincia di Ferrara, 2011a, pag. 56.
236 Cfr. Provincia di Ferrara, 2011a, pag. 59.
237 Cfr. Provincia di Ferrara, 2011a, pag. 59.
51
all’obiettivo denominato ‘Asse II – Occupabilità’, che a sua volta riprende le linee guida
della Strategia di Lisbona riguardanti la promozione dell’approccio al lavoro basato sul
ciclo di vita, l’attuazione di strategie volte al conseguimento della piena occupazione,
coesione sociale e territoriale e inclusione sociale238. Il principale referente del progetto è stato l’ente di formazione C.E.S.V.I.P., ma vi è
stato anche il coinvolgimento, mediante un accordo di partenariato, di altri enti che si
occupano di formazione e lavoro, quali il C. P. F. Ferrara Fondazione S. Giuseppe Cesta
e il Centro Studi –Opera Don Calabria239. La caratteristica principale dell’intervento era
la limitata ampiezza del target soggettivo dell’intervento, dato che esso è stato destinato
ai soli individui di età superiore ai 40 anni240.Il progetto cercava di rispondere ai principali fabbisogni di questi soggetti, riconosciuti
nell’acronimo contenuto nel nominativo ‘Formazione, Occupabilità, Reinserimento,
Transizione, Inclusione’, e aveva come obiettivi specifici la «limitazione dei rischi di
precarizzazione, deprofessionalizzazione e disoccupazione del mercato del lavoro
locale», lo «sviluppo di competenze tecniche e professionali funzionali alla richiesta di
manodopera qualificata espressa dal sistema locale, ed in particolare dai suoi settori più
rappresentativi», nonché la «crescita economica del territorio provinciale tramite
l’investimento sulle competenze e la qualificazione di nuove forze lavoro.»241; sembra
opportuno notare come queste finalità fossero pienamente coerenti con gli obiettivi
specifici stabiliti dal livello di programmazione regionale per l’asse nel quale si
inserisce il presente intervento: «aumentare l’efficienza, l’efficacia, la qualità e
l’inclusività delle istituzioni del mercato del lavoro» e «attuare politiche del lavoro
attive e preventive con particolare attenzione [..] all’invecchiamento attivo»242.Il progetto presentava inoltre una stretta coerenza con le politiche provinciali
dell’occupazione contenute nel Programma Provinciale 2007/2009 per il Sistema delle
238 Cfr Regione Emilia Romagna, 2007, pag. 36.
239 Cfr. Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009a, Formulario allegato all’Operazione,Programmazione 2007-2013 Revisione 5 del 13/01/2009 “Over F.O.R.T.I. Formazione perl’Occupabilità, il Reinserimento, la Transizione e l’Inclusione”, pag. 2.
240 Cfr. Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009a, pag. 2.
241 Cfr. Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009a, pag. 17.
242 Cfr. Regione Emilia Romagna, 2009a, pag. 66.
52
Politiche del Lavoro e della Formazione Professionale (delibera del Consiglio
Provinciale di Ferrara n. 88/56406 del 18/07/07), soprattutto in relazione alle macro
azioni in esso previste per «sostenere, attraverso un’offerta integrata di politiche
(orientamento, formazione, servizi, incentivi), l’occupazione per persone in condizione
di debolezza nel mercato del lavoro, in particolare i lavoratori atipici a basso reddito, i
disoccupati over 45 e, in generale tutti coloro che si trovano in situazione di svantaggio
occupazionale»243.L’intervento è stato articolato in tre ‘sotto-progetti’: due di questi erano «relativi
all’erogazione di 4 percorsi ciascuno di formazione per il raggiungimento di
competenze professionali nell’Area Meccanica e nell’Area amministrativo»244, mentre il
terzo era «relativo all’attivazione di tirocini per i partecipanti ai percorsi di formazione
per offrire un’opportunità di learning on the job ma anche, e soprattutto, una chance di
successiva occupazione nell’azienda ospitante»245. La scelta dei percorsi e dei settori
nell’ambito dei quali formare i partecipanti al progetto corrispondeva alle indicazioni
derivanti «dalle principali ricerche sui fabbisogni occupazionali condotte sia a livello
nazionale che locale»246.Per quanto riguarda la fase attuativa del progetto esso è stato suddiviso in più momenti,
dalla promozione mediante azioni di informazione e pubblicizzazione alla selezione dei
partecipanti, fino alla realizzazione vera e propria dei progetti (consistente in attività di
accoglienza, orientamento e confronto delle esperienze), per terminare con il rilascio
dell’attestato di frequenza247. Tra gli aspetti innovativi collegati all’intervento in esame vanno segnalati la «flessibilità
e personalizzazione degli interventi proposti» e la presenza di «logiche di sistema al fine
di assicurare la massima “copertura” del territorio provinciale in pieno raccordo con i
Centri per l’impiego e, nel contempo, offrire un ampio spettro di opportunità formative
strutturate combinabili per l’utente in relazione alle proprie aspettative personali e alle
243 Provincia di Ferrara, 2007, “Programma Provinciale delle Politiche del Lavoro e dellaFormazione Professionale. Triennio 2007-2009”, pag. 71.
244 Cfr. Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009a, pag. 15.
245 Cfr. Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009a, pag. 15.
246Cfr. Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009a, pag. 47.
247 Cfr. Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009a, pag. 19-21.
53
opportunità occupazionali emerse dal territorio»248 Altri aspetti di rilevanza
dell’operazione si riconoscono riguardo allo sviluppo di alcune priorità c.d. ‘trasversali’
e previste anche dalla programmazione comunitaria, quali le pari opportunità, il
partenariato socio-economico, l’interculturalità, lo sviluppo sostenibile e la sicurezza249.Sulla base di una scelta del Centro Servizi per l’Impiego della Provincia di Ferrara, il
progetto è terminato alla fine del 2010, senza essere rinnovato per i seguenti anni. Di seguito si riportano le statistiche relative all’intervento, basate sui dati forniti dal
Centro Servizi per l’Impiego della Provincia di Ferrara. Su un totale di 75 partecipanti,
il 73,33% era costituito da individui di età superiore ai 45 anni; di questi, 20 su 55
hanno oggi un’occupazione (il 36,36%), di cui 15 con contratti diversi da quello a
tempo indeterminato (per lo più a tempo determinato con termine al di sotto di un
anno). Per un raffronto, sembra utile riportare anche i dati relativi alle percentuali di
occupazione complessiva e limitata ai partecipanti under 45, che si attestano,
rispettivamente, sul 34,67% (26 su 75) e sul 30% (6 su 20).
3. I progetti di politiche attive realizzati nel 2010
Nel corso dell’anno 2010 sono stati attuati una serie di interventi di politiche attive del
lavoro che hanno visto il coinvolgimento per una quota rilevante di lavoratori over 45,
nonostante l’assenza di un limite minimo di età per la partecipazione.Il primo progetto in esame, denominato ‘Nuove opportunità lavorative nel settore della
ristorazione ospedaliera’, ha avuto come referente l’ente di formazione Infomedia;
quest’ultimo, su richiesta di un’azienda privata che si occupa anche di ristorazione
ospedaliera, aveva elaborato una proposta diretta alla formazione di ‘Operatore del
servizio pasti e bevande’, da inserire stabilmente nell’organico aziendale dopo un
iniziale contratto a tempo determinato250. L’obiettivo generale dell’operazione si
configurava come quello di «formare i destinatari in un percorso di tipo tecnico e
248 Cfr. Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009a, pag. 34.
249 Cfr. Centro Servizi per l’Impiego, 2009a, pag. 28-33 e pag. 36.
250 Cfr. Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009b, Formulario allegato all’Operazione,Programmazione 2007-2013 Revisione 5 del 13/01/2009 “Nuove opportunità lavorative nelsettore della ristorazione ospedaliera”, pag. 3.
54
generale finalizzato all’acquisizione di conoscenze e competenze fondamentali nel
campo della gestione delle mense industriali/ospedaliere»251. Come il progetto ‘Over F.O.R.T.I.’, anche quest’operazione si inquadrava nella priorità
individuata dal Programma Operativo Regionale come “Asse II – Occupabilità”, in
quanto promuoveva «un intervento di misura attiva e preventiva coerente con le
tendenze produttive locali, per garantire alle persone disoccupate l’entrata nel mercato
del lavoro». Il progetto presentava altresì coerenza con le linee guida contenute nel
‘Piano Provinciale delle politiche del lavoro e della Formazione Professionale 2010-
2013’ della Provincia di Ferrara, in quanto rientrante tra quegli «interventi formativi-
orientativi per l’occupabilità delle persone e per rispondere alla domanda di personale
qualificato da parte delle imprese, con particolare attenzione […] alle donne, ai
lavoratori “anziani sul mercato del lavoro”»252 qualificati come destinatari prioritari dei
Fondi FSE assegnati alla Provincia di Ferrara.Per quanto riguarda la fase attuativa, l’intervento consisteva «in un percorso di
formazione della durata complessiva di 232 ore, in modalità on the job per 60 ore»253,
che vedeva come destinatari un massimo di 15 persone «inoccupate e disoccupate
(compresi lavoratori in mobilità) e/o persone con contratti atipici assimilabili a
disoccupati […] iscritti all’anagrafe dei Centri per l’Impiego della Provincia di
Ferrara»254.Al termine dell’operazione, secondo i dati del Centro Servizi per l’Impiego della
Provincia di Ferrara, i partecipanti over 45 al progetto sono stati 6 (il 40% del totale), di
cui 4 risultano oggi occupati (2 con contratto a tempo indeterminato e 2 con contratto a
tempo determinato); i dati complessivi dell’operazione vedono invece il numero di
occupati totali attestarsi intorno al 50% (7 attualmente occupati su 15).Il secondo progetto in esame è denominato ‘L’arte della sfoglia: valorizzare gli antichi
mestieri’ e ha avuto come referente l’ente di formazione Consorzio Provinciale
Formazione di Ferrara. L’intervento consisteva in un’attività di formazione congiunta
con un tirocinio aziendale ed era volto alla creazione di figure professionali
251 Cfr. Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009b, pag. 4.
252 Cfr. Provincia di Ferrara, 2011b, “Programma Provinciale delle Politiche del Lavoro e dellaFormazione Professionale. Triennio 2011-2013”, pag. 42.
253 Cfr. Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009b, pag. 17.
254 Cfr. Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009b, pag. 32.
55
riconducibili al «pastaio o cuoco (con funzione di sfoglino)»255, con ampie possibilità,
secondo le analisi socieoeconomiche territoriali condotte dall’ente promotore, di
sbocchi professionali nel lavoro subordinato (pastifici, gastronomie..) o autonomo
(apertura di un’attività in proprio)256. Gli obiettivi dell’operazione venivano declinati
secondo due diversi punti di vista: da un punto di vista didattico essi consistevano nel
«fornire ai partecipanti le competenze per poter svolgere il tradizionale mestiere di
sfoglina assumendo a riferimento alcuni degli standard formativi attinenti la figura di
Operatore di Produzione Pasti»257, mentre dal punto di vista occupazionale si intendeva
«incrementare l’occupazione, principalmente femminile, di disoccupati, mobilitati o
espulsi dal mercato del lavoro, specialmente in un momento come quello attuale di forte
crisi del settore manifatturiero»258.Tra gli aspetti di coerenza con il livello di programmazione regionale del Fondo Sociale
Europeo si sottolinea il contributo «al raggiungimento dei risultati perseguiti dalle
politiche del lavoro attive e preventive poste in atto dalla Regione, coerentemente con le
tendenze produttive settoriali e locali, per garantire ai disoccupati l’entrata e il
reinserimento nel mercato del lavoro, attraverso una formazione mirata e finalizzata
all’inserimento lavorativo», mentre sul piano delle politiche provinciali l’operazione
appare coerente con la già citata priorità stabilita nel ‘Piano Provinciale delle politiche
del lavoro e della Formazione Professionale 2010-2013’, per la parte relativa alla
promozione della «piena occupazione e la riduzione della disoccupazione e
dell’inattività, con particolare riferimento […] alle donne, ed ai lavoratori anziani più in
generale alle persone in condizioni di svantaggio nel mercato del lavoro, […] tramite
l’accrescimento delle competenze professionali dei lavoratori e, pertanto, il
miglioramento della competitività del sistema produttivo»259. Tra le priorità trasversali
previste a livello comunitario e sviluppate nell’ambito di questo intervento risultano le
255 Cfr. Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009c, Formulario allegato all’Operazione,Programmazione 2007-2013 Revisione 5 del 13/01/2009 “L’arte della sfoglia: valorizzare gliantichi mestieri”, pag. 5.
256 Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009c, pag. 2-9.
257 Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009c, pag. 10.
258 Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009c, pag. 10.
259 Cfr. Provincia di Ferrara, 2011b, pag. 42.
56
pari opportunità, il partenariato socio-economico, lo sviluppo sostenibile e
l’interculturalità260. Per quanto riguarda i destinatari, questi venivano individuati in «persone disoccupate
(compresi lavoratori in mobilità) e/o con contratti atipici assimilabili a disoccupati […]
prioritariamente adulti in possesso di licenza media, e secondariamente adulti con
diploma debole, non in possesso di competenze pregresse che esauriscano i contenuti
del percorso», «inoccupati, che abbiano assolto il diritto dovere all’istruzione e alla
formazione», tutti purchè «iscritti all’anagrafe dei Centri per l'impiego della provincia
di Ferrara in possesso di D.I.D. (dichiarazione di immediata disponibilità261) valida alla
data di approvazione della graduatoria»262. Venivano inoltre stabilite delle priorità
nell’accesso mediante assegnazione di punteggi più alti secondo il genere (il 75% dei
posti disponibili era destinato a donne), il titolo di studio, la condizione occupazionale e
soprattutto l’età, prevedendo l’assegnazione del massimo punteggio agli individui con
oltre 45 anni di età263.Al termine del progetto, su una partecipazione totale di 35 persone 12 di queste
risultavano essere oltre i 45 anni di età al momento della realizzazione; di queste,
risultano 6 persone attualmente occupate, per la maggioranza con contratto a tempo
determinato (5 su 6), mentre il dato complessivo dei partecipanti attualmente occupati si
attesta invece sul 40% (14 su 35) .Gli ultimi due progetti in esame hanno avuto come referente l’ente “Fondazione San
Giuseppe Centro Formazione Professionale Cesta”, ma sono nati da un coordinamento
di enti promotori (comprendente tra gli altri il Centro Servizi per l’Impiego e le parti
sociali provinciali264) rispondente agli stimoli comunitari in tema di partenariato. I due
interventi finanziati presentavano una denominazione praticamente identica, che variava
solo per il settore di riferimento: in entrambi i casi si trattava di ‘Misure di politica
260 Cfr. Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009c, pag. 15-22.
261«Per Dichiarazione di Immediata Disponibilità al lavoro (DID) si intende la dichiarazioneche ogni soggetto privo di lavoro deve presentare al Centro per l’Impiego […] al fine di vedersiriconosciuto lo Stato di Disoccupazione e i diritti ad esso correlati (servizi e percorsi formativierogati al fine di favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e contrastare ladisoccupazione di lunga durata; accesso […] al sistema degli ammortizzatori sociali previstidalle norme nazionali e regionali).» Fonte: www.wikilabour.it
262 Cfr. Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009c, pag. 36.
263 Cfr. Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009c, pag. 37.
57
attiva per uscire dalla crisi: percorsi formativi finalizzati al reinserimento lavorativo’,
attivati però rispettivamente per il settore della produzione alimentare e per quello
termo-idraulico e fotovoltaico. Anche dal punto di vista degli obiettivi le due operazioni
presentavano una sostanziale identità, dato che in entrambi i casi questi venivano
individuati, per quanto attiene all’oggetto della presente trattazione, nel «combattere la
disoccupazione di giovani e adulti, in particolare gli over 40 e i più diseredati e
prevenire la disoccupazione di lunga durata, attraverso percorsi formativi flessibili e
personalizzati, progettati in piena coerenza con le tendenze produttive settoriali e
territoriali al fine di garantire l’incrocio fra “domanda e offerta”», «incrementare il
know-how di conoscenze e competenze tecnico professionali delle persone espulse dal
mercato a far tempo dal 1/1/2008 (sia persone licenziate che persone alle quali non è
stato rinnovato il contratto di lavoro) causa la difficile situazione di crisi, favorendone il
riassorbimento occupazionale nei contesti produttivi appena la ripresa sarà possibile»,
«ridurre il tempo di disoccupazione, nonché di attesa nel processo di inserimento o
reinserimento al lavoro, favorendo nei partecipanti contatti virtuosi con aziende dei
settori previsti dall’operazione di tipo artigianale e industriale che operano
prevalentemente nei territori in esame», «facilitare l’integrazione delle politiche
formative e attive del lavoro con i principali programmi/piani in essere o programmati
per il territorio[…], tramite il coinvolgimento dei vari “attori” locali»265.Si tratta di finalità sostanzialmente coerenti con le linee guida stabilite nel ‘Programma
Provinciale delle Politiche del Lavoro e della Formazione Professionale. Triennio 2011-
2013’, soprattutto per gli aspetti relativi alla realizzazione di «misure formative per il
lavoro, attive e preventive, coerenti con le tendenze produttive settoriali e locali, in
coerenza con i fabbisogni professionali emersi dalle principali indagini, per promuovere
l’entrata e il reinserimento nel mercato del lavoro di giovani e adulti disoccupati, con
264 Cfr. Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009d, Formulario allegato all’Operazione,Programmazione 2007-2013 Revisione 5 del 13/01/2009 “Misure di politica attiva per usciredalla crisi: percorsi formativi finalizzati al reinserimento lavorativo nel settore della produzionealimentare” pag 2, ma anche Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009e, Formularioallegato all’Operazione, Programmazione 2007-2013 Revisione 5 del 13/01/2009 “Misure dipolitica attiva per uscire dalla crisi: percorsi formativi finalizzati al reinserimento lavorativo nelsettore professionale termo-idraulico e fotovoltaico”, pag. 2.
265 Cfr. Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009d, op. cit. pag. 17 ma anche CentroServizi per l’Impiego di Ferrara, 2009e, pag. 18-19.
58
varie forme ed attività di orientamento, esperienze guidate in ambienti lavorativi,
alternanza tra istruzione, formazione e lavoro, formazione mirata adeguata ai livelli di
competenza in ingresso delle persone e finalizzata all’inserimento lavorativo, sostegno
al lavoro autonomo e alla creazione d'impresa», alla promozione di «percorsi formativi
rivolti in particolare ad utenti (over 40, senza titolo di studio o con titolo di studio
basso) iscritti ai Centri per l'impiego, al fine di favorirne l'inserimento o il reinserimento
lavorativo», nonché alla «flessibilità nell’erogazione della formazione, tenendo conto
delle caratteristiche dei destinatari, mediante una pluralità di metodi e strumenti
formativi anche integrati tra loro»266. Per quanto riguarda la coerenza con il livello di
programmazione regionale, sembra opportuno sottolineare il netto collegamento degli
obiettivi dei progetti con la priorità denominata ‘Asse II – Occupabilità’ e
particolarmente con l’obiettivo specifico E, consistente nell’«attuare politiche del lavoro
attive e preventive con particolare attenzione all’integrazione dei migranti nel mercato
del lavoro, all’invecchiamento attivo, al lavoro autonomo e all’avvio di imprese»267.Per quanto riguarda la fase realizzativa, i due progetti erano strutturati ciascuno secondo
due percorsi alternativi, dedicati uno agli individui già in possesso di competenze
significative e l’altro a coloro che ne fossero privi; il primo percorso portava alla
formazione delle figure professionali ‘Pizzaiolo’ e ‘Addetto agli impianti fotovoltaici’,
mentre il secondo a quella di ‘Operatore di pane e pasta’ e ‘Installatore e manutentore
impianti Termo-idraulici’. La scelta di queste figure professionali non era casuale, ma
fondata sulle indagini occupazionali condotte a livello nazionale e territoriale, nonché
presso il Centro Servizi per l’Impiego e le aziende268. Tutti i percorsi didattici erano caratterizzati dalla formazione teorica integrata con la
pratica mediante laboratori/esercitazioni e i tirocini aziendali269. Da questo punto di vista
il percorso formativo si caratterizzava inoltre per alcuni elementi innovativi, consistenti
nella «programmazione negoziata territoriale», nella «metodologia didattico
266 Cfr. Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009d, op. cit. pag. 18 ma anche CentroServizi per l’Impiego di Ferrara, 2009e, pag. 19.
267 Cfr. Regione Emilia Romagna, 2007, pag. 66.
268 Cfr. Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009d, op. cit. pag. 6 ma anche Centro Serviziper l’Impiego di Ferrara, 2009e, pag. 6.
269 Cfr. Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009d, pag. 48 ma anche Centro Servizi perl’Impiego di Ferrara, 2009e, pag. 47.
59
andragogica270», nell’«accompagnamento alla transizione», nonché nel «supporto
all’occupazione»271; nell’ambito di entrambi i progetti venivano anche sviluppate le
priorità trasversali previste a livello comunitario quali le pari opportunità, il partenariato
socio-economico, l’interculturalità e lo sviluppo sostenibile272.Per quanto riguarda i destinatari dell’intervento, questi venivano individuati in entrambi
i progetti nelle «persone espulse dal mercato del lavoro a far tempo dal 01/01/2008 (sia
persone licenziate che persone alle quali non è stato rinnovato il contratto di lavoro),
con precedente esperienza lavorativa della durata di almeno 3 mesi continuativi negli
ultimi 36 mesi, disoccupati o assimilabili a disoccupati» purchè «iscritte all’anagrafe dei
centri per l’impiego» e «in possesso della D.I.D. (dichiarazione di immediata
disponibilità) valida alla data della graduatoria»273; per entrambi i progetti era inoltre
previsto come requisito il possesso di competenze e conoscenze inerenti ai due settori
professionali di destinazione. Ai fini della creazione della graduatoria per l’accesso ai
progetti venivano inoltre previste delle priorità nell’attribuzione del punteggio iniziale;
la prima e più elevata era dedicata ai migranti, mentre la seconda e la terza agli
individui di età superiore ai 45 anni, sprovvisti o meno di titoli di studio274.Le statistiche relative al progetto finalizzato alla formazione di operatori della
produzione alimentare riportano una partecipazione complessiva di over 45 pari al 33%
(6 individui su 18 totali), dei quali la metà risulta attualmente occupata (tutti e tre con
contratto non a tempo indeterminato); la percentuale complessiva di partecipanti
270 Si tratta di una metodologia dell’apprendimento delle persone adulte, basata sulle teoriedello studioso Malcol Knowles. Per andragogia infatti, si intende il «termine usato dallopsicologo Malcolm Knowles per designare la teoria dell’apprendimento negli adulti, che sidifferenzia dalla pedagogia, ovvero l’arte di educare i fanciulli.» Fonte:http://venus.unive.it/aliasve/index.php?name=EZCMS&page_id=753
271 Cfr. Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009d, pag. 38-39 ma anche Centro Servizi perl’Impiego di Ferrara, 2009e, pag. 39-40.
272 Cfr. Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009d, pag. 30-33, ma anche Centro Serviziper l’Impiego di Ferrara, 2009e, pag.31-34, 41-42.
273 Cfr. Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009d, pag. 132, ma anche Centro Servizi perl’Impiego di Ferrara, 2009e, pag. 141.
274 Cfr. Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009d, pag. 132, ma anche Centro Servizi perl’Impiego di Ferrara, 2009e, pag. 141.
60
attualmente occupati si attesta, invece, attorno al 38% (7 occupati su 18 partecipanti
totali).Il progetto finalizzato alla formazione di operatori del settore termo-idraulico e
fotovoltaico ha visto la partecipazione dei soggetti over 45 attestarsi attorno al 22,5% (7
individui su 31 totali), dei quali più della metà risulta attualmente occupata (4 su 7, di
cui 3 con contratto non a tempo indeterminato); la quota complessiva di individui
partecipanti attualmente occupati si attesta invece attorno al 50% (16 su 31 partecipanti
totali al progetto).
4. Una verifica dell’esperienza ferrarese
A completamento del presente capitolo, volto a descrivere l’esperienza della provincia
di Ferrara nell’attuazione politiche di attivazione per i lavoratori anziani attraverso il
Fondo Sociale Europeo nella programmazione 2007-2013, si riporta un’intervista alla
dott. ssa Barbara Celati, dirigente del servizio Politiche del Lavoro e Formazione
Professionale della Provincia di Ferrara. La dott. ssa ricopre questa carica dal 2007,
dopo essersi occupata in passato del servizio ‘Pubblica Istruzione’ e del servizio
‘Attività produttive e fondi strutturali’, mentre ricopre dal 2000 il ruolo di
‘Responsabile della programmazione e gestione del Fondo Sociale Europeo’.
D) Nella sua esperienza professionale e territoriale, come giudica l’efficacia delle
politiche attive del lavoro nel complesso?«È noto che in questo Paese le politiche del lavoro soffrono di uno storico
sbilanciamento a favore delle politiche passive (ammortizzatori sociali275), senza il
necessario accoppiamento con le attive (formazione, orientamento, tecniche di ricerca
attiva, ecc.). Questo limite strutturale, culturale e politico ha influenzato a mio avviso
negativamente l’efficacia delle politiche attive, anche se in Emilia Romagna le
istituzioni competenti – Regione e Province - hanno sempre operato in un quadro
275 In seguito al prosieguo della crisi economica, la Regione Emilia Romagna ha sottoscritto,con Unione Provincie Italiane, Anci, Uncem e Lega Autonomie, Unioncamere, associazioniimprenditoriali, organizzazioni sindacali regionali, Abi e rappresentanti del terzo settore,l’“Accordo per l’utilizzo degli ammortizzatori in deroga 2012”, in cui è stato concordato cheproseguiranno per tutto il 2012 gli interventi di ammortizzatori sociali in deroga (CassaIntegrazione Guadagni Ordinaria, Straordinaria e Mobilità) già realizzati nel corso del triennio2009/2011. Fonte: http://formazionelavoro.regione.emilia-romagna.it/crisi-occupazionale.
61
programmatorio coerente, integrando quanto più possibile l’utilizzo dei fondi strutturali
(F.E.S.R., F.S.E., ed in modo diverso F.E.A.S.R.), assicurando certamente sempre la
massima efficienza nella spesa.Credo che vada peraltro chiarito prioritariamente un aspetto: se si ritiene che
l’investimento sulle risorse umane debba perseguire l’obiettivo di accrescere
l’occupabilità delle persone (ovvero la loro capacità di collocarsi autonomamente su un
mercato del lavoro che cambia, nel corso dell’intera vita lavorativa), l’effettiva
occupazione delle persone stesse, sostenendo nel contempo la competitività delle
imprese e l’inclusione sociale – pluralità di obiettivi la cui ambizione non è facile da
soddisfare- è necessario che il sistema degli attori e dei decisori sociali ed istituzionali
abbia chiara un’idea di Paese, un’idea di crescita, un’idea di politica economica e
sociale, che definisca qual è la direzione di marcia e quali sono le priorità di
investimento delle risorse.In un quadro di assenza o di grave carenza di queste indicazioni, anche l’efficacia delle
migliori politiche del lavoro concertate su una scala locale non può che soffrirne. Gli
effetti negativi di questa difficoltà a definire gli orizzonti, negli ultimi anni è stata
ulteriormente aggravata dalla crisi , che ha tra l’altro dato origine a fenomeni del tutto
nuovi per la nostra realtà regionale, quali ad esempio proprio l’espulsione massiva di
lavoratori ‘anziani’, culturalmente del tutto impreparati a prendere coscienza dell’utilità
delle politiche del lavoro.»
D) Secondo la sua esperienza, possono essere una soluzione adeguata anche per la
fascia di cittadini over 40? «Credo che siano una soluzione necessaria, di cui va progressivamente messa a punto
l’adeguatezza, prendendo realisticamente atto di alcuni dati di fatto:- l’efficacia non è nelle politiche in sé, ma nella loro coerenza con il quadro delle più
generali politiche di sviluppo di cui esse costituiscono uno strumento, come ho cercato
di spiegare sopra; in particolare, secondo il mio punto di vista, non va abbandonata la
centralità della produzione manifatturiera (certamente migliorandone qualità e
competitività) nel sistema produttivo italiano, la quale resta comunque lo sbocco
prioritario per rispondere alla rioccupazione dei lavoratori ‘anziani’, i cui percorsi
formativi e professionali (e la cui abbondanza) difficilmente ne consente una radicale
riconversione professionale per immaginarne la ricollocazione nell’ambito del settore
dei servizi, salvo quelli a minore valore aggiunto;
62
- deve maturare un quadro di strumenti normativi operativi, anche mediante
l’accoppiamento tra politiche attive e passive, in una logica per esempio di tipo
anglosassone, per stimolare l’autoattivazione nella ricerca/creazione di lavoro da parte
della persona espulsa; in questo quadro rientra anche un’effettiva disponibilità di servizi
alla persona (quelli di cura sono essenziali per la occupazione femminile) e di accesso al
credito (è inutile formare un disoccupato per l’autoimpiego, se non gli si assicurano
linee di credito e controgaranzie), dai quali pure dipende la traduzione in atto della
potenzialità di buone politiche del lavoro. Centrale in questo contesto è anche un
maggiore investimento e qualificazione dei servizi pubblici per l’impiego, certamente
anche in integrazione con quelli privati, in un quadro di definizione dei livelli essenziali
delle prestazioni da erogare (che oggi in Italia manca), sui quali sia lo Stato che gli enti
bilaterali devono investire di più. Lo stesso sistema degli enti di formazione
professionale presenta certamente la necessità di migliorare la sua capacità di analisi e
di risposta in merito ai fabbisogni formativi del sistema produttivo, per dimostrare con i
fatti l’ingiustizia delle accuse di autoreferenzialità che gli sono spesso rivolte;- ai fini sopra descritti, è essenziale che si acceleri un mutamento culturale e politico che
riempia di contenuti concreti alcune parole d’ordine (‘flessicurezza’ , ‘investire sul
capitale umano’, ‘formazione lungo tutto l’arco della vita’), alle quali pare si assegni
spesso un valore taumaturgico che le pratiche quotidiane poi evidentemente negano.»
D) Nell’ambito della sua storia professionale, come definirebbe il ruolo del Fondo
Sociale Europeo nella promozione dell’occupazione e degli obiettivi stabiliti per il
mercato del lavoro a livello comunitario?«Credo che in assenza del Fondo Sociale Europeo, in larga parte di questo Paese
sarebbe difficile parlare di politiche attive del lavoro (da alcuni anni a questa parte,
anche le politiche passive – gli ammortizzatori in deroga – hanno trovato sul FSE
un’ampia accoglienza). Non solo questo: pur con tutti i limiti ‘modellistici’ che i fondi
strutturali portano con sé, lavorare con queste risorse è stata una grande scuola di
qualificazione del policy making; ci ha insegnato a lavorare per programmi e per piani,
ad individuare indicatori di efficacia ed efficienza, ad assumerci responsabilità di analisi
e conseguentemente di proposta (basti pensare alla metodologia SWOT che abbiamo
imparato ad usare), ad ‘apprendere dalle lezioni’. Gli stessi sistemi di monitoraggio, le
banche dati informative, sono diventati strumenti preziosi di creazione di policies.
63
In Emilia Romagna, la programmazione concertata del FSE è stata sicuramente un
importante strumento per la crescita della competitività e dell’occupazione, ovviamente
in particolare nei processi di accompagnamento delle fasi di crescita economica, e per
sperimentare modelli di intervento di cui valutare poi la riproducibilità, o per
approfondire con studi e ricerche (nelle precedenti programmazioni) scenari economici
e settoriali locali, per prevenire/accompagnare i cambiamenti.Ci sono naturalmente anche ombre: una consistente complessità gestionale, che ha
irrigidito l’operatività e talvolta la programmazione (e lo dice una persona che crede che
le regole siano una tutela e non un fastidioso lacciuolo); in alcuni periodi c’è stata un’
abbondanza di risorse disponibili, tale da non favorire i processi di selezione e
competizione tra gli attori formativi e l’efficienza della spesa. Faccio queste
considerazioni soprattutto ponendomi in un’ottica di miglioramento continuo, perché
penso davvero che la cultura di gestione del FSE in Emilia-Romagna – ed i periodici
rapporti dei Comitati di Sorveglianza cui partecipa la Commissione Europea lo
testimoniano – sia tra le più avanzate in Italia.»
D) In particolare, che ruolo ha svolto l’FSE nella promozione delle politiche attive
del lavoro rivolte ai lavoratori anziani?«Naturalmente tutte le programmazioni locali hanno valorizzato le indicazioni
comunitarie in ordine alla promozione di politiche nei confronti di ‘lavoratori anziani’,
così come per tutti gli altri target considerati svantaggiati sul mercato del lavoro. La
traduzione operativa di queste indicazioni trova declinazioni diverse: talvolta sono state
promosse attività specificamente rivolte a questo target, in altri casi, su operazioni
formative e altri servizi di politiche attive (orientamento, ecc.) rivolta alla generalità
degli utenti (persone disoccupate inscritte ai Centri per l’impiego), è stata collocata una
premialità a favore del ‘lavoratore anziano’, laddove la numerosità delle richieste di
partecipazione imponesse dei criteri di selezione.Tuttavia le tecnicalità applicabili ai fini di perseguire gli obiettivi comunitari, in
particolare per questo target si scontrano con le remore culturali che esso nella sua
generalità manifesta , all’idea di accedere a misure di politiche attive.Dall’inizio della attuale crisi, per noi operatori dei servizi per il lavoro affrontare il
colloquio individuale e/o di gruppo con gli ‘anziani’ è stata la più complessa delle
attività da svolgere, sia professionalmente che umanamente; passare dalla valutazione
statistica della numerosità del target e dalla (spesso scolastica, anche nei documenti
64
comunitari) individuazione della politica attiva da proporre, alla effettiva instaurazione
della relazione di servizio con la persona-‘lavoratore anziano’, è faccenda molto
complicata: ci ritroviamo davanti persone che nella generalità dei casi hanno iniziato ha
lavorare molto presto da giovane, con basso titolo di studio, spesso occupato per
decenni presso lo stesso datore di lavoro, e che d’improvviso (o con maggiore
gradualità, se proveniente da un’azienda industriale) si sono trovate senza lavoro,
passando da una condizione di relativo benessere ad una situazione nella quale non sono
più in grado di provvedere ai bisogni quotidiani, al mantenimento della famiglia, alla
rata del mutuo, alle tasse scolastiche dei figli. Viene messa in crisi la loro stessa identità, diventando preminente risolvere al più presto
la situazione ripristinando la condizione lavorativa, che nell’immaginario del lavoratore
è quella di prima: stesse mansioni, stesso livello retributivo, stessa distanza da casa,
contratto a tempo pieno ed indeterminato.A noi tocca spiegare che il mercato del lavoro non è più quello che avevano conosciuto
in gioventù, che nessuno che non abbia elevati e rari livelli di competenze è nelle
condizioni di dettare le regole, che è importante sfruttare il periodo immediatamente
successivo al licenziamento per cercare subito un altro impiego, anche a tempo
determinato (è il modo di gran lunga più diffuso oggi per l’ingresso/reingresso sul
mercato del lavoro), anche se il livello retributivo proposto sarà certamente più basso di
quello precedentemente goduto (perchè ‘il lavoro non è una merce’ solo nella
dichiarazione dei principi fondamentali dell’OIL), anche se è a qualche diecina di
chilometri da casa; noi, come operatori, non abbiamo il compito di trovargli il lavoro,
ma di insegnargli a cercarlo, suggerendogli come utilizzare al meglio la sua esperienza,
come integrarla con misure formative se occorre, come e dove cercarlo, come redigere
un curriculum, come presentarsi ad un colloquio di lavoro. In moltissime circostanze, il
lavoratore anziano non crede a queste indicazioni (gli operatori dei servizi sono spesso
più giovani di lui, spesso sono donne ed invece gli espulsi sono uomini), è quasi offeso
dalle informazioni che gli vengono date. Risulta oggettivamente difficile immaginare di
spiegare ad un edile cinquantenne che in questa fase gli conviene cercare di riconvertirsi
per lavorare in un altro settore, rispondendo a sua domanda che le maggiori opportunità
sono nel turismo e nella ristorazione.
65
Amaramente, bisogna riconoscere che l’acuirsi ed il perdurare della crisi ha avuto
probabilmente più potere di convincimento sulle persone, che ne hanno fatta esperienza
diretta, di quanto non ne abbiano fatto ‘le politiche attive’.Del resto, come dicevo più sopra, l’uso molto diffuso fatto degli ammortizzatori sociali,
in una logica nella quale imprese ed organizzazioni sindacali ne fanno ampia richiesta (e
la ottengono, perché vengono copiosamente finanziati in luogo delle politiche attive), ai
quali non si associa alcun serio impegno di autoattivazione del beneficiario ai fini della
rioccupazione, ha fatto sì che i lavoratori, finchè in condizioni di godere di strumenti di
protezione del reddito, abbiano rinviato nella grande generalità la ricerca davvero attiva
di un nuovo lavoro, e soltanto nell’ultimo anno si assiste con maggiore frequenza
all’impegno dei cassintegrati/mobilitati per la riconversione professionale anche durante
il periodo di percezione delle indennità. D’altro canto, come la straordinaria diffusione dei ‘contratti atipici’ anche negli anni pre
crisi ha dimostrato, la stragrande maggioranza delle imprese italiane (e anche emiliano-
romagnole) ha puntato largamente sul contenimento del costo del lavoro e della
dinamica salariale ai fini di mantenere, finchè è stato possibile, accettabili livelli di
competitività sui mercati. La percezione dello ‘sfruttamento del lavoro’, della
precarizzazione, della difficile esigibilità dei diritti che il lavoratore (soprattutto
‘anziano’) espulso oggi vive, nel tentativo di reinserirsi, è spesso bruciante.A Ferrara, comunque , il FSE è stato usato pressoché esclusivamente per finanziare
attività formative, avendo la Provincia provveduto alla erogazione degli altri servizi
citati con proprio personale specializzato dei Centri per l’Impiego. Ma l’esperienza
diretta nella gestione dei servizi per il lavoro è stata essenziale per ‘correggere il tiro’
sul suo utilizzo rispetto a formulazioni un po’ troppo scolastiche .»
D) Nell’ambito della programmazione 2007-2013 nella provincia di Ferrara è stato
attivato un progetto specificatamente dedicato ai lavoratori anziani (‘Over
F.O.R.T.I.’); quali sono stati, secondo le vostre conclusioni, i punti di forza e di
debolezza del progetto (sia in base ai dati statistici, sia sulla base della vostra
esperienza e di quella degli operatori)?«Il progetto ‘Over F.O.R.T.I.’ è stato approvato nel 2009 in esito ad un avviso pubblico
che invitava gli enti di formazione professionale accreditati a realizzare attività
formative su F.S.E., a candidare progetti a valere sull’intero territorio provinciale, rivolti
a promuovere l’aggiornamento di ‘lavoratori anziani’ disoccupati con modesti livelli di
66
competenze o con competenze obsolete, mediante brevi percorsi d’aula completati poi
da stages presso imprese (per lo più esercizi commerciali e imprese artigiane), al fine di
contribuire alla costruzione di opportunità occupazionali presso quelle stesse imprese, e
comunque di riavvicinare all’ambiente lavorativo , in una prospettiva nuova almeno di
‘risocializzazione’, persone che da tempo ne erano uscite. Si perseguiva così il tentativo
di coniugare l’aggiornamento teorico d’aula (molto sgradito di norma a questo target)
spesso comunque necessario, con l’apprendimento in una situazione certamente più
gradita, attraverso un format che comunque contenesse nel volgere di pochi mesi
l’intera esperienza: un altro aspetto che contraddistingue questo target è l’indisponibilità
a compiere esperienze formative lunghe senza garanzie di sbocco occupazionale (che
ovviamente nessuno può fornire a priori), anche per oggettive difficoltà
socioeconomiche, oltre che per scarsa motivazione individuale a farlo. Ovviamente, proprio per la brevità di questi percorsi, si puntava sul rafforzamento delle
competenze e non sulla riconversione professionale.Gli esiti occupazionali effettivi per i partecipanti sono stati del tutto deludenti.
Certamente la situazione di crisi economica e di conseguenza occupazionale del
territorio, ha svolto un ruolo decisivo nel determinare questi effetti negativi, ma sono
anche emersi evidenti limiti intrinseci – e insuperabili, alla luce degli strumenti
disponibili – alla politica attiva, teoricamente costruita sulla base degli ingredienti
corretti, ma che sul piano concreto si è scontrata con ostacoli la cui rimozione non
poteva dipendere da noi. Qualche esempio: i livelli di abbandono da parte dei partecipanti, per scarsa
motivazione o per cogliere occasioni di reddito del tutto precarie (e spesso non ‘in
chiaro’) ma tuttavia essenziali per i loro bilanci familiari; la difficoltà a svolgere lo
stage in relazione ai costi da sostenere per frequentarlo (costi dei trasporti e/o mancanza
di mezzi pubblici, ristorazione) da parte di quei corsisti non ‘abbastanza poveri’ da
giovarsi dell’assegno di frequenza; i problemi di conciliazione, soprattutto per le donne,
che magari riuscivano a mediarli nel periodo d’aula, ma non riuscivano a superarli
quando la relativa distanza da casa dell’impresa in cui svolgere lo stage confliggeva con
gli orari della scuola dei figli.L’unico difetto della politica la cui correzione era nelle nostre mani, ma che se avessimo
provveduto a rimuovere l’avrebbe resa comunque non appetibile a quel target era la
brevità della misura; questa era tale da non colmare le lacune teoriche delle persone, e di
fatto anche il periodo di stage (non retribuito, e quindi da molti vissuto comunque come
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una umiliazione, a torto o a ragione) di tre –quattro settimane non bastava a creare
condizioni di ‘empatia’ tra il lavoratore e l’impresa ospitante. La maggiore durata
dell’esperienza formativa, tuttavia, era già stato identificato in passato come un vincolo
assolutamente inaccettabile per questo target.Dallo svolgimento del progetto – intanto si trapassava nella fase ancora più dura della
crisi – emerse con (ulteriore) chiarezza come la formazione sia soltanto uno degli
strumenti che va messo a punto per il reinserimento lavorativo dei disoccupati ‘anziani’,
la cui efficacia si affievolisce se il contesto dei servizi di welfare non dispone dei tasselli
essenziali a completare il puzzle. Si rilevò come anche il tema della ‘motivazione’ a
ridefinire il proprio profilo professionale sia molto arduo da maturare in capo a questo
target e, leggendo comparativamente questi dati con altri emersi nel tempo
dall’osservazione delle criticità che la crisi andava producendo, come andasse in
qualche modo contrastato il rischio che la perdita del lavoro si complicasse in una
perdita dell’autostima, in un avvitamento esiziale per la persona, che può riverberare sui
familiari, peggiorare la sua possibilità di ricollocarsi, ed in ultima analisi rappresentare
un costo sociale aggiuntivo.Inoltre, inquadrando i risultati del progetto nell’ambito più generale della politiche
formative di quel periodo, nel quale si stava dando una risposta di ‘programmazione
forte’ ai problemi del tutto nuovi emergenti sul mercato del lavoro (con una
significativa quantità di risorse riservate agli espulsi, rispetto agli inoccupati e tra questi
ai giovani), emergeva un altro elemento: mentre la domanda di formazione dei giovani e
degli inoccupati risultava notevolmente superiore all’offerta finanziata, si osservava una
situazione opposta per il target degli espulsi, che soprattutto nel periodo di protezione
del reddito (indennità di disoccupazione e di mobilità) non manifestava interesse ad
intraprendere azioni di qualificazione/riconversione professionale; naturalmente ad un
simile squilibrio, in fase di gestione delle attività formative si è dato rimedio, in assenza
di domande del target che si intendeva privilegiare, autorizzandone la frequenza agli
altri lavoratori disoccupati/inoccupati che ne facessero domanda.Infine, un altro degli elementi che dal 2008-9 in avanti è venuto progressivamente in
evidenza, è la necessità di prevedere per questi nuovi target misure di politiche attive
più personalizzate – come i voucher formativi, peraltro molto costosi rispetto alla
formazione d’aula, o i tirocini, e/o comunque misure anche meno strutturate (almeno
per le persone disoccupate di breve periodo, anche ‘anziane’) quali per es. i seminari di
68
supporto alla auto attivazione, attualmente direttamente erogati dagli operatori dei
Centri per l’impiego, ma finanziabili anche attraverso il F.S.E.Naturalmente, da tali ‘lezioni apprese’ è sortita una programmazione – che viene
concertata, vale la pena di ricordarlo, con gli attori sociali (organizzazioni datoriali e
sindacali) – con un profilo di maggiore flessibilità, per quanto riguarda le caratteristiche
dei destinatari: salvo alcuni target cui sono ancora garantiti fondi riservati sull’Asse
Occupabilità del F.S.E. (donne, immigrati), l’accesso alle attività di norma non prevede
altri vincoli se non la coerenza delle competenze individuali in ingresso , rispetto ai
contenuti dell’attività formativa; naturalmente sono assicurate priorità ai target
maggiormente a rischio di emarginazione sul mercato del lavoro, e quindi tra questi
anche agli ‘anziani’. Si sono inoltre sperimentate, dapprima nel comune capoluogo e dalla seconda metà del
2012 con espansione a tutto il territorio provinciale, con finanziamento sul FSE, misure
di presa in carico dei lavoratori espulsi con colloqui orientativi e misure in parte
individualizzate ed in parte di gruppo, realizzate da psicologi del lavoro, per intercettare
eventuali situazioni soggettive a rischio e segnalarle ai servizi sociali. Più in generale, a
fronte del progressivo incremento della platea dei potenziali destinatari delle attività
formative, al crescere del numero dei disoccupati, si sono prescritte regole volte al
contenimento della durata delle attività formative ed ad aumentarne di qualche unità il
numero minimo dei partecipanti (dai 15 tradizionalmente previsti agli attuali 18). In
ogni circostanza nella quale i Servizi per l’impiego e per la formazione professionale
sono chiamati a realizzare iniziative di preselezione che comportino anche la
realizzazione di attività formative “just in time” (ovvero volte con certezza
all’assunzione di almeno una parte dei frequentanti al termine del corso), viene
assicurata ai lavoratori espulsi con un quadro di esperienze coerenti la priorità nella
candidatura nel percorso. Non si può tuttavia non sottolineare che, sebbene
ridimensionate rispetto a qualche anno fa, persistono tuttora forti resistenze negli
‘anziani’ a prendere in considerazione l’aggiornamento professionale, l’ipotesi di
rioccuparsi con contratti a termine, livelli di retribuzione e di inquadramento inferiore
rispetto ai precedenti, anche dopo anni di disoccupazione e al termine dell’erogazione
del sostegno al reddito.»
69
D) Nella sua esperienza professionale e territoriale, quanto pesano, ai fini
occupazionali, le politiche di attivazione dei lavoratori anziani e quanto invece gli
incentivi all’assunzione previsti dalla normativa nazionale e regionale276?«Naturalmente il mio punto di osservazione è parziale, né purtroppo il sistema
informativo che gestisce le comunicazioni obbligatorie in materia di assunzioni
consente di rilevare queste informazioni; tuttavia dalle indagini fatte sulla occupazione
degli ‘anziani’ in esito ai percorsi formativi, e dalle tipologie di richieste di preselezione
che le aziende rivolgono ai Centri per l’Impiego, l’elemento dell’incentivo
all’assunzione (monetario diretto, o di sconto assicurativo-previdenziale) sembra
contare decisamente più della politica attiva. Resta chiaro, che comunque nessuna
impresa investe su un lavoratore ‘troppo anziano’, per l’ovvia inefficienza
dell’investimento. La stessa entità degli incentivi, tra l’altro, è sostanzialmente analoga
per un mobilitato trentenne ed uno cinquantenne, e non è dunque un incentivo
monetario di qualche migliaio di euro a motivare l’azienda, almeno nei nostri territori,
all’assunzione, ma piuttosto la supposta produttività del lavoratore e la sua
‘plasmabilità’ alle esigenze aziendali.»
D) La definizione comunitaria di lavoratore anziano fissa come età minima i 55
anni per poter definire tale un lavoratore. Quali sono le ragioni per le quali non è
stato possibile realizzare un progetto specificatamente dedicato ai soggetti con età
uguale o superiore a questo limite? Ritiene che sia auspicabile, soprattutto in
seguito all'innalzamento dell'età pensionabile operato dal Governo l'autunno
scorso277, che in futuro vengano attivati progetti di politica attiva dedicati
276 Il riferimento in questo caso è a una serie di previsioni normative di leggi nazionali eregionali che hanno introdotto una serie di sconti previdenziali per le aziende che assumesserolavoratori over 50, lavoratori disoccupati destinatari di CIG Ordinaria e Straordinaria o inseritiin lista di Mobilità o destinatari di ammortizzatori sociali in deroga(art. 2, c. 134 L. 191/2009 eart. 4, commi 8-10 L.92/2012, art. 8, comma 9, della legge n. 407/1990, rt. 2, c. 151 L.191/2009, art. 8 cc. 2 e 4 e 25 c.9 L. 223/1991, art. 4, comma 3, della legge n. 236/1993, art. 7-ter, comma 7, della legge n. 33/2009). Fonte: http://formazionelavoro.regione.emilia-romagna.it/lavoro-per-te/mercato-del-lavoro/incentivi-per-chi-assume
277 Il Decreto Legge 201/2011, convertito con la Legge n. 214/2011 ha abolito la ‘pensione dianzianità’, introducendo il ‘pensionamento anticipato’ che prevede un aumento progressivodegli anni di contribuzione necessari per la maturazione del diritto (a partire da 41 anni e unmese per le lavoratrici dipendenti e 42 anni e un mese per i lavoratori dipendenti) e scoraggia lascelta del pensionamento anticipato prima dei 62 con un taglio dell’assegno pensionistico. Irequisiti per la maturazione della pensione di vecchiaia sono stati inaspriti in termini di etàanagrafica, con un aumento progressivo fino al raggiungimento del limite di 66 anni per il 2018.
70
esclusivamente a questi soggetti, anche avendo riguardo alle caratteristiche
peculiari di questa categoria di lavoratori?«Con tutta evidenza questa indicazione comunitaria mal si attaglia alla effettiva realtà
del mercato del lavoro italiano, almeno fino a tempi recentissimi (parliamo di pochi
mesi da una riforma pensionistica e poi degli ammortizzatori sociali, che in parte già è
oggetto di revisione, proprio per gli aspetti più prossimi al tema proposto dalla
domanda).Ovvio che la nuova situazione imporrà al decisore politico di valutare quali iniziative
intraprendere, facendo comunque tesoro delle esperienze sopra descritte.»
71
Conclusioni
Nell’Introduzione alla trattazione ne sono stati delineati i passaggi, nonché le finalità;
con riguardo ai primi, nel Capitolo I le politiche di attivazione per i lavoratori anziani
sono state inquadrate a livello comunitario, descrivendone il cammino politico e
legislativo nell’arco degli ultimi anni, nonchè l’accresciuta importanza che esse hanno
acquisito, per via degli avvenimenti socioeconomici legati all’attualità e per via di una
precisa scelta politica europea. Nel Capitolo II è stata tratteggiata una breve storia del
Fondo Sociale Europeo e della legislazione comunitaria in materia di Fondi Strutturali,
per poi descrivere l’attuale normativa che li regola e infine delineare la politica
regionale dell’Emilia Romagna per l’utilizzo dei fondi derivanti dal Fondo Sociale
Europeo per il periodo 2007-2013. Nel capitolo III sono stati infine descritti i progetti di
politiche attive realizzati grazie al F. S. E. nel suddetto periodo nella Provincia di
Ferrara che fossero diretti o avessero coinvolto in misura rilevante i lavoratori ‘anziani’,
per poi riportare l’esperienza diretta e le relative osservazioni della Responsabile della
programmazione del F. S. E. del Centro Servizi per l’Impiego della Provincia di Ferrara.In chiusura alla trattazione, sembra quindi opportuno svolgere alcune osservazioni volte
a trarre alcuni elementi utili dall’esperienza descritta. Con riguardo a quanto descritto nel Capitolo I, è possibile affermare che le politiche di
attivazione hanno assunto ormai rilevanza centrale nella politica sociale comunitaria,
come soluzione prioritaria al problema occupazionale e come strumento di realizzazione
del diritto al lavoro già affermato dall’art. 4 Cost. a livello nazionale. Come testimoniato
dall’esperienza del Centro Servizi per l’Impiego della Provincia di Ferrara, per l’Italia si
è trattato di una totale inversione della prospettiva e questo ha comportato non poche
resistenze (di tipo politico, culturale e sociale) che hanno ostacolato al diffusione e
l’implementazione delle politiche di attivazione. Il Fondo Sociale Europeo, da questo
punto di vista, ha a sua volta aiutato e incentivato la realizzazione di progetti di politica
attiva del lavoro, non solo con il fondamentale sostegno finanziario, ma anche attraverso
un opera di informazione e trasmissione di dati, esperienze e policies, aiutando gli
operatori pubblici e privati del settore dei servizi al lavoro. Nonostante questi aspetti
positivi, tuttavia, si segnalano criticità relative ad alcune farraginosità nel metodo della
programmazione e dei controlli previsto a livello comunitario, così come la mancanza di
un sistema di distribuzione delle risorse che privilegi seriamente i progetti e le attività
più meritevoli a scapito di quelle meno utili o efficaci. Ulteriori perplessità si possono
72
segnalare in relazione alle innovazioni che si stanno discutendo a livello comunitario
per la programmazione 2014-2020; in particolare, l’introduzione dei contratti di
partenariato tra Commissione e Stati Membri e la previsione, per questi ultimi, di
elementi di condizionalità ex ante ulteriormente vincolanti sembrano irrigidire il
processo concertato di pianificazione strategica, rafforzando fortemente la posizione
della Commissione, che rischia di imporre unilateralmente gli obiettivi e le politiche da
attuare e implementare278.Con riguardo all’oggetto della trattazione, il F. S. E. ha contribuito in misura rilevante a
spostare l’ottica delle politiche per l’occupazione dei lavoratori anziani verso
l’implementazione delle politiche di attivazione e, con particolare riguardo al territorio
ferrarese, verso le attività di formazione; questa transizione è stata però caratterizzata da
numerosi ostacoli. Dai rilievi emersi dall’indagine condotta presso il Centro Servizi per
l’Impiego della Provincia di Ferrara le maggiori criticità riportate nell’attuazione dei
progetti che hanno coinvolto i lavoratori anziani sono collegate a difficoltà culturali e
sociali ben diffuse nel corpo sociale che tutt’oggi, nonostante la perdurante crisi
economica, non accetta i cambiamenti intrapresi dal mercato del lavoro negli ultimi
vent’anni e ancora ritiene possibile e realizzabile il raggiungimento di un impiego a
tempo indeterminato, caratterizzato da livelli retributivi relativamente elevati e
geograficamente comodo. Sembra anche opportuno rilevare come questo tipo di limiti
culturali possa ben collegarsi anche al ritardo nella transizione verso l’active welfare
state come modello nazionale, considerato che l’utilizzo abbondante degli
ammortizzatori sociali caratterizzati da una maggiore passività ha impedito, secondo
l’esperienze descritte nel Capitolo III, lo sviluppo di una mentalità e di una
predisposizione culturale alle politiche di attivazione. Ritardo che si potrebbe imputare
non solamente alla classe politica, ma anche a quella sindacale e imprenditoriale.Dall’esperienza dei progetti descritti si è rilevato come un complesso di concause abbia
portato alle deludenti conseguenze occupazionali degli stessi; la scarsa partecipazione
278 Cfr. Commissione Europea, 2012b, COM(2011) 615, Proposta di Regolamento delParlamento e del Consiglio recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di svilupporegionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per losviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca compresi nel quadrostrategico comune e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondosociale europeo e sul Fondo di coesione, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 delConsiglio (14 Marzo 2012), il riferimento è al Capo III della Proposta, per i contratti dipartenariato, mentre all’art. 17 sono stabilite le ‘condizionalità ex ante’.
73
dei lavoratori anziani si può spiegare sia con le difficoltà culturali e sociali sopra
descritte, ma anche con l’assenza di una progettualità a essi precisamente dedicata. Si è
visto, infatti, come non vi fossero priorità individualmente dedicate, a livello di
programmazione, ai lavoratori anziani e come questo fatto abbia caratterizzato, di
conseguenza il livello operativo provinciale, nell’ambito del quale viene si resa
prioritaria la partecipazione dei soggetti ‘over 45’, ma non è stata mai elaborata una
proposta personalizzata per quei lavoratori anziani propriamente detti, cioè gli ‘over
55’. Questa scelta è anche giustificabile sia dalla predetta arretratezza culturale e sociale
rilevata dagli stessi operatori del Centro Servizi per l’Impiego della Provincia di
Ferrara, sia dalla scelta legislativa che solo nell’ultimo anno ha visto venire elevata in
maniera rilevante (e non senza corpose e anche ragionevoli critiche) l’età pensionabile
ben oltre i limiti precedentemente previsti. Proprio in seguito a questo avvenimento
sembra auspicabile la previsione di attività e progetti di politica attiva che coinvolgano
esclusivamente quei lavoratori che hanno visto allontanarsi anche di diversi anni il
momento di cessazione dall’attività lavorativa e che si occupino di ridare loro una
nuova prospettiva lavorativa, ovviamente nei limiti delle risorse disponibili.Un’ulteriore causa dei deludenti risultati occupazionali collegati ai progetti è stata
individuata nell’organizzazione delle attività formative, che da un lato non consentiva ai
partecipanti di conciliare le esigenze di vita quotidiana (cura della famiglia, percezione
del reddito per coloro che non avessero diritto all’assegno di frequenza) e dall’altro non
poteva essere modificata per non risultare eccessivamente impegnativa per gli stessi
partecipanti. In questo caso, e con riguardo alla categoria oggetto di questa trattazione,
sembra auspicabile una riduzione del numero dei partecipanti con limitazione per i soli
soggetti ‘anziani’, in modo da poter personalizzare l’organizzazione da un lato, e
personalizzare il metodo formativo dall’altro, considerato che i livelli di istruzione e di
disponibilità all’apprendimento possono presumersi ragionevolmente differenti tra le
diverse classi di età (giovani, adulti e anziani). Un’altra possibile evoluzione seguita dai
progetti potrebbe essere l’allungamento del periodo degli stages, al fine di permettere
una migliore conoscenza tra l’azienda e il lavoratore e di conseguenza una più felice
‘conclusione’ dell’esperienza. In questo senso si segnala la modificazione normativa
introdotta con l’art. 11 del Decreto Legge 138/2011 (convertito con la Legge n.
148/2011), che prevede una durata massima di 6 mesi per i tirocini finalizzati al
reinserimento lavorativo per disoccupati, inoccupati e lavoratori in mobilità, ma resta da
74
vedere come la normativa verrà applicata dagli operatori dei servizi al lavoro, anche in
relazione alle esigenze delle imprese. Ovviamente, tutti questi rilievi si scontrano con la
realtà socioeconomica del territorio e del momento, nonchè con la contemporanea
limitatezza di risorse assegnate alle politiche di attivazione. In questo senso, e sempre
con riguardo alla categoria dei lavoratori anziani, è emersa nell’indagine condotta
presso il Centro Servizi per l’Impiego della Provincia di Ferrara la concorrenza tra
queste politiche e gli alternativi ‘incentivi all’assunzione’ dei lavoratori; sotto questo
profilo si è evidenziato come questi ultimi comportino una maggiore efficacia nel breve
termine poiché procurano un’immediata utilità economica alle imprese. Con l’aumento
dell’età pensionabile, tuttavia, l’investimento nella formazione dei lavoratori anziani
potrebbe rivelarsi efficiente anche per le imprese, considerato che anche un lavoratore
di 55 anni potrà avere comunque una prospettiva di lavoro per lo meno decennale, alla
luce della recente riforma pensionistica.Nel complesso sembra ragionevole affermare che la peculiarità delle politiche attive del
lavoro realizzate attraverso la programmazione comunitaria del Fondo Sociale Europeo
è quella di lasciare agli enti locali la scelta concreta sugli strumenti da attuare per
aumentare l’occupabilità dei lavoratori anziani, per la loro migliore conoscenza del
tessuto sociale e economico del territorio; Regioni e Province, dal canto loro, possono
combinare questi strumenti con quelli previsti dalla legislazione nazionale e regionale
(ammortizzatori sociali, incentivi fiscali e previdenziali..); questo, per realizzare
interventi che presentino caratteri di efficacia sul piano dell’occupazione sia nel breve
termine che nel lungo termine, coprendo le emergenze con soluzioni non solamente
transitorie, ma anche strutturali, che si occupino specificatamente dell’occupabilità dei
lavoratori anziani attraverso misure di formazione, orientamento e anche, quando
necessario e possibile, riqualificazione professionale. La concezione del ruolo delle istituzioni pubbliche (dal livello comunitario a quello
provinciale) come una funzione centrale e di guida delle grandi transizioni attraversate
dal mondo del lavoro è stata efficacemente descritta dalla dott. ssa Celati: «se si ritiene
che l’investimento sulle risorse umane debba perseguire l’obiettivo di accrescere
l’occupabilità delle persone[…] e l’effettiva occupazione delle stesse, sostenendo nel
contempo la competitività delle imprese e l’inclusione sociale [..] è necessario che il
sistema degli attori e dei decisori sociali ed istituzionali abbia chiara un’idea di Paese,
75
un’idea di crescita, un’idea di politica economica e sociale, che definisca qual è la
direzione di marcia e quali sono le priorità di investimento delle risorse».
76
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77
- Sardone A., “Unione europea : consistenza fondi strutturali 1957-2013: rapporto
strategico” 2008;
- Sciarra S., “Manuale di Diritto Sociale Europeo”, 2011;
- Triomphe C. E., “Does Europe have restructuring policies?” in, “Restructuring work
and employment in Europe”,a cura di B. Gazier e F. Bruggerman , 2008;
- Wynne R. et alii, “The European Social Fund: active labour market policies and public
employment services”, studio prodotto dal Bernard Brunhes International, 2010;
- Zitti S., “Le pratiche di partenariato nella programmazione dei fondi strutturali,
l’apporto alla strategia di Lisbona”, in “Lavoro welfare e democrazia deliberativa”,
curato da E. Ales, 2003.
78
Indice analitico dei documenti ufficiali
- Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009a, Formulario allegato all’Operazione,
Programmazione 2007-2013 Revisione 5 del 13/01/2009 “Over F.O.R.T.I. Formazione
per l’Occupabilità, il Reinserimento, la Transizione e l’Inclusione”;
- Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009b, Formulario allegato all’Operazione,
Programmazione 2007-2013 Revisione 5 del 13/01/2009 “Nuove opportunità lavorative
nel settore della ristorazione ospedaliera”;
- Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009c, Formulario allegato all’Operazione,
Programmazione 2007-2013 Revisione 5 del 13/01/2009 “L’arte della sfoglia:
valorizzare gli antichi mestieri”;
- Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009d, Formulario allegato all’Operazione,
Programmazione 2007-2013 Revisione 5 del 13/01/2009 “Misure di politica attiva per
uscire dalla crisi: percorsi formativi finalizzati al reinserimento lavorativo nel settore
della produzione alimentare”;
- Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara, 2009e, Formulario allegato all’Operazione,
Programmazione 2007-2013 Revisione 5 del 13/01/2009 “Misure di politica attiva per
uscire dalla crisi: percorsi formativi finalizzati al reinserimento lavorativo nel settore
professionale termo-idraulico e fotovoltaico”;
- Commissione Europea, 2007, COM (2007) 359. “Verso principi comuni di
flessicurezza: posti di lavoro più numerosi e migliori grazie alla flessibilità e alla
sicurezza” (27 Giugno 2007);
- Commissione Europea, 2010, COM (2010) 2020. “Europa 2020. Una strategia per una
crescita intelligente, sostenibile e inclusiva” (3 Marzo 2010);
- Commissione Europea, 2011, COM (2011) 466. “Relazione al Parlamento Europeo e
al Consiglio sulle attività del Fondo Europeo di adeguamento alla Globalizzazione nel
2010” (22 Agosto 2011);
- Commissione Europea, 2012a, COM(2012) 55. Libro Bianco “Un’agenda dedicata a
pensioni adeguate, sicure e sostenibili” (16 Febbraio 2012);
79
- Commissione Europea, 2012b, COM(2011) 615, Proposta di Regolamento del
Parlamento e del Consiglio recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo
regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo
per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca compresi
nel quadro strategico comune e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo
regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione, e che abroga il
regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (14 Marzo 2012);
- Commissione Europea, 2012c, COM (2012) 173. Comunicazione “Towards a job-rich
recovery” (18 Aprile 2012);
- Consiglio dell’Unione Europea, 2005, Decisione 2005/600/CE. “Decisione sugli
orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione” (12 Luglio
2005);
- Consiglio dell’Unione Europea, 2008, Decisione 2008/618/CE. “Decisione sugli
orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione” (27 Luglio
2008);
- Consiglio dell’Unione Europea, 2010, Decisione 2010/707/UE. “Decisione sugli
orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione” (21 Ottobre
2010);
- Consiglio Europeo, 2008. “Conclusioni della Presidenza del Consiglio Europeo di
Primavera 2008” (20 Maggio 2008);
- Consiglio Europeo, 2012. “Conclusioni della Presidenza del Consiglio Europeo di
Primavera 2012” (2 Marzo 2012);
- Direzione Generale Occupazione Affari Sociali e Pari Opportunità, 2009, “Toolkits for
restructuring based on the innovative actions of European Social Fund Article 6
projects” (3 Dicembre 2009);
- Provincia di Ferrara, 2007, “Programma Provinciale delle Politiche del Lavoro e della
Formazione Professionale. Triennio 2007-2009”.
- Provincia di Ferrara, 2011a, “Il mercato del lavoro in provincia di Ferrara”.
80
- Provincia di Ferrara, 2011b, “Programma Provinciale delle Politiche del Lavoro e
della Formazione Professionale. Triennio 2011-2013”.
- Regione Emilia Romagna, 2007, “Programma Operativo Regionale, Fondo Sociale
Europeo, Obiettivo Competitività Regionale e Occupazione”.
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Ringraziamenti
Prima di tutti, i ringraziamenti ‘accademici’:
alla prof. ssa Silvia Borelli, che mi ha stimolato proponendo un argomento interessante
e innovativo, seguendomi e consigliandomi per tutti gli aspetti relativi alla preparazione
della tesi, con estrema pazienza e disponibilità;
al prof. Aurelio Bruzzo, per la preziosa collaborazione nella stesura della tesi, fatta di
spunti, approfondimenti e consigli più che preziosi;
agli operatori del Centro Servizi per l’Impiego di Ferrara e in particolare alla dott. ssa
Barbara Celati, per il supporto documentale e logistico; senza la loro collaborazione non
sarei stato in grado di realizzare questa tesi.
Venendo ai ringraziamenti personali:
alla mia famiglia, che mi ha sostenuto e seguito nonostante i momenti più difficili;
agli amici con i quali sono cresciuto, o che hanno percorso insieme a me il sentiero
accademico o questi anni di vita;
ad Ambra, per esserci stata sempre, comunque e nonostante tutto, e senza la quale
probabilmente non sarei arrivato fin qui.
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