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Adamantius

Rivista del Gruppo Italiano di Ricerca su “Origene e la tradizione alessandrina”

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Journal of the Italian Research Group on “Origen and the Alexandrian Tradition”

21 (2015)

Adamantius

Rivista del Gruppo Italiano di Ricerca su “Origene e la tradizione alessandrina”

Journal of the Italian Research Group on “Origen and the Alexandrian Tradition”

Comitato Scientifico Scientific Committee

Gilles Dorival (Aix-en-Provence / Marseilles), Giovanni Filoramo (Torino), Alain Le Boulluec (Paris), Christoph Markschies (Berlin),

Claudio Moreschini (Pisa), Enrico Norelli (Genève), David T. Runia (Melbourne), Guy Gedaliahu Stroumsa (Oxford / Jerusalem), Robert Louis Wilken (Charlottesville, Virginia)

Comitato di Redazione Editorial Board

Roberto Alciati, Osvalda Andrei, Guido Bendinelli, Paola Buzi, Antonio Cacciari (vicedirettore), Francesca Calabi, Alberto Camplani (direttore scientifico),

Tessa Canella, Francesca Cocchini, Chiara Faraggiana di Sarzana, Mariachiara Giorda, Leonardo Lugaresi, Valentina Marchetto, Angela Maria Mazzanti, Adele Monaci, Elena Orlandi,

Domenico Pazzini, Lorenzo Perrone (direttore responsabile), Francesco Pieri, Teresa Piscitelli, Emanuela Prinzivalli, Marco Rizzi, Pietro Rosa, Stefano Tampellini,

Daniele Tripaldi (segretario), Andrea Villani, Claudio Zamagni

Corrispondenti esteri Foreign correspondents

Cristian Badilita (Romania), Marie-Odile Boulnois (France), Harald Buchinger (Austria), Dmitrij Bumazhnov (Russia), Augustine Casiday (United Kingdom),

Tinatin Dolidze (Georgia), Samuel Fernández (Chile), Michael Ghattas (Egypt), Anders-Christian Jacobsen (Denmark), Adam Kamesar (U.S.A.), Aryeh Kofsky (Israel),

Johan Leemans (Belgium), José Pablo Martín (Argentina), Joseph O’Leary (Japan), Anne Pasquier (Canada), István Perczel (Hungary), Henryk Pietras (Poland),

Jana Plátová (Czech Republic), Jean-Michel Roessli (Switzerland), Riemer Roukema (The Netherlands), Samuel Rubenson (Sweden),

Anna Tzvetkova (Bulgaria), Martin Wallraff (Germany)

La redazione di Adamantius è presso il Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica, Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, Via Zamboni 32, I-40126 Bologna (tel. 0512098517, fax 051228172). Per ogni comunicazione si prega di rivolgersi al Prof. Alberto Camplani (e-mail: [email protected]) o al Prof. Antonio Cacciari (e-mail: [email protected]). Il notiziario segnalerà tutte le informazioni pervenute che riguardino specificamente il campo di ricerca del gruppo, registrando in maniera sistematica le pubblicazioni attinenti ad esso. Si prega d’inviare dissertazioni, libri e articoli per recensione all’indirizzo sopra indicato.

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Indice

1. Contributi

1.1. Sezione monografica I Papiri Bodmer. Biblioteche, comunità di asceti e cultura letteraria in greco, copto e latino nell’Egitto tardoantico J.-L. FOURNET, Anatomie d’une bibliothèque de l’Antiquité tardive: l’inventaire, le faciès et la provenance de la ‘Bibliothèque Bodmer’ 8 P. SCHUBERT, Les Papyrus Bodmer: contribution à une tentative de délimitation 41 P. BUZI, Qualche riflessione sugli aspetti codicologici e titologici dei Papiri Bodmer con particolare riguardo ai codici copti 47 P. ORSINI, I Papiri Bodmer: scritture e libri 60 A. BOUD’HORS, Quelques réflexions sur la cohérence de la composante copte des P.Bodmer 79 G. AGOSTI, Poesia greca nella (e della?) biblioteca Bodmer 86 A. CAMPLANI, Per un profilo storico-religioso degli ambienti di produzione e fruizione dei Papiri Bodmer: contaminazione dei linguaggi e dialettica delle idee nel contesto del dibattito su dualismo e origenismo 98 C. BEROLLI, Tracce di ascetismo in ! "#$%!"[!]"#$ %&&' ()*' %!"[!"#]$%&'( 136 J. VERHEYDEN, Hermas and Bodmer. Another Look at the Text of Vision 1.3.4, 2.3.1, and 3.2.1. P.Bodm. XXXVIII 144 A. BAUSI, Dalla documentazione papiracea (P.Bodm. XX e P.Chester Beatty XV) alle raccolte agiografiche: la lunga storia degli Acta Phileae in versione etiopica 155 B. NONGBRI, Recent Progress in Understanding the Construction of the Bodmer ‘Miscellaneous’ or ‘Composite’ Codex 171

1.2. Articoli L. DE LUCA, Il serpente di bronzo secondo Filone Alessandrino in Leg. 2,79-81 173 M. NIEHOFF, Eusebius as a Reader of Philo 185 M. DELL’ISOLA, Il dibattito esegetico su vera e falsa profezia in Epiph. Pan. 48: la costruzione eresiologica del fenomeno profetico montanista 195 M. BELCASTRO, La predestinazione nel Commento alla Lettera ai Romani di Origene. Trasformazione e normalizzazione di un paradosso 211 V. MARCHETTO, «Una voce di notte»: presenze angeliche nel Tempio di Gerusalemme dal Commento alle Lamentazioni di Origene 244 M. RIZZI, La seconda parte del Dialogo con Eraclide: l’anima è il sangue? 269 G. GRANDI, La fauna nelle Vite geronimiane: fiaba, simbolo ed epifania divina 284 A. SUCIU, Revisiting the Literary Dossier of Stephen of Thebes: With Preliminary Editions of the Greek Redactions of the Ascetic Commandments 301 P. ROSA, Osservazioni sul linguaggio dei profeti nell’esegesi di Cirillo di Alessandria 325 V. DUCA, La Passione secondo Isacco di Ninive 341 G. MARIANI, «Origenistas, qui dicunt in fine omnes diabolos ac homines fore salvandos»: considerazioni sull’origenismo quattrocentesco dai sermoni di Roberto Caracciolo da Lecce e di altri predicatori del XV secolo 353

1.3. Note e Rassegne M. SIMONETTI, In margine a un recente libro su Ippolito 373 M. FALLICA, Adversarii perpetuo clamant: patres, patres, patres. Serve ancora tradurre i Padri? Wolfgang Musculus traduttore dell’ Or. II di Gregorio di Nazianzo 380

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2.1 Attività recenti del Gruppo e iniziative in preparazione 386

2.1.1. Riunioni del Gruppo 386 Ricordo di Mario Girardi 383 Pubblicazioni di Mario Girardi 389 2.2. Notizie su tesi e attività didattiche 395 M. FERREIRA NOBRE, Por um estudo da utilização de Paulo nos dois primeiros séculos: a interpretação de 1Cor 15 em Teófilo de Antioquia e o seu enquadramento no cristianismo das origens [E. Prinzivalli] 395 A. LA MATTINA, Ἐν ἀρχῇ. La dottrina della creazione nei Padri dei primi secoli del Cristianesimo: Giustino, Teofilo, Origene [T. Piscitelli] 396 R. TONDINI, Sulle tracce dell’eretico. La tradizione manoscritta del Commento a Matteo di Origene (con un saggio di edizione critica) [L. Bossina] 400 D. ZAGANAS. Les Commentaires sur le prophètes (Douze et Isaïe) de Cyrille d’Alexandrie. La formation d’une exégèse alexandrine post-origénienne [J.-N. Guinot] 401 L. MARTELLI, Acta Andreae et Bartholomaei. Edizione critica e commento della versione greca [A. Camplani] 404 A. CONTI, «La sua parola intreccia alla Scrittura». Il ms. Camb. Add. 2017 e l’esegesi antiochena di Paolo 405 R. HAMMAD, Un contributo alla nuova edizione critica della Storia dei Patriarchi di Alessandria: Vitae XXVII-XXXVII. Trascrizione, traduzione, collazione, note e commento storico [A. Camplani] 405 P. PILETTE, L’Histoire des Patriarches d’Alexandrie: une tradition textuelle ouverte. Essai méthodologique, édition critique et traduction des Vies 17 à 26 [A. Camplani] 406 M. COLAZINGARI, Il concetto di Logos in Filone in relazione alla Philosophie der Offenbarung di Schelling [M. Enders] 408

3. Repertorio bibliografico 413 3.1. Bibliografia dei membri del Gruppo 413 3.2. Pubblicazioni recenti su Origene e la tradizione alessandrina (a cura di L. PERRONE, con la

collaborazione di M.-O. BOULNOIS, A. CAMPLANI, A. JAKAB, J. PLÁTOVA, F. SOLER, C. ZAMAGNI) 425 0. Bibliografie, repertori e rassegne; profili di studiosi, 425; 1. Miscellanee e studi di carattere

generale, 427; 2. Ellenismo e cultura alessandrina, 435; 3. Giudaismo ellenistico, 437; 4. LXX, 437; 5. Aristobulo, 440; 6. Lettera di Aristea, 440; 7. Filone Alessandrino (1. Bibliografie, rassegne, repertori, 440; 2. Edizioni e traduzioni, 440; 3. Miscellanee e raccolte, 440; 4. Studi, 441); 8. Pseudo-Filone, 443; 9. Flavio Giuseppe (1. Bibliografie, rassegne, repertori, 443; 2. Edizioni e traduzioni, 443; 3. Miscellanee e raccolte, 443; 4. Studi, 443); 10. Cristianesimo alessandrino e ambiente egiziano (1. Il contesto religioso egiziano, 445; 2. Il periodo delle origini, 445; 3. Gnosticismo, ermetismo e manicheismo, 445; 4. La chiesa alessandrina: istituzioni, dottrine, riti, personaggi e episodi storici, 447; 5. Il monachesimo, 448); 11. Clemente Alessandrino, 450; 12. Origene (1. Bibliografie, rassegne, repertori, 452; 2. Edizioni e traduzioni, 453; 3. Miscellanee e raccolte, 454; 4. Studi, 454); 13. L’origenismo e la fortuna di Origene, 464; 14. Dionigi Alessandrino, 466; 15. Pierio di Alessandria, 466; 16. Pietro di Alessandria, 466; 17. Alessandro di Alessandria, 466; 18. Ario, 467; 19. Eusebio di Cesarea, 467; 20. Atanasio, 474; 21. I Padri Cappadoci (1. Basilio di Cesarea, 474; 2. Gregorio di Nazianzo, 476; 3. Gregorio di Nissa, 477); 22. Ambrogio di Milano, 481; 23. Didimo il Cieco, 481; 24. Evagrio, 482; 25. Rufino di Aquileia, 483; 26. Teofilo di Alessandria, 485; 27. Sinesio di Cirene, 485; 28. Gerolamo, 485; 29. Agostino, 489; 30. Isidoro di Pelusio, 490; 31. Cirillo Alessandrino, 490; 32. Nonno di Panopoli, 492; 33. Pseudo-Dionigi Areopagita, 492; 34. Cosma Indicopleuste, 493; 35. Giovanni Filopono, 493; 36. Massimo il Confessore, 493

INDICE

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3.2. Segnalazioni di articoli e libri (a cura di P. BUZI, G. CHIAPPARINI, S. FERNÁNDEZ, E. FIANO, C. GIANOTTO, V. LIMONE, A. MAGRIS, H.-G. NESSELRATH, R. PENNA, P. ROSA, F. RUGGIERO, G. STEFANELLI, S. TAMPELLINI, C. ZAMAGNI) 495

4. Comunicazioni 550 4.1. Congressi, seminari e conferenze 550 4.1.1. Congressi: Cronache 550

5. Indici 574 5.1. Indice delle opere di Origene 574 5.2. Indice degli autori moderni 577

6. Indirizzario 589 6.1. Elenco dei membri del Gruppo 589 6.2. Elenco dei collaboratori 593

7. Libri e periodici ricevuti 594 8. Pubblicazioni del Gruppo 597

Annuncio 600 «Adamantius» 22 (2016):

Sezione monografica /Theme section Lingua e stile in Origene (a cura di A. Cacciari e D. Pazzini)

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Per un profilo storico-religioso degli ambienti di produzione e fruizione dei Papyri Bodmer: contaminazione dei linguaggi e dialettica delle idee nel contesto del dibattito su dualismo e origenismo!!

di Alberto Camplani

I gravi dubbi circa la consistenza, l’estensione, l’unità, la provenienza dell’insieme dei cosiddetti papiri Bodmer1, stimolano lo studioso moderno, quando tenti di ricostruirne il contesto storico e culturale, a scendere dal livello più generale, rappresentato dagli ipotetici contenuti di una biblioteca nelle sue ancora più ipotetiche fasi di evoluzione, a quello più specifico dei singoli codici ad essa attribuibili, qualora essi siano effettivamente conservati o siano ricostruibili, se non con sicurezza, almeno con larghi margini di probabilità: in effetti, la difficoltà di una ricerca di questo tipo apparirà evidente quando si constati che non raramente si pone il problema non solo dei contenuti della biblioteca, ma anche della definizione non equivoca dei codici, come nel caso del famoso manoscritto pluritestuale contenente l’Omelia sulla Pasqua di Melitone di Sardi e gli Atti di Filea, attualmente ricostruibile come un insieme formatosi già nell’antichità per consapevole aggiunta progressiva di unità (dunque un manoscritto composito omogenetico 2 ). Solo qualora la ricostruzione dei singoli codici sia stata raggiunta3, allora la ricerca è autorizzata a ipotizzare il significato ideologico non solo di questi presi singolarmente, ma anche di una loro pluralità, la cui coesistenza, o circolazione in un medesimo ambiente, possa essere dimostrata o, per lo meno, indicata come possibile: in altri termini, l’individuazione delle modalità e delle motivazioni della confezione dei singoli codici, nonché del tipo di utilizzo cui essi sono stati sottoposti (caratteristiche ricavabili, almeno in parte, dall’analisi paleografica e codicologica), rende lecita, in un secondo momento, la loro correlazione, la quale, a sua volta, apre la strada per un’indagine storica sul profilo ideologico di committenti e lettori dell’ambiente che li leggeva o deteneva. Ci si dovrebbe domandare, qualora le risultanze dell’analisi paleografica e codicologica non fossero afflitte da eccessive incertezze, e fosse dunque possibile articolare la storia della biblioteca (come anche quella dei singoli codici compositi) in una successione di periodi: è forse il medesimo ambiente che ha conservato i codici nel corso della tarda antichità, oppure il gruppo che li deteneva in una prima fase è diverso nei suoi tratti socio-culturali da quelli che più tardi hanno accolto e arricchito la sua eredità (forse con eliminazioni che non ci possono essere note)? Robinson ha posto in forma acuta questo problema, in particolare quando ha sostenuto l’ipotesi che anche le lettere pacomiane in greco e copto, copiate nella forma peculiare del rotulus, siano attribuibili alla biblioteca che intravvediamo dietro i Papyri Bodmer di Ginevra e di altre istituzioni moderne, sebbene la loro datazione sia più tarda rispetto a quella dei codici (greci e copti) ad essa ascrivibili4. Ammesso che questa ipotesi possa essere in qualche

!Questo contributo si è molto giovato delle mie conversazioni con G. Agosti, P. Buzi, G. Cavallo, J.-L. Fournet, E. Livrea, T. Orlandi, E. Prinzivalli, sia nel contesto della giornata di studio, sia in diverse altre occasioni di incontro. 1 Uno status quaestionis è presentato da J.M. ROBINSON, The Story of the Bodmer Library. From the First Monastery’s Library in Upper Egypt to Geneva and Dublin, Cambridge 20132, cui si deve aggiungere la premessa di R. KASSER alla riedizione dei volumi contenenti le edizioni dei codici all’interno della Bibiotheca Bodmeriana, contenente anche tutte le immagini dei mss.: R. KASSER, Introduction, in Bibliotheca Bodmeriana. La collection des papyrus Bodmer: manuscrits des textes grecs classiques, grecs et coptes bibliques et de littérature chrétienne, du 2e au 9e siècle, édités par la Fondation Martin Bodmer par les soins de M. BIRCHER, München 2000, XXI-XXXVII. 2 Ci serviamo qui della terminologia proposta da J.P. GUMBERT, Codicological units: Towards a terminology for the Stratigraphy of the Non-Homogeneous Codex, Segno e Testo 2 (2004) 17-42; sulle questioni teoriche riguardanti la terminologia è fondamentale M. MANIACI, Il codice greco ‘non unitario’. Tipologie e terminologia, ibid., 75-107, in particolare, 88-89. Per i problemi relativi a un’ulteriore specificazione di questa definizione, si veda infra paragrafo 3. Si veda ora, in appendice a questa sezione monografica, il report di B. Nongbri. 3 D’altra parte, nel caso specifico appena menzionato di codici pluritestuali pluriblocco, in un caso di tipo fattizio, dobbiamo porci la questione dell’evoluzione del singolo codice sotto il profilo culturale e ideologico, qualora si sospettasse che le sue unità codicologiche appartengono a periodi diversi. 4 J.M. ROBINSON, The Story of the Bodmer Library, cit., 130-150.

ALBERTO CAMPLANI –Gli ambienti di produzione e fruizione dei Papyri Bodmer

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modo provata, ci domandiamo: che relazione può esserci stata tra chi ha riunito i codici di Menandro, Omero, con numerosi testi cristiani, e chi più tardi vi ha aggiunto le lettere del fondatore del monachesimo cenobitico? È ovvia la constatazione che gli ambienti relativi alle diverse fasi della storia della biblioteca, se realmente diversi, devono avere avuto nel tempo un qualche rapporto affinché questa potesse essere trasmessa. Tuttavia è proprio la natura di tale rapporto che ci sfugge: dobbiamo immaginare il passaggio di una biblioteca da un possessore a un altro, da una comunità all’altra? oppure, possiamo ipotizzare l’esistenza di un gruppo che si è evoluto nel tempo? oppure, più banalmente, possiamo supporre una donazione privata erogata da un individuo entrato in una comunità alla biblioteca di quest’ultima? 5 Sono domande che per l’incertezza delle datazioni paleografiche dei codici tradizionalmente attribuiti all’antica biblioteca e l’ipoteticità della proposta di Robinson sono destinate a rimanere per ora senza risposta. Pertanto, in questo mio contributo tenterò di offrire una lettura sinottica di alcuni codici di contenuto cristiano attribuiti alla biblioteca, scelti in base al fatto che le loro datazioni non sono distanti nel tempo e che dunque è altissima la probabilità che siano convissuti l’uno accanto all’altro e siano stati utilizzati dal medesimo ambiente, con l’intento di comprendere gli interessi di chi poteva esserne il lettore e il fruitore. Il punto di osservazione ideale e ipotetico in cui mi colloco, nello sviluppo della biblioteca, è il quarto secolo, quando i testi classici (Omero, Menandro, Tucidide) continuano a essere letti e comunque conservati come reliquie, i testi biblici vengono tramandati nella loro versione greca e nelle recenti versioni copte, i testi poetici sono composti, riprodotti e annotati anche con varianti. Metterò dunque in dialogo tra loro il Codice delle Visioni6, sequenza di poemetti caratterizzata da alcuni temi religiosi e morali caratteristici che appaiono influenzati dallo scritto collocato all’inizio del codice, il Pastore di Erma; il codice pluritestuale e pluriblocco P.Bodm. XXXVIII + XXIX –XXXVII, veicolante testi apparentemente disparati quali la Natività di Maria, lo scambio epistolare tra Paolo e i Corinzi secondo una recensione minoritaria, l’Omelia sulla Pasqua di Melitone di Sardi, seguita da materiale innico, le Epistole di Pietro con le loro interessanti annotazioni (una di queste in copto) e titolazioni, l’Ode XI di Salomone secondo una variante testuale unica, gli Atti del vescovo Filea, anch’essi in una recensione peculiare; il Codice miscellaneo di Montserrat, in greco e in latino, con il suo ripetuto accenno, secondo me non casuale, a un certo Dorotheus, e soprattutto con la compresenza di materiale liturgico e innologico da una parte, e di testi di ispirazione classica dall’altro. I risultati di questo confronto permetteranno di comprendere meglio anche il codice copto Crosby-Schøyen ms. 193, che probabilmente è appartenuto alla stessa biblioteca: qui infatti sono presenti l’omelia di Melitone e frammenti omiletici di grande interesse. Lo schema seguente permetterà al lettore una visione sinottica dei singoli elementi testuali che saranno discussi nel corso di questo articolo.

5 Si tratta dell’ipotesi di Robinson. Si tenga conto che anche l’ipotesi di un solo gruppo che si evolve nel tempo dovrebbe essere confortata da dati cronologici inoppugnabili: ma la situazione attuale della ricerca non lo permette. 6 Buono status quaestionis in Le Codex des Visions, études publiées par A. HURST et J. RUDHARDT, Genève 2002.

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Tabella dei codici e delle abbreviazioni delle opere più frequentemente citate

P.Bodm. XXXVIII + XXIX + XXX + XXXI + XXXII + XXXIII + XXXIV + XXXV + XXXVI + XXXVII7

P.Bodm. V + X + XI + VII + XIII + XII + XX + IX + VIII

Codex Crosby-Schøyen, ms. 193

P. Montserrat inv. n. 128, 149, 154, 158, 162, 166

[=C. delle visioni] [=C. Bodmer misc.] [=C. Crosby-Schøyen] [=C. Montserrat]

(greco) (greco) (copto) (greco e latino)

1. Pastore di Erma, Visioni, Mandati, Similitudini [=Pastor, Vis., Mand., Sim.]

I unità codicologica 1. Natività di Maria (noto anche come Protoevangelo di Giacomo) [=NatMar]

1. Melitone, Omelia sulla Pasqua [=Pascha]

1. Cicerone, In Catilinam, I-II (latino); dedica a Doroteo

2. Visione di Doroteo [=VD]

2. Corrispondenza (apocrifa) tra Paolo e i Corinzi [=3 Cor]

2. Martiri Giudei che furono al tempo del re Antioco (2 Mac 5,27-7,41) [=2 Mac]

2. Psalmus responsorius (latino) (cf. Natività di Maria) [=Psalmus]

3. Ad Abramo (sul sacrificio di Isacco) [=Abr.]

3. Ode di Salomone XI [=OdSal XI]

3. Epistola di Pietro (I) [=1 Pt]

3. disegno di soggetto mitologico

4. Ai giusti [=J.] 4. Epistola di Giuda [Gd] 4. Giona [=Gn] 4. Eucologio (greco) [Euch.]: -anafora con preghiera di ringraziamento -esorcismo sull’olio -preghiera sui malati

5. <Elogio> del Signore Gesù [=Jes.]

5. Melitone, Omelia sulla Pasqua [=Pascha]

5. Omelia ritmica senza titolo[=Hom. copt.]

-inno acrostico ἁγνὴν θυσίαν (castam oblationem, sul sacrificio di Isacco) [=C. obl.]

6. Che cosa avrebbe detto Caino [=C.]

6. Inno (battesimale ?) [=Hy. paschalis]

5. Alcestis Barcinonensis (latino) [=Alc.]

7. Il Signore a coloro che soffrono [=D.]

II unità codicologica 7. Apologia di Filea [ApPhil]

6. Hadrianus (latino)

8. Che cosa avrebbe detto Abele [=A.]

8. Salmi 33 e 34 [Sal 33-34]

7. lista di parole di uso tachigrafico (greco)

9. Testo senza titolo, frammentario [=X.]

III unità codicologica 9. Epistola I di Pietro [=1 Pt]

10. Inno, frammentario [=Hy.]

10. Epistola II di Pietro [=2 Pt]

7 Si utilizzeranno qui le sigle proposte da G. Agosti in questa sezione monografica e in altre pubblicazioni.

ALBERTO CAMPLANI –Gli ambienti di produzione e fruizione dei Papyri Bodmer

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Nel confrontare questi codici (con riferimenti ad altri che abbiano una forte probabilità di essere appartenuti alla stessa biblioteca), lo scopo che ci siamo prefissati è quello di far emergere alcuni dei legami o delle consonanze testuali tra gli scritti veicolati, evitando tuttavia di porli sullo stesso piano analitico. Siamo infatti convinti, sulla scia di tanti studiosi, che il C.delle visioni rappresenti uno dei tratti di originalità della biblioteca, che esso sia concreta traccia storica di chi ha giocato un ruolo fondamentale nella formazione e crescita della raccolta di libri e di testi. I poemetti in esso contenuti costituiranno dunque il punto di vista privilegiato da cui saranno considerati i contenuti degli altri codici8. In un primo momento, la comparazione sarà ovviamente condotta tra i poemetti e il Pastore, lo scritto in prosa che apre il C. delle visioni. In un secondo momento si evidenzieranno alcuni dei parallelismi tra i poemetti e le opere veicolate dagli altri codici, per stabilire se il C. delle visioni e gli altri codici si siano incontrati casualmente nel corso della loro circolazione o siano il prodotto di un medesimo ambiente, caratterizzato da una cultura unitaria e da un orientamento ideologico definibile con tratti non troppo sfocati, in particolare se i codici possano essere considerati traccia di un insieme testuale utilizzato dal poeta o dai poeti attestati dal C. delle visioni nella realizzazione della loro produzione: certo non nel senso che proprio i codici che oggi riusciamo a ricostruire siano stati utilizzati materialmente dagli autori dei poemetti, cosa difficile da provare stante l’incertezza cronologica dell’insieme, ma nel senso che essi attestino almeno una porzione di un corpus testuale più vasto ma dotato di un minimo di coerenza, nel quale gli autori dei poemetti possano aver trovato qualche elemento di ispirazione. La terza fase dell’indagine sarà la verifica della coerenza ideologica dei testi contenuti dai singoli codici e infine delle consonanze tra le sequenze testuali da essi veicolate, che permetta di trarre conclusioni provvisorie circa il ritratto ideologico dell’ambiente che ha letto i codici. 1. MOTIVI CRISTIANI NEI POEMETTI DEL CODICE DELLE VISIONI

Apprestandoci a evidenziare alcuni elementi caratterizzanti il pensiero religioso dei poemetti, non posso non fare mie le parole con le quali G. Agosti ha qualificato l’insieme della raccolta, mettendone in rilievo l’unità di progetto, di sensibilità, di orientamento culturale: «Doroteo nella Visione racconta la propria duplice erranza, il battesimo rigeneratore e la consacrazione ad un compito elevato; segue il poemetto Abr., con l’exemplum di Abramo e Isacco, a mostrare la serena accettazione della volontà di Dio e la ricompensa per il fedele. Come “commento” ai primi due poemi è inserita una riflessione sul male, sull’inganno del demonio e la perniciosità delle ricchezze (J.). Conseguentemente, il successivo encomio di Cristo (Jes.) insiste soprattutto sul suo ruolo salvifico. Seguono poi componimenti con marcate strutture retoriche, un’etopea di Caino (C.) che esemplifica l’esiziale sorte dei peccatori (ulteriore sviluppo di uno dei temi di J.), una exhortatio di Gesù a coloro che soffrono (D.) e un’etopea di Abele (A.), lamento di un giusto che soffre. Nel penultimo poema ritornano i temi caritatevoli annunciati già in J., quali la cura delle vedove e degli orfani e la rinuncia alle ricchezze (X). La coerenza di pensiero è evidente in tutta la raccolta ed è rafforzata dal tema del martirio (µ!"#$"%&), che probabilmente va inteso più in senso simbolico che reale, dal lessico (con termini chiave che ritornano continuamente), dalla concezione della colpa come '"(!)* e come stolta arroganza, e, infine, dal punto di vista letterario, la presenza del medesimo linguaggio e delle medesime auctoritates, primo fra tutte Esiodo. Insomma, un ‘canzoniere’ cristiano unitario, che verte su temi eucologici, teologici ed etici 8 Marginalmente rammentiamo al lettore che la sezione del codice contenente i poemetti registra delle varianti, fatto che può essere interpretato in due modi alternativi, a seconda della prospettiva secondo la quale si guardi al codice: 1) chi ritiene che esso porti testi prossimi agli autori o addirittura che esso sia il luogo dell’attività poetica di autori/scribi, sarà indotto a giudicare tali annotazioni come delle varianti d’autore; 2) chi invece lo ritiene un prodotto posteriore all’attività del poeta e dei suoi seguaci, riterrà le varianti come il risultato di una collatio praticata da scribi dotati di qualche competenza filologica, operanti su un patrimonio poetico già costituito. Tra l’opinione di chi vede il codice come espressione diretta della pratica poetica di uno o più individui e quella di chi lo vede come una raccolta, certo pensata e ben concepita, di testi di un passato anche vicino, preferiamo prudenzialmente attenerci alla seconda, sulla quale sembra oggi raccogliersi un maggiore consenso. Su questo e altri problemi di genere letterario si veda anche G. AGOSTI, I poemetti del Codice Bodmer e il loro ruolo nella storia della poesia tardoantica, in Le Codex des visions, cit., 73-114.

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connettendoli in modo indissolubile» 9 . L’unità di tono evidenziabile a livello di linguaggio, di riferimenti culturali, di ispirazione poetica corrisponde anche all’unità di orientamento religioso che nelle prossime pagine cercheremo di far emergere. Non proporrò certo una nuova analisi della Visione di Doroteo o di altri testi poetici del C. delle visioni, per la quale sono necessarie competenze linguistiche e poetiche che non mi riconosco; devo rilevare che i poemetti risultano particolarmente ardui per lo storico del cristianesimo, perché esprimono nozioni e concetti con un lessico spesso diverso rispetto a quello che egli trova nei documenti o nei testi cristiani tardoantichi (si pensi alla sostituzione di µ+,-. a /0)-. in D. )10, con i suoi omerismi, le forme poetiche, le soluzioni stilistiche inaspettate. Mi permetterò soltanto la segnalazione di alcuni motivi, che, ai miei occhi, fanno di questi poemetti l’espressione di una riflessione cristiana coerente sul battesimo, sul perdono dei peccati, sulla propagazione della fede anche a costo del martirio, sulla soteriologia, nella quale giocano un ruolo primario alcuni testi cristiani primitivi, oltre, ovviamente, agli scritti biblici.

1. VD. La vicenda raccontata in VD11, scritto in esametri epici in una lingua fortemente influenzata da Omero e Esiodo, è intuibile nelle sue grandi linee, anche se non comprensibile in ogni suo dettaglio: si tratta di una storia di peccato, punizione, conversione, redenzione e consacrazione ad una funzione di grande rilevanza religiosa12. Il protagonista è Doroteo, che apre la sua opera innanzitutto menzionando Dio e Cristo sua immagine luminosa, vv. 1-7: «A me peccatore dal cielo Dio santo ha donato nel cuore Cristo, Sua immagine, luce divina, infondendomi nel petto un amabile onore pieno di grazia. Mentre ero seduto nella stanza, solo, al mezzo del giorno dolce sonno mi colpì sulle palpebre: tu non sai né io sono persuaso dello splendore che allora mi apparve»13. Addormentatosi in pieno giorno, sperimenta un’articolata e dinamica visione: sulla scena compare egli stesso come recluta (#%"12), incaricata da alcuni ufficiali del compito di custodire la porta (con probabile valenza cristologica) di un palazzo celeste14; ma proprio nello svolgimento di questo compito, egli abbandona il suo posto di guardia per 9 G. AGOSTI, La Visione di Doroteo. Paideia classica ed esperienza visionaria nell’Egitto tardoantico, SMSR 79 (2013) 134-151: 138. Per una caratterizzazione della dimensione letteraria e poetica si veda anche ID., I poemetti del codice Bodmer e il loro ruolo nella storia della poesia tardoantica, in Le Codex des visions, cit., 73-114. 10 Se ne veda un’analisi nel contributo di C. Berolli in questa sezione monografica. 11 Le opere saranno citate tenendo conto delle seguenti edizioni: -per VD Cf. Papyrus Bodmer XXIX. Vision de Dorothéos, ed. A. HURST – O. REVERDIN – J. RUDHARDT. En appendice: Description et datation du Codex des Visions, par R. KASSER - G. CAVALLO (BBod), Cologny-Genève 1984, con dettagliatissimo commento; e A.H.M. KESSELS – P.W. VAN DER HORST, The Vision of Dorotheus (Pap. Bodmer 29), VigChr 41 (1987) 313-359, con numerose proposte di integrazione; per una critica e per nuove e importanti proposte testuali e soluzioni interpretative si vedano E. LIVREA, Recensione a Hurst-Reverdin-Rudhardt, Gn. 58 (1986) 687-711; G. AGOSTI, Alcuni omerismi nella Visio Dorothei (P. Bodmer XXIX), Orph. n.s. 10 (1989) 101-116; ID., Contributi critico-testuali all’esegesi della Visio Dorothei, APapyrol 8-9 (1996-1997) 47-60; -per quanto riguarda gli altri poemetti si veda Papyri Bodmer XXX-XXXVII: “Codex des Visions”, Poèmes divers, ed. A. HURST et J. RUDHARDT, München 1999; dei poemetti esistono anche edizioni indipendenti, che menzioneremo nel luogo appropriato ; -per Pastor Cf. Papyrus Bodmer XXXVIII: Erma: Il Pastore (Ia-IIIa visione), ed. A. CARLINI (con la collaborazione di L. GIACCONE). Appendice: Nouvelle description du Codex des Visions par R. KASSER, avec la collaboration de G. CAVALLO et J. VAN HAELST (BBod), Cologny-Genève 1991. 12 Per l’interpretazione si veda innanzitutto l’opera collettiva Le Codex des Visions, cit., in particolare il saggio di TH. GELZER, Zur Frage des Verfassers der Visio Dorothei, 139-154; inoltre D. VAN BERCHEM, Des soldats chrétiens dans la garde impériale. Observations sur le texte de la Vision de Dorothéos, Studii Clasice 24 (1986) 156-163; TH. GELZER, Zu Visio Dorothei: Pap. Bodmer 29, MH 45 (1988) 249-250; J. BREMMER, An Imperial Palace Guard in Heaven: The Date of the Vision of Dorotheus, ZPE 75 (1988) 82-88; ID., The Vision of Dorotheus, in Early Christian Poetry. A Collection of Essays, ed. J. DEN BOEFT – A. HILHORST, Leiden–New York-Köln 1993, 253-261; E. LIVREA, La Visione di Dorotheos come prodotto di consumo, in La letteratura di consumo nel mondo greco-latino, ed. O. PECERE – A. STRAMAGLIA, Cassino 1996, 71-95; J. VERHEYDEN, When Heaven Turns into Hell: The Vision of Dorotheus and the Strange World of Human Imagination, in Topographie des Jenseits, ed. W. AMELING (Altertumswissenschaftliches Kolloquium 21), Stuttgart 2011, 123-141. 13 Trad. G. AGOSTI, La Visione di Doroteo, cit., 148, n. 62. 14 E. LIVREA, La Visione di Dorotheos come prodotto di consumo, cit., 71-72, cita come possibili fonti Gv 10,7-10, e Pastor, Sim. IX,12,1-3.

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sedersi arrogantemente accanto a non meglio specificati )3"-2#4. e per spiare e calunniare un altro anziano. Il narratore deplora il suo stesso comportamento e desidererebbe l’interruzione dell’orribile visione (5!562 78 9"!:;2), che tuttavia deve continuare, suo malgrado, all’interno di quel palazzo celeste che, secondo la proposta di E. Livrea, ha una struttura ternaria: Dio, angeli e beati15. Doroteo viene dunque colto da Cristo in fragranza di reato: non solo ha abbandonato il suo posto, ma ha anche mentito per difendersi. Per questo viene ferocemente punito con la frusta, fino alla scarnificazione, da un Gabriele che ha tutti i tratti di un «angelo della punizione» (Pastor, Sim. VI,3,2), e da altri soldati incaricati dell’esecuzione della pena. In seguito a questa, e alla conseguente presa di coscienza della propria arroganza, Doroteo viene reintegrato nella sua funzione alle porte del palazzo. Eleva dunque una preghiera di ringraziamento a Gabriele per averlo portato in un porto dalle acque tranquille, dove egli potrà cantare l’avvenire e il passato (chiaro riferimento a Esiodo, Th. 31-32)16. Segue la sezione relativa alla purificazione del protagonista: con l’aiuto di Cristo e Gabriele, che sostengono la sua causa davanti al Dio onnipotente, Doroteo viene dapprima invitato a purificarsi del sangue, quindi riceve dall’alto l’acqua immortale in una sorta di battesimo, nel corso del quale decide di assumere il nome di Andrea, a significare la sua nuova forza e indefettibilità (non si può escludere un riferimento alla storica traslazione delle reliquie dell’apostolo Andrea a Costantinopoli nel 357, sotto Costanzo)17. Il desiderio di allargare la sua missione alla conversione dei pagani (<//-7!(-%) e alla difesa della fede non sembra ricevere sul momento soddisfazione. Forte della sua potenza e pieno di gratitudine, con un vestito nuovo che visibilmente significa la sua nuova situazione esistenziale e spirituale nonché un’investitura di carattere religioso non facilmente decodificabile (la cintura potrebbe alludere a un suo stato episcopale, come ipotizzato da Livrea), il protagonista, dopo aver ricevuto ulteriori istruzioni e aver imparato a sopportare anche la stoltezza degli anziani (vv. 273-275) è di nuovo alle porte del palazzo, pronto a combattere una battaglia in cui potrà dimostrare una maggiore vigilanza e una più ferma fedeltà al compito affidatogli. La conclusione della visione viene segnata dalla richiesta da parte del poeta Doroteo, ormai in stato di veglia, di poter cantare la rivelazione ricevuta:

«Ho pregato di essere nunzio per Dio altissimo di tutto quanto mi ha ispirato e mi ha insufflato nel cuore di esser presente e di cantare un canto vario che celebri le opere dei Giusti e di Cristo signore, un compito di anno in anno più dolce per il poeta»18.

I temi fondamentali che interessano uno storico delle religioni possono essere sintetizzati in questo modo: a) i motivi della colpa/peccato, della punizione e della conversione (metanoia), che sono presenti qui come negli altri poemetti, dominano lo sviluppo dell’intera vicenda, e costituiscono, con tutte le loro innegabili e evidenti valenze battesimali e penitenziali, una delle preoccupazioni fondamentali del poeta; b) a questo si collega naturalmente l’opposizione concettuale apostasia / martirio, che, in accordo a correnti critiche più recenti, sarei propenso a interpretare in senso metaforico, piuttosto che come un’allusione a un reale tradimento o a un reale martirio, con un riferimento preciso agli atteggiamenti vissuti dai cristiani nel corso della persecuzione dioclezianea (o di quelle che l’hanno preceduta nel III sec.); in altri termini, le vicende di caduta e di redenzione evocate nel poemetto sarebbero quelle tipiche della vita cristiana in fase post-costantiniana, anche se il linguaggio che le connota deriva dell’epoca delle persecuzioni; in questo senso, è utile tenere presente la pregnanza e il significato dell’espressione con cui Atanasio descrive la situazione esistenziale di un Antonio, che pur avendo ricercato il martirio, non ha potuto viverlo sulla sua pelle: la sua vita, finito il tempo delle persecuzioni, diventa un martirio

15 LIVREA, Recensione, cit., 699-700; ID., La Visione di Dorotheos come prodotto di consumo, cit., 77. 16 Su cui cf. AGOSTI, La Visione di Doroteo, cit., 146. 17 Cf. Gerolamo, vir. ill. III,7,6: la traslazione sarebbe avvenuta per opera di Artemio futuro governatore d’Egitto, cf. anche Chronicon Paschale: =27. ;4. 5. >(. ?12:#!2#%-$ @A)-B:#-$ #C ;! 5!D =-$/;!2-+ ?!%:!"-. #C E. F(D #-B#12 #G2 >(H#12 µ&2D 7B:#"I ) J23K,& L2 ?12:#!2#;2-$(0/4; #M /4%N!2! #G2 ')%12 O-$5P 5!D Q27"3-$ #G2 <(-:#0/12 :(-$7R ?12:#!2#%-$ #-+ @A)-B:#-$ µ4#M :(-$7S. 5!D ,4-:4E4%!. N!/µI7%!. #4 5!D >µ2-/-)%!.T 5!D <(4#3,& 4U. #-V. ')%-$. Q(-:#0/-$. (ed. L. DINDORF, 542, 12-18). 18 Traduzione di AGOSTI, La Visione di Doroteo, cit., 147, n. 56. Versi chiaramente influenzati da Apollonio Rodio, 4, 1774-1775 (Cf. LIVREA, La Visione di Dorotheos come prodotto di consumo, cit., 74).

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della coscienza 19 ; c) assistiamo a un battesimo dai tratti simbolici, che comporta, dopo una purificazione previa, l’acqua immortale proveniente dal Dio Altissimo (W71" XµE"-#-2 >N%:#-;-), il mutamento di nome e di vestito, insomma, gli elementi capitali della prassi battesimale cristiana20, seguita da un’investitura religiosa (la cintura) di cui non è facile cogliere appieno il significato: si tratta di un passaggio fondamentale, che dovremo mettere a confronto con Pastor e con OdSal XI, e che è già stato proficuamente paragonato ai testi gnostici o lessicalmente vicini allo gnosticismo quali la Predica dei Naasseni e l’Inno della Perla, con la loro netta connotazione battesimale21; d) un’espressione teologica poco tecnica mette in rilievo la divinità di Cristo e la sua funzione salvatrice (v. 293), sottolineandone l’essenza luminosa, mentre manca un accenno allo Spirito Santo; e) l’occorrenza di elementi innici, che caratterizza l’insieme del C. delle visioni22, è tratto proprio anche di VD; a parte il finale appena citato e altri passaggi di minore importanza, vi è un luogo che merita una menzione speciale, i vv. 170-177: «Venne il Cristo, luce degli uomini, fra i Giusti, venne l’angelo rapido, che è immortale (fra tutti): “Salve Gabriele, giacché tu sei il padre del (canto), e non hai rattristato la mia anima; come quando la (madre), tenendo il figlio fra le braccia piange, così tu (sei stato al mio fianco) mostrandomi tutti i segni, dando al mio cuore un canto pieno di grazia, versando la voce ... approdato a un porto tranquillo levare una preghiera. Ecco, tu hai versato nel mio cuore un canto divino, perché cantassi il futuro e il passato” (Esiodo Th. 31-32)»23. L’inno di richiesta, di ringraziamento, di lode, è dunque un genere significativo nei nostri poemetti, le cui radici formali possono essere ricercate facilmente in modelli classici (l’allusione a Esiodo è qui inequivocabile), i cui contenuti tuttavia devono essere rintracciati nella pregressa o contemporanea innologia giudaica e cristiana.

2. Abr.24 si presenta come sequenza di versi impostati su un acrostico alfabetico, preceduto da un’introduzione costituita da versi ‘premessi’:

Y. 50:µ-2 :$23Z4$[4 5!D -A"!2C2 [J7\ ,H]/!::!2] !U,3"-. L5("-^!//4 #_ ’@E"!Mµ X)])][4/-2] `5B]2] a3[!; bC2 c%/-2 $d!, #4/&3::&2 b5!#0µE&2 «Colui che compaginò il mondo terreno, il cielo ed il mare, dall’alto dell’etere inviò ad Abramo un angelo veloce,

19 Si tratta della prima manifestazione di un topos tipico dell’agiografia monastica. Sulla relazione tra poemetti e ascetismo cristiano si veda F. MORARD, Le Codex des Visions: une perspective ascétique de l’engagement chrétien? , in Le Codex des Visions, cit., 61-68. 20 Si veda la dettagliata e voluminosa analisi di E. FERGUSON, Baptism in the Early Church. History, Theology, and Liturgy in the First Five Centuries, Grand Rapids (Michigan) 2009, nonché l’utilissimo volumetto di R.M. JENSEN, Baptismal Imagery in Early Christianity. Ritual, Visual, and Theological Dimensions, Grand Rapids (Michigan) 2012, in particolare 167-172. 21 Del tutto convincenti i paragoni proposti da LIVREA, La Visione di Dorotheos come prodotto di consumo, cit., 88; sulla distanza della Visione dalle strutture concettuali gnostiche e dualistiche ritornerò più tardi. 22 Cf. G. AGOSTI, Considerazioni preliminari sui generi letterari dei poemi del Codice Bodmer, Aeg. 81 (2001) 115-147, qui 201-202: «Un fenomeno che attraversa tutto il codice è l'inserzione di parentesi inniche nei poemetti. Un inno a Cristo-Gabriele è inserito in VD 170-178 (versi citati sopra): si tratta di un vero e proprio inno cletico (…). In X. ai vv. 22 sgg. appare una parentesi innica (ἵλαθί μοι) dedicata al Padre. In J. due volte c’è un’invocazione al cielo (42. 125 οὐρανέ) che almeno nel secondo caso introduce un breve inno. Nella chiusa di J. (...) il codice Bodmer presenta anch’esso l’immagine del poeta cristiano come nuovo salmista, cantore delle lodi del Signore». 23 Trad. G. AGOSTI, La Visione di Doroteo, cit., 146, nota 54. Gli elementi innici in VD sono frequenti: oltre a quelli menzionati, si vedano i vv. 101-105. Cf. G. AGOSTI, Considerazioni preliminari, cit., 192-193: «Ma la Visione è anche la storia di un'iniziazione poetica. Nel proemio al mezzo (VD 170- 177), costituito dall’inno cletico a Cristo-Gabriele, Doroteo esprime la propria investitura poetica attraverso il modello esiodeo. (...) Tutto il passo mostra un’imagerie che diverrà corrente nella poesia cristiana: Cristo che sostituisce le Muse, il porto della quiete, usato in contesto poetologico anche da Gregorio (...)»; si vedano inoltre G. AGOSTI, I poemetti del Codice Bodmer, cit., 88-93, e il contributo del medesimo autore in questa sezione monografica, nonché A.M. LASEK, Hymnische Elemente in der Visio Dorothei, Symbolae philologorum posnaniensium graecae et latinae 23/1 (2013) 45–56. 24 Oltre all’edizione di A. HURST et J. RUDHARDT si deve tener conto di E. LIVREA, Un poema inedito di Dorotheos: ad Abramo, ZPE 100 (1994) 175-187 (ristampa in ID., Da Callimaco a Nonno. Dieci studi di poesia ellenistica, Messina-Firenze 1995, 107-127), che qui utilizzeremo anche per la traduzione italiana.

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con l’ordine di sacrificare il figlio amato, perfetta ecatombe».

Il sacrificio di Isacco, caratterizzato da impliciti riferimenti cristologici, ne è dunque il tema fondamentale. Nei versi dell’acrostico si narra di come Abramo convinca Sara della bontà della richiesta di Dio; Isacco stesso è felice di potersi offrire come vittima, tanto da paragonare la pira su cui sta per essere sacrificato ad una camera nuziale: «Montate, genitori, la mia florida camera nuziale» (2$µ[c]%7;-2 ,!/4"C2 ,H/!µ-2 #4B[!:,4, v. 18), motivo che non può non contenere, oltre che un tratto ascetico, anche riferimenti battesimali (lessico nuziale, floridezza) e escatologici (Paradiso), come avremo modo di notare più tardi; così come un chiarissimo riferimento al battesimo leggiamo ai vv. 21-22, là dove, secondo la lettura proposta da E. Livrea, l’acqua lustrale usata per il sacrificio viene a evocare la traversata del Mar Rosso compiuta da Mosé: «Quasi sopra la fiamma sibilasse quel mare, che Mosé / Ruppe, e l’onda si levasse contro il figlio di Abramo», immagine che ritorna all’interno di C. Montserrat nel poemetto C. obl. Chiude Abr. la menzione di Doroteo (citato qui quale autore del poemetto o quale maestro del poeta anonimo di Abr., suo seguace?)25: egli è caratterizzato come il fiorente (<2,4µ-32#!) che è già asceso nella torre, la cui menzione è un inequivocabile riferimento a uno dei grandi simboli di Pastor, segno della salvezza e della Chiesa.

3. J.26 In questo ampio poemetto in distici elegiaci, il Paradiso, non a caso menzionato appena dopo il simbolo della torre che chiude il poemetto precedente (Abr.), è il premio per chi ha saputo vivere fino al martirio (inteso come evento reale o come stile di vita?) secondo i precetti di Dio27. A questa via si oppone quella del diavolo, che, mediante la sistematica contraffazione dei segni dell’Altissimo, secondo dunque le modalità di comportamento dell’Anticristo, induce i deboli all’adorazione idolatrica, all’amore per questo mondo e per le ricchezze, siano essi poveri o ricchi: brama di denaro anche a costo del delitto, mancanza di amore per i figli, attitudine irrispettosa verso gli anziani, sono disposizioni e atteggiamenti indotti dal diavolo destinati a essere puniti con il fiume di fuoco ardente (v. 48), mentre chi è giusto, resistendo al male e praticando il bene, è trasportato dagli angeli in Paradiso (v. 55). Il poemetto esplicita questo dualismo etico con la metafora dei due pastori (vv. 63-66):

«Ché sono per natura due sulla terra i pastori ((-;µ!23-2#4.) che mai non cessano dal contrapporsi: il primo è l’angelo che si serve di saggezza, come pastore, l’altro è il diavolo ingannatore»

simbologia che non può non ricordare appunto Pastor, anche se i parallelismi più chiari si trovano in quelle sezioni dell’opera che non sono contenute nel C. delle visioni (ad es. Mand. 6 e Sim. 6). L’immagine del Paradiso, luogo dei giusti (v. 72: KG"-2 e:1 7;5!%12), riaffiora ancora una volta, per essere qualificato come immortale, rigoglioso, glorioso (v. 73: X]µE"[-#]-2 >N;(3#&/-2 <)!5/$#02). Ricordo che le qualificazioni tratte dal mondo vegetale sono riservate nei nostri poemetti, oltre che al Paradiso, anche al talamo di Isacco, simbolo battesimale e edenico ad un tempo, e a Doroteo stesso, nel momento in cui viene rappresentato mentre ascende nella torre, a sua volta simbolo ecclesiale e escatologico (Abr.): i luoghi della salvezza e del paradiso hanno ovviamente i tratti di un giardino rigoglioso.

25 «Versi aggiuntivi Mio Signor dal cuore magnanimo, possa tu ricevere un’altra ricompensa mille e mille volte per il tuo gesto; e mira, Signore, in tal guisa il fiorente (ἀνθεμοέντα) Doroteo asceso, in sua perfezione, sulla Torre». 26 Utilizzeremo, oltre all’edizione di A. HURST et J. RUDHARDT, l’edizione e la traduzione italiana di E. LIVREA, Dorothei Carmen Ad Justos (= P. Bodmer XXXI), APapyrol 18-20 (2006-2008) 27-43. 27 Leggiamo il testo di nuovo nella bella traduzione di E. LIVREA, Dorothei Carmen Ad Justos, cit., 39: 1. «Colui che solo Dio ama, è rapito e condotto 2. in un’isola remota, in compenso della sua testimonianza; 3. Egli lo porta al santo paradiso, grazie a quelle direttive 4. di Cristo per le quali morì, ripieno di saggezza».

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A tutto ciò si oppongono l’inferno e l’azione del diavolo, consistente nell’<(H#&, i cui vari effetti vengono a lungo descritti, secondo uno stile che ricorda da vicino non solo testi gnostici28, ma soprattutto alcune sezioni di Melitone, Pascha, 46-56 (contenuto appunto C. Bodmer misc.) e alcune delle OdSal. Gli ingiusti, vittime del diavolo, della propria tendenza al male e dell’inganno, verranno giudicati nel giorno della resurrezione dei morti (vv. 85-86: #G2 245"G2 <2!:#H:41.), momento in cui una giustizia retributiva punirà i malvagi e salverà coloro che si sono mostrati buoni e giusti. Il distacco ascetico dal matrimonio e soprattutto dalla vita politica può portare ad una vita memore di Dio, condotta in solitudine29. Alla fine leggiamo che colui che è salvo, forse il poeta / salmista,

«sul trono luminoso sta, fiorente, inneggiando al Padre glorioso con un canto armonioso, collocato fra gli angeli, tra dolci melodie: “Salvi l’Altissimo lo sventurato, tenga lontane le mani del diavolo, accogliendomi graziosamente nel cielo risplendente, portando in paradiso Doroteo figlio di Quinto, perché abiti fra i giusti”. E Dio mi salvò, e mi risollevò dopo ch’ero caduto, dalle mani del diavolo e dall’inganno agghiacciante. Egli possiede il vigore e la forza, e soprattutto la saggezza, poteri di Dio purissimo. Amen».

Non voglio entrare nelle complesse problematiche relative a questo finale30, ai personaggi che vi sono implicati, alla pluralità di interpretazioni di cui è suscettibile soprattutto in vista della nostra comprensione della vicenda terrena di Doroteo: faccio solo notare che, in relazione a una situazione di salvezza paradisiaca, viene ricordata la caduta dell’uomo, l’inganno potente del diavolo, ma anche la possibilità di redimersi per abitare con i giusti. Peccato, caduta, perdono, redenzione, ma anche punizione eterna, sono i grandi temi di VD e del Pastore.

4. Jes.31 Molto più impegnato in senso cristologico e teologico è il breve poemetto Elogio del] Signore Gesù. Allo studioso di tradizioni battesimali tale testo potrebbe facilmente apparire come una professione di fede pronunciata dal catecumeno nel corso del rito: è noto come al momento della rinuncia, nel battesimo, segua quello della professione di fede32. Evidenziamo nel poemetto alcuni sviluppi teologicamente significativi. Gesù, Figlio unico, immagine di Dio e Dio egli stesso (v. 1: X)!/µ! ,4-f- (3/42 (Hg. -d-. =&:-+.; v. 22: µ4)’ X)!/µ! ,40.), pur avendo il potere in cielo, ha regnato sulla terra apportandovi liberazione, amore, virtù per i giusti, µ4#H2-;! (v. 6), giustizia per i poveri: non possiamo non riconoscere in questo elenco i temi fondamentali di tutti i poemetti, anche se accompagnati da una riflessione soteriologica più chiaramente esplicitata. Torna con grande insistenza il tema di Cristo – luce (v. 7: c!-:c0"-.; v. 17: a%(& 7’ L5 h"&:#-f- (3/42 cH-. i4/%-;- «emanazione di Cristo è la luce del sole», cf. anche la v. 21: «si rivela fra i giusti come santa luce, luce da luce»), salvatore e oggetto di culto dal momento dell’incarnazione per tutti i secoli a venire. Del massimo interesse, oltre alla nuova menzione del Paradiso (v. 10) cui sono destinati anche i peccatori che si convertono, è l’accenno alla salvezza delle anime dall’Erebo, chiara allusione al motivo cristologico del descensus ad inferos33, tipico delle più svariate tendenze cristiane, e nella biblioteca ben rappresentato da 1 Pt 3,18: j$KM. 7’ L[ F"kE4$. (-/k!. ("-k&[54 cl]1:74m

28 Giustamente Livrea fa riferimento ad Evangelium veritatis (NH I), ibid. 29 In questo modo interpreterei L[2 b]"nµ-;. di v. 111, piuttosto che come ‘solitari’. Si veda l’interessante parallelo costituito dai Salmi di Salomone 17,15-17 (ed. A. RAHLFS): ?!D L(45"!#-+:!2 !A#G2 -o $o-D #S. 7;!,*5&. L2 µ3:I L,2G2 :$µµ%5#12, -A5 p2 L2 !A#-f. q (-;G2 L2 r4"-$:!/&µ e/4-. 5!D </*,4;!2. LcB)-:!2 <(’ !A#G2 -o <)!(G2#4. :$2!)1)M. q:%12, s. :#"-$,%! L[4(4#H:,&:!2 <(C 5-%#&. !A#G2. L(/!2G2#- L2 L"*µ-;. :1,S2!; N$KM. !A#G2 <(C 5!5-+T 5!D #%µ;-2 L2 tc,!/µ-f. (!"-;5%!. N$K6 :4:I:µ32& L[ !A#G2. L’abbandono del nido e la ricerca della solitudine per mantenere la purezza sono caratteristiche del giusto giudeo perfettamente corrispondenti a quelle del giusto dei poemetti. Questo, come altri paralleli, spinge a tradurre invece di «tra i solitari», troppo monasticamente connotato, «nelle solitudini». 30 Si veda quanto detto da G. AGOSTI in questa sezione monografica a proposito dell’integrazione del v. 161 e all’interpretazione dei vv. 154-156. 159. 31 Utilizzeremo qui, oltre all’edizione di A. HURST et J. RUDHARDT, l’edizione e la traduzione italiana di E. LIVREA, Dorothei Laudes] Domini Jesu (P. Bodmer XXXII), ZPE 147 (2004) 39-43. 32 Ciò accade fin dalle origini, come attesta il NT: E. FERGUSON, Baptism, cit., 196-198. 33 K. KALISH, The presence of Hades in the Codex of Visions (P.Bodm. XXXI, XXXII, XXXV), in Actes du 26e Congrès international de papyrologie Genève, 16–21 août 2010, textes réunis par P. SCHUBERT, Genève 2012, 391-398.

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uv:,& cw-. !U2C2 x‹;›7&; 245y[4]::; c][!2S2!;.] «Infinite anime dall’Erebo fece risalire verso la luce; si crede che come luce tremenda apparisse ai morti nell’Ade».

Il verso finale, secondo una felice congettura di Livrea, dovrebbe contenere una nuova menzione di Doroteo: «O mio Signore vieni in soccorso a me, [il tuo] Do[roteo]»34.

5.-7. La triade C. – D. – A.35 si caratterizza, nella sua unitarietà ben sottolineata da editori e critici, per l’uso dell’esercizio retorico dell’etopoea: si noti che tra le parole di terrore di Caino dopo l’omicidio, e le parole di Abele, pur ricche di allusioni bibliche e di aperture cristologiche, si inserisce la seconda esplicita riflessione teologica dopo Jes., che assume la forma di un dialogo tra Cristo e il credente, il poemetto D. Già nelle due etopee si danno passi in cui la rievocazione dei personaggi biblici è mediata dalla riflessione storico-salvifica fornita dai salmi. Da tempo si è segnalato in A. la presenza di immagini derivate dal Salmo 101, che permette anche una prima riflessione cristologica e soteriologica (vv. 47-51): 9#[; µ\2] L[45w/$N42 <(’ -A"!2-f- cl1:74 :[1#S"’ 9]2 ("-k&542 L2 <2,"z(-;:;2 e:4:,!; [-W24]542 !A#C. X2![ L[ -A"!2-+ <µc’ L(D )!f!2 [J{42] |:#4 c"w:!;#- U7}2 :#-2!Kn2 #4 (42;K"G2, 5![D] µ-)k-2#[!]. ~(!2#!. X7&2 :!-f J7’ L/4!v"-; «perché dal cielo egli rivelò alla luce il Salvatore che egli aveva mandato affinché fosse tra gli uomini. Per questa ragione il Signore stesso dal cielo alla terra venne giù cosicché potesse osservare il lamento dei poveri e potesse salvare completamente tutti i sofferenti e diffondere la misericordia»36.

Ciò che innanzitutto colpisce in D. è la forma dialogica: prima parla Cristo, poi interviene il poeta/salmista, cui nuovamente risponde Cristo. Infatti, ad una prima frase (vv. 1-3) in cui Cristo promette la salvezza ai sofferenti, segue la riflessione del poeta sull’incarnazione del Logos / Mythos, che abbandona il cielo per venire sulla terra come semplice figlio di Maria (�!"%&. ~);-2 #35-.), soffrire, insegnare, portare la μετάνοια ai peccatori, salvare. Tra coloro che verranno salvati ci sono gli ordinatori di popoli (v. 8: 5-:µ*#-"4 /!G2) identificati dagli studiosi con Maria e Gesù: questo è certamente possibile (si tratta dei referenti immediati), ma il duale potrebbe rimandare ad altre coppie di spicco nella soteriologia cristiana, quali gli angeli Michele e Gabriele (quest’ultimo ben presente in VD, e chiamato a v. 155 (-;µ32; /!G2), o del culto, come Pietro e Paolo, venerati già dal III secolo, e forse qui evocati mentre giungono in Paradiso, ordinatori rispettivamente del popolo dei Giudei e di quello dei Gentili. Ma si tratta solo di ipotesi. Quindi Cristo torna a far sentire la sua voce e a promettere la salvezza ai più lucenti: essi saranno il popolo eletto (v. 14: ,*:1 73 µ-; /!C2 X!"#$%[&'), che dimora presso il santo luogo, nella torre dei giusti, pasciuti in paradiso (v. 19: !"B"[)-2 e!]"# $%&'%12 #4,"!µµ32-; 78 L2 (!"!74%:I), in una condizione angelica tra i santi (|:#8 !"[µ-D X!!]"#$%% L:#4, Lµ-f. ')%-;:; µ3!"!#$%&), mentre una punizione sarà riservata ai malvagi e ai peccatori che non si pentono. Dunque, riemergono i tradizionalissimi temi soteriologici dei poemetti precedenti: la torre, il paradiso, il luogo santo, riservati al popolo eletto, che vivrà in una condizione angelica assieme ai santi.

8.-9. I frammenti finali sono talmente malridotti da rendere impossibile determinare se si trattasse di un unico testo o di due (X. e Hy.). Quello che è certo è che la parte conclusiva del codice assumeva uno stile innico graficamente ben evidente, come si può dedurre dalla presenza di sequenze di righi inizianti con 34 E. LIVREA, Dorothei Laudes Domini Jesu, cit., 40. 35 Per A. e C. si utilizzerà l’edizione di A. HURST et J. RUDHARDT, mentre per D. si useranno l’edizione e la traduzione di C. BEROLLI, Il poemetto di Dorotheos ! "#$%&'[(])'* %+,* (-.* %/'[$0-]1'(2* (P. Bod. XXXIV), APapyrol 25 (2013) 83-173. 36 K. KALISH, The presence of Hades, cit., 395, interpreta X7&2 nel senso di ‘Ade’.

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ὑ[, che rimandano ovviamente a voci di >µ2k1: il codice doveva dunque concludersi con un’esortazione rivolta alla comunità affinché inneggiasse a Dio e alle sue opere di salvezza. Le poche frasi e parole del testo precedente (X.) secondo Norelli37 contengono chiare allusioni al Sal 148, nonché al discorso sociale più volte ricorrente negli altri poemetti: la critica ai ricchi che disprezzano orfani e vedove (v. 16), destinati a essere puniti nella tenebra (v. 17) (cf. Gd 6 e 2 Pt 2,4), si intreccia con la compassione per poveri e sofferenti provata dal Signore e da coloro che credono in lui. In realtà il binomio biblico ‘orfani - vedove’ non ricorre in quello che rimane degli altri poemetti, ma è ben presente in Pastor Vis. II 4,3, che appunto apre il codice. Non mancano anche qui aperture inniche, come a v. 22: Ä/!,% µ-;. Risulta interessante il comparire di nomi dell’AT (vv. 27-30): Israele, Gerusalemme, Aronne, e più in là Isacco (v. 72). Insomma, molti degli elementi evidenziati negli altri poemetti si intravvedono in questi frammenti finali: linguaggio e immagini omeriche si intrecciano ad allusioni bibliche e al Pastore, l’attenzione ai poveri e ai sofferenti si giustappone al biasimo nei confronti degli avidi, le aperture inniche acquistano ancora maggiore importanza che nel resto del codice:

«La louange universelle du poème précédent, inspirée du Ps. 148, devait en somme se compléter, dans le même poème ou dans un autre, per un hymne martelant et triomphale dans lequel, comme dans le final d’une symphonie, touchait à l’intensité suprême et en même temps se résolvait le thème principal représenté par l’histoire dramatique de la Création et de la Rédemption, de la tentation et de l’ascèse, du péché et de la pénitence, de la souffrance et de la délivrance, de l’humiliation et du triomphe, que Dorothéos et le groupe réuni autour de lui et de sa mémoire on cru voir se dérouler dans les evénements de leur propre existence et qu’ils ont proposée dans leurs poèmes comme modèle possible d’expérience chrétienne»38.

2. IL PASTORE DI ERMA E I POEMETTI DEL CODICE DELLE VISIONI 2.1 Analogie tematiche e di struttura

Poiché la prima parte del C. delle visioni conteneva Pastor Vis. I-III, e con tutta probabilità anche Vis. IV, che è andata perduta39, ma non riportava il resto dell’articolata e complessa opera, gli studi40, hanno tentato di offrire una spiegazione coerente della sua funzione nell’ambito del codice, rilevandone i tratti che lo accomunano ai poemetti, anche di carattere strutturale: «il protagonista versa in una profonda crisi spirituale per una serie di trasgressioni di cui prende coscienza; una figura celeste gli appare in successive visioni e gli viene in soccorso. Attraverso un dialogo serrato, con ricco apparato di immagini simboliche, il visionario è guidato al superamento della crisi; muta il suo volere e il suo sentire, acquista forza e coraggio e riceve l’investitura per una missione di salvezza da compiere nella comunità»41. La critica ha segnalato una serie di temi comuni: il martirio e la persecuzione, la µ4#H2-;!, l’allegoria della torre, più volte ricorrente nei poemetti e probabilmente da connettersi a quella del palazzo con le sue porte in VD. Carlini ha esteso il confronto anche a Vis. IV, rilevandone affinità contenutistiche soprattutto con J. per quanto riguarda, tra l’altro, il trattamento che subiranno i cristiani che hanno ceduto nelle persecuzioni. Particolarmente illuminante è una felice analogia segnalata da E. Livrea, quella tra il nome ‘Andrea’, scelto dal protagonista di VD a seguito della punizione e della conversione, e l’esortazione fondamentale rivolta al protagonista del Pastore da parte della vecchia signora (Q27"%Z-$, Vis. I,4,3)42. Tutti questi confronti permettono di comprendere meglio la relazione fondante tra Pastore e poemetti, che diverrà sempre più chiara nel momento in cui se ne evidenzieranno le connessioni strutturali e

37 E. NORELLI, Quelques conjectures sur le Poème au titre mutilé, in Le Codex des vision, cit., 205-207. 38 E. NORELLI, Quelques conjectures, cit., 217. 39 Papyrus Bodmer XXXVIII: Erma: Il Pastore (Ia-IIIa visione), ed. A. CARLINI, cit., importante anche per la proposta di una nuova sequenza dei testi nel codice, secondo la quale Pastor è in prima posizione. 40 Per una sintesi e qualche nuova proposta anche di carattere metodologico Cf. A. CARLINI, Gli studi critici sul Pastore dopo la pubblicazione di PBOD 38 e la presenza delle Visioni di Erma nei testi poetici del Codex Visionum, in Le Codex des Visions, cit., 123-138. 41 A. CARLINI, Gli studi critici, cit., 134. 42 E. LIVREA, Recensione, cit., 691, n. 13; ID., La Visione di Dorotheos come prodotto di consumo, cit., 81.

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tematiche, nonché quando accenneremo all’uso del Pastore in Egitto, particolarmente in relazione alla catechesi battesimale e postbattesimale. Ciò che mi propongo di fare nell’immediato è di coinvolgere in questa indagine sulle assonanze tra Pastore e poemetti non solo Vis. I-IV, ma anche il resto dell’opera, che probabilmente era tutta ben presente nella mente di chi li componeva43. Innanzitutto esiste una relazione strutturale tra la vicenda di Doroteo, quale emerge da VD e J, e quella narrata nel Pastore: a) la denuncia e la presa di coscienza di un peccato (quello di concupiscenza commesso da Erma) si traduce in pentimento, conversione (metanoia) e la preparazione per una missione; b) emerge chiaramente nelle vicende adombrate nei poemetti che una grave caduta può essere rimediata e perdonata (VD e J.), possibilità che non può non essere messa in relazione con il messaggio fondamentale del Pastore, il quale annuncia che, sebbene il battesimo costituisca il momento fondamentale per il perdono dei peccati, cionondimeno è stata concessa da Dio un’ulteriore possibile penitenza post-battesimale, non ripetibile, prima che si chiuda il tempo della salvezza, simboleggiata dalla torre in costruzione (a partire dalla Vis. III). Tutto rimanda alla questione della varietà ed evoluzione della disciplina penitenziale durante le persecuzioni, ma anche dopo la svolta costantiniana nel IV secolo. Basti seguire qualche sviluppo del Pastore nella seconda e terza visione, anche in relazione al simbolo della torre:

«Dopo che avrai reso note a quelli le parole che il Signore mi ha comandato di rivelarti, allora saranno rimessi loro tutti i peccati commessi in precedenza, e anche a tutti i santi che hanno peccato fino a questo giorno, se si pentiranno di tutto cuore, mettendo fine a incertezze e esitazioni. Infatti il Signore ha giurato per la sua gloria riguardo ai suoi eletti: se, una volta fissato questo giorno, ci sarà ancora peccato, essi non si salveranno, perché per i giusti il pentimento ha un termine e per tutti i santi si sono compiuti i giorni della penitenza; quanto poi ai gentili, c’è per loro la possibilità di penitenza fino all’ultimo giorno. Dirai ai capi della chiesa di percorrere in giustizia le loro vie per ottenere pienamente ciò che è stato promesso con molta gloria. Siate ben fermi, voi operatori di giustizia, e non esitate a percorrere la vostra via insieme con gli angeli santi. Beati voi, quanti sarete perseveranti nella grande afflizione che viene e quanti non rinnegheranno la loro vita. Infatti il Signore ha giurato per il suo Figlio che quanti rinnegheranno il loro Signore saranno esclusi dalla loro vita, quelli che lo rinnegheranno nei giorni a venire; quanti invece lo hanno rinnegato in precedenza, egli nella sua misericordia li ha perdonati» (Vis. II,1,4-8). «Quanti hanno intenzione di pentirsi, se si pentiranno, effettivamente saranno forti nella fede, purché si pentano ora, quando la torre è ancora in costruzione. Quando la costruzione sarà terminata, non ci sarà più posto per loro ma saranno respinti, e sarà loro concesso soltanto di restare nei pressi della torre» (Vis. III,5,5)44.

Si noterà che la definizione del fedele come 7v5!;-., tipica dei poemetti, ricorre nel Pastore fin dall’inizio, e quindi a più riprese, spesso accoppiato a ~);-.: esso qualifica il credente che cerca di resistere al peccato e alla concupiscenza e osserva i comandamenti45. Passiamo ora ad un’osservazione su un’altra analogia strutturale, sulla base di una felice osservazione di E. Livrea, corroborata dalla fine analisi che R. Cacitti ha dedicato alla prima parte di Pastor46. Fin dalla

43 Ci siamo serviti del testo e della traduzione di M. SIMONETTI, Il Pastore di Erma, in Seguendo Gesù. Testi cristiani delle origini, II, a cura di E. PRINZIVALLI – M. SIMONETTI (Scrittori greci e Latini), Milano 2015, 179-489; 550-592: nel volume si trovano un’introduzione, l’edizione, la traduzione italiana e il commento al testo. 44 Trattazioni sulla penitenza non sono rare nel Pastore. Si veda ad esempio Mand. IV,3,3-6: «Dato che tu t’informi minuziosamente su tutto, io ti spiegherò anche questo, ma senza dare occasione di peccare a quanti sono sul punto di credere o hanno creduto or ora nel Signore, perché sia gli uni sia gli altri non hanno da pentirsi dei peccati, in quanto ottengono la remissione dei peccati precedenti. Per quelli invece che sono stati chiamati prima di questi giorni il Signore ha istituito una penitenza, perché conosce il cuore degli uomini, e conoscendo tutto in anticipo conosce la debolezza degli uomini e la multiforme astuzia del diavolo, il quale farà del male ai servi di Dio e commetterà iniquità contro di loro. Ma il Signore, misericordioso, ha avuto compassione delle sue creature e ha istituito questa penitenza, dando a me autorità su di essa. Perciò ti dico: dopo quella chiamata grande e solenne, se uno tentato dal diavolo ha peccato, ha questa sola possibilità di pentirsi; ma se pecca ancora, anche se si pente, il pentimento gli è inutile e difficilmente vivrà». 45 Come chiarisce dal cielo la donna oggetto dei pensieri impuri di Erma: «Non ti sembra che sia male per un uomo giusto se nel suo cuore entra la concupiscenza? E’ un peccato, dice, e grave, perché il giusto desidera cose giuste» (Vis. I,1,8); «tu invece rivolgi a Dio la tua preghiera, ed egli rimetterà i tuoi peccati e quelli di tutta la tua casa e di tutti i santi» (Vis. I,1,9).

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prima visione del Pastore, la vecchia signora seduta sulla cattedra bianca, simbolo della Chiesa, esorta Erma a convertirsi e a combattere il peccato anche nei pensieri: deve diventare continente ed esortare i suoi figli a comportarsi virtuosamente, perché Dio avrà pietà della sua famiglia, cioè della sua comunità (Vis. I,3). Quando la vecchia signora si alza per andarsene, non prima di aver chiarito che le parole dure del suo discorso sono riservate agli apostati, mentre le parole più dolci lo sono ai giusti (Vis. I,4,2-3 Å!+#! #M e:K!#! #-f. 7;5!%-;., #M 7\ ("G#! #-f. e,24:;2 5!D #-f. <(-:#H#!;.), rivolge a Erma l’esortazione cui abbiamo già accennato: Q27"%Z-$, Ç"µP (Vis. I,4,3). È di grande interesse il fatto che tale esortazione occorra in uno snodo della vicenda di Erma che ha strutturalmente una posizione simile a quella di un importante episodio di VD, la scelta del nome “Andrea”, esplicitamente connesso a <27"4%!, da parte del protagonista-narratore, che proprio dal Pastore potrebbe aver tratto ispirazione, come sembra suggerire il seguente schema della narrazione:

Pastore di Erma, Vis. I VD -Il protagonista pecca -denuncia del peccato -pentimento -esortazione a essere forte: <27"%Z-$ -invio in missione

-Il protagonista pecca -denuncia del peccato -punizione -pentimento -scelta del nome, che evoca la forza: Q27"3!. -allusione a una missione

Che tale esortazione al coraggio, alla forza, al combattimento, non sia un elemento meramente esornativo nella vicenda di Erma è provato dal fatto che essa ricompare nella terza visione, quando lo scrittore assimila la gioia di chi riceve una rivelazione dal Signore all’emozione provata da un vecchio che viene a sapere di aver ricevuto un’eredità47, nonché in una similitudine conservata nel finale in latino, dove l’esortazione è connessa esplicitamente alla missione: «Comportati coraggiosamente in questo tuo incarico (uiriliter in ministerio hoc conuersare)» (Sim. X,4,1)48. Uno dei temi fondamenti dei poemetti è quello sociale, trattato da due punti di vista, quello della necessità di soccorrere i poveri e i sofferenti, come ha fatto il Signore, e quello del distacco ascetico dalle ricchezza, dalla politica, dagli affari di questo mondo, dall’esercizio della sessualità. A proposito del primo punto di vista è opportuno sottolineare che il Pastore connette il soccorso ai poveri con il giudizio finale e la salvezza nella torre, proprio come accade nei poemetti49. Non si tratta

46 Circa la proposta di Livrea cf. supra, n. 42; per l’analisi dei primi quattro libri di Pastor si veda R. CACITTI, Da Rode alla Torre. La catechesi delle Visioni I-IV del Pastore di Erma, in Antiche vie all’eternità. Colloquium internazionale sugli aspetti dell’ascesi nei primi secoli del cristianesimo, Udine 2006, 36-80, in particolare 53. Di grande rilievo le annotazioni circa la cornice martiriale, che fanno riflettere sulla funzione analogica del linguaggio martiriale dei poemetti: in altri termini, uno dei motivi della presenza del tema del martirio nei poemetti potrebbe essere, più che un martirio reale, l’influenza dei riferimenti martiriali di Pastor. 47 «Quando un vecchio dispera ormai di se stesso, perché è debole e povero, non si aspetta altro se non l’ultimo giorno di vita. Ma all’improvviso gli capita un’eredità: alla notizia salta in piedi e tutto contento recupera le forze. Non giace più a terra ma sta in piedi; il suo spirito, che era già in disfacimento per i fatti di prima, ringiovanisce; non sta più prostrato ma si comporta virilmente (<27"%Z4#!;)» (Vis. III,12,2). 48 Anche la dimensione militare così sottolineata nell’ambientazione della visione di VD non è assente dal Pastore: :#!#%12! eK1 (Sim. V,1,1), dice il protagonista al pastore, laddove lo stato di guardia indica la pratica ascetica del digiuno. 49 «Guardate al giudizio che incombe. Voi che siete nell’abbondanza ricercate quelli che mancano di tutto finché la torre non sia completata, perché dopo che lo sarà, anche se vorreste fare il bene, non ne avrete più l’opportunità» (Vis. III,9,5). «Opera il bene e del prodotto delle tue fatiche, che Dio ti concede, dà con semplicità a tutti gli indigenti, senza essere incerto a chi dare e a chi no» (Mand. II,4). «Sta’ a sentire poi ciò che ne consegue: prestar cure alle vedove, visitare orfani e indigenti, riscattare i servi di Dio dalla prigionia, essere ospitale, perché a volte l’ospitalità è occasione per fare il bene, non opporsi a nessuno, essere tranquillo, farsi il più umile di tutti gli uomini,

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certo di un messaggio sociale radicale, come la favola dell’olmo e della vite sembra suggerire (Sim. II): ricco e povero possono collaborare, il primo sostenendo il secondo nei bisogni materiali, e il secondo pregando per il primo. Questo è in linea con J., dove anche il povero, e non solo il ricco, può essere rappresentato come rapace e cattivo, idea tipica di ambienti agiati e coltivati50. Nello stesso tempo, terribile è il destino di chi disprezza orfano e vedova, non escluso il clero (Sim. IX,26,1-2). Il secondo aspetto, quello ascetico, riguarda il distacco moderato dalle ricchezze e dal disordine che esse introducono nella vita del credente, soprattutto quando questi è costretto a convivere con i pagani e le loro agiatezze51. Chi è troppo implicato negli affari mondani finisce per distrarsi dal servizio di Dio, un tema, questo, che costituisce il Leitmotiv di J. Anche l’esortazione alla castità di Pastore non è da inserire in un quadro di ascetismo radicale di tipo encratita. La condizione matrimoniale può essere compatibile con l’enkrateia vista come esercizio della disciplina e della continenza. La formulazione stessa di Mand. IV 1,1 («“Ti comando” dice “di custodire la castità/purezza (ἁγνεία) e di non desiderare in cuor tuo una donna d’altri”») presuppone uno stato matrimoniale. Questa aiuta a capire quale potrebbe essere l’orientamento ascetico del C. delle visioni: certamente la continenza sessuale, ma in un quadro in cui il matrimonio non è demonizzato52. Uno dei motivi più originali dei poemetti è la menzione dei due pastori e dei due angeli. Questo tema è certamente influenzato dal Pastore, in particolare da quella sezione che non è riportata nel codice. Se in

onorare gli anziani, esercitare la giustizia, osservare la fraternità, sopportare la prevaricazione, essere paziente, non conservare rancore, consolare chi è afflitto nell’anima, non respingere coloro che hanno tratto scandalo dalla fede ma convertirli e confortarli, correggere quanti peccano, non gravare sui debitori e gli indigenti, e altre attività se sono simili a queste» (Mand. VIII,10). «Voi che siete servi del Signore e lo avete nel vostro cuore, state attenti. Fate le opere di Dio memori dei suoi precetti e delle promesse che vi ha fatto (...). Invece di campi acquistate anime afflitte, secondo quanto uno ne ha la possibilità, e visitate vedove e orfani, non li trascurate, e spendete tutte le vostre ricchezze e i vostri beni che avete ricevuto da Dio per acquistare campi e case di questo genere» (Sim. I,1,7.8). «Dico poi che è necessario strappare ogni uomo alla miseria, perché chi è nel bisogno e patisce la miseria ogni giorno, è oppresso da grandi ambasce» (Sim. X,4,2). 50 E. NORELLI, Quelques conjectures, cit., 210-215. Si veda il testo: «Ma quando il ricco si volge al povero e gli elargisce ciò di cui quello ha bisogno, confida che, se si adopera per il povero, Dio lo ricompenserà. Infatti il povero è ricco nella sua preghiera e nella sua confessione, e la sua preghiera ha molta efficacia presso Dio. Perciò il ricco soccorre in tutto il povero senza esitare. Quanto al povero che è soccorso dal ricco, egli prega Dio e lo ringrazia a favore di chi lo ha beneficato. Così il ricco è sempre più zelante a favore del povero sì che quello in vita non manchi di nulla, perché sa che la preghiera del povero è bene accetta ed efficace al cospetto di Dio» (Sim. II,1,5-6). 51 Tanti sono i passi che si potrebbero citare in proposito. Tra gli altri: Mand. X,1,4-5: «Quanti non hanno mai indagato riguardo alla verità né hanno ricercato circa la divinità e si limitano a credere, frastornati dagli affari e dalla ricchezza, dall’amicizia con i gentili e da molti altri interessi mondani, quanti, dice, sono in tale condizione non comprendono il parlare coperto riguardo alla divinità, perché sono ottenebrati e logorati da tutte queste attività, e inaridiscono. Come una vigna fruttifera, se viene trascurata, diventa sterile, invasa da spine ed erbacce di ogni genere, così coloro che hanno abbracciato la fede, se si ingolfano in tutte le attività che abbiamo detto, smarriscono il retto pensiero e nulla capiscono della giustizia, e anche quando sentono parlare di divinità e verità, la loro mente è tutta immersa in quegli affari e non capiscono proprio niente»; Sim. I,1,10: «Non praticate la vita dispendiosa dei gentili, perché è dannosa a voi che siete servi di Dio»; Sim. III,1,5: «Astieniti dall’occuparti di troppe cose e non sbaglierai, perché chi si dà molto da fare pecca anche molto e, distratto dai propri affari, non presta servizio al Signore»; Sim. VIII,8,1: «Quelli che hanno riconsegnato i rami per metà verdi e per metà secchi sono quelli che si fanno intrigare dai loro affari e non aderiscono ai santi»; Sim. VIII,9,1: «Quelli che hanno riconsegnato i rami per due parti secchi e per un terzo verdi sono coloro che hanno creduto, ma si sono arricchiti e hanno acquistato rinomanza presso i gentili, sì che sono diventati superbi e arroganti, hanno abbandonato la verità, non hanno aderito ai giusti ma hanno vissuto insieme con i gentili e hanno molto gradito questo modo di vita». 52 In Vis. I,2,4 Erma è definito ‘il continente’, ὁ ἐγκρατής; in Vis. II 3,2 è dichiarato dotato di ἐγκράτεια, ma in Vis. II 2,3 apprendiamo che Erma è in realtà legato a una convivente, σύμβιος. Questo permette di comprendere meglio l’enfasi ascetica che pervade il C. delle visioni e gli altri scritti della biblioteca: l’ascetismo è un ideale, che può in qualche momento essere fatto proprio anche da chi pratica la vita matrimoniale, ma rimane appunto una meta attingibile difficilmente. I numerosi accenni all’ascetismo devono dunque essere contestualizzati non necessariamente all’interno di un orizzonte monastico. Sul tema de rapporto tra matrimonio cristiano e esercizio della sessualità nei primi tre secoli Cf. C. MAZZUCCO, I rapporti tra i coniugi nel pensiero dei Padri della Chiesa (I-III sec.), Aug. 54 (2014) 341-374.

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Vis. V,1,1 fa la sua comparsa il pastore, che è un angelo inviato da Dio, chiamato in V,1,7 «angelo di penitenza» (q X))4/-. #S. µ4#!2-%!.), è nei comandamenti e nelle similitudini che troviamo gli elementi che hanno ispirato il linguaggio di J. a proposito dei due angeli e dei due pastori, nonché probabilmente certi tratti di Gabriele rappresentato nel momento in cui punisce il protagonista in VD:

«Con ogni uomo ci sono due angeli, uno di giustizia e l’altro di iniquità» (Mand. VI,2,1: 7B- 4U:D2 X))4/-; µ4#M #-+ <2,"É(-$, 4d. #S. 7;5!;-:B2&. 5!D 4d. #S. (-2&"%!.)53. «Mi dice: “Vedi questo pastore?”. “Lo vedo, Signore”. “È l’angelo della dissolutezza e del divertimento. Corrompe le anime dei servi di Dio, quelle che sono vuote, e le distoglie dalla verità, ingannandole con desideri cattivi, grazie ai quali le rovina. Esse dimenticano i precetti del Dio vivente e praticano divertimenti e dissolutezze vane; sono punite rovinosamente da questo angelo, alcune fino alla morte, altre fino alla corruzione”» (Sim. VI,2,1). «Procediamo di poco, e mi indica un pastore di alta statura e di aspetto selvaggio; era rivestito di una bianca pelle di capra, con una bisaccia sulle spalle, in mano un bastone solido e nodoso e una lunga frusta. Guardava torvo, con uno sguardo che lo rendeva terribile. Questo pastore prese in consegna le pecore dal pastore giovane, quelle che sembravano godere nella dissolutezza e nel piacere, che però non saltellavano, e le spinse in un luogo scosceso, pieno di spine e triboli, da cui le pecore non potevano liberarsi ma ci si inviluppavano sempre più. Là pascolavano tra le spine, e soffrivano molto perché quello per di più le frustava» (Sim. VI,2,5-7).

Proponiamo infine un’osservazione sulla tematica battesimale, che compare in VD, ma è anche sottintesa a più riprese nei poemetti. Una riflessione sul battesimo è ampiamente attestata nel Pastore, nella definizione del quale assumono massima rilevanza l’ascolto della parola del Signore, il credere in lui, il pentimento per i peccati54. Particolarmente significativi sono i riferimenti battesimali nell’ambito della lunga allegoria della torre, che si apre in Vis. III e viene poi ripresa in Sim. IX:

«La torre che vedi qui costruita sono io, la Chiesa, che ti sono apparsa sia ora sia anche prima. (...) Comunque sta’ a sentire perché mai la torre sia stata costruita sulle acque: perché la vostra vita è stata e sarà salvata grazie all’acqua» (Vis. III,2,3.5). «“Perché sono venute su dall’abisso le pietre che sono state utilizzate per la costruzione della torre, esse che hanno portato questi spiriti?” “Dovevano passare attraverso l’acqua per essere vivificati, perché non potevano entrare altrimenti nel regno di Dio se non avessero deposto la mortalità della vita precedente. Anche questi morti hanno ricevuto il sigillo del Figlio di Dio e sono entrati nel suo regno, perché prima di portare il nome del Figlio di Dio uno è morto; quando riceve il sigillo, depone la morte e riceve la vita. Il sigillo è l’acqua: scendono morti nell’acqua e risalgono vivi. Anche a costoro fu annunciato il sigillo e se ne sono serviti per entrare nel regno di Dio”. “Perché, Signore” dico, “anche le quaranta pietre sono venute su con loro dall’abisso, pur avendo già ricevuto il sigillo?” “Perché questi apostoli e dottori che hanno annunciato il nome del Figlio di Dio, quando sono morti nella potenza e nella fede di quelli l’hanno annunciato anche a quanti erano già morti e hanno dato loro il sigillo del messaggio. Sono discesi insieme con loro nell’acqua e ne sono risaliti: essi sono scesi vivi e sono risaliti vivi, quelli morti prima sono discesi morti e sono risaliti vivi» (Sim. IX,16,2-4).

2.2 Il Pastore e il suo utilizzo in Egitto

Le conclusioni circa il rapporto tra Pastore e poemetti non possono che essere positive: una buona parte delle tematiche morali e religiose di questi sono attinti dall’opera di Erma nella sua interezza. Perché? Il Pastore sembra aver giocato un ruolo significativo in diverse correnti del cristianesimo primitivo, in autori tanto diversi come Ireneo di Lione e Clemente di Alessandria. Su quest’ultimo in particolare conviene fermarsi brevemente55, non solo perché egli è riflesso di una facies culturale simile a quella dei poemetti, con la sua attenzione alle tradizioni bibliche e alla cultura pagana, ma anche in ragione della sua connessione con Alessandria e l’Egitto. Se in Stromati I,17 (85,4) Pastor è citato per la sua

53 Di questi due angeli il Mand. descrive a lungo gli effetti: «Quando t’investono collera e amarezza, sappi che è dentro di te. E poi: desiderio di molteplici attività, grandi spese per cibi e bevande ubriacanti, orge continue, raffinatezze svariate e non necessarie, desiderio di donna, avidità, superbia esagerata, iattanza, e tutto quanto è di questo genere» (Mand. VI,2,5). 54 E. FERGUSON, Baptism, cit., 220. 55 Una trattazione completa della questione è in D. BATOVICI, Hermas in Clement of Alexandria, in Studia Patristica LXVI/14 (2013) 41-51.

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testimonianza sul falso profeta, in I,29 (181,1) a proposito delle visioni, in II,12 (55,3) come fonte della dottrina sulle virtù, è soprattutto in II,9 (43,5-44,3) che troviamo la possibilità di un confronto pertinente per il nostro percorso, cioè il brano battesimale sopra citato, che viene usato da Clemente per corroborare una sua convinzione, cioè l’esistenza di giusti fra i pagani e i Giudei non solo prima dell’incarnazione, ma anche prima della Legge. Il Pastore dunque testimonia la possibilità per i giusti più antichi già dimoranti nell’Ade di essere battezzati e salvati: il tema del descensus ad inferos, altro tema tipico dei poemetti, viene allargato da Cristo agli apostoli e dottori56. Ma la traiettoria alessandrina ed egiziana del Pastore non si conclude certo qui57. Esso è citato da Origene58, Didimo59, e Atanasio, nella famosa Epistula festalis del 367, dove esso compare tra le opere non canoniche, da usarsi nella catechesi:

Ma per una maggiore esattezza aggiungo anche questo, obbligato a scriverlo, che ci sono anche altri libri al di fuori di questi, non canonizzati, ma prescritti dai padri per essere letti da coloro che sono entrati di recente e vogliono essere catechizzati circa il discorso della retta fede (-A 5!2-2;Z0µ42! µ32, #4#$(1µ32! 7\ (!"M #G2 (!#3"12 <2!);2É:54:,!; #-f. X"#; ("-:4"K-µ32-;. 5!D E-$/-µ32-;. 5!#&K4f:,!; #C2 #S. 4A:4E4%!. /0)-2): la Sapienza di Salomone, la Sapienza di Sirach, Ester, Giuditta, Tobia, quella che viene chiamata la Dottrina degli apostoli e il Pastore60.

Si tratta di una testimonianza fondamentale circa l’uso nella catechesi del Pastore, che potrebbe orientare a formulare l’ipotesi che anche ai poemetti faccia da sfondo un interesse per il battesimo e i suoi effetti etici, il quale si nutre della lettura di passi tratti dall’AT, dal NT e dal Pastore, lettura che gli autori vedevano praticata nella catechesi battesimale cui essi stessi avevano assistito.

3. UN CONFRONTO CON GLI ALTRI CODICI

L’ipotesi che intendiamo formulare è che i tre codici dell’antica biblioteca che abbiamo scelto di confrontare con il C. delle visioni possano essere interpretati come realizzazione estemporanea di un corpus testuale che riflette gli interessi del compositore o dei compositori dei poemetti. Come il Pastore è stato certamente utilizzato come repertorio lessicale e tematico per quanto riguarda l’etica, la salvezza individuale, l’angelologia, la conversione, la penitenza, il martirio, così è possibile ipotizzare che i testi conservati da alcuni dei codici Bodmer, una volta individuato il filo conduttore che li può mettere in relazione tra loro, costituissero una parte importante delle letture di Doroteo e della sua comunità. Questo non significa che i codici così come ci sono giunti siano stati confezionati o commissionati da Doroteo o dai suoi amici, in quanto nulla per ora permette di escludere che essi abbiano potuto preesistere, o che siano stati realizzati successivamente alla generazione di persone che a lui faceva riferimento: quello che a me interessa sottolineare è che tali codici sono testimonianza della circolazione di un corpus a cui l’ambiente di Doroteo si interessava e che ne ha nutrito la cultura religiosa.

3.1. C. Bodmer misc.

Come abbiamo detto, e come B. Nongbri esplciterà nel suo contributo, questo insieme è il risultato di una ricostruzione ipotetica di membra disiecta, in quanto almeno tre sono le unità codicologiche 56 M. SIMONETTI, Il Pastore, cit., 586, n. 318. Sullo statuto del Pastore presso Clemente, si veda la conclusione di BATOVICI, Hermas in Clement of Alexandria, cit., 51: «To conclude, I would contend that, if Clement’s high regard of the Epistle of Barnabas and 1 Clement has to do most likely with the apostolic character he confers to these writings (see Strom. II 31.2 and IV 105.1), then the authority Hermas enjoys with Clement of Alexandria seems to lay on different grounds – its apocalyptic character, which Clement considers to be genuine». 57 A livello di attestazioni, cf. M. CHOAT – R. YUEN-COLLINGRIDGE, The Egyptian Hermas: The Shepherd in Egypt before Constantine, in Early Christian Manuscripts: Examples of Applied Method and Approach, ed. T.J. KRAUS – T. NICKLAS (Text and Editions for New Testament Study 5), Leiden-Boston 2010, 191-212. 58 M. SIMONETTI, Il Pastore, cit., 190. 59 B.D. EHRMAN, The New Testament Canon of Didymus the Blind, VigChr 37 (1983) 1-21. 60 Trad. A. CAMPLANI, Atanasio di Alessandria, Le lettere festali. Anonimo, Indice delle lettere festali (LCPM 34), Milano 2003, 512.

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riconoscibili: la prima (testi vari) e la seconda (ApPhil e Sal 33-34) sono state unite già in antico, mentre alcuni argomenti rendono probabile, ma non certo, che la terza, ora conservata presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, sia stato aggiunta a questo insieme più tardi. Il codice è inoltre il frutto della collaborazione fra più mani. Nella prima unità codicologica una prima mano ha copiato NatMar, una seconda 3 Cor, OdSal XI, Gd; una terza ha vergato Pascha e Hy. paschalis. Due mani diverse hanno collaborato nel copiare i due testi della seconda unità: ApPhil e Sal 33-34. L’ultima unità codicologica, con le due lettere di Pietro (1-2 Pt) è stata copiata da una sola mano, che appare identica alla seconda mano della prima unità. Dunque, lasciando da parte la questione se la terza unità sia stata congiunta già in antico alle prime due per formare un nuovo codice composito, o sia invece rimasta autonoma, possiamo affermare con sicurezza che ci troviamo davanti a prodotti provenienti da un medesimo ambiente, in cui più scribi non professionisti hanno collaborato (codice composito omogenetico)61. Prima di affrontare l’arduo problema dell’unità tematica di questo insieme apparentemente eterogeneo, conviene segnalare un tratto che può gettare una qualche luce su questo ambiente: di alcuni degli scritti menzionati, come NatMar, ma soprattutto 3 Cor, OdSal, ApPhil, il codice conserva una redazione non altrimenti attestata, marginale; in altri termini è come se questi testi avessero conosciuto negli ambienti della biblioteca, o in quelli che gli scribi hanno potuto raggiungere, una loro peculiarità testuale di cui la tradizione seguente ha serbato debolissima traccia. Ovviamente, non possiamo arrivare a ipotizzare cambiamenti intervenuti ad hoc, operati da Doroteo e amici, ma solo rilevare il contesto eccezionale in cui circolavano recensioni rare di testi noti. 1.-2. Il primo nucleo del codice si apre con due scritti dottrinalmente impegnati. La narrazione ‘apocrifa’ di NatMar62 insiste su alcune verità fondamentali quali la verginità di Maria e la realtà concreta dell’incarnazione, talmente sottolineate che è difficile non vedere nell’articolata narrazione un’implicita polemica contro tutte le correnti che toglievano valore alla realtà corporea di Cristo, dal marcionismo allo gnosticismo, a certe forme di giudeo-cristianesimo. Su tematiche simili si concentra 3 Cor. Come è noto, lo scritto, che qui è indipendente e autonomo da qualsiasi traccia di narrazione apocrifa (Atti di Paolo)63, è strutturato in due sezioni, una prima lettera inviata dai Corinzi a Paolo per chiedergli consiglio in una situazione di disordine e una seconda in cui quest’ultimo risponde alla richiesta di soccorso. Nella prima viene descritto uno stato di crisi dottrinale dovuto alla predicazione di alcuni che negano che si debbano utilizzare i profeti, che Dio sia l’Onnipotente, che esista la resurrezione della carne, che la plasmazione dell’uomo sia opera di Dio; non solo: secondo costoro il Signore non è venuto nella carne né è nato da Maria, il mondo è opera di angeli e non di Dio. Paolo ovviamente risponde ribadendo con forza i principi della sua fede, diametralmente opposti alle affermazioni degli avversari dei Corinzi: Gesù è stato generato realmente da Maria (come in NatMat), si è incarnato per resuscitare gli uomini, creati da Dio e non da altri, trarli fuori dalla morte e farli rivivere nella carne. Dio aveva fatto precedere l’incarnazione dall’opera e dalla predicazione dei profeti: ma constatato il permanere del peccato e della corruzione fra gli uomini aveva ritenuto necessaria l’incarnazione in Maria per opera dello Spirito Santo, in modo che Cristo con il suo corpo 61 Circa il codice si tenga presente quanto sostenuto da M. MANIACI, Il codice greco ‘non unitario’, cit., 88: «codice pluritestuale pluriblocco, strutturalmente non unitario, costituito dalla giustapposizione di unità modulari materialmente indipendenti e testualmente autonome (unità codicologiche; ‘elementi’ corrispondenti ciascuno a una o più unità coerenti di testo; ‘booklets’ o ‘libelli’ che hanno goduto all’origine di una circolazione autonoma)». Circa l’eventualità di un progetto nell’assemblaggio, Cf. ibid.. 89: «Si avranno pertanto: codici pluritestuali pluriblocco organizzati (di cui andranno volta per volta valutati logiche e gradi di organizzazione interna), che il lessico corrente porterebbe a definire, con un’apparente contraddizione in termini, ‘compositi unitari’ e che sarebbe preferibile indicare magari come compositi progettuali; codici pluritestuali pluriblocco fattizi, generati da esigenze puramente esterne e contingenti di conservazione, ovvero compositi casuali». 62 Papyrus Bodmer V: Nativité de Marie, ed. M. TESTUZ (BBod), Cologny-Genève 1958. Sulla recensione particolare attestata dal P.Bodmer, cf. S. PELLEGRINI, B.V.5.1. Das Protoevangelium des Jakobus, in Antike christliche Apokryphen in deutscher Übersetzung, ed. CH. MARKSCHIES – J. SCHRÖTER. I Band. Evangelien und Verwandtes. Teilband 2., Tübingen 2012, 903-929. 63 Ed. in Papyrus Bodmer X-XII. X: Correspondance apocryphe des Corinthiens et de l’apôtre Paul; XI. Onzième Ode de Salomon; XII: Fragment d’un Hymne liturgique, ed. M. TESTUZ (BBod), Cologny-Genève 1959. Cf. A. D’ANNA, Terza Lettera ai Corinzi. Pseudo-Giustino, La Risurrezione (LCPM 44), Milano 2009, 24-30.

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potesse salvare «ogni carne». Il discorso sulla resurrezione reale della carne è certamente il perno attorno a cui ruota la risposta di Paolo. È degno di nota il fatto che una delle testimonianze citate in favore di questa dottrina sia la vicenda del profeta Giona, che ci vedremo riproposta, nella forma del libro biblico, da C. Crosby-Schøyen:

Voi sapete che Giona, il figlio di Amatia, per non predicare a Ninive, era stato inghiottito da una balena; e che, dopo tre giorni e tre notti, Dio prestò orecchio a Giona che pregava dal profondissimo Ade e nulla di lui fu danneggiato, né un capello, né un ciglio64.

Alcuni studiosi hanno individuato nell’interesse per il corpo uno dei temi attorno ai quali i testi del codice ruotano65. Tale proposta è stata criticata, ma è pur vero che la salvezza del corpo umano, assieme all’anima, e il valore dell’incarnazione reale di Cristo, sono tematiche che pervadono la prima unità codicologica, come conferma anche la presenza di Pascha, così attento al destino del corpo e alla realtà dell’incarnazione.

3.-4. OdSal66 sembra staccarsi dall’impegno dottrinale dei primi trattati per orientare il lettore verso tematiche escatologiche e battesimali, anch’esse al centro degli interessi dei poeti del C. delle visioni. Siamo così messi di fronte a un esempio di innologia che può aver ispirato alcuni dei poemetti. In questa fase preliminare della ricerca ci fermiamo soltanto sull’OdSal XI e su una ristretta selezione di altre odi. Nell’immagine del credente che si abbevera presso le acque di vita un lettore antico poteva individuare un riferimento battesimale (OdSal XI,6-7):

5!D #C [W]71" #C /!/-+2 Ñ));[:4] ("C. #M K4%/& µ-$ <(C (&)S. Z1S. 5$"%-$ L2 <c,-2%Ö !A#-+ e(;-2 5!D Lµ4,B:,&2 W71" #C <,H2!#-2 «6. E l’acqua parlante si avvicinò alle mie labbra dalla fonte vivente del Signore, nella sua mancanza di invidia, 7. Ho bevuto e mi sono inebriato dell’acqua immortale»67.

Tale passo non può non richiamare l’acqua battesimale in VD v. 231: W71" XµE"-#-2 >N%:#-;-, così come l’immagine battesimale del vestito in VD vv. 330-335 potrebbe essere uno sviluppo di OdSal XI,11: q 5B";-. L245!%2;:32 µ4 L2 #_ L27Bµ!#; !A#-+. Anche la bella immagine di Jes. v. 17: a%(& 7’ L5 h"&:#-f- (3/42 cH-. i4/%-;- «emanazione di Cristo è la luce del sole», può aver trovato la sua fonte di ispirazione in OdSal XI,1368:

5!D q 5B";-. µ-; L)324#- s. q Ü/;-. L(D ("0:1(-2 #S. )S. «e il Signore divenne per me come il sole sulla faccia della terra».

Ancora più significativi sono i motivi paradisiaci di OdSal XI,12-16, che istituiscono una stretta relazione tra battesimo e felicità escatologica. Le immagini della natura servono qui per descrivere sia la situazione del credente (ad es. v. 12b: L)420µ&2 s. i )S ,H//-$:! 5!D )4/G:! #-f. 5!"(-f. !A#S.)69 sia la straordinaria bellezza della condizione edenica di cui egli entra a far parte. Esse possono essere poste in relazione con quelle analoghe che nei poemetti del C. delle visioni rappresentano l’immagine dell’uomo salvato e del Paradiso. È del massimo interesse che la versione greca dell’Ode, attestata solo dal nostro 64 A. D’ANNA, Terza Lettera ai Corinzi, cit., 180-181. 65 Vedi la storia degli studi sul codice nel suo insieme in D.G. HORRELL, Becoming Christian. Essays on 1 Peter and the Making of Christian Identity, London-New York 2013, 62. 66 Ed. in Papyrus BodmerX-XII, cit. Mi servirò della traduzione italiana proposta nella tesi di dottorato da M. CASADEI, Le Odi di Salomone. Introduzione, traduzione e note, Padova 2004; per il testo greco e siriaco, nonché per l’ampio commento, si veda M. LATTKE, Oden Salomos: Text, Übersetzung, Kommentar. Teil 1: Oden 1 und 3-14, Freiburg 1999, 185-223. 67 Il testo siriaco (trad. CASADEI): «Acque parlanti si sono avvicinate alle mie labbra / Dalla fonte del Signore senza invidia, Ho bevuto e sono stato inebriato Dell’acqua viva che non muore». 68 O anche in OdSal XV,2: «Perché è lui il mio sole / e i suoi raggi mi hanno reso saldo / e la sua luce ha dissolto ogni tenebra dalla mia faccia»; 10: «è sorto il sole nella terra del Signore, come vita immortale». 69 Si vedano anche i vv. 14-15: « I miei occhi splendevano/ E la mia faccia è stata bagnata di rugiada / Si è dilettato il mio respiro nel profumo della benignità del Signore».

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codice papiraceo, presenti uno sviluppo sullo splendore della vegetazione paradisiaca assente dalla versione siriaca:, come si può dedurre dal confronto che segue:

5!D <<>(*)!)42 µ4 4U. (!"H74;:-2 !A#-+ !"#$%&' ()*+,-,

9(-$ q (/-+#-. #S. [#]"$cS. 5$"%-$ !"#$% &'()*% +,-).% !/"0

L,4!:Hµ&2 7327"! s"!f! 5!D 5!"(-c0"! 5!D !A#-c$6. p2 q :#3c!2-. !A#G2 e,!//4 #M [B/! !A#G2 5!D L)3/12 -o 5!"(-D !A#G2 <(C <,!2H#-$ )S. !o a%Z!; !A#G2 5!D q (-#!µC. K!"P. L(0#;Z42 !A#H. 5!D 5B5/I #S. )S. Z1S. !U12%!. !A#G2

«E mi ha portato nel suo paradiso, dove è la ricchezza della delizia del Signore. Ho contemplato alberi belli e carichi di frutti E spontanea era la loro corona Erano in fiore i loro rami e i loro frutti ridevano Da una terra immortale le loro radici E un fiume di gioia irrigava queste E intorno alla terra della loro vita eterna».

«E mi ha portato nel suo paradiso, dove è la ricchezza della soavità del Signore».

L’attenzione del redattore greco è per i dettagli che rendono realistica la descrizione del paradiso, il quale invece nel siriaco sembra piuttosto metaforica. Giustamente G. Agosti mi segnala la possibilità che J. 1-2 («Colui che solo Dio ama, è rapito e condotto in un’isola remota (νῆσον ἐς ὠγυγίην), in compenso della sua testimonianza») possa essere stato ispirato da questo passo. Una ricerca sulle relazioni tra i poemetti e le Odi di Salmone potrebbe riservarci altre sorprese. Ad esempio, la forma dialogica di Jes., nella quale l’esortazione pronunciata da Cristo si alterna con la meditazione teologica del poeta, è individuabile anche in OdSal VIII o in OdSal XVII; qui, nelle strofe 7-8, leggiamo la fine del discorso dell’odista e l’intervento della voce cristologica:

—7. Di là mi diede la via dei suoi passi, e aprì le porte che erano chiuse —9. Ho spezzato i chiavistelli di ferro Il mio ferro arse e si sciolse davanti a me. 10. Nulla mi sembrò chiuso, perché io ero l’apertura di ogni realtà 11. e andavo dai prigionieri per scioglierli per non permettere a nessuno di rimanere legato o di legare. 12. Ho donato la mia conoscenza senza invidia e la mia supplica nel mio amore 13. e ho seminato nei cuori i miei frutti e li ho convertiti in me. 14. Hanno ricevuto la mia benedizione e hanno ricevuto vita, e si sono riuniti presso di me e si sono salvati, 15. perché sono divenuti mie membra e io il loro capo. —Gloria a te, nostro capo, Signore Messia.

Sviluppi di questo genere, connessi alla liberazione che il Messia porta nell’Ade / Sheol, si possono trovare anche in OdSal XXXI e XLI, e soprattutto in OdSal XLII:

— 1. Ho esteso le mie mani e mi sono avvicinato al mio Signore, perché l’estensione delle mie mani è il suo segno (...) —11. Lo sheol mi vide e si immiserì, e la morte vomitò me e molti insieme a me. 12. Aceto ed erbe amare fui per lei e discesi in tutta la sua profondità. 13. E piedi e capo rammollii, perché non potè sopportare il mio volto.

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14. E feci un’assemblea di vivi con i suoi morti, e parlai loro con labbra vive, perché non fosse vano il mio verbo. 15. E corsero a me quelli che erano morti, e gridarono e dissero: — «Abbi pietà, Figlio di Dio e opera con noi secondo la tua benevolenza. E facci uscire dai lacci della tenebra. 17. E aprici la porta attraverso cui usciremo presso di te. Vediamo infatti che a te non si avvicina la nostra morte, 18. che anche noi siamo salvi con te, perché tu sei il nostro Salvatore». — 19. Io dunque ascoltai la loro voce, e posi nel mio cuore la loro fede. 20. E posi sul loro capo il mio nome perché sono figli liberi, e sono miei.

Se dunque accettiamo la possibilità che gli autori dei poemetti abbiano conosciuto non solo OdSal XI, ma anche l’intera raccolta delle Odi, è lecito ipotizzare che vi abbiano attinto da esse forme letterarie, come quella dialogica, immagini, temi soteriologici, come quello paradisiaco e il motivo del descensus ad inferos, centrale in Jes. e in più di un’ode. Ad esempio, le variazioni di J. a proposito di ἀπάτη potrebbero derivare da una lettura di OdSal XXXVIII, in particolare quando la verità spiega al veggente che i due personaggi che sta osservando «sono Colui che fa errare (!"#$%&

) ed erranza (!"#$%&

), e si rendono simili all’amato e alla sua sposa e fanno errare il mondo e lo corrompono» (11). Una considerazione conclusiva: non possiamo ricavare dalla presenza di OdSal XI nel codice qualche indizio sull’orientamento ideologico della biblioteca, perché sappiamo che la raccolta di OdSal è stata apprezzata da gnostici (Pistis Sophia) così come da cattolici (Lattanzio e i manoscritti biblici che trasmettono la raccolta). Qualche minima annotazione merita la presenza di Gd in questo nucleo70: lo scritto neotestamentario sembra riprendere il tenore dell’ortodossia dottrinale dell’inizio del codice nella sua polemica contro i falsi maestri. L’accenno a Caino (11) non può non ricordarci il Cain del C. delle visioni, così come la misericordia verso gli indecisi (22) può collegarsi al tema del pentimento e del perdono postbattesimale nel Pastore e nei poemetti.

5. Nell’Omelia di Melitone71 prevalgono alcune tematiche soteriologiche che potrebbero aver attratto l’interesse degli autori del C. delle visioni: la liberazione di Israele e dell’umanità; l’etimologia Pasqua = (w:K4;2 (§ 46), tanto contestata da Origene; Cristo come «Pasqua della nostra salvezza» (§ 69), che supera la vecchia Pasqua giudaica; il peccato dell’uomo, il tema della vittoria sugli inferi. È noto che l’omelia presuppone la lettura pubblica e liturgica di Es 12, come viene ricordato in § 1 e poi in § 11: «Questo è il mistero della Pasqua, come è descritto nella Legge (5!,}. L2 #_ 20µI )3)"!(#!;) e come è stato letto or ora»72. Marginalmente notiamo che l’accenno alla ‘legge’ compare anche P.Bodm. XVI, cioè la traduzione copta di Es 1-14, là dove la narrazione dell’esodo degli Ebrei dall’Egitto è chiamata proprio come «prima parte della legge» ( ! )73. Vari altri tratti di questo testo non

70 Papyrus Bodmer VII-IX. 71 Ed. in Papyrus Bodmer XIII: Méliton de Sardes, Homélie sur la Pâque, ed. M. TESTUZ (BBod), Cologny-Genève 1960. Ovviamente bisogna confrontare con l’edizione di O. PERLER, Méliton de Sardes, Homélie sur la Pâque (SC 123), Paris 1966. 72 Seguo la traduzione di R. CANTALAMESSA, I più antichi testi pasquali della Chiesa. Le omelie di Melitone di Sardi e dell’Anonimo quartodecimano e altri testi del II secolo, Roma 1972, 27. 73 Bibliotheca Bodmeriana, La collection des Papyrus Bodmer. 6. Coptica biblica, München 2000 (ristampa di Papyrus Bodmer XVI. Exode I-XV, 21 en sahidique, publié par R. KASSER [BBod], Cologny-Genève 1961). Dice Kasser (vol. 6, 2315 = 15) che il riferimento ad alcune delle leggi religiose israelitiche è effettivamente presente in Esodo (Pasqua, primogeniti, circoncisione) e continua: «ce texte paraît avoir joué un rôle prééminent dans les lectures liturgiques faites à l’occasion de la fête de Pâque. Un autre passage fondamental pour la piété juive, et où se trouvent les teste de

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hanno invece lasciato traccia nei poemetti: la ripetuta polemica antigiudaica, spesso violentissima, o il realismo nella descrizione della passione e dei suoi effetti. Sono soprattutto tre le tematiche che potrebbero aver attirato l’attenzione dei nostri poeti: l’angelo che punisce l’Egitto (§§ 16-17, 32-33), il diffondersi del peccato tra gli uomini, motivo quest’ultimo che corrisponde ai tanti stichi dedicati dall’autore di J. a <(H#&, l’intervento salvifico di Cristo, che si umilia per salvare l’umanità. Il peccato di Adamo dà inizio alla storia drammatica dell’umanità: (§§ 49 ss.):

La sventura dell’umanità sulla terra era spaventosa e inaudita. Ecco qual era la loro sorte. Il Peccato tiranno li afferrava e li spingeva verso i flutti delle passioni, dove venivano inondati da insaziabili cupidigie: adulterio, fornicazione, impudenza, cupidigia, sete dell’oro, omicidi, sangue, tirannide crudele, tirannide criminale (§ 50). In questa situazione, chi si rallegrava era il Peccato, il quale, come complice della Morte, le apriva la strada nell’anima degli uomini e le apprestava in nutrimento i corpi dei morti. Su ogni anima il Peccato stampava la sua orma e coloro sui quali la stampava erano votati alla morte. Ogni carne cadeva sotto il peccato, ogni corpo sotto la morte, e ogni anima era scacciata dalla sua dimora di carne: ciò che era stato tratto dalla terra tornava a disperdersi nella terra e ciò che era stato dato in dono da Dio veniva rinchiuso nell’Ade. Era la disgregazione della bella armonia e il capolavoro del corpo (umano) si dissolveva. (§§ 54-55).

Di fronte a una situazione tanto drammatica di corruzione e di divisione tra corpo e spirito, Cristo prepara il suo intervento anticipandolo nei tipi dell’AT: l’incarnazione significa anche l’umiliazione, la kenosis, il presentarsi come perseguitato, esattamente come Abele e Isacco e altri sofferenti dell’AT (§ 59, 69), che, non dimentichiamolo, sono protagonisti di due dei poemetti del C. delle visioni (A. e Abr.). L’effetto è la salvezza e la resurrezione di tutti gli uomini, corpo e anima, e la vittoria su Ade e sul nemico dell’uomo.

6. A questo punto compare il frammento di un inno, in cui l’esortazione alla gioia indirizzata a santi e donne vergini nei confronti del Padre e della Madre si concretizza nell’invito a bere il vino in un banchetto escatologico. Come suggerito da Caulley74: «The setting of the hymn fragment is apparently that of the eschatological banquet. The scene is suggestive of the “marriage supper of the lamb” (Rev 19,9). In Revelation, a hymn of praise to God occurs just before this appellation (Rev 19,5-8). The “saints” (-o ~);-;) are associated with the banquet in both cases.The drinking of wine suggests a banquet setting. “Our bridegroom Christ” occupies the focus of the end of the fragment. The result is an eschatological wedding banquet scene at which are present both virgins and “saints”». Una citazione ne renderà più semplice il confronto con altri testi poetici o ritmici della biblioteca75: áµ2*:!#4 #C2 (!#3"! -o ~);-;, à:!#4 #R µ&#"D (!",32-;. áµ2-+µ42, >(4"$N-+µ42, ~);-;. áNÉ,&#4, 2Bµc!; 5!D 2$µc%-;, 9#; &W"!#4 #C2 2$µc%-2 >µG2 h";:#02. âU. -ä2-2 (%4#4, 2Bµc!; 5!D 2$µc%-;76.

Lo studioso suggerisce di confrontare l’inno con quello degli Atti di Tommaso 6-7 e propone di vedere nella Madre non tanto la chiesa, quanto lo Spirito Santo, secondo una designazione che potrebbe risentire non solo di un’atmosfera gnostica, ma anche di tradizioni siriache di vario orientamento. In questa sede preme aggiungere che l’esortazione ai santi e alle sante deve essere confrontata con il breve testo senza titolo che troviamo in C. Crosby-Schøyen, che ci prestiamo ad analizzare. Non solo: il nostro

priore de la synagogue comme le shema Israël, est Deutéronome (litt. “seconde Loi”) I à X. Or ce passage remplit précisément un autre des manuscrits coptes de la collection Bodmer». 74 TH.S. CAULLEY, A Fragment of an Early Christian Hymn (Papyrus Bodmer 12): Some Observations, ZAC 13 (2009) 403-414, qui 409. 75 Ed. in Papyrus Bodmer X-XII, cit. 76 «–Inneggiate al Padre o santi! Cantate in onore della Madre, o vergini! –Inneggiamo, esaltiamo, noi santi! –Siete stati esaltati, spose e sposi, perché avete trovato il vostro sposo, Cristo. Abbeveratevi al vino (da correggere in “alla lode”?), spose e sposi! ».

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frammento innico, così come l’OdSal XI, si aggiunge come ulteriore prova di quel gusto per l’innologia così evidente nel C. delle visioni. Va infine rilevato il probabile sfondo battesimale / eucaristico, evidente nell’invito a cercare e trovare il Cristo / Sposo e a bere il vino, che potrebbe rimandare alla parabola delle vergini sagge (Mt 25,1-13) e alle nozze di Cana (Gv 2,1-12) 77: se questo è vero, la connessione tra il frammento e l’omelia di Melitone che lo precede nel codice sembra del tutto appropriata, data quella correlazione tra Pasqua e battesimo che tra III e IV sec. sembra emergere sempre più chiaramente.

7.-8. Su ApPhil si sofferma a lungo Alessandro Bausi in questa stessa sezione monografica, ragione per cui, rimandando il lettore alla sua ricca discussione critica, comprensiva di un’aggiornata bibliografia, mi permetto di proporre soltanto alcune annotazioni sui tratti originali della redazione conservataci da P.Bodm. XX, alla ricerca delle motivazioni che, sulla base di documenti processuali per noi perduti, hanno portato alla formazione di due recensioni greche contemporanee e nello stesso tempo diverse78, che tra l’altro potrebbero aver circolato in ambienti contigui. Se infatti la recensione di P.Chester Beatty XV riflette una fase redazionale vicina al processo verbale, ApPhil da una parte mostra tracce di una maggiore rielaborazione strutturale e retorica, dall’altra lascia intravvedere l’uso di notizie e materiali del processo passati sotto silenzio dalla prima recensione79. ApPhil si evidenzia infatti per due peculiarità: a) un prologo, in cui si menzionano le varie fasi del processo e in cui Culciano fa il nome di un apostata, Pierio, famoso presbitero e maestro alessandrino. Il passo costituisce l’unico testimone pervenutoci a proposito di un suo cedimento in tempo di persecuzione:

Fu gettato due giorni in prigione a Thmuis. Poi, camminando a piedi nudi in ceppi arrivò ad Alessandria dopo molte sofferenze e fu gettato in prigione. Comparendo per la seconda volta, sebbene subisse violenza e fosse percosso, fu inflessibile. Ugualmente durante la terza e la quarta (comparizione), dopo molte violenze e colpi, Filea sentì dire: «Tu con il rifiuto di sacrificare hai causato la morte di molti, Pierio ne ha salvato molti con la sottomissione (ã;3";-. (-//-V. e:1:42 >(-#!)4%!")» (2,7-8).

b) l’assenza di riferimenti al martirio vero e proprio nel finale, che così si presenta: Di fronte a ciò, gli avvocati e l’ufficio insieme al governatore pregavano il beato Filea, cercando di persuaderlo, perché cedesse a quanto ordinato. E poiché egli non tornava sulle decisioni prese, lo gettarono a terra supino, affinché riflettesse. Pace a tutti i santi. (16,15-17-8).

In altri termini, il titolo, <(-/-)%!, sembra ben confarsi al contenuto, che è in massima parte costituito dal dialogo tra Culciano e il martire sulle tematiche del sacrificio, della resurrezione, della divinità di Cristo, dell’ignominia della crocifissione di Dio. Chi ha escogitato questa forma testuale era intenzionato ad aggiungere dei dettagli storici di archivio, a eliminare parti del racconto più ovvie, per enfatizzare le dichiarazioni del vescovo: in definitiva il martirio, già noto, era meno importante della porzione del racconto in cui era espressa la proclamazione della fede, con la condanna implicita delle eresie, degli scismi, dei cedimenti durante la persecuzione80.

77 Cf. TH.S. CAULLEY, A Fragment of an Early Christian Hymn, cit., 412: «The perspective of the Bodmer hymn fragment appears to be one of “realized” eschatology which may be due to an original connection to baptism. If the excerpt was intended to portray the heavenlv wedding banquet, then a “realized” eschatological statement such as "You have found your Bridegroom, Christ,” is perfectly understandable». 78 Per le edizioni delle diverse recensioni (Atti di Filea greci = P.Chester Beatty XV, ApPhil greca = P.Bodm. XX, Atti di Filea latini), cf. A. PIETERSMA, The Acts of Phileas Bishop of Thmuis (Including Fragments of the Greek Psalter). P. Chester Beatty XV (With a New Edition of P. Bodmer XX, and Halkin’s Latin Acta). Edited with Introduction, Translation and Commentary. With full facsimile of the C.B. text (Cahiers d’Orientalisme, 7), Genève 1984; G.A.A. KORTEKAAS, Acta Phileae, in Atti e Passioni dei Martiri, a cura di A.A.R. BASTIAENSEN, Milano 19902, 278; per la versione etiopica cf. A. BAUSI, La versione etiopica degli Acta Phileae nel Gadla samā‘tāt (Supplemento n. 92 agli Annali dell’Istituto Orientale di Napoli), Napoli 2002. 79 Bisogna segnalare che T.D. BARNES, Early Christian Hagiography and Roman History, Tübingen 2010, 142-146 si è mosso con ottimi argomenti nel senso di una enfatizzazione del valore documentale della versione veicolata da P.Bodmer. 80 Come ben dice A. MONACI CASTAGNO, L’agiografia cristiana antica: testi, contesti, pubblico, Brescia 2010: «Nelle parole dei martiri di fronte ai magistrati romani sono individuabili tre fuochi principali. In primo luogo, la

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Il testo appare dunque come un prodotto favorevole alla chiesa istituzionale alessandrina, in quanto celebra come martire un vescovo eletto da Pietro di Alessandria (anch’egli destinato a essere martirizzato nel 311), di elevata cultura e ostile agli scismi. Non dobbiamo dimenticare che Filea è il mittente, assieme ad altri tre vescovi del Delta, di una famosa lettera indirizzata a Melizio di Licopoli (vescovo eletto dal predecessore di Pietro, Teona), il quale nel corso della persecuzione dioclezianea aveva proceduto all’ordinazione di presbiteri in diocesi vacanti, contro le più accreditate norme ecclesiastiche, senza nemmeno chiedere il permesso del vescovo di Alessandria. Chi ha deciso di unire questo testo a C. Bodmer misc. doveva dunque intrattenere una relazione forte con la chiesa della capitale egiziana81. D’altra parte la menzione di Pierio apre uno squarcio su uno dei grandi temi dei codici che stiamo esaminando: il martirio, la caduta (anche in fase di persecuzione), il perdono dopo la caduta e le sue modalità. Il testo del papiro Bodmer è l’unico a riportarci tale menzione, che deriva da verbali reali. Vi sono altri atti di martiri egiziani che presentano scene del genere, come quelli di Colluto: qui il governatore cita il caso di Apollonio di Siut (Lycopolis) e di Plutarchos (o Protarchos) di Sbeht come vescovi che hanno sacrificato e che ora godono non solo della vita, ma anche di popolarità presso i loro correligionari82. Non è questo il luogo per discutere il difficile problema della vicenda biografica di Pierio, presbitero alessandrino e maestro, secondo alcuni morto martire, secondo altri trasferitosi a Roma dopo la persecuzione, e dei luoghi di culto recanti il suo nome ad Alessandria, menzionati anche posteriormente alla fase delle persecuzioni83. Possiamo immaginare vari scenari dietro il passo in esame, come quello di un cedimento del tutto secondario o momentaneo (basti pensare al momento del processo di Filea in cui uno dei funzionari afferma che il vescovo ha già sacrificato di nascosto in un’altra stanza, proprio per salvarlo a sua insaputa); oppure quello di un uomo caduto realmente, poi perdonato dalla comunità, ma ridotto allo stato laicale. La lettura più ovvia del passo è che esso rifletta una situazione reale, nella quale Culciano usa l’esempio di un cedimento effettivamente verificatosi come argomento per convincere Filea a sacrificare. In questo caso il testo potrebbe aver menzionato questo tratto del processo a Filea, taciuto dall’altra redazione, per due motivi diversi: 1) per sottolineare l’eroismo di Filea, che non cede a lusinghe o tranelli di alcun tipo; 2) per accennare a una vicenda nota ai lettori, quella di un cedimento, seguito forse da penitenza e perdono, cioè una vicenda simile a quella di Doroteo. Di poco posteriori al martirio di Filea del 305 sono i canoni di Pietro di Alessandria sui lapsi, pubblicati nel 306 o, più probabilmente, nel 309. Essi sono caratterizzati da una notevole moderazione verso chi ha ceduto, ma comunque rendono obbligatoria la riduzione a stato laicale dei chierici che hanno sacrificato (can. 10): Pierio, se mai ha ceduto, potrebbe essere stato ridotto a laico e poi riaccolto come tale nella chiesa dopo un periodo di penitenza84.

dichiarazione di fede nell’unico Dio», spesso nella forma di At 4,24, a sua volta connesso a Es 20,11 (Cipriano afferma, in maniera simile a Filea, p. 12: «Sono cristiano e vescovo e non riconosco altri dei, ma l’unico vero Dio che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutto ciò che si trova in essi»). «Un secondo fuoco è la proclamazione della fede nella divinità di Cristo talvolta accompagnata da brevi dimostrazioni (...). Filea aggiunge all’argomento profetico, anche quello dei miracoli di Cristo», che potrebbe presentare una pointe antiariana. Infine l’autrice fa notare come «Sono cristiano/a» è la dichiarazione più importante del martire, la sua affermazione identitaria, il segno pubblico della «sua risocializzazione all’interno di una comunità altra da quella rappresentata dalla società civile» (79). 81 Alcuni di questi dati derivano da un testo etiopico, connesso testualmente ai documenti sullo scisma meliziano conservati dal Codex Veronensis LX (58): cf. A. BAUSI – A. CAMPLANI, New Ethiopic Documents for the History of Christian Egypt, ZAC 17 (2013) 215-247, spec. 236-237; sulla documentazione a proposito di Melizio, cf. A. CAMPLANI, Meletianer, in Reallexikon für Antike und Christentum, Stuttgart 2011, vol. XXIV, 629-638. 82 Il vescovo è citato nel Martirio di Colluto (nella forma corrotta “P‹l›outarchos”) come vescovo apostata, che non avrebbe perduto il suo seggio nonostante il cedimento (cf. E.A.E REYMOND – J.W.B. BARNS, Four Martyrdoms from the Pierpont Morgan Coptic Codices, Oxford 1973, f. 90r II, 26 [testo], 147 [trad.]; G. SCHENKE, Das koptisch hagiographische Dossier des Heiligen Kolluthos: Arzt, Märtyrer und Wunderheiler [CSCO.Sub 132], Louvain 2013, 48). 83 A. MARTIN, Athanase d’Alexandrie et l’église d’Égypte au IVe siècle (328-373), Rome 1996, 145-146. 84 Sulla questione dei lapsi e della possibilità di comprendere le diverse posizioni in proposito nel corso dello scisma meliziano, si veda A. MARTIN, La reconciliation des lapsi en Egypte. De Denys a Pierre d’Alexandrie: une querelle de clercs, RSLR 22 (1986) 256-259

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Non possiamo d’altra parte escludere la possibilità di un’accusa scarsamente fondata, come quella che Atanasio lancia contro Melizio in Apologia secunda 59,1, dove afferma, senza prova alcuna, che proprio il vescovo rigorista sarebbe stato processato da un sinodo di vescovi anche per il suo sacrificio in tempo di persecuzione (!"#!$ %&'(#)!* +,- #.$ /012,#!3 '&14µ&*!* 5,(67!,!* 5,8 ,!''9:$ 5'&1;<=*#9 ,9>9*!µ(9)$ 798 <36(? 5* 7!)*@ 63*4AB #C* 5,)674,D* 79<&:'&*)85. Si potrebbe sospettare che Pierio sia menzionato, un po’ come Melizio da Atanasio, sulla base di informazioni incerte, per colpire la sua teologia, cioè il suo convinto origenismo, che lo portava ad avere una posizione ben determinata in tema di antropologia, escatologia, protologia, in altri termini in tema di resurrezione, retribuzione finale, prassi sacramentale, cultura teologica. L’insistenza di Culciano sul tema della resurrezione della carne dà la possibilità a Filea di insistervi (in ambedue le versioni), in un modo che è implicitamente lontano dalle forme più estreme di origenismo86. Ovviamente, possiamo moltiplicare le ipotesi e, ad esempio, incrociare queste due letture, immaginando che tra i tanti personaggi importanti che nei documenti processuali risultavano aver ceduto sotto Culciano, in un modo o in un altro, il redattore abbia citato quest’unico caso proprio a causa della sua posizione teologica problematica. Ma, come il lettore può ben notare, siamo ormai nel mondo della pura speculazione. Basti per ora aver sottolineato la problematicità della menzione di Pierio in ApPhil. In generale, possiamo dire che la versione presentata da P.Bodmer corrisponde bene al suo titolo, +,!'!1(9: la forma testuale porta ad accentuare gli aspetti dottrinali, come è evidente dal seguente passo (comune anche all’altra recensione):

Culciano [disse]: «Noi qui ci occupiamo della tua salvezza». Filea disse: «Sia dell’anima sia del corpo». Culciano disse: «E perché mai? ». Filea disse: «Come ti ho già detto, per ricevere lassù la ricompensa, [se] avrai fatto del bene». Culciano [disse]: «L’anima sola o anche il corpo?». Filea disse: «L’anima e anche il corpo». Culciano disse: «Questo corpo?». Filea disse: «Sì!». Culciano disse: «Questa carne risuscita?». E di nuovo, stupito, chiese: «[Questa) carne risuscita?». Filea [disse]: «Questa carne risuscita e [a castigo dei peccati) [subirà laggiù) una punizione eterna; [se, però, avrà esercitato] giustizia, [riceverà (beatitudine?)] e vita eterna» (5,11-6,10).

L’insistenza sulla divinità di Cristo sembra caratterizzare soprattutto la versione attestata da P.Bodm. XX (§§ 7-10) più che quella di P.Chester Beatty XV:

Culciano disse: «Gesù era [dio]?». Filea disse: «Sì». Culciano disse: «E come mai egli riguardo a sé stesso non ha detto di essere Dio?». Filea disse: «Perché non aveva bisogno di una tale testimonianza, compiendo con forza ed efficacia opere che spettano a Dio». Culciano disse: «Cosa ha fatto?». Filea disse: «I lebbrosi ha purificato, i ciechi ha fatto vedere, i sordi udire, gli storpi camminare, i muti parlare, ammalati per metà già storpi sani ha reso, i demoni dai corpi con un semplice ordine ha scacciato, i paralitici ha guarito, i morti ha resuscitato, e per di più molti altri prodigi e miracoli ha compiuto». Culciano disse: «E come mai, pur essendo Dio, fu crocifisso?». [Filea disse]: «Sapeva che nelle [mani degli empi] sarebbe stato frustato e bastonato e [che avrebbe subito violenze] e che una corona di spine avrebbe portato e sofferto morte, offrendo anche in ciò un modello della nostra salvezza, e, pur sapendo, offrì sé stesso a questo destino per noi. [Infatti] questa è la situazione. Le scritture [su cui] si fondano gli ebrei hanno preannunciato la sua venuta in terra e [la sua morte] e tutte le cose [

Gli atti sono seguiti da Sal 33 e 3487 che potrebbero essere stati copiati in questa seconda unità codicologica proprio in ragione della loro tematica fondamentale, quella del sofferente e del perseguitato che si rivolge a Dio per chiedergli e ottenere liberazione e salvezza: dunque i due salmi ben si adattano a sigillare un testo contenente gli atti di un martire.

9.-10. 1-2 Pt88. Non sappiamo se questa unità codicologica facesse parte del codice ricostruito, ma, come abbiamo già rilevato, è stata vergata da uno dei copisti della prima unità, colui che ha copiato Gd. Le tematiche trattate nelle due epistole appaiono singolarmente coerenti con l’insieme del codice e della 85 Ed. H.-G. OPITZ, in Athanasius Werke. 2. Bd. Die Apologien, Berlin 1934, 139. 86 Ottime argomentazioni in favore di questa interpretazione sono prudentemente avanzate da E. PRINZIVALLI, Magister ecclesiae: il dibattito su Origene fra III e IV secolo (SEAug 82), Roma 2002, 79-82. 87 Ed. in Papyrus Bodmer VII-IX. VII, cit. 88 Papyrus Bodmer VII-IX. VII, cit. Riproduzioni in facsimile: C.M. MARTINI, Beati Petri apostoli epistulae ex papyro Bodmeriana transcriptae, Mediolani 1968; Beati Petri Apostoli Epistulae (Papiro Bodmer VIII), s. III, Città del Vaticano-Madrid 2003, con un volume di trascrizione e commentario a cura di C.M. MARTINI.

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biblioteca. In 1 Pt i motivi battesimali si intrecciano con il tema della passione di Cristo; in 3,19-20 leggiamo un accenno al descensus ad inferos («e nello spirito andò a portare l’annuncio anche alle anime prigioniere»); in 3,15 l’espressione !"#$µ#$ %&' ()*+ %(#,#-./0 (/0"' "1 /2"#30"$ 4µ5+ ,6-#0 (&)' "7+ 80 4µ90 8,(.:#+ ricorda il titolo di ApPhil, appunto ἀπολογία. Inoltre in 1 Pt 2,3 e 3,10-12 viene citato il Sal 33, attestato dal secondo nucleo. Per quanto riguarda 2 Pt, basti osservare che la lettera manifesta una critica violenta nei confronti dei falsi maestri, tratto che richiama Gd e 3 Cor. Ciò che appare di grande interesse sono le rubriche e annotazioni che compaiono in relazione alle due lettere: un lettore riporta a margine alcune loro espressioni, che hanno evidentemente per lui un valore teologico e che, nello stesso tempo, costituiscono snodi importanti dal punto di vista della struttura. Ne presentiamo qui l’elenco, rispettandone gli errori ortografici e grammaticali:

;<=> ?@<>ABCDE (1 Pt 1,15) // ;<=> ?@D>? (1 Pt 1,22) // ;<=> Ï<=?F<CG? ?@>AD (1 Pt 2,5) // ;<=> @<DAB <@H<IFAD J?B>H>AD Ï<=?F<CG? <KDAB ?@>AD H?AD ;<=>;AEB>D (1 Pt 2,9) // ;<=> K?D?FAC <D B?=I> I?> LMA;A>AC I?> ?I<IH<>BG<DA>B (1 Pt 3,18)) // !"#$ %&#&'& !(KAB <D B?=I> (1 Pt 4,1) // ;<=> B?=IAB (1 Pt 4,6) // ;<=> ?@?;E (1 Pt 4,8) // !"#$ %&'& ()"$*)+ (1 Pt 4,19)

;<=> N<OAO>O?BI?HA> (2 Pt 1,15) // I?F<;=EB<D (2 Pt 2,6) // A=?B>B (2 Pt 2,8)89 // ;<=> F<ID? I?F?=? (2 Pt 2,14) // ! (2 Pt 2,22) // ;<=> <G;<IF?> (2 Pt 3,3) // ;<=> <>=EDE (2 Pt 3,14)

Queste annotazioni meritano la massima attenzione perché evidenziano gli interessi dei lettori dell’ambiente dei P. Bodmer. Quelle a 1 Pt insistono sul tema della purezza, del popolo eletto (si pensi a D. v. 14: PQRS :T µ#$ ,/*0 U!"#$%[&'), della morte di Cristo nella carne che dà vita, della sua passione, dell’amore, e di Dio creatore: lessico che non può non richiamare l’insistenza sulla realtà dell’incarnazione di Cristo e della resurrezione degli uomini tipica di 3 Cor e Pascha. Quelle relative a 2 Pt sottolineano due temi fondamentali della breve missiva: i falsi maestri e l’adozione a figli (cf. 3 Cor e Gd). Ma ancora più interessante è la glossa copta: là dove infatti il testo dice a 2,22: RVµWTWXY&0 /Z"#9+ "* "7+ %,XP#3+ (/)#$µ./+ un lettore si è sentito autorizzato a scrivere a lato in lingua copta l’equivalente di %,XP#3+, appunto !"#$%. Evidentemente l’ambiente dei lettori è ormai bilingue. Questa annotazione costituisce per noi un prezioso ponte di passaggio verso l’analisi del codice copto. Prima fermiamoci ancora brevemente sul senso complessivo del codice. Nicklas e Wasserman nell’ambito di un ampio saggio concludono che «sicherlich wird in vielen Fällen ein hohe Christologie bezeugt, die Göttlichkeit Jesu (bei gleichzeitigem Festhalten an seiner Fleischlichkeit) betont. Viele der hier gesammelten Texte lassen sich als polemisch-apologetisch, mit antihäretischem Charakter beschreiben. Viele der hier gesammelten Themen hängen eng mit Fragen zusammen, die proto-orthodoxe Kreise in Auseinandersetzung mit aus ihrer Sicht ‘häretischen’ Gruppierungen, z.B. verschiedenen Formen von Gnostikern, interessieren konnten»90. Dunque, il tipo di codice miscellaneo che intravvediamo secondo i due studiosi sta a metà strada tra codici veicolanti i testi più disparati, come quello di Montserrat, e quelli aventi invece un tema guida. Horrell, nel suo tentativo di collocare 1Pt nell’ambito del codice, ritiene che il tratto comune della maggior parte dei testi sia «the suffering and vindication of Christ, and the related suffering and hope of his followers»91. In aggiunta a queste considerazioni, si può avanzare l’ipotesi, che elaboreremo meglio in sede di conclusioni, di un contesto battesimale come chiave di lettura di C. Bodmer misc., contesto in cui vengono a convergere la professione di fede di NatMar, 3 Cor, Gd, con i loro aspetti dottrinali, la tematica pasquale (Pascha), il motivo della resurrezione e del paradiso (OdSal).

89 Quest’annotazione è posta in relazione a W,Tµµ/"$. Colpisce trovare qui questo termine evidenziato, un termine centrale del C. delle visioni. 90 T. NICKLAS – T. WASSERMAN, Theologische Linien im Codex Bodmer Miscellani?, in New Testament Manuscripts. Their Texts and Their World, ed. T.J. KRAUS – T. NICKLAS (Texts and Editions for New Testament Study 2), Leiden-Boston 2006, 161-188, 185. 91 D.G. HORRELL, Becoming Christian, cit., 66.

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3.2 C. Crosby-Schøyen

Di formato simile a quello del codice appena analizzato, questo manoscritto papiraceo copto appare più compatto92. Scritto su due colonne, cambia di formato nella parte finale, presentando una scrittura su una sola colonna là dove esibisce l’omelia ritmica, testo su cui dovremo fermarci brevemente. Il primo elemento che colpisce di questo codice copto è il fatto che veicola ben due testi presenti in C. Bodmer misc., cioè Pascha e 1 Pt, le cui reciproche relazioni sono state indagate dagli studiosi. Il brano tratto da 2 Mac 5,27-7,41 presenta un titolo interessante, che ne oblitera la derivazione dalla Bibbia e ne sintetizza il contenuto: !"<!>"#$%#&' !"!#$%&'(#$ ()$"%*+,( -. ")$.&/&' ,##&93. Si tratta di un brano in cui si esalta l’eroismo di fedeli ebrei che si rifiutano di sacrificare; nel morire tra le torture confessano la loro credenza nella resurrezione dei corpi, nella vita eterna, nel Dio creatore e giusto, pronto a punire i malvagi e premiare i buoni: si tratta delle convinzioni espresse con forza in 3 Cor e in ApPhil, quest’ultimo nel contesto di una situazione di persecuzione e professione di fede simile al brano di 2 Mac. Horrell suggerisce anzi che la posizione stessa di questo testo nell’ambito del codice sia equivalente a quella che ApPhil assume nel codice miscellaneo greco94. Anche il libro del profeta Giona esibisce tematiche che abbiamo riscontrato nei testi degli altri codici. Il suo essere inghiottito dal pesce per tre giorni e tre notti è stato ovviamente visto dalla più primitiva tradizione cristiana come prefigurazione della morte e resurrezione di Cristo (Mt 12,39-41), motivo centrale in Pascha; si tenga presente inoltre che proprio la vicenda di Giona è citata quale prova della resurrezione da 3 Cor. Quindi la predicazione a Ninive, di cui provoca la conversione, richiama il motivo della conversione dei pagani, menzionata dal protagonista di VD e caldamente sollecitata dal Pastore. La scena finale, quella del riposo di Giona presso la capanna, sotto la pianta di ricino appositamente fatta crescere dal Signore, è stata frequentemente riprodotta nell’arte primitiva per indicare la condizione paradisiaca cui è destinato il battezzato, cioè colui che si immerge nell’acqua conformandosi alla morte e resurrezione di Cristo95. Anche l’omelia finale presenta tratti interessanti per una comparazione con gli altri codici:

«Giova alle nostre anime cercare Dio. Leviamo le nostre anime a Dio, forse ci ascolterà, forse avrà pietà di noi. Se ascoltiamo e <non> riflettiamo, riceveremo il giudizio. Se ascoltiamo e agiamo, realmente saremo tra i suoi santi. Il Buon Pastore è venuto tra la sue pecore. Egli insegnerà loro la parola che conduce alla vita. I continenti ogni giorno mantengano i loro vestiti splendenti (Mt 22,11-13), siano vigili e mirino ad essere tra i suoi santi. Le vergini ogni giorno tengano le loro lampade piene (Mt 25,1-13), siano vigili e mirino ad essere con il loro Sposo».

Essa richiama da vicino Hy. paschalis che segue Pascha in C. Bodmer misc., il cui finale conviene qui citare nuovamente per confrontarlo con le ultime righe del passo che stiamo prendendo in esame: 0123456, 78µ9:; <:= 7>µ9?@;, A5; 4BC:56 5D7 7>µ9?@7 EµF7 GC;H5I7. JKL @M7@7 N?656, 78µ9:; <:= 7>µ9?@;. Nell’omelia copta si fa uso di immagini sponsali tradizionali di derivazione biblica (Mt 22,11-13; Mt 25,1-13), che compaiono anche nell’omiletica battesimale96. Le vergini sagge e stolte sono presenti anche nelle scene battesimali di Dura Europos97. Da che cosa è rappresentata l’unità del codice secondo la critica? Horrell aderisce all’efficace definizione tematica di Bethge, «Suffering, Passion, Easter», approfondendone alcuni aspetti: «It is evident that C-S

92 J.E. GOEHRING, The Crosby-Schøyen Codex MS 193 in the Schøyen Collection (CSCO.Sub. 85), Louvain 1990. 93 «I martiri Giudei che furono al tempo del re Antioco». 94 D.G. HORRELL, Becoming Christian, cit., 65. 95 R.M. JENSEN, Baptismal Imagery, cit., 153-156. 96 Ad es. Gregorio di Nazianzo, or. 46. 97 R.M. JENSEN, Baptismal Imagery, cit., 201.

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has a clear thematic coherence, focused around the Easter themes of suffering and vindication»98, sofferenza pasquale di Cristo che viene perpetuata dalla missione e persecuzione dei cristiani, destinati come Giona a predicare ai gentili, e a essere perseguitati come i giusti di 2 Mac. Aggiungerei a queste penetranti analisi una considerazione, a proposito di Pascha, Gen, 1 Pt e Hom. copt.: si tratta di testi che o evocano essi stessi contesti battesimali o sono stati riferiti tradizionalmente al battesimo. Propongo dunque di sintetizzare il contenuto del codice in questa sequenza tematica: martirio – passione – resurrezione – battesimo. Infine, si noterà che i tratti ascetici dei testi del codice, in particolare dell’omelia finale, pur rimandando a ambienti in cui l’ascetismo è coltivato, non implicano necessariamente una sua produzione in ambito monastico, anche se tale proposta è stata ben argomentata99.

3.3 C. Montserrat

Questo straordinario codice100, in cui ricorre due volte il nome di Dorotheus come dedicatario101, non solo riunisce testi classici o ispirati alla tradizione classica e testi cristiani in prosa e poesia, ma fa anche convivere due lingue, il greco e il latino. Come il lettore può constatare dalla lista dei contenuti, non possiamo trovare un filo che leghi scritti diversi come le Catilinarie di Cicerone o la liturgia di Euch. Rimandando ad altro momento un’analisi dei motivi che giustificano la presenza di un così significativo materiale eucologico102, comprensivo di un’anafora antica (Euch.), faccio osservare come un testo apparentemente marginale come l’esorcismo sull’olio presenti forti connessioni con temi del C. Bodmer misc.: l’insistenza sulla nascita reale di Cristo da una vergine (NatMar), il suo essere posto in una mangiatoia e dunque la realtà della sua incarnazione (3 Cor), la sua lotta contro il diavolo e contro Ade (OdSal), la sua passione e resurrezione (Pascha). D’altra parte, non si deve tralasciare la constatazione che la presenza di Euch. indica la conoscenza diretta di una liturgia episcopale o presbiterale del Mediterraneo orientale, probabilmente egiziana, ciò che fa supporre contatti non secondari con la chiesa istituzionale. Conviene tuttavia insistere su due testi di C. Montserrat per i quali il confronto con C. Bodmer misc. e C. Crosby-Schøyen può dare delle indicazioni utili circa la coerenza complessiva dei testi cristiani consegnatici dai quattro codici. Il primo è il testo latino intitolato dall’editore Psalmus responsorius, che canta poeticamente la nascita e vicende infantili di Gesù sulla base di tradizioni proveniente dal Protoevangelo di Giacomo (=NatMar) e i vangeli sinottici. Ricordiamo appunto che NatMar dà inizio alla prima unità codicologica del C. Bodmer misc. 98 D.G. HORRELL, Becoming Christian, cit., 54. 99 Si veda per una contestualizzazione monastica dell’intero codice: A. PIETERSMA – S. COMSTOCK, Two More Pages of Crosby-Schøyen Codex MS 193: A Pachomian Easter Lectionary?, Bulletin of the American Society of Papyrologists 48 (2011) 27-46. 100 Cf. gli studi di S. TORALLAS TOVAR – K.A. WORP, To the Origins of Greek Stenography. P. Monts. Roca I, Barcelona 2006, in particolare 11-24, e di G. NOCCHI MACEDO, Bilinguisme, digraphisme, multiculturalisme : une étude du Codex Miscellaneus de Montserrat, in Bilinguisme et digraphisme dans le monde gréco-romain: l’apport des papyrus latins, ed. M.-H. MARGANNE – B. ROCHETTE (Papyrologica Leodiensia), Liège 2013, 139-167, nonché ora, in forma davvero approfondita, ID., L’Alceste de Barcelone (P. Monts. Roca inv. 158-161) (Papyrologica leodiensia 3), Liège 2014, 26-48. Sul contesto in cui questo codice greco-latino può inserirsi, si veda P. BUZI, Manoscritti latini nell’Egitto tardo-antico. Con un censimento dei testi letterari e semiletterari, a cura di S. CIVES (Archeologia e storia della civilità egiziana e del Vicino oriente Antico. Materiali e studi, 9), Bologna 2005. 101 L’ultima pagina dell’In Catilinam II riporta filiciter Dorotheo; inoltre nell’ambito di una tabula ansata leggiamo VTERE [F]ELIX DOROTH[EE. Cf. NOCCHI MACEDO, Bilinguisme, digraphisme, multiculturalisme, cit., 143. 102 Ed. R. ROCA-PUIG, Anáfora de Barcelona i altres pregáries (Missa del segle IV), Barcelona 1994; 31999. Cf. anche J. HAMMERSTAEDT, Griechische Anaphorenfragmente aus Ägypten u. Nubien (Papyrologica Coloniensia 28), Opladen, 1999, 22–41; M. ZHELKOV, The Anaphora and the Thanksgiving Prayer from the Barcelona Papyrus: An Underestimated Testimony to the Anaphoral History in the Fourth Century, VigChr62 (2008) 467-504. Una traduzione inglese di Euch. comprensiva dell’inno C. Obl. è in A.C. STEWART, Two Early Egyptian Liturgical Papyri: The Deir Balyzeh Papyrus and the Barcelona Papyrus with appendices containing comparative material (Joint Liturgical studies 70), Norfolk 2010.

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Il secondo è l’inno acrostico !"#$# %&'()#103 (C. Obl.), che presenta una tematica identica ad Abr. (C. delle visioni), cioè il sacrificio di Isacco, pur sviluppandone maggiormente le ricadute cristologiche e martiriali. La critica ha riscontrato consonanze non ovvie tra i due poemetti, anche in alcuni particolari, come ad esempio l’annunciο dell’angelo, che non è nel testo biblico:

C. Obl. Abr. *+,$# -.+))µ /)0 1)++) 2(345 6""7345 83%7# 9+4%:µ;5

<5 /='µ4# '&#>?7&@7 /)0 4A+)#B# [CDE %F]3)'')# )G%>+45 H/9+4I)337 JK ’-.+)Lµ 6""[734#] M/N# O>@)P QB# 2(34# &R), J73S>''S# Q/)J=µ.S#104

oppure l’evocazione della traversata del Mar Rosso compiuta da Mosè, fra il sibilo delle onde:

O4P?T')5 H90 /:µ)'P .)(#7P U4&'S5, 7V@7# 9+42TJS5 O4P?SDB# *#).W#)P JB /Xµ)

O[4(?S]'7# DE %F3)'') 97+0 23="), JT# O) U4&'W5 ',(?7#105

Tale menzione dell’acqua, proprio nel momento in cui Isacco sta per essere sacrificato, può essere interpretata come un’allusione a un rito lustrale con un significato battesimale. Questi parallelismi rendono plausibile l’ipotesi di una dipendenza dei due testi tra loro, o in un senso o nell’altro, e in ogni caso fanno propendere per un ambiente unitario di provenienza, in cui immagini, riti, temi, testi, erano vivamente studiati, discussi, condivisi. L’inno manifesta ulteriori consonanze con i temi degli altri tre codici: l’insistenza sul sacrificio e sul martirio, l’allusione alla passione di Cristo e alla sua resurrezione, il richiamo al lavacro, l’evocazione di vicende di persecuzione di personaggi anticotestamentari (Isacco, Isaia, Lot106) richiamano i poemetti del C. delle visioni e alcuni testi di C. Bodmer misc. come ApPhil, 3 Cor, oppure del C. Crosby-Schøyen, come Pascha, 2 Mac. Basti qui citare l’invocazione ai martiri:

#X# µF+J&+75 Y3%)J7 9F#J75, #X# µF+J&+75 Zµ434"7[J7

che può ricordare Hy. paschalis o Hom. copt. Non si deve dimenticare che il tema del sacrificio è centrale nel testo latino, che rielabora il mito dell’eroina Alcesti107. Conclude Stewart a proposito delle varie interpretazioni proposte dell’inno: «Vinogradov suggests that its purpose is baptismal. The subject is an offering, and there appears to be an indication that a child “clothed as an offering” is offered to God. This may indicate baptism of a child, but may also indicate monastic profession, or possibly even an eucharistic offering»108. Forse, come nel caso di Hy. paschalis, C. Obl. potrebbe istituire uno stretto legame tra motivi battesimali e motivi eucaristici: sappiamo che nei primi secoli spesso i neofiti, ricevuto il battesimo, accedevano immediatamente all’eucarestia comunitaria109.

4. CONCLUSIONI

Le relazioni tematiche tra i quattro codici possono essere spiegate mediante l’ipotesi di un ambiente unitario, che nel passaggio tra III e IV secolo ha creato forme di comunicazione culturale e di dibattito che si sono concretizzate, tra l’altro, anche nei codici che noi conosciamo. Non è stato necessario

103 L’inizio del testo, o titolo, in realtà un ritornello, si presenta così: !"#$# %&'()# \#) D]µ7#, /)0 4A µT '7 J^. 104 «Al principio prontamente l’amato angelo giunse da Abramo e Sara» (trad. mia); «Colui che compaginò il mondo terreno, il cielo ed il mare, / dall’alto dell’etere inviò ad Abramo un angelo veloce, / con l’ordine di sacrificare il figlio amato, perfetta ecatombe» (Trad. E. LIVREA). 105 «Sulle onde sibilando (o: sibilanti) cammina Mosè, sembrò che il profeta salisse sull’onda che fischia» (trad. mia) «Quasi sopra la fiamma sibilasse quel mare che Mosè ruppe» (trad. E. LIVREA). Sui parallelismi tra i due poemetti individuati negil studi cf. A. HURST – J. RUDHARDT, Papyri Bodmer 30-37, cit., 43; G. AGOSTI – F. GONNELLI, Materiali per una storia dell’esametro nei poeti greci cristiani, in Struttura e storia dell'esametro greco, ed. M. FANTUZZI – R. PRETAGOSTINI, Roma 1995, vol. I, 289-434, in particolare 302, n. 37. 106 L’episodio relativo alla moglie, trasformata in sale, ricorre in connessione con una menzione di Isacco anche in Paolino da Nola, Inno su Felice (Carm. 27). 107 Si veda G. NOCCHI MACEDO, L’Alceste de Barcelone, sulla presenza di Alcesti nella cultura greca e latina (143-145), nel cristianesimo e nell’arte cristiana primitiva (145-146), in particolare nelle Catacombe di Via Latina. 108 A.C. STEWART, Two Early Egyptian Liturgical Papyri, cit., 38. 109 E. FERGUSON, Baptism, cit., 856.

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cercare in ciascuna unità codicologica una tematica specifica, in quanto il tratto unificante è stato individuato nell’esperienza battesimale e nei suoi riflessi teologici, etici, culturali. Si tratta dunque di testi che rimandano a una competenza testuale più vasta, la quale si concretizza ora in una forma, ora in un’altra: i codici che conosciamo sono solo alcune delle realizzazioni possibili di tale competenza, che vorremmo qui cercare di delimitare e caratterizzare anche se in termini ipotetici110. Quale profilo può aver assunto questo ambiente? I codici esaminati, assieme ad altri che sono appartenuti alla biblioteca, rendono legittimo identificarlo attraverso una molteplicità di prospettive: 1. sotto l’aspetto linguistico-culturale (pluralità delle culture che vengono a convergere sia nei singoli testi sia nell’ambito più vasto delle unità codicologiche; molteplicità delle lingue: latina, greca, copta); 2. sotto l’aspetto storico (il problema del martirio, la persecuzione e i suoi riflessi, la polemica sociale, gli eventi riguardanti il vescovo Filea e lo scisma meliziano); 3. sotto l’aspetto dell’intenzione e della prassi religiosa che ha guidato la collezione dei testi (testi ad uso di battezzandi o battezzati, che riflettono sulla loro fede con l’aiuto di antologie, possibile confronto con forme di arte); 4. sotto l’aspetto dell’orientamento ideologico cristiano che sembra prevalere (nonostante le tracce di linguaggio gnostico, l’ambiente appare non dualista, non origenista, filo-ecclesiastico); 5. sotto l’aspetto della collocazione socio-culturale delle persone che hanno portato alla formazione dei codici (biblioteca monastica? biblioteca di un gruppo laico asceticamente impegnato? biblioteca di un ricco maestro cristiano?).

4.1. Identità culturale e linguistica

Molto più che in altri insiemi manoscritti, nei codici analizzati constatiamo la convivenza di due culture, quella cristiana e quella classica, che si integrano a vicenda, la seconda risignificando elementi fondamentali della prima. Esse si mescolano intimamente non solo nella biblioteca, ma anche nell’ambito delle unità codicologiche, e, cosa ben altrimenti significativa, nei singoli testi: i P.Bodm. XLV-XLVI-XLVII-XXVII contengono i libri biblici di Susanna, la prima visione di Daniele, un inno acrostico cristiano di tendenza ascetica e un passo di Tucidide111; C. Montserrat, come abbiamo visto,

110 La nozione di manoscritto come «corpus organizer» proposta recentemente da Alessandro Bausi sembra potersi applicare, con tutte le precauzioni del caso e tenendo ben presenti i diversi livelli dei due discorsi, anche ai nostri manoscritti: A. BAUSI, A Case for Multiple Text Manuscripts being ‘Corpus-Organizers’, Manuscript Cultures Newsletter (Hamburg) 3 (2010) 34-36 : «The term ‘miscellaneous manuscript’, even if classified as ‘homogeneous’ (i.e. not containing unrelated materials), is too generic to use for these Gädlä säma‘tat manuscripts. What is missing is the relational function that links a specific manuscript to others, thus collectively representing and attesting to a corpus of written knowledge and to tools used in a concrete praxis (in the case of Gädlä säma‘tat, liturgical readings). Even if perfectly satisfying the atomistic perspective that describes a manuscript as a unicum – a perspective that, not surprisingly, has seen the re-emergence of an actual ‘historical discourse’ that follows the notion of ‘codicological unit’ – the term ‘miscellaneous manuscript’ does not fully meet the requirements of a comprehensive manuscriptological approach. As an alternative, considering a multiple-text manuscript to be a ‘corpus organizer’ seems a better means for defining the exact, concrete intersection between the corpus and the actual realization of these manuscripts as material objects. Here, the corpus represents a range of a ‘homogeneous continuum’, including possibilities implied by traits that are ‘mentally’ and ‘culturally defined’ (including praxis such as liturgical needs, but also aesthetic and artistic appreciation, literary affinity, etc.). These traits give a set of manuscripts a precise status (i.e. which makes it a corpus from the internal perspective of a given manuscript culture), while the actual realization of the manuscripts include its format as well as its actual editorial and textual interventions. The structural and mutual interrelationship between the various manuscripts, and between each of them and the ‘corpus’, is fundamentally one of ‘matter’ to ‘knowledge’ as a function of its organization. In its form and contents, a ‘corpus-organizer’ realizes the contents contained in the ‘projectual intention’ of the copyist, or of those who are behind him. The ‘homogeneous continuum’– determined by culture and praxis – is intercepted by sets of ‘corpus-organizers’, in that they provide the necessary ‘slots’ for hosting ‘modules’ of written knowledge. Knowledge, in turn, has the function of filling up the ‘slots’ of the ‘corpus-organizers’. This is determined by balanced compromises between habits and innovations, needs and material constraints» (34-35). 111 Cf. A. CARLINI, Il papiro di Tucidide della Bibliotheca Bodmeriana (P. Bodmer XXVII), MH 32 (1975) 33-40; A. CARLINI – A. CITI, Susanna e la prima visione di Daniele in due papiri inediti della Bibliotheca Bodmeriana: P. Bodm. XLV e P. Bodm. XLVI, MH 38 (1981) 86-93, 105-120 e M. BANDINI – A. CARLINI, P. Bodmer XLVII: un

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veicola opere di Cicerone, un poemetto su Alcesti, un testo sull’imperatore Adriano, un disegno mitologico, un testo poetico mariano, testi liturgici, repertori stenografici basati su testi classici. In questa linea è collocabile anche P.Chester Beatty Ac. 1390112, veicolante Gv 10,8-12,14 in copto subachmimico ed esercizi matematici in greco. La datazione tarda qui proposta da P. Orsini per il codice di Menandro permette di ipotizzare che gli ambienti che trasmettevano i testi religiosi o scrivevano i poemetti fossero contemporanei a quelli che copiavano la letteratura classica, e dunque con questi identificabili. Infine, i poemetti del C. delle visioni sono basati sul principio dell’espressione di nuovi contenuti cristiani in forme tradizionali, con richiami a Omero ed Esiodo113. Questo dato è decisivo per valutare le argomentazioni usate dai vari studiosi per giustificare la varietà tematica e culturale dei codici. Robinson, promotore dell’ipotesi dell’origine pacomiana della biblioteca, sembra usare un argomento di carattere apologetico, di fronte alla problematicità di queste presenze classiche e pagane in un contesto monastico, quando insinua che la trasmissione di tali testi in quella che diventerà la biblioteca dell’ordine può essere giustificata con l’ipotesi dell’entrata nell’ordine di un ricco laico, il quale avrebbe fatto dono dei suoi libri personali alla biblioteca comune. Tale ragionamento è fondato su quanto di più discusso e incerto ci sia nel dibattito attuale sulla biblioteca: la datazione dei codici greci, che precederebbe la fondazione dell’ordine. «It may be no coincidence that much of the material of the highest quality in the collection is older than the Pachomian Order itself, suggesting that it entered the Library as gifts from outside, perhaps contributed by prosperous persons entering the Order. This might be the most obvious way to explain non-Christian texts in a monastic library, such as the Homeric and Menander material»114. È impossibile escludere a priori che i Papiri Bodmer siano entrati in una biblioteca pacomiana, ma il problema è quello di spiegare perché già prima di questo ingresso esistessero unità codicologiche apparentate tra di loro in cui era corrente la pratica della contaminazione tra cultura cristiana e cultura classica, la quale è invece poco o per nulla esperita negli scritti pacomiani. Altri aspetti culturalmente significativi sono il carattere miscellaneo dei quattro codici presi in esame e il fatto che le unità codicologiche nascano dalla collaborazione di più mani, che, per quanto esperte, non appaiono intente a confezionare un prodotto professionale. Questo ci fa intuire un ambiente in cui il codice serve a trasmettere testi interessanti da vari punti di vista, come ben rilevato da Crisci : « sia per la necessità di disporre — in un unico contenitore — di testi che si ispiravano ad una comune esperienza di fede, sia per le esigenze dell’apprendimento e del consolidamento di competenze grafiche e linguistiche appartenenti ad ambiti diversi ma in stretta e continua relazione, sia infine per la praticità di circolazione, scambio, fruizione, individuale o collettiva»115. In un certo senso il codice miscellaneo ha lo scopo di far conoscere una parte di un corpus testuale che costituisce il riferimento ideale del gruppo. Passando alle competenze linguistiche, dobbiamo constatare anche in questo caso la complessità della situazione. In C. Montserrt convivono testi greci e latini, chiari indicatori di un bilinguismo che non è facile caratterizzare116; in C. delle visioni, e in particolare in VD, incontriamo numerosi casi non solo di prestiti dal latino, ma anche di latinismi espressivi. La glossa copta in C. Bodmer misc. a 2 Pt, per quanto minima, è comunque significativa e di poco posteriore alla confezione dell’unità codicologica; e soprattutto la traduzione in copto licopolitano di Gv accompagnata da esercizi matematici greci ci rende noto un ambiente in cui il copto comincia a

acrostico alfabetico fra Susanna, Daniele e Tucidide, MH 48 (1991) 158-168. L’inno presenta interessanti analogie contenutistiche con C. Obl., che andrebbero studiate. 112 Cf. W. BRASHEAR – W.-P. FUNK – J.M. ROBINSON – R. SMITH, The Chester Beatty Codex Ac. 1390. Mathematical School Exercises in Greek and John 10:7-13:38 in Subachmimic, Leuven - Paris 1990 e P. BUZI, nel contributo a questo fascicolo, n. 16. 113 Su questo complesso tema, vedi il contributo di G. AGOSTI in questa sezione monografia; e inoltre, tra altri suoi contributi, I poemetti del Codice Bodmer e il loro ruolo nella storia della poesia tardoantica, in Le Codex des visions, cit., 73-114; ID., La Visione di Doroteo. Paideia classica ed esperienza visionaria nell’Egitto tardoantico, cit. 114 J.M. ROBINSON, The Story of the Bodmer Papyri, cit., 155. 115 E. CRISCI, I più antichi codici miscellanei greci. Materiali per una riflessione, Segno e testo 2 (2004) 109-144: 143. 116 G. NOCCHI MACEDO, Bilinguisme, digraphisme, multiculturalisme, cit.

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essere recepito come lingua di cultura. Testimonianza fondamentale ne è C. Crosby-Schøyen, che appare ben acclimatato in un arco di tempo che va dalla seconda metà del III secolo sino alla fine del IV. Il fenomeno dell’affermazione del copto appare attivo soprattutto nel mondo monastico cattolico o scismatico contemporaneo, ma lo troviamo attestato anche in ambienti manichei. Dunque, non possiamo escludere che la convivenza tra greco e copto possa aver caratterizzato ambienti diversi da quelli monastici117.

4.2. Tracce del contesto storico

Le diverse declinazioni della nozione di martirio, il motivo della resistenza alla persecuzione, il problema della disciplina ecclesiastica e del perdono, fanno da sfondo a buona parte dei testi veicolati dai codici. Si tratta forse di elementi che permettono di datarli al periodo della persecuzione di Diocleziano? Non credo che sia necessario risalire tanto indietro nel tempo, anche se il momento storico in cui i codici e i poemetti vengono prodotti è contiguo a quello delle persecuzioni e la memoria della tragedia è ancora viva. In realtà, il lessico legato alle persecuzioni è stato utilizzato anche posteriormente alla loro fine ed è stato impiegato nelle più diverse situazioni di vita cristiana. Come abbiamo già accennato, Atanasio descrive la situazione esistenziale di Antonio, che ha cercato il martirio, senza trovarlo, come una persona che sperimento il martirio nella sua coscienza (Vita Antonii 47,1: µ!"#$"G2 #R :$24;7*:4;). Sono temi e problemi, questi, che si sono riproposti con intensità per tutto il IV secolo, non solo perché non è esistita sulle persecuzioni una memoria condivisa, e cedimenti di vario tipo sono stati rinfacciati reciprocamente tra i membri delle opposte fazioni ecclesiali (si pensi che il medesimo Atanasio è il creatore della diceria sul sacrificio del vescovo scismatico Melizio, cinquant’anni dopo gli eventi, per screditarlo presso i suoi seguaci)118, ma anche perché tempi di difficoltà per la chiesa si sono riproposti per tutto il secolo, sia quando la chiesa atanasiana è stata perseguitata sotto Gregorio e Giorgio, per istigazione di Costanzo, sia quando le chiese ariane e meliziane sono state perseguitate da quella atanasiana119. Il caso più clamoroso è costituito da Atanasio: che, incolpato di essere un pavido per essere fuggito non davanti a persecutori pagani, si badi bene, ma davanti a quelli scatenati da Costanzo, imperatore cristiano, scrive un’apologia della sua fuga riproponendo l’insegnamento tradizionale dell’episcopato di Alessandria fin dal tempo di Dionigi, cioè il dovere di fuggire fin quando si può dalle persecuzioni, e il dovere di confessare la fede quando si viene arrestati120. Dunque il rigorismo e le soluzioni più moderate riaffiorano in continuazione nel IV secolo, cambiando di contesto. Ricordare Pierio vuol forse dire ricordare un’apostata per colpire anche il suo origenismo, ma potrebbe anche essere un modo per dare il consenso alle misure moderate prese dalla chiesa alessandrina verso coloro (soprattutto presbiteri) che sono caduti una volta, si sono eventualmente mostrati più forti durante una seconda confessione, o che, riaccettati nella comunità, si sono rassegnati allo stato laicale. Ora, non possiamo non prendere in considerazione la storia di Doroteo a partire da quanto abbiamo appena detto. Certamente è una persona che per sua stessa ammissione ha fallito, è caduta in un peccato grave, ha subito una dura penitenza, ma è anche pronta ad affrontare le prove più difficili (VD). Non è affatto chiaro, tuttavia, se si tratti di una caduta nel corso delle persecuzioni, oppure di un evento

117 A. CAMPLANI, Il copto e la chiesa copta. La lenta e inconclusa affermazione della lingua copta nello spazio pubblico della tarda antichità, in L’Africa, l’Oriente mediterraneo e l’Europa. Tradizioni e culture a confronto, ed. P. NICELLI (Africa Ambrosiana 1), Milano-Roma 2015, 129-153. 118 Anche nel testo storico che io e Alessandro Bausi stiamo da anni ricostruendo, i presbiteri alessandrini di fine IV secolo si autoesaltano per aver sofferto il martirio all’inizio del IV secolo, a differenza dei manichei e degli scismatici che hanno nascosto la loro identità dinnanzi al persecutore: A. BAUSI – A. CAMPLANI, New Ethiopic Documents for the History of Christian Egypt, cit., 237; A. CAMPLANI, The religious identity of Alexandria in some ecclesiastical histories of Late Antique Egypt, in L'historiographie tardo-antique et la transmission des savoirs, ed. PH. BLAUDEAU – P. VAN NUFFELEN, Berlin-Munich-Boston 2015, 85-119: 95-96. 119 Cf. A. MARTIN, Athanase d’Alexandrie, cit., 341-540. 120 Cf. Apologia de fuga sua.

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posteriore, riguardante sue malversazioni nei confronti della chiesa o sue vicende personali, come appare più probabile. Il tema della metanoia121, vale a dire della caduta, del peccato e della penitenza, percorre tutto il codice delle visioni ed era dunque al centro della riflessione di Doroteo e del suo gruppo di giusti: esso è presente a partire dalla lunga citazione delle prime quattro visioni del Pastore di Erma, testo fondamentale su questo argomento, tra l’altro testo usato nella catechesi battesimale in Egitto, come attesta Atanasio nella Lettera festale del 367. Forse un riferimento all’epoca di composizione dei poemetti potrebbe essere visto nella scelta del nome da parte del protagonista di VD: il nome Andrea, oltre a poter essere motivato dal ricorrere del verbo ἀνδρίζειν nel Pastore o nell’Inno della Perla, potrebbe essere interpretato come un omaggio alla traslazione delle reliquie dell’apostolo a Costantinopoli da parte di Costanzo nel 357, con l’aiuto di Artemio, di lì a poco prefetto d’Egitto (360)122. Si tratta solo di una proposta, che nel testo non trova agganci particolari, ma che vale la pena di essere enunciata.

4.3 Le motivazioni religiose dei codici: l’esperienza battesimale

La proposta che qui si vuole avanzare a proposito dei quattro codici (C. Montserrat solo per la porzione cristiana, includendo anche Alc.), è che essi siano la concretizzazione selettiva di un insieme di testi fatti circolare tra membri di un’élite per approfondire il significato personale, religioso e culturale del battesimo che Doroteo e la sua comunità hanno ricevuto da adulti, come avveniva annualmente ad esempio nella koinonia pacomiana123. Non si tratta di testi coinvolti nel rito battesimale, o usati come strumento di catechesi, ma di testi, in genere non scritturistici, utilizzati per approfondire il significato del battesimo, nella sua doppia dimensione di confessione verbale e di pentimento / rinuncia / conversione: il noto binomio exomologēsis / apotagē, che percorre tutte le diverse forme battesimali del Mediterraneo, come ben rilevato da Ferguson124. La mia proposta permette di trovare il filo che collega temi apparentemente vari, ma uniti dal loro naturale raccogliersi e incontrarsi attorno ai simboli battesimali, agli argomenti della catechesi, alla scansione stessa del rito: da una parte la riflessione dottrinale sull’incarnazione, la passione, la discesa nell’Ade, la resurrezione di Cristo, la speranza della resurrezione e del Paradiso per tutti, poveri e peccatori pentiti; dall’altra la necessità della rinuncia e del pentimento, della conversione, dell’attenzione ai bisogni dei più poveri, pena l’esclusione dalla salvezza. Conseguenza del battesimo è nei poemetti e nei testi raccolti nei codici il perdono dei peccati e il dono dello Spirito (anche se quest’ultimo non è menzionato expressis verbis). Basti immaginare questi codici, anche quelli cresciuti per accrezione o convergenza, come delle rappresentazioni pittoriche o dei bassorilievi sepolcrali, in cui un intero repertorio di immagini viene sottoposto a selezione e messo in sequenza, non senza richiami incrociati tra una scena e l’altra. I sepolcri esibiscono temi decisivi della catechesi ricevuta dal credente, come può apparire dai seguenti

121 Sulla questione complessiva in epoca più tarda si veda B. BITTON ASHKELONY – A. KOFSKY, The Monastic School of Gaza (Supplements to VigChr 92), Leiden 2006, 127-156; A. TORRANCE, Repentance in Late Antiquity: Eastern Ascetism and the Framing of the Christian Life c. 400-650 ce (Oxford Theology and Religion Monographs), Oxford 2012. 122 Vedi supra, n. 17. 123 Si veda in proposito A. VEILLEUX, La liturgie dans le cénobitisme pachômien au quatrième siècle (StAns 57), Roma 1968. 124 E. FERGUSON, Baptism, cit., 854: «Essential to baptism were faith (expressed in a verbal confession apparently from the beginning) and repentance (this too required at the beginning but soon finding verbal expression in a renunciation of the devil. These features continued to be considered minimum necessities to the water rite even in situations of emergency baptism. Hence, the importance of accompanying instruction in faith and morals was evident (855)»; «The person baptized received forgiveness of sins and the gift of the Holy Spirit. The two fundamental interpretations of baptism are sharing in the death and resurrection of Christ, with the attendant benefits and responsibilities (Rom. 6:3-4), and regeneration from above (John 3:5), with its related ideas. Other features (with their New Testament basis) that are commonly present include: clothing with Christ (Gal. 3:27), deliverance from Satan’s bondage to freedom in Christ (Col. 1,13), and enlightenment (Heb. 6:4?). Less frequently mentioned are the motifs of marriage to Christ (Eph. 5:25-27) and a contract (more often associated with the renunciations and confession of faith: 1 Pet. 3:21)».

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tre esempi, scelti tra i molti a disposizione. Il fronte di un sarcofago dell’inizio del IV secolo125 presenta una serie di motivi apparentemente staccati, ma uniti dalla fede battesimale: l’adorazione dei magi davanti a Maria con bambino (NatMar), Pietro che fa sgorgare l’acqua (al modo di Mosè: si pensi al valore dell’acqua battesimale in 1 Pt), il riposo di Giona, simbolo del Paradiso (si pensi a Gen in C. Crosby-Schøyen o alla menzione di Giona in 3 Cor), il sacrificio di Isacco (con connotazioni cristologiche e allusione alla passione pasquale: si pensi ad Abr., all’inno del C. Montserrat, ma anche a Pascha), l’arresto di Pietro, Daniele tra i leoni (con connotazioni martiriali e soteriologiche, che rimandano a 2 Mac nel codice copto e a ApPhil nel C. Bodmer misc.126. Il sepolcro di Baebia Hertofile (Roma, Museo Nazionale) presenta a sinistra Giona con tutta la sua valenza tipologica di Cristo gettato in mare, destinato a visitare l’Ade per tre giorni (e liberare le anime prigioniere secondo 1 Pt 3), per poi risorgere e riposare nel Paradiso, modello del cristiano che deve morire (nel battesimo) per poter giungere alla salvezza; a destra il banchetto escatologico dove sono serviti solo pane e acqua, a significare che l’eucarestia della Chiesa anticipa la salvezza escatologica (cf. Euch.)127. Il terzo esempio è il cosiddetto sarcofago dogmatico: nel registro superiore compaiono la creazione dell’uomo da parte della trinità, Cristo tra Adamo ed Eva davanti all’albero del peccato, le nozze di Cana, la moltiplicazione dei pani, la resurrezione di Lazzaro; nel registro inferiore troviamo i re magi, davanti a Maria con bambino e Giuseppe alle spalle, la guarigione del cieco nato, Daniele fra i leoni, Abacuc, e ben tre immagini di Pietro, rappresentato mentre rinnega Cristo (il tradimento e il peccato), mentre è arrestato (il martirio), mentre fa sgorgare l’acqua battesimale (Pietro / Mosè, il vescovo che dona il battesimo)128. Si noterà che Pietro unisce un tema etico-disciplinare (il peccato), un motivo battesimale, un motivo martiriale. Ben due volte nei tre sepolcri Pietro sostituisce Mosè: «The image of Moses striking the rock with a staff to produce a spring of water for the thirsty Israelites occurred with moderate frequency in pre-Constantinian Christian iconography. (...) In the fourth century, however, the composition of the scene was radically transformed; rather than Moses, it showed the apostle Peter as the rock-striking, staff-wielding wonder-worker. Viewers may easily identify Peter from his unique portrait type (a low forehead, square jaw, short beard, and bushy hair) and from the common juxtaposition of scenes of his denial (designated by a rooster) and arrest (...). This popular composition appears on catacomb walls, sarcophagus reliefs, gold leaf decoration on glass, and ivories»129. Ovviamente, oltre ai sepolcri, anche i cicli pittorici o singole immagini posso richiamare le sequenze testuali di cui abbiamo reso conto. Basti pensare al cosidetto Mausoleo dell’Esodo a el-Bagawat, nella cui cupola si giustappongono due registri: quello inferiore, in cui individuiamo tra l’altro Noé nell’arca, Adamo ed Eva cacciati dal Paradiso, Daniele nella fossa dei leoni, i tre ebrei nella fornace, il martirio di Isaia, Giona, Giobbe, e altre figure di santi e martiri dell’AT; in quello superiore vi è la teoria dell’esodo degli Ebrei, che attraversano il Mar Rosso per giungere alla terra promessa, rappresentata forse nella forma del Santo Sepolcro di Gerusalemme, il tutto arricchito con didascalie in greco. Il passaggio nel Mar Rosso rimanda certamente alla Pasqua, ma anche al battesimo; a quest’ultimo allude la figurazione di Noè, che, non bisogna dimenticarlo, è citato proprio in 1Pt 3130. 125 Musei Vaticani, G. WILPERT, I sarcofaghi cristiani antichi. Volume secondo. Tavole, Roma 1932, tav. 166,4. In generale, una correlazione tra elementi testuali e elementi iconografici può aiutare a comprendere meglio testi e codici, come dimostra il commento di G. AGOSTI, Nonno di Panopoli. Parafrasi del Vangelo di San Giovanni, Canto Quinto. Introdizione, edizione critica, traduzione e commento, Firenze 2003, 127-130; cf. anche 62-70 sulla simbologia battesimale. 126 G. PELIZZARI, Vedere la Parola, celebrare l’attesa. Scritture, iconografia e culto nel cristianesimo delle origini, Milano 2013, in particolare a 200: «Pietro (figura della Chiesa), rivelandosi antitipo di Mosè, prefigura il battesimo cristiano; a questo fa seguito l’omaggio dei magi che, come già visto, ben diversamente da qualsivoglia commovente idillio natalizio, era inteso nell’iconografia quale riscatto della gentilità e prototipo del culto a Gesù, Cristo Salvatore. Nella seconda metà del sarcofago, il sacrificio d’Isacco – tipo eccellente della Pasqua di Gesù – precede l’arresto di Pietro e la figura di Daniele. La Pasqua, dunque, introduce due scene di martirio: se, però, la prima è di connotazione drammatica, la seconda, nel prospettare il supplizio, ricorda la salvezza di Daniele». 127 G. PELIZZARI, Vedere la Parola, cit., 184-185. 128 G. PELIZZARI, Vedere la Parola, cit., 72. 129 R.M. JENSEN, Baptismal Imagery in Early Christianity, cit., 190. 130 Si veda l’ampio commento di G. CIPRIANO, El Bagawat. Un cimitero paleocristiano nell'alto Egitto, Todi 2008, 133-167.

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Una lettura battesimale di questo insieme può essere corroborato da un’ulteriore considerazione. L’immagine nuziale appare in Hy. paschalis, in Hom. copt., in C.Obl., in Abr., attribuita ad Isacco che sta per essere lavato e sacrificato. Basandosi su luoghi dell’AT, ma soprattutto su Paolo (2 Cor 11,2 e Ef 5,26) e l’Apocalisse (19,7-9), nonché su parabole sinottiche, una serie di testi cristiani e di opere iconografiche diffuse nel Mediterraneo assimilano il battesimo al rito nuziale131. Tale simbolismo conferma l’ipotesi qui avanzata, e cioè che anche questi brevi testi avessero la funzione di rievocare il battesimo. La centralità del rituale eucaristico in C. Montserrat non può che rimandare al fatto che il battesimo degli adulti era seguito dalla partecipazione all’eucarestia comunitaria, del cui rituale viene fornito un esempio particolare.

4.4 L’orientamento ideologico cristiano

Da tempo alcuni studiosi, e in particolare E. Livrea, hanno individuato nei poemetti consonanze espressive con testi gnostici o usati dagli gnostici132. Tanti paralleli sono indubbi, ma il problema che desidero porre in questa sede è se tali prestiti corrispondano effettivamente a strutture concettuali dello gnosticismo: non potrebbe l’influenza dei testi gnostici o usati dagli gnostici essere limitata ad alcuni aspetti del linguaggio dei poemetti, i cui autori non avrebbero resistito al fascino della loro lussureggiante espressività? Si tratta insomma di vedere se sotto la superficie delle immagini, delle narrazioni, degli inni, delle esortazioni, delle affermazioni di fede che leggiamo nei poemetti, si possano cogliere le strutture profonde di una concezione dualistica, gli elementi fondanti e qualificanti una visione gnostica, e non, piuttosto, tutti quei procedimenti espressivi che le scuole gnostiche possono aver condiviso con altre correnti del cristianesimo primitivo. Nonostante i molteplici contatti, intendo rilevare qui quelle che mi paiono delle differenze molto significative: 1) non sembra poter essere identificabile in alcun modo nei poemetti quel dualismo teologico e teogonico che costituisce il tratto qualificante dello gnosticismo: non vi è accenno alla crisi del divino, al suo processo di devoluzione tale da risultare in un dualismo intradivino, all’abortiva nascita del demiurgo / Yaldabaoth, il termine sophia riveste valenze positive e non è indicativo dell’aspetto debole del mondo divino, destinato a cadere nel mondo133; 2) conferma e conseguenza dell’assenza di un dualismo teologico è il valore positivo che riveste l’Antico Testamento, come repertorio di exempla e anticipazione di Cristo: non si rintraccia alcuna affermazione che possa essere interpretata nel senso di una sua svalutazione rispetto al messaggio salvifico del NT. Al contrario, AT e NT sono strettamente legati da tradizionalissimi richiami di tipo tipologico (ad es. Isacco e Giona sono figura della Passione e del descensus ad inferos), che spingono a ritenere che per gli autori dei poemetti Isacco, Gerusalemme, Aaron, Mosè fossero figure o realtà positive, menzionate in una Scrittura ispirata, esempi morali per i credenti e tipo della salvezza rivelata dal NT; 3) se il mondo può essere il luogo del male e dell’inganno, come attesta ad esempio J., non assistiamo nei poemetti alla demonizzazione gnostica o manichea del cosmo, che è pur sempre e dichiaratamente il prodotto dell’atto creativo di Dio. Dunque, al di là dei moduli espressivi che possono essere il risultato di una contaminazione di diversi linguaggi religiosi (cattolici, gnostici, manichei, ermetici, mitraici, misterici), sembra resistere un nucleo non dualistico. Se le consonanze con testi gnostici possono essere moltiplicate senza difficoltà, è facile anche scoprire punti di contatto con il linguaggio della Grande Chiesa nel III e IV sec., ad esempio in alcune nelle espressioni cristologiche, o nelle prese di posizione sull’etica, o nell’innologia liturgica. Queste considerazioni che abbiamo espresso a proposito dei poemetti tanto più valgono per i testi che troviamo negli altri tre codici miscellanei: le opere da essi veicolate esprimono posizioni non certo

131 Ad es. Mt 15,1-13: le vergini sagge e le vergini stolte, rappresentate nel battistero di Dura Europos: JENSEN, Baptismal Imagery in Early Christianity, cit., 201. 132 E. LIVREA, Recensione, cit., 693-696 (Canto della perla negli Atti di Tommaso, gli gnostici sethiani citati dall’Elenchos, l’ermetico Poimandres). 133 Il dualismo teologico è oggetto di una sterminata bibliografia. Due saggi possono costituire un valido riferimento: G. LETTIERI, La teofania sulle acque: il fondamento cristologico del mito gnostico, Cassiodorus 1 (1995) 151-165; A. MAGRIS, La logica del pensiero gnostico, Brescia 1997.

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prossime a quelle gnostiche, anzi in qualche caso l’impressione che si ricava è che certi accostamenti siano da intendersi in senso antignostico. I due testi ‘apocrifi’ di C. Bodmer misc., cioè 3 Cor e NatMar, esprimono posizioni tipiche della Grande Chiesa, quali la verginità di Maria, la concretezza dell’incarnazione di Cristo, la realtà della resurrezione dell’uomo, contro ogni forma di docetismo gnostico o giudeocristiano. Un’eccezione potrebbe essere rappresentata da OdSal XI, su cui torneremo tra poco. Ma anche in questo caso, va ribadito che le Odi hanno circolato sia in ambienti gnostici, come attesta la Pistis Sophia, che le cita, sia in ambienti cattolici, come ci insegnano Lattanzio, che ne fa uso, e i manoscritti siriaci che ce le trasmettono, tutti di contenuto biblico. Esse erano dunque suscettibili di diverse interpretazioni: quale poi fosse stata la posizione del loro autore è oggetto di controversia ormai più che secolare, ma nella nostra lettura sinottica dei codici è questione secondaria. Ma vi è di più. Tutte le enunciazioni di fede sembrano orientare verso una visione cristiana del mondo caratterizzata da tratti di concretezza piuttosto distanti dallo spiritualismo platonico-cristiano e dalla sua concezione di una realtà a più livelli. Si pensi, sul piano dell’etica, all’insistenza su una giustizia retributiva molto semplice e immediata, contro la relativizzazione proposta da Origene e altri autori della tradizione alessandrina (tra cui Pierio!) a proposito dell’ultimo giudizio e la sua insistenza sulla perenne provvidenza di Dio, che educa le anime anche dopo la morte del corpo134. Si pensi al realismo della resurrezione su cui insistono non solo i testi di C. Bodmer. misc., ma anche quelli di C. Crosby-Schøyen, in particolare 2 Mac e Pascha, ben distante dalla complessità concettuale e dalla molteplicità semantica che la resurrezione assume nella tradizione alessandrina135. Si pensi ancora ai tratti concreti con i quali appare il Paradiso non solo nei poemetti, ma anche nei versi che OdSal XI presenta in aggiunta rispetto alla versione siriaca, tutti dedicati alla celebrazione della fragranza e della bellezza variopinta del paesaggio escatologico136. Manlio Simonetti137 ha definito come ‘asiatica’ quella cultura cristiana in cui prevale una concezione monistica della realtà, in contrasto con il doppio livello del reale proposto dal platonismo, un’antropologia unitaria, differente dallo spiritualismo e dalla concentrazione sul nous di altre tradizioni filosofico-religiose, e conseguentemente una concezione realistica della resurrezione, distante dalla polisemicità che il termine assume ad esempio in Origene, Pierio, Ieraca138, un certo materialismo stoico nella concezione della divinità, di contro all’assoluta immaterialità del Dio origeniano, un’esegesi tipologica che risulta semplicistica se paragonata alla pluralità dei livelli di senso della Scrittura quale è rilevata dall’ermeneutica alessandrina. I poemetti e i codici miscellanei sembrerebbero, se presi nel loro complesso, esprimere delle corrispondenze con questa impostazione ‘asiatica’. Colpisce ancora più a questo proposito la presenza di Pascha in ben due codici. Qui è affermata un’etimologia a proposito del nome della festa ((w:K! da (w:K4;2) che Origene aveva respinto con forza e che la tradizione alessandrina a lui successiva aveva accantonato, in nome di quella che la collegava al ‘passaggio’ attraverso il Mar Rosso, interpretato come itinerario etico e intellettuale, o di altre più sofisticate soluzioni139. Anzi, è tutta la concezione pasquale espressa nell’opera di Melitone ad essere oggettivamente distante dalla tradizione alessandrina: l’omelia è testimone di una celebrazione pasquale quartodecimana in cui prevale l’idea della passione salvifica di Cristo, la quale a sua volta concentra su di sé la storia passata, presente e futura, mentre nella tradizione alessandrina la Pasqua appare a più livelli (AT / NT / Pasqua eterna) e connotata da un forte orientamento etico e intellettualistico. Solo nel IV sec.

134 E. PRINZIVALLI, Giudizio, in Dizionario origeniano, ed. A. MONACI CASTAGNO, Roma 2000, 208-209. 135 Si veda E. PRINZIVALLI, Resurrezione, in Dizionario origeniano, cit., 401-405; EAD., Magister ecclesiae, cit., cap. III, e ora O. LEHTIPUU, Debates over the Resurrection of the Dead: Constructing Early Christian Identity (OECT), Oxford 2015. 136 Anche in questo caso, la distanza rispetto alla rappresentazione alessandrina dell’escatologia è incommensurabile: Cf. PRINZIVALLI, Resurrezione, cit., 404-405. 137 M. SIMONETTI, Teologia alessandrina e teologia asiatica al concilio di Nicea, Aug. 13 (1973) 369-398; M. SIMONETTI, Modelli culturali nella cristianità orientale del II-III secolo, in De Tertllilien allx Mozarabes, 1. Antiquité tardive et christianisme ancien (1IIe-Vle siècles). Mélanges offerts à Jacques Fontaine, Paris 1992, 381-392, riedito in Id., Ortodossia ed eresia tra I e II secolo, Soveria Mannelli 1994, 315-331. Si veda, per una discussione aggiornata e una rielaborazione di questa nozione, E. PRINZIVALLI, in Orig. VII (1999), 195-213. 138 E. PRINZIVALLI, Magister ecclesiae, cit., cap. III. 139 Ovviamente, altre etimologie erano possibili, come quella che lega il termine a >(k"E!:;.: cf. R. CANTALAMESSA, La Pasqua ella Chiesa antica, Torino 1978.

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gli autori legati alla tradizione alessandrina come Eusebio di Cesarea, Atanasio di Alessandria, Gregorio di Nazianzo, tra gli altri140, tenteranno di integrare alcuni dei tratti più attraenti della concezione pasquale di Melitone (e della tradizione quartodecimana di origine asiatica cui si ispira) nell’ambito della complessa speculazione pasquale alessandrina. Chi ha composto i codici, si sentiva certamente vicino alle posizioni ‘asiatiche’ in tema pasquale. Insomma, vari indizi orientano a collocare la cultura cristiana espressa sia dai poemetti, sia dai codici miscellanei ad essi collegati, nell’area dell’impostazione culturale asiatica, che Tito Orlandi ha dimostrato essere ben rappresentata in Egitto negli ambienti in cui nasceva la letteratura copta141. Con questo non voglio dire che siano emersi nella nostra analisi spunti polemici contro Origene e la tradizione alessandrina, a parte la citazione problematica di Pierio, che tuttavia andrebbe controbilanciata con l’esaltazione di Filea di Tmui, che a quella medesima tradizione probabilmente apparteneva: intendo semplicemente affermare che il profilo complessivo qui tratteggiato, che, non dimentichiamolo, si basa sull’ipotesi di una coerenza tra poemetti e gli altri codici dell’antica biblioteca Bodmer, appare appartato rispetto ad una tradizione che in Egitto aveva coinvolto tanti circoli intellettuali, le strutture stesse dell’episcopato di Alessandria, una parte consistente del monachesimo. Terminiamo queste annotazioni sul profilo ideologico con un accenno alle questioni più squisitamente cristologiche e trinitarie. D’accordo con Livrea142, rilevo anch’io nei poemetti una tendenza a usare espressioni subordinanti riguardo al Figlio rispetto al Padre, e un’assenza di attenzione per il ruolo dello Spirito Santo, che non sembrerebbe mai citato. Queste caratteristiche potrebbero essere il segno di un orientamento trinitario vicino a quello di una parte dell’episcopato orientale e a certi pensatori dell’arianesimo moderato o dell’omeusianesimo, ma potrebbero anche tradire più semplicemente una formazione teologica poco scolastica e poco adusa all’uso di concetti filosofici e terminologia tecnica: come poteva appunto essere la formazione teologica di uomini di élite legati alla tradizione classica, i quali avevano affrontato da poco la catechesi battesimale, e solo dopo l’esperienza decisiva cominciavano ad avventurarsi per i sentieri impervi di un approfondimento spirituale.

4.5. Le persone

Quali sono agli ambienti che possono aver copiato, costruito e letto questi codici? Molteplici indagini di eminenti studiosi hanno evidenziato con grande finezza due aspetti fondamentali della cultura degli autori dei poemetti: essi apparterrebbero a una élite socio-culturale che è familiare con la prassi scolastica ai suoi livelli più alti e naturalmente aperta alla cultura classica, e nello stesso tempo vive con intensità la propria vocazione cristiana che tale cultura tende a risignificare. Questa élite presenta tratti di ascetismo, fortemente integrati con un’attenzione al problema sociale, visto soprattutto nelle sue ricadute morali. Un ascetismo che si esprime con la continenza sessuale, l’astensione dalle ricchezze e da un eccessivo coinvolgimento negli affari del mondo, è un tratto che potrebbe caratterizzare in Egitto, così come in altre parti del Mediterraneo, diversi tipi di ambiente. Innanzitutto, esso dev’essere valutato in relazione alla presenza nel C. delle visioni del Pastore, che è basilare per l’ispirazione dei poemetti: qui le menzioni della continenza sessuale e della astensione dalle ricchezze non sembrano confliggere con la possibilità di una vita matrimoniale e un possesso di beni da usarsi filantropicamente, il termine ἐγκράτεια indica la capacità di dominarsi piuttosto che la rinuncia alle nozze. In altri termini, vi sono ampie tracce, anche nei monumenti sepolcrali143, che la tendenza ascetica nel IV secolo potesse essere vissuta anche all’interno di una condizione matrimoniale, accompagnata dal possesso delle ricchezze, purché la prima fosse controllata e non distraesse dalla pietà e le seconde potessero essere usate benevolmente per i poveri.

140 Cf. A. CAMPLANI, Atanasio. Le lettere festali, cit., 167-177. 141 Tra le tante pubblicazioni dedicate a questo problema si veda T. ORLANDI, Letteratura copta e cristianesimo nazionale egiziano, in L’Egitto cristiano. Aspetti e problemi in età tardo-antica, ed. A. CAMPLANI (SEAug 51), Roma 1997, 39-120. 142 E. LIVREA, Recensione, cit., 691-692. 143 Già da tempo la critica ha notato che nel sepolcro di Baebia Hertofile, rappresentata con il coniuge secondo i tratti tipici della matrona di buona famiglia, si parla di castitas; cf. G. PELIZZARI, Vedere la Parola, cit., 185-186.

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Non possiamo certo escludere che tali tratti siano propri del mondo monastico. Ma nel IV secolo essere monaco può voler dire tantissime cose diverse, può indicare una pluralità di forme di aggregazione e una vasta gamma di stili di vita144. Di per sé, nulla è contro l’ipotesi che una biblioteca del genere possa essere stata detenuta da un monaco, o da una pluralità di monaci, che vivevano in un’aggregazione di tipo lauretico e provenivano dagli strati più alti della società del loro tempo. A questo tipo di monachesimo dovette ad esempio appartenere Evagrio Pontico negli ultimi anni della sua vita. Meno probabile invece mi sembra l’ipotesi di Robinson, che questi codici costituissero una parte di una biblioteca pacomiana. Sono cosciente che le sorprese della storia sono infinite: tuttavia mi pare difficile che un monachesimo strutturato come quello pacomiano, piuttosto disciplinato al proprio interno, avesse nella propria biblioteca tale sconcertante mescolanza di tradizione classica e cristiana, che non ha lasciato traccia alcuna nell’eredità letteraria del movimento; sarei disposto a concedere qualche probabilità in più all’ipotesi che in quella biblioteca fossero presenti testi gnostici del tipo di quelli di Nag Hammadi, letti però in forma piuttosto allegorica, come spunti per esercizi di meditazione, ma non nascondo che anche di fronte a questa proposta nutro alcune perplessità145. Più favorevole sarei all’idea che questo gruppo di codici fosse posseduto da qualche gruppo appartenente all’infinita gamma di forme pre-monastiche o monastiche del IV secolo, la cui distinzione da un laicato impegnato era minima. Non escluderei nemmeno la possibilità che abbiamo a che fare con un numeroso presbiterio, di una città grande come Ossirinco, o altre città di media grandezza: vescovo e presbiteri potevano provenire da ambienti altolocati e coltivare una loro particolare cultura cristiana; la presenza di un rituale eucaristico in C. Montserrat potrebbe essere una conferma di quest’ipotesi146, così come la presenza di un testo filo-ecclesiastico come ApPhil.Tuttavia, ritengo giusto proporre un’alternativa, conscio che essa urta contro qualche problema dicronologia: che i codici siano stati detenuti da una confraternita di spoudaioi o philoponoi, cioè quelleforme di impegno laicale collettivo che vediamo emergere nel corso del V secolo per poi affermarsi,addirittura con una loro personalità giuridica, nel VI e VII secolo. Gli studi di Wipszycka, Gascou, Watt, eun mio stesso intervento recente147, hanno dimostrato come tali confraternite fossero caratterizzate daambedue i tratti prima evidenziati a proposito dei detentori dei codici Bodmer: la cultura (vediamo i philoponoi impegnati nelle università di Alessandria, spesso in lotta contro i residui pagani); la tendenza

144 E. WIPSZYCKA, Moines et communautés monastiques en Égypte, IVe-VIIIe siècles, Warsaw 2009; F. VECOLI, L’Egitto tra IV e V secolo, in Monachesimo orientale. Un’introduzione, Brescia 2010, 19-51. 145 Si tratta della posizione espressa da H. LUNDHAUG – L. JENOTT, The Monastic Origins of the Nag Hammadi Codices, Tübingen 2015. Si potrebbe al limite ipotizzare che NH e i codici Bodmer siano l’esito separato di una medesima biblioteca, i cui detentori a un certo punto della sua storia hanno eliminato i codici di contenuto parzialmente o totalmente gnostico. Ma si tratta di pura speculazione, che manca di una prova fondamentale, vale a dire qualche traccia materiale (frammento di documento nelle copertine, frammenti di codice del primo fondo all’interno del secondo) che accomuni i due fondi in qualche modo. 146 Si veda in particolare la posizione espressa da A. LUKINOVICH, Le Codex des Visions: une oeuvre de clercs?, Le Codex des visions, cit., 35-60. 147 Lo studio fondamentale rimane E. WIPSZYCKA, Les confréries dans la vie religieuse de l’Égypte chrétienne, in Proceedings of the XIIth International Congress of Papyrology, ed. by D.H. SAMUEL, Toronto 1970, 511-524; ripubblicato in EAD., Études sur le christianisme dans l'Égypte de l'antiquité tardive (SEAug 52), Roma 1996, 257-278; Cf. anche EAD., The Alexandrian Church. People and Institutions (Supplements to JJP 25), Warsaw 2015, 266-267; J. GASCOU, Un nouveau document sur les confréries chrétiennes: P. Strasb. copte inv. K 41, in Études coptes IX. Onzième journée d’études (Strabourg, 12-14 juin 2003), ed. A. BOUD’HORS – J. GASCOU – D. VAILLANCOURT (Cahiers de la Bibliothèque copte 14), Paris 2006, 167-177; E.J. WATTS, Winning the Intracommunal Dialogues: Zacharias Scholasticus’ Life of Severus, JECS 13 (2005) 437-464 (in particolare 439-440); ID., Riot in Alexandria: Tradition and Group Dynamics in Late Antique Pagan and Christian Communities, Berkeley-Los Angeles-London 2010; A. CAMPLANI, The Transmission of Early Christian Memories in Late Antiquity: On the editorial activity of laymen and philoponoi, in Between Personal and Institutional Religion. Self, Doctrine, and Practice in Late Antique Eastern Christianity, ed. B. BITTON-ASHKELONY – L. PERRONE (Cultural Encounters in Late Antiquity and the Middle Ages 15), Turnhout 2013, 129-153. Segnalo che una nuova menzione di un membro di una confraternita è in un documento giuntoci in siriaco e pubblicato recentemente da S.P. BROCK, A Report from a Supporter of Severos on Trouble in Alexandria, in . Beiträge zu Gottesdienst und Geschichte der fünf altkirchlichen Patriarchate für Heinzgerd Brakmann zum 70. Geburtstag, ed. D. ATANASSOVA – T. CHRONZ, Wien-Berlin 2014, 47-64: 52.56.

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all’ascetismo accompagnato all’attenzione per i poveri e i malati. Il vero problema di questa mia proposta è la cronologia: le prime testimonianze dell’esistenza dei philoponoi sono del V secolo, mentre più tardi, tra VI e VII, esse si moltiplicano. Mi domando in conclusione: potrebbero i codici Bodmer essere stati copiati, costruiti, letti e annotati da gruppi di laici impegnati, che costituirono la preistoria di quelle confraternite laicali destinate ad affermarsi nel corso dei due secoli successivi?

Alberto Camplani Dipartimento di Storia, Culture, Religioni

Sapienza Università di Roma [email protected]

Abstract The contribution explores the ideological significance of the texts preserved in four Bodmer codices, in order to understand whether a unitary interpretation of the whole is allowed by the variety of textual materials they preserve, which in turn could make possible the reconstruction of the ideological outline of their environment of production and circulation. For that reason, the poems of the famous Codex of Visions will be compared with the Shepherd by Hermas which appears at the beginning of the codex, as well as with the items preserved by the Miscellaneous Bodmer Codex (P.Bodm. V + X + XI + VII + XIII + XII + XX + IX + VIII) – a composite volume with a debated prehistory –, the Coptic Codex Crosby-Schøyen ms. 193, and P. Montserrat inv. n. 128, 149, 154, 158, 162, 166 (in Greek and Latin). In particular, elements of comparison will be highlighed between Visio Dorothei and Shepherd, between In Abraham, Ad Justos, Abel, with their peculiar soteriological expressions, and the Odes of Salomon (one of them is preserved in the Miscellaneous codex), between the credal formulas of Laudes domini Iesu, Ad sufferentes and the theological ideas expressed in Melito On Passover, Nativity of Mary, Apology of Phileas. What appears as the main concern of these texts is baptism, with all its connections to penitence, confession, soteriology, credal formulas. Despite the presence of linguistic expressions used also in Gnostic texts, the ideology of the poems and the texts used by their authors and collected in the codices appears to be far from any kind of ontological dualism and Origenism, and closer to an Asiatic theological and anthropological attitude, which is well represented as well at the beginning of Coptic literature. A connection of these codices with monasticism is possible, but also other contexts could be proposed, for instance the prebyters of a rich diocesis or the lay confraternities called the philoponoi.