39
Franciscana Bollettino della Società internazionale di studi francescani XV 2013 FONDAZIONE CENTRO ITALIANO DI STUDI SULL’ALTO MEDIOEVO SPOLETO

Attorno all’edizione critica dei Fioretti di san Francesco: riflessioni sull’ambiente di produzione di Actus, Fioretti e Considerazioni sulle stigmate, «Franciscana. Bollettino

  • Upload
    cnr-it

  • View
    0

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

FranciscanaBollettino della

Società internazionale di studi francescani

XV2013

FONDAZIONE

CENTRO ITALIANO DI STUDISULL’ALTO MEDIOEVO

SPOLETO

INDICE

STEFANO BRUFANI, « Ordinem secundum sua statuta re-formavit »: Francesco d’Assisi nella crisi del ’20 .. pag. 1

MICHAEL F. CUSATO, Social Action or Fraternal Pres-ence: Medieval Franciscanism at the Cross-roads (1220-1247) ................................................ » 49

LUCIA TRAVAINI, Le monete nella tomba di san Fran-cesco di Assisi ...................................................... » 89

DAMIEN RUIZ, Hugues de Digne, et la Regula nonbullata .................................................................. » 101

OTTÓ GECSER, Miracles of the Leper and the Roses.Charity, Chastity and Female Independence inSt. Elizabeth of Hungary .................................... » 149

SARA NATALE, Attorno all’edizione critica dei Fiorettidi san Francesco: riflessioni sull’ambiente diproduzione di Actus, Fioretti e Considerazionisulle stigmate ...................................................... » 173

LUIGI PELLEGRINI, I cappuccini tra XVI e XX secolo.Annotazione dagli Annali dei Cappuccini d’A-bruzzo ................................................................... » 209

INDICEVI

BOLLETTINO

CRONACHE

Seminario di formazione in Storia religiosa e studifrancescani (Assisi-Cortona, 2-13 luglio 2013)(Monica Pedron) .................................................. pag. 313

Ubertino da Casale. 41° Convegno internazionaledi studi (Assisi, 18-20 ottobre 2013) (TizianaDanelli) ................................................................ » 317

INDICE DEI NOMI a cura di FRANCESCO DOLCIAMI ............. » 325

SARA NATALE

Attorno all’edizione critica deiFioretti di san Francesco: riflessionisull’ambiente di produzione di Actus,

Fioretti e Considerazioni sulle stigmate*

A lungo si è dibattuto sulla provenienza dell’autore dei Fio-retti, facendone in alcuni casi una questione di vera e propriaidentificazione storica, in altri un fatto puramente linguistico,di ascrizione dei codici all’uno o all’altro volgare dell’Italia cen-trale, più spesso sovrapponendo i due piani, storico e linguisti-co, nel tentativo di dar ragione ai codici con l’aiuto degli anna-listi. Un analogo incrocio di livelli, documentario e testuale, èavvenuto, ma con maggior successo, per l’autore dichiarato de-gli Actus, frate Ugolino da Monte Santa Maria, per cui si sonoformulate varie ipotesi di identificazione, tra le quali si è af-fermata quella di frate Ugolino Boniscambi dall’attuale Monte-giorgio, in provincia di Fermo 1.

* Il contributo che qui si presenta nasce, come indica il titolo, a marginedel lavoro di edizione critica (di Fioretti e Considerazioni sulle stigmate) chesto svolgendo nell’àmbito di un progetto avviato, nel dicembre 2012, presso laFondazione Ezio Franceschini di Firenze (dove ho esposto il contenuto di que-ste pagine, il 10 giugno scorso, in occasione del “Seminario di filologia roman-za”). Dell’aspetto più propriamente filologico della ricerca ho parlato il 20 lu-glio scorso, a Nancy, al 27° Congresso Internazionale di Linguistica e FilologiaRomanza.

1 G. PAGNANI, Contributi alla questione dei Fioretti, in Archivum Francisca-num Historicum 49 (1956), pp. 3-15. Tra i molti contributi incentrati sull’auto-re o meglio sugli autori degli Actus basti qui ricordare gli studi tradizionalidel padre Luigi Tassi (Disquisizione istorica intorno all’autore dei Fioretti di s.Francesco, Fabriano, 1883) e del padre Angelo Marconi (Attorno agli autori dei

SARA NATALE174

Significativa la presa di posizione del conte Luigi Manzoni,editore dei Fioretti trasmessi dal codice Mannelli 2, a proposi-to del colophon del codice di Bologna (Biblioteca Universitaria,1790), in cui compare quel famoso Zohanne, che ovviamentenon ha niente a che fare con il frate fiorentino Giovanni daMarignolle, come a lungo si è pensato:

« Dai più si è creduto che tal nome riferire si debba esclusivamenteall’amanuense del codice [...] mi permetto di fare questa volta un’ec-cezione e credere invece esser questo il vero nome del volgarizzatoredei Fioretti, tanto più che [...] mi conforterebbe nell’opinione sempreavuta che autore di esso volgarizzamento non dovesse esser né unmarchigiano né un Umbro ma un toscano, potendo ciò spiegare comeil codice più antico con data e di miglior lezione sia stato trascritto daun fiorentino e come a Firenze trovinsi in tanta copia codici volgaridei Fioretti, e scritti tutti se non da fiorentini certo da toscani abitan-ti in detta città » 3.

Il credito dato a un argomento evidentemente erroneo comequello della misconosciuta sottoscrizione del copista e all’impro-babile identificazione con Giovanni da Marignolle testimonia, mipare, del peso esercitato per decenni su editori e studiosi dal te-stimone più antico datato, l’attuale Palatino 144 della BibliotecaNazionale Centrale di Firenze, copiato nel 1396 da AmarettoMannelli (padre del Francesco copista di Boccaccio 4) e dallamassa di codici conservati a Firenze, oltre che dalle molte edizio-ni condotte con spirito puristico e pregiudizialmente filofiorenti-

“Fioretti”, in Studi Francescani n.s. 12 (1926), pp. 355-365 e ID., Frate Ugolinoda Montegiorgio e l’opera sua. Gli “Actus” testo originale dei Fioretti, estr. daStudi marchigiani, Matelica, 1930).

2 I Fioretti di Sancto Franciescho, secondo la lezione del codice Fiorentinoscritto da Amaretto Manelli ora per la prima volta edita, pubblicati di nuovo,ed. L. MANZONI, Roma, 1901.

3 L. MANZONI, Studi sui Fioretti di san Francesco, in Miscellanea France-scana 4 (1889), pp. 150-152 (cit. p. 152).

4 M. CURSI, Il Decameron: scritture, scriventi, lettori. Storia di un testo, Ro-ma, 2007.

ATTORNO ALL’EDIZIONE CRITICA DEI FIORETTI DI SAN FRANCESCO 175

no, intese a fare dei Fioretti un monumento del buon secolo dellalingua, ovvero del fiorentino trecentesco 5. In linea con l’atteg-giamento tenuto anche dai migliori editori nei confronti dell’“au-reo libretto” (metodicamente ripulito dei tratti qualificabili come“extra-fiorentini”, sbrigativamente attribuiti ai copisti anchequando riscontrati nei testimoni migliori e cronologicamente piùalti della tradizione), l’osservazione di Casella sulla presunta in-crostazione tosco-orientale o umbra del codice di riferimento dellasua edizione (come già dell’edizione Passerini 6), il Riccardiano1670: « La lieve patina dialettale dovuta al copista – forse dellaToscana orientale a’ confini dell’Umbria – è stata naturalmenteeliminata, perché apparisse il fondo originario fiorentino ». Inuti-le dire che in assenza di un esame stratigrafico della lingua è

5 Si noti, a questo proposito, la presenza, tra i principali editori dei Fioret-ti, del padre Antonio Cesari (I Fioretti di San Francesco. Edizione fatta soprala Fiorentina del M. DCC. XVIII, corretta e migliorata con vari manoscritti estampe antiche, Verona, 1822). L’edizione del Cesari fu ripresa molte volte neidecenni successivi, anche se, come fece notare il padre Benvenuto Bughetti(Bibliographia (I Fioretti di S. Francesco), in Archivum Franciscanum Histori-cum 20 (1927), pp. 386-407, cit. p. 387, « i più che seguirono questa edizionedissero di riprodurre i Fioretti secondo il testo fissato dal P. Cesari. Ora il P.Cesari non fissò nulla. Tolte poche correzioni che gli parvero indispensabili,egli mantenne fedelmente il testo dell’edizione Buonarroti (1718). Molte corre-zioni e miglioramenti egli indicò veramente in postilla al testo, dando le va-rianti di 5 mss. e di un’antica edizione ». Sul medesimo problema tornerà, an-ni dopo, un altro editore dei Fioretti, il padre Giacinto Pagnani, facendo nota-re che « altri hanno ripreso alla loro volta l’edizione del Cesari, trascurandoquasi sempre le sue numerose varianti e proclamando tuttavia che la loro edi-zione era condotta su quella del Cesari; non avendo tenuto conto delle varian-ti, l’edizione rimaneva quella del Buonarroti » (I Fioretti di San Francesco, ed.G. PAGNANI, Roma, 1959, p. 36). Da notare anche la presenza, tra gli editori deiFioretti, dell’altro purista di spicco, Basilio Puoti, anche se quella del Puoti fuuna semplice edizione commentata, senza ambizioni ecdotiche (Fioretti di sanFrancesco. Edizione fatta sopra la fiorentina del MDCCXVIII, raffrontata conquella di Verona del P. Cesari. Testo di lingua con postille e chiose di BasilioPuoti, Napoli, 1843).

6 I Fioretti del glorioso messere sancto Francesco e de’ suoi frati, ed. L. PAS-SERINI, Firenze, 1903.

SARA NATALE176

quanto meno rischioso liquidare come patina di copista, tanto piùse lieve, tratti che potrebbero, al contrario, risalire a un antenatoper esempio tosco-orientale, successivamente fiorentinizzato daimenanti.

Altrettanto rischiosi i ragionamenti, non supportati da pro-ve, del padre Giacinto Pagnani sulla “marchigianità” linguisti-ca di alcuni testimoni (pochi, per la verità, rispetto al numerogià alto di codici noti anche all’epoca 7), da cui sembrava infe-rire la buona probabilità che anche l’autore dei Fioretti potesseessere marchigiano 8, aiutato in questo dalla provenienzamarchigiana di frate Ugolino (data per certa nonostante, comevedremo, fondata su ragionamenti e fonti quanto meno discu-tibili). Il Pagnani rimarcava, infatti, la presenza e l’importan-za di codici ascrivibili per varie ragioni (ma soprattutto in ba-se a note di possesso e tratti linguistici) all’area marchigianain una tradizione a larga maggioranza fiorentina, o quantomeno costituita di testimoni confluiti a Firenze (più di un ter-zo del totale). Tra i supposti codici marchigiani annoverava: ilcodice posseduto da san Giacomo della Marca (Roma, Bibliote-

7 Nell’ampia introduzione alla sua edizione (I Fioretti ed. cit.), di cui a te-sto si citano le pp. 25-26, Pagnani segnalava due testimoni sfuggiti al censi-mento di Petrocchi (Inchiesta sulla tradizione manoscritta dei Fioretti di SanFrancesco, in Filologia Romanza a. 4, f. 3, n. 15 (luglio-settembre 1957), pp.311-325), ricordava i tre testimoni di cui aveva già dato notizia un paio d’anniprima, nel contributo sul codice di Fabriano conservato alla John RylandsUniversity Library di Manchester (G. PAGNANI, Il codice di Fabriano dei Fioret-ti di S. Francesco, in Studia Picena 25 (1957), pp. 1-23) e segnalava l’esistenzadi due codici di cui era venuto a conoscenza solo durante la stampa dell’edizio-ne.

8 Tra i più ferventi sostenitori della “marchigianità” dei Fioretti si ricordail padre Quinto Damiani (Origine marchigiana dei “Fioretti” di san Francesco,in Studi Francescani a. 16, n. 3-4 (luglio-dicembre 1944), pp. 197-199, cit. p.198), più per i toni accesi del polemico tentativo di contrastare l’ipotesi tosca-na che per la scientificità degli argomenti, visto che annoverava le « consonan-ti iniziali raddoppiate », cioè il raddoppiamento fonosintattico, fra i tratti mar-chigiani e, a quanto pare di capire, non toscani.

ATTORNO ALL’EDIZIONE CRITICA DEI FIORETTI DI SAN FRANCESCO 177

ca dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana, 44.F.36),a sua detta « strettissimo parente » del Riccardiano 3911, il co-dice conservato in Pennsylvania (Titusville, Library of JohnHinsdale Scheide, 52), che riconduceva a Serra S. Quirico (Fa-briano), il codice di Manchester (John Rylands University Li-brary, it. 51), appartenuto già nel secolo XV alle Pauperes Do-minae di Fabriano, e il codice di Recanati, conservato nella Bi-blioteca di Casa Leopardi e databile alla fine del Trecento.Queste le conclusioni del Pagnani sulla lingua dei presunti te-stimoni marchigiani: « I Monteprandonesi [corsiniano e riccar-diano] presentano tracce di dialetto locale, comuni a tutta la pro-vincia di Ascoli, ed anche a quella di Teramo (Abruzzi). Dai Fa-brianesi [Parma, Biblioteca Palatina, Palatino 44 e Manchester]traspare la tipica parlata umbra che affetta gran parte della pro-vincia di Ancona e di Macerata e che non si discosta molto daquella dell’alta valle del Tevere (Provincia di Arezzo) ».

Interessante, a questo proposito, che anche Guido DavicoBonico parli della Toscana sud-orientale come possibile terrad’origine dell’autore dei Fioretti (anche se il riferimento è trop-po vago per essere d’aiuto): « Forse fu toscano, originario dellaparte sudorientale della regione, vicina all’Umbria, tra il Sene-se e il Casentino: lo proverebbero certe spie dialettali che com-paiono qua e là nel limpido connettivo linguistico » 9.

Tuttavia, l’atteggiamento prevalente è improntato a una va-lutazione pregiudiziale della lingua, nel caso di Bughetti, anchein senso diastratico, se lo studioso arriva a dare per scontato chela lingua dell’autore non potesse essere popolaresca come quelladi Amaretto Mannelli: « a tutti si fa manifesto che la forma quasisanfrianesca di quel testo [il Palatino 144] non può riprodurre néquella usata dal traduttore, né quella in cui parlava e scriveva laparte cólta fiorentina del trecento » 10.

Non potendo essere, quella della lingua dell’autore dei Fio-retti, questione risolvibile restando nel solco delle molte edizio-

9 I Fioretti di s. Francesco, ed. G. DAVICO BONINO, Torino, 1964, p. X.10 BUGHETTI, Bibliographia cit., p. 388.

SARA NATALE178

ni linguisticamente orientate dei secoli passati, né a forza divalutazioni quantitative della tradizione, cioè facendo la contadei testimoni con tratti fiorentini, tosco-orientali, umbri, mar-chigiani etc., penso che sia meglio rinviarne la discussione auna fase più avanzata di classificazione del testimoniale chepermetta di concentrare l’esame stratigrafico della lingua suitestimoni che risulteranno più alti nello stemma (mai disegna-to, né abbozzato, anche se è stata più volte sostenuta la colla-teralità del codice Mannelli e del Riccardiano 1670, che comesi è detto, stando al giudizio del Casella, parrebbe essere giàlinguisticamente “contaminato” dal copista).

Nell’attesa, che rischia di essere lunga, se si considerano imolti e autorevoli tentativi naufragati di procurare l’edizionecritica dei Fioretti, vale forse la pena di ragionare sui testi,nella forma in cui ci sono stati consegnati dagli editori miglio-ri, su tutti il padre Benvenuto Bughetti, quello a cui probabil-mente si deve lo studio più approfondito della tradizione ma-noscritta 11.

Un testo decisivo nell’orientare alcuni dei principali studio-si verso l’ipotesi che l’autore dei Fioretti possa essere legato al-l’ambiente della Verna 12 sono ovviamente le Considerazioni

11 Significativo, a questo proposito, quel che ci fa sapere Petrocchi: « Un’e-dizione critica degli Actus avrebbe dovuto apprestare il p. B. Bughetti, bene-merito studioso del S. Bonaventura di Quaracchi, ma la morte ha lasciato in-compiuto il lavoro. Il Bughetti s’era poi, da molti anni, accinto all’impresa diun’edizione critica dei Fioretti, ma anche di questa fatica sono rimasti soltantoalcuni studi preparatori, peraltro importanti, e una buona edizione per Salani(Firenze, 1925). Pare che il Bughetti sospendesse il lavoro per i Fioretti, nonritenendo possibile che di questi si possa dare un testo se prima non venga ri-solto il problema dell’edizione degli Actus » (G. PETROCCHI, Dagli « Actus BeatiFrancisci » al volgarizzamento dei « Fioretti », in Convivium 22 (1954), pp.534-555, 666-677, cit. p. 534, n. 1; ora in ID., Ascesi e mistica trecentesca, Fi-renze, 1957, pp. 85-146).

12 Tra gli altri sostenitori dell’ipotesi del frate “dimorante alla Verna”: Ar-naldo Della Torre (I Fioretti di S. Francesco, Torino, 1909, p. XLII: « non mi partroppo azzardata l’ipotesi che si tratti di un frate toscano dimorante alla Ver-

ATTORNO ALL’EDIZIONE CRITICA DEI FIORETTI DI SAN FRANCESCO 179

sulle stigmate. Il rapporto Considerazioni-Fioretti, per quel checoncerne autore, ambiente di produzione e, di conseguenza, op-portunità della pubblicazione congiunta, è stato variamenteinterpretato: spesso sono stati dati giudizi molto netti e pocoargomentati quando non del tutto impressionistici, quasi sem-pre è stata lasciata intentata la via della valutazione filologi-ca, fondata sull’analisi del testo e sull’esame della tradizione.

Tra le molte edizioni dei Fioretti – sempre condotte su unpresunto bon manuscrit (recentemente scoperto e/o scelto inbase a criteri logistici, di prossimità della sede di conservazio-ne 13) o su un ristretto gruppo di codici (quasi sempre gli stes-si), quando non fondate su edizioni precedenti “migliorate ecorrette”, secondo la vaga formulazione di rito – se ne trovanodue che portano alle estreme conseguenze ecdotiche la questio-ne della paternità di Fioretti e Considerazioni. Escludendo l’e-

na »), Fausta Casolini (I Fioretti di San Francesco, Milano, 1926, pp. XIII-XIV:« ad ogni modo si ritiene il volgarizzatore toscano, forse anche dimorante allaVerna; infatti egli ampliò di preferenza i capitoli riferentisi alla Verna: e dellestimmate fece una trattazione particolare »), Giorgio Petrocchi (I Fioretti disan Francesco, Alpignano, 1972, p. XXII: « Attorno al corpo dei Fioretti si sonoandati poi formando altri testi sussidiari, come le Considerazioni [...] (che de-rivano anch’esse dai capitoli degli Actus e ne sviluppano i contenuti con indub-bia conoscenza del celebre episodio: è dunque volgarizzamento d’un toscanovissuto nel convento della Verna) »).

13 Caso emblematico, anche se non certo unico, di edizione fondata su testi-moni che si trovavano a portata di mano, quello di Francesco Corradini (Per lenozze Foytizik-Galvani. Codice manoscritto contenente i Fioretti di s. France-sco, Padova, 1855). Nato a Thiene (Vicenza), allievo e poi insegnante e perqualche anno anche preside del liceo annesso al Seminario Vescovile di Pado-va, il padre Corradini pubblica un’edizione condotta sul codice del SeminarioVescovile di Padova (34), raffrontato col codice della Biblioteca Antoniana diPadova (222) e sulla princeps vicentina (Opera gentilissima et utilissima a tutili fideli cristiani la qual se chiama li Fioriti de miser san Francesco asemilati-va a la vita e a la pasion de Jesu Cristo et tutte le soe sancte vestigie, Vicenza,1476), oltre che sull’edizione Buonarroti (Fioretti di S. Francesco, Firenze,1718).

SARA NATALE180

dizione del padre Francesco Sarri 14 (interamente fondata sulcodice della Biblioteca Reale di Torino, segnato Varia 111), incui l’esclusione delle Considerazioni viene giustificata dal cu-ratore con non meglio definite “ragioni editoriali”, e l’edizionecurata dal padre Mariano D’Alatri 15 (basata su un solo mano-scritto: Roma, Convento dei SS. Apostoli, A.88), in cui l’esclu-sione non sembra dovuta a ragioni attributive, le Considera-zioni rimangono fuori sia dall’edizione del padre Zeffirino Laz-zeri 16, sia da quella del padre Giacinto Pagnani 17.

Nella prima, fondata sul codice della Nazionale di Firenze,Baldovinetti 215 (integrato e raffrontato con l’Ashburnhamia-no 666), coerentemente con la convinzione che la “sezione mar-chigiana” dei Fioretti e le Considerazioni siano aggiunte poste-riori e di altra mano, si trovano solo i primi 38 capitoli, men-tre sono stati esclusi « gli altri 15, perché ivi non si parla di S.Francesco e son forse un’aggiunta, e le Considerazioni cheun’aggiunta sono certo » 18.

Il Pagnani, invece, basandosi sulla lezione del Mannelli,del Baldovinetti e del codice di Recanati (appena scoperto) percorreggere e migliorare l’edizione Casella e l’edizione Passeri-ni, pubblica solo i Fioretti negli abituali (dal Buonarroti 19 inpoi) 53 capitoli, e spiega così le ragioni del rifiuto delle Consi-derazioni: « Anche se si avverasse l’ipotesi (affacciata da alcu-ni) che chi ha scritto le 5 Cons. ha tradotto pure i Fioretti, nonsarebbe una ragione per mettere le due opere insieme, o peg-gio, considerarle un corpo unico. I loro autori hanno avuto fi-nalità diverse » 20. Pur non sbilanciandosi sulla provenienza

14 I Fioretti di S. Francesco di Assisi, ed. F. SARRI, Firenze, 1926.15 I Fioretti di San Francesco, ed. M. D’ALATRI, Torino, 1961.16 I fioretti di santo Francesco: per la gioventù e per il popolo, ed. Z. LAZZERI,

prefazione di Luigi Luzzatti, illustrazioni di Alaide Vanzetti, Firenze, 1925.17 I Fioretti cit. (ed. PAGNANI).18 BUGHETTI, Bibliographia cit., p. 401.19 Fioretti cit. (ed. BUONARROTI).20 I Fioretti cit. (ed. PAGNANI), p. 38.

ATTORNO ALL’EDIZIONE CRITICA DEI FIORETTI DI SAN FRANCESCO 181

linguistica della tradizione, di cui, come abbiamo visto, si limi-ta a sottolineare la componente marchigiana, Pagnani non esi-ta a proiettare la supposta “patria” dell’autore degli Actus sul-l’anonimo volgarizzamento: « Insistere nella divisione significanon avvedersi della profonda unità che lega tutto il libro. IFioretti sono integralmente, anche se in senso lato, un libromarchigiano » 21.

In margine al lavoro di edizione critica dei Fioretti (e delleConsiderazioni), ho approfondito alcuni aspetti del legame trai due testi volgari e del rapporto tra le Considerazioni e gli Ac-tus, cercando di rifondare su base filologica il discorso, troppospesso affrontato con la tentazione positivistico-romantica ditrovare l’autore “biologico” di testi che nella migliore delle ipo-tesi si possono collocare solo in un ambiente culturale, in unaregione linguistica.

In primo luogo, occorre riportare Fioretti e Considerazioninel luogo in cui si trovano, cioè nei codici. A un primo esamedella tradizione manoscritta dei Fioretti 22, le Considerazionirisultano attestate in 80 dei 92 testimoni fino ad ora consulta-ti, mentre non ho ancora trovato un testimone delle sole Con-siderazioni, senza i Fioretti (il che è ancora più significativo etestimonia dello statuto di appendice non autonoma attribuito,già in antico se non originalmente, alle Considerazioni). Inol-tre, nella maggior parte dei casi in cui i capitoli delle Conside-

21 Ibid, p. 34.22 Ai testimoni elencati nella recente tesi di dottorato di Federico Fascetti

(Per un catalogo dei Fioretti di san Francesco, Università di Roma “Sapienza”,dottorato di ricerca in paleografia greca e latina, a.a. 2008-2009; ora sintetica-mente pubblicata in ID., La tradizione manoscritta tre-quattrocentesca dei Fio-retti di San Francesco, in Archivum Franciscanum Historicum 102, f. 1-2 (gen-naio-giugno 2009), pp. 419-468, e 103, f. 1-2 (gennaio-giugno 2010), pp. 41-94),che ho consultato grazie alla cortesia dell’autore e del relatore, Marco Cursi(che ringrazio), per il momento ho potuto aggiungere solo il codice di Verona,Biblioteca Civica, 2846, grazie alla consultazione del sito (presente all’indiriz-zo http://www.nuovabibliotecamanoscritta.it) in cui sono catalogati i codici del-le biblioteche del Veneto).

SARA NATALE182

razioni sono numerati, la numerazione segue, senza soluzionedi continuità, quella dei capitoli dei Fioretti (è, per esempio, ilcaso del codice Mannelli, anche in questo seguito con scrupolopaleografico dal Manzoni). Elementi come questi ovviamentenulla dicono sull’identità di autore delle due opere, ma offronouna base filologica a cui ancorare l’ipotesi della loro inscindibili-tà, sostenuta, tra gli altri, dal Bughetti, per il quale le Conside-razioni « formano la seconda parte inscindibile dei Fioretti » 23.

Ugualmente rischioso se non impossibile stabilire la pater-nità di Fioretti e Considerazioni in base a un’analisi linguisti-co-stilistica che, analogamente a quanto si è fatto per gli Ac-tus, potrebbe solo proiettare sull’autore, sdoppiandolo, unoscarto anche troppo ovvio trattandosi di soggetti radicalmentediversi: com’è noto, infatti, nei Fioretti troviamo la narrazionefranta dei “miracoli ed esempi devoti” (come recitano le rubri-che di non pochi testimoni 24) di Francesco, dei suoi primi com-pagni e dei frati della seconda e terza generazione minoritica,nelle Considerazioni il racconto minuzioso, completo di ante-fatti ed eventi successivi, della stigmatizzazione.

Un ragionamento, valido anche se non privo di controindi-cazioni, va fatto, invece, sulle dinamiche di composizione del

23 B. BUGHETTI, Alcune idee fondamentali sui “Fioretti di S. Francesco”, inArchivum Franciscanum Historicum 19 (1926), pp. 321-333 (cit. p. 323). Nonsolo, Bughetti ragiona sulla coppia Fioretti-Considerazioni dandone per scon-tata la comune origine: « Il traduttore, che, appunto perché toscano, su questofatto della Verna ne sapeva di più dello scrittore marchigiano, e di più ci tene-va, volle del miracolo delle Stimmate dare una storia completa e come aggior-nata, pur conservando il nucleo marchigiano [...] Fu dunque traduttore insie-me e nuovo compilatore. Il testo latino del suo Trattato sulle Stimmate, talquale, non è mai esistito ».

24 Al f. 1ra del ms. conservato a S. Maria degli Angeli (Biblioteca della Por-ziuncola, 93) si legge la seguente rubrica, comune (salvo poche varianti) a un-dici dei testimoni fin qui consultati (corsivo nostro): « [A]l nome de Yh[esu][Christo] crucifi⏐xo (et) de la sua madre gloriosa⏐In q(ue)sto libro se (con)ten-gono ce(r)ti⏐miracoli et exempli deuoti⏐del Glorioso pouerello mes-ser⏐S(an)c(t)o Francesco (et) de alqua(n)ti su⏐oi deuotissimi fr(at)i (et) (con)pa-gni ».

ATTORNO ALL’EDIZIONE CRITICA DEI FIORETTI DI SAN FRANCESCO 183

volgarizzamento, se è vero che possiamo farci un’idea dell’e-semplare tradotto guardando al testimone magliabechiano 25

degli Actus, secondo lo studio di Petrocchi 26 il più prossimo altesto dei Fioretti.

Sappiamo, infatti, che le Considerazioni nascono dalla tradu-zione letterale e dall’ampliamento di cinque capitoli degli Actusin cui troviamo, in forma sparsa (anche originariamente?) ed em-brionale la narrazione delle vicende legate alle stigmate, che pos-siamo così schematizzare (prendendo come riferimento per la ca-pitolazione degli Actus l’edizione Cambell 27 e mettendo tra qua-dre la sigla della “considerazione” nella quale confluiscono i seg-menti narrativi di cui si sintetizza il contenuto):

Actus, c. IX Messer Orlando da Chiusi dona a Francesco ilmonte della Verna [> I C]; Francesco trascorre laquaresima di san Michele insieme a Leone, Masseoe Angelo [> II C]; stigmatizzazione [> III C].

Actus, c. XVIII A madonna Jacopa de’ Settesoli viene rivelata lamorte imminente di Francesco; incontro fra i due;morte di Francesco a Santa Maria degli Angeli;morte di Jacopa a Roma [> IV C].

Actus, c. XXXVI Frate Rufino constata in tre modi la presenza dellapiaga sul costato [> IV C].

25 Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, II.XI.20. Il testimone, che tra-manda Actus e Fioretti (caso unico, in queste tradizioni, di esemplare latino-volgare), consta di una prima parte latina che termina con il capitolo poi tra-dotto nel fioretto 50 (secondo l’attuale numerazione, ereditata dall’edizioneBuonarroti) e di una seconda volgare con il solo fioretto 51, che sembrerebbeun’integrazione di necessità, a poche carte dalla fine. Cfr. B. BUGHETTI, De-scriptio novi codicis “Actus beati Francisci” exhibentis (Florentiae, Bibl. Natio-nalis Centralis, II, XI, 20), in Archivum Franciscanum Historicum a. 32, f. 1-4(1939), pp. 412-438.

26 PETROCCHI, Dagli « Actus Beati Francisci » cit.27 Actus beati Francisci et sociorum eius, nuova edizione postuma di J.

CAMBELL, edd. M. BIGARONI e G. BOCCALI, Santa Maria degli Angeli (Assisi), 1988(« Pubblicazioni della Biblioteca Francescana Chiesa Nuova - Assisi », 5). Diqui in poi ci riferiremo alla ripartizione in capitoli e alla lezione di questaedizione.

SARA NATALE184

Actus, c. XXXVIII Frate Leone vede una croce luminosa procedere da-vanti a Francesco [> IV C].

Actus, c. XXXIX Frate Leone è testimone delle levitazioni [> II C] edelle stigmate di Francesco [> III C].

È importante notare che i capitoli latini privi di traduzionenei Fioretti 28 spesso affrontano questioni dottrinali piuttostoardue o raccontano storie tutto sommato marginali nell’econo-mia della narrazione. È il caso di:

Actus, c. XVII Francesco rifiuta per umiltà il titolo di magi-ster.

Actus, c. LXVI (App.) Disputa filosofica tra frate Egidio e il frateguardiano dei Minori alla presenza di ma-donna Jacopa dei Settesoli.

Actus, c. LXVII (App.) Certificazione della verginità di Maria a ungrande maestro dell’ordine dei Predicatoriche ne aveva dubitato, attraverso il miracolodei tre gigli compiuto da frate Egidio.

Actus, c. LXVIII (App.) Consiglio di frate Egidio a frate Giacomo daFallerone sul comportamento da tenere ri-spetto al dono dell’estasi, improntato al giu-sto mezzo tra superbia e negligenza.

Quindi, ammettendo che il volgarizzatore li trovasse nell’e-semplare latino (che, come si è detto, sulla scorta di Petroc-chi 29 possiamo supporre simile al Magliabechiano, che li tra-manda), le ragioni dell’esclusione sono facilmente intuibili: sitrattava di lasciar cadere capitoli ritenuti difficili e noiosi peril pubblico “popolare” dei Fioretti.

28 Qui e altrove ci si riferisce alla redazione più fortunata, quella a cui ap-partengono la maggior parte dei testimoni noti dei Fioretti; non si affrontacioè il caso di traduzioni indipendenti come sembrano essere quelle relate daltestimone di Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati, F.VI.31 (cfr. Unaparziale nuova traduzione degli Actus accoppiata ad alcuni capitoli dei Fioret-ti, in Archivum Franciscanum Historicum 21 (1928), pp. 515-551 e 22 (1929),pp. 63-113), e forse dai testimoni Padova, Biblioteca Universitaria, 1201 e Ro-ma, Biblioteca Nazionale Centrale « Vittorio Emanuele II », S. Pantaleo 78).

29 PETROCCHI, Dagli « Actus Beati Francisci » cit.

ATTORNO ALL’EDIZIONE CRITICA DEI FIORETTI DI SAN FRANCESCO 185

Mentre, sempre a patto che i cinque capitoli sulla stigma-tizzazione si trovassero nel testimone latino volgarizzato (cosìcome si trovano nel Magliabechiano), data l’importanza delsoggetto, sembra più probabile un’esclusione solo temporanea,ovvero un rinvio della traduzione a una sede in cui poter dedi-care più spazio a un argomento tanto rilevante: quindi non diesclusione si sarebbe trattato, ma, al contrario, di una postici-pazione ai fini di una messa in rilievo, di un approfondimento.

Se è plausibile questa ricostruzione della logica del volga-rizzatore, l’autore dei Fioretti è lo stesso delle Considerazioni oquanto meno è qualcuno che ha messo in conto la creazione diun’appendice in cui trattare, separatamente e distesamente, lastigmatizzazione.

A questo punto, postulata l’appartenenza di Fioretti e Con-siderazioni a un medesimo progetto compositivo, e dunque aun medesimo ambiente di produzione, se non allo stesso auto-re, si può focalizzare l’attenzione sul testo delle Considerazio-ni, facendo emergere i dati testuali su cui si basa l’opinione,diffusa ma forse non abbastanza approfondita, dei legami conla Verna.

Che di tanto in tanto il trattatello assomigli più a un dé-pliant dell’eremo che a un’opera agiografica sulle stigmate celo mostra, per esempio, la rubrica del manoscritto di Torino(Biblioteca Nazionale Universitaria, N.VI.26), dando significa-tivamente la priorità al “santo monte”. Al f. 79r, dove comin-ciano appunto le Considerazioni, si legge: « Istoria del s(an)tomonte de la V(er)na et de le sacre stig⏐mate de s(an) F(rance-sco) ».

In questa direzione vanno anche i numerosi passi in cuitraspare chiaramente la prospettiva interna al luogo, quelladel frate che ha dimestichezza con la Verna e che, se è vero ilragionamento sulla volontaria omissione/decisione di tradurrea parte i cinque capitoli degli Actus poi sviluppati nelle Consi-derazioni, non bisogna supporre solo dietro quest’ultimo testo,ma anche dietro i Fioretti. Eccone un breve elenco:

SARA NATALE186

Nella prima considerazione (dono del monte della Verna aFrancesco da parte di messer Orlando di Chiusi):

I. Viaggio di Francesco da Santa Maria degli Angeli allaVerna

prima sera: sosta a un luogo di frati;seconda sera: riparo in una chiesa abbandonata, dove

Francesco viene lungamente molestato da una tor-ma di demoni;

Francesco prosegue sull’asino di un lavoratore dellacontrada.

Nella seconda considerazione (preparativi e inizio della quare-sima di san Michele):

I. cominciata la quaresima, Francesco viene spinto daldemonio in un precipizio (viene salvato dalla roccia,che lo accoglie come fosse cera liquida);

II. nello stesso luogo, tempo dopo la morte di Francesco,il demonio fa altrettanto con un frate, che rimaneilleso dopo la caduta.

Nella terza considerazione (quaresima di san Michele; stigma-tizzazione; partenza dalla Verna):

I. la luce emanata dal serafino è talmente potente da es-sere scambiata per quella del sole dai mulattieri di-retti in Romagna, che si alzano, credendo che sial’alba, e si mettono in viaggio, salvo poi accorgersidell’errore, al levarsi del sole materiale.

Nella quarta considerazione (fine della quaresima; ritorno aSanta Maria degli Angeli; rivelazione della morte imminen-te di Francesco a madonna Iacopa de’ Settesoli; morte diFrancesco):

I. Francesco stigmatizzato torna dalla Verna a SantaMaria degli Angeli su un asino, compiendo una seriedi miracoli, non tutti presenti nelle principali agiogra-fie latine:

ATTORNO ALL’EDIZIONE CRITICA DEI FIORETTI DI SAN FRANCESCO 187

a. Al confine del contado di Arezzo guarisce un bambinodi otto anni, da quattro affetto da idropisia;

b. Al luogo dei frati di Monte Casale guarisce, facendoglimangiare una fetta del suo pane, su cui aveva appostoil segno della croce, un frate infermo (epilettico?) chepareva indemoniato;

c. Nel contado di Arezzo, una partoriente moribonda vie-ne guarita dal contatto con il capestro dell’asino tocca-to da Francesco (già in 1Cel XXII.63, 3Cel XII.108 eLM XII.11, ma tra i miracoli che precedono le stigma-te);

d. A Città di Castello, dove si ferma un mese, compiemolti miracoli, tra cui: 1. la liberazione di un’indemo-niata (già in 1Cel XXVI.70 e 3Cel XVI.156, ma tra imiracoli che precedono le stigmate), 2. la guarigione diun fanciullo affetto da una piaga;

e. Durante il viaggio verso Santa Maria degli Angeli, nelcorso di una gelida notte nevosa, passata all’addiaccio,scalda l’uomo che gli ha prestato l’asino con il solo toc-co della mano (già in LM, XIII.7, ma collocato in unnon meglio definito “inverno”).

Nella quinta considerazione (miracoli post mortem a certifica-zione delle stigmate):

I. Francesco morto appare a Giovanni da Fermo/dellaVerna e gli rivela i dettagli della stigmatizzazione: sitrovava in orazione dove poi è stata edificata la cap-pella del conte Simone da Battifolle.

II. A un nobile cavaliere di Massa di san Piero (nella re-gione della Massa Trabaria), il terziario messer Lan-dolfo, viene rivelata la morte di Francesco.

Come si intravede da questo schema, sono molti i passi del-le Considerazioni in cui l’eremo e gli abitanti dei dintorni sonoimportanti attori non protagonisti del dramma che va in sce-na, con tanto di effetti di suspence e segni premonitori disse-

SARA NATALE188

minati nel paesaggio (è il caso delle profonde fenditure apertenelle rocce dalla crocifissione di Cristo, che annunciano l’immi-nente rinnovarsi della Passione). Vale, quindi, la pena di sof-fermarsi sugli episodi più significativi.

Il racconto del miracolo occorso al frate che, tempo dopo lamorte di Francesco, si trova a passare dallo stesso punto incui il demonio aveva spinto Francesco, ci porta sul luogo del-l’accaduto, a osservare la sagoma del santo impressa nella roc-cia, miracolosamente diventata accogliente come la cera liqui-da. Il racconto ricorda le spiegazioni fantasiose che in tutti iluoghi del mondo la gente del posto fornisce ai visitatori sulleforme di rocce erose nel corso dei millenni dal vento o dall’ac-qua, o spaccate da qualche remoto fenomeno tellurico che nel-l’immaginario collettivo ha perso le sue esatte caratteristichescientifiche per assumere i tratti sfumati e variabili dell’even-to leggendario, ripetuto di generazione in generazione e, comein questo caso, di tanto in tanto involontariamente rinnovatoda qualche malcapitato.

Nella terza considerazione entrano in scena i primi, anchese inconsapevoli, testimoni della stigmatizzazione appena av-venuta. Forse non a caso sono gli umili mulattieri che abitanonei dintorni e che, scambiato il chiarore sprigionato dal serafi-no per l’alba, si alzano, sellano le bestie e partono alla voltadella Romagna, vedendo, con grande stupore, sorgere il solemateriale durante il viaggio. Un analogo fraintendimento sitrova nel fioretto 15: durante il pranzo con Chiara a SantaMaria degli Angeli, Francesco parla di Dio in modo così accesoche i compagni vengono ratti in estasi e gli abitanti delle con-trade vicine accorrono pensando che sia scoppiato un incendio(compresa la natura divina e non materiale del fuoco, si allon-taneranno dal luogo molto edificati).

Ma il passaggio dottrinalmente e narrativamente più impe-gnativo per l’autore delle Considerazioni è senz’altro il viaggiodi Francesco stigmatizzato, sull’asino, dalla Verna a SantaMaria degli Angeli.

L’alone di segretezza con cui le agiografie latine avevanoopportunamente circondato la stigmatizzazione si dissolve nel

ATTORNO ALL’EDIZIONE CRITICA DEI FIORETTI DI SAN FRANCESCO 189

bagno di folla minuziosamente descritto nella quarta conside-razione. Le mani di Francesco sono fasciate, ma compiono, nelcaso della partoriente aretina anche in assenza (alla moribon-da basta, infatti, essere toccata dal capestro dell’asino toccatoda Francesco), una serie di miracoli, alcuni dei quali già pre-senti nelle opere di Tommaso da Celano e Bonaventura, manon ascritti al periodo immediatamente successivo alla stigma-tizzazione 30, ignorato dagli agiografi, che ignorano anche, deltutto 31, il paesaggio, quello selvaggio del monte e quello antro-pizzato delle contrade sottostanti, per concentrarsi sull’eventoprodigioso delle stigmate, sospeso nella sua eccezionalità, pri-vo delle (prosaiche, si direbbe) coordinate toponomastiche dicui abbondano invece le Considerazioni, insomma assunto nel-la sua dimensione corporale solo (e non a caso) per quel che ri-guarda le ferite, descritte minuziosamente, come a creare unbaluardo di particolari a difesa dell’inaudito miracolo, contro idubbi e gli attacchi degli increduli.

30 Per il miracolo della partoriente aretina si noti che sia Celano, sia Bona-ventura spiegano il fatto che Francesco si trovi sull’asino con la debolezza do-vuta a una malattia, non con i postumi della stigmatizzazione; mentre il mira-colo occorso all’uomo che aveva prestato l’asino a Francesco, nella LegendaMaior, è collocato in un vago “inverno”. L’autore delle Considerazioni usa,quindi, i miracoli degli agiografi che l’hanno preceduto per sostanziare un pas-saggio a cui evidentemente vuole dare un particolare rilievo narrativo, e diconseguenza un rilievo dottrinale perfino un po’ azzardato. Il concedersi agliumili abitanti dei dintorni contrasta non poco con il riserbo che secondo tuttele agiografie, Considerazioni comprese, Francesco aveva da subito mostrato divoler mantenere anche con i compagni più stretti (spinti quasi all’inganno perpotersi fare testimoni delle stigmate), nonostante il parere di frate Lucido sul-la necessità di non tenere segreto un miracolo di significato universale.

31 Una parziale eccezione a questo atteggiamento di indifferenza per i din-torni della Verna la si riscontra nella Legenda Maior, nel passo in cui vienedescritto un miracolo “ambientale” di carattere atmosferico (LM, XIII.7): l’an-no della stigmatizzazione, a causa dello straordinario chiarore provocato nelcielo dall’apparizione del serafino, il territorio attorno all’eremo viene rispar-miato dalla violenta grandinata che si abbatteva annualmente, secondo la cre-denza popolare a seguito della formazione di una nube dalla montagna.

SARA NATALE190

Nessuno prima dell’autore delle Considerazioni, che si sap-pia 32, aveva raccontato questo viaggio di ritorno a Santa Ma-ria degli Angeli, né forse lo avrebbe fatto in questo modo cosìsbilanciato, con questa dovizia di dettagli sul contado aretino,sui dintorni di Borgo Sansepolcro (sempre a Monte Casale, do-ve è ambientata la guarigione del frate indemoniato narratanella quarta considerazione, si svolgeva quel lungo fioretto 25,incentrato sulla conversione dei tre ladroni micidiali), su Cittàdi Castello (dove la sosta si protrae addirittura per un mese,forse per poter riadattare con più verosimiglianza il miracolodel padrone dell’asino, che già nella Legenda Maior aveva ri-chiesto, com’è naturale, un gelido inverno) e, per contro, conquesta ellissi che investe tutta la seconda parte dell’itinerario,da Città di Castello in giù. Passata la città umbra, infatti, deltragitto di Francesco non si sa più niente, lo si ritrova ormaiin dirittura d’arrivo, prossimo a Santa Maria degli Angeli, do-ve viene accolto gioiosamente dai compagni. La censura de-scrittiva cala sui luoghi troppo noti per aver bisogno di descri-zione o sui luoghi troppo poco noti per essere descritti o ancoraper semplici ragioni di economia narrativa, cioè per non appe-santire troppo la narrazione? Impossibile stabilirlo per via in-terna, testuale, ma già nella quinta considerazione rientrano,e neanche tanto di soppiatto, gli indizi localizzanti che dannoall’opera quel carattere di “guida” ai luoghi della stigmatizza-zione, riconoscibile a prima vista e riconosciuto da molti, an-che se forse mai puntualmente esaminato, per quella sorta diconfidenza con i testi, e conseguente disinteresse per l’analisitestuale, che caratterizza buona parte della bibliografia su

32 La precisazione è d’obbligo: com’è ovvio, gli accidenti della tradizione e icasi della conservazione non permettono mai per le opere in volgare di esclu-dere l’esistenza di antecedenti latini non ancora emersi o perduti per sempre.Cosa che, invece, fa Bughetti, con sorprendente e, mi pare, immotivata sicu-rezza: « Il testo latino del suo Trattato sulle Stimmate, tal quale, non è maiesistito » (BUGHETTI, Alcune idee fondamentali cit., p. 325).

ATTORNO ALL’EDIZIONE CRITICA DEI FIORETTI DI SAN FRANCESCO 191

Fioretti e Considerazioni. È il caso della risposta di Francescomorto, apparso a frate Giovanni da Fermo (detto anche dellaVerna per la lunga permanenza all’eremo), alla domanda op-portunamente precisa sul luogo e sulle circostanze della stig-matizzazione: Francesco stava pregando dove sarebbe poi sor-ta la cappella del conte Simone da Battifolle (descritta perl’appunto nella guida del Mencherini 33). Sempre nella quintaconsiderazione – per cui vale il giudizio che il padre Pagnaniaveva esteso a buona parte dell’opera (con l’intenzione, come siricorderà, di disgiungerne la paternità rispetto ai Fioretti), es-sendo occupata « da un lungo elenco di testimonianze a favoredel prodigio, più degne di figurare in un processo canonico chein una narrazione soffusa di lirismo come quella dei Fioret-ti » 34 – troviamo un ultimo personaggio del posto, un nobilecavaliere di Massa di san Piero (nella regione della MassaTrabaria, su cui torneremo dopo), il terziario messer Landolfo,cui il demonio rivela la morte di Francesco, sospendendo perdue giorni (salvo poi acuirle nel terzo) le pene di un’indemo-niata, durante il vano tentativo di impossessarsi dell’animadel santo, appena defunto a Santa Maria degli Angeli.

Acclarato e sostanziato di riscontri testuali il legame tra leConsiderazioni e la Verna, va anche notato che l’embrione di unimportante (sempre nell’ottica della vicinanza di prospettiva ri-spetto ai frati dell’eremo) passaggio narrativo, quello relativo alladonazione del monte da parte di messer Orlando di Chiusi aFrancesco in persona (un falso storico 35 com’è ovvio molto como-do per i frati del luogo, che con la storia della donazione al “vene-rabile patriarca” potevano agevolmente giustificare la loro pre-senza sul monte e rivendicarne il possesso), si trova già negli Ac-

33 S. MENCHERINI, Guida illustrata della Verna, Arezzo, 1926, pp. 90-93.34 Fioretti cit. (ed. PAGNANI), pp. 38-39.35 Sulla questione si veda l’ampia trattazione del padre Luigi Pellegrini

(Note sulla documentazione della Verna. a proposito del primitivo insediamen-to, in ID., Frate Francesco e i suoi agiografi, Assisi, 2004, pp. 315-349).

SARA NATALE192

tus, anche se in un capitolo sospetto e da alcuni 36 ritenuto spurioper quel richiamo in terza persona al frate Ugolino da MonteSanta Maria (che si menzionerà, come vedremo, in LV.18 37, nel-la classica posizione di autore-testimone).

Ma sul rapporto Considerazioni-Actus torneremo alla fine,a proposito della provenienza dell’autore degli Actus, da sem-pre ritenuto marchigiano, per suggerire una possibile direzio-ne di ricerca o quanto meno per sostenere la necessità di ria-prire questo aspetto della questione, forse troppo frettolosa-mente passato in giudicato.

Sugli Actus, come sui Fioretti e sulle Considerazioni, sono ca-lati molti giudizi poco fondati testualmente. Per parecchio tempo,per esempio, ci si è limitati a valutazioni di gusto, incentrate sul-la scarsa felicità, per usare un eufemismo, della “sezione marchi-giana”, rilevando l’evidente scarto linguistico-stilistico tra le dueparti del testo latino solo in funzione di questo giudizio estetico,per corroborare il suo naturale portato, e cioè la convinzione unpo’ superficiale della scarsa compatibilità tra l’ipotesi dell’autoreunico e la discontinuità tematica e, appunto, stilitica dell’opera,nettamente divisa tra una parte relativa a Francesco e ai primicompagni (a quanto pare l’unica che traspare dal titolo, anche senon si può dirlo con certezza in assenza di un esame completodelle rubriche) e una parte incentrata su frati, per lo più marchi-giani e spirituali, vissuti vari decenni dopo. In breve, l’opinioneche si è affermata è che gli Actus siano troppo disomogenei peressere il frutto di una sola mano. Anche in questo caso, tuttavia,la verifica per via testuale di questa supposta (evidente e quindinon bisognosa di verifiche?) eterogeneità è stata lasciata presso-ché intentata.

36 Tra gli altri il padre Pagnani (I Fioretti ed. cit., p. 24): « Evidentementeil c. 9 è un intruso ».

37 « Hanc ystoriam habuit fr. Iacobus de Massa ab ore fr. Leonis; et fr. Hu-golinus de Monte S. Mariae ab ore dicti fr. Iacobi; et ego qui scribo ab ore fr.Hugolini, viri fide digni et boni ».

ATTORNO ALL’EDIZIONE CRITICA DEI FIORETTI DI SAN FRANCESCO 193

Schematizzando un po’ il discorso, mi pare che si possa di-re che nella “sezione marchigiana”: (1) i dialoghi sono media-mente più estesi e sostenuti retoricamente, (2) le descrizioni diluoghi e persone sono più particolareggiate, (3) gli interventiin prima persona s’infittiscono, (4) la narrazione è tendenzial-mente monotona. Nella seconda parte, alle agili scenette cheavevano per protagonisti Francesco e i primi compagni, in al-cuni casi perfino “boccaccesche” nelle sortite inopinate dei pro-tagonisti e nei motti arguti e popolareschi dello stesso France-sco (è il caso del consiglio irriverente rivolto a frate Rufino sul-la frase da rivolgere al diavolo tentatore, quell’« Apri la bocca,mo te caco! » 38 che compare mimeticamente in volgare anchenel testo latino), si sostituiscono le lunghe e “noiose” legendaedei frati marchigiani, raccontate sulla scorta del modello agio-grafico della “vita, morte e miracoli”. Di conseguenza, le unitàdi spazio e tempo si lacerano e agli episodi spesso ambientatinello stesso luogo e conclusi nell’arco di poche ore o giorni del-la prima parte subentrano le annose vicende della seconda (ilcaso estremo è quello del frate Giovanni della Penna che, con-vintosi di dover morire giovane per aver frainteso una visioneavuta durante l’adolescenza, finisce col trascorrere venticinqueanni in Provenza e trenta nella Marca 39).

Il problema è che difficilmente si possono dirimere questio-ni attributive (tanto più spinose per testi di autori di cui nonsi conoscono altre opere) sulla base di fenomeni del genere.L’evidente divario tra le due sezioni potrebbe spiegarsi, infatti,oltre che con la differenza di mano, con il cambiamento di sog-getto: finché si tratta di raccontare episodi della vita di Fran-cesco e dei suoi primi compagni, conosciuti di lontano, attra-verso le vite ufficiali e il fitto sottobosco di aneddoti cresciutoall’ombra delle agiografie maggiori, l’autore risulta più liricoed essenziale (dialoghi, introspezione psicologica e descrizioni

38 Actus, XXXIII.13.39 Actus, c. LVIII (fioretto 45).

SARA NATALE194

si riducono a quanto concesso dalle fonti e, in minima parte,dalla fantasia), mano a mano che i fatti e i personaggi si avvi-cinano, facendosi noti direttamente o attraverso una più ridot-ta filiera di testimonianze, la narrazione entra più di frequen-te nei dettagli e, forse inevitabilmente, si fa più monotona,perdendo il ritmo e la freschezza dei primi capitoli, resi piùavvincenti anche dall’eccezionalità del protagonista.

Più significativa, a sostegno dell’ipotesi del doppio autore,mi pare la contraddizione interna riscontrabile tra il capitoloXX (tradotto nel fioretto 18) e il capitolo XLIX (tradotto nelfioretto 49), e dunque, se è lecito estendere il ragionamento al-le due sezioni (in una silloge dalla tradizione intricata e dallagenesi probabilmente composita come quella degli Actus 40 lo èsolo in minima parte), tra gli Actus “primitivi” e la suppostagiunta marchigiana.

L’argomento delle pratiche di automortificazione doveva es-sere piuttosto delicato, come si evince dal racconto del divietoemanato nel corso del capitolo delle stuoie. Francesco aveva,infatti, bandito pubblicamente pratiche autolesionistiche comequelle relative ai cosiddetti “cuoretti” e ai cerchi di ferro, comea dire che un conto era il rigorismo, fosse anche la penitenzaportata ai limiti della sopportazione, e un conto il fanatismo,nocivo e quindi paradossalmente di ostacolo alla sequela Chri-sti cui era improntata l’intera regola, visto che queste praticheportavano non di rado alla malattia e alla morte.

40 Un sintetico quadro della situazione si trova in E. MENESTÒ, Introduzioneagli « Actus beati Francisci et sociorum eius », in Fontes Franciscani, edd. S.BRUFANI e E. MENESTÒ, Santa Maria degli Angeli (Assisi), 1995, pp. 2055-2084.Alla tesi di dottorato di Viviana Simonetti (Gli « Actus beati Francisci et socio-rum eius »: studio sulla tradizione manoscritta, Università degli Studi di Fi-renze, Dottorato di ricerca in Civiltà del Medioevo e del Rinascimento, tutore:Enrico Menestò, co-tutore: Stefano Brufani, XVII ciclo, a.a. 2004-2005), che hoconsultato presso la Fondazione Ezio Franceschini, si deve un’indagine appro-fondita della tradizione manoscritta.

ATTORNO ALL’EDIZIONE CRITICA DEI FIORETTI DI SAN FRANCESCO 195

Actus, XX.26-28: « In illo autem capitulo fuit dictum s. Francisco,quod multi portabant loricas ad carnem et circulos ferreos: propterquod aliqui infirmabantur et aliqui moriebantur et multi impedieban-tur orare. Unde ipse, sicut discretissimus pater, precepit omnibus perobedientiam salutarem, quod quotquot habebant loricas et circulos,ipsos in conspectu eius deponerent. Et invente sunt bene quingentelorice et circuli ferrei brachiorum et ventris in tanta quantitate quodfecerunt magnum acervum; qui fecit cuncta relinqui » 41.

La prospettiva risulta completamente rovesciata nel capito-lo XLIX, di ambientazione marchigiana: i compagni del futurofrate Giovanni da Fermo/della Verna vengono visti negativa-mente proprio perché cercano di impedire a quest’ultimo l’usodel cuoretto, mentre, al contrario, cuoretto e cerchio di ferroassumono una connotazione positiva.

Actus, XLIX.3-7: « Hic namque, cum in iuvenili etate gereret per sa-pientiam cor senile, penitentie viam, que custodit corporis et mentismunditiam, totis visceribus apprehendere cupiebat. Unde, cum adhucesset parvulus, loricam et circulum ferreum portabat ad carnem etabstinentie crucem cotidie baiulabat, ita quod, dum in S. Petro deFirmo cum canonicis moraretur, antequam fratrum s. Francisci habi-tum assumpsisset, illis splendide viventibus, ipse se abstinentie mi-rande rigore refrenabat et inter malitias martirium abstinentie cele-brabat. Sed, cum ad suum studium angelicum obices suos socios mul-tipliciter pateretur, in tantum ut loricam exuerent et abstinentiam

41 Questa la traduzione del fioretto 18 (secondo la lezione stabilita da Bu-ghetti, da noi adottata anche in seguito) che si legge in Fonti francescane.Nuova edizione. Scritti e biografie di san Francesco d’Assisi. Cronache e altretestimonianze del primo secolo francescano. Scritti e biografie di santa Chiarad’Assisi. Testi normativi dell’Ordine Francescano Secolare, ed. ERNESTO CAROLI,Padova, 2009: « In quello medesimo capitolo fu detto a santo Francesco chemolti frati portavano il cuoretto in sulle carni e cerchi di ferro; per la qual co-sa molti ne infermavano, onde ne morivano, e molti n’erano impediti dalloorare. Di che santo Francesco, come discretissimo padre, comandò per la santaobbidienza che chiunque avesse o cuoretto o cerchio di ferro, sì se lo traesse eponesselo dinanzi a lui. E così fecero. E furono annoverati bene cinquecentocuoretti di ferro e troppo più cerchi tra da braccia e da ventri, in tanto che fe-ciono un grande monticello e santo Francesco tutti li fece lasciare ivi ».

SARA NATALE196

impedirent, ipse, inspiratus a Deo, cogitavit mundum cum amatori-bus eius relinquere et florem sue angelice iuventutis brachiis Chruci-fixi offerre » 42.

Il confronto tra i due passi porta, quindi, a ipotizzare chedietro i due capitoli (e quindi le due parti?) degli Actus ci sianodue autori diversi, schierati su posizioni che almeno su questopunto sembrano inconciliabili.

E visto che, forse inevitabilmente, si è finito con l’evocarel’autore degli Actus, anche senza cedere alla tentazione di ri-prendere le ricerche erudite, tanto sottili quanto fragili, chehanno portato al frate Ugolino Boniscambi da Montegiorgio, sipossono forse ripercorrere le fasi salienti dell’indagine, nel ten-tativo, cominciato a ritroso attraverso l’esame (per ora parzia-le) del testo e della tradizione dei due volgarizzamenti, di in-travedere dietro l’autore l’ambiente, anche geografico, di cuil’autore doveva essere portavoce, cercando così di tenere aper-te o di riaprire questioni che spesso sono state affrontate conl’intenzione, anche dichiarata, di volerle chiudere definitiva-mente.

Come si sa, l’autore (uno o più) degli Actus emerge in varipunti dell’opera, spesso nel ruolo, del resto tipico del generecronachistico ed esemplare, di anonimo uditore di racconti otestimone oculare di eventi miracolosi 43. In questa seconda ti-

42 Fioretto 49: « Questo frate Giovanni, essendo fanciullo secolare, disidera-va con tutto il cuore la via della penitenza, la quale mantiene la mondizia delcorpo e dell’anima; onde, essendo ben piccolo fanciullo, egli cominciò a portareil coretto di maglia e ’l cerchio del ferro alle carni e fare grande astinenza; espezialmente quando dimorava con li canonici di santo Pietro di Fermo, liquali viveano splendidamente, egli fuggia le dilizie corporali e macerava locorpo suo con grande rigidità d’astinenza. Ma avendo in ciò i compagni moltocontrari, li quali gli spogliavano il coretto e la sua astinenza in diversi modiimpedivano; ed egli inspirato da Dio pensò di lasciare il mondo con li suoiamadori, e offerire sé tutto nelle braccia del Crocifisso, coll’abito del crocifissosanto Francesco. E così fece ».

43 A questo proposito basti qui ricordare che « l’autorité qui entraine le [sic]

ATTORNO ALL’EDIZIONE CRITICA DEI FIORETTI DI SAN FRANCESCO 197

pologia 44 rientra anche la menzione che più conta e cioè la ve-ra e propria firma (giustamente omessa dal traduttore, cioèdall’autore dei Fioretti) [corsivi nostri]:

Actus, LV.18: « Mirabile dictu! cum locus ille Brunfortii, Firmane cu-stodie, stetisset ultra quinquaginta annos, numquam tales aves visevel audite sunt in toto loci circuitu et undique a remotis; et ego, fr.Hugolinus de Monte S. Marie, steti ibidem tribus annis et vidi certi-tudinaliter dictum miraculum notum tam secularibus quam fratribustotius dicte custodie ». 45

croyance en l’authenticité de l’exemplum [...] se déplace du personnage sujet,héros de l’exemplum [...] vers le fournisseur de l’exemplum et vers le prédica-teur lui-même » (J. LE GOFF, L’exemplum et la rhétorique de la prédication auxXIIIè et XIVè siècles, in Retorica e poetica tra i secoli XII e XIV. Atti del secon-do Convegno internazionale di studi dell’Associazione per il Medioevo e l’Uma-nesimo latini (AMUL) in onore e memoria di Ezio Franceschini, Trento e Ro-vereto 3-5 ottobre 1985, a cura di C. LEONARDI e E. MENESTÒ, Firenze-Perugia,1988, pp. 3-29, a p. 10). Alla mention du canal è dedicato un apposito paragra-fo (pp. 120-124) in C. BREMOND, J. LE GOFF, J.C. SCHMITT, L’« exemplum », Tur-nhout, 1996 (I ed.: 1982), in cui si rammenta che « la crédibilité de l’histoirene vient pas du héros de l’anecdote, mais de la qualité du narrateur et plusencore de son informateur » (p. 45). Per altro, ai verbi (audivi, legimus, dici-tur, memini) che figurano nella tassonomia fornita a proposito della « mentiond’origine » (la parte preliminare dell’aneddoto, in cui la fonte o il canale risul-tano « brièvement indiqués, généralement d’un mot placé juste avant l’anecdo-te », p. 120) bisognerebbe aggiungere, nel nostro e in molti altri casi, il topicovidi.

44 Ecco qualche esempio (corsivi nostri): « Sicut audivi ab illis qui diu se-cum morati sunt » (LV.2), « ut narravit michi ille qui secum fuit » (LV.4), « si-cut recitavit michi ille qui ab ore fr. Iohannis habuit » (XLIX.43, assente neiFioretti), « sicut ego ipse pluries oculata fide perspexi » (LVI.8; tradotto con:« siccome vide quel frate il quale da prima iscrisse queste cose »), « Quia veroego, qui ad hoc fui presens, desiderabam valde scire que circa eum operatafuerat clementia Salvatoris, quasi statim quod fuit ad se reversus accessi adeum, rogans pro caritate Dei, ut predicta michi dicere dignaretur. Ipse vero,quia de me plurimum confidebat, totum hoc per gratiam Dei michi per ordi-nem enarravit » (LVII.25-26).

45 Fioretto 41: « E partendosi allora li detti uccelli, da indi innanzi non vifurono mai più veduti né uditi, né ivi né in tutta la contrada d’intorno. E que-

SARA NATALE198

Il capitolo è incentrato sulla figura di frate Simone d’Assi-si. In questo passo si narra un miracolo come spesso accademolto “quotidiano”: importunato dalle cornacchie mentre sitrova in contemplazione in una selva, si limita a scacciarle;ma il gesto è, appunto, di quelli miracolosi, che lasciano il se-gno, e le cornacchie non si fanno vedere mai più, come sannogli abitanti, religiosi e laici, della custodia di Fermo e lo stessofr. Hugolinus de Monte S. Marie, che lì (ibidem, scrive, ma lìdove? nel luogo di Brunforte o nella custodia fermana?) c’è sta-to tre anni.

Quell’ibidem, alla luce della localizzazione fermana delmonte Santa Maria (l’attuale Montegiorgio è, infatti, in pro-vincia di Fermo), cui abbiamo accennato e su cui torneremo, èpiù importante di quanto non sembri, visto che non avrebbesenso la specificazione sui tribus annis passati nella custodiafermana da parte di uno che nella custodia fermana ci fosseanche nato. Ammessa, dunque, l’origine fermana dell’autore,l’ibidem dovrebbe per forza riferirsi al luogo di Brunforte.

Ma anche il riferimento a Brunforte non è del tutto pacifi-co, come ci fa notare lo stesso Pagnani, cioè colui che meglio diogni altro ha argomentato l’attribuzione degli Actus a frateUgolino da Montegiorgio (corsivi nostri):

« Il luogo di cui sentiremo parlare era detto propriamente Roccabru-na, dov’era un convento di antichissima fondazione; ma veniva chia-mato, dai più lontani, anche Brunforte da un castello allora celebre evicinissimo al convento. Scomparso da tempo il castello, l’onore di de-nominare la zona è passato a Sarnano, un forte comune sorto a duechilometri circa dal castello e in aperto contrasto con esso. Anche ilnome di Roccabruna è scomparso. Esso è stato sostituito da un umileValcajano; ma è rimasta l’antichissima chiesa dedicata a S. France-sco. Fra Ugolino trascura il vocabolo Roccabruna, noto solo in loco, esceglie quello più generico e comune di Brunforte » 46.

sto miracolo fu manifesto a tutta la custodia di Fermo, nella quale era il dettoluogo ».

46 Fioretti cit. (ed. PAGNANI), pp. 16-17.

ATTORNO ALL’EDIZIONE CRITICA DEI FIORETTI DI SAN FRANCESCO 199

Certo, si può pensare che si tratti di un volontario abban-dono del termine di uso locale per ovvie ragioni di pubblico,cioè per garantire al testo una più ampia comprensibilità e cir-colazione, ma va notato anche che si tratterebbe di uno scru-polo anomalo in un’opera costellata di riferimenti ellittici a lo-calità poco note che solo un pubblico che avesse dimestichezzacon la zona poteva cogliere.

Poi, come si sa, l’indagine del Pagnani abbandona il livellotestuale, che poco o niente dice su Ugolino e sul Monte SantaMaria, e si sposta sul piano storico. Lo studioso marchigianoprende in considerazione gli atti di un processo interno all’Or-dine, intentato dal ministro generale Gerardo Oddone, svoltosifra il 1331 e il 1338, a Napoli, dove molti Spirituali avevanotrovato protezione presso gli Angiò. Il processo vedeva tra gliimputati un frate abruzzese, lo spirituale Andrea da Gagliano(che finirà assolto), sospetto favoreggiatore di Michele da Ce-sena, e tra gli accusatori un certo Frater Ugolinus de Monte S.Mariae provinciae Marchiae 47.

Pagnani dà per scontato che si tratti dello stesso fr. Hugo-linus de Monte S. Marie autore degli Actus (o quanto meno delcapitolo XLIX).

Quindi, nonostante, come si è spesso fatto notare, gli Actuspossano essere chiaramente ricondotti a un ambiente vicinoagli Spirituali 48, il Pagnani pensa che il loro autore possa es-sere lo stesso frate (evidentemente più moderato) che deponecontro lo spirituale Andrea da Gagliano. Forte della specifica-

47 Sul processo partenopeo si veda E. PÀSZTOR, Il processo di Andrea da Ga-gliano (1337-38), in Archivum Franciscanum Historicum 48, f. 3-4 (luglio-otto-bre 1952), pp. 252-297.

48 Basti qui ricordare come negli Actus siano presenti visioni sulla decaden-za dell’Ordine di gusto clareniano e frati vicini agli ambienti degli Spirituali(frate Lucido, frate Matteo da Monterubbiano, frate Giacomo da Massa, frateCorrado da Offida e frate Pietro da Monticello). Di conseguenza, anche i Fio-retti venivano ritenuti dal padre Bughetti un « libro di parte, o meglio di unaparte dell’Ordine Francescano del primo secolo, degli zelanti » (BUGHETTI, Alcu-ne idee fondamentali cit., p. 329).

SARA NATALE200

zione provinciae Marchie che accompagna l’Ugolino del proces-so (oltre che dei molti capitoli di ambientazione marchigiana),il Pagnani restringe le ricerche del Monte Santa Maria alla so-la Marca, sostenendo l’ipotesi tradizionale 49 di Montegiorgio:

« Nelle Marche non esiste alcun paese importante che si chiami attual-mente Monte S. Maria. Ne esistono tre che nel Medioevo avevano questonome, con una aggiunta che serviva a distinguerli gli uni dagli altri:Monte S. Maria in Lapide o in Gallo, da cui l’odierno Montegallo ai con-fini delle Marche in provincia di Ascoli [nella Custodia Esculana]; MonteS. Maria in Cassiano da cui è nato Montecassiano, un comune in provin-cia di Macerata che nel Medioevo aveva la stessa ampiezza di quello inGallo (circa duecento cinquanta abitanti ciascuno) [nella Custodia Ca-merinensis] e Monte S. Maria in Georgio, il più importante di tutti (mil-le abitanti censiti), il solo che giustificasse l’uso del Monte S. Maria sen-z’altra aggiunta [nella Custodia Firmana] » 50.

Infine, individuata la patria uscendo dal testo (e anzi quasicontro il testo, visto che stando al Pagnani uno originario dellacustodia di Fermo non avrebbe dovuto impiegare il termine“Brunforte”, ma “Roccabruna” e che quell’ambiguo ibidem po-trebbe anche escludere la provenienza fermana), ne esce nuo-vamente per dare una fisionomia più precisa al frate Ugolinoda Monte Santa Maria (a questo punto in Giorgio), identifican-do l’autore degli Actus con un frate minore di Montegiorgio, dinome Ugolino Boniscambi, ed eliminando così le poco plausibi-li ipotesi avanzate dai suoi predecessori.

« Gli atti pubblici in cui compare fra Ugolino Boniscambi sono la solennepace firmata tra i “signori” di Massa Fermana e il comune di Amandolae un lunghissimo testamento in cui Corrado da Falerone lascia i suoi be-ni a vantaggio d’istituti e di chiese. [...] Nel testamento fra Ugolino è no-minato due volte [...] La prima nel lascito a favore di un ignoto conventodi Launa [se il Pagnani non specificasse l’appartenenza di questo “igno-to convento” alla custodia di Fermo si potrebbe banalmente pensare aun mancato scioglimento della forma abbreviata la u(er)na (attestata,

49 L. WADDINGUS, Scriptores Ordinis Minorum..., Romae, 1906, p. 385.50 Fioretti cit. (ed. PAGNANI), p. 17.

ATTORNO ALL’EDIZIONE CRITICA DEI FIORETTI DI SAN FRANCESCO 201

per esempio, nella succitata rubrica del ms. di Torino, Biblioteca Nazio-nale Universitaria, N.VI.26), con normale titulus per er]; [...] La secondavolta fra Ugolino compare tra i fiduciari al cui consiglio erano tenuti aricorrere i distributori del vistoso patrimonio [...] La data più probabiledel testamento è il 1342. [...] Il testamento di Corrado lo riporta nelleMarche negli ultimi anni che precedettero la sua morte. Essendo tra i fi-duciari incaricati all’equa distribuzione dei beni, non doveva essere mol-to lontano da Falerone » 51.

Va detto che l’attestazione della provenienza marchigianadi frate Ugolino da Monte Santa Maria sembra risalire a mol-to tempo prima del Pagnani, ovvero a frate Mariano da Firen-ze e al suo perduto Fasciculus Chronicarum, composto all’ini-zio del Cinquecento.

Le citazioni dell’autore degli Actus nel Fasciculus ci sonogiunte attraverso le trascrizioni di due frati marchigiani, Ste-fano Rinaldi e Giambattista Cosimi, in parte pubblicate rispet-tivamente da Giuseppe Abate e Giacinto Pagnani negli anniTrenta e Cinquanta del Novecento 52.

Il padre Rinaldi, che presumibilmente vede il Fasciculusnel 1769, presso il Collegio di Sant’Isidoro, a Roma, o forse an-ni dopo presso l’Archivio Vaticano, riporta l’elenco delle fontiche nell’opera di frate Mariano erano collocate all’inizio del to-mo quarto. Tra le fonti del Fasciculus pare esserci anche l’au-tore degli Actus, nominato in questa forma:

« FR. UGOLINUS DE S. MARIA IN MONTE, provinciae Marchiae, Ord. Mi-nor., librum edidit “de vitis SS. Fratrum” et aliqua “gesta Ordinis” »

Anche qui, dunque, come negli atti del processo napoleta-no, la provenienza di frate Ugolino è specificata dal sintagmaprovinciae Marchiae. Mentre al titolo (non sappiamo quantodiffuso) di Actus beati Francisci et sociorum eius si preferisce

51 Ibid, pp. 19-21.52 G. ABATE, Le fonti storiche della cronaca di fra Mariano da Firenze, in

Miscellanea Francescana 34 (1934), pp. 46-52; PAGNANI, Contributi cit.

SARA NATALE202

quello un po’ sorprendente di « de vitis SS. Fratrum » et aliqua« gesta Ordinis », che in assenza di riferimenti espliciti a Fran-cesco potrebbe far pensare che frate Mariano avesse in mentein particolare o esclusivamente la “sezione marchigiana” degliActus, cioè appunto la collezione di “vite” dei frati marchigiani.

Che quel provinciae Marchiae si trovasse davvero nel Fa-sciculus perduto, secondo quanto riportato dal padre Rinaldi,parrebbe confermarlo la trascrizione del padre GiambattistaCosimi, un sacerdote di Mogliano (Macerata), che, stando aquanto ci racconta il Pagnani 53, nell’anno 1800, presso il colle-gio romano di Sant’Isidoro, consulta la cronaca di frate Maria-no, annotando tutti i riferimenti a frate Ugolino e alla suaopera (cosa del tutto normale se si considera che il sacerdotemarchigiano si stava occupando del beato Liberato da Loro Pi-ceno, la figura a cui, secondo alcuni, era ispirato l’anonimo fra-te moribondo del capitolo LIX, tradotto nel fioretto 47).

Ecco un sintetico elenco dei riferimenti all’autore degli Ac-tus che si trovavano nell’opera perduta di frate Mariano, stan-do a quanto della trascrizione del Rinaldi viene riportato dalPagnani, che trascrivo fedelmente, aggiungendo solo, tra ton-de, il numero delle occorrenze di ciascun appellativo (la cate-na, si noterà, comincia a farsi lunga e, ovviamente, aumentan-do il numero delle testimonianze, diminuisce il grado di atten-dibilità delle informazioni):

fr./frater (H)ugolinus (7),fr. Hugolinus de Massa (1),fr. Hugolinus de S. Maria provinciae Marchiae (1),fr. Hugolinus de Monte S. Mariae (1).

Innanzi tutto bisogna osservare che anche in questo casonon c’è traccia della specificazione “in Georgio”, superflua se-condo il Pagnani, ma forse solo adottando una prospettiva in-terna, marchigiana, cioè avendo in mente esclusivamente gli

53 PAGNANI, Contributi cit., p. 8.

ATTORNO ALL’EDIZIONE CRITICA DEI FIORETTI DI SAN FRANCESCO 203

altri due monti Santa Maria (minori e quindi bisognosi di spe-cificazione, secondo il ragionamento dello studioso).

Poi salta all’occhio quel de Massa che potrebbe, forse, spiegar-si con la Massa Fermana, una località vicina a Montegiorgio, mache rimarrebbe un riferimento toponomastico sbagliato (a menoche non si tratti, come vedremo, della regione della Massa Tra-baria, ma in questo secondo caso risulterebbe erronea la specifi-cazione provinciae Marchiae) e che, quanto meno, rivela una nongrande dimestichezza con la persona, oltre che, probabilmente,con l’opera, a giudicare dal titolo impiegato per designarla (« devitis SS. Fratrum » et aliqua « gesta Ordinis »).

Come già nel caso del famoso Floretum 54, la confusione (inquesto caso toponomastica) non fa che aumentare con il Wad-ding. Se da una parte, infatti, ritorna, lievemente variata (non siparla più di Marca, ma di Piceno), la specificazione che pare, co-me abbiamo visto, essersi instaurata almeno con la cronaca per-duta di frate Mariano (una delle principali fonti dell’annalista ir-landese 55), anche a non voler considerare la forma evidentemen-te abbreviata de monte (che si trova in una nota marginale e se-gue l’abbreviazione Hugolin.), compare una nuova variante deltoponimo: de Monte majori. Ecco, in breve, la situazione che sitrova, rispettivamente, negli Annales e negli Scriptores:

t. I p. 107 « Fr. Hugolino de Monte Sanctae Mariae, qui res Pro-vinciae Picenae speciali complexus est Tractatulo MS. »

t. I p. 146 « Hugolinus a Monte S. Mariae »t. I p. 323 « frater Hugolinus de sancta Maria in Monte »t. I p. 345 « nota mg.: Hugolin. de monte »

54 L’eziologia dell’errore del Wadding sull’opera è nota fin dai tempi di Bu-ghetti (Alcune idee fondamentali cit.), ma proprio alla luce della confusione traFioretti-Considerazioni e Actus va valutata la non meno problematica questio-ne della localizzazione del Monte Santa Maria, che Wadding non contribuiscecerto a chiarire.

55 C. CANNAROZZI, Una fonte primaria degli “Annales” del Wadding (Il “Fa-sciculus Chronicarum” di Fra Mariano da Firenze), in Studi Francescani s.3a, a. 27, n. 3 (luglio-settembre 1930), pp. 251-285.

SARA NATALE204

t. II p. 269 « Frater Hugolinus de Monte majori »t. IV p. 375 « Hugolinus de Monte sanctae Mariae »t. IV p. 409 « Hugolinus de monte sanctae Mariae »t. VI p. 444 « Hugolinus de Monte S. Mariae » 56

p. 122a: « HUGOLINUS de SANCTA MARIA in Monte, Picenus, san-cti Francisci synchronos, vir pius, et candidus author, scripsit Histo-riam, quam Floretum praenotavit, in qua narrat vitam et gesta sanctiFrancisci, ac Sociorum ejus usque ad Pontificatum Alexandri IV. Ha-beo penes me nitido charactere membranis exaratam » 57.

Alla scarsa familiarità con il toponimo può forse aggiunger-si la poca dimestichezza con l’opera: anche il Wadding, comegià frate Mariano, nomina gli Actus con una perifrasi che sem-bra riferirsi più ai capitoli marchigiani che all’opera nel suocomplesso, ridotta alla stregua di un trattatello sulla provinciapicena, di autore piceno (sempre che frate Ugolino non sia Pi-cenus quanto è sancti Francisci synchronos).

Anche alla luce di questa focalizzazione sull’aspetto locale de-gli Actus, o meglio della sua seconda parte, viene il dubbio chel’opera abbia potuto esercitare, fin dai tempi di frate Mariano,un’attrazione per così dire metonimica sull’autore. Il ragiona-mento potrebbe essere stato da subito molto banale: l’autore diun’opera che si svolge per buona parte nelle Marche non può cheessere marchigiano, e dunque il Monte Santa Maria deve trovar-si nelle Marche. Tanto più che proprio a ridosso della “firma” sitrova quella specificazione sui tribus annis passati nel luogo diBrunforte o nella custodia di Fermo che non fa che aumentare iriverberi dell’ambientazione dell’opera sulla provenienza dell’au-tore (in un certo senso anche irrazionalmente, visto che non soloaver trascorso tre anni nella custodia fermana o in un suo con-vento non significa essere marchigiani, ma per quanto si è dettopotrebbe significare proprio il contrario, cioè esserci stati da fore-stieri, per soli tre anni).

56 L. WADDINGUS, Annales Minorum seu Trium Ordinum a S. Francisco in-stitutorum, Ad Claras Aquas (Quaracchi) Prope Florentiam, 1931-1941.

57 ID., Scriptores Ordinis Minorum cit.

ATTORNO ALL’EDIZIONE CRITICA DEI FIORETTI DI SAN FRANCESCO 205

Inoltre, bisognerebbe capire se frate Mariano era al corren-te degli atti del processo napoletano, ovvero se conosceva il te-ste Frater Ugolinus de Monte S. Mariae, di cui non si dice (né,a dire il vero, sarebbe stata la sede più opportuna per dirlo)che era l’autore degli Actus, ma di cui si specifica la prove-nienza (provinciae Marchiae).

Infine, non resta che chiedersi se anche gli Actus e il loroautore, frate Ugolino da Monte Santa Maria (l’unico che si no-mina esplicitamente, ma forse, come si è detto, non l’unico au-tore) non possano essere riportati alla zona delle Considerazio-ni sulle stigmate, non per via d’archivio, ma per via testuale e“geografica fisica storica”.

Non si tratta, infatti, di cambiare il gioco (forse troppo faci-le e inconcludente) del reperimento di un frate Ugolino a Mon-tegiorgio nel reperimento di un Monte Santa Maria nella zonacompresa tra la Verna e la Marca Anconitana, ma di rileggeregli Actus assumendo una prospettiva con la quale, dietro ilpaesaggio, umano e naturale, spesso innegabilmente marchi-giano, sia possibile scorgere la Verna e i suoi dintorni, comeabbiamo visto al centro delle Considerazioni sulle stigmate,nate da una costola non insignificante degli Actus.

Curiosamente (e di certo non casualmente) vicino all’incipitdel capitolo XLVIII degli Actus (diventato, nel fioretto 42, unasorta di piccolo prologo della sezione marchigiana) 58, l’iniziodel capitolo che il Mencherini dedica ai Religiosi che fiorironoin santità e scienza alla Verna 59: « Come il cielo di stelle, così

58 Actus, XLVIII.1: « Provincia Marchie Anchonitane quasi quoddam celumstellatum fuit stellis notabilibus et decoratum, sanctis scilicet fratribus Mino-ribus, qui sursum et deorsum, coram Deo et proximo radiosis virtutibus relu-cebant, quorum memoria est vere in benedictione divina »; fioretto 42: « Laprovincia della Marca d’Ancona fu anticamente, a modo che ’l cielo di stelle,adornata di santi ed esemplari frati, li quali a modo che luminari di cielo,hanno alluminato e adornato l’Ordine di santo Francesco e il mondo con esem-pi e con dottrina ».

59 MENCHERINI, Guida illustrata cit., p. 127 e sgg.

SARA NATALE206

la Verna è ricca di uomini illustri per virtù e sapere ». Tra ifrati elencati dallo studioso troviamo, appunto, molti dei per-sonaggi degli Actus (alcuni dei quali marchigiani): Leone, Mas-seo, Angelo, Illuminato, Silvestro, Rufino, Antonio da Padova,Giovanni da Fermo/della Verna, Corrado da Offida.

La necessità di prendere in considerazione anche l’animaalvernina degli Actus nasce dal fatto che è proprio in quellazona che troviamo forse l’unico Monte Santa Maria tra Tosca-na orientale, Umbria e Marche non bisognoso di specificazioni:l’attuale Monte Santa Maria Tiberina (dal 1927 in provincia diPerugia), situato nell’Alta Valle del Tevere, proprio sul percor-so che dalla Verna porta a Santa Maria degli Angeli (il che po-trebbe far pensare a un medesimo ambiente di produzione perActus e Fioretti-Considerazioni) e sede di un’importante fami-glia nobile i cui membri si sparsero per buona parte della To-scana e dell’Umbria (per esempio a Firenze, Arezzo, Siena, Pe-rugia, Città di Castello e Borgo San Sepolcro). Ecco un brevestralcio dell’estesa voce che il Repetti dedica al Monte SantaMaria nel suo dizionario corografico:

« Monte S. Maria (Castrum Montis S. Mariae) nella Valle del Tevere.Cast. che ha preso il nome dalla sua ch. battesimale (S. Maria) e cheha dato per molti secoli il titolo di marchesato all’antica prosapia de’marchesi Bourbon del Monte, una volta del Colle, attualmente capo-luogo di Com. nella Giur. e 3 migl. a scir. di Lippiano, Dioc. e quasi 4migl. a lib. di Città di Castello, Comp. di Arezzo. Risiede sulla cimadi un monte, che alzasi quasi a verruca sopra i suoi vicini, ed alle cuifalde meridionali scorre il torr. Aggia, mentre le sue pendici volte apon. maestr. sono lambite dal torr. Erchi. La sommità della sua torretrovasi a 1212 br. superiore al livello del mare Mediterraneo [...] 10migl. a ostro della città di Sansepolcro, altrettante a scir. di Anghiari,e circa 16 migl. a lev. di Arezzo. Senza bisogno di attenersi ai falsi di-plomi degl’imperatori Carlo Magno, Lodovico e Berengario II, né adalcuni altri esciti probabilmente dallo scrigno dell’impostore AlfonsoCeccherelli di Bevagna, riserberò all’appendice di quest’opera i docu-menti atti a dimostrare, che in cotesto monte sino dal sec. X domina-va una prosapia di marchesi della Toscana, di origine, ossia che vive-va a legge Ripuaria, dalla qual prosapia derivarono le nobili famiglietuttora fiorenti dei marchesi Bourbon del Monte S. Maria stabilite aFirenze, dei marchesi di Petriolo, di Petrella e di Sorbello domiciliate

ATTORNO ALL’EDIZIONE CRITICA DEI FIORETTI DI SAN FRANCESCO 207

in Perugia, dei marchesi Montini stanziati in Ancona [cfr. Pagnani, p.227, n. 170] » 60.

Dei marchesi del Monte Santa Maria parla distesamenteanche Pompeo Litta, nella sua opera sulle famiglie celebri ita-liane 61, ma non è il caso, ovviamente, di addentrarsi nellecomplicate vicende di questa dinastia che proprio negli annidella composizione degli Actus, come fa notare il Repetti,estendeva il suo dominio su un territorio molto ampio e turbo-lento (molti i capitani di ventura tra i membri della famiglia).

Vale, invece, la pena di far notare che se il nostro frateUgolino fosse originario di questo Monte Santa Maria, non so-lo sarebbe anche un frate Ugolino de Massa (secondo l’indica-zione apparentemente erronea fornita, stando al Cosimi ripor-tato dal Pagnani, da frate Mariano), cioè proveniente dalla re-gione nota come “Massa Trabaria” (o “Trabara”) 62, ma sarebbeanche un autore compatibile con il probabile ambiente di pro-duzione dei volgarizzamenti legati agli Actus, i Fioretti e leConsiderazioni, e cioè con la Verna, o meglio con quell’area to-sco-orientale ai confini con l’Umbria, compresa tra Arezzo,Borgo Sansepolcro e Città di Castello, a cui potrebbero forseportare anche alcune spie linguistiche disseminate nella tradi-zione manoscritta 63, e delle quali solo un esame completo,stratigrafico, potrà individuare il punto di instaurazione e

60 E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana contenentela descrizione di tutti i luoghi del Granducato, Ducato di Lucca, Garfagnana eLunigiana, voll. 6, Firenze, 1833-1846 (cit. vol. III, p. 423b e sgg.).

61 P. LITTA, Famiglie celebri italiane, Milano, 1819-1885 (vol. 55, Marchesidel Monte S. Maria dell’Umbria detti Bourbon Del Monte, Milano, 1843).

62 « Sebbene sotto nome di Massa Trabaria molti geografi volessero inten-dere quella provincia montuosa che, a partire dall’Alpe della Luna stendesifra i contrafforti orientali dell’Appennino donde si aprono le valli del Metauroe della Foglia, già dell’Isauro; altri però non sembra che abbiano voluto esclu-dere dalla provincia di Massa Trabaria la Valle superiore del Tevere, comec-chè quest’ultima nel medio evo si specificasse coll’epiteto di Massa Verona »(REPETTI, Dizionario geografico fisico storico cit., vol. 3, p. 174).

63 A questo proposito, potrebbe essere significativa la patina tosco-orienta-

SARA NATALE208

dunque il valore per la ricostruzione della lingua dell’autore eforse anche per una migliore comprensione delle implicazionistoriche e culturali del testo.

le/umbra evidente nell’unico capitolo volgare tràdito dal già citato testimonemagliabechiano degli Actus (Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, II.XI.20).

SUMMARY: In the history of the aborted attempts to establish the criticaledition of the Fioretti of Saint Francis, an important role may have beenplayed by the largeness of the tradition (we actually know 98 manuscripts)and by the extent of the text (52 chapters). These two features probably ledprevious scholars to base their editions on a single manuscript (theso-called “bon manuscript” or “codex optimus”) or on a little group ofmanuscripts. However, a third element must be (re)considered for a bettercomprehension of the text and its tradition: the question regarding theauthorship of the Actus beati Francisci et sociorum eius, the Fioretti andthe Considerazioni sulle stigmate within their historical, geographical andcultural context. The textual analysis of the Considerazioni and thephilological reasoning on the composition of the Fioretti and theConsiderazioni compared to the Actus allow us to argue the hypothesis(often alleged in the past, but without precise, textual arguments) thatboth vernacular works could have been conceived in the area of La Vernahermitage. In the same area we could also situate the author of the Actus,the famous fr[ater] Hugolinus de Monte S. Marie, if we turn down thetraditional identification of Monte S. Marie with Montegiorgio (in LeMarche region) and we assume the idea (proposed here for the first time)that fr[ater] Hugolinus comes from Monte Santa Maria Tiberina, in theancient Umbria, near Città di Castello and not far from La Verna.

SARA NATALEUniversità degli Studi di Siena